Laboratorio di pasticceria

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● UdA ● Esame di Stato

Seconda prova e percorsi interdisciplinari

Professionisti di successo e PCTO

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● Ricette e prodotti regionali ● Videolezioni

T R I E N N I O

Laboratorio di Pasticceria I PRODOTTI, TECNICHE LE TECNICHE, DI PASTICCERIA LA SICUREZZA


Laboratorio di Pasticceria I PRODOTTI, LE TECNICHE, LA SICUREZZA

T R I E N N I O


©2021 Edizioni Plan - Loreto, Italy www.edizioniplan.it info@edizioniplan.it Si ringraziano per i preziosi contributi i docenti e i collaboratori di ALMA − La Scuola Internazionale di Cucina Italiana. Un ringraziamento particolare all’ingegner Massimo Gelati, ai professori Leone Arsenio, Dario Bressanini, Daniele Gherardini (Istituto Professionale “F. Martini” - Montecatini Terme, PT), Luca Montersino, Stefano Laghi, Mauro Petrini, Maurizio Santilli (IPSEOA “Federico di Svevia” - Termoli, CB). In particolare, ringraziamo Stefano Laghi, Luca Montersino e Gabriele Bozio per la messa a punto di un sistema di bilanciamento per la produzione della pasta frolla. Ringraziamo inoltre tutte le Aziende che hanno fornito materiali di documentazione e immagini. In particolare: – Electrolux Professional, Pordenone – Giblor’s, abbigliamento professionale, Carpi – Piazza Effepi, articoli professionali, Crusinallo – De Buyers Industries, articoli professionali, Le Val D’Ajol – Polin, macchine e forni per pasticceria, Verona – Frigomat, macchine professionali per la produzione del gelato, Lodi – Gami, macchine per il cioccolato, Schio – Icam, produttori di cioccolato, Lecco Immagini: Foto Carra, Parma; Arturo Delle Donne, Parma, Shutterstock Progettazione e coordinamento editoriale: Carla Quattrini Redazione: Carla Quattrini, Monia Cardella Revisione testi: Roberto Melchiorre Impaginazione: Federico Borsella Dossier 1 “Il mondo del lavoro”: adattamento da “Io nel mondo del lavoro” ©2018 Academia Universa Press − Edizioni Plan, consulenza Donatella Dell’Orso Dossier 3 “La panificazione” a cura di Ezio Marinato e Leila Salimbeni Segnalazione di errori Produrre un testo scolastico è molto complesso. L’esperienza ci insegna che è quasi impossibile pubblicare un libro senza un errore o una imprecisione, e ci scusiamo con i nostri lettori. Ogni segnalazione che potete inviarci sarà per noi preziosa. Vi ringraziamo se vorrete scriverci al seguente indirizzo: redazione@edizioniplan.it

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. È vietata la riproduzione, anche parziale, o a uso interno didattico, con qualsiasi mezzo, non autorizzata. Prima edizione: febbraio 2021 Nell’eventualità che illustrazioni di competenza altrui siano riprodotte in questo volume, l’Editore è a disposizione degli aventi diritto che non si sono potuti reperire. L’Editore porrà inoltre rimedio, in caso di cortese segnalazione, a eventuali non voluti errori e/o omissioni nei riferimenti relativi. Stampa: Tecnostampa - Pigini Group Printing Division Loreto - Trevi 21.83.142.0 - ISBN 978-88-94988-46-8


INDICE

III

Indice Unità 3

Macroarea 1 PROFESSIONE PASTICCERE Unità 1

Un mestiere antico tra arte e tecnica 1. Quali furono le origini della pasticceria .................. La pasticceria greca e quella romana ......................... 2. Come si sviluppò la pasticceria nel Medioevo ....... L’influenza araba ......................................................... 3. Quando la pasticceria divenne arte ........................ Il Seicento e il Settecento ........................................... 4. Come si caratterizza la pasticceria contemporanea ......................................................... Che cos’è la pasticceria industriale ............................

3 3 4 4 5 5

Le attrezzature 1. Le attrezzature per la preparazione generale ...... 2. Le attrezzature per la preparazione dei prodotti lievitati ...................................................................... 3. Le attrezzature per la cottura ................................ 4. Le attrezzature per raffreddare, mantecare e conservare ............................................................ 5. Le attrezzature per la lavorazione del cioccolato .......................................................... Lezione speciale

27 29 30 32 33

La piccola attrezzatura e gli utensili .......................

34

7

Mappa • Le attrezzature ........................................... Sintesi ..................................................................... Verifiche ................................................................... Laboratorio delle competenze .............................

40 42 43 46

Mappa • La pasticceria .............................................. 8 Sintesi ....................................................................... 9 Verifiche ................................................................... 10 Laboratorio delle competenze ............................. 12

PROFESSIONISTI DI SUCCESSO • M. Previtali ....... SECONDA PROVA • Esercitazione ............................... COLLOQUIO ORALE • Collegamenti interdisciplinari ... UDA • Istruzioni per l’uso ................................................

47 48 49 50

Lezione speciale

La formazione del pasticcere ......................................

6 6

Unità 2

Il laboratorio e la brigata di pasticceria 1. Da quali locali è costituito il laboratorio di pasticceria ........................................................... Locale di stoccaggio delle materie prime ................. Locale di preparazione e di cottura .......................... Locale di stoccaggio dei semilavorati ...................... Locale di distribuzione .............................................. Spogliatoi e servizi igienici ........................................ 2. A quali requisiti igienico-sanitari devono rispondere i locali ................................................... 3. Come è composta la brigata di pasticceria ......... Lezione speciale

Macroarea 2 LE MATERIE PRIME 13 13 14 14 14 14 15 16

La divisa .........................................................................

18

Mappa • La brigata di pasticceria • La divisa ........... Sintesi ..................................................................... Verifiche ................................................................... Laboratorio delle competenze .............................

20 21 22 26

Unità 1

Sfarinati 1. Che cosa sono gli sfarinati .................................... 2. Quali sono le sostanze che caratterizzano gli impasti di farine ................................................. Quali sono le caratteristiche principali delle farine ... Che cosa si intende per forza della farina ................ Quali sono i fattori che influenzano la formazione del glutine ................................................................. 3. Come si impastano i prodotti lievitati ................... 4. Altre farine, farine senza glutine e amidi .............. Lezione speciale

53 54 54 55 57 57 58

Correzione delle farine ................................................

60

Mappa • La farina ..................................................... Sintesi ..................................................................... Verifiche ................................................................... Laboratorio delle competenze .............................

61 62 63 66


IV

INDICE

Unità 2

Uova 1. Come si forma l’uovo e da quali parti è costituito ............................................................... Quali sono le fasi di formazione dell’uovo ................ 2. Quali sono le caratteristiche merceologiche delle uova ................................................................. 3. Qual è l’uso delle uova in pasticceria ................... Che cosa sono le schiume ........................................ Qual è l’influenza dei grassi e di altri fattori sulle schiume ............................................................ Come si ottiene la stabilità delle schiume ................ Lezione speciale

Unità 4

67 67 69 70 71 72 72

Controlli al check-in e conservazione ....................... Come si riconoscono le uova fresche .............................. Come si conservano le uova ............................................

73 73 73

Mappa • Le uova ...................................................... Sintesi ..................................................................... Verifiche ................................................................... Laboratorio delle competenze .............................

74 75 76 78

Unità 3

Dolcificanti e sostanze aromatiche 1. Che cosa sono i dolcificanti ................................... 2. Che cos’è il saccarosio........................................... Come avviene l’estrazione del saccarosio ................

79 80 80

LABORATORIO

1. Come avviene la cottura dello zucchero .............. Che cos’è lo sciroppo ............................................... Qual è il ruolo della temperatura ...............................

83 83 84

3. Quali sono i principali dolcificanti ......................... 4. Che cosa sono le sostanze aromatiche ................ Quali sono le sostanze aromatiche utilizzate in pasticceria ...........................................................

85 87

Lezione speciale

87

Caffè e tè ....................................................................... Quali sono le caratteristiche della pianta del caffè ........... Quali sono le principali qualità di caffè ............................. Come avviene la lavorazione del caffè ............................. Quali sono le caratteristiche nutrizionali del caffè ............ Come si controlla e si conserva il caffè ............................ Come si impiega in cucina e in pasticceria ...................... Quali sono le caratteristiche del tè ................................... Quali sono le caratteristiche nutrizionali del tè ................. Come si controlla e si conserva il tè ................................. Quali sono gli impieghi del tè in cucina e in pasticceria ..

90 90 90 91 91 91 91 92 93 93 93

Mappa • I dolcificanti • Le sostanze aromatiche ...... Sintesi ..................................................................... Verifiche ................................................................... Laboratorio delle competenze .............................

94 95 96 98

Lipidi 1. Quali sono le caratteristiche chimico-fisiche dei lipidi .................................................................... 99 2. Come si producono e quali sono le caratteristiche dei grassi animali .................................................. 101 Come si produce il burro ........................................ 101 Che cosa sono e come si producono lo strutto e il sego ................................................................... 102 3. Quali sono i grassi vegetali .................................. 103 Quali sono le caratteristiche dell’olio di oliva .......... 103 Che cosa sono gli oli di semi .................................. 104 Quali sono le varietà di burro vegetale ................... 106 Lezione speciale

Margarine e grassi idrogenati ................................

107

Mappa • I lipidi ....................................................... Sintesi ................................................................... Verifiche ................................................................. Laboratorio delle competenze ...........................

108 109 110 112

Unità 5

Frutta secca 1. Qual è il ruolo della frutta secca in pasticceria ... 2. La frutta secca a guscio ....................................... La mandorla ............................................................ La noce del Brasile e l’anacardio ............................ La castagna ............................................................ La noce ................................................................... La nocciola .............................................................. L’arachide ............................................................... Pinoli, pistacchi e noce di cocco ............................ Lezione speciale

113 114 114 114 115 115 115 116 116

Frutta secca disidratata .......................................... Che cos’è la frutta secca disidratata .............................. Quali varietà di frutta disidratata si utilizzano in pasticceria ..................................................................

117 117

Mappa • La frutta secca ......................................... Sintesi ................................................................... Verifiche ................................................................. Laboratorio delle competenze ...........................

118 119 120 122

117

Unità 6

Agenti lievitanti 1. Che cosa sono i lieviti ........................................... Che cos’è il lievito di birra ....................................... Che cos’è il lievito naturale o lievito madre ............ Quali sono i fattori che influenzano la fermentazione . Che cos’è il lievito chimico ..................................... 2. In che cosa consiste la lievitazione ..................... Che cos’è la lievitazione biologica .......................... Come avviene la lievitazione chimica ..................... Come avviene la lievitazione fisica ......................... 3. Come avviene la cottura ......................................

123 123 124 125 125 126 126 126 127 128


INDICE

Lezione speciale

Fermentazione ............................................................ La fermentazione alcolica ............................................... La fermentazione malolattica .........................................

129 129 129

Mappa • La lievitazione .......................................... Sintesi ................................................................... Verifiche ................................................................. Laboratorio delle competenze ...........................

130 132 133 136

Unità 7

Cacao 1. Il cacao ................................................................... Quali sono le varietà della pianta del cacao ........... Come avviene la lavorazione delle fave del cacao . Che cosa sono il burro di cacao e il cacao in polvere ................................................................ 2. Il cioccolato ........................................................... Il concaggio ............................................................ Il temperaggio ......................................................... Perché il cioccolato fondente fa bene alla salute ... Come si controlla e si conserva il cioccolato ......... Lezione speciale

137 137 138 138 139 139 140 141 141

Impieghi del cioccolato in pasticceria ....................

142

Mappa • Il cacao .................................................... Sintesi ................................................................... Verifiche ................................................................. Laboratorio delle competenze ...........................

143 144 145 146

Lezione speciale

Unità 9

Additivi ad azione fisica e coloranti 1. Che cosa sono e a che cosa servono gli additivi . Addensanti .............................................................. Emulsionanti ........................................................... Gelificanti ................................................................ 2. Che cosa sono i coloranti .................................... Lezione speciale

161 162 162 162 162

Classificazione degli additivi ad azione fisica .......

163

Mappa • Gli additivi ad azione fisica ...................... Sintesi ................................................................... Verifiche ................................................................. Laboratorio delle competenze ...........................

165 166 167 169

PROFESSIONISTI DI SUCCESSO • R. Usanza ....... SECONDA PROVA • Esercitazione ............................. COLLOQUIO ORALE • Collegamenti interdisciplinari . UDA • Istruzioni per l’uso ..............................................

171 172 173 174

Macroarea 3 LE PREPARAZIONI DI BASE Unità 1

Gli impasti fondamentali 1. La pasta frolla ........................................................ Quali sono gli ingredienti della pasta frolla .............

177 177

LABORATORIO

Unità 8

Latte 1. Che cos’è il latte e qual è la sua composizione chimica ................................................................... Che cos’è il lattosio ................................................ Quali sono i grassi, le proteine e i sali presenti nel latte ................................................................... 2. Quali sono i trattamenti igienici del latte ............ Che cosa sono la pastorizzazione e la sterilizzazione. Che cos’è l’omogeneizzazione................................ Che cosa sono il latte condensato e quello in polvere .

V

147 148 149 150 150 150 151

Derivati del latte ........................................................ Che cos’è la panna ......................................................... Che cos’è la panna da montare ..................................... Che cos’è e come si produce la panna vegetale ........... Che cos’è e come si produce lo yogurt ......................... Che cos’è e come si produce la ricotta ......................... Che cosa sono e come si utilizzano in pasticceria mascarpone e mozzarella ..............................................

152 152 153 154 154 155

Mappa • Il latte ....................................................... Sintesi ................................................................... Verifiche ................................................................. Laboratorio delle competenze ...........................

156 157 158 160

155

1. Preparazione della pasta frolla ............................ 179 Metodo classico ..................................................... 179 Metodo sabbiato ..................................................... 180 Metodo montato ..................................................... 181 Come si conclude la lavorazione della pasta frolla . 182 Come bilanciare una pasta frolla ............................ 182 Quali possono essere le aggiunte speciali all’impasto base ........................................................................ 183 Come si usano gli agenti lievitanti nella preparazione della pasta frolla ...................................................... 184 Qual è la classificazione delle paste frolle .............. 184 2. La pasta sfoglia ..................................................... Quali sono gli ingredienti della pasta sfoglia .......... L’impasto del pastello .............................................

185 185 186

LABORATORIO

2. Preparazione della pasta sfoglia ......................... Quali sono i metodi di inserimento del panetto nel pastello .............................................................. Metodo 1 ................................................................. Metodo 2 ................................................................. Metodo 3 ................................................................. Metodo 4 ................................................................. Come si piega la pasta sfoglia ................................ Piegatura a tre strati ................................................

187 187 187 189 189 190 190 191


VI

INDICE

Piegatura a quattro strati ........................................ Come si ottiene la cottura ideale ............................ Perché la pasta sfoglia si alza durante la cottura ...

192 192 192

3. Il pan di Spagna .................................................... Quali sono gli ingredienti del pan di Spagna ..........

193 193

LABORATORIO

3. Preparazione del pan di Spagna .......................... 194 Quali sono i possibili arricchimenti dell’impasto base . 195 Come si cuoce il pan di Spagna ............................. 196 4. Il biscotto arrotolato .............................................

197

LABORATORIO

4. Preparazione del biscotto classico ..................... Biscotto classico a montata doppia .......................

198 199

5. I bignè .................................................................... Quali sono le caratteristiche dei bignè ................... Quali sono gli ingredienti dei bignè .........................

202 202 202

LABORATORIO

5. Preparazione dei bignè ......................................... Come avviene la cottura dei bignè .........................

204 205

6. I prodotti lievitati ................................................... Quali sono gli ingredienti dei prodotti lievitati .........

206 206

LABORATORIO

6. Preparazione del panettone ................................. Lezione speciale

208

Le tecniche di cottura ............................................... Che cos’è la cottura ....................................................... Le cotture a bassa temperatura ..................................... Il roner, la vasocottura, l’oliocottura ............................... La cottura per impregnazione ........................................ La cucina molecolare .....................................................

210 210 213 214 214 214

Le tecniche di conservazione ................................... Che cosa si intende per conservazione degli alimenti ... Come si classificano le tecniche di conservazione ........

215 215 215

Mappa • Gli impasti fondamentali .......................... Sintesi ................................................................... Verifiche ................................................................. Laboratorio delle competenze ...........................

218 220 221 225

Unità 2

Le creme e i semifreddi 1. Lo sciroppo ............................................................ 2. Le creme ................................................................ Che cos’è la crema pasticcera ............................... Quali sono gli ingredienti di una crema pasticcera .

Che cos’è la crema inglese ..................................... Che cos’è la crema al burro ....................................

LABORATORIO

1. Le creme ................................................................ Crema pasticcera .................................................... Crema al burro ........................................................ Crema leggera ........................................................ Crema chiboust ...................................................... Crema mousseline ..................................................

231 231 233 234 235 236

3. Le meringhe ...........................................................

237

LABORATORIO

2. Le meringhe ........................................................... Meringa francese .................................................... Meringa italiana ....................................................... Meringa svizzera .....................................................

238 238 239 240

4. Le mousse ............................................................. Che cosa sono le mousse ...................................... Quali sono gli ingredienti di una mousse ................

241 241 241

LABORATORIO

3. Le mousse ............................................................. Mousse alla frutta ................................................... Mousse al cioccolato o alle paste aromatizzanti ....

242 242 243

5. Le bavaresi ............................................................

245

LABORATORIO

4. Le bavaresi ............................................................ Bavarese al cioccolato bianco ................................

246 246

6. Il semifreddo .......................................................... Che cosa sono i semifreddi .................................... Quali sono i principali ingredienti di un semifreddo . Quali sono le paste aromatizzanti per semifreddi .

248 248 249 250

LABORATORIO

5. La base semifreddo .............................................. Che cos’è la base semifreddo ................................ Base semifreddo con zucchero cotto (pâte à bombe) ........................................................ Base semifreddo con sciroppo di zucchero ........... Base semifreddo con latte (crema inglese) ............. Base semifreddo con zucchero fondente (metodo a freddo) ................................................... Semifreddo alla fragola con meringa italiana .......... Lezione speciale

227 228 228 228

230 230

251 251 251 251 251 251 252

Le bagne ....................................................................... Che cosa sono le bagne ................................................. Che cosa sono gli alcolati .............................................. Come si preparano le bagne ..........................................

254 254 254 254

La confetteria .............................................................

255


INDICE

Mappa • Le preparazioni di base ............................ Sintesi ................................................................... Verifiche ................................................................. Laboratorio delle competenze ...........................

256 258 259 262

LABORATORIO

Le tecniche di decorazione ........................................ 1. Come si decora con il cornetto ........................... Quali sono i metodi di decorazione con il cornetto ..

263 264 265

2. Come si decora con lo zucchero ......................... Ghiaccia reale ......................................................... Zucchero cotto colorato ......................................... Zucchero soffiato .................................................... Zucchero colato ...................................................... Zucchero bollato con isomalto ............................... Zucchero a riccioli in alcol ...................................... Pastigliaggio ........................................................... Marzapane sbiancato .............................................

266 266 267 268 270 270 271 272 272

3. Come si decora con il cioccolato ........................ Cioccolato a spruzzo .............................................. Cioccolato plastico ................................................. Come si realizzano le decorazioni con cioccolato prince ......................................................................

273 273 273

4. Come si decora con la frutta ............................... La frutta fresca in pasticceria: elemento decorativo o gustativo? ............................................................

274

PROFESSIONISTI DI SUCCESSO • G. Lombardo . SECONDA PROVA • Esercitazione ............................. COLLOQUIO ORALE • Collegamenti interdisciplinari . UDA • Istruzioni per l’uso ..............................................

275 276 277 278

273

274

Macroarea 4 QUALITÀ, SICUREZZA E SALUTE IN PASTICCERIA Unità 1

AGENDA 2030

La qualità alimentare 1. Che cos’è la qualità totale .................................... Che cosa si intende per sicurezza alimentare ........ 2. Che cos’è la certificazione ISO 9000 .................. 3. Che cosa sono i prodotti biologici ...................... Che cosa si intende per agricoltura biologica ........ Quali sono le caratteristiche di un allevamento biologico ................................................................. Il marchio biologico europeo .................................. 4. Che cos’è la lotta integrata .................................. Il marchio SQNPI .................................................... 5. La filiera corta e il chilometro zero ..................... Quali sono i vantaggi dei prodotti a chilometro zero? . 6. Che cosa si intende per tipicità ........................... Come si tutela la tipicità ......................................... 7. Che cosa sono gli alimenti OGM .........................

281 282 283 284 284 284 284 285 285 286 286 287 287 289

VII

Lezione speciale

L’analisi sensoriale ..................................................... Che cosa si intende per alimentazione .......................... Quali sono i criteri di classificazione .............................. Le caratteristiche organolettiche .................................... Le sensazioni visive ........................................................ Le sensazioni olfattive .................................................... Le sensazioni gustative .................................................. Le sensazioni aromatiche o gusto-olfattive .................... Le sensazioni tattili ......................................................... Le sensazioni uditive ...................................................... La temperatura ............................................................... Che cosa si intende per palatabilità ............................... Che cosa si intende per analisi sensoriale ..................... Che cos’è la degustazione ............................................. Che cosa si intende per esame visivo ............................ Che cosa si intende per esame olfattivo ........................ Che cosa si intende per esame gusto-olfattivo .............. Che cosa si intende per struttura del piatto ...................

290 290 291 293 293 294 294 295 295 296 296 296 297 298 298 298 299 300

La carta dei dessert ..................................................

301

Mappa • La qualità ................................................. Sintesi ................................................................... Verifiche ................................................................. Laboratorio delle competenze ...........................

302 304 305 309

Unità 2

La sicurezza 1. Che cosa si intende per sicurezza sul lavoro ..... Che cosa si intende per gestione della sicurezza ... 2. Che cosa si intende per sicurezza alimentare ... 3. Che cosa stabilisce il Regolamento (CE) n. 178/2002 ............................................................. 4. Che cosa si intende per Pacchetto Igiene .......... 5. Che cosa si intende per rintracciabilità .............. La rintracciabilità degli imballaggi .......................... 6. Che cosa sono l’autocontrollo e il sistema HACCP ................................................................... Quali sono le fasi dell’HACCP ................................ Quali sono le cinque fasi preliminari ....................... Quali sono le sette fasi obbligatorie ....................... 7. Quali sono i comparti della pasticceria .............. 8. Quali sono i punti critici di controllo nelle attività di pasticceria .........................................................

311 311 312 313 313 314 314 315 316 317 318 319 320

LABORATORIO

1. Il sistema HACCP .................................................. Lezione speciale

L’igiene nella ristorazione ......................................... Quali sono le buone prassi d’igiene professionale ......... L’igiene delle mani .......................................................... Gli ambienti: come garantire igiene e sicurezza ............. Il principio di marcia avanti e la separazione dei percorsi ........................................................................... Come si combattono gli infestanti .................................

321

322 322 323 323 324 324


VIII

INDICE

Come si gestiscono i rifiuti ............................................. Attrezzature: come si assicurano igiene e sicurezza ...... Detersione, sanificazione e disinfezione ........................ Prodotti alimentari: come garantire igiene e sicurezza ... Come vanno gestiti i prodotti non idonei .......................

325 325 326 327 328

Mappa • Il piano HACCP ........................................ Sintesi ................................................................... Verifiche ................................................................. Laboratorio delle competenze ...........................

329 330 331 334

Unità 3

La salute in pasticceria 1. Come avviene la contaminazione degli alimenti . Quali sono i rischi per i prodotti di pasticceria freschi . Quali sono i rischi per i prodotti refrigerati .............. Quali sono i rischi per i prodotti di pasticceria secchi . Quali sono i rischi per i prodotti in scatola ............. Quali sono i rischi per gli alimenti surgelati ............. Quali sono i rischi per la frutta e verdura ................ 2. Che cosa sono le reazioni avverse agli alimenti 3. Che cosa sono le intolleranze alimentari ........... Le intolleranze farmacologiche ............................... Le intolleranze enzimatiche .................................... Che cos’è l’intolleranza al lattosio .......................... La dieta per soggetti intolleranti al lattosio ............. Che cos’è la celiachia ............................................. La dieta per soggetti celiaci .................................... La contaminazione da glutine ................................. Lezione speciale

337 339 341 341 342 342 342 .343 344 344 345 345 345 346 346 347

La pasticceria per le intolleranze alimentari .......

348

Mappa • Rischi di contaminazione ......................... Sintesi ................................................................... Verifiche ................................................................. Laboratorio delle competenze ...........................

349 350 351 354

PROFESSIONISTI DI SUCCESSO • S. de Costanzo . SECONDA PROVA • Esercitazione ............................. COLLOQUIO ORALE • Collegamenti interdisciplinari . UDA • Istruzioni per l’uso ..............................................

355 356 357 358

Lezione speciale

Unità 1

361 361 362 362 362 363 363 363 364

365 366 366 367 368 369 370

Il banqueting ............................................................... Che cosa si intende per banqueting .............................. Quali sono le forme di banqueting ................................. Quali sono le funzioni del banqueting manager ............. L’organizzazione di un banchetto ................................... Cosa si intende per location ........................................... Quali sono i momenti ristorativi ...................................... Quali sono le modalità di servizio ................................... Il contratto di banqueting ............................................... Che cos’è la scheda evento ........................................... Quali sono le fasi di organizzazione della logistica ........ Come si organizza la preparazione delle pietanze ......... Quali sono le modalità di preparazione delle pietanze ... La piccola pasticceria nel buffet ....................................

371 371 372 373 374 375 375 375 376 377 377 378 379 379

Mappa • L’analisi dei costi di gestione ................... Sintesi ................................................................... Verifiche ................................................................. Laboratorio delle competenze ...........................

380 382 383 385

PROFESSIONISTI DI SUCCESSO • F. Russo .......... SECONDA PROVA • Esercitazione ............................. COLLOQUIO ORALE • Collegamenti interdisciplinari . UDA • Istruzioni per l’uso ..............................................

387 388 389 390

DOSSIER Dossier 1

AGENDA 2030

L’ingresso nel mondo del lavoro 1. Studia per i tuoi obiettivi ...................................... 2. Cerca opportunità ................................................. 3. Scrivi il tuo curriculum .......................................... 4. Usa i social… con attenzione! ............................. 5. Preparati al colloquio ............................................

Macroarea 5 ORGANIZZAZIONE E GESTIONE

Organizzazione e gestione 1. Che cosa si intende per approvvigionamento ... Chi è e di che cosa si occupa l’economo ............... 2. Come organizzare l’approvvigionamento ........... Come selezionare i fornitori .................................... Come gestire i prodotti ........................................... 3. Come organizzare il magazzino .......................... Come suddividere gli spazi ..................................... Come tenere in ordine le celle frigorifere ................ Come si gestiscono le scorte .................................

4. Che cos’è il food cost ........................................... Che cos’è e come si calcola il food cost del piatto o della ricetta .......................................................... Che cos’è e come si calcola il food cost giornaliero . Che cos’è e come si calcola il food cost massimo ammesso (MFC) ...................................................... Che cos’è e come si calcola il food cost attuale (AFC) ....................................................................... Che cos’è e come si calcola il food cost potenziale (PFC) ....................................................................... Che cos’è e come si calcola il food cost standard (SFC) .......................................................................

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Dossier 2

La gelateria 1. Quali sono le tecniche di preparazione del gelato . Quali sono le caratteristiche delle miscele ............. Che cosa sono le miscele omogenee come le soluzioni .............................................................. Che cosa sono la solubilità e i fenomeni di cristallizzazione ...................................................

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CONTENUTI DIGITALI INDICE

Che cosa sono le miscele eterogenee come le sospensioni e le emulsioni .................................. Quali sono le caratteristiche fisiche della miscela del gelato ................................................................ Che cosa si intende per consistenza o corpo ........ Come si calcola la quantità totale dell’acqua ......... Che cosa si intende per funzione dei solidi totali ... Che cosa si intende per caratteristiche di struttura . Qual è il ruolo dell’aria ............................................ 2. Come si ottiene la bilanciatura del gelato .......... 3. Come avviene la produzione del gelato .............. La pastorizzazione .................................................. Che cos’è l’omogeneizzazione ............................... Che cosa si intende per processo di maturazione . Che cos’è il processo di gelatura o mantecatura ... Che cos’è il processo di indurimento .....................

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LABORATORIO

1. Gelato fior di latte .................................................

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Dossier 3

La panificazione 1. Quali furono le origini ........................................... 2. Quali sono gli ingredienti ..................................... I cereali e gli sfarinati .............................................. La farina .................................................................. La semola ............................................................... L’acqua ................................................................... Il lievito .................................................................... Il sale ....................................................................... Lo zucchero ............................................................ I lipidi ....................................................................... Ingredienti caratterizzanti ........................................

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LABORATORIO

1. I sistemi di lavorazione del pane ......................... Quali sono i sistemi di lavorazione del pane ........... In che cosa consiste il sistema indiretto ................. La biga .................................................................... Il Poolish ................................................................. In che cosa consiste il sistema diretto ....................

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3. Come avvengono lievitazione e cottura ............. In che cosa consiste la spezzatura dell’impasto .... Che cos’è e come avviene la lievitazione del pane . Che cos’è l’alveolatura ........................................... Come deve essere regolata la temperatura ............ Che cos’è la precottura ..........................................

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Qual è il ruolo del vapore ........................................ Come capire quando il pane è pronto .................... Come avviene la cottura del surgelato ................... Come avviene la cottura ventilata ...........................

IX 433 433 434 434

LABORATORIO

Filoncino di pane con biga a lievitazione lunga ...... Filoncino con Poolish a lievitazione lunga, con semi di girasole e fiocchi di avena ................... Pane al miele con biga a lievitazione veloce ........... Pane pugliese con biga a lievitazione lunga di semola ................................................................

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Dossier 4

La tradizione italiana La cultura alimentare italiana .......................................... Il valore della diversità .................................................... L’italianità come eccellenza ............................................

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Valle d’Aosta ................................................................. Piemonte ...................................................................... Lombardia .................................................................... Trentino Alto-Adige ....................................................... Friuli-Venezia Giulia ...................................................... Veneto .......................................................................... Liguria ........................................................................... Emilia-Romagna ........................................................... Toscana ........................................................................ Marche ......................................................................... Umbria .......................................................................... Lazio ............................................................................. Abruzzo ........................................................................ Molise ........................................................................... Campania ..................................................................... Puglia ........................................................................... Basilicata ...................................................................... Calabria ........................................................................ Sicilia ............................................................................ Sardegna ......................................................................

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X

Il mio ricettario Le paste frolle .................................... 456 •. Pasta frolla con zucchero a velo . e tuorli, con il 60% di burro •. Pasta frolla con zucchero a velo . e uova, con il 60% di burro •. Pasta frolla con zucchero semolato . e uova, con il 60% di burro •. Pasta frolla con zucchero a velo . e albume, con il 60% di burro •. Pasta frolla con zucchero e albume, . con il 60% di burro •. Pasta frolla con zucchero a velo . e acqua, con il 60% di burro •. Pasta frolla con zucchero semolato . e acqua, con il 60% di burro •. Pasta frolla con zucchero a velo . e latte, con il 60% di burro •. Pasta frolla con zucchero semolato . e latte, con il 60% di burro •. Pasta frolla con zucchero a velo . e panna, con il 60% di burro •. Pasta frolla con zucchero e panna, . con il 60% di burro •. Pasta frolla con zucchero a velo, farina . di mandorle e tuorlo, con il 60% di burro •. Pasta frolla con zucchero a velo . e cacao, con il burro al 60% •. Pasta frolla con zucchero a velo, tuorlo, . amido di mais al 20% e 60% di burro •. Pasta frolla con zucchero a velo, tuorlo, . fecola di patate al 20% e burro al 60% •. Pasta frolla con zucchero a velo, amido . di riso al 20% e burro al 60% •. Pasta frolla con zucchero a velo, bicarbonato di ammonio 6 g/kg . e 50% di burro •. Pasta frolla con zucchero a velo, . baking 16 g/kg e 50% di burro •. Pasta frolla montata, con tuorli . e il 70% di burro •. Pasta frolla montata, con uova, zucchero . a velo e il 70% di burro Le paste sfoglie ................................. 466 •. Pasta sfoglia classica con panetto . plastificato •. Pasta sfoglia con panetto in placche . per sfogliati •. Pasta sfoglia ricca di grasso Il pan di Spagna ................................. 468 •. Pan di Spagna classico •. Pan di Spagna con fecola o amido •. Pan di Spagna con burro fuso •. Pan di Spagna con aggiunta di tuorli •. Pan di Spagna con montate separate •. Pan di Spagna con montata di albumi

•. Pan di Spagna con montata di albumi

liofilizzati •. Pan di Spagna con aggiunta di fecola . e burro •. Pan di Spagna con farina di frutta secca •. Pan di Spagna con montata burro Il biscotto ........................................... 474

•. Biscotto classico a montata doppia •. Biscotto classico a montata di albumi •. Biscotto classico al cacao con montata . di albumi •. Biscotto alle mandorle da decorazione •. Massa a cialde, detta anche pasta sigaretta – pasta al cornetto – lingua . di gatto •. Biscotto leggero alle mandorle •. Biscotto al cacao senza farina •. Biscotto di marzapane •. La dacquoise al cocco •. La dacquoise alle mandorle

I bignè ................................................. 479

•. Bignè a pari peso di burro e farina •. Bignè con la metà di burro rispetto . alla farina

•. Bignè con il doppio di burro rispetto

. alla farina •. Bignè con il doppio di strutto rispetto . alla farina I lievitati .............................................. 482 •. Croissant a lievitazione mista •. Croissant al lievito naturale •. Pandoro sfogliato •. Babà La crema pasticcera ......................... 486 •. Crema pasticcera con farina e il 25% . di tuorlo •. Crema pasticcera con amido di mais . e il 25% di tuorlo •. Crema pasticcera con amido di riso . e il 25% di tuorlo •. Crema pasticcera con amido di riso . e di mais e il 25% di tuorlo •. Crema pasticcera con amido di mais . e riso e il 50% di tuorlo •. Crema pasticcera con amido di riso, amido di mais e il 30% di tuorlo •. Crema pasticcera al cioccolato La crema inglese ............................... 493

•. Crema inglese •. Crema inglese con il 50% di panna . e il 50% latte

Le creme al burro .............................. 494 •. Crema al burro 1 •. Crema al burro 2 •. Crema al burro 3 Le creme leggere ............................... 496 •. Crema leggera al caramello •. Crema leggera al Cointreau •. Crema leggera alla nocciola La crema chiboust ............................. 498 •. Crema chiboust al miele •. Crema chiboust al cioccolato •. Crema chiboust alla vaniglia La crema mousseline ........................ 501 •. Crema mousseline alle mandorle •. Crema mousseline alle noci e mandorle •. Crema mousseline al cioccolato bianco Le meringhe ....................................... 503 •. Meringa italiana Le mousse .......................................... 504

•. Mousse veloce al cioccolato •. Mousse veloce al cioccolato, metodo . ganache

•. Mousse veloce al cioccolato bianco, . metodo ganache

•. Mousse al cioccolato con base semifreddo . • Mousse al limone •. Mousse ai lamponi •. Mousse alla ricotta •. Mousse allo yogurt

Le bavaresi ......................................... 508

•. Bavarese al pistacchio •. Bavarese alla vaniglia •. Bavarese al caramello •. Bavarese al latte e arancia

La base semifreddo o la pâte à bombe .............................. 512 •. Base semifreddo con zucchero cotto •. Base semifreddo con sciroppo •. Base semifreddo con latte I vari tipi di semifreddo ..................... 514

•. Base semifreddo con zucchero cotto

. al 67% di zuccheri per semifreddi •. Meringa italiana al 67% di zuccheri . per semifreddi •. Crema pasticcera al 24,32% di zuccheri . per semifreddi •. Biscotto ghiacciato alla nocciola •. Biscotto ghiacciato allo zabaione •. Sciroppo al caffè per semifreddi


Macroarea

1

Conoscenze Storia e valore culturale della pasticceria

Formazione e divisa del pasticcere

Brigata, laboratorio e attrezzature di pasticceria

Abilità Riconoscere il valore storico e culturale della pasticceria

Riconoscere le componenti culturali della gastronomia anche in relazione al territorio

Pianificare l’organizzazione e la gestione di un laboratorio di pasticceria

Competenze Valorizzare l’elaborazione e la presentazione di prodotti dolciari e di panificazione locali, nazionali e internazionali

Utilizzare tecniche tradizionali e innovative di lavorazione, di organizzazione, di commercializzazione dei servizi e dei prodotti enogastronomici, ristorativi e di accoglienza turistico-alberghiera

Applicare correttamente il sistema HACCP, la normativa sulla sicurezza e sulla salute nei luoghi di lavoro

Professione pasticcere


Macroarea 1

Professione pasticcere

1.

2.

Un mestiere antico tra arte e tecnica

Lezione speciale La formazione del pasticcere

Il laboratorio e la brigata di pasticceria

Lezione speciale La divisa

Lezione speciale La piccola attrezzatura e gli utensili

3.

Le attrezzature

DESSERT D’EUROPA

Il pasticcino tipico del Portogallo si chiama pastel de nata o pastel de Belém. A base di pasta sfoglia e crema, è diffuso in tutti i paesi di lingua portoghese (come il Brasile). Un’antica pasticceria situata nel quartiere storico di Lisbona vanta la ricetta originale di questo delizioso dessert che ha conosciuto notevole fortuna. Ogni anno si tiene un popolarissimo concorso per eleggere i migliori pastel de nata del mondo.

Approfondimenti

Esercizi interattivi

Videolezioni

✔ ✔

Il mio ricettario Le ricette dei Maestri Laboratorio delle competenze

Materiale didattico adatto per la didattica digitale integrata


UNITÀ 1

3

Un mestiere antico tra arte e tecnica 1. QUALI FURONO LE ORIGINI DELLA PASTICCERIA Nell’antichità il dolce era raramente considerato una portata autonoma. Frutti molto comuni, come i fichi e le pere, erano cotti, fermentati o ridotti in salsa per condire pietanze come uova, formaggi, carne arrosto e persino pesce, spesso con l’aggiunta di spezie e miele. In una società povera e frugale come quella antica, le prime preparazioni dolci si svilupparono come elaborazioni del pane e furono per molto tempo riservate esclusivamente alle occasioni solenni, in qualità di offerte votive agli dèi.

La pasticceria greca e quella romana

fermentati, che svolgevano la funzione della moderna panna. Probabilmente furono i Greci i precursori dell’arte della pasticceria, tant’è vero che essi conoscevano almeno una cinquantina di ricette. Nella tradizione della Roma antica il dolce era ottenuto dal miele o più raramente da creme di fichi, mosto d’uva cotto, sciroppi di frutta matura, ed era un sapore che non richiedeva una precisa collocazione nel menu. Si vendevano focacce di formaggio, con i fichi o di panna, dolci a base di farina, uova, miele e confetture di frutta. Si era scoperto come fare la panna montata e, con farina, formaggio, miele e uova, si preparavano budini da cucchiaio. Tra la gente comune erano diffusi gli obleidos, cialde simili ai nostri biscotti cotte al momento, frequentemente spalmate di miele.

Approfondimenti I dolci degli antichi Romani

Nel mondo greco e romano i dolci erano preparati con uova, farina di grano o avena, latte, miele e vino. In un’epoca in cui non si conosceva lo zucchero, il miele era la principale sostanza dolcificante e ne esistevano numerose varietà aromatiche. Il miele era utilizzato anche come conservante, per la preparazione di salse agrodolci e come farmaco. Gli ingredienti delle farciture erano frutti (mandorle, datteri, fichi, mele cotogne, noci, uva) e formaggi molli o molto

✔ 1. 2. 3. 4. 5.

GUIDA ALLO STUDIO

Nell’antichità il dolce era considerato una portata autonoma Fichi e pere erano utilizzati per condire pietanze Le prime preparazioni dolci si svilupparono come elaborazioni del pane Nel mondo greco il miele era utilizzato per molteplici scopi Furono i Romani i precursori dell’arte della pasticceria

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4

macroarea

Glossario Corporazione Le corporazioni delle arti e mestieri erano delle associazioni create a partire dal XII secolo in molte città europee per regolamentare e tutelare le attività degli appartenenti a una stessa categoria professionale.

Approfondimenti Lo zucchero nella storia

2.

1 • Professione pasticcere

COME SI SVILUPPÒ LA PASTICCERIA NEL MEDIOEVO

L’eredità dolciaria dell’antichità sopravvisse nel Medioevo, soprattutto grazie all’attività dei monaci. Con la caduta dell’Impero romano l’apicoltura cessò quasi del tutto e riprese vita solo quando i monaci cominciarono a produrre miele e cera per le candele: nei monasteri la preparazione di dolciumi al miele si accompagnò alla produzione di candele al punto che, per tutto il periodo del Rinascimento, i fabbricanti di candele e quelli di ✔dolci furono sempre uniti in una sola corporazione. Nel Medioevo nacque anche la prima pasticceria secca: nei conventi di monache (specie carmelitane) si preparavano dolci e pasticcetti dai nomi caratteristici come,

per esempio, supplicazioni o pazienze, favette, cialde, obbiade e bozolati.

L’influenza araba Ad avere importanti conseguenze nella pasticceria fu l’irrompere della cultura araba nel bacino del Mediterraneo. Gli Arabi, infatti, portarono in Europa una pianta che ebbe un ruolo fondamentale nella storia della pasticceria: la canna da zucchero. Così, dopo l’anno Mille, l’influenza araba innovò fortemente la produzione dolciaria e, grazie ai mercanti arabi, i dolci si arricchirono di spezie, aromi di agrumi, essenze e profumi distillati: acque di rose, di sandalo, di benzoino, sapori di muschio e di ambra. Si diffusero i dolci di pasta farciti di mandorle, pistacchi e pinoli.

GUIDA ALLO STUDIO

1. Nel Medioevo la produzione di dolci continuò soprattutto grazie ai monaci 2. Nel Medioevo nacque la prima pasticceria secca 3. L’innovazione principale introdotta dagli Arabi in pasticceria fu l’utilizzo della canna da zucchero

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unità

1

Un mestiere antico tra arte e tecnica

3. QUANDO LA PASTICCERIA DIVENNE ARTE Dopo il Medioevo la pasticceria andò progressivamente affinandosi soprattutto grazie ai pasticceri italiani, impiegati nelle corti europee, che svilupparono innovazioni di ogni tipo e nuove preparazioni, come le prime confetture e marmellate. L’evoluzione dell’arte pasticcera ebbe inizio alla fine del Cinquecento, dapprima grazie alla maggiore disponibilità di zucchero, in seguito per l’affermarsi di creme, paste frolle e paste sfoglia. Lo sviluppo della pasticceria fu inoltre conseguenza di quella rivoluzione del gusto causata dalle scoperte geografiche. Dal Nuovo Mondo gli Europei portarono molti ingredienti sconosciuti fino ad allora, tra i quali il cacao. L’arrivo del cacao diede il via a una nuova rivoluzione dolciaria.

Il Seicento e il Settecento Nel Seicento, la pasticceria sviluppò presentazioni sempre più elaborate da consumarsi al termine dei pasti. Alla fine del secolo si diffuse l’abitudine del gelato a conclusione del pasto, prima in

5 Francia e poi in Italia, e il dolce cominciò a diventare una portata a tutti gli effetti. Nacque così il dessert. Il Settecento fu il secolo dei piccoli dolci e dei confetti, che, inizialmente consumati dalle famiglie nobili, si diffusero successivamente anche tra la borghesia. Fu nel Settecento che si diffuse il termine pasticcere (in francese pâtissier). In Italia, ritenuta la culla dell’arte pasticcera, nel Settecento il pasticcere preparava la pasta e i pasticci con ripieno, spesso conditi con miele, zucchero, erbe e spezie.

Glossario Dessert Il termine dessert deriva dal francese desservir (letteralmente “togliere il servizio”) e indica lo sgombro di piatti, posaterie e attrezzature delle portate precedenti.

Approfondimenti L’arte di conficere

Sull’origine del termine pasticcere (pâtissier) sono state formulate diverse ipotesi. • Secondo alcuni studiosi, la denominazione sarebbe nata in Francia per indicare nello specifico l’attività del capo partita della brigata di cucina, l’entremetier, che si occupava in origine dei dolci (in francese entremet). L’entremetier era specializzato nella preparazione di pasticci di vegetali, pesce e carne, e poco alla volta il termine pâtissier avrebbe soppiantato definitivamente quello più antico di entremetier. • Secondo altri studiosi, invece, la denominazione deriverebbe dalla parola greca pastè, che indicava un composto di farina, acqua e sale.

Le storie attribuite all’origine del panettone sono molte. Secondo lo scrittore Pietro Verri (1728-1797), nel Milanese la consuetudine di consumare uno speciale “pane grande” nel periodo natalizio era già viva nel IX secolo.


6

macroarea

1 • Professione pasticcere

4. COME SI CARATTERIZZA LA PASTICCERIA CONTEMPORANEA Se nei secoli precedenti i dolci erano riservati soprattutto alle occasioni di festa delle classi agiate, con la metà dell’Ottocento la pasticceria andò incontro a un processo di industrializzazione che, a partire dal cioccolato, investì svariati tipi di dolci destinati a ogni ceto sociale. Tra la seconda metà dell’Ottocento fino ai primi del Novecento, si assistette a una competizione tra diversi Paesi per la produzione industriale di prodotti dolciari secondo tecniche sempre più innovative. L’arte dolciaria subì una pesante battuta d’arresto a causa dei due conflitti mondiali, ma già negli anni Cinquanta del Novecento conobbe una ripresa significativa soprattutto grazie allo sviluppo dell’industria alimentare americana. Oggi, la pasticceria è organizzata massicciamente su scala industriale: la dosatura degli ingredienti, il loro passaggio da un recipiente all’altro e il confezionamento sono affidati a macchinari complessi. Le materie prime usate sono attentamente selezionate in laboratori scientifici da tecnici e chimici e, dopo una lunga catena di lavorazioni, escono, in tempi brevissimi, un numero altissimo di “pezzi”.

Tuttavia, non bisogna pensare che la pasticceria artigianale sia scomparsa: essa sopravvive nei laboratori artigianali di tutto il mondo, dove l’esperienza e la professionalità dei maestri pasticceri propongono prodotti eccellenti, che offrono esperienze di gusto uniche nel loro genere e che qualificano sempre più questo fondamentale e affascinante mestiere d’arte. La pasticceria si sviluppa anche nelle cucine dei ristoranti grazie al prezioso contributo dei capo pasticceri (Chef pâtissier o Pastry Chef) di tutto il mondo.

Che cos’è la pasticceria industriale Le produzioni industriali di pasticceria si classificano nelle seguenti categorie: • produzioni da forno: prima colazione, lievitati dolci, biscotteria, torte da viaggio, crostate, salatini, pizzette, pane; • produzione refrigerata a temperatura positiva (da 0 a 4 °C): piccola pasticceria, crostate, torte, monoporzioni; • produzione refrigerata a temperatura negativa (da −12 a −18 °C): mousse, bavaresi, gelato, granite, semifreddi, torte gelato; • cioccolateria/confetteria: cioccolato, praline, cioccolatini, snack, bassinato, caramelle, confetture e marmellate, creme spalmabili; • prodotti legati alle festività: pandoro, panettone, colomba pasquale ecc; • prodotti della casa; • prodotti tipici locali e regionali, dell’italianità in generale, che possono rientrare in quasi tutte le categorie precedenti. Nella pasticceria industriale è il concetto a giocare un ruolo chiave: l’idea di base viene studiata per rispondere alle esigenze del mercato e per suscitare l’interesse di potenziali consumatori. Il prodotto dovrà quindi presentare uno o più punti di forza per inserirsi nel mercato. I prodotti potranno essere destinati, oltre alla consumazione in loco, anche all’asporto o al delivery.


LEZIONE SPECIALE

La formazione del pasticcere Per intraprendere questo mestiere è importante avere una solida preparazione sulle tecniche di base, ottenuta a scuola, da perfezionare seguendo corsi di formazione e di specializzazione. Ma quali sono le caratteristiche del pasticcere? • Ordine e precisione • Creatività e capacità di innovare • Finezza d’olfatto e di gusto

ico-operativ

Aspetti teor ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■

• Senso estetico • Capacità di collaborare e lavorare in team

i

Conoscere la normativa relativa all’igiene e alla prevenzione sanitaria e antinfortunistica Saper utilizzare le tecniche di conservazione e di trasformazione degli alimenti Organizzare il lavoro e la gestione delle risorse umane Conoscere le caratteristiche organolettiche degli ingredienti e saper scegliere quelli più adatti Sapere utilizzare gli strumenti impiegati in laboratorio Saper utilizzare le nuove preparazioni industriali (semilavorati) Conoscere tecniche e metodi di cottura Saper impiattare e presentare

Lavorando spesso in équipe, il pasticcere deve avere verso i colleghi un atteggiamento di collaborazione, rispetto, e appartenenza al gruppo di lavoro. Di conseguenza, è bene seguire opportune raccomandazioni.

vora nti utili per la Atteggiame ■ ■ ■ ■ ■

✔ 1. 2. 3. 4. 5.

re in team

Ascoltare i consigli dei colleghi, soprattutto di quelli con più esperienza Evitare di alzare la voce Usare un linguaggio conveniente ed educato Apprezzare il lavoro svolto dagli altri colleghi Curare il proprio aspetto, poiché si tratta di una forma di rispetto verso il prossimo

GUIDA ALLO STUDIO

Non spetta al pasticcere conoscere la normativa relativa all’igiene Il pasticcere, essendo una figura professionale altamente specializzata, deve conoscere solo le attrezzature di sua competenza e non quelle dell’intero laboratorio di pasticceria L’impiattamento non spetta al pasticcere Per il pasticcere è fondamentale saper lavorare in team Il pasticcere deve essere dotato di senso estetico e finezza d’olfatto e di gusto

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macroarea

1 • Professione pasticcere

MAPPA

La pasticceria

è

un mestiere antico

ha origine nel

si sviluppa nel

diventa arte

mondo greco e romano

Medioevo

alla fine del Cinquecento

con

grazie alla

grazie a

dolci a base di uova, latte, farina, miele o vino

influenza araba

disponibilità di zucchero, affermarsi di creme, pasta frolla e pasta sfoglia

oggi assume la forma di

pasticceria industriale

pasticceria artigianale

caratterizzata da

caratterizzata da

utilizzo di macchinari complessi

produzione in tempi brevi

prodotti eccellenti

professionalità dei maestri pasticceri


unità

1

Un mestiere antico tra arte e tecnica

9

SINTESI Quali furono le origini della pasticceria?

La pasticceria ha origini antichissime. Nel mondo greco e romano i dolci erano preparati con uova, farina di grano o avena, latte, miele e vino. In un’epoca in cui non si conosceva lo zucchero, il miele era la principale sostanza dolcificante. I Greci furono i precursori dell’arte della pasticceria. Nella tradizione della Roma antica il dolce, ottenuto dal miele o più raramente da creme di fichi, mosto d’uva cotto, sciroppi di frutta matura, era un sapore che non richiedeva una precisa collocazione nel menu.

Nel Seicento, la parte conclusiva del pasto vide la comparsa di preparazioni dolci sempre più elaborate. Prima in Francia e poi in Italia, il dolce cominciò a diventare una parte importante del pranzo. Nacque così il dessert. Il Settecento fu il secolo dei piccoli dolci e dei confetti, e della diffusione del termine pasticcere. Quali sono le caratteristiche della pasticceria contemporanea?

Se fino ai primi decenni del Novecento i dolci erano riservati soprattutto alle tavole di festa delle classi superiori, il processo di industrializzazione, partendo dal cioccolato, rese disponibili i dolci per ogni ceto sociale. Oggi la pasticceria è organizzata massicciamente su scala industriale, ma sopravvive anche nei laboratori artigianali, dove l’esperienza e la professionalità dei maestri pasticceri propongono prodotti eccellenti. La pasticceria industriale comprende produzione da forno, produzione refrigerata a temperatura positiva e negativa, cioccolateria, confetteria, prodotti delle festività, della casa e regionali.

Quale fu lo sviluppo della pasticceria dal Medioevo all’età moderna?

L’eredità dolciaria dell’antichità sopravvisse nel Medioevo, soprattutto grazie all’attività dei monaci che producevano miele e quindi dolci a base di questo alimento. Nello stesso periodo nacque anche la prima pasticceria secca. L’irrompere della cultura araba sulla scena mediterranea ebbe importanti conseguenze. Gli Arabi, infatti, portarono in Europa, oltre alla pianta della canna da zucchero, anche spezie, aromi di agrumi, essenze e profumi distillati: acque di rose, di sandalo, di benzoino, sapori di muschio e di ambra impregnarono o cosparsero dolci di pasta, farciti di mandorle, pistacchi e pinoli. Quando la pasticceria divenne un’arte?

L’evoluzione dell’arte pasticcera ebbe inizio dalla fine del Cinquecento, dapprima grazie alla maggiore disponibilità di zucchero, in seguito per l’affermarsi di creme, paste frolle e paste sfoglia. Lo sviluppo della pasticceria fu inoltre conseguenza delle scoperte geografiche. L’arrivo del cacao in Europa, infatti, diede il via a una nuova rivoluzione dolciaria, anche se la svolta epocale sarebbe arrivata solo con la rivoluzione industriale.

LEZIONE SPECIALE La formazione del pasticcere

Per diventare pasticcere è necessaria una preparazione di base solida, ottenuta a scuola, e rafforzata da corsi di formazione e di perfezionamento. Diligenza e costanza vanno associate a precisione e ordine nel lavoro. A queste qualità si devono unire alcune prerogative del tutto personali, come la creatività, la finezza d’olfatto e quella legata al gusto, un buon senso estetico e la capacità di innovare. Lavorando in sinergia con la brigata, il pasticcere deve avere verso i colleghi un atteggiamento di collaborazione e di rispetto, unito a uno spiccato senso di solidarietà e di appartenenza al gruppo di lavoro.


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macroarea

1 • Professione pasticcere

3. Cinquecento . ............................................................ ................................................................................... 4. Seicento .................................................................... ................................................................................... 5. Settecento . ............................................................... ...................................................................................

VERIFICHE VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. Nell’antichità i primi dolci si svilupparono come elaborazioni del formaggio 2. Le salse di fichi o pere erano usate come condimenti 3. Nell’antica Grecia alcuni dolci venivano preparati con il vino 4. Nell’antica Roma i dolci spesso erano a base di latte e zucchero 5. Il miele, oltre che come dolcificante, veniva utilizzato come conservante 6. Formaggi molli o molto fermentati venivano usati al posto della moderna panna 7. I Romani furono i precursori dell’arte della pasticceria 8. Gli obleidos, simili a biscotti, erano un cibo raffinato destinato ai soli patrizi romani 9. Nell’antica Roma il dolce era servito sempre a fine pasto 10. Durante il Medioevo i dolci furono banditi dai monaci, che li consideravano un peccato di gola 11. La pasticceria secca ha origini medioevali 12. Gli Arabi fecero conoscere in Europa la canna da zucchero 13. Grazie agli Arabi si diffusero in Europa dolci speziati e farciti con frutta secca 14. L’evoluzione dell’arte pasticcera ebbe inizio alla fine del Quattrocento 15. La Francia è ritenuta la culla dell’arte pasticcera 16. Il Seicento fu il secolo dei confetti 17. Il termine pasticcere si diffuse nel Settecento 18. Secondo alcuni studiosi, il termine pasticcere è di origine greca

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F

VERIFICHE

DOMANDE A COMPLETAMENTO

Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. Fino alla metà dell’Ottocento, i dolci: a. erano consumati dalle sole classi agiate b. nei piccoli centri urbani venivano preparati solo durante le feste paesane c. erano riservati al clero d. nessuna delle precedenti opzioni è corretta 2.

L’industrializzazione della pasticceria rese possibile: a. la diffusione di svariati tipi di dolci b. il consumo di dolci da parte di ogni ceto sociale c. la lavorazione del cioccolato su scala industriale d. tutte le opzioni sono corrette

3. L’arte dolciaria: a. non ha mai conosciuto crisi dagli inizi del Novecento a oggi b. è stata trascurata dall’industria alimentare americana a partire dagli anni Cinquanta del Novecento c. subì una battuta d’arresto durante le guerre mondiali d. non fa uso di macchinari complessi 4. La pasticceria artigianale: a. è destinata a scomparire perché spesso è di scarsa qualità b. è destinata a scomparire perché offre prodotti a prezzi eccessivamente alti c. sopravvive in qualificati laboratori artigianali d. è quasi completamente scomparsa perché i maestri pasticceri più qualificati preferiscono lavorare nelle grandi industrie dolciarie dove sono pagati di più

Completa scrivendo per ciascuna epoca storica qui elencata una breve descrizione delle principali caratteristiche della pasticceria di quel tempo.

VERO O FALSO

1. Antica Grecia e antica Roma .................................... ................................................................................... 2. Medioevo .................................................................. ...................................................................................

1. Dalla seconda metà del Novecento i diversi Paesi occidentali sono entrati in competizione per la produzione di dolci su scala industriale V F

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.


unità

1

Un mestiere antico tra arte e tecnica

2. 3. 4.

L’industria dolciaria attualmente si avvale di laboratori tecnici e chimici per selezionare le materie prime V F La moderna industria dolciaria si avvale di complessi macchinari per la dosatura degli ingredienti V F A causa dell’elevato livello di industrializzazione, attualmente la pasticceria non può più essere considerata un mestiere d’arte V F 5. Oggi la pasticceria è largamente organizzata su scala industriale V F 6. Attualmente la scelta delle materie prime nella pasticceria industriale è affidata a laboratori scientifici V F

11 7. Il pasticcere che opera nella cucina di un ristorante è detto Chef pâtissier o Pastry Chef DOMANDE A COMPLETAMENTO Descrivi brevemente le principali produzioni di pasticceria industriale. ............................................................................ ............................................................................ ............................................................................ ............................................................................

LEZIONE SPECIALE La formazione del pasticcere

VERO O FALSO

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. Per intraprendere il mestiere di pasticcere occorre: a. possedere già un laboratorio artigianale di pasticceria b. saper lavorare sempre da soli in completa autonomia c. essere molto preparati sulle tecniche di base d. evitare di collaborare con i colleghi 2.

Il pasticcere deve conoscere le tecniche: a. di cottura b. di conservazione c. di trasformazione degli alimenti d. tutte le opzioni sono corrette

3.

Nei confronti degli altri membri della sua équipe, il pasticcere deve: a. avere un atteggiamento freddo e distaccato b. usare un linguaggio forbito e tono autoritario c. mostrare spirito di appartenenza al gruppo d. far valere la sua superiorità

DOMANDE A COMPLETAMENTO

1. 2. 3. 4. 5.

................................. e ................................. ................................. e ................................. ................................. e ................................. senso ............................................................ ................................. e .................................

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. La normativa antinfortunistica non deve essere necessariamente essere nota al pasticcere V F Il pasticcere deve saper utilizzare le tecniche di trasformazione degli alimenti V F Non compete mai al pasticcere la gestione delle risorse umane, a meno che non sia il proprietario della pasticceria V F Non è necessario che il pasticcere sappia utilizzare i semilavorati V F Il pasticcere deve essere abile nell’impiattare e presentare le sue creazioni V F Non spetta al pasticcere saper utilizzare tutti gli strumenti impiegati in laboratorio V F Il pasticcere è il leader del gruppo di lavoro, pertanto è bene che alzi la voce per far rispettare la corretta gerarchia dei ruoli V F Un buon pasticcere ascolta volentieri i consigli dei colleghi più esperti V F

DOMANDE A COMPLETAMENTO Inserisci correttamente gli elementi mancanti, scegliendo tra quelli indicati. aspetto rispetto colleghi

educato collaborazione sinergia

voce

Il pasticcere deve avere verso i colleghi con cui lavora in ................................... un atteggiamento di ................................... e rispetto. Deve evitare di alzare la ................................... e usare sempre un linguaggio conveniente ed ..................................., mostrando di apprezzare il lavoro svolto dai ................................... . È inoltre importante che curi il proprio ..................................., essendo anche questo una forma di ................................... verso il prossimo.

VERIFICHE

Completa indicando le principali caratteristiche che deve possedere un pasticcere.

V F


LABORATORIO DELLE COMPETENZE ia lla pasticcer

La storia de

A

Compiti di realtà

Osserva le immagini e numerale in ordine cronologico. Puoi ricavare informazioni utili leggendo attentamente le didascalie.

Statuetta egizia di figura femminile inginocchiata nell’atto di macinare un cereale.

Il pesce fresco era una delle pietanze preferite dai Greci.

Arte rupestre illustrante la pratica dell’allevamento e della caccia.

Coppe romane in argento.

cere

ne del pastic

La formazio

B

Per ognuna delle seguenti competenze professionali del pasticcere, indica se si tratta di una competenza teorico-operativa o di una competenza utile per lavorare in team. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14.

Conoscere la normativa relativa all’igiene .................................................................................................................................................. Ascoltare i consigli dei colleghi .................................................................................................................................................. Saper utilizzare le tecniche di conservazione e di trasformazione degli alimenti .................................................................................................................................................. Organizzare il lavoro e la gestione delle risorse umane .................................................................................................................................................. Evitare di alzare la voce .................................................................................................................................................. Usare un linguaggio conveniente e educato .................................................................................................................................................. Conoscere le caratteristiche organolettiche degli ingredienti .................................................................................................................................................. Apprezzare il lavoro svolto dagli altri colleghi .................................................................................................................................................. Sapere utilizzare gli strumenti impiegati in laboratorio .................................................................................................................................................. Curare il proprio aspetto, poiché si tratta di una forma di rispetto verso il prossimo .................................................................................................................................................. Saper utilizzare le nuove preparazioni industriali (semilavorati) .................................................................................................................................................. Avere la padronanza degli strumenti impiegati in laboratorio .................................................................................................................................................. Conoscere tecniche e metodi di cottura .................................................................................................................................................. Saper impiattare e presentare ..................................................................................................................................................


UNITÀ 2

13

Il laboratorio e la brigata di pasticceria 1.

DA QUALI LOCALI È COSTITUITO IL LABORATORIO DI PASTICCERIA

Il laboratorio di pasticceria è composto da diversi ambienti. I locali di lavoro rappresentano la sede in cui si esprime l’arte pasticcera. Locale di stoccaggio delle materie prime con celle refrigerate

Locale di stoccaggio delle materie prime a temperatura ambiente

Spogliatoi e servizi igienici

Locale di distribuzione

Locale di stoccaggio delle materie prime È l’area destinata alla conservazione delle materie prime necessarie per effettuare le preparazioni. Si compone di due zone: • una zona posta a temperatura ambiente, intorno ai 15-18 °C, dedicata ai prodotti non deperibili che, pertanto, non devono essere conservati in condizioni

Locali di preparazione e di cottura

termiche particolari (come, ad esempio, farine, confetture, cioccolato ecc.); • una zona attrezzata con celle refrigerate a temperatura positiva di +4 °C e negativa di –30 °C, che custodisce i prodotti che necessitano di una conservazione a temperatura controllata, come, ad esempio, quelli refrigerati (latte, panna, uova ecc.) oppure surgelati.


14

macroarea

1 • Professione pasticcere

Locale di preparazione e di cottura È l’ambiente nel quale viene svolta l’elaborazione vera e propria dei diversi prodotti e dove sono collocati tutti i macchinari, come le impastatrici, le celle di lievitazione, i forni, e così via. Questo locale deve essere ripartito in diversi spazi, a seconda del tipo di preparazione che si effettua: in tali aree, infatti, le macchine per impastare e per la cottura sono separate dalla zona di produzione del gelato e del cioccolato. Inoltre, ogni ambiente deve essere climatizzato a temperature diverse e adatte alla tipologia di lavorazione che vi si deve eseguire. Eventualmente, si possono predisporre spazi separati dal resto del laboratorio, dotati anche di un ingresso indipendente, nei quali si preparano prodotti speciali e specifici, come, ad esempio, i dolci senza glutine.

Locale di stoccaggio dei semilavorati Si tratta dell’area in cui vengono collocate le preparazioni non ancora decorate, che devono essere sottoposte, quindi, a una lavorazione finale prima del

confezionamento e dell’imballaggio, per poi essere servite o vendute. Per alcuni prodotti, come ad esempio i gelati, può essere previsto uno stoccaggio in celle a bassa temperatura (–18 °C).

Locale di distribuzione È uno spazio adibito alla vendita dei prodotti, che saranno posizionati su vassoi, cartoncini, vaschette o pirottini appositi all’interno di vetrine a temperatura controllata. Naturalmente, la presentazione delle derrate deve essere funzionale alla loro commercializzazione, ma deve anche essere realizzata con una certa attenzione all’estetica. A questo proposito, ricordiamo che attualmente operano figure professionali specializzate nel visual merchandising (confezionatrice e vetrinista).

Spogliatoi e servizi igienici Come tutti gli altri locali, anche questi devono essere realizzati secondo criteri igienico-sanitari ben precisi, in modo tale da garantire gli appositi spazi per il personale addetto alla preparazione e alla vendita dei prodotti.


unità

2.

2

Il laboratorio e la brigata di pasticceria

A QUALI REQUISITI IGIENICO-SANITARI DEVONO RISPONDERE I LOCALI

In materia di sicurezza e di igiene, il laboratorio di pasticceria è soggetto a una serie di indicazioni regolate dalla normativa vigente. Pertanto, ogni organo o ente preposto allo scopo, rilascerà, dopo opportune verifiche, le autorizzazioni necessarie allo svolgimento dell’attività

15

produttiva: infatti, gli impianti saranno certificati dai Vigili del Fuoco (per quanto concerne l’impianto a gas) e dall’ASL competente (in merito ai requisiti igienici per la lavorazione dei prodotti), mentre la sicurezza del personale sarà certificata dall’ISPESL (Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro). Inoltre, è importante che la realizzazione di ogni locale non sia lasciata al caso, ma già in sede di progettazione si devono considerare i seguenti aspetti.

Criteri per la progettazione dei locali

1.

■ Pareti e pavimentazioni devono essere lavabili e sanificabili

2.

■ Le finestre devono essere munite di zanzariere

3.

■ Deve essere predisposta una buona illuminazione, sia naturale che artificiale

4.

■ Nel locale di preparazione deve essere presente un lavabo per la sanificazione delle mani di chi vi opera, mentre un altro lavabo va posto nell’antibagno del personale

5.

■ Nello spazio dove si effettua la cottura si deve prevedere l’installazione di una cappa per l’aspirazione dei fumi, mentre nell’area dedicata alle lavorazioni fredde è bene prevedere un impianto per l’immissione di aria climatizzata

6.

■ Tutti i ripiani di lavoro e le attrezzature impiegate devono essere composte da materiale duro e facilmente lavabile

7.

■ Devono essere previste apposite scaffalature, con superfici lavabili anche nelle celle refrigerate, nelle zone di stoccaggio delle materie prime e dei prodotti finiti

✔ 1. 2. 3. 4.

GUIDA ALLO STUDIO

Le finestre devono essere sprovviste di zanzariere per garantire un’areazione ottimale Nello spazio dove si effettua la cottura deve essere prevista l’installazione di una cappa Nell’area dedicata alle lavorazioni calde è utile prevedere un impianto di climatizzazione Le scaffalature devono essere costituite da materiali facilmente lavabili

V V V V

F F F F


16

macroarea

1 • Professione pasticcere

3. COME È COMPOSTA LA BRIGATA DI PASTICCERIA Gli addetti che operano nel laboratorio costituiscono, nel loro insieme, la brigata di pasticceria, che si configura in modo gerarchico: infatti, come in ogni piramide organizzativa, al vertice troviamo le mansioni di alta responsabilità, mentre alla base vi sono i ruoli meno specializzati.

Nelle pasticcerie moderne, in genere operano quattro figure professionali: • il primo pasticcere o capo pasticcere; • il secondo pasticcere; • il gelatiere; • il commis. Esistono, ovviamente, anche pasticcerie di grandi dimensioni nelle quali la brigata è composta da molte figure professionali, con specializzazioni ben precise, come possiamo vedere di seguito.

Capo pasticcere • Chef pâtissier Nelle aziende di piccole dimensioni, il capo pasticcere è rappresentato spesso dal proprietario dell’impresa stessa, mentre negli alberghi e nei ristoranti più grandi egli è equiparato allo chef di cucina, con cui collabora alla definizione dei dolci, rispondendo direttamente all’executive chef del suo operato. Inoltre, il capo pasticcere è responsabile della gestione e del funzionamento del laboratorio, una mansione per la quale è necessario aver maturato una buona esperienza di lavoro associata a una vasta conoscenza dell’arte dolciaria. Siccome si tratta di un incarico gestionale, per svolgerlo, al capo pasticcere sono richieste capacità organizzative tali che gli consentano di eseguire con autorevolezza i compiti di propria competenza, cioè:

• definire la quantità e i tipi di prodotti da realizzare secondo le richieste della clientela; • provvedere a scegliere e a ordinare le derrate alimentari indispensabili per la produzione; • relazionarsi con i fornitori delle materie prime di pasticceria necessarie per il laboratorio; • reintegrare le scorte di magazzino per quanto concerne i prodotti in esaurimento; • distribuire gli incarichi di lavoro ai vari componenti della brigata; • scegliere i dosaggi delle varie preparazioni e controllare che siano realizzate in modo corretto; • fissare gli orari di lavoro, quelli dei turni di riposo e i periodi di ferie del personale.

Secondo pasticcere • Sous chef pâtissier Il secondo pasticcere ha il compito di sostituire la figura dello chef pasticcere, in tutto quanto lo compete, quando tale professionista è assente. Inoltre, il sous chef è anche il responsabile diretto della preparazione delle varie produzioni, comprese le loro cotture, seguendo e coordinando pure le mansioni degli altri componenti della brigata.

Capo partita fornaio • Boulanger/Fournier Questo capo partita si occupa delle preparazioni dei dolci per la prima colazione, del pane e, generalmente, di tutte le cotture che avvengono in forno; inoltre, egli deve controllare e valutare, prima della cottura, come procede la lievitazione delle paste nelle apposite camere di lievitazione.


unità

2

Il laboratorio e la brigata di pasticceria

17

Capo partita gelaterie • Glacier A questo professionista spetta la cura della preparazione di gelati, semifreddi, cassate, sorbetti e torte gelato, nonché dei dolci al cucchiaio.

Capo partita cioccolatiere Chocolatier

Capo partita confettiere • Confiseur Il confiseur è il capo partita che si occupa di tutti i prodotti che hanno come base lo zucchero, quali il croccante, lo zucchero fondente, le caramelle, i marrons glacés, i confetti, i dolci di pasta di mandorle, ecc.

Capo partita decoratore

Aiuto pasticcere • Commis Il commis svolge gli incarichi che gli sono assegnati dal capo partita. Per questo motivo, egli deve avere padronanza delle varie attrezzature, oltre a essere in possesso delle nozioni di base riguardanti le materie prime e la loro lavorazione.

Si può dedurre dal nome che questo capo partita è incaricato di preparare dolci a base di cioccolato, come, appunto, i cioccolatini, le praline, le uova di Pasqua, le mousse, le ganache, ecc. Si tratta dell’addetto preposto alla realizzazione di decorazioni in zucchero e in cioccolato (pièces montées) per torte matrimoniali, per le vetrine della pasticceria, per i buffet e per le cene di gala. A tale capo partita spetta anche l’organizzazione di tutte le decorazioni salate e degli intagli di frutta e di vegetali. Come si può intuire, quella del decoratore è una mansione affidata soltanto a pasticceri di grande abilità, dotati di un senso estetico pronunciato e di una buona capacità nell’impiego dei colori.


LEZIONE SPECIALE

La divisa

Approfondimenti Indossare la divisa

CAPPELLO

La divisa del pasticcere ha un duplice scopo: • identifica il ruolo di chi la indossa; • identifica gli accorgimenti volti a preservare l’igiene degli alimenti e delle attrezzature di un laboratorio di pasticceria. La divisa, infatti, svolge la funzione di barriera contro la trasmissione dei microbi. Il suo colore bianco facilita l’individuazione immediata di polvere o di sporcizia che potrebbero inquinare i cibi o gli strumenti di lavoro. I diversi indumenti che la compongono garantiscono il comfort dell’operatore, oltre a rispecchiarne il livello di professionalità. È importante sottolineare che: • la divisa va indossata al completo, prima di iniziare il turno di lavoro; • vanno riposti nell’armadietto dello spogliatoio i propri abiti, in uno scomparto separato da quello della divisa così da prevenire eventuali contaminazioni; • gli indumenti della divisa devono essere sempre puliti, in perfetto ordine e sostituiti con frequenza giornaliera. Nel corso degli anni, ciascuna parte della divisa è stata studiata e perfezionata con ✔lo scopo di raggiungere la maggiore funzionalità possibile.

o TOQUE

Il cappello, conosciuto anche con il termine francese di toque, è realizzato con tela bianca inamidata, di carta o di viscosa, e ha una tipica forma a cilindro, per gli uomini, e a cuffia, per le donne. La sua funzione è quella di raccogliere i capelli, tenuti sempre corti e puliti, in modo tale che non vengano a contatto con gli alimenti. Oggi è in uso anche la bandana, anch’essa molto funzionale. Intorno al collo si usa, invece, il triangolo, un fazzoletto di cotone o misto lino che asciuga il sudore e protegge dai colpi di freddo.

GIACCA La giacca è a doppio petto, in cotone bianco (per il cioccolatiere, però, il colore della divisa è marrone), resistente e facilmente lavabile. Le maniche ampie e rimboccabili proteggono le braccia dal forte calore. I bottoni, in tessuto o in materiale plastico, hanno una forma rotonda, simile a quella di una pallina, che, in caso di esigenza immediata (in seguito, ad esempio, a scottature o ferite) permette di togliersi la giacca con rapidità.


LEZIONE SPECIALE •

E

GREMBIU L

Il grembiule va legato alla vita e ha la funzione di proteggere l’addome, in corrispondenza del quale va ripiegato, per creare una fascia che serve a tutelare il corpo dal forte calore, racchiudendo anche il nodo, per evitare che sporga e rischi così di rimanere impigliato in qualche oggetto.

I

N PA NTALO

I pantaloni sono di materiale non infiammabile e non hanno l’orlo con risvolto, che diverrebbe un potenziale ricettacolo di microbi; per le donne, in alternativa, è prevista la gonna.

19

LA DIVISA

TORCIONE Il torcione è un canovaccio che serve esclusivamente per toccare e spostare senza rischi i recipienti caldi.

RE CA LZATU Le calzature devono essere comode, leggere e fatte di pelle o di altri materiali traspiranti; la suola deve essere antiscivolo e con la parte superiore spessa e dotata di punta protettiva in acciaio, onde evitare ustioni o compressioni traumatiche dei piedi. Indossare scarpe di qualità, con una sagoma e un plantare adeguati, nonché un leggero tacco, aiuta ad avvertire meno la fatica e a evitare possibili danni alla colonna vertebrale.

GUIDA ALLO STUDIO

1. La divisa non identifica il ruolo di chi la indossa 2. La divisa svolge la funzione di barriera contro la trasmissione di microbi 3. Il colore della divisa è bianco 4. Gli indumenti della divisa devono essere funzionali dal punto di vista igienico senza necessariamente garantire il comfort di chi li indossa 5. Nell’armadietto, gli scomparti per la divisa e per gli abiti personali devono essere separati 6. Il cappello ha la funzione di raccogliere i capelli 7. Il triangolo va legato ai polsi per assorbire il sudore 8. La forma dei bottoni deve rendere agevole l’azione di sfilarsi rapidamente la giacca 9. Il grembiule protegge il corpo dal calore forte 10. Il torcione serve per toccare o spostare recipienti freddi 11. I pantaloni hanno l’orlo con risvolto per evitare che l’operatore inciampi accidentalmente 12. Le calzature devono avere punta protettiva in acciaio

V F V F V F V V V V V V V V V

F F F F F F F F F


20

macroarea

1 • Professione pasticcere

MAPPA La brigata di pasticceria

capo partita fornaio

è composta da

capo partita gelatiere capo pasticcere

secondo pasticcere

aiuto pasticcere capo partita cioccolatiere capo partita decoratore

La divisa è composta da

cappello o toque

fazzoletto da collo giacca

grembiule

identifica

il ruolo di chi la indossa

preserva

l’igiene degli alimenti e delle attrezzature

svolge

la funzione di barriera contro la trasmissione dei microbi

torcione

pantaloni scarpe


unità

2

Il laboratorio e la brigata di pasticceria

21

SINTESI Da quali locali è costituito un laboratorio di pasticceria?

Il laboratorio è composto dai seguenti ambienti: locale di stoccaggio delle materie prime, dove sono conservate le materie prime necessarie per effettuare le preparazioni; locale di preparazione e di cottura, nel quale viene svolta l’elaborazione vera e propria dei diversi prodotti e dove sono collocati tutti i macchinari utilizzati dal pasticcere; locale di stoccaggio dei semilavorati, in cui vengono collocate le preparazioni non ancora decorate; locale di distribuzione, adibito alla vendita dei prodotti; spogliatoi e servizi igienici per il personale, realizzati secondo criteri igienicosanitari ben precisi, in modo tale da garantire gli appositi spazi per il personale addetto alla preparazione e alla vendita dei prodotti. A quali caratteristiche igienico-sanitarie devono rispondere i locali?

Il laboratorio di pasticceria è soggetto a una serie di indicazioni regolate dalla normativa vigente. Pertanto, ogni organo o ente preposto allo scopo rilascerà, dopo opportune verifiche, le autorizzazioni necessarie allo svolgimento dell’attività produttiva. Gli impianti saranno

certificati dai Vigili del Fuoco (per quanto concerne l’impianto a gas) e dall’ASL competente (in merito ai requisiti igienici per la lavorazione dei prodotti), mentre la sicurezza del personale sarà certificata dall’ISPESL (Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro). Come è composta la brigata di pasticceria?

Nelle pasticcerie in genere operano quattro figure professionali: il primo pasticcere, il secondo pasticcere, il gelatiere, il commis. Esistono, ovviamente, anche pasticcerie di grandi dimensioni nelle quali la brigata è composta da molte figure professionali, con specializzazioni ben precise. LEZIONE SPECIALE La divisa

La divisa identifica un ruolo e preserva l’igiene degli alimenti e delle attrezzature. La divisa svolge la funzione di barriera contro la trasmissione dei microbi e il suo colore bianco facilita l’individuazione immediata di polvere o di sporcizia che potrebbero inquinare i cibi o gli strumenti di lavoro. Inoltre, i diversi indumenti che la compongono garantiscono il comfort dell’operatore, oltre a rispecchiarne il livello di professionalità a seconda della cura con cui sono indossati. L’abbigliamento è costituito da: cappello o toque, giacca, grembiule, torcione, pantalone, o gonna, e calzature.


22

macroarea

1 • Professione pasticcere

Ad aiutare i vari capo partita c’è il .................................., che deve possedere competenze di base trasversali per poter essere di supporto in tutte le varie preparazioni.

VERIFICHE

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. La brigata di pasticceria è organizzata in maniera gerarchica 2. Nella brigata di pasticceria tutti i ruoli sono altamente specializzati 3. La brigata di pasticceria presenta una gerarchia di tipo piramidale 4. Nelle pasticcerie moderne in genere operano non più di due figure professionali 5. Nelle pasticcerie di grandi dimensioni possono operare più di quattro figure professionali 6. Al capo pasticcere non competono incarichi gestionali 7. Il secondo pasticcere ha la responsabilità diretta di preparazione e cottura delle varie produzioni 8. Il gelatiere prepara gelati e torte gelato, ma non i dolci al cucchiaio 9. Poiché il commis è alla base della piramide gerarchica della brigata, non compete a lui sapere utilizzare le varie attrezzature 10. Il commis è alle dipendenze del capo partita

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F

DOMANDE A COMPLETAMENTO Inserisci correttamente gli elementi mancanti, scegliendo tra quelli indicati.

VERIFICHE

commis chocolatier chef pâtissier glacier

sous chef pâtissier confiseur chef di cucina

Nelle aziende di piccole dimensioni, lo ............................. è di solito rappresentato dal proprietario dell’impresa; negli alberghi e nei ristoranti più grandi, invece, è equiparato allo ................................... con cui collabora alla definizione dei dolci, rispondendo del suo operato all’executive chef. Se il capo pasticcere ha bisogno di essere sostituito, ne svolge le funzioni il ............................... che è anche responsabile delle varie preparazioni e cotture. Vi sono poi i vari capo partita, ciascuno responsabile di determinate preparazioni (per esempio un ................................... si occupa di preparare le torte gelato, un ................................... prepara confetti e caramelle, invece le praline sono preparate da un ...................................).

Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. Compete al capo pasticcere: a. controllare come procede la lievitazione delle paste b. realizzare le decorazioni in zucchero e cioccolato per le vetrine della pasticceria c. stabilire i periodi di ferie del personale d. seguire e coordinare le mansioni degli altri componenti della brigata 2. Non compete al secondo pasticcere: a. sostituire il commis quando è assente b. prendersi la responsabilità diretta delle varie produzioni c. essere responsabile delle cotture delle preparazioni d. coordinare le mansioni dei capo partita 3. Il capo partita: a. non può impartire ordini al commis b. segue e coordina il lavoro di primo e secondo pasticcere c. deve controllare le camere di lievitazione se è un boulanger/fournier d. può ricevere ordini dal commis quando il capo pasticcere è assente 4.

Ganache, confetti e piéces montées: a. sono tutte creazioni del capo partita confiseur b. sono tutte creazioni del capo partita chocolatier c. sono tutte creazioni del capo partita decoratore d. nessuna delle precedenti opzioni è corretta

5.

La preparazione dei dolci per la prima colazione: a. è affidata al commis b. è compito del secondo pasticcere c. compete al capo partita fornaio d. è sotto la responsabilità diretta del capo pasticcere

6. Per preparare una torta gelato con decorazioni in zucchero e cioccolato: a. occorrono un capo partita gelatiere e un capo partita decoratore b. occorrono un capo partita gelatiere e un capo partita cioccolatiere c. occorrono un capo partita cioccolatiere e un capo partita fornaio d. occorre un capo partita confiseur


unità

2

Il laboratorio e la brigata di pasticceria

23

DOMANDE A COMPLETAMENTO Completa l’organigramma della brigata di pasticceria con le informazioni mancanti.

................................... Responsabile di gestione e funzionamento del laboratorio, svolge varie mansioni di primaria responsabilità tra cui: • definire ................................... e varietà dei prodotti da realizzare, stabilendo anche i corretti dosaggi • scegliere e ordinare le materie prime, gestendo le scorte di ................................... e contattando i fornitori • gestire i componenti della brigata, distribuendo gli ................................... e fissando i turni di lavoro

...................................

• Sostituisce, in caso di assenza, il ................................... in tutte le sue funzioni • È responsabile della preparazione delle varie produzioni • Segue e coordina gli altri componenti della brigata

.............................

.............................

.............................

.............................

.............................

Si occupa dei dolci per la prima colazione, del pane e di tutte le cotture in ............................, controllando anche le camere di lievitazione

Prepara gelati, semifreddi, cassate, sorbetti, torte gelato e dolci al cucchiaio

Si occupa di tutti quei prodotti che hanno come base lo zucchero (croccante, caramelle, pasta di mandorle, ecc.)

Prepara dolci a base di cioccolato (cioccolatini, praline, mousse, ganache, ecc.)

Realizza, con abilità e senso estetico, decorazioni in zucchero e cioccolato, nonché decorazioni salate e intagli di frutta e vegetali

............................. Svolge gli incarichi impartiti dal capo partita. Sa usare le varie attrezzature e possiede nozioni di base circa le materie prime e la loro lavorazione

VERIFICHE


24

macroarea

1 • Professione pasticcere

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA

VERO O FALSO

Scegli tra le opzioni date quella corretta.

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

1. Il laboratorio di pasticceria: a. è composto di due zone, una a temperatura ambiente e l’altra a 0 °C b. è composto da una zona a temperatura ambiente, e altre due a –30 °C c. è composto da una zona a temperatura ambiente e da una zona attrezzata con celle frigorifere a temperatura positiva e negativa d. non deve necessariamente disporre di celle frigorifere

1. 2. 3. 4.

VERIFICHE

2. Nei locali di preparazione e cottura: a. sono collocate celle frigorifere e celle di lievitazione b. vi deve essere un adeguato impianto di climatizzazione a temperature diverse, adatte alle diverse preparazioni c. non si può preparare il gelato perché ci sono i forni d. non ci devono essere spazi separati perché i componenti della brigata devono potersi muovere liberamente fra le varie postazioni

5. 6. 7. 8. 9. 10.

Spetta ai Vigili del Fuoco certificare la presenza di tutti i requisiti igienici in un laboratorio di pasticceria L’ISPESL certifica la sicurezza sul lavoro per i lavoratori del laboratorio L’ASL concede le autorizzazioni in materia di impianti elettrici e di riscaldamento all’interno del laboratorio I locali di un laboratorio di pasticceria devono possedere pavimenti in legno Le pareti dei locali devono essere lavabili Nel locale di preparazione deve essere presente almeno un flacone di gel igienizzante per le mani Nell’area dedicata alle lavorazioni fredde deve essere presente un sistema di riscaldamento a terra Tutti i ripiani di lavoro devono essere necessariamente in acciaio Tutte le attrezzature impiegate devono risultare facilmente lavabili Le celle refrigerate devono essere dotate di superfici lavabili L’illuminazione dei locali deve essere esclusivamente naturale Nell’area dedicata alle lavorazioni fredde deve esservi una cappa aspira-fumi

3. Nel locale di stoccaggio dei semilavorati: a. vengono preparati gelati e torte gelato b. sono fatte lievitare tutte quelle preparazioni che richiedono una lunga lievitazione c. vengono collocate tutte le preparazioni già imballate d. nessuna delle precedenti affermazioni è corretta

11.

4. Nel locale di distribuzione: a. vi deve essere necessariamente almeno un forno per riscaldare le preparazioni calde e almeno un freezer per conservare le preparazioni fredde b. le vetrine dei prodotti hanno temperatura controllata c. la presentazione dei prodotti deve essere funzionale senza badare troppo all’estetica d. i prodotti non possono essere sistemati su cartoncini per questione di igiene

Inserisci correttamente gli elementi mancanti, scegliendo tra quelli indicati.

5. Spogliatoi e servizi igienici: a. non devono far parte del laboratorio di pasticceria, ma essere collocati in un edificio a parte b. devono rispondere a criteri igienico-sanitari specifici c. possono essere condivisi dal personale con la clientela d. non sono necessari in un laboratorio di pasticceria

12.

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F

DOMANDE A COMPLETAMENTO

pasticceria ASL ISPESL

Vigili del Fuoco ente igiene

In materia di sicurezza e di ..................................., il laboratorio di ................................... è soggetto a una serie di indicazioni regolate dalla normativa vigente, in base alle quali ogni ................................... preposto allo scopo, previa opportuna verifica, rilascerà le autorizzazioni necessarie allo svolgimento dell’attività produttiva: gli impianti saranno certificati dai ................................... (per quanto concerne l’impianto a gas), mentre i requisiti igienici per la lavorazione dei prodotti saranno certificati dall’................................... di competenza, infine la sicurezza del personale sarà certificata dall’................................... .


unità

2

Il laboratorio e la brigata di pasticceria

LEZIONE SPECIALE La divisa

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15.

La divisa identifica il ruolo del pasticcere V F La divisa è pensata per preservare l’igiene degli alimenti V F La divisa può essere di qualsiasi colore, ma è bene evitare il bianco perché si nota di più lo sporco V F Gli indumenti della divisa vanno sostituiti con cadenza settimanale V F Non è necessario che la divisa sia indossata al completo, è sufficiente dotarsi solo di quegli elementi che garantiscono il proprio comfort personale V F Non è necessario che le donne indossino la cuffia, mentre gli uomini devono sempre indossare il cappello o toque V F La giacca è a doppio petto con maniche dalla linea stretta e affusolata V F La divisa del cioccolatiere è marrone V F I bottoni della giacca hanno in genere una forma quadrata, ma possono essere anche sostituiti da una zip V F Il grembiule serve a evitare di sporcare giacca e pantaloni sottostanti V F I pantaloni devono essere realizzati in tessuto non infiammabile V F I pantaloni devono essere ampi e rimboccabili in fondo con orlo V F Il torcione può essere usato anche come bandana V F Le calzature devono essere sempre molto eleganti e, per il personale femminile, il tacco deve essere alto V F Le calzature devono possedere suole antiscivolo V F

DOMANDE A COMPLETAMENTO Inserisci correttamente gli elementi mancanti, scegliendo tra quelli indicati. polvere igiene attrezzature cappello cura

La divisa identifica un ................................... e preserva l’................................... degli alimenti e delle

................................... . La divisa svolge la funzione di barriera contro la trasmissione dei microbi e il suo colore ................................... facilita l’individuazione immediata di ................................... o di sporcizia che potrebbero contaminare la postazione di lavoro e le varie preparazioni. I diversi indumenti che compongono la divisa devono garantire il ................................... dell’operatore, oltre a rispecchiarne il livello di professionalità a seconda della ................................... con cui sono indossati. L’abbigliamento è costituito da: ................................... o toque, giacca, ..................................., torcione, pantalone o ..................................., e calzature. DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1.

La divisa: a. è una barriera contro il sudore b. è una barriera contro i microbi c. deve essere realizzata con tessuti idrorepellenti d. può essere sostituita dai propri abiti se si sporca

2.

Il triangolo: a. può essere di cotone o misto lino b. va sistemato attorno al collo c. asciuga il sudore e protegge dai colpi di freddo d. tutte le opzioni sono corrette

3. I bottoni della giacca hanno una forma simile a una piccola pallina: a. per permettere di sfilarsi via la giacca velocemente in caso di ferite o scottature b. esclusivamente per motivi estetici in modo da conferire eleganza alla giacca c. per poterli sostituire con facilità quando si usurano d. solo sulle giacche indossate dalle donne 4. Il nodo del grembiule: a. deve essere a vista, per conferire un tocco di eleganza in più alla divisa b. non deve sporgere per evitare che resti impigliato in qualche oggetto c. deve essere di colore rosso, in modo da risultare ben visibile d. nessuna delle precedenti opzioni è corretta 5. Le calzature devono essere: a. comode e leggere b. fatte di pelle o altri materiali traspiranti c. dotate di suole antiscivolo d. tutte le opzioni sono corrette

VERIFICHE

gonna bianco grembiule ruolo comfort

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LABORATORIO DELLE COMPETENZE ali zione dei loc

La progetta

A

Indica quali sono i criteri nella progettazione di un laboratorio di pasticceria. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

B

Compiti di realtà

.................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. ..................................................................................................................................................

Completa indicando i diversi locali del laboratorio.

La divisa C

Completa indicando caratteristiche e funzionalità degli elementi della divisa. Cappello o toque Colore: ............................................................................................................................................... Forma: ............................................................................................................................................... Funzione: ........................................................................................................................................... Giacca Colore: ............................................................................................................................................... Maniche: ............................................................................................................................................ Tessuto: ............................................................................................................................................. Continua tu.


UNITÀ 3

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Le attrezzature 1.

LE ATTREZZATURE PER LA PREPARAZIONE GENERALE

L’evoluzione subita nel tempo dall’arte pasticcera ha reso necessaria la realizzazione di nuovi macchinari, per poter svolgere al meglio e velocemente le diverse operazioni. Il pasticcere può così contare su attrezzature sofisticate indispensabili nel suo lavoro.

• la foglia, per mescolare impasti

con un alto contenuto di grassi; è un dispositivo impiegato a velocità bassa o media; • la frusta, adatta a masse montate, nelle quali si debba incorporare aria; si utilizza a velocità alta.

Mescolatrice planetaria Questo macchinario consente, tramite il movimento rotatorio del suo braccio meccanico, di amalgamare e montare i vari prodotti che il pasticcere si accinge a preparare. È bene che le bacinelle o le vasche della planetaria siano riempite soltanto fino a metà del loro volume, per evitare che i prodotti in lavorazione trabocchino. La mescolatrice è dotata anche di una protezione di sicurezza e di un regolatore della velocità in base al tipo di composto da realizzare. Inoltre, essa utilizza tre diversi utensili:

• il gancio, per preparare gli impasti pesanti e le masse lievitate; lo si utilizza a velocità bassa;

Impastatrice a forcella Si compone di una vasca con una forcella rotante sul proprio asse. Questa macchina svolge, in pratica, la stessa funzione dell’impastatrice tuffante, in quanto rende molto elastica la massa e scalda poco l’impasto.

Impastatrice a braccia tuffanti Questa macchina si compone di una vasca in acciaio, nella quale si muovono, in avanti e indietro, due forcelle (braccia), che raccolgono e sollevano l’impasto, ossigenandolo e creando molti alveoli, senza riscaldare la massa della preparazione. Questa impastatrice è particolarmente adatta per realizzare impasti lievitati.

Impastatrice a spirale con vasca fissa o removibile Anche questa impastatrice ha una vasca fissa e una forcella rotante sul proprio asse; essa è in grado di lavorare impasti di piccola entità, da 0,5 a 60 kg.


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macroarea

Raffinatrice a cilindri La macchina si compone di una prima vasca di metallo, nella quale si versa il prodotto da raffinare, con al di sotto due rulli in pietra a cui segue una seconda vasca di raccolta. Questa raffinatrice è impiegata per macinare e raffinare finemente la frutta secca a guscio; pertanto, il movimento dei rulli è lento, così da evitare il riscaldamento del prodotto in lavorazione e ottenere una polvere sottile, senza far perdere alla frutta il grasso che contiene. Per questo motivo, la raffinatrice può essere impiegata anche per ridurre in lamine sottili il cioccolato plastico per decorazione.

1 • Professione pasticcere

Sfogliatrice o tirasfoglia o laminatoio Un tempo la pasta sfoglia e la pasta frolla venivano stese utilizzando il matterello mentre oggi si ricorre a questo tipo di macchina, che agevola il lavoro al pasticcere e migliora la qualità del prodotto. Essa si compone di due cilindri di acciaio, regolabili in altezza mediante una ghiera dentata, nei quali l’impasto scorre su due nastri laterali che l’accompagnano attraverso i rulli. L’uniformità di spessore della pasta e la velocità nell’esecuzione del lavoro consentono di avere cotture uniformi e, di conseguenza, prodotti di qualità. Alcuni modelli di sfogliatrice sono anche dotati di ruote, per facilitarne lo spostamento, nonché di piani rialzabili per ridurre l’ingombro quando non si utilizza il macchinario. Cutter Si tratta di una macchina che utilizza due o più lame, collocate in una vasca chiusa e azionate da un motore; questo strumento è impiegato per sminuzzare, tritare e omogeneizzare ingredienti generici. Esiste, però, anche una versione di questa attrezzatura che omogeneizza, crea il sottovuoto e cuoce gli alimenti a bassa temperatura; essa è ideale per la produzione di creme, composte di frutta e marmellate, perché i prodotti ottenuti mantengono meglio il profumo e il colore tipici.

GUIDA ALLO STUDIO

1. La raffinatrice a cilindri è impiegata per macinare e raffinare finemente la frutta secca a guscio 2. Il movimento dei rulli della raffinatrice a cilindri è rapido, così da evitare il riscaldamento del prodotto 3. La raffinatrice può essere impiegata anche per ridurre in lamine sottili il cioccolato plastico per decorazione 4. Alcuni modelli di sfogliatrice sono anche dotati di ruote, per facilitarne lo spostamento 5. Il cutter è impiegato per sminuzzare, tritare e omogeneizzare ingredienti generici

V F V F V F V F V F


unità

2.

3

Le attrezzature

LE ATTREZZATURE PER LA PREPARAZIONE DEI PRODOTTI LIEVITATI

Sono ormai passati i tempi in cui la lievitazione dei prodotti era effettuata a temperatura ambiente, con grandi

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difficoltà di gestione dovute alle differenti temperature stagionali. Attualmente, per ovviare a questi problemi, all’interno dei laboratori di pasticceria e di panetteria sono disponibili vari macchinari, di cui esamineremo le caratteristiche fondamentali.

Armadio o cella di lievitazione Questa attrezzatura si compone di un armadio termico, dotato di strumenti per regolare la temperatura e l’umidità, nonché di un timer per il controllo automatico della lievitazione dei prodotti semilavorati che devono essere predisposti per la cottura, siano essi dolci o salati (prodotti a base di masse con lievito naturale o di birra). Per distribuire adeguatamente l’umidità e il calore, al fine di ottenere una lievitazione omogenea di tutti i prodotti collocati nell’armadio, questo è fornito di un convogliatore/ umidificatore d’aria, che immette o elimina l’umidità in relazione alle esigenze del prodotto in lievitazione.

Cella ferma lievitazione Si tratta di una cella fornita di un impianto di raffreddamento e riscaldamento (con la temperatura che oscilla tra i –10 °C e i +40 °C), oltre che di un umidificatore, di un deumidificatore e, infine, di una lampada germicida. L’apparecchiatura è stata ideata per rallentare la lievitazione dei composti, abbassando la temperatura dell’impasto; essa consente, quindi, di programmare la cottura dei prodotti lievitati del mattino dopo la loro lievitazione notturna. Predisponendo l’orario desiderato, la cella può abbattere la temperatura a circa –7 °C, per fermare la lievitazione, oppure è in grado di mantenere il prodotto a 1-2 °C fino al momento della pre-fermentazione, una fase, questa, che consente di riattivare i lieviti a +12 °C dopo il precedente abbassamento termico. Prima della cottura in forno, è anche possibile programmare la fermentazione, in modo tale che avvenga a +28 °C.


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macroarea

3.

1 • Professione pasticcere

LE ATTREZZATURE PER LA COTTURA

I forni sono probabilmente le attrezzature più importanti presenti in un laboratorio di pasticceria. In realtà, essi svolgono un ruolo determinante per la riuscita Forno statico per pasticceria È la macchina centrale, per importanza, del laboratorio di pasticceria. Attualmente, l’offerta commerciale di queste apparecchiature si è molto diversificata e, oltre al classico forno statico da pasticceria e da panificazione, ne esistono di specifici (ventilati, a convezione e vapore, a piano rotativo e a nastro), progettati per venire incontro alle varie esigenze di cottura e di produzione. Pertanto, sono reperibili forni molto diversi, sia per quanto concerne le dimensioni sia per la fonte energetica, che è scelta spesso non soltanto per la pura e semplice resa calorica, bensì in relazione alle norme di sicurezza e all’ubicazione del laboratorio. Questi forni sono attrezzati con strumenti in grado di distribuire il calore in modo differenziato e programmabile sulle esigenze di cottura; infatti, la distribuzione termica avviene sia dall’alto (cielo) che dal basso (platea) della camera di cottura.

dei prodotti, pertanto, ne esistono varie tipologie, adatte a preparazioni e a usi differenti. Tuttavia, oltre ai forni, completano la gamma delle attrezzature per la cottura anche il pastorizzatore, la friggitrice e la pralinatrice, che per questo motivo inseriamo nella nostra descrizione.

Per consentire poi all’operatore di valutare la cottura degli alimenti, le porte di questi forni sono realizzate in vetro. Inoltre, in alcuni modelli l’accensione può essere automatica e programmabile, in modo tale da portare il forno in temperatura prima dell’orario di utilizzo. Infine, tutti i forni sono provvisti di un camino per l’evacuazione dei vapori in eccesso e anche per immettervi acqua vaporizzata, così da provvedere al giusto grado di umidità durante la cottura dei prodotti.

teglie, che si appoggiano su apposite guide sovrapposte, alcuni modelli consentono di inserire direttamente i carrelli portateglia, velocizzando le operazioni ed evitando un brusco abbassamento del calore in camera. Forno combinato per pasticceria Consiste in un forno che riunisce, in un solo macchinario, il forno statico, quello a convezione e la cella di lievitazione. In tal modo, nella stessa attrezzatura si possono avere più funzionalità, mantenendo, comunque, gli stessi impieghi dei singoli macchinari. Forno rotativo per pasticceria È un forno a convezione, nel quale il carrello di appoggio delle teglie ruota su se stesso, favorendo la cottura omogenea delle preparazioni. Il forno rotativo è caratterizzato da un carrello girevole con gruppo di riscaldamento nella parte laterale o nella parte posteriore. Questo tipo di forno può utilizzare come fonti energetiche il gas, il gasolio o l’elettricità.

Forno a convezione di vapore per pasticceria Si tratta di un forno dotato di una ventola che favorisce la circolazione dell’aria e di un iniettore di acqua pressurizzata. Proprio il movimento dell’aria, che si regola aumentando o diminuendo la velocità della ventola, permette di ottenere temperatura e umidità identiche in qualsiasi punto della camera di cottura, accelerando così i processi produttivi. Oltre al classico forno per l’inserimento delle


unità

3

Le attrezzature

Forno a microonde È uno strumento che funziona per mezzo del magnetron che consiste in un generatore di microonde, le quali riscaldano l’acqua contenuta nelle cellule degli alimenti che colpiscono. In questo caso, il box del forno è chiuso da una porta di sicurezza che fa interrompere il flusso di onde nel momento in cui lo si apre, così da tutelare l’operatore.

31 Pastorizzatore In pasticceria, questa macchina è usata per effettuare la pastorizzazione delle creme di base per il gelato, delle creme di farcitura dei dolci, come pure dei torroni, delle marmellate, degli sciroppi e talvolta la si impiega anche per temperare il cioccolato. La temperatura massima prodotta in questo apparecchio è di 100 °C e in esso gli ingredienti sono mescolati continuamente grazie al movimento di spatole in rotazione, mentre la cottura è regolata da un termostato a sonda, cosi come il rapido raffreddamento e la maturazione delle creme. Pertanto, le lavorazioni svolte da questa apparecchiatura sono:

• la miscelazione degli ingredienti; • il riscaldamento, la sanificazione

e la cottura del composto; • il raffreddamento e il termine della pastorizzazione; • la conservazione del composto con il controllo della flora batterica residua. La cottura dei cibi avviene dall’interno verso l’esterno ma, per ottenere la doratura e la gratinatura della preparazione, occorre servirsi di un sistema combinato di microonde più grill, oppure di microonde più termoconvezione. Inoltre, per conseguire una cottura uniforme, è consigliabile collocare i cibi in posizione rialzata e decentrata sul piano del supporto girevole. Il forno a microonde è indicato per cuocere o per far rinvenire velocemente i cibi preconfezionati, che in genere si acquistano già in vaschette di plastica idonee, oppure per scongelare piatti precucinati e, comunque, per cuocere alimenti ricchi d’acqua.

✔ 1. 2. 3. 4. 5.

Friggitrice Si tratta di una macchina costituita da una o più vasche in acciaio inox, contenenti un grasso per la frittura in immersione profonda. Le vasche possono essere riscaldate da resistenze elettriche o da bruciatori a gas, mentre sul loro fondo si trova un rubinetto di smaltimento del grasso di frittura. In queste vasche, gli alimenti sono posti in appositi cestelli che servono sia per immergere i prodotti nel grasso, sia per scolarli una volta preparati. Pralinatrice È un’apparecchiatura necessaria per rivestire la frutta secca con zucchero o cioccolato. Essa si compone di una vasca inclinata, in rame o acciaio, che ruota sul proprio asse, ed è riscaldata da un bruciatore alimentato dal gas o dall’energia elettrica. Inoltre, è presente uno spruzzatore per la glassa con cui si ricoprono i prodotti.

GUIDA ALLO STUDIO

Il forno a microonde genera microonde che riscaldano l’acqua contenuta nelle cellule degli alimenti Nel forno a microonde, la cottura dei cibi avviene dall’esterno verso l’interno La temperatura massima prodotta nel pastorizzatore è di 80 °C Nel pastorizzatore la cottura è regolata da un termostato a sonda La friggitrice è una macchina costituita da una o più vasche in acciaio inox, contenenti un grasso per la frittura in immersione profonda

V V V V

F F F F

V F


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macroarea

4.

1 • Professione pasticcere

LE ATTREZZATURE PER RAFFREDDARE, MANTECARE E CONSERVARE

Le macchine per raffreddare garantiscono attualmente gli standard igienici ottimali previsti dalla normativa per il rispetto delle temperature di conservazione. Come vedremo, le attrezzature a disposizione dei laboratori di pasticceria variano in base alle dimensioni dei locali e ai livelli produttivi.

Cella frigorifera o congelatore Questo impianto consiste in un armadio refrigerato, dotato di pannelli isolanti e componibili, il cui spessore varia a seconda del grado di refrigerazione che si deve raggiungere. In molti casi, il suo motore di raffreddamento è remoto e posto all’esterno del locale, al fine di evitare il riscaldamento eccessivo dell’ambiente che ospita la cella frigorifera. Quest’ultima può essere raffreddata a temperatura negativa, da –18 °C a –30 °C, per i prodotti congelati o surgelati, oppure a temperatura positiva, da 0 °C a + 8 °C, per i prodotti freschi e di rapido utilizzo. Nella cella gli alimenti sono collocati su apposite scaffalature e la verifica della temperatura corretta avviene mediante una sonda collegata a un pannello di controllo, fornito di un allarme sonoro che segnala l’eventuale difetto di funzionamento.

Armadi frigoriferi Tali attrezzature sono simili alle celle frigorifere ma hanno dimensioni minori e la loro forma può essere quella di un armadio vero e proprio, oppure li si può sistemare sotto il piano di lavoro di un banco, integrandoli così in esso. Inoltre, possono essere a temperatura negativa o positiva e li si impiega per conservare gli alimenti da utilizzare nell’arco della giornata. Abbattitore rapido di temperatura Questa macchina raffredda celermente i cibi fino a refrigerarli o congelarli. La notevole velocità con cui l’abbattitore abbassa la temperatura ha lo scopo di ridurre al minimo la permanenza degli alimenti a valori termici rischiosi, che potrebbero far proliferare i batteri, oltre a consentire di portare rapidamente gli alimenti alla temperatura di stoccaggio, che può essere di +3 °C fino a –18 °C o a –40 °C.

Gelatiera o mantecatore per gelati e sorbetti Il mantecatore si compone di una vasca in acciaio, orizzontale o verticale, e di un agitatore con spatole che mantengono in movimento la massa e la distribuiscono sulle pareti della vasca stessa, refrigerate a bassa temperatura. Il continuo mescolamento fa inglobare l’aria nella massa in lavorazione, rendendola così soffice e morbida. Le caratteristiche tecniche e funzionali di un mantecatore sono:

• la capacità produttiva, consistente

nella produzione oraria garantibile, che in genere varia tra gli 8 e i 40 kg; • il rendimento frigorifero, rappresentato dalla potenza di raffreddamento della macchina, che incide sul tempo di mantecazione del gelato; • le dimensioni della tramoggia di caricamento, da cui dipende la velocità di carico della miscela nella macchina; • l’agitatore, che ha una velocità variabile, bassa per mantecare e alta per l’estrazione del gelato; • la bocca d’uscita del gelato, che deve essere ampia per consentire lo scarico a fine ciclo; • il pannello dei comandi, il quale, oltre che semplice, deve essere facilmente utilizzabile e sanificabile; • l’ingresso dell’acqua, particolarmente utile per la pulizia e la sanificazione del macchinario; • il carrello con ruote, che consente di spostare facilmente il mantecatore.


unità

3

Le attrezzature

Macchina per gelato espresso Si tratta di uno strumento che consente la produzione istantanea di gelato da passeggio, servendo direttamente il prodotto nei coni e nelle coppette. Questa macchina è alimentata con miscele già pronte, che sono conservate al suo interno alla temperatura di +4 °C.

5.

33 Confezionatrice sottovuoto Consiste in un’apparecchiatura che permette di sigillare i prodotti in appositi sacchetti, con vuoto atmosferico al 99%, realizzati sia per conservare che per cuocere gli alimenti. In alcune macchine è prevista la possibilità di aggiungere un gas inerte, per impedire che i prodotti più fragili siano schiacciati dalla pressione atmosferica esterna.

Macchina montapanna È un macchinario che svolge automaticamente la conservazione della panna liquida a +4 °C e la trasforma in panna montata tramite l’immissione forzata di gas in quella liquida.

LE ATTREZZATURE PER LA LAVORAZIONE DEL CIOCCOLATO

Il cioccolato necessita di macchinari appositi per effettuare la sua lavorazione. Infatti, le innumerevoli specialità sono realizzate grazie alle attrezzature che permettono il temperaggio del cioccolato e la copertura delle praline. Temperatrice Questa macchina è composta di varie parti: una vasca di raccolta, una piastra di riscaldamento, una pompa per muovere la massa fusa di cioccolato, una pannello di controllo delle temperature e una sonda termica. Il processo di temperaggio riproduce quello manuale che si può ottenere con la spatola, lavorando su un piano di marmo; tuttavia, la macchina aumenta il ciclo produttivo ed esegue il processo con una qualità superiore. Inoltre, mantenendo continuamente in movimento la massa e garantendo la temperatura ideale per la lavorazione, la temperatrice consente, con una discreta facilità di utilizzo, la perfetta cristallizzazione del prodotto.

Ricopritrice Si tratta di un macchinario che ricopre automaticamente le praline con il cioccolato temperato, distribuendolo molto velocemente e in modo più uniforme su ogni pezzo. Grazie a questa attrezzatura, è anche possibile ottenere coperture di spessore diverso e, con l’ausilio di un utensile speciale, i prodotti possono essere ricoperti parzialmente o totalmente.


LEZIONE SPECIALE

La piccola attrezzatura e gli utensili Nel reparto di pasticceria, oltre ai macchinari più o meno grandi che abbiamo preso in considerazione in precedenza, gli operatori utilizzano una ricca attrezzatura, composta da numerosi strumenti e utensili, per mezzo dei quali effettuano procedimenti specifici e talvolta di grande precisione. Ecco quali sono, a che cosa servono e come si usano.

Bastardella semisferica In genere è costruita in acciaio inox ed è utilizzata come recipiente per montare o amalgamare ingredienti oppure per cuocere a bagnomaria. La sua forma, non avendo angoli retti, aiuta il movimento che si compie in essa con la frusta.

Bilancia elettronica È uno strumento di precisione dotato di display illuminato. Può pesare, in grammi o in kilogrammi, più ingredienti in un solo contenitore, grazie a un tasto di azzeramento del valore precedente.

Bocchette in acciaio lisce o a stella Solitamente in acciaio inox, ma anche in plastica, sono utilizzate per farcire o per decorare in svariate forme e disegni.

Brillantiera o griglia per glassare o gelatinare Si tratta di una griglia rialzata, larga 40 cm e lunga 60 cm oppure di formato gastronorm, utilizzata per glassare o gelatinare torte mignon o monoporzioni; può essere utilizzata anche per asciugare frutta candita o per essiccare vari materiali.

Bruciatore per caramellare È uno strumento, dotato di una bombola a gas intercambiabile oppure di piccole dimensioni e ricaricabile, utilizzato per caramellare lo zucchero in superficie.

Caramellometro È un termometro rivestito da una gabbietta in acciaio, utilizzato per rilevare la temperatura durante la cottura dello zucchero.


LEZIONE SPECIALE •

Cerchi per dolci monoporzione Di svariate forme e alti 4, 6, 8 o 10 cm, in genere sono di acciaio inox ma anche di plastica o di alluminio. Si possono utilizzare come contenitori da cottura, per preparazioni di torte.

Stampi per torte di varie misure Si tratta di utensili analoghi ai cerchi utilizzati per torte moderne.

LA PICCOLA ATTREZZATURA E GLI UTENSILI

Chitarra per cioccolatini È utilizzata per tagliare con la forma desiderata cioccolatini, ganache e gelatine.

Colino cinese (Chinoise) Denominato anche passino per brodo, grazie alla forma conica dirige con maggiore precisione il flusso del fluido verso il basso. La rete finissima che lo compone filtra perfettamente i materiali, togliendo loro ogni sedimento, oltre a essere adatta per passare le salse o le creme, rendendole vellutate.

Coltello a lama ondulata o seghettato È utilizzato per tagliare prodotti di una certa consistenza, come, ad esempio, il pan di Spagna, il pane ecc.

Cerchi per torte moderne Costruiti di solito in acciaio inox, sono impiegati per preparare torte; sono disponibili con altezza di 4, 6 oppure 8 cm, e diverso diametro. Si possono utilizzare anche come contenitori da cottura per il pan di Spagna.

Coni metallici Realizzati di solito in acciaio, si possono trovare anche in alluminio e li si utilizza per produrre coni o cialde.

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Coppapasta festonati Sono cerchi di diametro piuttosto piccolo, da 3 a 12 cm, in genere d’acciaio, utilizzati per coppare (tagliare) paste frolle o bisquit, come pure pasta fresca, verdure o frutta. Esistono anche i coppapasta lisci.

Coppapasta per biscotti Hanno le stesse caratteristiche generali dei precedenti, ma presentano forme particolari, adatte per i biscotti.

Dosatore biberon Di solito è realizzato in materiale plastico ed è un utensile usato per dosare salse oppure, dotato di un beccuccio forato, per bagnare pan di Spagna o bisquit.

Forchette per cioccolatini Hanno forma e spessore diversi e le si usa per glassare cioccolatini o tartufi.


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LEZIONE SPECIALE •

LA PICCOLA ATTREZZATURA E GLI UTENSILI

Paletta per torte È un utensile in acciaio, impiegato per il servizio di torte già affettate.

Frusta In genere è un utensile composto da fili in acciaio o plastica, di spessore o rigidità differenti, ed è usato per montare o inglobare aria in un prodotto. Tuttavia, esistono anche fruste con fili tagliati, utilizzate per formare vinegrette o emulsioni.

Lampada per lo zucchero La lampada è dotata di una resistenza elettrica che può essere regolata sulla temperatura desiderata, in modo tale da conservare lo zucchero in caldo.

Guanti da forno Si usano per prelevare teglie o utensili molto caldi dal forno.

Matterelli Sono strumenti di forma cilindrica adatti per stendere sfoglie di vario genere, come le paste frolla e sfoglia. Solitamente sono in legno ma possono anche essere realizzati in acciaio, con peso e lunghezza differenti, così da esercitare una pressione più o meno forte.

Guanti per lavorare lo zucchero Realizzati in lattice, si usano per lavorare lo zucchero quando è ancora caldo.

Imbuto dosatore È dotato di un dosatore a molla che consente di farvi uscire il prodotto nelle quantità volute.

Pettine È un utensile in plastica dotato di piccoli denti di varie forme, per ottenere strisce più o meno larghe o profonde. Lo si impiega per realizzare i decori in cioccolato o anche per preparare alcune tipologie di bisquit (charlotte).

Padella per crespelle È realizzata in alluminio pesante, rivestita con teflon antiaderente ad alta resistenza, per facilitare lo spandersi del liquido su tutta la superficie della padella.

Pinza per torte È un utensile in acciaio, impiegato per il servizio di torte già affettate.

Polsonetto di rame semisferico È una casseruola in rame massiccio, modellata appositamente per montare le uova sul fuoco, come nella preparazione dello zabaione. La si utilizza con il metodo a bagnomaria, per ottenere una cottura omogenea.


LEZIONE SPECIALE •

Pompetta per lo zucchero soffiato È un attrezzo utilizzato per la tecnica dello zucchero soffiato. Questo utensile è dotato di una pompetta per erogare aria e di un beccuccio in rame che consente di trasferire il calore nel modo più omogeneo e veloce possibile.

Porzionatore per gelato Si tratta di un utensile la cui estremità inferiore, a cucchiaio o a semisfera, permette di ricavare palline di gelato. Il suo manico presenta due parti dotate di una molla centrale, con cui si aziona una lama che consente di staccare velocemente il gelato dal cucchiaio.

Raschia di metallo È un utensile adatto per raschiare superfici lisce, come quelle delle placche da pasticceria.

LA PICCOLA ATTREZZATURA E GLI UTENSILI

Recipienti di porcellana per soufflè-ramequin Sono stampi rotondi e profondi, dai bordi alti. Queste caratteristiche permettono al soufflé di essere esposto al massimo calore, mentre l’interno liscio dell’utensile favorisce l’aumento di volume del preparato.

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Rullo buca sfoglia Questo utensile è dotato di un manico e di un rullo dentellato, in modo tale da potere ottenere dei piccoli fori su impasti lisci, come la pasta sfoglia.

Sacca da pasticcere (Sac à poche) È un sacchetto di forma conica, in stoffa o in plastica usa e getta, adatto per decorare; è dotato di punte intercambiabili, di vario tipo, per farcire o per colare impasti quali, ad esempio, bignè o mousse.

Rigalimoni È un utensile dotato di piccoli anelli impiegato per rigare il limone dandogli così un aspetto decorativo.

Rotella tagliapasta festonata o liscia È un utensile che, grazie alla sua rotella, risulta adatto per tagliare velocemente e con precisione sfoglie sottili, come, ad esempio, pasta sfoglia, pasta all’uovo o frolla e croissant. Esiste la rotella tagliapasta festonata, dotata di scanalature, e quella liscia.

Scavino sferico È un utensile il cui manico, in plastica o legno, è dotato di una parte finale semisferica, utile per ottenere, in base alla grossezza dello scavino stesso, piccole palline di verdura o di frutta.

Setaccio Consiste in un attrezzo dotato di un cerchio in metallo con all’interno una rete metallica più o meno fine. Lo si usa per setacciare sfarinati o farine di ogni tipo, ma anche per cospargere polveri di vario genere su altri ingredienti.


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LEZIONE SPECIALE •

Sifone Consiste in una bottiglia dotata di un’intercapedine in acciaio, così da mantenere una certa pressione al suo interno. L’utensile è dotato di una testa, anch’essa in acciaio, che si avvita per sigillare perfettamente il prodotto al suo interno. Sempre nella testa sono presenti una vite, in corrispondenza della quale, mediante una capsula, si introduce il gas, e una molla che, una volta premuta, fa uscire il prodotto compresso dal sifone.

Spatola di acciaio È un utensile provvisto solitamente di un manico in plastica e di un’estremità in acciaio. La spatola è impiegata per stendere impasti montati o morbidi in modo omogeneo oppure per modellare torte.

Spatola di gomma Si tratta di un utensile con il manico in plastica e la parte di spatola vera e propria che è composta da gomma o da silicone. Questo attrezzo è adatto per raccogliere creme morbide, come la crema pasticcera e la panna, oppure gli impasti molli, grazie alla sua estremità flessibile e morbida che entra in contatto perfettamente con il fondo di qualsiasi contenitore.

LA PICCOLA ATTREZZATURA E GLI UTENSILI

Spazzola per farina È un utensile con manico in legno dotato di setole, impiegato per spolverare la farina in esubero da macchinari o da impasti.

Spelucchino a lama curva È un coltello dalla lama ricurva, utilizzato, in genere, per tornire le verdure.

Spelucchino a lama dritta Rispetto al precedente, questo ha la lama diritta, ed è utilizzato per mondare o tagliare verdure o frutta di piccole dimensioni.

Stampi per tartellette lisci o festonati Questi piccoli stampi in alluminio leggero sono usati, nelle forme liscia o frastagliata, per la cottura della pasta frolla.

Stampo antiaderente per tartellette È analogo ai precedenti, ma rivestito in materiale antiaderente, come il teflon, per fare in modo che il prodotto cotto si stacchi più facilmente.

Stampo antiaderente Questo attrezzo esiste in varie forme ed è composto da alluminio rivestito di un antiaderente in teflon, in modo tale che il prodotto non si attacchi allo stampo.

Stampi di silicone Si tratta di utensili di forme e dimensioni molto differenti, reperibili in modelli singoli da 6-8 porzioni fino a tappeti da 20-25 porzioni, con dimensioni più o meno grandi. Sono utilizzati sia per preparare dolci moderni che prevedono un congelamento, sia per quelli che richiedono cotture in forno. Siccome sono estremamente flessibili, si prestano perfettamente a smodellare il prodotto una volta preparato.

Stampo per cioccolatini È un utensile, di solito in policarbonato, impiegato per modellare i cioccolatini in forme e dimensioni diverse. Essendo dotato di superfici molto lisce, fa sì che il cioccolato non aderisca alle pareti dello stampo.


LEZIONE SPECIALE •

Stampo per madeleine In questo caso, la forma a conchiglia dello stampo aumenta la superficie esposta al calore, in modo tale da favorire una cottura più veloce di questi dolci.

Stampo rettangolare per plum cake L’utensile, rettangolare, ha bordi alti 6-8 cm ed è utile per le cotture d’impasti molto fragili che, se non venissero collocati in questi stampi, non manterrebbero la forma prima di cuocere.

LA PICCOLA ATTREZZATURA E GLI UTENSILI

Tarocco o foglia di plastica Si tratta di un attrezzo che da una parte è di forma appiattita mentre dall’altra si presenta arrotondata; grazie alla diversa morfologia, lo si usa per raschiare fondi di pentola piatti e concavi.

Teglie da forno di pasticceria Questi utensili, di vario spessore, sono dotati di un bordo più o meno alto e li si impiega per cotture in forno. Possono essere realizzati in alluminio con o senza teflon oppure in acciaio, ed essere lisci, ondulati, forati e così via, con misure di 60 cm x 40 cm.

Tagliapasta con cinque lame doppie È un attrezzo dotato di più rotelle, estendibili, per fare in modo di tagliare in un solo tempo più strisce di preparato della stessa larghezza.

Telaietti per ripieni, per praline e cremini Sono utensili che presentano vari incavi che possono essere riempiti con creme, ganache o gelatine di vari tipi, in modo tale da ottenere forme perfette.

Tappetino silpat È realizzato in silicone ed è adatto per stendervi sopra impasti morbidi o montati, come quelli per bisquit, croccantini o lingue di gatto; sono soprattutto molto comodi per la loro antiaderenza.

Termometro a sonda Si tratta di un dispositivo dotato di una spilla a sonda e di un display che trasmette la temperatura del punto in cui è stata posta la spilla stessa. Effettua la lettura sia in negativo che in positivo.

39

Tortiera a cerniera È uno stampo dotato di cerniera la quale permette alle pareti di aprirsi, facilitando così lo smodellamento di torte con impasti molto delicati o morbidi.

Utensile levatorsoli Si tratta di un attrezzo, più o meno lungo, in cui si riconosce una parte finale cilindrica adatta a togliere il torsolo della frutta, come, ad esempio, quello di mele o ananas.

Utensile per zeste Lo si utilizza per ricavare piccoli fili di scorza (zeste) di limone, arancio o pompelmo.

Utensili per decorare frutta e verdura Consistono in attrezzi di forma differente, usati per scavare o intagliare vegetali o frutta, dando loro un aspetto decorativo.


40

macroarea

1 • Professione pasticcere

MAPPA Le attrezzature comprendono

attrezzature per la preparazione generale

attrezzature per la preparazione dei prodotti lievitati

come

come

mescolatrice planetaria

armadio o cella di lievitazione

impastatrice a braccia tuffanti

cella ferma lievitazione

impastatrice a forcella impastatrice a spirale con vasca fissa o removibile raffinatrice a cilindri sfogliatrice o tirasfoglia o laminatoio cutter


unità

3

Le attrezzature

41

attrezzature per la cottura

attrezzature per raffreddare, mantecare e conservare

attrezzature per la lavorazione del cioccolato

come

come

come

cella frigorifera o congelatore

temperatrice

armadi frigoriferi

ricopritrice

forno statico per pasticceria forno a convezione di vapore per pasticceria forno combinato per pasticceria

abbattitore rapido di temperatura

forno rotativo per pasticceria

gelatiera o mantecatore per gelati e sorbetti

forno a microonde pastorizzatore friggitrice pralinatrice

macchina per gelato espresso macchina montapanna confezionatrice sottovuoto


42

macroarea

1 • Professione pasticcere

SINTESI Le attrezzature per la preparazione generale

All’interno dei laboratori di pasticceria e di panetteria sono disponibili vari macchinari per la preparazione generale. I più importanti sono: mescolatrice planetaria, impastatrice a braccia tuffanti, impastatrice a forcella, impastatrice a spirale con vasca fissa o removibile, sfogliatrice o tirasfoglia o laminatoio, cutter. Le attrezzature per la preparazione dei prodotti lievitati

All’interno dei laboratori di pasticceria e di panetteria sono disponibili vari macchinari per la preparazione dei prodotti lievitati. I più importanti sono l’armadio o cella di lievitazione e la cella ferma lievitazione. Le attrezzature per la cottura

La gamma delle attrezzature per la cottura è molto ampia. Quelle più importanti sono: forno statico per pasticceria, forno a convezione di vapore per pasticceria, forno combinato per pasticceria, forno rotativo per pasticceria, forno a microonde, pastorizzatore, friggitrice, pralinatrice.

Le attrezzature per raffreddare, mantecare e conservare

Le macchine per raffreddare garantiscono attualmente gli standard igienici ottimali previsti dalla normativa per il rispetto delle temperature di conservazione. Esse sono: celle frigorifere o congelatori, armadi frigoriferi, gelatiera o mantecatore per gelati e sorbetti, abbattitore rapido di temperatura, macchina per gelato espresso, macchina montapanna, confezionatrice sottovuoto. Le attrezzature per la lavorazione del cioccolato

Il cioccolato necessita di macchinari appositi per effettuare la sua lavorazione. Le più importanti sono la temperatrice e la ricopritrice.

LEZIONE SPECIALE La piccola attrezzatura e gli utensili

Nel reparto di pasticceria, gli operatori utilizzano strumenti e utensili per effettuare procedimenti specifici. I più importanti sono: bastardella semisferica, bilancia elettrica, bocchette in acciaio lisce o a stella, brillantiera o griglia per glassare o gelatinare, bruciatore per caramellare, caramellometro.


unità

3

Le attrezzature

VERIFICHE

43 5. ................................................................................... ................................................................................... 6. ................................................................................... ...................................................................................

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

La mescolatrice planetaria è dotata di due ganci e tre fruste V F L’impastatrice a braccia tuffanti è adatta per la realizzazione di impasti lievitati V F La raffinatrice a cilindri usata per macinare la frutta secca ne provoca il surriscaldamento V F L’impastatrice a forcella scalda poco l’impasto V F L’impastatrice a spirale con vasca removibile è utile per impasti che non superano i 60 kg di peso V F Con la sfogliatrice può essere preparata la pasta sfoglia, ma non la pasta frolla V F Nel cutter le lame sono azionate da un motore V F L’armadio di lievitazione è dotato di un umidificatore d’aria per la regolazione dell’umidità in base alle esigenze del prodotto che deve lievitare V F All’interno di un armadio di lievitazione si può regolare l’umidità, ma non la temperatura che è di circa 28 °C V F 10. Nella cella di lievitazione devono esserci almeno due lampade germicide V F 11. La cella ferma lievitazione è fornita di un impianto di raffreddamento V F 12. La cella ferma lievitazione serve a innalzare la temperatura degli impasti, rallentando di conseguenza la lievitazione V F DOMANDE A COMPLETAMENTO Completa con i nomi delle più importanti attrezzature che possono essere utilizzate dal pasticcere per la preparazione generale. 1. ................................................................................... ................................................................................... ................................................................................... 3. ................................................................................... ................................................................................... 4. ...................................................................................

...................................................................................

................................................................................... 8. ................................................................................... ................................................................................... 9. ................................................................................... ...................................................................................

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. Nella mescolatrice planetaria: a. il gancio serve per preparare impasti pesanti e va usato a velocità bassa b. la foglia serve a mescolare impasti molto grassi c. la frusta è ideale per incorporare aria nelle masse montate e va usata a velocità alta d. tutte le opzioni sono corrette 2. Per realizzare impasti lievitati, ben ossigenati e con molti alveoli, la macchina da utilizzare è: a. l’impastatrice a braccia tuffanti b. la mescolatrice planetaria con la foglia usata a velocità alta c. la sfogliatrice d. la raffinatrice a cilindri 3. Se si deve ridurre in lamine sottili il cioccolato plastico per decorazione, si può usare: a. il laminatoio b. il cutter c. la raffinatrice a cilindri d. l’impastatrice a forcella 4. Per lavorare un impasto di piccola entità, è bene usare: a. l’impastatrice a spirale con vasca fissa o removibile b. l’impastatrice a braccia tuffanti c. la mescolatrice planetaria d. la sfogliatrice 5. Impianto di raffreddamento-riscaldamento, umidificatore, deumidificatore e lampada germicida, sono elementi che ritroviamo: a. in una cella ferma lievitazione b. in un laminatoio c. in una cella di lievitazione d. in un armadio di lievitazione

VERIFICHE

2. ...................................................................................

7. ...................................................................................


44

macroarea

1 • Professione pasticcere

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA

DOMANDE A COMPLETAMENTO

Scegli tra le opzioni date quella corretta.

Completa indicando le lavorazioni svolte dal pastorizzatore.

1. Il forno statico per pasticceria: a. permette la distribuzione del calore solo dall’alto b. permette la distribuzione del calore solo dal basso c. permette la distribuzione del calore sia dall’alto che dal basso d. è sempre alimentato a gasolio 2.

Il forno a convezione di vapore: a. è dotato di una ventola che ruota a velocità fissa b. sfrutta un getto di olio pressurizzato c. fa sì che la temperatura sia diversa in punti diversi della camera di cottura d. è dotato di un iniettore di acqua pressurizzata 3.

Il forno rotativo per pasticceria: a. è un forno a convezione b. è un forno a vapore c. è un forno statico d. è dotato anche di una piccola cella di lievitazione

4. Con un forno a microonde: a. la cottura dei cibi avviene dall’esterno verso l’interno b. è possibile ottenere pietanze ben gratinate c. è bene cuocere alimenti poveri di acqua d. la cottura dei cibi avviene dall’interno verso l’esterno 5.

In un pastorizzatore: a. la temperatura massima è di 200 °C b. non si superano i 100 °C c. sono inserite spatole fisse d. si prepara il gelato

VERIFICHE

6. Le vasche della friggitrice: a. sono sempre riscaldate da bruciatori a gas b. sono dotate di un rubinetto per lo smaltimento del grasso di frittura c. sono realizzate in rame d. servono per scolare gli alimenti una volta fritti 7. La pralinatrice serve per rivestire di zucchero o cioccolato: a. la frutta fresca b. la frutta secca c. le torte d. i biscotti 8. Nella macchina montapanna, la panna liquida viene conservata alla temperatura di: a. + 2 °C b. + 4 °C c. + 6 °C d. 0 °C

1. …............…….......................….. degli ingredienti 2. riscaldamento, …............…….......................….. e cottura del composto 3. …............…….......................….. e termine della pastorizzazione 4. …............…….......................….. del composto con il controllo della …............…….......................….. residua VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. Le celle frigorifere hanno dimensioni maggiori degli armadi frigoriferi V F 2. Un’apposita sonda monitora costantemente la temperatura all’interno della cella frigorifera V F 3. Gli armadi frigoriferi possono essere a temperatura negativa o positiva V F 4. L’abbattitore raffredda lentamente i cibi, fino a portarli alla temperatura di stoccaggio V F 5. La gelatiera è dotata di un agitatore per il continuo mescolamento della massa in lavorazione V F 6. La capacità produttiva di una gelatiera è la produzione oraria della macchina V F 7. La macchina per gelato espresso è alimentata con miscele preparate automaticamente al suo interno al momento V F 8. La macchina montapanna immette gas nella panna liquida per montarla V F 9. Con la confezionatrice sottovuoto è possibile confezionare i prodotti in appositi sacchetti contenenti vapore acqueo V F 10. La temperatrice riproduce il temperaggio manuale del cioccolato eseguito con spatola su piano di marmo V F 11. Il temperaggio manuale dà risultati di qualità superiore rispetto al temperaggio tramite temperatrice V F 12. La ricopritrice serve a ricoprire in modo automatico le praline con cioccolato temperato V F 13. La ricopritrice è utile per distribuire il cioccolato temperato in modo uniforme su ogni pezzo V F 14. Grazie alla ricopritrice è possibile ottenere coperture di spessore diverso V F 15. Grazie alla ricopritrice i prodotti possono essere coperti parzialmente o totalmente V F 16. La temperatrice consente la perfetta cristallizzazione del prodotto V F


unità

3

Le attrezzature

45

LEZIONE SPECIALE La piccola attrezzatura e gli utensili

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1.

La bastardella semisferica è realizzata: a. in acciaio inox b. in legno c. in vetro d. in ottone

2. Il caramellometro: a. è un piccolo forno in acciaio b. è una lampada particolare usata per cuocere lo zucchero c. è un particolare termometro d. è un bruciatore per caramellare lo zucchero 3.

Il colino cinese: a. è anche detto passino per brodo b. ha una forma cilindrica c. è formato da una rete a maglia larga d. non è adatto per passare le salse

4.

La frusta: a. è usata per inglobare aria in un prodotto b. può essere realizzata con fili in acciaio o plastica c. può avere fili di spessore o rigidità differenti d. tutte le opzioni sono corrette

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

DOMANDE A COMPLETAMENTO Indica per i seguenti utensili le principali funzioni. Bastardella semisferica .................................................... .......................................................................................... ..........................................................................................

V F V F V F V F V F V F V F

Coppapasta festonati ....................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... Coni metallici .................................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... Frusta ............................................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... Pettine .............................................................................. .......................................................................................... .......................................................................................... Rullo buca sfoglia ............................................................. .......................................................................................... .......................................................................................... Scavino sferico ................................................................. .......................................................................................... .......................................................................................... Setaccio ........................................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... Spelucchino a lama curva ................................................ .......................................................................................... .......................................................................................... Tagliapasta con cinque lame doppie ................................ .......................................................................................... ..........................................................................................

VERIFICHE

Le forchette per cioccolatini possono avere forme e spessori diversi I coppapasta festonati o lisci sono utili per tagliare cioccolatini e gelatine Il coltello a lama ondulato è utile per tagliare il pan di Spagna Per preparare lo zabaione si può usare il polsonetto di rame semisferico I recipienti di porcellana sono utili per preparare i soufflé La spatola di acciaio è impiegata per stendere impasti appiccicosi e pesanti L’utensile per zeste si utilizza per ricavare piccoli fili di cioccolato

Lo stampo rettangolare per plum cake è adatto a impasti molto fragili V F Il tappetino silpat è realizzato in lino o cotone V F Il teflon, con cui sono rivestiti stampi di varie forme, serve a rendere l’utensile antiaderente V F La brillantiera può essere usata per glassare torte mignon V F Il dosatore biberon è di solito realizzato in vetro V F Il rullo buca sfoglia è usato per bagnare pan di Spagna o bisquit V F I mattarelli possono essere realizzati non solo in legno, ma anche in acciaio V F

Bruciatore per caramellare ............................................... .......................................................................................... ..........................................................................................

5. Se si vogliono ottenere piccole palline di frutta o verdura, si può usare: a. un rigalimoni b. uno scavino sferico c. uno spelucchino a lama dritta d. una raschia di metallo

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

8. 9. 10. 11. 12. 13. 14.


46

LABORATORIO DELLE COMPETENZE re Le attrezzatu A

Compiti di realtà

Completa scrivendo sotto a ciascuna attrezzatura il suo nome e indica di volta in volta se serve per la preparazione generale, per la preparazione dei prodotti lievitati, per la cottura o per il raffreddamento e la conservazione.

…............…...................…............... …............…...................…...............

…............…...................…............... …............…...................…...............

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…............…...................…............... …............…...................…...............

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PROFESSIONISTI DI SUCCESSO: Michela Previtali

47

Mentre i miei colleghi mi salutavano nel primo pomeriggio, io rimanevo in laboratorio a provare e riprovare per trovare il bilanciamento giusto

La passione per la pasticceria Fin da piccola sono sempre stata attratta dalla cucina. Il sabato, quando rientravo da scuola, amavo andare da mia nonna e passare il pomeriggio con le mani “in pasta”. Tagliatelle, casoncelli, gnocchi erano all’ordine del giorno e se non si preparava la pasta fresca, c’era sempre una crostata o una torta di mele da fare! Adoravo osservare mia madre quando preparava un dolce, mi cimentavo sempre in qualcosa di diverso per allietare il pranzo domenicale con un dolcetto. Biscotti, torte da forno e soprattutto il tiramisù! Determinata e molto pignola, mi piace affrontare la vita con un sorriso: anche se a volte ho la luna storta, un motivo per ridere lo trovo sempre. Mi piacciono le sveglie all’alba per arrivare presto in laboratorio e assaporare la calma prima della tempesta, il profumo delle brioches. Amo il mio lavoro come mai era successo nelle esperienze lavorative affrontate prima di buttarmi a capofitto nella pasticceria.

L’esperienza in ALMA e il percorso post-diploma ALMA per me non è stato solo un luogo di formazione, è il luogo dove ho vissuto una delle esperienze più belle fatte finora. Ogni giorno in aula c’era la curiosità di scoprire e di imparare, conscia che quello sarebbe stato solo l’inizio di un incredibile viaggio. Chi vive ALMA scopre un percorso non solo dedicato allo studio

e alla pratica, ma vive un mondo fatto di persone che parlano la tua stessa lingua e hanno la tua stessa passione. Si è creata una famiglia che porterò sempre nel cuore. Dopo la fase residenziale, gli chef decisero di mandarmi in un piccolo paesino in provincia di Padova per svolgere lo stage. Qui ho visto una realtà crescere - la Pasticceria Marisa migliorarsi e puntare sempre al massimo. Tutto questo grazie al maestro Luca Cantarin, dal quale ho imparato tanto e che mi ha dato la grande possibilità di supportarlo giornalmente in tante attività, come la stesura del suo libro e la partecipazione a una puntata per un programma televisivo.

Un consiglio per chi vuole intraprendere questo mestiere La formazione è fondamentale, ed è altrettanto importante continuare ad aggiornarsi e non stancarsi mai di ricercare, provare e riprovare. Il nostro lavoro non è fatto di soli sacrifici e rinunce, ma è passione, dedizione e continua ricerca. Sperimentare per creare qualcosa di nuovo e innovativo è uno stimolo per migliorarsi giorno dopo giorno. Non smettete mai di cucinare con passione, perché è quella che renderà il vostro piatto o il vostro dolce unico. Non arrendetevi alle prime cadute, non fatelo mai, rialzatevi più forti di prima e proseguite per realizzare il vostro sogno.

Michela Previtali si definisce sognatrice, ottimista e piena di energie

Per Michela la passione per la pasticceria è nata e cresciuta in ambito familiare, segnando l’inizio di un incredibile viaggio • Diplomata XXIII Corso Superiore di Pasticceria ALMA • Vincitrice del premio “Miglior Pasticcere Donna” del World Pastry Stars - Italian


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SECONDA PROVA • Esercitazione

PROFESSIONE PASTICCERE Testo A · La pasticceria di Iginio Massari «Iginio Massari non è solo il migliore pasticcere d’Italia. È una leggenda vivente! […] Pluripremiato in oltre trecento competizioni internazionali di pasticceria, scrittore, pubblicista e dottore honoris causa in Scienze culinarie alla St. George University di Bruxelles. Freschezza, bontà e bellezza. Sembrano questi i principali attributi del lavoro del Maestro che, nonostante la sua pasticceria parli da sola, insiste nel non volersi identificare come un artista che, a suo dire, distaccherebbe l’Uomo dall’elemento terreno, scontrandosi così col suo intento, che vuole l’uomo ben ancorato coi piedi per terra. Ed è per questo che Iginio Massari – Gino per gli amici – preferisce professarsi artigiano. Un artigiano che però continua a contaminare il suo lavoro con la ricerca, la cultura e la parola. Perché i suoi oltre venticinque libri non sono semplici libri di ricette! Raccontano di contaminazioni, di miti e lasciano spazio a poesie e versi – alcuni degli oltre 14.000 scritti che il Maestro ama comporre nel suo tempo libero. Particolare che non può passare inosservato e che non fa che confermare quanto l’eccellenza sia fatta di dettagli. Poiché nell’arte del Maestro, nulla è lasciato al caso!». (Fonte: Stefania Buscaglia, in www.mangiaredadio.it)

Testo B · Pasticceria e imprenditorialità secondo Gino Fabbri «Non possiamo parlare di innovazione e di crescita se non conosciamo le nostre radici, che hanno dato vita alla storia e alla tradizione e che sono strettamente legate alla conoscenza dei prodotti. Il terzo anello fondamentale per trasmettere il proprio prodotto è la comunicazione: un prodotto comunicato in malo modo, perde il suo valore. Avere la massima conoscenza delle materie prime sul mercato, sapendo riconoscere e scegliere la qualità dei prodotti che il nostro territorio offre, è la base su cui costruire la propria attività. A ciò si aggiunge prima di tutto l’analisi dei potenziali clienti, cercando di capire cosa ricercano e cosa si aspettano da te; e poi la ricerca di uno staff adeguato alla propria impostazione di lavoro e alla propria filosofia. Ritengo che non esistano scelte sbagliate se fatte in maniera ragionata: è sbagliato non scegliere per paura di sbagliare. Al giorno d’oggi non puoi essere un bravo artigiano se non sei un imprenditore capace; l’imprenditorialità salva sicuramente l’aspetto artigianale. La difficoltà maggiore è far percepire il valore del prodotto artigianale, poiché il costo è alto e non sempre viene remunerato nella

giusta maniera. La passione e la volontà non bastano, ma serve un mix di conoscenze tra scuola, esperienza e contatto con le persone che assaggiano i prodotti. Chi non comprende questa dinamica farà fatica a fare questo mestiere ai giorni nostri». (Fonte: https://wps.italiangourmet.it)

A) Con riferimento alla comprensione del primo testo, rispondi ai seguenti quesiti: 1. Perché Iginio Massari non ama definirsi artista? ........................................................................... ........................................................................... 2. Secondo Massari, che ruolo ha la ricerca per un pasticcere? ........................................................................... ........................................................................... 3. Perché, a tuo avviso, per Massari è importante che un pasticcere abbia interessi culturali? ........................................................................... ........................................................................... B) Con riferimento alla comprensione del secondo testo, rispondi ai seguenti quesiti: 1. Perché saper comunicare è fondamentale per un pasticcere? ........................................................................... ........................................................................... 2. Secondo Fabbri, che ruolo ha l’imprenditorialità per un pasticcere? ........................................................................... ........................................................................... 3. Qual è al giorno d’oggi la difficoltà maggiore per un pasticcere? ........................................................................... ........................................................................... Con riferimento alla padronanza delle conoscenze fondamentali e delle competenze tecnicoprofessionali, sia quelle conseguite a scuola sia quelle maturate durante l’esperienza dei PCTO, svolgi il seguente caso professionale. Ipotizza di essere stato incaricato di progettare e strutturare un laboratorio artigianale di pasticceria. Elabora, quindi, una proposta che indichi nel dettaglio sia le caratteristiche cui devono rispondere i locali, sia le principali attrezzature necessarie per la produzione dolciaria. Puoi accompagnare il progetto disegnando una piantina che rappresenti la disposizione dei locali.


COLLOQUIO ORALE • Collegamenti interdisciplinari

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ITALIANO STORIA Dalle origini a oggi: la pasticceria nelle epoche storiche

I dolci in letteratura • Dino Buzzati, La torta e una carezza, 1965 • Beppe Fenoglio, Una questione privata, 1963 • Raymond Carver, Una cosa buona, in Da dove sto chiamando, 1999

LABORATORIO DI SERVIZI ENOGASTRONOMICI SETTORE CUCINA

SCIENZA E CULTURA DELL’ALIMENTAZIONE Dolci e salute: la necessità di limitare il consumo di zuccheri

La divisa di cucina

Un mestiere antico tra arte e tecnica LABORATORIO DI SERVIZI ENOGASTRONOMICI SETTORE SALA E VENDITA

LINGUE STRANIERE Lessico di settore e traduzione

La divisa di sala

SCIENZE MOTORIE Gli zuccheri nella dieta dello sportivo

DIRITTO E TECNICHE AMMINISTRATIVE Il contratto di lavoro del pasticcere


50

UNITÀ DI APPRENDIMENTO • Istruzioni per l’uso

VOGLIO DIVENTARE PASTICCERE! Quali sono gli Assi culturali coinvolti? • Asse tecnologico e professionale • Asse dei linguaggi • Asse storico-sociale

Quali sono le discipline interessate? • Scienza e cultura dell’alimentazione • Lingue straniere • Italiano • Laboratorio di informatica • Laboratorio di servizi enogastronomici – Bar-Sala e vendita • Storia

Quali sono i tempi di svolgimento? • 5 ore di lavoro in classe • 5 ore di lavoro nel laboratorio di pasticceria • 4 ore di lavoro nel laboratorio di informatica • 2 ore di presentazione del prodotto

In che modo è organizzato il lavoro? Gruppi di lavoro a discrezione dei docenti

Quali saranno le fasi dell’Unità di Apprendimento?

1. L’insegnante, per cominciare, presenterà l’argomento e gli obiettivi dell’Unità di Apprendimento, finalizzata all’elaborazione di un video spot girato nel laboratorio di pasticceria che pubblicizzi l’indirizzo Prodotti dolciari industriali e artigianali del proprio Istituto. Nella realizzazione dello spot, dovrai mettere in evidenza gli sbocchi professionali offerti dalla specializzazione in pasticceria, focalizzandoti sulle aspettative che hai e sui motivi che ti hanno spinto ad iscriverti. Scopo dello spot è fornire informazioni e considerazioni personali agli studenti del biennio interessati all’indirizzo Prodotti dolciari industriali e artigianali. È necessario che le informazioni fondamentali siano veicolate anche in lingua straniera per gli studenti non madrelingua. 2. Nel corso della realizzazione del video dovrai dimostrare di conoscere la storia e le caratteristiche del mestiere del pasticcere, fornendo informazioni relative a: • l’evoluzione di questo mestiere; • la divisa del pasticcere; • il percorso di formazione del pasticcere; • la struttura del laboratorio di pasticceria.

• Raccolta delle informazioni e del materiale di riferimento: potrai utilizzare libri di testo, monografie, riviste specializzate, materiale tratto dal web e dai canali social, ecc. • Elaborazione della sceneggiatura dello spot sotto la supervisione dei docenti coinvolti • Riprese ed eventuale montaggio • Presentazione del video spot

Quale sarà il prodotto finale da presentare? Lo spot video illustrerà le caratteristiche principali del mestiere del pasticcere con l’obiettivo di rappresentare uno strumento di promozione dell’indirizzo Prodotti dolciari industriali e artigianali da caricare sul sito dell’Istituto e da utilizzare nel corso dell’Open day. Preparati ad argomentare agli insegnanti e al resto della classe quanto elaborato dal gruppo, mettendo in evidenza qual è stato il tuo ruolo ed esprimendo considerazioni personali sull’argomento. A tuo parere come te la sei cavata? So progettare un lavoro So cercare e selezionare informazioni utili al lavoro So individuare immagini efficaci e coerenti con il testo So rielaborare le informazioni So rispettare i tempi programmati So lavorare in gruppo

1 - Principiante

2 - Praticante

3 - Esperto


Macroarea

2

Conoscenze Caratteristiche delle materie prime

Tecniche di conservazione delle materie prime

Impieghi delle materie prime

Abilità Riconoscere la funzione delle materie prime

Riconoscere le componenti culturali delle materie prime anche in relazione al territorio

Pianificare l’organizzazione e la gestione di un laboratorio di pasticceria

Competenze Valorizzare l’elaborazione e la presentazione di prodotti dolciari e di panificazione locali, nazionali e internazionali utilizzando tecniche tradizionali e innovative

Utilizzare tecniche tradizionali e innovative di lavorazione, di organizzazione, di commercializzazione dei servizi e dei prodotti enogastronomici, ristorativi e di accoglienza turistico-alberghiera, promuovendo le nuove tendenze alimentari ed enogastronomiche

Applicare correttamente il sistema HACCP, la normativa sulla sicurezza e sulla salute nei luoghi di lavoro

Le materie prime


1.

Macroarea 2

Le materie prime

Lezione speciale Correzione delle farine

Lezione speciale Controlli al check-in e conservazione

Lezione speciale Caffè e tè

Lezione speciale Margarine e grassi idrogenati

Lezione speciale Frutta secca disidratata

Lezione speciale Fermentazione

Lezione speciale Impieghi del cioccolato in pasticceria

Lezione speciale Derivati del latte

Lezione speciale Classificazione degli additivi

2. 3. 4. 5.

DESSERT D’EUROPA

La torta più famosa in Austria è la Sachertorte, costituita da due strati di pan di Spagna al cioccolato inframezzati da confettura di albicocche. La copertura è data da uno strato di glassa di cioccolato fondente. Il dolce fu inventato a Vienna nel 1832 dall’apprendista pasticcere Franz Sacher, allora sedicenne, alle dipendenze del cancelliere austriaco Klemens von Metternich. Franz Sacher amava il cioccolato e a causa dell’improvvisa malattia del capocuoco realizzò la Sachertorte come dessert di un pranzo ufficiale.

Sfarinati

6. 7. 8. 9.

Uova

Dolcificanti e sostanze aromatiche

Lipidi

Frutta secca

Agenti lievitanti

Cacao

Latte

Additivi ad azione fisica e coloranti

Approfondimenti

Esercizi interattivi

Videolezioni

✔ ✔

Il mio ricettario Le ricette dei Maestri Laboratorio delle competenze

Materiale didattico adatto per la didattica digitale integrata


UNITÀ 1

53

Sfarinati Glossario Cariossidi

1.

CHE COSA SONO GLI SFARINATI

Gli sfarinati sono il prodotto della molitura (o macinazione) di tutti i cereali, ad eccezione del riso. Dalla macinazione delle cariossidi dei cereali (ad eccezione del riso), si ottengono infatti per il 75-80% sfarinati e per il 20-22% scarti, cioè crusca, cruschello e tritello.

Gli sfarinati di frumento sono distinti in: • farine, prodotti della macinazione del grano tenero; • semole, ottenute dalla macinazione del grano duro; • semolati, ricavati dall’ulteriore macinazione e abburattamento del grano duro dopo l’estrazione della semola.

Gli sfarinati di grano

Le farine

i sem Le semole e

Glossario

olati

■ Sono ottenute dalla macinazione e

■ Sono ottenuti dalla macinazione del

■ Hanno granuli piccoli e tondeggianti

■ Hanno granuli grossi con spigoli netti

■ Sono di colore bianco

■ Sono di colore ambrato

■ Sono adatte alla panificazione

■ Sono adatti alla produzione di paste

dall’abburattamento del grano tenero

grano duro

alimentari

Le cariossidi sono i frutti dei cereali e crescono riuniti in spighe o pannocchie. Sono frutti secchi tipici della famiglia delle Graminacee, costituiti da tre parti che, dall’interno verso l’esterno, sono crusca, endosperma, e germe. Nel linguaggio corrente sono chiamati chicchi, mentre in linguaggio tecnico-pratico si parla di granella.

Abburattamento L’abburattamento è una fase della macinazione che consente di separare la farina dagli altri componenti della cariosside. Consiste in una setacciatura graduale dei cereali macinati, in particolare del frumento, per ottenere farina di diversa finezza. Si effettua in buratti (setacci) a piani oscillanti, costituiti da telai rettangolari sovrapposti, detti Plansichter.


54

macroarea

2 • Le materie prime

2. QUALI SONO LE SOSTANZE CHE CARATTERIZZANO GLI IMPASTI DI FARINE Approfondimenti Le farine senza glutine

Glossario Viscosità La viscosità è la resistenza di un liquido allo scorrimento ed è originata dalle forze di attrazione intermolecolari. Di conseguenza, all’aumentare della temperatura la viscosità diminuisce perché diminuiscono le forze intermolecolari.

Approfondimenti L’analisi delle caratteristiche della farina

Le sostanze contenute nella farina che svolgono un ruolo fondamentale nella produzione di impasti sono, oltre ad alcuni enzimi, due proteine: ✔• la gliadina; • la glutenina. Durante l’impastamento, la farina assorbe acqua (in quantità diversa in relazione al grado di macinazione, alla quantità e alla qualità delle proteine presenti, all’umidità sia della farina sia dell’ambiente). La gliadina e la glutenina, a contatto con l’acqua e per l’azione meccanica dell’impastamento, si legano tra loro e formano un complesso proteico, il glutine, che costituisce la struttura portante dell’impasto. Si crea così una sorta di reticolo, che assorbe l’acqua (da una volta e mezzo a due volte il peso del glutine) e, durante la lievitazione, trattiene i gas (anidride carbonica) prodotti dai lieviti, rendendo l’impasto compatto ed elastico. La quantità di gliadine e di glutenine presenti nella farina condiziona le caratteristiche dell’impasto. Le farine hanno quindi caratteristiche e proprietà ✔diverse in relazione alla quantità di gliadina, glutenina e amidi contenuti.

Quali sono le caratteristiche principali delle farine Ciascuna farina presenta specifiche proprietà: • viscosità; • estensibilità; • adesività. • tenacità; • elasticità; Ciascuna farina è caratterizzata inoltre da una diversa attitudine fermentativa, determinata dall’azione degli enzimi che attaccano gli amidi formando gli zuccheri necessari ai lieviti per la fermentazione. Verificare la qualità della farina (cioè il contenuto in gliadina, glutenina e amidi) e il suo comportamento durante la fase dell’impastamento, della lievitazione e della cottura è fondamentale per la riuscita del prodotto finale. Inoltre, conoscere le caratteristiche delle farine permette di determinare: • la percentuale ottimale di acqua da aggiungere alla farina per avere la giusta consistenza; • il tempo di sviluppo dell’impasto, ossia il tempo necessario per la formazione del glutine; • la stabilità dell’impasto, ossia l’intervallo di tempo durante il quale l’impasto rimane alla massima consistenza; • l’indice di caduta o sfibramento dell’impasto, cioè il tempo che l’impasto impiega a perdere la sua consistenza.

