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PRAHA 14 - 16 maggio 2016





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PRAHA 14 - 16 maggio 2016



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PRAGA

C

ome per il viaggio a Copenaghen, anche il viaggio a Praga è stato - non solo, ma quanto meno in parte - ispirato dalla lettura di un libro: si tratta de L’ultimo alchimista, di Micah Nathan.

Il mondo dell’alchimia ha da sempre suscitato una certa curiosità in me, e proprio a Praga hanno vissuto molti fra i più importanti alchimisti che il mondo abbia mai conosciuto. Dovendo scegliere tra mille possibilità la destinazione del mio annuale viaggio all’estero, ho optato per la capitale ceca.

A posteriori posso dire di essere pienamente soddisfatta della mia scelta, che mi ha permesso di confrontarmi per la prima volta con la realtà dell’Est europeo, di cui ho sempre e solo sentito parlare, ma che mi ha fortemente fatto riflettere, arricchendo il mio punto di vista di nuove, importanti prospettive. Buona Praga!

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UNA CITTÀ

SUGGESTIVA Ovvero: impressione Praga.

Di una bellezza unica, è caratterizzata da un’architettura davvero impressionante, quel gotico tipico dell’Europa dell’Est che svetta in una verticalità mozzafiato, ma che allo stesso tempo risulta imponente e quasi intimidatorio. L’atmosfera che ne deriva è velata da un certo mistero, è quasi tetra, ma suggestiva al punto giusto: stiamo pur sempre parlando di una delle capitali dell’alchimia.

È la scienza che incontra la magia, la chimica dei segni. Meraviglia. Una miriade di ponti, dei quali il più antico e monumentale è il Karlův Most (Ponte Carlo), collega le sponde della Vltava (Moldava), che scorre tranquilla separando Malá Strana (Piccolo Quartiere) e Staré Město (Città Vecchia). Praga è abbastanza piccola, semplice da girare anche a piedi - le attrazioni principali sono essenzialmente concentrate in questi due quartieri - ed è ricchissima di scorci incantevoli, dalle strettissime viuzze cittadine alle passeggiate lungo il fiume, su cui non ci si può non concedere una crociera.

Se proprio bisogna trovare un difetto, tralasciando le orde di turisti che - immagino tutto l’anno - la invadono, è una città tristemente malfamata: moltissimi sono i senzatetto che vedono i cassonetti come un supermercato e che vivono (o sopravvivono) grazie agli sprechi alimentari dei visitatori.

Io stessa, un secondo dopo aver gettato via parte del mio (enorme!) piatto di halusky - cibo di strada, una sorta di gnocchi con prosciutto di Praga, formaggio e cipolle - ho assistito all’arrivo di un clochard che l’ha prontamente recuperato, per poi allontanarsi cibandosene di gusto. Non solo.

“I Praghesi tenteranno di fregarti, se possono. Fa’ attenzione”. Mai avvertimento che mi venne dato fu più saggio!

Un aneddoto esplicativo: torniamo al famoso piatto di halusky. Al momento di pagare (312 corone), mi sono ritrovata in tasca solo una banconota da 500, per cui avrei dovuto avere un resto di 188 corone. Non conoscendo ancora le monete, ho sfacciatamente chiesto con una certa ironia velata - neanche troppo - al ragazzo che mi stava consegnando i soldi se mai mi stesse fregando. Di tutta risposta lui si mette a ridere, mi rassicura ma mi avvisa: “tranquilla, il tuo resto è giusto. Ma sta’ attenta, sei a Praga!”… beh, grazie!

Insomma, ci sono i pro e i contro come in ogni angolo del mondo. Eppure, se mai mi chiedessero cosa penso di Praga risponderei senza esitare che si tratta di una città splendida, che vale la pena visitare almeno una volta nella vita.




La prima piazza in cui mi sono imbattuta, facendo capolino da una minuscola stradina costellata di negozi di cristalli di Boemia, è stata la Piazza della Città Vecchia (Staroměstské Náměstí), molto grande, con al centro il monumento dedicato a Jan Hus.

A dominarla, l’imponente Chiesa di Santa Maria di Týn (Týnský Chrám) - la seconda per importanza dopo la Cattedrale di San Vito - mentre tutt’intorno sfilano fitte fitte le tipiche casette praghesi, colorate e allegre.


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Il simbolo di Praga: l’Orologio Astronomico (Staroměstský Orloj).

