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Alessandro Manzoni
Alessandro Manzoni BULGARINI
I PROMESSI SPOSI
I PROMESSI SPOSI
Commento di Enrico Ghidetti www.bulgarini.it
In collaborazione con il Centro Nazionale Studi Manzoniani
Cd/Mp3 I Promessi Sposi ad alta voce
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Alessandro Manzoni
I Promessi Sposi Commento di Enrico Ghidetti con il contributo di Maria Isabella Gherarducci
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Guida alla lettura e apparati didattici a cura di Renato Marchi
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Percorso iconografico di Casa Manzoni a cura di Jone Riva
In collaborazione con il Centro Nazionale Studi Manzoniani
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Questa edizione dei Promessi Sposi
N
ell’attività della Casa Editrice Bulgarini la pubblicazione dell’opera di Alessandro Manzoni rappresenta da decenni un punto di riferimento importante per la scuola. Generazioni di docenti e di studenti hanno lavorato e studiato con i Promessi Sposi attraverso i testi di Bulgarini: un editore non a caso di Firenze, città che, com’è ampiamente noto, ha costituito un fondamentale elemento generativo del romanzo stesso. Nel processo di trasformazione in atto nella scuola italiana, la lettura del testo manzoniano richiede oggi approcci di tipo nuovo, capaci di restituire al lettore lo spessore narrativo e letterario del testo, ma capaci anche di rendere attuali riflessioni e temi affrontati dall’Autore: la domanda di giustizia tipica anche del nostro tempo, la ricerca del vero e di ciò che realmente conta in contrasto con le apparenze, la necessità di una cultura che non sia erudizione, ma patrimonio comune a tutti. Solo attraverso la sottolineatura della universalità e dell’attualità del testo è possibile dare oggi alla lettura dello stesso quel significato capace di motivare gli studenti nei confronti di un romanzo storico dell’Ottocento per molti aspetti lontano dal linguaggio della narrativa contemporanea, ma realmente fondativo della cultura e dell’identità del nostro paese. Questa edizione nasce da una stretta collaborazione con il Centro Nazionale Studi Manzoniani, una realtà scientifica di grande prestigio quotidianamente impegnata a presentare la vita, le opere, le idee di Alessandro Manzoni in modo non ovvio e non superficiale. Non “scolastico”, potremmo dire. Anche per sottolineare l’approccio scelto, questa edizione presenta nelle pagine iniziali una serie di immagini provenienti da quella Casa del Manzoni a Milano dove il Centro ha sede e dove annualmente vanno in visita migliaia di studenti, ricavandone suggestioni e motivi d’interesse verso l’opera di Alessandro Manzoni e la sua personalità di scrittore. L’autorevole commento di Enrico Ghidetti si completa con una Guida alla lettura, che precede il testo, e le relative proposte didattiche, che lo seguono, elaborate da Renato Marchi, studioso e ricercatore impegnato nelle attività di Casa Manzoni, ma anche insegnante che nel quotidiano dialogo con gli studenti riesce a cogliere quegli spunti di lavoro capaci di rendere attuale e ricca di significato la lettura del romanzo manzoniano. Far precedere al testo di Manzoni una Guida alla lettura ha il significato di preparare, motivare, abituare alla riflessione. In altre parole, la storia non viene letta per conoscerne antefatto, svolgimento e conclusione, ma viene presentata e opportunamente introdotta per aiutare il lettore a cogliere tutte le valenze di un testo complesso e quindi per metterlo in grado di apprezzare la maggior parte dei suoi contenuti. La riflessione, se guidata, porta al confronto fra situazioni ed eventi, permette di cogliere l’attualità di un’opera e quindi di fare esperienza delle diverse espressioni dell’animo umano.
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Gli esercizi di fine capitolo propongono una logica didattica coerente con questa impostazione e per molti aspetti nuova rispetto alle consuetudini. Essi aiutano infatti a riflettere sui punti più importanti del testo, dando allo studente la padronanza dei meccanismi utili alla comparazione e al ragionamento. In altre parole, ogni esperienza di lettura deve conseguire un risultato. In particolare, leggere un’opera come i Promessi Sposi. Spesso invece la lettura sembra finalizzata a svolgere esercizi e questo la demotiva, la impoverisce. Al contrario, essa può rivelarsi significativa, soprattutto se adeguatamente guidata e corredata di opportune attività di comprensione e analisi, che a loro volta conducono al momento sintetico della produzione con nuova consapevolezza e ricchezza di spunti. La scelta di integrare gli apparati didattici con testi di autorevoli studiosi (Analisi del testo) risponde infine all’esigenza di avvicinare al linguaggio della critica letteraria e al procedere argomentativo, con chiara funzione propedeutica al successivo studio della letteratura. Un altro elemento di novità del testo è costituito dalla proposta di un corredo iconografico particolarmente nutrito, finalizzato a un’efficace contestualizzazione della vicenda e dell’epoca storica in cui essa è ambientata. In altre parole, non immagini esornative, ma veri e propri documenti visivi capaci di fornire ulteriori elementi conoscitivi. Questa edizione propone inoltre, in allegato al testo, un CD/Mp3 in cui sedici passi dell’opera vengono letti e accompagnati con musiche originali da Onorio Zaralli. Si potrà quindi ripercorrere attraverso l’ascolto non solo gli episodi principali dell’opera ma anche, con una adeguata modalità di lettura, cogliere e apprezzare il suo ritmo narrativo e la sua armonia poetica. Tutto questo è ciò che il nuovo Promessi Sposi di Bulgarini desidera proporre a docenti e studenti. Non un ennesimo libro di testo monocromatico e “scolastico”. Al contrario, una proposta di lettura la cui valenza didattica si esprime nel far cogliere al lettore, in modo non meccanico, ma consapevole, gli aspetti narrativi dell’opera, i temi sempre attuali affrontati dall’Autore, la qualità letteraria di un testo che può essere colta solo se la lettura riesce ad essere realmente motivante.
L’EDITORE
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Indice
Alessandro Manzoni: uno scrittore e un intellettuale impegnato nella storia
Introduzione IX
La famiglia Manzoni – L’infanzia solitaria e l’adolescenza poetica – Il ricongiungimento con la madre e il lungo soggiorno parigino – Il congedo dalla poesia classicistica – Il ritorno alla fede – Il tempo della poesia religiosa e patriottica – L’adesione al Romanticismo – L’ultimo soggiorno a Parigi – Il ritorno a Milano – Le tristi vicende familiari – Gli studi linguistici, filosofici e storici – Tra i padri della patria
L’autore e il suo tempo Casa del Manzoni: un percorso iconografico
«L’Historia si può veramente deffinire...»
Il romanzo
XXII XXIV
Lo studio della narrazione: autore e narratore – I protagonisti: Renzo e Lucia – L’antagonista – Uomini di fede e uomini di religione – Le creature del male – Il tempo della storia e il tempo del racconto – Lo spazio reale e lo spazio simbolico – I temi – Modi di rappresentare le voci dei personaggi e del narratore
4
Sintesi del contenuto – Il punto di partenza del romanzo – I violenti di professione – Il dialogo tra i bravi e don Abbondio – Il profilo di un uomo debole – Il rientro a casa del curato
Quel ramo del lago di Como…
10
14 30
Capitolo II Sintesi del contenuto – Una notte tormentata – Il dialogo tra Renzo e don Abbondio – Renzo verso la casa di Lucia
Si racconta che il principe di Condé…
LVIII LX
La scelta del romanzo storico – Una «storia milanese del secolo XVII» – L’elaborazione del Fermo e Lucia – Fermo e Lucia: un «noioso guazzabuglio» – L’edizione del 1827 dei Promessi Sposi – La «risciacquatura» linguistica e l’edizione del 1840 – La negazione del romanzo – La popolarità di Manzoni e l’eredità dei Promessi Sposi Il sistema narrativo dei Promessi Sposi
2
Capitolo I
Lo studio – L’amico di sempre: Tommaso Grossi – L’autoritratto in versi – Giulia Beccaria, la madre dello scrittore – Lo scrittore a vent’anni – L’eredità di Cesare Beccaria – Un cimelio della Rivoluzione francese – Il matrimonio con Enrichetta Blondel – La famiglia dello scrittore – Le edizioni del romanzo – Il salone di conversazione – Gli amici – Teresa Borri, la seconda moglie – Nei giorni dell’insurrezione del 1848 – Garibaldi fa visita al grande scrittore – La questione della lingua italiana – Gli ultimi anni
Le opere
L’Introduzione al romanzo – Perché Manzoni inventa l’anonimo autore – Perché Manzoni scrive l’Introduzione – Perché è opportuno leggere l’Introduzione
LXXI
La complessa personalità di Renzo
34
38 49 51
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Capitolo VII Sintesi del contenuto – Padre Cristoforo a casa di Lucia – Si attuano diversi disegni – Il matrimonio clandestino è preparato
146
Il padre Cristoforo arrivava nell’attitudine… 152
167 La «piccola felicità terrena» di Lucia – Le parole di Lucia
Capitolo III
169
Capitolo VIII
Sintesi del contenuto – Il colloquio tra Renzo, Lucia e Agnese – Nello studio dell’Azzeccagarbugli – Nel frattempo, a casa di Lucia e Agnese
Lucia entrò nella stanza terrena… Il confronto con il Fermo e Lucia Manzoni e il romanzo storico
54 Sintesi del contenuto – A casa di don Abbondio – In paese cresce il clamore – Il rapimento mancato – Reazioni a catena – La fuga dal paese
58 72 74 77
Capitolo IV
Carneade! Chi era costui?… Il confronto con il Fermo e Lucia Lucia, un personaggio passivo?