Le proprietà della farina Estensibilità

Tenacità

Elasticità

Viscosità

• Indica il grado di deformazione che si può raggiungere prima della rottura dell’impasto. • Dipende dalla quantità di gliadina presente nella farina. • Serve per dare un prodotto voluminoso.

• È necessaria per sopportare il lavoro meccanico delle impastatrici e la pressione della lievitazione. • Dipende dalla quantità di glutenine presenti nella farina.

• Indica la capacità dell’impasto di opporre resistenza meccanica alle forze che agiscono su di esso e di riacquistare la forma iniziale al cessare di queste forze. • Dipende dalla quantità di glutenine presenti nella farina.

• Dipende dalla proprietà di gelatinizzazione dell’amido, che porta a un incremento della viscosità e delle proprietà elastiche per rigonfiamento dei granuli.

Adesività • È il lavoro necessario per vincere le forze di attrazione tra la superficie dell’alimento e gli altri materiali con i quali l’alimento può venire in contatto.


unità

1

Sfarinati

55

Che cosa si intende per forza della farina La forza della farina (W) − detta anche capacità panificabile − indica il grado della farina di resistere nell’arco del tempo alla lavorazione. È infatti la capacità della farina di: • assorbire l’acqua durante l’impastamento; • mantenere l’anidride carbonica durante la lievitazione. Questo parametro suddivide le farine in quattro categorie: • farine deboli; • farine medie; • farine forti; • farine speciali, che comprendono le manitoba. La forza della farina dipende, quindi, soprattutto dalla quantità e dalla qualità del glutine. La farina, infatti, si definisce forte quando:

• assorbe un’elevata percentuale d’acqua; • sviluppa una maglia glutinica resistente, con un’alta capacità di trattenere l’anidride carbonica, che permette all’impasto di sopportare lunghe fermentazioni e di dare prodotti voluminosi.

Classificazione delle farine in base alla forza Farine deboli (90-160 W)

• • • •

Farine medie (160-250 W)

• Assorbono dal 55 al 65% del loro peso in acqua • Sono quelle più utilizzate in pizzeria • Sono usate per impasti lievitati che necessitano di una media

Hanno un basso contenuto proteico (solitamente 9%) Contengono meno glutenine rispetto alle gliadine Assorbono circa il 50% del loro peso in acqua Sono usate per biscotti, cialde, grissini, piccola pasticceria

quantità di acqua (o altri liquidi) come pane francese, all’olio o alcuni tipi di pizza

Farine forti (250-310 W)

• Oppongono una forte resistenza alla deformazione del glutine • Hanno una percentuale di proteine superiore e un rapporto

glutenine/gliadine maggiore

• Assorbono circa il 65-75% del loro peso in acqua • Sono usate per impasti lievitati che necessitano di una

elevata quantità di acqua (o altri liquidi) come babà, brioche, pasticceria lievitata naturalmente e pizza

Farine speciali (310-370 W)

• Assorbono fino al 90% del loro peso in acqua • Sono indicate per impasti a lunghissima lievitazione (impasto

con biga)

• Sono usate per prodotti a lunga lievitazione come i panettoni

Glossario Manitoba Le manitoba (> 350 W) sono farine speciali di frumento tenero ad alto contenuto proteico. Sono chiamate così perché originariamente erano prodotte nell’omonima regione del Canada. Oggi vengono prodotte anche in altre aree, pur avendo mantenuto la denominazione originaria. Sono usate per rafforzare (tagliare) farine deboli come quelle di segale, miglio e avena.


56

macroarea

Glossario Amido e amilasi L’amido è un composto organico presente nei carboidrati (o glucide polisaccaride), comunemente contenuto in alimenti come pane, pasta, riso, patate. Le amilasi sono gli enzimi che attaccano l’amido scindendolo in glucosio.

2 • Le materie prime

La forza della farina è influenzata anche: • dall’amido; • dalla sua attaccabilità dagli enzimi (le amilasi). I granuli di amido, se messi in acqua calda (60-75 °C), assorbono acqua e si rigonfiano (gelatinizzazione), determinando anche un aumento della viscosità del liquido. Infatti per effetto del calore, dai granuli di amido

si crea un reticolo che intrappola l’acqua, formando un gel. Se i granuli dell’amido sono stati maggiormente frantumati con la macinazione, la loro attaccabilità da parte degli enzimi risulta più alta. In questo modo, si favorisce anche l’assorbimento dell’acqua da parte della farina, in quanto i granuli dell’amido frantumati assorbono più acqua rispetto ai granuli integri.

La forza della farina

rte quando

La farina è fo

■ Ha un elevato contenuto proteico (gliadine e glutenine) ■ Ha una quantità adeguata di amido frantumato, che assorbe più acqua ■ L’attività delle sue amilasi è moderata

✔ 1. 2. 3. 4. 5. 6.

GUIDA ALLO STUDIO

Estensibilità, tenacità, elasticità, viscosità e collosità sono proprietà delle farine Ciascuna farina presenta una attitudine fermentativa simile La riuscita del prodotto finale dipende dal comportamento della farina durante impastamento, lievitazione e cottura La forza della farina è detta anche capacità panificabile Le farine si dividono in farine deboli, medie, forti ed extra forti Le farine deboli hanno un alto contenuto proteico e contengono meno glutine

V F V F V V V V

F F F F


unità

1

Sfarinati

Quali sono i fattori che influenzano la formazione del glutine Oltre che da un’adeguata fase di impastamento, la formazione del glutine è influenzata: • dall’acqua; • dall’ordine di mescolamento degli ingredienti. Per formarsi, il glutine ha bisogno infatti di acqua. • Se l’acqua è carente, il glutine non si sviluppa. • Se l’acqua è troppa, si verifica un’eccessiva diluizione delle gliadine e delle glutenine; ciò rende impossibile la formazione di un reticolo con maglia fitta.

3.

COME SI IMPASTANO I PRODOTTI LIEVITATI

L’impastamento consiste nel miscelare gli ingredienti tra di loro. È una fase fondamentale per la riuscita del prodotto.

✔ 1. 2. 3. 4. 5.

57

Durante questa operazione, ha luogo la formazione del glutine che, trattenendo i gas prodotti dai lieviti, determina la formazione della mollica alveolata, caratteristica del pane e dei dolci lievitati. Gli elementi che giocano un ruolo fondamentale nella riuscita dell’impasto sono molteplici: • la tipologia di lavorazione; • il tipo di impastamento; • l’umidità; • la temperatura. In particolare, nei prodotti lievitati, la temperatura delle materie prime e dell’ambiente è importante per determinare l’inizio della trasformazione degli amidi in zuccheri e l’inizio della lievitazione. La temperatura ottimale dell’impasto in lavorazione, per evitare che la lievitazione inizi anzitempo, varia tra 23 e 25 °C. Per tenere sotto controllo tale temperatura, l’acqua aggiunta nella fase di impastamento non deve provocare né un rialzo, né un abbassamento del livello termico. L’impasto va conservato alla temperatura di 28-30 °C e va tenuta sotto controllo anche l’umidità dell’aria.

Approfondimenti L’alveografo di Chopin

GUIDA ALLO STUDIO

L’ordine di mescolamento degli ingredienti non influenza la formazione del glutine Per formarsi, il glutine ha bisogno di acqua Se l’acqua è troppa, è impossibile la formazione di un reticolo a maglia fitta L’impastamento consiste nel miscelare gli ingredienti tra loro La temperatura ottimale dell’impasto in lavorazione varia tra 20 e 25 °C

V V V V V

F F F F F


58

macroarea

4.

2 • Le materie prime

ALTRE FARINE, FARINE SENZA GLUTINE E AMIDI

Con il termine farina si intende genericamente la farina derivata dal frumento. Nella pratica di cucina e di pasticceria sono usate però anche altre farine, e in questo caso è sempre necessario specificarne l’origine. Alcune farine sono prive di glutine quindi adatte alle produzioni per soggetti celiaci (intolleranti al glutine). Tra le farine senza glutine ricordiamo: • la farina di riso; • la farina di grano saraceno; • la farina di mais.

Farina di riso La farina di riso deriva dalla macinazione di questo cereale ed è molto ricca in amido ma povera in proteine, lipidi e fibre. Può essere di diversi tipi: semola bianca di riso, semola integrale di riso, farina bianca di riso e farina integrale di riso. Dal riso si ricava anche l’amido, ottenuto invece dalle cariossidi sottoposte a una diversa lavorazione. L’amido di riso ha una grana molto fine, è insapore e insolubile in acqua fredda e alcol.

Farina di grano saraceno La farina di grano saraceno conferisce agli impasti colore scuro e buona aromaticità, ma va impiegata in miscela con altre farine per prodotti da forno lievitati e pane perché non è soggetta a lievitazione.

✔ 1. 2. 3. 4. 5. 6.

Farina di mais La farina di mais è disponibile in diverse versioni, tra cui per esempio la farina bramata, piuttosto grossolana, il fioretto o il fumetto, progressivamente più sottili, o la farina bianca, tipica del Veneto, ottenuta dalla macinazione di un mais autoctono (mais bianco perla). Dal mais si ricava anche l’amido di mais (o maizena), usato principalmente come addensante. È ottenuto mediante eliminazione della crusca e del germe del mais e successiva macinatura. Non contiene glutine ma contiene più amido e meno acqua, proteine, lipidi e fibre non viscose rispetto alle altre farine. Questa particolare composizione gli conferisce un maggior potere addensante e antiagglomerante rispetto agli altri derivati. L’utilizzo dell’amido di mais, per il suo elevato potere addensante, consente di ottenere dolci con una struttura più solida e al tempo stesso con una consistenza più morbida. Dalla fermentazione dell’amido di mais, successivamente purificato, essiccato e polverizzato, si ottiene lo xantano (o gomma di xantano). Questo polisaccaride si presenta come polvere color crema solubile in acqua e insolubile in alcol etilico. Rappresenta un prezioso alleato per la produzione di pane e dolci senza glutine perché è in grado di rendere collosa la farina, mimando l’attività del glutine. Consente quindi una buona lievitazione e conferisce morbidezza e consistenza all’impasto. Trova impiego come additivo alimentare e modificatore reologico (è indicato con la sigla E 415).

GUIDA ALLO STUDIO

Le farine prive di glutine sono adatte alle produzioni per soggetti celiaci Le farine prive di glutine sono adatte alle produzioni per soggetti intolleranti al lattosio La farina di riso è povera di amido La farina di grano saraceno conferisce agli impasti colore dorato e buona aromaticità L’amido di mais (maizena) contiene glutine ed è usato principalmente come addensante Lo xantano ostacola la lievitazione e conferisce croccantezza ai prodotti

V V V V V V

F F F F F F


unità

1

Sfarinati

59

Farina di segale

Farina di castagne

Questa farina è diffusa soprattutto nei Paesi mitteleuropei e del Nord Europa per la produzione di prodotti da forno, pane a lievitazione naturale, crackers e grissini.

Dalla molitura delle castagne, sottoposte a una particolare lavorazione dopo la raccolta e poi essiccate, viene ricavata una farina dal profumo intenso, utilizzata soprattutto per torte (miscelata o da sola), biscotti di pasta frolla (miscelata) e creme.

Farina di avena La farina di avena viene usata in pasticceria in miscela con altre farine per produrre prodotti di biscotteria e panificazione.

Farina di soia La farina di soia, ottenuta dalla macinazione dei semi di questa leguminosa, è ricca in proteine che, trattenendo acqua, conferiscono morbidezza all’impasto. In pasticceria è usata in miscela con altre farine.

Fecola Va infine ricordato che in pasticceria viene utilizzata anche la fecola di patate, che: • dona ai prodotti friabilità e leggerezza; • migliora la conservabilità; • addensa creme e salse.

Glossario Fecola Amido in forma di polvere bianca, insolubile in acqua fredda, che si ricava da tuberi come le patate e dai fusti di varie piante.


LEZIONE SPECIALE

Correzione delle farine Glossario Enzimi Gli enzimi sono proteine prodotte nelle cellule vegetali e animali che agiscono come catalizzatori accelerando le reazioni biologiche. Gli enzimi operano combinandosi con una sostanza specifica per trasformarla in una sostanza diversa. Ad esempio gli enzimi digestivi (presenti nella saliva, nello stomaco, nel pancreas e nell’intestino tenue) scindono gli alimenti nei costituenti di base assimilabili dall’organismo e sono quindi fondamentali nel processo di digestione.

In panificazione e in pasticceria può essere necessario adottare interventi correttivi per migliorare le caratteristiche di una farina attraverso l’utilizzo di enzimi. Tra i più utilizzati ricordiamo gli estratti di malto, usati soprattutto per la produzione di biscotti e cracker. Queste sostanze possono essere utilizzate in forma sia di farina sia di liquido. Gli estratti di malto in polvere sono ricchi di zuccheri, si sciolgono facilmente, presentando quindi una notevole comodità d’uso. Gli estratti di malto liquidi sono però più ricchi di zuccheri rispetto alle farine di malto e sono solitamente utilizzati per la produzione di prodotti come i cracker. Se l’impiego di enzimi può migliorare le caratteristiche delle farine, un loro utilizzo in quantità eccessive negli impasti può influenzare negativamente sia la lievitazione, sia la consistenza dell’impasto. L’aggiunta di malto in panificazione svolge diverse funzioni: • apporta zuccheri ed enzimi, consentendo così un maggiore sviluppo del volume dell’impasto e la formazione di un’alveolatura regolare; • determina una colorazione più intensa del prodotto; • conferisce al prodotto profumo e sapore migliori. Il malto è utilizzato anche in pasticceria per la produzione di biscotti e fette biscottate, in quanto: • consente di conservare più a lungo la fragranza e la freschezza; • conferisce maggior friabilità; • migliora il gusto dei prodotti.

✔ 1. 2. 3. 4. 5. 6.

GUIDA ALLO STUDIO

L’utilizzo di enzimi serve a migliorare le caratteristiche di una farina Gli estratti di malto sono gli enzimi meno utilizzati per la correzione delle farine Gli estratti di malto possono essere utilizzati sia in polvere sia liquidi L’aggiunta di malto in panificazione favorisce la formazione di un’alveolatura regolare L’aggiunta di malto determina una colorazione meno intensa L’aggiunta di malto favorisce la friabilità del prodotto e una migliore conservazione

V V V V V V

F F F F F F


unità

1

Sfarinati

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MAPPA La farina

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62

macroarea

2 • Le materie prime

SINTESI Che cosa sono gli sfarinati

Gli sfarinati, prodotti dalla molitura (o macinazione) di tutti i cereali ad eccezione del riso, sono distinti in farine (ottenute dal grano tenero), semole (ottenute dal grano duro) e semolati (ottenuti mediante macinazione e abburattamento del grano duro dopo l’estrazione della semola). Quali sono le sostanze che caratterizzano gli impasti di farine

Nella produzione di impasti è importante valutare il contenuto di gliadina, glutenina e di alcuni enzimi (amilasi e proteasi). Gliadina e glutenina, a contatto con l’acqua e per l’azione meccanica dell’impastamento, si legano a formare il glutine: creano così una sorta di reticolo che assorbe acqua e, durante la lievitazione, trattiene i gas (anidride carbonica) prodotti dai lieviti, rendendo l’impasto compatto ed elastico. Che cos’è la forza della farina

La forza della farina (W, o capacità panificabile) indica la capacità di resistere alla lavorazione. È la capacità della farina di assorbire l’acqua durante l’impastamento e di mantenere l’anidride carbonica durante la lievitazione. In base alla forza, le farine sono distinte in quattro categorie: farine deboli (biscotti, cialde, grissini, piccola pasticceria), farine medie (pane francese, all’olio, alcuni tipi di pizza), farine forti (babà, brioche, pasticceria lievitata naturalmente, pizza) e farine speciali (prodotti a lunga lievitazione).

Come si produce l’impasto dei prodotti lievitati

L’impastamento consiste nella miscelazione degli ingredienti. Durante l’impastamento si forma il glutine, che trattiene i gas prodotti dai lieviti e determina la formazione della mollica alveolata caratteristica dei prodotti lievitati. La riuscita dell’impasto dipende dalla lavorazione, dal tipo di impastamento, dall’umidità, dalla temperatura delle materie prime e dell’ambiente. La temperatura dell’impasto deve variare tra 23 e 25 °C: per tenere sotto controllo tale temperatura, l’acqua aggiunta nella fase di impastamento non deve provocare né un rialzo né un abbassamento del livello termico. L’impasto va conservato a 28-30 °C. Quali sono le altre farine

Oltre alla farina derivata dal frumento, sono usate anche altre farine, alcune prive di glutine quindi adatte alle produzioni per soggetti celiaci (intolleranti al glutine), come la farina di riso, la farina di grano saraceno, la farina di mais. Tra le altre farine ricordiamo inoltre la farina di segale, la farina di avena, la farina di soia, la farina di castagne.

LEZIONE SPECIALE Correzione delle farine

Gli interventi correttivi delle farine sono utili in panificazione e in pasticceria per migliorare le caratteristiche di una farina. La correzione delle farine viene effettuata attraverso l’utilizzo di enzimi, proteine prodotte nelle cellule vegetali e animali che agiscono come catalizzatori accelerando le reazioni biologiche. Tra i più utilizzati ricordiamo gli estratti di malto, che si presentano in polvere o in forma liquida, solitamente utilizzati per la produzione di prodotti come i cracker. L’aggiunta di malto in panificazione apporta zuccheri ed enzimi, consentendo così un maggiore sviluppo del volume dell’impasto e la formazione di un’alveolatura regolare, determina una colorazione più intensa del prodotto, conferisce al prodotto profumo e sapore migliori. Il malto è utilizzato anche in pasticceria per la produzione di biscotti e fette biscottate, perché consente di conservare più a lungo la fragranza e la freschezza, conferisce maggior friabilità e migliora il gusto dei prodotti. Un impiego degli enzimi in quantità eccessive può tuttavia influenzare negativamente sia la lievitazione sia la consistenza dell’impasto.


unità

1

Sfarinati

63

VERIFICHE DOMANDE A COMPLETAMENTO Inserisci correttamente gli elementi mancanti. L’impastamento consiste nel ….......……….. gli ingredienti tra loro. Durante questa fase si forma il ….......……….., che trattenendo i gas prodotti dai ….......……….., determina la formazione della ….......……….. alveolata, caratteristica del ….......……….. e dei dolci ….......……….. . VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. I semolati non possono essere classificati come sfarinati 2. La crusca e il cruschello sono scarti della macinazione delle cariossidi

V F V F

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. Le proprietà specifiche delle farine sono: a. estensibilità, tenacità b. elasticità, viscosità c. adesività d. tutte le opzioni sono corrette 2. Le manitoba sono: a. farine deboli b. farine forti c. farine medie d. farine speciali 3. Le farine medie: a. non sono adatte per l’uso in pizzeria b. assorbono il 55-65% del loro peso in acqua c. non possono essere usate per preparare pane francese d. sono usate per biscotti, cialde e piccola pasticceria 4. La farina usata per gli impasti dei prodotti lievitati a lunga lievitazione come il panettone: a. deve essere debole b. deve essere povera di proteine c. è di tipo 0 o 00 con forza di 380-400 W d. nessuna delle opzioni è corretta 5. Una farina forte: a. assorbe molta acqua b. sviluppa una maglia glutinica resistente c. sopporta lunghe fermentazioni d. tutte le opzioni sono corrette

VERIFICHE

1. L’elasticità di un impasto dipende solo dalla quantità di glutine che si forma V F 2. Le amilasi, presenti nelle farine, agiscono a carico dell’amido V F 3. L’attitudine fermentativa di un impasto è dovuta alla presenza di gliadina V F 4. Gli amidi possono essere utilizzati anche come addensanti V F 5. L’elasticità di un impasto indica la capacità di opporre resistenza meccanica alle forze che agiscono su di esso e di riacquistare la propria forma iniziale quando queste forze cessano V F 6. La forza della farina indica la capacità della farina di assorbire acqua durante l’impasto e di mantenere l’anidride carbonica durante la lievitazione V F 7. In base alla forza le farine sono suddivise in farine deboli, farine medie, farine forti e farine speciali V F 8. Una farina è forte quando ha un elevato contenuto proteico (gliadine e glutenine), una quantità adeguata di amido frantumato e l’attività delle sue amilasi è moderata V F 9. La formazione del glutine è influenzata solo dalla presenza di acqua V F 10. L’impasto dei prodotti lievitati può essere effettuato a temperature inferiori a 10 °C V F

3. La farina di riso è un particolare tipo di sfarinato V F 4. Le farine possono avere colore bianco oppure ambrato V F 5. Le farine sono adatte alla panificazione V F 6. Semole e semolati sono adatti alla produzione di paste alimentari V F 7. Nelle farine non sono presenti enzimi V F 8. Il glutine è un complesso proteico che si forma quando gliadina, glutenina e acqua entrano a contatto nella fase di impastamento V F 9. Le quantità di gliadine e di glutenine contenute nella farina non condizionano le caratteristiche dell’impasto V F 10. La viscosità dell’impasto dipende dal glutine e non dall’amido contenuto nella farina V F 11. Il tempo di sviluppo dell’impasto è l’intervallo di tempo durante il quale l’impasto presenta consistenza massima V F 12. L’indice di caduta è il tempo che l’impasto impiega a perdere la sua consistenza V F


64

macroarea

2 • Le materie prime

VERO O FALSO

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

Scegli tra le opzioni date quella corretta.

1. 2. 3. 4. 5. 6.

1. Risulta priva di glutine: a. la farina di grano saraceno b. la farina di mais c. la farina di riso d. tutte le opzioni sono corrette

Gli sfarinati sono ottenuti anche dal riso L’abburattamento è un processo di setacciatura Le farine deboli sono ottime per il panettone Le farine forti sono usate per impasti non lievitati Per biscotti e grissini si utilizzano farine deboli Le farine speciali sono usate per impasti a lunga lievitazione

V F V F V F V F V F V F

DOMANDE A COMPLETAMENTO Inserisci correttamente gli elementi mancanti. granuli forza glucosio amido

acqua macinazione glutine enzimi

attaccabili gel

La ….......……….. della farina, oltre che dipendere dalla quantità e dalla qualità del ….......……….., è influenzata anche dall’….......……….. e dalla sua attaccabilità ad opera delle amilasi, particolari ….......……….. in grado di scindere l’amido in ….......……….. . I granuli di amido quando vengono messi in ….......……….. calda, la assorbono e si rigonfiano. Infatti, per effetto del calore, si forma un reticolo che intrappola l’acqua formando un ….......……….. . Questo processo è favorito se i ….......……….. di amido vengono maggiormente frantumati durante la ………….., poiché granuli più frantumati sono più facilmente ….......……….. dagli enzimi e dunque in grado di assorbire più acqua. VERO O FALSO

VERIFICHE

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6.

La formazione del glutine è influenzata dall’ordine di impastamento degli ingredienti V F La formazione del glutine può avvenire anche in assenza di acqua V F La temperatura delle materie prime è ininfluente per la buona riuscita dell’impastamento V F La temperatura dell’ambiente è importante per l’inizio della lievitazione V F L’acqua che si aggiunge in fase di impastamento deve avere sempre una temperatura di circa 4 °C V F È bene aggiungere acqua bollente all’impasto per accelerarne la lievitazione V F

2.

Non è adatta ai celiaci: a. la farina di riso b. la farina di mais c. la farina di grano tenero d. la farina di grano saraceno

3.

La farina di riso è ricca di: a. proteine b. fibre c. lipidi d. amido

4. La farina di grano saraceno: a. non può essere miscelata con altre farine perché in tal caso non lievita b. conferisce agli impasti un colore scuro c. è ricca di glutine d. è disponibile in varie versioni, tra cui la farina bramata e il fioretto 5.

L’amido di mais: a. contiene poco amido e molta acqua b. contiene glutine c. consente di ottenere dolci dalla struttura più solida d. trova impiego come additivo nell’industria alimentare dove è indicato con la sigla F140

6.

L’amido di mais: a. ha una grana molto fine b. è insapore c. è insolubile in acqua fredda e alcol d. tutte le opzioni sono corrette

7.

Lo xantano: a. è una polvere color crema, insolubile in acqua b. si ottiene dalla fermentazione dell’amido di mais c. è una polvere a grana grossa, grigiastra, solubile in acqua d. nessuna opzione è corretta

8.

L’additivo indicato con la sigla E 415: a. è gomma di xantano b. è maizena c. è farina di soia d. è fecola di patate


unità

1

Sfarinati

LEZIONE SPECIALE Correzione delle farine

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12.

L’utilizzo di enzimi per correggere le farine ha esclusivamente finalità estetiche, poiché le rende più bianche V F Gli enzimi più utilizzati per la correzione delle farine sono gli estratti di malto V F Gli estratti di malto possono essere utilizzati solo in forma liquida V F Le farine di malto sono più povere di zuccheri rispetto agli estratti di malto liquidi V F Le farine di malto vengono di solito utilizzate per la produzione di cracker V F Se si aggiungono alla farina enzimi in quantità eccessiva, il processo di lievitazione può essere influenzato negativamente V F L’aggiunta di malto in panificazione fa aumentare il volume dell’impasto V F L’aggiunta di malto in panificazione favorisce la formazione di un’alveolatura molto irregolare V F L’aggiunta di malto non influisce sul colore del prodotto panificato, ma solo sulla sua consistenza V F I prodotti realizzati con farine corrette con estratti di malto hanno profumo e sapore migliori V F Il malto non è usato per la produzione di biscotti V F Il malto è usato per la produzione di fette biscottate V F

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1.

Gli estratti di malto in polvere: a. non contengono zuccheri b. non contengono proteine c. si sciolgono facilmente d. sono di solito usati per la produzione di prodotti come i cracker

3.

L’aggiunta di malto in panificazione: a. apporta zuccheri ed enzimi b. apporta lipidi e sali minerali c. provoca un rallentamento della lievitazione d. conferisce una colorazione più pallida ai prodotti

4.

In pasticceria il malto: a. trova scarso impiego b. migliora fragranza e freschezza dei prodotti c. è usato per produrre fette biscottate, ma non biscotti d. tutte le precedenti opzioni sono errate

5.

Gli enzimi aggiunti alle farine: a. agiscono come catalizzatori b. sono degli zuccheri c. sono dei grassi d. nessuna opzione è corretta

6. Rispetto alle farine di malto, gli estratti di malto liquidi: a. sono più ricchi di zuccheri b. sono più poveri di zuccheri c. sono di qualità meno pregiata d. sono più ricchi di grassi DOMANDE A COMPLETAMENTO Inserisci correttamente gli elementi mancanti. 1. Il malto è utile nella panificazione in quanto: a. apporta .................................. ed .................................. consentendo così un maggiore sviluppo del volume dell’.................................. e la formazione di un’.................................. regolare; b. determina una .................................. più intensa del prodotto; c. conferisce al prodotto .................................. e sapore migliori. 2. Gli estratti di malto trovano utilizzo anche in pasticceria per la produzione dei .................................. e delle ................................, poiché: a. consentono di conservare più a lungo la .................................. e la ................................; b. conferiscono maggior ..................................; c. migliorano il .................................. dei prodotti.

VERIFICHE

2. L’impiego di enzimi: a. migliora le caratteristiche delle farine b. se in quantità eccessiva ha conseguenze negative sulla lievitazione c. se in quantità eccessiva ha conseguenze negative sulla consistenza dell’impasto d. tutte le opzioni sono corrette

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66

LABORATORIO DELLE COMPETENZE

ra delle fa L’etichettatu A

rine

Confronta le confezioni di due tipologie di farina e riporta di seguito le informazioni. Se presente nella confezione, inserisci anche il claim. Il termine claim, nel linguaggio settoriale del marketing, indica la principale promessa fatta ai consumatori, il testo centrale riportato sulle confezioni in commercio che definisce un prodotto e le sue caratteristiche. Farina 1 Denominazione commerciale ........................... Ingredienti ......................................................... Termini di conservazione .................................. Informazioni nutrizionali .................................... Stabilimento di produzione e confezionamento ........................................... Claim ................................................................

e di ne delle farin io z a c ifi s s la La c B

Compiti di realtà

Farina 2 Denominazione commerciale ........................... Ingredienti ......................................................... Termini di conservazione .................................. Informazioni nutrizionali .................................... Stabilimento di produzione e confezionamento ........................................... Claim ................................................................

grano tenero

Le farine di grano tenero in commercio in Italia si classificano in base a fattori come umidità, ceneri e proteine. Svolgi una ricerca e confronta i seguenti tipi di farina, specificando per ognuna di essi gli impieghi possibili. • Farina di grano tenero tipo 00 ..................................................................................................... • Farina di grano tenero tipo 0 ....................................................................................................... • Farina di grano tenero tipo 1 ....................................................................................................... • Farina di grano tenero tipo 2 ....................................................................................................... • Farina integrale di grano tenero ..................................................................................................

Le proprietà

della farina

C

Definisci le principali caratteristiche delle farine. Estensibilità ....................................................................................................................................... Tenacità ............................................................................................................................................. Elasticità ............................................................................................................................................ Viscosità ............................................................................................................................................ Adesività ............................................................................................................................................

e L’analisi dell

tipologie di fa

D

rine

Osserva e manipola un cospicuo numero di farine/semole, di origine e provenienza diversa (di frumento, riso e mais) e valuta analogie e differenze nel colore e nella finezza. ........................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................... ...........................................................................................................................................................


UNITÀ 2

Uova 1.

COME SI FORMA L’UOVO E DA QUALI PARTI È COSTITUITO

Le uova utilizzate in cucina per l’alimentazione sono principalmente quelle di gallina e derivano dalle cellule uovo che incominciano a maturare una alla volta nelle ovaie dell’organismo femminile, accumulando progressivamente al loro interno grassi e proteine. Si tratta di un processo che può durare qualche settimana e che si velocizza circa 7 giorni prima del distacco dell’ovulo. In questo periodo, rispetto alla cellula uovo iniziale, il tuorlo aumenta di dimensioni poiché deve contenere il nutrimento per tutti i ventuno giorni di incubazione dell’uovo dopo la sua deposizione.

Quali sono le fasi di formazione dell’uovo 1. La formazione vera e propria delle diverse componenti dell’uovo ha inizio con l’ovulazione, cioè quando il tuorlo e la cellula uovo entrano nell’ovidotto. Se la gallina si è accoppiata nelle due settimane precedenti, la cellula uovo viene fecondata e, dopo circa un quarto d’ora, giunge in una parte dell’ovidotto detta magnum, le cui pareti secernono le proteine dell’albume. 2. In poche ore, attorno al tuorlo si formano quattro strati di albume, dal più liquido al più denso. Scendendo sempre nell’ovidotto, la cellula uovo raggiunge una zona in cui il tuorlo e l’albume vengono rinchiusi da due membrane sottili, ma robuste, che aderiscono

perfettamente a essi, con l’eccezione di un’estremità dell’uovo, dove si forma la camera d’aria. La funzione principale di queste membrane è quella di costituire una barriera contro i batteri che si trovano all’esterno dell’uovo. 3. Successivamente, per un periodo di tempo che può durare anche cinque ore, dall’ovidotto arrivano sali e acqua che contribuiscono all’accrescimento dell’uovo. 4. L’ultimo stadio di questo processo è caratterizzato dalla formazione del guscio, che avviene nell’utero, o ghiandola del guscio, in circa quattordici ore. Il guscio è costituito prevalentemente da carbonato di calcio (CaCO3) e svolge una funzione protettiva. Inoltre, essendo leggermente poroso, permetterà al pulcino di respirare, facilitando, in particolare, l’uscita dell’anidride carbonica. Lo strato più esterno e ceroso del guscio serve, invece, a preservare l’uovo da un’eventuale perdita di acqua. Il colore del guscio è determinato dalla varietà a cui appartiene la gallina. Nel giro di venticinque ore, l’uovo completa così il suo percorso di sviluppo e viene quindi espulso.

67


68

macroarea

2 • Le materie prime albume fluido

tuorlo camera d’aria

calaza

membrana testacea

nucleo germinale

guscio

Uovo

membrana vitellina

Le parti costitutive dell’uovo

Tuorlo

Glossario Lecitina La lecitina è un grasso che ha la funzione di emulsionante.

✔ 1. 2. 3. 4. 5.

albume denso

È la parte più interna dell’uovo, del quale costituisce circa un terzo del peso totale, escludendo il guscio. Esso è composto: • per il 50% da acqua; • per il 34% da lipidi, tra cui lecitina; • per il 16% da proteine, con tracce di glucosio e di sali minerali. La fase liquida del tuorlo è rappresentata da una soluzione acquosa di alcune proteine (livetine), nella quale fluttuano i granuli che compongono il tuorlo.

Albume È costituito:

• per la maggior parte da acqua; • per il 10% da proteine. Grassi e sali sono presenti soltanto in tracce. Dal punto di vista qualitativo, nell’albume si trovano sei proteine diverse e, tra le più abbondanti, vi sono l’ovoalbumina, la conalbumina, le globuline e l’ovomucina.

GUIDA ALLO STUDIO

Le uova più comunemente utilizzate sono quelle di gallina Il processo di formazione dell’uovo può durare qualche settimana Il guscio ha funzione protettiva e il suo colore è determinato dalla varietà a cui appartiene la gallina La lecitina è un componente dell’albume Il tuorlo è costituito interamente da acqua e proteine

V V V V V

F F F F F


unità

2.

2

Uova

69

QUALI SONO LE CARATTERISTICHE MERCEOLOGICHE DELLE UOVA

Le uova presentano caratteristiche merceologiche assai variabili, che dipendono dal peso, dalla freschezza e dalla forma, infine dal tipo di allevamento delle galline.

La classificazione delle uova in base al peso XL

grandissime, oltre 73 g

L

grandi, da 63 a 73 g

M

medie, da 53 a 63 g

S

piccole, al di sotto di 53 g

Tipo di allevamento

La classificazione delle uova in base alla freschezza e alla forma Categoria

Caratteristiche

• Sono uova di prima scelta e Consumo

B

• Sono uova di seconda

C

diretto fresche. Non devono aver subito • alcun trattamento di conservazione né essere state refrigerate a temperature inferiori a 8 °C. • La camera d’aria deve essere immobile e con dimensioni inferiori a 6 mm. • Devono essere pulite, intatte ed esenti da aromi estranei.

Sono uova declassate sia per il peso troppo basso, sia perché hanno il guscio incrinato o si presentano con forme non perfette.

Consumo diretto

Caratteristiche

Biologico con sistema estensivo

Prevede 1 gallina ogni 10 m2 di terreno, all’aperto e in presenza di vegetazione.

All’aperto

Distribuisce 1 gallina ogni 2,5 m2 di terreno, anche in questo caso all’aperto e con vegetazione.

A terra

Con 7 galline per 1 m2 di terreno, che deve essere coperto di materiali come paglia e sabbia.

In gabbia

Dove sono comprese 25 galline per 1 m2 di superficie, con posatoi che offrono almeno 15 cm di spazio a ogni animale.

Utilizzo

A

scelta e fresche. • Non devono essere state conservate e nemmeno refrigerate. • La camera d’aria deve essere inferiore ai 9 mm. • Possono anche essere uova refrigerate a temperature inferiori agli 8 °C o conservate in una miscela gassosa a composizione differente da quella atmosferica.

La classificazione delle uova in base al tipo di allevamento delle galline

Esistono anche le uova A extra fresche, per le quali il periodo durante il quale esse restano tali è di: • 9 giorni dalla deposizione; • 7 giorni dalla data di imballaggio. Queste uova devono avere camera d’aria inferiore a 4 mm.

Composizione dell’uovo in percentuale Uovo intero

Impiego industriale

Tuorlo

Albume

Grassi

11%

31-32%

0,25%

Proteine

12-13%

17%

11-13%

Zuccheri

1%

0,7%

0,5%

Minerali

0,5%

0,4%

0,6%

Acqua

74-75%

49-50%

85-87%


70

macroarea

3.

Parola chiave pH Il pH è una grandezza che esprime il carattere acido o basico delle soluzioni: un pH inferiore a 7 (pH < 7) indica una soluzione acida; un pH superiore a 7 (pH > 7) indica una soluzione basica.

·

·

2 • Le materie prime

QUAL È L’USO DELLE UOVA IN PASTICCERIA

In pasticceria, le uova sono impiegate principalmente come legante, cioè hanno il compito di trattenere l’umidità e dare solidità alle masse. È importante ricordare che il calore favorisce la formazione di legami tra le proteine dell’uovo a scapito di quelli che potrebbero instaurarsi fra l’acqua e le proteine stesse: se due molecole proteiche si legano in un certo punto, le loro catene si avvicinano sempre più, aumentando la probabilità che si formino altri legami tra le proteine presenti. In particolare, si nota che: • intorno ai 60 °C l’albume inizia a coagulare, cioè si denatura, per cui le sue proteine si “srotolano”, lasciando scoperte zone che prima erano al loro interno e che diventano così adatte a formare nuovi legami con altre proteine; • intorno ai 65 °C si completa la coagulazione delle proteine dell’albume dell’uovo e inizia la denaturazione di quelle del tuorlo; • a circa 70 °C termina anche la coagulazione delle proteine del tuorlo.

Videolezione La denaturazione delle proteine: la cottura dell’uovo

In pasticceria è necessario lavorare le uova con altri ingredienti, ad esempio, con lo zucchero, per realizzare una crema, oppure con liquidi di varia natura, come ad esempio il latte. Quando le uova sono miscelate con i liquidi, la coagulazione inizia a temperature più elevate. Infatti, poiché le proteine risultano isolate le une dalle altre per la presenza delle molecole dell’acqua contenuta nei liquidi aggiunti, per aggregarsi esse devono muoversi più velocemente e questo avviene soltanto grazie all’aumento di temperatura. Lo zucchero ha lo stesso effetto sulle proteine, perché le loro molecole vengono circondate da quelle di saccarosio, che rallentano la formazione di eventuali legami tra le prime. Gli acidi e il sale (cloruro di sodio), invece, hanno un effetto contrario, favorendo la coagulazione: in particolare, gli acidi abbassano il pH dell’uovo, così che le molecole proteiche si respingono a vicenda, favorendo i legami con gli altri alimenti.


unità

2

Uova

Che cosa sono le schiume Fra le preparazioni più utili in pasticceria vi sono le schiume. Le schiume sono costituite da piccole masse d’aria circondate da pellicole di acqua (bolle) nella quale sono disciolte diverse sostanze, responsabili di “sostenere” l’aria contenuta nelle bolle stesse: l’acqua pura, infatti, non produce schiuma. Quando si forma la schiuma, le molecole che costituiscono lo strato superficiale del liquido (l’acqua), sono attirate verso l’interno e tendono così a occupare la minor area possibile; il risultato di questa attrazione è che la superficie si comporta come una membrana elastica in continua tensione (tensione superficiale) che tende a mantenere unito lo strato di molecole della superficie stessa. La stabilità della schiuma di albume dipende principalmente da due fattori: • la viscosità propria dell’albume; • la presenza di proteine che si sono distese durante la coagulazione.

✔ 1. 2. 3.

71

Quando l’albume viene frullato, le bolle d’aria rimangono intrappolate nell’albume stesso. Le sue proteine, invece, dopo la denaturazione si dispongono all’interfaccia tra aria e acqua, e le loro parti idrofobe si rivolgono verso l’aria mentre le parti idrofile si orientano verso l’acqua. In pasticceria, le schiume non cotte, come ad esempio le mousse, devono la loro leggerezza proprio alle proteine delle uova. Durante la cottura, ad esempio nel caso della meringa, le bolle d’aria della schiuma aumentano di volume per effetto del calore, e, grazie all’ovoalbumina, il reticolo che si forma rimane solido poiché questa proteina coagula facilmente quando è scaldata. L’azione combinata tra le diverse proteine dell’uovo permette quindi di ottenere schiume solide.

Parola chiave Sostanze idrofobe e idrofile Le sostanze idrofile sono quelle che hanno la capacità di legarsi con l’acqua e di trattenerla. Al contrario, le sostanze idrofobe sono sostanze le cui molecole non formano legami chimici con l’acqua.

GUIDA ALLO STUDIO

L’acqua pura non produce schiuma La stabilità della schiuma di albume dipende dalla viscosità dell’albume e dalla presenza di proteine che si sono distese durante la coagulazione Le schiume non cotte devono la loro leggerezza alle proteine delle uova

V F V F V F


72

✔ 1. 2. 3. 4. 5.

macroarea

2 • Le materie prime

Qual è l’influenza dei grassi e di altri fattori sulle schiume

Come si ottiene la stabilità delle schiume

Per comprendere meglio come i grassi e altri fattori influenzano la formazione delle schiume porteremo l’esempio della preparazione della meringa. Realizzare una meringa non è una cosa facile, ma soprattutto è difficile stabilire i tempi di frullatura dell’albume: infatti, se è frullato poco non cresce o si sgonfia, mentre se la frullatura è eccessiva l’albume potrebbe rapprendersi in parte, poiché la coagulazione diventa troppo elevata. Il tempo di lavorazione ideale è allora quello sufficiente per produrre una pellicola di proteine abbastanza forte da sostenere la schiuma, ma non tanto da espellere l’acqua dal reticolo proteico che si forma con la coagulazione. È anche importante che gli albumi vengano frullati da soli: neanche una piccola parte di tuorlo deve rimanere in essi, poiché potrebbe ridurre fino a un terzo il volume della schiuma. Anche i grassi agiscono sul volume della schiuma, tanto che, per questo tipo di lavorazioni, sono sconsigliati i recipienti in plastica, in quanto sono formati da polimeri di idrocarburi che trattengono le particelle di grasso sulla loro superficie. Tuttavia, una volta montato, l’albume può essere mescolato con tuorli o con altri grassi, contribuendo a far aumentare il volume del composto. A questo punto, può sembrare che la schiuma si perda nell’impasto, ma poco importa, poiché essa ha già assolto il proprio compito, inglobando tutta l’aria necessaria per sviluppare in modo corretto il preparato.

Per stabilizzare la schiuma si introducono in essa acidi, zucchero o sale. • L’acido più usato è il cremortartaro, che, in realtà, rende la schiuma meno soggetta a un’eccessiva coagulazione, in modo tale da evitare la formazione di grumi o l’espulsione di liquido: per ottenere questo risultato è sufficiente usarne una piccola quantità, circa 0,3 grammi. • Lo zucchero (saccarosio) agisce ritardando la formazione della schiuma, impedendo il movimento delle proteine e rallentando così la velocità con la quale esse creano legami. Al contrario, lo zucchero svolge un ruolo favorevole sulla stabilità della schiuma in forno: lo zucchero, infatti, forma legami a ponte d’idrogeno con le molecole d’acqua, ritardandone l’evaporazione dalle pareti delle bolle e dando così tempo all’ovalbumina, che coagula, di rinforzare la struttura. • L’acqua può essere aggiunta al composto, ma l’albume può essere diluito al massimo fino al 40%, poiché oltre tale soglia la schiuma non ha più ✔ stabilità. Laboratorio delle competenze Uova

GUIDA ALLO STUDIO

Durante la preparazione della meringa, l’albume frullato poco non cresce o si sgonfia Se la frullatura è eccessiva, la coagulazione dell’albume diventa troppo elevata Durante la frullatura è importante che gli albumi contengano alcune tracce dei tuorli I grassi non agiscono sul volume della schiuma Zucchero e acqua non influiscono sulla stabilità delle schiume

V V V V V

F F F F F


LEZIONE SPECIALE

Controlli al check-in e conservazione Come si riconoscono le uova fresche Dal momento in cui viene deposto, l’uovo inizia a subire vari cambiamenti, come quelli che riguardano il pH del tuorlo e dell’albume, che diventa più alcalino con il passare del tempo. La variazione del pH si evidenzia con la maggiore trasparenza che assume l’albume di un uovo più vecchio rispetto a quello di uno più fresco. Inoltre, le modificazioni a carico del pH mutano le proporzioni tra albume fluido e albume denso, tanto che la membrana del tuorlo si indebolisce: per questo motivo, il tuorlo si romperà più facilmente quando lo si lavora in gastronomia. Prima di essere messe in commercio, le uova vengono analizzate da occhi elettronici che ne rilevano le condizioni fisiche interne, comprese le dimensioni della camera d’aria, che nell’uovo fresco deve essere spessa circa 3 mm. Alla vista un uovo fresco sgusciato in un piatto presenta albume compatto, gelatinoso e brillante, tuorlo ben centrato, intero e globoso. Se l’uovo è vecchio, l’albume è giallastro e tende ad adagiarsi sul piatto, il tuorlo è appiattito e si rompe facilmente. Un metodo efficace per valutare la freschezza dell’uovo, consiste nell’immergerlo in acqua: se è fresco, quindi con una camera d’aria piccola, andrà a fondo, mentre se è vecchio, cioè con una camera d’aria più grande, che fa diminuire la densità media dell’uovo, questo galleggerà.

Come si conservano le uova Per conservare l’uovo più a lungo, sono disponibili metodi e trattamenti diversi come illustrato nella seguente tabella. In cella frigorifera

L’uovo, conservato in cella alla temperatura di circa +2 °C, con un tasso di umidità intorno all’85%, può durare per alcuni mesi.

Albume essiccato in scaglie

In questo caso l’albume, essiccato su piastre riscaldate, se viene protetto dall’umidità dura a lungo e può essere ricostituito aggiungendogli semplicemente una certa quantità di acqua.

Uova liofilizzate

L’uovo può essere liofilizzato intero, oppure può essere trattato soltanto l’albume o il tuorlo, con gli stessi metodi utilizzati per il latte in polvere. Il prodotto liofilizzato dà buoni risultati se lo si usa negli impasti, mentre i risultati sono più modesti se viene sbattuto.

Tuorlo pastorizzato omogeneizzato e zuccherato

Questo metodo si basa sul fatto che il tuorlo, per la quantità elevata di zucchero impiegato nel trattamento, ha una durata lunga anche a temperatura ambiente.

Uovo fresco pastorizzato e omogeneizzato

L’uovo fresco, intero o suddiviso in albume e tuorlo, sottoposto a questo trattamento e posto in contenitori sterili, ha una durata limitata ma nello stesso tempo risulta essere un prodotto dalle caratteristiche simili a quello fresco.

Rosso d’uovo surgelato

Il tuorlo pastorizzato, omogeneizzato e ridotto in granuli viene surgelato, dando origine a un prodotto impiegato principalmente in gelateria o per realizzare creme e impasti.


74

macroarea

2 • Le materie prime

MAPPA guscio (lo strato più esterno) ZVUV JVZ[P[\P[L KH

albume (trasparente, denso, gelatinoso e brillante) tuorlo (ben centrato, compatto, intero e globoso)

XL (> 73 g) L (63-73 g)

peso

M (53-63 g) S (< 53 g)

A Extra (extra fresche, camera d’aria < 4 mm)

ZP JSHZZPMPJHUV PU IHZL H

A (fresche, camera d’aria immobile < 6 mm) freschezza B (seconda scelta, camera d’aria < 9 mm) C (declassate per peso troppo basso o forma imperfetta)

biologico con sistema estensivo all’aperto

tipo di allevamento

a terra in gabbia

proteine ad alto valore biologico lipidi HWWVY[HUV

TH ZVUV JHYLU[P PU

sali minerali

glucidi e vitamina C

vitamine

con il guscio

TLKPHU[L

refrigerazione verniciatura e refrigerazione

ZP JVUZLY]HUV

pastorizzazione senza guscio

KL]VUV YPWVY[HYL \U JVKPJL WLY SH

TLKPHU[L

congelamento essiccazione

rintracciabilità


unità

2

Uova

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SINTESI Che cos’è l’uovo

L’uovo è prodotto dalle femmine dei volatili e degli animali ovipari. Il termine uovo individua quello di gallina; le altre uova vanno indicate specificando l’animale di origine. L’uovo pesa mediamente 60 g ed è costituito da guscio, albume (racchiuso nella membrana testacea che, dopo la deposizione, forma la camera d’aria) e tuorlo (racchiuso nella membrana vitellina). Le fasi di formazione dell’uovo prevedono: ovulazione, fecondazione della cellula uovo, formazione dell’albume attorno al tuorlo, formazione di due membrane sottili che racchiudono albume e tuorlo, accrescimento dell’uovo, formazione del guscio, espulsione dell’uovo. Il colore del guscio è determinato dalla varietà di appartenenza della gallina. Come si classificano le uova

Le uova sono classificate in base al peso in uova XL (> 73 g), L (63-73 g), M (53-63 g) e S (< 53 g), oppure in base alla freschezza in uova di categoria A extra fresche (con camera d’aria < 4 mm), A (di prima scelta, con camera d’aria < 6 mm), B (con camera d’aria < 9 mm), C (declassate e destinate all’industria alimentare), oppure in base al tipo di allevamento delle galline (biologico con sistema estensivo, all’aperto, a terra, in gabbia).

La stabilità della schiuma di albume dipende principalmente dalla viscosità propria dell’albume e dalla presenza di proteine che si sono distese durante la coagulazione. Grassi e altri fattori influenzano la formazione delle schiume, come può essere osservato durante la preparazione della meringa, il cui tempo di lavorazione ideale durante la frullatura del tuorlo è quello sufficiente per produrre una pellicola di proteine abbastanza forte da sostenere la schiuma, ma non tanto da espellere l’acqua dal reticolo proteico che si forma con la coagulazione. Anche i grassi agiscono sul volume della schiuma, tanto che, per questo tipo di lavorazioni, sono sconsigliati i recipienti in plastica, in quanto sono formati da polimeri di idrocarburi che trattengono le particelle di grasso sulla loro superficie. Come si ottiene la stabilità delle schiume

Per stabilizzare la schiuma si introducono acidi (il più usato è il cremortartaro, che rende la schiuma meno soggetta a un’eccessiva coagulazione), zucchero (saccarosio) che ritarda la formazione della schiuma, e acqua (anche se l’albume può essere diluito al massimo fino al 40%, poiché oltre tale soglia la schiuma non ha più stabilità).

Qual è l’uso delle uova in pasticceria

In pasticceria, le uova sono impiegate principalmente come legante, cioè hanno il compito di trattenere l’umidità e dare solidità alle masse. Intorno ai 60 °C l’albume inizia a coagulare; intorno ai 65 °C si completa la coagulazione delle proteine dell’albume e inizia la denaturazione di quelle del tuorlo; a circa 70 °C termina anche la coagulazione delle proteine del tuorlo. In pasticceria è necessario lavorare le uova con altri ingredienti, ad esempio, con lo zucchero, per realizzare una crema, oppure con liquidi di varia natura, come ad esempio il latte. Che cosa sono le schiume

Fra le preparazioni più utilizzate in pasticceria vi sono le schiume, costituite da piccole masse d’aria circondate da pellicole di acqua (bolle) nella quale sono disciolte diverse sostanze poiché l’acqua pura non produce schiuma. Quando si forma la schiuma, le molecole che costituiscono lo strato superficiale del liquido (l’acqua), sono attirate verso l’interno e tendono così a occupare la minor area possibile; il risultato di questa attrazione è che la superficie si comporta come una membrana elastica in continua tensione (tensione superficiale) che tende a mantenere unito lo strato di molecole della superficie stessa.

LEZIONE SPECIALE Controlli al check-in e conservazione Come si valuta la freschezza delle uova

L’uovo fresco, sgusciato in un piatto, presenta: albume compatto, gelatinoso e brillante, tuorlo ben centrato, intero e globoso. Se l’uovo è vecchio, l’albume è di colore giallo e tende ad adagiarsi sul piatto, il tuorlo è appiattito e si rompe facilmente. Per valutare la freschezza, si può verificare l’entità della camera d’aria (< 6 mm) e la posizione del tuorlo (centrale) oppure si può immergere l’uovo in acqua (l’uovo fresco affonda, quello vecchio galleggia). Come si conservano le uova

Per conservare le uova più a lungo sono utilizzati diversi metodi: conservazione in cella frigorifera, albume essiccato in scaglie, uova liofilizzate, tuorlo pastorizzato omogeneizzato e zuccherato, uovo fresco pastorizzato e omogeneizzato, rosso d’uovo surgelato.


76

macroarea

2 • Le materie prime

VERIFICHE VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18.

VERIFICHE

19. 20.

Le uova utilizzate a scopo alimentare sono quelle di gallina V F Durante la formazione dell’uovo, attorno al tuorlo si formano sette strati di albume di differenti densità V F Le due membrane che racchiudono tuorlo e albume servono a impedire ai batteri di penetrare all’interno V F Il guscio delle uova è formato in prevalenza da carbonato di calcio V F Il tuorlo è costituito per oltre l’80% di acqua V F Il tuorlo contiene lecitina, un grasso con funzione emulsionante V F L’albume è costituito per il 50% di acqua V F Un uovo è costituito per l’1% di zuccheri e per l’11% di grassi Nell’albume non sono contenute proteine V F L’ovomucina è una componente del tuorlo V F Le livetine sono proteine presenti nell’albume V F L’uovo pesa in media circa 60 g V F Le uova si distinguono in categorie L, M, S in base al tipo di allevamento delle galline V F Le uova si distinguono in categorie A, B, o C in base alla freschezza e alla forma V F Tra un uovo L e un uovo S non ci sono differenze di peso, ma solo di volume V F In un allevamento di galline a terra, la normativa impone che il terreno sia ricoperto di erba V F Negli allevamenti biologici con sistema estensivo per ogni gallina sono previsti 5 m2 di terreno V F Se le galline sono allevate in gabbia, ci possono essere fino a 25 galline per m2 di superficie V F Fino a nove giorni dalla deposizione un uovo è classificato come extra fresco V F Le uova cessano di essere extra fresche dopo cinque giorni dalla data di imballaggio V F

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. La formazione dell’uovo, che ha inizio con l’ovulazione e termina con la deposizione, dura circa: a. 25 ore, 14 delle quali occorrono per la formazione del guscio b. 7 giorni

c. 21 giorni d. 7 ore

2.

Il guscio dell’uovo: a. si forma nell’utero della gallina b. svolge una funzione protettiva c. è leggermente poroso d. tutte le opzioni sono corrette

3.

Le uova di categoria XL: a. sono più fresche delle altre b. hanno camera d’aria non superiore a 4 mm c. sono le più grandi, con un peso di oltre 73 g d. non devono aver subito alcun trattamento di conservazione

4.

L’allevamento delle galline in gabbia prevede 1 m2: a. per gallina b. ogni 5 galline c. ogni 10 galline d. ogni 25 galline

5.

L’allevamento delle galline all’aperto prevede 2,5 m2: a. per gallina b. ogni 5 galline c. ogni 10 galline d. ogni 25 galline

6. L’allevamento biologico con sistema estensivo prevede: a. 10 m2 di terreno all’aperto per ogni gallina b. 1 m2 di terreno ogni 7 galline c. 2,5 m2 di terreno all’aperto per ogni gallina d. 1 m2 di superficie a gallina 7. Ne fanno parte anche le uova refrigerate a temperature inferiori a 8 °C: a. categoria C b. categoria B c. categoria A d. le uova extra fresche 8.

Il peso delle uova medie (M) è compreso tra: a. 43 e 53 g b. 53 e 63 g c. 63 e 73 g d. 70-80 g

9. A differenza di quelle di categoria A, le uova di categoria B: a. sono uova declassate b. non sono fresche c. hanno il guscio incrinato d. hanno una camera d’aria più spessa


unità

2

Uova

77

DOMANDE A COMPLETAMENTO Inserisci gli elementi mancanti scegliendo tra quelli elencati. grassi tuorlo poco

troppo frullatura sgonfia

aria aumentare diminuire

plastica schiuma

Nella realizzazione della meringa la ….......……….. dell’albume è un’operazione molto delicata: se l’albume è frullato ….......……….., non cresce o si ….......………..,

LEZIONE SPECIALE Controlli al check-in e conservazione

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. Riguardo alle uova è corretto affermare che con il passare del tempo dalla deposizione: a. il pH del tuorlo varia b. il pH dell’albume resta invariato c. l’albume diventa più denso d. la camera d’aria diventa più piccola e. il guscio diventa più spesso f. la membrana del tuorlo si indebolisce g. il tuorlo si rompe più facilmente quando viene lavorato

V F V F V F V F V F V F V F

2. Ponendo un uovo in acqua: a. l’uovo che ha più di dieci giorni va a fondo V F b. l’uovo fresco non galleggia V F c. l’uovo inizia a ruotare su se stesso, tanto più velocemente quanto più è vecchio V F d. l’uovo, a prescindere che sia fresco o no, va comunque a fondo perché la sua densità è in ogni caso maggiore dell’acqua V F e. il guscio inizia a creparsi V F f. un po’ d’acqua penetra nella camera d’aria dell’uovo V F DOMANDE A SCELTA MULTIPLA

1. Nella cella frigorifera l’uovo: a. può durare per alcuni anni b. deve essere conservato con un tasso di umidità intorno al 50% c. non deve superare la temperatura di 0 °C d. nessuna delle precedenti opzioni è corretta

2.

L’albume essiccato a scaglie: a. non necessita di essere protetto dall’umidità b. viene lavorato all’interno di rulli cilindrici c. può essere ricostituito aggiungendo acqua d. può essere ricostituito con un potente getto di vapore

3. Le uova liofilizzate: a. subiscono lo stesso trattamento del latte in polvere b. danno ottimi risultati se ricostituite con acqua e poi sbattute c. non vanno usate per gli impasti, ma solo per le creme d. devono essere necessariamente trattate nella loro interezza, albume e tuorlo insieme 4. L’uovo fresco pastorizzato e omogenizzato: a. ha una durata lunga anche a temperatura ambiente b. presenta caratteristiche molto simili all’uovo fresco non trattato c. è molto zuccherato d. non va necessariamente conservato in contenitori sterili 5. Il rosso d’uovo surgelato: a. è un tuorlo prima liofilizzato e poi surgelato b. è usato per creme e impasti c. non è adatto per prodotti di gelateria d. non subisce pastorizzazione, ma solo omogeneizzazione e surgelazione 6. Il tuorlo pastorizzato omogeneizzato e zuccherato: a. a causa della quantità elevata di zucchero impiegato nel trattamento, ha una durata lunga anche a temperatura ambiente b. ha una breve durata e dà buoni risultati se lo si usa negli impasti c. non va conservato a temperatura ambiente, bensì refrigerato d. va ricostituito aggiungendo acqua tiepida

VERIFICHE

Scegli tra le opzioni date quella corretta.

invece se è frullato ….......……….. potrebbe rapprendersi in parte. È anche importante che gli albumi siano frullati da soli, poiché la presenza, anche in piccole tracce, del ….......……….. fa sì che il volume della ….......……….. possa ridursi fino a un terzo. Infine è bene montare gli albumi in recipienti che non siano di ….......……….., poiché questa trattiene sulla superficie i ….......……….. e quest’ultimi tendono a far ….......……….. il volume della schiuma. Solo alla fine della montatura, gli albumi possono essere mescolati con tuorli e altri grassi, contribuendo così a far ….......……….. il volume del composto grazie all’….......……….. inglobata nella schiuma.


78

Compiti di realtà

LABORATORIO DELLE COMPETENZE ovo

Che cos’è l’u A

Osserva l’immagine e indica le parti costitutive dell’uovo. ............................ tuorlo camera

albume ............................ fluido albume ............................ denso

............................ d’aria

............................ calaza

membrana ............................

............................ nucleo germinale

testacea

ssificaz

I criteri di cla

B

va ione delle uo

............................ guscio

............................ membrana vitellina

Uovo

Completa con riferimento alla classificazione delle uova. Categoria

Caratteristiche

Freschissime Categoria .................... Vendute entro .................................................................................................................... Con camera d’aria di altezza .............................................................................................. Guscio e cuticola normali, netti e intatti Camera d’aria di altezza .................................................................................................... ........................................................................................... chiaro e privo di corpi estranei Categoria .................... visibile all’osservazione contro una forte sorgente luminosa Germe a sviluppo impercettibile Assenza ............................................................................................................................. Uova di seconda qualità o conservate Categoria .................... Con camera d’aria di altezza .............................................................................................. Categoria .................... Uova declassate destinate all’industria alimentare

ion La coagulaz C

e delle prote

ine

Guarda la videolezione di pag. 70 relativa alla denaturazione delle proteine dell’uovo. Associa a ognuna delle seguenti funzioni il fattore corrispondente, scegliendo tra: zuccheri, amidi, sali, grassi, acqua, latte, acidi. a. b. c. d. e. f. g.

Ostacolano la formazione dei legami tra le proteine che contengono zolfo .................................................................................................................................................. Aumenta la temperatura minima di coagulazione in quanto contiene sia acqua sia grassi .................................................................................................................................................. Ostacola la coagulazione perché diluisce la preparazione .................................................................................................................................................. Rallentano la coagulazione in quanto riducono il tempo necessario per la formazione dei legami tra le proteine .......................................................................................................... Favoriscono la coagulazione perché riducono la repulsione tra le proteine, la loro capacità di trattenere acqua e la temperatura minima di coagulazione ................................................. Impediscono la formazione dei legami tra le proteine denaturate e sfavoriscono così la coagulazione e sono sfruttati per la preparazione di creme che vanno portate a ebollizione .................................................................................................................................................. Impediscono alle proteine di entrare in contatto tra loro e sfavoriscono così la coagulazione ..................................................................................................................................................


UNITÀ 3

79

Dolcificanti e sostanze aromatiche 1.

CHE COSA SONO I DOLCIFICANTI

La preparazione di torte e di altri prodotti di pasticceria prevede quasi sempre l’impiego di un dolcificante, allo scopo di ottenere il classico sapore dolce. Sul mercato è possibile trovare diversi tipi di zuccheri che generalmente sono ricavati da vegetali con vari procedimenti. Tuttavia, non è facile scegliere quale dolcificante utilizzare perché, oltre a influenzare propriamente la “dolcezza” dell’impasto, i dolcificanti influenzano

la consistenza e la pastosità del prodotto dopo la cottura. Gli zuccheri propriamente detti, o glucidi, costituiscono, insieme alle proteine e ai grassi, i nutrienti essenziali per una corretta funzionalità dell’organismo umano, poiché: • apportano energia; • sono rapidamente assimilabili. Ricordiamo che, dal punto di vista chimico, i glucidi sono carboidrati, cioè sostanze composte in varia percentuale da carbonio, idrogeno e ossigeno. I carboidrati si dividono in tre classi.

I carboidrati Monosaccaridi

• Sono formati da una sola molecola di zucchero semplice. • Tra i monosaccaridi ricordiamo il glucosio, il fruttosio e il galattosio. • Sono solubili in acqua.

Disaccaridi

• Derivano dalla combinazione di due molecole (dimeri) di zuccheri semplici. • Tra i disaccaridi rientrano il maltosio, il cellobiosio, il saccarosio e il lattosio. • Sono solubili in acqua.

Polisaccaridi

• Consistono in lunghe catene, lineari o ramificate. • Comprendono la cellulosa, le pectine, gli amidi e il glicogeno, molecole non sempre solubili in acqua.

✔ 1. 2. 3. 4.

GUIDA ALLO STUDIO

Oltre a conferire il sapore dolce, i dolcificanti influenzano la consistenza e la pastosità del prodotto Gli zuccheri apportano energia e sono rapidamente assimilabili I glucidi sono carboidrati I carboidrati si suddividono in due classi: monosaccaridi e disaccaridi

V V V V

F F F F


80

macroarea

2.

Glossario Idrolisi del saccarosio Si tratta di una serie di reazioni chimiche in cui le molecole sono scisse in due o più parti per effetto dell’acqua.

✔ 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

2 • Le materie prime

CHE COS’È IL SACCAROSIO

Il dolcificante più conosciuto e utilizzato in pasticceria è senza dubbio il saccarosio, il comune zucchero da tavola. La formula chimica è la stessa sia per lo zucchero di barbabietola sia per quello di canna. Lo zucchero di canna, tuttavia, presenta una purezza maggiore rispetto a quello di barbabietola, contenendo, infatti, il 99% di saccarosio e circa l’1% di umidità (acqua). Gli effetti di questa differenza sono evidenti nella preparazione dei prodotti dolciari, poiché lo zucchero di canna resiste di più alle cotture. Il saccarosio si scioglie meglio in acqua se il solvente è caldo. Si scioglie difficilmente nell’alcol puro; tuttavia, se la ricetta prevede una parte di acqua, scaldando insieme i due liquidi la solubilità del saccarosio migliora notevolmente. Il saccarosio è un prodotto che non si deteriora facilmente, ma teme l’umidità, essendo igroscopico, cioè in grado di assorbire prontamente le molecole d’acqua presenti nell’ambiente circostante. Oltre a ciò, è bene ricordare che se lo si utilizza in soluzioni superiori al 60%, come accade nella preparazione di marmellate e di canditi, è un eccellente conservante, come in genere tutti gli zuccheri.

Come avviene l’estrazione del saccarosio La procedura di estrazione del saccarosio più comune avviene a partire dalla barbabietola, attraverso quattro fasi principali. Lavorazione della barbabietola Per prima cosa, le piante vengono sradicate dal suolo grazie ad appositi mezzi. Una volta trasportate alla fabbrica, le barbabietole vengono lavate e ripulite dal terriccio. Inizia quindi l’estrazione del sugo: le barbabietole vengono affettate in un macchinario, col quale si ottengono le cosiddette fettucce, che vengono fatte poi passare negli estrattori solido/liquido, che solitamente sono disposti in serie e controcorrente rispetto al solvente usato e all’acqua. Solvente e acqua devono trovarsi alla temperatura di circa 70 °C, ma comunque al di sotto degli 80 °C, altrimenti si causerebbe l’idrolisi del saccarosio rendendolo così inutilizzabile. Il sugo ottenuto contiene circa l’11-15% di zucchero, mentre la polpa racchiude ancora il 90-95% di acqua: per questo motivo la polpa è inviata a un macchinario, il pressapolpe, che ne riduce la quantità all’80%.

GUIDA ALLO STUDIO

Il saccarosio è il comune zucchero da tavola La formula chimica è differente per lo zucchero di barbabietola e lo zucchero di canna Lo zucchero di canna presenta una purezza minore rispetto a quello di barbabietola Lo zucchero di barbabietola resiste di più alle cotture Il saccarosio si deteriora facilmente Nella preparazione di marmellate e canditi il saccarosio svolge anche la funzione di conservante La procedura di estrazione del saccarosio più comune è dalla canna da zucchero Per estrarre il sugo, le fettucce ottenute dalle barbabietole vengono fatte passare in estrattori

V V V V V V V V

F F F F F F F F


unità

3

Dolcificanti e sostanze aromatiche

Depurazione del sugo Il sugo che si è ottenuto è ricco di impurità; inoltre i vari tipi di sugo sono molto colorati, infatti quello di canna è verde-nero mentre quello di barbabietola è blu-nero. Il processo di depurazione è finalizzato: • a ottenere un sugo di colore giallo (più o meno intenso); • a eliminare le impurità attraverso una successione di stadi chimici. Cristallizzazione Il processo di cristallizzazione avviene nelle cosiddette bolle di cottura, apparecchiature dove il sugo o sciroppo viene concentrato ulteriormente. Viene poi aggiunto zucchero macinato allo scopo di fornire i germi di cristallizzazione. Per “nutrire” i cristalli in formazione si associa poi altro sciroppo, mantenendo sempre il riscaldamento. Il processo avviene a temperatura inferiore agli 80 °C e in condizioni di sottovuoto. Dalla bolla di cottura si ottiene, quindi, un miscuglio di cristalli e di acque madri, al 50% in cristalli, denominato massa cotta, che

81

viene inviata a una centrifuga mediante la quale si separa uno zucchero di prima qualità e uno scolo verde. Lo scolo verde viene concentrato, cristallizzato e nuovamente centrifugato per ottenere lo zucchero di seconda qualità e la melassa, costituita da una soluzione acquosa di saccarosio, nella quale quest’ultimo non può più essere cristallizzato. Raffinazione Lo zucchero prodotto mediante la cristallizzazione ha un colore giallo più o meno intenso. Siccome, però, l’industria alimentare e i consumatori richiedono uno zucchero bianco, occorre proseguire con il processo di raffinazione, che si compie in alcune fasi: • dapprima lo zucchero è sciolto in acqua; • si aggiunge, quindi, il carbone attivo, che decolora completamente la soluzione; • lo sciroppo viene poi filtrato, concentrato e, infine, cristallizzato, ottenendo così uno zucchero di colore bianco, con un’umidità pari a circa l’1,5%.


82

macroarea

2 • Le materie prime

Le varietà di zucchero diffuse in Italia

✔ 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Zucchero semolato

In forma di piccoli cristalli, quindi facilmente solubile, è impiegato per la produzione di impasti, sciroppi, meringhe, creme, gelati e per le lavorazioni di pasticceria in genere.

Zucchero cristallino

I cristalli sono più grandi di quelli dello zucchero semolato, pertanto lo zucchero cristallino si scioglie meno facilmente in acqua. È utilizzato per preparare torte da forno o biscotteria, nei casi in cui si vuole rendere il preparato un po’ più rustico.

Zucchero impalpabile o velo

È ottenuto dalla macinazione dello zucchero semolato. Siccome è un materiale molto fine, prima di usarlo lo si deve setacciare e va conservato in ambienti asciutti o in contenitori ben chiusi. Questo zucchero è adatto per: • spolverare superfici di prodotti come, ad esempio, daquoise e savoiardi, sui quali forma uno strato croccante all’esterno e umido all’interno; • essere spolverato dopo la cottura su preparati come pandoro, tartelette, macedonia e torte da forno: essendo molto fine dà al consumatore una percezione istantanea della dolcezza; • entrare nella composizione delle meringhe, dando loro una struttura più fine; • essere usato nella panna montata e nelle ghiacce da decoro; • costituire lo zucchero vanigliato, aromatizzato con la vaniglia; • essere talvolta miscelato con la fecola di patata, per fare in modo che sopporti meglio l’umidità.

Zucchero pilè

È il primo prodotto della cristallizzazione del saccarosio. Dallo zucchero pilè si ottengono poi tutte le lavorazioni in zucchero, comprese le zollette, lo zucchero in granella ecc.

Zucchero grezzo

È uno zucchero nel quale è cristallizzata anche una parte di melassa, mantenendo, quindi, un colore bruno; è di colore e di gusto differente a seconda che provenga dalla barbabietola o dalla canna da zucchero.

Sciroppo di zucchero

Si tratta di una soluzione zuccherina satura (62% di zucchero, 38% di acqua) che è preparata a partire dallo zucchero di canna. È usato in gelateria oltre che in pasticceria, ma viene impiegato anche per la preparazione di bevande.

Zucchero in granella

Derivato a sua volta dal pilè, è distinto in tre tipi: • la granella grande, usata per la decorazione di panettoni, veneziane, colombe nonché di tutte le preparazioni nelle quali non si vuole che lo zucchero si sciolga durante la cottura, oppure se si desidera che la granella, una volta in bocca, favorisca una masticazione accentuata; • la granella media, che, in genere, è usata per prodotti lievitati da forno di pezzatura più piccola, come, ad esempio, croissant e brioche, che non subiscono una cottura prolungata; • la granella fine, talvolta impiegata per la biscotteria in genere.

GUIDA ALLO STUDIO

Lo zucchero semolato è poco solubile Lo zucchero cristallino è utilizzato per rendere i prodotti di pasticceria un po’ più rustici Lo zucchero impalpabile o velo è ottenuto dalla macinazione dello zucchero cristallino Lo zucchero pilè è il primo prodotto della cristallizzazione del saccarosio Nello zucchero grezzo è cristallizzata anche una parte di melassa Lo sciroppo di zucchero è una soluzione zuccherina insatura La granella fine è usata per la decorazione di panettoni e colombe

V V V V V V V

F F F F F F F


LABORATORIO

1. Come avviene la cottura dello zucchero Che cos’è lo sciroppo Lo sciroppo è una soluzione di acqua e zucchero, preparata facendo bollire l’acqua in modo da sciogliere lo zucchero. Gli sciroppi sono distinti in tre categorie: • sciroppi semplici (soluzioni insature); • sciroppi densi (soluzioni sature); • sciroppi a densità elevata (soluzioni ipersature).

Attrezzatura • Una pentola in rame • Un caramellometro • Una schiumarola • Un pennello • Una bowl con acqua calda

to Procedimen • Pesare l’acqua (che solitamente

corrisponde a un quarto dello zucchero), tenendo conto del fatto che la cottura è tanto più lenta quanto maggiore è la quantità di acqua. • Versare l’acqua nella pentola di rame. • Pesare a parte lo zucchero. • Aggiungerlo all’acqua. • Miscelare il tutto con un cucchiaio da cottura. • Portare la pentola in rame su una fiamma a fuoco moderato. • Raggiunta la temperatura di circa 90 °C, togliere le impurità con l’aiuto della schiumarola. • Alzare la fiamma a fuoco vivo. • Con l’ausilio del caramellometro, proseguire la cottura fino alla temperatura prevista dalla ricetta.

Gli strumenti che permettono di misurare la concentrazione zuccherina di uno sciroppo sono: • il pesasciroppi: è un termometro con una punta calibrata da pesi e dotato al suo interno di una scala graduata, che permette di leggere il valore del grado baumé (unità di misura che valuta il grado zuccherino), in base alla densità dello sciroppo; • il rifrattometro: è uno strumento ottico impiegato per misurare le concentrazioni o i rapporti con cui si miscelano i fluidi in acqua (si valuta, in gradi brix, la velocità con cui la luce passa in un liquido, che è tanto minore quanto maggiore è la densità del liquido stesso).

Gli sciroppi: tipologie Sciroppi semplici (soluzioni insature) • Hanno densità variabile da 1 a 28 gradi baumé. • Si presentano molto fluidi a temperatura ambiente.

Sciroppi densi (soluzioni sature) • Superano i 28 gradi baumé. • A temperatura ambiente sono più densi degli sciroppi semplici, tanto che dopo la cottura tendono a ricristallizzare più velocemente (per questo si aggiunge glucosio, nella percentuale di circa il 5% del peso dello zucchero, per accrescere la conservabilità del prodotto e per evitare che gli zuccheri ricristallizzino troppo).

Sciroppi a densità elevata (soluzioni ipersature) • Dopo il raffreddamento si presentano molto consistenti o, in alcuni casi, anche sotto forma di cristalli. • Data l’elevata densità, a dimostrazione dell’avvenuta cottura dello zucchero, non possono essere pesati con un pesasciroppi ma soltanto con un caramellometro.


84

LABORATORIO •

LO ZUCCHERO

Qual è il ruolo della temperatura Durante la cottura dello zucchero, oltrepassati i 100 °C, quando la presenza dell’acqua è ancora evidente, è necessario tenere puliti i bordi della pentola, utilizzando un pennello intriso in una bacinella di acqua calda preparata in precedenza. Questa pulizia va eseguita per evitare che le gocce di acqua e zucchero che schizzano sulle pareti della pentola diano origine a dei cristalli che, caramellando, ricadrebbero in quello che sta cuocendo, facendogli assumere colorazioni sgradevoli oppure

determinandone la parziale cristallizzazione. Lo zucchero assume in funzione del livello termico conformazioni diverse, riassunte in tabella. È importante ricordare che: • da 117 °C a 121 °C si cuociono solitamente meringhe, base semifreddo, torroni e toffee; • a partire da 140 °C hanno inizio le cotture per preparare gli zuccheri da decoro (zucchero tirato e soffiato); • a partire da 152 °C incomincia a formarsi lo zucchero caramellato.

Le conformazioni dello zucchero in base alla temperatura

Conformazione

Temperatura

Filo debole

105 °C

Filo forte

108 °C

Bolla debole

111,5 °C

Bolla forte

113 °C

Palla piccola

115 °C

Palla media

117,5 °C

Palla forte

121 °C

Rottura debole

125 °C

Rottura media

141 °C

Caramello comune

152 °C

Caramello forte

162 °C

GUIDA ALLO STUDIO

Scegli l’alternativa corretta. 1. 2. 3. 4. 5.

Gli sciroppi a densità elevata sono soluzioni sature / soluzioni ipersature Per cuocere lo zucchero bisogna munirsi di schiumarola e pennello / una pentola in acciaio e pennello È necessario tenere puliti i bordi della pentola quando si vede ancora presenza di acqua / la cottura è ancora inferiore a 100 °C Meringhe, base semifreddo, torroni e toffee si cuociono solitamente da 107 °C / da 117 °C a 121 °C Lo zucchero caramellato incomincia a formarsi a partire da 152 °C / a partire da 121 °C


unità

3

Dolcificanti e sostanze aromatiche

85

3. QUALI SONO I PRINCIPALI DOLCIFICANTI In pasticceria, oltre allo zucchero comune si utilizzano dolcificanti la cui origine, talvolta, è di sintesi. Vediamo i principali. Zucchero invertito Rispetto al saccarosio, lo zucchero invertito ha una capacità dolcificante maggiore ed è resistente alla cristallizzazione, qualità che lo rendono particolarmente utile nella produzione dei biscotti e dei gelati. Fruttosio o levulosio Si tratta dello zucchero presente nella frutta e, a causa del procedimento laborioso per estrarlo, è più costoso del saccarosio. È un monosaccaride estremamente idrosolubile con potere dolcificante pari a 1,5 volte quella del saccarosio. Lo si può trovare in commercio anche sotto forma di sciroppo (70% di zucchero). È impiegato anche nei prodotti dietetici specifici per i diabetici. Glucosio o destrosio Questo monosaccaride viene estratto dai cereali, in particolare dal mais, è meno dolce del saccarosio ma, in compenso, ha la capacità di rendere morbidi gli impasti, come avviene anche con il fruttosio. Essendo uno dei componenti dello zucchero invertito, caratterizzato, inoltre, da cristalli molto piccoli, non lo si usa mai da solo ma sempre miscelato con il saccarosio. Viene utilizzato anche in gelateria per prolungare la durata del prodotto. Sciroppo di glucosio Al pari del destrosio ha proprietà ammorbidenti e, rispetto al saccarosio, è poco dolce; lo sciroppo può avere una densità che varia in relazione alla concentrazione di glucosio, che può essere bassa (30-38-42 D.E) o alta (62 D.E), dove l’acronimo D.E sta a significare Destrosio Equivalente, un parametro che indica la concentrazione di potere dolcificante.

Maltodestrine Sono carboidrati costituiti da piccoli polimeri, con alcune decine di monomeri di glucosio, derivati dall’amido di patata o di mais. Le maltodestrine apportano morbidezza associata a una dolcezza modesta, determinando anche un effetto anticristallizzante. Queste sostanze hanno il D.E più basso fra i glucidi. Lattosio È il disaccaride formato da glucosio e galattosio che si ricava dal latte. Il lattosio è poco solubile, ha un potere dolcificante basso e non cristallizza. Lo si utilizza per fabbricare caramelle morbide e pasta di mandorle. Sciroppo d’acero Si tratta di un prodotto tipico del Nord America, ottenuto dalla linfa dell’acero; ha un sapore caratteristico, con note caramellate, non sempre gradito, però, agli europei. Inoltre, è molto costoso, poiché, da 40 litri di linfa si ottiene soltanto 1 litro di sciroppo.


86

macroarea

2 • Le materie prime

Sorbitolo Il sorbitolo prende il nome dalla pianta del sorbo; lo si estrae facilmente da mele, prugne, ciliegie e uva. Ha scarsa capacità dolcificante e durante la digestione si trasforma in fruttosio, pertanto, è particolarmente adatto per la preparazione di dolci per i diabetici. Siccome è altamente igroscopico, lo si può utilizzare per le ganache da cioccolatini, nelle quali si ha bisogno di un dolcificante che sia in grado di legare il più possibile l’acqua. Bisogna però ricordare che il sorbitolo è molto lassativo, pertanto questo effetto deve essere dichiarato nell’etichettatura dei prodotti e va usato soltanto nelle quantità prescritte dalla legislazione. Approfondimenti I dolcificanti

Glossario Polialcoli Si tratta di alcol dello zucchero che sono presenti in natura, per esempio il sorbitolo nella frutta e il mannitolo nella manna.

✔ 1. 2. 3. 4. 5. 6.

Mannitolo Il nome deriva da quello della manna (cioè, la linfa) del frassino, ma lo si trova ✔anche in alghe e funghi. L’impiego del mannitolo è previsto per quei prodotti che non necessitano di fermentazione, inoltre è meno dolce dello zucchero comune. Maltitolo È un ottimo dolcificante e, nello stesso tempo, ha circa la metà delle calorie del saccarosio, possedendo anche buone proprietà per quanto riguarda la conservazione degli alimenti. Il maltitolo è un edulcorante perfetto per frolle, cake e biscotteria in generale, ma lo si usa bene anche per realizzare prodotti dal sapore dolce meno pronunciato. Inoltre, lo si impiega quale sostituto del saccarosio nella produzione di dolci per diabetici. Tuttavia, come ogni polialcol, un suo dosaggio eccessivo può provocare effetti gastrointestinali indesiderati.

Isomalto Lo si produce mediante idrogenazione del saccarosio, ottenendo anche in questo caso una sostanza con carattere di polialcol. L’isomalto si presenta in forma cristallina e si presta perfettamente alla realizzazione di decorazioni in zucchero. Inoltre, avendo un potere dolcificante che è la metà di quella del saccarosio di origine, può essere utilizzato per la preparazione di dolci a basso tenore zuccherino. Miele È catalogato tra gli zuccheri invertiti perché la sua composizione è simile a essi, essendo costituito per circa il 40% da fruttosio e per il 35% da glucosio, maltosio e altri composti glucidici. Le caratteristiche organolettiche del miele variano, comunque, in relazione al tipo di fiori da cui le api hanno succhiato il nettare, come pure dal luogo di provenienza dei fiori stessi. Anche il miele è soggetto a un normale processo di invecchiamento e, in particolare, l’aroma e il colore sono alterati dall’esposizione prolungata alla luce diretta e all’aria. Inoltre, il miele è igroscopico quindi, se l’acqua che contiene supera il 17%, i lieviti presenti in esso possono far fermentare gli zuccheri, dando al prodotto un sapore più acidulo. Inoltre, se si utilizza il miele nelle ricette dove, invece, è richiesto uno zucchero naturale, esso potrebbe non “sposarsi” con tutti gli ingredienti, coprendo addirittura alcuni degli altri sapori.

Le ricette dei Maestri Cicerata al miele caldo di agrumi

GUIDA ALLO STUDIO

Il sorbitolo ha ottima capacità edulcorante Il sorbitolo è particolarmente adatto alla preparazione di dolci per diabetici Il mannitolo è utilizzato per i prodotti che necessitano di fermentazione Il maltitolo non deve essere utilizzato in dosaggio eccessivo L’isomalto è utilizzato per dolci a basso tenore zuccherino Il miele è catalogato tra gli zuccheri invertiti

V V V V V V

F F F F F F


unità

4.

3

Dolcificanti e sostanze aromatiche

CHE COSA SONO LE SOSTANZE AROMATICHE

Le preparazioni di pasticceria spesso prevedono l’introduzione di sostanze aromatiche usate allo scopo di esaltare le caratteristiche di un certo dolce. La varietà di sostanze aromatiche di cui disponiamo è assai vasta e questo fa sì che entrino nell’impasto del dolce in momenti diversi e con modalità differenti, a seconda che siano fresche o secche, ridotte in polvere, in pezzi o in grani, oppure trasformate in olio essenziale. Inoltre, poiché tutte queste sostanze sono soggette a subire in breve tempo Nome

87 alterazioni del loro sapore e del loro aroma, con effetti talvolta sgradevoli, si consiglia di conservarle ben chiuse in barattoli collocati in un ambiente fresco.

Quali sono le sostanze aromatiche utilizzate in pasticceria La maggior parte delle sostanze aromatiche proviene dal mondo vegetale (come fiori, foglie, baccelli, semi e radici di varie specie di piante). Nello schema seguente sono elencate in ordine alfabetico le sostanze aromatiche più utilizzate in pasticceria.

Le ricette dei Maestri • Il gusto della vaniglia di Tahiti • Tortino al rabarbaro con crema allo zenzero, zafferano e gelato alla panna

Caratteristiche

Agrumi

La scorza grattugiata, fresca o secca, di agrumi quali arancia, limone, mandarino e chinotto rappresenta un ottimo aromatizzante per torte, biscotti, caramelle, torroni, creme e liquori. Anche il succo di questi agrumi trova un largo impiego in pasticceria, ad esempio, per realizzare bagne, succhi e sciroppi. Per praticità, talvolta si usano gli oli essenziali ricavati da questi frutti, che necessitano, però, di essere conservati con molta cura, per evitare che l’aroma si alteri.

Anice

Il suo sapore delicato, che ricorda quello della liquirizia, è indicato nella preparazione di dolciumi, di alcune bevande alcoliche, ma anche di tisane digestive.

Anice stellato o badiana

Ciò che si usa di questo piccolo albero, originario di Cina e Giappone, è il frutto, dalla tipica forma di stella. L’aroma molto intenso della badiana, che ricorda quello dell’anice propriamente detto, fa sì che il suo impiego, da sola o associata ad altre spezie, sia limitato a piccole quantità.

Caffè

Le principali aree di produzione del caffè si trovano in Arabia, in Africa (Kenia, Uganda e Costa d’Avorio), in America centrale e meridionale (in particolare il Brasile). Le varietà di caffè più pregiate sono quelle che derivano dalle specie Coffea arabica e Coffea robusta ma, come per il cacao, il pregio di alcuni tipi di caffè che si trovano in commercio, oltre che dal processo di torrefazione, durante il quale il caffè acquista il colore e l’aroma caratteristici, è dato anche dalla miscelazione di varietà diverse. In pasticceria, il caffè si usa sia liquido, per inzuppare i vari impasti, sia liofilizzato o in pasta, per aromatizzare ripieni, creme, bavaresi, gelati e biscotti, bibite analcoliche e prodotti alcolici.

Cannella

La cannella è la corteccia essiccata dei ramoscelli di un arbusto tipico dell’Asia orientale. Questa spezia si trova in commercio sia in stecche arrotolate sia in polvere, più facilmente dosabile. Per il suo profumo particolarmente intenso, è usata per preparare biscotti, torte, budini, creme, ripieni e per aromatizzare bevande.


88

macroarea

Nome

2 • Le materie prime

Caratteristiche

Cardamomo

I semi scuri di questa pianticella, tipica dell’India e delle sue isole, sono impiegati per insaporire piatti a base di riso e preparazioni di pasticceria. Il suo profumo deciso lo rende adatto per insaporire ripieni.

Chiodi di garofano

In Madagascar, nelle Antille e in Brasile, cresce un albero sempreverde i cui fiori, non ancora sbocciati, vengono essiccati e utilizzati per il loro aroma molto intenso. Per questa caratteristica, quando li si impiega, interi o macinati, bisogna avere l’accortezza di non eccedere nell’uso. In pasticceria, i chiodi di garofano sono utilizzati soprattutto per aromatizzare bagne e creme.

Coriandolo

Si tratta di una spezia molto aromatica, derivata da una pianta erbacea originaria del Nord Africa e in genere del Mediterraneo. I semi del coriandolo ricordano molto quelli del pepe, e il loro sapore si armonizza bene anche con altri aromi. Questa sostanza è adatta per preparare dolci speziati e ripieni.

Cumino

È un seme aromatico, dal profumo penetrante, che viene spesso combinato con il coriandolo, per aromatizzare alcuni tipi di pane, dolci e liquori.

Curry

In questo caso non siamo in presenza di una sola sostanza aromatica, bensì di un miscuglio di diverse spezie in polvere, tra le quali vi sono pepe, peperoncino, zenzero, cumino, coriandolo, con altre eventuali aggiunte, secondo la cucina locale e il gusto personale. Per queste ragioni, nel curry potrà emergere il sapore dolce o quello piccante, in relazione al prevalere di una polvere rispetto a un’altra. Questa sostanza aromatica dal colore giallo intenso si utilizza in alcuni tipi di pasticceria salata.

Finocchio

Si tratta di una pianta spontanea tipica della fascia più calda del Mediterraneo. Di essa si usano i semi, impiegati nella pasticceria salata, nella panificazione e in alcuni piatti e dolci tradizionali.

Macis

Si tratta dell’involucro carnoso (una polpa rossastra) che riveste la noce moscata (Myristica fragrans), di cui ricorda molto il sapore, anche se in modo più delicato. Il macis si può grattugiare oppure lo si usa in polvere, anche se in quest’ultima forma perde facilmente l’aroma qualora non sia conservato adeguatamente. In pasticceria è impiegato nella panificazione e nelle creme.

Menta

È impiegata soprattutto per la preparazione di sciroppi, liquori, caramelle, ripieni, ma la si usa anche per realizzare pasticcini, gelati e torte. In particolare, le foglie fresche e sminuzzate della menta sono adatte per preparare alcune salse di pasticceria.

Noce moscata

Si tratta del seme essiccato proveniente dalla drupa di un albero tropicale da cui si ottiene anche il macis. La qualità migliore proviene dalle isole Molucche. In Italia è usata grattugiata per insaporire ripieni, anche dolci, e in pasticceria salata.


unità

3

Dolcificanti e sostanze aromatiche

Nome

89

Caratteristiche

Origano

In estate questa pianta erbacea si riempie di piccoli fiori rosei o bianchi che, una volta essiccati, insieme alle foglie servono per aromatizzare pizze, focacce e pasticceria salata. L’origano è una pianta spontanea, tipica del Sud d’Italia e di altre aree del Mediterraneo; in erboristeria è consigliata per le sue proprietà stimolanti.

Rosmarino

È un arbusto sempreverde tipico dei territori che si affacciano sul bacino del Mediterraneo. Le sue foglie, che ricordano gli aghi dei pini, possono essere usate fresche o essiccate, da sole oppure mescolate con altre erbe. Il rosmarino può aromatizzare piacevolmente la pasticceria salata, ma anche ripieni, focacce e alcuni tipi particolari di confetteria.

Senape

Sinapis nigra e Sinapis alba sono le due varietà di senape che in Italia vengono coltivate in Sicilia, Puglia e Sardegna. I semi di questa pianta erbacea sono utilizzati per aromatizzare in modo diverso svariati prodotti: infatti, quelli della S. nigra hanno un odore pungente mentre quelli della S. alba sono più delicati. La polvere ricavata dalla macinazione di tali semi è impiegata in creme per salatini, in salse piccanti e tartine di carne. Se la si assume in piccole quantità, la senape è consigliata per facilitare la digestione.

Si tratta di una pianta arbustiva originaria della Cina, anche se è largamente coltivata in molte zone dell’Oriente, fra le quali il Giappone. Esistono soltanto tre tipi di tè: nero, verde e fior di tè. Per non perderne l’aroma, i rametti più giovani e le foglie più tenere, sono essiccate immediatamente dopo la raccolta. Alcuni tipi di tè sono miscele di varietà diverse della pianta, con o senza aggiunte di altre erbe, che possono essere associate allo scopo di ottenere bouquet particolari. Presso gli orientali preparare il tè è una vera arte, che certamente va al di là della semplice infusione delle foglie per qualche minuto in acqua calda, come può essere per i consumatori occidentali. Oltre che in veste di bevanda, in pasticceria il tè è usato nei ripieni per cioccolatini e caramelle.

Vaniglia

In pasticceria è la sostanza aromatica per eccellenza, ottenuta da una specie di orchidea tropicale che cresce nell’America centro-meridionale ma anche in Oceania e nelle isole dell’Oceano indiano. Il frutto di questa pianta, una capsula lunga circa 15 centimetri, quando raggiunge la piena maturazione viene raccolto e immerso in acqua calda per fermarne lo sviluppo vegetativo. In tal modo, le capsule diventano morbide e dopo qualche mese di riposo sviluppano l’aroma vero e proprio. Vanno conservate chiuse in un vaso ermetico, per evitare che si secchino, disperdendo così il loro profumo dolce e penetrante. Per il suo aroma, e per la capacità di esaltare anche gli altri ingredienti, la vaniglia è impiegata nella preparazione di cioccolato, biscotti, torte, creme, ripieni e gelati vari.

Zafferano

Dagli stimmi di una pianta erbacea originaria dell’Asia Minore, con un fiore dal colore violetto, si ricava lo zafferano, sotto forma di una polvere gialla dal profumo molto intenso. Il suo prezzo elevato è giustificato sia dal metodo di raccolta, che deve essere svolta a mano (ogni fiore ha soltanto due-tre stimmi), sia per la quantità necessaria per la produzione. È usato prevalentemente nelle preparazioni salate, nonché per aromatizzare e colorire ripieni e impasti. In pasticceria lo si utilizza in panificazione, nelle creme e in alcuni dolci.

Zenzero

Si tratta della radice di una pianta tropicale tipica dell’Asia orientale. Per il gusto forte e leggermente agrumato della polvere che si ottiene dalla lavorazione dei rizomi, lo zenzero si abbina bene alle preparazioni dolci, oltre a essere usato per aromatizzare alcune bibite (ginger).


LEZIONE SPECIALE

Caffè e tè Quali sono le caratteristiche della pianta del caffè La pianta del caffè, pur essendo diffusa in tutte le aree a clima tropicale, pare essere originaria della penisola arabica e dell’Etiopia. Si tratta di un sempreverde, con foglie verde chiaro, dal profumo che rimanda al gelsomino. Produce frutti (drupe) rossi a maturazione, raccolti in periodi diversi in funzione della zona di produzione. Contengono due semi (chicchi) combacianti e disposti l’uno contro l’altro, ciascuno con un lato convesso e l’altro piatto percorso da una scanalatura. Sono ricoperti di due pellicole, la prima rigida (pergamino) e la seconda di colore argenteo, e hanno colore variabile tra il giallo e il verdognolo. Oggi il principale produttore di caffè è il Brasile.

Quali sono le principali qualità di caffé

Le ricette dei Maestri Latteruolo al caffè

Praline al cioccolato bianco e caffè

Videolezione

Delle diverse specie esistenti, soltanto due hanno rilevanza: • la Coffea arabica, detta solitamente arabica: considerata di qualità migliore, rappresenta circa i 3/4 della produzione mondiale di caffè. Presenta chicchi dalla forma appiattita e allungata, piccoli ma particolarmente aromatici. Produce un caffè aromatico, dal giusto corpo e sapore poco amaro e persistente con un contenuto in caffeina dello 0,9-1%. Cresce ad altitudini superiori a 900 m ed è sensibile al caldo e all’umidità; • la Coffea canephora, nota comunemente come robusta: considerata di qualità inferiore, rappresenta circa 1/4 della produzione mondiale di caffè. Produce grani più piccoli, di forma tondeggiante e con un contenuto di caffeina più elevato. Produce un caffè con aroma più debole, gusto più amaro, a volte astringente, e contenuto in caffeina che va dall’1,6 al 2,8%. La pianta è più robusta, resiste anche in condizioni climatiche sfavorevoli e cresce a 200-300 m di altitudine.


LEZIONE SPECIALE •

91

CAFFÈ E TÈ

Come avviene la lavorazione del caffè La lavorazione può avvenire: • a secco (caffè naturale o non lavato): le drupe essiccate al sole o in essiccatoi sono passate in macchine decorticatrici per rimuovere buccia e pergamino, quindi setacciate per separare i chicchi dai residui e dividerli in base alla dimensione; • in umido (caffè lavato): le drupe sono spolpate con apposite macchine che liberano i semi. Questi ultimi sono sottoposti a fermentazione, quindi lavati, essiccati al sole o in essiccatoi e, infine, privati del pergamino e setacciati mediante appositi macchinari. L’operazione più importante è la successiva torrefazione, che conferisce al prodotto colore, gusto e aroma caratteristici. Il pregio del caffè deriva però spesso dalla miscelazione di qualità diverse, che può avvenire prima o dopo la torrefazione.

Quali sono le caratteristiche nutrizionali del caffè Riguardo al caffè, in qualità di bevanda rientra fra le cosiddette bevande nervine. Queste sono alimenti accessori, che esercitano a carico del sistema nervoso un’azione di tipo rilassante (camomilla) o stimolante (caffè, tè e bevande a base di cacao come la cioccolata). Il consumo di caffè o di altre bevande nervine ad azione eccitante, come il tè e la cioccolata, ha effetti sulla salute dell’individuo, in particolare sul sistema cardiovascolare. Di conseguenza dovrebbe essere limitato.

Come si controlla e si conserva il caffè Trattandosi di prodotti acquistati in confezioni sottovuoto oppure in atmosfera protettiva, si deve controllare la conformità delle etichette, nonché l’integrità di imballaggi e sigilli di garanzia. In particolare, è fondamentale controllare sempre la data di scadenza. Il caffè teme il calore, la luce, l’umidità e l’aria e, per questo, va conservato in contenitori a chiusura ermetica, collocati al riparo dalla luce, in ambienti freschi e asciutti. Il caffè in grani è meno delicato di quello già macinato, ma va conservato adottando gli stessi accorgimenti.

Come si impiega in cucina e in pasticceria Per tradizione sono molteplici gli usi del caffè in pasticceria: • quello liquido è usato per bagnare impasti; • quello in pasta e quello liofilizzato per aromatizzare gelati, biscotti, ripieni e bavaresi. In cucina è impiegato per: • zuppe a base di cereali e legumi, risotti e primi piatti a base di pasta, non solo come polvere, quasi fosse una spezia, ma anche come ingrediente liquido; • salse a base di caffè, che si abbinano egregiamente con carni rosse, volatili e selvaggina, nonché con prodotti ittici, in particolare con pesci di acqua dolce; • salse a base di agrumi o altri frutti acidi e in quelle tagliate con il chutney. Infine il caffè è usato anche nella produzione di bibite sia analcoliche, sia alcoliche.

Parola chiave Torrefazione La torrefazione è un’operazione che consiste nell’abbrustolire i semi di caffè riscaldandoli gradatamente fino a temperature elevate.


LEZIONE SPECIALE •

92

CAFFÈ E TÈ

Quali sono le caratteristiche del tè La pianta del tè è un sempreverde tipico delle zone tropicali e subtropicali. La raccolta delle foglie avviene in genere a mano. Le differenze tra i vari tipi di tè non sono dovute però alla varietà di appartenenza, ma piuttosto: • al terroir: caratteristiche del terreno, del clima, delle tecniche colturali; • al tipo di lavorazione usata per germogli e foglie, che, dopo la raccolta, sono convogliati presso gli stabilimenti per la trasformazione in tè nero (fermentato), tè Oolong (semifermentato) e tè verde (non fermentato). Il servizio del tè in foglie Il servizio del tè in bustine

Videolezione

I vari tipi di tè

Tè nero

È il più diffuso e consumato. Risponde alla richiesta del mercato occidentale di tè dal gusto forte che siano buoni sostitutivi del caffè. È prevalentemente di origine indiana e africana e, in misura minore, anche cinese. È ottenuto lavorando le foglie appassite in condizioni di umidità e temperatura tali da attivare la fermentazione naturale. Terminata la fermentazione, le foglie vengono essiccate mediante esposizione al calore. La fermentazione totale conferisce a questo tè colore scuro e aroma marcato, ma lo priva della maggior parte degli antiossidanti e aumenta la concentrazione di caffeina.

Tè verde

È il più consumato in Cina e Giappone. È ottenuto bloccando la fermentazione naturale esponendo le foglie appena raccolte all’azione del vapore (in Giappone) oppure sottoponendole a cottura ed essiccazione immediata in forni ventilati (in Cina). Le foglie sono lavorate poi a mano, conferendo la forma desiderata (arrotolate in palline, ripiegate, avvolte a spirale). Il tè verde cinese più diffuso è il Gunpowder. L’infuso di tè verde è chiaro e profumato.

Tè Oolong

È ottenuto bloccando la fermentazione prima del suo completamento mediante torrefazione. Le foglie destinate alla produzione di questo tè sono lavorate subito dopo la raccolta, appassendole alla luce del sole e lasciandole fermentare per il tempo desiderato in recipienti di bambù. L’infuso di tè Oolong è corposo e intenso.

Tè bianco

Prodotto a partire dalle foglie e dalle gemme più giovani, ancora ricoperte di una sottile lanugine bianca che conferisce un delicato riflesso argenteo. La lavorazione dei germogli è simile a quella del tè verde, dalla quale si differenzia però perché è prevista una leggerissima fermentazione e l’essiccazione avviene al sole. Il tè bianco produce un infuso molto chiaro e delicato.

Tè Pu-erh

È ottenuto a partire da tè verde o tè nero, sottoposto a una lavorazione particolare, in presenza di batteri selezionati, che determina il particolare sapore di terra umida. Commercializzato in foglie sciolte, panetti, torte e palline, è l’unico tè che può essere conservato a lungo, tanto che alcune tipologie sono lasciate affinare anche per anni.

Tè aromatizzati

Sono preparati a partire da tè nero, Oolong o verde, con l’aggiunta di petali o boccioli di fiori, come avviene per tradizione in Cina, oppure usando oli essenziali scelti tra gli aromi più diversi. Gli elementi aromatizzanti più diffusi sono il gelsomino, il crisantemo dolce, il loto e la rosa, ma sono usati anche frutti ed erbe aromatiche.

Tè mélange

È frutto di ricette segrete di proprietà dei produttori, ottenute miscelando tè diversi, oli essenziali, fiori, frutti, scorze di agrumi ed erbe aromatiche.


LEZIONE SPECIALE •

93

CAFFÈ E TÈ

Quali sono le caratteristiche nutrizionali del tè Il tè contiene sia caffeina sia teofillina, in concentrazioni che vanno da 40 a 100 mg per tazza. Apporta sali minerali e composti antiossidanti. In particolare, il tè verde ha effetti protettivi per il sistema cardiovascolare e un’azione preventiva contro i tumori. Il tè verde non andrebbe associato a latte e derivati, perché la caseina neutralizza i polifenoli preservati dal processo di lavorazione.

Come si controlla e si conserva il tè Trattandosi di prodotti acquistati in confezioni, vanno verificate: • la conformità dell’etichettatura; • l’integrità di imballaggi e sigilli di garanzia; • la data di scadenza. Il tè in foglie assorbe umidità e odori e teme la luce. Va conservato quindi in luoghi freschi e asciutti, debitamente separato da alimenti che potrebbero alterarlo, utilizzando recipienti non trasparenti.

Quali sono gli impieghi del tè in cucina e in pasticceria Il tè trova impiego per la preparazione di granite, gelati, sorbetti, gelatine, così come per creme e salse. Può essere usato anche nella preparazione di prodotti da forno, sia dolci sia salati. Non manca di essere utilizzato nella preparazione di risotti, talvolta nelle versioni aromatizzate (gelsomino e vaniglia). In infusione in brodo di pesce o di pollo può essere usato come elemento aromatizzante alternativo e insolito per carni e pesci.

GUIDA ALLO STUDIO

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14.

Le drupe, i frutti della pianta del caffè, contengono due semi (chicchi) combacianti, ricoperti di due pellicole e di colore variabile La specie arabica ha chicchi di forma appiattita e allungata particolarmente aromatici La specie robusta ha chicchi più piccoli ma produce il caffè migliore La specie arabica genera un caffè con sapore poco amaro ma persistente e con un contenuto in caffeina dello 0,9-1% La specie robusta produce un caffè con meno caffeina e aroma più debole La torrefazione del caffè fa parte della lavorazione a secco Nel caffè colore, gusto e aroma sono conferiti al prodotto tramite la torrefazione Il pregio del caffè deriva spesso dalla miscelazione di qualità diverse, prima o dopo la torrefazione Il caffè va conservato in contenitori a chiusura ermetica in ambienti freschi e asciutti Salse a base di caffè non sono usate come abbinamento per piatti di carne o pesce I vari tipi di tè si differenziano per terroir e tipo di lavorazione Il tè verde è un tè semifermentato chiaro e profumato La torrefazione è usata nel tè Pu-erh per bloccare la fermentazione Il tè contiene sia caffeina sia teofillina e apporta composti antiossidanti

V F V F V F V V V V V V V V V V V

F F F F F F F F F F F


94

macroarea

2 • Le materie prime

MAPPA I dolcificanti

apportano energia chimicamente si definiscono

che

glucidi

sono rapidamente assimilabili

sono

sostanze impiegate per ottenere il sapore dolce

zucchero semolato

di cui il principale è

zucchero invertito

ad esempio

zucchero invertito, fruttosio o levulosio, glucosio o destrosio, sciroppo di glucosio, maltodestrine, lattosio, sciroppo d’acero, sorbitolo, mannitolo, maltitolo, isomalto, miele

zucchero pilè

estratto da

sciroppo di zucchero

barbabietola

esaltano

Le sostanze aromatiche

diffuso in varietà come

il saccarosio

zucchero impalpabile o velo

canna

le caratteristiche del prodotto

in momenti diversi entrano nell’impasto

con modalità differenti

chiuse in barattoli vanno conservate

in ambiente fresco

zucchero in granella


unità

3

Dolcificanti e sostanze aromatiche

95

SINTESI Che cosa sono i dolcificanti

I dolcificanti si aggiungono all’impasto allo scopo di ottenere il classico sapore dolce, ma influenzano anche la consistenza e la pastosità del prodotto dopo la cottura. Sul mercato è possibile trovare diversi tipi di zuccheri che generalmente sono ricavati da vegetali con vari procedimenti. Gli zuccheri propriamente detti, o glucidi, apportano energia e sono rapidamente assimilabili. Dal punto di vista chimico, i glucidi sono carboidrati. Che cos’è il saccarosio

Il saccarosio è il comune zucchero da tavola, che può essere estratto sia dalla barbabietola da zucchero sia dalla canna da zucchero. Lo zucchero di canna presenta una purezza maggiore e resiste di più alle cotture. Il saccarosio si scioglie meglio in acqua se il solvente è caldo e si scioglie difficilmente nell’alcol puro, tuttavia, se la ricetta prevede una parte di acqua, scaldando insieme i due liquidi la solubilità del saccarosio migliora notevolmente. Il saccarosio è un prodotto che non si deteriora facilmente, ma teme l’umidità, essendo igroscopico. Come avviene l’estrazione del saccarosio

La procedura di estrazione del saccarosio più comune avviene a partire dalla barbabietola, attraverso quattro fasi principali: lavorazione della barbabietola ed estrazione del sugo; depurazione del sugo; cristallizzazione; raffinazione. In Italia le varietà di zucchero più diffuse sono: zucchero semolato; zucchero cristallino; zucchero impalpabile o velo; zucchero pilè; zucchero grezzo; sciroppo di zucchero; zucchero in granella. Quali sono i principali dolcificanti

In pasticceria, oltre allo zucchero comune, si utilizzano dolcificanti la cui origine, talvolta, è di sintesi. I principali sono: zucchero invertito (utile nella produzione di biscotti e gelati); fruttosio o levulosio (si tratta dello zucchero presente nella frutta, impiegato anche nei prodotti dietetici specifici per i diabetici); glucosio o destrosio (utilizzato anche in gelateria per prolungare la durata del prodotto); sciroppo di glucosio (rispetto al saccarosio, è poco dolce); maltodestrine (apportano morbidezza associata a una dolcezza modesta); lattosio (si ricava dal latte, lo si utilizza per fabbricare caramelle morbide e pasta di mandorle); sciroppo d’acero (tipico del Nord America, ottenuto dalla linfa dell’acero); sorbitolo (particolarmente adatto per la preparazione di dolci per i diabetici); mannitolo (previsto per quei prodotti che non necessitano di fermentazione); maltitolo (edulcorante perfetto per

frolle, cake, biscotteria in generale, dolci per diabetici); isomalto (utilizzato per la preparazione di dolci a basso tenore zuccherino); miele (le cui caratteristiche organolettiche variano in relazione al tipo di fiori e dal luogo di provenienza). Che cosa sono le sostanze aromatiche

Le preparazioni di pasticceria spesso prevedono l’introduzione di sostanze aromatiche usate allo scopo di esaltare le caratteristiche di un certo dolce. La varietà di sostanze aromatiche è assai vasta e questo fa sì che entrino nell’impasto del dolce in momenti diversi e con modalità differenti. Tra le sostanze aromatiche ricordiamo: agrumi, anice, anice stellato, caffè, cannella, cardamomo, chiodi di garofano, coriandolo, cumino, curry, finocchio, macis, menta, noce moscata, origano, rosmarino, senape, tè, vaniglia, zafferano, zenzero.

LEZIONE SPECIALE Caffè e tè Che cos’è il caffè

La pianta del caffè è un sempreverde diffuso nelle aree a clima tropicale che produce frutti (drupe) che contengono due semi (chicchi). Delle diverse specie esistenti sono rilevanti la Coffea arabica (o arabica, che produce chicchi piccoli ma particolarmente aromatici, che generano il caffè migliore, con un contenuto in caffeina dello 0,9-1%) e la Coffea canephora (o robusta, che produce grani più piccoli con un contenuto di caffeina più elevato). La raccolta avviene manualmente o con mezzi meccanici e la lavorazione può avvenire a secco oppure in umido. I chicchi sono sottoposti poi a torrefazione, che conferisce al prodotto colore, gusto e aroma caratteristici. Prima o dopo la torrefazione si procede con la miscelazione di qualità diverse. Che cos’è il tè

La pianta del tè è un sempreverde tipico delle zone tropicali e subtropicali. La raccolta delle foglie avviene in genere a mano. Il tè nero (fermentato) è il più diffuso, ha gusto forte e aroma marcato ed è ricco di caffeina. Il tè verde (non fermentato) produce infusi chiari e profumati. Il tè Oolong (semifermentato) produce infusi corposi e intensi. Il tè bianco, ottenuto da foglie e gemme più giovani, produce infusi molto chiari e delicati. Il tè Pu-erh (postfermentato) è ottenuto in presenza di batteri selezionati ed è conservabile a lungo.


96

macroarea

2 • Le materie prime

VERIFICHE VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15.

In pasticceria l’uso di dolcificanti è vietato per legge V F Gli zuccheri sono generalmente ricavati da vegetali V F I dolcificanti influenzano la consistenza e la pastosità del prodotto V F I glucidi vengono assorbiti lentamente dal nostro organismo V F I monosaccaridi sono solubili in acqua, i disaccaridi no V F Il glucosio è un monosaccaride V F La cellulosa è un polisaccaride V F Il saccarosio si scioglie difficilmente in acqua calda V F Lo zucchero di barbabietola presenta un grado di purezza maggiore dello zucchero di canna, infatti è molto più chiaro di quest’ultimo V F Il saccarosio si deteriora facilmente V F Lo zucchero di barbabietola deriva dall’estrazione, depurazione e cottura del sugo V F Lo sbiancamento dello zucchero di barbabietola è reso possibile dal carbone attivo V F Nella procedura di estrazione di saccarosio dalla barbabietola da zucchero, il processo di depurazione serve a ottenere un sugo di colore giallo V F Le bolle di cottura sono apparecchiature dove il sugo subisce una diluizione V F La melassa si ottiene dalla lavorazione della barbabietola da zucchero V F

DOMANDE A COMPLETAMENTO

VERIFICHE

Completa indicando come si chiama la varietà di zucchero di volta in volta descritta. 1. Si può ricavare dalla canna da zucchero o dalla barbabietola; contiene una parte di melassa cristallizzata che gli conferisce un colore bruno: ….......……….. 2. È ottenuto dalla macinazione dello zucchero semolato: ….......……….. 3. È il primo prodotto della cristallizzazione del saccarosio, da cui si ottengono con successive lavorazioni zollette o granelle: ….......……….. 4. Presenta cristalli di grandezza tale da rendere più difficile lo scioglimento in acqua; può essere usato per biscotti rustici: ….......………..

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1.

Da 117 °C a 121 °C si cuociono solitamente: a. meringhe, base semifreddo, torroni e toffee b. gli zuccheri da decoro c. gli zuccheri caramellati d. i sughi estratti dalla barbabietola

2.

Per cuocere uno sciroppo non occorre: a. una pentola in rame b. una schiumarola c. un pennello d. una bowl con cubetti di ghiaccio

3. Lo zucchero invertito: a. ha capacità dolcificante minore rispetto al saccarosio b. è più resistente alla cristallizzazione rispetto al saccarosio c. non può essere usato per la preparazione di biscotti d. è impiegato nei prodotti specifici per diabetici 4.

Il lattosio: a. è poco solubile b. ha un basso potere dolcificante c. non cristallizza d. tutte le opzioni sono corrette

5.

Lo sciroppo di glucosio: a. è ottenuto dalla linfa dell’acero b. ha un sapore caratteristico, con note caramellate c. è poco dolce d. ha densità definita e costante

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

Il mannitolo deriva dalla linfa del frassino Il maltitolo ha circa il doppio delle calorie del saccarosio Il sorbitolo è particolarmente adatto per la preparazione di dolci per diabetici L’isomalto viene usato per le decorazioni in zucchero Il mannitolo è più dolce dello zucchero comune Il miele contiene fruttosio, glucosio, maltosio e altri composti glucidici L’aroma del miele può essere alterato dalla luce diretta e dall’aria Il miele non è igroscopico

V F V F V F V F V F V F V F V F


unità

3

Dolcificanti e sostanze aromatiche

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

Le sostanze aromatiche esaltano le caratteristiche di un dolce V F Le sostanze aromatiche sono facilmente deperibili V F I barattoli dove riporre le sostanze aromatiche non devono avere il tappo V F La maggior parte delle sostanze aromatiche proviene dal mondo vegetale V F L’anice ha un sapore delicato, che ricorda quello della liquirizia V F L’anice stellato ha un aroma molto delicato V F Durante la torrefazione il caffè acquista l’aroma caratteristico V F La cannella si ottiene dalle foglie essiccate di un arbusto V F I semi di cardamomo hanno colore chiaro e profumo delicato V F

97 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20.

Il coriandolo è adatto per preparare dolci speziati e ripieni Il curry è un mix di varie spezie in polvere, tra cui zenzero e peperoncino I semi di finocchio trovano utilizzo nella pasticceria salata e nella panificazione Macis e noce moscata sono due diversi modi per indicare la stessa spezia in polvere La menta è usata soprattutto per la preparazione di sciroppi Il rosmarino è una pianta originaria del Giappone Dell’origano si utilizzano fiori e foglie essiccate La senape in piccola quantità ha proprietà digestive Il fior di tè è una miscela di varietà diverse L’aroma della vaniglia ha una tale intensità da coprire completamente tutti gli altri ingredienti Lo zafferano, come lo zenzero, è usato per aromatizzare alcune bibite

LEZIONE SPECIALE Il caffè e il tè

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA

VERO O FALSO

1. Il caffè è una bevanda nervina, ovvero: a. ha effetti tossici sull’organismo umano b. ha una precisa azione sul sistema nervoso c. risulta dannoso per il sistema nervoso d. ha un effetto rilassante per chi lo consuma

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. Il caffè va riposto in contenitori che consentano il ricircolo dell’aria V F Il caffè in polvere non teme l’esposizione alla luce V F Il caffè, sotto forma di salse, può accompagnare le carni V F Il caffè può essere abbinato a prodotti ittici V F Il caffè teme la luce ma non il calore V F Il caffè in grani è meno delicato di quello già macinato V F Il tè ha un effetto rilassante sul sistema nervoso V F Il tè Pu-erh è l’unico tè a poter essere conservato a lungo Il tè nero è essiccato mediante esposizione al calore, ha colore scuro e aroma marcato V F I tè aromatizzati si ottengono grazie a ricette segrete note solo ai produttori V F Il tè verde ha effetti benefici sul sistema cardiocircolatorio V F Il tè contiene teofillina, ma non caffeina V F Il tè può essere usato nella preparazione di risotti V F Il tè può essere usato, come aromatizzante, in infusione in brodo di pesce V F

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F

Scegli tra le opzioni date quella corretta.

2.

Il consumo di bevande nervine dovrebbe essere limitato perché ha delle conseguenze: a. sull’apparato respiratorio b. sull’apparato digerente c. sul sistema cardiovascolare d. sull’apparato urinario

3.

Viene definito semifermentato: a. il tè nero b. il tè verde c. il tè Oolong d. il tè bianco

4. Per controllare una confezione di tè bisogna verificare: a. la conformità dell’etichettatura b. l’integrità dell’imballaggio e dei sigilli di garanzia c. la data di scadenza d. tutte le opzioni sono corrette

VERIFICHE

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14.

V F


98

LABORATORIO DELLE COMPETENZE

tiche del Le caratteris A

saccarosio

Un tuo compagno di banco ti chiede di ripassare insieme le proprietà del saccarosio. Secondo te quali elementi propri di questo glucide sono fondamentali da ricordare? 1. 2. 3. 4. 5.

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B

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Completa indicando le fasi di produzione del saccarosio a partire dalla barbabietola da zucchero. 1. 2. 3. 4.

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L’analisi dell

C

Compiti di realtà

Italia

Osserva e manipola diverse varietà di zucchero, indicando per ognuna di esse colore, finezza dei cristalli, capacità edulcorante, impieghi. Puoi sciogliere in acqua per valutare la solubilità.

Varietà di zucchero

Colore

Finezza dei cristalli

Dolcezza / Capacità edulcorante

Solubilità

Impieghi in pasticceria

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Gli

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Per ognuno dei seguenti impieghi, indica quale tipologia di zucchero è maggiormente indicata. Torte da forno .................................................... Biscotteria ......................................................... Spolverare pandoro e savoiardi ........................ Zollette di zucchero ...........................................

Gelati ................................................................. Bevande ............................................................ Decorazione di panettoni e colombe ...........................................................................


UNITÀ 4

99

Lipidi 1. QUALI SONO LE CARATTERISTICHE CHIMICO-FISICHE DEI LIPIDI Come i glucidi, con i quali condividono la funzione energetica, i lipidi (dal greco lypos = grasso) sono composti ternari, formati, cioè, da: • carbonio (C); • ossigeno (O); • idrogeno (H). I lipidi (comunemente definiti anche grassi) sono insolubili in acqua ma solubili in solventi organici, come il benzene e l’etere. Tutti i lipidi sono idrofobi: se aggiunti all’acqua, non si mescolano in modo uniforme ma formano un miscuglio eterogeneo chiamato emulsione, in cui le due componenti rimangono chiaramente distinguibili. È quello che accade, per esempio, se si versa nell’acqua dell’olio di oliva e poi si agita vigorosamente.

La maggior parte dei lipidi ha come principali componenti strutturali gli acidi grassi, ossia molecole formate da lunghe catene di atomi di carbonio in numero pari. Questi atomi di carbonio sono uniti da legami chimici che possono essere semplici o doppi. In base a ciò, si distinguono acidi grassi: • saturi, quando presentano esclusivamente legami semplici, come nel caso dei due acidi grassi più diffusi in natura, che sono l’acido palmitico (contenuto nel burro) e l’acido stearico (contenuto nel grasso di bovino); • insaturi, quando presentano uno o più doppi legami, e in particolare monoinsaturi se hanno un solo doppio legame (come l’acido oleico, contenuto nell’olio di oliva) e polinsaturi se hanno più doppi legami (come l’acido linoleico, l’acido linolenico, l’acido arachidonico contenuti rispettivamente nei semi di girasole, nell’olio di pesce ✔ azzurro e nelle arachidi). Laboratorio delle competenze

Acidi grassi

saturi

Grassi e oli

insaturi

monoinsaturi

polinsaturi


100

macroarea

2 • Le materie prime

La saturazione dà origine anche a una maggiore densità dei lipidi, tanto che: • in genere, quelli con acidi grassi saturi sono solidi e sono denominati propriamente grassi, come lo strutto e il burro; • i lipidi con acidi grassi insaturi sono liquidi, come gli oli. Un’eccezione è rappresentata dall’olio di cocco, che si presenta in forma liquida anche se è composto da grassi saturi. Un discorso a parte deve esser fatto per le margarine che, pur essendo oli, sono stati solidificati mediante un processo di idrogenazione in cui viene “rotto” un doppio legame e in corrispondenza di questa posizione si aggiunge idrogeno.

✔ 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Se da un lato i grassi migliorano la consistenza dei cibi, rendendoli più appetitosi, d’altra parte presentano il risvolto negativo di irrancidire facilmente, cioè di ossidarsi all’aria. Un’ulteriore causa di alterazione del loro gusto è l’eccessivo riscaldamento che determina lo sviluppo di sostanze tossiche, come accade durante la frittura. A tale proposito, è importante conoscere il punto di fusione specifico di ogni lipide. In generale, tale punto è: • inferiore ai 20 °C negli oli, che sono liquidi a temperatura ambiente; • superiore ai 40 °C nei grassi, che sono solidi a temperatura ambiente.

GUIDA ALLO STUDIO

I lipidi sono composti ternari costituiti da idrogeno, carbonio, ossigeno I lipidi svolgono funzione energetica I lipidi sono solubili in acqua La maggior parte dei lipidi è costituita da acidi grassi Gli acidi grassi sono molecole formate da atomi di carbonio in numero dispari Lo strutto e il burro sono costituiti da acidi grassi insaturi Gli oli sono costituiti da acidi grassi saturi

V V V V V V V

F F F F F F F


unità

2.

4

Lipidi

COME SI PRODUCONO E QUALI SONO LE CARATTERISTICHE DEI GRASSI ANIMALI

I grassi di origine animale usati nell’alimentazione umana sono: • il burro; • lo strutto; • il sego; • il grasso d’oca; • il grasso di anitra. Molto utilizzati in passato, in tempi più recenti se ne è sempre più limitato l’impiego, in quanto, se usati in eccesso, i grassi di origine animale possono causare malattie più o meno gravi.

101 La struttura del burro è definita: • dalla percentuale di grasso globulare contenuto nella panna; • dalla temperatura, che deve essere inferiore ai 15 °C: la temperatura, infatti, influisce sulla maggiore e minore omogeneità di cristallizzazione del grasso. Come abbiamo già visto, i grassi si ossidano, ma questo processo chimico può essere rallentato dalle basse temperature: per questo motivo, il burro, posto in frigorifero tra i +2 e +4 °C, si conserva bene per qualche settimana mentre, se si desidera preservarlo per più tempo (anche un anno), lo si deve riporre in freezer. In entrambi i casi, per evitare che il burro assorba odori provenienti da altri alimenti, è meglio tenerlo in recipienti ben chiusi.

Come si produce il burro La produzione del burro avviene mediante la zangolatura, una tecnica che si avvale delle zangole, recipienti che ruotano sul proprio asse sbattendo violentemente la panna. La formazione del burro è favorita da temperature comprese tra i 12 e 18 °C, così da rendere più fragili i globuli di grasso della panna. Quest’ultima deve essere sbattuta violentemente dalle zangole, in modo tale da rompere i lipidi e amalgamarli, facendo così uscire la parte residua d’acqua. Al termine di questa operazione si ottiene: • la fase grassa, costituita dal burro semisolido; • la fase acquosa, cioè il liquido residuo, o latticello, che contiene una minima parte di grasso (0,3-0,4%) e di proteine, derivanti dagli involucri esterni del globulo di grasso. Prima di essere impastata per dare la forma definita, la fase grassa viene lavata alcune volte con acqua, al fine di favorire uno spurgo completo del latticello residuo ed evitare così la comparsa di un sapore acido.

che di un bu Caratteristi

rro di qualità

■ Massa compatta al taglio ■ Colore paglierino ■ Profumo delicato

Approfondimenti Il burro negli impasti


102

macroarea

2 • Le materie prime

Che cosa sono e come si producono lo strutto e il sego Assieme al burro, lo strutto è il grasso di origine animale più conosciuto. È ottenuto dalla fusione a vapore dei tessuti adiposi del maiale. È composto; • da grassi saturi per circa il 45%; • da grassi insaturi suddivisi in monoinsaturi per circa il 47% e polinsaturi per il restante 8%. Naturalmente, questi valori variano a seconda della razza di appartenenza del maiale e di come viene allevato, poiché gli allevamenti moderni cercano di ottenere animali da cui ricavare un prodotto con prevalenza di acidi grassi insaturi. Lo strutto non viene quasi più usato per friggere, ma nella pasticceria regionale trova ancora un buon impiego, in particolare per le pastelle e le preparazioni in cui è richiesta buona friabilità.

che di uno Caratteristi

alità strutto di qu

Dal grasso dei bovini, si ricava invece il sego, la cui composizione chimica differisce da quella dello strutto soltanto per una maggiore quantità di acidi grassi saturi. Questo grasso è utilizzato per produrre surrogati del burro e alcuni tipi di margarina, ma è pressoché ignorato il suo uso diretto in pasticceria.

■ Ha pasta bianca e compatta ■ È inodore ■ È insapore

✔ 1. 2. 3. 4.

GUIDA ALLO STUDIO

Lo strutto è costituito dalla fusione a vapore dei tessuti adiposi del maiale Lo strutto è costituito esclusivamente da acidi grassi insaturi Lo strutto ha massa bianca e friabile Il sego, rispetto allo strutto, contiene una maggiore quantità di acidi grassi insaturi

V V V V

F F F F


unità

3.

4

Lipidi

103

QUALI SONO I GRASSI VEGETALI

I grassi vegetali sono generalmente riconosciuti come i meno pericolosi per la salute dell’organismo, poiché è assente il colesterolo che è invece presente in tutti gli organismi animali.

Quali sono le caratteristiche dell’olio di oliva L’olio di oliva si ricava dalla spremitura del frutto dell’olivo, pianta tipica mediterranea originaria dell’Asia Minore ma coltivata con successo in quasi tutt’Italia. L’olio di oliva è molto utilizzato in gastronomia e gli studi più recenti hanno confermato che il consumo di olio di oliva (ovviamente senza esagerare) ha effetti positivi per la salute.

Un olio di oliva di buona qualità presenta una composizione chimica che comprende il 70-80% di acido oleico, il 4-10% di acido linoleico, il 7-15% di acido palmitico e un restante 2-6% degli acidi stearico e palmiticoleico. Inoltre, l’olio di oliva apporta all’organismo umano buone quantità di vitamina E con anche, in minor grado, le vitamine A e D, tutte quante liposolubili. In commercio esistono diversi tipi di olio, a seconda delle modalità di lavorazione, caratterizzati da differente acidità, determinata dall’acido oleico che ne influenza anche il sapore come schematizzato nella tabella che segue.

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lità

■ Inconfondibile aroma ■ Profumo delicato ■ Buona digeribilità

Glossario Colesterolo Il colesterolo è uno dei maggiori costituenti delle membrane cellulari nonché della guaina mielinica del tessuto nervoso. Come tutti i lipidi, il colesterolo non è idrosolubile e quindi si muove nel sangue trasportato da particolari proteine, che lo trasportano dal fegato ai tessuti (lipoproteine LDL) e dai tessuti al fegato (lipoproteine HDL). Il colesterolo trasportato dalle LDL viene definito “cattivo” perché si deposita sulle pareti delle arterie e favorisce la formazione di placche di grasso che possono arrivare a ostruire le arterie stesse.

Approfondimenti L’olio di oliva

Classificazione degli oli di oliva Tipologia

Acidità

Osservazioni

Olio extravergine di oliva

Max 1%

Gusto eccezionale

Olio di oliva vergine

Max 2%

Gusto eccezionale

Olio di oliva vergine corrente

Max 3,3%

Gusto buono

Olio di oliva vergine lampante

Superiore a 3,3%

Gusto imperfetto

Olio di oliva raffinato

Max 0,5%

Si ottiene dalla raffinazione di oli vergini di oliva

Olio di oliva

Max 1,5%

Si ottiene da un taglio di olio di oliva raffinato e oli vergini diversi dal lampante

Olio di sansa di oliva greggio

-

Si ottiene mediante trattamento della sansa di olive con solvente

Olio di sansa di oliva raffinato

Max 0,5%

Si ricava raffinando quello greggio

Olio di sansa di oliva

Max 1,5%

Si ottiene da un taglio di olio di sansa di oliva raffinato e da olio di oliva vergine diverso dal lampante


104

macroarea

2 • Le materie prime

Che cosa sono gli oli di semi Oltre all’olivo, molte altre piante forniscono semi da cui estrarre oli dalle diverse caratteristiche. Olio di arachide Dall’arachide, o nocciolina americana, per l’alta percentuale di grassi che contiene (quasi il 40%), è possibile ottenere l’olio e anche un burro. L’olio di arachide rientra spesso tra gli oli usati per realizzare margarine, ma risulta anche il migliore per friggere, ha un buon sapore ed è ricco di acidi grassi insaturi. La composizione media di questo tipo di olio comprende il 55% di acido oleico, il 25-30% di acido linoleico e l’8% di acido palmitico. Inoltre, è ottimo crudo come condimento, da solo o in miscela con altri oli. Olio di colza I semi della colza, da cui si ricava quest’olio, contengono fino al 45% di grassi. Nella composizione chimica

✔ 1. 2. 3. 4. 5.

dell’olio è presente un acido grasso monoinsaturo, detto erucico, che, se introdotto con l’alimentazione ad alte quantità è tossico. Per questo motivo, l’olio di colza si trova in commercio miscelato con altri oli, in modo tale che la quantità di acido erucico non superi il 5%. Vale la pena segnalare, però, che, grazie a selezioni continue delle varietà botaniche, si sta raggiungendo il traguardo di ottenere olio di colza senza questo pericoloso acido. Olio di soia L’olio di soia è totalmente privo di tossicità. Si ricava dai semi di una leguminosa di origine orientale, la soia, ed è caratterizzato da un colore giallo chiaro e dal sapore gradevole. Poco adatto per friggere, in media contiene il 50% di acido linoleico, il 25% di acido oleico, l’8% di linolenico e il 15% di grassi saturi. In cucina si usa per condire, per realizzare dolci particolari e alcune salse.

GUIDA ALLO STUDIO

L’olio di arachide contiene pochissimi acidi grassi insaturi L’olio di arachide non è indicato per friggere L’acido grasso erucico, contenuto nell’olio di colza, è tossico se ingerito in grandi quantità L’olio di soia è tossico per l’organismo umano L’olio di soia è poco adatto per friggere

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unità

4

Lipidi

Olio di palma Resistente al calore, questo olio rientra tra quelli usati sia per realizzare margarine sia per friggere. Lo si ricava dai frutti di alcune specie di palma e, appena spremuto, è di colore molto scuro: soltanto le successive lavorazioni gli daranno il classico colore giallo, anche se manterrà comunque un odore particolare. È composto dal 45% di grassi insaturi e dal 50% di grassi saturi, per la maggior parte acido palmitico. Olio di palmisti Deriva dai semi di alcune varietà di palma, con un contenuto di grassi pari al 50%. L’olio di palmisti, tuttavia, arriva ad avere l’85% di acidi grassi saturi e soltanto il 15% di insaturi. Si tratta di un olio resistente alle alte temperature. Olio di mais Dalle cariossidi del mais si ottiene un olio dal sapore eccellente e dal colore giallo intenso, composto per il 50% di acido linoleico, per il 30% di acido oleico e di acidi grassi saturi per il restante 20%. È ottimo come condimento, ma non è adatto alle fritture. Viene anche usato per la preparazione di margarine.

✔ 1. 2. 3. 4. 5. 6.

105 Olio di girasole Colore giallo chiaro e ottimo sapore sono le caratteristiche di questo olio ricavato dai semi di girasole, una pianta di origine sudamericana. L’olio di girasole contiene circa il 90% di acidi grassi insaturi, per lo più linoleico, e circa il 7-8% di insaturi. Usato spesso come condimento, rientra anche tra i componenti di margarine o degli oli di semi vari. Olio di semi vari È costituito dalla miscela di diversi oli di semi. È il meno indicato per l’alimentazione umana, in quanto non sempre è possibile sapere da quali oli è composto. Oli di semi dietetici Alcuni oli di mais, di arachidi e di soia, dalle buone qualità organolettiche, vengono addizionati, per usi dietetici, soprattutto con vitamine. Sono anche impiegati ogni qualvolta ci sia bisogno di integrazioni di acidi grassi insaturi.

GUIDA ALLO STUDIO

L’olio di palma è usato sia per friggere sia per realizzare margarine L’olio di palmisti è un olio resistente alle alte temperature L’olio di mais è ideale per le fritture L’olio di girasole contiene circa il 90% di acidi grassi insaturi L’olio di semi vari è costituito dalla miscela di diversi oli di semi L’olio di semi dietetici è addizionato spesso con vitamine

V V V V V V

F F F F F F


106

macroarea

2 • Le materie prime

Quali sono le varietà di burro vegetale Così come da materiali di origine animale è possibile ottenere oli (ad esempio da prodotti ittici) da alcune specie di piante si riescono a produrre vari tipi di burro vegetale, alcuni dei quali molto noti e ampiamente utilizzati anche in pasticceria. Burro di cacao Viene estratto dalla pianta del cacao mediante pressatura dei suoi semi, dai quali è possibile ricavare fino al 35% di materia grassa. Questo burro si presenta come una pasta solida dal colore bianco, ed è un ingrediente fondamentale per determinare la qualità del cioccolato. Tuttavia, oltre che dei cioccolatini, tale prodotto può essere un componente di paste lievitate e di creme.

✔ 1. 2. 3. 4.

Burro di cocco Di colore bianco come il burro di cacao, quello di cocco ha però un sapore fresco e molto gradevole al palato. Lo si estrae dalla parte bianca della noce di cocco, che contiene fino al 30% di grasso. Questo burro, composto dal 90% di grassi saturi e dal 10% di quelli insaturi, ha un punto di fusione alto, intorno ai 35 °C, quindi risulta poco digeribile. In pasticceria, lo si usa al posto del burro di cacao, in modo particolare nei surrogati del cioccolato e per preparare gelati. Burro di arachide È una pasta aromatica spalmabile, molto grassa e nutriente, che mantiene il caratteristico gusto di arachide. In Nord America, in particolare negli Stati Uniti, se ne fa largo uso, tanto da preoccupare i nutrizionisti, per le ricadute che può avere sull’incremento dell’obesità.

GUIDA ALLO STUDIO

Il burro di cacao si presenta come una pasta solida di colore scuro Il burro di cacao può essere usato per preparare cioccolatini, paste lievitate e creme Il burro di cocco viene usato in pasticceria al posto del burro di cacao Il burro di arachide è molto grasso e nutriente

V V V V

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LEZIONE SPECIALE

Margarine e grassi idrogenati Una sorta di anello di congiunzione tra il mondo animale e quello vegetale è la margarina, un grasso idrogenato. Per realizzare la margarina si parte da un’emulsione acquosa di oli vegetali e animali che viene sottoposta a un processo di idrogenazione, durante il quale si riscaldano i grassi fino a 180 °C e vi si inietta idrogeno gassoso. Questo elemento chimico si addiziona sui doppi legami dei lipidi che in tal modo si saturano e, mediante un rapido raffreddamento, l’emulsione iniziale solidifica. Come il burro, anche la margarina è costituita dall’80% di grassi, dal 20% di acqua e da sostanze solide. Poiché una parte delle vitamine contenute negli oli di origine si perde con il processo di idrogenazione, talvolta ne vengono reinserite alcune (A e D), anche per tentare di eguagliare le proprietà organolettiche del burro. In passato si potevano trovare in commercio margarine realizzate con olio di noce di cocco e olio di semi di cotone, mentre oggi tra gli oli vegetali si usano quelli di soia e di mais. Le indicazioni di legge prevedono che le margarine abbiano un contenuto minimo di grassi pari all’84% e, soprattutto, che siano esenti da grassi eventualmente nocivi. In pasticceria, la margarina sostituisce in tutto o in parte l’uso del burro ed è impiegata per realizzare pasta frolla, pasta sfoglia, pasta lievitata e creme, nonché tutte le ricette nelle quali è previsto l’uso del burro. Tuttavia, siccome la margarina ha un punto di fusione alto, può lasciare un retrogusto percepibile e una sensazione di unto al palato, non sempre graditi. Per quanto riguarda, invece, i grassi idrogenati, essi sono apprezzati prevalentemente nell’industria dolciaria, poiché resistono bene alle diverse temperature di cottura e si conservano a lungo. Questi grassi hanno un contenuto massimo di acqua del 2% e sostituiscono la panna nella realizzazione di gelati, perché sono in grado di catturare facilmente l’aria necessaria alla loro preparazione.

✔ 1. 2. 3. 4. 5. 6.

GUIDA ALLO STUDIO

La margarina è costituita per il 20% di grassi Una parte delle vitamine contenute negli oli di origine si perde durante il processo di idrogenazione Gli oli vegetali più utilizzati per ottenere margarine sono olio di soia e olio di mais In pasticceria la margarina ha funzione equivalente al burro La margarina è utilizzata per pasta frolla, pasta sfoglia, pasta lievitata e creme I grassi idrogenati non si conservano a lungo

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108

macroarea

2 • Le materie prime

MAPPA carbonio

I lipidi

sono

formati da

composti ternari

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sono costituiti da

acidi grassi

saturi

se

presentano solo legami semplici

insaturi

se

presentano uno o più legami complessi

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formati da

idrogeno

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hanno origine

burro

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animale

vegetale

come

come

sego

grasso d’oca

grasso d’anitra

olio di oliva

olio di semi


unità

4

Lipidi

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SINTESI Quali sono le caratteristiche chimico-fisiche dei lipidi

I lipidi (comunemente detti grassi) sono composti formati da carbonio (C), ossigeno (O) e idrogeno (H). Sono insolubili in acqua ma solubili in solventi organici; sono idrofobi, quindi se aggiunti all’acqua, non si mescolano in modo uniforme ma formano un miscuglio chiamato emulsione, in cui le due componenti rimangono chiaramente distinguibili. La maggior parte dei lipidi ha come principali componenti strutturali delle molecole chiamate acidi grassi, formate da lunghe catene di atomi di carbonio in numero pari e uniti da legami chimici che possono essere semplici o doppi. Si distinguono acidi grassi saturi, che presentano esclusivamente legami semplici, acidi grassi insaturi, che presentano uno o più doppi legami (in particolare monoinsaturi se hanno un solo doppio legame e polinsaturi se hanno più doppi legami). In genere i lipidi con acidi saturi sono solidi (come lo strutto e il burro); i lipidi con acidi grassi insaturi sono liquidi (come gli oli). I grassi migliorano la consistenza dei cibi, rendendoli più appetitosi ma si irrancidiscono facilmente. Il punto di fusione specifico di ogni lipide è inferiore ai 20 °C negli oli, superiore ai 40 °C nei grassi. Come si producono lo strutto e il sego

Assieme al burro, lo strutto è il grasso di origine animale più conosciuto, ottenuto dalla fusione a vapore dei tessuti adiposi del maiale e composto da grassi saturi, per circa il 45%, e da grassi insaturi, suddivisi in monoinsaturi per circa il 47% e polinsaturi per il restante 8%. Lo strutto non viene quasi più usato per friggere, e nella pasticceria è impiegato per le pastelle e le preparazioni in cui è richiesta buona friabilità. Dal grasso dei bovini, si ricava invece il sego, che ha una maggiore quantità di acidi grassi saturi ed è utilizzato per produrre surrogati del burro e alcuni tipi di margarina, ma è pressoché ignorato in pasticceria. Quali sono i grassi vegetali

I grassi vegetali sono generalmente riconosciuti come i meno pericolosi per la salute dell’organismo, poiché è assente il colesterolo che è invece presente in tutti gli organismi animali. L’olio di oliva si ricava dalla spremitura del frutto dell’olivo, è molto utilizzato in gastronomia e ha effetti positivi per la salute: apporta all’organismo umano buone quantità di vitamina E con anche, in minor grado, le vitamine A e D, tutte quante liposolubili. In commercio esistono diversi tipi di olio, a seconda delle modalità di lavorazione, caratterizzati da differente acidità, determinata dall’acido oleico.

Che cosa sono gli oli di semi

Oltre all’olivo, molte altre piante forniscono semi da cui estrarre oli dalle caratteristiche diverse: olio di arachide (dall’arachide, o nocciolina americana; è utilizzato per realizzare margarine, ma risulta anche il migliore per friggere), olio di colza (dai semi della colza; si trova in commercio miscelato con altri oli), olio di soia (dai semi di una leguminosa di origine orientale, la soia; si usa per condire, per realizzare dolci particolari e alcune salse), olio di mais (dalle cariossidi del mais; ottimo come condimento, ma non è adatto alle fritture); olio di palma (rientra tra quelli usati sia per realizzare margarine sia per friggere); olio di palmisti (dai semi di alcune varietà di palma); olio di girasole (dai semi di girasole; usato spesso come condimento, rientra anche tra i componenti di margarine o degli oli di semi vari); olio di semi vari (costituiti dalla miscela di diversi oli di semi, è poco indicato per l’alimentazione umana), olio di semi dietetici. Quali sono le varietà di burro vegetale

Da alcune specie di piante si riescono a produrre vari tipi di burro vegetale, ampiamente utilizzati anche in pasticceria, come: burro di cacao, burro di cocco, burro di arachide. LEZIONE SPECIALE Margarine e grassi idrogenati

La margarina è un grasso idrogenato che rappresenta una sorta di anello di congiunzione tra il mondo animale e quello vegetale, realizzata a partire da un’emulsione acquosa di oli vegetali e animali che viene sottoposta a un processo di idrogenazione, durante il quale si riscaldano i grassi fino a 180 °C e vi si inietta idrogeno gassoso. Come il burro, anche la margarina è costituita dall’80% di grassi, dal 20% di acqua e da sostanze solide. In passato si potevano trovare in commercio margarine realizzate con olio di noce di cocco e olio di semi di cotone, mentre oggi tra gli oli vegetali si usano quelli di soia e di mais. In pasticceria, la margarina sostituisce in tutto o in parte l’uso del burro ed è impiegata per realizzare pasta frolla, pasta sfoglia, pasta lievitata e creme, nonché tutte le ricette nelle quali è previsto l’uso del burro. Tuttavia, siccome la margarina ha un punto di fusione alto, può lasciare un retrogusto percepibile e una sensazione di unto al palato. I grassi idrogenati sono apprezzati prevalentemente nell’industria dolciaria, poiché resistono bene alle diverse temperature di cottura e si conservano a lungo. Questi grassi inoltre sostituiscono la panna nella realizzazione di gelati.


110

macroarea

2 • Le materie prime

2. Le zangole impiegate per la produzione di burro sono: a. particolari fruste elettriche b. piccole celle frigorifere c. recipienti che ruotano sul proprio asse d. stampi per preparare i panetti di burro

VERIFICHE VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15.

I lipidi hanno funzione energetica I lipidi sono composti binari formati da carbonio e idrogeno I lipidi sono solubili in acqua e insolubili in solventi organici, come il benzene Gli acidi grassi saturi presentano solo legami semplici tra atomi di carbonio I lipidi costituiti da acidi grassi saturi sono generalmente solidi a temperatura ambiente Gli oli sono generalmente costituiti da acidi grassi insaturi Le margarine sono oli solidificati mediante abbassamento di temperatura Strutto e burro sono denominati grassi Un grasso si irrancidisce quando si ossida all’aria Gli oli hanno punto di fusione superiore ai 20 °C I grassi hanno punto di fusione superiore ai 40 °C Oli e grassi possono essere deteriorati dal surriscaldamento eccessivo Lo strutto si ottiene dal grasso dei bovini Il burro si ottiene a partire dalla ricotta Per conservare un panetto di burro a lungo, lo si può riporre in freezer

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F

DOMANDE A COMPLETAMENTO Completa indicando quali caratteristiche deve possedere un burro di qualità.

VERIFICHE

1. Massa: ....................................................................... 2. Colore: ....................................................................... 3. Profumo: ....................................................................

3. La formazione di burro è favorita da temperature: a. comprese tra 12 e 18 °C b. inferiori a 15 °C c. superiori a 20 °C d. comprese tra 2 e 4 °C 4. Nella lavorazione del burro, la panna va sbattuta violentemente: a. per non farla irrancidire b. per aumentarne la temperatura c. per farle incorporare quanta più aria possibile d. per rompere i lipidi, amalgamarli e favorire la fuoriuscita di acqua 5. La struttura del burro dipende: a. dalla percentuale di grasso contenuto nella panna e dalla temperatura di lavorazione b. dalla percentuale di fase grassa c. dalla percentuale di liquido residuo d. dalla quantità di proteine contenute nel latticello 6. Si consiglia di conservare il burro a temperature comprese fra: a. 0 e 2 °C b. 2 e 4 °C c. 6 e 10 °C d. 8 e 12 °C 7. Il grasso utilizzato per produrre surrogati del burro e alcuni tipi di margarina è: a. lo strutto b. il sego c. il grasso d’oca d. il grasso di anitra 8. Lo strutto è composto: a. per circa il 45% da grassi saturi b. per circa il 45% da grassi polinsaturi c. per circa il 90% da grassi saturi d. per circa l’80% da grassi monoinsaturi

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. Il grasso che si ottiene dal tessuto adiposo dei bovini è: a. il burro b. lo strutto c. il sego d. nessuno dei precedenti

DOMANDE A COMPLETAMENTO Completa indicando quali caratteristiche deve possedere uno strutto di qualità. 1. Pasta: ........................................................................ 2. Odore: ....................................................................... 3. Sapore: ......................................................................


unità

4

Lipidi

111

VERO O FALSO

VERO O FALSO

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

1. 2. 3.

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.

I grassi vegetali sono in genere i più pericolosi per la salute V F Gli oli vegetali contengono colesterolo V F L’olio di oliva è formato per il 70-80% da acido oleico V F L’acidità di un olio extravergine di oliva non supera l’1% V F L’olio di oliva raffinato si ottiene dalla raffinazione di oli extravergini V F L’olio d’oliva apporta vitamina E V F Vitamine A e D sono assenti nell’olio d’oliva V F L’olio di oliva vergine ha un’acidità inferiore rispetto all’olio extravergine di oliva V F È l’acido oleico a determinare l’acidità di un olio V F L’acido oleico non incide sul sapore dell’olio V F

DOMANDE A COMPLETAMENTO Completa indicando quali caratteristiche deve possedere un olio d’oliva di qualità. 1. Aroma: ....................................................................... ................................................................................... 2. Profumo: .................................................................... ................................................................................... 3. Digeribilità: ................................................................ ...................................................................................

LEZIONE SPECIALE Le margarine e i grassi idrogenati

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. La margarina si ottiene a partire da olio di oliva V F La margarina si ottiene per solidificazione di un’emulsione di grassi e acqua V F Per produrre margarina occorre ossigeno gassoso V F La margarina è costituita per il 20% di grassi e per l’80% di acqua V F La margarina non ha le stesse proprietà organolettiche del burro V F L’olio di soia e l’olio di mais sono spesso usati per ottenere margarina V F In pasticceria la margarina è un sostituto del burro V F La margarina ha un punto di fusione basso V F

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F

DOMANDE A COMPLETAMENTO Completa indicando il tipo di burro vegetale al quale la descrizione si riferisce. 1. Ottenuto dalla pressatura di semi, si presenta come una pasta solida dal colore bianco. È un ingrediente fondamentale del cioccolato: ………………….. 2. Si presenta come pasta spalmabile, molto aromatica; è molto apprezzato negli Stati Uniti: ………………….. 3. Ha colore bianco, sapore fresco e gradevole, ma è poco digeribile. È spesso usato come ingrediente per surrogati del cioccolato: …………………..

DOMANDE A COMPLETAMENTO Inserisci gli elementi mancanti scegliendo tra quelli elencati. conservazione aria acqua punto di fusione

temperature di cottura burro margarina vitamine

La composizione della ………………….. è simile a quella del ………………….. : è costituita dall’80% di grassi, dal 20% di ………………….. e sostanze solide. Alla carenza di ………………….. si ovvia talvolta con il reinserimento di alcune (A e D). Poiché possiede un ………………….. alto, può lasciare una sensazione di unto al palato non sempre apprezzata. I grassi idrogenati sono apprezzati nell’industria dolciaria in quanto resistono bene alle diverse ………………….. e hanno una lunga ………………….. . Poiché inglobano facilmente l’………………….. sono usati anche in gelateria.

VERIFICHE

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

L’olio di arachide è il migliore per friggere L’olio di arachide è ricco di acidi grassi saturi L’olio di colza puro ha problemi di tossicità L’olio di soia è totalmente privo di tossicità L’olio di mais è ottimo per friggere L’olio di palma si ricava dai semi della pianta L’olio di palmisti è resistente alle alte temperature L’olio di girasole contiene circa il 90% di acidi grassi insaturi 9. L’olio di semi vari è ottimo come condimento 10. Gli oli di semi dietetici vengono addizionati con vitamine


LABORATORIO DELLE COMPETENZE

112

saturi

ssi saturi e in Gli acidi gra A Acidi grassi

Compiti di realtà

Indica brevemente che cosa distingue gli acidi grassi saturi da quelli insaturi completando la tabella. Legami

Forma

Esempio

Saturi

..................................................

..................................................

..................................................

Insaturi

..................................................

..................................................

..................................................

Il burro negli B

impasti Consulta l’approfondimento digitale “Il burro negli impasti” di pag. 101, poi indica quali funzioni svolge il burro in ognuno dei seguenti impasti.

Impasto

Funzioni del burro

Pasta frolla

.......................................................................................................................................................... ..........................................................................................................................................................

Pasta brisée

.......................................................................................................................................................... ..........................................................................................................................................................

Pasta sfoglia

.......................................................................................................................................................... ..........................................................................................................................................................

Pâte à choux

.......................................................................................................................................................... ..........................................................................................................................................................

Il burro ch ia C

rificato Il burro chiarificato si ottiene rimuovendo l’acqua e le proteine del latte, legate alla caseina che è anche la proteina prevalente, e lasciando la sola parte grassa. Di seguito riportiamo in ordine sparso le fasi principali per chiarificare il burro. Numerale e associale alle immagini corrispondenti.

Passare il liquido alla stamigna per separare la parte grassa Eliminare la schiuma che si forma in superficie Cuocere il burro a bagnomaria per circa 40 minuti


UNITÀ 5

113

Frutta secca 1.

QUAL È IL RUOLO DELLA FRUTTA SECCA IN PASTICCERIA

Nella pasticceria, la frutta secca gioca un ruolo di rilievo perché costituisce: • un componente di molteplici impasti; • un elemento decorativo. In genere, la si distingue in due tipologie: • frutta secca a guscio, costituita da frutti che non si aprono a maturazione; • frutta secca disidratata, alla quale è stata estratta parte dell’acqua contenuta.

La frutta secca è ricca di preziosi acidi grassi omega-3, di vitamine del gruppo B ed E, di fibre e di una discreta quantità di proteine. Tuttavia, siccome il contenuto di grassi è elevato, andando dal 50 al 65%, la frutta secca è molto calorica, pertanto deve essere usata e consumata con attenzione. Inoltre, poiché i lipidi sono soggetti nel tempo a ossidarsi, soprattutto in determinate condizioni di umidità, la frutta secca irrancidisce facilmente. Per questo motivo è necessario conservarla sempre in un luogo fresco e asciutto, mantenendola al massimo per un anno.

Frutto

Acqua

Zucchero

Proteine

Grassi

Mandorla

11%

4%

16-19%

52-54%

Anacardio

5%

27-29%

25%

50%

Noce del Brasile

5-6%

15-17%

14-15%

65-67%

Castagna fresca

50-52%

42%

3,50%

1-1,80%

Noce

5-6%

6,3%

15%

63,5%

Nocciola

3,5%

1,8%

15%

55-60%

Parola chiave Acidi grassi omega-3 Gli omega-3 sono una categoria di acidi grassi essenziali, caratterizzati dalla posizione del primo doppio legame che, iniziando il conteggio dal carbonio terminale, occupa la terza posizione (da cui il termine omega-3). Gli omega-3 si trovano generalmente nel pesce, nei crostacei, nella frutta secca e in oli vegetali. Hanno effetti benefici soprattutto sulla salute dell’apparato cardiovascolare e del sistema nervoso.

GUIDA ALLO STUDIO

1. La frutta secca è usata in pasticceria sia come ingrediente di molteplici impasti sia come elemento decorativo 2. La frutta secca è ricca di acidi grassi omega-3 3. La frutta secca ha un contenuto di grassi assai ridotto pertanto è poco calorica 4. La frutta secca irrancidisce difficilmente 5. La frutta secca va conservata in luogo fresco e asciutto

V V V V V

F F F F F


114

macroarea

2.

2 • Le materie prime

LA FRUTTA SECCA A GUSCIO

La mandorla È il tipo di frutta secca a guscio più usato in pasticceria.