Si trova proprio al limitare della Piazza della Città Vecchia, montato su un lato del municipio. È molto colorato, complicato ed estremamente ricco di dettagli: più lo si osserva e più si scoprono nuove minuzie.

Allo scoccare di ogni ora, prende vita il “Corteo degli Apostoli”: un meccanismo mette in moto, all’interno dell’orologio stesso, alcune statuine raffiguranti i dodici apostoli, che sfilano affacciandosi alle due finestrelle sovrastanti il quadrante, in un curioso carosello scandito dai rintocchi delle campane. È un piccolo spettacolo perpetuo.


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Il Quartiere Ebraico (Josefov) di Praga è stato in assoluto quello che mi ha colpito di più.

Situato nel pieno della Città Vecchia - è uno dei quartieri più antichi della capitale ceca -, abbonda di piccoli negozi di antiquariato, cristalleria e orologeria, ed è molto più tranquillo della caotica Malá Strana.

Sono presenti diverse Sinagoghe - quella Vecchionuova (Staronová), quella Spagnola (Španĕlká), quella di Gerusalemme (Jeruzalemská), ecc. - e, soprattutto, è in questo quartiere che ha sede il Vecchio Cimitero Ebraico, uno dei simboli della città, nonché uno dei più celebri cimiteri d’Europa.



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Prima di accedere al cimitero vero e proprio, il percorso di visita prevede l’ingresso nella Sinagoga Pinkas (Pinkasova Synagoga). Tale Sinagoga è divenuta il Memoriale degli Ebrei cechi e moravi rimasti vittime della persecuzione nazista: tra il 1992 e il 1996, sui muri della costruzione sono stati scritti a mano oltre 80.000 nomi di Ebrei uccisi durante il nazismo, corredati di data di nascita e morte. Ad oggi, posso dire che si è trattato di una delle esperienze più sconvolgenti della mia vita.

Se, come nel mio caso, prima di entrare non si sa cosa ci si ritroverà di fronte all’interno, la prima impressione che si ha è quella di un’opera grandiosa, il lavoro certosino di un amanuense che si è applicato a tappezzare intere pareti con minuscole scritte.

Poi, inaspettatamente, nel momento in cui si capisce cosa si sta effettivamente guardando, si viene assaliti da un senso di ansia molto forte.

Pensateci: la Shoah è qualcosa che da sempre ci viene propinata ogni anno con il giorno della memoria, con foto e testimonianze. Siamo talmente abituati a sentirci ripetere cosa accadde, abbiamo visto talmente tanti film e letto talmente tanti libri che, ormai, è entrata a far parte di quel bagaglio di conoscenze che ognuno deve necessariamente avere e che, meccanicamente, cataloga come tragedia. Un po’ come l’11 Settembre o lo Tsunami in Giappone.

È stata universalmente riconosciuta come genocidio, crimine contro l’umanità. In quanto tale. Ma il trovarsi di fronte all’elenco crudo dei loro nomi e cognomi, improvvisamente rende queste persone reali, fisiche, non solo una generalità di individui che hanno perso la vita. Maděrová Gertrude, Lütvak Berl, Machleitová Alžběta, Lurje Gerasim,… non sono numeri, sono persone. E mai mi era apparso così chiaro.


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Uscendo dalla Sinagoga Pinkas, si passa attraverso un cortile e si accede direttamente al Vecchio Cimitero Ebraico (Starý Židovský Hřbitov).

Questo è stato per molto tempo l’unico luogo in cui gli Ebrei praghesi hanno potuto seppellire i propri morti; negli anni, di conseguenza, per sopperire alla mancanza di spazio, le tombe hanno iniziato a sovrapporsi - in alcuni punti fino a 9 strati! Al momento dell’inumazione, una lapide veniva estratta dal suolo e veniva aggiunto del terriccio per la nuova sepoltura; infine, veniva reinstallata la vecchia lapide, accanto alla quale era posta quella nuova, dando origine così a un cimitero alquanto spettrale, ma straordinariamente suggestivo. È poi stato molto bello vedere, poggiati su alcune lapidi, biglietti e sassolini lasciati dai visitatori, piccoli pensieri per sottolineare che, per quanto turisti, non ci si dimentica su che suolo si sta camminando.