172
178 195 197 199
Capitolo IX
Sintesi del contenuto – Il personaggio di padre Cristoforo – Dal duello alla conversione
Il sole non era ancor tutto apparso sull’orizzonte…
80 Sintesi del contenuto – Il viaggio di Renzo, Lucia e Agnese – La storia di Gertrude
84 96
L’urtar che fece la barca contro la proda… Lucia e Gertrude
Fra Cristoforo «uomo fra gli uomini» – Il penitente nella coreografia barocca 98
202 206 223 225
Capitolo X Capitolo V Sintesi del contenuto – Padre Cristoforo a casa di Lucia e Agnese – L’arrivo al palazzotto di don Rodrigo – La scena del banchetto
102
Sintesi del contenuto – Verso la monacazione – La vita nel monastero – Un agnello al convento
Vi son de’ momenti in cui l’animo... Il confronto con il Fermo e Lucia
106 120 Il Seicento nei Promessi Sposi 123
Il qual padre Cristoforo…
La monaca di Monza
228 232 250 252 255
Capitolo XI Capitolo VI Sintesi del contenuto – Il confronto tra don Rodrigo e fra Cristoforo – Il progetto del “matrimonio per sorpresa”
126
Sintesi del contenuto – Don Rodrigo e il Griso – Renzo intanto arriva a Milano
Come un branco di segugi...
«In che posso ubbidirla?» disse don Rodrigo… 130
142
Un capitolo centrale del romanzo
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Capitolo XII
Capitolo XVII
Sintesi del contenuto – Il romanzo e la storia – Renzo e il tumulto milanese
284
Era quello il second’anno di raccolta scarsa... 290 Il tumulto di san Martino
302 305
Sintesi del contenuto – Verso l’Adda – La notte di Renzo sul fiume – Il passaggio dell’Adda – L’arrivo al paese di Bortolo
Basta spesso una voglia,... Il confronto con il Fermo e Lucia Il tema della Provvidenza…
Capitolo XIII Sintesi del contenuto – L’assalto alla casa del vicario – Il gran cancelliere Ferrer – La missione del gran cancelliere – Il salvataggio del vicario
Lo sventurato vicario stava... Renzo per le strade di Milano
308
312 325
402
408 421 423 425
Capitolo XVIII Sintesi del contenuto – Le notizie di Renzo giungono al paese – Al convento di Monza – Agnese ha notizie di padre Cristoforo – Il conte Attilio e il conte zio
Quello stesso giorno, 13 di novembre...
327
Il conte zio
428
434 447 449
Capitolo XIX
Capitolo XIV Sintesi del contenuto – Il tumulto si esaurisce – Renzo all’osteria della luna piena
La folla rimasta indietro... Il confronto con il Fermo e Lucia L’osteria: luogo della cultura popolare
330 334 348 351 354
Sintesi del contenuto – L’incontro tra il conte zio e il padre provinciale – La presentazione dell’innominato
Chi, vedendo in un campo mal coltivato...
452
458 470
Potere politico e autorità religiosa a Milano
471
Capitolo XX Capitolo XV 358
Sintesi del contenuto – Al palazzo dell’innominato – Il ruolo di Gertrude nel rapimento di Lucia – Lucia è condotta al castello
L’oste, vedendo che il gioco andava in lungo... 362
Il castello dell’innominato era a cavaliere...
Sintesi del contenuto – Renzo e l’oste – La denuncia – L’arresto – L’iniziativa di Renzo
375
478 491
Capitolo XXI
Capitolo XVI Sintesi del contenuto – Renzo esce da Milano – La prima sosta di Renzo – All’osteria di Gorgonzola
Scappa, scappa, galantuomo... Il mercante dell’osteria di Gorgonzola
474
378
384 397 399
Sintesi del contenuto – Lucia prigioniera al castello – La notte di Lucia – La notte dell’innominato
La vecchia era corsa a ubbidire e a comandare... La conversione dell’innominato
494
498 511 513
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Capitolo XXII
VII
Capitolo XXVI
Sintesi del contenuto – L’innominato decide di far visita a Federigo Borromeo – La vita di Federigo Borromeo
Poco dopo, il bravo venne a riferire...
516
522 534
Capitolo XXIII
Sintesi del contenuto – Al paese di Lucia – Lucia e Agnese a colloquio – La sorte di Renzo
A una siffatta domanda, don Abbondio... Una figura esemplare
620 624 637 639
Capitolo XXVII
Sintesi del contenuto – Federigo e l’innominato a confronto – Si organizza la liberazione di Lucia – I preparativi della partenza – L’arrivo della comitiva al castello
538 Sintesi del contenuto – La guerra del Monferrato – Lo scambio epistolare tra Renzo e Agnese – A casa di donna Prassede e don Ferrante
Il cardinal Federigo, intanto che aspettava... 544 Federigo e fra Cristoforo
559 561
Capitolo XXIV
Già più d’una volta c’è occorso... L’immagine di Renzo nei pensieri di Lucia
642
646 661 663
Capitolo XXVIII
Sintesi del contenuto – La liberazione di Lucia – A casa del sarto – Agnese e Lucia si ritrovano – La visita del cardinale – L’innominato torna al castello
Lucia s’era risentita da poco tempo... Un esempio poetico di vita familiare
564
570 591 593
Capitolo XXV
Sintesi del contenuto – La situazione socioeconomica del Ducato di Milano – Alcune iniziative tentano di arginare la carestia – La guerra di successione al Ducato di Mantova e del Monferrato
Dopo quella sedizione del giorno di san Martino...
666
670 688
Capitolo XXIX
Sintesi del contenuto – Le reazioni dei paesani – A casa del sarto – Di nuovo al paese
596
602 614 L’umorismo di don Abbondio 617
Il giorno seguente, nel paesetto di Lucia...
Sintesi del contenuto – Arrivano i lanzichenecchi – Sulla strada verso il castello – L’innominato dopo la conversione
Qui, tra i poveri spaventati... Perpetua e Agnese: analogie e differenze
692
696 709 711
Capitolo XXX Sintesi del contenuto – Agnese, don Abbondio e Perpetua al castello dell’innominato – Il passaggio dell’esercito imperiale nel Ducato di Milano – Il ritorno a casa di Perpetua, don Abbondio e Agnese
Quantunque il concorso maggiore... Un personaggio (quasi) sorprendente
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718 728 729
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Indice
Capitolo XXXI
Capitolo XXXVI
Sintesi del contenuto – Dalle campagne alla città: la diffusione della peste – L’epidemia colpisce Milano – Il punto di vista dell’autore
La peste che il tribunale della sanità...
732
738 754
Sintesi del contenuto – Renzo assiste alla predica di padre Felice – Ripresa ed esito della ricerca – Lucia e la mercantessa, Renzo e padre Cristoforo – Lucia è sciolta dal voto – Renzo parte di nuovo
Chi avrebbe mai detto a Renzo...
862
868 883
Capitolo XXXII Sintesi del contenuto – L’appello al governatore e il ruolo degli untori – La processione di Milano e il diffondersi della pestilenza
Divenendo sempre più difficile...
758
764 780
Capitolo XXXVII Sintesi del contenuto – Il ritorno al paese – Renzo a Pasturo e a Bergamo – Alcuni epiloghi
Appena infatti ebbe Renzo passata la soglia...