La mandorla

Le ricette dei Maestri • Tagliolini di mandorle e ricotta • Flan di mandorle con purea di mele e amaretti

incipale

grediente pr

l’in Costituisce ■ ■ ■ ■ ■

Torroni Pasta di mandorle Amaretti Croccanti Confetti

In commercio, le mandorle si trovano: • con il guscio; • sbucciate, nelle due varietà piatta e tonda (la mandorla piatta, dal calibro ben definito, è impiegata nella realizzazione di torroni e confetti); • con la sottile pellicola che le riveste. Attualmente sono commercializzati anche vari semilavorati dedicati a ricette specifiche, composti da mandorle in

La noce del Brasile e l’anacardio • La noce del Brasile è una pianta ad alto fusto, originaria del bacino del Rio delle Amazzoni. La parte commestibile è il seme contenuto in frutti che possono arrivare a pesare più di due chili. Tali noci vengono commercializzate sgusciate e sono ricche di zinco e selenio. • Anche l’anacardio è originario della foresta amazzonica e anche in questo caso ciò che si consuma è rappresentato dal seme del frutto. È bene ricordare, però, che l’anacardio, prima di essere messo in commercio, deve essere privato del guscio, poiché contiene un olio

un Conferisce ■ ■ ■ ■ ■ ■

olare

ic sapore part

Torta di frutta secca Pasticcini Pasticceria morbida e da tè Praline Guarnizioni Salatini

tagli quali mezze mandorle, in granella, affettate, in farina o in pasta. La pasta di mandorle è adatta per realizzare il marzapane oppure alcune bibite, come il latte di mandorla e l’orzata. Per conservare adeguatamente le mandorle, è bene chiuderle in contenitori ermetici, riponendole in un luogo fresco e asciutto, per evitare che attirino insetti che, danneggiandole, le renderebbero inutilizzabili.

irritante, che potrebbe contaminare il seme stesso. In pasticceria, per analogia di consistenza e di sapore, questi due frutti sostituiscono talvolta le mandorle negli impasti.


unità

5

Frutta secca

La castagna Esistono diverse varietà di questo frutto ma, generalmente, si distinguono due categorie: • i marroni, più pregiati; • le domestiche, dalla polpa gustosa e dalle dimensioni inferiori. A causa del notevole contenuto di acqua (circa il 50%) è consigliabile non conservare le castagne troppo a lungo. Lessata e passata, la castagna è l’ingrediente principale di budini, Monte Bianco, creme, salse e marmellate, mentre con la sua farina si possono realizzare, oltre al noto castagnaccio, anche biscotti e torte. Tuttavia, il dolce che ha valorizzato la castagna e l’ha riscattata dal ruolo di frutto “povero”, è senza dubbio il marron glacè, che si prepara glassandola in uno sciroppo di zucchero.

La noce La parte commestibile della noce è il seme o gheriglio, che ha polpa bianca e croccante, divisa in quattro spicchi e ricoperta da una sottile pellicola.

115 Nella noce completa, il gheriglio è protetto dal guscio e più esternamente ancora dal mallo, verde e ricco di tannino. In pasticceria, la noce può rientrare tra gli ingredienti di croccanti e torroni oppure in torte e crostate di frutta secca. La si impiega con successo anche nella pralineria, ad esempio accostata al marzapane o al cioccolato, mentre, sottoforma di pasta di noce è ampiamente usata per preparare gelati. Inoltre, mettendo in infusione nell’alcol le noci, complete del mallo, si ricava il nocino, un liquore tipico di alcune regioni italiane.

La nocciola La parte commestibile è il seme bianco e croccante, contenuto all’interno del frutto, un guscio legnoso di colore marrone. Sul mercato europeo le nocciole migliori sono quelle provenienti proprio dall’Italia e, tra le varietà più pregiate, ricordiamo la tonda gentile delle Langhe e la tonda di Grifoni.

Calibro regolare, assenza di macchie e di sapori estranei sono i parametri fondamentali per stabilire la buona qualità delle nocciole, il cui consumo è prevalentemente rivolto a quelle tostate e sbucciate, mentre il mercato del prodotto fresco è limitato al 10% della produzione. Nel settore della distribuzione, le nocciole possono essere acquistate in varie forme: grezze, cioè ancora con il guscio, tostate e sbucciate intere, ma anche in granella e in pasta. In pasticceria, le si impiega in molte preparazioni, come, ad esempio, associate al cioccolato o per realizzare torroni, creme, torte, biscotti, amaretti, pasticcini, budini e, non ultimi per importanza, anche gelati.

Approfondimenti La nocciola italiana


116

macroarea

2 • Le materie prime

L’arachide

Le ricette dei Maestri Crema di arachidi e polpa di cachi

Conosciuta come nocciolina americana, è una leguminosa che spinge sottoterra i suoi baccelli a mano a mano che maturano. Usate in passato come alimento per animali, soltanto con la Seconda guerra mondiale le arachidi divennero fonte di cibo e di olio da impiegare nell’alimentazione umana. Negli Stati Uniti d’America, da esse si ricava il famoso burro di arachidi, molto energetico e più volte messo sotto accusa dai nutrizionisti per l’uso smodato che talvolta ne viene fatto. In pasticceria, l’arachide viene tostata con il guscio e può sostituire le nocciole in alcune preparazioni.

Pinoli, pistacchi e noce di cocco

Le ricette dei Maestri Zucca caramellata con salsa speziata, pistacchio e lenticchie

✔ 1. 2. 3. 4. 5.

• In pasticceria il pinolo è impiegato nella lavorazione di alcuni tipi di amaretti, nel ripieno degli strudel, nel castagnaccio e anche nella pasticceria da tè.

• Il pistacchio trova impiego, per il suo sapore tipico, nella realizzazione di pasticcini, gelati e praline. • La noce di cocco, infine, è usata per la preparazione di gelati, torte e semifreddi ma anche come decorazione per pasticcini. Dalla parte interna e bianca della noce si estrae un burro piacevolmente profumato, utilizzato in pasticceria nei surrogati del cioccolato.

GUIDA ALLO STUDIO

L’arachide è conosciuta anche come nocciolina brasiliana In pasticceria l’arachide può sostituire le noci in alcune preparazioni Il pinolo è utilizzato in preparazioni come amaretti, strudel, castagnaccio e pasticceria da tè Il pistacchio non è utilizzato per i gelati La noce di cocco può essere usata come decorazione per pasticcini

V V V V V

F F F F F


LEZIONE SPECIALE

Frutta secca disidratata Che cos’è la frutta secca disidratata La disidratazione è sicuramente uno dei più antichi procedimenti di conservazione degli alimenti, in particolare di quelli vegetali: un tempo, infatti, i frutti erano lasciati a essiccare semplicemente al sole. Oggi la frutta disidratata è ottenuta mediante un processo industriale che si effettua a temperatura controllata. Per ridare alla frutta la consistenza originale, è possibile tenerla a bagno nell’acqua, in un succo di frutta oppure in un liquido alcolico, fino a quando si gonfierà e diventerà nuovamente morbida. I frutti essiccati si consumano aggiunti ai cereali per colazione e alle macedonie, ma si impiegano anche per farcire torte, budini e pasticcini.

Quali varietà di frutta disidratata si utilizzano in pasticceria Fra le diverse varietà di frutta disidratata, l’uvetta è certamente quella più impiegata in pasticceria. I tipi di uva che meglio si prestano all’essiccazione sono: • uva sultanina o di Smirne: la migliore è quella morbida, chiara e profumata; la si può acquistare anche sciroppata o sotto alcol; in pasticceria rientra tra gli ingredienti di torte lievitate e in svariati ripieni; • uva Malaga e di Corinto: essiccata a grappoli interi, può sostituire l’uva sultanina; • uva di Pantelleria: ha acini più grossi rispetto alle due varietà precedenti; è utilizzata nel pane all’uva e in dolci a pasta lievitata.

Le ricette dei Maestri Zuccotto con uvetta, pinoli di Pisa sabbiati e zabaione al Vin Santo

Spesso sono utilizzati in forma disidratata anche i fichi, che possono essere consumati come tali oppure dopo essere stati fatti rinvenire in acqua calda e zucchero. In pasticceria sono tra gli ingredienti di pani tipici, di dolci a pasta lievitata, di ripieni e anche di gelati e torte di frutta secca. In alcune preparazioni regionali, inoltre, durante l’essiccazione, viene introdotta nei fichi altra frutta secca, come, ad esempio, mandorle o noci, arricchendoli ulteriormente. Meritano ancora di essere ricordati alcuni tipi di frutta essiccata, nonostante il loro impiego sia piuttosto limitato rispetto ai precedenti. A questo proposito ricordiamo: • ciliegie e amarene, con o senza nocciolo; sono usate per preparare sciroppi e ripieni di varia natura; • albicocche, pesche, mele e pere, che si utilizzano in ripieni oppure, dopo che le si è fatte rinvenire, in sostituzione della frutta fresca; • prugne, le quali, una volta cotte, quindi reidratate in parte, possono essere impiegate in crostate, tartellette e ripieni.

✔ 1. 2. 3. 4.

GUIDA ALLO STUDIO

I frutti essiccati possono essere consumati aggiungendoli a cereali e macedonie I frutti essiccati sono utilizzati per farcire pasticcini L’uva sultanina o di Smirne può essere acquistata anche sciroppata o sotto alcol L’uva Malaga ha acini più grossi rispetto all’uva di Pantelleria

V V V V

F F F F


118

macroarea

2 • Le materie prime

MAPPA La frutta secca

è ricca di

acidi grassi omega-3

che hanno

è utilizzata in pasticceria come si distingue in

frutta secca a guscio

frutta secca disidratata

come

come

mandorla

uva sultanina o di Smirne

noce del Brasile

uva Malaga e di Corinto

anacardio

uva di Pantelleria

castagna

fichi

nocciola

irrancidisce facilmente quindi va conservata

componente di molteplici impasti

noce

effetti benefici sull’apparato cardiovascolare e sul sistema nervoso

elemento decorativo in luogo fresco e asciutto


unità

5

Frutta secca

119

SINTESI Che cos’è la frutta secca

In pasticceria, la frutta secca costituisce sia un componente di molteplici impasti sia un elemento decorativo. La frutta secca comprende la frutta secca a guscio e la frutta secca disidratata. La frutta secca è ricca di preziosi acidi grassi omega-3, che hanno effetti benefici soprattutto sulla salute dell’apparato cardiovascolare e del sistema nervoso. La frutta secca apporta inoltre vitamine del gruppo B ed E, fibre e proteine. La frutta secca è molto calorica, pertanto deve essere usata e consumata con attenzione. Va conservata in un luogo fresco e asciutto. Che cos’è la frutta secca a guscio

Nell’ambito della frutta secca a guscio, la più utilizzata in pasticceria è la mandorla, usata per torroni, pasta di mandorle, amaretti, croccanti, confetti; è disponibile in commercio con il guscio, sbucciata, o dotata della sottile pellicola che la riveste. Nella frutta secca a guscio sono compresi anche: noce del Brasile, anacardio, castagna, noce, nocciola, arachide, pinoli, pistacchi e noce di cocco. Della castagna esistono due varietà principali: i marroni e le domestiche. Lessata e passata, la castagna è l’ingrediente principale di budini, Monte Bianco, creme, salse e marmellate, mentre con la sua farina si possono realizzare, oltre al noto castagnaccio, anche biscotti e torte. La castagna è la protagonista del marron glacè, glassata in uno sciroppo di zucchero. La parte commestibile della noce è il seme o gheriglio, utilizzato in pasticceria per croccanti, torroni, torte, crostate di frutta secca, pralineria, e sottoforma di pasta di noce per preparare gelati.

Inoltre, mettendo in infusione nell’alcol le noci, complete del mallo, si ricava il nocino, un liquore tipico di alcune regioni italiane. La parte commestibile della nocciola è il seme bianco e croccante. Tra le più pregiate nocciole provenienti dall’Italia ricordiamo la tonda gentile delle Langhe e la tonda di Grifoni. Il consumo di nocciole è prevalentemente rivolto a quelle tostate e sbucciate. In pasticceria, sono utilizzate associate al cioccolato o per realizzare torroni, creme, torte, biscotti, amaretti, pasticcini, budini e gelati. Conosciuta come nocciolina americana, soltanto con la Seconda guerra mondiale l’arachide divenne fonte di cibo e di olio da impiegare nell’alimentazione umana. Negli Stati Uniti d’America, se ne ricava il famoso burro di arachidi. In pasticceria, l’arachide viene tostata con il guscio e può sostituire le nocciole in alcune preparazioni. In pasticceria il pinolo è impiegato nella lavorazione di alcuni tipi di amaretti, nel ripieno degli strudel, nel castagnaccio e anche nella pasticceria da tè. Il pistacchio trova impiego nella realizzazione di pasticcini, gelati e praline. La noce di cocco è usata per la preparazione di gelati, torte e semifreddi ma anche come decorazione per pasticcini. Dalla parte interna e bianca della noce si estrae un burro piacevolmente profumato, utilizzato in pasticceria nei surrogati del cioccolato. LEZIONE SPECIALE Frutta secca disidratata Che cos’è la frutta secca disidratata

La disidratazione è uno dei più antichi procedimenti di conservazione degli alimenti. La frutta disidratata è ottenuta mediante un processo industriale che si effettua a temperatura controllata. Per ridare alla frutta la consistenza originale, è possibile tenerla a bagno nell’acqua, in un succo di frutta oppure in un liquido alcolico, fino a quando si gonfierà e diventerà nuovamente morbida. I frutti essiccati si consumano aggiunti ai cereali per colazione e alle macedonie, ma si impiegano anche per farcire torte, budini e pasticcini. Fra le diverse varietà di frutta disidratata, l’uvetta è certamente quella più impiegata in pasticceria (uva sultanina o di Smirne, uva Malaga e di Corinto, uva di Pantelleria). Spesso sono utilizzati in forma disidratata anche i fichi tra gli ingredienti di pani tipici, di dolci a pasta lievitata, di ripieni e anche di gelati e torte di frutta secca. Meritano ancora di essere ricordati alcuni tipi di frutta essiccata, nonostante il loro impiego sia piuttosto limitato: ciliegie e amarene, albicocche, pesche, mele, pere, prugne.


120

macroarea

2 • Le materie prime

VERIFICHE DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. In pasticceria la frutta secca: a. è usata esclusivamente a scopo decorativo b. è scarsamente usata perché eccessivamente calorica c. è presente come ingrediente in numerosi impasti d. trova scarso impiego perché si deteriora facilmente 2. La frutta secca: a. è costituita da frutti che si aprono a maturazione b. può essere a guscio, oppure disidratata c. è costituita esclusivamente da frutti essiccati al sole d. è costituita esclusivamente da frutti con il guscio

VERIFICHE

3. La frutta secca va conservata: a. in frigo b. in luogo fresco e asciutto c. in ambiente umido e buio d. in ambiente caldo 4.

La frutta secca è ricca di: a. acidi grassi omega-3 b. fibre c. vitamina E d. tutte le opzioni sono corrette

5.

Per realizzare il marzapane si usano: a. castagne b. arachidi c. mandorle d. nocciole

6. L’anacardio: a. viene commercializzato con e senza guscio b. viene commercializzato solo con il guscio c. prima di essere messo in commercio va privato del guscio, contenente un olio irritante d. prima di essere messo in commercio va tostato 7.

Il principale ingrediente del Monte Bianco è: a. la mandorla b. la castagna c. la nocciola d. la noce

8. Per circa l’11% è costituita di acqua: a. la castagna b. la mandorla c. la noce d. la nocciola 9. La tonda gentile delle Langhe e la tonda di Grifoni sono due varietà pregiate di: a. anacardio b. noce c. nocciola d. castagna 10. L’arachide: a. è una leguminosa b. all’inizio del secolo scorso era usata solo come cibo per gli animali c. è usata per ricavarne un burro molto energetico d. tutte le opzioni sono corrette 11. Nel ripieno dello strudel si possono mettere: a. pinoli b. pistacchi c. scaglie di noce di cocco d. arachidi VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16.

La frutta secca è povera di acidi grassi La frutta secca è ricca di vitamine del gruppo B La frutta secca va mangiata in gran quantità perché non fa ingrassare La frutta secca irrancidisce facilmente L’anacardio contiene circa il 5% di acqua La nocciola contiene circa il 15% di proteine La noce non contiene zuccheri Con la pasta di mandorle si realizza il marzapane L’orzata è una bibita a base di nocciola Noce del Brasile e anacardio hanno consistenza e sapore simili alla mandorla I marroni sono più pregiati delle castagne domestiche Della noce mangiamo il seme, ossia il gheriglio Una nocciola di buona qualità ha calibro regolare e deve presentare delle macchioline La nocciolina americana è una leguminosa Il burro di arachidi è un valido sostituto del burro, poiché contiene pochissime calorie Il burro di cocco può essere usato nella preparazione di surrogati del cioccolato

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F


unità

5

Frutta secca

DOMANDE A COMPLETAMENTO Completa indicando i tipi di frutta secca che possono rientrare tra i principali ingredienti dei seguenti prodotti. 1. Amaretti: .................................................................... 2. Biscotti: ..................................................................... 3. Budini: ....................................................................... 4. Castagnaccio: ........................................................... 5. Confetti: ..................................................................... 6. Creme: ....................................................................... 7. Croccanti: .................................................................. 8. Gelati: ........................................................................ 9. Marmellate: ...............................................................

LEZIONE SPECIALE Frutta secca disidratata

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. La disidratazione consente di conservare gli alimenti a lungo V F La frutta disidratata di migliore qualità è ottenuta oggi, come un tempo, lasciando i frutti a essiccare al sole V F La disidratazione della frutta avviene a temperatura controllata V F La frutta disidratata non riacquista più la consistenza originale V F I frutti essiccati possono essere tenuti a bagno in un liquido alcolico per farli ritornare morbidi V F Tutti i tipi di uva si prestano all’essiccazione V F L’uva di Pantelleria viene essiccata a grappoli interi V F L’uva sultanina può essere venduta anche sciroppata o sotto alcol V F I fichi disidratati possono essere fatti rinvenire in acqua calda e zucchero V F Ciliegie e amarene vengono essiccate esclusivamente senza nocciolo V F In pasticceria le albicocche secche possono sostituire quelle fresche, a patto di farle rinvenire in un liquido V F Le prugne secche, una volta cotte, possono essere impiegate nelle crostate V F In alcune preparazioni regionali si usano fichi essiccati riempiti di mandorle o noci V F L’uva di Pantelleria può sostituire l’uva sultanina V F Nella ricetta del pane all’uva, si usa l’uva di Pantelleria V F

10. Marron glacé: ............................................................ 11. Marzapane: ............................................................... 12. Monte Bianco: ........................................................... 13. Nocino: ...................................................................... 14. Orzata: ....................................................................... 15. Pasta di mandorle: .................................................... 16. Pasticceria morbida e da tè: ..................................... 17. Pasticcini: .................................................................. 18. Praline: ...................................................................... 19. Salatini: ...................................................................... 20. Strudel: ...................................................................... 21. Surrogati del cioccolato: ........................................... 22. Torroni: ...................................................................... 23. Torte: .........................................................................

16. 17. 18. 19. 20. 21. 22.

In molte torte lievitate si usa l’uva di Smirne La frutta disidratata è scarsamente usata in gelateria Si possono ottenere sciroppi a partire dalle amarene, ma non dalle ciliegie La frutta disidratata non si presta a essere usata nelle macedonie È possibile far rinvenire delle mele secche tenendole a bagno in un succo di frutta La frutta disidratata trova impiego in pasticceria nella preparazione di torte, budini e pasticcini La disidratazione della frutta avviene mediante processi industriali

V F V F V F V F V F V F V F

DOMANDE A COMPLETAMENTO Completa indicando i principali impieghi in pasticceria delle seguenti varietà di frutta secca disidratata. Uva sultanina o di Smirne: .............................................. ......................................................................................... Uva Malaga e di Corinto: ................................................. ......................................................................................... Uva di Pantelleria: ........................................................... ......................................................................................... Fichi: ................................................................................ ......................................................................................... Ciliegie e amarene: .......................................................... ......................................................................................... Albicocche, pesche, mele, pere: ..................................... ......................................................................................... Prugne: ............................................................................ .........................................................................................

VERIFICHE

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15.

121


122

Gli

a mandorla impiegh i dell A

ia in pasticcer

Indica quali sono i principali impieghi della mandorla in pasticceria. 1. 2. 3. 4. 5.

Gli

Compiti di realtà

LABORATORIO DELLE COMPETENZE

.................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. ..................................................................................................................................................

eria io in pasticc c s u g a a c c a frutta se impiegh i dell B

Indica per ognuno dei seguenti impieghi, qual è la frutta secca a guscio più indicata. Monte Bianco .................................................................................................................................... Torrone .............................................................................................................................................. Castagnaccio .................................................................................................................................... Strudel ............................................................................................................................................... Burro di arachidi ................................................................................................................................ Nocino ............................................................................................................................................... Gelato ................................................................................................................................................ Croccante .......................................................................................................................................... Amaretti ............................................................................................................................................. Torte e semifreddi ..............................................................................................................................

C

Indica le seguenti varietà di frutta secca e specifica per ognuna di esse se ti è già capitato di usarla nella pratica di laboratorio e per quali preparazioni.

….............................…........... ….............................…...........

….............................…........... ….............................…...........

….............................…........... ….............................…...........

….............................…........... ….............................…...........

….............................…........... ….............................…...........

….............................…........... ….............................…...........


UNITÀ 6

123

Agenti lievitanti 1.

CHE COSA SONO I LIEVITI

come nutrimento un substrato energetico zuccherino. Sono l’ingrediente principale della panificazione in quanto responsabili della produzione di anidride carbonica e, quindi, del volume dell’impasto.

I lieviti sono microrganismi unicellulari che si riproducono per gemmazione utilizzando

Approfondimenti Fattori di crescita dei lieviti

I lieviti

Le funzioni

Le tipologie

Le qualità

■ Producono, utilizzando gli

zuccheri presenti nell’impasto, anidride carbonica (fermentazione) che determina l’espansione dell’impasto ■ Determinano la maturazione dell’impasto, producendo la struttura tipica dei prodotti lievitati ■ Conferiscono ai prodotti da forno l’aroma caratteristico

■ Forza fermentativa

(capacità di produrre anidride carbonica) ■ Conservabilità, se mantenuti alla giusta temperatura ■ Purezza microbiologica, in quanto non devono esserci contaminazioni da parte di organismi estranei

■ Lievito di birra ■ Lievito naturale o lievito madre ■ Lievito chimico

Che cos’è il lievito di birra Il lievito di birra è costituito da una coltura di lieviti in grado di trasformare gli zuccheri in: • anidride carbonica responsabile del rigonfiamento dell’impasto; • alcol etilico, che evapora con la cottura.

ra Il lievito di bir

fresco

■ È composto principalmente da acqua (70%) e

sostanze azotate (13,5%) ■ È adatto per la produzione di pani di piccola pezzatura ma di grande volume ■ Deve lievitare a temperature inferiori a 27 °C, perché, a temperature superiori, si ha una riduzione del volume e durante la cottura si forma una crosta alta e dura

ra Il lievito di bir

Approfondimenti Le origini della lievitazione

secco

■ È costituito dagli stessi microrganismi del lievito

di birra fresco, ma è in forma liofilizzata (polvere o granuli) ■ Si conserva più a lungo di quello fresco; in genere è utilizzato una volta “riattivato” sciogliendolo in acqua tiepida zuccherata ■ Utilizzo e tempo di lievitazione sono simili a quelli del lievito di birra fresco


124

macroarea

2 • Le materie prime

Che cos’è il lievito naturale o lievito madre Si tratta della porzione di un impasto lavorato precedentemente, che è aggiunta agli impasti successivi affinché abbia inizio la lievitazione. Oltre alla fermentazione alcolica operata dai lieviti, vi è anche una fermentazione lattica operata dai batteri lattici, che porta alla produzione di anidride carbonica e acidi organici (acido

lattico e acetico). Questi inibiscono lo sviluppo di muffe e migliorano le proprietà del glutine. Si ha così una lievitazione più lenta, che comporta: • maggiore crescita del prodotto; • alveolatura della mollica più omogenea; • caratteristiche organolettiche migliori (profumi e sapori); • maggiore digeribilità e conservabilità del prodotto finito.

Le caratteristiche del lievito naturale

Colore bianco avorio

Sapore e odore acido/dolce

Assenza di retrogusti estranei

pH compreso tra 4,3 e 4,5

Produzione di un impasto soffice e morbido, non appiccicoso, con alveoli prolungati, fini e ben sviluppati

I difetti del lievito naturale Difetto

Aspetto

Rimedio

Lievito debole

• Sapore poco acido e insipido, quasi come farina • Colore estremamente chiaro • Pasta compatta • Alveolatura scarsa e poco sviluppata • pH > 5

• Rinfrescare unendo zucchero (2 g/250 g di lievito)

Lievito forte

• Sapore acido amaro • Colore grigiastro • Alveolatura irregolare con alveoli rotondi • Impasto appiccicoso • pH < 4,2

• Lavare il lievito tagliato a fette con acqua a 20 °C e zucchero (2 g per litro di acqua), lasciare in ammollo per circa 15 minuti, quindi scolare e strizzare • Rinfrescare il lievito con farina (in quantità pari al doppio del peso del lievito) e acqua (in quantità pari alla metà del peso del lievito) • Con il secondo e il terzo rinfresco aumentare la farina di 1/10 rispetto al peso precedente

Lievito acido

• Sapore acido acetico • Odore di formaggio, forte e pungente • Colore grigio • Pasta molto viscida e appiccicosa • Alveolatura quasi assente • pH < 4

• Lavare il lievito tagliato a fette con acqua a 20 °C e zucchero (2 g per litro di acqua), lasciare in ammollo per circa 15 minuti, quindi scolare e strizzare (il lievito acido sale a galla, mentre la parte depositata non è recuperabile) • Rinfrescare il lievito con farina (in quantità pari al doppio del peso del lievito), acqua (in quantità pari alla metà del peso del lievito), 20 g di tuorlo d’uovo e zucchero (3 g/250 g di lievito) • Mettere l’impasto in un contenitore pieno di acqua e lasciarlo riposare finché non galleggia • Effettuare un secondo e un terzo rinfresco senza tuorlo e zucchero • Impastare e mettere in acqua finché non raggiunge la maturazione (cioè galleggia per un’ora a 22 °C)


unità

6

Agenti lievitanti

125

Quali sono i fattori che influenzano la fermentazione La fermentazione è influenzata da: • temperatura; • pressione osmotica; • pH.

La fermentazione Temperatura

Nei processi fermentativi la temperatura assume un ruolo rilevante, poiché, se sfruttata in modo corretto, si evita l’eccessivo inacidimento dell’impasto: quella ideale per la crescita dei microrganismi è compresa tra i 27 °C e i 30 °C, mentre con valori più alti si ha una produzione eccessiva, da parte dei batteri presenti nell’impasto, di acido lattico, che permane nel prodotto durante la cottura. È importante ricordare che se si raggiungono i 43 °C, l’attività dei lieviti viene ridotta, mentre a 53 °C è inattivata del tutto poiché avviene la denaturazione delle proteine, un fenomeno che coinvolge anche le molecole degli enzimi.

Pressione osmotica

La pressione osmotica è un fenomeno riguardante le soluzioni e agisce sulla membrana semipermeabile che divide l’esterno dall’interno di qualsiasi cellula. Se non si crea un equilibrio tra esterno e interno della membrana stessa, l’acqua passa, per osmosi, dal mezzo meno concentrato a quello più concentrato, cioè dall’interno verso l’esterno della cellula, che, se cede troppa acqua, si disidrata e muore. La pressione osmotica, cioè la forza che tende a rendere uguale la concentrazione delle soluzioni fra esterno e interno della cellula, è influenzata sia dal sale che dal glucosio: il primo, però, fa aumentare la pressione più dello zucchero e migliora la formazione della maglia glutinica, mentre il glucosio favorisce la fermentazione. Per questo motivo sono stati selezionati lieviti osmotolleranti, che sopportano pressioni osmotiche elevate senza rallentare l’attività fermentativa.

pH

L’acidità è fondamentale per la buona riuscita del prodotto finale, tanto che, proprio per rimarcarne l’importanza, l’impasto di lievito madre è talvolta denominato pasta acida. Infatti, se l’acidità non è controllata, e diviene troppo elevata, può provocare la formazione di un impasto finale difettoso. L’acidità del lievito madre ha un valore di pH che oscilla tra 3,5 e 4 mentre l’impasto lievita a un pH di circa 5 (infatti, l’aggiunta di farina, di acqua e la temperatura permettono di portare il pH a 5) che ha effetto sulle proteine, sugli enzimi e sulla formazione del glutine. Anche l’attività degli enzimi, che sono proteine, dipende dai valori di pH, il cui optimum è diverso per ognuno di essi. Per determinare il pH di una preparazione (come di qualsiasi soluzione acquosa) si utilizza uno strumento chiamato pHmetro.

Che cos’è il lievito chimico Il lievito chimico è composto da bicarbonato di sodio con l’aggiunta di acido tartarico e/o pirofosfato acido. Il bicarbonato di sodio, in presenza di calore e acqua, reagisce con l’acido producendo anidride carbonica, che determina il rigonfiamento dell’impasto. Il lievito chimico è commercializzato in forma di polvere, va mescolato con la farina o aggiunto all’impasto all’ultimo momento per conservare le proprietà lievitanti. Rende gli impasti particolarmente friabili ed è quindi consigliato per la preparazione di biscotti e piccola pasticceria.


126

macroarea

2.

2 • Le materie prime

IN CHE COSA CONSISTE di un gas prodotto al suo interno da parte di organismi viventi, oppure come risultato LA LIEVITAZIONE

Con la lievitazione un impasto di farina subisce un aumento del volume per effetto

di una reazione innescata da sostanze chimiche.

La lievitazione

Conferisce

Può essere

■ Forma

■ Biologica

■ Struttura

■ Chimica

■ Consistenza

■ Fisica

■ Conservabilità

Che cos’è la lievitazione biologica

Glossario Biga e Poolish La biga è un impasto di farina, acqua e lievito di birra, lasciato lievitare e utilizzato il giorno successivo nell’impasto finale. Il Poolish è un impasto liquido a base di acqua, farina, lievito, lasciato riposare e poi addizionato alla farina restante e agli altri ingredienti.

La lievitazione biologica avviene grazie alla produzione di anidride carbonica per fermentazione mediante l’utilizzo di lieviti come coadiuvanti (lievito di birra, lievito naturale, lievito compresso).

ne b iologica

La lievitazio

■ Diretta: tutti gli ingredienti sono impastati insieme (un solo impasto con lievito di birra),

producendo una lievitazione rapida con scarsa produzione di composti aromatici volatili e minor sviluppo di aromi e sapori

■ Semidiretta: si usa la pasta del giorno precedente addizionata con lievito ■ Indiretta: a sua volta distinta in utilizzo di biga o Poolish

Come avviene la lievitazione chimica Questa lievitazione è ottenuta con sostanze chimiche che producono anidride carbonica (bicarbonato e acidi) ed è

L’anidride carbonica determina un aumento del volume, mentre gli enzimi influenzano le caratteristiche organolettiche del prodotto finito.

solitamente utilizzata nella preparazione dei prodotti da forno che prevedono elevate dosi di zucchero (un alto tenore in zuccheri inibisce infatti lo sviluppo dei lieviti).

GUIDA ALLO STUDIO

1. La lievitazione determina l’aumento di volume dell’impasto ma non influisce sulla conservabilità del prodotto 2. La lievitazione può essere biologica, chimica, fisica 3. La lievitazione chimica può essere diretta, semidiretta, indiretta

V F V F V F


unità

6

Agenti lievitanti

127

Come avviene la lievitazione fisica Questa lievitazione è dovuta all’incorporazione di aria nella pasta. Le materie prime utilizzate sono fondamentali per la riuscita della lievitazione: uova, grassi ed emulsionanti sono infatti in grado di favorire e stabilizzare l’incorporazione di aria. Inoltre, la cottura determina l’espansione dell’aria e del vapore acqueo, la coagulazione delle proteine delle uova e la gelatinizzazione dell’amido delle farine responsabili della fissatura della struttura definitiva. Un esempio di lievitazione fisica è il metodo tradizionale

di preparazione del pan di Spagna. Anche la lievitazione per laminazione, tipica della pasta sfoglia, è un altro esempio di lievitazione fisica: il grasso è posto sull’impasto che è ripiegato poi su se stesso e sottoposto a una serie di laminazioni, che portano alla produzione di un unico strato sottile di impasto costituito da più strati alternati di materia grassa. I grassi rendono l’impasto impermeabile al vapore acqueo che si sviluppa durante la cottura, determinando un aumento della pressione interna agli strati, che provoca il sollevamento degli strati stessi e quindi del volume del prodotto (lievitazione per evaporazione).

La lievitazione Lievitazione chimica

Lievitazione biologica

Lievitazione fisica

Lievitazione per evaporazione

Prodotti nei quali la lievitazione è ottenuta con sostanze chimiche che producono anidride carbonica

Prodotti nei quali la lievitazione è ottenuta dalla produzione di anidride carbonica per fermentazione

Prodotti nei quali la lievitazione è dovuta alla montatura a spuma dell’albume d’uovo incorporato nell’impasto

Prodotti nei quali la lievitazione è dovuta all’evaporazione e alla dilatazione dell’acqua emulsionata con i grassi

Baking (risultato rustico con bolle regolari) Bicarbonato di sodio Bicarbonato di ammonio (risultato rustico con bolle irregolari) Cremortartaro

Lievito compresso Lievito naturale Biga Poolish

Azione meccanica della montata

Stratificazione (sfoglia)

Pasta frolla Pan di Spagna Muffin Plum-cake

Pane Pizza Panettone Colomba Brioche Veneziane

Bignè Pan di Spagna Meringhe

Pasta sfoglia


128

macroarea

2 • Le materie prime

Durata della lievitazione e quantità di lievito Durata della lievitazione (ore)

Quantità di lievito (%/kg di farina)

Quantità di lievito (g/kg di farina)

2

2,5

25

3

1,5

15

5

1

10

8

0,5

5

11

0,3

3

12-16

0,1

1

3.

COME AVVIENE LA COTTURA

La cottura è fondamentale per lo sviluppo della massa e per conferire le caratteristiche organolettiche al prodotto finito. Il calore, in base al volume e alla consistenza dell’impasto lievitato, penetra nella preparazione. Alla temperatura di 100 °C, l’acqua contenuta nell’impasto evapora impedendo al calore del forno di agire troppo velocemente.

✔ 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

• Se l’impasto è molto sviluppato, presenterà dei pori più aperti che lasceranno fuoriuscire il vapore: la cottura avverrà quindi più lentamente e in modo omogeneo. • Se l’impasto è poco sviluppato, uscirà meno vapore e, di conseguenza, il prodotto tenderà a colorirsi più velocemente con il rischio che al centro rimanga crudo.

GUIDA ALLO STUDIO

I lieviti sono responsabili del volume dell’impasto poiché producono anidride carbonica Conservabilità e purezza microbiologica sono qualità dei lieviti Il lievito di birra secco ha utilizzo e tempo di lievitazione diversi da quello fresco Il lievito di birra fresco deve lievitare a temperature superiori a 27 °C Il lievito madre è una porzione di un impasto lavorato in precedenza aggiunta agli impasti successivi per iniziare la lievitazione Sapore e odore acido/dolce sono una caratteristica del lievito naturale Il lievito chimico va mescolato con la farina o aggiunto all’impasto all’ultimo momento La lievitazione può essere biologica, chimica e naturale La cottura è fondamentale per sviluppare la massa e per dare caratteristiche organolettiche

V V V V

F F F F

V V V V V

F F F F F


LEZIONE SPECIALE

Fermentazione La fermentazione alcolica e la fermentazione malolattica avvengono entrambe in assenza di ossigeno. • La fermentazione alcolica avviene ad opera di lieviti appartenenti al genere Saccharomyces. • La fermentazione malolattica avviene ad opera di alcuni batteri, principalmente lattobacilli.

La fermentazione alcolica La fermentazione alcolica avviene con la trasformazione del glucosio da parte dei lieviti, i quali ricavano energia e nutrimento dal glucosio che: • è presente nell’impasto come ingrediente (saccarosio); • può essere ottenuto a partire dagli amidi o dal malto presenti nelle farine. La fermentazione alcolica è responsabile della lievitazione del pane così come della trasformazione del mosto in vino. Nella prima fase della fermentazione, il lievito scinde il saccarosio in glucosio e fruttosio. Poi, durante la fermentazione, i lieviti liberano anidride carbonica, e producono anche composti secondari che determinano le caratteristiche organolettiche al prodotto finito. Inoltre, alcune cellule di lieviti muoiono andando così ad arricchire il valore nutrizionale dell’alimento. La fermentazione alcolica è sfruttata per: • produrre anidride carbonica, responsabile del rigonfiamento degli impasti; • produrre composti aromatici che conferiscono al prodotto precise caratteristiche organolettiche; • favorire la maturazione dell’impasto.

La fermentazione malolattica La fermentazione malolattica avviene ad opera di alcuni batteri, principalmente lattobacilli, in assenza di ossigeno. Questa fermentazione determina la trasformazione del glucosio in acido lattico, con liberazione di anidride carbonica. I prodotti principali della fermentazione lattica sono quindi l’anidride carbonica, che consente il rigonfiamento dell’impasto, e l’acido lattico. L’acidità causata dalla fermentazione lattica conferisce le caratteristiche organolettiche del prodotto finito, migliorandone la digeribilità e la conservabilità.

✔ 1. 2. 3. 4.

GUIDA ALLO STUDIO

La fermentazione alcolica e la fermentazione malolattica avvengono in presenza di ossigeno Durante la fermentazione alcolica, la scissione del saccarosio in glucosio viene operata dai lieviti Durante la fermentazione viene prodotta anidride carbonica, responsabile del rigonfiamento degli impasti La fermentazione malolattica avviene ad opera dei lattobacilli

V V V V

F F F F


130

macroarea

2 • Le materie prime

MAPPA La lievitazione

determina

conferisce

si distingue in

l’aumento del volume di un impasto di farina

biologica

per effetto di quando la produzione di

che può essere

che è sfruttata nella produzione di

un gas anidride carbonica

prodotto al suo interno da organismi viventi

derivato da una reazione chimica

forma struttura al prodotto finito

diretta (produzione di un solo impasto con lievito di birra)

semidiretta (impiego di pasta del giorno precedente con lievito)

indiretta (impiego di biga e Poolish)

consistenza conservabilità pane avviene per fermentazione che è attivata dall’utilizzo di

lieviti (lievito di birra, lievito naturale, lievito compresso)

determina un

aumento del volume dell’impasto

pizza panettone e colomba brioche e veneziana


unità

6

Agenti lievitanti

131

chimica

fisica

quando è ottenuta con

che è utilizzata per

sostanze chimiche (bicarbonato e acidi)

prodotti da forno con elevate dosi di zucchero

che è sfruttata nella produzione di

quando è dovuta alla

che è sfruttata nella produzione di

pan di Spagna

incorporazione di aria nell’impasto

pasta sfoglia bignè

che producono

pasta frolla muffin

anidride carbonica

plum-cake

attraverso il

per

lavoro meccanico delle impastatrici

insufflamento di aria


132

macroarea

2 • Le materie prime

SINTESI Quali furono le origini della lievitazione

Già gli antichi Romani utilizzavano il lievito nella preparazione di impasti: la lievitazione, dovuta ai microrganismi dell’aria e dell’acqua, era fatta avvenire spontaneamente (lievito madre o naturale). Alcune popolazioni del centro e del nord Europa per favorire la fermentazione usavano le fecce residue della lavorazione della birra mescolate alla segale (lievito di birra). Attualmente il lievito di birra è prodotto a livello industriale ed è largamente utilizzato nella panificazione e nelle produzioni di dolci. In questo lievito il microrganismo responsabile della fermentazione è il Saccharomyces cerevisiae. Che cosa sono i lieviti

I lieviti sono microrganismi unicellulari che si riproducono per gemmazione utilizzando gli zuccheri disponibili. Sono fondamentali per la panificazione perché producono anidride carbonica (fermentazione) che fa aumentare il volume dell’impasto. Quali sono le tipologie di lievito

Tra le diverse tipologie di lieviti impiegati vi sono il lievito di birra fresco e secco, il lievito naturale e il lievito chimico. Il lievito di birra fresco (composto da acqua per il 70% e sostanze azotate per il 13,5%) è usato per pani di piccola pezzatura ma di grande volume. Il lievito di birra secco è lievito di birra fresco liofilizzato (polvere o granuli), dunque conservabile più a lungo. Il lievito naturale (o pasta acida, o lievito madre) è un impasto di farina e acqua acidificato da lieviti e batteri lattici in grado di attivare la fermentazione. Il lievito chimico, consigliato per biscotti e piccola pasticceria, è composto da bicarbonato di sodio con acido tartarico e/o pirofosfato acido che in presenza di calore e acqua producono anidride carbonica. Che cos’è la lievitazione

Con la lievitazione il volume di un impasto di farina aumenta per effetto di un gas prodotto al suo interno da organismi viventi o derivato da una reazione chimica. La lievitazione conferisce forma, struttura, consistenza e conservabilità al prodotto finito. Con la lievitazione biologica (diretta, semidiretta o indiretta con biga e Poolish) la produzione di anidride carbonica avviene per fermentazione attivata dall’utilizzo di lieviti (lievito di birra, lievito naturale, lievito compresso). La lievitazione chimica è ottenuta con sostanze chimiche (bicarbonato e acidi) ed è utilizzata per prodotti da forno con elevate dosi di zucchero, mentre la lievitazione fisica è dovuta all’incorporazione di aria nella pasta.

Come avviene la cottura

La cottura è fondamentale per lo sviluppo della massa e per conferire le caratteristiche organolettiche al prodotto finito. Alla temperatura di 100 °C, l’acqua contenuta nell’impasto evapora e impedisce al calore di agire troppo velocemente. Un impasto è ben sviluppato quando i pori aperti favoriscono la fuoriuscita di vapore (cuoce più lentamente ma in modo omogeneo), mentre un impasto poco sviluppato assume velocemente coloritura ma rischia di rimanere crudo al centro. LEZIONE SPECIALE Fermentazione La fermentazione alcolica e la fermentazione malolattica

La fermentazione alcolica e la fermentazione malolattica avvengono entrambe in assenza di ossigeno. La fermentazione alcolica avviene ad opera di lieviti appartenenti al genere Saccharomyces, mentre la fermentazione malolattica avviene ad opera di alcuni batteri, principalmente lattobacilli. La fermentazione alcolica avviene con la trasformazione del glucosio da parte dei lieviti ed è responsabile della lievitazione del pane così come della trasformazione del mosto in vino. La fermentazione alcolica è sfruttata per produrre anidride carbonica, responsabile del rigonfiamento degli impasti, per produrre composti aromatici che conferiscono al prodotto precise caratteristiche organolettiche e per favorire la maturazione dell’impasto. La fermentazione malolattica determina la trasformazione del glucosio in acido lattico, con liberazione di anidride carbonica. I prodotti principali della fermentazione malolattica sono quindi l’anidride carbonica, che consente il rigonfiamento dell’impasto, e l’acido lattico. L’acidità causata dalla fermentazione malolattica conferisce le caratteristiche organolettiche del prodotto finito, migliorandone la digeribilità e la conservabilità.


unità

6

Agenti lievitanti

VERIFICHE VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. Il lievito era conosciuto e usato già dagli antichi Romani V F 2. L’antenato del moderno lievito di birra può essere ritenuto un mix di segale e fecce residue della lavorazione della birra, in uso presso alcune antiche popolazioni nord europee V F 3. Oggi il lievito di birra è molto usato nella panificazione, mentre lo è di meno per quanto riguarda le produzioni di dolci V F 4. Il lievito di birra è facile e rapido da usare V F 5. I microrganismi presenti nel lievito di birra sono saccaromiceti V F 6. I lieviti si riproducono per gemmazione V F 7. I lieviti sono responsabili della produzione di ossigeno che fa aumentare il volume dell’impasto V F 8. La forza fermentativa di un lievito è data dalla sua capacità di produrre anidride carbonica V F 9. L’aroma caratteristico dei prodotti da forno è dovuto alla farina e non al lievito V F 10. Oltre al lievito di birra, esistono altre due tipologie di lievito: il lievito madre e il lievito chimico V F DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. Il lievito di birra fresco è composto principalmente da: a. acqua e sostanze azotate b. bicarbonato di sodio e acido tartarico c. anidride carbonica ed acqua d. enzimi e glucidi

3. La presenza di batteri lattici nel lievito naturale determina: a. la fermentazione malolattica b. la fermentazione alcolica c. la fermentazione malolattica e quella alcolica d. nessuna delle precedenti opzioni è corretta

4. Il lievito chimico è composto da: a. bicarbonato di sodio b. bicarbonato di calcio c. alcol etilico d. anidride carbonica 5. La reazione che determina il rigonfiamento di un impasto lavorato con lievito chimico: a. necessita di calore e acqua per attivarsi b. avviene in assenza di acqua c. può avvenire solo a temperature molto basse d. nessuna delle opzioni precedenti è corretta DOMANDE A COMPLETAMENTO Inserisci correttamente gli elementi mancanti, scegliendo tra quelli elencati. anidride carbonica aumento biologici chimici conservabilità contaminazioni estranei 1. 2. 3.

fisici forma forza fermentativa gas microbiologica reazione chimica struttura

La qualità del lievito può essere espressa in termini di: ..................................., cioè la capacità di produrre ................................... in quantità adeguata e nei tempi richiesti dai diversi tipi di impasto; ..................................., in quanto se mantenuto alla giusta ................................... deve conservare le sue caratteristiche e le sue proprietà inalterate nel tempo; purezza .............................., in quanto non devono esserci .................................. da parte di organismi ................................... . La lievitazione è un processo che determina un ................................... del volume di un impasto di farina per effetto di un ............................... prodotto al suo interno o da organismi ................................... o come risultato di una ................................... da parte di sostanze chimiche. Determina una trasformazione del prodotto originale conferendo ..................................., ..................................., consistenza e conservabilità al prodotto finito. La lievitazione può avvenire con metodi ..................................., ................................... o ................................... . La cottura è fondamentale per lo ............................. della ............................. e per conferire le ............................. al prodotto ............................. Il ............................. in base al ............................. e alla consistenza dell’............................. lievitato, penetra nella ............................. . Alla temperatura di ............................., l’acqua contenuta nell’impasto ............................. impedendo al ............................. del forno di agire troppo velocemente.

VERIFICHE

2. Il lievito madre: a. è una porzione di un impasto lavorato precedentemente b. non contiene batteri lattici, ma solo lieviti c. non contieni lieviti, ma solo batteri lattici d. nessuna delle precedenti opzioni è corretta

133


134

macroarea

2 • Le materie prime

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.

I lieviti utilizzati negli impasti determinano la produzione di anidride carbonica, la maturazione dell’impasto e l’aroma caratteristico V F Il Poolish è un impasto liquido V F Nel lievito di birra secco sono presenti gli stessi microrganismi presenti nel lievito di birra fresco ma in forma liofilizzata V F Il lievito naturale è chiamato anche pasta acida o lievito madre V F Nel lievito chimico la produzione di anidride carbonica avviene in seguito alla reazione tra il bicarbonato di sodio e l’acido tartarico in assenza di acqua e calore V F Il lievito di birra fresco è composto per il 70% da acqua V F Il lievito di birra è adatto per impasti di piccolo volume V F La biga è in tre tipologie V F Pasta sfoglia e pan di Spagna utilizzano lievitazioni biologiche V F Il Poolish è una lievitazione chimica diretta V F

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. La lievitazione biologica: a. può essere diretta, semidiretta o indiretta b. avviene grazie alla produzione di anidride carbonica per fermentazione c. contraddistingue il Poolish d. tutte le opzioni sono corrette

VERIFICHE

2. La lievitazione chimica: a. è ottenuta con bicarbonato e acidi b. non necessita della produzione di anidride carbonica c. è solitamente utilizzata nella lavorazione di impasti poco zuccherati d. è resa possibile dall’evaporazione dell’acqua contenuta nell’impasto 3. La lievitazione fisica è dovuta: a. all’azione dei lieviti naturali b. all’azione di sostanze chimiche c. all’azione contemporanea di lieviti naturali e sostanze chimiche d. all’incorporazione di aria nell’impasto attraverso il lavoro meccanico

4.

La lievitazione per laminazione: a. è un esempio di lievitazione fisica b. è tipica della pasta sfoglia c. è dovuta all’evaporazione dell’acqua emulsionata con i grassi d. tutte le opzioni sono corrette

5.

La lievitazione dell’impasto di un panettone è: a. chimica b. biologica c. fisica d. per evaporazione

6.

La cottura di un impasto molto sviluppato: a. avviene velocemente b. avviene lentamente e in modo omogeneo c. presenta il rischio che al centro l’impasto rimanga crudo d. presenta il rischio che il prodotto si bruci in superficie DOMANDE A COMPLETAMENTO Completa indicando come si chiama il tipo di lievitazione descritta: 1. 2. 3.

Si usa la pasta del giorno prima addizionata con lievito: ................................................................................... Viene fatto un unico impasto con tutti gli ingredienti e lievito di birra, il tutto lievita velocemente con scarso sviluppo di aromi e sapori: ................................................................................... Si usa la biga oppure il Poolish: ...................................................................................

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. Una temperatura di 43 °C riduce l’attività dei lieviti, che si inattiva del tutto a 53 °C V F 2. La pressione osmotica è la forza che tende a rendere disomogenea la concentrazione delle soluzioni all’interno e all’esterno della cellula, così da favorire il passaggio di acqua dall’interno verso l’esterno V F 3. Per la buona riuscita di un impasto è necessaria un’acidità assai elevata V F 4. Il lievito madre ha un pH compreso tra 3,5 e 4 V F 5. L’impasto lievita a un pH di circa 5 V F


unità

6

Agenti lievitanti

135

DOMANDE A COMPLETAMENTO Inserisci gli elementi mancanti scegliendo tra quelli elencati. osmotolleranti pressione osmotica fermentazione sale maglia glutinica glucosio glutine impasto inacidimento denaturazione temperatura

microrganismi acido lattico acidità ridotta elevata 30 43 53 5 pH lievito madre

1. Durante la fermentazione la .......................... è di fondamentale importanza per evitare l’eccessivo .......................... dell’impasto. La temperatura ideale per la crescita dei .......................... responsabili della fermentazione è compresa tra i 27 °C e i .......................... °C. A valori più alti i batteri presenti nell’impasto producono in maniera eccessiva .........................., che permane nel prodotto durante

LEZIONE SPECIALE Fermentazione

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. La fermentazione alcolica e quella malolattica: a. avvengono entrambe in assenza di ossigeno b. avvengono la prima in presenza, la seconda in assenza di ossigeno c. avvengono la prima in assenza, la seconda in presenza di ossigeno d. avvengono entrambe in presenza di ossigeno I lieviti del genere Saccharomyces: a. sono responsabili della fermentazione alcolica b. sono responsabili della fermentazione malolattica c. trasformano in glucosio l’alcol nell’impasto d. trasformano in acido lattico il glucosio presente nell’impasto

3.

I batteri denominati lattobacilli: a. sono responsabili della fermentazione alcolica b. impediscono la fermentazione malolattica c. trasformano l’acido lattico in anidride carbonica d. trasformano in acido lattico il glucosio presente nell’impasto

4. I lieviti possono ricavare energia e nutrimento: a. dal saccarosio presente nell’impasto b. dall’amido presente nella farina c. dal malto presente nella farina d. tutte le opzioni sono corrette 5. Nella prima fase della fermentazione alcolica, il lievito scinde il saccarosio: a. in glucosio e fruttosio b. in glucosio e lattosio c. in glucosio e amido d. in alcol e anidride carbonica 6. La fermentazione alcolica è sfruttata per: a. produrre anidride carbonica b. produrre composti aromatici c. favorire la maturazione dell’impasto d. tutte le opzioni sono corrette 7. La fermentazione malolattica: a. non comporta liberazione di anidride carbonica b. impedisce il rigonfiamento dell’impasto c. migliora la digeribilità e la conservabilità del prodotto d. è provocata dai lieviti

VERIFICHE

2.

la cottura. Se si raggiungono i .......................... °C l’attività dei lieviti è .........................., mentre a ..........................°C è inattivata a causa della .......................... delle proteine. 2. La .........................., che tende a uguagliare la concentrazione delle soluzioni fra esterno e interno della cellula, è influenzata dal .......................... che la fa aumentare e migliora la formazione della ..........................; è influenzata anche dal .........................., che la fa aumentare meno del sale, e che favorisce la .......................... . A causa dell’insorgere di questi meccanismi negli impasti, sono stati sviluppati lieviti .........................., che sopportano pressioni osmotiche elevate senza rallentare la fermentazione. 3. L’.......................... dell’impasto è importante per la buona riuscita del prodotto finale. Infatti se l’acidità è troppo …………. può provocare un .......................... finale difettoso. L’acidità del .......................... ha un valore di pH che oscilla tra 3,5 e 4, mentre l’impasto ha un pH di circa .......................... . Il .......................... influisce sulle proteine, sugli enzimi e sulla formazione del .......................... .


LABORATORIO DELLE COMPETENZE

136

Le tipologie

di lievito

A

Compiti di realtà

Leggi la descrizione e indica di quale lievito si tratta. a.. Pasta dal sapore poco acido, di colore molto chiaro. Va rinfrescata unendo zucchero . (2 g/250 g).................................................................................................................................. b.. Bicarbonato di sodio e acido tartarico ...................................................................................... c.. Pasta dal sapore di aceto e odore pungente. Va rinfrescata con farina, acqua, tuorlo d’uovo e zucchero ................................................................................................................................. d.. Composizione 70% acqua e 13,5% sostanze azotate. Adatto alla produzione di piccoli pani ma di grande volume ................................................................................................................

rale Il lievito natu B

Descrivi le caratteristiche ottimali del lievito naturale.

Colore

......................................................................................................................................................................... .........................................................................................................................................................................

Sapore e odore

......................................................................................................................................................................... .........................................................................................................................................................................

pH

......................................................................................................................................................................... .........................................................................................................................................................................

Impasto prodotto

......................................................................................................................................................................... .........................................................................................................................................................................

Alveoli

......................................................................................................................................................................... .........................................................................................................................................................................

vitazione I metodi di lie C

Indica il metodo di lievitazione, scegliendo tra lievitazione fisica, lievitazione chimica e lievitazione biologica. 1.. Pan di Spagna: .......................................................................................................................... 2..Pane: ......................................................................................................................................... 3.. Pasta sfoglia: ............................................................................................................................. 4..Pizza: ......................................................................................................................................... 5..Colomba: ................................................................................................................................... 6.. Pasta frolla: ............................................................................................................................... 7.. Muffin: ....................................................................................................................................... 8..Panettone: ................................................................................................................................. 9..Bignè: ........................................................................................................................................ 10..Plum-cake: ................................................................................................................................ 11..Brioche: ..................................................................................................................................... 12..Veneziana: .................................................................................................................................


UNITÀ 7

137

Cacao 1.

IL CACAO

Quali sono le varietà della pianta del cacao

Il cacao fu importato in Europa dal Nuovo Continente, dove era consumato in forma di bevanda aromatizzata con peperoncino e vaniglia. L’aggiunta di zucchero, cannella e anice, un secolo più tardi, rese la bevanda gradita anche in Europa. Alla fine dell’Ottocento si iniziò a produrre anche il cioccolato vero e proprio, con il Piemonte in prima linea nelle esportazioni.

Criollo

Coltivato in Venezuela, in Ecuador, a Papua Nuova Guinea, nello Sri Lanka, a Timor Est e sull’isola di Java, ha profumo intenso e sapore aromatico, è poco produttivo, particolarmente delicato e costoso.

La pianta del cacao è un sempreverde a fioritura continua tipico delle regioni a clima tropicale, originaria dell’America meridionale. Le varietà esistenti sono diverse per struttura dei frutti, colore e numero delle fave e, in genere, il prodotto migliore è ottenuto mediante miscelazione di qualità pregiate.

Forastero

Quello più coltivato al mondo, specialmente in Africa e in Brasile, ha un gusto piuttosto forte.

Trinitario

Incrocio tra i due precedenti, è coltivato in America Latina, nello Sri Lanka e in Indonesia, presenta alcune caratteristiche organolettiche proprie del primo unite alla resistenza e all’alta resa produttiva del secondo.

GUIDA ALLO STUDIO

1. La pianta del cacao è originaria dell’Europa 2. Le varietà della pianta del cacao sono differenti per struttura dei frutti, colore e numero delle fave 3. Il Forastero è un incrocio di Criollo e Trinitario 4. Il Forastero ha un gusto forte ed è il più coltivato perché resistente 5. Il Criollo ha profumo intenso e sapore aromatico, è particolarmente delicato ed economico 6. Il Trinitario è coltivato in America Latina, Sri Lanka e Indonesia 7. Il Trinitario si caratterizza per l’alta resa produttiva 8. Il Forastero è quello meno coltivato al mondo 9. Il Criollo è poco produttivo 10. Il Criollo e il Trinitario presentano alcune caratteristiche organolettiche in comune

V V V V V V V V V V

F F F F F F F F F F


138

macroarea

Le ricette dei Maestri Zuppa di ciliegie con gelato di yogurt e cialda al cacao

Come avviene la lavorazione delle fave del cacao La pianta del cacao produce frutti (cabosse) a forma di cedro allungato, di colore giallastro-verdognolo, che diventa bruno-rossastro a maturazione, e contenenti da 25 a 40 fave (semi). Una volta raccolte, sono sottoposte a fermentazione, quindi essiccate e tostate, acquistando così il sapore e l’aroma caratteristici. Al termine della tostatura sono sottoposte a frantumazione, per liberare la polpa dal guscio. Quest’ultima è poi macinata per produrre un liquido denso, la massa di cacao (o pasta di cacao o liquore di cacao). Questa contiene circa il 55% di grassi ed è la materia prima dalla quale sono ottenuti il burro di cacao, il cacao in polvere e, con l’aggiunta di altri ingredienti, il cioccolato.

PESCA E CACAO

2 • Le materie prime

Che cosa sono il burro di cacao e il cacao in polvere Il burro di cacao e la polvere di cacao secca si ottengono con la spremitura ad alte pressioni in presse idrauliche della massa di cacao.

lvere

ao Burro di cac

Cacao in po

Giallognolo e poco untuoso al tatto, fragile e solido, contiene fino al 57% di sostanza grassa e presenta sapore e odore simili a quelli del seme.

Si ottiene rimacinando i residui della produzione di burro di cacao. Contiene sostanza grassa in percentuale compresa tra il 10% e il 35%. Aggiungendovi zucchero a velo in quantità non superiore al 68% del peso, si ottiene il cacao zuccherato.

GUIDA ALLO STUDIO

Scegli l’alternativa corretta. 1. 2. 3. 4.

Il burro di cacao e la polvere di cacao secca si ottengono con la spremitura ad alte pressioni delle fave / della massa di cacao Le fave / cabosse sono i frutti della pianta di cacao La massa di cacao è una polvere densa / un liquido denso Il burro di cacao è giallognolo e molto / poco untuoso al tatto


unità

2.

7

Cacao

139

IL CIOCCOLATO

Il cacao destinato ai dolci o alle tavolette subisce un trattamento diverso da quello per produrre il cacao in polvere. Per ottenere le varie tipologie di cioccolato si miscelano, in diverse proporzioni: • massa di cacao; • burro di cacao; • polvere di cacao;

• zucchero; • per la produzione di cioccolato al latte anche latte in polvere o condensato. Per quanto riguarda i cioccolati puri, questi si classificano in base alle percentuali di massa di cacao, burro di cacao e zucchero. Nello schema seguente, è possibile confrontare le caratteristiche dei vari tipi di cioccolato.

PRALINA AL CIOCCOLATO BIANCO E CAFFÈ CREMINO AI TRE CIOCCOLATI

Composizione percentuale del cioccolato Massa di cacao %

Burro di cacao %

95

5

35-50

15-20

50-35

Dolce

15

15

70

Al latte

10

25

40

15

20-25

50-55

15-18

Amaro Fondente

Bianco

Latte %

Il concaggio

Il concaggio Per stabilizzare la miscela, in alcuni casi si aggiunge la lecitina, un lipide che riduce l’utilizzo del burro di cacao del 5%. Tale miscela deve poi essere sottoposta al concaggio: durante questa procedura, i rulli del macchinario, muovendosi avanti e indietro, scaldano leggermente gli ingredienti della miscela, un’operazione necessaria per far evaporare l’acqua e gli acidi volatili, rendendo così più armonico il sapore della massa di cioccolato. Il riscaldamento avviene a 80-85°C, per un periodo che varia da 1 a 4 ore. Per ottenere un prodotto di altissima qualità, i tempi di concaggio si possono allungare fino a 54 ore per il cioccolato fondente e fino a 30 ore per il cioccolato al latte. Dal concaggio dipendono: • il sapore; • la rotondità; • la vellutatezza.

Zucchero %

Gli effetti ■ La miscela diventa più morbida e omogenea e la dimensione delle particelle si riduce

■ L’umidità e l’acidità diminuiscono ■ Gli aromi indesiderati vengono

eliminati e si formano nuove sostanze aromatiche

Parola chiave Concaggio Il concaggio è una fase fondamentale della lavorazione del cioccolato. Il termine “concaggio” deriva dal nome della macchina a forma di conchiglia usata un tempo. Le conche moderne sono vasche riscaldate in cui la miscela viene impastata lentamente.

Approfondimenti Cacao e cioccolato: quadro normativo

Videolezione La sachertorte


140

macroarea

2 • Le materie prime

Il temperaggio Dopo il concaggio, il cioccolato è sottoposto all’ultimo passaggio, il temperaggio, affinché assuma l’aspetto e la consistenza caratteristica. Attraverso il temperaggio, il burro di cacao cristallizza in una forma compatta, priva di cristalli instabili, e si ottiene un prodotto finale lucido, liscio e omogeneo. L’aggiunta di frutta a guscio o secca, come pure di aromi e colori, dà origine alle diverse varietà di cioccolato, che poi viene versato negli stampi per conferire la forma desiderata.

Al termine della lavorazione del cioccolato, le prime caratteristiche che stabiliscono la qualità del prodotto sono il colore, la brillantezza, la superficie perfettamente liscia e il rumore sonoro e secco prodotto quando lo si spezza: queste proprietà si sviluppano mediante il temperaggio, mentre un cioccolato non temperato avrà una struttura sabbiosa e poco resistente e vedrà affiorare in superficie parte del burro di cacao. Il procedimento del temperaggio viene svolto nel corso di tre fasi.

Le fasi del temperaggio Fusione

Raffreddamento

Per ottenere la fusione perfetta del cioccolato è necessario portarlo a una temperatura intorno ai 45-50 °C, per un periodo di tempo sufficiente a scioglierlo totalmente. Quando si effettua questa operazione, se non si utilizzano le apposite macchine, si consiglia di servirsi di forni a microonde o stufe. Inoltre, la fusione deve avvenire con lentezza e deve essere sottoposta a un controllo continuo. In questa fase la massa del cioccolato viene raffreddata a temperature diverse:

• 25-26 °C per il cioccolato bianco; • 26-27 °C per il cioccolato al latte; • 27-28 °C per il cioccolato fondente.

È necessario, inoltre, che la massa di cioccolato si raffreddi in maniera omogenea e per fare ciò la si deve mescolare continuamente, perché proprio durante questa fase i cristalli si formano in maniera stabile. Riscaldamento

Dopo il raffreddamento, si effettua un nuovo riscaldamento: • a 28-29 °C per il cioccolato bianco; • a 29-30 °C per quello al latte; • a 31-32 °C per il cioccolato fondente. Con questa operazione si eliminano i cristalli instabili, che fondono. Alla fine della messa in temperatura, il cioccolato fuso può essere utilizzato.

Il temperaggio del cioccolato, tuttavia, può essere effettuato anche mediante due altri metodi: il tablaggio e la vaccinazione.

Gli altri metodi per eseguire il temperaggio Tablaggio

Durante questa operazione si fonde il cioccolato a 45 °C, quindi, se ne versano 2/3 su un banco in marmo freddo alla temperatura di circa 20 °C (temperatura ambiente), rimestando continuamente con l’aiuto di una spatola. Di seguito, si unisce il materiale così trattato all’altra parte di cioccolato fuso, poi si mescola il tutto e la massa è pronta all’uso.

Vaccinazione o inseminazione

Per realizzare questo procedimento, è necessario fondere il cioccolato e portare la massa alla temperatura di 34-35 °C, lasciandola poi stabilizzare per circa 20 minuti. Si procede, quindi, a unire al cioccolato fuso una parte di quello in scaglie, effettuando, cioè, la cosiddetta vaccinazione, nella misura del 10% in rapporto alla massa di cioccolato fuso, mescolando poi con cura. Con questo metodo la formazione di cristalli stabili è facilitata dall’introduzione di blocchi di cioccolato solidi.


unità

7

Cacao

141

Perché il cioccolato fondente fa bene alla salute Il cioccolato fondente sta vivendo recentemente una forte rivalutazione in campo medico e salutistico. Una ricerca italiana ha fissato a 6,7 g al giorno la giusta dose di cioccolato fondente da assumere per ottenerne tutti i benefici. L’effetto benefico del cioccolato si riduce però se si eccede nelle quantità a causa dell’elevato contenuto calorico e dei grassi. Inoltre, se il cioccolato è al latte, la presenza del latte riduce l’assorbimento degli antiossidanti del cacao e, di conseguenza, inibisce fortemente le sue proprietà di combattere i radicali liberi.

Come si controlla e si conserva il cioccolato Trattandosi di prodotti confezionati, si deve controllare: • la conformità delle etichette; • l’integrità di imballaggi e sigilli di garanzia; • la data di scadenza.

La conservazione

o Fave di caca

■ In luogo fresco

e asciutto ■ Al riparo dalla luce

Cacao in po

lvere

■ In luogo fresco

e asciutto ■ Al riparo dalla luce

ao Burro di cac

■ In luogo fresco

e asciutto ■ Al riparo dalla luce, che può provocarne la decomposizione ■ Al riparo dagli odori, che può facilmente assorbire

Cioccolato

■ Al riparo dalla luce ■ Al riparo dagli odori ■ A temperature comprese tra 12 e 18 °C

■ Con umidità massima del 65%

■ Evitando accuratamente sbalzi di temperatura


LEZIONE SPECIALE

Impieghi del cioccolato in pasticceria Prendiamo ora in considerazione i diversi tipi di cioccolato che si possono trovare in commercio, ognuno dei quali ha impieghi specifici in pasticceria sintetizzati nello schema seguente. Cioccolato fondente

È usato per ripieni, ganache e per creme; i risultati migliori si ottengono quando si utilizza un prodotto il cui contenuto di cacao è di circa il 50%. Cioccolato in polvere: contiene almeno il 16% di burro di cacao ed è adoperato come il cacao in polvere, cioè per preparare creme o bevande.

Cioccolato al latte

Ha un colore più chiaro e un sapore più delicato di quello fondente; talvolta è possibile che contenga della panna che sostituisce, del tutto o in parte, il latte; lo si usa come il cioccolato fondente.

Copertura di cioccolato

Si distingue per l’aroma intenso e il contenuto di burro di cacao, che supera il 30%; questa copertura si usa prevalentemente per preparare cioccolatini, ripieni, decorazioni e glasse, nonché per realizzare lavori di rivestimento molto fini.

Cioccolato bianco

Questo prodotto è privo di massa di cacao ed è più grasso di quello fondente; serve per glassare torte e preparare mousse, cioccolatini e decorazioni.

Cioccolato colorato

Mantiene gli stessi componenti del cioccolato bianco, al quale, però, sono stati aggiunti coloranti.

Cioccolato gianduia

Si tratta di una pasta di nocciole e latte in polvere che si aggiunge alla massa, al burro di cacao e allo zucchero; è possibile associare all’impasto anche frutta secca. Si presenta con una consistenza più morbida degli altri tipi di cioccolato, quindi, è adatto per realizzare trucioli, selva, ripieni e granella.

Cioccolato plastico

È possibile ricorrere a questo tipo di prodotto quando si devono realizzare decorazioni e guarnizioni particolari; si tratta, infatti, di un cioccolato particolarmente malleabile, poiché all’impasto di base sono stati aggiunti zuccheri e gomme.

Copertura selva

In questo caso, al cioccolato si aggiungono sostanze, come il glucosio, che permettono, tramite la lavorazione svolta con macchinari appositi, di realizzare un foglio di cioccolato molto malleabile.

Surrogato di cioccolato

Lo si ottiene sostituendo il burro di cacao con altri grassi vegetali, in genere il burro di cocco, che ha un punto di fusione più alto; questo prodotto è sicuramente di pregio inferiore rispetto al cioccolato, ma può essere lavorato altrettanto bene.

Granella, codetta, Sono prodotti che si utilizzano soprattutto per preparare biscotti, torte e pasticcini, ma chicchi, gocce, talvolta li si usa anche negli impasti. Possono essere realizzati a partire da copertura di ecc. cioccolato o dal cioccolato fondente.

GUIDA ALLO STUDIO

1. 2. 3. 4. 5.

Il cioccolato fondente è usato per ripieni, ganache e creme Il cioccolato al latte ha un sapore più intenso di quello fondente La copertura di cioccolato è utilizzata per lavori di rivestimento molto fini Il cioccolato bianco è ricco di massa di cacao Il cioccolato colorato prevede l’aggiunta di conservanti e vitamine

V V V V V

F F F F F


unità

7

Cacao

143

MAPPA Il cacao è ottenuto dalle

fave (semi)

che sono contenute nei

della

frutti (cabosse) a forma di cedro allungato, di colore bruno-rossastro a maturazione

va sottoposto a controlli inerenti

va conservato

trova impiego in luogo fresco e asciutto al riparo dalla luce

in numero di

pianta del cacao (Theobroma cacao, famiglia Sterculiacee)

25-40

che è un che sono sempreverde a fioritura continua

nella produzione del cioccolato

ovali e piatte, a forma di mandorla

che è ottenuto miscelando

di colore bruno-violaceo conformità dell’etichettatura fermentazione che sono sottoposte a

essiccazione tostatura

integrità di imballaggi e sigilli di garanzia

massa di cacao, burro di cacao, polvere di cacao, zucchero, lecitine e latte condensato o in polvere (per quello al latte)

data di scadenza

frantumazione macinazione della polpa ottenendo

tipico delle

coltivato in

regioni a clima tropicale varietà diverse per struttura dei frutti, colore e numero delle fave

massa di cacao (o pasta di cacao o liquore di cacao) che contiene circa il 55% di grassi

e dalla quale si ottengono

burro di cacao (giallognolo e poco untuoso al tatto, fragile e solido, contenente fino al 57% di sostanza grassa, con sapore e odore simili a quelli del seme) cacao in polvere (ottenuto rimacinando i residui della produzione di burro di cacao e contenente sostanza grassa tra il 10% e il 35%)

nella preparazione di bevande, mousse, gelati, sorbetti, creme, ripieni, farce, ganache, coperture e praline per aromatizzare impasti per prodotti da forno per glassare e decorare


144

macroarea

2 • Le materie prime

SINTESI Che cos’è il cacao

La pianta del cacao è un sempreverde a fioritura continua tipico delle regioni a clima tropicale. Le principali tipologie sono il Criollo (profumo intenso, sapore aromatico, poco produttivo, particolarmente delicato e costoso), il Forastero (il più coltivato, dal gusto piuttosto forte), il Trinitario (un incrocio dei due precedenti, con caratteristiche organolettiche del primo unite all’alta resa produttiva del secondo). I frutti (cabosse), a forma di cedro allungato, contengono fave (semi) ovali e piatte, che sono sottoposte a fermentazione, essiccazione, tostatura e frantumazione. Dalla macinazione della polpa si ottiene la massa di cacao (o pasta di cacao o liquore di cacao), dalla quale si ricavano, mediante lavorazioni, burro di cacao e cacao in polvere (prodotto rimacinando i residui della produzione di burro di cacao, può essere addizionato di zucchero a velo ottenendo il cacao zuccherato). Che cos’è il cioccolato

Le diverse tipologie di cioccolato sono ottenute mescolando in proporzioni variabili massa di cacao, burro di cacao, polvere di cacao, zucchero, lecitine e, per il cioccolato al latte, latte in polvere o condensato. Solo il cioccolato bianco è a base di burro di cacao, zucchero e latte. In base alle percentuali di massa di cacao, burro di cacao e zucchero, i cioccolati puri sono distinti in cioccolato amaro, cioccolato fondente, cioccolato al latte. La miscela degli ingredienti è sottoposta a raffinazione e concaggio, dal quale dipendono il sapore, la rotondità e la vellutatezza. Dopo il concaggio il cioccolato è sottoposto a temperaggio (cioè viene riscaldato fino a diventare liquido), quindi versato negli stampi. A quali controlli vanno sottoposti e come si conservano cacao e cioccolato

In quanto prodotti confezionati si devono controllare conformità dell’etichettatura, integrità di imballaggi e sigilli di garanzia e data di scadenza. Le fave di cacao e il cacao in polvere vanno conservati in luogo fresco e asciutto, al riparo dalla luce. Il burro di cacao va conservato in luogo fresco e asciutto, al riparo dalla luce e dagli odori. Il cioccolato va conservato al riparo dalla luce e dagli odori, a temperature di 12-18 °C, con umidità massima del 65%.

LEZIONE SPECIALE Impieghi del cioccolato in pasticceria

Il cacao e i suoi derivati trovano impiego nella preparazione di bevande, mousse, gelati, sorbetti, creme, ripieni, farce, ganache, coperture e praline. Sono usati per aromatizzare impasti per prodotti da forno, per glassare e decorare. Il cioccolato fondente è usato per ripieni, ganache e per creme. Il cioccolato al latte ha gli stessi utilizzi di quello fondente ma ha un colore più chiaro e un sapore più delicato. La copertura di cioccolato si usa prevalentemente per preparare cioccolatini, ripieni, decorazioni e glasse, nonché per realizzare lavori di rivestimento molto fini. Il cioccolato bianco serve per glassare torte e preparare mousse, cioccolatini e decorazioni. Il cioccolato colorato mantiene gli stessi componenti del cioccolato bianco, al quale, però, sono stati aggiunti coloranti. Il cioccolato gianduia si presenta con una consistenza più morbida degli altri tipi di cioccolato, quindi, è adatto per realizzare trucioli, selva, ripieni e granella. Il cioccolato plastico è usato per realizzare decorazioni e guarnizioni particolari, essendo un cioccolato particolarmente malleabile. La copertura selva prevede l’aggiunta al cioccolato di sostanze, come il glucosio, che permettono di realizzare un foglio di cioccolato molto malleabile. Il surrogato di cioccolato si ottiene sostituendo il burro di cacao con altri grassi vegetali. Granella, codetta, chicchi, gocce, ecc. sono prodotti che si utilizzano soprattutto per preparare biscotti, torte e pasticcini, ma talvolta li si usa anche negli impasti. Possono essere realizzati a partire da copertura di cioccolato o dal cioccolato fondente.


unità

7

Cacao

✔ VERIFICHE VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.

I frutti della pianta del cacao sono le fave del cacao V F La pasta di cacao contiene circa il 90% di grassi V F Lo scopo del temperaggio è far cristallizzare il burro di cacao in una forma compatta V F Gli ingredienti per la produzione del cioccolato sono massa di cacao, burro di cacao, polvere di cacao, zucchero e lecitine V F Secondo alcuni studi la quantità ottimale giornaliera di cioccolato fondente nella dieta è di 60 g V F Il cioccolato può essere alterato solo dal calore e non dal freddo V F Il cacao in polvere non teme l’esposizione alla luce V F Originariamente il cacao era consumato solamente in forma di bevanda aromatizzata V F Il cacao si diffuse in Europa nella forma originaria, aromatizzata con peperoncino e vaniglia V F Le bevande a base di cacao hanno un effetto calmante V F 11. Il cioccolato è ricco di zuccheri semplici ma carente di lipidi V F 12. Il burro di cacao assorbe facilmente gli odori V F

LEZIONE SPECIALE Impieghi del cioccolato in pasticceria

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4.

Il cioccolato fondente con un contenuto di cacao di circa il 70% dà i risultati migliori quando è usato per ripieni, ganache e creme V F Il cioccolato al latte contiene sempre panna V F Cioccolato e copertura di cioccolato si differenziano per la percentuale di burro di cacao che contengono V F La copertura di cioccolato prevede una quota di burro di cacao superiore al 40% V F

145 DOMANDE A COMPLETAMENTO Indica quali sono i componenti dei seguenti cioccolati puri. Indica per ciascuno anche la relativa percentuale. Cioccolato amaro: ............................................................. ........................................................................................... Cioccolato fondente: ......................................................... ........................................................................................... Cioccolato al latte: ............................................................. ........................................................................................... DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. Fra le regioni italiane, fu in prima linea nelle esportazioni di cioccolato: a. la Lombardia b. il Veneto c. l’Emilia-Romagna d. il Piemonte 2. Il cioccolato va conservato: a. a temperature comprese tra 6 e 10 °C b. a temperatura ambiente c. a temperature comprese tra 12 e 18 °C d. in frigorifero 3. Il cioccolato va conservato in un ambiente con umidità massima del: a. 55% b. 65% c. 75% d. 85% 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11.

Il cioccolato bianco è meno grasso del cioccolato fondente V F Il cioccolato colorato si ottiene dal cioccolato al latte con l’aggiunta di coloranti V F Il cioccolato gianduia è adatto per realizzare trucioli e granella V F Con il cioccolato plastico si possono realizzare decorazioni particolari V F La copertura selva si realizza con un foglio di cioccolato reso molto malleabile dall’aggiunta di glucosio V F Se tra gli ingredienti del cioccolato si sostituisce il burro di cacao con burro di cocco si ottiene un surrogato di cioccolato V F L’aggiunta del glucosio, insieme alla lavorazione con particolari macchinari, conferisce malleabilità al cioccolato usato per la copertura selva V F


146

Compiti di realtà

LABORATORIO DELLE COMPETENZE

ne delle La lavorazio A

o fave di caca Riordina le fasi del processo di lavorazione delle fave di cacao. ................... Essiccazione ................... Fermentazione ................... Frantumazione per liberare i semi dalle cabosse ................... Macinazione dei semi (massa di cacao) ................... Raccolta ................... Separazione del burro di cacao dalla polvere ................... Tostatura

Le tipologie

di cioccolato

B

Individua la tipologia di cioccolato a partire dalla percentuale dei diversi ingredienti. 10% massa di cacao 25% burro di cacao 40% di zucchero 15% latte

35-50% massa di cacao 15-20% burro di cacao 35-50% zucchero

95% massa di cacao 5% burro di cacao

Tipologia di cioccolato:

Tipologia di cioccolato:

Tipologia di cioccolato:

.........................................

.........................................

.........................................

uri

I cioccolati p C Tipologia

Indica quali sono i componenti dei seguenti cioccolati puri. Ingredienti

Cioccolato amaro

..................................................................................................................................................... ..................................................................................................................................................... ..................................................................................................................................................... .....................................................................................................................................................

Cioccolato fondente

..................................................................................................................................................... ..................................................................................................................................................... ..................................................................................................................................................... .....................................................................................................................................................

Cioccolato al latte

..................................................................................................................................................... ..................................................................................................................................................... ..................................................................................................................................................... .....................................................................................................................................................


UNITÀ 8

147

Latte 1.

CHE COS’È IL LATTE E QUAL È LA SUA COMPOSIZIONE CHIMICA

Il latte è il liquido che le femmine di tutti i mammiferi secernono da apposite ghiandole per alimentare i propri piccoli. Quando si parla di latte, normalmente ci si riferisce al latte vaccino, dal sapore leggermente dolce e con un odore gradevole che dipende dal foraggio consumato dalle vacche. In alcune aree geografiche, tuttavia, si utilizzano tipi di latte diversi da quello vaccino, ma il loro impiego è limitato ad alcune lavorazioni locali, che non trovano riscontro nella nostra pasticceria. Le quantità delle varie sostanze contenute nel latte variano a seconda della specie di appartenenza degli animali che lo producono: infatti, quelli che crescono

✔ 1. 2. 3. 4. 5.

rapidamente (come il vitello) hanno bisogno soprattutto di proteine e sali minerali, mentre altri, che devono garantirsi un isolamento termico (come le foche), necessitano di un latte ricco di grassi. Per rispondere alle esigenze del mercato sono diffusi oggi anche latti alternativi al latte vaccino, che comprendono il latte di capra e bevande vegetali a base di soia o di riso.

Approfondimenti I latti alternativi

che del latte

Caratteristi ■ ■ ■ ■

È un alimento lievemente acido Ha pH compreso tra 6,5 e 6,7 È ricco di sostanze nutritive Nei primi mesi di vita dei mammiferi rappresenta l’unico sostentamento

GUIDA ALLO STUDIO

Quando si parla di latte, normalmente si intende il latte caprino La quantità delle sostanze presenti nel latte dipende dalla specie di appartenenza I latti alternativi a quello vaccino comprendono bevande a base di soia e di riso Il pH del latte è compreso tra 5,5 e 6,5 Il latte è ricco di sostanze nutritive

V V V V V

F F F F F


148

macroarea

2 • Le materie prime

Che cos’è il lattosio Come possiamo osservare nella tabella a pagina successiva, nel latte materno umano e in quello vaccino, oltre alla percentuale di proteine, varia anche la quantità di lattosio. Il lattosio è un disaccaride (formato da glucosio e galattosio) poco dolce e difficilmente solubile, ma molto importante per alcune funzioni delle cellule. Il lattosio, inoltre, favorisce l’instaurarsi della flora batterica intestinale, fondamentale per il benessere dell’uomo.

Il lattosio non si trova in altri alimenti se non nel latte. La lattasi, cioè l’enzima che scinde il lattosio nei suoi componenti, si sviluppa al massimo livello nel nostro organismo subito dopo la nascita, per poi stabilizzarsi intorno ai quattro anni di vita. Dopo questa età, se l’organismo blocca o riduce la produzione di lattasi, il lattosio passa lungo l’intestino tenue senza essere assorbito e, una volta raggiunto il colon, fermenta provocando notevoli disturbi. In questo caso si parla di intolleranza al lattosio.

Composizione percentuale di alcuni tipi di latte Animale

Acqua %

Proteine %

Grassi %

Lattosio %

Sali minerali %

Asina

90

2

1,5

6

0,5

Capra

86

4

4,2

4,5

0,9

Cavalla

90

2,3

1,5

5,7

0,5

Bufala

82

4,8

7,5

4,8

0,9

Pecora

81

6

7,5

4,5

1,2

GUIDA ALLO STUDIO

1. Il lattosio è un monosaccaride 2. Il lattosio favorisce l’instaurarsi della flora batterica intestinale 3. Oltre che nel latte, il lattosio si trova in numerosi altri alimenti 4. La lattasi si sviluppa al massimo livello durante la pubertà 5. L’intolleranza al lattosio è dovuta alla riduzione o al blocco della produzione di lattasi da parte dell’organismo

V V V V

F F F F

V F


unità

8

Latte

149

Quali sono i grassi, le proteine e i sali presenti nel latte Per quanto riguarda i grassi, nel latte troviamo presenti: • acidi grassi saturi per una quota del 60%; • acidi grassi insaturi, per il rimanente 40%. Le proteine presenti nel latte sono principalmente: • caseina: è una molecola di struttura complessa che, a causa delle sue dimensioni, non si scioglie nell’acqua ma si trova dispersa nel latte sotto forma di agglomerati, detti micelle, in grado di trattenere molto liquido al loro interno. La caseina può essere resa solida e separata dalla fase acquosa, e il suo ruolo è fondamentale per determinare il rendimento della trasformazione casearia del latte: la quantità di formaggio che si ottiene, infatti, è direttamente proporzionale al contenuto in caseina del latte di partenza; • sieroproteine: sono importanti per la loro funzione di anticorpi e per proteggere l’intestino. Al contrario di quanto avviene per la caseina, sono molto resistenti alla coagulazione. Per far sì che le sieroproteine coagulino occorrono due fattori: la temperatura vicina al punto di ebollizione del latte e il pH prossimo a 4,6; queste condizioni si verificano soltanto durante la produzione della ricotta. Per quanto riguarda i sali contenuti nel latte essi sono davvero numerosi. Tra i più importanti vi sono: • il calcio, utile per il processo di ossificazione e per compiere la contrazione muscolare; • il fosforo, determinante per il buon funzionamento dei muscoli e del cervello; • il potassio; • il magnesio.

Il latte, infine, è ricco di vitamine liposolubili, mentre la vitamina B2, idrosolubile, molto significativa per il metabolismo cellulare, è presente nella sua parte acquosa.

Composizione del latte materno umano e vaccino Percentuale (%) in peso Latte materno

Latte vaccino

Acqua

87

87

Proteine

1,1

3,5

Grassi

3,8

3,7

Lattosio

6,8

4,9

Sali minerali

0,2

0,7


150

macroarea

2.

2 • Le materie prime

QUALI SONO • per mezzo del trattamento UHT I TRATTAMENTI IGIENICI (Ultra High Temperature) a 140 °C DEL LATTE per pochi secondi.

Che cosa sono la pastorizzazione e la sterilizzazione

Glossario Autoclave Recipiente con coperchio a chiusura ermetica ad autoclave, che consente di raggiungere temperature superiori ai 100 °C.

Il latte non può essere posto in commercio appena munto perché la sua carica batterica, presente naturalmente, può aumentare rapidamente soprattutto nei periodi più caldi dell’anno. Il latte quindi viene sottoposto ad alcuni trattamenti. Il più noto è la pastorizzazione. Dopo questo trattamento, il latte è venduto come fresco e può essere conservato fino a 6 giorni alla temperatura di 4 °C. Con la pastorizzazione HTST (High Temperature Short Time) il latte viene sottoposto ad alte temperature (75 °C) per pochi secondi, così: • viene privato di buona parte dei batteri, anche se non di tutti; • gli enzimi, che causano il cattivo sapore se lo si conserva troppo a lungo, vengono inattivati dal calore. Un altro trattamento è rappresentato dalla sterilizzazione che può avvenire in due modi: • mediante trattamento in autoclave a 120 °C per almeno 15 minuti;

Il latte che ha subito questi due ultimi trattamenti può essere conservato per alcuni mesi a temperatura ambiente. La sterilizzazione è, comunque, il trattamento termico idoneo ad assicurare la distruzione di tutti i microrganismi presenti nel latte o a impedirne definitivamente la proliferazione. Per supplire alla distruzione di alcuni componenti fondamentali del latte, inevitabile durante la sterilizzazione, il latte viene addizionato con vitamine e proteine.

Che cos’è l’omogeneizzazione L’omogeneizzazione, invece, è una tecnica di stabilizzazione del latte che precede la sterilizzazione. Questo processo consiste nella rottura dei globuli di grasso in particelle più uniformi e più piccole, che rimangono così disperse nel latte, invece di affiorare spontaneamente. Il latte omogeneizzato è più bianco, meno saporito e più digeribile di quello naturale.


unità

8

Latte

151

Che cosa sono il latte condensato e quello in polvere Il latte può essere anche convertito, grazie ad alcuni procedimenti, nelle forme di latte condensato e latte in polvere, che possono rappresentare un’alternativa in tutti i casi nei quali non è possibile reperire latte fresco. • Il latte condensato si ottiene facendo evaporare rapidamente, con la tecnica del sottovuoto, circa la metà dell’acqua contenuta nel latte naturale. Il liquido che rimane è poi sottoposto a una pastorizzazione più lunga della norma. Durante quest’ultimo processo, il lattosio, che è stato concentrato, a causa della temperatura elevata subisce una leggera caramellizzazione, che dà il sapore caratteristico al latte condensato. Nel caso in cui a questo prodotto si aggiunga lo zucchero, il latte condensato edulcorato non ha bisogno di essere pastorizzato, perché la quantità

di glucidi addizionata è tale da impedire il proliferare di eventuali microrganismi. Questo tipo di latte mantiene quasi tutte le proprietà di quello fresco, può conservarsi per diversi mesi e rientra come ingrediente negli impasti di prodotti da forno. • Il latte in polvere si ottiene facendo evaporare l’acqua originaria quasi totalmente, riducendo così al minimo lo sviluppo di batteri. Per ottenere il latte in polvere si preferisce scegliere un latte contenente pochi grassi (nonostante lo si produca anche dal latte intero) per evitare che irrancidisca facilmente e che le proteine contenute vengano ricoperte dai grassi, rendendo difficile solubilizzare tale latte nell’acqua impiegata per ricostruirlo. Infatti, il reintegro idrico avviene versando a pioggia, in 900 grammi di acqua fredda, 100 grammi di latte in polvere, miscelando poi il tutto con una frusta.

Composizione del latte condensato e in polvere Latte condensato dolce

Latte in polvere magro

Latte in polvere intero

9-10%

1-1,5%

26-28%

Proteine

10%

36-37%

27-28%

Lattosio

9-10%

50%

38-39%

Sali minerali

1,5-2%

7-8%

6%

25%

3-5%

2-3%

Grassi

Acqua Zucchero

42-43%

Parola chiave Edulcorazione Il termine edulcorazione indica l’operazione di addolcimento, pertanto un prodotto edulcorato è un prodotto dolcificato.


LEZIONE SPECIALE

Derivati del latte I derivati del latte che trovano impiego in pasticceria sono molti e rivestono un ruolo importante nelle preparazioni dolci e salate.

Che cos’è la panna La panna non è altro che la parte grassa del latte, concentrata e separata dalla componente acquosa mediante affioramento o tramite centrifugazione del latte stesso. • L’affioramento della crema avviene lasciando a riposo il latte in bacinelle poco profonde per 12 ore a 15 °C. Lo strato che affiora è la panna, contenente il 20-30% di grasso e leggermente acida in seguito allo sviluppo dei batteri lattici, un fenomeno che favorisce la burrificazione, che, in questo caso, dà origine a un burro più aromatico ma difficile da conservare. • Nei processi industriali, invece, la panna si ottiene sottoponendo il latte a centrifugazione, un procedimento che separa rapidamente le particelle di grasso dalla fase acquosa, producendo, così, il latte scremato. La panna (cioè la fase grassa) ottenuta con questa tecnica risulta dolce, poiché non si sono ancora sviluppati i fermenti (batteri) lattici. In base alla quantità di grasso contenuta nella panna, si otterranno varietà destinate a usi diversi. La panna viene messa in commercio dopo essere stata pastorizzata e, una volta aperto il contenitore, va conservata in frigorifero a +4 °C. In pasticceria è utilizzata per realizzare creme e salse, per guarnire dolci o come ingrediente di molte preparazioni.

Le tipologie di panna in commercio Utilizzo

Quantità di grasso

In caffetteria

10%

In cucina

20%

In pasticceria

33-35%

nna che della pa Caratteristi ■ Consistenza vellutata ■ Sapore ricco ■ Colore giallo-crema

* È disponibile anche una doppia panna con un minimo di 48% di grasso

✔ 1. 2. 3. 4. 5. 6.

GUIDA ALLO STUDIO

La panna è la parte magra del latte La procedura di produzione della panna prevede che si applichi l’affioramento e successivamente la centrifugazione La centrifugazione è un procedimento che separa rapidamente le particelle di grasso dalla fase acquosa La panna ottenuta tramite centrifugazione risulta acida La panna viene messa in commercio dopo essere stata pastorizzata Una volta aperto il contenitore, la panna va conservata in frigorifero a +4 °C

V F V V V V V

F F F F F


LEZIONE SPECIALE •

153

DERIVATI DEL LATTE

Che cos’è la panna da montare In pasticceria il ruolo più importante è quello della panna da montare, che presenta una quantità di grassi intorno al 33-35%. La panna da montare può essere usata in diverse preparazioni come: • creme; • salse; • gelati; • impasti; • decorazioni; • farciture.

SEMOLINO DOLCE FRITTO, FICHI MARINATI ALL’ACETO E PANNA SPEZIATA

La panna appena centrifugata, tuttavia, non può essere montata, ma deve prima essere lasciata a riposo in frigorifero per 24 ore. Durante questa fase di riposo, il lattosio si trasforma in acido lattico, che: • conferisce il caratteristico sapore al prodotto; • migliora l’inglobamento successivo dell’aria. Infatti, quando la panna viene sbattuta si sviluppano bolle d’aria che sono incorporate dalle particelle di grasso, rese sempre più minuscole dalla sbattitura e avvicinate fra loro fino a formare un reticolo, rinforzato dalla presenza delle proteine. Tuttavia, se si prosegue più del necessario in questa operazione di sbattitura, la struttura perde stabilità per la quantità eccessiva di aria inglobata, tanto che si possono formare piccoli grumi di burro. Per mantenere la stabilità della schiuma d’aria è bene: • lavorare in un ambiente fresco; • utilizzare utensili più freddi possibile, poiché i grassi del latte iniziano a sciogliersi già a 28 °C, rendendo così inutilizzabile il preparato. In certe preparazioni, alla panna si aggiungono coloranti e aromatizzanti, zucchero semolato, se si monta la panna a mano, oppure zucchero a velo o sciroppo di zucchero, se si utilizzano le macchine monta panna.

Approfondimenti La montatura della panna


154

LEZIONE SPECIALE •

DERIVATI DEL LATTE

Che cos’è e come si produce la panna vegetale La panna vegetale è usata in sostituzione di quella naturale ed è costituita da una miscela di grassi vegetali. Il suo impiego è legato a motivi dietetici, in quanto la maggior parte dei grassi contenuti in essa sono insaturi, quindi, la panna vegetale può essere consumata anche da soggetti che manifestano problemi legati al colesterolo. Le industrie e alcuni laboratori di pasticceria la utilizzano anche per altre ragioni: • è meno costosa di quella derivata dal latte; • resiste meglio al caldo; • si ossida meno facilmente; • la montatura è più facile, grazie al contenuto di grassi più resistenti a questa lavorazione.

Che cos’è e come si produce lo yogurt Per produrre lo yogurt, il latte, dopo essere stato filtrato e sottoposto a pastorizzazione, viene portato alla temperatura di 45 °C e, a questo punto, addizionato con due specie di batteri, spesso denominati fermenti: • il Lactobacillus bulgaricus; • lo Streptococcus thermophilus. Il latte arricchito con questi microrganismi è quindi mantenuto alla temperatura costante di 45 °C almeno per altre 8 ore, affinché sia raggiunta l’acidità desiderata. I batteri agiscono sul lattosio, trasformandolo in acido lattico, che è il responsabile dell’aroma e del gusto tipici dello yogurt. Durante questa operazione, i fermenti causano una coagulazione che fa diventare denso e cremoso lo yogurt. Al termine del processo fermentativo la temperatura va portata a 4 °C, un valore che è anche quello consigliato per la corretta conservazione di questo prodotto, che può anche essere protratta fino a un mese, naturalmente se lo yogurt è tenuto sigillato nel proprio contenitore. È importante notare che gli yogurt dovrebbero contenere da 1 a 5 milioni di batteri attivi per poter espletare al meglio le funzioni positive sulla digestione e sulla flora intestinale del consumatore, favorendo così la produzione di antibiotici naturali, utili per la difesa dell’organismo. La quantità di grassi contenuta nello yogurt e le vitamine presenti in esso dipendono, invece, dal tipo di latte utilizzato. In commercio è possibile trovare anche yogurt aromatizzati o nei quali sono stati aggiunti, ad esempio, frutta, cereali o cioccolato. Inoltre, lo yogurt può essere prodotto con latte intero o magro, addizionato di eventuali altri tipi di fermenti e di sali minerali. In pasticceria, lo yogurt è utilizzato come ingrediente di molte preparazioni.


LEZIONE SPECIALE •

155

DERIVATI DEL LATTE

Che cos’è e come si produce la ricotta La ricotta non è un vero e proprio formaggio, bensì la si classifica come latticino, poiché deriva dal siero del latte, che è acidificato e portato alla temperatura di circa 85 °C: avviene, così, il processo di coagulazione delle sieroproteine, in quanto il siero è letteralmente ri-cotto. Il termine ricotta deriva, infatti, dall’espressione “cotta due volte”, poiché le proteine e il grasso che costituiscono questo prodotto subiscono effettivamente due riscaldamenti: il primo per la produzione del formaggio e il secondo, a carico del siero residuo dalla lavorazione, per ottenere la ricotta. Essa ha un sapore che volge verso il dolce, determinato dal lattosio presente nel siero in misura variabile dal 2 al 4%, in funzione del latte utilizzato. In commercio si possono trovare ricotte prodotte con siero di latte proveniente sia da vacca che da pecora, ottenendo così, un prodotto più dolce nel primo caso e decisamente più saporito nel secondo. In pasticceria l’utilizzo di questo latticino è decisamente vario, poiché lo si impiega nelle torte, nei ripieni, nelle creme, nei semifreddi e anche nei gelati.

Le ricette dei Maestri • Torta di ricotta del Cansiglio • Budino di ricotta • Mela, ricotta e aceto

Che cosa sono e come si utilizzano in pasticceria mascarpone e mozzarella Il mascarpone non viene prodotto partendo dal latte, ma dalla crema acidificata con acido citrico, che viene poi riscaldata, in modo tale da provocare una coagulazione fine delle proteine. Si tratta di un prodotto tipico italiano, che deve essere consumato fresco, in quanto presenta una percentuale di grassi che arriva al 47% (pertanto il prodotto può ossidarsi facilmente). Il mascarpone è impiegato come base per salse e creme, ripieni, farciture e per realizzare dolci dalla consistenza morbida, come il tiramisù. La mozzarella, invece, è realizzata partendo dal latte intero di vacca, mentre in passato era prodotta soltanto con il latte di bufala. In commercio, questo formaggio esiste in diverse forme (trecce, bocconcini, ciliegine). La mozzarella è ingrediente tipico della pizza, ma trova impiego anche per numerose preparazioni di pasticceria.

Videolezione Il tiramisù

Composizione in percentuale del mascarpone e della mozzarella Prodotto

Acqua %

Grassi %

Proteine %

Lattosio %

Mascarpone

44

47

7

3

Mozzarella di bufala

47

18

22

5,5

Mozzarella di vacca

54

15

20

8,3


156

2 • Le materie prime

macroarea

MAPPA

liquido bianco opalescente

u \U

u V[[LU\[V KHSSH

sapore dolciastro

JVU

odore gradevole

mungitura regolare, completa e ininterrotta

specificazione dell’origine

YPJOPLKL SH

animali in buone condizioni

KP

ZL KP]LYZV KHS

pastorizzato

da conservare a temperatura refrigerata per alcuni giorni

microfiltrato W\~ LZZLYL

UHT

conservabili a temperatura ambiente fino a 180 giorni

sterilizzato

u \ZH[V WLY WYVK\YYL

latte vaccino

crudo

JPVu

prodotti lattierocaseari

JOL ]HUUV ZV[[VWVZ[P H

non esposto a T > 40 °C

controllo sensoriale controlli

JOL ZVUV KPZ[PU[P PU latticini

PULYLU[P formaggi

JPVu WYVKV[[P MYLZJOP JVTL

integrità delle confezioni coagulazione acida (batteri lattici)

burro

JOL ZVUV V[[LU\[P TLKPHU[L coagulazione presamica (caglio)

panna yogurt (per fermentazione lattica) ricotta (dal siero di origine casearia)

conformità dell’etichettatura

data di scadenza freschi JOL WVZZVUV LZZLYL

JOL ]HUUV JVUZLY]H[P

stagionati sottovuoto a temperatura refrigerata


unità

8

Latte

157

SINTESI Che cos’è il latte

Quando si parla di latte, normalmente ci si riferisce al latte vaccino; in alcune aree geografiche, tuttavia, si utilizzano tipi di latte diversi da quello vaccino, ma il loro impiego è limitato. Che cos’è il lattosio

Il lattosio è un disaccaride (formato da glucosio e galattosio). Il lattosio non si trova in altri alimenti se non nel latte e viene scisso nei suoi componenti dalla lattasi, enzima che si sviluppa al massimo livello subito dopo la nascita, per poi stabilizzarsi intorno ai quattro anni di vita. Dopo questa età, se l’organismo blocca o riduce la produzione di lattasi, il lattosio passa lungo l’intestino tenue senza essere assorbito e, una volta raggiunto il colon, fermenta provocando notevoli disturbi. In questo caso si parla di intolleranza al lattosio. Quali sono i grassi, le proteine e i sali presenti nel latte

Nel latte troviamo presenti acidi grassi saturi, acidi grassi insaturi e proteine (caseina e sieroproteine). I sali contenuti nel latte sono davvero numerosi: calcio, fosforo, potassio, magnesio. Il latte, infine, è ricco di vitamine liposolubili, mentre la vitamina B2, idrosolubile, molto significativa per il metabolismo cellulare, è presente nella sua parte acquosa. Che cosa sono la pastorizzazione e la sterilizzazione

Per inattivare la carica batterica, presente naturalmente nel latte, il latte viene sottoposto ad alcuni trattamenti. Il più noto è la pastorizzazione: dopo questo trattamento, il latte è venduto come fresco e può essere conservato fino a 6 giorni alla temperatura di 4 °C. Con la pastorizzazione HTST (High Temperature Short Time) il latte viene sottoposto ad alte temperature (75 °C) per pochi secondi. Un altro trattamento è rappresentato dalla sterilizzazione che può avvenire mediante trattamento in autoclave a 120 °C per almeno 15 minuti oppure per mezzo del trattamento UHT (Ultra High Temperature) a 140 °C per pochi secondi. Il latte che ha subito questi due ultimi trattamenti può essere conservato per alcuni mesi a temperatura ambiente. Che cos’è l’omogeneizzazione

L’omogeneizzazione è una tecnica di stabilizzazione del latte che precede la sterilizzazione e consiste nella rottura dei globuli di grasso in particelle più uniformi e più piccole, che rimangono così disperse nel latte, invece di affiorare spontaneamente. Il latte omogeneizzato è più bianco, meno saporito e più digeribile di quello naturale.

Che cosa sono il latte condensato e quello in polvere

Il latte condensato si ottiene facendo evaporare rapidamente, con la tecnica del sottovuoto, circa la metà dell’acqua contenuta nel latte naturale. Il liquido che rimane è poi sottoposto a una pastorizzazione più lunga della norma. Il latte in polvere si ottiene facendo evaporare l’acqua originaria quasi totalmente, riducendo così al minimo lo sviluppo di batteri. Per ottenere il latte in polvere si preferisce scegliere un latte contenente pochi grassi. LEZIONE SPECIALE Derivati del latte Che cosa sono la panna, la panna da montare e la panna vegetale

La panna è la parte grassa del latte, concentrata e separata dalla componente acquosa mediante affioramento o tramite centrifugazione del latte stesso. La panna viene messa in commercio dopo essere stata pastorizzata e, una volta aperto il contenitore, va conservata in frigorifero a +4 °C. In pasticceria è utilizzata per realizzare creme e salse, per guarnire dolci o come ingrediente di molte preparazioni. In pasticceria il ruolo più importante è quello della panna da montare, usata in creme, salse, gelati, impasti, decorazioni, farciture. La panna vegetale è usata in sostituzione di quella naturale ed è costituita da una miscela di grassi vegetali. Il suo impiego è legato a motivi dietetici. Che cosa sono yogurt, ricotta, mascarpone e mozzarella

Per produrre lo yogurt, il latte, dopo essere stato filtrato e sottoposto a pastorizzazione, viene portato alla temperatura di 45 °C e, a questo punto, addizionato con specie di batteri, spesso denominati fermenti. Lo yogurt dovrebbe contenere da 1 a 5 milioni di batteri attivi per poter espletare al meglio le funzioni positive sulla digestione e sulla flora intestinale. La ricotta si classifica come latticino. Il termine ricotta deriva dall’espressione “cotta due volte”, poiché le proteine e il grasso che costituiscono questo prodotto subiscono effettivamente due riscaldamenti. Il mascarpone non viene prodotto partendo dal latte, ma dalla crema acidificata con acido citrico, ed è impiegato come base per salse e creme, ripieni, farciture e per realizzare dolci dalla consistenza morbida, come il tiramisù. La mozzarella è ingrediente tipico della pizza, ma trova impiego anche per numerose preparazioni di pasticceria.


158

macroarea

2 • Le materie prime

VERIFICHE VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15.

In pasticceria si utilizza latte vaccino V F Il latte vaccino ha sapore leggermente dolce V F Esistono vari latti alternativi, ma quando si parla di latte ci si riferisce generalmente al latte di mucca V F Il latte è un alimento privo di acidità V F Le sostanze nutritive contenute nel latte variano a seconda della specie di appartenenza dei mammiferi che lo producono V F La lattasi è un disaccaride V F Se l’organismo blocca la produzione di lattasi, si ha intolleranza al lattosio V F Il lattosio favorisce l’instaurarsi della flora batterica intestinali V F Il latte non contiene acidi grassi saturi V F La caseina è un grasso presente nel latte V F La quantità di formaggio che si ottiene dal latte di partenza dipende da quanta caseina è contenuta in quel latte V F Le sieroproteine del latte sono anticorpi V F Il latte è ricco di sali minerali V F Il latte contiene solo vitamine liposolubili, mentre è privo di vitamine idrosolubili V F Il latte vaccino è costituito per circa l’87% di acqua V F

DOMANDE A COMPLETAMENTO Completa indicando le principali caratteristiche del latte.

VERIFICHE

1. È un alimento lievemente ................................. 2. Il suo ................................. è compreso tra 6,5 e 6,7 3. È ricco di ................................. 4. Rappresenta l’unico ................................. dei cuccioli di mammiferi nei primi mesi di vita DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1.

Il latte venduto come fresco: a. è quello appena munto b. è quello pastorizzato, che si può conservare in frigo fino a 6 giorni

c. d.

è quello sterilizzato, conservabile in frigo per alcuni mesi è quello omogeneizzato conservabile a temperatura ambiente alcuni mesi

2. Il latte omogeneizzato rispetto a quello naturale risulta essere: a. più bianco b. meno saporito c. più digeribile d. tutte le opzioni sono corrette 3. La percentuale di acqua nel latte condensato: a. è maggiore rispetto a quella contenuta nel latte in polvere magro, ma minore rispetto a quella nel latte in polvere intero b. è minore rispetto a quella presente nel latte in polvere c. è maggiore rispetto a quella presente nel latte in polvere d. uguaglia la percentuale di zucchero presente 4.

Il latte condensato edulcorato: a. non viene pastorizzato b. viene fatto evaporare molto lentamente c. è povero di zucchero d. si conserva per pochi giorni in frigo

5. La pastorizzazione HTST avviene a una temperatura di circa: a. 55 °C per pochi minuti b. 105 °C per pochi secondi c. 75 °C per pochi secondi d. 135 °C per pochi minuti 6. La sterilizzazione classica mediante trattamento in autoclave porta il latte a una temperatura di 120 °C per: a. per circa 5-6 minuti b. per almeno 15 minuti c. per circa un’ora d. per pochi secondi 7.

La sterilizzazione UHT avviene a una temperatura di: a. 75 °C b. 100 °C c. 120 °C d. 140 °C

8.

Il latte sterilizzato è conservabile per: a. una settimana b. due settimane c. un mese d. alcuni mesi


unità

8

Latte

159

LEZIONE SPECIALE Derivati del latte

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA

VERO O FALSO

1. L’affioramento della panna avviene: a. lasciando riposare il latte in contenitori poco profondi per 12 ore b. facendo riposare il latte in contenitori molto profondi per 24 ore c. facendo ruotare velocemente il latte in modo da separare le particelle di grasso dalla fase acquosa d. mettendo dei contenitori pieni di latte in frigo alla temperatura di 2 °C

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. La panna è ottenuta oggi nei processi industriali esclusivamente per affioramento V F La panna ottenuta per centrifugazione è più ricca in fermenti lattici di quella ottenuta per affioramento V F Dalla centrifugazione si ottengono panna e latte intero V F La montatura troppo prolungata della panna fa perdere la stabilità della schiuma d’aria che si viene a creare e produce piccoli grumi di burro V F La panna da cucina è più grassa della panna usata in pasticceria V F La panna usata in caffetteria contiene oltre il 48% di grasso V F La panna va montata non appena centrifugata V F La panna va montata a temperature superiori a 28 °C V F La panna va lavorata usando utensili più freddi possibile V F La panna vegetale si monta più facilmente V F I laboratori di pasticceria non utilizzano in genere la panna vegetale perché si ossida molto facilmente V F Lo yogurt è ottenuto a partire da latte filtrato, pastorizzato e addizionato di fermenti V F Se lo yogurt è tenuto sigillato nel proprio contenitore, può conservarsi fino a un mese anche a temperatura ambiente V F L’aroma e il gusto tipico dello yogurt sono conferiti dal lattosio in esso contenuto V F Per ottenere yogurt vanno aggiunti al latte Lactobacillus bulgaricus e Streptococcus thermophilus V F Sono i fermenti a far diventare denso e cremoso lo yogurt grazie alla coagulazione V F Lo yogurt dovrebbe contenere come minimo 10 milioni di fermenti lattici attivi per poter espletare un effetto benefico sulla flora intestinale di chi lo consuma V F Il mascarpone è ottenuto a partire da crema acidificata con acido citrico V F Il mascarpone è formato per quasi la metà da grassi V F La ricotta è un formaggio, al pari della mozzarella V F La ricotta deriva dal siero di latte, acidificato e portato alla temperatura di circa 85 °C V F La mozzarella è meno grassa del mascarpone V F La mozzarella è ottenuta a partire da latte acidificato con acido citrico V F

2. La produzione di panna per centrifugazione: a. fa sì che la panna sia leggermente acida, a causa della presenza di batteri lattici b. è accompagnata dal processo di burrificazione, . poiché parte della panna diventa burro c. fa sì che la panna sia dolce, perché non si sono . ancora sviluppati i fermenti lattici d. non avviene su scala industriale, ma solo nei laboratori artigianali, perché è un processo molto lungo e poco redditizio 3. La panna appena centrifugata: a. può essere subito montata, a patto di aggiungere zucchero b. deve riposare in frigo per 24 ore prima di poter essere montata c. deve riposare in bacinelle poco profonde per 12 ore a 15 °C prima di poter essere montata d. è già montata, poiché durante la centrifugazione il prodotto ingloba molta aria 4.

La panna vegetale: a. è più costosa di quella derivata dal latte b. è meno resistente al caldo c. si ossida più facilmente d. è ottenuta da una miscela di grassi vegetali

5.

La ricotta: a. è un formaggio b. è di fatto un particolare tipo di yogurt c. è un latticino d. è di fatto un particolare tipo di panna

6.

Presenta una percentuale di grassi che arriva al 47%: a. la tipologia di panna usata in pasticceria b. la mozzarella di bufala c. la ricotta d. il mascarpone

VERIFICHE

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23.

Scegli tra le opzioni date quella corretta.


160

LABORATORIO DELLE COMPETENZE I tipi di latte A

Compiti di realtà

Completa indicando il tipo di latte al quale l’affermazione fa riferimento. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

Ha un contenuto lipidico pari al 3,5%: ..................................................................................... Ha contenuto lipidico inferiore a 0,3%: .................................................................................... Ha contenuto lipidico compreso tra 1,5 e 1,8%: ..................................................................... Ha subito trattamenti termici per renderlo stabile durante la conservazione: ......................... Subisce il trattamento termico di pastorizzazione entro 48 ore dalla mungitura: .................... .................................................................................................................................................. È latte appena munto, sottoposto a filtrazione e refrigerazione: ............................................. .................................................................................................................................................. È latte proveniente da allevamenti selezionati, pastorizzato dopo un breve tempo dalla mungitura e disponibile solo nella tipologia intero: .................................................................. È latte a lunga conservazione, ottenuto per sterilizzazione: ....................................................

La panna B

Completa con riferimento alla classificazione della panna in base al tenore di grassi e al trattamento termico. Tipologia

Massa grassa

Panna da ............................................................................. 10% circa Panna da ............................................................................. ............................................................................................. Panna .................................................................................. ............................................................................................. ............................................................................................. Non meno del 44% Tipologia

Panna fresca pastorizzata

Massa grassa ............................................................................................. Contenuto di ............................. del ................................... Conservazione a temperatura ....................................... per .............................................................................................

Consistenza più .................................................................. Aroma leggermente alterato (sapore di ............................) Disponibile in due versioni in base al .................................. ............................................................................................. ............................................................................................. Conservazione a temperatura ....................................... per .............................................................................................


UNITÀ 9

Additivi ad azione fisica e coloranti 1.

CHE COSA SONO E A CHE COSA SERVONO GLI ADDITIVI

Nella pratica di pasticceria sono spesso utilizzati composti che conferiscono particolari caratteristiche (forma, consistenza) al prodotto finito. Infatti numerose preparazioni di pasticceria, come budini o bavaresi, acquistano solidità soltanto dopo essere rimaste per qualche tempo in frigorifero, ed è necessario ricorrere a sostanze che le aiutino a mantenere la forma e la consistenza ideali. Queste sostanze sono definite additivi ad azione fisica: • sono generalmente di sapore e di colore neutri; • possono essere impiegati in preparazioni salate o in quelle dolci. Gli additivi ad azione fisica: • possono essere di origine animale (tuorlo d’uovo, gelatina alimentare, burro, panna); • possono essere di origine vegetale (pectina, farina di grano, agar-agar); • oppure possono essere ottenute mediante sintesi chimica. Alcuni di questi composti sono usati da sempre per migliorare la gradevolezza, la consistenza e la palatabilità delle preparazioni, altri sono il frutto della ricerca e dell’innovazione di settore ed entrano nella composizione dei prodotti dell’industria alimentare. In pratica, questi additivi hanno la capacità di modificare la consistenza dei liquidi ai

quali sono aggiunti e, in funzione della concentrazione d’impiego, possono: • produrre soluzioni viscose e dense o gelatine consistenti; • rendere stabile la densità di diverse sostanze fluide. Si tratta, quindi, di sostanze stabilizzanti, che rendono possibile il mantenimento dello stato fisico-chimico di un prodotto alimentare nel tempo e che possono avere funzione: • addensante o gelificante, quando danno consistenza e aumentano la viscosità di un prodotto alimentare; • emulsionante, quando rendono possibile la formazione o il mantenimento di una miscela omogenea di due o più fasi immiscibili, come olio e acqua. Spesso la stessa sostanza può svolgere più funzioni contemporaneamente, in relazione anche all’ambiente chimico nel quale è utilizzata. Questi additivi sono identificati dalla normativa europea con i codici alfanumerici della serie E 400 (da E 400 a E 499). I più usati sono i mono e i digliceridi degli acidi grassi (E 472), le farine di carrube e di guar (E 410, E 412), l’agar-agar (E 406), i polifosfati (E 459), vari tipi di gomme, tra le quali la gomma arabica e la gomma xantana (E 413-E 425), la pectina (E 440) e gli alginati (E 400-E 405). Gli additivi ad azione fisica trovano impiego nella produzione di alimenti light perché permettono di sostituire con l’acqua altri alimenti più calorici (amidi, zuccheri e lipidi).

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macroarea

2 • Le materie prime

Addensanti

Gelificanti

Gli addensanti servono ad aumentare la viscosità di un liquido, rendendolo meno scorrevole o meno fluido. Presentano una forte affinità per l’acqua nella quale sono solubili a freddo e/o a caldo: sono quindi degli idrocolloidi. Le particelle del colloide adsorbono (cioè catturano) l’acqua, formando una sostanza gelatinosa, rendendo così più viscoso il liquido nel quale sono immerse. Da un punto di vista chimico sono delle gomme (naturali, biosintetiche o sintetiche) che, poste in soluzione acquosa, funzionano da addensanti, gelificanti o stabilizzanti. La gelatina è di natura animale, mentre gli amidi, la pectina e alcune alghe (agar-agar e carragenina) sono di origine vegetale. Quasi tutti gli addensanti, essendo privi di valore nutritivo, sono considerati additivi. Soltanto alcuni, come la gelatina e le pectine, avendo anche un valore nutritivo, sono considerati veri e propri ingredienti.

Gli agenti gelificanti sono utilizzati per addensare e stabilizzare alimenti liquidi e per aggiungere consistenza. Diversamente dagli addensanti, gli agenti gelificanti formano una gelatina. Sono generalmente proteine o glucidi che, quando sono disciolti in un liquido, formano al suo interno una rete tridimensionale. Questo crea un alimento unico, che ha un aspetto solido, ma è composto per la maggior parte dal liquido, come nel caso di gelatine, marmellate e confetture. Tra gli agenti gelificanti vanno ricordati la pectina (E 440) e i carragenani (E 407).

Emulsionanti Glossario Sostanze immiscibili Sono dette immiscibili due sostanze che non si mescolano.

Gli emulsionanti sono sostanze che rendono possibile la formazione o il mantenimento di una miscela omogenea di due o più sostanze immiscibili, come olio e acqua, in un prodotto alimentare. Questi composti, con azione stabilizzante ed emulsionante, sono usati in alimenti quali la maionese, la vinaigrette e i gelati per evitare che le varie sostanze si separino. Tra i più comuni figurano la farina di semi di carrube (E 410) e gli alginati (E 400-404), le lecitine (E 322), i mono e i digliceridi degli acidi grassi (E 471). Le lecitine, ottenute quasi esclusivamente dalla soia, sono usate in qualità di antiossidante ed emulsionante in molti prodotti dell’industria dolciaria, nel cioccolato e nei gelati.

2.

CHE COSA SONO I COLORANTI

I coloranti si trovano in commercio in varie forme, come polvere, pellet, gel, liquidi, spray. Per lo più i pigmenti colorati alimentari sono in polvere, ma subiscono lavorazioni industriali che ne modificano la forma, mettendoli in soluzione. I diversi fluidi utilizzati per lo scioglimento dei coloranti ne determinano la classificazione in: • coloranti idrosolubili in acqua; • coloranti liposolubili in grassi; • coloranti solubili in soluzione alcolica. I coloranti idrosolubili trovano utilizzo in preparazioni in cui è prevista una parte di acqua o un ingrediente principalmente costituito da acqua (glasse, ghiacce, meringhe, macaron, pastigliaggio, zucchero artistico, paste lievitate). I coloranti liposolubili vengono utilizzati in preparazioni dove ci sia un ingrediente o componente a base di grasso (ad esempio il cioccolato). I coloranti solubili in soluzione alcolica sono utilizzati per lo più a livello decorativo, mediante l’utilizzo dell’aerografo o di pennelli. Essendo i coloranti prodotti che hanno subito lavorazioni chimiche, devono essere utilizzati con attenzione e moderazione.


LEZIONE SPECIALE

Classificazione degli additivi ad azione fisica La maggior parte degli additivi ha origine vegetale, tuttavia anche dal mondo animale si possono ottenere alcuni prodotti con la funzione di additivi, nonostante in pasticceria il loro uso sia meno frequente. Infine, alcuni additivi hanno origini diverse, poiché possono derivare dall’attività biologica di microrganismi, oppure essere composti chimici che, pur essendo presenti in natura, sono ormai preparati per sintesi artificiale. Andiamo a conoscerli nel dettaglio.

Gli addensanti e gli stabilizzanti di origine vegetale Gomma adragante o gomma da tragacanta

La gomma adragante è una sostanza solubile in acqua, nella quale deve essere sciolta nella proporzione di circa 100 grammi per 1 litro di solvente. È impiegata prevalentemente per preparare gelatine, pastiglie e caramelle.

Gomma arabica

Questa gomma ha la proprietà di impedire la cristallizzazione degli zuccheri ed è particolarmente indicata per rendere lucidi alcuni preparati, come quelli a base di mandorla, ma la si può usare anche in confetteria e nella produzione di pastiglie gommose.

Agar-agar

È impiegato per addensare gelatine con una base liquida ed è commercializzato come polvere, fiocchi, barre o filamenti. L’agar-agar, però, non si scioglie a contatto con i grassi, quindi, per essere aggiunto a prodotti che contengono grassi, deve prima essere fuso con acqua e altri liquidi. Il suo massimo potere gelificante si riscontra con liquidi che hanno un valore di pH superiore a 4 ed è otto volte superiore a quello della gelatina in fogli. Inoltre, l’agar-agar è ben solubile in acqua calda mentre in quella fredda ha bisogno di circa 20 ore di ammollo.

Pectina

La pectina è un gelificante vegetale che reagisce in presenza di zuccheri e di un acido, solitamente il succo di limone. Dà origine a un gel termoirreversibile, cioè, che una volta formatosi può essere riscaldato senza che si distrugga. In commercio si trova come polvere e serve a stabilizzare i prodotti anche con una cottura piuttosto breve. Oltre che nelle marmellate, nelle confetture (dove, per legge, la percentuale di addensanti non deve superare l’1%) e nelle gelatine di frutta, la pectina è usata anche nella preparazione della cotognata, alla quale dà la tipica densità, e di alcuni succhi. La buona riuscita di marmellate e gelatine dipende, infatti, dalle proporzioni nelle quali si impiegano lo zucchero, la pectina e gli acidi contenuti nella frutta: in genere, per ogni chilogrammo di frutta se ne aggiunge un altro di zucchero e 6 grammi di pectina.

Alginati

Sono sostanze estratte soprattutto dalle cosiddette alghe brune. Si tratta, dal punto di vista chimico, di sali dell’acido alginico dei quali il più usato è l’alginato di sodio, che è solubile in acqua, formando soluzioni dall’aspetto gelatinoso che diventano più consistenti quando si raffreddano. Questa sostanza, che si presenta sottoforma di polvere color crema, priva di sapore e odore, non reagisce bene, però, se si trova in presenza di liquidi acidi. L’alginato di sodio è molto usato per preparare budini e gelati a base di latte, ed è adatto per realizzare miscele che devono essere pastorizzate, in quanto questo sale non si modifica con il riscaldamento.

Carragenati

Da un’alga rossa, la Chondrus crispus, conosciuta anche come muschio d’Irlanda (anche se con i muschi veri non ha nulla a che fare), vengono estratti i carragenati. Il loro nome deriva da quello del piccolo centro di Carraghen, in Irlanda, nel quale da ormai molti anni si usano queste alghe. I carragenati si impiegano nella preparazione di salse e per addensare gelati e succhi, in particolare il carragenato di sodio, noto anche come carragenina, che è privo di colore e odore, ed è commercializzato in polvere.

Farina di semi di carruba

Il carrubo (Ceratonia siliqua) è un albero sempreverde coltivato largamente nell’area mediterranea. Dalla macinazione dei semi che si trovano nel suo frutto, la carruba, si ottiene una farina di colore bianco, del tutto insapore e inodore. Questa farina è solubile nell’acqua calda e svolge le funzioni di stabilizzante e di gelificante per creme e dolci morbidi.


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LEZIONE SPECIALE •

CLASSIFICAZIONE DEGLI ADDITIVI AD AZIONE FISICA

Gli addensanti e gli stabilizzanti di origine animale Gelatina animale

Siccome in passato le lische di pesce erano le uniche fonti di gelatina animale, la gelatina animale è nota anche col nome di colla di pesce (nonostante attualmente nella produzione industriale si utilizzino la cartilagine, la pelle e le ossa di animali come il maiale e in alcuni casi il vitello). Oltre alle sue proprietà gelificanti, questa gelatina possiede anche un buon potere emulsionante. In commercio si trovano molti tipi di gelatine. La gelatina animale è venduta sia sottoforma di polvere sia di fogli sottili e trasparenti. Per utilizzarla, la si deve prima lasciare ad ammorbidire in acqua fredda per alcuni minuti, poi va strizzata molto bene, affinché sia eliminata l’acqua in eccesso. Al termine di queste operazioni, la si aggiunge al composto o al liquido, che dovrà essere molto caldo, per favorire la solubilizzazione della gelatina. Il preparato raggiungerà la consistenza desiderata soltanto quando sarà completamente raffreddato. In pasticceria, questa gelatina si utilizza per preparare, ad esempio, dolci freddi, bavaresi, mousse, panna cotta e pastiglie gommose.

Albumine

Si tratta di proteine di tipo globulare che si possono trovare facilmente in alcuni alimenti, fra cui l’albume d’uovo, il latte e il sangue, ma alcune sono presenti anche in vegetali come i legumi e i cereali. Le albumine si possono utilizzare come gelificanti oppure in veste di emulsionanti. Trovano impiego nella chiarificazione di prodotti quali brodi, succhi, sciroppi e vini.

Gli addensanti e gli stabilizzanti di origine biologica e chimica Gomma di gellano

Si tratta di un polisaccaride contenente glucosio, acido glucuronico e ramnosio. Lo si ottiene mediante processi fermentativi a partire da un substrato zuccherino, che in genere comprende gli amidi, grazie a un batterio, lo Pseudomonas (Sphingomonas) elodea. Questo gelificante è capace, già a concentrazioni piuttosto basse (5%), di trasformare materiali liquidi in gelatine di aspetto limpido e di consistenza solida. Le gelatine rimangono in tale stato anche se sono sottoposte a variazioni termiche, resistendo fino a 120 °C, oppure di acidità, mentre perdono le proprietà gelificanti se vengono messe in soluzioni saline concentrate. A livello industriale, la gomma di gellano si usa, ad esempio, per addensare confetture e prodotti da forno.

Gomma xantana (o gomma di Xanthano)

Si tratta di un addensante in polvere che agisce sia a caldo che a freddo, dando una gelatina trasparente. La gomma xantana si impiega miscelandola, in genere a freddo, con il liquido da trattare, badando di mescolare molto attentamente la miscela, così da non favorire la formazione di grumi. Inoltre, rispetto ad altri prodotti analoghi, la gomma xantana presenta alcuni vantaggi, in particolare quello di non alterare il sapore degli alimenti a cui viene associata e il fatto di avere una stabilità che si mantiene fino a circa 90 °C.

Monogliceridi e digliceridi

Si tratta di molecole prodotte sinteticamente con la funzione di emulsionanti e per agire hanno bisogno di temperature che superino i 60 °C; queste sostanze vengono usate aggiungendole nei prodotti da forno e nelle masse montate, per conservarne la morbidezza e il volume.

✔ 1. 2. 3. 4. 5. 6.

GUIDA ALLO STUDIO

La gomma arabica favorisce la cristallizzazione degli zuccheri L’agar-agar è impiegato per addensare gelatine con una base liquida L’alginato di sodio è impiegato per preparare budini e gelati a base di latte La farina di semi di carruba è utilizzata come stabilizzante e gelificante Le albumine sono sostanze di origine vegetale La gomma xantana ha il vantaggio di non alterare il sapore degli alimenti

V V V V V V

F F F F F F


unità

9

Additivi ad azione fisica e coloranti

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MAPPA Gli additivi ad azione fisica

sono sostanze di

origine animale (tuorlo d’uovo, gelatina alimentare, burro, panna)

modificano la

sono

consistenza dei liquidi

sostanze stabilizzanti

ai quali sono aggiunte perché

origine vegetale (pectina, farina di grano, agar-agar)

si distinguono in

addensanti (thickening agent)

con funzione

addensante

quando

gelificante

sintesi chimica

emulsionante usate per

quando

dare omogeneità e consistenza alle preparazioni; rendere le preparazioni più gradevoli e morbide

formano o mantengono una miscela omogenea di due o più fasi immiscibili (olio e acqua)

incorporano acqua

danno consistenza aumentano la viscosità

si rigonfiano La stessa sostanza può svolgere funzioni diverse in base all’ambiente chimico nel quale è usata

aumentano di volume

e in base alla

concentrazione d’impiego

producono

stabilizzano la densità

soluzioni viscose e dense

gelatine consistenti

di diverse sostanze fluide

emulsionanti

gelificanti


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macroarea

2 • Le materie prime

SINTESI Che cosa sono gli additivi ad azione fisica

Gli additivi ad azione fisica sono sostanze di origine animale (tuorlo d’uovo, gelatina alimentare, burro, panna), vegetale (pectina, farina di grano, agar-agar) o di sintesi chimica usate per dare omogeneità e consistenza alle preparazioni, mantenendole inalterate anche a lavorazione ultimata, e per renderle più gradevoli e morbide. Modificando infatti la consistenza dei liquidi ai quali sono aggiunte (incorporano acqua, si rigonfiano e aumentano di volume), producono, in base alla concentrazione d’impiego, soluzioni viscose e dense o gelatine consistenti e stabilizzano la densità di diverse sostanze fluide. Quali funzioni svolgono gli additivi ad azione fisica

Gli additivi ad azione fisica sono sostanze stabilizzanti con funzione addensante o gelificante (danno consistenza e aumentano la viscosità) o emulsionante (formano o mantengono una miscela omogenea di due o più fasi immiscibili, come olio e acqua). La normativa europea li individua con i codici alfanumerici della serie E 400 (da E 400 a E 495). Che cosa sono gli addensanti

Gli addensanti sono idrocolloidi, cioè sostanze solubili in acqua a freddo e/o a caldo che assorbono l’acqua e formano una sostanza gelatinosa e collosa, rendendo più viscoso il liquido nel quale sono immerse. Dal punto di vista chimico sono gomme (naturali, biosintetiche o sintetiche) che, in soluzione acquosa, agiscono da addensanti, gelificanti o stabilizzanti in base al dosaggio.

Che cosa sono i gelificanti

I gelificanti sono sostanze di origine animale (gelatina alimentare) o vegetale (estratte dalle alghe marine, come agar-agar, alginati e carragenati, o da alcuni frutti, come la pectina). Sono usati per addensare e stabilizzare alimenti liquidi e per aumentare la consistenza tramite la formazione di un gel. Sono usati nella produzione di gelatine, marmellate, confetture e formaggi. Che cosa sono gli emulsionanti

Gli emulsionanti sono sostanze che rendono possibile la formazione o il mantenimento di una miscela omogenea di due o più fasi immiscibili (ad esempio, un’emulsione stabile di olio e acqua). Hanno azione stabilizzante/emulsionante e sono usati nella preparazione di salse (maionese, vinaigrette) e gelati. Tra i più comuni vi sono la farina di semi di carrube (E 410), gli alginati (E 400-404), le lecitine (E 322), i mono e i digliceridi degli acidi grassi (E 471). Che cosa sono i coloranti

I coloranti si trovano in commercio in varie forme, come polvere, pellet, gel, liquidi, spray. Si classificano in coloranti idrosolubili (utilizzati per glasse, ghiacce, meringhe, macaron, pastigliaggio, zucchero artistico, paste lievitate), coloranti liposolubili (utilizzati in preparazioni dove ci sia un ingrediente o componente a base di grasso), coloranti solubili in soluzione alcolica (per decorazioni mediante aerografo o pennelli). Essendo i coloranti prodotti che hanno subito lavorazioni chimiche, devono essere utilizzati con attenzione e moderazione.

LEZIONE SPECIALE Classificazione degli additivi ad azione fisica

La maggior parte degli additivi ha origine vegetale: gomma adragante o gomma da tragacanta, gomma arabica, agar-agar, pectina, alginati, carragenati, farina di semi di carruba. Tra gli additivi di origine animale ricordiamo: gelatina animale nota anche come colla di pesce, e albumine utilizzate come gelificanti o emulsionanti. Gli additivi di origine biologica e chimica comprendono gomma di gellano, capace di trasformare materiali liquidi in gelatine, gomma xantana (addensante in polvere che agisce sia a caldo sia a freddo), monogliceridi e digliceridi con funzione di emulsionanti.


unità

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Additivi ad azione fisica e coloranti

VERIFICHE VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. Gli additivi ad azione fisica: a. sono solitamente di sapore e colore neutri b. possono essere di origine animale, vegetale oppure sintetizzati chimicamente c. possono essere impiegati in preparazioni dolci o salate d. tutte le opzioni sono corrette 2.

Sono sostanze emulsionanti: a. alginati e lecitine b. pectine e carragenani c. amidi e agar-agar d. digliceridi degli acidi grassi

3. Sono sostanze gelificanti: a. alginati e lecitine b. pectine e carragenani c. amidi e agar-agar d. digliceridi degli acidi grassi 4. Una sostanza è addensante quando: a. aumenta la viscosità di un prodotto b. consente la formazione o il mantenimento di una miscela omogenea di due o più fasi immiscibili c. tutte le opzioni sono corrette d. nessuna delle opzioni è corretta 5. Una sostanza è emulsionante quando: a. aumenta la viscosità di un prodotto b. consente la formazione o il mantenimento di una miscela omogenea di due o più fasi immiscibili c. tutte le opzioni sono corrette d. nessuna delle opzioni è corretta 6. Una sostanza è stabilizzante quando: a. aumenta la viscosità di un prodotto b. consente la formazione o il mantenimento di una miscela omogenea di due o più fasi immiscibili c. rende possibile il mantenimento dello stato fisico-chimico di un prodotto alimentare nel tempo d. nessuna delle opzioni è corretta 7. Gli agenti gelificanti sono generalmente: a. proteine b. glucidi c. proteine o glucidi d. nessuna delle opzioni è corretta

VERIFICHE

1. Alcuni gelificanti sono ricavati da alghe marine V F 2. Da un punto di vista chimico gli emulsionanti sono delle gomme V F 3. Gli addensanti rendono più corposo un liquido V F 4. Gli additivi ad azione fisica sono utilizzati in pasticceria come addensanti, emulsionanti o come stabilizzanti V F 5. Gli additivi ad azione fisica sono utilizzati nella preparazione di prodotti light perché sostituiscono le funzioni di grassi e zuccheri che in questi prodotti sono ridotti V F 6. Gli additivi stabilizzanti sono identificati dalla normativa europea con i codici alfanumerici della serie da E 400 a E 499 V F 7. Gli agenti gelificanti danno consistenza tramite la formazione di gel V F 8. Gli agenti gelificanti si differenziano dagli .. addensanti perché formano una gelatina V F 9. Gli amidi sono addensanti V F 10. Gli emulsionanti permettono di legare due grassi chimicamente diversi V F 11. I gelificanti agiscono solidificando un liquido caldo V F 12. I gelificanti sono sostanze lipidiche V F 13. Il termine inglese per indicare un addensante è thickening agent, ossia agente ispessente V F 14. La gelatina e le pectine, avendo anche un valore nutritivo, hanno funzione addensante, ma non sono considerati degli additivi ad azione fisica V F 15. La maionese rappresenta un’emulsione nella quale l’olio si disperde nell’acqua V F 16. La pectina è responsabile della caratteristica .. densità della marmellata V F 17. Le emulsioni sono miscele molto stabili V F 18. Le fecole rientrano nella categoria dei gelificanti V F 19. Le lecitine si ottengono quasi esclusivamente dalle uova V F 20. Le lecitine sono usate sia come emulsionanti sia come antiossidanti V F 21. Pectine e carragenani sono additivi aromatizzanti V F 22. Per creare un’emulsione di acqua e olio è .. sufficiente un’azione meccanica V F 23. Tutti gli addensanti sono privi di valore nutritivo V F 24. Un emulsionante rende possibile la formazione di gel V F

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macroarea

2 • Le materie prime

LEZIONE SPECIALE Gli additivi ad azione fisica

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1.

L’agar-agar: a. è ben solubile in acqua calda b. si scioglie bene e velocemente in acqua fredda c. è commercializzato in fogli d. deve essere raffreddato in frigo per diventare solido

2. La pectina: a. è un gelificante di origine vegetale b. è un emulsionante di origine vegetale c. è un addensante di origine animale d. è uno stabilizzante di origine chimica 3.

I carragenati: a. si ricavano da un’alga rossa b. sono tutti di colore rosso c. si utilizzano solo per addensare i gelati d. tutte le precedenti opzioni sono errate

4.

La farina di semi di carruba: a. è solubile in acqua b. ha un sapore deciso c. ha un aroma intenso d. è usata come emulsionante

5. Se si vogliono preparare delle caramelle usando gomma adragante bisogna: a. sciogliere 100 grammi di gomma in un litro d’acqua b. sciogliere 10 grammi di gomma in un litro d’acqua c. sciogliere 100 grammi di gomma in mezzo litro d’acqua d. sciogliere 10 grammi di gomma in mezzo litro d’acqua

VERIFICHE

6.

La gomma arabica: a. favorisce la cristallizzazione degli zuccheri b. impedisce la cristallizzazione degli zuccheri c. non è adatta per la produzione di pastiglie gommose d. serve a opacizzare la superficie di alcuni preparati

7. La gelatina animale: a. si ricava esclusivamente dalle lische di pesce b. ha proprietà non solo gelificanti ma anche emulsionanti c. va aggiunta a composti freddi d. va ammorbidita in acqua bollente prima di essere utilizzata

8. Le albumine: a. sono sostanze estratte soprattutto dalle cosiddette alghe brune b. si presentano come polveri color crema c. sono usate nella chiarificazione di brodi e vini d. sono lipidi contenuti nell’albume dell’uovo 9. Le gelatine ottenute con gomma di gellano: a. resistono fino a 120 °C b. rimangono inalterate anche se immerse in soluzioni saline concentrate c. perdono le loro proprietà in presenza di acidità d. tutte le precedenti opzioni sono corrette 10.

La gomma xantana: a. è un addensante in polvere b. può agire a caldo e a freddo c. non altera il sapore degli alimenti a cui viene aggiunta d. tutte le opzioni sono corrette

11. La gomma di gellano: a. non contiene glucosio b. deve essere usata a concentrazioni molto elevate perché dia buoni risultati come addensante c. trasforma i liquidi in gelatine di aspetto limpido e consistenza solida d. va conservata alla temperatura di 120 °C 12.

Monogliceridi e digliceridi: a. agiscono solo a temperature maggiori di 60 ° C b. sono prodotti sinteticamente c. hanno funzione emulsionante d. tutte le opzioni sono corrette

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

Monogliceridi e digliceridi sono emulsionanti di origine biologica V F I monogliceridi e i digliceridi possono essere aggiunti alle masse montate per conservare morbidezza e volume V F Con la gomma xantana si ottiene una gelatina trasparente V F L’agar-agar viene commercializzato esclusivamente in polvere V F Le albumine si possono ricavare talvolta anche da legumi e cereali V F In pasticceria la gelatina animale può essere usata per preparare bavaresi, mousse e panna cotta V F La farina di carruba dà origine a un gel termoreversibile V F L’alginato di sodio trova largo impiego nella preparazione di budini e gelati a base di latte V F


LABORATORIO DELLE COMPETENZE re ivo alimenta

ne di addit La definizio A

Lessico Compiti specialistico di realtà

169

La definizione di additivo alimentare nei paesi della Comunità Europea è riportata nel Regolamento (CE) n. 1333/2008. Leggila attentamente poi rispondi alla domanda. Qualsiasi sostanza abitualmente non consumata come alimento in sé e non utilizzata come ingrediente caratteristico di alimenti, con o senza valore nutritivo, la cui aggiunta intenzionale ad alimenti per uno scopo tecnologico nella fabbricazione, nella trasformazione, nella preparazione, nel trattamento, nell’imballaggio, nel trasporto o nel magazzinaggio degli stessi, abbia o possa presumibilmente avere per effetto che la sostanza o i suoi sottoprodotti diventino, direttamente o indirettamente, componenti di tali alimenti. Secondo te, per quale motivo il Regolamento specifica che l’aggiunta di un additivo a un alimento è concessa per uno scopo tecnologico? ...........................................................................................................................................................

i

ivi alimentar

di addit Le categorie B

Nell’Unità dedicata agli additivi ad azione fisica ci siamo occupati di definire addensanti e stabilizzanti. Esistono tuttavia altre categorie di additivi. Svolgi una ricerca e indica gli scopi per cui sono utilizzati. Edulcoranti ........................................................................................................................................ Coloranti ............................................................................................................................................ Conservanti ....................................................................................................................................... Antiossidanti ...................................................................................................................................... Supporti ............................................................................................................................................. Acidificanti ......................................................................................................................................... Regolatori (correttori) dell’acidità ...................................................................................................... Antiagglomeranti ............................................................................................................................... Agenti antischiumogeni ..................................................................................................................... Agenti di carica .................................................................................................................................. Emulsionanti ...................................................................................................................................... Sali di fusione .................................................................................................................................... Agenti di resistenza ........................................................................................................................... Esaltatori di sapidità .......................................................................................................................... Agenti schiumogeni ........................................................................................................................... Agenti gelificanti ................................................................................................................................ Agenti di rivestimento ........................................................................................................................ Agenti umidificanti ............................................................................................................................. Amidi modificati ................................................................................................................................. Gas d’imballaggio ............................................................................................................................. Propellenti ......................................................................................................................................... Agenti lievitanti .................................................................................................................................. Agenti sequestranti ........................................................................................................................... Stabilizzanti ....................................................................................................................................... Addensanti ........................................................................................................................................ Agenti di trattamento delle farine ......................................................................................................


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LABORATORIO DELLE COMPETENZE umerici

I codici alfan C

Compiti di realtà

Ricerca il codice alfanumerico europeo dei seguenti additivi ad azione fisica e riportalo nell’apposito spazio. 1. Mono e digliceridi degli acidi grassi: ........................................................................................ 2. Farina di semi di carrube: ......................................................................................................... 3. Farina di guar: .......................................................................................................................... 4. Agar-agar: ................................................................................................................................ 5. Polifosfati: ................................................................................................................................ 6. Pectina: .................................................................................................................................... 7. Alginati: .................................................................................................................................... 8. Carragenina: .............................................................................................................................

d Gli additivi a

azione fisica D

Confronta l’etichetta di un prodotto dolciario artigianale con l’etichetta di un prodotto dolciario industriale. Quali additivi ad azione fisica sono citati nella lista degli ingredienti? Indicali di seguito.

Prodotto dolciario artigianale: ………………………………………………………………………………………………………………………………………… Additivi ad azione fisica: ………………………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………………………… Prodotto dolciario industriale: ………………………………………………………………………………………………………………………………………… Additivi ad azione fisica: ………………………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………………………

I coloranti E

Nella pratica di laboratorio ti sarà già capitato di utilizzare coloranti. In che forma? Per quali preparazioni? ........................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................... ...........................................................................................................................................................


PROFESSIONISTI DI SUCCESSO: Riccardo Usanza 171

Sono cosciente che, più il tempo passa, più ciò che servo ai clienti parla di me e del mio modo di fare pasticceria

L’esperienza in ALMA ALMA è un percorso ricco d’impulsi che si focalizzano sul gruppo ma anche sul singolo studente, lanciando quotidianamente stimoli per fornire un’ottima base di pasticceria tradizionale e contemporanea. Il Corso Superiore di Pasticceria ti porta a pensare in modo differente, approcciarti in modo etico e professionale alla disciplina. Questa particolare prospettiva, che differenzia ALMA da altre scuole, è ciò che più aiuta a fare la differenza nel mondo del lavoro. Sono cosciente che, più il tempo passa, più ciò che servo ai miei clienti parla di me e del mio modo di fare pasticceria. Appena finito il corso in ALMA, ho avuto la possibilità di lavorare a Le Calandre della famiglia Alajmo e da Ernst Knam. Ho conosciuto i migliori professionisti del settore, lavorando direttamente nei loro laboratori. Ciò che accomuna tutti è l’amore per la materia prima e l’ossessione per la ricerca.

Attualmente invece, anche se vivo a Berlino, lavoro in Francia. Sono lo Chef pâtissier all’Ambasciata Francese, lavoro nella “Residenz”, la casa dell’ambasciatrice. Lo chef è francese e siamo un team internazionale. Lavoriamo su un calendario di eventi da 100-200 persone e abbiamo ospiti quasi tutti i giorni.

Il pasticcere del futuro Dovrà essere bravo a semplificare la produzione, offrendo una linea ristretta di prodotti d’eccellenza che varino in base alla stagionalità, rendendo la pasticceria alla portata di tutti. Dovrà offrire un’esperienza artigianale, che definisca il ritorno all’alimentazione semplice e di qualità, nel recupero dei valori e degli ingredienti genuini. Dovrà incentivare un’alimentazione sana, sostenibile e curiosa. Penso che il vero atto rivoluzionario dei nostri tempi sia sapersi alimentare in modo adeguato.

L’esperienza a Berlino

Un consiglio per chi vuole intraprendere questo mestiere

Vivo qui da due anni, Berlino sono io, sei tu e può essere chiunque: è il posto di tutti e per tutti, non importa da dove vieni, quanti anni hai o cosa ti piace… un posto per te ci sarà di sicuro. Le pasticcerie “pure” si contano sulle dita di una mano, quello che qui ha molto successo è il gelato, con 600-700 gelaterie. Proprio in una di queste, Cuore di Vetro, è iniziata la mia esperienza nella capitale tedesca.

Viaggiate, osservate e assorbite quello che vi circonda. Giocate e sperimentate con gli ingredienti, ma date sempre importanza a ciò che chiede il cliente. Ogni tanto, a prescindere dal vostro grado, uscite a guardare la sala e scambiate quattro parole con chi assapora i vostri prodotti. Quello diretto è il miglior confronto che possa esserci, e dona un volto e un’anima a ciò che preparate.

Riccardo Usanza si definisce tecnico, eccentrico e fantasioso

Contaminazioni ed esperienze lavorative all’estero hanno fornito a Riccardo Usanza stimoli fondamentali per fare la differenza nel mondo del lavoro • Diplomato XXV Corso Superiore di Pasticceria ALMA • Chef pâtissier all’Ambasciata Francese di Berlino


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SECONDA PROVA • Esercitazione

LE MATERIE PRIME Testo A · Cinque cose che non sai sul cioccolato «Il cioccolato è stato esaltato anche in libri e film, da scrittori e registi. Per fare qualche esempio, La fabbrica di cioccolato, Lezioni di cioccolato o, ancora, Chocolat, film le cui storie erano costruite intorno a questo delizioso alimento. E a proposito di film, ecco una prima curiosità che forse non tutti sanno: nella famosa scena della doccia di Psycho, Alfred Hitchcock usò lo sciroppo di cioccolato per simulare il sangue, cosa frequentissima in molte altre pellicole in bianco e nero. Chi ne produce di più: il cioccolato è uno dei cibi più consumati nel mondo e gran parte di questo cioccolato arriva dalla Costa d’Avorio. Un po’ di date: il 1806 è l’anno in cui a Torino venne inventato il cioccolato al gianduia, nato per sopperire al blocco napoleonico in vigore nella città sabauda. Siccome era difficile rifornirsi di cioccolato, alcuni cioccolatieri pensarono di miscelarlo con le nocciole piemontesi, dando vita a uno dei cioccolati, ancora oggi, più apprezzati. Giornata mondiale del cioccolato: il 7 luglio è la giornata mondiale del cioccolato in tutto il mondo. Un cioccolatino al giorno: l’Università di Harvard ha dimostrato che le persone che mangiano cioccolato, almeno tre volte al mese, vivono almeno un anno in più rispetto a chi non lo fa. A questa ricerca fa eco un’altra portata avanti dall’Università di Cambridge, secondo la quale un cioccolatino al giorno ridurrebbe di un terzo il rischio di infarto, di ictus o di diventare diabetici. Si scioglie in bocca: il motivo per cui il cioccolato si scioglie in bocca è dovuto al fatto che la sua temperatura di scioglimento è all’incirca di 34 gradi mentre quella della nostra bocca è più o meno di 36». (Fonte: www.lacucinaitaliana.it)

Testo B · Lo zucchero Gli studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dell’Agenzia Internazionale della Ricerca sul Cancro (AIRC), e le ultime “revisioni” in materia sulle più prestigiose riviste scientifiche, hanno accertato che il consumo eccessivo di zucchero è causa di una lunga serie di problemi. Ma quando è “eccessivo”? Che lo zucchero faccia venire la carie lo sappiamo fin da piccoli. […] Di sicuro fa ingrassare e l’obesità (ma basta anche qualche chilo di troppo) – è dimostrato – causa diverse forme di tumore, il diabete di tipo 2 e favorisce le malattie cardiovascolari. Lo zucchero fa ingrassare anche perché dà dipendenza: il consumo provoca picchi di insulina e glicemia che nel giro di

un’ora precipitano e ti portano ad aver subito voglia di rimangiarlo. […] Secondo l’OMS, se si vuole stare “blindati”, la dose giusta è di 25 g al giorno, ovvero 5 cucchiaini. In questo conteggio rientra il comune zucchero da tavola, quello aggiunto a cibi, snack e bevande, ma anche miele, sciroppi, succhi di frutta, marmellate. Ma come si fa a contare “i cucchiaini” visto che lo zucchero è nascosto perfino nelle conserve di pomodoro? Va “scovato” nelle etichette sotto le voci “carboidrati, di cui zuccheri” oppure “ingredienti”, dove si legge: saccarosio, zucchero di canna, zucchero invertito, sciroppo di glucosio, di fruttosio, di maltosio, di amido, destrine». (Fonte: www.corriere.it)

A) Con riferimento alla comprensione del primo testo, rispondi ai seguenti quesiti: 1. Quali film hanno celebrato il cioccolato? ........................................................................... 2. In quali circostanze è nato il cioccolato al gianduia? ........................................................................... 3. Quali sono gli effetti del cioccolato sulla salute? ........................................................................... B) Con riferimento alla comprensione del secondo testo, rispondi ai seguenti quesiti: 1. Quali sono le conseguenze sulla salute di un eccessivo consumo di zucchero? ........................................................................... 2. Qual è la dose giornaliera di zucchero raccomandata dall’OMS? ........................................................................... 3. Che cosa puoi fare per tenere sotto controllo la dose giornaliera di zucchero assunto? ........................................................................... Con riferimento alla padronanza delle conoscenze fondamentali e delle competenze tecnicoprofessionali, sia quelle conseguite a scuola sia quelle maturate durante l’esperienza dei PCTO, svolgi il seguente caso professionale. Sei stato incaricato di stilare un elenco delle materie prime necessarie per l’apertura di un laboratorio di pasticceria all’interno delle cucine dell’albergo dove lavori. Elabora, quindi, una lista completa delle materie prime specificandone le caratteristiche e gli utilizzi in preparazioni specifiche.


COLLOQUIO ORALE • Collegamenti interdisciplinari 173

ITALIANO STORIA Le materie prime in tempo di guerra: la tessera annonaria

Le materie prime in letteratura • Carlo Goldoni, La bottega del caffè, 1750 • Luigi Pirandello, La giara, 1916 • Gabriel Garcia Marquez, L’autunno del patriarca, 1975 • Laura Esquivel, Dolce come il cioccolato, 1989

LABORATORIO DI SERVIZI ENOGASTRONOMICI SETTORE CUCINA

SCIENZA E CULTURA DELL’ALIMENTAZIONE Caratteristiche nutrizionali delle materie prime

Le materie prime della cucina regionale di appartenenza

Le materie prime LABORATORIO DI SERVIZI ENOGASTRONOMICI SETTORE SALA E VENDITA

LINGUE STRANIERE Lessico di settore

Le materie prime nelle tecniche di bar

SCIENZE MOTORIE Il consumo di proteine nella dieta dello sportivo: uova e latte


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UNITÀ DI APPRENDIMENTO • Istruzioni per l’uso

LE MATERIE PRIME IN PASTICCERIA Quali sono gli Assi culturali coinvolti? • Asse tecnologico e professionale • Asse dei linguaggi • Asse storico-sociale

Quali sono le discipline interessate? • Laboratorio servizi enogastronomici – Cucina • Laboratorio servizi enogastronomici – Bar-Sala e vendita • Scienza e cultura dell’alimentazione • Lingue straniere • Italiano • Storia • Laboratorio di informatica • Diritto e tecniche amministrative

Quali sono i tempi di svolgimento? • 4 ore di lavoro in classe • 6 ore di lavoro nel laboratorio di pasticceria • 3 ore di lavoro nel laboratorio di informatica • 2 ore di presentazione del lavoro

In che modo è organizzato il lavoro? Gruppi di lavoro a discrezione dei docenti

1. L’insegnante, per cominciare, presenterà l’argomento e gli obiettivi dell’Unità di Apprendimento, finalizzata alla stesura di un elenco di FAQ inerenti le materie prime indispensabili in un laboratorio di pasticceria. L’elenco dovrà comprendere dieci domande e dieci rispettive risposte. Le Frequently Asked Questions, meglio conosciute con la sigla FAQ, sono letteralmente domande poste frequentemente, cioè una serie di risposte stilate alle domande che vengono poste più frequentemente da chi si accinge a utilizzare un servizio. Immagina di stilare le FAQ per un tuo amico che si accinge a frequentare per la prima volta un laboratorio di pasticceria e che non ha alcuna conoscenza delle materie prime necessarie. 2. Nel corso dell’elaborazione delle FAQ, dovrai fornire informazioni chiare e sintetiche. Dovrai inoltre curare graficamente il documento affinché si presenti preciso e ordinato. Dovrai dimostrare di conoscere: • quali sono le materie prime in pasticceria; • quali sono le caratteristiche delle materie prime; • come conservarle correttamente.

Quali saranno le fasi dell’Unità di Apprendimento? • Schedatura delle materie prime • Selezione degli argomenti oggetto delle FAQ: caratteristiche e corretta conservazione • Elaborazione delle dieci domande • Stesura delle rispettive risposte • Presentazione del prodotto finale

Quale sarà il prodotto finale da presentare? Il prodotto finale sarà un elenco di dieci FAQ riguardanti le materie prime in pasticceria, curato sia nei contenuti sia nell’aspetto grafico. Puoi corredare ogni domanda con un’immagine significativa. Preparati ad argomentare agli insegnanti e al resto della classe quanto elaborato dal gruppo, mettendo in evidenza i punti di forza e il legame tra la scelta delle materie prime e i prodotti del territorio. È necessario che le informazioni fondamentali siano presenti anche in lingua straniera. A tuo parere come te la sei cavata? So progettare un lavoro So cercare e selezionare informazioni utili al lavoro So individuare immagini efficaci e coerenti con il testo So rielaborare le informazioni So rispettare i tempi programmati So lavorare in gruppo

1 - Principiante

2 - Praticante

3 - Esperto


Macroarea

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Conoscenze Impasti di base

Creme

Meringhe

Semifreddi, mousse, bavaresi

Tecniche di cottura e conservazione

Tecniche di decorazione

Abilità Produrre impasti, creme e farce

Produrre meringhe

Produrre semifreddi, mousse e bavaresi

Decorare prodotti dolciari

Competenze Utilizzare tecniche di lavorazione e strumenti gestionali nella produzione di servizi e prodotti enogastronomici

Applicare le normative vigenti, nazionali e internazionali, in fatto di sicurezza, trasparenza e tracciabilità dei prodotti

Controllare i prodotti sotto il profilo organolettico, merceologico, chimico-fisico, nutrizionale e gastronomico

Agire nel sistema di qualità relativo alla filiera produttiva

Le preparazioni di base


Macroarea 3

Le preparazioni di base

1.