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Mentre mi trovavo a passeggiare - erano circa le 19 lungo le rive della Moldava, lo sguardo mi è caduto sui battelli che andavano e venivano sotto i miei occhi. Non ci ho pensato due volte e ho deciso di salire a bordo per cena: grande idea! Qui ho conosciuto Patrick, un simpatico ragazzo francese che fa il programmatore informatico e ama andare in giro per il mondo - anche e soprattutto per lavoro. Un tipo mingherlino, piccoletto e fumatore incallito, ma con due grandi occhi azzurri, appassionato di opera e incredibilmente acculturato: è stato piacevolmente facile conversare per tre ore con lui, chissà se lo rincontrerò mai? 27


- 91 el acric onare - eraiggessap a ovavort im ertneM ius otudac è im odraugs ol ,avadloM alled evir el ognul .ihcco ieim i ot tos onavinev e onavadna ehc illet tab odrob a erilas id osiced oh e etlov eud otasnep oh ic noN !aedi ednarg :anec rep -narf ozzagar ocitapmis nu ,kcirtaP otuicsonoc oh iuQ eradna ama e ocitamrofni erotammargorp li af ehc esec nU .oroval rep ot tut tarpos e ehcna - odnom li rep orig ni noc am ,otillacni erotamuf e ot teloccip ,onilrehgnim opit - ercni e arepo id otanoissappa ,irruzza ihcco idnarg eud -noc elicaf etnemlovecaip otats è :otarutlucca etnemlibid ?iam òrertnocnir ol es àssihc ,iul noc ero ert rep erasrev 26


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Non ho potuto per nulla al mondo rinunciare a una sosta al Museo dell’Alchimia.

Praga, lo sappiamo, è stata una delle capitali europee in cui hanno risieduto alcuni fra i maggiori alchimisti, astrologi e astronomi di sempre, quali Keplero e Tycho Brahe. Pensando all’alchimia, la prima cosa che viene in mente è la ricerca della pietra filosofale, necessaria a catalizzare la trasformazione della materia vile in oro: scopo abbastanza venale, almeno a un primo sguardo.

In realtà, il fine dell’alchimista era assai più nobile: egli identifica come “oro” la saggezza nella sua essenza più pura, la conoscenza approfondita dei quattro elementi e delle loro ottimali combinazioni - diversamente la pensavano i sovrani alla cui corte gli alchimisti, per poter vedere sovvenzionate le proprie ricerche, dovevano necessariamente operare.

Grazie ai loro esperimenti, tali personalità hanno, inoltre, dato un grande contributo alla conoscenza del mondo della chimica.

Nel museo si trova la fedele ricostruzione del laboratorio di re Rudolf II - noto il suo interesse per l’occulto - e si possono visitare i sotterranei comunicanti direttamente con il palazzo stesso, all’interno dei quali operavano gli alchimisti al suo servizio.

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La leggenda

del Golem Nel 1580, il Rabbino più importante di Praga - Rabbi Löw - ricevette dal Signore l’ordine di plasmare un Golem di argilla, per difendere gli Ebrei dai sempre più numerosi soprusi di cui erano oggetto. Creò quindi con il potere dell’unione dei quattro elementi e utilizzando il fango argilloso della Moldava, un enorme mostro umanoide dotato di una forza immensa, ma privo di anima. Il Rabbino gli diede vita inserendo all’interno della sua bocca una tavoletta di argilla, e il mostro gli avrebbe obbedito ciecamente. Dopo qualche tempo, tuttavia, il Golem era diventato sempre più forte e aveva cominciato a sfuggire a ogni controllo, uccidendo e seminando il terrore fra le strade del quartiere; così il suo creatore fu costretto a togliergli la vita così come gliel’aveva donata e a nascondere la statua ormai inerme all’ultimo piano della Sinagoga Vecchionuova, proibendo l’ingresso a chiunque. Per far sì che tutti rispettassero tale divieto, furono distrutte le scale di accesso; quando, molti anni più tardi, vennero ripristinate, si scoprì cbe all’interno della Sinagoga il mitico Golem era sparito, e anche dopo numerose ricerche non fu mai ritrovato.

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ricetta:

T-RDELNÍK ingredienti • farina • latte • lievito • burro • zucchero • scorza di limone • uovo (intero e albume)

Non è davvero possibile passeggiare per le strade di Praga restando indifferenti al delizioso profumo di T-rdelník (o Trdlo) che invade le vie del centro. È il dolce tipico dell’antica tradizione praghese - in realtà dell’intera ex-Cecoslovacchia - e si tratta di un manicotto di pane dolce, appena croccante, realizzato in una maniera particolare.