886
890 901
Capitolo XXXIII 784 Sintesi del contenuto – Don Rodrigo è condotto al lazzaretto – Renzo nel Bergamasco – Renzo torna al paese – Verso Milano Una notte, verso la fine d’agosto... L’incubo di don Rodrigo
790 807 809
Capitolo XXXIV Sintesi del contenuto – L’orrore della peste – Vicino alla meta, Renzo deve ancora fuggire
812
In quanto alla maniera di penetrare in città... 818 Il confronto con il Fermo e Lucia Anche Poe legge Manzoni
835 837 839
Capitolo XXXV Sintesi del contenuto – Nel lazzaretto – Il colloquio tra Renzo e padre Cristoforo – Renzo perdona don Rodrigo
S’immagini il lettore il recinto del lazzeretto... Il coraggio della fede
842
846 858 860
Capitolo XXXVIII Sintesi del contenuto – Il matrimonio – Renzo e Lucia nel Bergamasco – Un nuovo cambiamento
Una sera, Agnese sente fermarsi...
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910 924
Don Abbondio, Renzo e il «sugo» della storia
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Glossario Proposte Bibliografiche
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Alessandro Manzoni: uno scrittore e un intellettuale impegnato nella storia
L’
arco della lunga vita di Manzoni si tende dalla Rivoluzione francese alla conclusione del Risorgimento: l’adolescente che aveva vissuto l’improvvisa, tumultuosa accelerazione impressa alla storia dalla Rivoluzione e dall’apparizione sulla scena europea di Napoleone, si trovò ottuagenario a salutare commosso quell’Unità della patria che era stata la più fervida delle sue aspirazioni morali e civili fin dalla giovinezza. Nato sotto l’«antico regime» monarchico e feudale, educato in collegi religiosi nei quali si cercava inutilmente di salvaguardare la gioventù dal nefasto influsso delle idee e degli esempi di Francia, Manzoni sarà celebrato dopo l’Unità come uno dei padri della patria, impegnato ancora in prima persona, nonostante la tarda età, nella risoluzione di una delle questioni fondamentali per l’identità della nuova nazione italiana, quella della lingua. In questo lungo periodo non si succedono soltanto i grandiosi eventi politico-militari che portano alla formazione dell’Europa delle nazioni, ma anche quei rivolgimenti intellettuali che sono all’origine della cultura contemporanea. A Manzoni, insomma, toccò in sorte di essere, ad un tempo, protagonista di primo piano del Romanticismo europeo, dopo una formazione illuministica e classicista, e intellettuale impegnato con integra coscienza, anche negli anni più bui della Restaurazione, nella vicenda risorgimentale, nonostante la sua esistenza schiva e riservata.
La famiglia Manzoni Alessandro Manzoni nasce il 7 marzo 1785 a Milano, nel disadorno palazzo avito sul Naviglio, al n. 20 di via San Damiano, a qualche centinaio di metri da San Babila (oggi via Uberto Visconti di Modrone, 16), dal quarantanovenne conte Pietro Antonio Manzoni, – agiato proprietario terriero in Valsassina e nel territorio di Lecco intorno alla villa del Caleotto – e dalla ventitreenne marchesina Giulia Beccaria – figlia del celebre ideologo, economista e letterato Cesare (1738-1794) che, a partire dal 1764, aveva acquistato fama universale con il saggio Dei delitti e delle pene.
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Alessandro Manzoni
Pietro Manzoni (1736-1807) apparteneva all’ultima delle tre classi nobiliari (generosa, araldica, diplomatica) regolamentate dall’imperatrice Maria Teresa; era quindi di piccola nobiltà e aveva diritto al prefisso don; nel 1770 si era stabilito a Milano, dove aveva fatto valere il suo titolo per essere ammesso a corte. Quale conto farà Alessandro del proprio modesto blasone appare chiaro da una dichiarazione dell’ormai vecchio scrittore: «Coloro che mi chiamano conte, mostrano di non aver letto le mie opere… Io non sono conte e nemmeno nobile. Sono Alessandro Manzoni e nient’altro». Il matrimonio tra Pietro, maturo vedovo, e Giulia (1762-1841) era stato celebrato civilmente il 12 settembre 1782 e con rito religioso il 20 ottobre nell’oratorio domestico di casa Beccaria, ma si era trattato di un matrimonio d’interesse, patrocinato da Pietro Verri (1728-1797), che consentiva a Cesare Beccaria di collocare onorevolmente l’irrequieta figlia, nonostante l’esiguità della dote (cinquemila scudi). Come tale non poteva essere certo ben accetto a Giulia che, legata sentimentalmente al cavalier Giovanni Verri (1745-1818), fratello minore dei più celebri Pietro e Alessandro (1741-1816) – già animatori del periodico «Il Caffè» che dal 1764 al 1766 aveva segnato il momento più alto della cultura illuministica lombarda – si vedeva allontanata dalla libera e spregiudicata società fino ad allora frequentata per essere relegata in campagna, nella proprietà del Caleotto, in compagnia di un marito di due anni più anziano di suo padre e delle cognate, nubili attempate. Alessandro nacque dalla relazione extraconiugale mantenuta fra la madre e il quarantenne Giovanni Verri. Lo scandalo fu soffocato; Pietro riconobbe il figlio come suo, ma l’unione era ormai irrimediabilmente compromessa e, di lì a qualche anno, i coniugi Manzoni si separarono legalmente (23 febbraio 1792). In questo stesso periodo si interruppe il rapporto fra Giulia e Giovanni Verri.
L’infanzia solitaria e l’adolescenza poetica Il bambino era stato messo a balia nel casale della Costa, sopra Galbiate, a qualche miglio dalla villa del Caleotto, e in quell’angolo di Lombardia trascorse un’infanzia solitaria che, vecchio, parlando dei luoghi del romanzo, rievocava con nostalgia: «Oh, come sono pentito di aver venduto quel luogo che avevo a Lecco! Ho potuto descrivere vivamente quel territorio, perché i luoghi dove si sono passati i primi anni della vita restano profondamente impressi nella mente. Da ragazzo io andavo spesso al convento di Pescarenico…». A sei anni, il 13 ottobre 1791, il piccolo Alessandro viene messo in collegio presso i padri Somaschi a Merate, in Brianza, ove rimane fino all’aprile 1796, quando i Somaschi si trasferiscono al collegio Sant’Antonio di Lugano, per risparmiare agli allievi le conseguenze dell’occupazione francese della Lombardia durante la prima campagna d’Italia di Napoleone; due anni più tardi (settembre 1798) viene trasferito a Milano nel collegio dei Nobili (poi denominato Longone), retto dai padri barnabiti. Tornato in Lombardia
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poté assistere nel 1799, dalla sede estiva del collegio Longone, alla ritirata dei francesi sconfitti dagli austriaci a Castellazzo dei Barzi, presso Magenta: quei ricordi verosimilmente riaffioreranno alla memoria quando si accingerà a raccontare il transito dei mercenari lanzichenecchi in Valtellina nel capitolo XXX dei Promessi Sposi. Durante la permanenza nei collegi dei Somaschi, ordine che tradizionalmente era molto impegnato nello studio di Dante, fu iniziato alla poesia dantesca, ma – salvo il felice incontro a Lugano con padre Francesco Soave, già riformatore scolastico al tempo di Maria Teresa, autore, fra l’altro, di fortunatissime Novelle morali (1782) per la gioventù – serberà di quel periodo un tristissimo ricordo come si legge nel carme In morte di Carlo Imbonati: […] Né ti dirò com’io, nodrito In sozzo ovil [il collegio] di mercenario armento [il gregge degli alunni e degli istitutori], Gli aridi bronchi [arbusti secchi] fastidendo [avendo a nausea] e il pasto De l’insipida stoppia, il viso torsi Da la fetente mangiatoja; e franco [libero dal peso di quella istruzione avvilente] M’addussi al sorso de l’Ascrea fontana [mi detti a coltivare la poesia] (vv. 147-152). Nel frattempo Giulia, dopo la separazione da Pietro, si era decisa nel ’95 a seguire il nuovo compagno conte Carlo Imbonati (1753-1805), in Inghilterra e poi a Parigi, iniziando quella convivenza more uxorio che a Milano non sarebbe stata possibile. Prima di partire Carlo, consapevole delle conseguenze della definitiva rottura di lei con la famiglia, aveva voluto istituirla sua erede universale. A Parigi