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Gli impasti fondamentali

Lezione speciale Le tecniche di cottura Le tecniche di conservazione

Le creme e i semifreddi

Lezione speciale Le bagne e la confetteria

DESSERT D’EUROPA

Il kanelbulle è una girella alla cannella diffusa in tutta la Scandinavia risalente agli anni Venti del XX secolo. È la Svezia a vantare la paternità di questo dolcetto: si dice che gli svedesi ne mangino 316 a testa ogni anno, tanto da avergli dedicato una giornata nazionale (4 ottobre). Il kanelbulle consiste in un impasto lievitato che viene ricoperto da un composto di burro, zucchero e cannella. Una volta arrotolato, viene tagliato a fette e poi cotto per essere servito guarnito con glassa o granella di zucchero.

Approfondimenti

Esercizi interattivi

Videolezioni

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Il mio ricettario Le ricette dei Maestri Laboratorio delle competenze

Materiale didattico adatto per la didattica digitale integrata


UNITÀ 1

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Gli impasti fondamentali 1.

LA PASTA FROLLA

Esistono molte tipologie di frolle, ognuna adatta per uno specifico impiego. Dal punto di vista delle sue caratteristiche, la pasta frolla è l’impasto che utilizza i quattro ingredienti di base della pasticceria, cioè: • farina; • grassi; • zuccheri; • uova. La pasta frolla è anche uno degli impasti più impiegati nella pasticceria italiana, per preparare, ad esempio, crostate, biscotti e molti altri dolci ancora.

Quali sono gli ingredienti della pasta frolla Oltre ai componenti di base, che ora prenderemo in esame nei particolari, alla preparazione è anche possibile aggiungerne altri, come aromi, liquidi (acqua, albumi, tuorli, panna, latte), nonché semi e frutta a guscio.

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Farina Le più utilizzate sono la farina di tipo 0 o quella di tipo 00. In alcuni prodotti di biscotteria e nei fondi per crostate alla marmellata si aggiunge, talvolta, la farina di mais, una farina macinata fine, che dona ai dolci una pregevole rusticità. Tutti gli ingredienti della ricetta contribuiscono alla friabilità dell’impasto ma, nel caso del componente che stiamo esaminando, la friabilità dell’impasto dipende dalla forza della farina (W). La realizzazione della pasta frolla richiede l’utilizzo di farina con una forza bassa, tra 150-180 W, detta pertanto farina debole, cioè a contenuto ridotto di proteine, che, impastate con liquidi, sviluppano la maglia glutinica, la quale rende l’impasto elastico e tenace. Le farine deboli richiedono un tempo di lavorazione molto breve, necessario al completo assorbimento dei liquidi, altrimenti un trattamento prolungato fornisce gli stessi risultati dell’utilizzo di una farina con un indice W molto alto.

GUIDA ALLO STUDIO

La pasta frolla utilizza i cinque ingredienti di pase della pasticceria: lievito, farina, grassi, zuccheri, uova La pasta frolla è ampiamente utilizzata per preparare crostate e biscotti Oltre agli ingredienti base, per preparare la pasta frolla si possono aggiungere aromi, semi e frutta a guscio Le farine più utilizzate per la pasta frolla sono di tipo 0 e di tipo 1 La friabilità dell’impasto è influenzata dalla forza della farina (W) La realizzazione della pasta frolla richiede l’utilizzo di farina forte Le farine deboli richiedono un tempo di lavorazione piuttosto lungo

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macroarea

3 • Le preparazioni di base

Grassi I grassi che possono essere usati per realizzare la pasta frolla sono numerosi, come, ad esempio, il burro di cacao, l’olio d’oliva o di riso, lo strutto e molti altri ancora, anche se quello più utilizzato è il burro. Naturalmente, la quantità di burro da impiegare nella preparazione della pasta frolla dipende dall’uso che se ne deve fare, soprattutto in ragione della maggiore o minore friabilità che si desidera ottenere. In ogni caso, non si devono mai superare alcune percentuali di burro rispetto al peso della farina, cioè: • un minimo del 30% e un massimo del 70% per le frolle comuni per fondi; • un minimo del 50% e un massimo dell’80% nel caso delle frolle montate per biscotteria fine. Inoltre, per realizzare un ottimo impasto è importante che il burro si trovi a una temperatura intorno ai 13 °C.  Zuccheri Nella preparazione della pasta frolla si possono usare diversi tipi di zucchero; oltre al comune saccarosio si impiegano, infatti, tutti i tipi di malto, lo zucchero grezzo di canna e il fruttosio, bilanciando la ricetta in base a quello che si utilizza. Tuttavia, lo zucchero che viene usato normalmente è il saccarosio raffinato, anche se per la preparazione della pasta frolla comune è previsto l’impiego di quello semolato che, rimanendo in sospensione nell’impasto, assorbe più liquido e dona più friabilità e croccantezza. Lo zucchero a velo, che è anch’esso composto da saccarosio, rende invece l’impasto più friabile, pertanto è utilizzato come ingrediente delle frolle fini o delle frolle montate da biscotteria.

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Anche per quanto concerne la quantità di zucchero da introdurre nell’impasto dobbiamo considerare le percentuali utilizzabili, che vanno da un minimo del 25% a un massimo del 60%. Aumentando o riducendo la quantità degli zuccheri si ottiene un impasto più o meno croccante, poiché essi, durante la cottura, danno inizio a un vero e proprio processo di caramellizzazione. Uova Le uova tendenzialmente sono l’ultimo ingrediente che deve essere aggiunto all’impasto e, siano esse intere oppure rappresentate soltanto da albume o da tuorlo, contribuiranno in modo differente alla struttura finale della pasta frolla. • I tuorli, particolarmente ricchi di grassi, aumentano il contenuto totale di grassi nel preparato, che a fine cottura presenterà alveoli piccoli e fini, quindi una consistenza più friabile. • Le uova intere sono utilizzate per realizzare invece una pasta frolla da fondi, cioè adatta a rivestire stampi, poiché la parte di acqua presente nell’albume dà origine a glutine, conferendo all’impasto una resistenza maggiore.

GUIDA ALLO STUDIO

Nella pasta frolla, oltre alla farina, trovano impiego grassi, zuccheri e uova I grassi che possono essere utilizzati sono molti Il grasso più utilizzato per la pasta frolla è lo strutto Lo zucchero a velo rende l’impasto più friabile Le uova tendenzialmente sono l’ultimo ingrediente da aggiungere all’impasto

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LABORATORIO

1. Preparazione della pasta frolla Nella realizzazione della pasta frolla, oltre alla quantità e al tipo di ingredienti, riveste un ruolo particolarmente importante il metodo con cui si compie la lavorazione che, in ogni caso, deve essere piuttosto rapida. Esistono tre modalità con cui realizzare l’impasto.

Metodo classico Prevede di lavorare il burro, alla temperatura di circa 13 °C, con lo zucchero, senza montarlo. Fatto questo, si aggiungono poco per volta le uova, facendole assorbire interamente al composto, dopo di che si

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unisce la farina, lavorando l’impasto soltanto per il tempo necessario ad amalgamare gli ingredienti. In questo caso, la pasta frolla si può realizzare a mano oppure utilizzando una planetaria con la foglia.

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LABORATORIO •

PREPARAZIONE DELLA PASTA FROLLA

Metodo sabbiato Si miscelano la farina e il burro, in modo tale che il grasso del burro rivesta la farina, facendole assumere una consistenza sabbiosa. Quindi si aggiungono lo zucchero e le uova. È importante ricordare che nella preparazione dell’impasto ci si deve fermare dopo che è avvenuto il completo assorbimento delle uova. Questo metodo, grazie ai grassi del burro, impedisce ai liquidi di venire a contatto con la farina, contrastando così la formazione del glutine. Dopo la cottura, la pasta sarà più friabile di quella preparata con il metodo classico.

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LABORATORIO •

PREPARAZIONE DELLA PASTA FROLLA

Metodo montato Si monta il burro in planetaria, mediante la frusta, fino a farlo diventare una pomata soffice, alla quale si aggiunge poi lo zucchero a velo. Si fa quindi ripartire l’impastatrice alla minima velocità, per poi aumentarla gradualmente. Si otterrà così un composto schiumoso, nel quale si incorporeranno poco per volta le uova

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sbattute, fino al loro completo assorbimento. In ultimo si aggiunge la farina, utilizzando la foglia. Questo metodo è ideale per produrre frollini e pasticceria secca in genere, usando il sac à poche per dare forma alle preparazioni.

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PREPARAZIONE DELLA PASTA FROLLA

Come si conclude la lavorazione della pasta frolla Dopo che si è preparato l’impasto, si procede con i passaggi successivi: • se si è seguito il metodo classico o il metodo sabbiato, si fa riposare la pasta in un ambiente freddo (a circa 4 °C) per 12 ore per le frolle con zucchero semolato, oppure nell’abbattitore di temperatura per 3-4 ore. Per le frolle fini, tuttavia, se ci si serve dell’abbattitore, i tempi di riposo diminuiscono, in particolare se la pasta è stata tirata fino a farle raggiungere lo spessore di circa 4 cm, proteggendola durante il raffreddamento tra due fogli di carta forno o di plastica e raffreddandola a –40 °C: in tal modo, la preparazione sarà utilizzabile già dopo 10 minuti. Al momento dell’impiego, la consistenza ottimale della pasta, tale cioè da poterla stendere adeguatamente, sarà raggiunta grazie a una breve lavorazione effettuata a mano o in planetaria; • se si utilizza il metodo montato, la frolla è impiegata subito dopo essere stata preparata, e soltanto in seguito la si ripone in frigorifero, per un riposo che le permetta di prendere consistenza.

Come bilanciare una pasta frolla Per realizzare una ricetta è importante tenere conto di alcuni aspetti essenziali, di seguito elencati, che permettono di ottenere un impasto ottimale per le varie lavorazioni a cui è dedicato.

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■ Lo zucchero a velo assorbe meno liquidi, quindi se lo si sostituisce con il saccarosio le loro dosi cambiano

2.

■ Il peso delle uova è determinato dal coefficiente di divisione dell’impasto base. Tale coefficiente, però, varia in base al tipo di zucchero e alle uova utilizzate (solo tuorli o uova intere) Nel caso di variazioni del rapporto tra burro e farina si deve cambiare anche il quantitativo di uova che vengono inserite nell’impasto. Ad esempio, se il rapporto è di 500 g di burro su 1 kg di farina, si dovrà inserire un determinato quantitativo di uova

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■ Se la quantità di burro aumenta, per ogni 100 g di questo grasso si dovrà effettuare una diminuzione proporzionale di uova, mentre una riduzione di 100 g di burro darà origine a un aumento proporzionale di uova

Approfondimenti Le differenti combinazioni d’impasto

Glossario Coefficiente di divisione Il peso delle uova viene definito sulla base di un coefficiente di divisione. Cambiando il rapporto tra burro e farina, va cambiata anche la quantità di uova da inserire nell’impasto. Più si aumentano i grassi, più la quantità di uova dovrà diminuire e viceversa; se si diminuisce la quantità di burro, si dovrà aumentare quella delle uova.


LABORATORIO •

PREPARAZIONE DELLA PASTA FROLLA

Quali possono essere le aggiunte speciali all’impasto base Le ricette di pasta frolla possono prevedere l’aggiunta di ingredienti come aromi, frutta secca in granella o in polvere, cacao, paste aromatizzanti e agenti lievitanti. Per quanto riguarda gli aromi, per esaltare il carattere della pasta frolla classica, all’impasto si aggiungono vaniglia naturale, in baccelli o liquida, e buccia grattugiata di limone, naturale e non trattato. In ogni caso, ricordiamo che la quantità di aromi introdotta nell’impasto non ne altera la bilanciatura totale. La frutta secca, invece, può essere unita: • in polvere, che entra nell’impasto sabbiato, nelle frolle comuni e nelle frolle montate; essa viene sommata nella bilanciatura delle basi prima del calcolo delle uova; • in granella, che entra nelle frolle comuni e sabbiate, senza dover modificare la bilanciatura della ricetta; tuttavia, bisogna assicurarsi che il peso della granella non superi quello del saccarosio.

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Nel preparare le frolle con l’aggiunta di frutta secca è bene utilizzare zucchero a velo, che nell’impasto assorbe meglio la parte oleosa tipica di tale frutta. La quantità di cacao che si può aggiungere alla ricetta dovrà essere dedotta dal peso della farina considerando che, in genere, non può superare il 15% del peso della farina. Siccome il potere di assorbimento dei liquidi del cacao è maggiore rispetto a quello della farina, è meglio utilizzare lo zucchero a velo e le uova intere: la ricetta verrà così bilanciata sia dalla parte grassa del cacao, sia dai liquidi contenuti nell’albume. Infine, anche il peso degli amidi si deduce da quello della farina, ed è consigliabile non superare il 30% del peso della farina. Gli amidi utilizzati per realizzare la pasta frolla sono quelli di mais, di riso e di frumento, oltre alla fecola di patata. Essi vengono aggiunti alla bilanciatura della ricetta prima del calcolo delle uova.


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LABORATORIO •

PREPARAZIONE DELLA PASTA FROLLA

Come si usano gli agenti lievitanti nella preparazione della pasta frolla Gli impasti poveri di burro possono essere addizionati con lievito chimico (baking powder, al massimo 10 g/kg di farina) o bicarbonato di ammonio (al massimo 20 g/kg di farina). Usando tali sostanze, dopo la cottura la pasta risulterà friabile-croccante ma leggermente lievitata, con un alveolo un po’ più grande della norma e in grado di assorbire l’umidità dell’eventuale ripieno o dell’inzuppatura. È possibile utilizzare gli agenti lievitanti anche negli impasti ricchi di grassi, ottenendo frolle friabili e soffici, abbinabili a creme leggere montate o a crema chantilly, oppure da impiegare per realizzare basi per dessert al piatto facilmente tagliabili.

Qual è la classificazione delle paste frolle Nello schema che segue sono elencate le varietà di paste frolle più usate in pasticceria.

Approfondimenti Il calcolo delle uova per le frolle montate

Frolla sablè

È utilizzata per biscotteria fine e per prodotti di ristorazione e deve contenere oltre il 50% di burro rispetto al peso della farina. Il metodo d’impasto può essere sia il classico sia quello sabbiato: quest’ultimo darà origine a un prodotto friabile anche se non adatto a tutti i tipi di ricette.

Frolla comune

Il contenuto di burro sarà del 50%, mentre quello dello zucchero sarà compreso tra il 30 e il 40% rispetto al peso della farina. Per questo tipo di frolla è del tutto indifferente procedere con il metodo classico o con quello sabbiato.

Frolla Milano

L’impasto avrà il 50% di burro e il 50% di zucchero sul peso della farina. Per prepararla si potranno usare sia il metodo sabbiato che il metodo classico.

Frolla per fondi

Anche per questa frolla i metodi di impasto sono usati indifferentemente e la percentuale di burro è minore del 40% rispetto al peso della farina, mentre quella dello zucchero è superiore al peso del burro.

Frolla montata

Il metodo d’impasto è, ovviamente, quello montato e la percentuale di burro deve essere almeno del 60% sul peso della farina. Per quanto riguarda lo zucchero, il suo peso è inferiore al 30% sul peso della farina, poiché la frolla montata viene cotta a una temperatura più alta rispetto alle altre frolle.

GUIDA ALLO STUDIO

1. Il metodo classico per preparare la pasta frolla prevede l’utilizzo del burro senza montarlo 2. Il metodo sabbiato deve il suo nome al fatto che la miscela di farina e burro assume una consistenza sabbiosa 3. La pasta realizzata con il metodo sabbiato risulterà, dopo la cottura, meno friabile di quella realizzata con il metodo classico 4. Il metodo montato prevede che il burro venga montato in planetaria 5. Lo zucchero a velo assorbe più liquidi rispetto al saccarosio 6. Nel preparare frolle con l’aggiunta di frutta secca è bene utilizzare il saccarosio 7. Nella frolla comune il contenuto di burro è del 50% 8. La frolla sablè è utilizzata per la biscotteria fine

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Gli impasti fondamentali

LA PASTA SFOGLIA

La ricetta della prima vera torta millefoglie, cioè con pasta sfoglia, è citata in un testo del 1653 di François La Varenne, ed è una ricetta molto simile a quella usata attualmente dai pasticceri. La pasta sfoglia, come ricorda il suo stesso nome, una volta cotta è costituita da sfoglie sottilissime e croccanti, che la rendono inconfondibile.

Quali sono gli ingredienti della pasta sfoglia Gli ingredienti che compongono questa preparazione sono costituiti da farina, sale, acqua e burro. Farina Nella preparazione della pasta sfoglia è preferibile usare una farina mediamente forte (230 W), con cui ottenere sfogliature leggere e molto friabili. Nel caso in cui si usassero, invece, farine con W più alti, si finirebbe per realizzare un prodotto caratterizzato dall’aspetto molto sfogliato e leggero, ma dotato di una friabilità piuttosto scarsa a causa della presenza in tali farine di una quantità notevole di glutine. Sale Per preparare la pasta sfoglia, sono necessari tra i 20 e i 25 grammi di sale per chilogrammo di farina. Tale dose, in genere, viene sciolta nell’acqua, e la si introduce nell’impasto per esaltare il sapore della sfoglia stessa.

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Acqua La quantità di acqua (solitamente il 50% rispetto alla farina) varia a seconda del potere di assorbimento della farina utilizzata, quindi la si deve graduare ogni qualvolta si cambi il tipo di farina. L’impasto ottenuto mescolando l’acqua, il sale e la farina prende il nome di pastello. Nella realizzazione della pasta sfoglia, l’acqua assume un ruolo importante perché evapora durante la cottura dell’impasto, contribuendo così alla formazione dei diversi strati, o sfoglie, tipici di questa preparazione. Burro e margarina Durante la produzione della pasta sfoglia, i grassi servono per preparare il panetto, il cui impasto può essere realizzato usando il burro o la margarina. L’industria produce margarine che hanno caratteristiche studiate appositamente per preparare la pasta sfoglia, più facili da utilizzare, che favoriscono il distacco tra grasso e pastello, consentendo così di ottenere sfogliature di qualità. Il burro, al contrario, è più difficile da lavorare, ma ha un sapore nettamente migliore e più raffinato di quello della margarina, oltre a esserle superiore sotto il profilo organolettico. Anche per quanto riguarda il burro, l’industria predispone una lavorazione speciale, dando a questo prodotto una resistenza maggiore alla sfogliatura. Inoltre, il burro viene commercializzato in fogli di forma rettangolare, ideali per essere utilizzati senza che sia necessario preparare il panetto con la farina.

Videolezione Millefoglie


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macroarea

3 • Le preparazioni di base

L’impasto del pastello La pasta sfoglia, per essere preparata, necessita come base di partenza, di due impasti: • il pastello, composto da una parte di farina, con acqua e sale, che sarà la base al cui interno si inserirà il panetto; • il panetto, di cui tratteremo fra poco, che consiste in un impasto composto dalla restante parte di farina e burro o soltanto da burro. Il pastello può essere predisposto mediante tre diversi metodi di impasto, ognuno dei quali attribuirà alla sfoglia caratteristiche peculiari. Pastello impastato per poco tempo Con questo metodo si velocizza di molto la realizzazione del pastello. Inoltre, siccome l’impasto viene lavorato poco,

la formazione di glutine è ridotta. Pertanto, si otterrà un tipo di sfogliatura abbondante e leggermente irregolare. Pastello impastato per molto tempo In questo caso, è possibile conseguire una sfogliatura più regolare anche se meno abbondante di quella ottenuta con il metodo precedente. Questo effetto è determinato dalla maggiore formazione di glutine, causata proprio dall’impasto prolungato. Pastello con aggiunta di burro o margarina Seguendo questo metodo, il pastello assume una consistenza più solida, ottenuta unendo, appunto, burro o margarina all’impasto. Il vantaggio di far conseguire all’impasto questo tipo di consistenza lo si constata osservando la facilità con cui si possono produrre le pieghe della pasta sfoglia.

GUIDA ALLO STUDIO

1. Il pastello costituisce la base al cui interno si inserisce il panetto 2. Il pastello può essere predisposto mediante quattro diversi metodi d’impasto 3. Il pastello impastato per poco tempo permetterà di ottenere una sfogliatura abbondante e leggermente irregolare 4. Il pastello impastato per molto tempo permetterà di ottenere una sfogliatura più regolare anche se meno abbondante 5. L’impasto prolungato causa una minore formazione di glutine 6. Con il pastello con aggiunta di burro o margarina è più facile produrre le pieghe della pasta sfoglia

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LABORATORIO

2. Preparazione della pasta sfoglia Per realizzare il panetto si impastano 1000 g di burro con 300 g di farina, tenendo conto che il burro deve trovarsi a una temperatura di +4 °C e andrà poi ammorbidito con il matterello, per poter farlo assimilare meglio alla farina. Una volta terminata questa operazione, all’impasto così ottenuto viene data una forma rettangolare, quindi lo si pone in frigorifero per circa 1 ora. Ricordiamo che è anche possibile eseguire ricette con sfoglie alla panna o altre ancora il cui contenuto di burro è pari al 50% del peso della farina: nel secondo caso non è necessario formare il panetto, ma il burro viene inserito direttamente nel pastello.

Le ricette dei Maestri Cornucopia, cialda di cannolo con crema di ricotta e marmellata d’arance

Quali sono i metodi di inserimento del panetto nel pastello

La qualità della pasta sfoglia è legata alla corretta lavorazione dell’impasto, che consente di ottenere, dopo la cottura, una pasta composta da tanti strati che si “sfogliano” durante la masticazione. Per questo motivo è importante che il panetto e il pastello abbiano la stessa consistenza, così che possano essere stesi in modo omogeneo, dando origine a pieghe di ottima qualità. Nonostante il metodo con cui il pasticcere inserisce il panetto nel pastello sia personale, riteniamo utile proporne alcuni fra i più utilizzati a livello professionale.

Metodo 1 Schiacciare molto il pastello e collocarvi al centro un panetto rettangolare, rivolgendo quindi verso il centro i lati del pastello. Successivamente si assottigliano le ali esterne una sopra e una sotto l’impasto, in modo tale che la pasta venga distribuita uniformemente. Infine, si procede a livellare leggermente l’impasto con il matterello, dando forma alle pieghe desiderate.

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PREPARAZIONE DELLA PASTA SFOGLIA

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PREPARAZIONE DELLA PASTA SFOGLIA

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Metodo 2 Anche con questo secondo metodo si dovrà appiattire molto il pastello e mettervi al centro un panetto, anche se di dimensioni minori del caso precedente. Si procede, quindi, rivolgendo i bordi al pastello e attaccandoli a quelli del panetto, che rimarrà visibile al centro della preparazione. A questo punto, si provvederà a stendere il tutto con il matterello, dando le pieghe desiderate.

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Metodo 3 Come sempre, il panetto andrà sistemato al centro del pastello, ma questa volta in modo tale che risulti parallelo a esso, rispetto ai suoi lati corti, che dovranno essere lasciati liberi quando si attaccheranno verso il centro le ali del pastello stesso. Fatta questa operazione, si procederà ad appiattire la preparazione, dandole le pieghe desiderate.

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PREPARAZIONE DELLA PASTA SFOGLIA

Metodo 4 Per realizzare questo metodo la forma del pastello dovrà essere all’incirca quadrata, in modo tale che si formino quattro punte, che dovranno essere chiuse verso il centro fino a coprire il panetto. Quindi, usando il matterello, si procederà come negli altri casi, dando i giri necessari alla pasta.

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Come si piega la pasta sfoglia Nella preparazione le pieghe della pasta servono a dare origine alla tipica sfogliatura e dispongono la pasta stessa in modo tale che gli strati del pastello si intervallino in modo uniforme con quelli del panetto di burro. Per eseguire tale procedura, di solito si alternano: • per due volte tre pieghe; • per altre due volte quattro pieghe. Si possono realizzare anche per quattro volte quattro pieghe oppure per sei volte tre pieghe. Bisogna considerare che al termine della cottura un numero elevato di pieghe darà una sfoglia friabile e poco alta, con alveoli molto piccoli, mentre una pasta con poche pieghe a fine cottura avrà alveoli molto grandi e irregolari, oltre a essere anche elastica. Tutti questi effetti possono accentuarsi o, al contrario, ridursi, se le pieghe vengono realizzate più o meno spesse. Infatti: • se le pieghe sono spesse fanno alzare la pasta; • se le pieghe sono sottili danno origine a una sfoglia friabile ma bassa, per effetto di una maggiore fusione tra panetto e pastello.


LABORATORIO •

PREPARAZIONE DELLA PASTA SFOGLIA

È bene ricordare che la sfoglia, tra una piegatura e l’altra, deve essere messa a refrigerare per almeno un’ora, proteggendo la sua superficie dal contatto con l’aria mediante una pellicola plastica. Infine, è possibile determinare il numero di strati finali della pasta sfoglia, ricorrendo a un semplice calcolo, che terrà conto anche della lavorazione iniziale tra panetto e pastello, costituita da tre strati. Pertanto, una sfoglia piegata quattro volte con ogni volta quattro pieghe, darà origine a: 3 x 4 x 4 x 4 x 4 = 768 sfoglie

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PREPARAZIONE DELLA PASTA SFOGLIA

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Come si ottiene la cottura ideale Ogni forno ha caratteristiche proprie, quindi soltanto un’analisi attenta delle cotture già effettuate ci permetterà di identificare la corretta temperatura da applicare. Innanzitutto, si deve osservare il prodotto da cuocere, considerandone lo spessore, la grandezza e l’utilizzo finale a cui è dedicato. • Nel caso di pezzi di pasta piccoli, sottili e bucherellati, li si può cuocere a temperatura alta, intorno ai 220-230 °C, per un tempo breve, facendo sì che il calore arrivi velocemente agli strati interni, i quali si asciugheranno bene, mentre all’esterno la loro pasta sarà colorata nel modo desiderato. • Nel caso di pezzi grandi, invece, li si deve cuocere a temperature più basse, tra i 160 e i 180 °C, permettendo così al calore di raggiungere il cuore del prodotto, senza colorare eccessivamente la pasta in superficie. Per favorire la liberazione del vapore acqueo, è possibile aprire la valvola del forno, in modo tale da farlo uscire, così che la sfoglia, quando si sarà sviluppata, potrà asciugarsi meglio. In conclusione, una pasta sfoglia di qualità deve essere cotta bene, in modo tale da risultare friabile ma non secca.

Perché la pasta sfoglia si alza durante la cottura La stratificazione tipica della pasta sfoglia è determinata dall’azione combinata del calore e del vapore sprigionato durante la cottura. Per effetto del calore, infatti, l’acqua contenuta nell’impasto evapora e, andando verso l’alto, solleva le pieghe, rese impermeabili dai grassi stratificati in esso: hanno così origine i tipici alveoli della pasta sfoglia. È quindi evidente quanto sia importante effettuare la corretta piegatura della pasta, che deve avvenire senza rotture o fuoriuscite di grassi, per fare in modo che si possa ottenere un prodotto di qualità pressoché perfetta.


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3.

1

Gli impasti fondamentali

IL PAN DI SPAGNA

Il pan di Spagna, conosciuto anche come pasta genovese o génoise è, con la pasta frolla, tra le preparazioni di base più utilizzate in pasticceria. L’inventore della sua ricetta è stato il pasticcere Giovanni Battista Cabona, che nel 1747 si trovava, al seguito del marchese Domenico Pallavicini, alla corte di Madrid. Per realizzare questo dolce, Cabona rielaborò il biscotto di Savoia creando una pasta sbattuta di grande leggerezza che dedicò al Paese che lo ospitava, la Spagna. I procedimenti che si possono usare per ottenere un prodotto di ottimo livello sono molto semplici, ma la loro corretta esecuzione è fondamentale per la riuscita della preparazione.

Quali sono gli ingredienti del pan di Spagna Nella preparazione del pan di Spagna, gli ingredienti utilizzati sono uova, zucchero e farina. Questi ingredienti risultano di assoluta importanza sia per consentire lo svolgimento corretto dei processi produttivi, sia per ottenere un prodotto di qualità. Uova Per preparare il pan di Spagna, i calcoli si effettuano facendo riferimento al peso delle uova. È però possibile sostituire in parte le uova intere con albumi o con tuorli, nonostante gli effetti sul prodotto finito siano differenti, in particolare:

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• rimpiazzando le uova intere con 1/3 di tuorli si otterrà una preparazione con alveoli più piccoli e, di conseguenza, il dolce sarà un po’ più pesante; • sostituendo, invece, le uova intere con 1/ di albumi, le dimensioni degli alveoli 3 nel prodotto cotto saranno maggiori e, di conseguenza, il dolce risulterà più leggero. Inoltre, bisogna ricordare che, se alla comune base di un pan di Spagna si aggiungono burro e tuorli, si ottiene la cosiddetta pasta Margherita. Zucchero Nella preparazione del pan di Spagna si impiega zucchero cristallino o semolato, perché esso ha la caratteristica di sciogliersi più facilmente nell’impasto. Inoltre, è importante che il peso dello zucchero che si utilizza per realizzare la ricetta sia sempre in quantità uguale a quello della farina. Farina Nella formazione dell’impasto bisogna usare farina a basso tenore di W (160-180 W) perché consente di ottenere dolci con sofficità e friabilità migliori. Al contrario, farine ricche di glutine tendono a rendere la massa decisamente elastica e gommosa. Infine, è importante ricordare che la quantità di zucchero e quella di farina utilizzate possono incidere sulle dimensioni dell’alveolatura del preparato, rendendola più o meno grande.

Quali sono le proporzioni degli ingredienti Pan di Spagna montato massa pesante

Pan di Spagna montato massa media

Pan di Spagna montato massa leggera

Ingredienti

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Ingredienti

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Uova

1500 g

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1500 g

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1500 g

Zucchero

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Zucchero

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1500 g

Farina

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Farina

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3. Preparazione del pan di Spagna La prima fase della preparazione del pan di Spagna è la sbattitura in planetaria di uova e zucchero. Tramite questa operazione, l’impasto incorpora aria, che durante la cottura servirà a far lievitare la preparazione. Tuttavia, è bene fare attenzione: • se la sbattitura è troppo lenta, nella massa non si incorpora aria a sufficienza; • se la sbattitura viene effettuata a velocità eccessiva, si rischia di non facilitarne l’inglobamento omogeneo, quindi gli alveoli che si formeranno durante la cottura non saranno uniformi; • se la sbattitura è prolungata, si rischia di far perdere consistenza all’impasto durante la cottura. Esaminiamo ora il procedimento con cui effettuare la preparazione del pan di Spagna, che si basa su alcuni passaggi fondamentali.

1.

■ Miscelare le uova con lo zucchero

2.

■ Riscaldare l’impasto a 40-50 °C, mescolando continuamente (questo passaggio è molto importante perché aiuta lo zucchero a sciogliersi e a far sì che le uova inglobino molta più aria durante la sbattitura, ottenendo una consistenza più ferma alla fine della montata)

3.

■ Montare l’impasto in planetaria

4.

■ Togliere l’impasto dalla planetaria e incorporarvi la farina con l’aiuto di una spatola di gomma, eseguendo un movimento dal basso verso l’alto e ruotando la bacinella in modo tale da inglobare la farina più velocemente (inoltre, bisogna tenere conto del fatto che la massa di composto deve essere lavorata il meno possibile, per evitare che perda parte dell’aria inglobata)


LABORATORIO •

PREPARAZIONE DEL PAN DI SPAGNA

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5.

■ Procedere, utilizzando un raschietto, a riempire gli stampi già imburrati e infarinati

6.

■ Livellare quindi il contenuto degli stampi impiegando ancora il raschietto, senza però sbatterli, per evitare, anche in questo caso, l’uscita dell’aria dalla massa del preparato

Quali sono i possibili arricchimenti dell’impasto base In molti casi, all’impasto base si possono aggiungere vari ingredienti, come burro, fecola di patate o amidi, polvere di frutta secca, cacao, massa di cacao, cioccolato fondente e miele. Come è prevedibile, ognuno di essi modificherà il sapore e la struttura del pan di Spagna. Burro

La quantità massima di burro utilizzabile corrisponde a ¼ del peso dello zucchero. Tale grasso va aggiunto, fuso e tiepido, a filo in una parte della massa montata, incorporata poi nella massa restante. L’introduzione del burro migliora il sapore del prodotto, che risulta anche morbido e friabile, oltre a presentare alveoli più piccoli al termine della cottura e una maggiore conservabilità.

Fecola di patate o amidi

La quantità massima di amidi utilizzabili nel pan di Spagna corrisponde al 50% del peso della farina. Con gli amidi si otterrà una massa meno elastica, un’alveolatura più fine e un’ottima friabilità.

Polvere di frutta secca

La frutta secca in polvere migliora il sapore del preparato ma il suo peso non deve mai superare il peso dello zucchero. La frutta secca si incorpora alla farina e, affinché la ricetta sia corretta e bilanciata, è necessario togliere 100 g di farina per ogni 300 g di frutta secca aggiunta.

Cacao

La quantità massima di cacao utilizzabile nella preparazione è di 80 g per chilogrammo di farina, ricordando, inoltre, che il peso del cacao va dedotto da quello della farina.

Massa di cacao

La massa di cacao può essere impiegata nella dose massima di 100 g per chilogrammo di farina, aggiungendola fusa e tiepida a una piccola quantità di massa montata, che si associa poi alla massa restante. Se la ricetta prevede l’utilizzo del burro, la massa di cacao si miscela a questo, quindi si aggiunge il tutto a una parte di massa montata che, infine, viene incorporata alla porzione restante.

Cioccolato fondente

L’impiego del cioccolato fondente è il medesimo che abbiamo preso in considerazione nel caso della massa di cacao.

Miele

Il miele viene aggiunto solitamente con funzione di aromatizzante. Normalmente questo ingrediente non deve superare il 10% del peso della farina, con la conseguente riduzione proporzionale dello zucchero. Ricordiamo, infatti, che in media il potere dolcificante del miele è doppio rispetto a quello dello zucchero.


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LABORATORIO •

PREPARAZIONE DEL PAN DI SPAGNA

Come si cuoce il pan di Spagna Durante la lavorazione degli ingredienti del pan di Spagna, le proteine contenute nell’impasto formano, come si è già detto, un reticolo irregolare che imprigiona l’aria e l’acqua. Nel corso della cottura, per effetto del calore l’aria aumenta di volume, dando origine agli alveoli che compongono la caratteristica trama porosa del pan di Spagna. Essi, inoltre, veicolano il calore all’interno della massa, facendole così raggiungere la temperatura ottimale per la gelificazione degli amidi e la coagulazione delle proteine. Allo stesso tempo, una parte dell’acqua evapora e, di conseguenza, si espande, contribuendo all’aumento di volume della massa del preparato, mentre un’altra parte è assorbita dagli amidi, originando la salda d’amido, che conferisce consistenza al dolce. Il colore dorato che si osserva sulla superficie del prodotto al termine della cottura è determinato, invece, da trasformazioni come la destrinizzazione dell’amido, cioè la sua trasformazione in destrine (carboidrati di peso molecolare minore di quello dell’amido) e la caramellizzazione dello zucchero. Per quanto riguarda, invece, l’abbassamento che può subire talvolta il pan di Spagna a fine cottura, esso è dovuto all’eccessiva lavorazione della massa nella fase in cui si incorpora la farina e al calore debole o discontinuo durante la cottura, che non contribuisce a far solidificare correttamente la maglia glutinica.

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Gli impasti fondamentali

4. IL BISCOTTO ARROTOLATO Il biscotto arrotolato (roulò, biscuit) fa parte delle preparazioni di base ed è una delle più utilizzate in pasticceria. La pasta con la quale si producono questi biscotti, per poter essere arrotolata, deve risultare morbida, sottile ed elastica. Grazie a queste qualità, potrà cuocere rapidamente e ad alta temperatura, senza asciugare né seccare.

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Le ricette più utilizzate in pasticceria sono quelle che si riferiscono alle seguenti tipologie di biscotto: • classico, denominato anche biscotto al cucchiaio o biscotto charlotte; • alle mandorle da decorazione; • alle mandorle leggero; • al cioccolato; • al marzapane; • meringato.

ARROTOLATO ALLA VANIGLIA ARROTOLATO AL CACAO ARROTOLATO GIOCONDA

Videolezione Cantucci

GUIDA ALLO STUDIO

1. Il biscotto arrotolato fa parte delle preparazioni di base di pasticceria 2. Il biscotto arrotolato è una delle preparazioni meno utilizzate in pasticceria 3. La pasta, per poter essere arrotolata, deve essere morbida, sottile e poco elastica

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LABORATORIO

4. Preparazione del biscotto classico

Il biscotto classico si ottiene dall’unione di: • una massa montata di tuorli; • un’altra di albumi con zucchero; che, mescolate a farina e amido, danno origine a un’ulteriore massa montata molto spumosa. Per la perfetta riuscita di questa base si deve: • associare una parte di massa montata di albumi alle farine a pioggia, mescolando da sotto a sopra; • unire il tutto alla massa montata di tuorli; • terminare aggiungendo la parte restante di albumi. In questo modo si mantiene il massimo della sofficità del prodotto, perdendo pochissima aria di quella incorporata dalle masse montate. Inoltre, è possibile ottenere una pasta ancora più elastica, realizzando così il biscotto con montata di albumi: in questo caso, alla massa di albumi montata con zucchero si aggiungono i tuorli a filo e di seguito si associa la farina mescolata agli amidi. La massa che si è ottenuta viene poi stesa, con un sac à poche o con una spatola, su carta da forno, facendole assumere lo spessore di 1,5-2 cm; si provvede poi a cuocere il tutto alla temperatura di circa 240 °C, a valvola chiusa per trattenere l’umidità. Si ottiene in tal modo una pasta sottile ed elastica, che è arrotolabile e adatta a rivestire dolci o che può anche essere usata come fondo delle torte. Il biscotto preparato con le due masse montate, nella terminologia tecnica di pasticceria è denominato biscotto classico a montata doppia. Infine bisogna ricordare che, nella fase di impastamento, oltre alla farina si può aggiungere cacao oppure altri amidi, come ad esempio la fecola.


LABORATORIO •

PREPARAZIONE DEL BISCOTTO CLASSICO

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Biscotto classico a montata doppia È ottenuto unendo una massa montata di tuorli e un’altra di albumi con zucchero. Il composto, mescolato a farina e amido, genera una massa montata molto spumosa. Oltre alla farina è possibile aggiungere cacao oppure altri amidi.

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Montare il composto finché non risulta ben fermo.

Unire lo zucchero con l’albume.

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Aggiungere il tuorlo a filo sull’albume e mescolare con l’aiuto di una spatola in gomma.

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Stendere la montata.

Aggiungere la farina setacciata a pioggia, sempre con l’aiuto di una spatola in gomma.

Predisporre una teglia, un silpat (carta siliconata) e una racla (macchinario che permette di stendere uniformemente lo strato di impasto). Versare la montata di albume, zucchero, tuorlo e farina all’interno della racla.


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LABORATORIO •

PREPARAZIONE DEL BISCOTTO CLASSICO

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Conferire uno spessore di circa 0,5-1 cm e cuocere in forno preriscaldato alla temperatura di 200 °C per 5 minuti (a valvola chiusa per trattenere l’umidità).

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Sfornare e togliere il silpat.

Prima dell’utilizzo provvedere all’abbattimento. La pasta ottenuta sarà sottile ed elastica, arrotolabile e adatta a rivestire dolci, perfetta per essere usata come fondo per torte. Per preservare il massimo della sofficità del prodotto, perdendo pochissima aria di quella incorporata dalle masse montate, bisognerà: • unire le farine a pioggia a una parte di massa montata di albumi, mescolando da sotto a sopra; • unire il composto alla massa montata di tuorli; • aggiungere la parte restante di albumi.

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PREPARAZIONE DEL BISCOTTO CLASSICO

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Tipologie di biscotti Nome

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Biscotto alle mandorle da decorazione

Questo biscotto, molto elastico, trova impiego come rivestimento di stampi per torte moderne, mousse, creme leggere o bavaresi. È una massa alla mandorla decorata con un’altra massa a cialda (lingua di gatto).

L’elemento base della preparazione è la mandorla, inserita nella massa come TPT (tant pour tant) corrispondente, cioè, a una miscela in parti uguali di farina di mandorle bianche e di zucchero. L’impasto va cotto in forno a 250 °C con valvola chiusa.

Biscotto leggero alla mandorla

È un prodotto morbido e gustoso, che può essere aromatizzato con granelle di frutta secca o altri elementi. È usato come inserto all’interno di torte moderne, bavaresi o mousse, anche se spesso è impiegato come rivestimento decorativo delle prime.

In questa preparazione, la farina di mandorle della TPT può essere sostituita con altra frutta a guscio. Inoltre, è possibile aromatizzare con cacao, il cui peso va detratto dal totale della farina.

Biscotto al cioccolato

Nelle sue tre varianti, è il più utilizzato per realizzare torte moderne.

• Il biscotto al cacao senza farina è

Biscotti al marzapane e meringati

Sono prodotti che contengono marzapane al 60% di mandorla e sono più morbidi al palato dei biscotti tradizionali.

una preparazione molto elastica, in quanto è a base di montata d’albume. Non ha bisogno di essere bagnato prima dell’utilizzo, perché nella sua composizione non è presente la farina. È cotto a temperature relativamente basse (intorno a 200 °C). • Il biscotto al cioccolato e arancia è realizzato con la tecnica della montata doppia, nella quale è presente anche scorza d’arancia candita, che conferisce una maggiore morbidezza. È cotto anch’esso a temperature relativamente basse. • Il biscotto Sacher è un preparato a montata doppia, sottile e friabile, particolarmente gustoso per la presenza di frutta secca e cioccolato. Il biscotto meringato trova impiego come base per torte con mousse o con crema al burro, oppure come fondo per la piccola pasticceria. La frutta secca in polvere e l’albume fanno assumere al biscotto una consistenza particolarmente morbida, che ricorda, appunto, quella della meringa.


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macroarea

5.

3 • Le preparazioni di base

I BIGNÈ

La pasta per beignè o pâte à choux è una preparazione di origine toscana, ed è anche detta pasta siringa o soffiata. Questa preparazione fu portata in Francia da un cuoco italiano, un certo Pantanelli, che nel 1533 vi si recò al seguito di Caterina de’ Medici. I francesi apprezzarono così tanto la ricetta che con il passare del tempo la fecero loro, anche nel nome. Il termine francese con cui è denominata questa preparazione, cioè choux (cavolo), si spiega con il fatto che questo dolce ricorda decisamente nella forma un piccolo cavolo verza, leggermente increspato e lucido.

Quali sono le caratteristiche dei bignè La particolarità dei bignè consiste nel fatto che questa pasta è di leggerezza estrema e ottima da lavorare, due qualità che consentono una grande versatilità di utilizzo. La pâte à choux, che dà origine a questo dolce, è costituita da una massa che è sottoposta a una cottura che si svolge in due fasi: • la prima fase avviene in casseruola, dove si sviluppa il gel che fornirà la resistenza al prodotto finito; • la seconda fase è compiuta in forno, nel quale si consolideranno la forma e la leggerezza tipiche del dolce.

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La pâte à choux fa parte delle masse nelle quali gli amidi vengono cotti insieme ad acqua e a grasso, in modo tale da ottenere un impasto resistente ed elastico.

Quali sono gli ingredienti dei bignè Come per molte altre preparazioni di base, anche in questo caso i grassi, la farina, le uova e lo zucchero sono gli ingredienti principali, cui si aggiungono l’acqua, il latte e il sale. Grassi I grassi che si possono utilizzare nella ricetta sono il burro, la margarina e lo strutto. Indipendentemente dal tipo di grasso impiegato, i grassi hanno un ruolo fondamentale nel creare la struttura del bignè, donandogli friabilità e leggerezza. Bisogna ricordare che: • più alta è la presenza di grasso in rapporto alla farina, più fine e liscia sarà la superficie del prodotto finito; • se la quantità di farina è maggiore di quella del burro, si otterranno dolci meno croccanti e con la superficie più ricca di screpolature. Farina La farina adatta a questa preparazione è quella debole, a basso contenuto proteico. Infatti, soltanto con ricette particolarmente ricche di burro è consigliabile utilizzare farine con W più alto.

GUIDA ALLO STUDIO

La pasta per bignè è una preparazione di origine toscana La pasta per bignè è detta pâte à choux La cottura della pasta per bignè avviene in due fasi La prima fase di cottura è compiuta in forno La seconda fase di cottura è compiuta in casseruola Gli amidi vengono cotti insieme ad acqua e a grasso, in modo tale da ottenere un impasto resistente ed elastico I grassi hanno un ruolo fondamentale nel creare la struttura del bignè, donandogli compattezza e corposità La farina adatta alla pasta per bignè è quella debole

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Gli impasti fondamentali

Uova Le uova, intere, devono essere aggiunte al termine della prima cottura e la loro quantità varia a seconda del tipo di farina utilizzata. Il metodo per effettuare una valutazione della quantità di uova da impiegare consiste nell’usare una spatola di gomma che, immersa nel composto, raccoglie parte della massa, che deve ricadere formando un triangolo allungato, senza scivolare velocemente. Gli albumi, in particolare, si aggiungono per integrare la parte liquida evaporata durante la prima cottura e per ammorbidire l’impasto, soprattutto nelle ricette con una quantità di grassi maggiore rispetto alla farina. Zucchero Lo zucchero migliora il sapore del preparato e va aggiunto in quantità di 0,5-1% sul totale del liquido. Inoltre, lo zucchero dà anche origine a un prodotto più colorato, in seguito alla caramellizzazione superficiale del dolce.

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Latte Al latte spetta il compito di sostituire, del tutto o in parte, l’acqua, dando origine a prodotti finiti più colorati e dolci grazie alla presenza in esso del lattosio. Sale Il sale, infine, contribuisce a rendere più gradevole il sapore dell’impasto; la percentuale che può essere aggiunta è di 0,5-1% sul totale del liquido impiegato. Nell’esaminare gli ingredienti, abbiamo notato che la base delle proporzioni è sempre riferita a 1 litro di liquido (acqua o latte). Partendo da questo valore, per ottenere una pâte à choux più o meno leggera, gli ingredienti che influenzano il processo sono il burro e la farina: • se la quantità di burro è maggiore rispetto a quella della farina, il bignè sarà friabile e vuoto all’interno; • se, invece, la farina supera il burro, allora l’involucro del dolce sarà particolarmente elastico, creando sulla sua superficie, durante la cottura, molte più screpolature.


LABORATORIO

5. Preparazione dei bignè Il processo produttivo della pâte à choux si svolge in diverse fasi. 1. Prima di tutto si devono far bollire in una pentola acqua, burro e sale. 2. In seguito, si toglie il composto dal fuoco e vi si introduce la farina, mescolando continuamente. 3. Si cuoce poi il preparato ottenuto, ed è a questo punto che si genera la gelatinizzazione degli amidi (la massa deve cuocere fino a che si stacchi dalle pareti e dal fondo della pentola). 4. La preparazione viene ora trasferita in planetaria con la foglia. 5. Si fa raffreddare l’impasto fino a renderlo tiepido e si aggiungono, poco per volta, le uova, per valutare se sono effettivamente necessarie tutte quante (infatti, in base alla farina utilizzata o alla cottura applicata, saranno necessarie tutte le uova previste dalla ricetta oppure soltanto una parte). 6. Infine, con l’aiuto di un sac à poche si formano i bignè, su placche da forno con le forme desiderate.

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LABORATORIO •

PREPARAZIONE DEI BIGNÈ

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Come avviene la cottura dei bignè La cottura del bignè in forno produce all’interno del dolce una certa quantità di vapore acqueo che, trovando una barriera, non può uscire, e di conseguenza fa gonfiare in modo uniforme il bignè. Durante questo processo è importante cuocere con la valvola del vapore chiusa, facendo in modo che il vapore stesso resti all’interno del forno, mentre a fine cottura, quando i bignè sono ormai gonfi e tondi, si deve aprire tale valvola, per favorire la reazione di Maillard delle proteine, consentendo anche l’asciugatura dei dolci. I tempi e le temperature di cottura delle varie preparazioni di cui abbiamo trattato o che stiamo esaminando, sono, in genere, informazioni di massima, perché l’utilizzo di forni ventilati, statici, rotativi o con pressione può far variare i tempi e i processi stessi di cottura. In ogni caso, alcune indicazioni utili possono essere le seguenti, ma è importante ricordare che i valori delle temperature di riferimento dovranno essere diminuiti di 10-20 °C nel caso in cui per cuocere si utilizzasse un forno di tipo ventilato.

Le temperature di cottura ■ Per le ricette ricche di farina e povere di burro, cioè pesanti, la temperatura deve essere di circa 180 °C ■ Nel caso di ricette nelle quali i pesi della farina e del burro siano pari, la temperatura di cottura dovrà essere impostata a circa 200 °C ■ Per le ricette ricche di burro e povere di farina, cioè leggere, la temperatura dovrà essere, invece, di circa 220 °C

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GUIDA ALLO STUDIO

A far gonfiare il bignè è il vapore acqueo È importante far cuocere il bignè con la valvola del vapore chiusa I tempi di cottura variano in base all’utilizzo di diversi forni Se si utilizza un forno ventilato, le temperature vanno ridotte Per le ricette ricche di farina e povere di burro, la temperatura di cottura deve essere di circa 220 °C

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6.

3 • Le preparazioni di base

I PRODOTTI LIEVITATI

Un dolce tipico della pasticceria italiana, conosciuto nel mondo intero, è certamente il panettone milanese. Si tratta di una preparazione che fa parte di un’ampia gamma di prodotti realizzati utilizzando il lievito madre o lievito naturale: i prodotti lievitati di produzione artigianale hanno un ruolo fondamentale nei laboratori di pasticceria.

Quali sono gli ingredienti dei prodotti lievitati La bellezza delle forme, il profumo tipico, il colore dorato, arricchito dalle gemme dei canditi e dell’uvetta, la fragranza e la morbidezza, sono le caratteristiche peculiari che hanno reso famosi e unici i prodotti lievitati. A rendere eccezionali questi dolci, oltre al tipo di lievito impiegato, contribuiscono vari ingredienti. Il giusto dosaggio e un corretto bilanciamento della ricetta contribuiscono al buon esito della

preparazione, così pure come l’utilizzo di macchine idonee a svolgere tutte quante le operazioni richieste. Lievito Il lievito naturale è alla base della qualità di un buon panettone: è proprio il lievito, infatti, a conferire la struttura morbida e la piacevole fragranza al panettone, ma anche a brioche, babà, croissant, colombe pasquali, ecc. L’industria dolciaria ha selezionato diversi tipi di lievito che possono sostituire per intero o in parte il lievito madre, come il lievito compresso o di birra, il baking (un prodotto chimico), il lievito madre disidratato e arricchito. È importante considerare che il tipo di lievito impiegato consente anche di riconoscere la categoria alla quale appartengono i vari dolci lievitati. La scelta del lievito di birra nei confronti del lievito madre dipende dalla facilità e dalla rapidità con cui può essere utilizzato, associate, inoltre, a rese più sicure rispetto a quelle determinate dal lievito madre, il quale, però, ha profumo, aroma e resistenza alla perdita di umidità di qualità superiore.

Tipo di impasto

Agente lievitante

Prodotto

A lievitazione chimica

Baking, ammonio

Biscotti, plum cake, pane speciale

A lievitazione biologica (1)

Lievito madre o lievito naturale

Panettone, focacce, brioche, pane ecc.

A lievitazione biologica (2)

Lievito compresso o di birra

Babà, dolci tradizionali, pane ecc.

A lievitazione fisica

La lievitazione avviene grazie alla tecnica di preparazione

Pasta sfoglia, bignè, pan di Spagna

A lievitazione biologica e fisica

Lievito biologico + tecnica di preparazione

Croissant, kranz ecc.

✔ 1. 2. 3. 4. 5.

GUIDA ALLO STUDIO

Nella preparazione di prodotti lievitati, è fondamentale un corretto bilanciamento della ricetta Il lievito conferisce ai dolci lievitati compattezza e corposità Il tipo di lievito impiegato consente di riconoscere la categoria alla quale appartengono i vari dolci lievitati Rispetto al lievito madre, il lievito di birra è più facile e veloce da usare Il lievito di birra ha profumo, aroma e resistenza alla perdita di umidità di qualità superiore rispetto al lievito madre

V V V V

F F F F

V F


unità

1

Gli impasti fondamentali

Farina Deve essere di tipo 0 o 00, con un W di circa 380-400, quindi, caratterizzata da un quantitativo elevato di proteine per produrre glutine di qualità, che rende l’impasto resistente alla lavorazione e alla lievitazione prolungata. Liquidi I liquidi che si introducono nella ricetta sono rappresentati da uova, latte e panna: hanno le funzioni fondamentali di idratare e fornire vapore acqueo durante la cottura. Sale Serve per bilanciare il sapore e per sviluppare gli aromi tipici della preparazione, favorendo inoltre la formazione del glutine. Zuccheri Gli zuccheri sono responsabili di una buona lievitazione, influenzano il colore della crosta del dolce e migliorano la conservazione del prodotto. Gli zuccheri si dividono in due categorie: • fermentabili, come il saccarosio, il destrosio e il maltosio; • non fermentabili, come il lattosio e gli amidi. In generale: • se li si introduce con un dosaggio eccessivo, rallentano la fermentazione che conduce, appunto, a una buona lievitazione (poiché sottraggono acqua agli enzimi della farina); • al contrario, una carenza di zuccheri velocizza troppo il processo fermentativo.

✔ 1. 2. 3. 4. 5.

207

Grassi I grassi svolgono molteplici funzioni all’interno dell’impasto: • conferiscono sofficità, morbidezza e sapore alla preparazione; • favoriscono la lubrificazione tra il glutine e gli amidi della farina, rendendo così l’impasto più estendibile; • creano uno strato lipidico tra l’amido e le proteine, ritardando la gelatinizzazione del primo e la denaturazione proteica; • formano uno strato impermeabile intorno ai granuli di amido che blocca l’anidride carbonica e il vapore all’interno dell’impasto, favorendo così l’aumento di volume del dolce; • agiscono da conservante perché rallentano la cristallizzazione dell’amilopectina (uno dei due componenti chimici dell’amido), essendo in grado pertanto di isolare l’amido e facendo sì che non avvenga una totale evaporazione dell’acqua dal dolce (che ne provocherebbe l’invecchiamento). Tuorlo d’uovo Per il suo contenuto di lecitina, il tuorlo d’uovo favorisce l’emulsione dei grassi nell’impasto, dona colore e migliora la struttura dell’impasto a cottura avvenuta.

GUIDA ALLO STUDIO

Per la preparazione dei prodotti lievitati, la farina deve essere di tipo 0 o 00 In un dosaggio eccessivo, gli zuccheri ostacolano la corretta lievitazione I grassi agiscono da conservante I grassi ostacolano l’aumento di volume dell’impasto Il tuorlo d’uovo migliora la struttura dell’impasto a cottura avvenuta

V V V V V

F F F F F


LABORATORIO

6. Preparazione del panettone 1 Per il primo impasto

Preparazion

Ingredienti • • • • • •

e

Per la preparazione del primo impasto del panettone, sciogliere il lievito con l’acqua (1). Aggiungere la farina (2). Impastare in seconda velocità dell’impastatrice per 10 minuti (3). Aggiungere lo zucchero (4). Impastare per 4 minuti in prima velocità dell’impastatrice (5). Continuare a impastare per 8 minuti in seconda velocità dell’impastatrice (6), finché il composto non risulta ben legato (7). Aggiunge il burro a pezzetti (8). Impastare nuovamente in prima velocità per 5 minuti (9). Continuare a impastare in seconda velocità per 10 minuti fino a che l’impasto non risulti ben liscio e legato (10).

Farina 4000 g Zucchero 1250 g Burro 1250 g Acqua 2000 g Tuorli 1000 g Lievito naturale 1100 g

Aggiungere il tuorlo poco alla volta (11). Impastare in prima velocità finché il tuorlo non è assorbito completamente dall’impasto (12). Aumentare la velocità dell’impastatrice portandola in seconda per 8 minuti. L’impasto deve risultare ben legato (13). Prelevare l’impasto dall’impastatrice a bracci tuffanti e metterlo in un contenitore di plastica per alimenti (14). Preparare la camera lievitatrice a 27 °C con l’80% di umidità e lasciare lievitare per 12 ore.

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LABORATORIO •

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PREPARAZIONE DEL PANETTONE

2 Per il secondo impasto

Preparazion

Ingredienti • Farina forte W 320-360 • • • • • • • • • • •

PL050/055 1500 g Zucchero 1000 g Miele 200 g Tuorli 1500 g Burro 1500 g Sale 40 g Vaniglia 7 baccelli Arancia candita 1500 g Uvetta 2000 g Cedro candito 500 g Acqua 500 g Scorza di arancio grattugiata 5 g Scorza di limone grattugiata 5 g Burro di cacao 100 g

e

L’impasto deve risultare ben lucido e legato. Aggiungere la frutta candita. Impastare in prima velocità per 3 minuti in modo che la frutta candita si amalgami con l’impasto. Togliere dall’impastatrice e lasciare riposare l’impasto per almeno 15 minuti (7). Formare i vari impasti del peso voluto (8). Dare la forma all’impasto (9) e lavorare fino a che la frutta non sia ben chiusa all’interno dell’impasto. Versare l’impasto tenendo la chiusura dello stesso verso il basso nel pirottino per panettoni (10). Mettere in camera lievitatrice per almeno 5 ore a far lievitare a una temperatura di 27 °C con l’80% di umidità (11). Ricoprire la superficie del panettone con la ghiaccia in zucchero (12). Ricoprire la ghiaccia per panettone con della granella di zucchero e qualche mandorla (13 e 14). Cuocere in forno preriscaldato a 180 °C per 45-55 minuti. Il panettone deve raggiungere una temperatura interna di 96 °C.

Una volta che l’impasto è lievitato (1), versarlo nuovamente nell’impastatrice. Aggiungere la farina e il sale (2). Impastare in prima velocità per 8 minuti. Continuare a impastare in seconda velocità per 3 minuti. L’impasto deve risultare ben legato (3). Aggiungere lo zucchero e il miele (4). Impastare per 4 minuti in prima velocità e poi per 8 minuti in seconda velocità. L’impasto deve risultare ben legato. Aggiunge il tuorlo d’uovo (5). Impastare in prima velocità fino a che l’impasto non abbia assorbito completamente il tuorlo d’uovo; aumentare la velocità in seconda fino a che non leghi perfettamente. Aggiungere il burro, gli aromi, il burro di cacao sciolto (6). Impastare per 6 minuti in prima velocità. Continuare a impastare per 8 minuti in seconda velocità.

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LEZIONE SPECIALE

Le tecniche di cottura Che cos’è la cottura La cottura, oltre a ridurre il rischio di tossinfezioni alimentari, permette di: • modificare la consistenza dei cibi per renderli più appetibili; • rendere commestibili alimenti che non possono essere ingeriti crudi; • assaporare aromi che, in assenza di determinate reazioni chimiche, non potrebbero essere percepiti. Parola chiave Calore Il concetto di calore, che indica il passaggio di energia da un corpo più caldo a uno più freddo, non va confuso con quello di temperatura, che rappresenta invece la misura del livello di energia acquisito da ciascun corpo.

Approfondimenti Come avviene la trasmissione del calore

I processi di cottura si svolgono mediante la trasmissione di calore. La velocità con cui il calore si trasferisce da un corpo all’altro dipende da vari fattori, come: • il calore specifico: la quantità di calore necessaria a far aumentare di 1 °C la temperatura di 1 kg di una determinata sostanza; • la conducibilità termica: è una grandezza che esprime la capacità di un materiale di trasmettere calore; • le porzioni di superficie che entrano in contatto; • la differenza di temperatura tra i due corpi. La trasmissione del calore può avvenire attraverso tre modalità: la conduzione, la convezione e l’irraggiamento. Conduzione

Il calore passa da un corpo caldo a uno più freddo, a contatto l’uno dell’altro, senza che si abbiano spostamenti di materia fra i due corpi.

Convezione

Un fluido (liquido o gas) entra in contatto con un corpo più caldo: la porzione di fluido adiacente al corpo caldo, si scalda, diminuisce di densità e sale verso l’alto, cedendo il posto alla porzione di fluido più freddo. In questo modo si instaurano correnti convettive (come nel caso dell’acqua o dell’olio scaldati in una pentola posta sul fornello).

Irraggiamento

Il calore è trasportato da onde elettromagnetiche (raggi infrarossi) emesse da un corpo caldo e assorbite da un altro oggetto più freddo. La trasmissione per irraggiamento avviene senza contatto diretto tra i corpi.


LEZIONE SPECIALE •

LE TECNICHE DI COTTURA

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Le cotture a conduzione con acqua Affogare

L’affogatura prevede che l’alimento sia sottoposto a una cottura lenta, in poco liquido, a temperatura costante e moderata che, in genere, non deve mai superare gli 80 °C. Il processo può svolgersi in acqua, in sciroppi o liquidi aromatici, a bagnomaria. In acqua (come nel caso di uova, gnocchi e quenelle dolci) la cottura avviene senza coperchio e talvolta con l’aggiunta di aceto, in proporzione di 1:10. La cottura a bagnomaria, condotta a una temperatura compresa tra i 65 °C e gli 80 °C, può avvenire rimestando e montando la massa con la frusta in un recipiente rotondo (come nel caso di cioccolato, salse, creme all’uovo, impasti) oppure senza rimestare (come accade con timballi, soufflé, uovo montato, creme rovesciate-crème caramel, sformati).

da 65° a 80° C

da 70° a 80° C

Sbianchire senza coperchio

fino a ebollizione acqua

Bollire

Si tratta di una procedura rapida che precede la conservazione o la cottura di un alimento. La sbianchitura può avvenire in acqua fredda o calda e consiste nel portare il liquido ad alte temperature in una pentola priva di coperchio. La sbianchitura a freddo è una tecnica utilizzata con alimenti, vegetali o frutti; quella a caldo è riservata a cibi che devono subire una precottura leggera o a ortaggi a foglia verde per fissare il colore della clorofilla. La bollitura consiste nel cuocere il cibo immergendolo, a seconda del tipo di alimento, in un liquido freddo o già bollente, che può essere rappresentato dall’acqua, da un fluido aromatizzato o da uno sciroppo, ma anche da brodo, fondo, vino, latte o court-bouillon.

100° C

Le cotture al vapore Vapore fluente umido

100 °C

Vapore umido con pressione

con coperchio

0,4 a 0,5 bar

Vapore secco forzato

In una pentola con doppio fondo e coperchio pesante si può cuocere l’alimento al vapore umido e in assenza di pressione. Il principio fisico che regola questa cottura è il medesimo che si riscontra nella pentola a pressione, dove i cibi sono collocati in cestelli posti sopra il liquido in ebollizione. La differenza sta nel fatto che nel nostro caso buona parte del vapore riesce a uscire, perciò all’interno della casseruola la pressione è minima o nulla, e la temperatura massima è di 100 °C. La pentola a pressione cuoce a calore umido e con una pressione compresa tra 0,4 e 0,5 bar, mentre la temperatura supera i 100 °C. Il vapore, salendo, porta con sé particelle d’acqua e si condensa sull’alimento, posto su una griglia che lo tiene separato dal liquido in ebollizione. Tanto più alta è la potenza di calore, tanta più acqua evapora e, di conseguenza, sarà più elevata anche la pressione all’interno della pentola. Questo tipo di cottura si effettua con lo steamer che consiste in una caldaia a vapore ad alta pressione (tra 0,5 e 1,0 bar), che consente di cuocere gli alimenti al calore secco poiché il vapore viene spruzzato nella camera contenente il cibo e non vi si condensa sopra. Inoltre, la temperatura di cottura può raggiungere i 120 °C.

con pressione (vapore secco)


LEZIONE SPECIALE •

212

LE TECNICHE DI COTTURA

Le cotture a conduzione con grasso Sbianchire nel grasso

senza coperchio

La sbianchitura nel grasso si attua immergendo il prodotto in un grasso portato ad alta temperatura (circa 200 °C). Tale metodo si applica bene a vegetali con struttura compatta o molto ricchi in fibra, a paste e a creme solide.

da160 a circa 200 °C

Friggere

senza coperchio

da 160 a 180 °C

Cuocere al salto

oppure tocchetti, sminuzzato, far saltare

La frittura è una cottura per immersione in sostanza grassa, senza l’uso del coperchio e a temperatura costante o crescente (tra i 160 e i 180 °C), impiegata per farinacei, pesci, volatili, carni bianche da macello, ortaggi e alcune preparazioni dolci. Quando si tolgono gli alimenti dalla cottura, è bene disporli su carta assorbente per sgrassarli, ma senza coprirli, per evitare la formazione di acqua di condensazione. La cottura al salto, che si effettua senza coperchio, consiste nel riscaldare dapprima la sostanza grassa in una padella larga e svasata, per poi inserirvi i cibi ed effettuare un movimento rotatorio continuo, permettendo così al grasso caldo di colpire tutte le parti dell’alimento. Viene utilizzata per verdure e frutti non fragili.

da 180 a 240 °C

Le cotture per irraggiamento Gratinare

da 250 a 300 °C

In forno

da 140 a 250 °C

sulla piastra da 180 a 250 °C

da 150 a 250 °C

sulla griglia

La gratinatura si applica utilizzando la salamandra a temperatura molto alta, tra i 250 e i 300 °C, e senza l’uso di coperchio, in modo tale che gli alimenti si colorino formando rapidamente una crosta dorata di consistenza croccante. I cibi sottili o porosi, come frutti e verdure a frutto, si possono gratinare e cuocere allo stesso tempo, a temperatura più bassa. La cottura in forno avviene in un ambiente preriscaldato, ponendo il cibo su una griglia, su una teglia o in uno stampo, senza usare il coperchio. La temperatura viene regolata durante il processo stesso, alzandola o abbassandola progressivamente, a seconda dell’alimento da cuocere: in forno ad aria (convezione-vapore) il prodotto deve trovarsi tra i 150 e i 250 °C per rigenerare, arrostire o brasare. La cottura in forno a secco, esige, invece, una temperatura più elevata di circa un quinto rispetto a quella che si effettua in presenza di vapore.

nel forno ad aria

In microonde

Il componente essenziale del forno a microonde è il magnetron, un generatore di onde elettromagnetiche che trasforma l’energia elettrica in microonde, pertanto questa cottura risulta sostanzialmente diversa da quelle comuni, che avvengono per irraggiamento. Le microonde, infatti, sono assorbite da alcuni tipi di materiali (acqua, grassi) provocandone il riscaldamento. Negli alimenti penetrano fino a 4-5 cm di profondità; i metalli, al contrario, le riflettono (per questo motivo, in tali forni non devono essere utilizzati recipienti in acciaio o in alluminio). Il vantaggio del forno a microonde è la riduzione dei tempi di cottura, perché il calore è concentrato direttamente sull’alimento e non si disperde come nei forni tradizionali che invece scaldano anche le pareti e i contenitori (ne deriva un risparmio energetico significativo). Tuttavia, questa tecnica di cottura presenta anche alcuni limiti: certi alimenti non possono essere cotti nel microonde, come le uova, che esplodono se inserite intere poiché al loro interno evapora un po’ dell’acqua contenuta e il vapore aumenta la pressione interna causando quindi la rottura del guscio (per rimediare a questi problemi sono stati progettati particolari contenitori a doppia camera). La rapidità dei tempi di cottura rende l’alimento asciutto, soprattutto se si tratta di carne e di pesce; infine, è possibile che la cottura non sia omogenea, a causa di una diversa concentrazione di acqua al suo interno. Per risolvere questo inconveniente sono stati introdotti sul mercato forni combinati, provvisti anche di un grill.

Le cotture miste Stufare e glassare

da 120 a 140 °C

Lo stufare è una cottura lenta, che avviene in un ambiente chiuso (una pentola alta), saturato dal vapore prodotto da un liquido arricchito di aromi e tenuto in leggera ebollizione. Anche quella di glassare è una cottura lenta, nella quale, alla fine del processo, l’acqua è in gran parte evaporata o è stata riassorbita dall’alimento. 200 °C


LEZIONE SPECIALE •

LE TECNICHE DI COTTURA

Le tecniche di cottura miste utilizzano i metodi dell’arrostire e del bollire, mescolandoli o impiegandoli in successioni differenti. In ogni caso, queste cotture hanno come base di riferimento l’impiego di una temperatura moderata, oltre ad avvenire sempre in presenza di quantità differenti di liquido. Più un alimento avrà una testura tenera e più la temperatura di cottura sarà bassa, di conseguenza, anche la quantità di liquido necessario sarà minore.

Le cotture a bassa temperatura In cucina e in pasticceria, negli ultimi anni si sono sviluppate nuove tecnologie di cottura. Con la tecnica della cottura sottovuoto gli alimenti vengono cotti in contenitori sigillati (mono o pluriporzione) dai quali è stata estratta parzialmente l’aria. Tale cottura si svolge in un ambiente a ridotto contenuto di ossigeno e previene i fenomeni di ossidazione. Si adattano a questa cottura quasi tutti i tipi di alimenti purché siano freschissimi, con l’eccezione dei legumi secchi (che non assorbono abbastanza acqua e quindi rimangono duri). Gli ortaggi a foglia verde devono essere sbianchiti e chiusi in sacchetti appositi prima della cottura onde evitare di assumere uno sgradevole colore bruno. La cottura sottovuoto dei vegetali è il miglior sistema per conservare l’aroma, il sapore e il colore di alcuni ortaggi: deve avvenire alla temperatura di 90-92 °C fino a che la consistenza non risulterà morbida al tatto. La cottura sottovuoto può essere svolta in due modalità: • diretta, se la cottura avviene direttamente sotto vuoto spinto; • indiretta, se la cottura ha inizio con i sistemi tradizionali, dopodiché si abbatte la temperatura e si completa la cottura in sottovuoto.

Procedura ■ Portare la temperatura del forno a vapore tra 70 e 95 °C (a seconda della struttura dell’alimento) ■ Inserire i sacchetti con l’alimento ■ Cuocere il preparato, per poi toglierlo e raffreddarlo immediatamente nell’abbattitore, a una temperatura al di sotto

di 10 °C

■ Conservare il tutto a una temperatura da 1 a 3 °C ■ Rigenerare il prodotto a 60 °C per 10 minuti, al momento del servizio

Se applichiamo una temperatura relativamente alta, la cottura non risulterà omogenea all’interno dell’alimento, mentre il calo del suo peso sarà simile a quello raggiunto con le cotture tradizionali. Per ovviare a questo inconveniente, pur mantenendo lo standard di sicurezza, la tecnica migliore è quella di effettuare le cotture in più fasi: • preriscaldamento del forno a temperature più alte di quelle previste per la cottura, in funzione della quantità di prodotto da cuocere; • cottura con il raggiungimento, al cuore del prodotto, di temperature da 60 a 65 °C; • sanificazione dell’alimento, portando la temperatura esterna del prodotto tra 75 e 85 °C, per la durata di 1 minuto. La sanificazione si effettua tenendo presente che, se si utilizzano basse temperature devono essere mantenute per lungo tempo, mentre, se si impiegano temperature più alte, queste possono essere conservate per un tempo più breve.

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214

LEZIONE SPECIALE •

LE TECNICHE DI COTTURA

Il roner, la vasocottura, l’oliocottura Per la cottura sottovuoto, un’alternativa al forno a vapore è rappresentata dal roner, uno strumento costituito da una vasca contenente acqua riscaldata da una resistenza elettrica. La temperatura dell’acqua può essere regolata tramite un termostato. Il roner è dotato di un dispositivo che mescola l’acqua continuamente così da garantire una temperatura uniforme in ogni punto. Gli alimenti da cuocere vengono chiusi in sacchetti e immersi per tempi di cottura molto lunghi. La cottura sottovuoto è alla base anche della tecnica della vasocottura, che prevede la cottura di alimenti inseriti in vasetti di vetro, utilizzando il forno a microonde. Tale tecnica si presta a dessert da consumare direttamente dai vasetti, come creme, budini, panna cotta, tortini. Anche l’oliocottura è una tecnica basata su basse temperature: l’alimento va immerso completamente in olio caldo a una temperatura costante che non superi i 70-80 °C. L’alimento può essere inserito direttamente in olio oppure può essere chiuso in un sacchetto e quindi cotto sottovuoto.

La cottura per impregnazione La cottura per impregnazione richiede un’apparecchiatura specifica, chiamata Gastrovac, consistente in una casseruola munita di un termostato. Poiché è possibile ridurre la pressione all’interno della casseruola, si può diminuire automaticamente la temperatura di ebollizione dell’acqua e cuocere così gli alimenti ottenendo consistenze particolarmente delicate e tenere. A cottura ultimata, reimmettendo aria nella casseruola, si produce un effetto spugna (impregnazione) in base al quale l’alimento recupera ossigeno e riassorbe i liquidi di cottura, che portano con sé sapori più concentrati, se non addirittura completamente nuovi, rispetto a quelli generati dalla semplice cottura. La cottura per impregnazione è utilizzata soprattutto per carni rosse o bianche, pesci e tuberi.

La cucina molecolare La cucina molecolare si basa sullo studio delle reazioni chimiche che avvengono tra le molecole che costituiscono gli alimenti, al fine di modificare la struttura molecolare degli alimenti stessi senza l’utilizzo di additivi chimici. Tali tecniche possono essere applicate anche alla pasticceria per creare dessert d’effetto, di consistenze differenti, che garantiscono al cliente un’esperienza inaspettata. L’obiettivo dei dolci molecolari è creare stupore nella clientela attraverso effetti scenografici durante l’impiattamento, che avviene al cospetto del cliente. Tra le tecniche utilizzate in pasticceria, va citato l’utilizzo di alginato di calcio nella sferificazione, che consiste nel modellare un liquido in sfere. L’azoto liquido è invece impiegato per il raffreddamento veloce degli alimenti. L’azoto allo stato liquido ha una temperatura di circa −200 °C e il suo utilizzo permette di creare all’interno di dessert contrasti di consistenze e temperature. In gelateria permette di formare cristalli di ghiaccio molto più piccoli di quelli del gelato tradizionale, a vantaggio della percezione gustativa. L’azoto liquido è utilizzato anche per il suo effetto scenico su piatti e cocktail, perché quando è esposto all’aria evapora generando una nuvola bianca.


LEZIONE SPECIALE LEZIONE SPECIALE • LE TECNICHE • LE TECNICHE DI CONSERVAZIONE DI COTTURA

Le tecniche di conservazione Che cosa si intende per conservazione degli alimenti La conservazione degli alimenti si basa sull’insieme delle tecniche che servono a rallentare i processi di alterazione a cui essi vanno incontro mantenendone inalterate le proprietà nutritive e organolettiche. Tutti i prodotti alimentari con il passare del tempo si alterano, perdendo le loro caratteristiche organolettiche e il potere nutritivo. L’alterazione è il processo in seguito al quale in un alimento si verificano modificazioni chimiche, a causa di acqua e ossigeno, e biologiche, nella maggior parte dei casi a opera di microrganismi, in particolare batteri, che provocano cambiamenti nelle caratteristiche organolettiche (odore, sapore, consistenza e colore) del prodotto. La conservazione, invece, consente di preservare gli alimenti così da prolungarne la shelf-life. Le tecniche di conservazione si basano soprattutto sulla creazione di un ambiente sfavorevole ai microrganismi. A livello industriale, si utilizzano trattamenti che tendono a conservare l’integrità e la salubrità dei vari prodotti alimentari mediante azioni di tipo fisico o chimico. Le tecniche di conservazione, infine, oltre a impedire o a rallentare l’instaurarsi di processi alterativi di diversa natura, rispondono pienamente alle esigenze attuali di mercato, che richiedono sempre più alimenti pronti, data la scarsa disponibilità di tempo per la preparazione dei cibi direttamente al momento del consumo.

Come si classificano le tecniche di conservazione Le tecniche di conservazione sono distinte in: • metodi fisici (basati sull’applicazione di alte o basse temperature, sottrazione d’acqua, ambienti modificati); • metodi chimici (che impiegano conservanti naturali e artificiali); • metodi chimico-fisici (come l’affumicatura); • metodi biologici (fermentazioni). I metodi chimici di conservazione (come, ad esempio, l’aggiunta di sale) devono essere considerati quali sistemi alternativi e più economici rispetto ai metodi fisici a cui è necessario comunque abbinarli, poiché i primi, da soli, non sono sufficienti per preservare a lungo gli alimenti a temperatura ambiente.

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LEZIONE SPECIALE •

LE TECNICHE DI CONSERVAZIONE COTTURA

Metodi fisici I metodi che applicano le basse temperature sfruttano l’azione batteriostatica del freddo e sono la refrigerazione, il congelamento e la surgelazione. Ha effetto batteriostatico anche la sottrazione d’acqua, che è sfruttata nella concentrazione, nell’essiccazione e nella liofilizzazione. Le alte temperature, invece, sfruttano l’azione battericida del calore e sono applicate nella pastorizzazione e nella sterilizzazione. La conservazione in ambienti modificati (atmosfera protettiva e sottovuoto) inibisce la crescita microbica impedendo il contatto con l’ossigeno. Metodi chimici La conservazione mediante additivi naturali (sale, zucchero, aceto, olio, alcol, specie, erbe aromatiche) o artificiali (antimicrobici, antiossidanti, acidificanti) inibisce l’attività microbica (solo l’alcol ha azione battericida) e rallenta i processi alterativi, ma va abbinata ad altri metodi fisici per garantire la salubrità dell’alimento nel lungo periodo. Metodi chimico-fisici L’affumicatura può avvenire a freddo o a caldo e ha effetto battericida. Vanno adottate tutte le misure per ridurre al minimo la possibilità che gli alimenti assorbano sostanze cancerogene (idrocarburi policiclici aromatici, IPA). Metodi biologici Le fermentazioni sono processi biochimici attivati dai fermenti (batteri e lieviti) che producono un ambiente sfavorevole allo sviluppo di altre specie e arrestano il deperimento dell’alimento. Si ricorre a: • fermentazione alcolica per bevande alcoliche fermentate, lievitazione di pane e prodotti da forno; • fermentazione lattica per yogurt, formaggi e maturazione di insaccati; • fermentazione propionica per formaggi dalla caratteristica occhiatura; • fermentazione acetica per l’aceto.


LEZIONE SPECIALE LEZIONE SPECIALE • LE TECNICHE • LE TECNICHE DI CONSERVAZIONE DI COTTURA

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Refrigerazione • Alimenti vegetali, prodotti ittici, carni

Basse temperature

Congelamento • Alimenti vegetali, prodotti ittici, carni

Controllo della temperatura

Surgelazione • Alimenti vegetali, prodotti ittici, carni, piatti pronti Alte temperature

Metodi fisici

Pastorizzazione • Latte e derivati, succhi di frutta, vino, birra Sterilizzazione • Latte, confetture, sottaceti e altre conserve vegetali, derivati del pomodoro, carni, piatti pronti, alimenti per l’infanzia, succhi di frutta, vino Sottrazione di acqua

Essiccazione • Carni e pesce (previa salatura), frutta, verdura, erbe aromatiche e spezie, caffè, pomodoro, latte e uova Liofilizzazione • Caffè, latte, verdure, carni, pappe per l’infanzia, succhi, preparati farmaceutici Concentrazione • Latte, acqua, pomodoro, succhi di frutta, tè, caffè, aceto, birra, vino

Irraggiamento Ambienti modificati

Erbe aromatiche, spezie, condimenti di origine vegetale, patate, cipolle, aglio Atmosfera protettiva • Formaggi, carni, salumi, paste fresche, vegetali, piatti pronti, caffè, latte in polvere

Sale • Pesci, carni, insaccati, salumi, verdure, formaggi Zucchero • Frutta Alcol • Frutta Olio • Verdure, funghi, pesci, carni Aceto • Vegetali e pesci Marinatura • Carni, pesci Erbe aromatiche e spezie • Insaccati, salumi

Conservanti artificiali

Antimicrobici, antiossidanti e acidificanti • Frutta e conserve di frutta, verdure, burro, margarine, prodotti da forno, paste fresche, carni e insaccati, formaggi, bevande

Metodi chimico-fisici

Conservanti naturali

Affumicatura

Metodi biologici

Metodi chimici

Sottovuoto • Alimenti di origine animale e vegetale, freschi o conservati, crudi o cotti

Fermentazione

Pesci, carni, insaccati

Alcolica • Vino, birra, sidro, pane Lattica • Yogurt, formaggi, insaccati Propionica • Formaggi Acetica • Aceto


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macroarea

3 • Le preparazioni di base

MAPPA Gli impasti fondamentali comprendono

pasta frolla

pasta sfoglia

che utilizza

che utilizza

0 bassa (150-180W)

di forza

di tipo

farina

230W

di forza

farina

20/25 g

in quantità di

sale

50% rispetto alla farina

in quantità di

acqua

utilizzati per

burro e margarina

00

burro

soprattutto

grassi

alla temperatura di

zuccheri

soprattutto

saccarosio raffinato

13 °C

uova

di cui

le uova intere sono utilizzate per pasta frolla da fondi

ed è impiegata per

biscotti

crostate

i tuorli conferiscono consistenza più friabile

molti altri dolci

utilizzati per il pastello

il panetto (insieme alla restante farina) ed è impiegata per

croissant

millefoglie

molti altri dolci


unità

1

Gli impasti fondamentali

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pan di Spagna

biscotto arrotolato

che utilizza

deve avere pasta

albumi uova

bilanciando

tuorli

cristallino zucchero

morbida

lievito naturale

bignè che utilizzano

burro, margarina, strutto

come

debole

di forza

lievito compresso o di birra

grassi

prodotti lievitati

che utilizzano

baking

lievito madre disidratato e arricchito

farina

sottile

di tipo

uova

semolato

lievito

farina

elastica

farina

di forza

bassa (160-180W)

ed è impiegata per

0,5-1% sul totale del liquido

in quantità di

ed è impiegato per

latte

0,5-1% sul totale del liquido

base per torte

uova, latte, panna

zucchero

in quantità di

sale

sale

biscotto charlotte

biscotto alle mandorle

biscotto alle mandorle leggero

di forza

biscotto al cioccolato

biscotto al marzapane

biscotto meringato

380400W

liquidi

zuccheri

di tipo

0

grassi

00

tuorlo d’uovo


220

macroarea

3 • Le preparazioni di base

SINTESI Che cos’è la pasta frolla

La pasta frolla è impiegata per preparare crostate, biscotti e molti altri dolci ancora. Le farine utilizzate per la pasta frolla sono la farina di tipo 0 o quella di tipo 00 con una forza bassa, tra 150-180 W, che richiedono un tempo di lavorazione molto breve. Tra i grassi, il più utilizzato è il burro, che deve trovarsi a una temperatura intorno ai 13 °C. Nella preparazione della pasta frolla si possono usare diversi tipi di zucchero: saccarosio, tutti i tipi di malto, lo zucchero grezzo di canna e il fruttosio, zucchero semolato, zucchero a velo. Le uova contribuiscono in modo differente alla struttura della pasta frolla. La preparazione della pasta frolla prevede tre metodi: metodo classico, metodo sabbiato, metodo montato. Che cos’è la pasta sfoglia

La pasta sfoglia è un impasto composto da farina, sale, acqua e burro. È preferibile usare una farina mediamente forte (230 W), con cui ottenere sfogliature leggere e molto friabili. La quantità di acqua (solitamente il 50% rispetto alla farina) varia a seconda del potere di assorbimento della farina. Evaporando durante la cottura dell’impasto, l’acqua contribuisce alla formazione dei diversi strati, o sfoglie, tipici di questa preparazione. L’impasto ottenuto mescolando l’acqua, il sale e la farina prende il nome di pastello. I grassi servono invece per preparare il panetto, il cui impasto può essere realizzato usando il burro o la margarina. Il pastello può essere predisposto mediante tre diversi metodi di impasto: pastello impastato per poco tempo, pastello impastato per molto tempo, pastello con aggiunta di burro o margarina (si ottiene una consistenza più solida). Le pieghe della pasta servono a dare origine alla tipica sfogliatura. Che cos’è il pan di Spagna

Il pan di Spagna prevede l’impiego di uova, zucchero e farina. È possibile sostituire in parte le uova intere con albumi o tuorli. Se alla comune base di un pan di Spagna si aggiungono burro e tuorli, si ottiene la pasta Margherita. Nella preparazione del pan di Spagna si impiega zucchero cristallino o semolato, ed è fondamentale che il peso dello zucchero sia uguale a quello della farina, che deve avere basso tenore di W (160-180W). Che cos’è il biscotto arrotolato

Il biscotto arrotolato (roulò, biscuit) è un impasto assai utilizzato che, per poter essere arrotolato, deve risultare morbido, sottile ed elastico, cuocendo rapidamente e ad alta temperatura senza asciugare né seccare. Le ricette più utilizzate in pasticceria sono quelle delle

seguenti tipologie di biscotto: classico o biscotto charlotte; alle mandorle da decorazione; alle mandorle leggero; al cioccolato; al marzapane; meringato. Il bignè

La pasta dei bignè (pâte à choux) è di leggerezza estrema e ottima da lavorare. La cottura si svolge in due fasi: la prima fase avviene in casseruola, la seconda fase è compiuta in forno. Gli ingredienti sono grassi, farina, uova e zucchero, cui si aggiungono acqua, latte e sale. I prodotti lievitati

Alla base di un prodotto lievitato di qualità (come panettone, brioche, babà, croissant, colomba pasquale) c’è il lievito naturale. L’industria dolciaria ha selezionato diversi tipi di lievito che possono sostituire il lievito madre, come il lievito compresso o di birra, il baking (un prodotto chimico), lievito madre disidratato e arricchito. La farina deve essere di tipo 0 o 00, con un W di circa 380-400. I liquidi sono rappresentati da uova, latte e panna, che idratano e forniscono vapore acqueo durante la cottura. Il sale serve per bilanciare il sapore e favorire la formazione del glutine. Gli zuccheri sono responsabili di una buona lievitazione, influenzano il colore della crosta del dolce e migliorano la conservazione del prodotto. I grassi svolgono molteplici funzioni all’interno dell’impasto. Il tuorlo d’uovo favorisce l’emulsione dei grassi nell’impasto, dona colore e migliora la struttura dell’impasto a cottura avvenuta. LEZIONE SPECIALE Le tecniche di cottura • Le tecniche di conservazione

Le tecniche di cottura comprendono cotture a conduzione con acqua (affogare, sbianchire, bollire); cotture al vapore (vapore fluente umido, vapore umido con pressione, vapore secco forzato); cotture a conduzione con grasso (sbianchire nel grasso, friggere, cuocere al salto); cotture per irraggiamento (gratinare, in forno, in microonde); cotture miste (stufare; glassare). Le tecniche di conservazione utilizzano metodi fisici (refrigerazione, congelamento, surgelazione, concentrazione, essiccazione, liofilizzazione, pastorizzazione, sterilizzazione, conservazione in ambienti modificati); metodi chimici (additivi naturali e artificiali); metodi chimico-fisici (affumicatura); metodi biologici (fermentazioni).


unità

1

Gli impasti fondamentali

VERIFICHE VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16.

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. L’impasto della pasta frolla viene realizzato con farina debole in modo che sia: a. più elastico, ma meno tenace b. più friabile c. meno friabile e meno elastico d. tenace ed elastico 2. Le farine deboli usate per la pasta frolla richiedono: a. un tempo di lavorazione molto breve per un completo assorbimento dei liquidi b. un trattamento prolungato per aumentare la friabilità c. di essere impastate con burro fuso d. nessuna delle precedenti opzioni è corretta 3. Un numero elevato di pieghe produce una pasta sfoglia: a. con alveoli molto piccoli, friabile e poco alta b. elastica con alveoli grandi e irregolari c. con alveolatura particolarmente grande d. alta e con alveoli grandi 4. In genere la dose di acqua per la preparazione della pasta sfoglia corrisponde: a. al 50% del peso della farina b. al 50% del peso del burro c. a 300 g per ogni chilogrammo di farina d. al 50% del peso di burro e farina sommati 5. Un numero limitato di pieghe produce una pasta sfoglia: a. con alveoli molto piccoli e poco friabile b. elastica con alveoli piccoli e regolari c. alta e con alveoli molto grandi e irregolari d. friabile e poco alta 6. Per preparare il pan di Spagna, data la sua caratteristica di sciogliersi facilmente nell’impasto, è consigliabile utilizzare: a. lo zucchero a velo b. lo zucchero semolato c. lo zucchero di canna d. lo zucchero cotto 7. Nel pan di Spagna a massa pesante: a. le dosi di zucchero e uova sono uguali b. la dose di zucchero e farina è pari a 2/3 di quella di uova c. la dose di zucchero è pari al doppio di quella di farina d. la dose di zucchero e farina è pari alla metà di quella di uova

VERIFICHE

17. 18. 19.

La pasta frolla preparata con zucchero a velo è più friabile V F Con il metodo classico di preparazione della pasta frolla il burro è montato con la frusta della planetaria fino a diventare una pomata soffice V F Per la pasta frolla è consigliabile usare una farina forte V F La percentuale di burro per le frolle comuni è compresa tra il 60% e 70% del peso della farina V F L’uso di uova intere permette di ottenere frolle con alveoli più piccoli e fini V F Nella preparazione della pasta frolla con il metodo sabbiato si inizia lavorando il burro con lo zucchero, senza montarlo V F Nella frolla comune, rispetto al peso della farina, la dose di zucchero è del 50% e quella di burro è del 30-40% V F Nella frolla sablè per biscotteria fine la percentuale di burro deve essere superiore al 50% rispetto al peso della farina V F Per la pasta sfoglia è consigliabile usare una farina debole V F Il pastello è ottenuto mescolando acqua, sale, farina e uova V F Lavorando il pastello per poco tempo si ottiene una sfogliatura abbondante perché si impedisce la rottura del glutine V F Nella pasta sfoglia, la dose di acqua è in genere il 50% del peso della farina V F Lavorando a lungo il pastello si produce una sfogliatura regolare ma non abbondante V F L’unione tra pastello e panetto produce da sola sei pieghe V F Il pan di Spagna ottenuto con soli tuorli è più leggero V F Per la preparazione del pan di Spagna è consigliabile usare zucchero a velo e farine forti V F La pasta per preparare il biscotto arrotolato deve essere morbida e spessa V F Nella fase di impastamento del biscotto classico, oltre alla farina si può aggiungere cacao oppure fecola V F Per preparare la pasta per bignè si utilizzano uova intere, perché gli albumi integrano la parte liquida ridotta durante la prima cottura V F

221


222

macroarea

3 • Le preparazioni di base

DOMANDE A COMPLETAMENTO Completa inserendo accanto a ciascuna lista di ingredienti il nome dell’impasto di base al quale si riferiscono. 1. 2. 3. 4. 5.

tuorli, albumi con zucchero, farina, amido farina, sale, acqua, burro acqua e/o latte, burro, sale, farina, uova, zucchero uova, zucchero, farina farina, burro, zucchero, uova

....................... ....................... ....................... ....................... .......................

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. La prima fase della preparazione del pan di Spagna è: a. la sbattitura di uova e zucchero b. la miscelazione di farina e burro c. la lavorazione del burro con lo zucchero d. la bollitura in pentola di acqua, burro e sale 2. La prima fase della preparazione dei bignè consiste: a. nella realizzazione del panetto con burro e farina b. nel montare il burro in planetaria fino a farlo diventare una pomata soffice c. nel far bollire in una pentola acqua, burro e sale d. nello sbattere uova e zucchero

VERIFICHE

3. La fase conclusiva della lavorazione della pasta frolla consiste: a. nell’immediato utilizzo dopo la preparazione, se si è usato il metodo montato, e successivo riposo in frigo b. nella cottura tra i 160 e i 180 °C nel caso di pezzi grandi c. nell’aggiunta di cacao all’impasto, se richiesto dalla ricetta d. nella distribuzione dell’impasto su una teglia predisposta con un silpat e una racla 4. Va valutato in corso d’opera se sono necessarie effettivamente tutte le uova, in base alla farina utilizzata o alla cottura applicata, nella preparazione: a. della pasta frolla b. della pasta sfoglia c. del biscotto classico d. dei bignè 5. Nel pan di Spagna a massa leggera: a. uova e farina sono presenti in quantità uguali; b. la dose di zucchero e farina è pari a 2/3 di quella di uova

c. la dose di zucchero è pari al doppio di quella di farina d. la dose di zucchero e farina è pari alla metà di quella di uova 6. Il biscotto classico a montata doppia è ottenuto: a. unendo tuorli e albumi e poi montando tutto insieme b. unendo una massa montata di tuorli e un’altra di albumi con zucchero c. mescolando burro montato a tuorli montati d. mescolando burro montato ad albumi montati con zucchero 7. Il biscotto meringato: a. trova impiego come base per torte b. trova impiego come fondo per la piccola pasticceria c. ha una consistenza molto morbida che ricorda quella della meringa d. tutte le opzioni sono corrette 8. Per i prodotti lievitati, si preferisce a volte il lievito di birra al lievito madre: a. per la maggiore facilità e rapidità d’uso b. per il profumo più intenso che conferisce ai prodotti finali c. per l’aroma più persistente che conferisce ai prodotti finali d. per la maggiore resistenza alla perdita di umidità 9. Per far lievitare l’impasto del panettone si usa: a. baking o ammonio b. lievito madre o lievito naturale c. lievito compresso d. la lievitazione fisica grazie alla tecnica di preparazione 10. I grassi nei prodotti lievitati: a. rendono la crosta più croccante b. velocizzano la cristallizzazione dell’amilopectina, uno dei componenti chimici dell’amido c. rendono l’impasto più estendibile d. velocizzano la denaturazione delle proteine 11. Nel primo impasto del panettone non va messo: a. miele b. sale c. burro di cacao d. latte condensato 12. Nel secondo impasto del panettone si inserisce: a. burro, ma non burro di cacao b. burro di cacao, ma non burro c. zucchero oppure miele d. zucchero e miele


unità

1

Gli impasti fondamentali

223

DOMANDE A COMPLETAMENTO

VERO O FALSO

Completa scrivendo qual è il metodo di preparazione della pasta frolla illustrato in ciascuna immagine.

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

1 ........................................................................ ........................................................................ ........................................................................

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11.

2 ........................................................................ ........................................................................ ........................................................................

14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22.

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F

VERIFICHE

3 ........................................................................ ........................................................................ ........................................................................

12. 13.

La cottura ideale nel caso di pezzi di pasta sfoglia piccoli richiede una temperatura di 220-230 °C La pasta Margherita si ottiene aggiungendo burro e tuorli alla comune base di un pan di Spagna Le quantità di zucchero e farina usate per preparare il pan di Spagna influiscono sulle dimensioni dell’alveolatura dell’impasto Nel pan di Spagna montato a massa leggera si utilizza la medesima quantità di uova, zucchero e farina Nel pan di Spagna montato a massa pesante la dose di uova è pari al doppio di quella di farina Nella preparazione del pan di Spagna il miele può essere aggiunto con funzione di aromatizzante Nel biscotto alle mandorle da decorazione si usa una miscela di farina di mandorle e zucchero in parti uguali Nel biscotto al cioccolato e arancia, la scorza di arancia candita conferisce una maggiore croccantezza Il biscotto Sacher è sottile e friabile Il biscotto leggero alla mandorla è un prodotto morbido e gustoso Per preparare i bignè è possibile usare burro o strutto, ma non la margarina perché non conferisce la giusta friabilità Nell’impasto dei bignè si aggiunge un po’ di sale per farlo lievitare meglio Per i prodotti lievitati occorrono farine con un quantitativo elevato di proteine per produrre glutine di qualità I liquidi usati per i prodotti lievitati servono a fornire vapore acqueo in cottura Il colore della crosta dei prodotti lievitati è dovuto agli zuccheri Per brioche e focacce si utilizza come agente lievitante il baking Per il pane si ricorre alla lievitazione biologica, per il pane speciale alla lievitazione chimica Nella preparazione dei croissant si ricorre alla lievitazione biologica e fisica Il lattosio fa parte degli zuccheri non fermentabili Una carenza di zuccheri rallenta troppo il processo fermentativo dei prodotti lievitati Il tuorlo d’uovo agisce da conservante nei prodotti lievitati Per il primo impasto del panettone occorre tanto zucchero quanto burro


224

macroarea

3 • Le preparazioni di base

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

Le ricette pesanti sono quelle ricche di farina e povere di burro V F Le ricette leggere sono quelle povere sia di burro sia di farina V F Le ricette ricche di burro e povere di farina richiedono temperature di cottura di circa 200 °C V F Una temperatura di cottura attorno ai 180 °C è adatta a ricette povere di burro e ricche di farina V F I valori di riferimento delle temperature di cottura vanno aumentati di circa 10-20 °C in caso di utilizzo di forno ventilato V F Ricette ricche di burro e povere di farina sono dette leggere V F Le ricette leggere richiedono temperature di cottura più elevate rispetto alle ricette pesanti V F Una temperatura di circa 200 °C è adeguata nel caso di ricette contenenti un pari quantitativo di burro e farina V F

LEZIONE SPECIALE Le tecniche di cottura • Le tecniche di conservazione

9. Per ricette ricche di burro e povere di farina è richiesta una temperatura di cottura di circa 220 °C 10. L’utilizzo di forni ventilati, statici, rotativi o a pressione può far variare sia i tempi sia i processi di cottura

V F V F

DOMANDE A COMPLETAMENTO Inserisci gli elementi mancanti scegliendo tra quelli elencati. aperta asciugatura bignè

chiusa reazione cottura

forno vapore acqueo

La cottura dei bignè in ….......……….. produce all’interno del dolce una certa quantità di ….......……….. che, non potendo uscire, fa gonfiare in modo uniforme il ….......……….. . Durante questo processo la valvola del vapore deve restare ….......……….., mentre a fine ….......……….., quando i bignè sono ormai gonfi e tondi, la valvola deve essere ….......……….. per favorire la ….......……….. di Maillard delle proteine, consentendo anche l’ ….......……….. dei dolci.

10. La cottura in forno a microonde consente di ridurre i tempi di cottura

V F

VERO O FALSO VERO O FALSO

VERIFICHE

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

La cottura rende commestibili alimenti che non possono essere ingeriti crudi V F La cottura modifica la consistenza degli alimenti per renderli meno appetibili V F La trasmissione del calore può avvenire attraverso cinque modalità V F L’affogatura e la sbianchitura rientrano tra le cotture al vapore V F La cottura a vapore secco forzato si effettua con lo steamer V F La sbianchitura nel grasso si effettua immergendo l’alimento in un grasso a bassa temperatura V F Terminata la frittura, è bene coprire gli alimenti con carta assorbente V F La gratinatura va applicata con il coperchio, in modo tale che gli alimenti formino una crosta croccante V F La cottura in forno secco esige una temperatura più bassa rispetto a quella che si effettua in presenza di vapore V F

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

La conservazione degli alimenti è finalizzata a velocizzare i processi di alterazione e ridurre la shelf-life del prodotto V F Con il passare del tempo, i prodotti alimentari si alterano e perdono le caratteristiche organolettiche V F Le alterazioni subite dagli alimenti possono avere natura chimica o biologica V F Le tecniche di conservazione si basano sulla creazione di un ambiente sfavorevole ai microrganismi V F Le tecniche di conservazione basate su metodi fisici utilizzano conservanti naturali e artificiali V F Le tecniche di conservazione basate su metodi chimici impiegano alte o basse temperature, sottrazione di acqua, ambienti modificati V F Refrigerazione, congelamento e surgelazione sono metodi basati sull’applicazione di basse temperature V F


LABORATORIO DELLE COMPETENZE lla La pasta fro

Lessico Compiti specialistico di realtà

225

Completa la mappa concettuale.

A

La pasta frolla è preparata

.............................................. .............................................. .............................................. ..............................................

con

.............................................. .............................................. .............................................. o solo ....................................

miscelando gli ingredienti lavorando l’impasto solo fino al

.............................................. .............................................. completo assorbimento dei liquidi

per evitare che risulti

elastico e non friabile

metodo .............................................. (si uniscono burro e zucchero, quindi uova e farina) secondo tre metodi

metodo .............................................. (si uniscono farina e burro, quindi uova e zucchero) metodo .............................................. (si montano burro e zucchero a velo, si uniscono le uova sbattute e poi farina

glia

La pasta sfo B

Osserva l’immagine seguente e indica quali sono gli ingredienti della pasta sfoglia. ................................................................................. ................................................................................. ................................................................................. ................................................................................. ................................................................................. ................................................................................. ................................................................................. .................................................................................


226

LABORATORIO DELLE COMPETENZE Il pan di Spa

gna

Compiti di realtà

Indica le fasi della preparazione del pan di Spagna rappresentate nelle immagini.

C

.................................. .................................. ..................................

.................................. .................................. ..................................

.................................. .................................. ..................................

.................................. .................................. ..................................

rotolato

Il b iscotto ar D

Indica le principali varietà di biscotti che si possono preparare con il biscotto arrotolato. 1. 2. 3. 4. 5. 6.

.................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. ..................................................................................................................................................

I bignè E

I prodotti liev F

I bignè possono essere farciti con creme di ogni tipo e sono impiegati in contesti diversi. Uno degli impieghi più noti dei bignè sono i profitteroles. Di cosa si tratta? Svolgi una breve ricerca in merito evidenziando le caratteristiche di farcitura, copertura e guarnizioni, impiattamento.

itati Indica per ciascuna preparazione il tipo di impasto e l’agente lievitante. 1. Biscotti, plum-cake, pane speciale .................................................................................................................................................. 2. Croissant, kranz .................................................................................................................................................. 3. Panettone, focacce, brioche, pane .................................................................................................................................................. 4. Pasta sfoglia, bignè, pan di Spagna .................................................................................................................................................. 5. Babà, dolci tradizionali, pane ecc. ..................................................................................................................................................


UNITÀ 2

227

Le creme e i semifreddi 1.

LO SCIROPPO

Lo sciroppo è una preparazione formata da acqua che si fa bollire in modo tale da far sciogliere lo zucchero. Vi sono due strumenti che consentono di misurare la concentrazione zuccherina in uno sciroppo: • il pesa sciroppi: è un termometro che permette di misurare il valore del grado baumé in base alla densità dello sciroppo;

• il rifrattometro: è uno strumento ottico che permette di valutare (in gradi brix) la velocità con cui la luce passa in un liquido, che è tanto minore quanto maggiore è la densità del liquido stesso. Lo sciroppo può essere conservato in un recipiente d’acciaio per due o tre giorni a temperatura ambiente, o per due settimane in frigorifero.

Preparazione di uno sciroppo

1.

■ Pesare l’acqua e versarla in un pentolino di rame

2.

■ Pesare lo zucchero e aggiungerlo all’acqua

3.

■ Mescolare il tutto e portarlo su un fornello, facendo bollire il liquido

4.

■ Spegnere la fiamma e schiumare lo sciroppo con l’aiuto di una schiumarola

5.

■ Far raffreddare la preparazione

✔ 1. 2. 3. 4.

GUIDA ALLO STUDIO

Nella preparazione dello sciroppo, l’acqua si fa bollire così da far addensare lo zucchero Il pesa sciroppi permette di misurare la densità dello sciroppo Lo sciroppo può essere conservato in un barattolo di vetro per due o tre giorni a temperatura ambiente Nella preparazione di uno sciroppo, dopo aver spento la fiamma è necessario schiumare lo sciroppo con l’aiuto di una schiumarola

V F V F V F V F


228

macroarea

2.

Ganache

Videolezione

3 • Le preparazioni di base

LE CREME

Le creme sono utilizzate principalmente: • nelle farciture di torte da anniversario e di alcune torte classiche della pasticceria italiana; • come decoro e base di spume, semifreddi o dolci in coppa. La struttura delle creme, setosa, liscia e brillante, le rende molto appetibili, mentre gli aromi che sprigionano ne prolungano il gusto, rendendole uniche e fondamentali per arricchire i dolci.

Che cos’è la crema pasticcera La realizzazione della crema pasticcera dipende dalle scelte personali dello chef, tuttavia è sempre possibile riconoscere nella crema il sapore caratteristico dato dalla presenza di tuorlo, amidi e zucchero, latte, vaniglia. Il processo di preparazione della crema pasticcera, che avviene in due fasi, rimescolamento e cottura, dipende principalmente: • dalla coagulazione delle proteine del tuorlo; • dalla gelificazione degli amidi della farina; • dalla presenza dello zucchero, che consente di mantenere la cremosità tipica: maggiore è la quantità di zucchero che si usa e più fluida sarà la crema ottenuta. La morbidezza della crema è favorita anche dal rimescolamento continuo del preparato con l’ausilio di una frusta che, spezzando la maglia proteica, rende il prodotto cremoso e vellutato.

ra ma pasticce

a buona cre ristiche di un

Caratte

■ Superficie liscia e brillante, lucida e di colore giallo uovo tenue ■ Struttura cremosa e uniforme ■ Gusto dal leggero sapore di vaniglia

Quali sono gli ingredienti di una crema pasticcera Come per tutte le preparazioni di pasticceria, così anche per le creme gli ingredienti ricoprono un ruolo fondamentale per la riuscita del prodotto. Latte e panna Per realizzare la crema pasticcera si ricorre, generalmente, al latte fresco intero: una parte tuttavia può essere sostituita dalla panna che, grazie alla presenza di grassi e alla ridotta quantità di acqua, renderà il prodotto conservabile più a lungo, donandogli una particolare vellutatezza. La panna può sostituire fino a circa 300 g di latte sulla dose di un litro di liquidi. Tuorli La presenza di tuorli nella preparazione della crema pasticcera va da un minimo di 160 g a un massimo di 600 g per litro di latte. È bene ricordare, a questo proposito, che più la quantità di tuorli è elevata e meno amidi dovranno essere aggiunti alla preparazione, mentre si deve aumentare la dose di zucchero per evitare la rapida coagulazione della crema. Il tuorlo, infatti, grazie al suo contenuto cospicuo di proteine, svolge la funzione di addensante per l’intero prodotto. Zucchero Nel preparare la crema pasticcera si deve impiegare, per ogni litro di latte, una quantità compresa tra i 250 e i 500 g di zucchero. Lo zucchero, oltre ad addolcire la crema, svolge la funzione di conservante. Lo zucchero deve essere sbattuto insieme ai tuorli: infatti, se lo zucchero viene lasciato a contatto coi tuorli senza mescolarlo, assorbe la parte acquosa dei tuorli stessi, cristallizzandone le proteine e rendendole in tal modo insolubili, determinando un processo che diventa irreversibile anche dopo l’aggiunta del latte.


unità

2

Le creme e i semifreddi

229

Farina, amido di mais e di riso La farina e gli amidi propriamente detti si usano per addensare la crema e sono introdotti nella miscela mescolati tra loro oppure con la farina. Gli amidi, in particolare, aggiungono brillantezza alla crema e possiedono un grado di viscosità diverso a seconda della loro origine vegetale. Burro La quantità di burro può variare dal 3 al 5% sul peso totale degli ingredienti. Dopo che il burro è stato introdotto nella preparazione, la crema acquisisce cremosità e sapore ma, soprattutto, può essere conservata più a lungo, perché i lipidi del burro rallentano i fenomeni di ossidazione. Tuttavia, una volta preparata, la crema pasticcera va abbattuta di temperatura, stendendola su una placca in acciaio, coperta e a contatto con la pellicola, in modo tale da non consentire la comparsa di ossidazioni sulla sua superficie, e conservata in frigorifero a + 4 °C.

Vaniglia Il baccello per essere utilizzato deve avere la buccia sottile ed essere morbido e pieno. La buccia, inoltre, va incisa nel senso della sua lunghezza e scavata dai suoi semi, che verranno aggiunti al composto e che apporteranno l’aroma caratteristico alla crema. Il baccello (la buccia) si mette in infusione nel liquido (latte) a caldo oppure anche a freddo ma aumentando i tempi di infusione. La quantità di vaniglia che deve essere utilizzata è corrispondente a un baccello per ogni litro di latte.

I possibili difetti della crema pasticcera Crema bruciata sul fondo del tegame

I motivi che portano a bruciare la crema sul fondo del recipiente di cottura possono essere attribuibili al fuoco diretto, oppure al mescolamento non adeguato della stessa, oltre al fatto che anche il materiale di cui sono composti i recipienti può influenzare molto la cottura. A questo proposito, è opportuno considerare che le pentole in acciaio con fondo pesante sono l’ideale per cuocere queste preparazioni.

Formazione di grumi

Questo fenomeno avviene quando la farina o gli amidi, oppure entrambi gli ingredienti, non sono amalgamati correttamente, o anche nel caso in cui, durante la fase di cottura, il prodotto non viene mescolato adeguatamente con frusta e cucchiaio.

Perdita di consistenza

Ciò accade per una cottura eccessiva o insufficiente: infatti, con una cottura scarsa gli amidi non si gelificano, mentre con una cottura eccessivamente prolungata si provoca la demolizione della struttura gelificante delle proteine.

Sensazione di farina al palato

Utilizzando come legante soltanto la farina, e non facendola cuocere a sufficienza, la crema può dare una sensazione farinosa al palato, poiché le proteine che sono contenute nella farina non hanno potuto subire la modifica strutturale adeguata e necessaria per la perfetta riuscita della crema.


230

macroarea

3 • Le preparazioni di base

Che cos’è la crema inglese

Le ricette dei Maestri Sebedas, crema inglese e fiore di latte di capra

La crema inglese altro non è che una crema senza amidi. La sua struttura, infatti, è basata tutta sulle proteine del tuorlo, un ingrediente che può essere impiegato fino al 60% sul peso dei liquidi, mentre lo zucchero può arrivare fino al 50% sul peso dei liquidi, conferendo oltre che la dolcezza anche una struttura più fluida alla crema. In genere i liquidi sono rappresentati dal latte, ma lo si può sostituire completamente con la panna che rende la struttura finale molto più densa e corposa, poiché essa è molto più ricca di grassi rispetto al latte. Talvolta, però, si possono utilizzare anche infusi o succhi di frutta. La crema inglese viene utilizzata per innumerevoli dessert, fra i quali la bavarese.

Parola chiave

Che cos’è la crema al burro

Pâte à bombe

Per molto tempo, la crema al burro è stata la più utilizzata nel settore della pasticceria, in virtù della sua alta conservabilità, determinata dalla percentuale elevata di grasso presente in essa. Tuttavia, con l’avvento delle nuove tecnologie di preparazione e di conservazione dei prodotti, con il miglioramento della qualità delle materie prime utilizzate e del crescente consumo

La pâte à bombe è chiamata anche base semifreddo con zucchero cotto ed è preparata versando lo zucchero cotto in acqua a 121 °C sui tuorli (o sulle uova intere per renderla più leggera) e montando il composto in planetaria fino al raffreddamento.

di prodotti più dietetici, questo tipo di crema ha subito un lento declino. Nonostante ciò, la crema al burro è comunque alla base di molte preparazioni della pasticceria italiana. Normalmente le materie prime di base per ottenere un’ottima crema al burro sono il burro stesso, le uova intere, i tuorli oppure gli albumi, lo zucchero, gli aromi e la crema pasticcera. Burro e zucchero Per quanto riguarda il burro la scelta deve ricadere sul burro ottenuto da panna di affioramento. Per lo zucchero, si può utilizzare lo zucchero fondente, lo zucchero a velo oppure lo zucchero semolato. È bene ricordare che la crema ottenuta da zucchero fondente è di migliore qualità, perché lo zucchero fondente viene incorporato meglio, è più liscio e vellutato. Lo zucchero a velo, contenendo anche amidi, rende la montata stabile ma determina una sgradevole sensazione di polverulento alla degustazione. Tuorli e albumi I tuorli devono essere montati con lo zucchero cotto come per realizzare una pâte à bombe, da utilizzare a sua volta per montare il burro, rendendolo particolarmente soffice. I tuorli danno stabilità e rotondità all’emulsione; il burro montato, invece, con albumi e zucchero (meringa all’italiana) dà origine a creme più leggere e più soffici, a causa dell’aria incorporata in buona quantità. Crema pasticcera, crema inglese e aromi La crema al burro realizzata con zucchero fondente si può raffinare con l’aggiunta di crema pasticcera o di crema inglese (senza amidi). Inoltre, è possibile predisporre la crema al burro con l’aggiunta di meringa italiana o di base semifreddo. Infine, si possono aggiungere aromi (vaniglia o paste aromatizzanti, cannella, ecc.) e liquori (rhum, cointreau, ecc.) per dare un sapore ben determinato alla crema.


LABORATORIO

1. Le creme Crema pasticcera 1

Ingredienti: latte, zucchero, amidi, vaniglia, tuorlo d’uovo.

2

Unire il tuorlo d’uovo e lo zucchero.

3

Mescolare perfettamente con la frusta i due ingredienti.

4

Unire ai tuorli e allo zucchero l’amido e mescolare nuovamente.

5

Incidere la bacca di vaniglia.

6

7

Estrarne la polpa.

8

Aggiungere la polpa di vaniglia al composto di tuorli, zucchero e amido.

9

Mettere il baccello di vaniglia nel latte.


232

LABORATORIO •

LE CREME

10

12

Portare il latte a ebollizione.

Mescolare.

11

13

14

Portare la temperatura della crema a 85/90 °C.

15

Versare il latte sul composto.

Rimettere il composto nella pentola.

Versare la crema in un contenitore basso e coprirla con pellicola alimentare.


LABORATORIO •

LE CREME

233

Crema al burro 1

4

7

Aggiungere ai tuorli il burro poco alla volta. Ingredienti: acqua, zucchero, tuorli, burro e vaniglia.

2

Incidere la bacca di vaniglia e prelevarne la polpa.

8

5

Montare fino a che il composto risulti ben montato e omogeneo. Aggiungere la polpa di vaniglia al burro in cubetti. Portare l’acqua e lo zucchero a 21 °C.

9

6

3

Inserire la crema in una sacca per pasticceria.

10

Versare lo zucchero cotto sui tuorli e montare.

Portare tuorli e zucchero alla temperatura di 35 °C.

Decorare il prodotto scelto.


234

LABORATORIO •

LE CREME

Crema leggera Che cosa sono le creme leggere Le creme leggere sono composti a base di crema pasticcera alleggerita con panna e, in alcuni casi, legata con gelatina in fogli, aromi e liquori. La panna montata può essere aggiunta alla crema pasticcera per una quota fra il 50 e il 70% del totale, dando origine a grande leggerezza. In genere si impiega la panna fresca al 35% di grassi. La gelatina in fogli, invece, è responsabile della stabilità della preparazione e del perfetto legame di tutti i componenti. La dose di gelatina in fogli va da 9 a 12 g per kg di crema. Infine, gli aromi e i liquori sono i responsabili del sapore delle creme leggere e li si deve aggiungere alla gelatina in fogli e alla crema prima di associare la panna.

1

Ingredienti: crema pasticcera, panna semimontata, gelatina ammollata.

2

Tagliare a pezzetti la gelatina.

3

Fare ammorbidire la gelatina con l’acqua.

4

7

Portare la crema a 45 °C e aggiungere la gelatina ammollata.

5

Mescolare il composto in maniera che la gelatina si sciolga.

6

Aggiungere la panna semimontata.

8

Con l’aiuto di una frusta mescolare il composto in modo da creare una struttura liscia e omogenea.


LABORATORIO •

LE CREME

235

Crema chiboust Che cos’è la crema chiboust

Come si prepara la crema chiboust

La chiboust è una preparazione composta da crema pasticcera e meringa italiana. Questa base è utilizzata, in genere, per realizzare torte fredde, piccola pasticceria e dolci al cucchiaio. La chiboust ha una struttura soffice e cremosa, che rimane stabile per la presenza di gelatina in fogli. Diversamente dalle creme leggere alla panna, la chiboust è ideale per preparazioni che prevedono di impiegare la frutta come aromatizzante. Per la presenza di meringa, la crema chiboust si presta bene a essere caramellizzata. Ricordiamo, infine, che la chiboust è la farcia della Saint Honorè originale.

La preparazione di questa crema si svolge mescolando crema pasticcera calda, gelatina in fogli e meringa italiana tiepida, quest’ultima preparata appositamente e utilizzata subito, senza lasciarla riposare. La chiboust può essere realizzata in diversi gusti: • alla pasta aromatizzante, composta da crema pasticcera con gelatina in fogli, pasta aromatizzante (alla nocciola, al pistacchio, alla noce, ecc.) e meringa italiana; • ai liquori, costituita da crema pasticcera, gelatina in fogli, liquore e meringa italiana; • alla frutta, composta da crema pasticcera, gelatina in fogli, polpa di frutta fresca e meringa italiana.

1

Mettere la gelatina in un contenitore.

2

Ammollare la gelatina in acqua.

3

Portare la crema pasticcera a 45 °C e aggiungere la gelatina.

4

Mescolare il composto.

5

Aggiungere la meringa italiana.

6

Mescolare con la frusta per ottenere un composto liscio e omogeneo.


236

LABORATORIO •

LE CREME

Crema mousseline Che cosa sono le creme mousseline Le creme mousseline prevedono l’impiego della crema pasticcera montata con burro, unendo poi alla crema calda le aromatizzazioni desiderate. A differenza della crema al burro, la crema mousseline utilizza una maggiore quantità di crema pasticcera rispetto al burro. La crema mousseline è usata per farcire dacquois, torte friabili e pan di Spagna. Per ottenere la massima leggerezza è necessario lavorare il burro in planetaria con la foglia, a velocità media. Quando il burro è diventato spumoso e soffice, si aggiunge la crema pasticcera a 22 °C circa, continuando a mescolare. Una volta realizzata, la crema mousseline deve essere conservata in frigorifero a +5 °C, per non più di 2 giorni. La crema mousseline può essere realizzata nelle varietà: • alla pasta aromatizzante, con crema pasticcera, pasta aromatizzante (alla nocciola, al pistacchio, ecc.) e burro; • al cioccolato, con crema pasticcera al cioccolato e burro; • alla frutta, con crema pasticcera, polpa di frutta fresca e burro; • alla frutta secca, con crema pasticcera, frutta secca e burro.

1

Ingredienti: burro e crema pasticcera.

2

Ammorbidire il burro in planetaria.

3

Aggiungere la crema pasticcera.

4

Montare il tutto.


unità

3.

2

Le creme e i semifreddi

LE MERINGHE

La meringa è una base di pasticceria tra le più utilizzate, nata dall’unione di albume e zucchero, solitamente nel rapporto di 1 : 2. La meringa, grazie alla grande versatilità, è impiegata: • come fondo per dolci; • come inserto croccante o leggero in torte moderne e in dolci al cucchiaio; • come piccola pasticceria. La meringa è prodotta in tre tipologie diverse: • meringa francese; • meringa italiana; • meringa svizzera. La peculiarità dell’albume di formare una schiuma stabile dipende dalle caratteristiche delle sue proteine, che sono raccolte su se stesse come piccoli “gomitoli di filo” (proteine globulari).

237 Mediante il movimento meccanico con cui si sbatte l’albume, alcuni dei “gomitoli” proteici si srotolano, raccogliendosi intorno all’aria che inglobano, dando così origine alla parziale stabilità di questo prodotto nei confronti dell’acqua e dell’aria. Infatti, proseguendo nello sbattere, sempre più aria rimane intrappolata e altrettanto aumenta il numero di gomitoli srotolati, i cui “fili” si legano tra loro, determinando così l’aumento del numero di bolle. L’introduzione dello zucchero in questa preparazione permette la formazione di schiuma più densa e stabile, facendo anche in modo che il prodotto aumenti meno facilmente di volume, mentre l’aggiunta di sale aiuta la formazione della montata d’albume.

Le ricette dei Maestri Meringata all’italiana

Videolezione La denaturazione e la coagulazione delle proteine: la meringa

✔ Laboratorio delle competenze Le meringhe e le creme

✔ 1. 2. 3. 4. 5. 6.

GUIDA ALLO STUDIO

La meringa è una base di pasticceria che si ottiene dall’unione di tuorlo e zucchero La meringa è largamente utilizzata come fondo per dolci, inserto croccante, piccola pasticceria La meringa è prodotta in cinque tipologie diverse La stabilità della schiuma dipende dalle proteine dell’albume Proseguendo nell’operazione di sbattitura, aumenterà il numero di bolle L’aggiunta di sale aiuta la formazione della montata d’albume

V V V V V V

F F F F F F


LABORATORIO

2. Le meringhe Meringa francese La meringa francese è la classica meringa da cottura, usata per fondi o spumiglie. Lo zucchero è aggiunto agli albumi in tre volte, dando volume e stabilità al prodotto. Per cuocere questa meringa, si deve: • applicare una temperatura elevata per i primi minuti; • abbassare la temperatura e portare il prodotto a completa essiccazione. In questo modo, la meringa si gonfia in forno e risulta molto più friabile in degustazione.

1

3

6

Montare fino allo stato di neve ben ferma.

4

Inserire il composto in una sacca da pasticcere.

Montare gli albumi con un terzo dello zucchero in planetaria a velocità media fino al raddoppio del volume.

7

2 Unire lo zucchero rimasto.

5

Unire un altro terzo dello zucchero.

Amalgamare con la frusta in planetaria o con l’aiuto di un leccapentole.

Dressare della misura desiderata e cuocere in forno.


LABORATORIO •

LE MERINGHE

239

Meringa italiana La particolarità di questa meringa è l’inserimento, in montata, di uno sciroppo di zucchero cotto a 121 °C. La temperatura dello sciroppo pastorizza gli albumi e ne permette l’utilizzo anche in quei prodotti che non prevedono la cottura in forno (mousse e dolci al cucchiaio).

1

4

5

Unire 1/5 dello zucchero con gli albumi.

2

Schiumare il composto in planetaria in modo che la poca aria inglobata protegga l’albume dalla sovracoagulazione in conseguenza dell’inserimento dello sciroppo di zucchero.

3

Quando lo zucchero è cotto, inserire lo sciroppo a filo sugli albumi schiumati in planetaria, abbassando la velocità della macchina.

Approfondimenti La cottura dello zucchero

Alzare la velocità della planetaria e montare finché la meringa non raggiunge il massimo del suo volume.

TARTELLETTA AL CYNAR CON GELÉE DI LAMPONI E MERINGA ALL’ITALIANA

Cuocere lo zucchero rimasto con 1/3 del suo peso di acqua e portarlo alla temperatura di 121 °C.


240

LABORATORIO •

LE MERINGHE

Meringa svizzera Per preparare questa meringa si riscalda lo stesso peso di albumi e zucchero a 70 °C, per favorire lo scioglimento dello zucchero ed eliminare i batteri eventualmente presenti (Salmonelle). Si monta poi a velocità media e si miscela con una spatola lo zucchero rimanente.

1

Unire gli albumi a metà dello zucchero in un polsonetto di rame.

2

4

7

Montare a velocità media.

5

Inserire il composto in una sacca da pasticcere.

8 Riscaldare a fuoco dolce portando la temperatura a 70 °C.

3

Aggiungere lo zucchero rimasto.

6

Trasferire il composto in planetaria.

Amalgamare lo zucchero in planetaria con la frusta o con l’aiuto di una spatola in gomma.

Dare la forma desiderata.


unità

4.

2

Le creme e i semifreddi

LE MOUSSE

Che cosa sono le mousse Le mousse (o spume) sono preparazioni leggere e soffici, colorate e ben presentate, a base di meringa italiana o base semifreddo (pâte à bombe). Possono contenere anche panna, gelatina alimentare in fogli e l’eventuale gusto di riferimento. In particolare, la presenza della gelatina è determinata dalla modalità di servizio: è infatti prevista in qualità di addensante quando la mousse va servita in forma, mentre è assente quando la preparazione va servita in ciotola o in coppa. Alcune ricette prevedono anche liquori, formaggio e polpa di frutta fresca. L’eccezione, che non diviene però la regola, è la mousse al cioccolato, che è preparata con cioccolato, panna o acqua oppure con pâte à bombe, cioccolato e panna semimontata.

241

Quali sono gli ingredienti di una mousse La base semifreddo utilizzata per preparare le mousse equivale alla pâte à bombe e serve a dare cremosità ed equilibrio. Questa base, essendo realizzata con il tuorlo d’uovo, privilegia l’abbinamento con sapori marcati (cioccolato, nocciola). La meringa italiana è adatta, invece, a sapori più leggeri, come la frutta. Va inserita a freddo nella preparazione e miscelata con polpa di frutta nella quale sia stata disciolta la gelatina. La gelatina è aggiunta, normalmente, in proporzioni che vanno da 10 a 25 g su 1 kg di prodotto finito. La dose varia però in base all’alimento utilizzato: per una mousse al cioccolato fondente la quantità necessaria è minore rispetto a quella per una mousse di frutta, che contiene più acqua. La panna utilizzata è in genere quella con tenore di grassi del 35% e va aggiunta al composto semimontata.

CACHI ALLA GENZIANA CON MOUSSE DI CAPRINO E MALAGA MOUSSE ALLA PESCA MOUSSE DI RICOTTA, CACHI E MARRON GLACÉ

GUIDA ALLO STUDIO

Scegli l’alternativa corretta. 1. 2. 3. 4. 5.

Le mousse possono / non possono contenere panna, gelatina alimentare in fogli e l’eventuale gusto di riferimento La presenza della gelatina è determinata dalla modalità di servizio / dal gusto di riferimento La gelatina è assente quando la mousse è servita in forma / in ciotola Liquori, formaggio e polpa di frutta fresca sono previsti in alcune ricette / non sono mai previsti La meringa italiana è adatta a sapori marcati come il cioccolato / più leggeri come la frutta


LABORATORIO

3. Le mousse

Preparazion

Mousse alla frutta Ingredienti • Polpa di frutta • Gelatina • Meringa italiana

• Panna semimontata • Acqua per gelatina

e

• Ammollare la gelatina. • Unire la gelatina

ammollata a una parte della polpa. • Riscaldare il prodotto fino a 40 °C, quindi aggiungere la polpa di frutta rimanente.

1

3

5

2

4

6

7

• Preparare una meringa italiana.

• Aggiungere la meringa •

italiana e in ultimo la panna semimontata. Miscelare il composto e versarlo negli appositi stampi per il congelamento.


LABORATORIO •

LE MOUSSE

Mousse al cioccolato o alle paste aromatizzanti Preparazion

Ingredienti

1

e

Per la mousse • Cioccolato fondente • Burro • Gelatina in fogli • Acqua per gelatina • Panna semimontata

• Sciogliere il cioccolato

Per la base semifreddo • Zucchero • Acqua • Uova

fondente con il burro a 45 °C. Preparare una base semifreddo e, mentre la base sta montando, aggiungere a caldo la gelatina idratata e sciolta in un poco di acqua. Al termine della montatura, unire alla preparazione il cioccolato ancora caldo

3

2

• •

e la panna semimontata e non fredda. Amalgamare il composto. Aiutandosi con una sacca da pasticcere, versare la mousse negli stampi, lisciare il composto per eliminare eventuali bolle d’aria e procedere con il congelamento.

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244

LABORATORIO •

LE MOUSSE

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unità

5.

2

Le creme e i semifreddi

LE BAVARESI

Le bavaresi sono preparazioni a base di crema inglese e panna montata, addensate con gelatina alimentare in fogli, e addizionate di altri ingredienti che danno origine al nome specifico. La bavarese alle albicocche, per esempio, è preparata aggiungendo alla base pezzi di albicocca e servendo il dolce con salsa dello stesso frutto. A differenza della mousse, la struttura della bavarese è più compatta e cremosa. Per quanto riguarda la crema base, essa è predisposta come una normale crema inglese con la cottura effettuata a 85 °C. La frazione liquida della preparazione è rappresentata generalmente dal latte intero (a volte sostituito con latte in polvere reidratato o con panna al 35% di grassi e

Ingredienti • Latte • Tuorlo d’uovo • Zucchero • Vaniglia o altri aromi • Vino, cioccolato e ulteriori

componenti a scelta, tra i quali paste aromatizzanti, frutta fresca o candita e liquori.

245

latte). In alcuni casi, al posto del latte, può essere aggiunto del vino (secco, liquoroso o passito) o della polpa di frutta filtrata. In ogni modo, prima di essere versati sui tuorli e lo zucchero amalgamati insieme, i liquidi vanno bolliti. La cottura finale del dolce deve raggiungere invece la temperatura di 85 °C. La panna montata serve a dare leggerezza al prodotto, aggiungendo aria alla base. La gelatina alimentare in fogli ha la funzione di stabilizzare i liquidi e la panna, dando consistenza e solidità al dolce. Le paste aromatizzanti si aggiungono nella quantità necessaria alla parte liquida, prima di riscaldarla, mescolando la preparazione per favorirne l’amalgama. Qualora siano necessari altri ingredienti in pezzi, li si aggiunge alla fine della preparazione.

BAVARESE DI CARDAMOMO E ZAFFERANO

Parola chiave Crema inglese La crema inglese è una crema realizzata senza amidi, preparata a partire da tuorli (fino al 60% del peso dei liquidi), zucchero (fino al 50% del peso dei liquidi per addolcire e rendere più fluida la preparazione) e latte. In alternativa al latte si può usare la panna oppure succhi di frutta o infusi.


LABORATORIO

4. Le bavaresi

Preparazion

Bavarese al cioccolato bianco Ingredienti Per la bavarese • Gelatina in fogli • Cioccolato bianco • Panna semimontata

1

2

Per la crema inglese

• Latte • Tuorlo • Zucchero • Vaniglia

e

• Preparare la crema

inglese. • Una volta raggiunta la temperatura di 40 °C, aggiungere la gelatina precedentemente ammollata. • Unire il cioccolato bianco fuso e amalgamare il composto. • Aggiungere la panna semimontata.

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5

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6

• Amalgamare

il composto.

• Con l’aiuto

di una sacca da pasticcere, versare la bavarese nello stampo. • Lisciare il composto per eliminare eventuali bolle d’aria. • Procedere con il congelamento.


LABORATORIO •

7

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LE BAVARESI

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12

Le ricette dei Maestri Bavarese di cardamomo e zafferano, macedonia di frutta e caramello


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macroarea

6.

Le ricette dei Maestri Semifreddo alla mandorla come una torta di tagliatelle

✔ 1. 2. 3. 4. 5.

3 • Le preparazioni di base

IL SEMIFREDDO

Che cosa sono i semifreddi Il semifreddo è uno dei dolci italiani più rappresentativi, soprattutto nella forma di dolce al piatto. È preparato unendo: • una base semifreddo; • meringa all’italiana; • panna montata a lucido; • l’ingrediente che ne determina il gusto. La sua preparazione è facilitata oggi da attrezzature moderne, tra le quali è di grande importanza l’abbattitore di temperatura, programmabile con diverse velocità di raffreddamento.

Alcune preparazioni utilizzano la base semifreddo ma sono denominate in modo diverso. Tra di esse figurano: • il parfait: un semifreddo predisposto in stampi da bomba gelato, composto da un solo gusto; • il biscotto ghiacciato: preparato in forma rettangolare, con più strati di colore diverso; • il soufflé glacé: predisposto in stampi a soufflé mono o multi porzione, quasi sempre composto da un solo gusto; • il semifreddo all’italiana: realizzato con forme diverse e con gusti anche stratificati, prevede l’utilizzo della crema pasticcera.

GUIDA ALLO STUDIO

Meringa italiana e panna montata a lucido sono elementi del semifreddo L’abbattitore di temperatura oggi facilita la preparazione del semifreddo Il parfait è composto da strati di gusti diversi Il soufflé glacé è predisposto in stampi da bomba gelato La crema pasticcera è un ingrediente del biscotto ghiacciato

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unità

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Le creme e i semifreddi

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Quali sono i principali ingredienti di un semifreddo Il semifreddo è un dolce composto da pochi ingredienti, che comprendono frutta, liquori, spezie e paste aromatizzanti, insieme a uova, zucchero e, in particolare, panna montata che costituisce la parte grassa che dà struttura al prodotto. La base per tutti i semifreddi è la schiuma di uova che: • è ricca di aria e soffice; • insieme alla panna, apporta volume e dà origine a una struttura di consistenza leggera. Per creare una struttura stabile e perfetta, gli ingredienti vanno dosati in modo tale che la ricetta sia perfettamente bilanciata e le fasi di lavoro vanno rispettate rigorosamente. Per dosare gli ingredienti è bene attenersi alle percentuali minime e massime riportate in tabella. Il dolce va somministrato a temperature negative (comprese tra −8 e −16 °C) e, di conseguenza, gli “anticongelanti” (zucchero e aria) hanno un ruolo determinante. In particolare, per ottenere un semifreddo dalle caratteristiche perfette, lo zucchero va dosato con molta precisione, ricercando l’equilibrio della ricetta nei confronti della sua temperatura di servizio (per esempio, per ottenere una struttura finale simile, un semifreddo servito a −24 °C dovrà contenere più zucchero di uno servito

a −18 °C). Normalmente la bilanciatura dello zucchero va effettuata partendo da una percentuale di zuccheri che si aggira intorno al 24%. Le mousse, le bavaresi e le torte moderne sono stabilizzate aggiungendo la gelatina alimentare in fogli, così che la loro consistenza (a temperatura positiva di 4-6 °C) sia cremosa e il dolce mantenga la forma. Il semifreddo deve essere simile a queste preparazioni per cremosità e finezza, rimanendo stabile nella forma e privo di cristalli di ghiaccio dovuti al congelamento della parte di acqua presente nella preparazione.

Percentuali minime e massime degli ingredienti Base semifreddo

10-35%

Meringa italiana

10-35%

Panna montata

30-60%

Crema pasticcera

20-40%

Paste aromatizzanti

10-20%

Frutta

15-30%

Liquori

5-8%

Approfondimenti Tabelle per il dosaggio degli ingredienti


250

1. 2. 3. 4. 5. 6.

3 • Le preparazioni di base

Quali sono le paste aromatizzanti per semifreddi

SEMIFREDDO AL CIOCCOLATO BIANCO, FICHI SECCHI AL MOSCATO DI TRANI DOC E CIALDE DI FARINELLA

macroarea

Le paste aromatizzanti per semifreddi sono di due tipologie: • le paste su base oleosa (paste nocciola, pistacchio e mandorla): l’unico ingrediente è l’alimento stesso; • le paste su base di glucosio (paste torroncino e caffè): all’alimento è aggiunto il glucosio, a scopo conservativo e aromatizzante. La scelta della pasta dipende dal gusto e dal tipo di preparazione. Le paste su base di glucosio possono essere usate indistintamente con qualsiasi tipo di base semifreddo, mentre quelle su base oleosa

richiedono alcuni accorgimenti, perché la base semifreddo è realizzata con tuorli, che male si combinano con grassi e oli in genere. La pâte à bombe, per esempio, non sopporta queste paste. Così, dovendo realizzare, per esempio, una mousse alla nocciola, è preferibile scegliere una base semifreddo al latte, incorporando la pasta pura con questo ingrediente prima della cottura. Il latte e la pasta di nocciola, avendo entrambi base oleosa, sono più stabili. Utilizzando una base semifreddo con zucchero cotto, la pasta grassa provocherebbe invece una caduta istantanea del volume e della sofficità della base semifreddo, in seguito alla perdita dell’aria incorporata in precedenza.

GUIDA ALLO STUDIO

La base per tutti i semifreddi è la schiuma di uova che è ricca di aria e soffice Lo zucchero va dosato ricercando l’equilibrio della ricetta nei confronti della sua temperatura di servizio Il numero di cristalli di ghiaccio incorporati determina la stabilità del prodotto Le paste aromatizzanti per semifreddi sono di cinque tipologie Le paste aromatizzanti su base oleosa possono essere usate con qualunque base semifreddo Paste torroncino e caffè sono paste aromatizzanti su base di glucosio

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LABORATORIO

5. La base semifreddo Che cos’è la base semifreddo La base semifreddo è la componente principale per realizzare sia i semifreddi sia le mousse. Gli ingredienti di questa preparazione sono tradizionalmente tuorlo d’uovo e zucchero montati a schiuma (pâte à bombe). Alcune ricette prevedono invece l’utilizzo di sciroppo di zucchero o latte. La base semifreddo è una schiuma in cui: • i tuorli rappresentano la parte liquida; • i grassi e le proteine del tuorlo sono quella solida; • la parte gassosa è composta dall’aria incorporata durante la lavorazione. L’aria permette alla massa (pâte à bombe) di restare in sospensione una volta stabilizzata dallo zucchero cotto.

La struttura del prodotto è determinata, quindi, dal numero di bolle d’aria incorporate, mentre la stabilità è influenzata dalle loro dimensioni e dagli stabilizzanti (zucchero) introdotti nella ricetta. I grassi del tuorlo, tuttavia, limitano la quantità di aria incorporata che, oltretutto, si disperde facilmente. Sarebbe quindi più appropriato definire questo composto un’emulsione montata.

Glossario Schiuma La schiuma è una dispersione colloidale di un gas (in questo caso aria) in un liquido: la fase gassosa si disperde in una fase liquida, che contiene, però, anche una parte solida, dispersa in un liquido.

Base semifreddo con zucchero cotto (pâte à bombe)

Base semifreddo con latte (crema inglese)

Preparazione • Cuocere lo zucchero in acqua a 121 °C. • Versare il composto sui tuorli, che vanno poi montati in planetaria fino al raffreddamento della preparazione. • Una volta ottenuta la base soda, può essere mescolata anche con ingredienti poco soffici, ottenendo dolci molto cremosi, come, per esempio, la mousse al cioccolato. • Sostituendo i tuorli con uova intere, si produce una montata più ricca di aria e leggera.

Preparazione • Cuocere i tuorli a 85 °C con zucchero e latte, poi montare il composto in planetaria fino a riportarlo a una temperatura intorno a 24 °C. • Questa base, di consistenza intermedia, si presta anch’essa all’abbinamento con ingredienti soffici e compatti, producendo composti leggeri e cremosi, come i semifreddi o le mousse ai gusti classici. • È indicata per l’aromatizzazione con paste grasse, tanto che basta aggiungerle alla crema inglese per non correre il rischio di smontare la base semifreddo.

Base semifreddo con sciroppo di zucchero

Base semifreddo con zucchero fondente (metodo a freddo)

Preparazione • Cuocere sciroppo di zucchero (30 gradi baumè) e tuorli fino a raggiungere la temperatura di 85 °C, quindi montare il composto in planetaria fino al raffreddamento. • La base così ottenuta è più leggera ed è adatta alla miscelazione con ingredienti soffici e aromatizzazioni particolari. • È ideale per preparazioni che prevedano liquori, come, per esempio, il soufflé glacé.

Preparazione • Montare lo zucchero fondente in planetaria con i tuorli pastorizzati, fino al consolidamento della schiuma. • Questa base è poco usata perché la mancanza di una vera cottura la rende meno stabile.


LABORATORIO •

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LA BASE SEMIFREDDO

Semifreddo alla fragola con meringa italiana

Ingredienti • Acqua • Zucchero • Destrosio

• Albume • Purea di fragole • Panna

e Preparazion • Unire lo zucchero all’acqua. • Unire il destrosio all’albume. • Lavorare il composto con la

• Montare il composto fino a

• Montare il composto in

frusta.

planetaria, finché il volume non raddoppia. • Cuocere lo zucchero e l’acqua portandoli a 121 °C. • Versare lo zucchero cotto sugli albumi montati.

• •

ottenere una meringa italiana. Unire la meringa italiana alla purea di fragole e, con l’aiuto di una frusta, mescolare il tutto. Montare la panna a lucido, quindi unirla al composto di meringa italiana e purea di fragole.

• Mescolare il composto con

• • • •

la frusta, finché non risulta ben fermo e omogeneo. Riempire una sacca da pasticcere. Con la sacca da pasticcere riempire gli stampi. Lisciare il composto affinché non rimangano bolle d’aria all’interno. Procedere con il congelamento.

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LABORATORIO •

LA BASE SEMIFREDDO

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LEZIONE SPECIALE

Le bagne Che cosa sono le bagne Le bagne sono prodotti, talvolta contenenti alcol, con i quali si bagnano basi di pasticceria predisposte con masse montate. Sono ottenute: • miscelando acqua e zucchero; • aggiungendo eventualmente anche alcolati (cioè prodotti ad alto tenore alcolico), liquori o distillati.

Le ricette dei Maestri Yo-yo di zuppa inglese

Le bagne servono a: • migliorare l’appetibilità del prodotto che, altrimenti, sarebbe troppo asciutto; • prolungare la conservabilità del prodotto, perché l’alcol e lo zucchero agiscono da conservanti sul breve periodo. La miscelazione delle componenti alcoliche con quelle zuccherine produce un tenore alcolico più delicato e meno invasivo di quello degli alcolati puri. Utilizzando liquori o distillati, però, la miscelazione non è sempre necessaria perché queste bevande hanno un tenore alcolico di partenza più basso, ammettendo talvolta l’impiego diretto. Tuttavia, spesso si utilizzano bagne senza alcol realizzate soltanto con una base zuccherina aromatizzata poi con agrumi, vaniglia, cannella, spezie ecc. In ogni caso, è preferibile impiegare bagne con un tenore alcolico del 12-18% Vol. e con tenore zuccherino intorno al 42%.

Che cosa sono gli alcolati Gli alcolati sono prodotti ottenuti dalla distillazione di infusi alcolici contenenti una miscela di sostanze aromatiche naturali. L’infusione degli aromi e la successiva distillazione hanno lo scopo di realizzare prodotti: • con un tenore alcolico di 50-70% Vol.; • con un tenore aromatico elevato che, in alcuni casi, è fino a tre volte superiore a quello dei distillati o dei liquori comuni. Il gusto e la qualità del distillato influiscono in modo significativo sulla qualità finale del dolce e, di conseguenza, i prodotti da impiegare per la produzione di alcolati hanno la medesima importanza delle altre materie prime.

Approfondimenti Il metodo di diluzione delle bagne: esempi di calcolo

Come si preparano le bagne Gli alcolati hanno un tenore alcolico che varia del 50-70% Vol. La quantità di alcol contenuta in una bevanda o in un altro prodotto alcolico è espressa in grado alcolico, individua i millilitri di alcol etilico presenti in 100 ml del prodotto di riferimento ✔che (titolo alcolometrico volumico, cioè volumi di alcol contenuti in 100 ml di bevanda). Un Cognac con tenore alcolico del 40% Vol. contiene infatti 40 ml di alcol per 100 ml (ovvero 400 ml per litro). Se un litro di questo Cognac contiene 40 cl di alcol (equivalenti a 400 ml per litro), due litri della stessa bevanda ne conterranno 80 cl. Per procedere con la corretta diluizione delle bagne è necessario prendere in considerazione il titolo alcolometrico volumico espresso in etichetta.


LEZIONE SPECIALE •

LE BAGNE

LA CONFETTERIA

255

La confetteria In passato, per confetteria si intendeva il ramo della cucina/pasticceria che si occupava di tutte le lavorazioni dello zucchero, sia dolci che salate. Le origini più remote della confetteria possono essere quindi rintracciate già presso le civiltà egiziane, arabe e cinesi, che utilizzavano lo zucchero e il miele per conservare la frutta. È dalla fine del ‘700 che si delinea la figura del confetturiere o credenziere, che attraverso l’utilizzo dello zucchero e di tecniche applicate alla sua lavorazione, era in grado di creare prodotti con durabilità maggiore. A tali lavorazioni possono essere ricondotti: • sciroppi; • conserve; • pastigliaggi; • fondenti; • confetture; • canditi; • torroni. Oggi quando si parla di confetteria vengono intesi tutti quei prodotti dove si ha come ingrediente principe lo zucchero, lavorato però con tecniche affinate e più specifiche temperature incentrate sulle concentrazioni zuccherine. Tali tecniche sono impiegate per ottenere durabilità nella conservazione ma anche per valorizzare al meglio la materia prima. Fanno parte di questa categoria prodotti come: • caramelle mou; • toffee; • marshmallow; • paste di frutta; • frutta secca confettata; • cioccolato confettato.

✔ 1. 2. 3. 4. 5.

GUIDA ALLO STUDIO

Le origini della confetteria risalgono alle civiltà greca e romana La figura del confetturiere o credenziere ha origine nel tardo ‘800 Per confetteria si intendono tutti i prodotti dove l’ingrediente principe è lo zucchero Toffee e marshmallow non rientrano nella confetteria Le tecniche di lavorazione dello zucchero impiegate nella confetteria hanno lo scopo di migliorare la durabilità dei prodotti e valorizzare la materia prima

V V V V

F F F F

V F


256

macroarea

3 • Le preparazioni di base

MAPPA Le preparazioni di base comprendono

meringhe

mousse

bavaresi

semifreddo

che impiegano

che sono

che impiegano

che è preparato unendo

albume

preparazioni leggere e soffici

crema inglese

base semifreddo

panna montata

meringa all’italiana

gelatina alimentare in fogli

panna montata a lucido

che impiegano

zucchero panna

in rapporto

1:2

e sono prodotte in tre tipologie

meringa francese

meringa italiana

gelatina alimentare in fogli

gusto di riferimento

meringa svizzera


unità

2

Le creme e i semifreddi

257

crema pasticcera

crema inglese

crema al burro

che utilizza

che impiega

che impiega

latte e panna

tuorlo

burro

tuorli

zucchero

zucchero

zucchero

latte/panna

tuorli/albumi

farina, amido di mais e di riso

burro

vaniglia

latte/panna


258

macroarea

3 • Le preparazioni di base

SINTESI Che cos’è la crema pasticcera

Le creme sono utilizzate nelle farciture di torte, come decoro e base di spume, semifreddi o dolci in coppa; hanno struttura setosa, liscia e brillante. La crema pasticcera è preparata con tuorlo, amidi e zucchero, latte, vaniglia. La morbidezza della crema è favorita anche dal rimescolamento continuo del preparato con l’ausilio di una frusta che, spezzando la maglia proteica, rende il prodotto cremoso e vellutato. Una volta preparata, la crema pasticcera va abbattuta di temperatura e conservata in frigorifero a +4 °C. Che cos’è la crema inglese

La crema inglese viene utilizzata per innumerevoli dessert, fra i quali la bavarese. La crema inglese altro non è che una crema senza amidi. La sua struttura è basata tutta sulle proteine del tuorlo, un ingrediente che può essere impiegato fino al 60% sul peso dei liquidi, mentre lo zucchero può arrivare fino al 50% sul peso dei liquidi, in genere rappresentati dal latte o dalla panna. Che cos’è la crema al burro

Per molto tempo, la crema al burro è stata la più utilizzata nel settore della pasticceria nonostante l’elevata percentuale di grasso. Le materie prime di base per ottenere un’ottima crema al burro sono il burro stesso, le uova intere, i tuorli oppure gli albumi, lo zucchero, gli aromi e la crema pasticcera. Che cosa sono le meringhe

La meringa è una base di pasticceria tra le più utilizzate, nata dall’unione di albume e zucchero, solitamente nel rapporto di 1 : 2. La meringa è impiegata come fondo per dolci, come inserto croccante o leggero in torte moderne e in dolci al cucchiaio, come piccola pasticceria. La meringa è prodotta in tre tipologie diverse: meringa francese, meringa italiana, meringa svizzera. La peculiarità dell’albume di formare una schiuma stabile dipende dalle caratteristiche delle sue proteine. L’introduzione dello zucchero favorisce la formazione di schiuma più densa e stabile, mentre l’aggiunta di sale aiuta la formazione della montata d’albume. Che cosa sono le mousse

Le mousse (o spume) sono preparazioni leggere e soffici a base di meringa italiana o base semifreddo (pâte à bombe). Possono contenere anche panna, gelatina alimentare in fogli (in qualità di addensante quando la mousse va servita in forma) e l’eventuale gusto di riferimento. La mousse al cioccolato è preparata con cioccolato, panna o acqua oppure con pâte à bombe, cioccolato e panna montata.

Che cosa sono le bavaresi

Le bavaresi sono preparazioni a base di crema inglese e panna montata, addensate con gelatina alimentare in fogli e addizionate di altri ingredienti che danno origine al nome specifico. La struttura della bavarese è più compatta e cremosa rispetto alla mousse. La crema base è predisposta come una normale crema inglese con la cottura effettuata a 85 °C. La frazione liquida della preparazione è rappresentata generalmente dal latte intero e, prima di essere versati sui tuorli e lo zucchero amalgamati insieme, i liquidi vanno bolliti. La cottura finale del dolce deve raggiungere invece la temperatura di 85 °C. La gelatina alimentare in fogli ha la funzione di stabilizzare i liquidi e la panna. Le paste aromatizzanti si aggiungono nella quantità necessaria alla parte liquida prima di riscaldarla, mescolando la preparazione per favorirne l’amalgama. Che cos’è il semifreddo

Il semifreddo è uno dei dolci italiani più rappresentativi, soprattutto nella forma di dolce al piatto. È preparato unendo una base semifreddo, meringa all’italiana, panna montata a lucido e l’ingrediente che ne determina il gusto. Il semifreddo è utilizzato per preparare il parfait, il biscotto ghiacciato, il soufflé glacé, il semifreddo all’italiana. Gli ingredienti sono: uova, zucchero, panna montata insieme a frutta, liquori, spezie e paste aromatizzanti. La base per tutti i semifreddi è la schiuma di uova. Il dolce va somministrato a temperature negative (comprese tra −8 e −16 °C). Le paste aromatizzanti per semifreddi possono essere paste su base oleosa (paste nocciola, pistacchio e mandorla) e paste su base di glucosio (paste torroncino e caffè). LEZIONE SPECIALE Le bagne • La confetteria

Le bagne sono prodotti, talvolta contenenti alcol, con i quali si bagnano basi di pasticceria predisposte con masse montate. Sono ottenute miscelando acqua e zucchero, aggiungendo eventualmente anche alcolati (cioè prodotti ad alto tenore alcolico), liquori o distillati. La confetteria, che trae le sue origini presso le civiltà egiziane, arabe e cinesi, si occupa di tutti quei prodotti dove si ha come ingrediente principe lo zucchero, lavorato però con tecniche affinate per ottenere durabilità nella conservazione e valorizzare la materia prima, come: caramelle mou; toffee; marshmallow; paste di frutta; frutta secca confettata; cioccolato confettato.


unità

2

Le creme e i semifreddi

VERIFICHE VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1.

Nella crema pasticcera la panna, su una dose di un litro di liquidi, può sostituire: a. fino a 300 g di latte b. fino a 500 g di latte c. fino a 200 g di latte d. fino a 400 g di latte

2. Nella preparazione della crema pasticcera: a. si deve lasciare lo zucchero a contatto con i tuorli prima di mescolare il composto b. si usano tre baccelli di vaniglia per ogni litro di latte c. il calore attiva la gelificazione degli amidi e la coagulazione delle proteine d. il latte può essere interamente sostituito dalla panna 3.

Nella crema pasticcera, per ogni litro di latte, la quantità di tuorli: a. va da un minimo di 160 g a un massimo di 600 g b. è di 160 g c. non deve essere inferiore a 600 g d. è compresa tra 100 g e 500 g

4. Nella crema inglese, il tuorlo e lo zucchero: a. sono usati in quantità uguali b. sono in rapporto 1:2 c. possono raggiungere, rispettivamente, il 60% e il 50% del peso dei liquidi d. possono raggiungere, rispettivamente, il 50% e il 60% del peso dei liquidi 5. Nella preparazione delle creme leggere si aggiunge: a. la gelatina ammollata alla crema pasticcera scaldata a 45 °C b. la gelatina alla panna semimontata c. la panna semimontata alla crema pasticcera e poi la gelatina ammollata d. la gelatina ammollata e aromatizzata alla crema pasticcera fredda 6.

La crema al burro può essere realizzata usando: a. soltanto zucchero fondente b. soltanto zucchero a velo o zucchero semolato c. zucchero fondente, a velo o semolato d. soltanto zucchero a velo

7. La crema al burro preparata con burro, albumi e zucchero: a. ha come base una pâte à bombe b. è più soffice e leggera c. ha come base una meringa classica d. è chiamata anche base semifreddo con zucchero cotto

VERIFICHE

8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21.

Lo sciroppo è una preparazione formata da acqua zuccherata portata a bollore V F Gli sciroppi non possono essere conservati in frigo V F La crema pasticcera è tanto più densa quanto maggiore è la quantità di zucchero impiegata nella preparazione V F Nella preparazione della crema pasticcera, se si aumenta la quantità di tuorli bisogna aumentare anche quella di amidi V F La coagulazione delle proteine del tuorlo d’uovo è alla base della preparazione della crema pasticcera V F Una cottura eccessiva della crema pasticcera può provocare la demolizione della struttura gelificante delle proteine V F Panna e burro aumentano la deperibilità della crema pasticcera V F Il baccello di vaniglia può esser posto in infusione soltanto nel latte caldo V F Se la cottura della crema pasticcera è insufficiente, si ottiene la gelificazione degli amidi ma non la coagulazione delle proteine del tuorlo V F La crema al burro realizzata con zucchero fondente è di migliore qualità V F La crema al burro può essere realizzata soltanto con zucchero a velo V F La crema inglese è priva di amidi V F Per realizzare la crema inglese i tuorli vanno montati con lo zucchero cotto V F Nella preparazione della crema inglese non si può sostituire il latte con la panna V F Nella crema inglese lo zucchero può arrivare fino al 50% del peso dei liquidi V F Nelle creme leggere si può aggiungere gelatina in fogli ammollata V F Le creme mousseline sono preparate a partire da crema inglese e panna V F Nelle creme leggere la panna costituisce sempre più del 50% del composto V F Le creme leggere sono composti a base di crema alleggerita con albumi V F Nella preparazione delle creme leggere l’aggiunta di eventuali aromi deve avvenire prima di quella della panna V F La crema chiboust si ottiene mescolando crema pasticcera calda con meringa svizzera fredda V F

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260

macroarea

3 • Le preparazioni di base

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15.

