SOMMARIO
Introduzione 1. Anatomia del muscolo 2. Cenni di fisiologia muscolare 3. Biomeccanica muscolare 4. L’allenamento 5. L’esperienza pratica sul campo degli allenatori 6. Introduzione alle esecuzioni pratiche 7. I pettorali 8. Le spalle 9. I dorsali 10. Gli arti superiori 11. Gli arti inferiori 12. Gli addominali 13. I principi scientifici dell’allenamento per l’incremento della massa muscolare 14. La forza muscolare 15. L’ipertrofia 16. Teorie e sistemi aggiuntivi Bibliografia
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CAPITOLO 1
ANATOMIA DEL MUSCOLO
È un concetto conosciuto a tutti quello che considera i muscoli come i “motori” dell’apparato locomotore. Come vedremo, quando le componenti proteiche di un muscolo (filamenti di actina e miosina) vengono raggiunte da un impulso danno vita a uno scorrimento, una specie di tensione che si manifesta in un accorciamento: accade così che le parti ossee tra cui è posto il muscolo, collegate dai tendini, si avvicinano producendo movimento. Il muscolo può essere considerato il motore del nostro corpo anche perché, come ogni macchina a combustione, riesce a trasformare energia chimica (substrati energetici) in energia meccanica (movimento). In generale si distinguono tre tipi di tessuto muscolare: 1) il tessuto muscolare cardiaco; 2) il tessuto muscolare striato scheletrico; 3) il tessuto muscolare liscio. In questa sede ci occuperemo esclusivamente di tessuto muscolare striato scheletrico.
1.1 Le fibre muscolari e le loro componenti In linea generale, si può affermare che i muscoli scheletrici sono composti da miofilamenti che si aggregano in miofibrille, le quali, a loro volta, si uniscono in fibre e fasci muscolari.
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1.2 I tipi di fibre muscolari Secondo Edigton e Edgerton (1976), nell’uomo possono essere distinti almeno tre tipi di fibre muscolari scheletriche, connesse ai rispettivi motoneuroni e formanti specifiche unità motrici. Le fibre a cui si fa riferimento sono le fibre lente (ST), le fibre veloci (FTb) e le fibre intermedie (FTa).
FIG. 1.4. Tabella riassuntiva della percentuale dei vari tipi di fibre presenti in alcuni muscoli umani. Da *Pierrynowsky e Morrison, 1985; **Johnson e coll., 1973; *** Saltin e Gollnick, 1983. Tratto da Bisciotti, 2002.
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3.2 La coordinazione intermuscolare La biomeccanica, oltre a tenere in stretta considerazione questi fenomeni analizzandoli in tutte le loro esplicazioni, studia anche la sfera che riguarda la coordinazione intermuscolare. Di solito il movimento viene considerato erroneamente come l’attivazione dei soli muscoli coinvolti direttamente nello spostamento di un determinato segmento osseo, ignorando così l’esistenza di tanti altri muscoli che partecipano al compito motorio, anche se con funzioni diverse. La coordinazione intermuscolare altro non è che il rapporto che si viene a realizzare tra questi muscoli e si tratta quindi di un concetto fondamentale nell’ambito dell’incremento della performance, nella migliore applicazione della filosofia preventiva e in tutte le fasi riabilitative post-traumatiche. Il sinergismo (“azione d’insieme”) esprime in generale il rapporto funzionale che si verifica tra tutti i muscoli che intervengono in un movimento, traducendo le relazioni di collaborazione esistenti tra questi. Per sottolineare i ruoli differenti di queste collaborazioni viene fatta una classificazione relativa alle funzioni dei singoli muscoli o dei gruppi muscolari sollecitati. I muscoli agonisti sono quelli che aumentando la propria tensione spostano uno o più segmenti ossei, assumendo così un ruolo “principale” nell’ambito del movimento. I muscoli antagonisti effettuano un’azione opposta al movimento, ma non hanno una funzione ostacolante. È proprio grazie ai muscoli antagonisti che si realizzano precise esecuzioni: questi riescono infatti a modulare le velocità di spostamento, oltre a rappresentare un sistema di difesa delle articolazioni nelle fasi finali del movimento.
3. Biomeccanica muscolare
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7.1 Distensioni su panca piana Articolazioni coinvolte: scapolo-omerale, gomito. Muscoli interessati: grande e piccolo pettorale, fasci anteriori del deltoide, tricipite brachiale, gran dorsale e infraspinato.
FIG. 7.2. Da Kunz e Unold, 1988. Mod. da Stecchi.
Si tratta dell’esercizio fondamentale per il petto, anche se a onor del vero qui non si verifica un isolamento del gran pettorale come avviene invece nell’esercizio delle croci. Tradizionalmente considerata l’esecuzione simbolo della forza, è probabilmente il movimento più conosciuto, anche perché di facile apprendimento. Le distensioni su panca piana non rappresentano un’elevata fonte di rischio di traumatismi, ma come per qualsiasi altro esercizio contengono pericoli, soprattutto se la struttura scheletrica non è del tutto predisposta all’azione. 70
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FIG. 7.11b. - Distendere le braccia ed espirare dopo aver superato la fase antigravitazionale piĂš difficile.
FIG. 7.11c. - Ridiscendere e ricominciare il movimento.
7.6 Croci su panca orizzontale Articolazioni coinvolte: spalla, gomito. Muscoli interessati: gran pettorale, fasci anteriori del deltoide, bicipite brachiale, tricipite brachiale, gran dorsale.
FIG. 7.12. Da Kunz e Unold, 1988. Mod. da Stecchi.
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