la coppia fu accolta con simpatia nell’alta società e nei circoli intellettuali: la figlia del grande Cesare Beccaria, grazie alla sua bellezza e alla sua intelligenza, ma soprattutto alla fama del padre, stabilì rapporti di intima amicizia in particolare con Sophie de Grouchy – vedova del filosofo e matematico Condorcet, leader girondino suicidatosi in carcere durante il Terrore – e con l’amico e amante di lei Claude Fauriel (1772-1844), uno degli apostoli del Romanticismo in Francia. Alessandro, uscito dal collegio nel 1802, vive nella tetra casa paterna di Milano con due zii preti e una zia smonacata che, pur dedita a pratiche devote, benediva ancora la memoria dell’imperatore Giuseppe II il quale, abolendo un certo numero di conventi, le aveva consentito di rientrare a casa. A Milano l’adolescente Alessandro si lega di amicizia con alcuni intellettuali convenuti nella capitale dalla Repubblica cisalpina dopo la vittoria di Napoleone a Marengo (14 giugno 1800) che chiuse la seconda campagna d’Italia. Ha modo così di conoscere e frequentare, tra gli altri, oltre a Foscolo e Monti, il futuro storico e filologo greco Andrea Mustoxidi, allora studente di legge a Pavia, in seguito collaboratore di Monti nella traduzione dell’Iliade, e soprattutto Vincenzo Cuoco (1770-1823), che lo inizia alla filosofia di Vico, e Francesco Lomonaco (1772-1810), esuli entrambi dal Regno di Napoli. In questo periodo ha modo, molto probabilmente, di frequentare, presso l’università di Pavia, le lezioni di Vincenzo Monti e quelle dello storico Giuseppe Zola e del filosofo Pietro Tamburini, entrambi giansenisti (ossia sostenitori di quella dottrina filosofica secondo la quale l’uomo senza la grazia di Dio non può fare altro che peccare). Frutto di questo periodo di fervido apprendistato culturale e politico è il poemetto Del trionfo della libertà, vibrante di spiriti giacobini e patriottici, composto in quattro canti in terzine dopo la pace di Lunéville tra Francia e Austria (19 febbraio 1801). Nell’ottobre 1803, per volere del padre preoccupato per le sue frequentazioni, Ales-
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sandro si trasferisce a Venezia austriaca, nella piazzetta San Maurizio, presso il cugino Giovanni Manzoni. In questo periodo l’attività poetica prosegue con componimenti fra i quali si distinguono l’“autoritratto” Capel bruno: alta fronte: occhio loquace (1801), ispirato al celebre modello alfieriano Sublime specchio di veraci detti, l’“idillio” Adda dedicato a Vincenzo Monti (1803) e i quattro Sermoni composti fra il 1803 e il 1804, nei quali prende a oggetto di satira impietosa alcuni aspetti della vita sociale e del costume del tempo.
Il ricongiungimento con la madre e il lungo soggiorno parigino La prima significativa svolta nella vita del giovane Manzoni si verifica nel 1805, in seguito alla morte improvvisa – sopravvenuta a Parigi il 15 marzo di quell’anno – di Carlo Imbonati neanche cinquantaduenne. La circostanza spinge Alessandro ad accettare l’invito della madre a raggiungerla (invito già formulato da Carlo prima della sua repentina scomparsa); non più tardi del 12 luglio arriva quindi nella casa di rue St. Honoré 71 a Parigi. Inizia così il lungo e quasi ininterrotto soggiorno nella capitale francese (1805-1810) che risulterà di decisiva importanza per l’educazione intellettuale, sentimentale e infine religiosa del giovane. Nasce in questo clima, nell’autunno, il carme In morte di Carlo Imbonati, pubblicato dall’editore Didot nel gennaio dell’anno successivo, in soli cento esemplari; pochi mesi dopo l’amico Pagani provvederà a curarne una ristampa a Milano, presso l’editore Destefanis, premettendovi di sua iniziativa una dedica al Monti. Nel frattempo Alessandro è stato introdotto dalla madre nella «Société d’Auteuil». Il prestigioso salotto culturale di Auteuil (quartiere occidentale di Parigi tra la Senna e l’ingresso sud-orientale del Bois de Boulogne) riuniva i cosiddetti idéologues, gli eredi spirituali di quegli enciclopedisti che nel 1766 avevano accolto trionfalmente suo nonno Cesare Beccaria, due anni dopo l’apparizione del saggio Dei delitti e delle pene. Questi intellettuali, attivi tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo, collocavano al centro della loro ricerca, sulle orme di Condillac, la questione dell’origine delle idee e politicamente si distinguevano per l’atteggiamento di fronda nei confronti del dispotismo napoleonico. Accomunati dalla disillusione rispetto all’utopia rivoluzionaria ormai soffocata dal regime, si proponevano quali continuatori della cultura dell’Enciclopedia, dopo il tramonto della libertà rivoluzionaria, e nell’analisi della coscienza dell’uomo immerso nella storia cercavano un ripensamento dei principi illuministici, aprendosi alle prospettive dello storicismo romantico. Il giovane può così aggiornare e irrobustire la propria cultura filosofica e, attraverso la frequentazione di Fauriel, la cultura romantica. Questi infatti – che nel 1805 aveva trentaquattro anni, tredici più di Alessandro – ormai non si poteva più considerare un “ideologo” in senso stretto, ma piuttosto un romantico storicista.
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Il congedo dalla poesia classicistica Il 18 marzo 1807 muore a Milano Pietro Manzoni. Alessandro viene a conoscenza delle gravi condizioni di salute del padre soltanto il 20, mentre si prepara a partire per Torino, e durante il viaggio apprende la notizia della morte di lui. Pietro, in punto di morte, lo istituiva erede universale, raccomandandogli di non «iscordare le massime, e i principj, ne’ quali aveva procurato di farlo educare». Nell’ottobre dello stesso anno incontra a Milano la giovanissima Enrichetta Blondel (1792-1833), figlia del banchiere ginevrino François-Louis, di confessione calvinista. Così Alessandro riferisce dell’incontro con la ragazza all’amico Fauriel da Blevio sul lago di Como: «Ho una confidenza da farvi; ho veduta a Milano la giovane di cui vi ho parlato; l’ho trovata molto graziosa; mia madre che ha parlato pure con lei e più a lungo di me, la trova di ottimo cuore, non pensa che alla casa, e alla felicità dei suoi genitori che l’adorano; infine è tutta colma di sentimenti famigliari. […] Mia madre mi interrompe ora per dirmi di scrivervi, che la piccina di cui vi dicevo, parla sempre francese, che ha sedici anni, e che è semplice e senza pretese. Eccovi dunque pienamente illuminato». Il 6 febbraio 1808 Alessandro ed Enrichetta si sposano secondo il rito calvinista, nella casa di via del Marino n. 1138, ma solo per evitare gli inevitabili ritardi connessi alla concessione della dispensa papale per un matrimonio mixtae religionis. Il 27 giugno gli sposi, in compagnia di Giulia, fanno ritorno a Parigi, donde non si muoveranno più fino al giugno 1810. Il 23 dicembre nasce Maria Giulia Claudina Elisabetta, primogenita di dieci figli, dei quali solo due sopravviveranno al padre. A Parigi, tra gli ultimi mesi del 1808 e i primi del 1809, compone il poemetto mitologico-filosofico Urania sulla funzione educatrice e civilizzatrice della poesia, pubblicato presso la Stamperia Reale di Milano nell’aprile. Ma è scontento del proprio lavoro e, il 6 settembre 1809, scrive al Fauriel: «[…] Sono quanto mai scontento di questi versi, soprattutto per l’assoluta mancanza d’interesse. Non è così che bisogna farne: ne farò forse di peggiori, ma non ne farò più come questi». Tra il 1809 e il 1810 compone A Parteneide, in risposta al poeta danese Jens Baggesen che lo aveva invitato a tradurre in italiano il proprio poemetto Parteneide ovvero l’ascesa delle vergini fanciulle alla vetta della Vergine (1803). A tale richiesta Alessandro oppone un cortese rifiuto, annunciando la propria decisione di dedicarsi alla poesia civile, con un’opera in versi sulla vaccinazione antivaiolosa (Vaccina) di evidente ascendenza pariniana. Ma tale progetto, portato avanti dal 1809 al 1812, non andò oltre otto ottave e due versi.