L’impasto del T-rdelník è composto da farina, latte, lievito, zucchero,

burro, uova e scorza di limone.

Una volta lievitato, viene spennellato con l’albume e passato nello zucchero; viene lavorato a formare lunghe strisce, poi arrotolate attorno a un cilindro metallico che ruota sul calore fino a cottura ultimata.

Esistono più varianti: per i più golosi, possono essere riempiti con cioccolato, crema o marmellata; io mi sono limitata alla versione originale, tanto semplice quanto buona!


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Il Castello di Praga è situato al termine di una serie infinita di gradini e salite - maledetto! - in cima a una collina che domina la città, ed è strutturato tutto intorno come un piccolo villaggio, detto Quartiere del Castello (Hradčany).

Il complesso comprende, oltre ai vari edifici quali l’armeria, la casa del fabbro, le prigioni e altre costruzioni di minore importanza, la Cattedrale di San Vito (Katedrála Svatého Víta) - maestosa e svettante, toglie il fiato quando alzi gli occhi a guardarne la facciata ricchissima di guglie e pinnacoli -, la Basilica di San Giorgio (Bazilika Sv. Jiří), il Palazzo Reale e il Vicolo d’Oro (Zlatá Ulička) - una stradina anche conosciuta come Via degli Alchimisti, poiché vi avrebbero risieduto alcuni alchimisti al servizio di re Rudolf II, per il quale lavoravano sulla trasmutazione del ferro in oro. 43


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Tra i più importanti edifici del quartiere di Hradčany vi è anche la Basilica di San Giorgio (Bazilika Sv. Jiří).

Al suo interno è sepolta Santa Ludmilla di Boemia, che sarebbe - secondo il racconto - stata fatta assassinare dalla nuora Drahomíra per gelosia nei confronti del figlio, strangolata con il suo stesso velo - ma, si sa, tra suocere e nuore non sempre corre buon sangue… Perché ho voluto segnalare proprio questa chiesa?

Per una questione di orgoglio personale: dopo aver affrontato la - già piuttosto lunga - coda per raggiungere l’ingresso, mi sono pure dovuta sorbire il proseguimento della fila lungo tutta la navata centrale, l’abside semicircolare e giù fino alla cappella sotterranea. Tutto questo non sapendo assolutamente PER VEDERE COSA. Già, perché indicazioni presenti: zero.

Arrivata davanti alla cripta gotica ho scattato qualche foto (già che sei lì per quello, tutti dietro di te pronti con le loro macchinette cariche, che ti mettono anche un po’ di ansia), poi mi sono defilata alla velocità della luce, ripromettendomi che, una volta informatami a riguardo, avrei dato una menzione d’onore a chiunque vi fosse sepolto.



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Belle le armature, belli gli scudi, belle le spade… ma vogliamo parlare di quanto sia divertente usare una balestra?

Non ho saputo resistere: imbracciata l’arma - suppongo che a trascinare un’incudine si fatichi meno - ho provato a tirare qualche freccia.

Sebbene la prima abbia mancato di almeno mezzo metro non soltanto il bersaglio, ma pure il cavalletto su cui era poggiato, con l’ultima ho addirittura sfiorato il centro. Se mi va male nella vita, con un po’ di allenamento potrei sempre fare il cecchino...

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Il Muro di Lennon (Zeď Johna Lennona).

Originariamente era un semplice muro cittadino, ma a partire dagli anni ’80 è diventato un simbolo di libertà e di pace: graffito dopo graffito, i ragazzi - non solo cechi, ma provenienti da tutto il mondo - l’hanno ricoperto di disegni e scritte colorate, creando così un’opera d’arte e, al tempo stesso, un fondamentale punto di riferimento politico e sociale.

Vi si trova dipinta la lapide di John Lennon, un suo ritratto e diversi testi delle sue canzoni - suonate proprio lì di fronte da un giovane ragazzo con la chitarra, esattamente nel momento in cui io scattavo le mie foto. C’è di bello che tutt’oggi il muro è in continua metamorfosi: ognuno può scrivervi o disegnarvi ciò che preferisce, e l’opera non smette mai di trasformarsi.



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Siamo a uno dei monumenti più celebri di Praga: il Ponte Carlo (Karlův Most).