16.

La meringa è una preparazione molto versatile V F Esistono tre diverse tipologie di meringhe V F Nella preparazione della meringa, lo zucchero serve a rendere più stabile e densa la schiuma di albumi V F Le mousse sono prodotti a base di meringa alla francese o a base semifreddo V F Le mousse possono contenere anche panna V F Le bavaresi sono meno cremose e meno compatte delle mousse V F Le bavaresi sono preparate a partire da crema al burro e panna V F Nella base semifreddo la schiuma di uova, insieme alla panna, apporta volume e conferisce una struttura leggera al preparato V F Le paste su base di glucosio sono usate come paste aromatizzanti per semifreddi V F Nella preparazione delle mousse alla frutta la meringa all’italiana è inserita a caldo V F Le bavaresi sono preparazioni a base di crema inglese e meringa classica V F La gelatina alimentare è usata per stabilizzare i semifreddi V F La mousse al cioccolato è preparata con tre soli ingredienti: cioccolato, panna e uova V F Nelle mousse la meringa è aggiunta in proporzione di 10-25 g per chilogrammo di prodotto finito V F Per preparare una bavarese con pasta aromatizzante quest’ultima va aggiunta nella quantità necessaria alla parte liquida, prima di scaldarla V F Per una mousse alla nocciola è preferibile scegliere una base semifreddo al latte V F

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA

VERIFICHE

Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. La meringa è una base di pasticceria realizzata a partire dalla mescolanza di: a. albume e zucchero in rapporto 1:2 b. uova intere e zucchero in rapporto 1:2 c. latte, albume e zucchero in quantità uguali d. panna, albume e zucchero in quantità uguali 2.

Nelle mousse la meringa italiana è aggiunta: a. a caldo b. a freddo c. sia a caldo sia a freddo secondo la ricetta d. all’inizio della preparazione.

3. In genere, il semifreddo è somministrato a temperatura: a. compresa tra –8 e –16 °C b. compresa tra +4 e +6 °C c. ambiente d. positiva 4. La gelatina nelle mousse: a. è assente se la preparazione va servita in coppa b. è un ingrediente sempre presente c. è assente se la preparazione va servita in forma d. nessuna delle precedenti opzioni è corretta 5. Gli ingredienti principali del semifreddo sono: a. tuorlo d’uovo e latte b. sciroppo di zucchero, latte, panna e tuorli d’uovo c. tuorlo d’uovo e zucchero montati a schiuma d. crema pasticcera e albume d’uovo 6. Le paste su base di glucosio: a. possono essere usate indistintamente con qualsiasi tipo di base semifreddo b. comprendono le paste al caffè e le paste alla nocciola c. provocano una caduta istantanea del volume della base semifreddo d. nessuna delle precedenti opzioni è corretta DOMANDE A COMPLETAMENTO Inserisci gli elementi mancanti scegliendo tra quelli elencati. coppa schiume montata meringa crema

panna compatta senza cioccolato forma

gelatina semifreddo fogli

1.

Le mousse (o ….......………..) sono preparazioni a base di ........................ italiana o base ......................... . Possono contenere anche ......................... semimontata, come accade nella mousse al ........................ . Le mousse sono leggere e soffici, servite sia in ........................., con la presenza di ........................ come addensante, sia in ciotola o in ........................., in questo caso ......................... gelatina.

2.

Le bavaresi sono preparazioni a base di ........................ inglese e panna ........................, addensate con gelatina in ........................ e addizionate di altri ingredienti, da cui prendono il nome specifico. A differenza delle mousse, le bavaresi hanno struttura più ........................ e cremosa.


unità

2

Le creme e i semifreddi

DOMANDE A COMPLETAMENTO Completa inserendo i possibili difetti della crema pasticcera, a partire dalle cause che possono provocarli. 1. Cottura eccessiva o insufficiente: ……………….. 2. Utilizzo della sola farina come legante, senza farla cuocere a sufficienza: ……………….. 3. Farina e/o amidi non sono amalgati correttamente: ……………….. 4. Fuoco diretto: ……………….. DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1.

Non è una pasta aromatizzante su base oleosa: a. la pasta alla nocciola b. la pasta al pistacchio c. la pasta alla mandorla d. la pasta al torroncino

2. Quando si dosa lo zucchero nella ricetta di un semifreddo, bisogna prendere in considerazione: a. la temperatura di servizio b. la presenza o meno di gelatina nella ricetta LEZIONE SPECIALE Le bagne • La confetteria

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. Le bagne sono miscele di acqua e zucchero con l’eventuale aggiunta di alcolati V F Le bagne senza alcol possono essere aromatizzate con agrumi o succhi di frutta V F Gli alcolati sono prodotti con tenore alcolico e aromatico non eccessivamente elevati V F Gli alcolati sono ottenuti dalla distillazione di infusi alcolici contenenti una miscela di sostanze aromatiche naturali V F Le bagne migliorano l’appetibilità delle preparazioni dolciarie V F Le bagne prolungano i tempi di conservazione V F Quando si miscelano componenti alcoliche e componenti zuccherine si ottiene un tenore alcolico più deciso e invasivo di quello degli alcolati di partenza V F Il tenore alcolico delle bagne non dovrebbe superare il valore di 42% Vol. V F

c. il fatto che la bilanciatura va effettuata partendo da una percentuale che si aggira attorno al 42% d. tutte le opzioni sono corrette 3. Non è un ingrediente del semifreddo: a. la meringa all’italiana b. la panna semimontata c. la base semifreddo d. tutti gli ingredienti menzionati sono presenti nel semifreddo 4.

Viene previsto l’utilizzo della crema pasticcera: a. nel biscotto ghiacciato b. nel semifreddo all’italiana c. nel parfait d. nel soufflé glacé

5. A conferire struttura a un semifreddo è: a. la panna b. lo zucchero c. la pasta aromatizzante d. la meringa 6.

9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16.

Le paste aromatizzanti per semifreddi sono: a. di un’unica tipologia b. di due tipologie c. di tre tipologie d. di quattro tipologie

Il tenore aromatico degli alcolati è fino a tre volte superiore a quello di distillati e liquori V F È preferibile usare bagne con tenore zuccherino del 12-18% V F Il tenore aromatico degli alcolati non supera il 50% Vol. V F Per diluire correttamente le bagne occorre prendere in considerazione il titolo alcolometrico volumico dell’alcolato utilizzato V F La confetteria ha origini assai recenti V F In passato per confetteria si intendevano tutte le lavorazioni dello zucchero V F Oggi per confetteria si intendono tutti quei prodotti in cui lo zucchero è uno dei tanti ingredienti V F Caramelle mou e toffee non rientrano nella confetteria V F

DOMANDE A COMPLETAMENTO Indica i principali prodotti che rientrano nella confetteria. ………………..................................................................... ………………..................................................................... ……………….....................................................................

VERIFICHE

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

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262

LABORATORIO DELLE COMPETENZE sticcera

La crema pa

A

Compiti di realtà

Elenca le possibili cause dei difetti della crema pasticcera. 1. Crema bruciata sul fondo del tegame .................................................................................................................................................. 2. Formazione di grumi .................................................................................................................................................. 3. Perdita di consistenza .................................................................................................................................................. 4. Sensazione di farina al palato ..................................................................................................................................................

Le meringhe B

Per ognuna delle seguenti fasi di preparazione, indica se si tratta della meringa francese, della meringa italiana o della meringa svizzera. 1. Inserire, in montata, uno sciroppo di zucchero cotto a 121 °C .................................................................................................................................................. 2. Aggiungere lo zucchero in tre volte .................................................................................................................................................. 3. Riscaldare lo stesso peso di albumi e zucchero a 70 °C ..................................................................................................................................................

Le bavaresi C

L’alta cucina contemporanea sperimenta accostamenti ricercati a particolari, in cui vengono meno i confini tra cucina e pasticceria: scrivi le tue osservazioni relative ai due piatti in figura. ..............................

..............................

..............................

..............................

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..............................

..............................

..............................

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Il semifreddo D

Completa con riferimento alle percentuali minime e massime degli ingredienti per la preparazione del semifreddo. Ingredienti

Percentuale minima e massima

.......................................................................... .......................................................................... .......................................................................... 10-35% .......................................................................... .......................................................................... Crema pasticcera

..........................................................................

.......................................................................... .......................................................................... Frutta

..........................................................................

Liquori

..........................................................................


LABORATORIO

Le tecniche di decorazione Quali sono le principali tecniche di decorazione in pasticceria L’arte della decorazione è antichissima, ma è con il Rinascimento che si sviluppa in modo importante grazie al talento di pasticceri artigiani. Ogni dolce raggiunge infatti la sua massima qualità estetica dopo che il pasticcere lo ha rifinito e vi ha applicato le decorazioni più appropriate, semplici o complesse che siano. Fu Antonin Carême, alla fine del Settecento, il primo a indicare ai pasticceri i modelli di decorazione e a progettare torte monumentali. Le diverse tecniche che possono essere utilizzate per ornare i prodotti di pasticceria, dalla frutta decorata e intagliata fino alle decorazioni con cioccolato o zucchero, tramutano il dolce in una sorta di opera d’arte, nella quale il gusto personale e la maestria del pasticcere sono confrontabili con quelle di un pittore o di uno scultore. Va però sempre ricordato che, affinché sia veramente pregevole, la decorazione deve essere leggera e poco invasiva, coordinata nei colori e nel gusto con gli ingredienti che compongono il dolce.

GUIDA ALLO STUDIO

1. Le tecniche di decorazione hanno una storia assai recente 2. Antonin Carême fornì indicazioni specifiche relative alle tecniche di decorazione alle fine del Novecento 3. La decorazione deve essere leggera e poco invasiva

V F V F V F


LABORATORIO

1. Come si decora con il cornetto Il cornetto di carta è lo strumento più semplice e più utilizzato per realizzare decorazioni, soprattutto quando si deve colorare un dolce cremoso. Per realizzare questo strumento, occorre: • prendere un foglio di carta, da forno oppure oleata, e ricavare un rettangolo con lati di 14 cm x 20 cm; • tenendo il vertice dell’angolo retto con la mano destra, arrotolare la carta fino a formare un cono con la punta chiusa; • tagliare la punta del cono per creare il beccuccio: tagliare in prossimità della punta nel caso di gelatine, cioccolato prince e ghiaccia reale che consentono,

per la loro consistenza, di ornare con fili sottili; praticare un foro di uscita di dimensioni maggiori nel caso di crema pasticciera, crema al burro e ganache. Il cornetto di carta va usato come se fosse una siringa: il pollice della mano destra spinge sulla chiusura del cornetto, facendo così uscire il composto, mentre l’indice e il medio della mano sinistra lo guidano nella decorazione. Come si realizza un cornetto di carta

Videolezione 1

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LABORATORIO •

DECORAZIONI CON IL CORNETTO

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Quali sono i metodi di decorazione con il cornetto Per mezzo del cornetto è possibile decorare i dolci con vari metodi, che prenderemo brevemente in esame. Metodo di appoggio o striscio

Permette di ottenere linee precise e della stessa dimensione. Il cornetto è usato come se fosse una matita.

Metodo per caduta o sollevato

Il sacchetto viene mantenuto in posizione verticale, a un’altezza di circa un centimetro dalla superficie del dolce da decorare; quindi, esercitando sul sacchetto una pressione regolare, si ottiene un filo sottile e omogeneo di materiale cremoso.

Metodo pennellato o tratteggiato

Anche in questo caso si utilizza il cono tenendolo staccato dalla superficie del dolce, lavorando la preparazione con tratteggi continui, brevi e regolari, sfumandoli leggermente fino a formare il decoro desiderato.

corare lizzati per de ti u li ia r te a M o di carta con il cornett ■ Gelatine, prince al cioccolato e ghiaccia reale:

consentono di ornare con fili sottili utilizzando il cornetto tagliato in prossimità della punta.

■ Crema pasticcera, crema al burro e ganache:

✔ 1. 2. 3.

si utilizzano praticando nel cornetto un foro di uscita più grande.

GUIDA ALLO STUDIO

Il metodo di appoggio o striscio permette di ottenere linee precise e della stessa dimensione Con il metodo per caduta o sollevato, il sacchetto viene mantenuto in posizione verticale poggiando la punta sulla superficie da decorare Il metodo pennellato o tratteggiato prevede che il cono sia staccato dalla superficie del dolce

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LABORATORIO •

DECORAZIONI CON LO ZUCCHERO

2. Come si decora con lo zucchero Le tecniche di decorazione che sono realizzabili con lo zucchero nelle sue diverse forme comprendono: • la ghiaccia reale; • il pastigliaggio; • il marzapane sbiancato; • lo zucchero cotto colorato; • lo zucchero soffiato; • lo zucchero colato; • lo zucchero bollato con isomalto; • lo zucchero in riccioli in alcol.

Ghiaccia reale La ghiaccia reale è un composto formato prevalentemente da zucchero a velo e albume d’uovo, utilizzato soprattutto per decorare torte monumentali, soggetti floreali e uova di Pasqua. La ghiaccia può essere colorata, ricordando che è bene evitare l’impiego di colori troppo intensi.

• Unire l’albume fino a ottenere un composto liscio e fluido. • Aggiungere alla fine poche gocce di limone. • Questa ghiaccia, al contrario della precedente, asciuga con più rapidità.

Ghiaccia reale classica

Ghiaccia reale con hifoama

Ingredienti • Zucchero a velo 550 g • Albume fresco 100 g • Succo di limone alcune gocce Preparazione • Setacciare in modo accurato lo zucchero a velo. • Mescolarlo con l’albume fino a ottenere un composto liscio e fluido. • Aggiungere al preparato poche gocce di limone. • Conservare in frigorifero, coperta con pellicola alimentare.

Ghiaccia reale con amidi Ingredienti • Zucchero a velo 500 g • Albume 100 g • Fecola o amido di riso 60 g • Succo di limone 8-9 gocce Preparazione • Setacciare insieme e in modo accurato lo zucchero a velo e l’amido.

Ingredienti • Zucchero a velo 1100 g • Acqua 260 g • Hifoama 20 g Preparazione • Mescolare con la frusta l’hifoama insieme all’albume. • Aggiungere lo zucchero a velo.

Glossario Hifoama L’hifoama è una proteina del latte che rende la ghiaccia più leggera ed elastica. La ghiaccia reale con hifoama è ideale quindi per decorazioni floreali che richiedano una certa plasticità nel corso della preparazione.


LABORATORIO •

DECORAZIONI CON LO ZUCCHERO

267

Zucchero cotto colorato Questa preparazione è usata per tutti i decori per i quali si desidera un effetto cromatico ben definito. Può essere utilizzata con tutte le tecniche di decorazione che impiegano lo zucchero (bollato, colato, soffiato, tirato). Ingredienti • Zucchero 1000 g • Acqua 350 g

• Glucosio 200 g • Acido citrico 3 gocce

• Mescolare perfettamente il tutto con l’aiuto di una • •

Preparazione

• Pesare l’acqua in una casseruola e aggiungervi lo zucchero, con qualche goccia del colorante alimentare scelto.

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frusta, controllando che la concentrazione di colore sia quella desiderata. Cuocere lo zucchero, aggiungendo il glucosio alla temperatura di 90 °C. A parte preparare una bacinella in acciaio riempita di acqua fredda. Una volta che lo zucchero raggiunge i 152 °C, aggiungere l’acido citrico e immergere il fondo della casseruola nella bacinella con l’acqua fredda per arrestare la cottura. Versare lo zucchero su un tappetino silpat e iniziare a lavorarlo.

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LABORATORIO •

DECORAZIONI CON LO ZUCCHERO

Zucchero soffiato Lo zucchero soffiato è uno zucchero cotto e quindi soffiato con un’apposita pompetta, fino a fargli raggiungere la forma desiderata. Ingredienti • Zucchero 1000 g • Acqua 350 g

• Glucosio 200 g • Acido citrico 3 gocce

Preparazione • Cuocere lo zucchero e il glucosio seguendo la tecnica descritta per la cottura dello zucchero. • Una volta raggiunta la temperatura di 152 °C, aggiungere l’acido citrico (1) e immergere il fondo della casseruola in una bacinella di acciaio contenente acqua fredda, per arrestare la cottura (2). • Versare lo zucchero su un tappetino silpat (3). • Quando inizia a solidificare, lavorarlo, portandolo alla forma di un cilindro (4, 5 e 6). • Ripiegarlo su se stesso, prima da un lato e poi dall’altro, così da formare tre strati (7, 8 e 9). • Se lo zucchero si abbassa molto dolcemente, è pronto per essere satinato, mentre se si ricompatta

velocemente bisogna ripetere l’operazione, finché non raggiunge la giusta consistenza (10, 11 e 12). • Portare la massa di zucchero sotto una lampada da zucchero e iniziare la satinatura, che consiste nello stirarlo. Attaccare i due lembi ottenuti dalla stiratura, ripiegandoli per metà della lunghezza, senza sovrapporre tutta la massa di zucchero, continuando così per almeno dieci volte, in modo tale che lo zucchero sia perfettamente lucido (13, 14 e 15). • Ripiegare la massa di zucchero e, sempre sotto la lampada, lasciarla riposare in modo tale che raggiunga una buona consistenza, perdendo un po’ di calore. • Ricavare una pallina dal pezzo di zucchero morbido, schiacciando al centro di esso con due dita, e tagliarla immediatamente con le forbici (16 e 17). • Schiacciarla sul palmo della mano con un dito, in modo tale da creare un incavo, per poi richiuderlo leggermente (18). • Inserire nell’incavo la cannula della pompetta e chiudervi bene lo zucchero intorno (19). • Gonfiare lo zucchero in modo da produrre una sfera cava o il soggetto desiderato (20 e 21).

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LABORATORIO •

DECORAZIONI CON LO ZUCCHERO

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DECORAZIONI CON LO ZUCCHERO

Zucchero colato Questa tecnica non prevede che lo zucchero sia lavorato con le mani, ma che, una volta portato a cottura ed eventualmente colorato, sia colato negli stampi per conferirgli la forma desiderata. Una volta raffreddate, le decorazioni in zucchero sono pronte per l’impiego. Ingredienti • Zucchero 1000 g • Acqua 350 g • Glucosio 250 g Preparazione • Cuocere lo zucchero alla temperatura di 160 °C. • Una volta raggiunta la temperatura desiderata (160 °C) raffreddare il fondo della pentola in una bacinella di acciaio con acqua fredda, in modo tale da arrestare la cottura. • Versare lo zucchero cotto negli appositi stampi.

Zucchero bollato con isomalto Questa tecnica di lavorazione dello zucchero è una delle più semplici. Lo zucchero non subisce una vera cottura, per la presenza dell’isomalto, un polialcol più lavorabile dello zucchero comune. Ingredienti • Isomalto 500 g Preparazione • Munirsi di una teglia da pasticceria e ricoprirne il fondo con un tappetino silpat. • Cospargere la superficie del tappetino in modo uniforme con l’isomalto, tenendo conto che quanto più se ne versa tanto più numerose e piccole saranno le bollature. • Ricoprire con un altro tappetino silpat l’isomalto e mettere in forno preriscaldato alla temperatura di 180 °C, per circa 3 minuti, così da non fare caramellare l’isomalto stesso. • Una volta che l’isomalto si è sciolto, posare la placca su un piano di lavoro e, con l’aiuto di un guanto da forno e di un altro tappetino, pressare leggermente l’isomalto, per allargarlo ulteriormente, facendo in modo che si formino ancora più bolle irregolari. • Lasciar raffreddare e togliere il primo tappetino, prelevando lo zucchero bollato.


LABORATORIO •

DECORAZIONI CON LO ZUCCHERO

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Zucchero a riccioli in alcol Questa tecnica impiega lo stesso procedimento adottato per lo zucchero colato, ma in questo caso lo zucchero, una volta cotto, andrà colato in una brocca di plastica da pasticceria, riempita di alcol puro al 98%, precedentemente messo in abbattitore a –30 °C

in modo tale che raggiunga la temperatura di circa –20 °C. Lo zucchero cotto va quindi versato a filo nella caraffa di alcol puro a –20 °C, generando così riccioli di zucchero dalle forme più varie.

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LABORATORIO •

DECORAZIONI CON LO ZUCCHERO

Pastigliaggio Il pastigliaggio è un composto usato per creare pezzi artistici di zucchero. Per ottenere questo risultato, lo zucchero non è sottoposto a cottura bensì impastato con gelatina e acqua oppure addizionato di amidi. Una volta realizzato, il prodotto va conservato in sacchetti di plastica ben chiusi, per evitare che si asciughi. Al momento dell’utilizzo il pastigliaggio è steso con l’ausilio di una sfogliatrice, quindi modellato nelle forme desiderate (soggetti floreali o altri decori di fantasia). Se lasciato seccare per almeno 12 ore, può anche essere colorato con l’aerografo.

Pastigliaggio classico Ingredienti • Zucchero a velo 1500 g • Gelatina in fogli 16 g • Acqua per la gelatina 80 g • Acqua 100 g

Marzapane sbiancato Questa preparazione è usata specialmente per rivestire torte da cerimonia. Ingredienti • Marzapane 2000 g • Zucchero fondente 1000 g • Zucchero a velo 1000 g Preparazione • Pesare tutti gli ingredienti nella bowl di una planetaria munita di foglia e impastare finché il composto non risulta ben liscio. • Togliere il composto dalla planetaria e conservarlo in sacchetti ben chiusi per evitarne l’essiccazione.

Glossario Marzapane Il marzapane è una preparazione a base di pasta di mandorle, albume d’uovo e zucchero, originariamente denominata pasta reale. Assunse la nuova denominazione grazie ai Veneziani che ne detenevano il monopolio commerciale sui mercati del Nord Europa: il Marci panis (pane di San Marco) divenne infatti dapprima il tedesco Marzipan e poi l’italiano marzapane.

Preparazione • Pesare e setacciare perfettamente lo zucchero a velo e introdurlo nella bowl di una planetaria munita di foglia. • Ammollare a parte la gelatina nell’acqua ben fredda (80 g) per alcuni minuti. • Pesare l’acqua restante, prelevarne una piccola parte e scaldarla in un pentolino. • Aggiungere la gelatina ben ammollata all’acqua calda, facendo attenzione che si sciolga perfettamente. • Unire l’acqua e la gelatina allo zucchero a velo, impastando finché il composto non diventa liscio e omogeneo. • Al termine della preparazione, la consistenza del prodotto non deve essere molle, per evitare problemi durante la successiva lavorazione.


LABORATORIO •

DECORAZIONI CON IL CIOCCOLATO

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3. Come si decora con il cioccolato Cioccolato a spruzzo Questa tecnica decorativa prevede l’impiego di una pistola a spruzzo, che funziona mediante un compressore ad aria. La torta o la forma da decorare apparirà diversa in base alla temperatura della decorazione che: • avrà un aspetto lucido e liscio a temperatura ambiente; • risulterà più vellutata a temperatura negativa. Ingredienti • Cioccolato 500 g • Burro di cacao 500 g Preparazione • Sciogliere il burro di cacao e unirlo al cioccolato fuso. • Portare il composto alla temperatura di 35 °C. • Utilizzare l’apposita pistola a spruzzo per realizzare la decorazione.

Cioccolato plastico Ideale per decori destinati a conservarsi per lungo tempo. È realizzato in diverse tipologie che non vanno utilizzate a temperature superiori a 22 °C. Di seguito è illustrata la preparazione del cioccolato plastico fondente. Ingredienti • Copertura fondente 1000 g • Sciroppo di glucosio 43 bè 380 g • Sciroppo di zucchero 30 bè 148 g Preparazione • Sciogliere il cioccolato fondente a 45 °C. • Portare il cioccolato alla temperatura di circa 40 °C e unirvi gli sciroppi tiepidi (25-30 °C). • Amalgamare il composto e lasciarlo riposare per 12 ore a temperature ambiente, coperto con pellicola alimentare. • Passare il composto alla raffinatrice.

Come si realizzano le decorazioni con cioccolato prince Il prince è una crema composta da cioccolato fuso con l’aggiunta di sciroppo e liquori oppure di altri elementi liquidi. Tale crema assume una consistenza plastica che ne permette l’uso per realizzare decorazioni al sac à poche o al cornetto.


LABORATORIO •

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DECORAZIONI CON LA FRUTTA

4. Come si decora con la frutta La frutta fresca in pasticceria: elemento decorativo o gustativo? Sicuramente la frutta è l’ingrediente più facile da utilizzare per decorare un dolce. Ora più che mai la frutta entra a far parte dei dolci non solo per abbellirli con colori naturali e non artificiali, ma anche come elemento gustativo e nutrizionale. Sempre di più si predilige una pasticceria attenta ai valori nutrizionali ma anche fresca al palato, poco dolce e non grassa. La frutta, quindi, assume il ruolo centrale di elemento gustativo più che decorativo: eleggere la frutta a ingrediente fa sì che la preparazione riduca l’impiego di grassi o di zuccheri aggiunti. Nella composizione di una semplice tartelletta con base di pasta frolla e ripieno di crema pasticcera, l’utilizzo di una gelatina di frutta agevola notevolmente la produzione. La gelatina di frutta, infatti, si presta ad essere prodotta in grandi quantità proprio perché si ottiene da una polpa di frutta pastorizzata.

Le gelatine di frutta

Svantaggi

Vantaggi ■ Facilitano lo stoccaggio in abbattitore

■ Non valorizzano stagionalità e tipicità del territorio

■ Consentono di conferire spessore e forma voluta,

■ Riducono l’integrità alimentare di un prodotto fresco

tramite l’utilizzo di stampi

Tuttavia, dovendo il pasticcere porre al centro della propria ricerca il rispetto della materia prima, è l’utilizzo di frutta fresca a configurarsi come la via migliore per rendere i dolci sempre più incentrati su stagionalità e territorio, esaltando la naturalità di prodotti privi di caratteri artificiali.

Videolezione Dolci alla frutta

con tutte le sue peculiarità


PROFESSIONISTI DI SUCCESSO: Giuseppe Lombardo 275

“Dedizione

totale al lavoro, ricerca maniacale della perfezione, esaltazione del gusto nel rispetto della tradizione e delle materie prime La storia Raccontarsi non è mai semplice: comincio dicendo che sono nato a Roma ma sono trapanese di adozione. Mi sono diplomato all’Istituto professionale di Erice “Vincenzo Florio”. Il mio sogno sin da bambino era diventare uno chef. Ho cominciato appena possibile, a quattordici anni, a frequentare d’estate il laboratorio di pasticceria di mia cugina a Trapani, imparando le prime tecniche di base. Fino a vent’anni ho alternato scuola e lavoro, oscillando tra cucina e pasticceria.

L’esperienza in ALMA A scuola avevo sentito parlare dell’eccellenza di ALMA. Ricordo ancora l’emozione quando, con mio padre, ho preso l’aereo per Parma per andare a visitarla personalmente. Entrare in ALMA, vedere i ragazzi con le loro divise durante le lezioni, mi ha emozionato molto. Non credevo ancora che da lì a poco sarei stato anche io un allievo. Nell’estate 2012 ho deciso di iscrivermi, ma nel frattempo mi è stata prospettata l’occasione di un’esperienza lavorativa in Australia. Ad ottobre dello stesso anno sono partito alla volta di Melbourne, dove ho trascorso indubbiamente un periodo bellissimo, ottenendo anche la possibilità di trasferirmi definitivamente, ma ALMA rimaneva il mio vero progetto. Dal primo giorno in ALMA ho incontrato i professionisti che hanno fatto la storia della pasticceria in Italia

e nel mondo. Consigli, tecniche, tanta energia e passione trasmessa a noi allievi da parte dei docenti. Partendo dalla pasticceria di famiglia ad Erice, passando per i fine dining restaurant di Melbourne, dopo il corso è giunto il momento del mio stage ALMA. Sono stato indirizzato al ristorante Le Calandre, 3 stelle Michelin e tanta passione: è stato un sogno imparare da Massimiliano Alajmo. Oggi vivo a Londra, Head Pastry Chef presso Elan Cafe UK Coffee Bakery, dove curo e seguo la carta dei dolci.

Un consiglio per chi vuole intraprendere questo mestiere Vivere esperienze. Uno dei ricordi più belli per me è il periodo dedicato ai lievitati. Poi lo stage dallo chef Massimiliano Alajmo: dedizione totale al lavoro, ricerca maniacale della perfezione, esaltazione del gusto nel rispetto della tradizione e delle materie prime, studio continuo, curiosità per il nuovo. Ho visto lavorare la brigata come una macchina perfetta, precisa e puntuale. Di sicuro tanto duro lavoro, ma la gratificazione e la soddisfazione di lavorare in un ambiente così prestigioso mi hanno ripagato dello sforzo. Sono consapevole che tanto riconoscimento professionale presupponga anche dall’altra parte grandi aspettative, ma ciò non mi spaventa, anzi mi dà la carica per fare sempre meglio.

Giuseppe Lombardo si definisce artigiano della pasticceria, curioso di studiare la tradizione per attualizzarla

Dalla piccola pasticceria di famiglia alla cucina tristellata di Massimiliano Alajmo: un’esperienza tra Sicilia, Australia e Regno Unito • Diplomato al Corso Superiore di Pasticceria ALMA • Head Pastry Chef all’Elan Cafe Coffee Bakery di Londra


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SECONDA PROVA • Esercitazione

LE PREPARAZIONI DI BASE Testo A · Corso accelerato di pasticceria con Ernst Knam Alessandra Mion, moglie del “re del cioccolato” Ernst Knam, racconta il suo approccio alla pasticceria durante il lockdown, sotto la supervisione di un Maestro d’eccezione. «Vorrei condividere la mia fortuna: cioè aver imparato a fare le torte con Ernst Knam. Praticamente un corso accelerato di pasticceria… la sera andavo a letto ripensando alla crema pasticcera, alla ganache, alla frolla. […] La prima regola è: preparare tutto, le prime volte, a mano. Toccare la materia prima. Sporcarsi. Le torte del lockdown le abbiamo fatte appositamente senza planetaria perché io dovevo prendere dimestichezza. Seconda regola: seguire la ricetta cercando di capire perché un gesto si fa prima e uno si fa dopo. Intuire le reazioni che avvengono negli ingredienti. Terza, e fondamentale: preparare le basi con un giorno di anticipo. Frolla, marquise, pan di Spagna… meglio prendersi il tempo di farle riposare. Saranno più buone. Quarto trucco: la preparazione di un dolce va scomposta in fasi. C’è la base, la farcitura, la finitura. Bisogna procedere con ordine, mentale prima di tutto e poi pratico». (Fonte: Knam&Knam, Solferino, 2020)

Testo B · La decorazione secondo Omar Busi «Ritengo che la decorazione sia quel complesso di elementi utili ad abbellire il dolce, o la struttura che lo sostiene, volti a romperne la nudità e la monotonia. Sicuramente il decoro, affinché abbia un senso non sarà casuale, ma sarà il frutto della conoscenza intrinseca del prodotto cui va applicato, dovrà essere adatto e proporzionato; dovrà trasmettere emozioni che verranno filtrate dal concetto che ognuno di noi ha di bellezza. […] Il decoro, come forma di personalizzazione, ha archetipi e regole di riferimento canonici che si possono esprimere anche in forme non convenzionali fino ad addentrarsi in avventure spericolate: l’importante è trovare sempre una coerenza di stile unificante che rispecchia concetti condivisi rispetto il contesto socio-economico. […] Decorare un dolce, infatti, altro non è che operare secondo un senso dell’ordine, comunicando il ruolo che quel prodotto, frutto della nostra artigianalità, ha nel contesto (battesimo, cresima, comunione, compleanno, matrimonio… o semplicemente un dolce per tutti i giorni). Intendo dire che, pur essendo la decorazione puro istinto, sensibilità, la giusta chiave di lettura di un dolce, è estremamente importante decorare e saper decorare in modo appropriato un dolce per inviare il giusto messaggio al consumatore.

Un messaggio trasmesso non solo sui dolci da ricorrenza, ma attraverso i dolci di tutti i giorni, che sono quelli che costruiscono la nostra immagine, ma anche la nostra solidità economica, e quindi il nostro futuro. […] La correlazione inscindibile tra bello e buono in pasticceria si avvale di tanti strumenti: l’armonia delle proporzioni, l’equilibrio, la sobrietà, l’attenta scelta dei sapori e il loro abbinamento con colori e forme, la leggerezza degli impasti, la freschezza e l’alta qualità delle materie prime». (Fonte: www.omarbusi.com)

A) Con riferimento alla comprensione del primo testo, rispondi ai seguenti quesiti: 1. Perché è importante impastare a mano? ........................................................................... 2. Quali sono le regole per approcciare la pasticceria, secondo Alessandra Mion? ........................................................................... 3. Quale relazione sussiste tra ordine “mentale” e ordine “pratico”? ........................................................................... B) Con riferimento alla comprensione del secondo testo, rispondi ai seguenti quesiti: 1. Quali sono le caratteristiche di un buon decoro? ........................................................................... 2. Decorare vuol dire anche sperimentare. In che senso? ........................................................................... 3. In pasticceria, che rapporto deve esserci tra bello e buono? ........................................................................... Con riferimento alla padronanza delle conoscenze fondamentali e delle competenze tecnicoprofessionali, sia quelle conseguite a scuola sia quelle maturate durante l’esperienza dei PCTO, svolgi il seguente caso professionale. Nel laboratorio artigianale in cui lavori, hai avuto l’incarico di stilare un elenco di consigli e suggerimenti per la perfetta preparazione di pasta frolla, pasta sfoglia, pan di Spagna, biscotto classico, bignè, crema pasticcera, meringa. Per ognuno di questi prodotti, scrivi un elenco di suggerimenti che hai maturato nell’ambito della pratica di laboratorio, rivolti a un apprendista appena inserito nella brigata, che si approccia per la prima volta a tali preparazioni e che vorrebbe evitare di compiere gli errori più frequenti. Traduci le istruzioni anche in lingua straniera, ipotizzando di trovarti in una brigata di carattere internazionale.


COLLOQUIO ORALE • Collegamenti interdisciplinari 277

LABORATORIO DI SERVIZI ENOGASTRONOMICI SETTORE CUCINA • Le materie prime • Le tecniche di cottura

SCIENZA E CULTURA DELL’ALIMENTAZIONE • Le caratteristiche nutrizionali dei dolci • I dolci nella piramide alimentare

ITALIANO DIRITTO E TECNICHE AMMINISTRATIVE Normativa sulla vendita di prodotti di pasticceria

Le preparazioni di base STORIA

I prodotti dolciari in letteratura • Italo Calvino, Furto in una pasticceria (da Ultimo viene il corvo, 1949) • Dino Buzzati, Il panettone non bastò (1952) • Stefano Benni, Il bar sotto il mare (1987)

MATEMATICA

• I dolci nei ricettari del ‘900 • Nascita e sviluppo della pasticceria industriale

Proporzioni e bilanciamenti nelle preparazioni di base

LINGUE STRANIERE Lessico specifico e traduzione


278

UNITÀ DI APPRENDIMENTO • Istruzioni per l’uso

INSTAFOOD: I TUOI DOLCI IN UNO SCATTO Quali sono gli Assi culturali coinvolti? • Asse tecnologico e professionale • Asse dei linguaggi • Asse storico-sociale

Quali sono le discipline interessate? • Laboratorio servizi enogastronomici – Cucina • Laboratorio servizi enogastronomici – Bar-Sala e vendita • Scienza e cultura dell’alimentazione • Lingue straniere • Italiano • Laboratorio di informatica

Quali sono i tempi di svolgimento? • 4 ore di lavoro in classe • 8 ore di lavoro nel laboratorio di pasticceria • 4 ore di lavoro nel laboratorio di informatica • 2 ore di presentazione del lavoro

1. L’insegnante, per cominciare, presenterà l’argomento e gli obiettivi dell’Unità di Apprendimento, finalizzata all’elaborazione di una serie di post dedicati alle preparazioni di base, da condividere in una pagina Instagram di classe. Ogni post dovrà essere costituito da: testo che indichi le fasi di preparazione e le principali informazioni nutrizionali; fotografia della preparazione; breve didascalia in lingua straniera. Nella progettazione dei post dovrai conoscere gli strumenti messi a disposizione da Instagram e i principali hashtag relativi al mondo della pasticceria. 2. Nella progettazione dovrai tenere ben presenti: • quali sono le preparazioni di base; • quali sono gli ingredienti necessari; • come descrivere in modo sintetico le fasi di preparazione; • come rendere efficaci gli scatti fotografici.

In che modo è organizzato il lavoro? Gruppi di lavoro a discrezione dei docenti Classe IV B

Quali saranno le fasi dell’Unità di Apprendimento? • Schedatura delle preparazioni di base e degli ingredienti • Stesura dei testi in documento word • Realizzazione delle ricette e degli scatti fotografici • Stesura di didascalie in lingua straniera in documento word • Presentazione degli scatti fotografici e dei testi, da inviare all’insegnante

Quale sarà il prodotto finale da presentare? Il prodotto finale sarà costituito da una serie di scatti fotografici corredati da testi esplicativi, da condividere sotto forma di post nella pagina Instagram dedicata alla classe, gestita dall’insegnante. I post rappresenteranno un breve ricettario delle preparazioni di base e saranno accompagnati dagli hashtag di riferimento. Per scattare le fotografie, puoi trarre ispirazione dalle pagine social dei tuoi Maestri pasticceri preferiti. Fai attenzione a valorizzare lo stile degli scatti fotografici. Preparati ad argomentare agli insegnanti e al resto della classe quanto elaborato, mettendo in evidenza i punti di forza del tuo lavoro. Potrete aggiornare la pagina Instagram di classe inserendo dolci sempre più elaborati, ricette di cucina e preparazioni di caffetteria. A tuo parere come te la sei cavata? So progettare un lavoro So cercare e selezionare informazioni utili al lavoro So individuare immagini efficaci e coerenti con il testo So rielaborare le informazioni So rispettare i tempi programmati So lavorare in gruppo

1 - Principiante

2 - Praticante

3 - Esperto


Macroarea

4

Conoscenze Prodotti enogastronomici e tutela del marchio di qualità, alimenti e piatti delle tradizioni locali, prodotti della tradizione e dell’innovazione

Abilità Classificare gli alimenti in base alle qualità organolettiche e alle relative certificazioni

Competenze Applicare correttamente il sistema HACCP, la normativa sulla sicurezza e sulla salute nei luoghi di lavoro

Predisporre servizi e menu coerenti con il contesto e le esigenze della clientela (anche in relazione a specifici regimi dietetici e stili alimentari), perseguendo obiettivi di qualità, redditività e favorendo la diffusione di abitudini e stili di vita sostenibili ed equilibrati

Realizzare pacchetti di offerta turistica integrata con i principi dell’ecosostenibilità ambientale, promuovendo la vendita dei servizi e dei prodotti coerenti con il contesto territoriale, utilizzando il web

Qualità, sicurezza e salute in pasticceria AGENDA 2030


Macroarea 4

Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

1.

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3.

La qualità alimentare

Lezione speciale L’analisi sensoriale La carta dei dessert

La sicurezza in pasticceria

Lezione speciale L’igiene nella ristorazione

La salute in pasticceria

Lezione speciale La pasticceria per le intolleranze alimentari

DESSERT D’EUROPA

Il macaron è un tipico pasticcino francese, costituito da due pezzi a cupola e conosciuto per i suoi molteplici sapori e colori. Il nome deriva dall’italiano dialettale “maccarone” o dal francese “macaron”. Sembra che il dolce sia giunto in Francia da Venezia nel 1533, portato da Caterina de’ Medici quando sposò il Duca di Orleans Enrico II di Francia. Oggi il cioccolato tra le due meringhe è sostituito da crema al burro, marmellata o crema ganache.

Approfondimenti

Esercizi interattivi

Videolezioni

✔ ✔

Il mio ricettario Le ricette dei Maestri Laboratorio delle competenze

Materiale didattico adatto per la didattica digitale integrata


UNITÀ 1

281

La qualità alimentare 1.

CHE COS’È LA QUALITÀ TOTALE

Per definire che cos’è la qualità totale, è necessario chiarire il concetto di qualità. Secondo la norma UNI EN ISO 9000:2000 la qualità è l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche che conferiscono l’attitudine a soddisfare bisogni espressi o impliciti. Questo vuol dire che la qualità non può essere definita in termini assoluti, ma soltanto in relazione allo scopo che si persegue. • Quella ricercata dalle industrie è oggettiva, cioè misurabile e verificabile con riferimento a parametri standard per stabilire la conformità a requisiti prefissati. • Nelle imprese di ristorazione, la qualità è legata al concetto di sicurezza alimentare. • Dal punto di vista del consumatore, la qualità è, invece, percepita, determinata da fattori soggettivi e oggettivi e dipendente dal momento e/o dalla situazione.

Infine, la qualità di un alimento è una caratteristica multifattoriale ed è valutata considerando i vari elementi che la determinano.

Approfondimenti La sostenibilità I calendari della natura

Alla luce di quanto detto, si può affermare che la qualità totale si ha quando un prodotto risponde contemporaneamente alle esigenze primarie di igiene e sicurezza e, nello stesso tempo, è anche in grado di attrarre l’attenzione del consumatore e di soddisfare i suoi bisogni, non ultimi quelli di natura economica. Ma quali fattori determinano la qualità totale? Sono schematizzati nella pagina seguente.

GUIDA ALLO STUDIO

1. La qualità può essere definita in termini assoluti 2. Nelle imprese di ristorazione, la qualità è legata al concetto di sicurezza alimentare 3. La qualità ricercata dalle industrie è determinata da fattori soggettivi

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282

macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

I componenti della qualità totale Qualità chimico-ambientale • Composizione chimica degli

alimenti e possibile presenza in essi di sostanze indesiderate e dannose • Produzione con sistemi che salvaguardino l’ambiente e garantiscano il benessere degli animali da allevamento (lotta integrata e/o biologica, rispetto delle biodiversità, stagionalità)

Qualità nutrizionale • Contenuto di nutrienti e di

sostanze bioattive non nutritive (fitonutrienti) e loro impatto sulla salute

Qualità di origine e genuinità alimento, a caratteristiche riguardanti i suoi ingredienti o al processo produttivo (come nel caso dei marchi DOP, IGP, PAT)

• Garantita dalle norme del

settore alimentare: per essere definito “di qualità” un alimento deve rispondere a determinati requisiti minimi di legge

Qualità igienico-sanitaria (o microbiologica o salubrità) • Assenza (o presenza entro i

livelli di rischio) di patogeni che potrebbero compromettere lo stato di salute del consumatore

Che cosa si intende per sicurezza alimentare

Shelf-life La shelf-life (o termine di conservazione) è il periodo entro il quale un alimento mantiene inalterate le sue caratteristiche originarie, cioè resta gustoso, nutriente e salubre.

La qualità di un cibo dipende dalla sua sicurezza. In questo campo il consumatore ha un ruolo attivo, essendo egli stesso responsabile della conservazione e dell’uso corretto degli alimenti che acquista e consuma. Egli, quindi, deve conoscere il prodotto e sapere come conservarlo, manipolarlo e consumarlo e deve essere informato e informarsi

• Percezione soggettiva delle

caratteristiche sensoriali del prodotto (aspetto, aroma, consistenza, colore, odore, sapore)

Qualità tecnologica, commerciale e di servizio

• Riferita all’origine di un certo

Qualità legale

Parola chiave

Qualità organolettica e sensoriale

• Riferita ad aspetti che

riguardano gli alimenti e le loro trasformazioni (fattori economico-commerciali come costo, reperibilità sul mercato e canali distributivi; facilità di impiego in relazione a trasporto, stoccaggio, tempi di trasformazione, modalità di consumo, apertura e chiusura delle confezioni; capacità di conservazione in relazione alla shelf-life)

adeguatamente, imparando, per esempio, a leggere e interpretare le etichette alimentari. L’Unione Europea e l’OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità) definiscono la sicurezza alimentare una responsabilità condivisa “dai campi alla tavola”: tutti gli operatori che lungo la filiera produttiva intervengono nella produzione e nella trasformazione di un prodotto alimentare contribuiscono, quindi, a determinare il suo livello qualitativo in termini di sicurezza.

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lime Quando un a

■ Quando gli operatori che intervengono lungo l’intera filiera produttiva garantiscono la

salubrità dei cibi nei singoli passaggi, applicando adeguate procedure e creando sistemi di monitoraggio che ne assicurino la corretta attuazione ■ Quando è rispettato il quadro normativo inerente al settore alimentare e quello specifico per la categoria di alimento ■ Quando gli operatori rispettano pratiche consolidate e di provata efficacia, a garanzia di una produzione sicura dal punto di vista igienico, chimico e microbiologico


unità

1

La qualità alimentare

2. CHE COS’È LA CERTIFICAZIONE ISO 9000 La sigla ISO 9000 indica una serie di norme a validità internazionale che fanno riferimento ai sistemi di gestione della qualità che le imprese possono creare, su base volontaria, al loro interno nel rispetto dei requisiti stabiliti dalla norma ISO 9001. Tali requisiti sono applicati a tutti i processi aziendali che devono essere debitamente documentati (manuale della qualità, procedure, istruzioni) e tutti i risultati del “fare qualità” devono essere registrati su modulistica dedicata (documenti di registrazione della qualità). L’obiettivo di un sistema qualità ISO 9001 è quello di assicurare che il prodotto fornito dall’azienda sia conforme ai requisiti specificati dall’azienda stessa e di garantire così la riproducibilità e la standardizzazione sia del processo sia del prodotto.

283 Il Sistema Qualità interessa tutte le fasi, a partire dall’identificazione iniziale delle esigenze e delle aspettative del cliente fino al loro soddisfacimento, e si basa su: • attenzione al cliente; • pianificazione delle azioni e dei procedimenti; • miglioramento continuo, che avviene attraverso un ciclo continuo PDCA, acronimo di pianificare (Plan), fare (Do), controllare (Check), agire (Action), noto anche come ruota di Deming; • partecipazione e coinvolgimento a tutti i livelli aziendali; • formazione.

Le norme di riferimento per la ristorazione Sigla

Definizione

UNI EN ISO 9001:08

Certificazione del sistema di gestione per la qualità aziendale

ISO 14001:2004

Certificazione riferita alla qualità nel rispetto dell’ambiente (prevenzione dell’inquinamento, riciclo dei materiali e minimo consumo di energia)

ISO 22005:2008

Sistema di rintracciabilità dei prodotti alimentari

UNI 10854:1999

Sistema di autocontrollo certificato (HACCP) per l’applicazione di un sistema di igiene che assicura processi di conservazione, preparazione e distribuzione dei cibi secondo severi standard di qualità

✔ 1. 2. 3. 4.

GUIDA ALLO STUDIO

La sigla ISO 9000 indica una serie di norme a validità internazionale L’obiettivo di un sistema qualità ISO 9001 è assicurare che il prodotto sia conforme ai requisiti specificati dall’azienda stessa Il Sistema Qualità non interessa tutte le fasi di un processo aziendale Il Sistema Qualità non prevede attenzione al cliente, ma solo al produttore

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macroarea

3. AGENDA 2030 Obiettivo 2

Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione, promuovere un’agricoltura sostenibile Obiettivo 12

Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

CHE COSA SONO I PRODOTTI BIOLOGICI

La disciplina europea (Regolamento CE n. 834/2007 e Regolamento CE n. 271/2010) definisce la produzione biologica come “un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione agroalimentare basato sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e una produzione confacente alle preferenze di taluni consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali”.

Che cosa si intende per agricoltura biologica

Approfondimenti L’etichettatura dei prodotti biologici

Gli elementi essenziali del sistema di gestione della produzione biologica vegetale sono: • la gestione della fertilità del suolo; • la scelta delle specie e delle varietà; • la rotazione pluriennale delle colture; • il riciclaggio delle materie organiche; • la scelta di tecniche colturali adeguate. L’agricoltura biologica dovrebbe fare affidamento prevalentemente sulle risorse ✔rinnovabili, con l’intento di: • ridurre al minimo l’uso di risorse non rinnovabili; • riciclare i rifiuti e i sottoprodotti di origine animale e vegetale per restituire gli elementi nutritivi alla terra; • contribuire a mantenere e a potenziare la fertilità del suolo e a prevenirne l’erosione. Possono essere impiegati concimi, ammendanti e prodotti fitosanitari solo se tali prodotti sono compatibili con gli obiettivi e i principi dell’agricoltura biologica: è consentito, per esempio, l’uso di preparati biodinamici ma non quello di concimi minerali azotati.

Quali sono le caratteristiche di un allevamento biologico L’allevamento biologico di animali terrestri e acquatici deve adottare criteri rigorosi che salvaguardino il benessere degli animali e abbiano lo scopo di tutelare la salute degli animali prevenendone le malattie. Per questo motivo, deve: • prestare particolare attenzione alle condizioni degli animali in stalla, alle pratiche zootecniche e alla densità degli animali; • dare agli animali accesso, ogniqualvolta sia possibile, a spazi all’aria aperta o a pascoli; • rispettare indicazioni specifiche per l’alimentazione, il trasporto e la macellazione.

Il marchio biologico europeo Le attività svolte dagli operatori in tutte le fasi della filiera dei prodotti biologici sono soggette a un sistema di controllo da parte di enti preposti. I prodotti biologici sono riconoscibili perché riportano in etichetta la dicitura “Agricoltura biologica – Regime di controllo CE”, affiancata dal marchio di conformità europeo. Spesso indicato come Euro-Leaf (foglia europea) il marchio biologico europeo è costituito da una foglia su sfondo verde (a rappresentare la natura) composta da dodici stelle che rimandano alla bandiera europea. Il logo può figurare su tutti gli alimenti e le bevande confezionati di origine biologica e indica che i produttori di alimenti, e gli agricoltori dai quali sono stati acquistati gli ingredienti, rispettano le rigorose norme applicabili nell’Unione Europea per gli alimenti e le bevande biologici.


unità

1

La qualità alimentare

4. CHE COS’È LA LOTTA INTEGRATA La lotta integrata è una pratica di difesa delle colture che prevede una drastica riduzione dell’impiego di prodotti fitosanitari attraverso un progressivo incremento dell’impiego di prodotti fitosanitari di origine naturale e a basso impatto. Dal 1° gennaio 2014 questa pratica è obbligatoria per gli agricoltori italiani, come stabilito dalla normativa europea e nazionale (Regolamento CE n. 1107/2009, D. Lgs. n. 150/ 2012 e Direttiva n. 128/2009). La normativa contiene riferimenti e linee di attuazione della lotta integrata e punta a ridurre i rischi e gli impatti sulla salute umana, sull’ambiente e sulla biodiversità. La lotta integrata è adottata prevalentemente nella lotta contro gli insetti, ma si può estendere nella lotta contro tutti gli organismi dannosi (funghi, roditori). Il suo obiettivo è quello di mantenere l’organismo dannoso entro una soglia limite, oltre la quale l’organismo stesso crea un danno economico (non vuole arrivare quindi all’eradicazione, ma al contenimento).

285

Il marchio SQNPI Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MiPAAF), con il Decreto ministeriale 8 maggio 2014, ha istituito il marchio collettivo di qualità denominato Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata (SQNPI) che identifica i prodotti agricoli e agroindustriali che presentano modalità di produzione conformi alla norma che regola la produzione integrata. Il marchio rappresenta un’ape in volo, su sfondo bianco e verde, accompagnato dall’acronimo SQNPI e dalla dicitura “Qualità sostenibile” disposti all’interno del perimetro del logo.

Glossario Prodotti fitosanitari Sono tutti quei prodotti che si impiegano per la difesa delle piante, delle derrate alimentari, il diserbo delle coltivazioni e che favoriscono o regolano le produzioni vegetali.

Glossario Biodiversità Per biodiversità si intende la varietà degli esseri viventi che popolano la Terra, e si misura a livello di geni, di specie, di popolazioni e di ecosistemi.


286

macroarea

5. AGENDA 2030 Obiettivo 2

Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione, promuovere un’agricoltura sostenibile Obiettivo 12

Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

LA FILIERA CORTA E IL CHILOMETRO ZERO

Nel 2010 è stato approvato il Disegno di legge S. 1126 (Norme per la valorizzazione dei prodotti agricoli provenienti da filiera corta e di qualità) che definisce come prodotti alimentari a chilometro zero provenienti da filiera corta “i prodotti alimentari che provengono da aree di produzione poste a una distanza non superiore a 70 km di raggio dal luogo previsto per il consumo, nonché prodotti

alimentari di comprovata sostenibilità ambientale per i quali, dalla produzione alla distribuzione, è dimostrato un ridotto apporto di emissioni di gas a effetto serra rispetto ad altri prodotti alimentari equivalenti presenti sul mercato”. Per filiera corta si intende, invece, una linea produttiva caratterizzata da un numero limitato e circoscritto di passaggi e, in particolare, di intermediazioni commerciali, che possono portare anche al contatto diretto fra il produttore e il consumatore.

I vantaggi della filiera corta

Conoscere quello che si mangia, chi e come lo ha prodotto

Avere la garanzia dell’equa remunerazione del produttore

Mangiare prodotti di stagione, nel rispetto dei ritmi della natura

Valorizzare i prodotti agroalimentari locali

Ridurre gli imballaggi

Ridurre il consumo di energia, le emissioni di gas serra, l’inquinamento e il traffico

Quali sono i vantaggi dei prodotti a chilometro zero? L’utilizzo di prodotti a chilometro zero garantisce freschezza e una migliore qualità organolettica e nutrizionale. Inoltre, con il chilometro zero i cibi non sono trasportati, se non su brevi distanze, consentendo la riduzione dei consumi energetici e delle conseguenti emissioni di anidride carbonica. L’utilizzo di prodotti locali obbliga al rispetto della stagionalità dei prodotti e della biodiversità delle colture, con un indubbio vantaggio ambientale ed economico. I prodotti non subiscono infatti i ricarichi generati dal passaggio di mano fra un

intermediario e l’altro e, di conseguenza, hanno un prezzo più competitivo, con un risparmio che raggiunge in alcuni casi anche il 50%. Il mondo della ristorazione ha colto al volo l’opportunità offerta dalla promozione dei mercati locali, e sono sempre di più i ristoranti che offrono i cosiddetti “menu a chilometro zero”. Va però sottolineato che chilometro zero e filiera corta non sempre coincidono: nel caso dei produttori di agrumi siciliani che caricano i loro camion e vanno a vendere i loro prodotti direttamente ai consumatori, per esempio nel Nord Italia, si tratta di filiera corta, ma non si può parlare di chilometro zero.


unità

6.

1

La qualità alimentare

CHE COSA SI INTENDE PER TIPICITÀ

Nel corso dell’ultimo decennio le istituzioni hanno prestato sempre maggiore attenzione ai prodotti alimentari di qualità, in particolare a quelli tipici locali perché si è riconosciuto il loro fondamentale valore economico e culturale per le popolazioni e le zone di produzione. Questi prodotti sono però fondamentali anche e soprattutto per l’economia nazionale, che vede nel settore agroalimentare e in quello turisticoristorativo due tra le sue principali fonti di ricchezza. Le produzioni tipiche rientrano infatti a pieno titolo tra le principali attrattive di specifiche zone, tanto che anche aree senza particolare vocazione turistica sono diventate mete predilette di escursionisti e viaggiatori del gusto. Per salvaguardare e tutelare la cultura e l’identità enogastronomica locale e nazionale, si è reso necessario puntare sulla qualità e sulla tipicità del prodotto agroalimentare, rendendolo più visibile e, quindi, più appetibile. Il prodotto deve emergere infatti rispetto a tanti altri prodotti simili ed essere percepito come portatore di un’idea di qualità superiore e di ecosostenibilità. La promozione dei prodotti agroalimentari interessa sia il consumatore comune, che va educato a non scegliere prodotti di scarsa qualità, sia gli operatori del settore ristorativo, che possono contribuire a far conoscere tipicità territoriali e prodotti a marchio e a comunicare il messaggio di qualità che li accompagna. La tipicità scaturisce, quindi, dalla combinazione di una serie di fattori ambientali concreti con una dimensione culturale, legata alla comunità umana e, quindi, alla sua tradizione, ai suoi saperi e alle sue competenze, diventando una garanzia di genuinità e qualità superiore. L’Italia, in particolare, è uno dei Paesi con il maggior numero di prodotti a denominazione, tra i quali figurano anche alcuni tra quelli più copiati al mondo.

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Come si tutela la tipicità Il sistema europeo di tutela delle denominazioni geografiche favorisce il sistema produttivo e l’economia del territorio e, allo stesso tempo, tutela l’ambiente, perché il legame indissolubile con il territorio di origine esige la salvaguardia degli ecosistemi e della biodiversità, sostenendo la coesione sociale dell’intera comunità. Allo stesso tempo, grazie alla certificazione europea, si danno maggiori garanzie ai consumatori con un livello di tracciabilità e di sicurezza alimentare più elevato rispetto ad altri prodotti. Per quanto riguarda i prodotti agroalimentari, il Regolamento (UE) n. 1151/2012 individua le tipologie (DOP e IGP) delle denominazioni agroalimentari e precisa le caratteristiche dei relativi disciplinari. In Italia, i settori con il maggior numero di riconoscimenti sono gli ortofrutticoli e i cereali, i formaggi, gli oli extravergine d’oliva e le preparazioni a base di carni. Oltre ai marchi di tutela delle denominazioni geografiche (DOP e IGP), l’Unione Europea ha istituito un terzo marchio, la Specialità Tradizionale Garantita (STG), a vantaggio di quei prodotti che posseggono qualità determinate non dal terroir, ma dalla tradizionalità del metodo seguito o delle materie impiegate. Oltre alle forme di tutela previste in sede europea, esistono anche altri strumenti validi a livello nazionale per la salvaguardia di particolari categorie di prodotti: i Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) e quelli con Denominazioni Comunali (De.Co.).

Parola chiave Territorio e terroir Il termine territorio indica un’area definita o delimitata che include porzioni di suolo e di acque. Negli ultimi anni, il significato di questo vocabolo si è ampliato, comprendendo anche la cultura e le tradizioni. Il termine francese terroir indica un territorio omogeneo e delimitato, nel quale si ottiene un prodotto con precise peculiarità che derivano dallo sfruttamento di questo ambiente fisico da parte di una collettività. È un binomio inscindibile tra uomo che “coltiva” e spazio fisico “coltivato”: due comunità umane, in uno stesso spazio fisico, potrebbero produrre terroir diversi.


288

macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

I marchi di tutela dei prodotti agroalimentari

ne Denominazio ) rotetta (DOP di Origine P La Denominazione di Origine Protetta (DOP) è attribuita esclusivamente ai prodotti agroalimentari con caratteristiche qualitative che sono determinate dal territorio nel quale sono prodotti. Tale ambiente geografico comprende fattori sia naturali (materie prime, caratteristiche ambientali e climatiche, localizzazione) sia umani (conoscenze, tecniche produttive tradizionali e artigianali) i quali, combinandosi, consentono di ottenere un prodotto che non è riproducibile al di fuori del luogo di origine. Tutte le fasi produttive devono avvenire nell’area geografica delimitata richiamata nel nome del prodotto: dalla produzione delle materie prime alla loro trasformazione fino al confezionamento del prodotto finito. La tracciabilità geografica è infatti un elemento determinante per ottenere la DOP di un prodotto. Inoltre, la produzione deve avvenire rigorosamente secondo le regole indicate nel relativo disciplinare di produzione, sotto il controllo di un ente di certificazione indipendente, appositamente incaricato e riconosciuto dal MiPAAF, a garanzia della massima qualità dei prodotti. Il prodotto certificato DOP gode di tutela e protezione dalle contraffazioni su tutto il territorio dell’Unione Europea.

Approfondimenti I vini e la tutela delle denominazioni

Come ottenere la tutela europea della denominazione geografica

Indicazione P) Protetta (IG Geografica Questa forma di tutela della denominazione geografica è attribuita a quei prodotti agroalimentari per i quali soltanto una determinata qualità dipende dall’origine geografica richiamata nel nome del prodotto. Inoltre, non è obbligatorio che tutte le diverse fasi produttive si svolgano in questa zona: uno o più passaggi possono avvenire infatti al di fuori di essa perché non esiste un vincolo territoriale per l’intera filiera ed è sufficiente che anche solo una fase (generalmente la trasformazione) avvenga al suo interno. In pratica, se i prodotti DOP devono essere al 100% prodotti in un determinato territorio e ad esso devono tutte le loro caratteristiche, quelli IGP manifestano un legame meno stretto con il territorio, tanto che possono esservi realizzati solo in parte e gli devono soltanto una determinata qualità.

radizionale Specialità T TG) Garantita (S Questa certificazione è volta a tutelare produzioni che siano caratterizzate da metodi tradizionali. Si rivolge quindi a prodotti agroalimentari che hanno una “specificità” legata alla tradizionalità del metodo produttivo o delle materie impiegate in una determinata area geografica, ma che non sono necessariamente ottenuti solo all’interno di essa.

roalimentari Prodotti Ag (PAT) Tradizionali Questa categoria di prodotti basa la propria specificità su una produzione (lavorazione, conservazione, stagionatura) imprescindibilmente legata a metodi tradizionali consolidati nel tempo e in uso da almeno 25 anni. A differenza di DOP e IGP, i PAT hanno produzione e diffusione limitata e, per la loro salvaguardia, è stato creato un elenco ufficiale a cura del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MiPAAF). Inoltre, per ciascuno di essi è stata redatta una specifica scheda tecnica. L’inserimento di un prodotto nei PAT non prevede però alcuna riserva d’uso: il nome del prodotto può essere usato infatti anche per indicarne altri ottenuti in modo diverso da quanto indicato nella scheda tecnica o in un territorio differente.

ni Comunali Denominazio (De.Co.) Questi marchi di garanzia sono delibere di un’amministrazione comunale che registra un dato di fatto: un prodotto, un piatto, un sapere, con i quali una comunità si identifica. Sono dunque un atto politico che fissa un valore, nella forma di una “carta di identità” che il sindaco rilascia dopo aver censito un passato e un presente e ipotizzato uno sviluppo futuro per un determinato prodotto.


unità

7.

1

La qualità alimentare

CHE COSA SONO GLI ALIMENTI OGM

Per Organismo Geneticamente Modificato (OGM) si intende un organismo il cui DNA è stato modificato con modalità che non avvengono naturalmente per fecondazione e/o per ricombinazione naturale. Gli OGM possono essere vegetali, animali o microrganismi (batteri, parassiti e

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funghi). L’obiettivo della manipolazione genetica è quello di sviluppare, bloccare o creare caratteristiche particolari per fini tecnologici o alimentari (maggior resistenza ai parassiti, maggiore conservazione). Gli alimenti geneticamente modificati (GM) sono autorizzati nell’Unione Europea soltanto dopo aver superato una rigorosa procedura di valutazione della loro sicurezza.

Glossario DNA Acido desossiribonucleico, costituente dei cromosomi, capace di duplicarsi e di trasmettere l’informazione genetica nella sintesi delle proteine. Una molecola di DNA è formata da due catene nucleotidiche, orientate in direzione opposta.

Le norme che regolano l’uso di OGM Regolamento (CE) n. 1829/2003

È la norma di riferimento per i Paesi membri dell’Unione Europea e disciplina l’autorizzazione, l’uso e la vigilanza degli OGM sia all’interno degli alimenti, sia nei mangimi.

Regolamento (CE) n. 1830/2003

Stabilisce che l’etichetta dei prodotti preconfezionati ottenuti con organismi geneticamente modificati deve prevedere apposite diciture (“Questo prodotto contiene OGM” oppure “Questo prodotto contiene…” completata dal nome dell’organismo).

D. Lgs. n. 224/2003 e D. Lgs. n. 70/2005

Stabiliscono sanzioni per le violazioni alle norme del Regolamento (CE) n. 1829/2003 e del Regolamento (CE) n. 1830/2003.

Svantaggi e vantaggi degli OGM Svantaggi

• Non esiste ad oggi una scienza in grado di

prevedere il rischio derivante dal loro impiego e non si possono prevedere e controllare le interazioni tra il transgene e il DNA nel quale è inserito. • L’ingegneria genetica applicata all’agricoltura è in una fase di continua evoluzione e modificazione profonda, per cui non si hanno ancora certezze sulle sue conseguenze sulla salute.

Laboratorio delle competenze Organic food and GMOs

✔ 1. 2. 3. 4.

Vantaggi

• Ridurre l’uso di pesticidi e fitofarmaci. • Variare le caratteristiche nutrizionali e organolettiche di un cibo per una migliore dieta. • Aumentare la produttività delle piante, mediante l’uso di geni che regolano la crescita.

✔ Laboratorio delle competenze Les aliments biologiques

GUIDA ALLO STUDIO

Gli OGM sono organismi il cui DNA è stato modificato in modo naturale L’Unione Europea valuta rigorosamente la sicurezza degli OGM prima di autorizzarli Non è obbligatorio scrivere “Questo prodotto contiene OGM” sull’etichetta Un vantaggio degli OGM è la riduzione dell’uso di pesticidi e fitofarmaci

V V V V

F F F F


LEZIONE SPECIALE

L’analisi sensoriale Che cosa si intende per alimentazione Per alimentazione si intende il gesto volontario e consapevole di assumere cibo: ogni individuo seleziona e combina alimenti diversi, sotto l’influenza di fattori personali (fisiologici, sensoriali) e collettivi (culturali). La nutrizione è l’utilizzo da parte dell’organismo dei composti acquisiti con l’alimentazione e trasformati attraverso le reazioni metaboliche (nutrienti) e delle sostanze non nutrienti di interesse nutrizionale (fibra alimentare, composti antiossidanti e bioattivi, alcol).

Gli alimenti sono sostanze: commestibili e ingeribili

solide o liquide di origine animale, vegetale o minerale organoletticamente gradevoli

disponibili e accessibili con proprietà nutritive

prive di effetti velenosi o tossici per l’organismo

consumabili crude o cotte, da sole o in miscela

consumabili allo stato naturale o trasformate (a livello industriale o casalingo)

Approfondimenti I nutrienti


LEZIONE SPECIALE •

L’ANALISI SENSORIALE

Quali sono i criteri di classificazione Gli alimenti possono essere classificati secondo diversi criteri: • lo stato fisico, che distingue gli alimenti in solidi e liquidi; • la disponibilità in natura, che li divide in naturali e naturali trasformati (prodotti a partire da alimenti naturali); • la modalità d’uso (consumabili crudi o cotti, da soli o in miscela); • l’origine e la categoria merceologica, che li considera come merce e li suddivide in alimenti di origine animale, vegetale o minerale; • la manipolazione (lavorazione e conservazione) subìta prima della commercializzazione (classificazione di gamma); • la rilevanza nutrizionale; • la funzione nutrizionale prevalente; • la concentrazione di principi alimentari. Di questi criteri di classificazione degli alimenti, i principali sono: • la classificazione di gamma: distingue gli alimenti in base al tipo di manipolazione applicato (lavorazione e conservazione); • la rilevanza nutrizionale; • la funzione nutrizionale prevalente: distingue gli alimenti sulla base della funzione principale che svolgono nell’organismo; • la concentrazione di principi alimentari.

291


LEZIONE SPECIALE •

292

L’ANALISI SENSORIALE

Criteri di classificazione

ne di gamma

utrizionale

Rilevanza n

Classificazio

■ I gamma: prodotti freschi o

deperibili che non sono stati sottoposti a nessun trattamento di conservazione (ortofrutta, prodotti ittici, carne)

■ II gamma: prodotti in scatola e

conserve che hanno subito quindi trattamenti di conservazione (pastorizzazione, sterilizzazione, liofilizzazione, aggiunta di additivi)

■ Alimenti primari: indispensabili

dal punto di vista nutrizionale per la sopravvivenza dell’organismo (cereali, prodotti ortofrutticoli, legumi, uova, latte, carni, prodotti ittici, oli e grassi, acqua)

■ Alimenti accessori: sostanze non

indispensabili aggiunte al cibo per renderlo più piacevole (erbe aromatiche, spezie, condimenti) o alimenti consumati per piacere (prodotti dolciari, bibite zuccherate, bevande nervine e alcoliche)

■ III gamma: alimenti congelati e

surgelati (ortaggi mondati pronti per la cottura)

■ IV gamma: prodotti ortofrutticoli di

Approfondimenti I nuovi prodotti alimentari: alimenti funzionali, alimenti fortificati, alimenti dietetici e prodotti light

pronto consumo (frutta e verdure fresche, mondate, lavate, asciugate, tagliate e confezionate in vaschette o in sacchetti di plastica, in atmosfera controllata o modificata)

■ V gamma: prodotti precotti non

surgelati ma conservati sottovuoto o in atmosfera controllata (con una conservabilità di 1-3 settimane a 0-3 °C), pronti da rigenerare e servire (lasagne, pizze pronte, minestre in busta, verdure)

ipi ione di princ Concentraz alimentari ■ ■ ■ ■

Glossario CRA-NUT A partire dal 18 marzo 2013 l’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN) è diventato un centro di ricerca del Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’Analisi dell’economia agraria (CREA), assumendo la denominazione di Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (CRA-NUT).

■ Alimenti con funzione energetica:

fonti di glucidi complessi e lipidi (cereali e derivati, tuberi, oli e grassi, frutta secca oleosa)

■ Alimenti con funzione plastica o

costruttiva: fonti di proteine (carni, prodotti ittici, uova, latte e prodotti lattiero-caseari, legumi secchi)

■ Alimenti con funzione

bioregolatrice o protettiva: fonti alimentari di vitamine, sali minerali e composti bioattivi (prodotti ortofrutticoli e legumi freschi) o alimenti consumati per piacere (prodotti dolciari, bibite zuccherate, bevande nervine e alcoliche)

Gruppo II: ortaggi e frutta fresca Gruppo III: latte e derivati Gruppo IV: carni, prodotti ittici, uova e legumi secchi

■ Gruppo V: grassi e oli

trizionale Funzione nu prevalente

Gruppo I: cereali e derivati, tuberi

da condimento

Per facilitare la composizione di una dieta equilibrata, è stato il CRA-NUT, in collaborazione con la SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana), a proporre nel 2003 una classificazione degli alimenti primari in cinque gruppi in base alla concentrazione di principi alimentari. Alternando in modo corretto gli alimenti di tutti i cinque gruppi nel corso della settimana, si ottiene quindi un regime alimentare adeguato dal punto di vista nutrizionale. Approfondimenti I cinque gruppi alimentari


LEZIONE SPECIALE •

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L’ANALISI SENSORIALE

Le caratteristiche organolettiche Una sostanza, per essere considerata alimento, deve essere buona, cioè organoletticamente gradevole. Le caratteristiche organolettiche sono quelle peculiarità (colore, odore, sapore e consistenza) che sono percepite attraverso gli organi di senso coinvolti nell’esperienza gustativa:

Parola chiave Organi di senso Gli organi di senso rappresentano i mezzi a disposizione dell’organismo per ricevere e decodificare le informazioni provenienti dall’ambiente esterno.

vista

tatto

olfatto

gusto

udito

Le caratteristiche organolettiche riguardano tre diverse aree: • aspetto (forma, dimensione, colore, condizione), percepito attraverso sensazioni visive; • caratteristiche chimiche, percepite attraverso sensazioni olfattive, gustative e aromatiche; • caratteristiche meccaniche, percepite attraverso sensazioni tattili e, in misura minore, uditive. Vanno considerate anche la temperatura e la palatabilità, così come la gradevolezza e la piacevolezza, queste ultime sempre soggettive.

Le sensazioni visive La vista permette di individuare dimensione, forma e soprattutto colore dell’alimento (indicatore della sua qualità). Il colore è conferito da sostanze come i pigmenti e i coloranti. Nella sua valutazione si deve considerare la tonalità, l’intensità, la bellezza.

Glossario Pigmenti e coloranti I pigmenti sono sostanze organiche o inorganiche omogeneamente disperse in un mezzo, al quale attribuiscono una colorazione; quelli contenuti negli alimenti sono di natura organica (per esempio la clorofilla, i carotenoidi, le antocianine). I coloranti sono invece sostanze naturali o sintetiche che modificano la colorazione di una sostanza, conferendole un colore diverso.


LEZIONE SPECIALE •

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L’ANALISI SENSORIALE

Le sensazioni olfattive La percezione dell’odore dipende dai recettori della mucosa della parte superiore della cavità nasale, che sono attivati dalla presenza di molecole odorose, altamente volatili e liposolubili. Gli stimoli provati analizzando con l’olfatto un alimento sono distinguibili per tipologia e per intensità. In base all’intensità, i sentori individuati possono risultare più o meno penetranti e più o meno prevalenti l’uno sull’altro.

Le sensazioni gustative La percezione del sapore dipende dalle cellule gustative dislocate nelle papille gustative della superficie della lingua, ma anche dai recettori presenti sul palato e nella gola. Le molecole responsabili del sapore (zuccheri, sali) sono idrosolubili e poco volatili ed entrano in contatto con questi recettori grazie alla saliva. Determinano la percezione di: Glossario Umami L’umami (saporito) è il quinto sapore fondamentale che fu individuato in Giappone nel 1908. È originato dal glutammato monosodico, presente specialmente negli alimenti ricchi di proteine sottoposti a stagionatura (prosciutto crudo e formaggi tipo parmigiano) e nei vegetali maturi (asparagi, pomodori e cavolo verza).

• sapori primari: acido, amaro, dolce, salato e umami; • sapori secondari: risultano dalla combinazione di acido, amaro, dolce, salato e umami. Analogamente agli odori, anche i sapori si differenziano per tipologia e intensità. Se distinti per tipologia, i sapori si possono presentare, nell’ordine nel quale le sensazioni sono state avvertite in successione, sotto forma di dolce, acido, salato, amaro e umami. In funzione dell’intensità, i sapori possono rivelarsi invece più o meno potenti e persistenti. Sono considerati piacevoli i gusti dolce, salato e umami, legati rispettivamente alla presenza di zuccheri, sodio e amminoacidi, mentre non sono apprezzabili i gusti acido e amaro, associati a condizioni di pericolo. In alcuni casi si parla invece di tendenza (dolce, amarognola, acida). Altri parametri che possono concorrere a definire il profilo degli alimenti attraverso i recettori del gusto sono il retrogusto e il retrolfatto.

Definizione del profilo degli alimenti attraverso i recettori del gusto Tipologia Dolce Acido Salato Amaro Umami

Intensità Più o meno potente o persistente

Tendenza

Altri parametri

Dolce (cereali e derivati, legumi come ceci, fagioli e piselli, carote, zucca, patate, crostacei, carne di cavallo, carni cotte al sangue, alcuni salumi)

Retrogusto (il permanere di una sensazione gustativa amara una volta che il boccone è stato deglutito)

Amarognola (cioccolato fondente, radicchio, fegato, carni cotte alla griglia o alla brace)

Retrolfatto (la persistenza degli odori all’interno della bocca)

Acida (agrumi, salsa di pomodoro, alimenti marinati, insalate condite con aceto, aceto balsamico o succo di limone)


LEZIONE SPECIALE •

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L’ANALISI SENSORIALE

Le sensazioni aromatiche o gusto-olfattive Se una sensazione non è riscontrabile solo con il gusto, ma compare soltanto quando si espira aria (e, quindi, non è percepita qualora il naso sia chiuso) non si parla di odore o sapore, ma di aroma. Alcune sostanze volatili, infatti, non sono percepite quando si annusa l’alimento, perché si liberano nella cavità orale durante la masticazione e l’espirazione. Sono intercettate da recettori posti nella zona retronasale, creando i cosiddetti aromi.

Le sensazioni tattili Il tatto entra in gioco quando si tocca l’alimento: può essere per esempio unto, appiccicoso, cremoso, gommoso, secco, umido, liscio, ruvido o rugoso. Il tatto interviene per valutare la durezza o l’elasticità, ma è coinvolto anche durante la masticazione: le sensazioni tattili sono percepite infatti in bocca e comprendono, per esempio, la temperatura e la consistenza (o struttura o texture).

I parametri della consistenza

Parola chiave

Adesività

Propensione ad attaccarsi alla lingua e al palato

Consistenza

Durezza

Resistenza alla masticazione

Coesione

Unione più o meno forte delle particelle

Elasticità

La capacità di ritornare alla forma originaria dopo una compressione

Solubilità

La tendenza a sciogliersi nella saliva

Fibrosità

Struttura del tessuto connettivo

La consistenza di un alimento indica la sua capacità di resistere a un’azione meccanica, sia in bocca sia al tatto, e dipende dalla disposizione assunta dalle molecole che lo compongono.

Va sottolineato inoltre che la masticazione permette di valutare anche caratteristiche come la friabilità, la sabbiosità, la granulosità, la presenza di cristalli.


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LEZIONE SPECIALE •

L’ANALISI SENSORIALE

Le sensazioni uditive L’udito è coinvolto nell’esperienza gustativa perché gli stimoli uditivi percepiti durante la masticazione completano le informazioni inviate al cervello dagli altri sensi sulla consistenza dell’alimento. Si pensi per esempio alla diversità tra il rumore prodotto masticando un finocchio o una carota crudi rispetto agli stessi vegetali cotti, oppure al rumore “croccante” che si percepisce mangiando certi tipi di pane.

La temperatura La temperatura influisce sulla percezione sensoriale, sulla volatilità dei profumi, sul grado di intensità e persistenza degli aromi. Ad esempio, le temperature troppo basse o troppo alte impediscono di “assaporare” il cibo, perché inibiscono parzialmente la capacità dell’apparato boccale di percepire sensazioni gustative e tattili.

Che cosa si intende per palatabilità Con questo termine si indica l’attitudine del prodotto a reagire in modo appropriato all’azione meccanica che subisce durante la masticazione, non rimanendo troppo attaccato ai denti, alla lingua e al palato, ma nemmeno scomparendo senza opporre resistenza. Il livello ideale di palatabilità è raggiunto quando: • il boccone riempie ma non satura la bocca; • presenta la giusta consistenza; • si scioglie in modo uniforme; • scivola su denti, lingua e palato ma senza essere viscido; • si stacca facilmente al termine della masticazione.


LEZIONE SPECIALE •

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L’ANALISI SENSORIALE

Che cosa si intende per analisi sensoriale L’analisi sensoriale di un alimento individua, misura e analizza le sensazioni derivanti dalla percezione attraverso i cinque sensi. Determina quindi il profilo sensoriale di un alimento a partire dalle sensazioni che esso genera. Tra i metodi più usati per definire il profilo sensoriale di un alimento vi è la QDA (Quantitative Descriptive Analysis o analisi quantitativa descrittiva), applicata per individuare (e misurare) in modo oggettivo i tratti distintivi e i parametri che definiscono l’accettabilità in termini qualitativi di un alimento. Durante l’analisi, i giudici fanno riferimento a una serie di parametri (descrittori sensoriali). I valori medi ottenuti per ciascun descrittore sono riportati su di un apposito grafico (a ragnatela), costituito da tanti assi con origine comune. Unendo i punti individuati, si ottiene Succosità una figura simile a una tela di ragno che evidenzia in modo molto efficace il profilo sensoriale dell’alimento.

Dolcezza

Aroma

Consistenza

Acidità

Approfondimenti I test per l’analisi sensoriale

Fresco


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LEZIONE SPECIALE •

L’ANALISI SENSORIALE

Che cos’è la degustazione La degustazione del cibo è un processo che si articola in tre fasi: 1. l’esame visivo; 2. l’esame olfattivo; 3. l’esame gusto-olfattivo.

Che cosa si intende per esame visivo Le caratteristiche esteriori di un alimento o di una preparazione sono valutabili in termini di aspetto e presentazione. L’aspetto, a seconda di quanto è gradevole, informa sulla qualità e sullo stato di freschezza degli alimenti, mentre la presentazione è visibile nella disposizione, nell’accostamento di forme e colori, nel rispetto delle regole tecniche o nella creatività. Dipende dal senso estetico e dall’abilità tecnica dello chef: impiattare è un’arte e la disposizione degli elementi indica anche come e quando assaporarli per ottenere la massima soddisfazione.

Che cosa si intende per esame olfattivo L’analisi delle sensazioni olfattive si basa su parametri come la franchezza, l’armonia olfattiva, la qualità olfattiva e, nel caso delle preparazioni, i diversi profumi di cottura (determinati per esempio da fuoco, brace o vapore). Franchezza

Individua l’insieme delle caratteristiche olfattive tipicamente riconducibili all’alimento o alla preparazione.

Armonia olfattiva

È indicativa dell’equilibrio delle sostanze odorose presenti ed è particolarmente rilevante nelle preparazioni che includono molti ingredienti o in presenza di elementi con un profilo aromatico del tutto caratteristico (tartufo, formaggi erborinati, erbe aromatiche, spezie, aglio, cipolla).

Qualità olfattiva

È una sintesi dei due parametri precedenti ed è individuata quando il profumo della preparazione è equilibrato, giustamente articolato e ricco, ma pur sempre armonico.


LEZIONE SPECIALE •

L’ANALISI SENSORIALE

Che cosa si intende per esame gusto-olfattivo Questa analisi considera, oltre alle caratteristiche derivanti da sensazioni propriamente gustative, anche proprietà riconducibili alle sensazioni tattili e aromatiche, come la sapidità, la dolcezza, il saporito, la tendenza dolce, la tendenza amarognola e la tendenza acida. Aromaticità

È determinata da componenti naturali oppure creata ad arte attraverso l’uso di spezie ed erbe aromatiche.

Speziatura

È un’intensa sensazione chimico-tattile dovuta all’impiego di spezie e spesso accompagnata da una certa piccantezza.

Succulenza

È una sensazione tattile che deriva dalla presenza di liquido nella bocca. È determinata anche dall’aggiunta di liquidi (brodo, vino) durante la preparazione o in cottura, come nel caso dei brasati, delle zuppe, delle preparazioni in salsa.

Grassezza

Produce una sensazione di pastosità/collosità in bocca e di patinosità a carico della lingua ed è indotta da alimenti ricchi di grassi solidi, come i formaggi, il lardo, il tuorlo d’uovo sodo, gli insaccati cotti e il cioccolato.

Parametri per la valutazione sensoriale del cibo

Sensazioni

morb ide

Sensazioni

dure

■ Grassezza

■ Sapidità

■ Tendenza dolce

■ Tendenza amarognola

■ Succulenza

■ Tendenza acida

■ Untuosità

■ Speziatura ■ Aromaticità

Il risultato dell’esame gusto-olfattivo dell’alimento dipende dagli ingredienti e dalle tecniche impiegate. Alcune tecniche di conservazione intervengono per esempio direttamente sul sapore, come nel caso della salagione (che aumenta la sapidità) e della conservazione sott’aceto (che accentua la tendenza acida). La conservazione sott’olio e l’affumicatura potenziano invece rispettivamente l’untuosità e l’aromaticità. Tra le cotture, quella al forno potenzia l’aromaticità, mentre quella alla piastra aumenta sia l’aromaticità sia la succulenza. La cottura in umido e la frittura agiscono invece positivamente sulla succulenza e sull’untuosità.

299


300

LEZIONE SPECIALE •

L’ANALISI SENSORIALE

Che cosa si intende per struttura del piatto L’ultimo parametro valutabile attraverso l’esame gustativo è la struttura del piatto, che dipende dalle caratteristiche di tutti gli ingredienti e dagli effetti prodotti dalle tecniche e dagli accorgimenti adottati nella preparazione. Un piatto è poco strutturato quando: • è preparato con pochi ingredienti, nessuno dei quali spicca in termini di sapore; • le tecniche impiegate hanno mantenuto una certa neutralità. Un piatto è abbastanza strutturato quando: • il sapore ha una certa complessità determinata dagli ingredienti e dalle tecniche impiegate per la preparazione e la cottura (per esempio, un risotto mantecato è più strutturato di un riso all’inglese).

Approfondimenti Cibo-bevande: criteri di abbinamento

Un piatto è invece strutturato quando: • è complesso dal punto di vista gustativo in virtù di ingredienti, condimenti e tecniche impiegati (per esempio brasati e dolci al cioccolato).

Approfondimenti Malattie trasmesse da alimenti

GUIDA ALLO STUDIO

1. L’alimentazione è il gesto volontario e consapevole di assumere cibo 2. Fattori personali e sensoriali non influenzano la scelta del cibo 3. La nutrizione è l’utilizzo da parte dell’organismo dei composti acquisiti con l’alimentazione 4. La categoria merceologica non è un criterio di classificazione degli alimenti 5. I prodotti ortofrutticoli di pronto consumo sono di II gamma 6. Gli alimenti primari sono indispensabili per la sopravvivenza 7. Le caratteristiche organolettiche sono percepite attraverso gli organi di senso 8. La percezione del sapore dipende solo dalle cellule gustative nelle papille gustative della lingua 9. L’umami è una tendenza del sapore 10. Il tatto interviene per valutare la durezza o l’elasticità dell’alimento 11. Elasticità e adesività sono parametri della consistenza di un alimento 12. La temperatura non condiziona la percezione sensoriale 13. Il termine palatabilità indica come un prodotto reagisce all’azione meccanica che subisce durante la masticazione 14. La QDA individua i tratti distintivi che definiscono l’accettabilità in termini qualitativi di un alimento 15. L’aspetto informa sullo stato di freschezza ma non sulla qualità degli alimenti 16. Franchezza, armonia olfattiva e qualità olfattiva sono parametri dell’esame olfattivo 17. L’aromaticità è determinata sia da componenti naturali sia dall’uso di spezie 18. I formaggi, il tuorlo d’uovo sodo e il cioccolato non inducono grassezza 19. La conservazione sott’olio potenzia l’untuosità 20. Un piatto è strutturato quando ha una qualche complessità determinata dagli ingredienti e dalle tecniche impiegate nella sua preparazione

V V V V V

F F F F F

V V V V V

F F F F F

V V V V V V V

F F F F F F F

V F


LEZIONE SPECIALE LEZIONE SPECIALE• •LA L’ANALISI CARTA DEI SENSORIALE DESSERT

301

La carta dei dessert I dessert al piatto rappresentano una parte fondamentale della proposta ristorativa, per questo motivo la carta dei dessert deve essere ben pensata, sufficientemente varia e capace di rispondere a esigenze alimentari specifiche.

Criteri per l’elaborazione di una carta dei dessert Stagionalità Lavorare con ingredienti freschi rende la proposta coerente e accattivante; inoltre la reperibilità di materie prime di stagione permette di abbassare i costi di acquisto. La scelta di prodotti del territorio permette di rispondere alle aspettative del cliente, determinate anche dalla collocazione geografica della struttura. Alternanza e varietà

Per sviluppare una proposta che possa soddisfare diverse esigenze è fondamentale variare la selezione degli ingredienti utilizzati e le tecniche di lavorazione degli stessi. È inoltre importante offrire una scelta che possa soddisfare sia i clienti che preferiscono dolci leggeri a base di frutta sia quelli che prediligono dolci più strutturati e golosi.

Intolleranze È necessario prevedere una o più proposte adatte a chi segue diete (vegana, e diete vegetariana) e a chi soffre di intolleranze alimentari (glutine e lattosio).

La carta dei dessert deve essere inoltre coerente con la proposta salata e con la tipologia di servizio offerto. Deve essere pensata in base al personale disponibile e all’organizzazione del servizio: una struttura di ristorazione veloce con elevato numero di coperti necessiterà di dessert composti da preparazioni il più possibile pronte al servizio, con tempi di impiattamento brevi, mentre una struttura ristorativa con ridotto numero di coperti e personale di sala numeroso, potrà proporre dessert più complessi e articolati dove, in alcuni casi, parte dei complementi possono essere demandati al personale di sala. Per elaborare una carta dei dessert, è fondamentale infine considerare le attrezzature disponibili e la struttura della brigata, che può prevedere o meno la presenza di un pasticcere o un addetto alle preparazioni di pasticceria. Va ricordato che la pasticceria offre la possibilità di stoccare abbondanti quantità di preparazioni finite e pronte al servizio organizzando settimanalmente o mensilmente il lavoro.

zionali

Norme reda ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■

Elencare le preparazioni iniziando con la lettera maiuscola Fare sempre riferimento alla porzione singola Non usare mai abbreviazioni Riportare con esattezza e senza traduzioni i nomi propri che entrano nelle denominazioni Indicare correttamente le denominazioni dei prodotti di qualità certificata Specificare l’eventuale origine della ricetta Evidenziare la presenza di ingredienti peculiari Indicare gli ingredienti al singolare, a meno che non si tratti di termini comunemente usati al plurale Specificare correttamente la tecnica di preparazione impiegata Indicare, se rilevante, il tipo e la forma del recipiente usato

Approfondimenti Tipologie di menu

La relazione cliente-pasto La composizione grafica


302

macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

MAPPA La qualità

è secondo la norma

ricercata dalle

dal punto di vista del

riferita a un

UNI EN ISO 9000:2000

industrie

consumatore

alimento

l’insieme delle

è

è è una

proprietà e caratteristiche

una qualità oggettiva

una qualità percepita

caratteristica multifattoriale

che conferiscono la

attitudine a soddisfare bisogni espressi o impliciti

che è determinata da

che è dipendente da

fattori soggettivi e oggettivi

momento e/o situazione

cioè

che nella

misurabile e verificabile

ristorazione

con riferimento a

è strettamente legata al concetto di

standard

sussiste quando l’alimento

responsabilità condivisa dai campi alla tavola

sicurezza alimentare

da tutti gli operatori della filiera conformità a requisiti prefissati

che è una

cioè

dal consumatore finale

non causa danno al consumatore dopo che è stato preparato e/o consumato secondo l’uso cui è destinato risponde ai requisiti minimi di legge riguardo al contenuto di contaminanti


unità

1

La qualità alimentare

303

può essere certificata su

con il

base volontaria

è strettamente dipendente dalla sua

che ha l’obiettivo di

Sistema Qualità ISO 9001

che interessa

assicurare che il prodotto finale è conforme ai requisiti specificati dall’azienda

sicurezza

è detta

attenzione al cliente pianificazione di azioni e procedimenti

garantire riproducibiltà e standardizzazione del processo e del prodotto

qualità totale

miglioramento continuo tutte le fasi

quando il prodotto

risponde alle esigenze di sicurezza e igiene

che si basa su

che comprende

partecipazione di tutti i livelli aziendali

che vanno

formazione

documentate

attira l’attenzione del consumatore

qualità chimico-ambientale (composizione chimica e possibile presenza di sostanze indesiderate o dannose: produzione con sistemi che salvaguardino l’ambiente e garantiscano il benessere degli animali da allevamento)

soddisfa i bisogni del consumatore

qualità nutrizionale (contenuto di nutrienti e sostanze non nutrienti e loro impatto sulla salute) qualità organolettica e sensoriale (percezione soggettiva delle caratteristiche sensoriali) qualità tecnologica, commerciale e di servizio (aspetti che riguardano l’alimento e la sua trasformazione) qualità legale (conformità a determinati requisiti minimi di legge) qualità di origine e genuinità (origine dell’alimento, caratteristiche riguardanti i suoi ingredienti o il suo processo produttivo) qualità igienico-sanitaria (assenza, o presenza entro i livelli di rischio, di patogeni che potrebbero compromettere la salute del consumatore)


304

macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

SINTESI Che cos’è la qualità totale

La qualità è l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche che conferiscono l’attitudine a soddisfare bisogni espressi o impliciti (norma UNI EN ISO 9000:2000). Comprende la qualità chimico-ambientale, nutrizionale, organolettica e sensoriale, tecnologica, commerciale e di servizio, legale, di origine e genuinità, igienico-sanitaria. Che cosa si intende per sicurezza alimentare

La sicurezza di un cibo è una responsabilità condivisa dai campi alla tavola e dipende da più fattori. La sicurezza alimentare è la garanzia che un alimento non causerà danno al consumatore dopo che è stato preparato e/o consumato. Che cosa sono i prodotti biologici

La produzione biologica è “un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione agroalimentare basato sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e una programmazione confacente alle preferenze di taluni consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali”. I prodotti biologici sono contraddistinti dal marchio di conformità e dalla dicitura “Agricoltura biologica – Regime di controllo CE”. Che cosa si intende per lotta integrata

La lotta integrata è una pratica di difesa delle colture che prevede l’impiego di prodotti fitosanitari di origine naturale e a basso impatto. Che cosa si intende per filiera corta e chilometro zero

Per prodotti alimentari a chilometro zero si intendono alimenti che provengono da aree di produzione poste a una distanza non superiore a 70 km di raggio dal luogo previsto di consumo nonché alimenti di comprovata sostenibilità ambientale per i quali è dimostrato un ridotto apporto di emissioni di gas a effetto serra rispetto ad altri equivalenti presenti sul mercato.. Che cosa si intende per tipicità

La tipicità scaturisce dalla combinazione di fattori ambientali concreti con una dimensione culturale, legata alla comunità e alla sua tradizione. Il Regolamento (UE) n. 1151/2012 ha individuato le tipologie delle denominazioni agroalimentari e le caratteristiche dei relativi disciplinari: Denominazione di Origine Protetta (DOP) e Indicazione Geografica Protetta (IGP). L’UE ha istituito anche il marchio STG (Specialità Tradizionale Garantita). A livello nazionale invece

gli strumenti validi per la salvaguardia di particolari categorie di prodotti sono i Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) e le Denominazioni Comunali (De.Co.). Che cosa sono gli alimenti OGM

Gli OGM sono organismi vegetali o animali o microrganismi (batteri, parassiti e funghi), il cui materiale genetico è stato modificato con modalità che non avvengono naturalmente, con l’intento di sviluppare, bloccare o creare caratteristiche particolari per fini tecnologici o alimentari. LEZIONE SPECIALE L’analisi sensoriale • La carta dei dessert Che cosa sono le caratteristiche organolettiche

Le caratteristiche organolettiche sono peculiarità percepite attraverso gli organi di senso (vista, olfatto, tatto, gusto, udito) e riguardano tre diverse aree: 1. aspetto fisico (forma, dimensione, colore, condizione) percepito attraverso sensazioni visive; 2. caratteristiche chimiche percepite attraverso sensazioni olfattive (distinguibili per tipologia e intensità), gustative e aromatiche; 3. caratteristiche meccaniche percepite attraverso sensazioni tattili e, in misura minore, uditive (percepite durante la masticazione e correlate alla consistenza dell’alimento). Che cosa si intende per analisi sensoriale

L’analisi sensoriale determina il profilo sensoriale di un alimento a partire dalle sensazioni che esso genera. Tra i metodi più usati vi è il QDA (Quantitative Descriptive Analysis o analisi quantitativa descrittiva). Che cos’è la degustazione

La degustazione si articola in: esame visivo, esame olfattivo, esame gusto-olfattivo. La carta dei dessert

La carta dei dessert deve essere strutturata per rispondere ai seguenti criteri: stagionalità e territorialità; alternanza e varietà; esigenze alimentari specifiche (diete e intolleranze). Deve essere inoltre coerente con la proposta salata e con la tipologia di servizio offerto dalla struttura; deve essere concepita in base al personale disponibile, all’organizzazione del servizio, alle attrezzature e alla struttura della brigata, che può prevedere o meno la presenza di un pasticcere o un addetto alle preparazioni di pasticceria.


unità

1

La qualità alimentare

VERIFICHE VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. La qualità ricercata dalle industrie è oggettiva V F 2. Dal punto di vista del consumatore la qualità è una qualità percepita V F 3. La qualità di un alimento è una caratteristica multifattoriale V F 4. La qualità totale si ha quando un prodotto risponde contemporaneamente a esigenze primarie (sicurezza e igiene) e alle aspettative del consumatore V F 5. La qualità alimentare dipende soltanto da fattori igienici V F 6. Il consumatore è responsabile per la conservazione e l’uso degli alimenti che acquista e consuma V F 7. Secondo la normativa europea la sicurezza alimentare è una responsabilità condivisa V F 8. Un alimento è sicuro quando non causa danno al consumatore dopo che è stato preparato e/o consumato secondo l’uso cui è destinato V F 9. La reperibilità sul mercato e il costo sono aspetti della qualità igienico-sanitaria V F 10. La qualità nutrizionale riguarda il contenuto di nutrienti e sostanze bioattive non nutritive V F 11. La certificazione di conformità alle norme ISO è obbligatoria V F 12. La qualità igienica e microbiologica è un prerequisito V F 13. Il Sistema Qualità si basa esclusivamente sull’attenzione al cliente V F 14. Il Sistema Qualità ISO 9001 garantisce la riproducibilità e la standardizzazione del processo e del prodotto V F 15. Il Sistema Qualità si basa sulla partecipazione e il coinvolgimento a tutti i livelli aziendali V F

305 3. Qualità organolettica e sensoriale: ............................ ................................................................................... 4. Qualità legale: ............................................................ ................................................................................... 5. Qualità di origine e genuinità: .................................... ................................................................................... 6. Qualità igienico-sanitaria: .......................................... ................................................................................... VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. Nella produzione biologica i metodi utilizzati mirano a salvaguardare le risorse naturali, la biodiversità e il benessere degli animali V F 2. La disciplina europea relativa alla produzione biologica è costituita dal Regolamento (CE) n. 1107/2009 V F 3. La produzione biologica è un sistema globale di gestione dell’azienda agricola V F 4. I prodotti biologici sono ottenuti con sostanze e procedimenti naturali V F 5. La rotazione pluriennale delle colture non è un elemento essenziale V F 6. La produzione biologica dovrebbe affidarsi prevalentemente a risorse rinnovabili V F 7. Il marchio biologico europeo è chiamato anche Euro-Leaf V F 8. L’obiettivo della lotta integrata è la diminuzione del rischio derivante dall’impiego di fitosanitari V F 9. L’obiettivo della lotta integrata è quello di mantenere l’organismo dannoso entro una soglia limite V F 10. Il marchio SQNPI è stato istituito e disciplinato con il Regolamento (CE) n. 834/2007 V F 11. Per gli agricoltori italiani la lotta integrata è un obbligo di legge V F 12. Nella lotta integrata è consentito l’utilizzo di prodotti fitosanitari di origine naturale a basso impatto V F 13. La filiera corta è caratterizzata da un numero elevato di intermediazioni commerciali V F

DOMANDE A COMPLETAMENTO

1. Qualità chimico-ambientale: ..................................... ................................................................................... 2. Qualità nutrizionale: ................................................... ...................................................................................

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. La cultura del chilometro zero è nata in Italia nei primi anni del XX secolo 2. Uno dei vantaggi della filiera corta è la riduzione degli imballaggi 3. La filiera corta favorisce il consumo di prodotti di stagione

V F V F V F

VERIFICHE

Definisci i fattori che concorrono a determinare la qualità totale di un alimento.


306

macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

4. 5. 6.

Chilometro zero e filiera corta coincidono sempre La filiera corta favorisce la riduzione del consumo energetico I prodotti a chilometro zero non sono una garanzia di migliore qualità organolettica e nutrizionale 7. La tipicità scaturisce da una combinazione di fattori ambientali con una dimensione culturale 8. I prodotti STG sono caratterizzati da una composizione o un processo produttivo tradizionale 9. La filiera dei prodotti IGP si svolge interamente in un’area delimitata 10. Il terroir è una zona omogenea, ma non circoscritta, nella quale si ottiene un prodotto specifico 11. Il marchio IGP è quello che valorizza maggiormente il legame con il territorio 12. La filiera dei prodotti DOP può svolgersi anche al di fuori dell’area geografica richiamata nel nome del prodotto 13. Gli OGM sono compatibili con il concetto di produzione biologica

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta.

VERIFICHE

1. Il marchio SQNPI indentifica i prodotti agricoli e agroindustriali: a. privi di OGM b. ottenuti mediante produzione integrata c. ottenuti mediante ingegneria genetica d. biologici 2. I prodotti alimentari a chilometro zero provengono: a. da aree poste a una distanza inferiore a 70 km di raggio dal luogo previsto per il consumo b. da aree poste a una distanza compresa tra 30-60 km di raggio dal luogo previsto per il consumo c. da aree poste a una distanza inferiore a 60 km di raggio dal luogo previsto per il consumo d. da aree comprese nel comune del luogo di consumo 3.

I vantaggi del chilometro zero sono: a. freschezza b. stagionalità c. biodiversità d. tutte le opzioni sono corrette

4. Per filiera corta si intende: a. una linea produttiva che non può portare a diretto contatto il produttore e il consumatore

b. c. d. 5.

una linea produttiva posta nel comune dove è previsto il consumo una linea produttiva dove le intermediazioni commerciali sono ridotte nessuna delle opzioni è corretta

La tutela della tipicità: a. favorisce il sistema produttivo del territorio b. sostiene l’economia del territorio c. tutela l’ambiente d. tutte le opzioni sono corrette

Il marchio STG: a. valorizza la modalità di produzione b. tutela l’origine geografica c. è concesso a quei prodotti la cui filiera si svolge all’interno di un’area geografica specifica d. nessuna delle opzioni è corretta 6.

7. Il marchio SQNPI significa: a. Sistema di Quantità Nazionale di Produzione Integrata b. Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata c. Sistema di Qualità Nutrizionale di Produzione Integrata d. Sistema di Qualità Nutrizionale di Procedura Integrata 8.

Gli OGM: a. sono organismi solo vegetali b. arricchiscono la biodiversità c. diminuiscono la produttività delle piante d. nessuna delle opzioni è corretta

DOMANDE A COMPLETAMENTO Inserisci gli elementi mancanti scegliendo tra quelli elencati. Rischi Fitosanitari Obbligatoria

Difesa Riduzione Normativa

Biodiversità

La lotta integrata è una pratica di …........………. delle colture che prevede una drastica …........……….. dell’impiego di prodotti …........……….. attraverso un progressivo incremento dell’impiego di prodotti fitosanitari di origine naturale e a basso impatto. Dal 1° gennaio 2014 questa pratica è …........……….. per gli agricoltori italiani, come stabilito dalla normativa europea e nazionale (Regolamento CE n. 1107/2009, D. Lgs. n. 150/ 2012 e Direttiva n. 128/2009). La …........……….. contiene riferimenti e linee di attuazione della lotta integrata e punta a ridurre i …........……….. e gli impatti sulla salute umana, sull’ambiente e sulla …........………..


unità

1

La qualità alimentare

307

DOMANDE A COMPLETAMENTO Spiega a che cosa corrispondono i seguenti marchi. DOP ….............................................................…….….............................................................................................…… IGP ….............................................................…….….............................................................................................…… De.Co. ….............................................................…….….............................................................................................…… PAT ….............................................................…….….............................................................................................…… STG ….............................................................…….….............................................................................................…… LEZIONE SPECIALE L’analisi sensoriale • La carta dei dessert

VERO O FALSO

DOMANDE A COMPLETAMENTO

1. Le caratteristiche organolettiche riguardano quattro aree V F 2. Nella valutazione del colore di un alimento si considera soltanto la tonalità V F 3. Le molecole responsabili di odori e sapori sono volatili e liposolubili V F 4. Il colore non è un indicatore della qualità dell’alimento V F 5. I sentori hanno tutti uguale persistenza V F 6. La tendenza acida è tipica della salsa di pomodoro V F 7. I sapori primari risultano dalla combinazione di dolce e salato V F 8. La tendenza dolce è caratteristica del cioccolato fondente V F 9. Le alte e le basse temperature esaltano i sapori V F 10. Gli aromi sono percepiti solo con il gusto V F

Indica i diversi criteri di classificazione degli alimenti e le relative categorie. 1. ….........................................................…….........…..

….........................................................…….........…..

….........................................................…….........…..

2. ….........................................................…….........…..

….........................................................…….........…..

….........................................................…….........…..

3. ….........................................................…….........…..

….........................................................…….........…..

….........................................................…….........…..

4. ….........................................................…….........…..

….........................................................…….........…..

….........................................................…….........…..

5. ….........................................................…….........…..

….........................................................…….........…..

….........................................................…….........…..

6. ….........................................................…….........….. ….........................................................…….........…..

….........................................................…….........…..

7. ….........................................................…….........…..

….........................................................…….........…..

….........................................................…….........…..

8. ….........................................................…….........…..

….........................................................…….........…..

….........................................................…….........…..

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. Il tatto non è coinvolto nella masticazione V F 2. La durezza indica la resistenza alla masticazione V F 3. La degustazione si articola in quattro fasi V F 4. La franchezza indica l’equilibrio delle sostanze odorose V F 5. L’aromaticità è una caratteristica esclusivamente naturale V F 6. La succulenza deriva dalla presenza di liquido nella bocca V F 7. La grassezza è indotta da alimenti ricchi di grassi solidi V F 8. La frittura riduce la succulenza ma aumenta l’untuosità V F 9. La cottura al forno accentua l’aromaticità V F 10. Il tatto entra in gioco solo quando si tocca l’alimento V F

VERIFICHE

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.


308

macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA

VERO O FALSO

Scegli tra le opzioni date quella corretta.

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

1. Non è una fase della degustazione del cibo: a. l’esame visivo b. l’esame olfattivo c. l’esame gusto-olfattivo d. l’esame tattile 2. Nell’esame olfattivo di una pietanza non si valuta: a. la franchezza b. la fragranza c. la qualità olfattiva d. l’armonia olfattiva DOMANDE A COMPLETAMENTO Inserisci gli elementi mancanti scegliendo tra quelli elencati. Cervello Esperienza Consistenza

Masticazione Rumore

L’udito è coinvolto nell’…........……….. gustativa perché gli stimoli uditivi percepiti durante la …........……….. completano le informazioni inviate al …........……….. dagli altri sensi sulla …........……….. dell’alimento. Si pensi per esempio alla diversità tra il …........……….. prodotto masticando un finocchio o una carota crudi rispetto agli stessi vegetali cotti, oppure al rumore “croccante” che si percepisce mangiando certi tipi di pane. DOMANDE A COMPLETAMENTO Inserisci gli elementi mancanti scegliendo tra quelli elencati.

VERIFICHE

Profilo Parametri

Sensi Sensazioni

QDA Percezione

Tratti

L’analisi sensoriale di un alimento individua, misura e analizza le …........……….. derivanti dalla …........……….. attraverso i cinque …........……….. Determina quindi il …........……….. sensoriale di un alimento a partire dalle sensazioni che esso genera. Tra i metodi più usati per definire il profilo sensoriale di un alimento vi è la …........……….. (Quantitative Descriptive Analysis o analisi quantitativa descrittiva), applicata per individuare (e misurare) in modo oggettivo i …........……….. distintivi e i …........……….. che definiscono l’accettabilità in termini qualitativi di un alimento.

1. La struttura del piatto è valutabile attraverso l’esame gustativo V F 2. La struttura del piatto dipende dalle caratteristiche di tutti gli ingredienti e non dagli effetti prodotti dalle tecniche di preparazione V F 3. Un piatto è poco strutturato quando è preparato con numerosi ingredienti V F 4. Un piatto è poco strutturato quando le tecniche impiegate hanno mantenuto una certa neutralità V F 5. Un piatto è abbastanza strutturato quando il sapore ha una certa complessità V F 6. Un risotto mantecato è meno strutturato di un riso all’inglese V F 7. Un piatto è strutturato quando è complesso dal punto di vista gustativo V F 8. Ingredienti, condimenti e tecniche impiegati sono elementi importanti nella valutazione della struttura di un piatto V F DOMANDE A COMPLETAMENTO Descrivi brevemente i parametri sui quali si basa l’elaborazione di una carta dei dessert. Stagionalità:....................................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... Alternanza e varietà:.......................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... Intolleranze e diete:........................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... .......................................................................................... ..........................................................................................


LABORATORIO DELLE COMPETENZE

Lessico specialistico

309

DOMANDE A COMPLETAMENTO Scrivi il termine corrispondente a ogni definizione. 1.. Insieme delle proprietà e delle caratteristiche che conferiscono l’attitudine a soddisfare bisogni espressi o impliciti . ......................................................................................................................................................................................... 2. .Periodo entro il quale un alimento mantiene inalterate le sue caratteristiche originarie ................................................. 3. .Prodotti che si impiegano per la difesa delle piante, delle derrate alimentari, il diserbo delle coltivazioni e che favoriscono o regolano le produzioni vegetali ................................................................................................................. 4. .Prodotti alimentari che provengono da aree di produzione poste a una distanza non superiore a 70 km di raggio dal luogo previsto per il consumo ......................................................................................................................................... 5. .Linea produttiva caratterizzata da un numero limitato e circoscritto di passaggi e, in particolare, di intermediazioni commerciali ..................................................................................................................................................................... 6. .Territorio omogeneo e delimitato, nel quale si ottiene un prodotto con precise peculiarità . ......................................................................................................................................................................................... 7. .Organismo il cui DNA è stato modificato con modalità che non avvengono naturalmente per fecondazione e/o per ricombinazione naturale .................................................................................................................................................. 8. .Utilizzo da parte dell’organismo dei composti acquisiti con l’alimentazione .................................................................. 9. .Sostanze organiche o inorganiche omogeneamente disperse in un mezzo, al quale attribuiscono una colorazione . ......................................................................................................................................................................................... 10. .Sostanze naturali o sintetiche che modificano la colorazione di una sostanza .............................................................. 11. .Quinto sapore fondamentale, individuato in Giappone nel 1908 .................................................................................... 12. .Il permanere di una sensazione gustativa amara una volta che il boccone è stato deglutito . ......................................................................................................................................................................................... 13. .Persistenza degli odori all’interno della bocca ............................................................................................................... 14. .Capacità di resistere a un’azione meccanica .................................................................................................................. 15. .Propensione ad attaccarsi alla lingua e al palato ............................................................................................................ 16. .Resistenza alla masticazione .......................................................................................................................................... 17. .Caratteristica determinata da componenti naturali oppure creata ad arte attraverso l’uso di spezie ed erbe aromatiche ...................................................................................................................................................................... 18. .Intensa sensazione chimico-tattile dovuta all’impiego di spezie e spesso accompagnata da una certa piccantezza . ......................................................................................................................................................................................... 19. .Sensazione tattile che deriva dalla presenza di liquido nella bocca ............................................................................... 20. .Sensazione di pastosità/collosità in bocca e di patinosità a carico della lingua ............................................................

Laboratorio delle competenze La qualità


310

Compiti di realtà

LABORATORIO DELLE COMPETENZE zione di gam

La classifica

A

ma

Individua a quale gamma appartengono i seguenti alimenti.

Alimento

Gamma

Alimento

Gamma

Cous-cous pronto, in atmosfera protettiva

.............................................

Lasagne pronte sottovuoto

Cozze congelate

............................................. Latte a lunga conservazione .............................................

Filetti di pesce al limone in atmosfera modificata

.............................................

Filetto di bovino adulto fresco

.............................................

Frutta essiccata

............................................. Mais in scatola

.............................................

Frutta sciroppata

............................................. Marmellata

.............................................

Insalata pulita

............................................. Mele

.............................................

Latte in polvere

.............................................

.............................................

Latte pastorizzato

.............................................

anolettica L’analisi org B

Completa con gli elementi mancanti.

Aspetto

Caratteristica specifica

Organo utilizzato

............................................................

Aroma

Gusto/Olfatto

............................................................

Condizione

Vista

Caratteristiche meccaniche

............................................................

Tatto/Udito

Aspetto fisico

............................................................

Vista

Caratteristiche meccaniche Caratteristiche chimiche Aspetto fisico

Rugosità ............................................................ Consistenza

............................................................ Gusto ............................................................

tale La qualità to C Parola chiave

La qualità totale comprende differenti fattori. Leggi le parole chiave e individua di quale fattore si tratta. Fattore

Aspetto, aroma, consistenza, colore, odore, sapore ............................................ Assenza totale di sostanze dannose e produzione che salvaguardi l’ambiente ............................................ Contenuto di nutrienti ............................................ DOP, IGP, STG, PAT ............................................ Presenza di microrganismi patogeni entro i limiti stabiliti dalla legge ............................................ Conformità ai requisiti minimi di legge ............................................ Shelf-life ............................................


UNITÀ 2

311

La sicurezza 1.

CHE COSA SI INTENDE PER SICUREZZA SUL LAVORO

La sicurezza sul lavoro è il presupposto fondamentale per ottenere gli standard di qualità previsti dalla legge (D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e successive integrazioni). È fondamentale tenere presente che la gestione della sicurezza sul lavoro coinvolge tutti i reparti e tutti gli operatori. La legge infatti attribuisce al datore di lavoro l’obbligo prevalente della sicurezza, ma responsabilizza anche tutti i lavoratori. Il datore di lavoro deve adottare le misure necessarie per tutelare la sicurezza dei lavoratori, ma il lavoratore deve contribuire attivamente all’attuazione del sistema di gestione della sicurezza. Lo scopo è quello di: • migliorare le condizioni di lavoro; • ridurre il rischio di danni alla salute dei lavoratori.

Che cosa si intende per gestione della sicurezza Il sistema di gestione della sicurezza: • individua i fattori e le sorgenti di rischio; • stabilisce le misure preventive e protettive; • monitora l’attuazione delle misure stabilite. Nelle imprese ristorative i rischi per la salute dei lavoratori sono numerosi. Ogni operatore deve avere sempre ben presente che: • la sicurezza personale è il presupposto di quella collettiva;

• la calma, la precisione, l’attenzione e il rispetto delle regole sono fondamentali per garantire sicurezza. I fattori che frequentemente si rivelano causa di infortunio sono infatti: • la disattenzione, la fretta, la trascuratezza e la stanchezza; • l’adozione di comportamenti non corretti per pigrizia, fretta o ignoranza delle procedure; • l’uso improprio di macchinari e/o attrezzature; • l’utilizzo non corretto di sostanze chimiche; • l’uso non attento di materiali infiammabili, la disattenzione nell’impiego di fonti di calore e il mancato✔ rispetto del divieto di fumo. Laboratorio delle competenze La sicurezza sul lavoro

Approfondimenti Le figure responsabili della sicurezza sul lavoro

AGENDA 2030 Obiettivo 2

Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione, promuovere un’agricoltura sostenibile Obiettivo 8

Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva, un lavoro dignitoso per tutti


312

macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

La sicurezza: un dovere condiviso

oro datore di lav l e d i h lig b b O

Glossario Codex Alimentarius Il Codex Alimentarius è pubblicato dalla Codex Alimentarius Commission, istituita nel 1963 dalla FAO (Food and Agriculture Organization) e dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità). Questo piano intende guidare e promuovere l’elaborazione e l’applicazione di standard di sicurezza e linee guida comuni in materia di alimenti, per promuovere la sicurezza alimentare e garantire la correttezza del commercio alimentare.

Parola chiave Salute Secondo l’OMS, la salute è una condizione di benessere psico-fisico e sociale, quindi non la sola assenza di malattia.

Obbligh i dei

lavoratori

■ Analisi e valutazione dei rischi ■ Ambiente di lavoro sicuro ■ Dotazioni strutturali e tecnologiche

e addestramento

■ Fornitura di adeguati dispositivi di

in materia di sicurezza

■ ■

■ Adozione di comportamenti corretti

■ ■ ■

a norma di legge

protezione individuale Vigilanza sull’applicazione della normativa Organizzazione di programmi di formazione e addestramento per i lavoratori Informazione ai lavoratori Nomina degli addetti al primo soccorso, all’antincendio e all’evacuazione Nomina del medico competente

2. CHE COSA SI INTENDE PER SICUREZZA ALIMENTARE La sicurezza alimentare è definita dal Codex Alimentarius “la garanzia che un alimento non causerà danno al consumatore dopo che è stato preparato e/o consumato secondo l’uso cui è stato destinato”. Un alimento, quando è conservato inadeguatamente, manipolato in modo scorretto o esposto a inquinamenti di vario tipo, può provocare infatti seri danni alla salute di chi lo consuma.

■ Frequenza ai corsi di formazione ■ Controlli sanitari previsti dalla legge ■ Applicazione delle disposizioni ■ Utilizzo dei dispositivi di protezione individuale

nel rispetto delle procedure aziendali

■ Esecuzione delle sole mansioni di propria competenza

■ Segnalazione delle situazioni di pericolo

Per evitare che un alimento provochi danni alla salute, è importante adottare adeguate procedure e attuare accurati sistemi di controllo. La sicurezza alimentare è una responsabilità condivisa: tutti gli operatori della filiera agroalimentare sono responsabili di una produzione sicura (in quanto commercializzano, manipolano, trasformano, producono, conservano, somministrano preparazioni alimentari), ma anche il consumatore finale ha un ruolo attivo, perché deve saper conservare e preparare i cibi in modo adeguato.

GUIDA ALLO STUDIO

1. La sicurezza alimentare è la garanzia che un alimento non causerà danno al consumatore 2. Un alimento può provocare seri danni alla salute solo se conservato inadeguatamente 3. Il Codex Alimentarius guida e promuove l’elaborazione e l’applicazione di standard di sicurezza 4. Il consumatore finale non ha un ruolo attivo ai fini della sicurezza alimentare

V V V V

F F F F


unità

3.

2

La sicurezza

CHE COSA STABILISCE IL REGOLAMENTO (CE) N. 178/2002

L’atto normativo che ha ridisegnato l’intero quadro giuridico europeo in materia di sicurezza alimentare è il Regolamento (CE) n. 178/2002. Questo provvedimento: • ha stabilito i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare; • ha disposto l’obbligo della rintracciabilità lungo tutte le fasi di produzione, trasformazione e commercializzazione degli alimenti e dei mangimi; • ha istituito l’EFSA; • ha fissato le procedure da applicare nel campo della sicurezza alimentare. Inoltre, ha identificato come fondamenta del sistema: • l’analisi del rischio (adozione del sistema HACCP); • la responsabilizzazione primaria degli operatori; • la rintracciabilità.

313

4.

CHE COSA SI INTENDE PER PACCHETTO IGIENE

La normativa nazionale sull’igiene degli alimenti è detta Pacchetto Igiene e riguarda sia la produzione sia la commercializzazione. È costituita dal D. Lgs. 6 novembre 2007, n. 193, dai regolamenti (CE) n. 852/2004, n. 853/2004, n. 854/2004, n. 882/2004 e Direttiva n. 2002/1999, Regolamento (CE) n. 183/2005. La novità del Pacchetto Igiene consiste nel coinvolgere, contrariamente alla vecchia normativa, tutte le attività dell’intera filiera di produzione alimentare, compresa la produzione primaria: si parla infatti di sicurezza “dai campi alla tavola”. I provvedimenti del Pacchetto Igiene: • stabiliscono i requisiti generali e specifici in materia di igiene; • confermano l’applicazione del sistema HACCP come strumento di analisi e controllo delle condizioni di igiene e sicurezza delle produzioni alimentari; • sollecitano l’elaborazione e la divulgazione di manuali di buona prassi igienica e di produzione (manuali GHP e GMP); • sottolineano l’importanza della formazione di tutti gli operatori del settore alimentare (OSA), che sono responsabili per i prodotti che importano, commercializzano, preparano, trasformano o somministrano; • ribadiscono l’obbligo della rintracciabilità per tutti i prodotti alimentari; • sanciscono la responsabilità del consumatore finale.

Glossario EFSA L’EFSA (European Food Safety Authority o Autorità europea per la sicurezza alimentare) è un organo di consulenza scientifica in materia di sicurezza alimentare lungo tutta la filiera produttiva (ivi comprese l’alimentazione e la tutela della salute degli animali e la protezione delle piante). Ha sede a Parma.

Glossario Produzione primaria La produzione primaria comprende l’allevamento e la coltivazione delle materie prime, compresi il raccolto, la mungitura e la produzione zootecnica precedente la macellazione. Include anche la caccia, la pesca e la raccolta di prodotti selvatici (funghi, bacche, lumache).

Approfondimenti I regolamenti del Pacchetto Igiene

GUIDA ALLO STUDIO

1. L’EFSA è un organo di consulenza in materia di legislazione alimentare 2. Il Regolamento (CE) n. 178/2002 ha stabilito i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare 3. Il Regolamento (CE) n. 178/2002 ha disposto l’obbligo della rintracciabilità in alcune fasi di produzione, trasformazione e commercializzazione degli alimenti

V F V F V F


314

macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

Pacchetto Igiene: principi fondamentali

Controlli lungo tutta la filiera

Analisi dei rischi

Controlli lungo tutta la filiera

Rintracciabilità di tutti i prodotti alimentari

5.

CHE COSA SI INTENDE PER RINTRACCIABILITÀ

La rintracciabilità è la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento (o di una sostanza destinata a far parte di un alimento) attraverso tutte le fasi: dalla produzione, alla trasformazione fino alla distribuzione. Il Regolamento (CE) n. 178/2002 stabilisce che è obbligatorio garantire la rintracciabilità di alimenti e mangimi, ma lascia all’operatore la scelta degli strumenti e delle modalità per farlo. In pratica, a prescindere dai mezzi utilizzati, gli operatori devono dimostrare: • da chi hanno ricevuto un alimento o un mangime; • a chi hanno fornito i propri prodotti. In caso di rischio sanitario, la documentazione inerente alla rintracciabilità permette all’Autorità sanitaria di attuare le procedure di ritiro (quando il prodotto non ha ancora raggiunto l’utilizzatore finale) e/o di richiamo (quando il prodotto ha raggiunto l’utilizzatore finale) del mangime o dell’alimento.

Responsabilizzazione di tutti gli operatori coinvolti

Responsabilizzazione del consumatore

La rintracciabilità degli imballaggi La rintracciabilità degli imballaggi è resa obbligatoria dal Regolamento (CE) n. 1935/2004 che riguarda i materiali e gli oggetti destinati a venire in contatto con i prodotti alimentari. La rintracciabilità degli imballaggi e dei materiali a contatto con gli alimenti è fondamentale per prevenire il rischio igienico-sanitario di un alimento perché consente di risalire ai fornitori e ai destinatari dei materiali stessi. Tutti gli operatori coinvolti nella produzione, nell’assemblaggio, nella distribuzione di materiali che vanno a contatto con gli alimenti devono essere in grado di comunicare i riferimenti dei propri fornitori e dei destinatari, con esclusione dei consumatori finali.


unità

2

La sicurezza

315

6. CHE COSA SONO L’AUTOCONTROLLO E IL SISTEMA HACCP L’HACCP è il sistema di gestione di sicurezza alimentare per eccellenza. La sua applicazione è obbligatoria per tutta la filiera agroalimentare e, quindi, anche per tutte le imprese della ristorazione collettiva. La Commissione europea ha redatto delle linee guida per applicare le procedure del sistema HACCP, che si ispirano a quanto disposto dal Codex Alimentarius.

Il punto fondamentale del sistema HACCP è l’autocontrollo, obbligatorio per tutti gli operatori coinvolti nella filiera. L’obiettivo è la responsabilizzazione di tutti gli operatori in materia di igiene e sicurezza alimentare. Il sistema HACCP è dunque uno strumento che aiuta gli operatori e le aziende a conseguire un livello più elevato di sicurezza alimentare, applicando in modo razionale e organizzato le necessarie procedure di autocontrollo. Il sistema HACCP garantisce la tracciabilità dei prodotti e delle responsabilità.

L’attuazione dell’HACCP

Step 1 1

Analisi dei rischi

■ Si individuano i rischi lungo la filiera

Step 2 2

Individuazione dei CCP

■ Si identificano i punti

Step 4 4

Definizione delle misure correttive

■ Si individuano le misure correttive da attuare in caso di non conformità

critici (CCP) cioè le procedure, le fasi o i fattori da controllare per eliminare il rischio individuato

Step 5 5

Monitoraggio

■ Si monitora

l’applicazione del piano

Step 3 3

Definizione dei limiti critici

■ Si stabilisce il limite

da non superare per garantire il controllo di ciascun CCP e le azioni di controllo per monitorarlo

Glossario HACCP HACCP sta per Hazard Analysis and Critical Control Points che significa “analisi del rischio e punti critici di controllo”. Concepito nell’ambito del programma aerospaziale statunitense negli anni Cinquanta del XX secolo, fu introdotto dall’UE con la Direttiva 43/93/CEE e fa oggi parte del Pacchetto Igiene 2004.

Parola chiave Autocontrollo Significa monitorare il proprio operato. L’operatore del settore alimentare, per autocontrollarsi, deve monitorare costantemente le proprie produzioni e attenersi alle procedure. In questo modo, è reso responsabile della loro sicurezza.

Step 6 6

Verifica

■ Si verifica l’efficacia del piano

GUIDA ALLO STUDIO

Scegli l’alternativa corretta. 1. L’HACCP è il sistema di monitoraggio di sicurezza alimentare / gestione di sicurezza alimentare 2. L’applicazione dell’HACCP in tutta la filiera agroalimentare è obbligatoria / non è obbligatoria 3. L’obiettivo dell’autocontrollo è la sicurezza degli operatori / responsabilizzazione di tutti gli operatori


316

macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

Quali sono le fasi dell’HACCP L’HACCP si compone di quattordici fasi: • cinque fasi preliminari; • sette fasi obbligatorie che costituiscono i sette principi dell’HACCP; • una fase di attuazione vera e propria; • una fase di riesame finale.

Ogni fase va documentata in modo adeguato, affinché l’intero piano sia verificabile dagli organi preposti (le Aziende Sanitarie Locali - ASL e i Nuclei Antisofisticazione e Sanità - NAS). Qui di seguito riportiamo uno schema riassuntivo delle fasi.

Il sistema HACCP: le fasi Le cinque fasi preliminari

1.

■ Formazione del gruppo di lavoro

2.

■ Descrizione dei prodotti

3.

■ Definizione della destinazione d’uso dei prodotti

4.

■ Redazione di uno o più diagrammi di flusso

5.

■ Verifica dei diagrammi di flusso in loco Le sette fasi obbligatorie (princìpi fondamentali)

1.

■ Identificazione dei pericoli e analisi dei rischi

2.

■ Identificazione dei punti critici di controllo (CCP)

3.

■ Definizione dei limiti critici di ciascun CCP

4.

■ Attivazione del sistema di monitoraggio

5.

■ Individuazione delle misure correttive

6.

■ Applicazione delle verifiche

7.

■ Redazione di un sistema di documentazione

Attuazione

Riesame finale


unità

2

La sicurezza

317

Quali sono le cinque fasi preliminari Secondo il Codex Alimentarius, l’applicazione dell’HACCP prevede cinque fasi preliminari. Si tratta di una serie di operazioni preparatorie alla redazione e all’applicazione del piano di autocontrollo.

Fase

Descrizione

1 Formazione del gruppo di lavoro

Viene costituito un gruppo di lavoro incaricato della redazione del manuale di autocontrollo. (Negli esercizi di ristorazione di piccole dimensioni o a conduzione famigliare è il titolare stesso a prendersi carico di questo compito). I nomi dei partecipanti (e quello del consulente eventualmente interpellato) devono essere elencati in un apposito documento, dove viene anche stabilito il calendario degli incontri del gruppo.

2 Descrizione dei prodotti

I prodotti vengono presi in esame per valutarne i possibili rischi (nel caso dei ristoranti, i prodotti sono l’insieme di ciò che viene somministrato). Nel manuale di autocontrollo possono essere inseriti, secondo il proprio settore, i cibi altamente deperibili (latte pastorizzato, prodotti di gastronomia, prodotti della pesca, salumi cotti, alcuni tipi di frutta e verdura, latticini) e quelli a lunga conservazione (frutta secca, scatolame, acque minerali e bevande, formaggi stagionati). È importante basarsi sulle date di durabilità e di scadenza riportate sulle confezioni, indicate con le diciture “Da consumarsi preferibilmente entro” (termine minimo di conservazione, usato per prodotti poco deperibili), oppure “Da consumarsi entro” (data di scadenza, impiegata per prodotti altamente deperibili).

3 Definizione della destinazione d’uso del prodotto

Va definito se i piatti e/o i prodotti sono destinati a essere somministrati direttamente al consumatore finale, oppure se si tratta di semilavorati. È necessario inoltre specificare se si tratta di piatti e/o prodotti destinati a un’alimentazione particolare (per esempio rivolta a soggetti allergici o intolleranti, a categorie sensibili come bambini, anziani).

4 Redazione di uno o più diagrammi di flusso

Il quarto passo dell’HACCP consiste nella redazione di uno o più diagrammi di flusso. I diagrammi di flusso illustrano le operazioni che si succedono tra il momento dell’acquisto dai propri fornitori (check-in) e la vendita e la somministrazione ai clienti.

5 Verifica dei diagrammi di flusso in loco

A questo punto viene verificata la correttezza dei diagrammi di flusso analizzati in precedenza, testando “sul campo” le sequenze operative rappresentate nei diagrammi di flusso.

✔ 1. 2. 3. 4.

Parola chiave Diagramma di flusso Un diagramma di flusso è uno strumento molto utile per rappresentare in modo semplificato, in forma di schema, un concetto o un’idea complessa. È composto da forme geometriche collegate tra loro.

GUIDA ALLO STUDIO

Nel sistema HACCP le fasi obbligatorie sono cinque Ogni fase va documentata in modo adeguato per essere verificabile dagli organi preposti La definizione della destinazione d’uso del prodotto è una fase obbligatoria I diagrammi di flusso illustrano le operazioni tra il momento dell’acquisto dai fornitori (check-in) e la vendita e la somministrazione ai clienti

V F V F V F V F


318

macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

Quali sono le sette fasi obbligatorie Le sette fasi obbligatorie sono un insieme di disposizioni che costituiscono i princìpi dell’HACCP.

Fase

Descrizione

1 Identificazione dei pericoli e analisi dei rischi

Identificare le fonti di rischio e i pericoli associabili a un prodotto, a una procedura o a un passaggio. Valutare la probabilità e la gravità, le misure preventive e di contenimento.

2 Identificazione dei punti critici di controllo (CCP, Critical Control Point)

I CCP sono le fasi, le procedure o i fattori operativi nei quali vanno adottate misure per prevenire, eliminare o ridurre un rischio (individuato nella fase precedente).

3 Definizione dei limiti critici di ciascun CCP

Il limite critico è il parametro che determina l’accettabilità di un CCP. Tale valore può essere di diverso tipo (per esempio, temperatura, tempo, livello di umidità, pH, presenza di microrganismi, caratteristiche organolettiche). Deve essere sempre misurabile con facilità.

4 Monitoraggio dei CCP

La verifica regolare e programmata dei CCP mantiene i livelli di rischio entro i parametri stabiliti. Può avvalersi di test sensoriali (esame visivo) o strumentali (rilevazione delle temperature) e va sempre documentata.

5 Definizione delle Si individuano le misure correttive da applicare per riportare entro misure correttive parametri accettabili un CCP che abbia superato il limite critico e i responsabili della loro applicazione. Le misure correttive vanno programmate in anticipo perché, in caso di emergenza, si deve agire tempestivamente. Se il ripristino di condizioni accettabili non è possibile, il prodotto va eliminato. 6 Applicazione delle procedure di verifica

Si testa l’efficacia del piano di autocontrollo e si verifica la sua adeguatezza alla realtà aziendale per attuare eventuali correzioni. Si accerta anche l’applicazione corretta del monitoraggio e delle misure correttive.

7 Redazione di un sistema di documentazione

Tutte le fasi del piano vanno documentate e la documentazione va tenuta a disposizione degli organi di controllo (ASL, NAS).

Laboratorio delle competenze HACCP principes

Laboratorio delle competenze Les sept principes de l’HACCP


unità

7.

2

La sicurezza

319

QUALI SONO I COMPARTI DELLA PASTICCERIA

La sicurezza alimentare richiede una responsabilizzazione degli operatori di pasticceria quali garanti delle produzioni e degli strumenti impiegati per realizzarle, che si concretizza attraverso il principio dell’autocontrollo. Per comprendere meglio i problemi igienico-sanitari che

interessano i prodotti di pasticceria, è necessario esaminare le caratteristiche principali di questo settore della produzione alimentare. Nella più ampia definizione di pasticceria, sono compresi molti comparti, che vanno dalla pasticceria secca fino al gelato artigianale. Nella tabella che segue sono riportate le caratteristiche principali dei singoli comparti.

I comparti della pasticceria Pasticceria secca

Ne fanno parte i prodotti da forno che non necessitano di conservazione in frigorifero perché privi di creme.

Pasticceria fresca

Ne fanno parte i prodotti che necessitano di una conservazione accurata e refrigerata (tra 0 e 4 °C), perché ricchi di crema e/o di panna e pertanto altamente deperibili.

Paste lievitate

Si intendono i prodotti derivati dalla lievitazione dell’impasto (composto da un’opportuna miscelazione di farina, lievito e altri ingredienti).

Torte farcite, secche e crostate

Si intendono quei prodotti a base di pan di Spagna, pasta sfoglia o pasta frolla, eventualmente bagnate con sciroppo di zucchero e alcolato, farcite, appunto, con crema e panna, decorate e guarnite. Le torte non farcite (secche e crostate) vengono cotte con i loro ingredienti di arricchimento e una volta sfornate non richiedono ulteriori manipolazioni e non necessitano di essere conservate in frigorifero.

Biscotteria secca, prodotti stagionali o da ricorrenza

La biscotteria secca comprende prodotti che si mantengono freschi a lungo perché contengono una percentuale bassissima di umidità. I prodotti stagionali o da ricorrenza sono invece quelli che si ripropongono annualmente in occasione di determinate ricorrenze (come panettone, colomba, uova di Pasqua, ecc.) e quelli che coincidono con feste laiche, tradizioni popolari o appuntamenti religiosi.

Pasticceria salata

Si tratta di prodotti salati a base di pasta sfoglia, pasta brisèe o lievitata, farciti prima o dopo la cottura. Alla categoria della pasticceria salata appartengono salatini, canapè, vol-au-vent, bocconcini di pane speciale, associati a prodotti tipici della gastronomia salata, come, ad esempio, prosciutto, formaggio, verdura, uova, pesce, ecc. Con gli stessi ingredienti si possono realizzare anche le torte salate, partendo dalla stessa base composta e coniugando ricette di altre regioni italiane.

Canditi

La canditura è un metodo di conservazione di frutta e verdura che consiste nella sostituzione dell’acqua originale del frutto con sciroppo saturo di zuccheri. I frutti maggiormente utilizzati per realizzare i canditi sono le susine, le pesche, le fragole, le albicocche, le ciliegie, i fichi, i mirtilli e i marroni.

Gelato artigianale

Il gelato artigianale è una preparazione alimentare portata allo stato solido e pastoso mediante mescolamento e contemporaneo congelamento della miscela di ingredienti utilizzati per la sua fabbricazione. Durante il processo di congelamento, attraverso il rimescolamento della miscela, viene incorporata naturalmente dell’aria che conferisce morbidezza e cremosità al prodotto. Il gelato artigianale si caratterizza per l’impiego prevalente di materie prime fresche e selezionate direttamente dal produttore, che le miscela in modo personale e originale.


320

macroarea

8.

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

QUALI SONO I PUNTI CRITICI DI CONTROLLO NELLE ATTIVITÀ DI PASTICCERIA

In tutte le attività legate alla pasticceria si possono individuare vari punti critici di controllo (CCP). Li elenchiamo di seguito, citando anche il limite critico da adottare in caso di riscontro della criticità.

Punto critico di controllo (CCP)

Limite critico da adottare

Acquisto dei prodotti Controllo sulla contaminazione di varia natura

Presenza di documentazione di certificazione Referenze del fornitore

Trasporto e ricevimento dei prodotti deperibili Controllo sulla proliferazione per temperature scorrette e sull’accettazione di merci non idonee

Temperature dei prodotti al ricevimento Integrità delle confezioni Assenza di difetti Rispetto delle date di scadenza

Conservazione dei prodotti deperibili Controllo sulla proliferazione e sulla rotazione dei prodotti

Temperatura o condizioni di conservazione in generale

Magazzino Controllo sulla rotazione dei prodotti e sulle infestazioni

Tempo di permanenza dei prodotti Assenza di tracce di infestazione

Manipolazioni Controllo sulla contaminazione microbiologica e particellare causata dal personale, dalle attrezzature o dall’ambiente

Formazione igienica del personale Pulizia dell’ambiente e delle attrezzature

Cotture brevi Controllo sulla sopravvivenza dei microrganismi

Tempi e temperature di cottura

Raffreddamento dopo la cottura Controllo sulla proliferazione dei microrganismi

Tempo di raffreddamento

Esposizione al freddo e al caldo Controllo sulla proliferazione dei microrganismi

Combinazione di temperatura e tempo di esposizione

Per gli esercizi di vendita al dettaglio di prodotti di pasticceria sono punti critici, oltre a quelli validi per tutte le attività, anche le manipolazioni al banco, come il taglio dei prodotti (controllo sulla contaminazione microbiologica e particellare causata dal personale, dalle

attrezzature o dall’ambiente). Si può aggiungere ancora il punto critico relativo all’uso di acqua e di ghiaccio (controllo sulla contaminazione microbiologica e chimica), per cui il limite critico è l’uso esclusivo di acqua e ghiaccio prodotti con acqua potabile.


LABORATORIO

1. Il sistema HACCP Per le fasi di lavoro generiche tipicamente riferibili alle attività di preparazione, somministrazione e vendita di alimenti, è importante focalizzare le considerazioni relative a: • analisi dei pericoli; • identificazione delle misure preventive; • sorveglianza (monitoring); • limiti critici; • azioni correttive; • documentazione.

Per ogni fase vanno elencati i pericoli, la loro natura, le misure di prevenzione da adottare, la procedura di sorveglianza continua per prevenire i rischi connessi, i rimedi (azioni correttive) in caso il problema dovesse verificarsi, l’eventuale documentazione necessaria. Basandosi sull’esempio fornito, è possibile realizzare schede personalizzate, conformemente all’attività e alle procedure aziendali.

Approfondimenti Esempi di HACCP per fasi di lavoro

Esempio Pericolo È riportata la descrizione del pericolo Natura del pericolo È indicata la natura del pericolo (chimico, fisico, particellare, biologico, microbiologico) Riferimenti di legge Sono riportati gli estremi delle leggi che regolano la materia Misure preventive (come prevenire) Sono indicate le misure preventive, ovvero come comportarsi abitualmente per evitare danni dovuti a questo pericolo (buona prassi di lavorazione) Procedura di controllo (come sorvegliare) Sono indicate le azioni da intraprendere per sorvegliare e tenere sotto controllo il pericolo Azioni correttive (che cosa fare se succede) È indicato come comportarsi nel caso il pericolo sia fuori controllo (cioè nel caso sia mancata la sorveglianza o la sorveglianza abbia rivelato delle irregolarità) Registrazione dati (quale documentazione va sempre tenuta) È indicata la documentazione minima da tenere aggiornata per dimostrare di avere attuato la sorveglianza, da esibire in caso di richiesta da parte degli organi di controllo Documentazione integrativa (quale altra documentazione è consigliabile tenere) È indicata la documentazione integrativa che può essere utile per migliorare il proprio piano di autocontrollo e ottenere maggiori garanzie Note Sono indicate ulteriori precisazioni rispetto a quanto già riportato


LEZIONE SPECIALE

L’igiene nella ristorazione Parola chiave Igiene Deriva dal termine greco ygiene che vuol dire sano, salubre, che conferisce salute. L’Igiene è anche una branca della Medicina che studia e applica i mezzi atti a preservare e migliorare lo stato di salute del singolo e della collettività.

Quali sono le buone prassi d’igiene professionale Il Pacchetto Igiene, al fine di responsabilizzare gli operatori della filiera alimentare, sollecita l’applicazione di: • pratiche di buona fabbricazione (Good Manufacturing Practices, GMP); • norme di buone prassi igieniche (Good Hygiene Practices, GHP). Le GMP sono norme di corretta manipolazione e preparazione degli alimenti. Indicano cioè le corrette modalità operative da adottare nelle diverse fasi della lavorazione. Le GHP sono pratiche generali atte a garantire il rispetto dei requisiti d’igiene. Riuniscono infatti le misure e i parametri di riferimento da attuare per garantire la sicurezza lungo tutta la filiera.

L’igiene della persona: comportamenti igienicamente corretti e scorretti

■ Lavarsi frequentemente e preferire profumi ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■

■ ■

■ ■

delicati Curare l’igiene dentale Radersi quotidianamente o curare baffi e barba (da portare corti) Mantenere i capelli puliti Portare i capelli corti o tenerli raccolti Usare il copricapo previsto Lasciare nell’armadietto personale orologi, bracciali, anelli e altri oggetti personali Tenere fermi gli occhiali da vista con un elastico dietro alla nuca Disinfettare e proteggere abrasioni, ferite o foruncoli Indossare guanti in lattice o in gomma Usare mascherine in caso di raffreddore o altri virus Astenersi dal lavoro in caso di malattia Avvisare il proprio responsabile in caso di sintomi riconducibili a malattie trasmesse da alimenti (vomito, nausea, dissenteria, febbre) Non fumare

No

■ Portare i capelli lunghi sciolti ■ Non indossare il copricapo ■ Non lavarsi le mani nei casi previsti dalle procedure

■ Lavarsi le mani con sola acqua ■ Starnutire o tossire in prossimità di preparazioni

alimentari e attrezzature

■ Tenere il cellulare in tasca ■ Portare nei locali di lavoro oggetti in metallo o

in vetro estranei all’attività (graffette, penne con cappuccio, pinzatrici) ■ Lavorare in caso di malattia


LEZIONE SPECIALE L’igiene delle mani Le mani sono lo strumento operativo per eccellenza: devono essere pulite e curate, con unghie corte e prive di smalto (potrebbe sfaldarsi e contaminare le preparazioni). Devono essere lavate ogni volta che siano state esposte al rischio di contaminazione. Gli operatori devono: • pulire e disinfettare accuratamente le mani con regolarità; • non utilizzare per lavarsi le mani i lavelli nei quali sono puliti gli alimenti o le stoviglie: i lavabi per il lavaggio delle mani devono essere dotati di comando automatico o a pedale, erogatori di sapone liquido, dispositivi di asciugatura a getto di aria calda o asciugamani a perdere (in carta o tessuto), da gettare in appositi cestini con comando a pedale.

Gli ambienti: come garantire igiene e sicurezza Nella progettazione di una struttura per la ristorazione vanno individuate zone adeguate in modo da consentire al personale di muoversi agevolmente e di contenere tutte le attrezzature necessarie. Esse sono: • area di ricevimento e trattamento preliminare delle materie prime; • area di deposito/magazzino (comprendente le celle frigorifere); • area di preparazione, possibilmente divisa per tipologia di prodotto e/o preparazione (area piatti freddi, area lavorazione verdura, area lavorazione carne); • area per la vendita e/o la somministrazione; • deposito rifiuti; • locali adibiti ad altri usi (spogliatoi, servizi igienici, locali per il lavaggio delle stoviglie e degli utensili, zona per riporre materiali e prodotti per la pulizia).

ne La disposizio ■ ■ ■

e: dei locali dev

Ridurre le distanze tra un’operazione e l’altra

Individuare zone distinte per ogni fase del processo di produzione Facilitare le operazioni di pulizia

Videolezione Come vanno lavate le mani

✔ Laboratorio delle competenze La batteria di cucina


LEZIONE SPECIALE •

324

L’IGIENE NELLA RISTORAZIONE

Il principio di marcia avanti e la separazione dei percorsi Il principio della marcia avanti è uno dei sistemi base per ridurre e/o eliminare possibili contaminazioni, perché presuppone una progressiva igienizzazione del prodotto durante la lavorazione. La struttura per la ristorazione va infatti progettata in modo tale da consentire la progressione delle diverse fasi lavorative di un alimento lungo un percorso idealmente rettilineo. Tutti gli alimenti in entrata presentano infatti una carica microbica, a volte anche patogena, quindi sono concettualmente “sporchi”: i percorsi di materie prime, operatori e preparazioni vanno orientati quindi in modo da non tornare indietro, per evitare incroci e quindi contaminazioni. Inoltre, va rispettato il principio della separazione dei percorsi, secondo il quale il ciclo del pulito non deve incrociare mai quello dello sporco.

:

o da ettati in mod g ro p o n n a v I locali

Evitare ogni forma di inquinamento acustico Essere provvisti di sistemi di ventilazione Essere dotati di impianti conformi alla normativa vigente Essere adeguatamente illuminati Essere dotati di segnaletica di sicurezza conforme alla legge e di porte con maniglioni antipanico, apertura a spinta ed eventuali parti in vetro realizzate in vetro infrangibile e provvisti di sistemi di protezione dagli incendi ■ Essere provvisti di pavimentazioni impermeabili, antiscivolamento, pulibili, realizzate in materiali lavabili, prive di fughe e raccordi angolari ■ Avere pareti in materiale lavabile e sanificabile

■ ■ ■ ■ ■

Parola chiave Segnaletica di sicurezza La segnaletica di sicurezza comprende la segnalazione di percorsi, vie di fuga, uscite di sicurezza, collocazione delle attrezzature antincendio. Può anche avvertire di un pericolo o indicare un obbligo.

Come si combattono gli infestanti I locali di un’impresa ristorativa devono essere dotati di strumenti per evitare l’ingresso di insetti e materiale volatile e per eliminare eventuali insetti entrati nella struttura, così come di sistemi antiratto. La disinfestazione include i procedimenti e le operazioni che si rendono necessari per distruggere piccoli animali (in particolare artropodi), sia perché parassiti, vettori o riserve di agenti infettivi, sia perché molesti, e specie vegetali non desiderate. È eseguita in genere da ditte specializzate.

I sistemi per la lotta agli infestanti

ivi Sistemi pass ■ ■ ■ ■ ■ ■

Reticelle protettive per porte e finestre Chiusura di fori e fessure in muri e infissi Ordine e pulizia nei locali Allontanamento dei rifiuti dalle zone di lavoro Smaltimento dei rifiuti a norma di legge Ispezione delle merci in entrata

i Sistemi attiv ■ Trappole semplici e complesse (esche velenose, lampade a luce azzurra con resistenza elettrica)


LEZIONE SPECIALE •

L’IGIENE NELLA RISTORAZIONE

Come si gestiscono i rifiuti Tutti i rifiuti devono muoversi secondo i princìpi della marcia avanti e della separazione dei percorsi. Un’impresa ristorativa produce due principali flussi di rifiuti: • imballaggi: rifiuti in carta, cartone, plastica e legno derivati dalle materie prime utilizzate e da prodotti per la pulizia, da smaltire secondo le regole della raccolta differenziata; • rifiuti organici: derivano dalla pulizia delle materie prime utilizzate e dall’eventuale eliminazione di cibi non più idonei all’uso. Possono essere destinati all’alimentazione di animali se avanzi di preparazioni (legge n. 179/2002) o alle associazioni Onlus secondo “La regola del buon samaritano” (legge n. 155/2003).

Attrezzature: come si assicurano igiene e sicurezza Tutte le attrezzature in dotazione devono rispondere ai requisiti di sicurezza stabiliti La disposizione dei locali deve: per legge ed essere realizzate in materiale idoneo per alimenti e resistente. Ai fini della sicurezza operativa e alimentare, attrezzature e utensili vanno sottoposti a regolare manutenzione e puliti sempre subito dopo l’uso con acqua calda e detersivo, così come disinfettati e sanificati con frequenza regolare. Non si deve modificare la temperatura o la durata del ciclo della lavastoviglie, né utilizzare quantità di detersivo diverse da quelle richieste. Se il lavaggio è eseguito manualmente, l’acqua deve essere più calda possibile. Approfondimenti Esempio di programma di pulizia e manutenzione generale

I parametri che determinano l’efficacia del lavaggio

Azione meccanica

Temperatura

Tempo

Azione chimica

325


LEZIONE SPECIALE •

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L’IGIENE NELLA RISTORAZIONE

Detersione, sanificazione e disinfezione

Glossario Detergente

La detersione si articola nelle seguenti fasi: • asportazione meccanica dello sporco grossolano; • risciacquo iniziale con acqua calda a temperatura superiore a 45 °C per sciogliere i grassi e favorirne il distacco, ma inferiore a 60 °C per evitare di “cuocere” proteine, zuccheri o grassi, rendendoli più tenacemente attaccati alle superfici da pulire; • applicazione del detergente per eliminare i residui alimentari che non si sciolgono nell’acqua; • abbondante risciacquo finale.

Un detergente è una sostanza chimica in grado di rimuovere lo sporco da una superficie. Contiene tensioattivi per emulsionare lo sporco, sequestranti per addolcire l’acqua, candeggianti, enzimi per decomporre lo sporco formato da nutrienti organici, solventi, componenti per il controllo della schiumosità, profumi, coloranti, azzurranti ottici, emulsionanti, addensanti.

I disinfettanti

1.

2.

3.

4.

5.

6.

7.

Assenza di tossicità per l’operatore

Biodegradabilità

Non corrosività

Capacità di distruggere i microrganismi patogeni

Spettro d’azione più ampio possibile

Efficacia anche in presenza di acque dure

Attivazione a basse temperature

La sanificazione combina detersione e disinfezione, rendendo una superficie pulita sotto il profilo biologico, fisico e chimico. Le operazioni di sanificazione devono avvenire esclusivamente in momenti diversi rispetto alle fasi di lavorazione, vendita e somministrazione degli alimenti.

La sanificazione: fasi operative

Asportazione dei residui visibili

Detersione

Primo risciacquo

Disinfezione

Secondo risciacquo

Asciugatura


LEZIONE SPECIALE •

L’IGIENE NELLA RISTORAZIONE

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Prodotti alimentari: come garantire igiene e sicurezza Per impedire la contaminazione degli alimenti, il personale deve mantenere pulito e sanificato l’ambiente di lavoro: i locali devono essere sempre in perfette condizioni di manutenzione, costantemente puliti e in ordine. Ai fini della sicurezza alimentare, gli operatori devono eseguire anche controlli sugli alimenti, monitorando i relativi CCP.

L’igiene del prodotto alimentare: obblighi e divieti Obblighi

Divieti

1

Rispettare le temperature di conservazione e i livelli di umidità più adeguati

1

Lasciare le preparazioni a temperatura ambiente per lungo tempo

2

Mantenere la catena del freddo

2

Introdurre preparazioni calde nei frigoriferi o nelle celle frigorifere

3

Scongelare in frigorifero o in forno a microonde e non a temperatura ambiente

3

Riempire eccessivamente le celle frigorifere

4

Conservare separatamente preparazioni pronte e materie prime

4

Sovraccaricare i banchi espositori

5

Conservare gli alimenti parzialmente lavorati (vegetali già mondati e tagliati, formaggi tagliati, salumi affettati) in contenitori chiusi ermeticamente, a temperatura refrigerata

6

Utilizzare vassoi espositivi di piccole dimensioni, per garantire un ricambio continuo delle vivande esposte (per esempio, snack salati e dolci)

7

Raffreddare i prodotti cotti mediante abbattitori, portando la temperatura al cuore del prodotto al di sotto di 10 °C entro al massimo tre ore

8

Conservare i prodotti cotti a temperature superiori a 60 °C fino al momento del servizio

9

Portare ad almeno 75 °C la temperatura al cuore delle preparazioni che sostano a lungo a temperatura ambiente o entro la fascia di rischio (10-55 °C)

Approfondimenti Le temperature di conservazione e di trasporto

5

Riutilizzare attrezzature già usate senza prima lavarle (usare uno stesso cucchiaio per assaggi successivi, utilizzare l’affettatrice per due prodotti diversi senza disinfettarla)

6

Usare uno stesso utensile per più operazioni sullo stesso alimento o su alimenti diversi (porzionare alimenti diversi utilizzando le medesime posate, usare un medesimo coltello per carni cotte e crude)


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LEZIONE SPECIALE •

L’IGIENE NELLA RISTORAZIONE

Come vanno gestiti i prodotti non idonei Nelle attività di ristorazione, la presenza nella struttura di derrate riconosciute pericolose (acquistate da un fornitore a carico del quale sia già scattata la procedura di allarme) deve spingere l’esercente a provvedere immediatamente alla sospensione dell’uso del prodotto ritenuto pericoloso, in attesa del normale intervento di sequestro di tutta la partita pericolosa da parte degli organi di controllo (NAS, ASL). Per la normale produzione, non è necessario invece attivare procedure particolari di identificazione di lotti o ritiro dal mercato, perché, essendo la somministrazione diretta al consumatore finale, non è infatti materialmente possibile provvedere al richiamo dei prodotti non idonei. Inoltre, nel caso dei prodotti di gastronomia, trattandosi di consumo pressoché immediato, un’eventuale procedura di richiamo sarebbe intempestiva e del tutto inefficace. Un caso particolare è però quello della produzione autonoma di salumi stagionati. In questo caso, è bene identificare il lotto di produzione (mediante apposizione di cartellini con la data di produzione) perché, nel caso si rilevi qualche elemento di pericolosità sul prodotto, occorre bloccare la vendita di tutto il prodotto ancora giacente, interpellando l’ASL competente per la distruzione.