Il ritorno alla fede Il 15 febbraio 1810 a Parigi il matrimonio tra Alessandro ed Enrichetta viene celebrato nella cappella del palazzo del conte Marescalchi, ministro degli Affari Esteri d’Italia, secondo il rito mixtae religionis, per concessione del papa Pio VII, al quale Manzoni, d’accordo con la moglie, aveva rivolto una supplica: «[…] pentito del fallo commesso,
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implora all’autorità apostolica un opportuno riparo, capace di render tranquilla la di lui coscienza […]». La sera del 2 aprile si verifica quell’episodio di controversa interpretazione che segna comunque una svolta fondamentale nella vita di Manzoni e la sua riconciliazione con il cattolicesimo: il cosiddetto “miracolo di San Rocco”, ricordato ancora oggi da una lapide commemorativa in francese posta nella chiesa parigina: «In questa chiesa / il celebre scrittore italiano / Alessandro Manzoni / ritrovò la fede del suo battesimo / il 2 aprile 1810». I fatti si sarebbero svolti più o meno così (in proposito Manzoni fu sempre molto reticente): nel corso dei festeggiamenti indetti in occasione del matrimonio di Napoleone con Maria Luisa d’Austria, per le vie di Parigi furono fatti esplodere mortaretti in mezzo alla folla; ne seguì una calca disordinata con morti e feriti. Alessandro, perduta di vista la moglie e temendo per la vita di lei, fu sopraffatto da una crisi di panico e, paventando un malore, come altre volte gli era accaduto, trovò rifugio nella chiesa di Saint-Roch. Secondo quanto scrissero poi alcuni suoi amici, zelanti cattolici (forse suggestionati dall’episodio della notte dell’innominato), Alessandro sarebbe uscito credente dalla chiesa. Più cauto il figliastro Stefano Stampa, evidentemente sulla base di quanto aveva sentito raccontare da Alessandro stesso, riferisce che una volta, a Parigi, sentendosi male per via e temendo di svenire, come purtroppo gli era accaduto un’altra volta, si ricoverò in una chiesa per sedervisi e lasciar passare il suo malessere; e che la quiete della chiesa, l’avervi ripigliato le sue forze e perso il timore del male che s’era prima sentito, lo avevano predisposto ad accogliere con maggiore simpatia quelle idee a cui forse si sentiva già inclinato. È evidente che le testimonianze contaminano avvenimenti diversi e distanti nel tempo e riducono ad un unico episodio una storia intima assai complessa e tormentata. Certo è che, in quella circostanza, si manifesta in tutta la sua gravità quella nevrosi fobico-ossessiva che afflisse Manzoni nel corso della sua lunga esistenza.
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Il ritorno alla fede cattolica coinvolge tutta la famiglia sull’edificante esempio di Enrichetta. La giovane, infatti, il 9 aprile, convinta dall’abate Baptiste-Henri Grégoire (1750-1831), capo spirituale dei giansenisti francesi, inizia la propria istruzione religiosa sotto la guida di Eustachio Dègola (1761-1826), sacerdote genovese, il quale aveva partecipato ai circoli politici che intendevano propagandare gli ideali della Rivoluzione, per unirsi in seguito ai giansenisti francesi impegnati nella missione di convertire i calvinisti. Il 22 maggio, Enrichetta abiura il calvinismo nella chiesa di Saint-Séverin, per abbracciare il cattolicesimo. In giugno la famiglia Manzoni, che, su indicazione del Dègola, ha eletto propria guida spirituale il canonico Luigi Tosi (1763-1845), poi vescovo di Pavia, fa definitivamente ritorno a Milano, nella casa di via San Vito al Carrobbio n. 3883 (poi n. 27); il 27 agosto Alessandro si confessa e il 15 dicembre fa la comunione. Il 21 settembre scrive al Fauriel: «Vi dirò dunque che prima di tutto mi sono occupato della cosa più importante, seguendo cioè i pensieri religiosi inviatimi da Dio a Parigi, e che più ho proceduto per questa strada, più n’è stato contento il mio cuore e più soddisfatto il mio spirito». Dalla “conversione”, anche, un’energica sollecitazione ad abbandonare la poetica classicista e paganeggiante delle prime opere e la conseguente “conversione” romantica e realista culminata nell’individuazione del romanzo quale strumento fondamentale di conoscenza e rappresentazione dell’individuo e della società.
Il tempo della poesia religiosa e patriottica Nel 1812 la famiglia Manzoni si trasferisce nel palazzo Beccaria, in via Brera n. 1571 (poi n. 6) e Alessandro comincia a lavorare agli Inni sacri, previsti inizialmente in numero di dodici per celebrare le più importanti ricorrenze dell’anno. Il progetto non ebbe compimento e solo cinque inni vedranno la luce; ai quattro composti tra il 1812 e il 1815, anno della loro pubblicazione (La Risurrezione, Il nome di Maria, Il Natale, La Passione), nel 1822, al termine di un’elaborazione protrattasi per cinque anni, si aggiungerà il più alto e complesso, La Pentecoste. Frattanto, nel 1813, i Manzoni erano andati ad abitare nella casa acquistata in via Morone n. 1771 (poi n. 1) e il 21 luglio era nato il figlio Pietro. L’anno successivo, il 20 aprile, dopo l’abdicazione di Napoleone, sconfitto dalla sesta coalizione e l’abbandono di Milano da parte dei francesi del viceré Eugenio de Beauharnais, la folla lincia Giuseppe Prina, ministro delle finanze del Regno Italico, ritenuto, a torto, responsabile della pressione fiscale imposta dalle spese di guerra. Manzoni, come spiega in una lettera del 24 aprile al Fauriel, aveva praticamente assistito al barbaro assassinio dalle finestre di casa sua, vicinissima a Palazzo Marino, residenza dell’uomo politico. Il drammatico episodio offrirà più di uno spunto per l’episodio dell’assalto alla casa del vicario di provvisione nel capitolo XIII dei Promessi Sposi. Gli avvenimenti succeduti al crollo dell’impero napoleonico sollecitano l’impegno politico del Manzoni, il quale, fra il 22 aprile e il 12 maggio, compone la canzone Aprile 1814, per perorare la causa dell’indipendenza e dell’autogoverno, rivelatasi un’illusione dopo l’ingresso delle truppe austriache in Milano il 28 aprile. A questa fase di intenso impegno politico appartiene anche il frammento di canzone Il proclama di Rimini, dell’aprile 1815, ispirata all’appello alla guerra di liberazione nazionale che Gioacchino Murat, re di Napoli, aveva rivolto agli italiani, prima di essere sconfitto dagli austriaci a Tolentino.
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In quello stesso 1815 Manzoni pubblica, come si è già ricordato, i primi quattro Inni sacri, mentre respinge l’invito di Giuseppe Acerbi a collaborare alla «Biblioteca italiana», mensile culturale che avrebbe iniziato le pubblicazioni nel gennaio dell’anno seguente, con il sostegno dei governanti austriaci i quali intendevano così diffondere la cultura tedesca per contrastare l’influenza culturale francese nel Lombardo-Veneto.
