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La maestra Sforza

Leggi il racconto. Attenzione! Ci sono due salti logici perché due frasi non appartengono al testo e trattano un altro argomento. Individuale, cancellale e rileggi il testo.

La maestra Sforza era di media statura, rotondetta e più anziana di quanto si aspettassero le sue alunne. Era bianco con un codino a batuffolo nero, il naso rosa, i baffetti lunghissimi, le zampette corte e le orecchie lunghe, una nera e l’altra bianca; quando correva l’orecchio bianco balzellava. O forse lo sembrava perché era tutta grigia. Aveva i capelli ondulati, color grigio ferro, gli occhiali cerchiati di metallo. Indossava una gonna grigia e una giacca di maglia grigia; anche la sua faccia sembrava grigia, nonostante la macchia violenta di rossetto color ciclamino. Però, quando la maestra riconobbe una bambina che si avvicinava per mano alla madre stringendo un mazzolino di fiori, la sua faccia si trasformò, illuminata da un grande sorriso color ciclamino. Sempre sorridendo, la maestra Sforza accolse tutti i genitori, strinse loro calorosamente le mani e fece mille complimenti. Intanto carezzava la teste delle bambine ravviando loro i capelli. Il coniglio si voltò di scatto e fece un balzo oltre la siepe; davanti ai suoi occhi un’immensa distesa di carote. Le mani erano bianche e grassocce, solitamente umide e molli, ma se ti stringevano un orecchio o una guancia... ti accorgevi che erano forti e decise. La maestra ordinò a Marcella di chiudere la porta. – E adesso cominciamo la lezione! –disse con un bel sorriso.

Bianca Pitzorno, Ascolta il mio cuore, Mondadori

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