GUIDA ALLO STUDIO

1. GMP è l’acronimo inglese per pratiche di buona fabbricazione 2. GHP è l’acronimo per le buone prassi igieniche della persona 3. I lavelli dove si puliscono alimenti o stoviglie possono essere utilizzati anche per lavarsi le mani 4. In una struttura per la ristorazione il personale deve potersi muovere agevolmente 5. La disposizione dei locali deve facilitare le operazioni di pulizia 6. Il principio della marcia avanti riduce e/o elimina la segnaletica di sicurezza 7. I locali di un’impresa ristorativa devono avere accorgimenti per evitare l’ingresso di insetti e ratti 8. Lo smaltimento dei rifiuti a norma di legge contribuisce a combattere gli infestanti 9. I rifiuti non sono soggetti ai princìpi della marcia avanti e della separazione dei percorsi 10. Tutte le attrezzature devono rispondere ai requisiti di sicurezza stabiliti per legge ed essere in materiale idoneo per alimenti e resistente 11. L’efficacia del lavaggio è determinata da 3 parametri 12. L’asportazione meccanica dello sporco grossolano è una fase della detersione 13. I disinfettanti non riescono a distruggere i microorganismi patogeni 14. La sanificazione combina detersione e disinfezione 15. La perfetta pulizia dei locali impedisce la contaminazione degli alimenti 16. Mantenere la catena del freddo non è un obbligo legato all’igiene degli alimenti 17. Le preparazioni possono essere lasciate a temperatura ambiente per lungo tempo 18. I prodotti cotti vanno conservati a temperature superiori a 60 °C fino al momento del servizio 19. Nelle attività di ristorazione l’esercente deve sospendere l’uso del prodotto ritenuto pericoloso 20. Per i salumi stagionati di produzione autonoma non è necessario identificare il lotto di produzione

V V V V V V V V V

F F F F F F F F F

V F V F V V V V V V V V

F F F F F F F F


unità

2

La sicurezza

MAPPA

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macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

SINTESI Che cosa si intende per sicurezza sul lavoro

La sicurezza sul lavoro è il presupposto per la qualità. La normativa di riferimento assegna al datore di lavoro l’obbligo prevalente della sicurezza ma corresponsabilizza tutti i lavoratori, a qualsiasi livello. Che cosa si intende per sicurezza alimentare

La sicurezza alimentare è la garanzia che un alimento non causerà danno al consumatore dopo che è stato preparato e/o consumato secondo l’uso cui è stato destinato. È una responsabilità condivisa dai campi alla tavola. Che cosa si intende per rintracciabilità

La rintracciabilità è “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento o di una sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione”. Che cosa sono l’autocontrollo e il sistema HACCP

L’HACCP è il sistema di gestione della sicurezza alimentare per eccellenza e consente l’applicazione dell’autocontrollo obbligatorio in modo razionale e organizzato. Permette all’impresa di dimostrare di aver operato in modo da minimizzare i rischi e all’Autorità sanitaria di esercitare controlli efficaci; garantisce la tracciabilità di prodotti, flussi materiali e responsabilità. Quali sono le fasi dell’HACCP

Il sistema HACCP si articola in quattordici fasi: cinque fasi preliminari, sette princìpi fondamentali, attuazione del piano e riesame finale. Le cinque fasi preliminari sono: formazione del gruppo di lavoro; descrizione dei prodotti; definizione della destinazione d’uso; redazione di uno o più diagrammi di flusso; verifica dei diagrammi di flusso in loco.

I sette principi dell’HACCP (o fasi obbligatorie) sono: identificazione dei pericoli e analisi dei rischi; identificazione dei punti critici di controllo (CCP); definizione dei limiti critici di ciascun CCP; attivazione del sistema di monitoraggio dei CCP; individuazione delle misure correttive; applicazione delle verifiche; redazione di un sistema di documentazione.

LEZIONE SPECIALE L’igiene nella ristorazione Quali sono le buone prassi d’igiene professionale

Il Pacchetto Igiene sollecita l’elaborazione e la divulgazione di manuali di buona prassi igienica e di produzione (manuali GHP e manuali GMP). Le GHP sono pratiche generali che sono attuate per garantire il rispetto dei requisiti minimi di igiene; le GMP indicano le corrette modalità operative da adottare per garantire la conformità alle norme e agli standard qualitativi di riferimento. L’igiene delle mani

Tutti gli operatori devono curare l’igiene personale, specialmente delle mani, da pulire e disinfettare con regolarità. Gli ambienti

Un’impresa ristorativa è costituita da aree diverse: ognuna va progettata in modo da garantire l’applicazione del principio di marcia avanti e il rispetto del principio di separazione dei percorsi. I locali vanno dotati di presidi per evitare l’ingresso di insetti e materiale volatile, per eliminare insetti e altri infestanti (sistemi antiratto). Le attrezzature

Attrezzature e utensili devono: essere realizzati in materiale idoneo per alimenti, essere facilmente lavabili e sanificabili, rispondere ai requisiti di sicurezza stabiliti per legge, essere sottoposti regolarmente a manutenzione, essere lavati dopo l’uso con acqua calda e detergente, essere disinfettati e sanificati con regolarità. Che cosa si intende per sanificazione

La sanificazione combina la detersione (applicazione di un detergente) e la disinfezione (applicazione di un disinfettante). Si articola in asportazione dei residui visibili, detersione, primo risciacquo, disinfezione, secondo risciacquo e asciugatura.


unità

2

La sicurezza

VERIFICHE VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. Il sistema di gestione della sicurezza stabilisce misure preventive e protettive V F 2. Tutti i reparti e tutti i lavoratori sono coinvolti nella gestione della sicurezza V F 3. L’obbligo prevalente della sicurezza fa capo soltanto ai lavoratori assunti a tempo indeterminato V F 4. Il datore di lavoro organizza corsi di formazione e di addestramento soltanto per i neoassunti V F 5. I lavoratori hanno l’obbligo di informare le figure preposte delle situazioni di pericolo V F 6. Il D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 attribuisce l’obbligo prevalente della sicurezza al datore di lavoro V F 7. La sicurezza personale è il presupposto di quella collettiva V F 8. La vigilanza sull’applicazione della normativa per la sicurezza sul lavoro è un obbligo dei lavoratori incaricati V F 9. I lavoratori sono tenuti a segnalare eventuali situazioni di rischio V F 10. Il medico competente è nominato dal datore di lavoro V F DOMANDE A COMPLETAMENTO Completa indicando i fattori che frequentemente si rivelano causa di infortunio oltre a disattenzione, fretta, trascuratezza e stanchezza. 1. ................................................................................... ................................................................................... 2. ................................................................................... ................................................................................... ................................................................................... 4. ...................................................................................

...................................................................................

5. ................................................................................... ................................................................................... 6. ................................................................................... ...................................................................................

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. Il Regolamento (CE) n. 178/2002 identifica come fondamenta del sistema della sicurezza alimentare: a. l’analisi del rischio b. la responsabilizzazione primaria degli operatori c. la rintracciabilità d. tutte le opzioni sono corrette 2.

Il Pacchetto Igiene 2004 è composto da: a. Regolamento (CE) n. 852/2004 b. Regolamento (CE) n. 853/2004 c. Regolamento (CE) n. 854/2004 d. tutte le opzioni sono corrette

3. Il Pacchetto Igiene 2004: a. conferma il sistema HACCP come strumento di analisi e controllo per la sicurezza alimentare b. individua nei manuali di buona prassi igienica e di produzione il cuore della sicurezza alimentare c. ha disposto l’obbligo della rintracciabilità d. ha disposto l’obbligo della certificazione ISO 4.

L’EFSA è stata istituita: a. dal Regolamento (CE) n. 178/2002 b. dal Pacchetto Igiene c. dal Codex Alimentarius d. nessuna delle opzioni è corretta

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. Il Pacchetto Igiene promuove l’adozione e la divulgazione di manuali di buona prassi igienica e di produzione V F 2. La rintracciabilità è la possibilità di ripercorrere l’intero percorso di un alimento dalla produzione iniziale fino alla distribuzione finale V F 3. La rintracciabilità degli imballaggi è obbligatoria secondo il Regolamento CE n. 1935/2004 V F 4. L’EFSA è l’Autorità Europea per la Salvaguardia Alimentare V F 5. Il Pacchetto Igiene istituisce l’obbligatorietà del libretto di idoneità sanitaria V F 6. Per produzione primaria si intende soltanto la coltivazione delle materie prime V F 7. La sicurezza alimentare è una responsabilità condivisa da tutti gli operatori della filiera agroalimentare ma non dal consumatore V F 8. Il Pacchetto Igiene è entrato in vigore il 1° gennaio 2016 V F 9. Il Codex Alimentarius è pubblicato dall’EFSA V F

VERIFICHE

3. ...................................................................................

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332

macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

10. Gli operatori devono dimostrare da chi hanno ricevuto un alimento o un mangime V F 11. La documentazione inerente la rintracciabilità fornisce all’Autorità sanitaria le informazioni necessarie per attuare le procedure di ritiro o di richiamo di un prodotto V F 12. Si parla di ritiro del prodotto quando questo ha raggiunto il consumatore finale V F DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. Per individuare i punti critici di controllo è possibile: a. utilizzare un albero delle decisioni b. utilizzare un diagramma di flusso c. fare riferimento a esperienze di altre realtà d. aspettare che si verifichi l’evento critico 2. L’HACCP: a. è un piano di autocontrollo applicato dalla ristorazione commerciale b. è un sistema di identificazione delle possibili fonti di rischio lungo la filiera produttiva c. è un piano di autocontrollo applicato da tutte le realtà operanti nel settore alimentare d. è un’analisi dei pericoli sanitari presenti lungo i singoli stadi della filiera alimentare 3. Il limite critico di un CCP: a. può riferirsi a valori fisici, chimici, normativi o comportamentali b. deve riferirsi a valori misurabili e controllabili c. può riguardare tempi, temperature, modalità di esecuzione e comportamenti d. tutte le opzioni sono corrette

LEZIONE SPECIALE L’igiene nella ristorazione

VERO O FALSO

VERIFICHE

Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. Il lavaggio delle mani va effettuato il più spesso possibile ogni volta che esistano possibilità di contaminazione V F 2. Le unghie devono essere corte e prive di smalto V F 3. Secondo la regola della marcia avanti gli alimenti e gli operatori seguono un percorso rettilineo obbligato che si muove in una sola direzione V F

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. Autocontrollo e HACCP sono sinonimi 2. L’autocontrollo è obbligatorio per tutti gli operatori coinvolti nella filiera della produzione alimentare 3. L’HACCP è un metodo che consente di applicare l’autocontrollo 4. Il diagramma di flusso è uno strumento grafico che descrive un processo 5. Nei punti di controllo individuati nelle fasi del ciclo produttivo è sufficiente garantire il rispetto delle buone prassi igieniche e di produzione 6. La cottura, insieme alla contaminazione post cottura e alla refrigerazione, è uno dei CCP per un ristorante o una mensa 7. Il monitoraggio delle temperature non è necessario per tenere sotto controllo alcuni CCP 8. L’analisi dei rischi permette di individuare i punti critici di controllo 9. È necessario individuare la natura del pericolo (chimico, fisico, particellare, biologico, microbiologico) 10. Il sistema HACCP consta di sette fasi preliminari e cinque fasi obbligatorie 11. La verifica regolare e programmata dei CCP consente di tenere i livelli di rischio entro i limiti stabiliti 12. Il monitoraggio dei CCP non va registrato 13. Non è indispensabile monitorare tutti i CCP, ma solo quelli ritenuti più strategici 14. Il dossier HACCP contiene soltanto il manuale di autocontrollo

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F

4. I locali adibiti alla preparazione degli alimenti non vanno mai suddivisi per tipologia ed è sufficiente un unico locale con attrezzature a uso promiscuo V F 5. Il principio della separazione dei percorsi prevede che le materie prime grezze non ancora pulite non entrino mai in contatto con le preparazioni pronte V F 6. Porte e finestre devono prevedere presidi che evitino l’ingresso di insetti e materiali volatili V F 7. I rifiuti organici dei centri di produzione pasti possono essere destinati all’alimentazione di animali V F 8. Le attrezzature e le superfici dei locali adibiti alla preparazione degli alimenti devono essere lavabili e disinfettabili V F


unità

2

La sicurezza

9. La disinfestazione mira a eliminare piccoli animali e specie vegetali non desiderate V F 10. Gli operatori devono eseguire controlli regolari sugli alimenti V F 11. Le buone prassi di produzione sono corrette modalità operative di manipolazione e preparazione degli alimenti V F 12. La disposizione di locali, spazi e attrezzature deve individuare zone distinte per ogni fase del processo di produzione V F 13. È consentito indossare anelli, braccialetti e orologio durante il turno di servizio V F 14. Gli operatori di sala e cucina devono sempre indossare un copricapo V F 15. Gli operatori possono usare uno stesso utensile per più operazioni sullo stesso alimento V F DOMANDE A COMPLETAMENTO Completa indicando le zone fondamentali identificabili nelle strutture ristorative. 1. Area di …........……….. e …........……….. preliminare delle …........……….. 2. Area di …........……….. / …........……….. 3. Area di …........……….., divisa per …........……….. di …........……….. e/o …........……….. 4. Area per la …........……….. e/o la …........……….. 5. Deposito …........……….. 6. Locali adibiti ad altri usi …........……….. DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. Le buone prassi igieniche (GHP) sono: a. modalità operative di corretta manipolazione e preparazione degli alimenti b. pratiche generali che servono a garantire la sicurezza e l’idoneità igienica c. principi e requisiti generali in tema di sicurezza alimentare d. un sistema di autocontrollo

3. Secondo le GHP l’igiene della persona prevede: a. l’utilizzo anche sul lavoro degli abiti privati b. la pulizia e la disinfezione regolare delle mani

c. l’utilizzo del copricapo per tutte le posizioni e durante tutte le operazioni d. l’utilizzo dell’orologio purché subacqueo

4. I locali adibiti alla preparazione degli alimenti devono essere progettati in modo che: a. sia rispettato il criterio della marcia in avanti b. sia rispettato il principio della separazione dei percorsi c. rispondano ai criteri di igienicità attiva e passiva d. tutte le opzioni sono corrette 5. La disposizione di locali, spazi di lavoro e attrezzature: a. non deve rispondere a requisiti specifici b. deve facilitare le operazioni di pulizia c. individua una zona distinta per l’intero ciclo produttivo di ciascuna materia prima trattata d. tutte le opzioni sono corrette 6. Con la sanificazione una superficie è pulita sotto il profilo: a. chimico b. esclusivamente fisico c. esclusivamente biologico d. nessuna delle opzioni è corretta 7. È corretto: a. introdurre preparazioni calde nei frigoriferi b. conservare i prodotti cotti a temperature inferiori a 60 °C fino al momento del servizio c. scongelare in frigorifero o in forno a microonde d. tutte le opzioni sono corrette 8. Tutti i locali, ad eccezione di quelli di vendita e somministrazione, devono avere: a. pareti in materiale lavabile e sanificabile b. raccordi arrotondati fra parete e parete c. pavimentazioni impermeabili, antiscivolamento d. tutte le opzioni sono corrette 9. La lotta agli infestanti: a. non è fatta da ditte specializzate b. riguarda soltanto organismi animali c. avviene esclusivamente ricorrendo a mezzi chimici d. nessuna delle opzioni è corretta 10. Per la gestione dei rifiuti è ammesso: a. lo smaltimento secondo le regole della raccolta differenziata b. la destinazione all’alimentazione di animali c. la destinazione a associazioni Onlus d. tutte le opzioni sono corrette

VERIFICHE

2. Le buone prassi igieniche nella ristorazione riguardano: a. l’igiene del personale b. l’igiene dei locali c. l’igiene delle attrezzature d. tutte le opzioni sono corrette

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334

Lessico Compiti specialistico di realtà

LABORATORIO DELLE COMPETENZE

DOMANDE A COMPLETAMENTO Scrivi il termine corrispondente a ogni definizione. 1. Contaminazione che consiste nella trasmissione di contaminanti da un cibo a un altro attraverso le mani degli operatori o gli strumenti usati per manipolarlo ............................................................................................................... 2. È il presupposto della salubrità del cibo ........................................................................................................................ 3. Norme di buone prassi igieniche ..................................................................................................................................... 4. Indica il percorso seguito dall’alimento dal produttore originario al consumatore finale ......................................................................................................................................................................................... 5. Pratiche di buona fabbricazione ..................................................................................................................................... 6.. Fasi, procedure o fattori operativi da regolamentare per eliminare o ridurre un rischio .

.........................................................................................................................................................................................

7. Parametro che determina l’accettabilità di un CCP ........................................................................................................ 8. Permette di ricostruire la tracciabilità dell’alimento ........................................................................................................ 9.. La sua applicazione permette l’applicazione organizzata dell’autocontrollo . ......................................................................................................................................................................................... 10. Sostanza chimica in grado di rimuovere lo sporco da una superficie ............................................................................ 11. Rimozione dello sporco visibile con detergenti specifici e acqua potabile calda .

.........................................................................................................................................................................................

12. Lo dispone l’Autorità sanitaria quando il prodotto a rischio ha già raggiunto il consumatore finale .

.........................................................................................................................................................................................

13.. Il D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 è stato emanato in sua attuazione .................................................................................. 14. Piano che guida e promuove l’elaborazione e l’applicazione di standard di sicurezza alimentare . ......................................................................................................................................................................................... 15. La garanzia che un alimento non causerà danno al consumatore dopo che è stato preparato e/o consumato secondo l’uso cui è stato destinato ................................................................................................................................ 16.. Presuppone una progressiva igienizzazione del prodotto durante la lavorazione .

.........................................................................................................................................................................................

17.. Principio secondo cui il ciclo del pulito non deve mai incrociare quello dello sporco . ......................................................................................................................................................................................... 18.. Combina detersione e disinfezione .................................................................................................................................

Laboratorio delle competenze L’HACCP e l’igiene


LABORATORIO DELLE COMPETENZE ACCP

Il sistema H A

335

Completa riordinando nella giusta sequenza le fasi obbligatorie del sistema HACCP. ………………. ………………. ………………. ………………. ………………. ………………. ……………….

B

Lessico Compiti specialistico di realtà

Definizione dei limiti critici di ciascun HACCP Applicazione delle verifiche Individuazione delle misure correttive Identificazione dei pericoli e analisi dei rischi Identificazione dei punti critici di controllo (CCP) Redazione di un sistema di documentazione Attivazione del sistema di monitoraggio dei CCP

Indica la misura correttiva da attuare nelle seguenti situazioni problematiche. Blocco di un frigorifero ...................................................................................................................... Confezione non integra ..................................................................................................................... Cottura incompleta ............................................................................................................................ Etichettatura non conforme ............................................................................................................... Imballo non conforme ....................................................................................................................... Operazioni scorrette .......................................................................................................................... Prodotto difettoso ............................................................................................................................. Prodotto scaduto .............................................................................................................................. Temperatura troppo alta .................................................................................................................... Temperatura troppo bassa ................................................................................................................ Tracce di roditori ................................................................................................................................ Tracce di unto al tatto ........................................................................................................................

C

Completa con riferimento all’acquisto e alla conservazione di materie prime e prodotti alimentari.

CCP Acquisto di materie prime e prodotti

Controllo

Limite critico

Controllo sulla contaminazione di varia Presenza di ............................... e natura referenziamento del fornitore

............................................................. Controllo sulla proliferazione batterica per ............................... e sull’accettazione di merci non idonee

............................... dei prodotti al ricevimento ............................... delle confezioni. Assenza di difetti. Rispetto delle date di durabilità e di scadenza

............................... di prodotti deperibili

Controllo sulla proliferazione batterica e sulla ...............................

Condizioni di conservazione, con particolare riferimento alla temperatura

Magazzino

Controllo sulla ............................... e sulle ...............................

............................... dei prodotti. Assenza di tracce di infestazione


336

LABORATORIO DELLE COMPETENZE

a ristorazion L’igiene nell D

e

Compiti di realtà

Il lavaggio delle mani deve essere eseguito seguendo una procedura specifica. Riordina la sequenza di lavaggio delle mani. ………………………… Asciugarsi le mani con salviette monouso o con getto di aria calda. ………………………… Se i rubinetti non sono dotati di comando automatico, chiuderli utilizzando una salvietta monouso che poi deve essere gettata. ………………………… Lavare con cura il dorso delle mani, i polsi, lo spazio tra le dita e sotto le unghie. ………………………… Lavare e strofinare ogni dito. ………………………… Rimboccarsi le maniche fino al gomito. ………………………… Sciacquare le mani e gli avambracci sotto l’acqua corrente. ………………………… Strofinare vigorosamente le mani e gli avambracci. ………………………… Usare sapone liquido e acqua calda.

E

Tra i tuoi compagni seleziona il gruppo di lavoro HACCP e con loro analizza i prodotti necessari alla realizzazione di una carta dei dessert. Gli alimenti per la realizzazione di tale carta vanno suddivisi in deperibili, non deperibili e a lunga conservazione. Realizza poi un diagramma di flusso per quanto riguarda uova, latte, farina, frutta secca e frutta fresca.

F

Il 10 novembre i NAS verranno a visitare il tuo locale e dovrai dimostrare di avere applicato correttamente l’autocontrollo secondo quanto previsto dal sistema HACCP. Realizza un’ipotetica cartella (cartacea) nella quale devono essere presenti tutti i documenti e la modulistica opportuna. Fai un elenco della documentazione che dovrai presentare. A tale scopo, realizza anche: • una lettera di reclamo inviata a un fornitore per aver consegnato dei prodotti surgelati non conformi (temperatura del camion di trasporto non idonea, scatole rotte); • una lettera di richiesta delle certificazioni necessarie inviata a un fornitore; • la descrizione della procedura di pulizia delle attrezzature; • la descrizione della procedura di smaltimento dei rifiuti.

G

Trova i rischi che si possono nascondere nel menu proposto. Menu per un buffet di inaugurazione di un convegno Funghi selvatici e medaglioni di formaggio di capra in olio extravergine d’oliva Insalata di radicchio Ostriche crude in salsa di Champagne Carpaccio di rucola e Parmigiano Reggiano DOP Insalata mista con tonno, patate grigliate, olive e germogli di soia Involtini di pollo appena scottati con prosciutto e patate Pasticceria fresca con panna e crema pasticcera Gelato


UNITÀ 3

337

La salute in pasticceria 1.

COME AVVIENE LA CONTAMINAZIONE DEGLI ALIMENTI

Il primo principio fondamentale dell’HACCP consiste nell’analisi dei pericoli. Si tratta di una fase Pericolo

importantissima perché conoscere adeguatamente i rischi significa poterli prevenire. Per ogni fase di lavoro vanno descritti i possibili pericoli ad essa associati e le misure preventive messe in atto per il loro contenimento. Si identificano le seguenti categorie di pericoli: Caratteristiche

Pericolo fisico

È rappresentato dalla contaminazione corpuscolare di natura biologica e non (peli, capelli, frammenti di infestanti, di metallo, di ossa e di plastica).

Pericolo chimico

Consiste nella contaminazione da xenobiotici, cioè molecole estranee all’alimento derivanti sia dalla produzione primaria animale e vegetale (fitofarmaci, zoofarmaci, pesticidi e metalli pesanti), sia dalle fasi di sanificazione (detergenti e disinfettanti), sia da procedure di disinfestazione e di derattizzazione (disinfettanti e ratticidi).

Pericolo biologico e microbiologico

Deriva dalla contaminazione da parte di infestanti (topi, scarafaggi, insetti), parassiti e microrganismi alterativi e patogeni, che possono determinare fenomeni di infezione, intossicazione o tossinfezione alimentare.

Il pericolo microbiologico è statisticamente il più probabile e può indurre negli alimenti modificazioni tali da renderli dannosi per la salute dei consumatori. A questo proposito, vale la pena precisare che: • le infezioni sono originate da virus (epatite A) e microrganismi patogeni (colera, listeriosi, Salmonella sp.) che si moltiplicano nell’apparato digerente del soggetto che ha consumato l’alimento contaminato; • le intossicazioni sono causate dalle tossine prodotte dai microrganismi contenuti nell’alimento (Clostridium botulinum, Staphylococcus aureus);

• le tossinfezioni si caratterizzano per la presenza nell’alimento sia del microrganismo sia delle sue tossine (Clostridium perfringens, Bacillus cereus); • le infestazioni (o parassitosi) sono originate da organismi sia unicellulari (protozoi, come nel caso della toxoplasmosi) sia pluricellulari (elminti, come nel caso della teniasi, dell’anisakidosi, della trichinellosi) che passano da un ospite a quello successivo, veicolati da acque o alimenti che contengono il parassita o le sue uova. L’indice di rischio, cioè la possibilità che un pericolo si verifichi, è ottenuto applicando la formula seguente:

IR (INDICE DI RISCHIO) = PROBABILITÀ DI ACCADIMENTO DEL PERICOLO × GRAVITÀ DEL DANNO INDOTTO

Approfondimenti Le malattie trasmesse da alimenti (MTA)

Approfondimenti Rischi e contaminazioni

Approfondimenti I fattori di crescita microbica

Parola chiave Microrganismi patogeni I microrganismi patogeni sono trasferiti agli alimenti dalle fonti d’infezione e causano infezioni o tossinfezioni. Diversamente, i microrganismi alterativi modificano le caratteristiche organolettiche del prodotto rendendolo non commestibile ma difficilmente dannoso per la salute dell’uomo.


338

macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

Nella tabella seguente sono elencati i principali microrganismi patogeni legati alle attività di pasticceria. Pericolo microrganismo

Fonte o causa

Staphylococcus aureus

Uova (in particolare nelle uova sgusciate) Operatori (ferite o foruncoli)

Salmonella

Uova Spezie Operatori

Listeria monocytogenes

Latte e derivati

Escherichia coli

Uova Farina Operatori Mancato rispetto delle norme igieniche

I microrganismi patogeni si sviluppano entro diversi range di temperatura, pH e attività dell’acqua (Aw). Nella tabella seguente sono elencati i valori di tali parametri per i principali patogeni. Patogeni

✔ 1. 2. 3. 4.

T° di sviluppo (°C)

pH

Aw minima

Bacillus cereus

4 – 50

4,3 – 9,0

0,91

Campylobacter jejuni

32,2 – 45

4,9 – 8

-

Clostridium botulinum

10 – 47,5

4,6 – 9,0

0,94

Clostridi tipo A e ceppi proteolitici

10 – 47,5

4,6 – 9,0

0,94

Clostridi tipo E e ceppi non proteolitici

3,3 – 45

5,0 – 9,0

0,97

Clostridium perfringens

15 – 52,3

5,0 – 9,0

0,95

Escherichia coli O157:H7

10 – 42

4,5 – 9,0

0,95

Listeria monocytogenes

0 – 44

4,5 – 9,5

0,93

Salmonella sp.

5,5 – 45,5

4,1 – 9,0

0,95

Staphylococcus aureus

6,5 – 50

4,5 – 9,3

0,83

Yersinia enterocolitica

0 – 44

4,6 – 9,0

-

Shigella

5,5 – 45,5

4,1 – 9,0

0,95

Muffe tossinogene

0 – 31

2,1 – 10

0,8

GUIDA ALLO STUDIO

L’analisi dei pericoli è una fase fondamentale del sistema HACCP Il pericolo fisico è rappresentato dalla contaminazione da xenobiotici Il pericolo chimico è rappresentato dalla contaminazione da peli, capelli, frammenti di infestanti, di metallo, di ossa e di plastica Il pericolo microbiologico è statisticamente il meno probabile

V F V F V F V F


unità

3

La salute in pasticceria

Quali sono i rischi per i prodotti di pasticceria freschi I prodotti di pasticceria freschi hanno durata di conservazione limitata a uno o pochi giorni, per questo i rischi di alterazioni sono sempre in agguato. Staphylococcus aureus Le intossicazioni da stafilococco sono tipicamente associate a prodotti come paste farcite, maionesi, creme pasticcere, salse (ad esempio quella tonnata), ripieni e, in generale, a preparazioni molto elaborate, conservate a temperature non idonee. La tossina, una volta che si è formata, in genere, non viene distrutta nemmeno dalla cottura.

conta Cause della

minazione

■ Foruncoli, ferite, tagli esposti infetti ■ Pelle e capelli ■ Naso, bocca (starnuti, tosse, goccioline di saliva) ■ Guscio delle uova (uova non lavate) ■ Crescita batterica dovuta alla conservazione a temperature intermedie (10-50 °C) per tempi prolungati (4 e più ore)

339

Clostridium perfringens La tossinfezione da clostridi è associata a prodotti a base di uova, latte e carne, cotti e raffreddati lentamente. Il germe ha origine fecale o tellurica e può contaminare le carni all’atto della macellazione. La cottura, seppur prolungata, non uccide le spore del batterio. Inoltre, se la fase successiva di raffreddamento non è abbastanza rapida, si ha una moltiplicazione del batterio con conseguente tossinfezione. La riproduzione del germe è molto veloce, basti pensare che a temperature di 43-47 °C si ha un raddoppio del numero di unità ogni dieci minuti. Azioni di prevenzione • Assicurare un rapido raffreddamento dei prodotti cotti: entro tre ore la temperatura al cuore del prodotto deve scendere sotto i 10 °C e, in particolare, è da considerare ad alto rischio la fascia compresa tra i 15 e i 55 °C. • Mantenere i prodotti a temperatura superiore a 60 °C fino alla vendita. • Se il prodotto ha sostato nella fascia a rischio per tempi prolungati, è possibile eliminare il patogeno con un riscaldamento ad almeno 80 °C, al cuore del prodotto, prima del consumo.

Azioni di prevenzione • Evitare i comportamenti a rischio da parte del personale. • Proteggere i prodotti dalla contaminazione durante le lavorazioni. • Non lasciare i prodotti a raffreddare all’aria né sottoporli per lunghi periodi a temperatura ambiente.

Videolezione Maionese

✔ 1. 2. 3. 4.

GUIDA ALLO STUDIO

Ferite o foruncoli degli operatori sono fonti o cause di pericolo da Staphylococcus aureus Latte e derivati sono fonti o cause di pericolo da Salmonella Le spezie sono fonti o cause di pericolo da Listeria monocytogenes Uova, farina, operatori e mancato rispetto delle condizioni igieniche sono fonti o cause di Escherichia coli

V F V F V F V F


340

macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

Salmonella Le infezioni alimentari da salmonelle (salmonellosi, gastroenteriti da Salmonella sp.) derivano da trasmissione diretta o indiretta del germe. Tipicamente si verificano infezioni a causa dei seguenti fattori: • cottura insufficiente o nessuna cottura, ad esempio nel caso del tiramisù e della maionese; • contaminazione per contatto anche indiretto tra prodotti crudi e prodotti bonificati; • trasmissione del germe agli alimenti da parte di un portatore sano che non si è lavato le mani dopo l’utilizzo dei servizi igienici.

conta Cause della

minazione

■ Portatori sani (per scarsa igiene delle mani) ■ Carni infette e relative preparazioni ■ Uova infette o contaminate in superficie ■ Latte e derivati contaminati ■ Cioccolato contaminato ■ Molluschi contaminati ■ Verdure in foglia ■ Spezie

Azioni di prevenzione • Cottura completa dei prodotti. • Lavaggio accurato delle uova prima dell’uso (o meglio l’uso di uova pastorizzate). • Netta separazione (tramite contenitori e utensili) tra prodotti contaminati (carni crude, verdure, uova) e prodotti già bonificati. • Astensione dalle operazioni di manipolazione nel caso si sospetti un’infezione in corso. Bacillus cereus Le tossinfezioni e intossicazioni da Bacillus cereus sono associate solitamente a prodotti elaborati, ricchi di proteine e amido, nonché a prodotti a base di creme e salse. L’inquinamento deriva dagli alimenti normalmente contaminati a bassi livelli di microrganismi, dall’ambiente (polvere, terreno) e spesso dalle spezie. Il rischio si alza se l’alimento è contaminato e poi conservato a una temperatura scorretta (tra 10 e 50 °C) e per periodi prolungati (alcune ore). In queste condizioni vengono prodotte tossine che non sono distrutte dalla cottura o dal riscaldamento. Azioni di prevenzione • Assicurare un rapido raffreddamento dei prodotti cotti: la temperatura al cuore del prodotto deve scendere sotto i 10 °C entro 3 ore. • Mantenere i prodotti a temperatura superiore a 60 °C fino alla vendita.


unità

3

La salute in pasticceria

341

Quali sono i rischi per i prodotti refrigerati I prodotti refrigerati sono generalmente a breve durata, quindi necessitano di una conservazione in frigorifero e comunque a temperature inferiori a +4 °C. Listeria monocytogenes La Listeria monocytogenes è un batterio capace di crescere a temperature molto basse e in grado di provocare gravi infezioni, con disturbi neurologici e aborto spontaneo in donne in gravidanza. È associato ai prodotti a base di latte e ai pasticci di carne, ma può contaminare anche altri prodotti, come quelli di pasticceria. Il germe si sviluppa a temperature di conservazione leggermente superiori ai 4 °C. Il germe, essendo tipicamente ambientale (diffuso su tutte le superfici, non soltanto sugli alimenti), è presente praticamente ovunque. Spesso lo sviluppo avviene anche a temperature di +2/+4 °C. Azioni di prevenzione • Assicurare l’igiene degli ambienti di lavorazione, delle superfici, dei macchinari e degli utensili. • Procedere con trattamenti periodici di disinfezione.

Quali sono i rischi per i prodotti di pasticceria secchi I prodotti di pasticceria secchi come i biscotti, le crostate, gli amaretti, le torte lievitate ma non farcite e altri dolci non necessitano di essere conservati in frigo, ma non per questo sono esenti da eventuali pericoli per la salute dell’uomo. Insetti Il problema principale nella conservazione di questi prodotti è dato dalla possibile infestazione da parte di insetti come punteruoli o farfalle. In un ambiente infestato, gli insetti invadono le confezioni perforando l’involucro e deponendo le

uova nel contenuto, che è ricco di amido. In condizioni ottimali, cioè con una temperatura di circa 20-25 °C, i cicli di riproduzione degli insetti si succedono al ritmo di una generazione ogni 10-20 giorni. Azioni di prevenzione • Assicurare la rotazione dei prodotti (tramite l’utilizzo di quelli con la data di scadenza più ravvicinata). • Tenere ben chiuse le confezioni e mantenere la temperatura al di sotto dei 15 °C. • Utilizzare sistemi di lotta come trappole a feromoni. • Controllare di frequente i prodotti depositati sugli scaffali dei magazzini o delle dispense. Micotossine I prodotti da forno, i cereali e la frutta secca possono essere contaminati dalle micotossine, che sono tossine prodotte dalle muffe (funghi microscopici). Questo può accadere all’origine, cioè con la contaminazione delle materie prime, oppure durante la conservazione delle derrate. Le tossine persistono anche dopo l’eventuale eliminazione della muffa. Azioni di prevenzione • Richiedere opportune garanzie ai fornitori delle materie prime. • Ispezionare i prodotti al ricevimento, con particolare attenzione a tracce di ammuffimento. • Curare la conservazione. • Ricorrere alla frequente rotazione delle merci in giacenza.


342

macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

Quali sono i rischi per i prodotti in scatola I prodotti in scatola a lunga conservazione (carni, verdure, prodotti ittici, olio), sebbene inerti da un punto di vista microbiologico, possono diventare pericolosi per la salute o semplicemente alterarsi nel caso in cui la loro confezione sia danneggiata. Azioni di prevenzione • Accertarsi che le scatole metalliche siano integre, esenti da rigonfiamenti, ruggine o altre forme di corrosione. • Conservare in luogo fresco e asciutto, lontano da sorgenti di umidità.

Quali sono i rischi per gli alimenti surgelati

Approfondimenti Rischi per le acque minerali

La surgelazione è un trattamento che consente la conservazione di derrate alimentari per lungo tempo, portando la temperatura a valori pari o inferiori a –18 °C in meno di 4 ore. Si differenzia dal congelamento sia per temperature che per tempi d’applicazione del trattamento. La surgelazione ha anche il vantaggio di mantenere completamente intatte le proprietà organolettiche del prodotto. Il surgelamento rallenta il deterioramento del cibo e, sebbene possa fermare ✔il proliferare di microrganismi, non necessariamente li uccide: infatti, molti processi enzimatici sono soltanto rallentati dal freddo. L’esposizione, anche limitata, a temperature di conservazione scorrette nonché lo scongelamento parziale dei prodotti surgelati possono causare alterazioni quali la crescita batterica o danni fisici per la formazione di piccoli cristalli di ghiaccio.

Azioni di prevenzione • Limitare il sovraccarico delle celle, dei congelatori e degli espositori. • Evitare di introdurre prodotti a temperatura elevata negli apparecchi di refrigerazione per non causare lo scongelamento del contenuto. • Fare attenzione alla presenza di umidità, sotto forma di condensa e brina, nelle apparecchiature di conservazione: l‘umidità, infatti, penetra nelle confezioni veicolando sia una contaminazione microbiologica sia un inquinamento chimico derivante dalla confezione stessa (confezioni di cartone).

Quali sono i rischi per la frutta e verdura Anche frutta e verdura, spesso utilizzati in pasticceria come materie prime per decorazioni o farciture, possono nascondere rischi per la salute dell’uomo. Fitofarmaci (pesticidi) Il principale rischio igienico a carico di questi prodotti è la possibile presenza di residui di fitofarmaci in quantità superiori ai limiti di legge. Nei mercati all’ingrosso non dovrebbe comunque entrare merce contaminata e a questo deve provvedere il controllo ufficiale, anche verificando i sistemi di autocontrollo di chi vi opera come venditore all’ingrosso o come produttore. Azioni di prevenzione • Richiesta di documentazione al proprio fornitore, anche se si commercializzano prodotti biologici (tale documentazione farà parte del proprio piano di autocontrollo). • Acquistare esclusivamente presso fornitori muniti di un piano di autocontrollo efficace.


unità

2.

3

La salute in pasticceria

343

CHE COSA SONO LE REAZIONI AVVERSE AGLI ALIMENTI

Le reazioni avverse agli alimenti (RAA) sono manifestazioni anomale derivanti dall’ingestione di un alimento, che costituiscono un pericolo per la salute del soggetto.

Sono classificate in: • intossicazioni alimentari: reazioni tossiche legate alla sensibilità individuale, dovute all’ingestione di una sostanza tossica (veleni, tossine, batteri, metalli pesanti); • allergie e intolleranze: reazioni non tossiche che dipendono dalla suscettibilità dell’individuo. Le più comuni allergie alimentari sono le IgE mediate.

Glossario IgE Le allergie alimentari IgE sono mediate da anticorpi della classe IgE.

Reazioni avverse agli alimenti (RAA) Reazioni tossiche Funghi

Batteri

Inquinanti

Reazioni non tossiche Tossine da cattiva conservazione

Allergie (immunologiche)

IgE mediate

Allergie e intolleranze sono distinte in base al meccanismo di reazione coinvolto. • Le allergie alimentari sono scatenate da una risposta anomala da parte del sistema immunitario (lo stesso che ci difende da microrganismi e virus) nei confronti di sostanze contenute negli alimenti.

Non IgE mediate

Intolleranze alimentari (non immunologiche)

Intolleranze farmacologiche

Intolleranze da meccanismi sconosciuti

• Le intolleranze, invece, dipendono da deficit enzimatici o da sostanze che manifestano un’azione farmacologica (per esempio, l’istamina).

Intolleranze enzimatiche

Approfondimenti Le allergie alimentari


344

macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

3. CHE COSA SONO LE INTOLLERANZE ALIMENTARI Le intolleranze alimentari, come abbiamo visto, sono reazioni non tossiche dovute a meccanismi: • farmacologici; • enzimatici.

Glossario Enzimi Si tratta di proteine fondamentali in tutti i processi vitali, capaci di catalizzare, cioè accelerare, una reazione biochimica; gli enzimi vengono denominati di solito con il nome della sostanza su cui agiscono. L’enzima incrementa unicamente le velocità delle reazioni chimiche.

Oltre a queste intolleranze, si suppone l’esistenza di altre forme di intolleranze legate a meccanismi ancora poco chiari, per esempio le intolleranze agli additivi. In ogni caso, in presenza di intolleranza, la terapia dietetica consiste nell’eliminare, una volta individuato, l’alimento o gli alimenti che la provocano.

nte:

prese L’istamina è

■ nei pesci della famiglia degli Sgombridi e nei crostacei

■ negli spinaci ■ nei pomodori ■ nei cibi fermentati (birra, crauti, formaggi stagionati)

Anche altri alimenti determinano la liberazione di istamina, tra i quali l’albume d’uovo, il latte, le fragole, il cioccolato, le patate, il pesce, i molluschi, le noci, le mandorle, le arachidi e le fave.

n Le metilxanti

nti: e sono prese

■ nelle bevande nervine (caffè e tè) ■ nel cioccolato

La tiramina

Le intolleranze farmacologiche Le intolleranze farmacologiche si attivano in quei soggetti particolarmente reattivi ad alcune sostanze come l’istamina, la tiramina e le metilxantine.

è presente:

■ in quantità minima nei formaggi freschi ■ in quantità mediamente elevata nel Parmigiano Reggiano,

nella mozzarella, nell’avocado, nelle fave e nei fichi

■ in quantità elevata nel caviale, nel tonno, nelle carni di selvaggina, nelle

patate, nel cavolo, nel cavolfiore, negli spinaci, nel pomodoro e nell’uva

■ in quantità molto elevata negli insaccati, nelle aringhe affumicate e

in alcuni formaggi (Groviera, Brie, Emmentaler, Camembert e Cheddar)


unità

3

La salute in pasticceria

Le intolleranze enzimatiche Le intolleranze enzimatiche sono generate da: • errori congeniti del metabolismo (fenilchetonuria, favismo, intolleranza congenita a monosaccaridi o disaccaridi); • patologie che alterano la mucosa intestinale, compromettendola da un punto di vista sia anatomico sia funzionale; • progressiva riduzione o perdita dell’enzima.

Che cos’è l’intolleranza al lattosio Tra le intolleranze ai glucidi, come l’intolleranza al fruttosio (contenuto nella frutta e nei suoi derivati) o al sorbitolo (contenuto in frutta e derivati, dolcificanti, prodotti dietetici a ridotto contenuto di zuccheri), l’intolleranza al lattosio è la più frequente e conosciuta. È dovuta al deficit assoluto o relativo della lattasi, l’enzima presente sulla mucosa intestinale deputato alla scissione dello zucchero del latte in glucosio e galattosio. In assenza della lattasi, il lattosio non può essere scisso e, di conseguenza, non

345 è assorbito. Rimane così nell’intestino, richiamando per un processo osmotico acqua nell’intestino. Una volta raggiunto il colon, subisce un processo di fermentazione da parte della flora batterica intestinale, con produzione di gas. Il risultato di questo processo è la comparsa di diarrea, meteorismo, flatulenza e dolori addominali.

La dieta per soggetti intolleranti al lattosio La dieta del soggetto intollerante al lattosio deve prevedere l’eliminazione di questo zucchero o la determinazione della dose massima di lattosio tollerata, per evitare di abolire completamente latte e derivati. I formaggi stagionati e lo yogurt risultano essere maggiormente tollerati perché ne contengono quantità trascurabili. Il latte può essere sostituito dai latti delattosati (ad alta digeribilità), nei quali il lattosio è stato scisso prima del confezionamento, o da bevande a base di soia o di riso che non contengono lattosio. Il lattosio è presente in forma nascosta anche in molti altri alimenti (biscotti, dolci, cioccolato, maionese, besciamella, cibi in scatola, insaccati e salumi lavorati con lattosio).

Glossario Glucidi I glucidi sono composti organici formati da atomi di carbonio, idrogeno e ossigeno. Sono chiamati anche carboidrati o saccaridi. Costituiscono fonte di energia e sono presenti soprattutto in pasta, pane, legumi, patate, crusca, riso e cereali.

Laboratorio delle competenze Food allergies and intolerances


346

macroarea

Glossario Glutine Il glutine è un complesso proteico presente in avena, frumento, farro, grano Khorasan (di solito commercializzato come Kamut), orzo, segale, spelta e triticale e tutti i loro derivati. È costituito da glutenina e prolamina (nel caso del frumento, è la prolamina, denominata gliadina, ad avere effetto tossico per il celiaco).

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

Che cos’è la celiachia

La dieta per soggetti celiaci

La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine, quindi irreversibile, che può manifestarsi a qualsiasi età. Si tratta di una malattia immunomediata (così chiamata perché intervengono elementi del sistema immunitario del soggetto colpito) scatenata proprio dall’ingestione di glutini. In soggetti geneticamente predisposti, infatti, il glutine determina un processo infiammatorio nell’intestino tenue. La celiachia non è ereditaria, anche se vi è un certo grado di familiarità.

Per i soggetti affetti da celiachia è indicata la dieta senza glutine. Vanno quindi eliminati tutti i cereali contenenti glutine (grano, orzo e segale, farro, spelta, kamut e triticale, un ibrido artificiale tra segale e grano duro) e loro derivati. Ai fini dell’eliminazione del glutine, è fondamentale anche che gli alimenti non vengano a contatto con esso durante la preparazione e la cottura. Per questo, è necessario seguire procedure specifiche atte a eliminare o ridurre i rischi di tale contaminazione. Per consentire ai celiaci di consumare comunque, per esempio, pasta, pane, biscotti e pizza, le aziende specializzate hanno elaborato prodotti sostitutivi, preparati utilizzando farine naturalmente prive di glutine (mais, riso, miglio, patate, soia, lupino, manioca).

il risch io Come ridurre tine zione da glu a in m ta n o c i d ■ Creare una zona dedicata

■ Non tagliare alimenti dove è stato

■ Utilizzare teglie d’alluminio o carta

■ Utilizzare grembiuli puliti o monouso ■ Lavare le mani dopo aver manipolato

■ Non infarinare i cibi ■ Non addensare salse e/o sughi con

■ Utilizzando lo stesso forno usato

■ Non appoggiare alimenti su superfici

■ Non maneggiare il cibo con mani

■ Lavare accuratamente tutto ciò che

■ Non cuocere il riso in cestelli per

■ Non cuocere il riso nella stessa

alla cucina senza glutine

alimenti contenenti glutine contaminate

viene a contatto con farina non permessa

■ Utilizzare attrezzature diverse da

quelle impiegate per gli alimenti non consentiti

affettato il pane

farina o amido di frumento

infarinate o con utensili non lavati cotture multiple

pentola della pasta

da forno su superfici che possono essere contaminate per alimenti vietati, cuocere quelli permessi avvolgendoli accuratamente in carta stagnola

■ Non utilizzare olio di frittura già usato

■ Non preparare il caffè con la stessa macchina del caffè d’orzo

GUIDA ALLO STUDIO

Scegli l’alternativa corretta. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

La terapia dietetica per l’intolleranza consiste nell’eliminare l’alimento / nel far bollire l’alimento In soggetti reattivi a sostanze come l’istamina e la tiramina occorrono intolleranze enzimatiche / farmacologiche Le intolleranze enzimatiche sono generate da patologie che non alterano / compromettono la mucosa intestinale L’intolleranza al lattosio è la più frequente e conosciuta / conosciuta ma poco diffusa In biscotti, dolci, cioccolato, cibi in scatola il lattosio non è presente / è presente in forma nascosta La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine che si rivela da bambini / a qualsiasi età È fondamentale che gli alimenti destinati ai celiaci non vengano a contatto con il glutine durante la preparazione e la cottura / durante la preparazione


unità

3

La salute in pasticceria

347

La contaminazione da glutine Altro fattore da tenere in considerazione è la probabilità che un alimento “sicuro” venga contaminato durante la preparazione. I possibili momenti di contaminazione sono: • approvvigionamento (scelta dei prodotti e dei fornitori);

• stoccaggio, motivo per il quale è consigliabile tenere separati i prodotti senza glutine da quelli contenenti glutine, anche se confezionati; • la preparazione, perché va evitata la contaminazione crociata; ✔ • la distribuzione (somministrazione). Laboratorio delle competenze Le régime alimentaire pour cœliaque

Le reazioni patologiche derivanti dall’ingestione di alimenti Fase

Pericolo

GMP/CCP

Misure preventive

• Approvvigionamento (acquisto/trasporto) delle materie prime

• Presenza di glutine • Contaminazione crociata

GMP

• Accreditamento dei fornitori • Impiego di materie prime convenzionali con dicitura “senza glutine” • Impiego di prodotti dietetici senza glutine notificati al Ministero della Salute • Impiego di prodotti naturalmente senza glutine

• Stoccaggio delle materie prime

• Scambio di prodotti • Contaminazione crociata

GMP

• Stoccaggio in vani/attrezzature/ settori/contenitori separati e identificati • Confezioni integre e, se aperte, protette in modo adeguato

• Lavorazione

• Contaminazione crociata

GMP

• Laboratorio dedicato • Linee esclusive • Differenziazione temporale • Attrezzature/utensili dedicati • Procedure definite

• Conservazione del prodotto finito

• Scambio di prodotti • Contaminazione crociata

GMP

• Conservazione in attrezzature/ contenitori chiusi e ben identificati

• Distribuzione • Incarto • Vendita

• Scambio di prodotti • Contaminazione crociata

GMP

• Utilizzazione di attrezzature e utensili appositi e identificati • Contenitori separati • Idonei preincarti

• Somministrazione

• Scambio di prodotti • Contaminazione crociata

GMP

• Simbologia identificativa su menu, ordinazioni, piatti di portata • Protezione da alimenti a rischio o da loro residui


LEZIONE SPECIALE

La pasticceria per le intolleranze alimentari Al giorno d’oggi l’offerta di prodotti all’interno delle pasticcerie continua ad aumentare, rispondendo ai bisogni di una clientela sempre più esigente ma anche attenta a nuove necessità alimentari e di salute. La pasticceria deve quindi proporre soluzioni idonee per i consumatori che soffrono di intolleranze alimentari, soprattutto intolleranza al lattosio e intolleranza al glutine. L’intolleranza al lattosio è frequente nel 75% della popolazione mondiale (50% in Italia). Il suo mancato riconoscimento può comportare fastidiosi disturbi gastrointestinali a causa della fermentazione del lattosio nell’ultima parte dell’intestino. La celiachia ha insorgenza su base genetica ma alcuni fattori ambientali possono essere predisponenti. La percentuale di popolazione a cui è stata diagnosticata la celiachia in Italia e in Europa equivale all’1%, di cui 2/3 donne. Si tratta tuttavia di dati in crescita. Per i soggetti intolleranti al lattosio, in sostituzione di latte, burro, panna sono utilizzabili: • alternative “lactose free”, in cui il lattosio è stato già scisso nei monosaccaridi di cui è costituito (galattosio e glucosio); • prodotti equivalenti derivati dalla soia, come le bevande vegetali. Allo stesso modo, per i soggetti celiaci, in sostituzione al frumento possono essere impiegati mix di farine (quali di riso, di mais, di grano saraceno, di avena) in combinazione ad altri ingredienti che conferiscano struttura e volume, come emulsionanti e gelificanti. Gli ingredienti e i preparati presenti sul mercato che emulano le caratteristiche degli alimenti da sostituire riescono ad avere la stessa tabella nutrizionale ma non le stesse caratteristiche tecnologiche. Una pasticceria dedicata alle intolleranze necessita quindi un approccio diverso rispetto alla pasticceria classica in quanto i surrogati interagiscono in maniera diversa con gli altri ingredienti e richiedono spesso temperature, tempi e approcci differenti per l’ottenimento di un buon prodotto finale. È quindi fondamentale conoscere innanzitutto gli ingredienti tradizionali e le loro reazioni per imparare a sostituirli e per realizzare prodotti in grado di soddisfare il gusto e anche l’aspetto estetico. Le intolleranze, soprattutto quella al glutine, possono suscitare reazioni pericolose, quindi è necessario che le pasticcerie che decidono di offrire prodotti indirizzati a questa clientela abbiano a disposizione aree specifiche dedicate a queste preparazioni, ben separate dal resto del laboratorio, in modo che non ci possano essere contaminazioni incrociate tra i vari prodotti. Va infine ricordato che l’offerta delle pasticcerie si sta inoltre muovendo anche verso particolari scelte dietetiche, come quella vegana, offrendo alla clientela che segue tale dieta prodotti che prevedono l’eliminazione dei derivati animali (quindi anche uova, oltre a latte, burro, panna).


unità

3

La salute in pasticceria

349

MAPPA Rischi di contaminazione per

Prodotti di pasticceria freschi

Prodotti refrigerati

Prodotti di pasticceria secchi

Prodotti in scatola

Alimenti surgelati

Staphylococcus aureus

Listeria monocytogenes

Insetti

Confezione danneggiata

Crescita batterica

Clostridium perfringens

Salmonella

Bacillus cereus

Micotossine

Danni fisici


350

macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

SINTESI Come avviene la contaminazione degli alimenti

I pericoli di contaminazione degli alimenti si identificano nelle seguenti categorie: pericolo fisico (contaminazione corpuscolare di natura biologica e non, ad esempio peli, capelli, frammenti di infestanti, di metallo, di ossa e di plastica); pericolo chimico (contaminazione da xenobiotici, cioè molecole estranee all’alimento come fitofarmaci, zoofarmaci, pesticidi, metalli pesanti, detergenti e disinfettanti, disinfettanti e ratticidi); pericolo biologico e microbiologico (contaminazione da parte di infestanti, come topi, scarafaggi, insetti, parassiti e microrganismi alterativi e patogeni, che possono determinare fenomeni di infezione, intossicazione o tossinfezione alimentare). Che cosa sono infezioni, intossicazioni e tossinfezioni

Le infezioni sono originate da virus (epatite A) e microrganismi patogeni (colera, listeriosi, Salmonella sp.); le intossicazioni sono causate dalle tossine prodotte dai microrganismi contenuti nell’alimento (Clostridium botulinum, Staphylococcus aureus); le tossinfezioni si caratterizzano per la presenza nell’alimento sia del microrganismo sia delle sue tossine (Clostridium perfringens, Bacillus cereus); le infestazioni (o parassitosi) sono originate da organismi sia unicellulari (protozoi, come nel caso della toxoplasmosi) sia pluricellulari (elminti, come nel caso della teniasi, dell’anisakidosi, della trichinellosi) che passano da un ospite a quello successivo. Quali sono i rischi per i prodotti di pasticceria

I rischi per i prodotti di pasticceria freschi sono determinati da: Staphylococcus aureus (paste farcite, maionesi, creme pasticcere, salse, ripieni e preparazioni conservate a temperature non idonee); Clostridium perfringens (uova, latte e carne, cotti e raffreddati lentamente, con riproduzione del germe molto veloce); Salmonella da trasmissione diretta o indiretta del germe causata da cottura insufficiente o nessuna cottura (tiramisù, maionese), da contaminazione per contatto, da trasmissione del germe agli alimenti da parte di un portatore sano; Bacillus cereus da alimenti normalmente contaminati a bassi livelli di microrganismi, dall’ambiente (polvere, terreno) e spesso dalle spezie. I rischi per i prodotti di pasticceria refrigerati sono rappresentati da Listeria monocytogenes (prodotti a base di latte e ai pasticci di carne e prodotti di pasticceria). I prodotti di pasticceria secchi (come biscotti, crostate, amaretti, torte lievitate ma non farcite e altri dolci) sono soggetti a infestazioni da parte di insetti (come punteruoli o farfalle). I prodotti da forno, i cereali e la frutta secca possono essere contaminati dalle micotossine, che sono tossine prodotte dalle muffe (funghi microscopici). I prodotti

in scatola a lunga conservazione possono alterarsi nel caso in cui la loro confezione sia danneggiata. Gli alimenti surgelati possono essere soggetti ad alterazioni quali la crescita batterica o danni fisici per la formazione di piccoli cristalli di ghiaccio. Frutta e verdura, spesso utilizzati in pasticceria come materie prime per decorazioni o farciture, possono presentare residui di fitofarmaci (pesticidi) in quantità superiori ai limiti di legge. Che cosa sono le reazioni avverse agli alimenti

Le reazioni avverse agli alimenti sono manifestazioni pericolose per la salute derivanti dall’ingestione di un alimento. Sono distinte in: reazioni tossiche (o intossicazioni alimentari, legate alla sensibilità individuale e dovute all’ingestione di una sostanza tossica, come veleni, tossine, batteri, metalli pesanti) e reazioni non tossiche, distinte in intolleranze e allergie. Le allergie alimentari sono scatenate da una risposta anomala da parte del sistema immunitario nei confronti di sostanze contenute negli alimenti. Che cosa sono le intolleranze alimentari

Le intolleranze alimentari dipendono da deficit enzimatici o da sostanze che manifestano un’azione farmacologica. La terapia dietetica delle allergie e delle intolleranze consiste nell’eliminazione dell’alimento o degli alimenti che la provocano (dieta di eliminazione). L’intolleranza al lattosio è dovuta al deficit assoluto o relativo della lattasi (l’enzima deputato alla scissione del lattosio in glucosio e galattosio) e si manifesta con sintomi come diarrea, meteorismo, flatulenza e dolori addominali (per il mancato assorbimento del lattosio). La celiachia è un’intolleranza permanente, che può manifestarsi a qualsiasi età, in conseguenza dell’ingestione di glutine, un complesso proteico presente in avena, frumento, farro, grano Khorasan, orzo, segale, spelta e triticale e tutti i loro derivati. I celiaci devono seguire una dieta senza glutine. LEZIONE SPECIALE La pasticceria per le intolleranze alimentari

La pasticceria contemporanea si evolve per rispondere ai bisogni di una clientela sempre più attenta a specifiche esigenze alimentari, di salute e dietetiche. I prodotti rivolti a soggetti intolleranti al lattosio prevedono la sostituzione di latte, burro e panna con alternative “lactose free” o prodotti equivalenti come le bevande vegetali. Per i soggetti intolleranti al glutine, il frumento viene sostituito con mix di farine (riso, mais, grano saraceno, avena). Per i clienti vegani, è necessario sostituire tutti i derivati animali (uova, latte, burro, panna).


unità

3

La salute in pasticceria

VERIFICHE VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

DOMANDE A COMPLETAMENTO Inserisci gli elementi mancanti scegliendo tra quelli elencati. forno refrigerati frigo infezioni

secchi insetti muffe patogeni

salmonelle freschi

1. I prodotti di pasticceria ….......…… hanno durata di conservazione limitata a uno o pochi giorni, per questo i rischi di alterazione sono elevati e derivano da ….......…… quali stafilococchi, clostridi e ….......…… . 2. Nel caso di prodotti di pasticceria ….......……, da conservare in frigo per breve tempo e comunque a temperature inferiori a 4 °C, il pericolo maggiore viene dalla Listeria monocytogenes, capace di crescere a temperature molto basse e in grado di provocare gravi ….......…… . 3. I prodotti di pasticceria ….......……, quali biscotti, crostate, torte non farcite, pur non avendo necessità di essere conservati in ….......……, possono creare problemi alla salute dell’uomo quando vengono attaccati da ….......……, quali punteruoli o farfalle, oppure nel caso di prodotti da ….......…… l’insidia può derivare dalle micotossine, che sono tossine prodotte da ….......…… . DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1. Tra le cause di contaminazione da Staphylococcus aureus rientrano: a. gusci di uova non lavate b. molluschi contaminati c. spezie d. nessuna delle precedenti opzioni è corretta 2. Tra le azioni di prevenzione della tossinfezione da clostridi rientra: a. il rapido raffreddamento, al di sotto dei 10 °C, dei prodotti cotti b. il mantenimento dei prodotti cotti al di sopra dei 60 °C fino alla vendita c. il riscaldamento ad almeno 80 °C degli alimenti prima del consumo d. tutte le opzioni sono corrette 3. Non è un fattore di rischio per la contaminazione da salmonelle: a. la cottura scarsa o assente b. la contaminazione per contatto tra prodotti crudi e bonificati c. la cottura eccessiva e prolungata d. la trasmissione ad opera di un portatore sano

VERIFICHE

1. Il primo principio fondamentale dell’HACCP consiste nell’analisi dei pericoli V F 2. In pasticceria, i pericoli sono tutti di natura biologica o microbiologica V F 3. Il pericolo chimico consiste nella contaminazione da xenobiotici V F 4. Conoscere adeguatamente i rischi significa poterli prevenire V F 5. Le infezioni sono originate da tossine prodotte da microrganismi patogeni V F 6. Il pericolo microbiologico può rendere gli alimenti dannosi per la salute dei consumatori V F 7. Bisogna evitare di introdurre prodotti a temperatura elevata negli apparecchi di refrigerazione e fare attenzione alla presenza di umidità V F 8. Le infestazioni possono essere originate solo da organismi unicellulari V F 9. Le intossicazioni da stafilococco possono derivare da maionesi contaminate V F 10. Per prevenire le contaminazioni, è bene assicurare un rapido raffreddamento dei prodotti cotti V F 11. La tossinfezione da clostridi non interessa prodotti a base di uova, ma solo prodotti a base di latte V F 12. Per prevenire le infezioni alimentari da salmonelle è bene lavare accuratamente le uova prima di usarle V F 13. È possibile eliminare un organismo patogeno riscaldando gli alimenti ad almeno 40 °C V F 14. La Shigella è un patogeno che può svilupparsi per temperature superiori a 50 °C e inferiori a 5 °C V F 15. Bisogna limitare il sovraccarico delle celle frigorifere se si vogliono prevenire rischi riguardanti gli alimenti surgelati V F 16. Il tiramisù può essere contaminato da salmonelle a causa dell’assenza di cottura V F 17. Le contaminazioni da Listeria generalmente non interessano i prodotti di pasticceria V F 18. I prodotti da forno possono essere contaminati dalle micotossine V F 19. I prodotti di pasticceria secchi non possono essere in alcun caso pericolosi per la salute dell’uomo, a differenza delle preparazioni a base di creme o panna V F

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macroarea

4 • Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

DOMANDE A COMPLETAMENTO

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA

Indica sul tuo quaderno le possibili cause di contaminazione per i seguenti alimenti.

Scegli tra le opzioni date quella corretta.

Biscotti, Carne cruda, Crema pasticcera, Cioccolato, Crostate, Carne cotta raffreddata lentamente, Frutta secca, Latte, Maionese, Molluschi, Paste farcite, Pasticci di carne, Prodotti da forno, Ripieni, Salsa tonnata, Spezie, Tiramisù, Torte lievitate non farcite, Uova, Verdure in foglia VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14.

Le allergie alimentari sono reazioni tossiche V F Tutte le reazioni avverse agli alimenti sono dovute ad allergie o a intolleranze alimentari V F Le allergie alimentari sono scatenate da una risposta anomala da parte del sistema immunitario V F Le intolleranze dipendono da deficit enzimatici V F Le intossicazioni alimentari sono dovute all’ingestione di sostanze allergiche V F Le reazioni tossiche possono essere scatenate da funghi, ma non da batteri V F In presenza di intolleranza, la terapia dietetica consiste nel ridurre le quantità di alimento ingerito, che però non andrà mai eliminato del tutto dalla dieta V F La tiramina presente nel tonno può provocare intolleranza farmacologica V F Le fragole possono provocare intolleranza all’istamina V F Alcuni soggetti particolarmente sensibili sono intolleranti agli additivi alimentari V F La tiramina è presente nei cibi fermentati V F Gli insaccati determinano una liberazione di istamina V F L’istamina è presente nella birra V F Le metilxantine sono presenti nel caffè V F

VERIFICHE

DOMANDE A COMPLETAMENTO Completa elencando le cause delle intolleranze enzimatiche. 1. Errori ......................................................................... ................................................................................... 2. Patologie ................................................................... ................................................................................... 3. Progressiva ................................................................ ...................................................................................

1. Il pericolo fisico riguarda: a. la contaminazione degli alimenti da parte di peli, capelli, metallo, ossa o plastica b. la contaminazione da xenobiotici c. la contaminazione da parte di parassiti d. nessuna delle opzioni è corretta 2. Il pericolo chimico può derivare: a. dall’inquinamento radioattivo b. dalle procedure di sanificazione e disinfestazione c. dalla presenza di microrganismi alterativi d. tutte le opzioni sono corrette 3. Il pericolo biologico riguarda: a. la contaminazione da parte di microrganismi alterativi b. la contaminazione da parte di parassiti c. la contaminazione da parte di microrganismi patogeni d. tutte le opzioni sono corrette 4. Nelle RAA sono comprese: a. le reazioni tossiche b. le allergie c. le intolleranze alimentari d. tutte le opzioni sono corrette 5.

Le intolleranze alimentari sono dovute: a. a meccanismi farmacologici ed enzimatici b. solo a meccanismi enzimatici c. all’ingestione di farmaci scaduti d. a pesticidi presenti in frutta e verdura che non provengono da agricoltura biologica

6. In caso di intolleranza verso un particolare alimento: a. bisogna ricordarsi di mangiarlo solo previa cottura b. bisogna eliminarlo dalla dieta c. bisogna sottoporsi a una adeguata cura farmacologica al termine della quale quell’alimento potrà essere di nuovo ingerito senza problemi d. nessuna delle precedenti opzioni è corretta 7. Il lattosio: a. non viene scisso in assenza di lattasi b. va incontro a un processo di fermentazione nell’intestino dei soggetti intolleranti c. va ridotto o limitato entro la dose massima tollerata nella dieta dei soggetti intolleranti d. tutte le opzioni sono corrette


unità

3

La salute in pasticceria

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. Il favismo può essere causa di intolleranza alimentare V F 2. Il cavolfiore contiene tiramina in grande quantità V F 3. L’albume d’uovo determina la liberazione di istamina V F 4. Le patologie che alterano la mucosa intestinale non hanno rilevanza ai fini delle intolleranze alimentari V F 5. Alcuni soggetti sono intolleranti al sorbitolo, uno zucchero contenuto nei dolcificanti e in taluni prodotti dietetici V F 6. Chi è intollerante al lattosio può evitare di eliminare del tutto latte e derivati, a patto di rispettare la sua dose massima di lattosio tollerata V F 7. L’intolleranza al lattosio non è molto frequente V F 8. L’intolleranza al lattosio è sempre dovuta alla completa assenza dell’enzima lattasi V F 9. La lattasi è un glucide presente sulla mucosa intestinale V F 10. L’intolleranza al lattosio può provocare forti dolori addominali V F 11. Il lattosio non è contenuto negli insaccati V F

LEZIONE SPECIALE Pasticceria per le intolleranze alimentari

VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. La clientela è sempre meno attenta ai propri bisogni alimentari, di salute e dietetici V F La pasticceria contemporanea non è in grado di produrre alternative valide per i soggetti che soffrono di intolleranze alimentari V F Le principali intolleranze cui deve far fronte la pasticceria sono l’intolleranza al lattosio e al glutine V F La diffusione della celiachia è in crescita V F Per i soggetti celiaci, è necessario sostituire tutti i derivati animali V F Per i soggetti intolleranti al lattosio, è necessario sostituire latte, burro e panna V F Per sostituire il latte, si possono utilizzare specifici tipi di latte con minor contenuto di lattosio V F Per sostituire il frumento, si possono utilizzare mix di farine V F

Formaggi stagionati e yogurt sono meglio tollerati in quanto contengono poco lattosio Nei latti ad alta digeribilità il lattosio è stato scisso prima del confezionamento Le bevande a base di riso non contengono lattosio Il lattosio è presente in forma nascosta anche nella maionese La celiachia è una intolleranza reversibile al glutine I soggetti celiaci manifestano il loro disturbo fin dalla nascita La celiachia è ereditaria I soggetti affetti da celiachia devono escludere dalla loro dieta grano, farro e orzo La farina di avena e quella di soia sono entrambe naturalmente prive di glutine Nel celiaco il glutine scatena un processo infiammatorio dell’esofago 22. È necessario che gli alimenti destinati a celiaci non vengano a contatto con il glutine fin dalla preparazione e cottura del pasto 23. Il riso destinato a un celiaco non può essere cotto nella stessa pentola della pasta 24. Per ridurre il rischio di contaminazione da glutine, non bisogna tagliare gli alimenti dove è stato affettato il pane

12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21.

9. 10. 11.

V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F V F

I surrogati hanno le stesse caratteristiche degli ingredienti originari, quindi non si rende necessaria alcuna conoscenza specifica per la pasticceria per intolleranze V F Per i soggetti vegani è necessario proporre una pasticceria che faccia abbondante uso di derivati animali V F La pasticceria per intolleranze e la pasticceria vegana, per rispondere a esigenze di salute e a particolari scelte dietetiche, rinunciano al gusto e all’estetica dei prodotti V F

DOMANDE A COMPLETAMENTO Rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3.

Ti sei mai dedicato a preparazioni specifiche per intolleranti al lattosio? Scrivi l’elenco degli ingredienti e le principali fasi di preparazioni. Infine, dai un titolo alle ricette. Scrivi una ricetta per un dessert che risponda alle esigenze di una clientela di intolleranti al lattosio. Immagina di trovare impiego presso una pasticceria vegana ed elabora una carta dei dessert.

VERIFICHE

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

353


354

LABORATORIO DELLE COMPETENZE

azione La contamin A

degli alimenti

Compiti di realtà

Nel laboratorio di pasticceria ti trovi quotidianamente a manipolare le materie prime. Indica per ognuna di esse quali sono i possibili rischi associati, e specifica quali norme igieniche devi seguire, in quanto operatore, per evitare di contaminare gli alimenti attraverso ferite e foruncoli.

Materie prime

Pericoli

Uova

...............................................................................................................................................................

Farina

...............................................................................................................................................................

Spezie

...............................................................................................................................................................

Latte

............................................................................................................................................................... Raccomandazioni per l’igiene degli operatori in merito a ferite e foruncoli: ........................................................................................................................................................... ...........................................................................................................................................................

lim vverse agli a Le reazioni a A

enti

Devi utilizzare i seguenti ingredienti per preparare dei dessert per un gruppo di celiaci e un gruppo di intolleranti al lattosio che saranno ospiti della tua pasticceria. Indica quali variazioni devi apportare.

Ingredienti

Celiaci

Intolleranti al lattosio

Farina di grano saraceno

................................................................ ................................................................ ................................................................ ................................................................

Farina bianca

................................................................ ................................................................ ................................................................ ................................................................

Burro

................................................................ ................................................................ ................................................................ ................................................................

Latte

................................................................ ................................................................ ................................................................ ................................................................

Uova

................................................................ ................................................................ ................................................................ ................................................................

Panna

................................................................ ................................................................ ................................................................ ................................................................

Lievito

................................................................ ................................................................ ................................................................ ................................................................

B

Indica almeno cinque comportamenti da adottare per ridurre il rischio di contaminazione da glutine. 1. 2. 3. 4. 5.

.................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. ..................................................................................................................................................


PROFESSIONISTI DI SUCCESSO: Stefano de Costanzo 355

Pur consapevole di dover affrontare mille difficoltà, la passione

e la determinazione che avevo dentro

mi spinsero a prendere quel volo

La storia La mia prima vera esperienza lavorativa in un contesto altamente professionale è stata rappresentata dal tirocinio formativo presso La Peca dei Fratelli Portinari. Prima degli esami, ho ricevuto la proposta dell’allora Presidente di ALMA Albino Ganapini per un’esperienza lavorativa presso l’Ambasciata Italiana a Mosca. Ho accettato senza esitazione, pur consapevole di dover affrontare mille difficoltà: la passione e la determinazione che avevo dentro mi spinsero a prendere quel volo. Rientrato in Italia, ho fatto un’altra esperienza in cucina presso l’Hostaria dell’Orso di Gualtiero Marchesi. La svolta verso il mondo della pasticceria è avvenuta con il mio ingresso da stagista nella pasticceria di Roberto Rinaldini a Rimini. Così, nel 2010 sono partito per Londra con la convinzione che avrei trovato le condizioni per poter esprimere le mie capacità. Il primo approdo è stata la Locanda Locatelli, dove sono stato inserito nell’organico della Pasticceria. Poi, per nove mesi, come Junior Sous Chef ho gestito il dipartimento di pasticceria dell’Amaranto Restaurant, fino all’arrivo di Árpád Szücs che, apprezzando il lavoro svolto, mi ha ricompensato mandandomi al Gresham Palace di Budapest. Nel luglio 2013 Davide Degiovanni mi ha proposto l’incarico di Capo Pasticcere per l’apertura dello Union Street Café, ristorante di stampo italiano della Gordon Ramsay Company.

È stata la mia prima vera esperienza da Responsabile di Pasticceria, dove ho iniziato a esprimere davvero la mia creatività. Conclusa l’esperienza, ho accettato di rientrare alla Locanda Locatelli come Capo Pasticcere, chiudendo, quindi, un cerchio virtuoso.

L’esperienza in ALMA È stata decisiva per la mia formazione, fornendomi tecniche di base che si sono rivelate nel tempo decisamente qualificanti. Di grande importanza anche la sede di ALMA, la Reggia di Colorno, che con la sua storia e il suo fascino fornisce agli allievi ulteriori elementi di stimolo e di impegno. Fondamentali gli insegnanti, che con la loro esperienza e autorevolezza hanno contribuito a rendere ALMA una scuola di riferimento. Infine, il grande Maestro Gualtiero Marchesi, con la sua mitezza, la sua cultura e il suo carisma, ha inciso sulla mia formazione facendomi comprendere che il mondo della cucina non è solo fornelli e attrezzatura: la differenza la fa la cultura, che un cuoco deve costantemente alimentare al fine di amplificare e stimolare i propri sensi, trasferendo poi tutto questo nelle sue preparazioni.

I consigli per chi vorrebbe entrare in questo mondo Consiglio di lavorare con impegno e dedizione... e di saper aspettare! L’esperienza che non può mancare nell’ambito della formazione professionale è quella più umile.

Stefano de Costanzo si definisce educato, paziente, osservatore

Per lui, dopo molteplici esperienze lavorative in cucina, è arrivata la svolta verso il mondo della pasticceria, che gli ha permesso di esprimere a pieno la sua creatività • Capo Pasticcere alla Locanda Locatelli a Londra • Diplomato del Corso Superiore di Cucina Italiana di ALMA V edizione


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SECONDA PROVA • Esercitazione

QUALITÀ, SICUREZZA ALIMENTARE E TIPICITÀ Testo A «La tutela della qualità delle produzioni agroalimentari è, in sede europea, un complemento alla politica di sviluppo rurale e alle politiche di sostegno dei mercati e dei redditi nell’ambito della politica agricola comune e rappresenta in particolare per l’Italia uno dei principali obiettivi della politica agroalimentare, considerato che il nostro è il Paese che vanta in Europa il maggior numero di prodotti a marchio registrato, oggetto di numerosi e sofisticati tentativi di contraffazione. La disciplina sull’etichettatura dei prodotti e sulle conseguenti informazioni ai consumatori costituisce anch’essa un aspetto della tutela della qualità del prodotto. L’Italia ha quindi implementato la legislazione europea, con norme interne finalizzate alla tutela delle produzioni agroalimentari di qualità, come quelle che prevedono l’indicazione obbligatoria dell’origine della materia prima in etichetta per taluni prodotti agricoli». (Fonte: Camera dei deputati, 30 settembre 2019)

Testo B «Un aspetto importante della sicurezza alimentare è la “rintracciabilità” - definita dal Regolamento (CE) 178/2002 […]. Lo scopo è quello di far sì che tutto ciò che entra nella catena alimentare (mangimi, animali vivi destinati al consumo umano, alimenti, ingredienti, additivi ecc.) conservi traccia della propria storia, seguendone il percorso che va dalle materie prime fino alla erogazione al consumatore finale. La rintracciabilità consiste nell’utilizzare le “impronte”, ovvero la documentazione raccolta dai vari operatori coinvolti nel processo di produzione, per isolare un lotto produttivo in caso di emergenza, e consentire al produttore e agli organi di controllo che hanno il dovere di vigilare sulla sicurezza alimentare del cittadino, di gestire e controllare eventuali situazioni di pericolo attraverso la conoscenza dei vari processi produttivi (flussi delle materie prime: documentazione di origine e di destinazione ecc.). Fino al 2005 erano rintracciabili alcuni prodotti, quali carni, pesce e uova, quelli cioè più a rischio per la salute del consumatore. Dal 1° gennaio 2006, con l’entrata in vigore del “Pacchetto Igiene”, l’obbligo della rintracciabilità è stato esteso a tutti i prodotti agroalimentari, il che consente di individuare qualsiasi prodotto in ognuna delle fasi del ciclo produttivo». (Fonte: Ministero della Salute)

A) Con riferimento alla comprensione del primo testo, rispondi ai seguenti quesiti: 1. Qual è l’importanza della tutela della qualità per l’Italia? ........................................................................... ........................................................................... ........................................................................... 2. Qual è il sistema normativo che tutela la qualità? ........................................................................... ........................................................................... ........................................................................... 3. Qual è l’importanza della etichettatura nell’ambito della tutela della qualità degli alimenti? ........................................................................... ........................................................................... ........................................................................... B) Con riferimento alla comprensione del secondo testo, rispondi ai seguenti quesiti: 1. Che cosa si intende per tracciabilità? ........................................................................... ........................................................................... 2. Qual è la funzione della tracciabilità? ........................................................................... ........................................................................... 3. Quale importanza assume la tracciabilità nell’ambito della garanzia della qualità delle materie prime? ........................................................................... ........................................................................... 4. Che cos’è il Pacchetto Igiene? ........................................................................... ........................................................................... Con riferimento alla padronanza delle conoscenze fondamentali e delle competenze tecnicoprofessionali, sia quelle conseguite a scuola sia quelle maturate durante l’esperienza dei PCTO, svolgi il seguente caso professionale. Ipotizza di essere stato incaricato di rifornire il magazzino della struttura ristorativa nella quale presti servizio di prodotti di alta qualità e ovviamente sicuri dal punto di vista alimentare. In che modo organizzeresti il tuo lavoro? Come sceglieresti i fornitori? In che maniera ti assicureresti della loro tipicità? Scrivi una relazione dettagliata sull’attività svolta.


COLLOQUIO ORALE • Collegamenti interdisciplinari 357

LABORATORIO DI SERVIZI ENOGASTRONOMICI SETTORE SALA E VENDITA • L’analisi sensoriale • Le caratteristiche organolettiche • La degustazione

DIRITTO La sicurezza sul lavoro

SCIENZA E CULTURA DELL’ALIMENTAZIONE • Tutela della salute • Autocontrollo e sistema HACCP • Igiene e sicurezza degli ambienti • Allergie e intolleranze alimentari

Qualità, sicurezza e salute in pasticceria

STORIA Storia dei diritti dei lavoratori

SCIENZE MOTORIE

LINGUE STRANIERE

L’igiene personale

Lessico specifico e traduzione


358

UNITÀ DI APPRENDIMENTO • Istruzioni per l’uso

MANGIARE TIPICO: SICUREZZA ALIMENTARE, QUALITÀ E TIPICITÀ Quali sono gli Assi culturali coinvolti? • Asse tecnologico e professionale • Asse dei linguaggi • Asse storico-sociale

Quali sono le discipline interessate? • Laboratorio servizi enogastronomici – Cucina • Laboratorio servizi enogastronomici – Bar-Sala e vendita • Scienza degli alimenti • Inglese • Seconda lingua straniera • Diritto • Italiano • Storia

Quali sono i tempi di svolgimento? • 14 ore di lavoro in classe • 2 ore di presentazione del prodotto finale

In che modo è organizzato il lavoro? Gruppi di lavoro a discrezione dei docenti

1. L’insegnante, per cominciare, presenterà l’argomento e gli obiettivi dell’Unità di Apprendimento, finalizzata alla stesura di un menu con particolare attenzione alla carta dei dessert, tradotto in inglese e nella seconda lingua straniera, utilizzando prodotti tipici del territorio, di qualità e salutari. Nella stesura del menu, dovrai dimostrare innanzitutto di conoscere l’uso base del PC affinché il menu si presenti preciso, ordinato e curato dal punto di vista grafico. Per tradurre il menu in inglese e nella seconda lingua straniera sarà fondamentale esprimersi in modo corretto. 2. Nella progettazione dovrai tenere ben presenti: • le nozioni di qualità, sicurezza e salute; • le caratteristiche che determinano la qualità alimentare; • quali sono i marchi di qualità, gli alimenti e i piatti delle tradizioni locali, i prodotti della tradizione ma anche quelli dell’innovazione; • l’importanza del legame del menu con il territorio e con la stagionalità dei prodotti.

Quali saranno le fasi dell’Unità di Apprendimento? • Raccolta delle informazioni e del materiale di riferimento: potrai utilizzare libri di testo, monografie, riviste specializzate, materiale tratto dal web, ecc. • Elaborazione dei testi sotto la supervisione dei docenti • Traduzione nelle lingue straniere dei testi elaborati • Realizzazione del compito sotto la supervisione dei docenti • Presentazione del compito

Quale sarà il prodotto finale da presentare? Consegna la presentazione facendo attenzione a utilizzare tutti gli strumenti che il programma mette a disposizione, curando sia i contenuti sia l’aspetto grafico. Preparati ad argomentare agli insegnanti e al resto della classe quanto elaborato dal gruppo, mettendo in evidenza i punti di forza e i legami del menu con il territorio, esprimendo considerazioni personali sull’argomento.

A tuo parere come te la sei cavata? So progettare un lavoro So cercare e selezionare informazioni utili al lavoro So individuare immagini efficaci e coerenti con il testo So rielaborare le informazioni So rispettare i tempi programmati So lavorare in gruppo

1 - Principiante

2 - Praticante

3 - Esperto


Macroarea

5

Conoscenze Organizzazione del personale del settore cucina

Costi di produzione

Abilità Calcolare i costi di produzione specifici

Simulare l’organizzazione scientifica della brigata

Utilizzare tecniche di approvvigionamento per abbattere i costi

Competenze Supportare la pianificazione e la gestione dei processi di approvvigionamento, di produzione e di vendita in un’ottica di qualità e di sviluppo della cultura dell’alimentazione

Supportare le attività di budgeting-reporting aziendale e collaborare alla definizione delle strategie di Revenue Management, perseguendo obiettivi di redditività attraverso opportune azioni di marketing

Gestire tutte le fasi del ciclo cliente applicando le più idonee tecniche professionali di Hospitality Management, rapportandosi con le altre aree aziendali

Organizzazione e gestione


Macroarea 5

Organizzazione e gestione

1.

Organizzazione e gestione

Lezione speciale Il banqueting

DESSERT D’EUROPA

Il trdelník, anche detto trdlo o trozkol, è conosciuto in Italia come manicotto di Boemia. È molto diffuso per le strade di Praga, ma in realtà ha origini ungheresi e slovacche. Si tratta di una pasta dolce modellata come un lungo filoncino che viene arrotolato attorno a un bastone metallico, cosparso di zucchero e cannella e messo a cuocere in uno speciale forno che lo fa ruotare per garantire una cottura uniforme. Assumendo la forma di un cannolo, viene farcito con panna, cioccolato o gelato.

Approfondimenti

Esercizi interattivi

Videolezioni

✔ ✔

Il mio ricettario Le ricette dei Maestri Laboratorio delle competenze

Materiale didattico adatto per la didattica digitale integrata


UNITÀ 1

Organizzazione e gestione 1. CHE COSA SI INTENDE PER APPROVVIGIONAMENTO L’approvvigionamento è l’insieme delle operazioni che permettono di gestire gli acquisti e i flussi di merci all’interno dell’azienda, in base alle esigenze produttive. La gestione efficace ed efficiente del magazzino permette di aumentare la qualità del servizio offerto e di ridurre i costi di gestione. L’incaricato della gestione dell’approvvigionamento è l’economo (o purchasing division manager).

L’economo

Quali sono i

suoi compiti?

■ Contribuisce a definire le politiche di ■ ■

■ ■ ■ ■

approvvigionamento, con il resto del settore food & beverage Gestisce i flussi di merci tra i diversi reparti Sovrintende alla tenuta della contabilità di magazzino Seleziona i fornitori più idonei a soddisfare le esigenze aziendali Negozia con i fornitori i prezzi delle merci e le condizioni di pagamento Valuta le quantità di prodotti da ordinare in base alle condizioni del mercato e a quelle dei fornitori Provvede all’ordinazione della merce al momento opportuno e all’organizzazione del trasporto e della consegna Controlla il buon fine dell’ordine, verificando al momento del check-in che i prodotti consegnati corrispondano agli ordinativi Organizza e coordina il lavoro del suo reparto

Chi è e di che cosa si occupa l’economo L’economo è un professionista con competenze in merceologia e in materia amministrativa. Nelle aziende di dimensioni maggiori dall’economo dipendono l’ufficio acquisti e il magazzino. Il professionista incaricato di questa gestione deve quindi essere in grado di stabilire: • a chi ordinare; • quando ordinare; • quanto ordinare.

.

361


362

macroarea

5 • Organizzazione e gestione

Come selezionare i fornitori 2. COME ORGANIZZARE L’APPROVVIGIONAMENTO

La selezione dei fornitori è un compito assai delicato. Per sceglierli va considerato un insieme di fattori, tra i quali figurano: • prezzo di vendita dei prodotti; • puntualità di consegna; • costi di trasporto; • conoscenza e consigli sul prodotto; • disponibilità a modificare gli ordinativi nel breve tempo; • distanza.

La corretta gestione degli approvvigionamenti permette di controllare in modo efficace i costi, fornendo all’azienda le materie prime necessarie a prezzi adeguati, e di rispettare i livelli qualitativi di offerta stabiliti.

L’approvvigionamento

azione na organizz o u b a n u i d i Vantagg ionamento di approvvig ■ Normale svolgimento dell’attività aziendale

■ Continuità del servizio al cliente ■ Contenimento dei costi ■ Riduzione al minimo dei costi totali

Parola chiave

Just in time

Un sistema di approvvigionamento just in time aumenta il livello qualitativo offerto al cliente, perché permette di rispondere a tutte le eventuali richieste, ma comporta uno sforzo organizzativo e rischi non indifferenti

Approfondimenti La gestione delle risorse umane

di magazzino Acquisti speculativi, effettuati in momenti nei quali il prezzo di una partita è particolarmente vantaggioso Accordi con i fornitori per bloccare nell’arco di un determinato periodo il prezzo della merce Far arrivare in azienda i beni e le materie prime soltanto nel momento giusto (just in time), quando sono realmente necessari, evitando accumuli e sprechi di merci Garantire la quantità minima di merce che deve essere sempre presente in magazzino

Prodotti deperibili Alimenti freschi (carni, prodotti ittici, ortaggi, frutta): da acquistare più volte nell’arco della settimana

È consigliabile non utilizzare un unico fornitore per una stessa tipologia di merce perché: • qualora il fornitore principale non possa soddisfare una richiesta, si può interpellare un altro operatore già conosciuto; • la presenza di più attori in concorrenza garantisce l’applicazione di prezzi corretti e garantisce un servizio più accurato.

Come gestire i prodotti I prodotti legati all’attività ristorativa si distinguono in prodotti deperibili e non deperibili.

Prodotti non deperibili Alimenti a lunga conservazione

Gestione

Gestione

La merce fresca, all’arrivo in azienda, è inviata direttamente alla cucina, quindi è caricata e scaricata immediatamente dalla contabilità di magazzino

La determinazione dei quantitativi e del momento in cui eseguire gli ordini deve tenere conto della quantità di merce che va acquistata per rendere minimo il costo totale annuo di gestione. Per questo bisogna tenere conto del: • tempo necessario per approvvigionarsi • consumo medio giornaliero • livello relativo della scorta di sicurezza


unità

3.

1

Organizzazione e gestione

COME ORGANIZZARE IL MAGAZZINO

Il magazzino è una delle componenti del reparto economato, a capo del quale si trova il magazziniere. Il magazzino è il luogo dove avviene la movimentazione delle merci in entrata e in uscita. I locali da destinare al deposito, nel rispetto delle norme vigenti, devono essere: • adeguatamente aerati per garantire condizioni ideali di umidità; • provvisti di adeguati sistemi, attivi e passivi, contro roditori e insetti. Pavimenti e pareti devono essere lisci, con rivestimenti fino a 2/3 dell’altezza in materiali ceramici o altri similari, purché garantiscano una pulizia facile ed efficace. Anche gli scaffali devono essere realizzati in materiali di facile pulizia.

363

Come tenere in ordine le celle frigorifere Carni, prodotti ittici, alimenti congelati e surgelati devono essere collocati, subito dopo il controllo al check-in, nelle celle frigorifere, provviste di anticelle, per evitare rialzi di temperatura, sia in entrata sia in uscita, che potrebbero rivelarsi pericolosi in termini di salubrità. Le celle frigorifere devono essere presenti in numero tale da garantire la separazione degli alimenti come disposto dalle normative igienico-sanitarie. A questo scopo, una cella dovrebbe essere lasciata vuota per effettuare le operazioni di pulizia giornaliera a carico delle altre così come previsto dalle procedure.

Il funzionamento del magazzino

Come suddividere gli spazi Gli spazi che compongono il magazzino sono suddivisi in base alla tipologia di merci ospitate, a seconda che si tratti di: • alimenti deperibili (celle frigorifere per la conservazione di carni, prodotti ittici, ortaggi e frutta fresca); • alimenti non deperibili (scatolame, zucchero); • prodotti per la pulizia; • prodotti cartacei. I sistemi utilizzati per lo stoccaggio delle merci devono permettere di: • conservare i prodotti in modo adeguato; • controllare i consumi; • consentire l’accesso al magazzino solo a personale autorizzato. I prodotti in entrata vanno divisi per tipologia merceologica e non vanno mai lasciati a terra. Nel magazzino devono essere presenti anche armadi destinati ai prodotti scaduti, che possono essere eliminati soltanto previa approvazione del food & beverage manager.

Modulistica ■ Scheda fornitori, che riporta i dati ■

■ ■ ■ ■

che li riguardano e le condizioni contrattuali concordate. Partitario fornitori, che riporta in ordine cronologico tutte le operazioni commerciali avvenute con un determinato fornitore. Buono di carico, da compilare quando la merce entra in magazzino. Buono di scarico, da compilare quando la merce è consegnata agli altri reparti della struttura. Scheda merce, che riporta i dati distintivi di una singola derrata. Registro di magazzino, nel quale vanno annotate le operazioni riguardanti tutte le merci che vi si trovano e che permette di determinare in ogni momento la giacenza dei diversi beni.

Approfondimenti I documenti di magazzino


364

macroarea

5 • Organizzazione e gestione

Come si gestiscono le scorte La gestione delle scorte deve permettere di trovare il giusto equilibrio tra costi e benefici, per procedere al loro razionale dimensionamento. Sia il sovradimensionamento sia il sottodimensionamento delle scorte presentano sia vantaggi sia svantaggi. Sovradimensionamento

Approfondimenti I costi di approvvigionamento

✔ 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

Sottodimensionamento

Riduce il rischio di non avere merci sufficienti.

Aumenta il rischio di non avere merci sufficienti.

Aumenta gli oneri finanziari per l’immobilizzo di capitale.

Riduce gli oneri finanziari per l’immobilizzo di capitale.

Aumenta i costi di giacenza in magazzino.

Riduce i costi di giacenza in magazzino.

Nella gestione delle scorte si deve tenere conto del lotto economico di acquisto e del livello di riordino per stabilire quanto e ordinare. Questi due indici vanno ✔quando costantemente monitorati per attuare un’efficace gestione perché l’aumento del costo delle materie prime genera un

aumento del prezzo di vendita del piatto e una conseguente possibile diminuzione delle vendite. Inoltre, un aumento o una diminuzione del numero di piatti venduti per una particolare portata causa una variazione delle giacenze di materie prime necessarie alla produzione.

GUIDA ALLO STUDIO

Puntualità di consegna, conoscenza e consigli sul prodotto sono criteri per scegliere un fornitore Avere un unico fornitore per una stessa tipologia di merce garantisce di avere prezzi corretti Gli alimenti freschi all’arrivo vanno immediatamente in cucina Il consumo medio giornaliero e il tempo necessario all’approvvigionamento indicano i quantitativi da acquistare Pavimenti e pareti del magazzino devono essere aerati I prodotti in entrata lasciati a terra vanno divisi per tipologia merceologica Le anticelle evitano abbassamenti di temperatura nelle celle frigorifere Partitario fornitori, buono di carico e scarico sono parte della modulistica del magazzino Il sovradimensionamento riduce gli oneri finanziari per l’immobilizzo di capitale

V F V F V F V V V V V V

F F F F F F


unità

4.

1

Organizzazione e gestione

365

CHE COS’È IL FOOD COST

Uno degli indici utilizzati ai fini del controllo dei costi di gestione delle imprese ristorative è il food cost, che rappresenta l’incidenza percentuale delle materie prime sui prezzi di vendita/ricavi.

L’analisi dei costi non deve essere basata soltanto sul food cost del piatto o della ricetta, ma anche su altri cinque valori: • food cost massimo ammesso; • food cost attuale; • food cost potenziale; • food cost standard; • food cost giornaliero.

Il food cost: indicazioni preliminari

1.

■ Ogni impresa ristorativa ha un preciso food cost e, di conseguenza, non è possibile confrontare gli indici di due diverse attività.

2.

■ L’analisi dei costi deve basarsi su: food cost del piatto o della ricetta, food cost massimo ammesso, food cost attuale, food cost potenziale e food cost standard.

3.

■ Gli acquisti vanno fatti in quantità adeguate alle previsioni di vendita, ricordando che i sistemi di approvvigionamento e di stoccaggio possono influenzare negativamente il valore del food cost.

4.

■ Gli inventari vanno predisposti con periodicità costante (ogni mese).

5.

■ Per ciascun piatto servito va previsto il numero di porzioni vendute, in base alle percentuali di vendita precedenti, alla stagionalità e alla tipologia di domanda.

6.

■ Il controllo delle porzioni è fondamentale: il rispetto dei quantitativi previsti permette di ottenere i ricavi standard prefissati. Vanno controllati sia gli scarti sia gli sprechi, tenendo nota scritta di quanto si rileva a questo riguardo.

7.

■ Il costo del cibo venduto non coincide con il costo del cibo consumato, che include anche le vivande consumate dal personale, delle quali si deve tenere traccia scritta.

8.

■ Va promossa la vendita sia dei piatti con un basso food cost sia di quelli che hanno sia un basso food cost sia un alto margine di contribuzione (cioè con una considerevole differenza tra ricavi e costi variabili).

9.

■ L’impostazione grafica e strutturale del menu influenza le scelte degli ospiti e, se inadeguata, può avere effetti negativi sul food cost.

10.

■ Va registrato il numero di vendite per ciascun piatto presente nel menu.


366

macroarea

5 • Organizzazione e gestione

Che cos’è e come si calcola il food cost del piatto o della ricetta Questo indice è alla base di tutte le procedure di controllo dei costi in ambito ristorativo. Il food cost del piatto o della ricetta: • informa su quanto incide il costo delle materie prime sul prezzo di vendita/ ricavo di un piatto; • costituisce il punto di partenza per l’analisi delle altre quattro tipologie e per la gestione efficiente dell’intero controllo dei costi; • è l’unico riferito e calcolato per un singolo prodotto in un preciso momento, mentre gli altri aspetti del food cost sono sempre relativi a un periodo di riferimento (mese, anno) e riguardano l’intera attività. Il food cost di un piatto è calcolato rapportando il costo delle materie prime usate per produrre il piatto al suo prezzo di vendita. Formula Food cost del piatto = (Costo delle materie prime/ Prezzo di vendita) × 100 Esempio Costo delle materie prime: s 4,80 Prezzo di vendita del piatto: s 17,00 Food cost del piatto = (s 4,80/s 17,00) × 100 = 28,23%

Noto il food cost del piatto, è possibile determinare il prezzo di vendita e il costo delle materie prime. Formula Prezzo di vendita = (Costo delle materie prime/Food cost) × 100 Esempio Costo delle materie prime = Prezzo di vendita × Food cost in percentuale

Costo materie prime Diviso

Prezzo di vendita/ricavo

=

Food cost %

Per Diviso

Food cost %

=

Prezzo di vendita

=

Costo materie prime

Che cos’è e come si calcola il food cost giornaliero Questo indice è calcolato rapportando i costi sostenuti per le materie prime ai ricavi ottenuti nell’arco di un’intera giornata.

Formula Food cost giornaliero = (Costo delle materie prime utilizzate/Ricavi totali del giorno) × 100 Esempio Costo delle materie prime utilizzate nel giorno = s 645,00 Ricavi totali del giorno = s 2.230,00 Food cost giornaliero = (s 645,00/ s 2.230,00) × 100 = 28,92%


unità

1

Organizzazione e gestione

Che cos’è e come si calcola il food cost massimo ammesso (MFC) Il food cost massimo ammesso (MFC, Maximum Allowable Food Cost) è il valore di food cost che permette di ottenere il profitto minimo che si prevede di realizzare. Un food cost (di un piatto o di una ricetta) maggiore del food cost massimo ammesso non può essere tollerato perché non permetterebbe all’imprenditore di ottenere quel profitto minimo che ha posto come obiettivo della sua attività. Per il calcolo di questo indice, non sono necessari i costi sostenuti per le materie prime. I valori di partenza sono infatti: • la previsione dei ricavi e dei costi, con l’esclusione di quelli delle materie prime; • il profitto minimo che si vuole ottenere.

367

Questi dati sono deducibili dal business plan (per una nuova attività) oppure dal budget annuale dell’azienda (per esercizi già attivi). Per il calcolo del food cost ammesso sono richiesti i valori relativi a: • ricavi totali del periodo di riferimento; • totale dei costi, escluse le materie prime; • profitto minimo che si intende ottenere. Il totale dei costi, escluse le materie prime, e il profitto minimo sono calcolati in percentuale rispetto ai ricavi totali. I due valori percentuali così ottenuti sono sommati tra loro e, quindi, sottratti al totale dei ricavi, corrispondente al 100%. Il risultato ottenuto è il food cost massimo ammesso per garantire il profitto minimo ipotizzato.

Esempio Ricavi totali

s 122.680,00

100%

Totale costi escluse le materie prime

s 51.700,00

42,14% = (s 51.700,00/€ 122.680,00) × 100

Profitto minimo

s 17.400,00

14,18% = (s 17.400,00/€ 122.680,00) × 100

Totale = costi 42,14% + profitto 14,18% = 56,32% Food cost massimo ammesso (MFC) = 100% – 56,32% = 43,68%


368

macroarea

5 • Organizzazione e gestione

Che cos’è e come si calcola il food cost attuale (AFC)

Parola chiave Inventario L’inventario consiste nella quantificazione e nella valorizzazione delle giacenze di magazzino e va eseguito regolarmente, di norma una volta al mese, per verificare le giacenze e il consumo di merce.

Il food cost attuale (AFC, Actual Food Cost) è calcolato a partire da dati che provengono dalla gestione del magazzino o, più precisamente, dagli inventari - cioè la quantificazione e la valorizzazione delle giacenze di magazzino - che permettono di conoscere l’ammontare del costo delle materie prime consumate in un determinato periodo. Il costo delle materie prime consumate è ovviamente maggiore di quello delle materie prime vendute, perché comprende anche gli scarti e il cibo

consumato dal personale. Per calcolare il costo delle materie prime consumate per esempio in un mese: • si aggiunge, alle rimanenze di inizio mese, il valore degli acquisti effettuati nel corso dello stesso mese; • si sottrae, al valore così ottenuto, il valore delle materie prime giacenti in magazzino al termine del mese di riferimento. Una volta ottenuto il costo delle materie prime utilizzate nel corso del mese in esame, si calcola il food cost attuale, rapportando i valori mensili inerenti al costo delle materie prime e i ricavi totali.

Formula per il calcolo del costo delle materie prime Rimanenze iniziali mensili (materie prime presenti in magazzino al 1° marzo) + Acquisti del mese di marzo Rimanenze finali mensili (materie prime presenti in magazzino al 31 marzo) = Costo delle materie prime utilizzate nel mese di marzo Formula per il calcolo del food cost attuale Food cost attuale = (Costo delle materie prime utilizzate nel periodo in esame/Ricavi totali del periodo in esame) × 100 Esempio Rimanenze iniziali al 1° aprile = s 31.400,00 Acquisti nel mese di aprile = s 5.150,00 Rimanenze finali al 30 aprile = s 22.827,00 Ricavi totali nel mese di aprile = s 46.159,00, Costo delle materie prime utilizzate nel mese di aprile = s 31.400,00 + s 5.150,00 – s 22.827,00 = s 13.723,00 Food cost attuale (AFC) = (

✔ 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

13.723,00/

46.159,00) × 100 = 29,72%

GUIDA ALLO STUDIO

Il food cost rappresenta l’incidenza percentuale delle materie prime sui prezzi di vendita/ricavi È possibile confrontare gli indici food cost di due diverse attività Il controllo delle porzioni è fondamentale e vanno controllati anche scarti e sprechi L’impostazione grafica e strutturale del menu, se inadeguata, può avere effetti negativi sul food cost Il costo del cibo venduto coincide con il costo del cibo consumato Il food cost del piatto è l’unico riferito e calcolato per un singolo prodotto in un preciso momento Il food cost massimo ammesso è il valore che permette di ottenere il profitto massimo che si ipotizza di fare Il food cost attuale è calcolato a partire da dati che provengono dagli inventari

V V V V V V V V

F F F F F F F F


unità

1

Organizzazione e gestione

369

Che cos’è e come si calcola il food cost potenziale (PFC) Il food cost potenziale (PCF, Potential Food Cost) rappresenta il valore di food cost più basso che si può calcolare. È valutato sulle materie prime consumate per produrre soltanto i piatti venduti e non prende in considerazione né le materie prime impiegate per il personale o per altri reparti

né gli sconti e le offerte. Per calcolare il food cost potenziale è necessario conoscere: • il numero di piatti venduti per singola portata; • i prezzi di vendita dei singoli piatti; • il costo delle materie prime per la preparazione di ogni piatto. Il calcolo avviene rapportando il costo delle materie prime ai ricavi totali.

Formula Food cost potenziale = (Costo delle materie prime per la preparazione dei piatti/Ricavi totali) × 100

9

10

A

620

24,27%

s 3,58

s 18,00

19,89%

s 2.219,60

s 12,78

s 7.925,85

s 11.160,00

B

287

11,23%

s 4,20

s 16,00

26,25%

s 1.205,40

s 10,35

s 2.969,15

s 4.592,00

C

342

13,39%

s 4,35

s 15,00

29,00%

s 1.487,70

s 9,29

s 3.175,94

s 5.130,00

D

114

4,46%

s 3,70

s 18,50

20,00%

s 421,80

s 13,12

s 1.495,47

s 2.109,00

E

119

4,66%

s 3,65

s 15,50

23,55%

s 434,35

s 10,44

s 1.242,47

s 1.844,50

F

459

17,96%

s 5,00

s 19,00

26,32%

s 2.295,00

s 12,27

s 5.633,18

s 8.721,00

G

98

3,84%

s 4,30

s 15,00

28,67%

s 421,40

s 9,34

s 914,96

s 1.470,00

H

173

6,77%

s 4,60

s 16,00

28,75%

s 795,80

s 9,95

s 1.720,56

s 2.768,00

I

215

8,41%

s 7,80

s 27,00

28,89%

s 1.677,00

s 16,75

s 3.600,27

s 5.805,00

L

128

5,01%

s 3,70

s 20,00

18,50%

s 473,60

s 14,48

s 1.853,67

s 2.560,00

Totali

2555

100,00%

24,77%

s 11.431,65

s 30.531,53

s 46.159,50

Margine C.

Ricavi totali

8

Totale M.C.

7 Totale M.P.

6 Food cost

5 Prezzo di vendita

4

% Vendite

3

Popolarità

2

Nome piatto

1

Costo materie prime

Esempio

Definizione delle voci in colonna 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Nome del piatto. Numero di piatti venduti. Percentuale di piatti venduti (numero piatti venduti / totale vendite x 100). Costo materie prime. Prezzo di vendita del piatto. Food cost (costo materie prime / prezzo di vendita x 100). Totale costo materie prime. Margine di contribuzione di primo livello (prezzo di vendita defiscalizzato - costi variabili). Totale margine contribuzione (margine di contribuzione x numero di piatti venduti). Ricavi totali (prezzo di vendita x numero piatti venduti).

Food cost potenziale (PFC) = (s 11.431,65/s 46.159,50) × 100 = 24,77%


370

macroarea

5 • Organizzazione e gestione

Che cos’è e come si calcola il food cost standard (SFC) Il food cost standard (SFC, Standard Food Cost) va calcolato aggiungendo al food cost potenziale le percentuali relative alle restanti materie prime consumate

(quelle per i pasti del personale, per gli altri reparti, per le offerte e gli sconti). Per ottenere tali percentuali, si rapporta il totale dei costi delle materie prime consumate per scopi diversi dalla produzione dei pasti per la vendita ai ricavi totali.

Formula Food cost standard = (Food cost potenziale + Percentuale da sommare al food cost potenziale) × 100 Esempio Materie prime utilizzate per i pasti del personale

s

1.350,00 +

Offerte e sconti

s

240,00 +

Altri reparti

s

625,00 =

Totale

s

Percentuale da sommare al PFC = (s 2.215,00/s 46.159,50) × 100 = 4,79% Food cost potenziale: 24,77% Food cost standard (SFC) = 24,77% + 4,79% = 29,56%

2.215,00


LEZIONE SPECIALE

Il banqueting Che cosa si intende per banqueting A differenza del catering, il banqueting (dall’inglese banquet, cioè banchetto) consiste in un servizio nel quale la fornitura di vivande è abbinata e integrata ad altre prestazioni, tra le quali la gestione logistica degli spazi, l’intrattenimento degli ospiti e l’allestimento della location. Questa particolare forma di catering privato riguarda principalmente convegni e congressi, rassegne, inaugurazioni, colazioni di lavoro, occasioni famigliari ed eventi sportivi.

Approfondimenti Che cosa si intende per catering

I vantaggi del banqueting

1

2

3

4

5

6

7

Attività remunerativa

Numero elevato di ospiti

Esclusivamente su prenotazione

Menu concordato

Minor costo delle materie prime

Adeguati costi del personale

Ottimo strumento di marketing

✔ 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

GUIDA ALLO STUDIO

Il banqueting prevede esclusivamente il servizio di fornitura delle vivande La gestione degli spazi, l’intrattenimento degli ospiti, l’allestimento della location non rientrano tra i servizi offerti in un evento di banqueting Il banqueting può riguardare diversi tipi di eventi, come convegni, congressi, rassegne, inaugurazioni, eventi di lavoro, sportivi, familiari Tra i vantaggi del banqueting vi è la possibilità di concordare il menu con il cliente Un evento ben riuscito rappresenta per l’azienda che lo allestisce un ottimo strumento di promozione e marketing Il banqueting è rivolto a un numero di ospiti piuttosto esiguo Il banqueting non rappresenta un’attività remunerativa Il banqueting è un servizio da concordare esclusivamente su prenotazione

V F V F V F V F V V V V

F F F F


372

LEZIONE SPECIALE •

IL BANQUETING

Quali sono le forme di banqueting Le diverse forme di banqueting sono raggruppabili in due grandi categorie: • l’inside banqueting, quando il banchetto è organizzato all’interno di una struttura ristorativa; • l’outside banqueting, quando il banchetto è realizzato al domicilio del cliente o presso altri luoghi scelti come sede dell’evento. In linea di massima un’azienda di banqueting deve occuparsi dell’organizzazione di quattro tipologie di eventi: congressuale, aziendale, cerimoniale e privato.

Forma di banqueting

Caratteristiche

Il banqueting aziendale e congressuale

Il banqueting aziendale si differenzia dal banqueting congressuale perché l’organizzatore e il soggetto che riceverà la prestazione coincidono. Nel banqueting congressuale, invece, l’organizzatore dell’evento, cioè il cliente dell’azienda di banqueting, agisce in nome e per conto di terzi.

Il banqueting cerimoniale

Nel banqueting cerimoniale, soprattutto se si tratta di matrimoni, l’evento deve necessariamente avere caratteristiche di unicità ed estrema personalizzazione in quanto è vissuto dal committente come un momento fondamentale nella sua vita. L’unicità dell’evento non riguarda solo la location, ma anche tutte le altre componenti (allestimento, servizio, menu). Il banqueting cerimoniale riguarda anche eventi per altre ricorrenze famigliari e altre cerimonie religiose (anniversari di matrimonio, compleanni, così come particolari ricevimenti).

Il private banqueting

Il private banqueting è riferito a eventi organizzati in case private in occasioni informali (cene fra amici o colleghi di lavoro). La crescente domanda per questo tipo di eventi proviene da una clientela con esigenze medie e con un budget non elevato e si rivolge soprattutto alle piccole aziende del settore.

GUIDA ALLO STUDIO

Scegli l’alternativa corretta. 1. 2. 3. 4. 5.

Il servizio di banqueting comprende l’allestimento della location / non comprende l’intrattenimento degli ospiti Uno dei vantaggi del banqueting è il numero ridotto di ospiti / menu concordato Una forma di banqueting è inside banqueting / offside banqueting La clientela del private banqueting ha esigenze e un budget nella media / elevato Nel banqueting congressuale il cliente agisce in nome e per conto proprio / in nome e per conto di terzi


LEZIONE SPECIALE •

IL BANQUETING

373

Quali sono le funzioni del banqueting manager Il banqueting manager è il professionista che si occupa dell’evento in tutte le sue fasi e di mantenere i contatti con il committente.

A Che cosa H

Come È ■ Ordinato, affidabile, rigoroso, rapido ■ Efficiente ed efficace ■ Flessibile, disposto a venire incontro alle esigenze del cliente

Che cosa SA

FARE

■ Comprendere le aspettative del cliente ■ Indirizzare le scelte del cliente ■ Controllare i tempi di svolgimento dell’evento

■ Guidare il personale dei reparti coinvolti

■ Programmare suddivisione e gestione degli spazi

■ ■ ■ ■ ■

Senso pratico Ottime doti relazionali Senso di responsabilità Buon gusto e senso estetico Competenze specifiche riguardo alle singole componenti dell’evento e a tutti i reparti coinvolti (logistica, cucina, sala)

Che cosa FA ■ Assiste il committente nella scelta di tutti i dettagli ■ ■ ■ ■ ■ ■

(menu, tipologie di servizio, illuminazione, allestimento, intrattenimento degli ospiti) Valuta la struttura della location e la gestione degli spazi Stabilisce quanti operatori sono necessari per l’evento specifico Definisce le tempistiche per ciascuna attività prevista Il giorno dell’evento controlla lo svolgimento delle diverse fasi Corregge immediatamente eventuali mancanze o disservizi A fine servizio, deve assicurarsi che tutto il materiale impiegato sia conteggiato e riportato in azienda e che il luogo dell’evento sia riordinato


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LEZIONE SPECIALE •

IL BANQUETING

L’organizzazione di un banchetto L’organizzazione di un banchetto è molto più articolata di un normale servizio di ristorante: si deve considerare quale tipo di servizio attuare, quali preparazioni gastronomiche servire, quantificare il personale disponibile e quello necessario, valutare la logistica della location. Fasi dell’organizzazione

Caratteristiche

Fase tecnica iniziale

Va dal primo contatto con il cliente alla definizione dei dettagli dell’evento fino alla firma del contratto

Fase operativa

Consiste nella realizzazione materiale di quanto stabilito nell’accordo

Un servizio di banqueting prevede generalmente: • la preparazione delle pietanze; • il trasporto delle vivande (preparazioni pronte e bevande) e delle attrezzature necessarie presso la location; • l’allestimento della location con materiali e attrezzature di proprietà dell’azienda; • il servizio di sala. Inoltre, può includere anche: • l’individuazione della location (in genere le aziende di banqueting dispongono di un portfolio); • l’organizzazione dell’intrattenimento per gli ospiti; • l’allestimento di tutti locali (addobbi e allestimenti vari); • l’accoglienza degli ospiti e l’assistenza durante tutta la durata dell’evento. L’azienda organizzatrice deve comprendere in modo chiaro la tipologia di cliente che richiede il servizio per meglio dirigerne le scelte. Classificare i potenziali clienti permette di creare delle proposte standard, da sottoporre al cliente in fase iniziale e sulle quali apportare le variazioni del caso.

GUIDA ALLO STUDIO

Riguardo al banqueting manager è corretto affermare che: (più di una opzione è corretta) 1. 2. 3. 4. 5.

comprende le aspettative del cliente ha ottime doti relazionali non indirizza le scelte del cliente definisce le tempistiche per le attività più importanti il giorno dell’evento controlla lo svolgimento delle diverse fasi

Riguardo all’organizzazione di un banchetto è corretto affermare che: (più di una opzione è corretta) 1. 2. 3. 4. 5.

va quantificato il personale disponibile e quello necessario va effettuata la valutazione architettonica della location va programmata la preparazione e il trasporto delle vivande non è previsto il servizio di accoglienza è prevista assistenza degli ospiti durante il servizio di sala


LEZIONE SPECIALE •

IL BANQUETING

Cosa si intende per location La location di un banchetto può essere stabilita a priori dal committente oppure proposta dal banqueting manager, che deve individuare il luogo più adatto all’evento. Le società di banqueting dispongono generalmente di un ventaglio di location con caratteristiche diverse. In questa fase vanno illustrate anche le opzioni disponibili in materia di arredi e materiali di servizio, ricordando che richieste particolari possono obbligare al noleggio di attrezzature presso ditte specializzate. In questa sede, va valutato e concordato anche l’impiego di sedie, tavoli, ombrelloni o tensostrutture, indispensabili in caso di forte sole o di maltempo, o di altre attrezzature. Una volta selezionata la location, il banqueting manager esegue un sopralluogo per meglio definire preventivamente i dettagli relativi a: • illuminazione; • planimetria operativa; • percorsi e logistica ambientale, cioè spazi e percorsi ad uso del personale, ubicazione delle zone di produzione dei cibi, luoghi di stoccaggio e di smaltimento durante la preparazione e la distribuzione delle vivande; • modalità di conservazione degli alimenti; • tempistica di ciascuna attività prevista.

Quali sono i momenti ristorativi L’azienda di banqueting deve disporre di menu prestabiliti da variare in base al gusto del committente e ad altri fattori (budget, numero dei partecipanti, location e allestimento scelto), per tutti i momenti ristorativi: coffee break, brunch, lunch, cocktail, dinner e after dinner. Il coffee break (o pausa caffè) e il brunch sono organizzati tipicamente nel banqueting congressuale e aziendale, così come avviene per il cocktail, servito anche in occasione di grandi eventi. L’after dinner è riservato invece ad alcune forme di banqueting aziendale. Il lunch e il dinner sono serviti, di solito, in occasione di matrimoni, ricorrenze di vario genere e eventi di un certo rilievo, ma anche nelle diverse occasioni del banqueting sia congressuale sia aziendale.

Quali sono le modalità di servizio Per quanto riguarda la modalità di servizio, si sceglie tra due soluzioni principali: • il servizio a buffet, tenendo conto del numero degli ospiti, secondo le modalità frontale, a tutto giro o circolare; • il servizio placé, vale a dire il servizio a tavola, che è applicabile soltanto per un numero di partecipanti non superiore alle 300 unità. Una terza opzione prevede una combinazione di queste due modalità, con le portate servite al tavolo del buffet e consumate dagli ospiti al tavolo.

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LEZIONE SPECIALE •

IL BANQUETING

Il contratto di banqueting Il contratto deve essere il più possibile dettagliato per evitare qualsiasi tipo di discussione con il cliente in sede di pagamento del corrispettivo. Una volta definite tutte le componenti, l’azienda di banqueting sottopone al committente il preventivo, che riporta la data e l’orario dell’evento e tutte le altre informazioni tecniche (location, allestimento, menu), il prezzo per persona (IVA esclusa), il numero minimo di partecipanti, il prezzo e le modalità di pagamento con le coordinate bancarie ed eventuali servizi non compresi. Con l’accettazione del preventivo le parti siglano il contratto. Il contratto di banqueting è una variante del contratto di catering che: • ha carattere occasionale; • prevede anche una serie di servizi a corredo del servizio ristorativo; • è un insieme di più contratti diversi relativi alle diverse componenti (affitto di mezzi di trasporto, attrezzature o locali). Nel contratto possono essere segnalati anche eventuali sovrapprezzi dovuti: • alla distanza dalla location dell’evento; • a difficoltà organizzative non dipendenti dall’azienda (per esempio, per una location strutturalmente difficile per le molte barriere architettoniche); • ad allestimenti e decorazioni particolari; • al mancato rispetto degli orari previsti, con conseguente lavoro straordinario da parte del personale.

GUIDA ALLO STUDIO

Scegli l’alternativa corretta. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

La location di un banchetto può essere stabilita a priori / proposta dal banqueting manager Un sopralluogo serve per definire percorsi e logistica ambientale / divisione degli spazi e numero di ospiti In base al budget, l’azienda di banqueting ha menu prestabiliti modificabili / non modificabili Il servizio a tavola è applicabile soltanto se le persone non superano le 200 / 300 unità Nella combinazione di servizio a buffet e placé, le portate sono servite al tavolo degli ospiti / del buffet Il preventivo riporta data e ora dell’evento, location, menu e prezzo totale / per persona Difficoltà organizzative non dipendenti dall’azienda sono fonte di annullamento / sovrapprezzo


LEZIONE SPECIALE •

IL BANQUETING

Che cos’è la scheda evento Una volta firmato il contratto, il referente in azienda compila la scheda evento, che è il documento tecnico-informativo che permette di organizzare l’evento così come esso è stato prefigurato in sede di contrattazione. Alla scheda evento è allegata la planimetria operativa, che: • riporta la suddivisione degli spazi e la loro destinazione d’uso (cucina, passe, zona buffet, tavoli e così via); • indica se ci sono difficoltà dal punto di vista logistico (per esempio, per l’accesso di mezzi particolari). A completamento della scheda tecnica è necessario predisporre un tableau per l’assegnazione dei posti a tavola, secondo quanto indicato dal cliente. A partire dalla scheda evento si stabilisce la tabella di marcia per l’organizzazione dell’evento. Una decina di giorni prima del banchetto, i diversi capireparto deducono da essa tutte le informazioni necessarie per il lavoro del settore di loro competenza e per il coordinamento tra i vari reparti, sia in fase organizzativa sia durante l’evento. Danno quindi inizio alle procedure operative di competenza della logistica (preparazione, carico, trasporto e scarico dei materiali necessari), della cucina e della sala (approvvigionamenti, preparazione, allestimenti).

Quali sono le fasi di organizzazione della logistica I responsabili della logistica e del servizio di sala, dopo aver visionato la scheda evento, fanno un sopralluogo presso la location: • per individuare le migliori modalità di consegna e ritiro dei beni e di organizzazione delle diverse aree (cucina, sala, locali di servizio); • per valutare lo stato delle utenze, gli accessi, la condizione delle attrezzature disponibili; • per stabilire le modalità e i percorsi operativi e i tempi di esecuzione (per esempio, gli orari di scarico e di ritiro dei beni); • per stabilire nel dettaglio tutte le attrezzature necessarie, stilando con la massima attenzione una checklist. Le procedure di allestimento degli ambienti, di carico e scarico, di maneggio delle attrezzature sono eseguite dagli operatori di sala e di cucina della società di banqueting oppure da altro personale.

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LEZIONE SPECIALE •

IL BANQUETING

Come si organizza la preparazione delle pietanze Una volta ricevuto il numero definitivo di partecipanti, il banqueting manager allerta la cucina, che avvia la predisposizione delle materie prime per preparare in tempo le pietanze da servire. Il lavoro della cucina consiste: • nell’approvvigionamento e nella conservazione delle materie prime; • nella preparazione delle pietanze secondo la modalità più adeguata. Per quanto riguarda l’approvvigionamento, lo chef compila la lista delle materie prime tenendo conto anche di necessità dettate dall’organizzazione del lavoro di cucina o dai tempi di consegna. Una volta ricevute le materie prime, la cucina procede con il controllo dei prodotti e con la loro conservazione a norma di legge. Lo chef definisce quindi i modi e i tempi di preparazione delle pietanze, confrontandosi anche con il responsabile del servizio di sala. In particolare, nella definizione dei tempi, considera gli orari di arrivo degli ospiti e quelli presunti di servizio, per non pregiudicare la qualità delle preparazioni. Al termine del servizio è compito del personale di cucina provvedere al riassetto dei locali utilizzati.

Le regole operative I materiali vanno disposti in modo ordinato

Tutto il materiale va organizzato in spazi precisi, in modo da essere facilmente reperibile da tutto il personale coinvolto.

Le attrezzature usate vanno riposte ordinatamente L’attrezzatura già usata deve essere pronta per il ritiro da parte della logistica.

Le attrezzature si lavano al termine dell’evento Tutte le attrezzature vanno portate al reparto lavaggio, dove avvengono anche la sterilizzazione e l’asciugatura prima dello stoccaggio.

Non si lava in loco

Va predisposta attrezzatura più che sufficiente, per garantire il rispetto degli standard igienici.

Le attrezzature si controllano al termine dell’evento Il reparto logistica controlla le condizioni e i quantitativi dell’attrezzatura rientrata dall’evento, tenendo come riferimento la checklist.


LEZIONE SPECIALE •

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IL BANQUETING

Quali sono le modalità di preparazione delle pietanze Per la preparazione del cibo, esistono diverse soluzioni: • utilizzo di un laboratorio di produzione centrale con successivo mantenimento in legame fresco-caldo, se necessario; • produzione di una parte dei cibi nel laboratorio e di un’altra parte nelle cucine presenti in loco oppure in cucine “satellite”, allestite per l’occasione e dotate di attrezzature idonee all’allestimento delle preparazioni previste; • realizzazione di tutti i cibi in una cucina attrezzata presso la location dell’evento; • utilizzo del legame freddo o, più raramente, surgelato, con rigenerazione delle preparazioni presso il luogo dell’evento; • realizzazione di preparazioni direttamente di fronte agli ospiti, mediante l’uso sempre più frequente di griglia e spiedo o produzione di gelato con l’azoto liquido.

La piccola pasticceria nel buffet Da sempre la piccola pasticceria è parte della tradizione italiana, basti pensare alla bellezza delle vetrine di pasticceria allestite con piccoli dolci tradizionali o di moderna concezione. Oltre a offrire a colpo d’occhio uno spettacolo di elegante raffinatezza, la piccola pasticceria permette al commensale di assaggiare differenti tipi di dolci nello stesso momento. Ma quali prodotti devono essere presenti in un evento a buffet? Sicuramente vanno presi in considerazione vari aspetti: organizzazione della brigata, tema dell’evento, stagionalità e location. La piccola pasticceria non si presta per una colazione, in cui le porzioni di dolce dovrebbero aggirarsi solitamente attorno agli 80 g. Per la colazione è quindi preferibile servire cornetti, brioches, torte da forno o monoporzioni di vario genere. Discorso diverso meritano i buffet allestiti a pranzo o cena. In questo caso vanno analizzate due tipologie di buffet: • buffet adiacenti al laboratorio di produzione all’interno di ristoranti e hotel (inside banqueting): la piccola pasticceria che si può produrre è sicuramente impreziosita dal fatto di non dover trasportare i prodotti in una location diversa dal luogo di produzione. È quindi possibile servire dolci a temperature differenti, o anche dolci appena sfornati, dolci basati su pasta sfoglia, oppure dolci che non hanno strutture resistenti al trasporto, con creme molto soffici, o anche semifreddi, che hanno bisogno di un controllo costante della temperatura; • il buffet è allestito in una location differente dal laboratorio di produzione (outside banqueting): la piccola pasticceria deve essere concepita per essere trasportata preservando freschezza e struttura. È quindi possibile servire dolci al cucchiaio in piccoli supporti, pasticceria secca, tartellette, bignè, paste lievitate farcite, gelatine di frutta, praline al cioccolato.

Approfondimenti Il servizio a buffet

GUIDA ALLO STUDIO

1. La planimetria operativa riporta la suddivisione degli spazi per l’assegnazione dei posti a tavola 2. La tabella di marcia per l’organizzazione dell’evento parte dalla scheda evento 3. Il sopralluogo presso la location è fatto prima di stilare la scheda evento 4. Le modalità, i percorsi operativi e i tempi di esecuzione sono stabiliti durante il sopralluogo 5. Lo chef definisce modi e tempi di preparazione delle pietanze confrontandosi anche con il banqueting manager 6. Va predisposta attrezzatura più che sufficiente, per garantire il rispetto degli standard igienici 7. Parte dei cibi può essere solo rigenerata nelle cucine presenti in loco

V V V V

F F F F

V F V F V F


380

macroarea

5 • Organizzazione e gestione

MAPPA L’analisi dei costi di gestione QFSNFUUF EJ

TJ CBTB TV

OFMMB SJTUPSB[JPOF TJ BWWBMF QSJODJQBMNFOUF EFM PGGSJSF BM DMJFOUF JM QSPEPUUP NJHMJPSF BM QSF[[P QJá BDDFTTJCJMF

GPPE DPTU EFM QJBUUP P EFMMB SJDFUUB

SBHHJVOHFSF HMJ PCJFUUJWJ EJ SFEEJUJWJUË QSFWJTUJ JODJEFO[B EFM DPTUP EFMMF NBUFSJF QSJNF TVM QSF[[P EJ WFOEJUB SJDBWP EJ VO QJBUUP

DIF JOEJDB MB DIF Ò M VOJDP SJGFSJUP F DBMDPMBUP QFS

VO TJOHPMP QSPEPUUP JO VO QSFDJTP NPNFOUP

GPPE DPTU

SBQQPSUBOEP JM DPTUP EFMMF NBUFSJF QSJNF VTBUF QFS QSPEVSSF JM QJBUUP BM TVP QSF[[P EJ WFOEJUB

DIF Ò DBMDPMBUP

DIF SBQQSFTFOUB MB

JODJEFO[B QFSDFOUVBMF EFMMF NBUFSJF QSJNF TVJ QSF[[J EJ WFOEJUB SJDBWJ

DIF WBSJB

EB B[JFOEB BE B[JFOEB F DJBTDVOB EFWF TUBCJMJSF RVBMJ WBMPSJ HBSBOUJTDPOP JM

BJ GJOJ EFM RVBMF TPOP SJDIJFTUJ

'PPE DPTU EFM QJBUUP $PTUP EFMMF NBUFSJF QSJNF 1SF[[P EJ WFOEJUB ¨ BDRVJTUJ BEFHVBUJ BMMF QSFWJTJPOJ EJ WFOEJUB QSFWJTJPOF EFM OVNFSP EJ QPS[JPOJ WFOEVUF QFS DJBTDVO QJBUUP

QSPGJUUP EFTJEFSBUP

DPOUSPMMP EFMMF QPS[JPOJ F RVJOEJ EJ TDBSUJ F TQSFDIJ

F WFSJGJDBSOF MB

EPDVNFOUB[JPOF EFM DJCP DPOTVNBUP EBM QFSTPOBMF

WBMJEJUË

SJDPSEBOEP DIF

SFHJTUSB[JPOF EFM OVNFSP EJ WFOEJUF QFS DJBTDVO QJBUUP QSPNP[JPOF EFMMB WFOEJUB

QFS BEFHVBSMJ BE FWFOUVBMJ

OVPWF DPOEJ[JPOJ

EJ QJBUUJ DPO VO CBTTP GPPE DPTU QJBUUJ DPO VO CBTTP GPPE DPTU F VO BMUP NBSHJOF EJ DPOUSJCV[JPOF

JM DPTUP EFM DJCP WFOEVUP OPO DPJODJEF DPO JM DPTUP EFM DJCP DPOTVNBUP


unità

1

Organizzazione e gestione

GPPE DPTU NBTTJNP BNNFTTP

DIF Ò JM

381

GPPE DPTU BUUVBMF

GPPE DPTU QPUFO[JBMF

GPPE DPTU TUBOEBSE

GPPE DPTU HJPSOBMJFSP

DIF Ò DBMDPMBUP

DIF Ò DBMDPMBUP

DIF Ò DBMDPMBUP

SBQQPSUBOEP JM DPTUP EFMMF NBUFSJF QSJNF DPOTVNBUF JO VO EFUFSNJOBUP QFSJPEP PUUFOVUP EBHMJ JOWFOUBSJ

BJ SJDBWJ UPUBMJ EFMMP TUFTTP QFSJPEP

BHHJVOHFOEP BM GPPE DPTU QPUFO[JBMF MF QFSDFOUVBMJ SFMBUJWF BMMF SFTUBOUJ NBUFSJF QSJNF DPOTVNBUF QBTUJ EFM QFSTPOBMF BMUSJ SFQBSUJ PGGFSUF F TDPOUJ

SBQQPSUBOEP J DPTUJ TPTUFOVUJ QFS MF NBUFSJF QSJNF BJ SJDBWJ PUUFOVUJ OFMM BSDP EJ VO JOUFSB HJPSOBUB

DIF Ò DBMDPMBUP B QBSUJSF EB

WBMPSF QJá FMFWBUP F SBQQSFTFOUB JM MJNJUF EB OPO TVQFSBSF QFS FWJUBSF VOB

SJEV[JPOF EFJ QSPGJUUJ

QSFWJTJPOF EFJ SJDBWJ F EFJ DPTUJ FTDMVTJ RVFMMJ EFMMF NBUFSJF QSJNF

'PPE DPTU TUBOEBSE GPPE DPTU QPUFO[JBMF 1FSDFOUVBMF EB TPNNBSF BM GPPE DPTU QPUFO[JBMF ¨

'PPE DPTU BUUVBMF $PTUP EFMMF NBUFSJF QSJNF VUJMJ[[BUF OFM QFSJPEP JO FTBNF 3JDBWJ UPUBMJ EFM QFSJPEP JO FTBNF ¨

'PPE DPTU HJPSOBMJFSP $PTUP EFMMF NBUFSJF QSJNF VUJMJ[[BUF OFMMB HJPSOBUB 3JDBWJ UPUBMJ EFM HJPSOP ¨

QSPGJUUP NJOJNP EFTJEFSBUP DIF TPOP

EFEVDJCJMJ EBM CVTJOFTT QMBO P EBM CVEHFU BOOVBMF DBMDPMBUJ JO QFSDFOUVBMF SJTQFUUP BJ SJDBWJ UPUBMJ RVJOEJ TPNNBUJ USB MPSP JOGJOF TPUUSBUUJ BM UPUBMF EFJ SJDBWJ DPSSJTQPOEFOUF BM

DIF SBQQSFTFOUB JM

DIF EFWF FTTFSF

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DIF Ò DBMDPMBUP

SBQQPSUP QFSGFUUP USB J QJBUUJ WFOEVUJ F J MPSP SJDBWJ

JM QJá CBTTP JO BTTPMVUP

NBUFSJF QSJNF DPOTVNBUF QFS QSPEVSSF TPMUBOUP J QJBUUJ WFOEVUJ

SBQQPSUBOEP JM DPTUP EFMMF NBUFSJF QSJNF QFS MB QSFQBSB[JPOF EFJ QJBUUJ BJ SJDBWJ UPUBMJ

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macroarea

5 • Organizzazione e gestione

SINTESI Che cos’è l’approvvigionamento e chi è l’economo

L’approvvigionamento è l’insieme delle operazioni che permettono di gestire gli acquisti e i flussi di merci all’interno dell’azienda, in base alle esigenze produttive, con l’obiettivo di aumentare la qualità del servizio offerto e ridurre i costi di gestione. L’economo (o purchasing division manager), a capo del reparto economato, è incaricato della gestione dell’approvvigionamento e deve essere in grado di stabilire a chi, quando e quanto ordinare.

Che cosa sono le politiche di approvvigionamento

La corretta gestione degli approvvigionamenti riguarda i modi, i tempi e le quantità di merci da acquistare e i suoi obiettivi sono: assicurare il normale svolgimento dell’attività aziendale, garantire la continuità del servizio, contenere i costi e ridurre al minimo i costi totali di magazzino.

deve determinare quali possono garantirle il profitto desiderato, verificarne la validità e adeguarli nel caso alle nuove condizioni. • Food cost del piatto = (Costo delle materie prime/ Prezzo di vendita) × 100 • Food cost giornaliero = (Costo delle materie prime utilizzate/Ricavi totali del giorno) × 100 • Food cost attuale = (Costo delle materie prime utilizzate nel periodo in esame/Ricavi totali del periodo in esame) × 100 • Food cost potenziale = (Costo delle materie prime per la preparazione dei piatti/Ricavi totali) × 100 • Food cost standard = (Food cost potenziale + Percentuale da sommare al food cost potenziale) × 100

Come selezionare i fornitori e quali prodotti vanno acquistati

Nella selezione dei fornitori vanno considerati diversi fattori, tra i quali prezzo di vendita, tempi e modalità di consegna, costi di trasporto, conoscenza e consigli sul prodotto, flessibilità, distanza. Nelle aziende ristorative i beni sono distinti generalmente in prodotti deperibili (alimenti freschi che vanno acquistati più volte nell’arco della settimana) e prodotti non deperibili (considerando il tempo necessario per approvvigionarsi, il consumo medio giornaliero e il livello relativo della scorta di sicurezza).

Che cos’è il magazzino e come avviene la gestione delle scorte

Il magazzino fa parte del reparto economato ed è gestito dal magazziniere. È il luogo dove avviene la movimentazione delle merci in entrata e in uscita. I locali devono rispondere ai requisiti previsti dalla normativa igienico-sanitaria e vanno igienizzati regolarmente nel rispetto del piano di autocontrollo. Gli spazi vanno suddivisi in base alla tipologia di merci. La gestione delle scorte deve permettere di trovare una situazione di equilibrio tra costi e benefici. Che cos’è il food cost

Il food cost rappresenta l’incidenza percentuale delle materie prime sui prezzi di vendita/ricavi. L’analisi dei costi si basa su: food cost del piatto o della ricetta, food cost massimo ammesso, food cost attuale, food cost potenziale, food cost standard, food cost giornaliero. Per il food cost control vanno valutati e monitorati diversi fattori e, non esistendo valori ideali, ogni azienda

LEZIONE SPECIALE Il banqueting Che cos’è il banqueting

Il banqueting (dall’inglese to banquet) è un servizio di banchettistica che integra alla fornitura di vivande anche altre prestazioni (gestione logistica degli spazi, intrattenimento degli ospiti, allestimento della location). È distinto in inside banqueting e outside banqueting. Quale ruolo svolge il banqueting manager

Il banqueting manager è il professionista incaricato dell’organizzazione dei servizi di banchettistica in tutte le loro fasi. Assiste il committente nella scelta di tutti i dettagli, organizza l’evento e vi partecipa per controllare lo svolgimento delle diverse fasi. Come si organizza un banchetto

Un servizio di banqueting prevede: preparazione delle pietanze, trasporto di vivande e attrezzature, allestimento della location, servizio di sala. Per formulare una proposta adeguata, si devono conoscere: tipologia di evento, location, numero di partecipanti, menu e budget totale di spesa.


unità

1

Organizzazione e gestione

VERIFICHE VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. I costi di gestione dipendono dalla gestione degli approvvigionamenti V F 2. La qualità del servizio non ha alcune relazione con gli approvvigionamenti V F 3. L’economo è il professionista incaricato della gestione dell’approvvigionamento V F 4. Gli acquisti speculativi sono effettuati nel momento in cui i prezzi sono particolarmente vantaggiosi V F 5. La selezione dei fornitori spetta allo chef di cucina V F 6. Con il just in time beni e materie prime giungono in azienda soltanto nel momento in cui sono necessari V F 7. Lo chef di cucina negozia con i fornitori i prezzi delle merci e le condizioni di pagamento V F 8. La contabilità del magazzino è tenuta dall’economo V F 9. Il sistema di approvvigionamento just in time influisce negativamente sul livello qualitativo del servizio offerto V F 10. L’economo controlla il buon fine degli ordini V F Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

DOMANDE A COMPLETAMENTO Completa indicando almeno cinque compiti dell’economo. 1. ................................................................................... 2. ................................................................................... 3. ................................................................................... 4. ................................................................................... 5. ...................................................................................

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta. 1.

Una buona politica di approvvigionamento deve: a. contenere i costi b. garantire la continuità del servizio c. ridurre al minimo i costi totali di magazzino d. tutte le opzioni sono corrette

2. I prodotti deperibili: a. sono acquistati più volte nell’arco della settimana b. sono inviati direttamente alla cucina per l’utilizzo c. sono imputati come costo giornaliero a carico della cucina d. tutte le opzioni sono corrette 3. Per individuare il livello di riordino occorre considerare: a. il tempo per approvvigionarsi b. il livello relativo della scorta di sicurezza c. il consumo medio giornaliero d. tutte le opzioni sono corrette 4. Il livello di riordino: a. non tiene conto del consumo medio giornaliero b. indica la quantità di merce in corrispondenza della quale bisogna provvedere al riordino c. risponde alla domanda “Quanto ordinare?” d. nessuna delle opzioni è corretta 5. I sistemi per lo stoccaggio delle merci devono: a. consentire l’accesso al magazzino solo a personale autorizzato b. contribuire al controllo dei consumi c. permettere di conservare i prodotti adeguatamente d. tutte le opzioni sono corrette

VERIFICHE

1. I piani di acquisto programmati permettono di bloccare per un certo periodo il prezzo della merce V F 2. Nella selezione dei fornitori si valuta il solo prezzo di vendita V F 3. I flussi di merce tra i diversi reparti sono gestiti dal magazzino V F 4. I costi di trasporto possono incidere in misura rilevante sul prezzo finale della merce V F 5. Non è consigliabile utilizzare più fornitori per una stessa tipologia di merce V F 6. L’operato dei fornitori è valutato prendendo in considerazione soltanto la puntualità delle consegne V F 7. Il livello di riordino è determinato valutando il tempo necessario per approvvigionarsi V F 8. Lo stoccaggio deve garantire adeguata conservazione e controllo dei consumi V F 9. Le pareti del magazzino devono essere rivestite per i 2/3 in materiali ceramici o similari V F 10. Gli scaffali del magazzino devono avere ripiani mobili V F

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384

macroarea

5 • Organizzazione e gestione

6. Il sovradimensionamento: a. riduce i costi di giacenza in magazzino b. aumenta il rischio di non avere merci sufficienti c. aumenta gli oneri finanziari d. nessuna delle opzioni è corretta VERO O FALSO Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. 1. Ogni impresa ristorativa deve determinare quei valori di food cost che le possono garantire il profitto desiderato

V F

LEZIONE SPECIALE Il banqueting

DOMANDE A SCELTA MULTIPLA Scegli tra le opzioni date quella corretta.

VERIFICHE

1.

I menu proposti dalle aziende di banqueting: a. sono standard e non possono essere modificati b. sono modificabili in base solo alla stagione c. sono proposte modificabili in funzione delle richieste del committente d. nessuna delle opzioni è corretta

2.

Il contratto di banqueting: a. ha carattere continuativo b. ha carattere occasionale c. ha durata massima di un anno d. nessuna delle opzioni è corretta

3.

La checklist è un elenco dettagliato di: a. tutti gli alimenti e le bevande da ordinare b. tutte le attrezzature necessarie per l’evento c. tutti i partecipanti all’evento d. nessuna delle opzioni è corretta

4.

Il banqueting manager: a. non esegue sopralluoghi b. non presenzia mai agli eventi c. incontra il committente solo al termine dell’evento d. nessuna delle opzioni è corretta

2. I sistemi di approvvigionamento e di stoccaggio possono influenzare il valore del food cost V F 3. Il costo del cibo venduto coincide sempre con quello del cibo consumato V F 4. Ai fini del food cost control, gli inventari vanno predisposti con periodicità costante V F 5. I costi di gestione vanno monitorati per offrire il servizio migliore al prezzo più accessibile V F 6. Le scelte dei clienti non sono mai influenzate dall’impostazione grafica e strutturale del menu V F 7. Il food cost rappresenta l’incidenza percentuale delle materie prime sui costi di gestione V F

5. La modalità di servizio placé: a. è applicabile soltanto per ricevimenti con un numero di ospiti non superiore a 300 b. è l’unica scelta possibile nel caso del banqueting congressuale c. non può essere combinata con il servizio a buffet d. va sempre combinata al servizio buffet

6. L’inside banqueting è organizzato: a. a domicilio del cliente o presso una location a sua scelta b. da un’azienda ristorativa all’interno delle sue strutture c. da agenzie di intermediazione d. solo da agenzie di intermediazione 7. Durante un sopralluogo: a. si considera l’illuminazione b. si controllano spazi e percorsi ad uso del personale c. si determinano i luoghi di stoccaggio e smaltimento d. tutte le opzioni sono corrette 8. Il banqueting aziendale e quello congressuale: a. sono organizzati al domicilio del committente b. nei modi e soggetti riceventi la prestazione c. sono soggetti a stagionalità d. tutte le opzioni sono corrette 9. L’outside banqueting è organizzato: a. solo da agenzie di intermediazione b. in luoghi diversi dalla sede aziendale c. solo presso la sede aziendale e mai presso il domicilio del cliente d. nessuna delle opzioni è corretta 10. Per l’approvvigionamento lo chef determina: a. la lista delle materie prime tenendo conto anche dei tempi di consegna b. la lista delle materie prime tenendo conto anche dell’organizzazione del lavoro di cucina o dei tempi di consegna c. la lista delle materie prime tenendo conto del personale d. nessuna delle precedenti


LABORATORIO DELLE COMPETENZE

Lessico specialistico

385

DOMANDE A COMPLETAMENTO Scrivi il termine corrispondente a ogni definizione. 1.. L’insieme delle operazioni che permettono di gestire gli acquisti e i flussi di merci all’interno dell’azienda, in base alle esigenze produttive .................................................................................................................................................. 2.. Professionista incaricato della gestione dell’approvvigionamento ................................................................................. 3.. Luogo dove avviene la movimentazione delle merci in entrata e in uscita ..................................................................... 4.. L’unico indice riferito e calcolato per un singolo prodotto in un preciso momento . ......................................................................................................................................................................................... 5.. Indice calcolato rapportando i costi sostenuti per le materie prime ai ricavi ottenuti nell’arco di un’intera giornata . ......................................................................................................................................................................................... 6.. Il valore di food cost che permette di ottenere il profitto minimo che si prevede di realizzare . ......................................................................................................................................................................................... 7.. Indice calcolato a partire da dati che provengono dalla gestione del magazzino o, più precisamente, dagli inventari . ......................................................................................................................................................................................... 8.. L’indice che rappresenta il valore di food cost più basso che si può calcolare . ......................................................................................................................................................................................... 9.. Indice calcolato aggiungendo al food cost potenziale le percentuali relative alle restanti materie prime consumate . ......................................................................................................................................................................................... 10.. Servizio nel quale la fornitura di vivande è integrata da altre prestazioni come la gestione logistica degli spazi, l’intrattenimento degli ospiti e l’allestimento della location . ......................................................................................................................................................................................... 11.. Professionista che si occupa dell’evento di banqueting in tutte le sue fasi . ......................................................................................................................................................................................... 12.. Forma di banqueting che prevede l’allestimento del banchetto all’interno della struttura ristorativa . ......................................................................................................................................................................................... 13.. Forma di banqueting che prevede l’allestimento del banchetto presso altri luoghi scelti come sede dell’evento . .........................................................................................................................................................................................


386

LABORATORIO DELLE COMPETENZE

La gestione

ti degli acquis A

Indica gli obiettivi di una buona politica di approvvigionamento. 1. 2. 3. 4. 5.

B

Compiti di realtà

............................................................................... ............................................................................... ............................................................................... ............................................................................... ...............................................................................

Indica almeno cinque fattori da valutare nella selezione dei fornitori. 1. 2. 3. 4. 5.

............................................................................... ............................................................................... ............................................................................... ............................................................................... ...............................................................................

Il banqueting C

Immagina di dover fare il sopralluogo per un banchetto da organizzare per un pranzo presso la sala ristorante della tua scuola e analizza con attenzione tutti i dettagli dell’organizzazione. Redigi un preventivo nel quale siano riportate tutte le indicazioni che ritieni indispensabili ai fini dell’organizzazione.

D

Indica in base a quali fattori si sceglie la disposizione dei tavoli. 1. 2. 3. 4. 5.

E

.................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. ..................................................................................................................................................

Completa con le informazioni richieste. Il contratto di banqueting prevede: ........................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................... Il contratto di banqueting può includere anche: ........................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................... ...........................................................................................................................................................


PROFESSIONISTI DI SUCCESSO: Federica Russo 387

Non c’è cosa più bella che mangiare un

e sentire le emozioni che si celano dietro L’esperienza in ALMA ALMA è stata qualcosa di inspiegabile. Per la prima volta mi sono sentita veramente nel posto giusto per me. Nella vita si cerca sempre quel posto in cui ci si dimentica di guardare l’orologio, vivendo momenti che vorresti non finissero mai. ALMA mi ha fatto capire che la pasticceria sarebbe diventata la mia vita, e rimarrà sempre il mio porto sicuro, una casa sempre aperta per me.

L’esperienza con il Pastry Chef Fabrizio Galla Lavorare in un laboratorio come quello di Fabrizio, primo classificato Best Chocolate Cake in the World Lyon 2007, è l’esperienza che ogni ragazzo che ambisce a diventare pasticcere dovrebbe fare. Ho imparato l’ordine, la precisione e l’umiltà che questo lavoro richiede, perché prima di realizzare i dolci bisogna imparare il rispetto della materia, ma soprattutto che non si è mai imparato abbastanza. Grazie a lui ho raggiunto numerosi traguardi, ma soprattutto la consapevolezza che se si vuole veramente qualcosa non c’è niente e nessuno che può fermarti.

dolce

Le nuove tendenze della pasticceria Dallo studio dei social e delle riviste di settore, si può intuire che le nuove tendenze sono l’utilizzo di stampi in silicone, l’abbinamento di ingredienti poco conosciuti e l’impiego di glasse con colori accesi lontani dai veri colori della natura. Per me la pasticceria dovrebbe rispecchiare i colori naturali, quelli che creano il desiderio di gustare un prodotto. Spero che i pasticceri del futuro siano uguali a quelli di una volta, che abbiano ancora voglia di mettere le mani in pasta, che nutrano passione per i propri dolci, perché non c’è cosa più bella che mangiare un dolce e sentire le emozioni che si celano dietro. Fare il pasticcere significa rendere le persone felici!

Un consiglio per chi vuole intraprendere questo mestiere Il consiglio che posso dare è essere umile, aver voglia di conoscere e imparare. Poi essere determinati. Potrà capitare di incontrare delle difficoltà, ma bisogna andare avanti per ottenere risultati. La pasticceria è nelle nostre mani e dobbiamo imparare a tenerla sempre sul gradino più alto.

Federica Russo ha tre dolci preferiti: il cannolo siciliano, la pastiera napoletana e il bignè funghetto

Umiltà, disciplina e precisione sono i valori che hanno portato Federica Russo a raggiungere importantissimi traguardi • Diplomata del XX Corso Superiore di Pasticceria ALMA • Responsabile di laboratorio presso la Pasticceria Galla di San Sebastiano Po, eccellente realtà nata dal genio del Pastry Chef Fabrizio Galla


388

SECONDA PROVA • Esercitazione

GESTIRE LE RISORSE UMANE DI UNA STRUTTURA RISTORATIVA Testo A «Uno degli obiettivi fondamentali di un’efficace amministrazione delle imprese ristorative è porre particolare attenzione alla gestione delle risorse umane, base indispensabile di una struttura ricettiva. Il gestore deve essere in grado di attivare una corretta politica aziendale e costruire un perfetto staff di collaboratori, capaci di entrare in empatia tra loro e di conseguenza con i clienti. Le risorse umane sono la forza produttiva di un’attività e un gruppo affiatato e valido rappresenta la carta vincente di un’impresa di ristorazione moderna la cui efficienza dipende principalmente dall’organizzazione, comunicazione e collaborazione». (Fonte: http://www.panoramachef.it)

Testo B «Il piano del personale prevede la stima del fabbisogno di manodopera in rapporto alla qualità del servizio e del volume medio della produzione, anche se le aziende ristorative sono soggette a variazioni di presenze di clientela: è necessario fissare un minimo di dipendenti sufficiente a garantire i servizi offerti calcolando altra forza lavoro nel momento in cui la clientela aumenta (periodi stagionali, eventi particolari, festività o ricorrenze)». (Fonte: http://www.panoramachef.it)

A) Con riferimento alla comprensione del primo testo proposto, rispondi ai seguenti quesiti: 1. Quale importanza ha la gestione delle risorse umane in un’impresa ristorativa? ........................................................................... ........................................................................... ........................................................................... ........................................................................... 2. Quali sono a riguardo i compiti del gestore di un’impresa ristorativa? ........................................................................... ........................................................................... ........................................................................... ........................................................................... 3. Da che cosa dipende l’efficienza di un’impresa ristorativa? ........................................................................... ........................................................................... ........................................................................... ........................................................................... B) Con riferimento alla comprensione del secondo testo proposto, rispondi al seguente quesito: 1. Di che cosa deve tenere conto la stima del personale? ........................................................................... ........................................................................... ........................................................................... ........................................................................... Con riferimento alla padronanza delle conoscenze fondamentali e delle competenze tecnicoprofessionali, sia quelle conseguite a scuola sia quelle maturate durante l’esperienza dei PCTO, svolgi il seguente caso professionale. Hai avuto il compito di selezionare e poi organizzare il personale di un bistrot che serve gustose colazioni e ricchi brunch, con una potenzialità di quaranta coperti al giorno. Seguendo quali criteri effettui la selezione? Scrivi una relazione sull’attività svolta comprensiva di un grafico dell’organigramma del personale da te reclutato. ...................................................................................... ...................................................................................... ...................................................................................... ...................................................................................... ...................................................................................... ...................................................................................... ...................................................................................... ......................................................................................


COLLOQUIO ORALE • Collegamenti interdisciplinari 389

LABORATORIO DI SERVIZI ENOGASTRONOMICI SETTORE SALA E VENDITA

SCIENZA E CULTURA DELL’ALIMENTAZIONE • Le celle frigorifere e la gestione degli spazi • Il sistema HACCP

• La gestione dei costi • Le risorse umane nelle imprese dei servizi • Food & beverage manager

DIRITTO • Il magazzino • Il contratto collettivo nazionale

STORIA Il lavoro nella Costituzione della Repubblica italiana

Organizzazione e gestione

MATEMATICA Calcolo del food cost

LINGUE STRANIERE Lessico specifico e traduzione


390

UNITÀ DI APPRENDIMENTO • Istruzioni per l’uso

L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO NELLE IMPRESE RISTORATIVE Quali sono gli Assi culturali coinvolti? • Asse tecnologico e professionale • Asse dei linguaggi • Asse storico-sociale

Quali sono le discipline interessate? • Laboratorio servizi enogastronomici – Cucina • Laboratorio servizi enogastronomici – Bar-Sala e vendita • Scienza degli alimenti • Diritto

Quali sono i tempi di svolgimento? • 14 ore di lavoro in classe • 2 ore di presentazione del prodotto finale

In che modo è organizzato il lavoro? Gruppi di lavoro a discrezione dei docenti

1. L’insegnante, per cominciare, presenterà l’argomento e gli obiettivi dell’Unità di Apprendimento, finalizzata alla realizzazione di un prodotto multimediale, ad esempio una presentazione in PowerPoint, con didascalie in inglese e nella seconda lingua straniera. Il tema è l’organizzazione del lavoro in un’impresa ristorativa. Dovrai dimostrare innanzitutto di conoscere l’uso base del PC affinché il documento si presenti curato sia dal punto di vista grafico sia nei contenuti. Il documento potrà essere corredato da immagini esplicative, tabelle, grafici, schemi, effetti sonori. Per tradurre le didascalie in inglese e nella seconda lingua straniera, sarà fondamentale esprimersi in modo corretto. 2. Nella progettazione dovrai tenere ben presenti: • le nozioni fondamentali di organizzazione e gestione delle imprese ristorative; • gli elementi fondamentali relativi all’organizzazione del lavoro nelle imprese ristorative; • le caratteristiche basilari del contratto di lavoro; • i marchi di qualità, gli alimenti e i dessert delle tradizioni locali, i prodotti della tradizione e dell’innovazione.

Quali saranno le fasi operative dell’Unità di Apprendimento? • Raccolta delle informazioni e del materiale di riferimento: potrai utilizzare libri di testo, monografie, riviste specializzate, materiale tratto dal web, ecc. • Elaborazione dei testi sotto la supervisione dei docenti • Traduzione nelle lingue straniere dei testi elaborati • Realizzazione del compito • Presentazione del compito

Quale sarà il prodotto finale da presentare? Consegna la presentazione facendo attenzione a utilizzare tutti gli strumenti che il programma mette a disposizione. Preparati ad argomentare agli insegnanti e al resto della classe quanto elaborato dal gruppo, mettendo in evidenza i punti di forza del progetto, come la pianificazione e l’organizzazione del lavoro, l’importanza del rapporto con il cliente, le strategie di marketing, esprimendo considerazioni personali sull’argomento. A tuo parere come te la sei cavata? So progettare un lavoro So cercare e selezionare informazioni utili al lavoro So individuare immagini efficaci e coerenti con il testo So rielaborare le informazioni So rispettare i tempi programmati So lavorare in gruppo

1 - Principiante

2 - Praticante

3 - Esperto


Dossier Conoscenze Mondo del lavoro: networking, curriculum, social network

Gelateria: materie prime, tecniche di preparazione e di produzione, bilanciatura

Panificazione: materie prime, metodi di impasto, lievitazione, cottura

Prodotti dolciari e di panificazione della tradizione italiana

Abilità Costruire una rete di contatti, scrivere il curriculum, utilizzare i social network in modo responsabile

Bilanciare la ricetta del gelato, applicare tecniche di gelateria

Applicare tecniche di panificazione

Conoscere, promuovere e valorizzare i prodotti dolciari della tradizione italiana

Competenze Utilizzare tecniche tradizionali e innovative di lavorazione, di organizzazione, di commercializzazione dei servizi e dei prodotti enogastronomici

Predisporre prodotti, servizi e menù coerenti con il contesto e le esigenze della clientela

Valorizzare l’elaborazione e la presentazione di prodotti dolciari e di panificazione locali, nazionali e internazionali utilizzando tecniche tradizionali e innovative

AGENDA 2030


1.