L’adesione al Romanticismo Proprio sul primo fascicolo della rivista – che poté inizialmente contare sulla collaborazione dei più noti letterati del tempo, quali Monti e Giordani, e di alcuni coetanei di Manzoni, quali Pellico, Di Breme, Borsieri – comparve il memorabile articolo di M.me de Staël Sulla maniera e l’utilità delle traduzioni, destinato a innescare in Italia l’aspra contesa fra romantici e classicisti (sul fronte di questi ultimi si schiererà poi anche la «Biblioteca italiana»). In quelle pagine la scrittrice francese denunciava la decadenza culturale italiana ed esortava il ceto intellettuale ad aggiornarsi, traducendo e studiando le moderne letterature straniere per liberarsi dall’ipoteca accademica ed erudita di una tradizione ormai sterile e inerte, recuperando così il ritardo accumulato nei confronti del resto d’Europa. Manzoni, nell’infuriare della polemica – rinfocolata dalla pubblicazione di quello che sarà considerato il manifesto del Romanticismo italiano, la Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliuolo di Giovanni Berchet – scrive l’ode scherzosa, di parodia classicista, L’ira di Apollo, nella quale immagina che il dio protettore della poesia classica scenda dall’Olimpo a far vendetta dei romantici lombardi. I quali romantici, a partire dal 1815, si riunivano a Milano, ogni domenica, nella cosidetta “Cameretta” in casa del grande poeta dialettale Carlo Porta (1775-1821). Fra loro Berchet, Visconti, Torti, Grossi, alcuni dei quali sono frequentatori abituali anche del «crocchio di via del Morone» riunito intorno ad Alessandro Manzoni. Così, pur mantenendosi ai margini rispetto alle più accese polemiche di quei giorni, Manzoni resta comunque al centro del dibattito culturale: il suo impegno di romantico è ormai una scelta irrevocabile. A riprova di ciò il 15 gennaio 1816 inizia la tragedia in cinque atti, in versi, Il conte di Carmagnola che, interrotta dopo la composizione dei primi due atti verso la fine
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dell’anno, sarà ripresa e condotta a termine tra il luglio e il settembre 1819, per essere pubblicata, con dedica a Fauriel, l’anno seguente. In questo periodo di fervida attività Manzoni prende anche appunti per un incompiuto discorso Della moralità delle opere tragiche e, il 21 giugno 1817, avvia il primo abbozzo della Pentecoste. Nel 1818, sospesa la composizione della prima tragedia, si dedica, sollecitato da Tosi, alla stesura delle Osservazioni sulla morale cattolica, per confutare le opinioni in materia di cattolicesimo dell’economista e storico ginevrino di fede protestante Simon de Sismondi (1773-1842). Le Osservazioni vedranno la luce nel luglio 1819 come Parte prima, cui non seguì mai la seconda. I rapporti con Luigi Tosi entrarono in crisi quando Manzoni, invitato nel marzo 1817 dai marchesi Parravini a recarsi con loro a Parigi, aderisce con entusiasmo all’idea, per il desiderio di incontrare gli amici di un tempo (soprattutto Fauriel). Tosi si oppone infatti al progetto, paventandone gli effetti sulla fede dello scrittore, il quale, infastidito, rinuncia solo quando, nel maggio, si vede negati i passaporti per sé e per i suoi dalle autorità di polizia. A tale incomprensione si attribuisce, probabilmente scambiando la causa con l’effetto, un temporaneo allontanamento di Alessandro dalle pratiche devote. Se insondabili rimangono i motivi più intimi e profondi della “crisi”, certo è che ad essa dovette contribuire non poco il rinnovato temporalismo della Chiesa e la sua dichiarata funzione di pilastro della Restaurazione. Nel settembre 1818 aveva visto la luce a Milano «Il Conciliatore», periodico quindicinale di letteratura, espressione dei circoli liberali e antiaustriaci e propugnatore della cultura romantica in netta opposizione alla «Biblioteca italiana»; come spiega Silvio Pellico (che ne fu redattore capo) in una lettera a Foscolo: «Il titolo è stato scelto perché i compilatori del periodico si sono proposti di raccogliere e conciliare insieme tutti gli amici della verità, mossi dall’intento comune dell’unità della patria». Fra i collaboratori, oltre Pellico, Romagnosi, Di Breme, Borsieri, Berchet, ma non Manzoni che declinò l’invito a collaborare al «foglio azzurro», pur approvandone il programma. In questo periodo Manzoni, infatti, mentre continua a riflettere sui temi che sono alla base delle Osservazioni, prendendo appunti per un saggio Dell’economia politica nei suoi rapporti con la religione cattolica, inizia il secondo abbozzo della Pentecoste (17 aprile) e porta a compimento Il conte di Carmagnola (22 agosto).
L’ultimo soggiorno a Parigi Nel settembre 1819 può finalmente realizzare il progetto di recarsi a Parigi con la famiglia e, ospite di M.me de Condorcet alla Maisonette, entra in contatto, tramite Fauriel, con gli storici liberali François Guizot (1787-1874), Augustin Thierry (1795-1856), Louis Adolphe Thiers (1797-1877) e con il filosofo spiritualista Victor Cousin (17921867). È soprattutto il secondo, discepolo e amico di Fauriel, a esercitare su Manzoni un influsso evidente nel Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia e nell’Adelchi, con la teoria della «conquête» che spiegava la formazione socialmente squilibrata della società francese (e inglese) con la separazione protrattasi nei secoli fra razza conquistatrice (celti) e razza conquistata (gallo-latini). A Parigi, tra il giugno e il luglio 1820, Manzoni scrive in francese la Lettre a M. Chauvet sur l’unité de temps e de lieu dans la tragédie (Lettera a M. Chauvet sul-
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l’unità di tempo e di luogo nella tragedia), per rispondere alla recensione del critico e poeta ellenizzante Victor Chauvet (1788-1834) al Carmagnola, nella quale, nonostante la valutazione positiva della tragedia, si contestava l’abbandono della regola classicistica delle tre unità.
Il ritorno a Milano Dopo il ritorno a Milano, nell’agosto 1820, comincia il periodo più alacre e fortunato dell’attività dello scrittore: dal novembre lavora alla seconda tragedia, Adelchi (condotta a termine nel giro di due anni), e al Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia, compendio dei risultati delle ricerche intraprese come preparazione all’opera teatrale e pubblicato in appendice a questa nel 1822. Durante la composizione del dramma, nel ’21, mentre inizia la stesura del Fermo e Lucia, scrive le odi Marzo 1821 e Il cinque maggio, e l’anno seguente conclude finalmente la Pentecoste. L’ode Marzo 1821, concepita e composta di getto il 15 e il 17 marzo – contemporaneamente al secondo atto della tragedia –, quando sembrava imminente l’intervento piemontese in Lombardia (e messa da parte dopo l’accordo del sovrano sabaudo Carlo Felice con gli austriaci) sarà riveduta nel 1848 e stampata dall’editore Redaelli insieme al Proclama di Rimini, dopo le Cinque giornate. L’ode Il cinque maggio, uno dei vertici della poesia manzoniana, fu composta nella villa di Brusuglio, residenza estiva della famiglia Manzoni, tra il 18 e il 20 luglio dopo il quarto atto dell’Adelchi, non appena giunse la notizia della morte di Napoleone a Sant’Elena. La poesia, pubblicata a Torino solo nel ’23, fu diffusa clandestinamente in copie manoscritte e vedrà la luce in Germania nel 1822, nella traduzione di Goethe. Nel 1822 appaiono a stampa la Pentecoste, l’Adelchi e il Discorso; fino dall’anno precedente Manzoni raccoglie appunti per una terza tragedia storica, Spartaco, che resterà soltanto un progetto per il prevalere dell’interesse per il romanzo. L’anno seguente viene pubblicata a Parigi la traduzione di Fauriel delle tragedie con la Lettre allo Chauvet; il 17 settembre termina il Fermo e Lucia, prima stesura dei Promessi Sposi, e ne avvia la revisione; il 22 settembre scrive la lettera Sul romanticismo al marchese Cesare D’Azeglio (1763-1830). Nel 1826 Manzoni, tramite il giovane Niccolò Tommaseo (1802-1874), inizierà il sodalizio con l’esponente più autorevole dello spiritualismo italiano, il filosofo e sacerdote Antonio Rosmini Serbati (1797-1855), ritiratosi a Stresa a seguito dei contrasti con la Chiesa di Roma, che sarà destinato a esercitare una profonda influenza sullo scrittore lombardo. Nel 1827 si completa la prima edizione, in tre volumi, dei Promessi Sposi, la cosiddetta “ventisettana”, avviata nel 1825. Il 15 luglio Manzoni parte con i suoi alla volta di Firenze, per iniziare la «risciacquatura in Arno» (cioè la correzione linguistica del romanzo sulla base del parlato fiorentino). Nella capitale toscana conosce, fra gli altri, Giampietro Vieusseux (17791863), Gino Capponi (1792-1876), Pietro Giordani (1774-1848), Giacomo Leopardi (1798-1837) e si lega di amicizia con Giovan Battista Niccolini (1782-1861), e altri intellettuali e non, ai quali si affiderà per la revisione linguistica dei Promessi Sposi. In ottobre torna a Milano e l’11 dicembre è accolto fra i soci corrispondenti della fiorentina Accademia della Crusca, massima istituzione linguistica italiana, roccaforte per secoli del volgare fiorentino e del purismo. Nel 1828 inizia – sotto forma di lettera a Goethe – il saggio Del romanzo storico che, interrotto e poi condotto a termine nel 1831, vedrà la luce solo nel 1850, nella prima edi-
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zione delle Opere varie. Nell’ottobre 1828 la prima del Conte di Carmagnola, messo in scena al Teatro Goldoni di Firenze, si risolve in un insuccesso. È del 1830 l’inizio del trattato Della lingua italiana, annunciato a conclusione dell’Introduzione ai Promessi Sposi, «eterno lavoro», per il quale aveva cominciato a raccogliere materiale fin dal 1824, che, dopo alterne vicende e cinque redazioni, interrotto nel 1859, resterà incompiuto.