Trenta statue di Santi ornano i suoi lati - copie delle originali, queste risalenti al XVI secolo.

Tra i numerosi ponti che congiungono le sponde della Moldava, questo è il più antico: costruito sui resti del suo antenato - il Ponte di Giuditta (Juditina Most), spazzato via da una piena -, si dice che per renderlo più resistente siano state unite oltre cento uova alla calce con cui venne edificato. A proposito di questo ponte, vi è un altro episodio da cui emerge l’importanza di astronomia e astrologia a Praga.

Pare che la prima pietra destinata alla sua costruzione - poggiata da Re Carlo IV stesso, da cui il nome del ponte - sia stata deposta alle 5:31 del 9° giorno del 7° mese del 1357. Tale data, nella quale la congiunzione astrale fra il Sole e Saturno è stata particolarmente intensa, è considerata magica: unendo le cifre che la compongono si ottiene un numero palindromo formato solo da numeri primi (1357-9-7-5:31).



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Il punto di partenza della cosiddetta Via Reale - quella percorsa dai cortei che accompagnavano l’incoronazione dei Re Boemi - era la Torre delle Polveri (Prašná Brána), il cui nome deriva dal suo utilizzo nel XVIII secolo a deposito di polvere da sparo. È una costruzione… strana.

O, almeno, questa è stata l’impressione soggettiva che ne ho avuto io.

Tetra e spettrale - come tutti gli edifici neogotici di Praga -, è posta in mezzo a palazzi bassi, più recenti e colorati. Sta lì, con i suoi 65 metri di altezza, non c’entrando nulla col resto, come se una mano invisibile non avesse saputo dove piazzarla e avesse deciso che, tutto sommato, in quell’esatta posizione fosse avanzato proprio lo spazio necessario a contenerla. Direi uno spazio senza dubbio bene investito.




La Chiesa di San Nicola (Kostel Sv. Mikuláše) è la più famosa chiesa barocca della città. Prima del ‘700, conformemente allo stile praghese, al suo posto sorgeva una chiesa gotica, dedicata al medesimo Santo.

Non l’ho visitata all’interno ed effettivamente ho fatto male: il Barocco si manifesta in San Nicola in una delle sue forme più pure, con statue, affreschi incantevoli e la grandiosità dell’oro. Ma non mentirò: ho coscientemente deciso di non entrarvi.

In primis perché delle chiese di Praga ne avevo fin sopra i capelli - e, diciamocelo, a una certa tutte le chiese sono più o meno uguali -, in secundis perché mi stavo godendo il mio meraviglioso Frappuccino di Starbucks - ero a metà dell’opera e San Nicola avrebbe chiuso di lì a pochissimo. Non potendo certo entrare con la bevanda, avrei dovuto sacrificarla. E QUESTO MAI.


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E, infine, ecco: lei è Aneta, la mia nuova, dolcissima amica ceca!

Ci siamo conosciute per caso proprio accanto all’hotel in cui alloggiavo, in un locale dove lavorava come hostess, ed è stata subito simpatia. Ad oggi ci teniamo vivacemente in contatto, e forse un giorno ci rincontreremo, chissà, magari qui in Italia: dovesse capitare da queste parti le farò volentieri da guida turistica!

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Finiscono così anche questi pochi giorni trascorsi nella capitale ceca. Ricca di esperienze da vivere e di angoli da visitare, Praga è davvero una città magica.

Le vicende del Regno di Boemia, sfortunatamente, non sono uno dei punti salienti della storia come tradizionalmente ci viene insegnata in Italia, pertanto può non essere immediatamente vicina alla nostra concezione del corso degli eventi.

Sebbene io sia partita con numerose lacune, tuttavia è pure vero che sono tornata avendone colmate altrettante o, per lo meno, con la voglia di saperne di più su questo Paese incredibile che è la Repubblica Ceca. Meravigliosa la sua architettura gotica e neogotica, avvolta da quel velo così affascinante di arcano mistero, deliziosa la cucina - ricorderò il Goulash ceco come il più buono che io abbia mai assaggiato - e così piacevolmente socievoli le persone. Una bellissima avventura in una bellissima città.

arrivederci

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Alcuni credono che Praga sorga dove il tessuto traslucido tra il mondo a noi noto e il ventre molle dell’ignoto si è lacerato. L’Ultimo Alchimista, Micah Nathan - 2006

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