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Doral

Doral alitò sulle uova e chiuse gli occhi per riposare un po’. Era una dragonessa bellissima: alta quasi quattro metri e lunga otto, aveva una coda possente e flessuosa che le faceva da timone durante il volo. Il suo alito di fuoco era capace d’incendiare dieci alberi contemporaneamente e la pelle era tutta ricoperta di piccole scaglie dorate che alla luce del sole brillavano come stelle. Gli occhi erano azzurri e le fornivano un’arma in più con cui difendersi perché, se qualcuno li avesse fissati con animo sleale, sarebbe divenuto cieco all’istante. I draghi vivevano indisturbati al centro della foresta, in una radura sulle rive di un grande lago alimentato dal fiume Neru, il più lungo della regione. La vallata era protetta su tre lati da creste di nera roccia lavica che, bloccando i venti gelidi, ne mitigavano il clima. La zona dei draghi era immersa in una vegetazione lussureggiante di felci, alte palme e rari eucalipti dalle foglie profumate; e poi c’erano fiori d’ogni foggia, colore e dimensione, alcuni fragili come papaveri, altri carnosi o velenosi. Tutta la radura era come recintata dalle palme cicadee, resistenti al fuoco e quindi adattissime ai draghi. Il nido di Doral era formato da un largo cuscino di platycerium, una piccola felce. Era un ricovero soffice e fragrante in cui le uova erano ben protette e, grazie al fogliame peloso e tenero, restavano morbide al punto giusto. Successe all’alba. Il lago era appena indorato dai tiepidi raggi del sole e presto tutta la foresta si sarebbe svegliata. Ma qualcosa destò Doral un attimo prima che tutto ciò accadesse. Uno scricchiolio sospetto le fece spalancare gli occhi… stava per balzare su, quando si accorse che il suono sconosciuto proveniva dal nido, tra le sue zampe. Le uova tremavano, scosse dall’interno; il guscio si crepava come un lago ghiacciato in primavera. Doral trattenne il respiro: i cuccioli stavano per venire alla luce.

Kay Pendragon, Draghia, Delos Books

CLASSE CAPOVOLTA

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