Le tristi vicende familiari Nel maggio 1831, a un anno di distanza dalla nascita dell’ultima figlia, Matilde, la primogenita Giulia sposa il torinese Massimo D’Azeglio (1798-1866), letterato, pittore e futuro statista, autore di popolarissimi romanzi storico-patriottici, quali Ettore Fieramosca o La disfida di Barletta (1833) e Niccolò de’ Lapi (1841). A partire dal 1833 le vicende della famiglia Manzoni sono funestate da una lunga serie di lutti (già erano prematuramente scomparse due figlie, Luigia Maria Vittoria, nel 1811, e Clara nel 1823): il 25 dicembre muore la moglie Enrichetta, la cui salute era stata irrimediabilmente compromessa da dieci gravidanze. Questo avvenimento sconvolgente è all’origine degli ultimi versi di ispirazione religiosa del Manzoni: il senso angoscioso dell’arcana e incombente presenza di Dio nella vita dell’uomo trova infatti espressione in quell’incompiuto Natale del 1833 che fu abbozzato tra il 1834 e il marzo 1835 per rievocare la morte dell’adorata Enrichetta. Quattro anni più tardi Manzoni si risposa con Teresa Borri (1799-1861), vedova con un figlio, Stefano, del conte Decio Stampa. Complessivamente la vita familiare dello scrittore fu molto travagliata, soprattutto dopo la morte della moglie: non furono felici i matrimoni delle figlie, mentre i figli condussero una vita disordinata e segnata da imprudenze e debiti che richiedevano il continuo intervento del padre. A meno di un anno di distanza dalla madre muore la primogenita Giulia D’Azeglio, seguita nel ’41 dalla sorella Cristina e da Giulia Beccaria; nel ’44 scompare l’amico Fauriel e, l’anno seguente, la figlia Sofia; nel ’56 è la volta della figlia Matilde, nel ’61 quella della seconda moglie. Nel ’66 viene a mancare il genero Massimo D’Azeglio e infine il figlio Pietro muore il 28 aprile 1873, un mese prima della scomparsa del grande vecchio. Solo dopo il secondo matrimonio Manzoni può tornare al lavoro di revisione linguistica del romanzo, rimasto interrotto dopo la morte di Enrichetta, cui aveva fatto seguito una catena di malesseri fisici. Valendosi dell’aiuto di consulenti fiorentini, come si è detto, lo scrittore tornò, fra il 1838 e il 1840, sul testo dei Promessi Sposi con lo scopo di adeguare la lingua del romanzo al toscano medio con una esplicita opzione per il fiorentino. Come si legge in una lettera incompiuta del 1830 indirizzata a Niccolò Tommaseo, il dizionario di cui intendeva giovarsi non era scritto, ma coincideva, a suo dire, con l’antico centro fiorentino e aveva «una bella appendice all’intorno, per tutta la Toscana». In occasione della nuova edizione lo scrittore decise, malauguratamente, di farsi imprenditore e di ripubblicare il romanzo riveduto a dispense illustrate dal pittore torinese Francesco Gonin (1808-1889), con il duplice scopo di contrastare il moltiplicarsi in
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tutta Italia delle edizioni non autorizzate e ricavare finalmente qualche vantaggio economico dalla quasi ventennale fatica, come spiegava, nel dicembre 1839, al cugino della madre, Giacomo Beccaria: «Colla edizione a vignette [illustrata] […], io mi costituisco di fatto unico venditore, per tutto il tempo che la distribuzione dura, cioè per un anno; giacché il contraffattore non può dar fuori [pubblicare] quinternetti [dispense] così nudi d’ogni ornato [decorazione grafica], e contraffare i miei sarebbe non una speculazione, ma una pazzia: bisogna dunque che aspetti l’opera intera».
Gli studi linguistici, filosofici e storici La prima dispensa dell’edizione definitiva del romanzo, pubblicata da Guglielmini e Redaelli, apparve nel novembre 1840; l’ultima, la n. 108, alla fine del 1842 o ai primi del 1843. All’impresa tuttavia non arrise il successo sperato – nonostante in appendice recasse l’inedita Storia della Colonna Infame – tanto che gran parte delle copie tirate rimase invenduta, mentre gli alti costi dell’impresa gravarono pesantemente sulle finanze dell’autore. Non solo: la “quarantana” non riuscì neppure a battere la sleale concorrenza delle edizioni abusive che continuarono a riprodurre, anche negli anni seguenti, il testo della “ventisettana”. Con l’apparizione della “quarantana” l’attività più propriamente letteraria di Manzoni appare ormai esaurita – se si eccettua l’incompiuto inno Ognissanti, ideato forse nel dicembre 1830, ripreso nel ’47 e, dopo diversi tentativi, definitivamente interrotto –, anche se egli continua a occuparsi di linguistica, storia, filosofia e religione. Al primo filone di interesse rispondono non solo il trattato sulla lingua, al quale continua a lavorare, ma altri scritti, come la lettera Sulla lingua italiana – indirizzata il 26 febbraio 1847 al letterato e scienziato piemontese Giacinto Carena –, nella quale Manzoni riafferma la sua avversione a una lingua puramente letteraria e si dichiara a favore di una lingua viva, fondata sull’uso, appunto il fiorentino delle persone colte (ed egli stesso nel 1856, coerentemente con questa tesi, avvierà con Capponi un Saggio di vocabolario italiano secondo l’uso di Firenze). Queste convinzioni saranno sostanzialmente ribadite anche dopo l’Unità nella relazione al ministro della Pubblica Istruzione, Emilio Broglio, il quale, con decreto del 14 gennaio 1868, aveva nominato una commissione incaricata «di ricercare e proporre tutti i provvedimenti e tutti i modi, coi quali si possa aiutare e rendere più universale in tutti gli ordini del popolo la notizia della buona lingua e della buona pronunzia». Nonostante fosse ormai ultraottantenne Manzoni – secondo la testimonianza dello stesso Broglio nella prefazione al Novo vocabolario che di quelle ricerche è frutto – si dedicò a stendere la relazione «con un’alacrità, quasi direi una furia davvero prodigiosa». Il testo Dell’unità della lingua e dei mezzi di diffonderla, inviato da Manzoni al ministro il 19 febbraio 1868, divenne “ufficiale” dopo la pubblicazione del fascicolo di marzo della «Nuova Antologia» e, nonostante fosse accolto non senza contrasti, rimase comunque alla base del progetto del Novo vocabolario della lingua italiana secondo l’uso di Firenze, edito in quattro volumi fra il 1870 e il 1897, a cura dello stesso Broglio e del genero di Manzoni, il lucchese Giambattista Giorgini, che ne aveva sposato la figlia Vittoria. In questa prospettiva di ricerca si devono quindi leggere anche gli scritti successivi di Manzoni, come le lettere indirizzate in pubblico allo scrittore e uomo politico Ruggero Bonghi (1826-1895), direttore della «Perseveranza», ove appunto furono pubbli-
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cate nella primavera del 1868: Intorno al libro «De vulgari eloquio» di Dante Alighieri e Intorno al vocabolario. Inoltre, tra il ’68 e il ’69, Manzoni stese un’ampia Appendice alla Relazione intorno all’unità della lingua e ai mezzi per diffonderla (pubblicata a Milano in un volumetto di 123 pagine nel 1869) per rispondere alle pur riguardose critiche che erano state mosse alla sua relazione al ministro. Per quanto riguarda la meditazione filosofica è da ricordare il dialogo di estetica Dell’invenzione, scritto e pubblicato nel 1850, sotto l’evidente influsso di Rosmini. Ancora nell’ambito della meditazione sul cattolicesimo è da segnalare la seconda e definitiva edizione delle Osservazioni sulla morale cattolica. In campo storiografico, verosimilmente intorno al 1860, inizia il saggio (rimasto incompiuto) La rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859. Osservazioni comparative, al quale pare lavorasse ancora nel 1869. In queste pagine, condotte secondo le prospettive della storiografia cattolico-liberale, Manzoni sostiene la legittimità della Rivoluzione francese ai suoi inizi, perduta tuttavia dopo la degenerazione del moto rivoluzionario nel dispotismo che finì con l’annullarne tutti i benefici. Al contrario la Rivoluzione italiana, che ebbe il suo compimento nella guerra di liberazione del 1859, mantenne intatta la sua legittimità, in quanto fondata sulle aspirazioni unitarie di un popolo intero. Sul tema del riscatto nazionale Manzoni tornò poi nel suo ultimo scritto (ricavato in parte dal saggio comparativo), avviato nel 1872 e compiuto poco prima dell’11 febbraio 1873, Dell’indipendenza dell’Italia, apologia e celebrazione del moto risorgimentale.