L’ingresso nel mondo del lavoro

2.

La gelateria

3.

La panificazione

4.

La tradizione italiana

DESSERT D’EUROPA

Il kataifi è un tipo di pasta a base di farina e acqua molto popolare in Grecia, in Turchia e in tutto il mondo medio-orientale, che vanta le sue origini presso gli Ottomani. Questa pasta, tagliata in striscioline sottilissime simili a spaghetti, è utilizzata per preparazioni salate ma soprattutto per dolci e pasticcini. Gli spaghetti vengono intrecciati insieme a frutta secca e miele a formare nidi, cestini o coni, bagnati con burro o sciroppo, spesso accompagnati dal gelato.

Approfondimenti

Esercizi interattivi

Videolezioni

✔ ✔

Il mio ricettario Le ricette dei Maestri Laboratorio delle competenze

Materiale didattico adatto per la didattica digitale integrata


SEZIONEDOSSIER SPECIALE 1 393 .

L’ingresso nel mondo del lavoro Il passaggio dalla scuola al lavoro è sempre sentito come un brusco salto nel vuoto: dovremo cavarcela da soli, senza il punto di riferimento degli insegnanti, né la condivisione con i compagni di classe. Affrontare questo tema a scuola è un modo per provare a sviluppare degli atteggiamenti utili a gestire l’ingresso nel mondo del lavoro e soprattutto a prendere consapevolezza che la costruzione del proprio futuro lavorativo in parte è già iniziata, con la scelta della scuola superiore e con le esperienze extracurricolari. Di fatto, infatti, stai già tracciando un sentiero verso il tuo lavoro. Se le tue aspirazioni sono già forti, è bene pensare in grande e specializzare la propria formazione.

1

2

Studia per i tuoi obiettivi

1.

3

Cerca opportunità

Scrivi il tuo curriculum

4 Usa i social… con attenzione!

STUDIA PER I TUOI OBIETTIVI

Perché studiare è importante per poter lavorare? Nel settore alberghiero-ristorativo, l’esperienza non conta forse più della formazione scolastica? Sì, è vero, l’esperienza è ciò che farà di te un professionista completo. Moltissime cose potrai impararle solo sul campo e, soprattutto, solo quando inizierai a lavorare potrai scoprire quali sono realmente i tuoi punti forza, su che cosa invece dovrai migliorare. Ma come per qualunque altra professione, la formazione scolastica è imprescindibile per acquisire tutte quelle conoscenze base che ci rendono idonei a muovere i primi passi nel mondo lavorativo. E non solo. Oggi più che mai grazie a una solida preparazione scolastica potrai sperare di distinguerti tra i tanti candidati. E lo studio sarà importante non solo inizialmente per ottenere un lavoro, ma anche in seguito, per migliorare la tua posizione. Devi considerare, quindi, la formazione non come una fase che si concluderà con il periodo scolastico, ma come un’opportunità di crescita continua.

AGENDA 2030 Obiettivo 8

Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva, un lavoro dignitoso per tutti

5 Preparati al colloquio


394

DOSSIER 1 •

L’INGRESSO NEL MONDO DEL LAVORO

Gli istituti professionali Frequentare un istituto professionale garantisce una solida e completa formazione di base, perché si studiano discipline di indirizzo, ma anche discipline di “area comune” come italiano, matematica, fisica, chimica, e le lingue straniere, due o tre, a seconda dell’indirizzo. Lo studio delle lingue ovviamente dovrebbe essere sempre coltivato per chi aspira a lavorare in questo settore, sia perché le opportunità di lavoro si trovano spesso in contesti internazionali, sia perché operare nell’ospitalità vuol dire stare a contatto con persone provenienti da ogni parte del mondo. Gli istituti professionali alberghieri oggi non preparano soltanto a svolgere mansioni puramente esecutive, ma formano professionisti competenti.

Approfondimenti Guida alla relazione PCTO

I Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento I Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento sono finalizzati a quelle competenze che non sono riferibili a una disciplina specifica o un ✔sviluppare asse culturale specifico, ma sono appunto trasversali. Rappresentano un momento importante del tuo percorso formativo scolastico, perché potrai confrontarti con situazioni del tutto nuove, sperimentare la tua flessibilità, la tua capacità di lavorare in team, di adattarti e di renderti utile. Anche se a scuola sei uno studente modello, con valutazioni altissime, l’umiltà e la voglia di fare dovranno guidare il tuo ingresso e il tuo approccio al mondo reale del lavoro: fai tesoro di questa esperienza e cerca di essere costruttivo, perché ti aiuterà a scegliere il tuo futuro in modo più consapevole.

Corsi e scuole di specializzazione In questi anni sono nate moltissime scuole professionali, per lo più private, che offrono corsi di specializzazione per preparare le figure legate al mondo della ristorazione e sommellerie. Tra le numerose, ALMA – La Scuola Internazionale di Cucina Italiana, a Colorno (PR) nel cuore della Food Valley, è considerata fra le tre migliori scuole di cucina al mondo. Anche in Italia, seppur con notevole ritardo rispetto agli altri Paesi europei, negli ultimi anni sono nati corsi di laurea legati al settore.


DOSSIER 1 •

2.

L’INGRESSO NEL MONDO DEL LAVORO

CERCA OPPORTUNITÀ

Da dove cominciare per trovare lavoro? Questo è il momento in cui dovrai intercettare tutte le informazioni utili provenienti da canali diversi e dovrai mettere in atto strategie e tecniche per farti notare nel mare di offerte. Potresti sentirti disorientato all’inizio, ma avere un approccio esplorativo sul mercato del lavoro, fare tentativi in più direzioni e informarsi utilizzando tutti i mezzi a disposizione ti servirà a focalizzare i tuoi obiettivi.

Gli annunci di lavoro Consultare le offerte di lavoro e avere una panoramica su quali sono le figure professionali più richieste del settore è un primo passo per indirizzare la tua ricerca: puoi rivolgerti ai Centri per l’Impiego della tua città (registrandoti nelle banche dati che vengono messe a disposizione delle aziende in cerca di personale), o alle società di lavoro interinali. La stessa ricerca di annunci di lavoro devi poi estenderla sul web, per visualizzare tutte le offerte di lavoro disponibili.

Incontri, relazioni, conoscenze professionali L’asso nella manica per fare il proprio ingresso nel mondo del lavoro è sicuramente creare una rete di contatti che ti aiuterà a trovare delle opportunità lavorative: “segnalazioni” fra ex-compagni di scuola, insegnanti ed ex-colleghi. Questa rete di contatti si costruisce spontaneamente nel tempo, nel corso della propria vita lavorativa, ma probabilmente, senza rendertene conto, l’hai già avviata durante il periodo scolastico, perché tutti i professionisti del settore con cui hai avuto occasione di confrontarti si potranno ricordare di te e potranno essere preziose fonti di informazione.

Il networking Etimologicamente il termine vuol dire “lavorare (work) in rete (net)”, ma il verbo è ormai diventato una forma colloquiale per dire “formare relazioni”, ovvero creare una rete di relazioni professionali, principalmente attraverso i social network, che si mantengono nel tempo e che si basano sulla fiducia reciproca. Uno degli strumenti più funzionali e usati (quasi 80 milioni di utenti) è senz’altro LinkedIn, una piattaforma digitale in cui puoi creare la tua pagina personale per: • gestire i contatti con persone che conosci e che lavorano nel tuo stesso settore; • cercare nuovi contatti per far conoscere il tuo profilo; • creare dei gruppi di discussione e condividere informazioni, video, link; • accedere direttamente a offerte di lavoro che puoi cercare per parola-chiave, per qualifica, per azienda.

395


396

DOSSIER 1 •

3.

L’INGRESSO NEL MONDO DEL LAVORO

SCRIVI IL TUO CURRICULUM

Quando ci si affaccia sul mondo del lavoro, una delle prime e più importanti cose da fare è scrivere il curriculum vitae (cv), cioè un documento che illustri in modo chiaro e sintetico i nostri dati anagrafici, il percorso e i titoli di studio, e le (eventuali) esperienze lavorative. Il curriculum è insomma una specie di “carta di identità” in cui si racconta che cosa abbiamo fatto nel “corso della vita”, come suggerisce l’espressione latina da cui prende il nome. Il curriculum è quindi il principale strumento per far sapere a un eventuale datore di lavoro “chi siamo” e perché proponiamo la nostra candidatura; è, in poche parole, il nostro biglietto da visita. Proprio per questo, occorre prestare particolare attenzione alla sua redazione e seguire alcune buone pratiche sia nell’impostazione complessiva sia nella presentazione dei contenuti.

Buone pratiche per scrivere il curriculum Quali sono le regole da seguire per scrivere un buon curriculum? Ecco le più importanti. • Dovrebbe essere breve: è buona norma dunque che il cv non occupi più di 2 pagine. • Deve essere esaustivo e preciso: bisogna indicare in modo chiaro la formazione scolastica e/o professionale, il periodo e la durata di eventuali esperienze lavorative, le mansioni svolte, i nomi delle aziende o del datore di lavoro ecc. • Deve essere adeguato alle richieste e mirato: deve mettere in luce le competenze maturate attraverso specifiche esperienze di studio e/o professionali, utili a svolgere il lavoro per il quale proponi la tua candidatura. Una volta scritto il curriculum, è fondamentale aggiornarlo e correggerlo. • Deve essere chiaro e facile da leggere: devi perciò prestare particolare attenzione alla correttezza sintattica e ortografica del testo, ma anche alla sua organizzazione nella pagina per far emergere al meglio le informazioni.

Gli errori da evitare

1

FORNIRE DATI O INFORMAZIONI FALSE Oggi, grazie a Internet, è molto più facile verificare la veridicità delle informazioni.

5

SCEGLIERE UNA RESA GRAFICA APPARISCENTE O “ARTISTICA” La sobrietà e la chiarezza sono i migliori alleati del tuo cv.

2

MENTIRE SUL LIVELLO DI CONOSCENZA DI UNA LINGUA STRANIERA Al momento del colloquio potrebbero emergere le tue lacune.

6

INVIARE IL CURRICULUM PRIMA DI AVERLO LETTO CON ATTENZIONE Potrebbero rimanere errori e refusi.

3

INSERIRE UNA FOTO POCO ADATTA La foto deve dare un’immagine professionale e affidabile di te, perciò evita foto in cui sei in vacanza o in situazioni di svago.

7

INVIARE IL CV DA UN INDIRIZZO MAIL NON PROFESSIONALE Evita indirizzi tipo cucciolo2003@... Il tradizionale nome.cognome@... sarà perfetto!

4

DIMENTICARE LA LIBERATORIA SULLA PRIVACY A conclusione del cv è sufficiente scrivere «Autorizzo il trattamento dei miei dati personali ai sensi del DLGS 196 del 30 giugno 2003».

8

INVIARE IL CV UTILIZZANDO PIÙ CANALI Inviare allo stesso destinatario più copie del cv (per mail, per fax, per posta), oltre a poter infastidire chi lo riceve, evidenzia una insicurezza del candidato.


DOSSIER 1 •

L’INGRESSO NEL MONDO DEL LAVORO

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Esempio: il curriculum di un cuoco

Evita foto con sfondi naturalistici, meglio una foto in formato tessera.

Le esperienze professionali sono correttamente riportate in ordine cronologico iniziando dalle più recenti.

La descrizione del ruolo ricoperto e delle mansioni svolte è precisa ed esaustiva.

Attenzione agli errori ortografici! Rileggi più volte il cv prima di inviarlo. Le parole evidenziate in giallo contengono tutte degli errori.

La pagina è organizzata in modo molto ordinato e di facile lettura.


398

DOSSIER 1 •

L’INGRESSO NEL MONDO DEL LAVORO

Non mettere mai indicazioni temporali generiche.

Bene riportare le esperienze all’estero, anche se brevi.

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E i titoli di studio? Anche se operi nel mondo del lavoro da tempo, è necessario riportare sempre la propria formazione scolastica.

Attenzione! Devi riportare sempre l’autorizzazione al trattamento dei dati personali, mentre i saluti e la firma vanno nella lettera di accompagnamento.

Indicare gli obiettivi non è sempre necessario. Tuttavia, se decidi di inserirli, meglio non essere generici e usare parole-chiave che si riferiscano al ruolo per cui ti candidi. È preferibile inoltre inserire gli obiettivi all’inizio, subito dopo il nome.


DOSSIER 1 •

Il modello europeo di curriculum

Parola chiave

Nelle pagine precedenti ti abbiamo fornito un modello di cv redatto in formato libero, ma puoi utilizzare anche un formato standard, adottato in tutti i Paesi europei. Questo tipo di cv fa parte del cosiddetto Europass, introdotto dalla Commissione europea nel 2005 per facilitare la ricerca del lavoro nei Paesi dell’Unione Europea e rendere omogenei i documenti utilizzati.

La lettera di presentazione Quando rispondi a un’inserzione o proponi spontaneamente la tua candidatura può risultare molto utile allegare al curriculum una lettera di presentazione: si tratta di uno strumento importante per chiarire a chi leggerà il cv le motivazioni che ti spingono a candidarti e per raccontare qualcosa in più di te, del tuo percorso formativo e professionale, degli obiettivi che intendi raggiungere (per esempio, può essere utile specificare se sei disposto a trasferirti in un’altra città, in Italia o all’estero, o ad accettare particolari orari/turni di lavoro). Come il curriculum, la lettera di presentazione deve essere sintetica (non più di una pagina), chiara e ben scritta.

Come inviare il curriculum Nell’epoca di Internet il curriculum si spedisce preferibilmente via mail: questa modalità presenta innegabili vantaggi, come la rapidità della comunicazione, ma richiede particolari accorgimenti.

1

2

3

Accertarsi che l’indirizzo mail al quale inviamo il nostro cv sia effettivamente quello della persona deputata a riceverlo.

Indicare sempre l’oggetto della mail in modo chiaro e parlante (es. il riferimento all’annuncio di lavoro al quale stai rispondendo).

Accertarsi di allegare il cv e la lettera di presentazione prima di premere il tasto “invia”.

4.

399

L’INGRESSO NEL MONDO DEL LAVORO

USA I SOCIAL… CON ATTENZIONE!

Oggi il web rappresenta una risorsa molto importante nella ricerca di un’occupazione e i social network (come Facebook, Instagram, Twitter, Linkedin, Google+) hanno un ruolo centrale anche come canali utilizzati dalle aziende per promuoversi e reperire candidati (tanto che si parla di social media marketing). È quindi diventato sempre più urgente per tutti imparare a gestire con consapevolezza le infinite risorse del web.

La web reputation: che cos’è Internet è uno strumento da usare con estrema cautela: l’insieme delle tue attività sul web (vale a dire la pubblicazione di post, foto, informazioni personali, la partecipazione alle discussioni su forum, i commenti che altri utenti o “amici” lasciano sul tuo profilo e così via) concorre a determinare l’immagine che di te dai sul web, cioè la tua reputazione online (la tua web reputation). Ebbene, studi recenti hanno messo in evidenza che sempre più spesso le società o gli uffici di selezione del personale nel valutare un candidato ricorrono anche alla sua web reputation: spesso, prima o dopo aver avuto un colloquio conoscitivo con un candidato, il recruiter passa al vaglio le sue attività su Internet, alla ricerca di eventuali atteggiamenti o comportamenti anomali (per esempio commenti o immagini che tradiscano attitudini superficiali o negative) o di informazioni che possano sollevare incongruenze con quanto dichiarato nel curriculum o, ancora, di giudizi in grado di influenzare la sua reputazione.

Europass L’Europass è costituito da: 1. il curriculum vitae europeo; 2. il passaporto linguistico Europass: un’autovalutazione delle competenze linguistiche; 3. il supplemento Europass al diploma: un elenco dei diplomi di istruzione superiore o lauree; 4. il supplemento Europass al certificato: una descrizione delle qualifiche professionali; 5. il documento sulla mobilità Europass: registra le esperienze di lavoro e apprendimento acquisite in altri Paesi europei.


400

DOSSIER 1 •

L’INGRESSO NEL MONDO DEL LAVORO

Al contrario, la web reputation può essere un buon modo per il selezionatore di interpretare al meglio il curriculum di un candidato e di integrarlo con informazioni aggiuntive sui suoi interessi, sulle sue esperienze pregresse nel mondo del lavoro, sulla partecipazione a seminari e a corsi di formazione, sull’ottenimento di attestati, diplomi particolari e così via. Proprio per questo quando si entra a far parte del mondo del lavoro è importante curare la propria web reputation, facendo attenzione a ciò che si pubblica e a che cosa si racconta di noi online.

Web reputation

Che cosa fare • Coltiva le relazioni con persone dello stesso ambiente professionale • Usa i social come canali informativi: leggi e condividi contenuti interessanti • Segui le persone di riferimento del tuo settore professionale Che cosa non fare • Non dare un’immagine di te falsata e non rispondente alla realtà • Non utilizzare un linguaggio violento, poco consono, nei post e nei forum • Non pubblicare immagini che potrebbero mettere in imbarazzo • Non divulgare contenuti non autorizzati dell’azienda dove lavori e soprattutto non parlarne male!

5.

PREPARATI AL COLLOQUIO

Quando vieni convocato per un primo “colloquio conoscitivo”, è il momento di mostrare nel concreto le tue competenze e potenzialità. Occorre dunque prepararsi al meglio per rispondere alle domande che ci verranno poste da un eventuale datore di lavoro o responsabile delle risorse umane. Prima di affrontare il colloquio è opportuno: • mettere a fuoco le motivazioni che ti hanno spinto a candidarti; • fare una scaletta dei tuoi punti di forza rispetto alla posizione; • individuare possibili lacune per capire come rispondere a eventuali domande che le possano mettere in luce; • avere ben chiara la posizione per cui ci si candida; • conoscere la struttura/azienda che ha pubblicato l’annuncio di lavoro. Gli errori da evitare

durante il colloquio di lavoro

I diversi tipi di colloquio Esistono diverse tipologie di colloquio che potresti trovarti ad affrontare: • il colloquio telefonico: ricordati di parlare in modo chiaro, scandito e grammaticalmente corretto. • il colloquio individuale: prevede un faccia a faccia tra candidato e selezionatore, in cui mettere a fuoco le esperienze professionali precedenti e far emergere le motivazioni che ti hanno spinto a candidarti. • il colloquio collettivo: prevede che il selezionatore conduca il colloquio con più candidati allo stesso tempo, soprattutto quando le capacità relazionali assumono un’importanza centrale per la posizione richiesta. Presta attenzione al tuo modo di comportarti con gli altri, cercando di ascoltare le opinioni altrui, di non imporre le tue, proponendo soluzioni di compromesso nei momenti di attrito. • il colloquio in videoconferenza: prevede un’intervista faccia a faccia virtuale, grazie all’uso di un computer. Occorre scegliere un ambiente adeguato per il collegamento e verificare il corretto funzionamento dei dispositivi audio e video.

1. Non essere se stessi Sii sincero sul tuo modo di essere e sulle esperienze fatte 2. Presentarsi in ritardo La puntualità nel mondo del lavoro è indice di affidabilità e serietà 3. Presentarsi accompagnati da genitori, amici, fidanzate/fidanzati Entrare nel mondo del lavoro vuol dire essere e sentirsi autonomi 4. Presentarsi con un look inadeguato Devi scegliere abiti sempre con uno stile professionale 5. Trascurare la comunicazione non-verbale Evita di gesticolare in modo eccessivo, di distrarti e di non guardare negli occhi il selezionatore 6. Lasciare il cellulare acceso Le suonerie del telefono denotano una grave mancanza di rispetto per l’interlocutore


DOSSIER401 2

La gelateria 1.

QUALI SONO LE TECNICHE DI PREPARAZIONE DEL GELATO

Il gelato è di certo il dolce estivo più richiesto: rinfrescante, cremoso, nutriente e facile da consumare, ha rivoluzionato il modo di gustare i dessert nella stagione calda. La preparazione di questo prodotto dipende dalle trasformazioni chimiche e fisiche che avvengono sulle materie prime utilizzate, a cominciare dall’acqua, che passa dallo stato liquido a quello solido. Il gelatiere, quindi, per creare la miscela di ingredienti deve conoscere anche tutti questi aspetti di carattere scientifico.

Quali sono le caratteristiche delle miscele Una miscela deriva dalla mescolanza di varie componenti. In chimica si distinguono: • miscele omogenee, come le soluzioni, in cui le componenti sono distribuite in modo omogeneo e quindi non più riconoscibili (ad esempio, acqua e zucchero); • miscele eterogenee, come le sospensioni (ad esempio, il tuorlo d’uovo) e le emulsioni (ad esempio, la panna oppure acqua e olio), in cui le diverse sostanze che le costituiscono possono essere distinte a occhio nudo oppure con il microscopio. Esiste anche un altro tipo di miscela, che potrebbe essere considerata come intermedia fra le precedenti, rappresentata dalla soluzione colloidale o colloide, come il latte, in cui le particelle che la compongono (dette micelle) possono essere separate dal solvente in cui sono disperse mediante particolari membrane. In tutte le miscele, comunque, i vari componenti conservano invariate le loro caratteristiche e si possono separare tramite metodi fisici.

Le ricette dei Maestri Pane, mela e gelato fiordilatte


402

DOSSIER 2 •

LA GELATERIA

Che cosa sono le miscele omogenee come le soluzioni

Le ricette dei Maestri • Fragole allo spumante rosé con gelato di menta, biscotti alle mandorle e “rocce” al miele • Croccantino all’arancia, gelato al cioccolato e pepe

Una soluzione è una miscela omogenea costituita da due parti: • il solvente, che è presente in quantità maggiore; • il soluto, rappresentato dalla sostanza che si scioglie nel solvente. Per esempio, nel caso di acqua e zucchero l’acqua è il solvente e lo zucchero è il soluto.

Le tipologie di soluzioni Liquide

Sono le più diffuse e si ottengono sciogliendo completamente un liquido, un solido o un gas in un liquido.

Solide

Si ottengono sciogliendo un solido in un altro solido.

Gassose

Sono composte da un gas unito a un altro gas.

Che cosa sono la solubilità e i fenomeni di cristallizzazione Un concetto importante legato alle soluzioni è quello che si riferisce alla solubilità, rappresentata da quanto soluto può sciogliersi in un certo solvente, a una ben precisa temperatura: in genere, la quantità di soluto che può essere sciolto cresce con la temperatura. Consideriamo, ad esempio, una soluzione di acqua e di zucchero (saccarosio): possiamo notare che ogni volta che aggiungiamo il soluto (lo zucchero) la soluzione diventa sempre più densa. Se continuiamo ad aggiungere zucchero, vediamo, però, che a un certo punto i suoi cristalli non si sciolgono più, poiché la soluzione è diventata satura, cioè la quantità di soluto disciolto nel solvente ha raggiunto il massimo valore o grado di solubilità. In alcune condizioni può capitare che in una soluzione si trovi più soluto di quanto possa sciogliersi, dando così origine a una soluzione sovrasatura. Una soluzione sovrasatura è instabile perché con una semplice agitazione (o con l’aggiunta di poco soluto) si provoca la separazione dell’eccesso di soluto, che andrà a depositarsi sul fondo formando dei cristalli. Questo processo di cristallizzazione del soluto può verificarsi in vari passaggi durante la realizzazione del gelato. • In presenza di lattosio, che è scarsamente solubile in acqua, durante la lavorazione è facile provocare la formazione di una soluzione sovrasatura, che darà origine a cristalli di lattosio (percepiti dal palato come granelli di sabbia). Di conseguenza, è consigliabile che il gelatiere inserisca una quantità di lattosio non superiore al 10% della parte acquosa della miscela in preparazione. • Anche con il saccarosio potrebbe originarsi lo stesso fenomeno, soprattutto durante la conservazione del prodotto, perché il freddo diminuisce la solubilità dello zucchero. Pertanto, la scelta ideale per evitare il fenomeno della cristallizzazione dello zucchero, è quella di sostituire in parte il saccarosio con destrosio, sciroppo di glucosio o zucchero invertito.

✔ 1. 2. 3. 4.

GUIDA ALLO STUDIO

La solubilità indica quanto solvente può sciogliersi in un certo soluto Una soluzione di acqua e saccarosio diventa sempre più densa a mano a mano che si aggiunge acqua Una soluzione è sovrasatura quando è presente più soluto di quanto possa sciogliersi La quantità di lattosio non dovrebbe essere superiore al 10%

V V V V

F F F F


DOSSIER 2 •

LA GELATERIA

Che cosa sono le miscele eterogenee come le sospensioni e le emulsioni Mentre le soluzioni omogenee passano attraverso i filtri e non sedimentano se lasciate a riposo, sono trasparenti e le particelle del soluto non sono distinguibili da quelle del solvente, le sospensioni non sono trasparenti e le parti del “soluto” sono distinguibili oltre a separarsi e sedimentare se lasciate a riposo. Un chiaro esempio di sospensione è una miscela di olio e acqua, in cui le due sostanze stratificano. Se la miscela di olio e acqua viene agitata, le due sostanze creano invece un’emulsione. Vediamo perché. L’emulsione è formata da almeno due liquidi non miscibili, uno dei quali costituisce la fase continua e l’altro la fase discontinua. Non sempre la fase discontinua è quantitativamente la minore: ad esempio, nella maionese la fase continua (l’acqua) è presente in quantità molto inferiore (25%) della fase discontinua (l’olio, che raggiunge il 75%). L’olio nell’acqua o l’acqua nell’olio sono esempi di emulsioni instabili perché mescolati tra loro e agitati creano un’emulsione, ma essendo non miscibili, dopo un breve tempo di riposo si separano. In questo caso, per ottenere un’emulsione stabile, è necessario utilizzare un agente esterno che funga da legante: ad esempio, la lecitina contenuta nel tuorlo dell’uovo permette all’emulsione di acqua e olio di restare stabile nel tempo, come accade nella maionese.

Quali sono le caratteristiche fisiche della miscela del gelato Il gelato rappresenta sicuramente un sistema complesso, nel quale è possibile riscontrare tutti i fenomeni esaminati fino ad ora. Vediamo, allora, come i vari componenti chimici che si trovano nel gelato siano classificabili rispetto ai diversi tipi di miscele che abbiamo preso in considerazione.

Le tipologie di soluzioni Soluzione omogenea

Nel gelato si trovano disciolti omogeneamente nell’acqua (solvente) gli zuccheri e i sali minerali del latte.

Soluzione colloidale

Nel gelato si trovano in forma colloidale le proteine del latte (caseina) e delle uova (albumina) nonché gli agenti stabilizzanti, fra i quali la lecitina.

Emulsione

Nel gelato le particelle presenti in emulsione sono costituite dai globuli dei grassi.

Sospensione Nel gelato la sospensione è costituita dalle parti insolubili del cacao e delle paste aromatizzanti.

403


404

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LA GELATERIA

Che cosa si intende per consistenza o corpo La consistenza ideale del gelato è semidura e palatabile, due caratteristiche che si possono ottenere agendo sulla quantità di acqua e di solidi solubili, sulla quantità e qualità degli zuccheri, nonché sulle temperature di congelamento e di conservazione.

Come si calcola la quantità totale dell’acqua L’acqua è l’unico ingrediente che, durante la lavorazione del gelato, congela per valori inferiori a 0 °C. La sua quantità totale è data dalla somma dell’acqua aggiunta durante il procedimento di preparazione e di quella contenuta nelle materie prime (come latte, succhi di frutta, caffè ecc). Si tratta di un valore importante da considerare al momento di bilanciare la ricetta e, in genere, va da un minimo del 56% a un massimo del 72% sul totale della miscela.

Che cosa si intende per funzione dei solidi totali I solidi più importanti che contribuiscono a dare consistenza al gelato sono i grassi del latte, come pure alcuni ingredienti quali il cacao e le paste aromatizzanti. Gli zuccheri, invece, sono in rapporto diretto con l’acqua, poiché la loro presenza fa abbassare il punto di congelamento del liquido totale. Oltre al saccarosio, sulla consistenza e sul congelamento del gelato possono influire anche altri dolcificanti, come lo sciroppo di glucosio e il destrosio. Dobbiamo poi ricordare che il punto di congelamento dell’acqua viene abbassato anche da monosaccaridi come il fruttosio, il glucosio e il galattosio, dando al gelato una consistenza piuttosto molle, mentre se si usasse soltanto il destrosio, esso renderebbe quasi incongelabile il gelato. D’altra parte, qualsiasi sostanza disciolta in acqua ne abbassa il punto di congelamento, non soltanto gli zuccheri.


DOSSIER 2 •

LA GELATERIA

Che cosa si intende per caratteristiche di struttura Ogni fase della lavorazione del gelato contribuisce in qualche modo a definirne la struttura, che sarà distinta come nella tabella che segue.

La struttura del gelato Pesante o leggera

In relazione alla quantità di aria inglobata durante il processo di mantecazione.

Grossolana

Si genera quando durante la gelatura e l’indurimento non siano stati rispettati i corretti processi di preparazione.

Sabbiosa

Nel caso in cui i solidi solubili siano presenti in eccesso e, di conseguenza, l’indurimento del prodotto risulti inadeguato.

Burrosa

Nel caso in cui si ottenesse una miscela poco omogeneizzata e sottoposta a uno scarso raffreddamento prima del congelamento.

Il gelato ottimale deve avere una struttura liscia, fine, vellutata e cremosa, quindi è importante che i cristalli di ghiaccio e le particelle solide siano di dimensioni ridottissime. La struttura del gelato, pertanto, si costruisce durante la prima fase della gelatura e si stabilizza con l’indurimento.

Qual è il ruolo dell’aria La fase nella quale si procede a incorporare l’aria nel gelato è fondamentale per fargli ottenere una buona consistenza, ricavando così un prodotto di qualità. Infatti, l’aria introdotta in modo uniforme conferisce al gelato una struttura soffice e gradevole al palato, dando anche al consumatore la sensazione di gustare un prodotto non eccessivamente freddo. • L’aria viene inserita, prima di tutto, durante la maturazione della miscela, quando nel pastorizzatore l’agitazione è più intensa. • Tuttavia, è durante il processo di gelatura che le bolle di aria si inseriscono tra i cristalli di ghiaccio e le molecole degli ingredienti, ed è quindi importante che mediante la spatolazione effettuata nel congelatore, le bolle d’aria siano inglobate in modo uniforme. Quando si raggiungono temperature inferiori a 4 °C, però, l’aria non viene più incorporata, quindi il processo che porta al congelamento deve continuare in modo tale da non fare uscire le bolle già incamerate, poiché in tal caso si causerebbe il “collasso” del gelato. La capacità di una miscela di incamerare aria dipende dagli ingredienti e da come questi sono bilanciati, poiché alcune materie prime hanno la proprietà di ostacolarne l’inglobamento mentre altre favoriscono tale processo.

405


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406

LA GELATERIA

Ingredienti che agiscono sull’inglobamento dell’aria

stacolanti Ingredienti o

vorenti Ingredienti fa ■ Tuorlo e albume d’uovo ■ Stabilizzanti ■ Latte magro in polvere

■ Caseinati ■ Alcuni sali minerali

■ ■ ■ ■

Alto contenuto di grassi Alto contenuto di zuccheri Alto contenuto di pasta aromatizzante Eccessiva presenza di calcio

Fattori che incidono sull’inglobamento dell’aria

nti Fattori favore ■ ■

Maturazione ottimale Inserimento della miscela nel congelatore a temperature superiori a +4 °C

cola Fattori osta ■ ■ ■ ■ ■ ■

nti

Maturazione insufficiente Omogeneizzazione scadente Quantità di miscela eccessiva immessa nel mantecatore Refrigerazione difettosa del mantecatore Agitazione troppo lenta Estrazione prematura dal mantecatore

L’over run (cioè l’incorporamento d’aria nel gelato) si esprime con la percentuale di volume ottenuto in eccesso rispetto al volume della miscela iniziale. La formula che ci aiuta in questo calcolo è: (peso miscela – peso gelato) peso gelato

× 100

Per capire meglio questo calcolo, immaginiamo di riempire fino al bordo un bicchiere con 270 grammi di miscela da gelare; dopo aver mantecato la miscela, riempiamo di nuovo il bicchiere, senza lasciare spazi con aria, togliendo l’eccesso di miscela, in modo tale da ottenere un volume presente nel bicchiere identico all’iniziale. Pertanto, se a questo punto il peso del gelato è di 200 grammi, applicando la formula precedente, avremo: (270 – 200) 200

× 100 = 35

Quindi, l’aria incorporata è pari al 35% del peso totale. Ma qual è il valore ottimale di aria incorporata? • Se il gelato è a base di latte, panna e uova, si può considerare equilibrato un valore attorno al 33-40%. • Per i gelati alla frutta, quindi con una quantità di acqua maggiore, molti zuccheri e senza uova e grassi, l’over run ottimale si aggira tra il 25 e il 30%.


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2.

407

LA GELATERIA

COME SI OTTIENE LA BILANCIATURA DEL GELATO

Il gelato è un prodotto formato da aria, acqua (circa il 60%) e solidi solubili (circa il 40%) nel quale gli ultimi due ingredienti costituiscono la miscela vera e propria. Al pari di tutti i dolci, anche per quanto riguarda la preparazione del gelato è importante effettuare una bilanciatura corretta oltre, naturalmente, a conoscere la composizione degli ingredienti che si impiegano. Ad esempio: il latte è composto da 87,5% di acqua, 3,5% di grassi, e così via per gli altri componenti.

Tabella di composizione dei principali ingredienti usati in gelateria Ingredienti

% zuccheri

% grassi

% magri del latte

Latte intero

3,5

9

12,5

Latte parzialmente scremato

1,8

9

10,8

9

9

70

96

Latte in polvere magro

96

96

Proteine del latte

96

96

6

41

Latte scremato Latte in polvere 26% m.g

26

Panna fresca al 35% m.g.

35

Burro cee

83

Tuorlo

32

% altri solidi solidi totali

83 18

50

Saccarosio

100

100

Zucchero invertito

70

70

Sciroppo di glucosio 44 de

80

80

Glucosio 39 de disidratato

97

97

Destrosio

92

92

Miele

80

80

Fruttosio

100

100

Cacao in polvere 10/12 m.g

12

87

99

Cacao in polvere 22/24 m.g

22

76

99

10

99,5

Cioccolato bianco 37%

53

23,5

Cioccolato fondente al 70%

30

38,5

31,5

100

55

45

100

38

31

100

Paste pure di frutta secca, nocciola, pistacchio, mandorla, pinolo Paste medio grasse su base glucosio

31

11


408

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LA GELATERIA

Dopo che si sono prese in considerazione le materie prime che si includeranno nel gelato, bisogna decidere le percentuali degli ingredienti che si vogliono inserire in esso, tenendo conto che, in genere, il gelato è composto, in quantità variabili, dai seguenti elementi. Approfondimenti La tabulazione dei dati

Elementi

Quantità

Zuccheri o miscela di zuccheri, come destrosio e saccarosio

dal 14% al 33%

Grassi

dal 3% al 14%

Magri del latte

dal 6% al 12%

Altri solidi

dallo 0,5% al 5%

Residuo secco totale

dal 28% al 45%

Da notare che è possibile quantificare nel gelato un residuo secco totale dei “solidi solubili”, il cui valore va dal 28% al 45%, mentre il resto della massa è composta da acqua. Un esempio di bilanciatura Facendo riferimento a quanto abbiamo indicato nelle righe precedenti, proviamo ora a intraprendere la procedura di bilanciare un gelato su base di latte alla nocciola. Per praticità, effettueremo i calcoli necessari per realizzare la ricetta riferendoci al quantitativo di 1000 g (1 kg) di prodotto finito. Quando si svolge il bilanciamento di una ricetta di gelato, per prima cosa bisogna decidere: • quale tipologia di base utilizzare (cioè acqua o latte); • che gusto impiegare. Pertanto, inizieremo elaborando una scheda operativa contenente tutti i dati utili per la preparazione del prodotto. In essa troveranno posto le seguenti indicazioni.

• Quantità: 1000 g. • Base: latte. • Tipologia del gusto: nocciola. • Stabilizzanti: 5 g (se si trattasse di gelato base

frutta se ne userebbero 3 g). • Tipologia di grasso: panna o tutti i tipi di grassi contenuti negli ingredienti. • Tipologia di zuccheri: destrosio e saccarosio; di solito si utilizza il 20% di destrosio e la percentuale

restante di saccarosio, considerando il potere dolcificante e anticongelate di ciascuno di essi. • Effettivo rispetto della quantità finale: somma degli ingredienti che compongono la ricetta. • Verifica del residuo secco totale: 28% (in caso di difetto si aggiunge latte magro in polvere). • Aromatizzazione: vaniglia. • Sale: 0,5%.

Possiamo passare, a questo punto, a effettuare la bilanciatura vera e propria del gelato su base latte gusto nocciola. Secondo le indicazioni fornite dalla casa di produzione della pasta di nocciola, occorrono dal 8% al 10% di prodotto per realizzare un gelato di qualità: nel nostro caso utilizzeremo 90 grammi (9%) di pasta pura di nocciola. Impiegheremo, invece, una quantità di zuccheri pari al 18%, suddivisi in saccarosio (75%) e destrosio (25%). Pertanto: (1000 × 18) : 100 = 180 grammi di cui (180 × 75) : 100 = 135 grammi di saccarosio mentre il destrosio sarà pari a (180 – 135) = 45 grammi. La quantità di grassi da aggiungere nella miscela totale, stabilita come 1000 grammi, sarà, invece, del 9%, quindi, il calcolo da effettuare è il seguente: (1000 × 9) : 100 = 90 grammi di grassi. I magri del latte che uniremo rappresenteranno il 10%, cioè: (1000 × 10) : 100 = 100 grammi.


DOSSIER 2 •

3.

409

LA GELATERIA

COME AVVIENE LA PRODUZIONE DEL GELATO

I progressi tecnologici hanno influenzato notevolmente la produzione del gelato, ma le diverse operazioni attraverso cui si articola la produzione di questo alimento iniziano sempre dal dosaggio delle materie prime per concludersi con la conservazione e l’indurimento del prodotto finito.

La produzione del gelato

1

2

Dosaggio e miscelazione

3

Pastorizzazione

4

Omogeneizzazione

Maturazione

5

6

Mantecatura e congelamento

7

Conservazione

Indurimento

Nella produzione del gelato si inizia sempre dal dosaggio delle materie prime. Ogni maestro gelatiere sa che non è possibile presentare al consumatore un prodotto sempre ideale se non si effettua costantemente il dosaggio preciso delle materie prime impiegate. Pertanto, una volta studiata la ricetta, questa va realizzata con grande cura in modo tale che il gelato sia sempre di ottima qualità. In quest’ottica, la miscelazione degli ingredienti deve essere eseguita secondo una sequenza ordinata di procedure.

La miscelazione degli ingredienti

Step 1 ■ Si dividono

materie prime e semilavorati in liquidi e solidi (i secondi devono essere setacciati)

Step 2

Step 3

Step 4

Step 5

■ Si miscelano a freddo i liquidi e successivamente si incorporano i solidi, nel caso sia delle miscele a freddo sia di quelle a caldo

■ Si mescolano

■ Quando la

■ Quando il burro è

latte o acqua, panna, infusi e altri elementi liquidi, seguiti dagli ingredienti semiliquidi (uova, glucosio e latte condensato)

In passato, la miscelazione degli ingredienti di solito era effettuata a mano, con la frusta, ed era eseguita lavorando il preparato su una fonte di calore diretta, mentre oggi ci si avvale del tino di pastorizzazione, nel quale i diversi ingredienti vengono dispersi in modo uniforme e il riscaldamento elettrico operato dall’apparecchiatura favorisce la solubilità dei solidi nella parte liquida.

temperatura nel tino di pastorizzazione è di circa 40 °C si aggiunge il burro

ben amalgamato, si versano “a pioggia” i solidi (saccarosio, destrosio, latte, cacao e stabilizzanti)


410

DOSSIER 2 •

LA GELATERIA

La pastorizzazione La pastorizzazione è un trattamento a cui sono sottoposti gli alimenti per distruggere gli agenti patogeni (in particolare i batteri), senza alterare le caratteristiche organolettiche dei prodotti. Il microbiologo francese Louis Pasteur (1822-1875), da cui deriva il nome di questo processo di conservazione, scoprì che bollendo il latte a 101 °C i microbi venivano distrutti, anche se si perdeva parte del valore nutritivo del prodotto. Sperimentazioni successive portarono alla conclusione che era possibile eliminare i microrganismi presenti nel latte anche operando alla temperatura di 65 °C, prolungando il tempo di esposizione al calore (con la pastorizzazione bassa) e raffreddando l’alimento velocemente, modificandone così soltanto in parte le proprietà nutritive. In base alla temperatura e al tempo di bollitura esistono tre metodi diversi di pastorizzazione: • bassa, nella quale la temperatura è portata a 65 °C per 30 minuti, per poi passare a un raffreddamento veloce, con temperatura inferiore a 5 °C; • media, in cui la temperatura sale a 72 °C per 15 minuti, passando poi a un rapido raffreddamento, inferiore a 5 °C; • alta, con la temperatura che raggiunge gli 82-85 °C, per 10-15 secondi, con il solito raffreddamento inferiore a 5 °C. È importante ricordare che, dal punto di vista igienico, sono assolutamente da evitare alcune azioni.

Le pratiche da evitare

1.

■ Versare il latte bollente sulle uova, perché non bonifica assolutamente nulla, non essendo un trattamento termico.

2.

■ La bollitura a fuoco diretto, poiché il raffreddamento successivo è troppo lento e, alla temperatura compresa tra i 25 °C e i 40 °C, c’è il rischio reale che si sviluppi la flora batterica non eliminata con il calore. Raffreddando alimenti caldi in un ambiente freddo si può rovinare l’apparecchiatura e gli altri prodotti contenuti nel frigorifero subirebbero comunque uno shock termico.

I pastorizzatori odierni contribuiscono al miglioramento qualitativo del prodotto poiché garantiscono, oltre alla sicurezza igienico-sanitaria, anche la corretta esecuzione del ciclo completo, costituito da: • miscelazione degli ingredienti e loro solubilizzazione; • riscaldamento e raffreddamento veloce del preparato; • maturazione della miscela e conservazione del prodotto fino al momento del congelamento. Siccome una parte della flora batterica (in particolare le endospore) non viene comunque eliminata con la pastorizzazione, è necessario che le materie prime utilizzate dal gelatiere siano già in origine salubri dal punto di vista igienico.


DOSSIER 2 •

411

LA GELATERIA

Che cos’è l’omogeneizzazione Nel gelato si trovano soluzioni omogenee di zuccheri e di alcuni sali minerali e soluzioni colloidali contenenti caseine e albumine, oltre a sospensioni ed emulsioni di grassi vegetali e animali. L’omogeneizzazione delle varie sostanze non è mai problematica quando ci si riferisce alle sostanze che sono idrosolubili, come gli zuccheri, ma se, ad esempio, si devono mescolare acqua e grassi, si nota che, una volta cessata l’azione meccanica, le gocce di lipidi tendono a separarsi nuovamente dall’acqua. Ricordiamo, a questo proposito che, per il fenomeno della tensione superficiale, un liquido assume la forma che gli consente di avere la minore superficie possibile; quindi, per mescolare due liquidi che normalmente non sono miscibili è necessario aumentare la superficie a disposizione e diminuire il peso specifico dei liquidi stessi. Tutto questo si realizza proprio mediante l’omogeneizzazione, prodotta tramite l’azione meccanica di una frusta che consente di frantumare i globuli di grasso o le proteine, in modo tale da farli rimanere in sospensione uniformemente nel liquido in cui sono dispersi. Per ridurre la tensione superficiale e per dare stabilità alla miscela trattata, si aggiungono alcuni emulsionanti, come ad esempio la lecitina.

I fattori che incidono sul processo di omogeneizzazione La percentuale dei grassi e il rapporto grassi/solidi magri contenuti nel latte. La natura dei grassi (animali o vegetali). La temperatura a cui si trova la miscela.

I vantaggi dell’omogeneizzazione

1

2 Distribuzione uniforme degli ingredienti

5

Stabilizzazione dell’emulsione grasso-acqua

6 Morbidezza

3

4

Idratazione delle proteine (migliore struttura del prodotto finale)

7 Migliore scioglimento al momento del consumo

Aumento delle proprietà montanti

8 Migliore digeribilità

Minor tempo di maturazione


412

DOSSIER 2 •

LA GELATERIA

Che cosa si intende per processo di maturazione Il gelato, per raggiungere la qualità ottimale, dopo l’omogeneizzazione deve essere sottoposto a una fase adeguata di maturazione. Tuttavia, nella preparazione dei gelati artigianali questo processo viene spesso trascurato, perché, in genere, li si consuma in un breve lasso di tempo e di conseguenza non si notano gli eventuali difetti di corpo. La maturazione, invece, consente di ottenere risultanti importanti come: • l’idratazione delle proteine del latte e delle uova, facendo in modo che la struttura del prodotto diventi fine e palatabile; ciò accade perché l’acqua, con questa procedura, è soggetta a una cristallizzazione più rapida; poiché, come si è già detto, le proteine contenute nel gelato sono di natura diversa, esse hanno bisogno di tempi di idratazione differenti; • l’indurimento dei globuli di grasso, che è la premessa fondamentale per la corretta incorporazione dell’aria nel prodotto. Per ottenere un gelato di qualità, anche se è possibile utilizzare sostanze stabilizzanti, come ad esempio la farina di carrube o la farina di guar, che riducono la maturazione fino a 6 ore, si consiglia di prolungare tale processo per 12-14 ore.

Che cos’è il processo di gelatura o mantecatura La qualità e la resa della preparazione dipendono in buona parte proprio dal processo di gelatura o di mantecatura, che oggi è svolto mediante apposite apparecchiature, i mantecatori, ed è distinto in due operazioni successive: 1. il congelamento, durante il quale la miscela proveniente dalla fase di maturazione viene agitata e congelata in presenza di aria; 2. l’indurimento, in cui il prodotto subisce un congelamento ulteriore.

Il gelato finito è costituito quindi da tre fasi. Solida

Comprende cristalli di ghiaccio, di saccarosio, di destrosio, di lattosio (quest’ultimo per i gelati al latte) nonché globuli di grasso indurito.

Liquida

Comprende l’acqua non consolidata, la soluzione satura di zuccheri e sali minerali nonché i colloidi.

Gassosa

Comprendente le bollicine di aria distribuite nel composto.


DOSSIER 2 •

LA GELATERIA

Che cos’è il processo di indurimento Al termine della mantecatura il gelato presenta la giusta quantità di aria, ma soltanto il 60% di acqua cristallizzata. Esiste, infatti, una relazione fra la temperatura di estrusione (quella del gelato in uscita dal mantecatore) e la percentuale di acqua cristallizzata, che aumenta con il diminuire della temperatura stessa, come si può vedere nella tabella che segue. Temperatura di estrusione

Percentuale di acqua cristallizzata

–2 °C

33%

–3,5 °C

40%

–5,5 °C

50%

–6 °C

56%

–8 °C

65%

–27 °C

90%

Quando il gelato esce dal mantecatore, la sua temperatura è di circa –6 °C e in queste condizioni termiche non è possibile conservarlo a lungo perché perderebbe struttura, quindi ha bisogno di temperature più basse. Il consolidamento del prodotto avviene, pertanto, in cella o in abbattitore a –20 o –22 °C, attraverso il processo di indurimento, durante il quale cristallizza quella parte di acqua liquida rimasta ancora nella miscela. Il gelato deve poi essere portato alla temperatura di servizio (–14 o –16 °C) in modo adeguato, cioè riponendolo in una vetrina di servizio.

413


LABORATORIO

Gelato fior di latte Ingredienti • Latte • Panna • Zucchero • Destrosio • Latte in polvere e neutro per gelati Preparazione • Unire la panna al latte. • Aggiungere quindi una parte di zucchero, conservandone una parte. • Aggiungere alla miscela di latte e panna il latte in polvere e il destrosio, quindi mescolare perfettamente con l’aiuto di una frusta. • Unire lo zucchero avanzato con il neutro per gelati e mescolare perfettamente.

2

1

3

• Scaldare il composto di panna, latte, zucchero, latte

in polvere e destrosio, portandolo alla temperatura di 52 °C. • Aggiungere alla miscela il neutro e lo zucchero precedentemente mescolati. • Portare il tutto a 85 °C, quindi raffreddare velocemente in abbattitore di temperatura e lasciare riposare per una notte in frigorifero. • Il giorno successivo versare la miscela nel mantecatore. • Al termine della mantecatura, estrarre il gelato dalla macchina e conservarlo in un contenitore per gelati a freddo.


LABORATORIO •

4

5

LA GELATERIA

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DOSSIER 2 •

416

LA GELATERIA

MAPPA Il gelato è una

è un

miscela

sistema complesso

di nel quale diversi ingredienti i vari componenti chimici che va

che attraverso il

si organizzano diversamente rispetto a

freddo (congelamento)

immagazzinata

è portata a uno

consumata

stato consistente

venduta

diversi tipi di miscele

nello stesso stato di congelamento

simile a un

al quale è stata portata durante la

impasto

produzione

l’acqua (solvente)

con

una soluzione omogenea

una soluzione colloidale

emulsione sospensione

formano

formano

sono presenti in costituiscono una

gli zuccheri e i sali minerali del latte (soluto) proteine di latte (caseina) e uova (albumina) e agenti stabilizzanti (lecitina) i grassi le parti insolubili di cacao e paste aromatizzanti

ha come ingredienti principali

acqua

zuccheri

grassi

Solidi del Latte Non Grassi


DOSSIER417 3

La panificazione 1.

QUALE FURONO LE ORIGINI

Il luogo in cui germogliò la prima spiga di grano fu, a detta di molti studiosi, la Mesopotamia, dove sono state rinvenute le prime tracce del prezioso cereale, sulle sponde dei fiumi Tigri ed Eufrate, in quell’area geografica detta Mezzaluna fertile che comprende, al giorno d’oggi, Israele, Giordania, Libano, Siria occidentale, parte della Turchia e si estende in Iraq e nell’ovest dell’Iran. In questa regione, sui bracieri di focolari vecchi ottomila anni, sono stati rinvenuti semi carbonizzati a testimonianza che un tempo qualcuno aveva qui coltivato grano, lo aveva mietuto e lo aveva cotto. Quella del pane è quindi una storia lunga quanto quella dell’umanità. Ma come si diffuse questo alimento? I primi pani erano pani azzimi, ovvero non lievitati. Furono gli Egizi ad applicare con sistematicità la lievitazione naturale: i panettieri egizi avevano scoperto che, aggiungendo all’impasto un poco di quello avanzato dal giorno prima, questo si gonfiava determinando un risultato più voluminoso, e più digeribile. Gli Ebrei attribuirono al pane importantissimi significati religiosi, la professione di fornaio godeva di grande prestigio e ogni città aveva un forno pubblico adibito alla cottura dell’impasto. Il pane ebraico è azzimo, ovvero non lievitato. Per i Greci l’idea del pane era legata alla fecondità della terra associata al culto di Demetra, dea delle messi. A Roma il pane entrò nell’uso quotidiano soltanto verso la fine del periodo della Repubblica e la sua cottura fu introdotta nel 168 a.C., ad opera di alcuni schiavi catturati in Macedonia. A Roma sorsero le prime botteghe per lo smercio di pane − risulta che nel III secolo d.C. ce ne fossero ben 254 −, si svilupparono le professioni dei mugnai e dei fornai o panettieri. Con le invasioni barbariche e il Medioevo l’arte della panificazione subì una battuta d’arresto, ma riprese nel Rinascimento quando furono censiti i differenti tipi di pane: c’era il pane del papa, il pane del re, il pane dei cavalieri e quello degli scudieri, così come il pane del boia. Come si evince, il pane, tra tutti i prodotti, è stato quello che più si è prestato a interpretare le differenze sociali.

Glossario Pane Nel termine pane, che deriva dal latino panis, si rintraccia la radice ariana pa- che significa nutrire e, in sanscrito, bere: il primo nutrimento, per l’uomo, è difatti il latte materno. Altre teorie riconducono l’origine della parola pane alla radice pa- ma col significato di sostenere, proteggere, da cui deriverebbe anche padre. Sia nell’una che nell’altra interpretazione emerge l’importanza costitutiva, basale, rituale e quasi sacrale del pane.

Approfondimenti I grani antichi

Approfondimenti Il consumo di pane nel Novecento e negli anni Duemila


DOSSIER 3 •

418

2.

LA PANIFICAZIONE

QUALI SONO GLI INGREDIENTI

I cereali e gli sfarinati

Approfondimenti Diversamente pane: crackers, fette biscottate e grissini

Come abbiamo visto nell’Unità 1 della Macroarea 2, quella che chiamiamo comunemente “farina” è appunto l’esito di un complesso procedimento che trasforma il cereale in sfarinato. Per la produzione del pane viene quasi sempre utilizzato il grano tenero (Triticum vulgare o Triticum aestivum) che, per l’elevato contenuto di glutine e amido, è considerato il più adatto per la panificazione. Dal grano tenero si ricava una farina piuttosto incline alla lievitazione poiché riesce a trattenere i gas prodotti dal processo fermentativo favorendo la morbidezza dell’impasto. Il grano duro (Triticum durum), invece, una volta macinato, dà origine a una semola di consistenza granulosa. Molto indicato per le paste e il cous cous, nel bacino del Mediterraneo, anche il grano duro è usato spesso per fare il pane. Il pane, tuttavia, può essere realizzato anche utilizzando altri cereali. Il pane realizzato con grano saraceno, farina di mais, di riso, ai quattro o cinque cereali contiene tuttavia quasi sempre almeno il 50% di grano, percentuale senza la quale non lieviterebbe a sufficienza. Tra i principali cereali che concorrono alla panificazione ricordiamo la segale, l’orzo, l’avena (normalmente trasformata in biscotti e pasticceria secca, o consumata in fiocchi perché non in grado di lievitare), il miglio, il mais e il grano saraceno (che possono concorrere insieme al grano alle ricette del pane, ma serve anche ✔un altro sfarinato che, appunto, sia in grado di lievitare), la spelta, che trova impiego nella preparazione di pani e minestre.

La farina In commercio si trovano differenti tipi di farina di grano tenero. Ognuna di esse rappresenta un diverso esito del processo di raffinazione: la 00 è la più purificata e, passando per lo 0, si arriva all’1, al grado 2, fino alla farina integrale. • La farina 00, detta anche fior di farina, è bianchissima e priva di crusca, con un abburattamento del 50%. • La farina 0 ha un abburattamento del 72%. • La farina semintegrale di tipo 1 ha un abburattamento dell’80%.

GRISSINI CON FARINA DI RISO


DOSSIER 3 •

LA PANIFICAZIONE

• La farina semintegrale di tipo 2 ha un abburattamento dell’85%. • La farina integrale ha un abburattamento del 100%: è sottoposta infatti soltanto a una prima fase di macinazione, quindi contiene integralmente la cariosside macinata. Nella cariosside possono trovarsi incidentalmente anche residui di trattamenti antiparassitari; per questo motivo, quando si sceglie una farina integrale è importante che sia un prodotto biologico o coltivato con metodi naturali. La farina integrale, per l’elevato livello di crusca, può ostacolare la formazione del glutine: le farine integrali hanno più proteine rispetto a quelle raffinate, ma hanno altresì un’attitudine inferiore alla panificazione. Le farine integrali, dunque, soprattutto se macinate a pietra, richiedono più esperienza e capacità panificatoria per ottenere risultati soddisfacenti. • Per farina ricostituita si intende invece un tipo di farina ottenuta aggiungendo a farine raffinate (solitamente di tipo 0 ma anche 00) della crusca sminuzzata, il cosiddetto cruschetto o cruschello. La farina ricostituita non è quindi una farina integrale anche se può capitare di confondere una farina integrale con una ricostituita. La farina ricostituita rappresenta un buon compromesso per coloro che vogliono sfruttare i benefici della farina integrale senza incorrere nei limiti di quest’ultima. Inoltre, nella farina ricostituita si può partire da una miscela di farine con il W desiderato, per poi aggiungere la crusca in scaglie. Le farine ricostituite, quindi, presentano il vantaggio di essere panificabili. • La farina manitoba arriva dalle fredde lande canadesi, in Nord America, dall’omonima regione del manitoba. Si tratta di una farina di grano tenero, in quanto la sua specie di partenza è proprio il Triticum aestivum, da cui arriva anche la nostra farina 00. La sua peculiarità, però, è la resistenza, dovuta all’alta percentuale di proteine, in particolare di glutine. Naturalmente, la farina manitoba è da privilegiare se abbiamo intenzione di fare qualcosa che richieda una lunga lievitazione. Setacciare la farina: un gesto importantissimo Qualunque sia il pane che vi accingete a preparare, e qualunque sia la farina utilizzata, non dimenticatevi di setacciarla prima di aggiungerla agli altri ingredienti. Questo gesto, che può sembrare obsoleto, è invece importantissimo per la riuscita dell’impresa finale. Molto spesso, infatti, i pacchi di farina sono impilati uno sopra l’altro, schiacciati e, privati dell’aria, restituiscono un prodotto troppo compatto, manchevole di quell’ossigeno che, appunto, risulta tanto importante nel processo di panificazione. Per questo motivo, prima di utilizzarla, la farina va setacciata: in questo modo la farina incamererà nuovamente l’aria e impastare sarà più semplice.

419

Approfondimenti La normativa sulla farina integrale


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DOSSIER 3 •

LA PANIFICAZIONE

La semola Per la legislazione italiana la parola semola indica lo sfarinato ottenuto dal grano duro. Per semola, dunque, si intende la farina di grano duro, mentre con il generico termine di farina si intende, di solito, la farina di grano tenero. La differenza tra semola e farina è in pratica rappresentata dal tipo di grano utilizzato. La semola è più granulosa rispetto alla farina di grano tenero, che invece è finissima, anche nel caso della farina integrale. Semola grossa, media, lino e rimacinata sono le tipologie di semola in commercio, di cui indicano essenzialmente la dimensione dei granuli. La semola rimacinata è più raffinata, ha quindi una granulometria ben più fine e un colore più chiaro. Delle tipologie in commercio, è dunque la più adatta alla realizzazione del pane; mentre quella meno raffinata è invece perfetta per fare la pasta.

L’acqua L’acqua è uno degli ingredienti principali per la produzione del pane perché, a contatto con l’acqua, le proteine contenute nelle farine si trasformano in un composto molto coesivo: il glutine. Eppure, c’è acqua e acqua. La sua durezza e temperatura influenzano infatti le caratteristiche organolettiche del prodotto: • si definisce dura un’acqua che contiene molti sali di calcio e magnesio: • si definisce dolce un’acqua che non ne contiene. È proprio grazie all’acqua che la gliadina e la glutenina, che costituiscono l’85-90% delle proteine totali presenti nelle farine, si legano formando il glutine il quale, grazie alla sua struttura reticolare dalla caratteristica elasticità, è responsabile della tenacità dell’impasto che, al momento della lievitazione, trattiene più o meno efficacemente l’anidride carbonica al suo interno, aumentando così di volume. Anche la temperatura dell’acqua è importante: la temperatura dell’impasto dipende dalla temperatura della farina, dell’acqua e dell’ambiente. Per ragioni di compensazione, nella preparazione del pane d’estate si dovrebbe utilizzare acqua più fredda rispetto all’inverno, perché la giusta temperatura permette una fermentazione graduale che conferisce al pane un profumo più intenso e un sapore meno acidulo. Eppure, la percentuale di acqua in rapporto allo sfarinato (che è ben diverso dal tenore di umidità del pane a cottura ultimata) è fissata per legge, chiaramente, nel caso del pane destinato alla vendita al pubblico, e varia a seconda del tipo di pane che si vuole ottenere. Per questo motivo, l’acqua può essere annoverata anche tra gli ingredienti caratterizzanti. In linea di massima, la componente di acqua si assesta tra il 55 (maggiore solidità) e il 65% (impasti più teneri), e deve essere aumentata se si utilizzano farine forti, asciutte o poco raffinate, mentre va diminuita nel caso in cui si utilizzino quantità significative di altri elementi umidi o grassi.


DOSSIER 3 •

LA PANIFICAZIONE

421

Il lievito Agli agenti lievitanti è dedicata l’Unità 6 della Macroarea 2. Ricordiamo in questa sede che da un punto di vista normativo, e a differenza di altri Paesi europei, in Italia non esiste una legge che stabilisca cosa s’intende per lievito. A livello terminologico, in Italia si usa la parola “lievito” sia per il lievito Saccharomyces Cerevisiae sia per il lievito madre. Una cosa però dev’esser subito chiarita: anche in mancanza di una normativa chiara in materia tutte le fermentazioni ad opera di microrganismi, siano essi del tipo Saccharomyces Cerevisiae che batteri lattici, sono ugualmente naturali. Naturali, anche se i processi fermentativi sono molto differenti. Per le diverse tipologie di lieviti si rimanda all’Unità 6 della Macroarea 2, mentre nei paragrafi successivi approfondiamo le caratteristiche e tecniche relative al lievito madre. Il lievito madre (o pasta madre) Il lievito madre (o pasta madre) è un composto di farina di cereali e acqua, fermentato spontaneamente da un complesso di microrganismi naturalmente presenti nelle materie prime, provenienti dall’aria, dall’ambiente o dall’operatore, in cui predominano batteri lattici e lieviti. La pasta madre può essere solida o liquida. Per produrre il lievito madre si può procedere: • con una fermentazione spontanea, mescolando farina e acqua e aspettando che la pasta fermenti naturalmente; • con una fermentazione con starter, utilizzando cioè un elemento “contaminante” che attivi il processo di fermentazione (ad esempio yogurt, miele, mosto, polpa di frutta, elementi ricchi di sostanze zuccherine, ma anche di microrganismi autoctoni che avvieranno la fermentazione).

Approfondimenti Il lievito madre da uno starter di frutta


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DOSSIER 3 •

LA PANIFICAZIONE

La tecnica del rinfresco La pasta madre può essere conservata in frigo a +4 °C per un massimo di una settimana, sempre all’interno del suo contenitore. Può essere rigenerata con un semplice rinfresco: i microrganismi possono infatti continuare a riprodursi così da averne sempre disponibili e pronti per un nuovo impasto. Per questo motivo bisogna provvedere al suo mantenimento tramite la tecnica del rinfresco, attraverso la farina, l’acqua e, se è il caso, il cosiddetto “bagnetto”. Prima di procedere al rinfresco, bisogna assicurarsi che le superfici di lavoro, le attrezzature e gli utensili siano in perfette condizioni igieniche e sanificati: il lievito madre potrebbe contaminarsi e perdere progressivamente la propria vitalità e attività fermentativa. La farina è fondamentale in quanto costituisce il nutrimento e quindi il terreno di coltura delle specie microbiche presenti. Una farina tipo 0 o 00 con una forza intorno ai 350 W (tipo manitoba), cioè una farina ad alto tasso proteico, è l’ideale perché permette un’alimentazione costante ed equilibrata per i microrganismi. Anche l’acqua è importantissima per la vitalità della pasta madre: è importante perciò usare acqua potabile naturale, facendo attenzione che questa, specie se di rubinetto, non contenga troppo cloro, che ha un’azione battericida. Per utilizzare il lievito madre negli impasti è importante eseguire dei “rinfreschi preparatori” che servono a metterlo nelle giuste condizioni a seconda degli impasti che si andranno a fare. Per la preparazione del pane o di ricette non molto complesse è importante effettuare almeno un rinfresco preparatorio che consentirà alla pasta madre di raddoppiare il suo volume in circa tre ore e mezza. Solo allora essa sarà pronta per essere utilizzata negli impasti nelle dosi previste in ricetta.

adre i una pasta m Il rinfresco d

solida

SCHIACCIATA CON BIGA A LIEVITAZIONE MEDIA

■ Eliminare le croste (la parte più esterna e la più contaminata, costituita da cellule morte

■ ■ ■ ■ ■

o poco vitali) Pesare la parte rimasta (o la parte che si intende rinfrescare) Aggiungere un peso pari di farina e il 40-50% di acqua sul peso della farina Impastare fino a formare un panetto Custodire il panetto in un contenitore in grado di contenere 3 volte il volume iniziale Conservare a temperatura ambiente, tra i 18-24 °C

ida ta madre liqu

i una pas Il rinfresco d

■ Pesare la parte che si intende rinfrescare ■ Aggiungere pari peso di farina e di acqua ■ Mescolare usando una frusta o un cucchiaio (oppure in planetaria mediante l’uso di frusta

o foglia)

■ Conservare a temperatura ambiente in un contenitore in grado di contenere 3 volte il volume iniziale dell’impasto


DOSSIER 3 •

LA PANIFICAZIONE

Il bagnetto Nel caso in cui la pasta madre solida diventi troppo acida, è bene prima del rinfresco farle il cosiddetto bagnetto. Questa procedura serve a “lavare” la pasta madre dall’eccessiva acidità che può portare i microrganismi presenti nella pasta madre alla progressiva perdita di vitalità. Ecco come procedere: • eliminare le croste; • tagliare delle fette dello spessore di circa 1 cm; • immergere le fette in una bacinella contenente acqua a temperatura ambiente per 10-20 minuti; • si strizzeranno le fettine per eliminare l’acqua in eccesso; • si peserà la quantità da rinfrescare; • si procederà al rinfresco dopo aver pesato la parte interessata. Generalmente se si deve utilizzare il lievito tutti i giorni basta rinfrescarlo una volta al giorno. In alternativa, nel momento in cui non si utilizza troppo spesso il lievito per i propri impasti, si può procedere alla conservazione in frigo, in congelatore o per essiccazione. Come valutare la “salute” del lievito madre Il lievito madre è da considerarsi maturo, ovvero pronto per la lavorazione, se: • la pasta ha colore bianco; • la consistenza è soffice; • gli alveoli sono leggermente allungati; • il sapore è leggermente acido. Il lievito madre è da considerarsi troppo forte se: • il colore è grigiastro; • gli alveoli sono rotondi; • il sapore è più assimilabile a un acido che vira sull’amaro. In questo caso è opportuno curare il lievito tramite il bagnetto prima dei rinfreschi. Il lievito madre è da considerarsi poco acido e quindi troppo debole se: • il colore è bianco brillante; • gli alveoli sono stretti e stentano ad allungarsi; • il sapore è dolce. In questo caso bisogna procedere con rinfreschi continui e lievitazioni ogni 4 ore al caldo, in modo tale che i microrganismi possano tornare in equilibrio permettendo il raggiungimento del giusto grado di acidità della pasta. Il lievito può presentarsi inacidito o andato a male, se: • il colore è grigiastro e la pasta è vischiosa; • il sapore è caseario. In tal caso, con un’azione tempestiva il prodotto può riprendersi ma solo dopo una settimana di accurati bagnetti, rinfreschi e fermentazioni.

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424

DOSSIER 3 •

LA PANIFICAZIONE

Il sale Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, nella produzione del pane il sale non è solo un semplice insaporitore. A livello chimico, infatti, il cloruro di sodio (NaCl) si contrappone a una fermentazione eccessivamente tumultuosa, andando a ostacolare la nascita dei batteri nemici del glutine. Inoltre, lo arricchisce di igroscopicità, ovvero della capacità di inglobare e assorbire le molecole d’acqua e, così facendo, ne rallenta il deterioramento e dà maggiore compattezza al glutine, rendendo meno appiccicoso l’impasto. Diluito in acqua tiepida, il sale si aggiunge nella fase finale della lavorazione, mai, comunque, assieme al lievito. Il sale deve essere presente in una proporzione che va dallo 0,5 al 2% del totale del peso della farina: se in quantità maggiore, infatti, esso inibirà la lievitazione. Preferibilmente si usa il sale marino, ma oggi si utilizzano anche il salgemma (proveniente da giacimenti minerari sotterranei) e non è ormai infrequente imbattersi in pani senza sale.

Lo zucchero Oltre all’amido, tra i carboidrati della farina sono presenti zuccheri in una percentuale compresa tra 0,8 e 1,8% come monosaccaridi (glucosio, fruttosio ecc.) e disaccaridi (saccarosio, maltosio ecc.) ma anche altri zuccheri più complessi. Gli zuccheri sono le fonti alimentari delle cellule del lievito, soprattutto nel periodo iniziale della fermentazione. Con l’esaurimento degli zuccheri semplici della farina, avviene la trasformazione dell’amido, ovvero la sua saccarificazione. Questo processo avviene grazie alla presenza della alfa e beta amilasi, gli enzimi responsabili della rottura della molecola di amido in maltosio, glucosio e destrine. Il glucosio ed il maltosio (zuccheri fermentescibili) ottenuti dall’amido, servono in prevalenza per il complesso metabolismo della fermentazione alcoolica operata dai lieviti mentre le destrine (zuccheri non fermentescibili) interverranno nelle reazioni chimiche che avvengono durante la cottura. Gli effetti delle sostanze genericamente chiamate “zuccheri” nell’impasto sono molteplici: • svolgono un ruolo fondamentale – e insostituibile – nella fermentazione (alcolica, lattica ecc.); • sono responsabili della colorazione della crosta (destrinizzazione, reazioni di Maillard, caramellizzazione ecc.); • agiscono sulla conservazione (retrogradazione dell’amilosio).


DOSSIER 3 •

LA PANIFICAZIONE

I lipidi Olio, burro e strutto, addizionati all’impasto, conferiscono al pane morbidezza e gusto, permettono una migliore conservazione grazie alla loro capacità, prima e durante la cottura, di impedire la fuoriuscita dell’anidride carbonica aumentando così il volume del prodotto. La mollica del pane realizzato con questi grassi avrà tendenzialmente più bolle, e certamente più piccole e più regolari, mentre la crosta apparirà più brunita. Il loro impiego è meno popolare rispetto al passato e ciò si deve a ragioni di ordine dietetico e salutistico; si ritiene che l’olio extravergine di oliva sia, tra i grassi impiegati, quello più salutare perché l’unico in grado di resistere alle alte temperature del forno senza dare luogo a sostanze dannose.

Ingredienti caratterizzanti Benché faccia parte della ingredientistica di base, la quantità d’acqua utilizzata può essere considerata caratterizzante, dal momento che varia in percentuale in relazione al tipo di pane che si vuole ottenere. Il pane è spesso decorato con ingredienti caratterizzanti come semi di finocchio selvatico, cumino dei prati, coriandolo, semi di papavero, semi di sesamo, semi di lino e, soprattutto, trigonella. Rientrano nella categoria di pani anche le rare versioni moderne di alcuni pani molto diffusi in passato e addizionati con tuberi tra cui la versatile patata, la zucca, che veniva spesso integrata al composto del pane, le olive in salamoia, quasi sempre verdi, e le castagne. Il miele accentua il colore della crosta, gli conferisce note marcatamente dolci e fragranti e agisce da regolatore dell’umidità mantenendo il pane soffice più a lungo. Tuttavia, e questo riguarda anche il fruttosio e il glucosio, l’aggiunta non deve esser tale da trasformare il pane in un prodotto dolce da forno, come il pandolce.

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LABORATORIO

1. I sistemi di lavorazione del pane Quali sono i sistemi di lavorazione del pane I sistemi per realizzare l’impasto sono due: • il sistema indiretto; • il sistema diretto.

In che cosa consiste il sistema indiretto Il sistema indiretto si basa sulla programmazione dell’impasto a tappe a partire da un prefermento, detto biga o Poolish. Una volta prodotto il prefermento, si uniscono in base alla ricetta o al tipo di prefermento (se lento o veloce), anche farina, acqua, lievito (solo nel caso della biga a lievitazione lenta o del Poolish a lievitazione lenta), eventuali grassi, sale ed eventuali aromi o semi.

La biga La biga è un impasto formato da acqua, farina e lievito. In base alla temperatura e alla quantità di lievito immesso nell’impasto, può essere realizzato sostanzialmente in tre tipologie: • biga a lievitazione lunga; • biga a lievitazione corta; • biga a lievitazione veloce.

La biga produce nella pasta lievitata: • migliore ritenzione dell’acqua; • moltiplicazione di lievito fino al 30% con almeno 8 ore di lievitazione. Si tratta di una coltura di fermenti e acidi, nella quale avviene la moltiplicazione dei fermenti e la formazione di sostanze acide e aromatiche nell’impasto. Quanto più lungo è il tempo di fermentazione della biga, tanto maggiori saranno gli effetti che la biga conferisce al prodotto finito: • maggiore durata, perché le sostanze acide, riducendo il pH, conferiscono maggiore resistenza all’ammuffimento e alla contaminazione; • maggiore digeribilità; • migliori caratteristiche sensoriali e organolettiche (profumo, sapore, aroma, croccantezza, fragranza) in virtù delle sostanze aromatiche formatesi.

La biga: tipologie Biga a lievitazione lunga

Biga a lievitazione corta

Biga a lievitazione veloce

Tempo di lievitazione

10-12 ore

2-4 ore

20-30 minuti

Temperatura di lievitazione

16-20 °C

25-28 °C

25-30 °C

Ingredienti

Farina media 1000 g Acqua 500 g Lievito compresso 10 g

Farina media 1000 g Acqua 500 g Lievito compresso 20 g

Farina debole 1000 g Acqua 500 g Lievito compresso 40 g


LABORATORIO •

I SISTEMI DI LAVORAZIONE DEL PANE

1

Pesare la farina e il lievito nella bacinella di un’impastatrice.

3

Impastare per breve tempo, in modo da non formare troppo glutine (che andrebbe ad influire negativamente sull’apporto aromatico della biga).

5

Riporre la biga in un contenitore stretto e alto (ricoprire prima con un panno di cotone e poi con un foglio di plastica).

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2

Aggiungere l’acqua che, in base alla tipologia di fermentazione (lunga, corta o veloce), è a temperatura diversa (sostanzialmente si immette l’acqua alla stessa temperatura di lievitazione).

4

Terminare l’impasto.

6

Lasciare lievitare per il tempo necessario a temperatura controllata.


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LABORATORIO •

I SISTEMI DI LAVORAZIONE DEL PANE

Il Poolish Anche il Poolish fa parte della famiglia dei prefermenti, ma a differenza della biga è ottenuto idratando la farina in maggior misura, mantenendo così una fermentazione meno aggressiva sotto l’aspetto aromatico. Il Poolish è più indicato per pani morbidi a crosta croccante (pane al latte o baguette) oppure per la vienneseria in generale (croissant, brioche, Krapfen).

Il Poolish: tipologie Poolish a lievitazione veloce

Poolish a lievitazione lenta

Tempo di lievitazione

1 ora

12 ore

Temperatura di lievitazione

28 °C

16 °C

Ingredienti

Farina 1000 g Acqua 1000 g Lievito 70 g

Farina 1000 g Acqua 1000 g Lievito 5 g

1

Pesare la farina e il lievito in una caraffa.

4

Ottenere una pastella non troppo liscia.

2

Aggiungere l’acqua.

5

Una volta realizzato, coprire il Poolish con un panno di cotone e uno di plastica.

3

Mescolare con l’aiuto di una frusta.

6

Non maneggiare ulteriormente il Poolish fino al termine della lievitazione.


LABORATORIO •

429

I SISTEMI DI LAVORAZIONE DEL PANE

In che cosa consiste il sistema diretto Con il sistema diretto, tutti gli ingredienti sono impastati insieme in un’unica fase, fino a formare un impasto amalgamato ma non omogeneo. Di solito, questo impasto è lasciato riposare per qualche minuto, per consentire la corretta idratazione e la conseguente formazione del glutine, quindi viene nuovamente impastato e lasciato a riposare. Infine, l’impasto è suddiviso e lasciato lievitare per il tempo previsto (si può procedere con una diversa lievitazione a seconda del prodotto da ottenere). • Il sistema diretto lungo, per esempio, è usato per pani comuni e di grosso formato: la sua azione è simile ad una biga a lunga lievitazione. Si ottengono pani di buona aromaticità. • Il sistema diretto corto è utilizzato per pani di piccolo formato o pani semplici (pane al latte, filoncini). Questo sistema permette un rapido processo esecutivo e facilita il controllo di forme e fermentazione. Gli svantaggi sono la bassa qualità aromatica e gustativa e la minor durata della freschezza.

Il sistema diretto: tipologie Sistema diretto lungo

Sistema diretto corto

Tempo di lievitazione

10 ore

3 ore

Temperatura di lievitazione

15 °C

26 °C

Ingredienti

Farina media 1000 g Acqua media idratazione 600 g Lievito 20 g

Farina media 1000 g Acqua media idratazione della pasta 600 g Lievito 5 g

FOCACCIA: RICETTA BASE CON IMPASTO DIRETTO FOCACCIA PUGLIESE

Approfondimenti I pani d’Italia

GUIDA ALLO STUDIO

Scegli l’alternativa corretta. 1. 2. 3. 4. 5. 6.

La programmazione dell’impasto a tappe è una caratteristica del sistema diretto / indiretto La biga è un impasto formato da acqua, farina e lievito / acqua e lievito La biga dà al prodotto finito migliore digeribilità ma minore resistenza all’ammuffimento / migliore digeribilità e maggiore resistenza all’ammuffimento Il Poolish è un prefermento ottenuto idratando la farina in minore / maggior misura Per il pane al latte, la baguette o i croissant è meglio la biga / il Poolish Il sistema diretto corto facilita il controllo di forme e fermentazione / ha un’alta qualità aromatica


430

DOSSIER 3 •

3. La cottura del pane

Videolezione

LA PANIFICAZIONE

COME AVVENGONO LIEVITAZIONE E COTTURA

La cottura è uno dei processi fondamentali per la riuscita di un buon prodotto da forno: in questo momento il pane si trasforma, diventando un prodotto edibile e, soprattutto, digeribile. A questo proposito, è bene precisare sin da subito che l’amido contenuto nel pane non viene digerito dai lieviti ma, gelificando, cristallizza durante la cottura ed è precisamente mediante questo fenomeno che diventa accessibile, e facilmente assimilabile, a livello metabolico, dal nostro organismo. Il panificatore, dunque, nell’eseguire con attenzione ogni fase di preparazione del pane, oltre a selezionare le materie prime, l’impasto, il tipo di formatura e lievitazione, non può quindi trascurarne la cottura.

In che cosa consiste la spezzatura dell’impasto La spezzatura è l’operazione che permette la divisione dell’impasto nel numero di pezzi necessari. La spezzatura si effettua a mano o con appositi macchinari dopo la prima fermentazione, oppure dopo la laminazione, cioè il passaggio dell’impasto attraverso i rulli di un cilindro che lo rendono più liscio e compatto. Si tratta di un’operazione che deve essere svolta con attenzione onde evitare difformità nella cottura. Il rischio, infatti, è che i pezzi più piccoli cuoceranno prima di quelli di maggiore grandezza. Nel procedere alla spezzatura bisogna tener conto del fatto che con la cottura l’impasto perde peso a causa della perdita di acqua e di sostanze volatili.

Le possibili forme dell’impasto dopo la spezzatura Avvolte Arrotondate Stampate Filoni


DOSSIER 3 •

LA PANIFICAZIONE

Che cos’è e come avviene la lievitazione del pane Per lievitazione si intende il periodo della fermentazione delle forme ottenute dopo lo spezzamento prima dell’infornamento. Essa permette di ottenere un prodotto soffice e una mollica ben sviluppata. La lievitazione può avvenire a temperatura ambiente o in una cella di lievitazione regolando il tasso di umidità a seconda del tipo di impasto: gli impasti più asciutti, infatti, richiedono un maggiore tasso di umidità nella cella, che varia dal 60 all’80%, rispetto a quelli molli. La temperatura all’interno della cella va impostata da +27° a +28° C; considerando però che la massima attività fermentativa del lievito si raggiunge a +35° C, si potrebbe anche aumentare di qualche grado la temperatura. Tuttavia, bisogna tener presente che questo è possibile solo quando si utilizzano farine forti, perché l’innalzamento della temperatura nella cella di lievitazione comporta alcune conseguenze negative. C’è inoltre un altro rischio che si corre se la temperatura non è adeguata al tipo di impasto: raggiungendo la temperatura interna di +40° C il lievito diventa inattivo, quindi la lievitazione si blocca.

Conseguenze dell’innalzamento della temperatura nella cella di lievitazione Accumulo degli acidi organici, come l’acido lattico e quello acetico Abbassamento dell’elasticità dell’impasto a causa di una maggiore attività degli enzimi e di un aumento della velocità di distribuzione delle proteine Parziale rottura della maglia glutinica

Un altro elemento decisivo per una buona lievitazione è rappresentato dal tempo. Esso, ovviamente, dipende da molteplici fattori: dal tipo di impasto che si vuole ottenere, dalla farina e dal lievito utilizzati, dall’ambiente in cui avviene la lievitazione.

vitaz Il tempo di lie

ce

ione diminuis

■ La quantità di lievito è maggiore ■ Temperatura e umidità dell’ambiente sono più alte

■ Il tasso di idratazione dell’impasto

è maggiore

■ L’impasto è stato preparato con

il metodo indiretto ■ La farina è più debole

vitazione au Il tempo di lie ■ ■ ■ ■ ■

menta

La farina è più resistente L’impasto è molto lavorato L’impasto contiene dei condimenti L’umidità dell’impasto è minore Temperatura e umidità dell’ambiente sono più basse

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DOSSIER 3 •

LA PANIFICAZIONE

Che cos’è l’alveolatura Si tratta di un momento assai delicato: durante questo processo, infatti, il pane aumenta significativamente di volume a causa dei lieviti e dei batteri che, fino a 55 °C, producono anidride carbonica e alcol etilico in grandi quantità. I gas prodotti sono intrappolati dalla maglia glutinica, che si espanderà formando così la classica struttura alveolare tipica del pane e di ogni prodotto lievitato. Superata la soglia di 60 °C, batteri e lieviti muoiono ed entra in azione l’acqua che, evaporando lentamente, contribuisce allo sviluppo ulteriore del volume del prodotto.

Come deve essere regolata la temperatura Normalmente la cottura del pane avviene sopra i 200 °C, ad eccezione di rari casi di pani che cuociono a 150 °C. Ogni forno, per sua caratteristica, struttura e alimentazione, può subire variazioni, è quindi impossibile dare dei parametri univoci per la cottura del pane, tanto più che ciascun formato risente di variabili specifiche. In linea generale si può dire che: • per i pani piccoli si utilizzano temperature più alte (240-250 °C) per breve tempo; • per i pani di grande pezzatura si tende a cuocere a temperatura più bassa (220 °C) per garantire una cottura ottimale già al cuore del prodotto, senza carbonizzare la parte esterna. Quando si testano le cotture per la prima volta, comunque, è bene dotarsi di termometro a sonda, per verificare proprio questo parametro, ovvero la temperatura al cuore del prodotto, che deve essere intorno ai 94-95 °C.

Che cos’è la precottura La precottura è una tecnica utilissima, soprattutto se abbinata a una catena del freddo adeguata. Essa consente, infatti, di cuocere il pane fino a circa 75 °C al cuore, fase in cui la struttura interna cristallizza, evitando così l’eventuale collassamento; dopodiché, il pane precotto può essere estratto e, quindi, raffreddato nel più breve tempo possibile anche con l’ausilio di abbattitori di temperatura. Così, una volta che il pane sarà stato adeguatamente barrierato, verrà poi conservato fino al momento del rigenero.


DOSSIER 3 •

LA PANIFICAZIONE

Qual è il ruolo del vapore Appena inserito il pane nel forno, è utile generare vapore all’interno della camera di cottura. È per questo motivo che i forni professionali sono dotati di vaporiera. L’azione del vapore, infatti, è quella di rallentare la formazione della crosta, migliorando così lo sviluppo e il colore del prodotto. Sulla crosta, quando il raffreddamento da evaporazione diminuisce, si raggiungono rapidamente i 150 °C e, a questa temperatura, avvengono due effetti molto caratteristici: la caramellizzazione degli zuccheri e la reazione di Maillard tra zuccheri e amminoacidi prodotti dalla rottura delle proteine. Entrambi i processi danno come risultato la tostatura della crosta e una forte aromatizzazione, per cui sono facilmente confusi e si parla semplicemente di caramellizzazione degli zuccheri. A questo proposito, è bene ricordare che è invece la reazione di Maillard tra i diversi zuccheri e i molti amminoacidi diversi a produrre un gran numero di molecole aromatiche e a dare il vero profumo del pane.

Come capire quando il pane è pronto Per ottenere la corretta cottura del pane, vanno utilizzate le competenze offerte dai cinque sensi. • Alla vista, il colore deve essere dorato e possibilmente uniforme, su tutti i lati. • Al tatto, la sensazione deve essere quella di un prodotto leggero, soprattutto se messo in relazione al suo volume. • All’olfatto, le note odorose devono rimandare a una sensazione di tostato, leggermente caramellato. • L’udito deve far percepire, colpendone la superficie, il classico rumore vuoto, il che indica un prodotto arioso, ben lievitato e ben cotto. • Al gusto, infine, si deve percepire una certa umidità, ma mai eccessiva, né deve essere percepibile la sensazione retrolfattiva del lievito.

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DOSSIER 3 •

LA PANIFICAZIONE

Come avviene la cottura del surgelato La cottura del pane surgelato è regolata dal D.M. n. 131 del 2018 presente nel Regolamento su disciplina della denominazione di panificio, pane fresco e pane conservato, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19 novembre del 2018. Qui si sostiene, in particolare, che il pane che ha subito processi di surgelazione e congelamento (o che parimenti contenga additivi chimici e conservanti) non potrà essere più venduto per fresco e dovrà obbligatoriamente avere una etichetta con l’indicazione “conservato” o a durabilità prolungata. Per quanto riguarda la tecnica di cottura, la legge non esplicita molto in materia, se non che occorre far scongelare il prodotto, anche non completamente, e inserirlo in forno a circa 20 °C in meno rispetto alla classica cottura.

Approfondimenti Il forno a legna

✔ 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

Come avviene la cottura ventilata Nei forni a convezione, l’aria calda sale generando moti convettivi che sono poi responsabili della cottura stessa. Per questo motivo, è necessario fare attenzione ✔se, nella ricetta, compaiono indicazioni sull’eventuale presenza o assenza della ventilazione. In generale, la ventilazione è indicata per pani di piccola pezzatura, oppure per biscotti o croissant. Per i pani di grande pezzatura, rustici, dove invece si ha l’esigenza di inspessire una crosta importante, è da prediligere il forno a conduzione di calore classico, fisso, con piano refrattario.

GUIDA ALLO STUDIO

Per la produzione di pane viene quasi sempre utilizzato il grano tenero, adatto alla panificazione per l’elevato contenuto di glutine e amido Setacciare la farina è fondamentale perché spesso i pacchi di farina sono impilati l’uno sull’altro e la farina risulta quindi manchevole di ossigeno La semola è lo sfarinato ottenuto dal grano tenero La tecnica del rinfresco mantiene attivi i microrganismi nella pasta madre La biga produce nella pasta lievitata migliore ritenzione dell’acqua e favorisce la moltiplicazione di lievito Rispetto alla pasta madre, il Poolish è indicato per pani morbidi a crosta croccante Con il sistema diretto, tutti gli ingredienti sono impastati in un’unica fase Nel caso di lievitazione in cella, la temperatura va impostata a 25-26 °C

V F V V V V V V V

F F F F F F F


LABORATORIO

Filoncino di pane con biga a lievitazione lunga er la b iga

Ingredienti p

• Farina 500 g • Acqua 300 g • Lievito 3 g

e Preparazion

er l’impasto

• • • • • • •

Biga Farina forte 1500 g Farina di segale 370 g Lieviti compresso 50 g Acqua 1400 g Yogurt naturale 100 g Sale 47 g

• Impastare per breve tempo

Preparazion

Ingredienti p

• Incominciare ad impastare la biga

• •

la biga in modo che rimanga sgranata. Porla in un contenitore alto e stretto e lasciarla fermentare per 12 ore a 15 °C.

e

• •

• • •

con le farine, il lievito e circa l’80% di acqua per alcuni minuti. Aggiungere ad impastamento quasi ultimato lo yogurt, il sale e l’acqua rimanente poco alla volta. Impastare fino a completamento per circa 5 minuti e lasciare puntare a temperatura ambiente per 1 ora. Pezzare nel peso desiderato (si consiglia 700 g) e arrotondare leggermente. Lasciare riposare per alcuni minuti e allungare a forma di filone. Spolverare con farina di segale e porre a lievitare per ancora 40-50 minuti sempre a temperatura ambiente. Con una lama incidere tre volte il filone oppure solamente per la lunghezza e infornare a 230 °C con vapore iniziale. Dopo almeno 10 minuti abbassare la temperatura a 210°C. Completare la cottura.

Filoncino con Poolish a lievitazione lunga, con semi di girasole e fiocchi d’avena er il Poolish Ingredienti p • Farina forte 1000 g • Acqua 1000 g • Lievito 1,5 g

Preparazion

e

• Impastare per breve tempo e

riporre a lievitare per 12 ore a 16°C.

to

er l’impas Ingredienti p • • • • • • • • • •

Poolish Farina 2000 g Farina di mais 200 g Acqua 600 g Lievito compresso 45 g Malto 10 g Semi di girasole 200 g Fiocchi d’avena 500 g Olio extravergine d’oliva 65 g Sale 60 g

e Preparazion • Il giorno precedente mettere i fiocchi

d’avena in ammollo in 800 g di acqua calda.

• Iniziare l’impasto con il Poolish, le farine, l’acqua e il lievito.

• A metà impasto aggiungere i fiocchi • • • • •

d’avena e i semi di girasole, l’olio e successivamente il sale. Lasciare puntare a temperatura ambiente per almeno 40 minuti e poi pezzare del peso di circa 500 g. Arrotolare i pezzi e, trascorsi circa 20 minuti, arrotondare a forma di filoncino, senza stringere troppo. Dopo circa dieci minuti premere con una bacchetta di metallo una volta la lunghezza del filone e tre volte la larghezza del filone. Lasciare lievitare per ancora circa 40 minuti a 26 °C. Cuocere in forno preriscaldato 220 °C, con vapore iniziale, e ultimare abbassando la temperatura e tiraggio aperto.


LABORATORIO •

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I SISTEMI LA PANIFICAZIONE DI LAVORAZIONE DEL PANE

Pane al miele con biga a lievitazione veloce er la b iga

Ingredienti p

• Farina forte 1000 g • Acqua 500 g • Lievito 100 g

e Preparazion

er l’impasto

• • • • • • • •

Biga 1800 g farina media 150 g zucchero 100 g latte in polvere 150 g burro 250 g miele 80 g uova 500 g acqua

e

• Aggiungere alla farina la biga, lo zucchero,

il latte in polvere, il miele e 400 g di acqua.

• Impastare e, a metà impasto, aggiungere

il burro, il sale e le uova.

• Impastare e aggiungere l’acqua rimanente. • Fare puntare a 26 °C per almeno 1 ora e poi pezzare del peso di 40 g.

• Arrotondare perfettamente e porre a

lievitare ancora per almeno 1 ora a 26 °C.

• Cuocere a 220 °C per i primi minuti con

• Impastare il tutto e riporre in

Preparazion

Ingredienti p

valvola chiusa e vapore iniziale e per altri 20 minuti a 200 °C con valvola aperta.

lievitazione per almeno 1 ora a 26 °C.

Pane pugliese con biga a lievitazione lunga di semola er la b iga

Ingredienti p

• Semola di grano duro 500 g • Acqua 250 g • Lievito compresso 5 g

Preparazion

e

• Impastare gli ingredienti

per breve tempo e riporre in un contenitore alto e stretto a 16 °C per almeno 12 ore.

er l’impasto

Ingredienti p

• Impastare la semola di grano duro

con la biga, il lievito, il malto e circa il 70% di acqua. • A impastamento quasi completo aggiungere il sale e l’acqua a filo e impastare perfettamente. • Porre a puntare a 26 °C per almeno 60 minuti, quindi pezzare l’impasto del peso di circa 800 g e formare delle pagnotte.

• Lasciare riposare per alcuni minuti

e ridare la forma perfetta.

15 minuti con valvola chiusa e vapore iniziale e poi abbassare la temperatura di 10 °C e aprire la valvola verso fine cottura (in totale circa 40 minuti).

• Porre a lievitare a 26 °C. • Cuocere a 220 °C per i primi


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La tradizione italiana

La cultura alimentare italiana Per comprendere la vera natura della cultura dolciaria italiana, per delinearne l’identità, non bastano i semplici comuni denominatori con i quali al di là dei confini nazionali sono soliti descrivere il Bel Paese: il gelato e il babà sono soltanto stereotipi comuni, che possono rappresentare solo una piccola parte dell’italianità gastronomica e della ben più ampia tradizione di cui fa parte. Individuare possibili gusti comuni non aiuta a tracciare un quadro condivisibile, almeno non a livello nazionale: ogni territorio assegna il gradino più alto del podio a un prodotto diverso, come dimostrato dalla più semplice delle preparazioni, il pane, declinato in numerosissime varianti dai fornai della Penisola.

AGENDA 2030 Obiettivo 2

Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione, promuovere un’agricoltura sostenibile Obiettivo 12

Il valore della diversità

Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo

La cultura alimentare italiana, così come un italiano può percepirla, è fatta in realtà di prodotti che creano un’identità. Questa identità, però, non può, per forza di cose, essere condivisa da Nord a Sud: ogni regione, provincia, città si avvale di un ricettario specifico, diverso per materie prime e/o modalità di preparazione. Passando di regione in regione, non si rintraccia soltanto una differenza paesaggistica, che tiene conto della geomorfologia del territorio, della latitudine e del clima, ma anche e soprattutto una diversità storica e culturale. Queste due componenti, il territorio e la cultura, hanno costruito insieme diverse identità, ciascuna con caratteristiche particolari, all’interno delle singole regioni. È un dato di fatto che, nel corso dei secoli, i popoli e le culture che hanno abitato il Bel Paese si sono influenzati vicendevolmente, modificando gli usi, i costumi e i sapori locali.

L’italianità come eccellenza Il racconto della tradizione dolciaria italiana attraverso le regioni evidenzia le materie prime della tipicità. Conoscere le materie prime, ovvero i prodotti ottenuti sfruttando il territorio da parte di una comunità umana, introduce alle specialità da esse ricavate e aiuta a comprendere e diffondere la cultura della cucina e della pasticceria, così come si è evoluta grazie all’operato di tutti coloro che hanno contribuito a dare valore al cibo e a fare della produzione agroalimentare e dell’enogastronomia italiana simboli di eccellenza. In questo modo, si distinguono produzioni su larga scala e prodotti di nicchia, comprendendo così il valore della tipicità, espressione della cultura nazionale e della capacità tipicamente italiana di saper e sapersi trasformare.

Approfondimenti Tradizione enogastronomica italiana

Approfondimenti Tradizione dolciaria internazionale


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DOSSIER 4 •

LA TRADIZIONE ITALIANA

VALLE D’AOSTA Molte ricette valdostane hanno origini francesi: la Valle d’Aosta è infatti una “terra di confine” e, come spesso accade in questi casi, le influenze culturali si manifestano anche nella gastronomia. Sulla tavola valdostana manca del tutto la pasta, rimpiazzata da una grande varietà di polenta, zuppe e minestre. Anche l’olio è poco utilizzato, sostituito da lardo, burro e strutto. La pasticceria valdostana non è particolarmente ricca. Il dolce più conosciuto è il biancomangiare: si tratta di una crema a base di latte, zucchero e vaniglia e il famoso Monte Bianco, deliziosa montagnola di castagne lessate unite a zucchero, cacao, latte e rum e ricoperte di panna montata. Altrettanto famose sono le tegole, biscotti a base di mandorle e nocciole tritate.

PIEMONTE Torino è la capitale indiscussa del cioccolato e dei gianduiotti, la cui produzione iniziò in occasione del Carnevale del 1865 (da qui il nome che richiama la tipica maschera torinese). Tuttavia è lo zabaione, un composto di tuorli d’uovo, zucchero e Marsala poi cotto a bagnomaria, a rappresentare l’eccellenza tra i dolci piemontesi. Altrettanto famoso è il bonèt, un dolce al cucchiaio realizzato con uova, zucchero, latte, amaretti, cacao amaro in polvere, rhum e, in alcune zone, anche con albicocche. Altre specialità dolciarie sono gli amaretti di Mombaruzzo, i baci di Cherasco, i baci di dama (speciali quelli di Tortona), i bicciolani di Vercelli, i biscottini di Novara, i canestrelli (particolari quelli di Biella e di Novi Ligure), i coppi di Langa, i fiacà di Andorno Micca, la fugascina di Mergozzo, i celebri krumiri di Casale Monferrato, le margheritine di Stresa, diversi pani dolci (tra cui quello di Cannobbio, quello di San Gaudenzio e quello di meliga e mele).


DOSSIER 4 •

LA TRADIZIONE ITALIANA

Sono prodotti in tutta la regione i marron glacè, mentre caratteristiche della provincia di Cuneo sono le paste di meliga (preparate con farina di mais e di frumento). Una citazione particolare va, infine, riservata al grissino, alimento nato nella corte sabauda del Seicento e che oggi ha un posto importante sulla tavola italiana. Si tratta di un lungo e sottile cilindro croccante di pasta di pane ammorbidita con olio. Secondo la tradizione, il grissino venne “inventato” nel 1668 da un fornaio della corte sabauda, tale Antonio Brunero, per stuzzicare l’appetito di Vittorio Amedeo II, allora bambino. Il giovane duca soffriva infatti di disturbi intestinali di cui si ignorava la causa. Un celebre medico dell’epoca ipotizzò che il disturbo fosse causato dal pane poco cotto, all’epoca molto diffuso. Chiese allora al fornaio di produrre un pane che fosse sottile e ben cotto. Il duca guarì e il neonato bastoncino croccante venne chiamato ghersin. Pare che, qualche secolo più tardi, anche Napoleone ne fosse particolarmente ghiotto e se ne facesse inviare a Parigi dei rifornimenti giornalieri.

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DOSSIER 4 •

LA TRADIZIONE ITALIANA

LOMBARDIA La cucina lombarda è cucina delle lunghe cotture, dei bolliti e degli stufati, degli intingoli adatti ad accompagnarsi alla polenta più che al pane, del riso e delle paste ripiene più che della pasta di grano duro, del burro e del lardo più che dell’olio. I dolci tipici regionali si sono pian piano diffusi a livello nazionale; pensiamo al panettone natalizio, il simbolo dolciario della Lombardia, e alla colomba pasquale, oggi fabbricati entrambi da industrie dolciarie e pasticcerie artigianali di tutta Italia, con varianti che li allontanano dalla ricetta originaria, per esempio le farciture di creme o cioccolato. Anche le chiacchiere, le famose frittelle di farina, latte, uova e zucchero, e il torrone hanno le loro origini in Lombardia. Nella provincia di Mantova è tradizionale la torta sbrisolona, così chiamata perché essendo molto friabile si sbriciola facilmente, realizzata con farina bianca e gialla, impastata con zucchero, uova, mandorle, strutto, burro, aroma di limone e di vaniglia; a Pavia, invece, è tipica la torta paradiso, fatta di farina, uova, burro e zucchero, lasciata ben lievitare prima di passare al forno e spesso accompagnata da crema o zabaione.


DOSSIER 4 •

LA TRADIZIONE ITALIANA

TRENTINO-ALTO ADIGE La gastronomia fa parte della cultura di un popolo; in quest’ambito, perciò, si fanno sentire le influenze austriache e tedesche in Alto Adige, italiane e specificamente venete in Trentino. Si tratta però, in entrambi i casi, di una cucina relativamente povera, che basa le sue preparazioni sui prodotti tipici della montagna e prevede spesso sostanziosi piatti unici. I dolci sono una vera istituzione in tutta la regione. In Trentino trionfano i fiadoni, bignè al forno ripieni di mandorle tritate, miele e cannella, la rosada, budino di mandorle caramellate e polverizzate, e la pinza trentina, pane raffermo inzuppato nel latte, impastato con zucchero e fichi secchi e cotto in forno. Lo zelten rappresenta l’anello di congiunzione tra il Trentino e l’Alto Adige. Questo tipico dolce natalizio si prepara con farina di grano saraceno, uova, burro, zucchero e frutta secca (datteri, fichi secchi, uva passa, noci), cui si aggiungono per l’aroma cannella e grappa. In Alto Adige si prepara anche il famoso strudel, nato a Bisanzio, portato dai Turchi in Ungheria e approdato così nell’impero austroungarico, per diventare uno dei simboli della dolciaria austriaca. Consiste in un rotolo di pasta sfoglia ripiena di mele; si consuma preferibilmente caldo. Altri dolci tipici sono gli innicher sterz, frittelle a base di pane, latte, uova e mirtilli, la kastanientorte (torta di castagne), da servire ricoperta di panna montata quando è ancora calda di forno, e il presnitz, rotolo di pasta sfoglia farcito di marzapane, cedro candito, pinoli e noci. Non vanno dimenticati i krapfen, dolci a forma di palla schiacciata alle estremità, ottenuti con due dischi di pasta lievitata uniti e fritti nell’olio. Vengono farciti a freddo con marmellata di albicocche.

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LA TRADIZIONE ITALIANA

FRIULI-VENEZIA GIULIA Semplice e genuina, ma dai sapori forti, la cucina friulana risente molto delle realtà etniche che convivono nella regione e in molti piatti si sente l’influenza della cucina veneta, ungherese e slava. Il dolce tipico della regione è la gubana, rotolo di pasta lievitata a forma di chiocciola cotto al forno, farcito di mandorle, noci, pinoli, canditi, uva passa, zucchero, liquore e scorza grattugiata di limone. Simile è la putizza, a base di pasta lievitata farcita di un morbido composto di frutta secca e sagomato a chiocciola. Lo stesso ripieno è usato per il presnitz, a base di pasta sfoglia.

VENETO Il dolce veneto più conosciuto è senza dubbio il pandoro di Verona, dolce lievitato tipico di Natale che, con il tempo, ha oltrepassato i confini regionali ottenendo diffusione nazionale. Ma il Veneto produce anche biscotti rinomati, come i baicoli, biscotti secchi di antichissima tradizione veneziana, e gli zaleti, realizzati con farina di mais e grano in parti uguali. Tra le torte ricordiamo la torta fregolotta, aromatizzata con buccia di arancia grattugiata e talvolta con l’aggiunta di mandorle tritate, e la pinza (preparata nella versione lievitata o meno, a base di farina di mais o di grano tenero e, un tempo, di pane raffermo). Notevole e antica è la tradizione del gelato artigianale in Cadore, del mandorlato di Cologna Veneta (un torrone bianco di consistenza assai dura) e dei pevarìn di Chioggia (nel cui impasto, oltre a cioccolato e mandorle, è presente il pepe, spezia diffusa dalla vicina Venezia).


DOSSIER 4 •

LA TRADIZIONE ITALIANA

LIGURIA Le torte salate sono molto diffuse in tutte le province liguri e ne esiste una vasta gamma, a seconda delle verdure che costituiscono il ripieno. La più famosa è senz’altro la torta Pasqualina, farcita di bietole, cagliata e uova intere. Un tempo veniva preparata solo per Pasqua con 33 strati di pasta: quanti gli anni di Cristo. Cibo povero e fragrante, la focaccia è una specialità della Liguria. L’aggiunta di altri ingredienti dà origine a numerose varianti; le più note sono la Sardenaira, con pomodoro, olive e acciughe, originaria della zona tra Imperia e Ventimiglia, e la focaccia di Recco IGP, contraddistinta dall’aggiunta di formaggio fresco. La farinata è un piatto ricco di calorie consumato preferibilmente nel periodo autunnale. La si prepara con farina di ceci (o di grano nel Savonese), acqua, sale e olio di oliva, ed estratta dal forno deve apparire sottile, croccante, dalla superficie dorata. Anche in questo caso si possono aggiungere altri ingredienti: rosmarino, cipolle, salsiccia. Caratteristici della Lunigiana, al confine con la Toscana, sono poi i testaroli (un sottile pane azzimo dapprima cotto in testi circolari, un tempo di ghisa e oggi di terracotta, poi fatto rinvenire in acqua bollente, quindi tagliato a losanghe e infine condito con olio, formaggio o pesto al basilico), i panigacci (anch’essi azzimi e cotti su testi impilati) e gli sgabèi (ricavati friggendo strisce di pasta di pane, che per effetto del calore si gonfiano). Il tipico dolce natalizio genovese è il pandolce, basso o alto, ma sempre assai ricco nell’impasto: alla farina, infatti, lavorata non con il burro ma con l’olio e addolcita non con lo zucchero ma con il miele, vengono aggiunti uva passa, canditi (zucca, arancia e cedro) e pinoli; l’aroma caratteristico proviene dai semi di anice e dall’acqua di fiori d’arancio. La leggenda narra che il pandolce nacque nel Cinquecento, quando il doge Andrea Doria imbandì una gara tra i pasticceri genovesi per la creazione di un dolce che fosse il simbolo di Genova e della sua ricchezza e che si conservasse a lungo per i viaggi in mare. La presenza nel dolce di pinoli, semi d’anice, canditi e spezie testimonia i fitti contatti che Genova ebbe con l’Oriente. I pinoli sono inoltre l’ingrediente che caratterizza la torta chiamata “pinolata” nella Val d’Aveto. Altri dolci tipici sono la spongata dell’entroterra spezzino (dove si prepara anche una gustosa torta di riso), il latte fritto, realizzato in tutta la regione, e i friscoi (noti anche come panserossi, cugoletti o pansarole), grossi ravioli di pasta frolla ripieni di marmellata e fritti nell’olio. Farciti di marmellata sono pure i gobeletti. Tra i biscotti, celebri sono i canestrelli, gli amaretti di Gavenola e di Sassello, i biscotti di Taggia, il buccellato (tipico della zona di Sarzana) e i leggerissimi biscotti del Lagaccio, che prendono il nome da un antico quartiere di Genova. Di probabile origine orientale è il dolce chiamato “cubàite”, costituito da cialde al cui interno si colloca un ripieno per lo più a base di nocciole, noci, mandorle, scorza d’arancia e miele.

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DOSSIER 4 •

LA TRADIZIONE ITALIANA

EMILIA-ROMAGNA

Le ricette dei Maestri • Bracciadella reggiana • Duchessa di Parma

L’Emilia Romagna può essere suddivisa in tante zone gastronomiche, ognuna delle quali con determinate caratteristiche. Ci sono, tuttavia, molti denominatori comuni, rappresentati dai primi piatti e dagli insaccati. I dolci più famosi sono legati alle festività natalizie. Ne è un esempio il pampapato di Ferrara IGP. Si mescolano farina, zucchero, mandorle, scorze di agrumi tritate, frutta candita, cacao, noce moscata, chiodi di garofano e cannella, fino a formare un impasto sodo e uniforme. Poi si inforna l’impasto dandogli la forma di uno zuccotto; si lascia cuocere un’ora e mezza e, a cottura terminata, si spennella con cioccolato fuso. Anche nella preparazione del pane di Natale di Modena e del pan speziale di Bologna è previsto l’utilizzo di frutta secca, con l’aggiunta di miele e semi aromatici, in misura e con modalità di preparazione diverse. Segnaliamo ancora la torta di castagne (farina di castagne con uva passa e pinoli), quella di tagliatelle (il nome deriva dalle tagliatelle di pasta frolla usate per decorare) e la torta Barozzi, secca e a lunga conservazione.

TOSCANA

Le ricette dei Maestri Ricciarelli e cantucci

La cucina toscana rispecchia la varietà delle sue materie prime, trasformate in pietanze con fantasia e sapienza. I dolci toscani, tutti di origini antiche, hanno rinomanza nazionale, quando non internazionale. I cantucci sono biscotti secchi alle mandorle, ottenuti tagliando a fette il filoncino di pasta ancora caldo; si consumano rigorosamente dopo averli intinti nel Vin Santo. Lo zuccotto fiorentino, pan di Spagna inzuppato di liquore secco e farcito di panna montata e cioccolato, noci e mandorle, ha ormai acquisito fama mondiale. Da Siena vengono due ricette molto antiche: i ricciarelli, biscotti ovali di pasta di mandorle rivestiti di zucchero a velo, che si possono trovare anche sul mercato come Ricciarelli di Siena IGP, e il panforte IGP, un dolce a lunga conservazione a base di mandorle, canditi, miele, zucchero e spezie.


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LA TRADIZIONE ITALIANA

MARCHE Quella marchigiana è cucina di terra e di mare, cui si aggiunge, più che in altri luoghi, l’influenza delle regioni vicine: il tutto crea un armonioso mosaico gastronomico. Nutrita è la famiglia delle preparazioni a base di pasta di pane, variamente modellate e chiamate, a seconda delle località, crescia (da condire con olio, sale, cipolla e rosmarino nonché, in inverno, con strutto e ciccioli), spianata (insaporita con uova e ricotta), crescia di Pasqua al formaggio (particolarmente ricca in quanto preparata con uova, strutto o burro, olio extravergine di oliva, formaggio grattugiato, pecorino a pezzi e grattugiato, lievito di birra, farina, pepe macinato e sale), pizza di Pasqua (realizzata con farina, zucchero, uova, olio o burro, uva sultanina, lievito, limone grattugiato e, talvolta, canditi, vin santo o liquore), cresciolina (pasta del pane leggermente salata, spianata col mattarello, fritta in strutto bollente e cosparsa di zucchero) o crescia fogliata (tipica di Fiumanata e ricavata farcendo una sfoglia ottenuta impastando farina, zucchero, olio extravergine di oliva e acqua bollente con un ripieno di ricotta, uvetta, noci o nocciole, zucchero, cacao, vaniglia, cannella, buccia di limone grattugiata, liquore all’anice o rum e alchermes). Per Pasqua, nel Maceratese, si prepara la pizza dolce, o recina: con farina, uova, strutto, zucchero, cannella, lievito e mistrà (un liquore tipico aromatizzato all’anice) si modella una pasta in forma di panettone che viene cotta e infine ricoperta di una glassa di albume d’uovo battuto con zucchero. La pasticceria è ricca di dolci rustici. I canciuni sono ravioli di pasta di pane farciti con pecorino, zucchero, tuorlo d’uovo e scorza di limone grattugiata e cotti al forno. Il dolce di Natale è invece il custringu o pustringo, una torta di farina di grano e di mais arricchita da fichi secchi, noci e uva passa. Vanno poi segnalati i biscotti di mosto, la cicerchiata (ricavata da palline di pasta della dimensione di una cicerchia fritte nello strutto, amalgamate con miele sciolto e, talvolta, buccia grattugiata di arancia, canditi, pinoli e mandorle tritate e abbrustolite), il fristingo (realizzato con fichi secchi, uva sultanina, canditi, mandorle tostate, noci, noce moscata, cannella, caffè, liquore all’anice, limone, miele, pane grattugiato, farina di grano tenero e olio extravergine di oliva; ne esiste una variante con sangue di maiale), la frustenga (nel cui impasto sono utilizzati fichi secchi, uva sultanina, noci, olio e pane grattugiato come nel caso del fristingo, dal quale si differenzia per l’uso di farina di mais e mele) e il bostrengo (legato alla festività della Madonna di Loreto, che cade il 10 dicembre, e preparato con farina di castagne e di riso, cannella, frutta secca, uva sultanina, miele, cioccolato, bucce di agrumi grattugiate, latte, burro e strutto). Infine, ricordiamo i torroni: quello di mandorle e miele, senza albume di Muccia e quello di fichi di Monsanpolo. Proprio con un impasto di fichi essiccati ed amalgamati con mistrà, rum o sapa, noci e mandorle si ottiene la lonza (o lonzino), sagomato a forma di piccolo salame e avvolto in foglie sempre di fico.

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UMBRIA Il dolce più tipico dell’Umbria è l’attorta, composta da una pasta sfoglia ripiena di mele e altri ingredienti, attorcigliata su se stessa come un serpente. Simile è la rocciata di Assisi, a forma di ferro di cavallo, che ha nella farcitura, aromatizzata con il Vin Santo, anche uva passa, noci, miele, fichi secchi, prugne. Sempre in forma di serpente viene modellato l’impasto di mandorle del torciglione, glassato poi con albume e zucchero. Altri dolci tipici sono il brustengolo, polentina di farina di mais arricchita con sottili fette di mela, pinoli, noci, noccioline e uvetta, e i maccheroni con le noci, tagliatelle ripassate in padella con cannella e noci, tipico di Natale. Il panpepato di Terni è forse il dolce di più antica origine, ricchissimo per gli ingredienti impiegati: noci, mandorle, nocciole, pinoli, uvetta, cedro e arancia canditi, pepe, cannella, noce moscata e farina; proprio per tanta ricchezza di ingredienti e per il costo che ne deriva la gente umile consumava questo dolce solo in occasione delle feste. Infine, ricordiamo la torta di Orvieto, un panettone soffice tipico di Pasqua, e il torcolo, una ciambella all’anice con canditi e uva passa. Ultimi, ma non per importanza, i crostini ubriachi: fette di pane imbevute di rum e alchermes e ricoperte con una crema a base di mandorle tritate e cioccolato. Diversi dolci umbri sono modellati a forma di spirale, secondo alcuni perché questa forma richiama il serpente, ricordo dei riti pagani che lo adoravano come simbolo di vita e di vigore, per la sua proprietà di cambiare la pelle ritrovando in tal modo l’aspetto della giovinezza. Per gli abitanti della zona del Trasimeno, invece, che rivendicano l’origine di questi dolci, la forma verrebbe dall’anguilla pescata nelle acque del lago.

LAZIO Il Lazio è un territorio di pianure, colline e montagne, di laghi e di mare. Queste differenti caratteristiche fisiche influiscono sui costumi gastronomici legati ai prodotti del territorio, tracciando i contorni di aree ben definite. Nella produzione dolciaria di Roma e dintorni spesso tra gli ingredienti rientra la ricotta. I bocconotti e i ravioli di ricotta ne sono un esempio: i primi con involucro di pasta frolla, i secondi con pasta di pane. Entrambi sono cotti al forno, hanno una farcitura di ricotta, rossi d’uovo, cannella, zucchero e aroma di limone. Anche la crostata di ricotta, come già il suo nome dichiara, è a base di ricotta fresca lavorata con zucchero e tuorli d’uovo, cannella e canditi, unita a crema pasticcera e cotta al forno. Il pangiallo è invece un dolce romanesco che deve il proprio nome allo zafferano, ingrediente fondamentale di questa specialità.


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LA TRADIZIONE ITALIANA

L’impasto è fatto di farina, lievito, zucchero, chiara d’uovo, canditi, uva passa, pinoli, mandorle, aromi e spezie e viene modellato in pagnotte di media lunghezza lasciate lievitare a lungo e spalmate con una glassa di farina, acqua, olio e zafferano e infine cotte al forno. Il maritozzo è un dolce tipico del Lazio, in particolar modo della città di Roma: è costituito da pasta brioche preparata con pinoli, uva sultanina e scorzetta d’arancia candita e talvolta, tagliato in due, per lungo, viene completato con panna montata. Anche i mostaccioli sono tipici di Roma, anzi si gustavano già nell’antica Roma quando erano semplicemente biscotti impastati con il mosto. Il nome è rimasto, ma il mosto è scomparso. Oggi i mostaccioli sono preparati con un impasto di farina, noci tritate, miele, albume d’uovo, pepe e cannella, tagliato a piccoli rombi che vengono cotti al forno. A Natale, nel Viterbese si prepara la nociata, un torrone a base di miele e noci, mentre a Rieti è tipica la cicerchiata, palline di farina e uova, poi fritte e coperte con miele bollente, che prende il suo nome appunto dalla forma simile alle cicerchie.

ABRUZZO Pur essendo una cucina relativamente povera, quella dell’Abruzzo ha due “anime gastronomiche” differenziate, rappresentate dalla cucina di mare e da quella di terra. Torrone e confetti sono i dolci tipici dell’Abruzzo. Il torrone, diffuso in tutta la regione, si trova sia bianco sia al cioccolato, mentre a Chieti si produce un torrone a base di fichi secchi pressati e alternati a strati di cioccolato, mandorle tostate, cannella ed essenza di limone. I confetti, invece, provengono da Sulmona, dove una fabbrica risalente al 1783 ne produce ben trentasette tipi diversi. Il parrozzo di Pescara è un grosso pane − il nome deriva da “pane rozzo” − di farina, uova, burro, zucchero, mandorle, ricoperto di cioccolato. Una specialità di Chieti sono i bocconotti: tartellette di pasta frolla farcite con mandorle, zucchero, cacao, cannella e Aurum, un distillato di vino fortemente aromatizzato all’arancia. Della più antica tradizione abruzzese sono le ferratelle, cialde croccanti fatte con farina, uova, olio, anice, preparate con l’impiego di apposite piastre di ferro e da spalmare di miele o marmellata vengono servite soprattutto durante i banchetti nuziali. In Abruzzo ha inizio la zona dei taralli, tipici poi di tutta l’Italia meridionale. Sono ciambelline di pasta di pane aromatizzate al pepe, al peperoncino o ai semi di finocchio, alla cannella o altro e cotte al forno. C’è chi aggiunge all’impasto il vino, chi grappa o liquore all’anice, chi li fa dolci chi salati. I tarallucci di Natale, molto piccoli, sono ricoperti da una glassa di zucchero.

Le ricette dei Maestri Parrozzo

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MOLISE Mentre nelle zone più interne della regione, occupate da montagne e colline, dominano piatti a base di carne di maiale, salsicce e soppressate, nella sottile fascia costiera prevale una cucina più tipicamente marinara, con piatti a base di pesce. I dolci sono rustici, come tutta la cucina molisana, e anche nei dolci non manca la mollica di pane. Il pane sciovanesco, per esempio, è una miscela di mosto, mollica di pane, noci e mandorle e aromatizzato con chiodi di garofano e cannella; lo stesso impasto è utilizzato come ripieno per i ravioli dolci. I caragnoli sono frittelle di pasta dolce che vengono servite con il miele; i caggiuniti, invece, sono delle ciambelle farcite con un composto di castagne lesse e cioccolato. In occasione delle feste di Natale si prepara la copeta, un torrone artigianale di miele e mandorle, ma anche la cicerchiata, piccole palline fritte a base di farina, uova, liquore, scorza di limone, mischiate a mandorle e miele, che prende il nome appunto dalla forma del legume noto come cicerchia. Due dolci hanno di recente fatto ingresso nella pasticceria locale: il pandolce del Molise, un impasto con mandorle e nocciole ricoperto di cioccolato, e la campana di cioccolata, una specie di panettone, anch’esso ricoperto con abbondante cioccolato. Agnone vanta come primato dolciario i confetti ricci, mandorle dolci confettate. Dolce tipico pasquale è il fiadone o risciatun, composto da due sfoglie circolari sovrapposte e farcite in vario modo: nel basso Molise, viene realizzato a base di ricotta, zucchero e buccia di limone.

CAMPANIA

Le ricette dei Maestri • Babà al rhum • Pastiera napoletana • Zeppole napoletane

Simbolo della gastronomia campana è senza dubbio la pizza margherita: pasta di pane cotta nel forno a legna e condita con pomodoro, mozzarella e foglie di basilico fresco. L’accostamento cromatico è un omaggio al tricolore italiano, mentre il nome fu scelto in onore della Regina Margherita di Savoia, ospite a Napoli. La pasticceria campana è estremamente ricca. Il re dei dolci napoletani è il famoso babà, dolce di pasta soffice che appena sfornato viene imbevuto di rhum. Altrettanto celebre è la sfogliatella; ne esistono di due tipi: la riccia, preparata con pasta sfoglia, e la frolla, che è invece rivestita di pasta frolla. Entrambe prevedono un ripieno di crema a base di ricotta, vaniglia e frutta candita. La maggior parte dei dolci campani è legata all’abilità delle monache dei conventi di saper rivedere e inventare sfiziose ricette. A loro si deve infatti la sfogliatella appena citata, ma anche la ricetta della pastiera napoletana. La pastiera, che si prepara in occasione della Pasqua, ha una farcitura a base di ricotta, uova e grano cotto, a cui si


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LA TRADIZIONE ITALIANA

aggiungono frutta candita e acqua di fiori d’arancio. Questa saporita crema viene prima “adagiata” in una teglia rivestita di pasta frolla e poi decorata con la pasta frolla avanzata tagliata a striscioline. Tipici delle feste natalizie sono gli struffoli, piccole palline di pasta fritte e poi ricoperte di miele e confettini colorati (che a Napoli si chiamano “diavulilli”). Le cosiddette zeppole di San Giuseppe sono ciambelline preparate con una base di farina, acqua, burro e uova; una volta fritte, le zeppole vengono poi farcite con crema pasticcera. Le paste di mandorle sono dolcetti che si servono la vigilia di Natale, preparati con pasta di mandorla a cui vengono dati le forme e i colori più svariati. Le delizie al limone consistono in una cupola di pan di Spagna farcita di crema al limone, bagnate con uno sciroppo a base di limoncello, e ricoperte di crema, sempre a base di limoncello.

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PUGLIA Il ricco patrimonio di materie prime offerto dal territorio pugliese è testimoniato da una tradizione gastronomica alquanto variegata: i piatti tipici pugliesi variano da provincia a provincia e talvolta da città a città in funzione del territorio, così le ricette di Bari, Brindisi e Taranto, affacciate sul mare, sono diverse da quelle di Foggia o di Lecce, situate nell’interno. Il protagonista dell’agricoltura pugliese è il grano, che fornisce due elementi importanti: il pane e la pasta. Il pane più famoso è quello di Altamura, in pagnotte che talvolta superano i due chilogrammi di peso, ma è doveroso citare anche il Pane tradizionale dell’Alta Murgia e il pane di Laterza, tipico del territorio ionico. Gli altri prodotti da forno della Puglia sono i taralli, aromatizzati con semi di finocchio, olive o peperoncino, e le friselle, pane biscottato a forma di ciambella che si consuma bagnato d’acqua e condito con olio e pomodoro a pezzetti. Un’altra specialità pugliese sono i panzerotti, un impasto di farina, olio, vino, acqua e sale, cui viene data la forma di mezzaluna, farciti con mozzarella e pomodoro e fritti in abbondante olio d’oliva. La Puglia vanta una notevole tradizione dolciaria. Le carteddatte, dolci che si preparano in occasione delle festività natalizie, sono rosette di pasta fatte con farina, olio e vino bianco, tagliate a strisce, piegate e arrotolate a chiocciola e, infine, cotte al forno o fritte in padella: nel primo caso vengono ricoperte con vino cotto e cosparse di cannella, nel secondo caso vengono invece immerse nel miele e cosparse di zucchero e cannella. A Pasqua si prepara la scarcedda, un dolce a forma di colomba o di ciambella fatto con un impasto di farina, zucchero e uova e ricoperto di glassa. La superficie può essere decorata con piccoli confetti colorati. Tra gli altri dolci ricordiamo le intorchiate, trecce di pasta dolce ricoperte di mandorle tostate e tritate, tuorli d’uovo e zucchero, e il sanguinaccio, sangue di maiale impastato con zucchero, cioccolata, cannella, chiodi di garofano, canditi, pinoli, vaniglia, racchiuso in un budello e cotto in acqua salata. Caratteristico, infine, è il grano cotto, un dolce di origine araba preparato per Ognissanti con grano tenero e mescolato a mandorle, cioccolata, cedro candito, noci, acini di melagrana, cannella, vino cotto, il tutto passato in forno.


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BASILICATA Benché risenta dell’influsso delle regioni vicine − Campania, Puglia e Calabria − assai più grandi e popolate, la cucina lucana ha caratteristiche proprie, legate ai prodotti del territorio, e ha dato all’Italia due specialità diventate oggi universali: le salsicce e le tagliatelle. I dolci si basano sui prodotti locali. Sono diffusi i taralli, da consumare inzuppati nel vino, ma soprattutto troviamo una grande varietà di panzarotti ripieni con crema di ceci, cioccolato e cannella oppure con miele, mele e mandorle, entrambi fritti in olio bollente. La torta di formaggio è un misto tra dolce e salato che prevede l’utilizzo di formaggio fresco, ricotta, prosciutto, mozzarelline, zucchero e uova. La cicirata consiste in palline di pasta prima fritte in olio d’oliva e poi unite con miele, mandorle tritate, canditi e cioccolato fuso per formare una ciambella. Il falagone, invece, è a forma di saccottino allungato: all’esterno è giallo-bruno, mentre l’interno è candido di ricotta ovi-caprina con macchioline verdi per la presenza di menta. Il dolce pasquale per eccellenza è la scarcedda, pasta frolla farcita con ricotta zuccherata e un uovo sodo nascosto nell’impasto. Anche il maiale viene usato per preparazioni dolci: il sanguinaccio è una crema a base di sangue, zucchero, sugna, cioccolato fondente, cacao e caffè, aromatizzata con chiodi di garofano e cannella e arricchita con uva passa e pinoli; la gelatina dolce di maiale, invece, è preparata a partire dalle parti di scarto dell’animale (piedi, orecchie, coda, ossa), cotte in acqua per ottenere una gelatina che viene poi addolcita e aromatizzata con vino cotto, sciroppo d’arancia, cacao, alloro, mandorle e zucchero.

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CALABRIA Vario nella conformazione orografica, il territorio calabrese è piuttosto omogeneo nella gastronomia. I dolci seguono in gran parte le scadenze delle festività: • per Natale si preparano i chinulilli, ravioli farciti (chinu vuol dire appunto “pieno”) con mosto cotto, noci, uva sultanina, mandorle e poi fritti; • per Carnevale le zeppole; • per Pasqua è tradizionale la cuzzupa, pasta di farina, olio, uova e zucchero modellata a forma di piccoli canestri, cuori, trecce o chiocciole, decorata con uova sode e infine cotta al forno. Sopravvive in tutta la regione la tradizione dei mostaccioli, biscotti durissimi a base di farina, miele e vino bianco. La Calabria ha anche un suo torrone tradizionale con miele, zucchero, mandorle e cioccolato, talvolta arricchito con marmellata di fichi. Questi frutti sono alla base di altri dolci: • i palloni, fichi seccati al sole, bolliti insieme a scorze di cedro e noci tritate e infine avvolti in foglie di arancio; • le crocette, fichi spaccati in quattro, sovrapposti e farciti con mandorle, noci e scorza di cedro. Un dolce particolarmente ricco è la pitta pia o di San Martino: tipica dell’Aspromonte, ha tra gli ingredienti pasta di pane, uovo, strutto, zucchero, cioccolato, fichi, noci, uva passa e mosto.

SICILIA La cucina siciliana è estremamente varia, non soltanto per la ricchezza dei prodotti regionali, ma anche per i molti popoli, Fenici, Greci, Arabi, Normanni, Francesi, Spagnoli... che si sono avvicendati sul suo territorio. La pasticceria siciliana, in gran parte di origine araba, è la più ricca dell’Italia meridionale. Famosissimi sono i torroncini, a base di miele, mandorle e pistacchi; altrettanto buona, benché meno nota, la cubbaita, una specie di torrone con semi di sesamo. Veri simboli della pasticceria regionale sono i cannoli e la cassata, che richiedono entrambi, come ingrediente principale, la ricotta di pecora: • i cannoli sono cilindri di pasta croccante farciti di ricotta di pecora zuccherata e amalgamata con semi di pistacchio tritati e frutta candita; • la cassata, inventata dagli Arabi ma modificata dagli Spagnoli con l’aggiunta fondamentale del pan di Spagna, si prepara a partire da uno stampo a forma di scodella fonda (qasa’t in arabo) foderato con pan di Spagna, che viene poi farcito di ricotta zuccherata e aromatizzata con cannella o cioccolato o pistacchio e, infine, ricoperto da glassa di zucchero decorata con frutti canditi o di pasta di mandorle.


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La pasta di mandorle è alla base di un altro dolce celebre: modellata in frutti colorati con colori vegetali, diventa la frutta martorana, il cui nome deriva dal convento palermitano della Martorana, dove le monache creavano con la pasta di mandorle frutti identici a quelli freschi. La Sicilia rivendica la paternità di un altro dolce diffuso oggi in tutto il mondo: il gelato, o meglio il sorbetto, che sarebbe stato creato dagli Arabi utilizzando la neve dell’Etna. In Sicilia ci sono quello al melone rosso con profumo di gelsomino, quello di scorzonera e cannella, oltre naturalmente a quelli che tutti noi conosciamo. Parenti stretti dei sorbetti sono le granite: di caffè, di limone, ma anche di mandorla, di gelso nero, di mandarino, di pesca aromatizzata al basilico ecc. Un altro dolce antico è la pignolata, palline di pasta all’uovo cotte al forno e immerse in glassa di albume e limone. Infine, due specialità locali: il gelo di meloni, tipico di Palermo, che consiste in polpa di anguria mescolata a zucchero, amido di mais e acqua di gelsomino, e il cuscus dolce di Agrigento (nel convento di Santo Spirito lo preparano fin dal 1300), in cui alla semola di grano si uniscono mandorle tritate, cioccolato, zucchero e crema al pistacchio.

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SARDEGNA Nel corso dei secoli, la Sardegna è passata sotto il controllo romano, bizantino, pisano, genovese, arabo e spagnolo e tutte queste popolazioni hanno lasciato un segno evidente nella cultura gastronomica dell’isola. Sono diverse le specialità di pane sardo, ma il più rinomato è il pane carasau, tipico del nuorese e costituito da sottilissimi dischi di pasta simile a quella del pane, preparata con semola, farina, acqua e lievito e passata due volte in forno per ottenere un risultato croccante (“carasare” significa, infatti, “biscottare”). Questo tipo di pane, che si conserva anche per parecchi mesi ed è diffuso anche nella variante “guttiau” (ottenuta ungendo la superficie con olio extravergine d’oliva, tostando il prodotto alla brace o su una graticola per pochi secondi e quindi cospargendolo con sale quando è ancora caldo) era l’ideale per i pastori che vivevano lontani dalle famiglie anche per lunghi periodi di tempo e lo consumavano nel brodo o con verdure di campo cotte. Tipico di Cagliari è invece il pistoccu, che a metà cottura viene svuotato della mollica interna e fatto biscottare, caratteristico del capoluogo regionale è anche il civriaxu. Vanno poi menzionati numerosi pani decorati, spesso preparati in concomitanza con occasioni particolari. Nei dolci sardi sono spesso presenti miele e mandorle e in molti si trovano anche mosto cotto, ricotta, frutta e formaggio. Tra i prodotti “rituali” (cioè preparati in occasione di momenti particolarmente significativi, specialmente in concomitanza con feste religiose) vanno menzionati: i biscotti glassati detti pabassinas (a base di uva secca, farina di grano tenero, mandorle abbrustolite, noci e lievito), gli angulis (ciambelle decorate in superficie con uova intere dipinte a vari colori, preparate a Carloforte per Pasqua) e le cuppuleddas (cestelli di pasta dolce ripieni di mandorle tritate e chiusi da una glassa di zucchero preparate per la festa di Ognissanti a Nuoro). Tra i dolci sardi si trovano vari tipi di torrone come l’aranzada, specialità di Nuoro, fatto con buccia d’arancia tagliata a strisce sottili cotte nel miele e mescolate a mandorle sminuzzate, e il rinomato torrone di Tonara. Numerosi sono i dolci ripieni, tra cui spiccano le sebadas della Barbagia (dette “seadas” in Gallura), di forma circolare, preparate con semola e strutto, farcite di casizolu o pecorino lievemente inacidito (sciolto, aromatizzato con buccia di limone o di arancia grattugiata e lasciato rapprendere), fritte nell’olio e cosparse di miele o zucchero. A forma di chiocciola sono le cuccioleddas, preparate con un sottile involucro di semola impastata con il burro e ripieno di noci, buccia d’arancia candita, mandorle tostate e tritate, cacao e miele. Vale poi la pena di ricordare i gueffus (modellati a forma sferica o di cestino, ricoperti da una sottile sfoglia e da un fine strato di glassa reale e ripieni di pan di Spagna), i sospirus di Ozieri (piccole sfere preparate con mandorle tritate, zucchero, miele e limone e glassate in superficie), i candelaus (ricavati ricoprendo con un sottilissimo velo di pasta di mandorle un morbido impasto di mandorle fresche, zucchero e acqua di fiori d’arancio e avvolti in carte colorate e sfrangiate) e gli amarettos de mendula (biscotti modellati in forme tonde od ovali e preparati con mandorle dolci e amare, zucchero, albume d’uovo e scorza di limone).


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Le paste frolle Pasta frolla con zucchero a velo e tuorli, con il 60% di burro Ingredienti • • • • • •

Farina 500 g Burro 600 g Zucchero a velo 200 g Tuorlo 80 g Sale 2 g Vaniglia, buccia di limone

Preparazion

e

• Pesare il burro e tagliarlo a cubetti di

circa 2 cm per lato; riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. • Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale e agli aromi, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. • Pesare il tuorlo e unirlo al composto già ottenuto, badando che sia assorbito del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. • In ultimo, pesare la farina, aggiungerla al composto in

un’unica volta e far amalgamare delicatamente. • Appena l’impasto inizia a prendere forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. • Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. • Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.


Il mio ricettario

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Pasta frolla con zucchero a velo e uova, con il 60% di burro Ingredienti • • • • • •

Farina 500 g Burro 300 g Zucchero a velo 200 g Uova 32,5 g Sale 1 g Vaniglia, buccia di limone

Preparazion

e

• Pesare il burro e tagliarlo a cubetti

di circa 2 cm per lato; riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. • Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale e agli aromi, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. • Pesare le uova e unirle al composto già ottenuto, badando che siano assorbite del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. • In ultimo, pesare la farina, aggiungerla al composto in un’unica volta e far amalgamare delicatamente.

• Appena l’impasto inizia a prendere

forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. • Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. • Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. • Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.

Pasta frolla con zucchero semolato e uova, con il 60% di burro Ingredienti • • • • • •

Farina 500 g Burro 300 g Zucchero semolato 200 g Uova 53 g Sale 1 g Vaniglia, buccia di limone

e Preparazion • Pesare il burro e tagliarlo a cubetti

di circa 2 cm per lato; riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. • Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale e agli aromi, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. • Pesare le uova e unirle al composto già ottenuto, badando che siano assorbite del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. • In ultimo, pesare la farina, aggiungerla al composto in un’unica volta e far amalgamare delicatamente.

• Appena l’impasto inizia a prendere

forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. • Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. • Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. • Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.


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Il mio ricettario

Pasta frolla con zucchero a velo e albume, con il 60% di burro Ingredienti • • • •

Ingredienti

Farina 500 g Burro 300 g Zucchero a velo 200 g Albume 26 g

Preparazion

Pasta frolla con zucchero e albume, con il 60% di burro

• Sale 1 g • Vaniglia, buccia

di limone

e

• Farina 500 g • Burro 300 g • Zucchero semolato 200 g

Preparazion

• Albume 33,5 g • Sale 1 g • Vaniglia, buccia

di limone

e

• Pesare il burro e tagliarlo a cubetti di circa 2 cm per

• Pesare il burro e tagliarlo a cubetti di circa 2 cm per

• •

• •

lato, riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale e agli aromi, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. Pesare l’albume e unirlo al composto già ottenuto, badando che sia assorbito del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. In ultimo, pesare la farina, aggiungerla al composto in un’unica volta e far amalgamare delicatamente. Appena l’impasto inizia a prendere forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.

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lato, riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale e agli aromi, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. Pesare l’albume e unirlo al composto già ottenuto, badando che sia assorbito del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. In ultimo, pesare la farina, aggiungerla al composto in un’unica volta e far amalgamare delicatamente. Appena l’impasto inizia a prendere forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.


459

Il mio ricettario Pasta frolla con zucchero a velo e acqua, con il 60% di burro Ingredienti • • • •

Ingredienti

Farina 500 g Burro 300 g Zucchero a velo 200 g Acqua 27,6 g

Preparazion

Pasta frolla con zucchero semolato e acqua, con il 60% di burro

• Sale 1 g • Vaniglia, buccia

di limone

e

• Farina 500 g • Burro 300 g • Zucchero semolato 200 g

Preparazion

• Acqua 31,5 g • Sale 1 g • Vaniglia, buccia

di limone

e

• Pesare il burro e tagliarlo a cubetti di circa 2 cm per

• Pesare il burro e tagliarlo a cubetti di circa 2 cm per

• •

• •

lato, riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale e agli aromi, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. Pesare l’acqua, che deve essere alla temperatura di circa 14 °C, e unirla al composto già ottenuto, badando che sia assorbita del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. In ultimo, pesare la farina, aggiungerla al composto in un’unica volta e far amalgamare delicatamente. Appena l’impasto inizia a prendere forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.

• •

• •

lato, riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. Pesare l’acqua, che deve essere alla temperatura di circa 14 °C, e unirla al composto già ottenuto, badando che sia assorbita del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. In ultimo, pesare la farina, aggiungerla al composto in un’unica volta e far amalgamare delicatamente. Appena l’impasto inizia a prendere forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.


460

Il mio ricettario

Pasta frolla con zucchero a velo e latte, con il 60% di burro Ingredienti

Ingredienti

• Farina 500 g • Burro 300 g • Zucchero a velo 200 g

Preparazion

Pasta frolla con zucchero semolato e latte, con il 60% di burro

• Sale 1 g • Latte 35,5 g

e

• Farina 500 g • Burro 300 g • Zucchero semolato 200 g

Preparazion

• Sale 1 g • Latte 40 g

e

• Pesare il burro e tagliarlo a cubetti di circa 2 cm per

• Pesare il burro e tagliarlo a cubetti di circa 2 cm per

• •

lato, riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. Pesare il latte, che deve essere alla temperatura di circa 14 °C, e unirlo al composto già ottenuto, badando che sia assorbito del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. In ultimo, pesare la farina, aggiungerla al composto in un’unica volta e far amalgamare delicatamente. Appena l’impasto inizia a prendere forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.

• •

lato, riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. Pesare il latte, che deve essere alla temperatura di circa 14 °C, e unirlo al composto già ottenuto, badando che sia assorbito del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. In ultimo, pesare la farina, aggiungerla al composto in un’unica volta e far amalgamare delicatamente. Appena l’impasto inizia a prendere forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.


461

Il mio ricettario Pasta frolla con zucchero a velo e panna, con il 60% di burro Ingredienti

Ingredienti

• Farina 500 g • Burro 300 g • Zucchero a velo 200 g

Preparazion

Pasta frolla con zucchero e panna, con il 60% di burro

• Sale 1 g • Panna 42 g

e

• Farina 500 g • Burro 300 g • Zucchero semolato 200 g

Preparazion

• Sale 1 g • Panna 58 g

e

• Pesare il burro e tagliarlo a cubetti di circa 2 cm per

• Pesare il burro e tagliarlo a cubetti di circa 2 cm per

• •

lato, riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. Pesare la panna, che deve essere alla temperatura di circa 14 °C, e unirla al composto già ottenuto, badando che sia assorbita del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. In ultimo, pesare la farina, aggiungerla al composto in un’unica volta e far amalgamare delicatamente. Appena l’impasto inizia a prendere forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.

• •

lato, riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. Pesare la panna, che deve essere alla temperatura di circa 14 °C, e unirla al composto già ottenuto, badando che sia assorbita del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. In ultimo, pesare la farina, aggiungerla al composto in un’unica volta e far amalgamare delicatamente. Appena l’impasto inizia a prendere forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e uti


462

Il mio ricettario

Pasta frolla con zucchero a velo, farina di mandorle e tuorlo, con il 60% di burro

Pasta frolla con zucchero a velo e cacao, con il burro al 60%

Ingredienti

Ingredienti

• Farina 500 g • Farina di mandorle 150 g • Burro 300 g • Sale 1 g • Zucchero a velo 200 g • Tuorlo 95 g

• Farina 450 g • Burro 300 g • Cacao 50 g

Preparazion

e

Preparazion

• Zucchero a velo 200 g • Sale 1 g • Uova 65 g

e

• Pesare il burro e tagliarlo a cubetti di circa 2 cm per

• Pesare il burro e tagliarlo a cubetti di circa 2 cm per

• •

lato, riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. Pesare il tuorlo, che deve essere alla temperatura di circa 14 °C, e unirlo al composto già ottenuto, badando che sia assorbito del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. In ultimo, pesare le farine, aggiungerle al composto in un’unica volta e far amalgamare delicatamente. Appena l’impasto inizia a prendere forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.

• •

• •

lato, riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. Pesare le uova, che devono essere alla temperatura di circa 14 °C, e unirle al composto già ottenuto, badando che siano assorbite del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. In ultimo, pesare la farina e il cacao, amalgamandoli perfettamente, aggiungerli al composto in un’unica volta e far incorporare delicatamente. Appena l’impasto inizia a prendere forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.


Il mio ricettario Pasta frolla con zucchero a velo, tuorlo, amido di mais al 20% e burro al 60% Ingredienti

Pasta frolla con zucchero a velo, tuorlo, fecola di patate al 20% e burro al 60% Ingredienti

• Farina 400 g • Amido di mais 100 g • Burro 300 g

Preparazion

463

• Zucchero a velo 200 g • Sale 1 g • Tuorlo 80 g

e

• Farina 400 g • Zucchero a velo 200 g • Fecola di patate 100 g • Sale 1 g • Burro 300 g • Tuorlo 64 g

Preparazion

e

• Pesare il burro e tagliarlo a cubetti di circa 2 cm per

• Pesare il burro e tagliarlo a cubetti di circa 2 cm per

• •

lato, riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. Pesare il tuorlo, che deve essere alla temperatura di circa 14 °C, e unirlo al composto già ottenuto, badando che sia assorbito del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. In ultimo, pesare la farina e l’amido di mais, amalgamandoli perfettamente, aggiungerli al composto in un’unica volta e far incorporare delicatamente. Appena l’impasto inizia a prendere forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.

• •

lato, riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. Pesare il tuorlo, che deve essere alla temperatura di circa 14 °C, e unirlo al composto già ottenuto, badando che sia assorbito del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. In ultimo, pesare la farina e la fecola di patate, amalgamandole perfettamente, aggiungerle al composto in un’unica volta e far incorporare delicatamente. Appena l’impasto inizia a prendere forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.


464

Il mio ricettario

Pasta frolla con zucchero a velo, amido di riso al 20% e burro al 60% Ingredienti

Ingredienti

• Farina 400 g • Amido di riso 100 g • Burro 300 g

Preparazion

Pasta frolla con zucchero a velo, bicarbonato di ammonio 6 g/kg e 50% di burro

• Zucchero a velo 200 g • Sale 1 g • Tuorlo 80 g

e

• Farina 500 g • Burro 250 g • Zucchero a velo

200 g

Preparazion

• Tuorlo 95 g • Sale 1 g • Bicarbonato di ammonio 3g

e

• Pesare il burro e tagliarlo a cubetti di circa 2 cm per

• Pesare il burro e tagliarlo a cubetti di circa 2 cm per

• •

lato, riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. Pesare il tuorlo, che deve essere alla temperatura di circa 14 °C, e unirlo al composto già ottenuto, badando che sia assorbito del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. In ultimo, pesare la farina e l’amido di riso, amalgamandoli perfettamente, aggiungerli al composto in un’unica volta e far incorporare delicatamente. Appena l’impasto inizia a prendere forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.

• •

lato, riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. Pesare il tuorlo, che deve essere alla temperatura di circa 14 °C, e unirlo al composto già ottenuto, badando che sia assorbito del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. In ultimo, pesare la farina e il bicarbonato di ammonio, amalgamandoli perfettamente, aggiungerli al composto in un’unica volta e far incorporare delicatamente. Appena l’impasto inizia a prendere forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.


465

Il mio ricettario Pasta frolla con zucchero a velo, baking 16 g/kg e 50% di burro Ingredienti • Farina 500 g • Burro 250 g • Zucchero a velo

200 g

• Baking 8 g • Sale 1 g • Tuorlo 95 g

Pasta frolla montata, con tuorli e il 70% di burro Ingredienti • Farina 500 g • Burro 350 g

Preparazion

• Zucchero a velo 200 g • Tuorlo 105 g

• Vaniglia, buccia

di limone

e

• Pesare il burro e introdurlo, insieme allo zucchero, nella bowl di una

Preparazion

e

• Pesare il burro e tagliarlo a cubetti

• •

di circa 2 cm per lato, riporlo nella bowl di una planetaria e, con l’aiuto di una foglia, ammorbidirlo facendolo lavorare per brevissimo tempo. Pesare a parte lo zucchero e aggiungerlo al burro insieme al sale, amalgamando bene il composto ma facendo attenzione a non lavorarlo troppo; la temperatura di lavorazione ideale è intorno ai 14 °C. Pesare il tuorlo, che deve essere alla temperatura di circa 14 °C, e unirlo al composto già ottenuto, badando che sia assorbito del tutto, in modo tale che, una volta aggiunta la farina, essa non si combini a liquidi liberi, dando così origine a glutine. In ultimo, pesare la farina e il baking, amalgamandoli perfettamente, aggiungerli al composto in un’unica volta e far incorporare delicatamente. Appena l’impasto inizia a prendere forma, spegnere la macchina e, con l’aiuto di un tarocco di plastica, estrarlo dalla bowl. Continuare poi a impastare delicatamente con le mani, fino a formare un cilindro. Appiattire quindi l’impasto, così da ottenere un rettangolo, che sarà messo a riposare in frigorifero. Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.

planetaria, cercando poi di ammorbidirlo con l’aiuto di una foglia.

• Aggiungere gli aromi, sostituire la foglia con la frusta e montare

il burro finché non risulta bianco e molto spumoso.

a quando non è ben legato.

• A questo punto inserire il tuorlo a filo e continuare a montare fino • Pesare a parte la farina e aggiungerla tutta in una volta al composto,

amalgamando velocemente con la foglia, in modo tale da non scorporare l’aria inglobata nel burro. • Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.

Pasta frolla montata, con uova, zucchero a velo e il 70% di burro Ingredienti • Farina 500 g • Burro 350 g

Preparazion

• Zucchero a velo 200 g • Uova 752,5 g

• Vaniglia, buccia

di limone

e

• Pesare il burro e introdurlo, insieme allo zucchero, nella bowl di una planetaria, cercando poi di ammorbidirlo con l’aiuto di una foglia.

• Aggiungere gli aromi, sostituire la foglia con la frusta e montare il burro finché non risulta bianco e molto spumoso.

• A questo punto, inserire le uova a filo e continuare a montare fino a quando il tuorlo non è ben legato.

• Pesare a parte la farina e aggiungerla tutta in una volta al composto,

amalgamando velocemente con la foglia, in modo tale da non scorporare l’aria inglobata nel burro. • Dopo che la frolla ha riposato in frigorifero deve essere spezzettata e rimpastata per brevissimo tempo prima dell’utilizzo. A questo punto, quando l’impasto sarà della giusta consistenza, portare la frolla dello spessore voluto e utilizzarla nelle specifiche preparazioni.


466

Il mio ricettario

Le paste sfoglie

Pasta sfoglia classica con panetto plastificato Ingredienti Pastello • Farina sfoglia 1000 g • Acqua 500 g • Sale 10 g • Zucchero 10 g Panetto • Burro 1000 g • Farina debole 300 g Questo metodo per la preparazione della pasta sfoglia prevede di far plastificare il burro con la farina, in modo tale che, quando verrà inserito nel pastello, risulti più lavorabile. Se si utilizza il burro in placche, in panetti stesi, fornito dai produttori ai professionisti, non è necessario aggiungervi la farina.

Preparazion

e

Procedimento per il pastello • Pesare la farina e inserirla in una planetaria con il gancio. • Pesare l’acqua, lo zucchero e il sale in una bowl, unirli alla farina e far impastare finché il composto non risulta ben liscio. • Stendere poi l’impasto con la sfogliatrice o il matterello, fino a dargli una forma rettangolare; riporlo in una teglia e coprirlo con un sacchetto alimentare, in modo tale che non si ossidi e non formi croste. • Riporre il preparato in frigorifero per almeno 30 minuti, così che il glutine formatosi abbia il tempo di riposare. Procedimento per il panetto • Pesare il burro, portarlo alla temperatura di 14 °C nel microonde e inserirlo in una planetaria, aiutandosi con la foglia. • Aggiungere la farina pesata a parte e amalgamare il tutto, fino a formare un composto omogeneo. • Con l’aiuto di un tarocco di plastica, riporre il panetto su un foglio di carta da forno e dargli la forma in base alla chiusura che si provvederà a formare con il pastello.

• Lasciare riposare il burro in

frigorifero per circa 40 minuti, finché non assume una consistenza plastica.

Procedimento finale sfoglia • Stendere e appiattire il pastello. • Togliere il burro dal frigorifero e riporlo sul pastello, poi formare la chiusura desiderata. • Stendere l’impasto dello spessore voluto ed eseguire la prima piega. • L’impasto deve poi essere collocato su una teglia, ricoperto con un sacchetto di nylon per alimenti, affinché non si ossidi, e riposto in frigorifero per almeno 20 minuti, in modo tale che possa riposare e che il burro ritorni alla consistenza adeguata per essere lavorato in seguito. • Riprendere quindi l’impasto, stenderlo dello spessore voluto e ripetere le pieghe. • Ogni volta che si procede con una piega, l’impasto deve poi essere messo a riposare in frigorifero su una teglia, coperto. Quando si saranno eseguite tutte le pieghe, si assottiglierà la sfoglia dello spessore voluto e si procederà con la cottura.


Il mio ricettario

467

Pasta sfoglia con panetto in placche per sfogliati Ingredienti

• Pesare il burro e portarlo alla

Pastello • Farina sfoglia 1200 g • Malto 10 g • Sale 20 g • Acqua 550 g • Vino bianco 100 g • Burro 150 g Panetto • Burro in placche per sfogliati 1000 g

Preparazion

e

Procedimento • Pesare la farina e il malto in una bowl e poi versarli in una planetaria provvista di gancio. • A parte, pesare l’acqua, il vino bianco e il sale, aggiungere il tutto alla farina e far impastare leggermente.

temperatura di 14 °C, unirlo a fiocchetti alla farina e impastare finché il composto non risulti ben liscio. • Stendere quindi l’impasto con la sfogliatrice o il matterello fino a dargli una forma rettangolare, riporlo in una teglia e coprirlo con un sacchetto alimentare, in modo tale che non si ossidi e non formi croste. • Riporre il preparato in frigorifero per almeno 30 minuti, così che il glutine formatosi abbia il tempo di riposare. Procedimento finale sfoglia • Stendere e appiattire il pastello. • Prelevare il burro dal frigorifero e riporlo sul pastello, per poi formare la chiusura desiderata. Stendere l’impasto dello spessore voluto ed eseguire la prima piega. • L’impasto deve essere poi collocato su una teglia, ricoperto con un

sacchetto di nylon per alimenti, affinché non si ossidi, e riposto in frigorifero per almeno 20 min, in modo tale che possa riposare e che il burro ritorni alla consistenza adeguata per essere lavorato successivamente. • Riprendere quindi l’impasto, stenderlo dello spessore voluto e ripetere le pieghe. • Ogni volta che si procede con una piega, l’impasto deve poi essere riposto a riposare in frigorifero su una teglia, coperto. Quando si saranno eseguite tutte le pieghe, si assottiglierà la sfoglia dello spessore voluto e si procederà con la cottura. • Questa ricetta prevede l’aggiunta di malto che, essendo ricco di zuccheri, donerà più colore al prodotto finito; inoltre, il vino bianco, conferirà più profumo alla sfoglia e, a causa della sua acidità, una maggior piacevolezza durante la degustazione.

Pasta sfoglia ricca di grasso Ingredienti Pastello • Farina sfoglia W230 1400 g • Farina forte W340 700 g • Burro 150 g • Acqua 700 g • Sale 60 g • Uova 300 g • Panna 500 g

Panetto • Burro 2750 g • Farina debole W140 900 g

Preparazion

e

Procedimento per il pastello • Pesare le due farine miscelate e versarle in una planetaria munita di gancio. • Pesare a parte l’acqua, il sale, le uova e la panna miscelati, aggiungerli alla farina e impastare per breve tempo. • Pesare il burro in una bowl, portarlo alla temperatura di 14 °C nel microonde e aggiungerlo a piccoli

fiocchi al composto già ottenuto; impastare fino a quando il tutto non risulta ben liscio. • Stendere poi l’impasto con la sfogliatrice o il matterello, fino a dargli una forma rettangolare, riporlo in una teglia e coprirlo con un sacchetto alimentare, in modo tale che non si ossidi e non formi croste. • Riporre il preparato in frigorifero per almeno 30 minuti, così che il glutine formatosi abbia il tempo di riposare. Procedimento per il panetto • Pesare il burro in una bowl e portarlo alla temperatura di circa 14 °C nel microonde, poi versarlo in una planetaria munita di foglia. • A parte, pesare la farina debole, aggiungerla al burro e fare amalgamare il tutto perfettamente. • Con l’aiuto di un tarocco di plastica, riporre il panetto su un foglio di carta da forno e dargli la forma in base alla chiusura che si andrà a formare con il pastello. • Lasciare riposare il burro in frigorifero

per circa 40 minuti, finché non assume una consistenza plastica. Procedimento finale sfoglia • Stendere e appiattire il pastello. • Prelevare il burro dal frigorifero e riporlo sul pastello, formando poi la chiusura desiderata. • Stendere l’impasto dello spessore voluto ed eseguire la prima piega. • L’impasto deve essere collocato su una teglia, ricoperto con un sacchetto di nylon per alimenti affinché non si ossidi, e riposto in frigorifero per almeno 20 minuti, in modo tale che possa riposare e che il burro ritorni alla consistenza adeguata per essere lavorato in seguito. • Riprendere quindi l’impasto, stenderlo dello spessore voluto e ripetere le pieghe. • Ogni volta che si procede con una piega, l’impasto deve essere riposto coperto su una teglia a riposare in frigorifero. Quando si sono eseguite tutte le pieghe, si assottiglia la sfoglia dello spessore voluto e si procede con la cottura.


468

Il Pan di Spagna Pan di Spagna classico Ingredienti • • • • •

Uova 1500 g Zucchero 1000 g Farina 1000 g Vaniglia ½ baccello Buccia di limone grattugiata ½ limone

Preparazion

e

• Pesare nello stesso contenitore le uova

e lo zucchero per poi miscelarli velocemente, in modo tale che non si plastifichino, e introdurli in un pentolino. Aggiungere al composto la vaniglia e la buccia del limone grattugiata, riscaldando il tutto sul fuoco fino a 45 °C, mescolando con una frusta. Riportare il preparato nella bowl di una planetaria munita di frusta e montare per circa 15 – 20 minuti, finché il composto non risulta ben fermo. A questo punto, fermare la macchina e, nella stessa bowl dove si sono montate le uova, aggiungere la farina a pioggia, poco per volta, sulle uova; di seguito, con l’aiuto di una spatola di plastica, amalgamare il tutto eseguendo un movimento rotatorio che va dal centro verso l’esterno, continuando a versare le farine. Tale movimento deve essere compiuto velocemente, per non scorporare l’aria introdotta durante la montata delle uova. Aiutandosi quindi con una spatola, versare poco alla volta il composto finito in una tortiera precedentemente imburrata e infarinata, per poi cuocere circa 20 minuti in forno ventilato oppure in quello statico per 35 minuti, a 180 °C e con valvola aperta. A fine cottura, estrarre il pan di Spagna dalla tortiera e disporlo su una griglia, in modo tale che raffreddi il più velocemente possibile.

Il mio ricettario


Il mio ricettario Pan di Spagna con fecola o amido Ingredienti • • • •

Pan di Spagna con burro fuso Ingredienti

Uova 1500 g Zucchero 1000 g Farina 700 g Fecola/amido 300 g

Preparazion

469

• Vaniglia ½ baccello • Buccia di limone

grattugiata ½ limone

e

• • • •

Uova 1200 g Zucchero 1000 g Farina 1000 g Burro fuso 200 g

Preparazion

• Vaniglia ½ baccello • Buccia di limone

grattugiata ½ limone

e

• Pesare nello stesso contenitore le uova e lo zucchero

• Pesare nello stesso contenitore le uova e lo zucchero

• •

per poi miscelarli velocemente, in modo tale che non si plastifichino, e introdurli in un pentolino. Aggiungere al composto la vaniglia e la buccia del limone grattugiata, riscaldando il tutto sul fuoco fino a 45 °C, mescolando con una frusta. Riportare il preparato nella bowl di una planetaria munita di frusta e montare per circa 15 – 20 minuti, finché il composto non risulta ben fermo. A questo punto, fermare la macchina e, nella stessa bowl dove si sono montate le uova, aggiungere la farina a pioggia, poco per volta, sulle uova; di seguito, con l’aiuto di una spatola di plastica, amalgamare il tutto eseguendo un movimento rotatorio che va dal centro verso l’esterno, continuando a versare le farine. Tale movimento deve essere compiuto velocemente, per non scorporare l’aria introdotta durante la montata delle uova. Aiutandosi quindi con una spatola, versare poco alla volta il composto finito in una tortiera precedentemente imburrata e infarinata, per poi cuocere circa 20 minuti in forno ventilato oppure in quello statico per 35 minuti, a 180 °C e con valvola aperta. A fine cottura, estrarre il pan di Spagna dalla tortiera e disporlo su una griglia, in modo tale che si raffreddi il più velocemente possibile.

• •

per poi miscelarli velocemente, in modo tale che non si plastifichino, e introdurli in un pentolino. Aggiungere al composto la vaniglia e la buccia del limone grattugiata, riscaldando il tutto sul fuoco fino a 45 °C, mescolando con una frusta. Riportare il preparato nella bowl di una planetaria munita di frusta e montare per circa 15 – 20 minuti, finché il composto non risulta ben fermo. A questo punto fermare la macchina e, nella stessa bowl dove si sono montate le uova, aggiungere la farina e gli amidi a pioggia, poco per volta, sulle uova stesse; poi, con l’aiuto di una spatola di plastica, amalgamare il tutto eseguendo un movimento rotatorio che va dal centro verso l’esterno, continuando a versare le farine. A parte pesare il burro e scioglierlo in un pentolino o al microonde, quindi versarlo in una bowl e aggiungervi una parte (un quinto) del composto di pan di Spagna. Lavorare il burro e il composto velocemente con una spatola di gomma, introducendo il primo nella base pan di Spagna; di seguito, con lo stesso movimento rotatorio dal centro verso l’esterno della bowl, inglobarlo bene in tale base. Questo movimento va effettuato velocemente, per non scorporare l’aria introdotta durante la montata delle uova. Aiutandosi con una spatola, versare poco alla volta il composto finito in una tortiera precedentemente imburrata e infarinata, cuocendo per circa 20 minuti in forno ventilato oppure in quello statico per 35 minuti, a 180 °C, con valvola aperta. A fine cottura, estrarre il pan di Spagna dalla tortiera e disporlo su una griglia, in modo tale che si raffreddi il più velocemente possibile.


470

Il mio ricettario

Pan di Spagna con aggiunta di tuorli Ingredienti • • • •

Ingredienti

Uova 1200 g Tuorli 300 g Zucchero 1000 g Farina 1000 g

Preparazion

• Vaniglia ½ baccello • Buccia di limone

grattugiata ½ limone

e

• Pesare nello stesso contenitore le uova e lo zucchero • • • •

Pan di Spagna con montate separate

per poi miscelarli velocemente, in modo tale che non si plastifichino, e introdurli in un pentolino. Aggiungere al composto la vaniglia e la buccia del limone grattugiata, riscaldando il tutto sul fuoco fino a 45 °C, mescolando con una frusta. Riportare il preparato nella bowl di una planetaria munita di frusta e montare per circa 15 – 20 minuti, finché il composto non risulta quasi fermo. A parte pesare i tuorli e versarli a filo nella bowl della planetaria in movimento; montare ancora per alcuni minuti fino a quando il prodotto non risulta ben fermo. A questo punto, fermare la macchina e, nella stessa bowl in cui si sono montate le uova, aggiungere la farina e gli amidi a pioggia, poco per volta, sulle uova; in seguito, con l’aiuto di una spatola di plastica, amalgamare il tutto eseguendo un movimento rotatorio, dal centro verso l’esterno, continuando a versare le farine. Tale movimento deve essere compiuto rapidamente, in modo tale da non scorporare l’aria introdotta durante la montata delle uova. Aiutandosi con una spatola, versare poco alla volta il composto finito in una tortiera precedentemente imburrata e infarinata, cuocendo per circa 20 minuti in forno ventilato oppure in quello statico per 35 minuti, a 180 °C, con valvola aperta. A fine cottura, estrarre il pan di Spagna dalla tortiera e disporlo su una griglia, in modo tale che si raffreddi il più velocemente possibile.

• Uova 1500 g • Zucchero 1000 g • Farina 1000 g

Preparazion

• Vaniglia ½ baccello • Buccia di limone

grattugiata ½ limone

e

• Pesare le uova e separare i tuorli dagli albumi in due pentolini.

• Pesare quindi lo zucchero, dividerlo in due parti, aggiungendone una al tuorlo e l’altra all’albume.

• Riscaldare le due preparazioni fino a 45 °C, versarle

in due bowl da planetaria e montarle separatamente.

• A montata avvenuta, pesare a parte le farine e unire

la montata di albume a quella di tuorli; aggiungere poi la vaniglia e il limone, amalgamando leggermente con l’aiuto di una spatola in gomma, mediante un movimento circolare della bacinella e spostando la spatola dal centro verso l’esterno. • Versare la farina a pioggia poco alla volta, senza interrompere il movimento della spatola di gomma né quello circolare della bowl, lavorando velocemente, in modo tale da non scorporare l’aria introdotta durante la montata delle uova. • Aiutandosi con una spatola, versare poco alla volta il composto finito in una tortiera precedentemente imburrata e infarinata, cuocendo per circa 20 minuti in forno ventilato oppure in quello statico per 35 minuti, a 180 °C, con valvola aperta. • A fine cottura, estrarre il pan di Spagna dalla tortiera e disporlo su una griglia, in modo tale che si raffreddi il più velocemente possibile.


471

Il mio ricettario Pan di Spagna con montata di albumi Ingredienti

Ingredienti

• Uova 1500 g • Zucchero 1000 g • Farina 1000 g

Preparazion

Pan di Spagna con montata di albumi liofilizzati

• Vaniglia ½ baccello • Buccia di limone

grattugiata ½ limone

e

• • • •

Albumi liofilizzati 90 g Acqua 810 g Tuorli 600 g Zucchero 1000 g

Preparazion

• Farina 1000 g • Vaniglia ½ baccello • Buccia di limone

grattugiata ½ limone

e

• Pesare le uova e dividere gli albumi dai tuorli,

• Pesare gli albumi liofilizzati in una bowl e reidratarli

• •

poi versare i primi in un contenitore e aggiungervi lo zucchero. Miscelare rapidamente il composto così ottenuto e introdurlo in un pentolino, aggiungervi la vaniglia e la buccia del limone grattugiata e riscaldare il tutto sul fuoco fino a 45 °C, mescolando con una frusta. Riportare quindi il tutto nella bowl di una planetaria munita di frusta e montare per circa 15 – 20 minuti, finché il composto non risulta quasi fermo. Aggiungere i tuorli, precedentemente preparati, a filo nella bowl della planetaria in movimento e montare ancora per alcuni minuti fino a quando il prodotto non risulta ben fermo. Ora si può fermare la macchina e, nella stessa bowl dove si sono montate le uova, si aggiunge, poco per volta, la farina sulle uova; poi, con l’aiuto di una spatola di plastica, si procede ad amalgamare il tutto, eseguendo un movimento rotatorio che va dal centro verso l’esterno, continuando a versare le farine. Questo movimento deve essere compiuto rapidamente, in modo tale da non scorporare l’aria introdotta durante la montata delle uova. Aiutandosi con una spatola, versare poco alla volta il composto finito in una tortiera precedentemente imburrata e infarinata, cuocendo per circa 20 minuti in forno ventilato oppure in quello statico per 35 minuti, a 180 °C, con valvola aperta. A fine cottura, estrarre il pan di Spagna dalla tortiera e disporlo su una griglia, in modo tale che si raffreddi il più velocemente possibile.

• •

con l’acqua, facendo attenzione che si sciolgano perfettamente. Pesare lo zucchero e aggiungerlo all’albume e all’acqua in un pentolino, riscaldare a circa 50 °C e versare il tutto in una planetaria munita di frusta; unire quindi gli aromi e montare fino a ottenere una montata non del tutto ferma. A parte pesare i tuorli, versarli a filo nella planetaria mentre sta montando ancora e portare a termine la montata. Fermare la macchina e, nella stessa bowl, versare a pioggia, con un movimento dal centro verso l’esterno, la farina pesata e setacciata; amalgamare il tutto con una spatola di plastica mediante movimenti veloci, in modo tale da non asportare l’aria all’interno del pan di Spagna. Aiutandosi con un raschietto di plastica, versare delicatamente il composto in uno stampo precedentemente imburrato e spolverato di farina cuocendo per circa 20 minuti in forno ventilato oppure in quello statico per 35 minuti, a 180 °C, con valvola aperta. A fine cottura, estrarre il pan di Spagna dalla tortiera e disporlo su una griglia, in modo tale che si raffreddi il più velocemente possibile.


472

Il mio ricettario

Pan di Spagna con aggiunta di fecola e burro Ingredienti • • • • •

Uova 1200 g Tuorli 300 g Zucchero 1000 g Farina 700 g Fecola 300 g

Pan di Spagna con farina di frutta secca Ingredienti

• Burro fuso 200 g • Vaniglia ½ baccello • Buccia di limone

grattugiata ½ limone

e Preparazion

• • • •

Uova 1500 g Zucchero 1000 g Farina 900 g Farina di mandorle 300 g

• Vaniglia ½ baccello • Buccia di limone

grattugiata ½ limone

e Preparazion

• Pesare nello stesso contenitore le uova e lo

• Pesare nello stesso contenitore le uova e lo

• •

zucchero, quindi miscelarli velocemente in modo tale che non si plastifichino e introdurli in un pentolino. Aggiungere al composto la vaniglia e la buccia del limone grattugiata, riscaldando il tutto sul fuoco fino a 45 °C, mescolando con una frusta. Riportare il preparato nella bowl di una planetaria munita di una frusta e montare per circa 15 – 20 minuti, finché il composto non risulta quasi fermo. A parte pesare i tuorli e versarli a filo nella bowl della planetaria in movimento; montare ancora per alcuni minuti fino al momento in cui il prodotto non risulta ben fermo. Giunti a questo punto, fermare la macchina e, nella stessa bowl dove si sono montate le uova, aggiungere la farina e gli amidi a pioggia, poco per volta, sulle uova; poi, con l’aiuto di una spatola di plastica, amalgamare il tutto eseguendo un movimento rotatorio, dal centro verso l’esterno, continuando a versare le farine. Il movimento deve essere compiuto rapidamente, per non scorporare l’aria introdotta durante la montata delle uova. A parte pesare il burro, scioglierlo a circa 40 °C e unirlo a una piccola parte di pan di Spagna; dopodiché introdurre il tutto nella base del pan di Spagna, amalgamandolo con la spatola in gomma. Aiutandosi con un raschietto di plastica, versare delicatamente il composto in uno stampo precedentemente imburrato e spolverato di farina cuocendo per circa 20 minuti in forno ventilato preriscaldato oppure in quello statico per 35 minuti, a 180 °C. A fine cottura, estrarre il pan di Spagna dalla tortiera e disporlo su una griglia, in modo tale che si raffreddi il più velocemente possibile.

• • •

zucchero, miscelarli velocemente in modo tale che non si plastifichino e introdurli in un pentolino. Aggiungere al composto la vaniglia e la buccia del limone grattugiata e riscaldare il tutto sul fuoco fino a 45 °C, mescolando con una frusta. Riportare il tutto nella bowl di una planetaria munita di una frusta e montare per circa 15 – 20 minuti, finché il composto non diviene ben fermo. A parte pesare la farina e la farina di mandorle, setacciando il tutto. Fermare quindi la macchina e, nella stessa bowl nella quale si sono montate le uova, aggiungere la farina e la farina di mandorle a pioggia, poco per volta, sulle uova; poi, con l’aiuto di una spatola di plastica, amalgamare il tutto, mediante un movimento rotatorio dal centro verso l’esterno, continuando a versare le farine. Questo movimento va compiuto velocemente, così da non scorporare l’aria introdotta durante la montata delle uova. Aiutandosi con un raschietto di plastica, versare poco alla volta il composto finito in una tortiera precedentemente imburrata e infarinata e cuocere in forno ventilato per circa 20 minuti oppure in quello statico per 35 minuti, a 180 °C, con valvola aperta. A fine cottura, estrarre il pan di Spagna dalla tortiera e disporlo su una griglia, in modo tale che si raffreddi il più velocemente possibile.


Il mio ricettario

Pan di Spagna con montata burro Ingredienti • • • • • • •

Burro 1400 g Tuorli 1100 g Zucchero a velo 600 g Zucchero semolato 600 g Farina 1500 g Baking powder 70 g Albume 1300 g

Nota Con l’espressione montata burro si intende una preparazione nella quale, oltre alle uova, l’ingrediente principale è il burro. Il prodotto che si ottiene risulterà sicuramente di consistenza più compatta e di sapore più deciso rispetto agli altri.

Preparazion

e

• Pesare il burro, portarlo alla

• •

473

temperatura di circa 14 °C e riporlo nella bowl di una planetaria munita di frusta; quindi pesare e aggiungere lo zucchero a velo e montare il tutto, fino a quando il burro non si presenta ben schiumoso e completamente bianco. A parte pesare il tuorlo, accertandosi che non sia troppo freddo, per evitare che provochi la ritenzione del burro; lo si versa poi a filo nella planetaria dove sta ancora montando il burro, lasciando montare ancora per qualche minuto. Fermare la macchina, pesare a parte l’albume e lo zucchero, scaldandoli quindi delicatamente in un pentolino fino alla temperatura di 50 °C; riporli in seguito nella bowl di una planetaria munita di frusta e montare il tutto fino quasi a neve. Pesare la farina e il baking, setacciando il tutto. A questo punto prendere una parte di albume e, con l’aiuto di una spatola di gomma, unirlo semplicemente al burro montato, senza lavorarlo troppo; una volta fatto questo, aggiungere la metà

della farina e amalgamare il tutto, sempre con lo stesso meccanismo, cioè dal centro verso l’esterno, accompagnando il procedimento con un movimento rotatorio della bowl. • Prendere nuovamente una parte di albume e, sempre con lo stesso movimento, inserirlo nella montata di burro, aggiungere la farina rimanente e, in ultimo, la parte di albume residuo, per dare più sofficità possibile al prodotto. A ogni passaggio della procedura, occorre fare attenzione a non lavorare troppo il composto, poiché, trattandosi di una massa molto ricca di grassi, se risultasse eccessivamente smontata rischierebbe di dare origine a un prodotto finito troppo compatto o, in casi estremi, compatto e crudo al centro. • Aiutandosi con un raschietto di plastica, versare quindi il composto finito in una tortiera precedentemente imburrata e infarinata, cuocendo in forno ventilato per circa 20 minuti a 160 °C, oppure in quello statico per circa 40 minuti, a 170 °C.


474

Il mio ricettario

Il biscotto Biscotto classico a montata doppia Ingredienti

Ingredienti

• Tuorli 400 g • Zucchero 200 g • Farina 400 g

Preparazion

Biscotto classico a montata di albumi

• Fecola 100 g • Albumi 600 g • Zucchero 300 g

e

• Tuorli 400 g • Farina 400 g • Fecola 100 g

Preparazion

• Albumi 600 g • Zucchero 500 g

e

• Pesare i tuorli avendo cura che la loro temperatura

• Pesare gli albumi avendo cura che si trovino a una

• •

• •

non sia al di sotto dei 20 °C, in modo tale che siano in grado di inglobare aria più facilmente durante la sbattitura, quindi, versarli nella bowl di una planetaria munita di frusta. Pesare i 200 g di zucchero, aggiungerli ai tuorli e montarli ad alta velocità fino a che non si presentino ben fermi. A parte, pesare gli albumi, badando che si trovino ad almeno 20 °C di temperatura, e versarli nella bowl di una planetaria munita di frusta. Pesare i 300 g di zucchero, aggiungerli agli albumi e montare il tutto fino a che il composto non risulti ben fermo. A parte pesare la farina, la fecola e setacciare il tutto. Quando gli albumi e i tuorli saranno ben montati, fermare la planetaria e versare a mano sugli albumi la metà delle polveri setacciate, incorporandole dal centro verso l’esterno con l’aiuto di una spatola in gomma da pasticceria. Aggiungere agli albumi il tuorlo montato, la metà delle polveri e, in ultimo, la restante metà delle polveri, sempre dal centro verso l’esterno, aiutandosi con una spatola in gomma da pasticceria. A questo punto, mediante una spatola a gomito da pasticceria, stendere la massa montata su un silpat, avendo cura di non superare i 2 cm di altezza, e cuocere in forno preriscaldato a 210 °C per 7 minuti, con la valvola di sfogo aperta. Una volta cotto il prodotto, abbatterne immediatamente la temperatura e utilizzarlo per le eventuali preparazioni.

• •

temperatura non inferiore ai 20 °C, in modo tale che possano inglobare aria più facilmente durante la sbattitura. Pesare lo zucchero, incorporarlo agli albumi e versare immediatamente il composto nella bowl di una planetaria munita di frusta; montare poi il tutto a velocità elevata fino a che il risultato non sia ben fermo e omogeneo. A parte pesare i tuorli, la farina e la fecola e setacciare le polveri. Quando gli albumi risulteranno ben montati, fermare la planetaria e introdurre a mano i tuorli già sbattuti, colandoli a filo sugli albumi stessi e mescolando dal centro verso l’esterno con l’aiuto di una spatola in gomma da pasticceria. Una volta inglobati i tuorli, versare a pioggia le polveri setacciate, mescolandole sempre dal centro verso l’esterno con l’aiuto di una spatola in gomma. Tali movimenti devono essere rapidi e decisi, per non smontare eccessivamente il prodotto finito. Con l’aiuto di una spatola a gomito da pasticceria, stendere la massa montata su un silpat, avendo cura di non superare i 2 cm di altezza, e cuocere in forno preriscaldato a 210 °C per 7 minuti, con la valvola di sfogo aperta. Una volta cotto il prodotto, abbatterne immediatamente la temperatura e utilizzarlo per le eventuali preparazioni.


475

Il mio ricettario Biscotto classico al cacao con montata di albumi Ingredienti

Ingredienti

• Tuorli 200 g • Zucchero 220 g • Farina 65 g

Preparazion

• Fecola 125 g • Albumi 360 g • Cacao 65 g

e

• Pesare gli albumi avendo cura che siano a una

• •

Biscotto alle mandorle da decorazione

temperatura non inferiore a 20 °C, in modo tale che possano inglobare aria più facilmente durante la sbattitura. Pesare lo zucchero, incorporarlo agli albumi e versare immediatamente il composto nella bowl di una planetaria munita di frusta; montare poi il tutto a velocità elevata fino a che il risultato non sia ben fermo e omogeneo. A parte pesare i tuorli, la farina, la fecola e il cacao, quindi setacciare le polveri. Quando gli albumi risulteranno ben montati, fermare la planetaria e introdurre a mano i tuorli precedentemente sbattuti, colandoli a filo sugli albumi e mescolando dal centro verso l’esterno con l’aiuto di una spatola in gomma da pasticceria. Una volta inglobati i tuorli, versare a pioggia le polveri setacciate, mescolandole sempre dal centro verso l’esterno per mezzo di una spatola in gomma da pasticceria. Tali movimenti devono essere rapidi e decisi, per non smontare eccessivamente il prodotto finito. Con l’aiuto di una spatola a gomito da pasticceria, stendere la massa montata su un silpat, avendo cura di non superare i 2 cm di altezza, e cuocere in forno preriscaldato a 210 °C per 7 minuti, con la valvola di sfogo aperta. Una volta cotto il prodotto, abbatterlo immediatamente di temperatura e utilizzarlo per le eventuali preparazioni.

• Uova intere 500 g • TPT alle mandorle 700 g • Farina 100 g

Preparazion

• Burro 40 g • Albumi 650 g • Zucchero 160 g

e

Per il TPT Con la sigla TPT si intende una preparazione che ha il medesimo contenuto di zucchero e di farina di mandorle, in questo caso 350 grammi, ben mescolati fino a ottenere un’unica miscela. Per il biscotto alle mandorle • Pesare le uova avendo cura che la loro temperatura non sia al di sotto dei 20 °C, per fare in modo che siano in grado di inglobare aria più facilmente durante la sbattitura. • Nella bowl di una planetaria munita di frusta pesare il TPT e la farina, aggiungerli alle uova e montare il tutto a velocità elevata, fino a che il composto non diventa ben montato. • A parte, pesare il burro in una piccola bowl di plastica e scioglierlo alla temperatura di circa 45 °C nel microonde. • Pesare gli albumi alla temperatura di 20 °C e aggiungere loro lo zucchero, introdurli nella bowl di una planetaria munita di frusta e montare il tutto a velocità elevata, fino a che il composto non risulta ben montato. • Una volta montate le uova con il TPT e la farina, prelevare una parte del composto e aggiungerla al burro fuso, mescolando a mano con l’aiuto di una spatola di gomma da pasticceria; in seguito, unirlo alla montata di uova rimanente. • Quando gli albumi saranno montati, aggiungerli al primo composto di uova, farina, TPT e burro, sempre mescolando dal centro verso l’esterno con l’aiuto di una spatola in gomma. • Con l’aiuto di una spatola a gomito da pasticceria, stendere la massa montata su un silpat, avendo cura di non superare i 2 cm di altezza, e cuocere in forno preriscaldato a 210 °C per 7 minuti, con la valvola di sfogo aperta. • Una volta cotto il prodotto, abbatterlo immediatamente di temperatura e utilizzarlo per le eventuali preparazioni.


476

Il mio ricettario

Massa a cialde, detta anche pasta sigaretta – pasta al cornetto – lingua di gatto Ingredienti

Ingredienti

• Burro 100 g • Zucchero 100 g

Preparazion

• Farina 100 g • Albumi 100 g

e

• Ammorbidire il burro in pomata e mescolarlo allo • • • • •

Biscotto leggero alle mandorle

zucchero. Unire gli albumi incorporando bene il tutto. Aggiungere la farina setacciata. Disporre il preparato su teglie antiaderenti, su fogli di silicone o su carta da forno, dando le forme previste. Cuocere a 200 °C e lasciare raffreddare. Questa massa è utilizzabile anche dopo aver portato a termine la preparazione, conservandola in frigorifero coperta con pellicola alimentare.

Per ottenere sigarette o cialde curvate • Togliere dal forno il prodotto e arrotolarlo immediatamente su un bastoncino di legno o di metallo. • Lasciare raffreddare. Per decorare i biscotti alle mandorle • Stendere il prodotto su fogli di carta da forno o su fogli in silicone, producendo il decoro previsto. • Disporvi sopra il biscotto alla mandorle e cuocere in forno. • Raffreddare la preparazione coperta e utilizzare come previsto nella ricetta.

• Uova 250 g • TPT alle mandorle 600 g • Farina 240 g

Preparazion

• Tuorli 160 g • Albumi 550 g • Zucchero 200 g

e

Per il TPT In questo caso il TPT sarà costituito da 300 g di zucchero e 300 g di farina di mandorle, ben mescolati fino a ottenere un’unica miscela. Per il biscotto alle mandorle • Pesare le uova avendo cura che la loro temperatura non sia al di sotto dei 20 °C, in modo tale che esse siano in grado di inglobare aria più facilmente durante la sbattitura. • Nella bowl di una planetaria munita di frusta, pesare il TPT, aggiungerlo alle uova e montare il tutto a velocità elevata, fino a che il composto non diventa ben montato. • Pesare gli albumi alla temperatura di 20 °C e aggiungere loro lo zucchero, introdurli nella bowl di una planetaria munita di frusta e montare il tutto a velocità elevata, fino a che il composto non risulta ben montato. • Una volta montate le uova con il TPT, arrestare la planetaria e aggiungervi a mano una parte di farina setacciata in precedenza, dal centro verso l’esterno, con l’aiuto di una spatola in gomma da pasticceria. • Prelevare una parte di albume e di zucchero ben montati e aggiungerli al primo composto di uova, farina e TPT, sempre mescolando dal centro verso l’esterno con una spatola in gomma. • Mescolati gli albumi, introdurre nella miscela la farina restante, sempre a mano, dal centro verso l’esterno, e poi l’ultima parte di albumi, fino a ottenere una massa omogenea e ben montata. • Con l’aiuto di una spatola a gomito da pasticceria, stendere la massa montata su un silpat, avendo cura di non superare i 2 cm di altezza, e cuocere in forno preriscaldato a 210 °C per 7 minuti, con la valvola di sfogo aperta. • Una volta cotto il prodotto, abbatterlo immediatamente di temperatura e utilizzarlo per le eventuali preparazioni.


477

Il mio ricettario Biscotto al cacao senza farina Ingredienti

Ingredienti

• Albumi 240 g • Zucchero 250 g

Preparazion

Biscotto di marzapane

• Tuorli 160 g • Cacao 70 g

e

• • • •

Marzapane al 60% 400 g Tuorlo 173 g Uova 162 g Albume 260 g

Preparazion

• Amido di mais 54 g • Zucchero semolato 140 g

• Farina 54 g

e

• Pesare gli albumi avendo cura che si trovino a una

• Pesare in una bowl di acciaio il marzapane, il tuorlo,

• •

temperatura non inferiore ai 20 °C, in modo tale che possano inglobare aria più facilmente durante la sbattitura. Pesare lo zucchero, incorporarlo agli albumi, versare il composto nella bowl di una planetaria munita di frusta e montare il tutto a velocità sostenuta. Quando gli albumi risulteranno ben fermi, arrestare la macchina e introdurre a mano il tuorlo, leggermente sbattuto, sugli albumi, con l’aiuto di una spatola in gomma. Pesare a parte il cacao, setacciarlo e versarlo a pioggia sugli albumi e i tuorli, mescolando con l’aiuto di una spatola in gomma da pasticceria, sempre dal centro verso l’esterno della bowl, per non smontare eccessivamente il composto. Mediante una spatola a gomito da pasticceria, stendere la massa montata su un silpat, avendo cura di non superare i 2 cm di altezza, e cuocere in forno preriscaldato a 160 °C per 7 minuti, con la valvola di sfogo aperta. Una volta cotto il prodotto, abbatterlo immediatamente di temperatura e utilizzarlo per le eventuali preparazioni.

• • •

• • •

le uova e mixare perfettamente con l’aiuto di un mini pimmer o introducendo il tutto all’interno di un cutter; la miscela che si otterrà si dovrà presentare omogenea e priva di grumi. A parte, pesare la farina e l’amido di mais e setacciarli perfettamente. Pesare l’albume e lo zucchero nella bowl di una planetaria munita di frusta e montarli a velocità elevata, fino a ottenere una struttura ben ferma. Arrestare la planetaria e aggiungere a mano la metà di polveri (farina e amido di mais) sulla miscela di marzapane, tuorlo e uova, con l’aiuto di una spatola in gomma da pasticceria. Aggiungere la metà di montata di albumi e zucchero, sempre con un movimento dal centro verso l’esterno della bowl, con l’aiuto di una spatola in gomma. Aggiungere alla miscela la metà di polveri rimanente e ancora l’ultima parte di albumi. Con l’aiuto di una spatola a gomito da pasticceria, stendere la massa montata su un silpat, avendo cura di non superare i 2 cm di altezza, e cuocere in forno preriscaldato a 210 °C per 7 minuti, con la valvola di sfogo aperta. Una volta cotto il prodotto, abbatterlo immediatamente di temperatura e utilizzarlo per le eventuali preparazioni.


478

Il mio ricettario

La dacquoise al cocco Ingredienti

Ingredienti

• Albumi 300 g • Zucchero 100 g • Polvere di mandorle

La dacquoise alle mandorle

• Zucchero a velo 250 g • Cocco rapè* 200 g

• Albumi 400 g • Zucchero 150 g

• TPT alle mandorle 750 g • Farina (facoltativa) 50 g

50 g

* Per cocco rapè si intende la polpa del cocco essiccata e resa in polvere grossolana.

Preparazion

e

• Pesare gli albumi avendo cura che siano a una

• •

temperatura non inferiore ai 20 °C, in modo tale che possano inglobare la maggior quantità di aria possibile durante la sbattitura. Pesare lo zucchero, incorporarlo agli albumi, versare il composto nella bowl di una planetaria munita di frusta e montare il tutto a velocità media. A parte pesare la farina di mandorle, il cocco rapè e lo zucchero a velo e mescolarli perfettamente. Quando gli albumi risulteranno ben fermi, aggiungervi le polveri miscelate a pioggia, poco alla volta, con l’aiuto di una spatola in gomma da pasticceria e mescolare dal centro verso l’esterno della bowl, per non smontare eccessivamente il composto finale, che dovrà essere ben fermo e omogeneo. Munirsi di una sacca da pasticcere dotata di una bocchetta n°10 e riempirla con la miscela appena preparata. In una teglia da pasticceria formare la dacquoise della forma voluta, avendo cura che il composto non sia più basso di 0,5 cm. Spolverare la superficie della dacquoise con lo zucchero a velo e cuocere in forno preriscaldato a 180 °C per 5 minuti, con la valvola di sfogo chiusa, e per 8 minuti con la valvola di sfogo aperta. Abbattere di temperatura e utilizzare per le varie preparazioni.

Preparazion

e

Per il TPT In questa preparazione il TPT sarà composto da 300 g di zucchero e da 300 g di farina di mandorle, ben mescolati fino a ottenere un’unica miscela. Per la dacquoise alle mandorle • Pesare gli albumi avendo cura che si trovino a una temperatura non inferiore ai 20 °C, in modo tale che possano inglobare la maggior quantità di aria possibile durante la sbattitura. • Pesare lo zucchero, incorporarlo agli albumi, versare il composto nella bowl di una planetaria munita di frusta e montare il tutto a velocità media. • A parte pesare il TPT di mandorle e la farina e mescolarli perfettamente. • Quando gli albumi risulteranno ben fermi, aggiungervi le polveri miscelate a pioggia, poco alla volta, con l’aiuto di una spatola in gomma da pasticceria e mescolare dal centro verso l’esterno della bowl, per non smontare eccessivamente il composto finale, che dovrà essere ben fermo e omogeneo. • Munirsi di una sacca da pasticcere dotata di una bocchetta n°10 e riempirla con la miscela appena preparata. • In una teglia da pasticceria formare la dacquoise della forma voluta, avendo cura che il composto non sia più basso di 0,5 cm. • Spolverare la superficie della dacquoise con lo zucchero a velo e cuocere in forno preriscaldato a 180 °C per 5 minuti, con la valvola di sfogo chiusa, e per 8 minuti con la valvola di sfogo aperta. • Abbattere di temperatura e utilizzare per le varie preparazioni.


Il mio ricettario

I bignè

479

Bignè a pari peso di burro e farina Ingredienti • • • • • •

Burro 500 g Farina 500 g Acqua 500 g Uova 1036 g Sale 2 g Zucchero 2 g

Preparazion

e

• Pesare l’acqua, il sale, lo zucchero e

il burro, portando poi tutto a bollore in una pentola; a parte, pesare la farina e aggiungerla a pioggia, poco alla volta, al composto in ebollizione. • Con un cucchiaio da cottura rimescolare e cuocere il composto a fuoco vivo, finché non si stacca perfettamente dalle pareti, formando il gel degli amidi della farina. • Versare poi il composto nella bowl di una planetaria munita di una foglia, accendere la macchina a velocità media e fare raffreddare l’impasto, finché non raggiunge la temperatura di circa 45 °C. • Pesare le uova in una caraffa, frustarle in modo tale che si mescolino perfettamente e versarle a filo, in cinque o sei riprese nell’impasto in movimento nella planetaria.

È buona regola evitare di inserire l’intero peso delle uova nell’impasto prima di averne controllato, con l’aiuto di un lecca pentole, la consistenza ideale, che deve essere morbida ma non troppo liquida né troppo dura. • A questo punto, si aggiungono le uova restanti e si controlla nuovamente l’impasto. Quando la pâte à choux è terminata, si riempie una sacca da pasticcere dotata di una duia liscia. • Dopo aver imburrato leggermente una teglia da forno, vi si cola la pâte à choux nella forma voluta e si cuoce in forno, alla temperatura di circa 180/200 °C per circa 20 minuti, prima con tiraggio chiuso, fino a circa tre quarti della cottura, e poi aperto, per potere ultimare e asciugare perfettamente il bignè.


480

Il mio ricettario

Bignè con la metà di burro rispetto alla farina Ingredienti

Ingredienti

• Burro 250 g • Farina 500 g • Acqua 500 g

Preparazion

• Uova 944 g • Sale 2 g • Zucchero 2 g

e

• Pesare l’acqua, il sale, lo zucchero e il burro,

Bignè con il doppio di burro rispetto alla farina

portando poi tutto a bollore in una pentola; a parte, pesare la farina e aggiungerla a pioggia, poco alla volta, al composto in ebollizione. Con un cucchiaio da cottura rimescolare e cuocere il composto a fuoco vivo, finché non si stacca perfettamente dalle pareti, formando il gel degli amidi della farina. Versare poi il composto nella bowl di una planetaria munita di una foglia, accendere la macchina a velocità media e fare raffreddare l’impasto, finché non raggiunge la temperatura di circa 45 °C. Pesare le uova in una caraffa, frustarle in modo tale che si mescolino perfettamente e versarle a filo, in cinque o sei riprese nell’impasto in movimento nella planetaria. È buona regola evitare di inserire l’intero peso delle uova nell’impasto prima di averne controllato, con l’aiuto di un lecca pentole, la consistenza ideale, che deve essere morbida ma non troppo liquida né troppo dura. A questo punto, si aggiungono le uova restanti e si controlla nuovamente l’impasto. Quando la pâte à choux è terminata, si riempie una sacca da pasticcere dotata di una duia liscia. Dopo aver imburrato leggermente una teglia da forno, vi si cola la pâte à choux nella forma voluta e si cuoce in forno, alla temperatura di circa 180-200 °C per circa 20 minuti, prima con tiraggio chiuso, fino a circa tre quarti della cottura, e poi aperto, per potere ultimare e asciugare perfettamente il bignè.

• Burro 500 g • Farina forte (W 370) 250 g

• Acqua 500 g

Preparazion

• • • •

Uova 504 g Albumi 1400 g Sale 2 g Zucchero 2 g

e

• Pesare l’acqua, il sale, lo zucchero e il burro e portare

• •

tutto a bollore in una pentola; a parte, pesare la farina e aggiungerla a pioggia, poco alla volta, al composto in ebollizione. Con un cucchiaio da cottura rimescolare e cuocere il preparato a fuoco vivo finché non si stacca perfettamente dalle pareti, dando origine al gel degli amidi della farina. Versare quindi il composto nella bowl di una planetaria munita di una foglia, accendere la macchina a velocità media e fare raffreddare l’impasto finché non raggiunge la temperatura circa di 45 °C. Separare le uova e gli albumi in due caraffe diverse e frustare le prime in modo tale da ottenere un composto omogeneo. Versarle quindi a filo e poco alla volta nell’impasto in movimento nella planetaria. Quando le uova saranno state inserite del tutto, incominciare con gli albumi, sempre poco alla volta, avendo cura di conservarne una parte. A questo punto, fermare la macchina e, con l’aiuto di un lecca pentole, controllare la consistenza dell’impasto, raccogliendone una parte; se è il caso, aggiungere l’albume rimanente, affinché il prodotto non sia troppo liquido né troppo duro. Riempire poi una sacca da pasticcere, dotata di una duia liscia e, dopo aver imburrato leggermente una teglia da pasticceria, colarvi il composto nella forma voluta. Cuocere in forno preriscaldato a una temperatura di 200 °C per circa 15 minuti, a tiraggio chiuso per tre quarti della cottura e poi aperto per potere ultimare e asciugare perfettamente il bignè.


Il mio ricettario

481

Bignè con il doppio di strutto rispetto alla farina Ingredienti • • • • • • •

Strutto 650 g Farina forte (W 370) 325 g Acqua 500 g Uova 590 g Albumi 250 g Sale 2 g Zucchero 2 g

Preparazion

e

• Pesare l’acqua, il sale, lo zucchero e

il burro, portando il tutto a bollore in una pentola; a parte, pesare la farina e aggiungerla a pioggia, poco alla volta, al composto in ebollizione. • Con un cucchiaio da cottura rimescolare e cuocere il preparato a fuoco vivo, finché non si stacca perfettamente dalle pareti, formando il gel degli amidi della farina. • Versare poi il composto nella bowl di una planetaria munita di una foglia, accendere la macchina a velocità media e fare raffreddare l’impasto finché non raggiunge la temperatura circa di 45 °C. • Pesare le uova in una caraffa, frustarle in modo tale che si mescolino perfettamente e versarle a filo, in cinque o sei riprese, nell’impasto in movimento nella planetaria.

È buona regola evitare di inserire l’intero peso delle uova nell’impasto prima di averne controllato, con l’aiuto di un lecca pentole, la consistenza ideale, che deve essere morbida ma non troppo liquida e nemmeno eccessivamente dura. • A questo punto, si aggiungono le uova restanti e si controlla nuovamente l’impasto. Quando la pâte à chou è terminata, si riempie una sacca da pasticcere dotata di una duia liscia. • Dopo aver imburrato leggermente una teglia da forno, vi si cola la pâte à choux nella forma voluta e si cuoce in forno, alla temperatura di circa 180-200 °C per circa 20 minuti, prima con tiraggio chiuso, fino a circa tre quarti della cottura, e poi aperto, per potere ultimare e asciugare perfettamente il bignè.


482

Il mio ricettario

I lievitati Croissant a lievitazione mista Ingredienti • • • •

Farina 00 2000 g Lievito naturale 300 g Zucchero 600 g Burro 600 g

Preparazion

• • • •

Sale 30 g Uova 1200 g Lievito di birra 90 g Acqua 250 g

e

• Pesare l’acqua alla temperatura di circa 20 °C e versarla

in un’impastatrice munita di gancio, poi pesare il lievito naturale e farlo sciogliere nell’acqua stessa. • Pesare lo zucchero, unirlo al lievito e all’acqua e lasciare girare per alcuni minuti il tutto; fermare la planetaria, pesare e aggiungere ai restanti ingredienti la farina e le uova sbattute con il lievito di birra, azionare la macchina a velocità bassa e fare impastare il composto fino a quando non risulta ben legato. • A parte, pesare il burro e portarlo, con l’aiuto di un microonde, alla temperatura di 14 °C, dopodiché aggiungerlo, poco alla volta, all’impasto nella planetaria ancora in movimento e lasciarlo assorbire per poco tempo. • Pesare il sale, versarlo nel composto e fare impastare il tutto perfettamente per alcuni minuti, a velocità media. L’impasto dovrà risultare ben legato, omogeneo e asciutto al tatto. • Disporre l’impasto su una sfogliatrice e dargli una forma rettangolare, la più regolare possibile; metterlo poi in una teglia da pasticceria, richiudere il tutto con un sacchetto di plastica per alimenti e riporre in frigorifero a 4 °C per almeno 12 ore. • Trascorse le 12 ore di lievitazione in frigorifero, pesare l’impasto totale e suddividerlo in panetti da 1 kg l’uno. • Estrarre dal frigorifero il burro in placche per sfoglia (➜ ricetta per la sfoglia), allargare la pezzatura di pasta da 1 kg nella giusta forma e incastonare al suo interno il burro; quindi, assottigliare la pasta con il burro e dare la prima piega da tre (➜ ricetta per la sfoglia). • A questo punto, disporre il tutto su una teglia da pasticceria e ricoprire nuovamente con un sacchetto di plastica per alimenti, per evitare che l’impasto subisca

• •

• •

ossidazioni e quindi formi delle croste sull’esterno della pasta, che darebbero problemi durante la successiva realizzazione della ricetta. Lasciare riposare l’impasto per almeno 15 minuti in frigorifero, così che il glutine della farina ritorni a essere estendibile e il burro al suo interno assuma la giusta consistenza. Trascorsi i 15 minuti, riprendere l’impasto e, con l’aiuto della sfogliatrice o di un matterello, stenderlo seguendo il verso delle pieghe, formando poi la piega da quattro (➜ sfoglia). Ogni volta che si effettuerà una piega, è necessario ripetere lo stesso procedimento, facendo riposare l’impasto in frigorifero. Le pieghe finite saranno una da tre, una da quattro e un’altra ancora da tre. Effettuate tutte le pieghe, stendere l’impasto dello spessore di circa 1 cm e portarlo su un banco, possibilmente di marmo o di acciaio. Tagliare quindi la pasta in triangoli, che in genere devono pesare tra gli 80 e i 120 grammi, secondo quanto previsto dall’operatore, e arrotolarli su se stessi in modo tale da dare loro la classica forma a croissant. Collocare quindi questi preparati su teglie da pasticceria e portarle in cella lievitatrice impostata alla temperatura di 27-30 °C, a un’umidità controllata dell’80%, finché il composto non triplichi il proprio volume. Una volta che i croissant sono lievitati, spennellarne delicatamente la superficie con tuorlo d’uovo, leggermente allungato con un poco di panna o di acqua, e spolverare di zucchero a velo. Inserire quindi in forno preriscaldato a circa 190 °C per più o meno 25 minuti, a seconda del forno utilizzato o della pezzatura del croissant, con valvola di sfogo chiusa fino a tre quarti della cottura. Abbassare in seguito la temperatura di 10 °C e aprire la valvola di sfogo, in modo tale che il croissant possa cuocere perfettamente fino al cuore. Se non si possiede una camera lievitatrice, si può far lievitare il prodotto in una rastrelliera portateglie, in un luogo caldo che non superi, però, i 30 °C. In ogni caso, durante tutta la preparazione bisogna avere l’accortezza di evitare che il prodotto formi ossidazioni sull’esterno, dando origine a uno strato di pellicola che poi, in cottura, impedirebbe al croissant di “sfogare” perfettamente e, allo stesso tempo, di cuocere in maniera adeguata.


Croissant al lievito naturale Come nel caso del panettone, dato l’impiego esclusivo di lievito naturale, anche la preparazione di questo tipo di croissant viene suddivisa in due fasi, in modo tale che ci sia il tempo adeguato affinché il lievito possa svolgere la propria funzione.

Il mio ricettario Preparazion

• •

Ingredienti

Preparazion

• Zucchero 750 g • Tuorli 400 g • Burro 250 g

e

• •

• Pesare l’acqua a 27 °C e versarla nella bowl di una

planetaria munita di gancio. Di seguito pesare il lievito, che dovrà essere pronto (cioè deve essere stato sottoposto ad almeno tre rinfreschi da 3 ore ciascuno in camera lievitatrice a 27 °C) e aggiungerlo all’acqua. Azionare la macchina in modo tale che il lievito si sciolga perfettamente nell’acqua, poi fermarla, aggiungere la farina già pesata e fare impastare il tutto a velocità moderata, fino a che il composto non risulti ben formato. Pesare lo zucchero, unirlo all’impasto e lasciare legare per alcuni minuti, così che esso si riformi perfettamente; dopodiché aggiungere i tuorli pesati e lasciare assorbire il tutto. Nel frattempo, pesare il burro, portarlo alla temperatura di 14 °C, in modo tale che risulti morbido, e aggiungerlo al preparato, dopo aver fermato la macchina; fare legare perfettamente l’impasto e poi fermarla di nuovo. Riporre l’impasto in un mastello di plastica per alimenti e farlo lievitare per 12 ore a temperatura ambiente di circa 17-20 °C, coperto con un sacchetto di plastica per alimenti.

• •

• •

Impasto del mattino

Ingredienti • • • • •

Farina 1500 g Sale 80 g Zucchero 200 g Miele 80 g Pasta di arancio 100 g

• • • • •

Tuorlo d’uovo 70 g Acqua 400 g Vaniglia 2 baccelli Burro per sfogliare 1000 g

e

• Mettere l’impasto della sera nella bowl di una planetaria

Impasto serale

• Acqua 600 g • Lievito naturale 700 g • Farina W 240 2000 g

483

munita di gancio o in una macchina a braccia tuffanti e mescolare per un minuto. Pesare la farina e il sale, aggiungerli all’impasto serale, azionare la macchina a bassa velocità e lasciare che l’impasto si leghi perfettamente. Pesare e aggiungere lo zucchero, il miele, la pasta d’arancio e la polpa della vaniglia e fare legare perfettamente il tutto. A questo punto, pesare il tuorlo, aggiungerlo all’impasto e lasciare legare ancora. Controllare la consistenza del preparato, aggiungere l’acqua e fare impastare il tutto finché il composto non risulti ben legato e asciutto al tatto. Poi, fermare la macchina, porre l’impasto in un mastello di plastica e lasciarlo riposare per almeno mezz’ora, a temperatura ambiente, sempre coperto con un sacchetto di plastica per alimenti. Pesare il burro per sfogliare (➜ ricetta della sfoglia) e portarlo alla temperatura di 14 °C. Dopodiché, servendosi di un matterello o di una sfogliatrice, tagliare l’impasto in pezzature da 2 kg l’una e dalla forma rettangolare più precisa possibile. A questo punto, incastonare per ogni 2 kg di pasta 1 kg di burro per sfogliare, dare la prima piega da tre e, dopo aver eseguito ogni piega (➜ ricetta sfoglia), lasciare riposare l’impasto in frigorifero per almeno 15 minuti, ben coperto da un sacchetto di plastica per alimenti. Ripetere il procedimento per altre due volte, con una piega da 4 e ancora una da 3. Una volta effettuate tutte le pieghe, stendere l’impasto con uno spessore di 5 mm e tagliarlo in triangoli, di solito con un peso compreso tra gli 80 e i 120 grammi cadauno. Dare ora ai triangoli la classica forma a croissant e posizionarli, ben distanziati, in teglie da pasticceria, che saranno messe in camera lievitazione a 30 °C, con umidità al 70-80%, fino a che i croissant non triplicano il loro volume. Togliere quindi i croissant dalla camera lievitatrice e, con l’aiuto di un pennello da pasticceria, cospargerli delicatamente di tuorlo d’uovo allungato con un poco di acqua o panna; eventualmente ricoprire ancora la superficie con granella di zucchero o zucchero a velo. Cuocere in forno preriscaldato a una temperatura di circa 190 °C, con la valvola di sfogo chiusa, per 25 minuti circa; a tre quarti di cottura, aprire la valvola e abbassare la temperatura di almeno 10 °C, in modo tale da ottimizzare i tempi, affinché il prodotto cuocia più rapidamente. Se non si possiede una camera lievitatrice, si può far lievitare il prodotto in una rastrelliera porta teglie, in un luogo caldo che non superi, però, i 30 °C. In ogni caso, durante tutta la preparazione bisogna avere l’accortezza di evitare che il prodotto formi ossidazioni sull’esterno, dando origine a uno strato di pellicola che poi, in cottura, impedirebbe al croissant di “sfogare” perfettamente e, allo stesso tempo, di cuocere in maniera adeguata.


484

Il mio ricettario

Pandoro sfogliato

Il pandoro sfogliato è una variante del pandoro classico, preparata con la tecnica del croissant, che prevede, appunto, la sfogliatura. Tale metodo conferisce al prodotto finale la consistenza morbida del pandoro classico ma, allo stesso tempo, gli dona una crosta esterna più compatta e lo fa crescere maggiormente in volume durante la cottura. Impasto serale

Impasto del mattino

Ingredienti

Ingredienti

• Farina per panettoni 4 kg • Tuorli d’uovo 1000 g • Zucchero 1750 g • Lievito madre 1500 g • Acqua 1100 g • Burro 700 g

• • • • •

Preparazion

e

• Pesare l’acqua e scaldarla alla temperatura di 27 °C. • Pesare poi il lievito pronto (cioè, che è stato

• • •

sottoposto ad almeno tre rinfreschi e tenuto in lievitazione per almeno 3 ore, alla temperatura costante di 27 °C) e aggiungerlo all’acqua. Collocare il tutto in una macchina a braccia tuffanti e lasciare che il lievito si sciolga perfettamente. Pesare la farina, aggiungerla all’acqua e al lievito e fare legare perfettamente l’impasto in modo tale che si formi una bella maglia glutinica. A parte pesare lo zucchero e versarlo nell’impasto, azionare la macchina in prima velocità e lasciare legare nuovamente il composto. Dopodiché pesare e aggiungere i tuorli, facendo attenzione che non siano al di sotto di 14 °C, e fare legare ancora perfettamente il tutto. Pesare il burro portandolo a una temperatura di 14 °C, in modo tale che risulti morbido, e aggiungerlo all’impasto, poco alla volta, con la macchina in movimento; una volta incorporato tutto il burro, controllare la consistenza e la temperatura del composto, che non deve superare i 27 °C. Immettere l’impasto in un mastello di plastica ben capiente e lasciarlo a lievitare in camera lievitatrice a 27 °C, con umidità all’80%, per dodici ore, finché esso non triplichi il volume iniziale.

Preparazion

• • • • •

Miele 400 g Pasta di arancio 400 g Sale 140 g Vaniglia 7 baccelli Burro per sfogliare 1000 g

e

• Collocare l’impasto della sera in una macchina a • •

Per il Panettone si veda Laboratorio p. 208

Farina 2,5 kg Crema pasticcera 700 g Burro di cacao 600 g Zucchero 500 g Tuorli d’uovo 600 g

braccia tuffanti e impastare per un minuto a bassa velocità. Pesare, a parte, e aggiungere il sale e la farina, lasciando impastare perfettamente. Pesare la crema pasticcera nella bowl di una planetaria munita di frusta, aggiungere lo zucchero, il miele, la pasta d’arancio, la polpa della vaniglia e il burro di cacao a 38 °C e far montare il tutto ad alta velocità, in modo tale da formare un’emulsione. Ottenuta l’emulsione, fermare la macchina a braccia tuffanti e aggiungervi ora l’emulsione di crema pasticcera, fare impastare nuovamente il tutto in prima velocità per 4 minuti e poi in seconda velocità per 8 minuti, al fine di ottenere un composto ben legato. A parte, pesare i tuorli, facendo attenzione che siano alla temperatura di 14 °C e portare la macchina a braccia tuffanti in prima velocità; aggiungere il tuorlo poco alla volta e alzare nuovamente la velocità in modo tale da legare perfettamente l’impasto. A questo punto, estrarre l’impasto dalla macchina e posizionarlo in un mastello di plastica per almeno un’ora, dopodiché stenderlo su un banco in marmo o in acciaio e porzionarlo in panetti da 5 kg l’uno. Dopo aver laminato i panetti con l’aiuto di una sfogliatrice, per fare in modo che risultino di forma rettangolare, posizionarli in frigorifero per almeno 3 ore, ben coperti con un sacchetto di plastica per alimenti. Trascorse le 3 ore, incastonare in ogni panetto 1 kg di burro per sfogliare, che dovrà essere alla temperatura di 14 °C (➜ ricetta della sfoglia), poi laminare ed eseguire quattro pieghe da quattro e una da tre, lasciando riposare l’impasto per almeno 15 minuti in frigorifero tra una piega e l’altra.


Il mio ricettario • Preparare intanto gli stampi da pandoro da 750 g

e ungerli con del burro fuso, aiutandosi con un pennello da pasticceria. • Una volta effettuate le pieghe, stendere l’impasto dello spessore di 2 cm e tagliarlo in quadrati, del peso di 750 g; raccogliere quindi ogni loro lato verso il centro, in modo tale da dare una forma leggermente affusolata e inserire l’impasto con la chiusura verso il fondo dello stampo da pandoro. • Riporre gli stampi su teglie da pasticceria e mettere il tutto in camera lievitatrice fino a che l’impasto non raggiunge i tre quarti dello stampo. • Una volta ottenuta la lievitazione, preriscaldare il forno intorno a 190 °C, lasciando però i pandori a temperatura

485

ambiente per almeno 10 minuti, per fare in modo che si formi una pellicola sottile. • Con l’aiuto di una bacchetta affusolata di ferro, lunga 20 cm, bucare il pandoro fino alla sua metà, così che non si formino grosse bolle d’aria durante la cottura. • A questo punto, infornare il tutto con la valvola di sfogo del forno chiusa fino al 15% della cottura, per circa 45-50 minuti. Una volta raggiunti i 94 °C al cuore del pandoro, estrarre il prodotto dal forno, togliere gli stampi dalle teglie e lasciare riposare per almeno un’ora a temperatura ambiente. • Terminato il periodo di riposo fuori dal forno, estrarre il pandoro dallo stampo e lasciarlo raffreddare per ancora 6/7 ore, dopodiché il dolce è pronto per essere confezionato.

Babà Ingredienti • Farina 0

• Vaniglia

W 360-380 750 g 3 baccelli Sale 15 g • Lievito naturale 250 g oppure Burro 500 g • lievito compresso Miele 90 g 60 g Bucce di limone grattugiate 1 • Uova 1125 g • e Preparazion • Pesare il lievito naturale pronto, che è già stato sottoposto ad almeno tre • rinfreschi per tre ore ciascuno, alla temperatura costante di 27 °C. • Pesare la farina e aggiungerla al lievito nella bowl di una planetaria munita di gancio. • Aggiungere la metà delle uova e • impastare il tutto finché il composto non risulta ben legato e liscio. • Dopodiché, pesare il miele, la polpa della vaniglia e le bucce del limone, aggiungere il tutto e lasciare impastare ancora per alcuni minuti. • • A parte pesare il burro, portarlo alla temperatura di 14 °C e aggiungerlo all’impasto poco per volta. • Fare legare perfettamente il tutto, • unire le uova restanti e lavorare l’impasto ad alta velocità per circa 5 minuti. • A questo punto, controllare la • consistenza del preparato, che deve

• • • •

risultare morbida ma con un glutine ben formato. Aggiungere il sale, lasciare impastare ancora per un minuto e poi inserire il prodotto negli appositi stampi a babà. Se si utilizza il lievito naturale, lasciare l’impasto a lievitare a temperatura ambiente per circa 1 ora e poi in frigorifero per 8 ore. In seguito, far rinvenire l’impasto a temperatura ambiente ancora per 1 ora, fino a quando esso non raggiunge quasi la superficie dello stampo. Cuocere in forno preriscaldato alla temperatura di 200 °C per circa 20 minuti, con la valvola di sfogo chiusa per tre quarti della cottura, poi abbassare la temperatura di circa 20 °C e aprire la valvola di sfogo. Una volta che il prodotto è cotto, estrarlo immediatamente dallo stampo e, se è il caso, passarlo ancora per qualche minuto in forno, per fare in modo di colorare la parte che era contenuta nello stampo. Lasciare ora riposare il babà per circa 1 ora a temperatura ambiente, quindi ammollarlo nella sua bagna per almeno un’altra ora. Se, invece, si usa il lievito compresso, fare lievitare a temperatura ambiente finché l’impasto non raggiunge quasi la superficie dello stampo. Per la cottura procedere come si è descritto nelle righe precedenti.

Bagna al rhum

Ingredienti • • • • •

Zucchero 3000 g Acqua 3000 g Buccia di limone 6 bucce Cannella in stecche 3 Rhum 2000 g

e Preparazion • Bollire l’acqua con lo zucchero,

aggiungendo la cannella e la scorza del limone (non trattato). • Raffreddare a 35 °C e aggiungere il rhum. • Raffreddare completamente.


486

Il mio ricettario

La crema pasticcera

Crema pasticcera con farina e il 25% di tuorlo Ingredienti • • • • •

Latte intero 1000 g Zucchero 300 g Tuorli 250 g Farina 80 g Vaniglia1 baccello

Preparazion

e

• Pesare il latte e metterlo in una

pentola di rame delle dimensioni adeguate, in modo tale che il liquido arrivi a circa 3/4 dell’altezza del recipiente. • A parte, pesare il tuorlo e lo zucchero, unendo poi i due composti mescolandoli velocemente con l’aiuto di una frusta, così che lo zucchero non plastifichi il tuorlo. Lo zucchero, infatti, essendo igroscopico, attira la poca acqua presente nel tuorlo e tende a formare dei piccoli punti che difficilmente si riusciranno a togliere anche quando la crema è ormai cotta. • Pesare, sempre a parte, la farina, aggiungendola al tuorlo e allo zucchero, mescolando sempre velocemente con l’aiuto di una frusta.

• Incidere il baccello della vaniglia

• •

ed estrarre la polpa, aggiungerla ai tuorli, allo zucchero e alla farina e mettere il baccello stesso nel latte. Collocare il latte e il baccello della vaniglia su una fiamma a fuoco vivo e fare bollire il tutto; raggiunta l’ebollizione, versare il latte, filtrandolo, in quattro volte sul tuorlo, sullo zucchero e sulla farina precedentemente miscelati, mescolando di volta in volta con l’aiuto di una frusta. Riportare il tutto nella pentola dove si è bollito il latte, mettere il preparato su una fiamma a fuoco vivo e, con l’aiuto di un cucchiaio da cottura e di una frusta, rigirare la crema servendosi del cucchiaio, per evitare che essa si attacchi sul fondo, e della frusta, per mantenerla perfettamente miscelata, così che la cottura avvenga nel modo migliore. A parte, preparare ora una placchetta in acciaio ben igienizzata. Proseguire la cottura e, con l’aiuto di una sonda, controllare la temperatura della crema. Una volta che si sono raggiunti gli 85 °C, versare la crema nella placca di acciaio e stenderla in modo omogeneo su tutta la base, affinché la preparazione raffreddi il prima possibile. Questo passaggio è fondamentale, perché il fondo della pentola è estremamente caldo, quindi, se il tuorlo rimanesse al suo interno, cuocerebbe eccessivamente, dando spiacevoli risultati, come odore di zolfo o presenza di grumi. Coprire infine la crema con pellicola alimentare, a contatto, in modo tale che non si formino ossidazioni o condense, per evitare le contaminazioni batteriche. Abbattere quindi di temperatura a 2 °C e mantenere in frigorifero fino al momento dell’utilizzo.


Crema pasticcera con amido di mais e il 25% di tuorlo Ingredienti • Latte intero 1000 g • Zucchero 300 g • Tuorli 250 g

Preparazion

• Amido di mais 80 g • Vaniglia 1 baccello

e

• Pesare il latte e metterlo in un pentola di rame delle

dimensioni adeguate, in modo tale che il liquido arrivi a circa 3/4 dell’altezza del recipiente. • A parte, pesare il tuorlo e lo zucchero, unendo poi i due composti mescolandoli velocemente con l’aiuto di una frusta, così che lo zucchero non plastifichi il tuorlo. Lo zucchero, infatti, essendo igroscopico, attira la poca acqua presente nel tuorlo e tende a formare dei piccoli punti che difficilmente si riusciranno a togliere anche quando la crema è ormai cotta. • A parte, pesare l’amido di mais e aggiungerlo al tuorlo e allo zucchero, mescolando sempre velocemente con l’aiuto di una frusta.

Il mio ricettario

487

• Incidere il baccello della vaniglia ed estrarre la polpa,

• •

aggiungerla ai tuorli, allo zucchero e all’amido di mais e mettere il baccello stesso nel latte. Collocare il latte e il baccello della vaniglia su una fiamma a fuoco vivo e fare bollire il tutto; raggiunta l’ebollizione, versare il latte, filtrandolo, in quattro volte sul tuorlo, sullo zucchero e sull’amido di mais precedentemente miscelati, mescolando di volta in volta con l’aiuto di una frusta. Riportare il tutto nella pentola dove si è bollito il latte, mettere il preparato su una fiamma a fuoco vivo e, con l’aiuto di un cucchiaio da cottura e di una frusta, rigirare la crema servendosi del cucchiaio, per evitare che essa si attacchi sul fondo, e della frusta, per mantenerla perfettamente miscelata, così che la cottura avvenga nel modo migliore. A parte, preparare ora una placchetta in acciaio ben igienizzata. Proseguire la cottura e, con l’aiuto di una sonda, controllare la temperatura della crema. Una volta che si sono raggiunti gli 85-90 °C, versare la crema nella placca di acciaio e stenderla in modo omogeneo su tutta la base, affinché la preparazione raffreddi il prima possibile. Questo passaggio è fondamentale, perché il fondo della pentola è estremamente caldo, quindi, se il tuorlo rimanesse al suo interno, cuocerebbe eccessivamente, dando spiacevoli risultati, come odore di zolfo o presenza di grumi. Coprire infine la crema con pellicola alimentare, a contatto, in modo tale che non si formino ossidazioni o condense, per evitare le contaminazioni batteriche. Abbattere quindi di temperatura a 2 °C e mantenere in frigorifero fino al momento dell’utilizzo.


488

Crema pasticcera con amido di riso e il 25% di tuorlo Ingredienti • Latte intero 1000 g • Zucchero 300 g • Tuorli 250 g

Il mio ricettario • Incidere il baccello della vaniglia ed estrarre la polpa,

• • Amido di riso 80 g • Vaniglia 1 baccello

e Preparazion • Pesare il latte e metterlo in un pentola di rame delle

dimensioni adeguate, in modo tale che il liquido arrivi a circa 3/4 dell’altezza del recipiente. • A parte, pesare il tuorlo e lo zucchero, unendo poi i due composti mescolandoli velocemente con l’aiuto di una frusta, così che lo zucchero non plastifichi il tuorlo. Lo zucchero, infatti, essendo igroscopico, attira la poca acqua presente nel tuorlo e tende a formare dei piccoli punti che difficilmente si riusciranno a togliere anche quando la crema è ormai cotta. • A parte, pesare l’amido di riso e aggiungerlo al tuorlo e allo zucchero, mescolando sempre velocemente con l’aiuto di una frusta.

• •

aggiungerla ai tuorli, allo zucchero e all’amido di riso e mettere il baccello stesso nel latte. Collocare il latte e il baccello della vaniglia su una fiamma a fuoco vivo e fare bollire il tutto; raggiunta l’ebollizione, versare il latte, filtrandolo, in quattro volte sul tuorlo, sullo zucchero e sull’amido di riso precedentemente miscelati, mescolando di volta in volta con l’aiuto di una frusta. Riportare il tutto nella pentola dove si è bollito il latte, mettere il preparato su una fiamma a fuoco vivo e, con l’aiuto di un cucchiaio da cottura e di una frusta, rigirare la crema servendosi del cucchiaio, per evitare che essa si attacchi sul fondo, e della frusta, per mantenerla perfettamente miscelata, così che la cottura avvenga nel modo migliore. A parte, preparare ora una placchetta in acciaio ben igienizzata. Proseguire la cottura e, con l’aiuto di una sonda, controllare la temperatura della crema. Una volta che si sono raggiunti gli 85-90 °C, versare la crema nella placca di acciaio e stenderla in modo omogeneo su tutta la base, affinché la preparazione raffreddi il prima possibile. Questo passaggio è fondamentale, perché il fondo della pentola è estremamente caldo, quindi, se il tuorlo rimanesse al suo interno, cuocerebbe eccessivamente, dando spiacevoli risultati, come odore di zolfo o presenza di grumi. Coprire infine la crema con pellicola alimentare, a contatto, in modo tale che non si formino ossidazioni o condense, per evitare le contaminazioni batteriche. Abbattere quindi di temperatura a 2 °C e mantenere in frigorifero fino al momento dell’utilizzo.


Crema pasticcera con amido di riso e di mais e il 25% di tuorlo Ingredienti • Latte intero 1000 g • Zucchero 300 g • Tuorli 250 g

Il mio ricettario

• Incidere il baccello della vaniglia ed estrarre la polpa,

• • Amido di riso 40 g • Amido di mais 40 g • Vaniglia 1 baccello

e Preparazion • Pesare il latte e metterlo in un pentola di rame delle

dimensioni adeguate, in modo tale che il liquido arrivi a circa 3/4 dell’altezza del recipiente. • A parte, pesare il tuorlo e lo zucchero, unendo poi i due composti mescolandoli velocemente con l’aiuto di una frusta, così che lo zucchero non plastifichi il tuorlo. Lo zucchero, infatti, essendo igroscopico, attira la poca acqua presente nel tuorlo e tende a formare dei piccoli punti che difficilmente si riusciranno a togliere anche quando la crema è ormai cotta. • A parte, pesare l’amido di riso e di mais, aggiungerli al tuorlo e allo zucchero, mescolando sempre velocemente con l’aiuto di una frusta.

489

• •

aggiungerla ai tuorli, allo zucchero e all’amido di riso e di mais e mettere il baccello stesso nel latte. Collocare il latte e il baccello della vaniglia su una fiamma a fuoco vivo e fare bollire il tutto; raggiunta l’ebollizione, versare il latte, filtrandolo, in quattro volte sul tuorlo, sullo zucchero e sugli amidi precedentemente miscelati, mescolando di volta in volta con l’aiuto di una frusta. Riportare il tutto nella pentola dove si è bollito il latte, mettere il preparato su una fiamma a fuoco vivo e, con l’aiuto di un cucchiaio da cottura e di una frusta, rigirare la crema servendosi del cucchiaio, per evitare che essa si attacchi sul fondo, e della frusta, per mantenerla perfettamente miscelata, così che la cottura avvenga nel modo migliore. A parte, preparare ora una placchetta in acciaio ben igienizzata. Proseguire la cottura e, con l’aiuto di una sonda, controllare la temperatura della crema. Una volta che si sono raggiunti gli 85-90 °C, versare la crema nella placca di acciaio e stenderla in modo omogeneo su tutta la base, affinché la preparazione raffreddi il prima possibile. Questo passaggio è fondamentale, perché il fondo della pentola è estremamente caldo, quindi, se il tuorlo rimanesse al suo interno, cuocerebbe eccessivamente, dando spiacevoli risultati, come odore di zolfo o presenza di grumi. Coprire infine la crema con pellicola alimentare, a contatto, in modo tale che non si formino ossidazioni o condense, per evitare le contaminazioni batteriche. Abbattere quindi di temperatura a 2 °C e mantenere in frigorifero fino al momento dell’utilizzo.


490

Crema pasticcera con amido di mais e riso e il 50% di tuorlo Ingredienti • Latte intero 1000 g • Zucchero 450 g • Tuorli 500 g

Il mio ricettario • Incidere il baccello della vaniglia ed estrarre la polpa,

• • Amido di riso 35 g • Amido di mais 35 g • Vaniglia 1 baccello

e Preparazion • Pesare il latte e metterlo in un pentola di rame delle

dimensioni adeguate, in modo tale che il liquido arrivi a circa 3/4 dell’altezza del recipiente. • A parte, pesare il tuorlo e lo zucchero, unendo poi i due composti mescolandoli velocemente con l’aiuto di una frusta, così che lo zucchero non plastifichi il tuorlo Lo zucchero, infatti, essendo igroscopico, attira la poca acqua presente nel tuorlo e tende a formare dei piccoli punti che difficilmente si riusciranno a togliere anche quando la crema è ormai cotta. • A parte, pesare l’amido di riso e di mais, aggiungerli al tuorlo e allo zucchero, mescolando sempre velocemente con l’aiuto di una frusta.

• •

aggiungerla ai tuorli, allo zucchero e all’amido di riso e di mais e mettere il baccello stesso nel latte. Collocare il latte e il baccello della vaniglia su una fiamma a fuoco vivo e fare bollire il tutto; raggiunta l’ebollizione, versare il latte, filtrandolo, in quattro volte sul tuorlo, sullo zucchero e sugli amidi precedentemente miscelati, mescolando di volta in volta con l’aiuto di una frusta. Riportare il tutto nella pentola dove si è bollito il latte, mettere il preparato su una fiamma a fuoco vivo e, con l’aiuto di un cucchiaio da cottura e di una frusta, rigirare la crema servendosi del cucchiaio, per evitare che essa si attacchi sul fondo, e della frusta, per mantenerla perfettamente miscelata, così che la cottura avvenga nel modo migliore. A parte, preparare ora una placchetta in acciaio ben igienizzata. Proseguire la cottura e, con l’aiuto di una sonda, controllare la temperatura della crema. Una volta che si sono raggiunti gli 85-90 °C, versare la crema nella placca di acciaio e stenderla in modo omogeneo su tutta la base, affinché la preparazione raffreddi il prima possibile. Questo passaggio è fondamentale, perché il fondo della pentola è estremamente caldo, quindi, se il tuorlo rimanesse al suo interno, cuocerebbe eccessivamente, dando spiacevoli risultati, come odore di zolfo o presenza di grumi. Coprire infine la crema con pellicola alimentare, a contatto, in modo tale che non si formino ossidazioni o condense, per evitare le contaminazioni batteriche. Abbattere quindi di temperatura a 2 °C e mantenere in frigorifero fino al momento dell’utilizzo.


Crema pasticcera con amido di riso, amido di mais e il 30% di tuorlo Ingredienti • • • •

Latte intero 700 g Panna 300 g Zucchero 450 g Tuorli 500 g

• Amido di riso 40 g • Amido di mais 40 g • Vaniglia 1 baccello

Il mio ricettario

• Incidere il baccello della vaniglia ed estrarre la polpa,

Preparazion

e

• Pesare il latte e la panna e metterli in un pentola di rame

delle dimensioni adeguate, in modo tale che il liquido arrivi a circa 3/4 dell’altezza del recipiente. • A parte, pesare il tuorlo e lo zucchero, unendo poi i due composti mescolandoli velocemente con l’aiuto di una frusta, così che lo zucchero non plastifichi il tuorlo. Lo zucchero, infatti, essendo igroscopico, attira la poca acqua presente nel tuorlo e tende a formare dei piccoli punti che difficilmente si riusciranno a togliere anche quando la crema è ormai cotta. • A parte, pesare l’amido di riso e di mais, aggiungerli al tuorlo e allo zucchero, mescolando sempre velocemente con l’aiuto di una frusta.

491

• •

aggiungerla ai tuorli, allo zucchero e all’amido di riso e di mais e mettere il baccello stesso nel latte. Collocare il latte, la panna e il baccello della vaniglia su una fiamma a fuoco vivo e fare bollire il tutto; raggiunta l’ebollizione, versare il latte, filtrandolo, in quattro volte sul tuorlo, sullo zucchero e sugli amidi precedentemente miscelati, mescolando di volta in volta con l’aiuto di una frusta. Riportare il tutto nella pentola dove si è bollito il latte, mettere il preparato su una fiamma a fuoco vivo e, con l’aiuto di un cucchiaio da cottura e di una frusta, rigirare la crema servendosi del cucchiaio, per evitare che essa si attacchi sul fondo, e della frusta, per mantenerla perfettamente miscelata, così che la cottura avvenga nel modo migliore. A parte, preparare ora una placchetta in acciaio ben igienizzata. Proseguire la cottura e, con l’aiuto di una sonda, controllare la temperatura della crema. Una volta che si sono raggiunti gli 85-90 °C, versare la crema nella placca di acciaio e stenderla in modo omogeneo su tutta la base, affinché la preparazione raffreddi il prima possibile. Questo passaggio è fondamentale, perché il fondo della pentola è estremamente caldo, quindi, se il tuorlo rimanesse al suo interno, cuocerebbe eccessivamente, dando spiacevoli risultati, come odore di zolfo o presenza di grumi. Coprire infine la crema con pellicola alimentare, a contatto, in modo tale che non si formino ossidazioni o condense, per evitare le contaminazioni batteriche. Abbattere quindi di temperatura a 2 °C e mantenere in frigorifero fino al momento dell’utilizzo.


492

Crema pasticcera al cioccolato Ingredienti • • • •

Latte intero 900 g Panna 100 g Zucchero 200 g Tuorli 250 g

Il mio ricettario • Collocare il tutto su una fiamma a fuoco vivo e far bollire;

• • • • •

Cacao amaro 50 g Amido di mais 40 g Cioccolato fondente 150 g Burro 100 g

e Preparazion • Pesare il latte e la panna e metterli in un pentola di rame

delle dimensioni adeguate, in modo tale che il liquido arrivi a circa 3/4 dell’altezza del recipiente. • A parte, pesare il tuorlo e lo zucchero, unendo poi i due composti mescolandoli velocemente con l’aiuto di una frusta, così che lo zucchero non plastifichi il tuorlo. Lo zucchero, infatti, essendo igroscopico, attira la poca acqua presente nel tuorlo e tende a formare dei piccoli punti che difficilmente si riusciranno a togliere anche quando la crema è ormai cotta. • A parte, pesare l’amido di mais e il cacao, aggiungerli al tuorlo e allo zucchero, mescolando sempre velocemente con l’aiuto di una frusta. • Incidere la bacca della vaniglia ed estrarre la polpa, aggiungerla ai tuorli, allo zucchero, al cacao e all’amido di mais e mettere il baccello nel latte.

• •

raggiunta l’ebollizione, versare il latte filtrandolo in quattro volte sul tuorlo, lo zucchero e l’amido di mais e il cacao precedentemente miscelati, mescolando di volta in volta con l’aiuto di una frusta. Riportare il tutto nella pentola dove si è bollito il latte, mettere il preparato su una fiamma a fuoco vivo e, con l’aiuto di un cucchiaio da cottura e di una frusta, rigirare la crema servendosi del cucchiaio, per evitare che essa si attacchi sul fondo, e della frusta, per mantenerla perfettamente miscelata, così che la cottura avvenga nel modo migliore. A parte, preparare ora una placchetta in acciaio ben igienizzata. Proseguire la cottura e, con l’aiuto di una sonda, controllare la temperatura della crema. Una volta che si sono raggiunti gli 85-90 °C, versare la crema nella placca di acciaio e stenderla in modo omogeneo su tutta la base, affinché la preparazione raffreddi il prima possibile. Questo passaggio è fondamentale, perché il fondo della pentola è estremamente caldo, quindi, se il tuorlo rimanesse al suo interno, cuocerebbe eccessivamente, dando spiacevoli risultati, come odore di zolfo o presenza di grumi. A parte pesare il cioccolato e il burro, unirli in una bacinella e scioglierli delicatamente al microonde; quando la crema arriverà intorno a 40 °C, unirvi il burro e il cioccolato sciolti e mescolare il tutto in modo omogeneo. Coprire infine la crema con pellicola alimentare, a contatto, in modo tale che non si formino ossidazioni o condense, per evitare le contaminazioni batteriche. Abbattere quindi di temperatura a 2 °C e mantenere in frigorifero fino al momento dell’utilizzo.


La crema inglese Crema inglese

Crema inglese con il 50% di panna e il 50% latte

Ingredienti • Latte 1000 g • Tuorli 420 g

Preparazion

• Zucchero 320 g • Vaniglia 1 baccello

Ingredienti • Latte 500 g • Panna 500 g • Tuorli 420 g

• Zucchero 320 g • Vaniglia 1 baccello

e

• Pesare il latte e versarlo in una pentola. • A parte pesare il tuorlo e lo zucchero, porli in una •

Il mio ricettario

493

bowl di acciaio e mescolarli velocemente con l’aiuto di una frusta. Tagliare un baccello di vaniglia per il senso della lunghezza, estrarne la polpa con la punta di un coltellino e unirla al tuorlo e allo zucchero. Inserire il baccello della vaniglia nel latte e porre la pentola su una fiamma a fuoco vivo; quando il latte arriva a bollore, versare il tutto, in quattro volte, sul tuorlo, lo zucchero e la vaniglia miscelati, mescolando velocemente con una frusta da pasticceria. Mettere il tutto dentro la pentola su una fiamma a fuoco vivo; con l’aiuto di un cucchiaio e di una frusta rimescolare in continuazione, alternando i due utensili, in modo tale da evitare che la preparazione si attacchi al fondo della pentola. A parte, porre una placca in acciaio a bordi alti in abbattitore in modo da raffreddarla il più possibile e, con l’aiuto di una sonda da pasticceria, controllare la temperatura della crema. Quando avrà raggiunto gli 85 °C, il prodotto dovrà essere immediatamente tolto dalla pentola, così che le proteine del tuorlo non denaturino e coagulino formando tanti piccoli grumi, e versato nella placca in acciaio precedentemente raffreddata, per fare in modo che la cottura si arresti immediatamente. Coprire quindi la crema con della pellicola per alimenti a contatto e abbattere di temperatura. Conservarla poi in frigorifero in contenitori di acciaio con chiusura ermetica.

e Preparazion • Pesare il latte e la panna e porli in una pentola. • A parte pesare il tuorlo e lo zucchero, mettendoli

• •

in una bowl di acciaio e mescolandoli velocemente con l’aiuto di una frusta. Tagliare un baccello di vaniglia per il senso della lunghezza, estrarne la polpa con la punta di un coltellino e unirla al tuorlo e allo zucchero. Introdurre il baccello della vaniglia nel latte e nella panna, ponendo poi la pentola su una fiamma a fuoco vivo; quando il latte e la panna saranno arrivati a bollore, versare il tutto, in quattro volte, sul tuorlo, lo zucchero e la vaniglia miscelati, mescolando velocemente con una frusta da pasticceria. Collocare il tutto dentro la pentola su di una fiamma a fuoco vivo; con l’aiuto di un cucchiaio e di una frusta rimescolare in continuazione, alternando i due utensili, per evitare che la preparazione si attacchi al fondo della pentola, ma facendo in modo che risulti omogenea. A parte, porre una placca in acciaio a bordi alti in abbattitore, in modo tale da raffreddarla il più possibile e, con l’aiuto di una sonda da pasticceria, controllare la temperatura della crema. Quando avrà raggiunto gli 85 °C, il prodotto dovrà essere immediatamente tolto dalla pentola, così che le proteine del tuorlo non denaturino e coagulino formando tanti piccoli grumi, e versato nella placca in acciaio precedentemente raffreddata, per fare in modo che la cottura si arresti immediatamente. Coprire quindi la crema con della pellicola per alimenti a contatto e abbattere di temperatura. Conservarla poi in frigorifero in contenitori di acciaio con chiusura ermetica.


494

Le creme al burro

Il mio ricettario

La crema al burro è un composto formato da una montata di burro alla quale si possono addizionare la base semifreddo, la meringa italiana o la crema inglese. Il burro, che in questa preparazione ha un ruolo preponderante, conferisce una consistenza estremamente cremosa e una conservabilità maggiore. La crema al burro viene utilizzata per farcire torte o per la piccola pasticceria.

Crema al burro 1 Ingredienti • Burro 1000 g • Zucchero 900 g • Albumi 350 g

Preparazion

• Acqua 200 g • Vaniglia 1 baccello

e

Per la meringa italiana • Pesare l’albume e versarlo nella bowl di una planetaria munita di una frusta, montare a velocità alta finché il composto non raggiunge il doppio del suo volume e poi fermare la macchina. • Nel frattempo, pesare l’acqua e porla in un polsonetto di rame. • A parte pesare lo zucchero, unirlo all’acqua, rimescolare velocemente con l’aiuto di una frusta e riporre il polsonetto su una fiamma moderata. • Con l’aiuto di una sonda, controllare la temperatura di cottura e, raggiunti i 90 °C, asportare con una schiumarola eventuali impurità prodotte dallo zucchero. • Continuare la cottura alzando la fiamma a vivo, facendo sempre attenzione che non esca dal diametro del fondo del polsonetto, in modo tale che non ne surriscaldi eccessivamente le pareti. • A parte, preparare una piccola bowl con acqua calda e intingervi un pennello che si utilizzerà per pulire le eventuali goccioline di sciroppo schizzate sui bordi, così che non vadano a caramellare e quindi a ricadere nello zucchero in cottura, producendo ricristallizzazioni dello zucchero e colorazioni sgradevoli.

• Raggiunta la temperatura di 118 °C, riavviare la

planetaria con all’interno l’albume e ultimare la cottura dello zucchero fino a 121 °C. A questo punto, versare velocemente metà dello zucchero a filo nella planetaria in movimento a bassa velocità, alzare la potenza dello sbattimento ad alta velocità per alcuni secondi e poi riabbassarla. • Infine, versare la seconda parte di zucchero sempre a filo e riportare la planetaria ad alta velocità. • Montare finché la meringa non risulti ben ferma. Per il burro • Pesare il burro, tagliarlo in piccoli cubi e scaldarlo in una bacinella fino alla temperatura di 16 °C, in modo tale che assuma una consistenza morbida. • A parte, incidere il baccello di vaniglia per la sua lunghezza, estrarne la polpa con l’aiuto di un coltellino e aggiungerla al burro. Finitura • Mentre la meringa sta ancora montando, aggiungere il burro a piccoli quantitativi e a intervalli brevi. • Una volta aggiunto tutto il burro, fermare la macchina e controllare che sia stato completamente assorbito e montato con la meringa italiana; se è il caso, riportare in planetaria oppure, con l’aiuto di un raschietto di plastica, trasferire la crema in un contenitore ermetico. • Questa tipologia di crema si presta a essere utilizzata immediatamente. Tuttavia, se la si vuole conservare in frigorifero a 4 °C bisogna tenere presente che, una volta raffreddata, la crema si presenterà di consistenza molto ferma, in seguito alla percentuale di burro immessa nella ricetta. Inoltre, bisogna far sì che, prima di essere utilizzato, il prodotto arrivi a una temperatura di circa 14 °C, in modo tale che risulti nuovamente lavorabile.


Crema al burro 2 Ingredienti • Burro 1000 g • Zucchero 500 g • Tuorli 280 g

Preparazion

• Acqua 150 g • Glucosio 25 g • Vaniglia 1 baccello

e

Per la base semifreddo • Pesare i tuorli e inserirli nella bowl di una planetaria munita di frusta. • A parte, pesare separatamente l’acqua, lo zucchero e il glucosio. • Versare l’acqua in un pentola di rame e aggiungervi lo zucchero, mescolare e portare il tutto su una fiamma; con una sonda controllare la temperatura e, raggiunti i 90 °C circa, schiumare la preparazione con l’aiuto di una schiumarola. • Aggiungere quindi il glucosio e continuare la cottura; quando il composto arriverà intorno ai 110 °C, accendere la planetaria con i tuorli all’interno della bowl e montarli. • Quando lo zucchero avrà raggiunto la temperatura di 121 °C, portare la potenza della planetaria al minimo e versare a filo sui tuorli in movimento lo zucchero cotto, per metà dose. • Aumentare ora la velocità della macchina per alcuni secondi e poi riabbassarla, aggiungere lo zucchero rimanente, sempre a filo, e aumentare di nuovo la velocità. Infine, montare fino a ottenere una crema di consistenza ferma.

Il mio ricettario

495

Per il burro • Pesare il burro, tagliarlo in cubetti e inserirlo in una piccola bowl. • A parte, tagliare per il lungo il baccello della vaniglia, estrarne la polpa e aggiungerla al burro. • Portare quindi il composto a una temperatura di 16 °C nel microonde, in modo tale che risulti ben morbido. Finitura • Mentre il tuorlo e lo zucchero stanno ancora montando, abbassare leggermente la velocità della planetaria e aggiungere il burro a piccoli fiocchi, in modo tale che il tuorlo riesca a montare con esso. • Una volta associato tutto il burro e la vaniglia, aumentare la potenza della planetaria per pochi minuti, poi fermare la macchina e controllare la consistenza del preparato; se è il caso, proseguire a montare oppure, con l’aiuto di un raschietto di plastica, portare la crema al burro in un contenitore di plastica ermetico. • Questa tipologia di crema si presta a essere utilizzata immediatamente; tuttavia, se la si vuole conservare in frigorifero a 4 °C bisogna tenere presente che, una volta raffreddata, si presenterà di consistenza molto ferma, per la percentuale di burro usata nella ricetta. Inoltre, bisogna fare in modo che, prima di essere utilizzato, il prodotto arrivi a una temperatura di circa 14 °C, così che risulti nuovamente lavorabile.

Crema al burro 3 • A parte, incidere in lunghezza il baccello di vaniglia,

Ingredienti • Burro morbido 1000 g • Zucchero fondente 700 g • Crema pasticcera 300 g

Preparazion

• Vaniglia 1 baccello

e

• Pesare il burro, tagliarlo in piccoli cubi, metterlo

in una bowl di plastica e scaldarlo al microonde fino alla temperatura di 14 °C.

estrarne la polpa con l’aiuto di un coltellino e aggiungerla al burro; porre il tutto nella bowl di una planetaria munita di frusta e procedere a montare. • Pesare lo zucchero fondente e ammorbidirlo leggermente all’interno di una bowl di plastica al microonde, abbassare la velocità del burro in planetaria e aggiungergli a piccoli fiocchi lo zucchero fondente, con la macchina sempre in movimento; una volta inserito tutto lo zucchero, aumentare di velocità e montare il tutto. • Conservare, infine, la preparazione in contenitori ermetici di plastica.


496

Il mio ricettario

Le creme leggere

La crema leggera è un composto formato da crema pasticcera con l’aggiunta di gelatina animale, aromi e panna montata a lucido.

Crema leggera al caramello Preparazion

Ingredienti • • • • • •

Crema pasticcera 300 g Gelatina in fogli 10 g Acqua per la gelatina 50 g Panna 700 g Caramello 50 g Zucchero 70 g

Per il caramello • Zucchero 40 g • Panna 40 g

e

• Pesare lo zucchero e, a parte,

la panna in una bowl di plastica che scalderemo al microonde. Posizionare una pentola in rame sulla fiamma a fuoco vivo, introdurvi lo zucchero per cuocerlo a secco poco alla volta, facendo attenzione che non bruci. Una volta raggiunta la colorazione caramello, versare la panna sullo zucchero, per fermare la cottura, e cuocere ancora per due minuti, finché il composto non risulta uniforme. Spegnere il fuoco, trasferire il caramello in una bowl di plastica e pesarne 50 g. Preparare una crema pasticcera base (➜ ricetta crema pasticcera), pesare a parte la gelatina animale e idratarla in acqua molto fredda.

• Una volta che la crema ha raggiunto

la temperatura di 40 °C, associare il caramello già pesato, la gelatina animale reidratata e mescolare il tutto; portare quindi il composto alla temperatura di 30 °C. • A parte, pesare la panna con lo zucchero, introdurli nella bowl di una planetaria munita di frusta e montare a lucido, in modo tale che il composto non risulti troppo fermo; aggiungerlo poi alla crema pasticcera aromatizzata al caramello e alla gelatina animale e, con l’aiuto di una frusta, mescolare velocemente, con pochi movimenti, la panna con la crema, fino a formare una struttura ben legata e ferma. • Versare la crema leggera in un contenitore ermetico e conservare in frigorifero a 4 °C oppure comporre il dolce desiderato.


Il mio ricettario

Crema leggera al Cointreau Ingredienti • • • • •

Crema pasticcera 600 g Gelatina in fogli 20 g Acqua per la gelatina 100 g Panna montata 1400 g Scorza d’arancia grattugiata 30 g • Zucchero a velo 140 g • Cointreau 60 g

Preparazion

497

e

• Realizzare una crema pasticcera

base (➜ ricetta crema pasticcera), pesare la gelatina animale e idratarla in acqua molto fredda. • Quando la crema pasticcera avrà raggiunto la temperatura di 40 °C, aggiungervi la gelatina animale reidratata, il Cointreau e la scorza di arancio. • A parte, pesare la panna, aggiungervi lo zucchero a velo e introdurre il tutto nella bowl di una planetaria munita di frusta; montare a lucido, così che il composto non risulti troppo fermo, e arrestare la macchina.

• Controllare la temperatura della

crema, che dovrà essere all’incirca di 30 °C, e aggiungervi la panna a lucido; con l’aiuto di una frusta, mescolare il tutto velocemente, in modo tale da formare un composto compatto e perfettamente omogeneo. • Conservare in frigorifero in un contenitore ermetico di plastica oppure utilizzare per la preparazione voluta.

Crema leggera alla nocciola Ingredienti • • • • • • •

Crema pasticcera 1200 g Gelatina in fogli 40 g Acqua per la gelatina 200 g Panna montata 2800 g Nocciola in pasta 300 g Nocciola in granella 120 g Zucchero a velo 140 g

Preparazion

e

• Preparare una crema pasticcera

base (➜ ricetta crema pasticcera), pesare la gelatina animale e idratarla in acqua molto fredda. • Quando la crema pasticcera raggiungerà la temperatura di 40 °C, aggiungervi la gelatina animale reidratata, la pasta di nocciola e la granella di nocciola, pesate in precedenza. • A parte, pesare la panna, aggiungervi lo zucchero a velo e introdurre il tutto nella bowl

di una planetaria munita di frusta; montare a lucido, in modo tale che il composto non risulti troppo fermo. • Quando la crema sarà alla temperatura di 30 °C, aggiungervi la panna montata a lucido con l’aiuto di una frusta e mescolare velocemente il tutto, per formare una struttura ben liscia e uniforme. • Conservare in contenitori di plastica ermetici oppure utilizzare per le preparazioni volute.


498

La crema chiboust

Il mio ricettario

La crema chiboust è un composto che ha come base la crema pasticcera, con l’aggiunta di gelatina in fogli e di meringa italiana: la si impiega con varie tipologie di dessert, come ad esempio la Saint Honoré. La meringa italiana serve per dare leggerezza e una struttura estremamente areata al composto, oltre che un sapore dolce alla crema finita, motivo per cui la base della crema stessa avrà un quantitativo minimo di zucchero. La difficoltà nella preparazione di questa crema consiste nell’aggiungere la meringa italiana alla crema pasticcera, che non dovrà mai essere fredda, in modo tale da agevolare l’operazione e non rischiare di smontare la crema finita.

Crema chiboust al miele Ingredienti • • • •

Latte intero 110 g Panna 90 g Miele alla lavanda 120 g Tuorli d’uovo 110 g

• • • •

Vaniglia ½ baccello Amido di mais 17 g Gelatina in fogli 12 g Acqua per gelatina 60 g

Per la meringa italiana • Zucchero semolato 170 g • Acqua 50 g • Albumi d’uovo 210 g

Preparazion

e

• Pesare l’albume e versarlo nella bowl di una planetaria munita di frusta.

• A parte pesare 35 g di zucchero e unirli all’albume,

• •

montare il tutto a velocità alta finché il composto non raggiunge il doppio del suo volume iniziale e poi fermare la macchina. Nel frattempo, pesare l’acqua e porla in un polsonetto di rame; a parte, pesare lo zucchero e unirlo all’acqua, rimescolare velocemente con l’aiuto di una frusta e mettere il polsonetto stesso su una fiamma moderata. Con l’aiuto di una sonda controllare la temperatura di cottura e, giunti a 90 °C, asportare con una schiumarola le eventuali impurità prodotte dallo zucchero. Continuare la cottura alzando la fiamma a vivo, facendo sempre attenzione che il preparato non esca dal diametro del fondo del polsonetto, in modo tale che non surriscaldi eccessivamente le pareti. A parte, preparare una piccola bowl con acqua calda e intingervi un pennello, che si userà per pulire le eventuali goccioline di sciroppo schizzate sui bordi, per evitare che vadano a caramellare e quindi a ricadere nello zucchero in cottura, producendo ricristallizzazioni dello zucchero e colorazioni sgradevoli. Alla temperatura di 118 °C, riavviare la planetaria con all’interno l’albume e ultimare la cottura dello zucchero fino a 121 °C. A questo punto, versare velocemente metà dello zucchero a filo nella planetaria in movimento

a bassa velocità, alzare la potenza dello sbattimento ad alta velocità per alcuni secondi e poi riabbassarla. • Versare quindi la seconda parte di zucchero sempre a filo e riportare la planetaria ad alta velocità. • Montare infine il preparato finché la meringa non risulti ben ferma, senza, però, che arrivi a fioccare. Per la crema pasticcera • Pesare il latte e la panna e introdurli in un pentolino di rame. • A parte pesare il tuorlo, il miele alla lavanda e l’amido di mais e mescolarli all’interno di una bowl di acciaio con l’aiuto di una frusta. • Incidere ora il baccello della vaniglia e asportarne la polpa con l’aiuto di un coltellino, aggiungere la vaniglia al tuorlo, al miele e all’amido di mais e mescolare ancora. • Collocare su una fiamma a fuoco vivo il latte e la panna, aggiungervi il baccello della vaniglia e portare a bollore; filtrare il preparato sul composto di tuorlo, miele e amido, in quattro volte, mescolando con una frusta. • Reintrodurre quindi il tutto nel pentolino di rame e cuocere a fiamma viva, controllando con una sonda la temperatura, che dovrà arrivare a 85-90 °C, mescolando sempre con un cucchiaio da cottura e una frusta, per non fare attaccare la crema sul fondo della pentola. • Togliere dal fuoco e versare il composto in una bowl fredda. • Pesare la gelatina animale e idratarla con acqua molto fredda; quando la crema arriverà a 40 °C, aggiungervi la gelatina animale reidratata, mescolare il tutto e fare raffreddare ancora fino a circa 30 °C. Finitura • Fermare la planetaria con la meringa italiana all’interno e aggiungervi la crema pasticcera. • Mescolare velocemente con l’aiuto di una frusta in modo tale da formare una crema ben ferma e omogenea. • Conservare in recipienti di plastica chiusi ermeticamente oppure utilizzare direttamente la crema per le preparazioni volute. • Lasciare riposare, dopo avere aggiunto la crema pasticcera alla meringa all’italiana, il composto per almeno un’ora in frigorifero in modo tale che la gelatina animale gelifichi perfettamente. Questo permetterà di ottenere una consistenza più compatta, evitando che la crema smonti durante l’utilizzo.


Il mio ricettario

499

Crema chiboust al cioccolato Ingredienti • • • •

Latte intero 250 g Tuorli d’uovo 120 g Zucchero semolato 50 g Amido di mais 20 g

• Gelatina in fogli 6 g • Massa di cacao 60 • Acqua per la gelatina 30 g

Per la meringa italiana • Zucchero semolato 200 g • Acqua 70 g • Albumi d’uovo 320 g

Preparazion

e

• Pesare l’albume e versarlo nella bowl di una planetaria

• • • •

munita di frusta, montarlo a velocità alta fino a quando il suo volume raddoppia, poi fermare la macchina. Nel frattempo, pesare l’acqua e versarla in un polsonetto di rame. A parte, pesare lo zucchero e unirlo all’acqua, rimescolare velocemente con l’aiuto di una frusta e riporre il polsonetto su una fiamma moderata. Con l’aiuto di una sonda controllare la temperatura di cottura e, raggiunti i 90 °C, asportare con una schiumarole le eventuali impurità prodotte dallo zucchero. Continuare la cottura alzando la fiamma a vivo, facendo sempre attenzione che non esca dal diametro del fondo del polsonetto, in modo tale che non ne surriscaldi eccessivamente le pareti. A parte, preparare una piccola bowl con acqua calda e intingervi un pennello che si userà per pulire le eventuali goccioline di sciroppo schizzate sui bordi, così che non vadano a caramellare e quindi a ricadere nello zucchero in cottura, producendo ricristallizzazioni dello zucchero stesso e colorazioni sgradevoli. Raggiunta la temperatura di 118 °C, riavviare la planetaria con all’interno l’albume e ultimare la cottura dello zucchero fino a 121 °C. A questo punto, versare rapidamente metà dello zucchero a filo nella planetaria in movimento a bassa

velocità, alzare la potenza dello sbattimento ad alta velocità per alcuni secondi e poi riabbassarla. • Versare quindi la seconda parte di zucchero, sempre a filo, e riportare la planetaria ad alta velocità. • Montare finché la meringa non risulti ben ferma, senza, però, che arrivi a fioccare. Per la crema pasticcera al cioccolato • Pesare il latte e versarlo in un pentolino di rame; a parte, pesare il tuorlo, lo zucchero e l’amido di mais e miscelarli velocemente con l’aiuto di una frusta. • Portare a ebollizione il latte su una fiamma a fuoco vivo, versarlo, in tre volte, sul preparato di tuorlo, zucchero e amido, mescolando con una frusta. • Riporre il tutto in una pentola e cuocere a fuoco vivo, rimestando con un cucchiaio alternato a una frusta, in modo tale che il prodotto non attacchi sul fondo. • Raggiunta la temperatura di 85-90 °C, versare il composto in una bowl e raffreddare fino alla temperatura di 40 °C. • A parte, pesare la gelatina e idratarla in acqua molto fredda, poi pesare la pasta di cacao e scioglierla delicatamente al microonde. • Quando la crema sarà arrivata alla temperatura di 40 °C, aggiungervi la gelatina reidratata e mescolare il composto; aggiungere quindi la pasta di cacao e portare il tutto a 30 °C. Finitura • Fermare la macchina nella quale stava montando la meringa italiana, introdurre la crema pasticcera nella stessa bowl e, con l’aiuto di una frusta, mescolare velocemente il tutto a mano, con pochi movimenti, per ottenere un composto ben fermo e omogeneo. • Conservare in contenitori di plastica chiusi ermeticamente oppure utilizzare per la preparazione voluta. • Lasciare riposare, dopo avere aggiunto la crema pasticcera alla meringa all’italiana, il composto per almeno un’ora in frigorifero in modo tale che la gelatina animale gelifichi perfettamente. Questo permetterà di ottenere una consistenza più compatta, evitando che la crema smonti durante l’utilizzo.


500

Crema chiboust alla vaniglia

• A parte, pesare il tuorlo e lo zucchero e unire i due

Ingredienti • • • •

Latte intero 500 g Tuorli d’uovo 240 g Zucchero semolato 100 g Amido di mais 60 g

• Gelatina in fogli 16 g • Vaniglia 1 baccello • Acqua per la gelatina 80 g

Per la meringa italiana • Zucchero semolato 390 g • Acqua 120 g • Albumi d’uovo 350 g

e Preparazion • Pesare l’albume e versarlo nella bowl di una planetaria •

• •

Il mio ricettario

munita di frusta, montarlo a velocità alta, fino a fargli raddoppiare il volume, poi fermare la macchina. Nel frattempo, pesare l’acqua e versarla in un polsonetto di rame; a parte, pesare lo zucchero e unirlo all’acqua, rimescolare velocemente con l’aiuto di una frusta e riporre il polsonetto stesso su una fiamma moderata. Con l’aiuto di una sonda controllare la temperatura di cottura e, raggiunti i 90 °C, asportare con una schiumarola le eventuali impurità prodotte dallo zucchero. Continuare la cottura alzando la fiamma a vivo, facendo sempre attenzione che non esca dal diametro del fondo del polsonetto, in modo tale che non ne surriscaldi eccessivamente le pareti. A parte, preparare una piccola bowl con acqua calda e intingervi un pennello che si userà per pulire le eventuali goccioline di sciroppo schizzate sui bordi, così che non vadano a caramellare e quindi a ricadere nello zucchero in cottura, producendo ricristallizzazioni dello zucchero stesso e colorazioni sgradevoli. Raggiunta la temperatura di 118 °C, riavviare la planetaria con all’interno l’albume e ultimare la cottura dello zucchero fino a 121 °C. A questo punto, versare rapidamente metà dello zucchero a filo nella planetaria in movimento a bassa velocità, alzare la potenza dello sbattimento ad alta velocità per alcuni secondi e poi riabbassarla. Montare finché la meringa non risulti ben ferma, senza, però, che arrivi a fioccare.

Per la crema pasticcera • Pesare il latte e porlo in un pentola di rame delle dimensioni adeguate, in modo tale che il liquido arrivi a circa tre quarti dell’altezza del contenitore.

• •

composti mescolandoli velocemente con l’aiuto di una frusta, così che lo zucchero non plastifichi il tuorlo. Lo zucchero, infatti, essendo igroscopico, attira la poca acqua presente nel tuorlo e tende a formare dei puntini che difficilmente si riusciranno a togliere anche quando la crema è cotta. A parte, pesare ora l’amido di mais, aggiungerlo al tuorlo e allo zucchero, mescolando sempre velocemente con l’aiuto di una frusta. Incidere il baccello della vaniglia ed estrarne la polpa, aggiungerla ai tuorli, allo zucchero e all’amido di mais e mettere il baccello nel latte. Collocare il latte e il baccello della vaniglia su una fiamma a fuoco vivo e fare bollire il tutto; raggiunta l’ebollizione, versare il latte filtrandolo, in quattro volte, sul tuorlo, lo zucchero e la farina miscelati in precedenza, mescolando di volta in volta con l’aiuto di una frusta. Riportare il tutto nella pentola dove si è bollito il latte, collocarla su una fiamma a fuoco vivo e, con l’aiuto di un cucchiaio da cottura e di una frusta, girare ripetutamente la crema, servendosi del cucchiaio per evitare che essa si attacchi sul fondo e della frusta per mantenerla perfettamente miscelata, così che la cottura avvenga nel modo corretto. Continuare la cottura e, mediante una sonda, controllare la temperatura della crema. Una volta raggiunti gli 85-90 °C, versare immediatamente la crema in una bowl e raffreddare il composto fino a 40 °C. A parte, pesare la gelatina e idratarla in acqua molto fredda; quando la crema è ormai a 40 °C, aggiungervi la gelatina reidratata, mescolare il tutto e lasciare raffreddare ancora fino a 30 °C.

Finitura • Fermare la macchina nella quale stava montando la meringa italiana, introdurre la crema pasticcera nella stessa bowl e, con l’aiuto di una frusta, mescolare velocemente il tutto, a mano e con pochi movimenti, in modo tale da ottenere un composto ben fermo e omogeneo. • Conservare la crema in contenitori di plastica chiusi ermeticamente oppure utilizzarla per la preparazione desiderata. • Lasciare riposare, dopo avere aggiunto la crema pasticcera alla meringa all’italiana, il composto per almeno un’ora in frigorifero in modo tale che la gelatina animale gelifichi perfettamente. Questo permetterà di ottenere una consistenza più compatta, evitando che la crema smonti durante l’utilizzo.


La crema mousseline

Il mio ricettario

501

La base della crema mousseline è la crema pasticcera, con aggiunta di burro ed eventuali aromi, ma, a differenza della crema al burro, in questo caso il ruolo preponderante spetta proprio alla crema pasticcera. Inoltre, la mousseline non contiene gelatina, poiché il burro, una volta portato alla temperatura di 4 °C, le conferisce consistenza e conservabilità. Questa crema è impiegata per la pasticceria mignon o per farcire le torte.

Crema mousseline alle mandorle Ingredienti • Burro 350 g • Marsala secco 40 g • Macinatura di mandorle 430 g • Crema pasticcera 500 g Per la macinatura delle mandorle • Zucchero semolato 200 g • Acqua 70 g • Albumi d’uovo 320 g

Preparazion

e

• Tostare leggermente in forno le mandorle a 180 °C

per 10 minuti e raffreddarle.

con le mandorle tostate, quindi macinare il tutto in una raffinatrice oppure in un cutter.

• A parte, pesare lo zucchero a velo e mescolarlo

Per la mousseline • Pesare il burro, tagliarlo a cubetti e ammorbidirlo a 14 °C nel microonde. • Metterlo poi nella bowl di una planetaria munita di frusta e aggiungervi la macinatura di mandorla. • Montare il tutto a velocità alta finché il burro non risulterà ben spumoso, pesare il marsala in una caraffa, moderare la velocità della planetaria, e aggiungerlo poco alla volta; riportare la planetaria al massimo della velocità e, dopo aver amalgamato il marsala, rallentare la velocità della macchina. • Aggiungere la crema pasticcera, aumentare ancora la velocità della planetaria e controllare la consistenza della crema stessa, che deve risultare ben soffice, senza tuttavia lavorarla troppo in planetaria; infatti, se il burro si riscalda eccessivamente, essa tende a separarsi dai grassi e a smontare. • Conservare il prodotto, in un contenitore ermetico di plastica, nel frigorifero a 4 °C, oppure utilizzare la crema nelle preparazioni volute.


502

Il mio ricettario

Crema mousseline alle noci e mandorle Ingredienti • Burro 350 g • Macinatura di noci 430 g • Porto 20 g

Crema mousseline al cioccolato bianco Ingredienti

• Kirsch 20 g • Crema pasticcera

500 g

Per la macinatura delle noci • Noci 100 g • Mandorle pelate 100 g • Zucchero a velo 300 g

e Preparazion • Tostare leggermente in forno le noci e le mandorle

a 180 °C per 10 minuti e raffreddarle. • A parte, pesare lo zucchero a velo e aggiungerlo alle noci e alle mandorle, poi macinare il tutto in una raffinatrice oppure in un cutter.

Per la crema mousseline • Pesare il burro, tagliarlo a cubetti e ammorbidirlo a 14 °C nel microonde. • Metterlo poi nella bowl di una planetaria munita di una frusta e aggiungervi la macinatura di mandorle e noci. • Montare il tutto a velocità alta finché il burro non risulterà ben spumoso, pesare il kirsch e il porto in una caraffa, moderare la velocità della planetaria, e aggiungere i liquori poco alla volta; alzare nuovamente la velocità e lasciare montare per 1 minuto, in modo tale che il composto risulti ben omogeneo. • Fermare la planetaria, aggiungere la crema pasticcera pesata separatamente, riportare la planetaria a massima velocità in modo che la crema risulti ben soffice e amalgamata, senza tuttavia lavorarla troppo in planetaria; infatti, se il burro si riscalda eccessivamente, essa tende a separarsi dai grassi e a smontare. • Conservare il prodotto nel frigorifero a 4 °C, in un contenitore ermetico di plastica, oppure utilizzare la crema nelle preparazioni volute.

• • • •

Latte 1000 g Tuorli 200 g Uova 50 g Zucchero 150 g

Preparazion

• • • •

Amido di mais 120 g Cioccolato bianco 500 g Rhum 75 g Burro 300 g

e

• Realizzare una crema pasticcera con il latte, i tuorli,

le uova, lo zucchero e l’amido di mais (➜ ricetta della crema pasticcera) e portarla alla temperatura di 40 °C. A parte, pesare il cioccolato bianco, scioglierlo delicatamente nel microonde in una bowl di plastica e aggiungerlo alla crema pasticcera, mescolandolo con una frusta. Pesare il rhum, aggiungerlo alla crema pasticcera e portare il tutto alla temperatura di 5 °C, con l’aiuto di una sonda. Pesare il burro, tagliarlo a cubetti e ammorbidirlo a 14 °C nel microonde, quindi metterlo nella bowl di una planetaria munita di frusta. Montare ad alta velocità e, quando il burro risulterà ben spumoso, aggiungere la crema pasticcera e montare ancora per pochi istanti, in modo tale che la crema risulti ben montata. Conservare la crema in frigorifero, in contenitori di plastica ermetici, o utilizzarla per le preparazioni volute.


Le meringhe

Il mio ricettario

503

Meringa italiana La meringa italiana, utilizzata per innumerevoli dessert, come mousse, creme tipo chiboust e decorazioni, è l’unica che non prevede la cottura, essendo stabilizzata dallo zucchero cotto.

Ingredienti • Albume 500 g • Zucchero 800 g

Preparazion

• Zucchero 200 g • Acqua 200 g

e

• Pesare l’albume e versarlo nella bowl di una planetaria munita di frusta.

• A parte pesare i 200 g di zucchero e unirli all’albume. • Montare il tutto a velocità alta, finché il composto non

raggiunge il doppio del suo volume, poi fermare la macchina. • Nel frattempo, pesare l’acqua e porla in un polsonetto di rame; a parte, pesare lo zucchero e unirlo all’acqua, rimescolare velocemente con l’aiuto di una frusta e riporre il polsonetto su una fiamma moderata. • Con l’aiuto di una sonda controllare la temperatura di cottura e, raggiunti i 90 °C, asportare con una schiumarola le eventuali impurità prodotte dallo zucchero. • Continuare la cottura alzando la fiamma a vivo, facendo sempre attenzione che non esca dal diametro del fondo del polsonetto, in modo tale che non surriscaldi eccessivamente le pareti.

• A parte preparare un piccolo ciottolino con acqua calda

e intingervi un pennello che si utilizzerà per pulire le eventuali goccioline di sciroppo schizzate sui bordi, per fare in modo che non vadano a caramellare e quindi a ricadere nello zucchero in cottura, producendo ricristallizzazioni dello zucchero e colorazioni sgradevoli. • Raggiunta la temperatura di 118 °C, riavviare la planetaria con all’interno l’albume e ultimare la cottura dello zucchero fino a 121 °C. A questo punto, versare rapidamente metà dello zucchero a filo nella planetaria, in movimento a bassa velocità; alzare quindi la potenza dello sbattimento ad alta velocità per alcuni secondi e poi riabbassarla; infine, versare la seconda parte di zucchero sempre a filo e riportare la planetaria ad alta velocità. • Montare finché la meringa non risulta ben ferma, senza, però, che arrivi a fioccare, così che non tracolli, perdendo tutta l’aria introdotta, come può accadere nel caso della preparazione della mousse alla frutta, nella quale bisogna addizionare la polpa di frutta all’interno della meringa. Si deve sempre ricordare, infatti, che un prodotto montato estremamente fermo risulterà difficile da amalgamare ad altri ingredienti, poiché è troppo denso, e si rischierà di smontarlo rovinando così tutta la preparazione. • Una volta controllata la giusta consistenza della preparazione, si può fermare la macchina, asportare la meringa con l’aiuto di un raschietto in plastica, senza schiacciarla in maniera eccessiva in modo tale da mantenere il più possibile la sua consistenza, e riporla su una teglia. A questo punto risulterà ancora leggermente calda, pertanto la si coprirà con un piccolo strato di pellicola alimentare e la si abbatterà di temperatura. La meringa è ora pronta per essere utilizzata nelle varie preparazioni desiderate.


504

Il mio ricettario

Le mousse

La mousse è un prodotto estremamente aerato, caratterizzato da una composizione che ha come fondamento la base semifreddo o la meringa italiana, a seconda del sapore che si vuole ottenere. Infatti, mentre la base semifreddo viene scelta per gusti più “grassi”, come il cioccolato, le paste di nocciola oppure di pistacchio, la meringa italiana si utilizza con i gusti alla frutta, in modo tale che il risultato finale sia più leggero e la frutta stessa abbia un ruolo preponderante. Gli altri ingredienti della mousse sono la gelatina, che funge da impalcatura, dando modo a questa preparazione di risultare stabile alla temperatura di 4 °C, e, per ultimo, la panna semimontata, che apporta leggerezza al prodotto finito. Esistono, tuttavia, anche varianti di mousse composte solamente da panna e cioccolato fondente, nelle quali, quindi, non si introduce nemmeno la gelatina perché la loro stabilità è determinata dall’abbondante burro di cacao portato alla temperatura di 4 °C.

Mousse veloce al cioccolato Ingredienti • Panna 2000 g • Cioccolato fondente 1000 g

Preparazion

Mousse veloce al cioccolato, metodo ganache Ingredienti • Cioccolato 500 g • Panna liquida 500 g

• Panna montata 400 g

e

• Pesare la panna nella bowl di una planetaria munita di frusta.

Preparazion

e

• A parte, in una bowl di plastica, pesare il cioccolato

• Pesare il cioccolato in una bowl di plastica e

fondente e scioglierlo delicatamente al microonde, mescolandolo con l’aiuto di una spatola in gomma da pasticceria. Con una sonda da pasticceria misurare di volta in volta il cioccolato e portarlo alla temperatura di 45 °C. Montare la panna a velocità sostenuta finché non risulta lucida o semimontata, quindi fermare la macchina, prelevare circa la metà di panna e inserirla nel cioccolato fuso, avendo cura che la temperatura del cioccolato quando si inserisce la panna non sia di 45 °C ma di circa 35 °C. Mescolare energicamente il composto con una frusta per pochissimi istanti, inserire la panna rimanente, eseguendo un movimento dal centro verso l’esterno con una spatola di gomma da pasticceria. Inglobare velocemente il tutto in modo tale che il prodotto finale sia ben aerato e omogeneo. Infine, colare la preparazione in stampi e abbattere a –30 °C; quando il composto risulterà congelato, estrarre dagli stampi, portare alla temperatura di 4 °C e servire.

• •

• •

scioglierlo delicatamente al microonde, mescolando con l’aiuto di una spatola in gomma da pasticceria. Con una sonda misurare di volta in volta la temperatura del cioccolato e portarlo a 45 °C. La panna non va riscaldata a 30 °C ma deve essere portata ad ebollizione e poi va versata sul cioccolato mescolando con l’aiuto di una spatola in gomma, eseguendo un moto circolatorio dal centro verso l’esterno, in modo tale da creare un’emulsione o ganache. Pesare la panna nella bowl di una planetaria munita di una frusta e montarla a velocità sostenuta finché non risulta lucida o semimontata. Fermare la macchina, versare la panna sull’emulsione di cioccolato e panna liquida e, con l’aiuto di una frusta, mescolare velocemente il tutto fino a ottenere un prodotto di consistenza omogenea e ben aerato. Colare la mousse in appositi stampi e abbattere di temperatura a –30 °C. Infine, estrarre il preparato dagli stampi e riporlo in frigorifero fino a raggiungere la temperatura di servizio di 4 °C al cuore del prodotto.


Il mio ricettario Mousse veloce al cioccolato bianco, metodo ganache Ingredienti

Mousse al cioccolato con base semifreddo Ingredienti

• Panna liquida 500 g • Cioccolato bianco 1000 g

Preparazion

505

• Panna semimontata

1300 g

e

• Pesare il cioccolato in una bowl di plastica

e scioglierlo delicatamente al microonde, mescolandolo con l’aiuto di una spatola in gomma. • Con una sonda da pasticceria misurare di volta in volta il cioccolato e portarlo alla temperatura di 45 °C. • La panna non va riscaldata a 30 °C ma deve essere portata ad ebollizione e poi va versata sul cioccolato, mescolando con l’aiuto di una spatola in gomma, eseguendo un moto circolatorio dal centro verso l’esterno, in modo tale da creare un’emulsione o ganache. • Pesare la panna nella bowl di una planetaria munita di una frusta e montarla a velocità sostenuta finché non risulta lucida o semimontata. • Fermare la macchina, versare la panna sull’emulsione di cioccolato e panna liquida e, con l’aiuto di una frusta, mescolare velocemente il tutto fino a ottenere un prodotto di consistenza omogenea e ben aerato. • Colare la mousse in appositi stampi e abbattere di temperatura a –30 °C. • Infine, estrarre il preparato dagli stampi e riporlo in frigorifero fino a raggiungere la temperatura di servizio di 4 °C al cuore del prodotto.

Per la base semifreddo • Zucchero 300 g • Acqua 105 g • Uova 405 g Per la mousse • Massa di cacao 90 g • Copertura al cioccolato al 72% 360 g • Burro 165 g • Panna fresca 750 g • Gelatina animale 15 g • Acqua per la gelatina 75 g

Preparazion

e

• Pesare la gelatina animale e reidratarla con un poco di acqua ben fredda.

Per la base semifreddo • Pesare l’acqua e introdurla in una pentola in rame, aggiungendovi lo zucchero pesato. A parte, nella bowl di una planetaria munita di frusta, pesare le uova e montarle fino a quando raggiungono il doppio del loro volume. • Cuocere lo zucchero a 121 °C (➜ base semifreddo) e versare sulle uova una metà di zucchero a filo con la planetaria in movimento; aumentare la velocità della planetaria per un minuto e poi abbassarla nuovamente, quindi, introdurre l’altra metà di zucchero sempre a filo. A questo punto aggiungere la gelatina animale ammollata e montare il tutto ad alta velocità finché le uova non siano ben montate. • A parte pesare il burro con il cioccolato fondente e la massa di cacao in una bowl di plastica e scioglierli al microonde delicatamente. • Pesare la panna fresca e montala a lucido con l’aiuto di una planetaria. Versare il cioccolato sciolto con il burro e la massa di cacao, che dovranno essere a una temperatura di circa 35 °C, sulle uova e con l’aiuto di una frusta amalgamarle velocemente e per brevissimo tempo. • Aggiungere la panna montata a lucido e sempre con l’aiuto di una frusta amalgamare il tutto senza smontare la mousse. • Per mezzo di una sacca da pasticcere dressare in appositi stampi e congelare. • Una volta congelata, togliere la mousse dagli stampi e portarla alla temperatura di servizio di circa 4 °C.


506

Il mio ricettario

Mousse al limone Ingredienti

Ingredienti

• Succo di limone 500 g • Zucchero 60 g • Gelatina 32 g

Preparazion

Mousse ai lamponi

• Acqua per gelatina 160 g • Meringa italiana 800 g • Panna 800

e

• Purea di lamponi 500 g • Gelatina 15 g • Meringa italiana 250 g

Preparazion

• Panna montata 500 g • Acqua per gelatina

45 g

e

• Preparare una meringa italiana (➜ ricetta relativa),

• Preparare una meringa italiana (➜ ricetta relativa),

• A parte, pesare la purea di lamponi. • Pesare la gelatina e ammollarla nell’acqua ben

• •

pesarla e introdurla in una bowl capiente. A parte, spremere, filtrare e pesare il succo di limone, poi introdurvi lo zucchero già pesato. Pesare ora la gelatina e ammollarla nell’acqua ben fredda, quindi mettere il succo di limone e lo zucchero in una bowl di plastica e scaldarli in microonde, fino a circa 40 °C. Prelevare la gelatina ammollata, che dovrà avere assorbito totalmente l’acqua, e aggiungerla al succo di limone, mescolando con una frusta in modo tale che lo zucchero e la gelatina si possano sciogliere nel succo. Quando il composto avrà raggiunto la temperatura di circa 30 °C, aggiungere la meringa italiana al succo e, con l’aiuto di una frusta, mescolare velocemente per pochi attimi, così da amalgamare i due composti, facendo sempre attenzione a non smontare la meringa. A parte, pesare la panna nella bowl di una planetaria munita di frusta e montarla a velocità sostenuta, finché non risulta lucida o semimontata, poi fermare la macchina e unire tutta la panna alla meringa italiana e al succo di limone. Con l’aiuto di una frusta, mescolare velocemente finché la mousse non sarà ben areata e omogenea, dopodiché riempire gli stampi utilizzando una sacca da pasticcere e abbattere in negativo a –30 °C. Quando il composto sarà ben congelato, estrarre la mousse dagli stampi e portare in frigorifero alla temperatura di 4 °C. Infine, decorare e servire.

pesarla e introdurla in una bowl capiente.

• •

• •

fredda, poi mettere la purea di lamponi in una bowl di plastica e scaldarla in microonde, fino a circa 40 °C. Prendere la gelatina ammollata, che dovrà avere assorbito totalmente l’acqua, e aggiungerla alla purea di lamponi, mescolando con una frusta, in modo tale che la gelatina stessa si possa sciogliere all’interno della polpa. Quando il composto avrà raggiunto la temperatura di circa 30 °C, aggiungere la meringa italiana alla purea di lamponi e, con l’aiuto di una frusta, mescolare velocemente per pochi attimi, per amalgamare i due composti, facendo sempre attenzione a non smontare la meringa. A parte, pesare la panna nella bowl di una planetaria munita di frusta e montarla a velocità sostenuta, finché non risulta lucida o semimontata. Fermare quindi la macchina e unire tutta la panna alla meringa italiana e alla purea di lamponi. Con l’aiuto di una frusta, mescolare velocemente finché la mousse non sarà ben aerata e omogenea, dopodiché riempire gli stampi utilizzando una sacca da pasticcere e abbattere il prodotto in negativo a –30 °C. Quando il composto sarà ben congelato, estrarre la mousse dagli stampi e portare in frigorifero alla temperatura di 4 °C. A questo punto si può decorare e servire.


Il mio ricettario Mousse alla ricotta

Mousse allo yogurt

Ingredienti

Ingredienti

• • • • • • • • •

• • • • •

Panna 1000 g Zucchero 300 g Acqua 70 g Tuorli 160 g Gelatina animale 35 g Ricotta 1000 g Uva sultanina 400 g Rhum 20 g Acqua per la gelatina 175 g

Preparazion

e

• Pesare l’acqua, lo zucchero e il tuorlo e preparare una base semifreddo (➜ ricetta relativa).

• • •

• •

• •

Yogurt naturale intero 1000 g Gelatina 25 g Meringa italiana 400 g Panna 1000 g Acqua per la gelatina 125 g

Preparazion

e

• Pesare lo yogurt in una bowl capiente di acciaio. • Preparare una meringa all’italiana (➜ ricetta relativa)

e pesarla in una bowl di acciaio.

• Pesare la gelatina e aggiungerla all’acqua ben fredda. • Pesare la panna nella bowl di una planetaria

• A parte, pesare l’acqua, ben fredda, per la gelatina,

quindi pesare la gelatina stessa e aggiungerla all’acqua. In un piccolo contenitore di plastica pesare il rhum e unirvi la gelatina ammollata, poi, con l’aiuto di un microonde, scaldare il tutto delicatamente, finché la gelatina stessa non si sia sciolta. Pesare l’uvetta in una bowl di acciaio e ammollarla con un poco di acqua calda. Pesare la ricotta e passarla al setaccio fine, dopodiché metterla nella bowl di una planetaria e montarla fino a quando non risulta ben soffice. In una bowl capiente versare ora la base semifreddo, aggiungervi la ricotta montata e la gelatina sciolta nel rhum e mescolare velocemente il tutto con l’aiuto di una frusta. Pesare la panna nella bowl di una planetaria munita di frusta e montarla a velocità elevata, finché non risulta lucida e di consistenza semimontata. A questo punto, aggiungere la panna al composto formato in precedenza e mescolare velocemente con l’aiuto di una frusta. Quando il composto risulterà ben omogeneo e aerato, scolare l’uvetta dall’acqua, versarla all’interno della mousse e, con l’aiuto di una spatola di gomma da pasticceria, amalgamare l’uvetta con pochi passaggi dal centro verso l’esterno. Mediante una sacca da pasticceria riempire gli appositi stampi e abbattere di temperatura in negativo. Quando la mousse sarà ben congelata, togliere dagli stampi e portare alla temperatura di 4 °C in frigorifero.

507

• •

• •

munita di frusta e montarla a velocità sostenuta, fino a quando non risulta lucida e di consistenza semimontata, poi fermare la macchina. Prelevare una piccola parte di yogurt, aggiungerlo alla gelatina ammollata e, con l’aiuto del microonde, sciogliere delicatamente il composto. A questo punto, aggiungere la gelatina sciolta allo yogurt rimanente e unire la meringa italiana, mescolando velocemente il tutto per pochi istanti con l’aiuto di una frusta. Aggiungere quindi la panna semimontata e mescolare ancora energicamente con la frusta, in modo tale che la mousse risulti ben aerata e omogenea. Utilizzando una sacca da pasticcere, riempire gli appositi stampi e abbattere il prodotto in negativo. Quando la mousse sarà congelata, estrarla dagli stampi e portarla in frigorifero, finché non raggiunge i 4 °C al cuore.


508

Il mio ricettario

Le bavaresi

Per bavarese si intende un composto che ha come base la crema inglese, con l’aggiunta di gelatina, un eventuale sapore e la panna semimontata. Rispetto alla mousse, il prodotto finito si presenta più compatto al taglio, dato che l’unico ingrediente in grado di apportare aria è la panna semimontata. La gelatina serve a dare struttura alla bavarese finita, che sarà servita a +4 °C.

Bavarese al pistacchio • A questo punto, fermare la macchina, aggiungere

Ingredienti • • • •

Latte 500 g Tuorli 160 g Zucchero 100 g Pasta al pistacchio 40 g

Preparazion

• Gelatina animale 15 g • Panna semimontata 400 g • Acqua per la gelatina 75 g

e

• Pesare il latte e metterlo in una pentola. • A parte pesare i tuorli e lo zucchero e mescolarli velocemente con l’aiuto di una frusta.

• Pesare la gelatina e immetterla nell’acqua fredda,

in modo tale che si idrati perfettamente.

con il latte e portarlo a bollore, poi versarlo sui tuorli e lo zucchero, in quattro tempi, mescolando di volta in volta con l’aiuto di una frusta. Riportare il tutto nella pentola e cuocere su una fiamma a fuoco vivo, controllando la temperatura con l’aiuto di una sonda e mescolando servendosi, in modo alternato, di un cucchiaio da cottura, così che la crema non attacchi al fondo della pentola, e di una frusta, per amalgamarla perfettamente. Mentre la crema sta cuocendo, mettere a raffreddare in frigorifero un contenitore in acciaio. Quando il preparato ha raggiunto gli 85 °C, prendere il contenitore dal frigorifero e versarvi la crema, per arrestare la temperatura di cottura il più rapidamente possibile. Arrivati alla temperatura di 50 °C, aggiungere la gelatina idratata e mescolare velocemente con una frusta. Pesare la pasta al pistacchio, aggiungerla alla crema inglese e mescolare perfettamente con una frusta. Quando la crema è alla temperatura di 27-30 °C, pesare la panna nella bowl di una planetaria e montarla a velocità sostenuta, finché non diventa lucida e di consistenza semimontata.

• Collocare su un fornello a fiamma viva la pentola

• • •

la panna alla crema inglese e mescolare energicamente con una frusta da pasticceria, in modo tale da ottenere un prodotto aerato e ben omogeneo. • Con l’aiuto di una sacca da pasticcere, versare il composto in eventuali stampi e congelare in abbattitore negativo. • Quando la bavarese è ben congelata, estrarla dagli stampi e portarla in frigorifero per farle raggiungere la temperatura al cuore di +4 °C.


Bavarese alla vaniglia Ingredienti

• Latte 1000 g • Tuorli 360 g • Zucchero 360 g

Preparazion

Il mio ricettario

• Vaniglia 3 baccelli • Colla di pesce 40 g • Panna semimontata 1500 g

e

• Pesare il latte e versarlo in una pentola. • A parte pesare i tuorli e lo zucchero e mescolarli

• • •

velocemente con l’aiuto di una frusta.

• Unire al composto di uova e zucchero la polpa di vaniglia e inserire i baccelli nel latte.

• Pesare la gelatina e metterla nell’acqua fredda, in modo tale che si idrati perfettamente.

• Collocare su un fornello a fiamma viva la pentola con

il latte e portarlo a bollore, poi versarlo sui tuorli e lo zucchero, in quattro volte, mescolando di volta in volta con l’aiuto di una frusta. • Riportare il tutto nella pentola e cuocere su una fiamma a fuoco vivo, controllando la temperatura con l’aiuto di una sonda e mescolando servendosi, in modo alternato, di un cucchiaio da cottura, così che la crema non

• •

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attacchi al fondo della pentola, e di una frusta, per amalgamarla perfettamente. Mentre la crema sta cuocendo, mettere a raffreddare in frigorifero un contenitore in acciaio. Quando il preparato ha raggiunto gli 85 °C, prendere il contenitore dal frigorifero e versarvi la crema, per arrestare la temperatura di cottura il più rapidamente possibile. Arrivati alla temperatura di 50 °C, aggiungere la gelatina idratata e mescolare velocemente con una frusta. Pesare la pasta al pistacchio, aggiungerla alla crema inglese e mescolare perfettamente con una frusta. Quando la crema è alla temperatura di 27-30 °C, pesare la panna nella bowl di una planetaria e montarla a velocità sostenuta, finché non diventa lucida e di consistenza semimontata. A questo punto, fermare la macchina, aggiungere la panna alla crema inglese e mescolare energicamente con una frusta da pasticceria, in modo tale da ottenere un prodotto aerato e ben omogeneo. Con l’aiuto di una sacca da pasticcere, versare il composto in eventuali stampi e congelare in abbattitore negativo. Quando la bavarese è ben congelata, estrarla dagli stampi e portarla in frigorifero per farle raggiungere la temperatura al cuore di +4 °C.


510

Il mio ricettario

Bavarese al caramello

• Pesare quindi la panna in una casseruola e portarla su

Ingredienti • • • • • • •

una fiamma a fuoco vivo, finché non arriva a ebollizione.

• Versare la panna sul composto di tuorli e zucchero,

Panna liquida 400 g Tuorli 80 g Zucchero 50 g Caramello decotto 250 g Gelatina 16 g Panna montata 750 g Acqua per gelatina 80 g

Caramello decotto • Panna 125 g • Zucchero 125 g

Preparazion

e

Procedimento del caramello a secco • Pesare lo zucchero in una bowl di plastica, pesare la panna a parte in una pentola e fare sobbollire a fuoco basso. • Contemporaneamente, munirsi di una casseruola di rame e farne scaldare il fondo. Introdurvi poi un piccolo quantitativo di zucchero e, senza rigirare con alcun cucchiaio o frusta, lasciarlo sciogliere. • A questo punto, aggiungere un’altra parte di zucchero facendo in modo che si sciolga dolcemente, senza farlo caramellare, continuando così finché non sia completamente sciolto. Questo metodo è necessario perché, se lo zucchero fosse introdotto in un’unica volta nella casseruola, la prima parte che tocca il fondo brucerebbe eccessivamente senza far cuocere la parte che si trova in superficie. • Quando lo zucchero sarà completamente caramellato, versare la panna nella casseruola lasciare sobbollire per qualche minuto, in modo tale che il composto diventi completamente omogeneo, liscio e senza grumi. • Lasciare quindi raffreddare. Procedimento per la bavarese • Pesare i tuorli in una bowl d’acciaio, a parte pesare lo zucchero e unirlo ai primi, mescolando con l’aiuto di una frusta.

• •

• •

in quattro volte, mescolando con una frusta, poi reintrodurre il tutto nella casseruola e portare su una fiamma a fuoco vivo. Con l’aiuto di una sonda, misurare la temperatura della crema inglese e rimescolare alternando un cucchiaio da cottura e una frusta, in modo tale che la crema inglese non attacchi sul fondo della casseruola e che risulti ben amalgamata. A parte, dotarsi di una bowl in acciaio e raffreddarla in abbattitore. Quando la crema inglese avrà raggiunto la temperatura di 85 °C, versarla nella bowl d’acciaio precedentemente raffreddata, così da bloccarne la cottura. A questo punto, pesare, in un bowl di plastica, l’acqua ben fredda per la gelatina, poi pesare la gelatina stessa e introdurla nell’acqua. Misurare la temperatura della crema inglese e, una volta raggiunti i 50 °C, pesare e aggiungere il caramello decotto. Introdurre nella crema inglese la gelatina precedentemente idratata e monitorare la temperatura della crema con l’ausilio di una sonda, fino a quando non avrà raggiunto i 27-30 °C. A parte, pesare la panna nella bowl di una planetaria munita di frusta, montarla a velocità elevata, fino a quando non avrà una consistenza semimontata o lucida, quindi arrestare la macchina. Introdurre la panna nella crema inglese e mescolare velocemente con l’aiuto di una frusta, in modo tale che la bavarese risulti ben areata e omogenea. Mediante una sacca da pasticcere procedere a riempire gli eventuali stampi o tortiere e abbattere a temperatura negativa. Quando la bavarese risulterà ben congelata, estrarla dagli stampi e portarla in mantenimento positivo, fino a quando non si sarà raggiunta la temperatura di +4 °C al cuore del prodotto.


Il mio ricettario

511

Bavarese al latte e arancia

• Quando la crema inglese avrà raggiunto la temperatura

Ingredienti • • • • •

Panna liquida 300 g Tuorli 125 g Zucchero 200 g Succo d’arancia 100 g Cioccolato al latte grattugiato 500 g

• Cioccolato all’arancia grattugiato 300 g

• Gelatina 20 g • Panna montata 1200 g • Acqua 100 g

Preparazion

e

• Bollire la panna e versarla sui tuorli sbattuti con

• •

• •

lo zucchero. Unire il succo d’arancia e cuocere a 85 °C. Inserire la gelatina e versare il composto sui due tipi di cioccolato. Sciogliere i cioccolati, raffreddare e unire la panna semimontata. Pesare la panna e versarla in una casseruola di rame, porla su una fiamma a fuoco medio fino a quando non avrà raggiunto l’ebollizione e poi versarla sui tuorli e lo zucchero precedentemente pesati e inseriti in una bowl. Mescolare il tutto con l’ausilio di una frusta, quindi versare nuovamente in una casseruola mescolando continuamente con la frusta e un cucchiaio, in modo tale che la crema in cottura non si attacchi sul fondo. Nel frattempo, dotarsi di una bowl e porla a raffreddare in abbattitore.

• •

• •

di 85 °C, versarla nella bowl d’acciaio precedentemente raffreddata, per bloccarne la cottura. A questo punto, pesare, in un bowl di plastica, l’acqua ben fredda per la gelatina, poi pesare la gelatina stessa e introdurla nell’acqua. Pesare il succo dell’arancia insieme alla gelatina idratata, aggiungerli alla crema inglese e mescolare con l’aiuto di una frusta in modo che la crema risulti omogenea e la gelatina sciolta. A questo punto, pesare i due tipi di cioccolato in una bowl di plastica e farli sciogliere al microonde. Versare la crema inglese sul cioccolato sciolto e, con l’aiuto di una frusta, mescolare rapidamente i due composti. Quando il tutto arriverà alla temperatura di 27-30 °C, pesare la panna nella bowl di una planetaria munita di frusta e montarla a velocità elevata fino a quando non presenterà una consistenza semimontata o lucida. A questo punto, arrestare la macchina, quindi versare la panna sul composto di crema inglese e cioccolato, con l’ausilio di una frusta, mescolare il tutto in modo che la bavarese risulti ben aerata e omogenea. Utilizzando una sacca da pasticceria, riempire gli eventuali stampi o tortiere e abbattere a temperatura negativa. Quando la bavarese avrà raggiunto i –18 °C al cuore, estrarre dagli appositi stampi e riporre in mantenimento positivo, finché il prodotto non giungerà alla temperatura di + 4 °C al cuore.


512

Il mio ricettario

La base semifreddo o la pâte à bombe

La base semifreddo è una delle preparazioni più versatili della pasticceria, nonché di estrema importanza per la produzione di mousse, semifreddi e creme al burro; con l’aggiunta di mascarpone e panna diventa anche uno dei dessert più famosi al mondo: il tiramisù.

Base semifreddo con zucchero cotto

Base semifreddo con sciroppo

Ingredienti

Ingredienti

• Zucchero 650 g • Acqua 180 g • Tuorlo 500 g

• Tuorli 400 g • Sciroppo 30 B 800 g

e Preparazion

e Preparazion • Pesare il tuorlo e, a parte, preparare uno sciroppo

• Pesare l’acqua e versarla in un polsonetto di rame,

• •

aggiungervi lo zucchero e mescolare perfettamente con l’aiuto di una frusta. A parte, pesare il tuorlo, che dovrà essere a temperatura ambiente, in modo tale da non raffreddare troppo lo zucchero cotto introdotto n seguito, e versarlo nella bowl di una planetaria munita di frusta. Incominciare a montare per qualche minuto e fermare la planetaria, portare quindi il polsonetto su una fiamma viva e, con l’aiuto di una sonda, controllare la temperatura; una volta raggiunti i 90 °C circa, schiumare le eventuali impurità. Continuare la cottura, facendo attenzione a mantenere puliti i bordi del polsonetto con l’aiuto di un pennello bagnato di acqua calda; alla temperatura di 116 °C, accendere a velocità bassa la planetaria con dentro il tuorlo. Quando lo zucchero raggiunge la temperatura di 121 °C, versarne una metà a filo sul bordo della bowl della planetaria, facendo sì che non entri in contatto con la frusta, ma soltanto con i tuorli e che non venga sbattuto sulle pareti. Aumentare al massimo la velocità della planetaria per alcuni secondi e abbassarla nuovamente, quindi introdurre lo zucchero rimanente, sempre a filo e sul bordo della bowl. Montare il tutto a velocità massima finché il prodotto assume una buona consistenza, non troppo ferma. Fermare quindi la macchina e utilizzare la crema nelle preparazioni desiderate.

a 30 B (➜ zucchero cotto).

• Pesare la parte che si desidera di sciroppo a 30 B

all’interno di un pentola di rame, aggiungervi il tuorlo e portare il tutto alla temperatura di 85 °C, mescolando con un cucchiaio da cottura alternato a una frusta, in modo tale da non formare grumi. • Giunti alla temperatura di 85 °C, versare il tutto nella bowl di una planetaria munita di frusta e montare a velocità sostenuta, finché il composto non risulta ben areato e freddo. • Fermare quindi la macchina e utilizzare la crema per le eventuali preparazioni. Questa base semifreddo, a differenza della prima, risulterà meno compatta e anche meno areata poiché non è stato impiegato lo zucchero cotto bensì lo sciroppo di zucchero, che conferisce, infatti, al prodotto compattezza e volume minori.


Il mio ricettario

513

Base semifreddo con latte • Riportare il tutto dentro la pentola in rame e cuocere

Ingredienti

• Zucchero 500 g • Latte 400 g • Tuorlo 320 g

Preparazion

e

• Pesare il latte in un contenitore e versarlo in una pentola di rame.

• A parte, pesare il tuorlo e lo zucchero e mescolarli velocemente con l’aiuto di una frusta.

• Portare il latte sul fuoco vivo e farlo bollire, versarlo,

a 85 °C, controllando la temperatura con una sonda.

• Versare quindi la crema nella bowl di una planetaria

in quattro volte, sui tuorli e lo zucchero, mescolandolo velocemente con l’aiuto di una frusta.

munita di frusta e montare il composto finché non risulta ben fermo e freddo.

Questa tipologia di base semifreddo si presta perfettamente a essere addizionata a paste grasse, come quelle di nocciola o di mandorle, le quali saranno unite ai tuorli e allo zucchero per poi formare la base di mousse. La struttura di questa preparazione sarà caratterizzata da una buona sofficità finale, anche se non risulterà ben ferma, come invece la base semifreddo con zucchero cotto, in seguito alla maggiore presenza in essa di liquidi (latte).


514

Il mio ricettario

I vari tipi di semifreddo

Le fasi di preparazione del semifreddo sono poche ma essenziali. Per un’ottima riuscita del prodotto, la meringa italiana non deve mai essere montata fino a risultare troppo ferma e la base semifreddo deve essere utilizzata ben montata e appena fatta: va tenuto presente, infatti, che, a differenza della meringa italiana, la base semifreddo monta molto meno, poiché il tuorlo ha una percentuale di grasso elevata. La panna, inoltre, deve essere semimontata o “montata a lucido”, in modo tale che, quando la si introdurrà nel semifreddo, sia più facile da emulsionare a tutti i composti, senza il rischio di far smontare il prodotto finito. Infine, bisogna sempre considerare che, con meno aria, la preparazione risulterà più dura a temperature negative e meno leggera al palato; gli unici ingredienti che introducono aria nel semifreddo sono la meringa italiana, la base semifreddo e la panna semimontata, pertanto ogni passaggio deve essere eseguito con estrema attenzione.

Base semifreddo con zucchero cotto al 67% di zuccheri per semifreddi Ingredienti • Zucchero 1340 g • Acqua 400 g

• Tuorli 660 g

Totale 2400 g

e Preparazion • Pesare l’acqua e versarla in un polsonetto di rame, •

• •

aggiungervi lo zucchero e mescolare perfettamente con l’aiuto di una frusta. A parte, pesare e versare nella bowl di una planetaria munita di frusta il tuorlo, che dovrà essere a temperatura ambiente, per non raffreddare troppo lo zucchero cotto da introdurre in seguito. Incominciare a montare per qualche minuto e fermare la planetaria, portare il polsonetto su una fiamma viva e, con l’aiuto di una sonda, controllare la temperatura; quando si saranno raggiunti i 90 °C circa, schiumare le eventuali impurità. Continuare la cottura facendo attenzione a mantenere puliti i bordi del polsonetto con l’aiuto di un pennello bagnato di acqua calda; alla temperatura di 116 °C, accendere a velocità bassa la planetaria con dentro il tuorlo. Quando lo zucchero giunge alla temperatura di 121 °C, versarne la metà a filo sul bordo della bowl della planetaria, facendo sì che non entri in contatto con la frusta ma soltanto con i tuorli e che non venga sbattuto sulle pareti. A questo punto, aumentare al massimo la velocità della planetaria, per alcuni secondi, e poi abbassarla nuovamente; introdurre lo zucchero rimanente, sempre a filo e sul bordo della bowl. Montare il tutto a velocità massima, finché il prodotto assume una buona consistenza, anche se non troppo ferma. Fermare, quindi, la macchina e utilizzare la crema nelle preparazioni volute.


Il mio ricettario

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Meringa italiana al 67% di zuccheri per semifreddi Ingredienti • • • •

Zucchero

Zucchero 2240 g Acqua 600 g Albumi 1320 g Destrosio 440 g Totale 4600 g

Preparazion

56% 11% 67%

• •

e

• Pesare l’albume e versarlo nella bowl di una planetaria

munita di frusta. A parte pesare il destrosio e unirlo all’albume, quindi montare il tutto a velocità alta, finché il composto non raggiunge il doppio del suo volume e poi fermare la macchina. Nel frattempo, pesare l’acqua e metterla in un polsonetto di rame. A parte, pesare lo zucchero e unirlo all’acqua, rimescolare velocemente con l’aiuto di una frusta e porre il polsonetto su una fiamma moderata. Con l’aiuto di una sonda controllare la temperatura di cottura e, giunti a 90 °C, asportare con una schiumarola le eventuali impurità prodotte dallo zucchero. Continuare la cottura alzando la fiamma a vivo, facendo sempre attenzione che non esca dal diametro del fondo del polsonetto in modo tale che non ne surriscaldi eccessivamente le pareti. A parte, preparare un piccolo contenitore con acqua calda e intingervi un pennello che si utilizzerà per pulire le eventuali goccioline di sciroppo schizzate sui

• •

bordi, in modo tale che non vadano a caramellare e quindi a ricadere nello zucchero in cottura, producendo ricristallizzazioni dello zucchero e colorazioni sgradevoli. Raggiunta la temperatura di 118 °C, riavviare la planetaria con all’interno l’albume e ultimare la cottura dello zucchero fino a 121 °C. A questo punto, versare rapidamente metà dello zucchero a filo nella planetaria in movimento a bassa velocità, portare lo sbattimento ad alta velocità per alcuni secondi e poi riabbassarla; infine, versare la seconda parte di zucchero sempre a filo e riportare la planetaria ad alta velocità. Montare finché la meringa non risulti ben ferma, senza che però arrivi a fioccare, in modo tale che non tracolli, perdendo così tutta l’aria introdotta, come può accadere quando si prepara la mousse alla frutta, nella quale si deve unire la polpa di frutta alla meringa. Bisogna sempre ricordare, infatti, che un prodotto montato estremamente fermo risulterà difficile da amalgamare ad altri ingredienti, essendo troppo denso, così che si rischierà di smontarlo, rovinando tutta la preparazione; questo vale sia per le masse montate tipo pan di Spagna sia per tutte le torte moderne. Una volta controllata la giusta consistenza della preparazione, fermare la macchina, asportare la meringa con l’aiuto di un raschietto in plastica, senza schiacciarla in maniera eccessiva, per mantenere il più possibile la sua consistenza, e riporla su una teglia. A questo punto la meringa risulterà ancora leggermente calda, pertanto sarà necessario coprirla con un piccolo strato di pellicola alimentare e abbatterla di temperatura. La meringa è ora pronta per essere utilizzata nelle varie preparazioni desiderate.


516

Il mio ricettario

Crema pasticcera al 24,32% di zuccheri per semifreddi • Porre il latte e il baccello della vaniglia su una fiamma

Ingredienti • • • • •

Zucchero

Latte intero 1000 g Zucchero 450 g Tuorli 350 g Farina 25 g Amido di mais 25 g Vaniglia 1 baccello Totale 1850 g

Preparazion

24,32%

• 24,32%

e

• Pesare il latte e metterlo in una pentola di rame delle

dimensioni adeguate, in modo tale che il liquido arrivi a circa tre quarti della sua altezza. • A parte, pesare il tuorlo e lo zucchero, unendoli e mescolandoli velocemente con l’aiuto di una frusta, così che lo zucchero non plastifichi il tuorlo. Lo zucchero, infatti, essendo igroscopico, attira la poca acqua presente nel tuorlo e tende a formare dei puntini che difficilmente si riusciranno a togliere anche quando la crema è cotta. • A parte, pesare l’amido di mais e la farina, aggiungerli poi al tuorlo e allo zucchero, mescolando sempre velocemente con l’aiuto di una frusta. • Incidere il baccello della vaniglia ed estrarne la polpa, aggiungerla ai tuorli, allo zucchero e all’amido di mais, mettendo quindi il baccello nel latte.

• •

• •

a fuoco vivo e fare bollire il tutto; raggiunta l’ebollizione, versare il latte filtrandolo, in quattro volte, sul tuorlo, lo zucchero, la farina e l’amido di mais precedentemente miscelati, mescolando di volta in volta con l’aiuto di una frusta. Riportare il tutto nella pentola dove si è bollito il latte, collocarlo su una fiamma a fuoco vivo e, con l’aiuto di un cucchiaio da cottura e di una frusta, tenere rigirata la crema, servendosi del cucchiaio per evitare che essa si attacchi sul fondo e della frusta per mantenerla perfettamente miscelata, così che la cottura avvenga nel modo corretto. A parte, preparare ora una placchetta in acciaio ben igienizzata. Proseguire con la cottura e, mediante una sonda, controllare la temperatura della crema. Quando si sono raggiunti gli 85-90 °C, versarla nella placca di acciaio e stenderla in modo omogeneo su tutta la base, affinché la preparazione raffreddi il prima possibile. Questo passaggio è fondamentale, perché il fondo della pentola è estremamente caldo, quindi, se il tuorlo rimanesse al suo interno, cuocerebbe eccessivamente, dando spiacevoli risultati, quali l’odore di zolfo o la presenza di grumi. Coprire la crema con la pellicola alimentare, a contatto, in modo tale che non si formino ossidazioni o condense, evitando così le contaminazioni batteriche. Abbattere infine di temperatura a 2 °C e mantenere la crema in frigorifero fino al momento dell’utilizzo.


Il mio ricettario Biscotto ghiacciato alla nocciola

Biscotto ghiacciato allo zabaione

Ingredienti

Ingredienti

• • • •

• Meringa italiana 256 g • Crema allo zabaione per semifreddi 200 g • Panna fresca 544 g

Panna 565 g Meringa italiana 185 g Base semifreddo 85 g Crema di nocciola 200 g

Per la crema base alla nocciola • Zucchero 200 g • Destrosio 150 g • Acqua 150 g • Pasta pura nocciola 400 g

Preparazion

e

Procedimento per la crema base alla nocciola • Pesare l’acqua in una pentola, a parte pesare lo zucchero e il destrosio, versandoli poi nell’acqua. • Mescolare il tutto con una frusta e portare la pentola su una fiamma a fuoco vivo. • Nella bowl di una planetaria munita di frusta pesare la pasta di nocciola, sulla quale si verseranno l’acqua con gli zuccheri arrivati a bollore; montare poi il tutto nella planetaria, finché il prodotto non risulta freddo. • Conservare la crema in frigorifero dentro contenitori di plastica chiusi ermeticamente. Finitura • In una bowl capiente pesare la meringa italiana e la base semifreddo. • A parte pesare la crema di nocciola, aggiungerla ai due componenti e, con l’aiuto di una frusta, mescolare velocemente il composto per pochi istanti, senza esagerare. • Pesare la panna ben fredda, inserirla nella bowl di una planetaria munita di frusta e farla montare a lucido. • Dopodiché, inserire tutta la panna nella preparazione precedente e, con l’aiuto di una frusta, mescolare velocemente finché il composto non risulta ben aerato e amalgamato. • Colare quindi il preparato in stampi o in forme e abbattere di temperatura a –30 °C. • Qualche ora prima del servizio, portare il semifreddo in un altro congelatore a –12/–14 °C, in modo tale che raggiunga una temperatura al cuore ideale per il consumo.

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Crema base allo zabaione per semifreddi • Zucchero 310 g • Tuorlo 260 g • Marsala 430 g • Totale 1000 g

e Preparazion Procedimento crema allo zabaione • Pesare il marsala e introdurlo in una pentola; a parte pesare il tuorlo e lo zucchero, unirli e, con l’aiuto di una frusta, mescolarli velocemente. • Portare la pentola su una fiamma a fuoco vivo e scaldare il marsala, quindi versarlo sul tuorlo e sullo zucchero in quattro volte, mescolando con l’aiuto di una frusta. • Riportare il tutto nella pentola e cuocere a fuoco vivo, rimestando con un cucchiaio da cottura alternato a una frusta, in modo tale da non fare attaccare il composto al fondo della pentola e miscelarlo perfettamente. • Con l’aiuto di una sonda, misurare la temperatura della crema e portarla a 85 °C; a questo punto, versare immediatamente il prodotto nella bowl di una planetaria munita di frusta e montare finché non risulta ben freddo. Finitura • Realizzare la meringa italiana, pesarla e metterla in una bowl capiente. • A parte, pesare la crema base allo zabaione, aggiungerla alla meringa italiana e, con l’aiuto di una frusta, mescolare il tutto velocemente per pochi secondi. • Pesare la panna fresca nella bowl di una planetaria munita di una frusta e farla montare a lucido; dopodiché, versarla sul primo composto e, sempre con l’aiuto di una frusta, mescolare il tutto per breve tempo, finché il preparato non risulta ben aerato e omogeneo. • Colare il biscotto ghiacciato in eventuali contenitori o forme e congelarlo a –30 °C tre ore prima del servizio. • Estrarre il prodotto dall’eventuale involucro e portarlo in un altro congelatore a –12/–14 °C, in modo tale che raggiunga una temperatura al cuore ideale per il consumo.


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Il mio ricettario

Sciroppo al caffè per semifreddi Ingredienti • • • •

Caffè ristretto 630 g Caffè liofilizzato 50 g Zucchero 260 g Destrosio 60 g

Preparazion

e

• Preparare del caffè espresso ben ristretto e pesarlo

in una bowl capiente.

lo zucchero, il caffè liofilizzato e il destrosio, mescolando il tutto con una frusta e raffreddandolo poi in un contenitore coperto.

• Quando il caffè è ancora caldo, pesare e aggiungere

Finitura • Pesare la crema pasticcera in una bowl capiente e, a parte, lo sciroppo al caffè. • Introdurre lo sciroppo all’interno della crema e mescolare con l’aiuto di una frusta per breve tempo. • Pesare quindi la meringa italiana e aggiungerla alla crema pasticcera, mescolando nuovamente per pochissimo tempo con l’aiuto di una frusta. • A parte, pesare la panna all’interno della bowl di una planetaria munita di frusta, montarla a lucido e fermare la macchina. • Aggiungere la panna montata, tutta in una volta, alla crema pasticcera e alla meringa italiana e, con l’aiuto di una frusta, mescolare energicamente per breve tempo, in modo tale da ottenere un composto ben areato e omogeneo. • Versare il prodotto in eventuali forme e abbattere in negativo fino alla temperatura di –30 °C. • Qualche ora prima del servizio, portare il semifreddo in un altro congelatore a –12/–14 °C, in modo tale che raggiunga una temperatura al cuore ideale per il consumo.


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