Tra i padri della patria L’ultima opera conferma che il vecchio Manzoni non era venuto meno alla passione e all’impegno politico degli anni giovanili. Basta ripercorrere rapidamente le date di quegli anni memorabili che culminarono nell’Unità: nel 1848 pubblica, a favore dei profughi veneti, Il proclama di Rimini e Marzo 1821, mentre il figlio Filippo è arrestato dagli austriaci in seguito alle vicende delle Cinque giornate; nell’ottobre è eletto deputato di Arona, ma rifiuta il mandato. Il 9 agosto 1859, il re Vittorio Emanuele II, assegnandogli la corona dei santi Maurizio e Lazzaro e un vitalizio, riconosce in lui uno dei «padri della patria», al quale vengono a rendere omaggio, rispettivamente nel 1860 e nel 1862, Cavour e Garibaldi. Poco dopo, il 29 febbraio 1860, è nominato senatore del regno e presta giuramento a Torino. Nel febbraio 1861 vota a favore della legge che attribuisce a Vittorio Emanuele il titolo di re d’Italia e nel dicembre 1864 vota a favore del trasferimento della capitale da Torino a Firenze, con l’auspicio di un prossimo trasferimento a Roma, ribadendo la sua avversione al potere temporale della Chiesa e la sua convinzione che «la spada nuoce al pastorale». Nel 1872, coerentemente con le sue idee, accetta la cittadinanza onoraria di Roma, sollevando scandalo tra le file dei clericali intransigenti. Nel tardo pomeriggio del 22 maggio 1873 Alessandro Manzoni muore a Milano per la conseguenza di una caduta avvenuta il 6 gennaio, mentre sta uscendo dalla chiesa di San Fedele dopo la messa: negli ultimi giorni, per effetto del trauma, le sue facoltà intellettuali erano apparse gravemente compromesse e aveva trascorso lunghe ore in preda a un penoso delirio. Il 29 maggio si celebrano i solenni funerali alla presenza del principe Umberto: il suo corpo viene sepolto a Milano, nel Cimitero Monumentale. Il 22 maggio 1874, nell’anniversario della morte, Giuseppe Verdi eseguì, nella chiesa di San Marco e poi alla Scala, la Messa da requiem dedicata alla sua memoria.
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L’autore e il suo tempo LA VITA E LE OPERE
LE VICENDE STORICHE
1785 (7 marzo) Nasce a Milano, dal conte Pietro, ric-
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1791-1801 In seguito alla separazione dei genitori,
1791
co possidente di Lecco, e da Giulia Beccaria, figlia del famoso giurista Cesare Beccaria, autore del trattato Dei delitti e delle pene.
Alessandro trascorre l’infanzia e l’adolescenza in collegi religiosi, presso i Somaschi fino al 1796 (prima a Merate, poi a Lugano) e presso i Barnabiti a Milano dal 1798 al 1801. È del 1800 il poemetto Del trionfo della libertà.
1802-1804 Uscito dal collegio a sedici anni, con una
buona formazione classica e uno sviluppato gusto per la poesia, vive a Milano con l’anziano padre. Qui frequenta l’ambiente illuminista napoleonico, stringendo le prime amicizie intellettuali con Monti e Foscolo. A questo periodo risalgono l’Adda, poemetto mitologico, e i quattro Sermoni, composizioni satiriche.
1805 Lasciata la casa paterna, raggiunge la madre a Parigi, dove rimarrà fino al 1810. Nel 1805 scrive il carme In morte di Carlo Imbonati, il compagno della madre da cui eredita un cospicuo patrimonio. A Parigi il giovane Manzoni frequenta i più prestigiosi ambienti intellettuali, facendosi molti amici, tra i quali Claude Fauriel, che avrà una grande influenza sulla sua formazione e per primo lo introdurrà all’estetica romantica tedesca.
1796
1796-1797 Prima campagna napoleonica in Italia.
1799
1799 Reazione austro-russa in Italia e fine delle Re-
1800 1802
1800-1802 Seconda campagna napoleonica in Italia e vittoria di Marengo sugli austriaci, costretti ad abbandonare la Lombardia, il Piemonte e Genova. Nel nuovo assetto politico dell’Italia si costituiscono varie Repubbliche. Milano diventa capitale della nuova Repubblica italiana.
1804
1804-1805 Napoleone viene incoronato imperatore
1805
1806
1808 Sposa a Milano Enrichetta Blondel, con rito cal-
1808
1808-1810 Tornato a Parigi scrive fra il 1808 e il 1805 il poemetto Urania. Il contatto con l’ambiente ecclesiastico di stampo giansenista e in particolare la frequentazione dell’abate Eustachio Degola, guida spirituale della moglie che nel frattempo abbandona il calvinismo, lo riavvicinano alla fede cristiana. Fra l’agosto e il dicembre del 1810, anno cruciale nella vita di Manzoni, Alessandro accede ai sacramenti e si risposa secondo il rito cattolico. In questo stesso anno i Manzoni tornano definitivamente a Milano.
1810
vinista, secondo la fede religiosa della moglie. Dal matrimonio nasceranno ben dieci figli.
1812
1814
1812-1824 La conversione di Manzoni si riflette anche sulla sua produzione letteraria. Durante questi anni di intenso fervore creativo scrive gli Inni sacri (1812-1815): La Risurrezione, Il nome di Maria, Il Natale, La Passione e La Pentecoste (quest’ultimo fra il 1817 e il 1822). 1816-1822 Sotto la guida di Luigi Tosi, assistente spirituale della famiglia Manzoni in Italia, scrive nel 1818 il trattato Osservazioni sulla morale cattolica, e nel 1819 pubblica la sua prima tragedia, Il conte di Carmagnola, a cui seguirà la seconda, l’Adelchi, nel 1822.
1816
Nell’ottobre del 1797, in base alla pace di Campoformio che chiude la guerra tra Francia e Austria, Napoleone cede all’Austria il territorio della Repubblica di Venezia. Nel giugno dello stesso anno viene fondata la Repubblica Cisalpina. pubbliche legate a Napoleone.
dei francesi. Nel marzo del 1805, si costituisce il Regno d’Italia, che durerà fino al 1814, e Napoleone assume il titolo di re d’Italia.
1806 L’esercito francese invade il Regno di Napoli e Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, diviene re di Napoli, mentre Ferdinando di Borbone si rifugia in Sicilia.
1812-15 Crisi e fine del dominio napoleonico: dalla
campagna di Russia, alla battaglia di Lipsia, ai Cento Giorni, alla disfatta di Waterloo.
1814-15 Il Congresso di Vienna segna il nuovo assetto dell’Europa, sotto il segno della Restaurazione, ovvero il ripristino della situazione politica del 1792. L’Austria esercita l’egemonia politica sull’Italia della Restaurazione. Nei territori assegnati direttamente all’Austria si costituisce, come parte dell’Impero asburgico, il Regno Lombardo-Veneto.
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L’autore e il suo tempo 1821-1827 La morte di Napoleone nel 1821 ispira al Manzoni l’ode Il cinque maggio. Di quest’anno è anche l’ode patriottica Marzo 1821. Nel 1823 pubblica Fermo e Lucia, la prima versione dei Promessi Sposi, la cui prima edizione (la cosiddetta “ventisettana”) esce nel 1827. Nel luglio di questo stesso anno, Manzoni si trasferisce con la famiglia a Firenze, dove rielabora il romanzo facendo uso dell’italiano nella forma toscana. Questa riscrittura definitiva dei Promessi Sposi viene pubblicata nel 1840. 1833-1839 Nel 1833 muore la moglie Enrichetta Blondel e a questo seguiranno per lo scrittore molti altri lutti: muoiono quattro dei suoi figli, la madre e l’amico Fauriel. Nel 1837 lo scrittore sposa in seconde nozze Teresa Borri Stampa, che morirà nel 1861. 1842 In appendice ai Promessi Sposi, esce Storia
della Colonna Infame, una sorta di cronaca dei processi ai presunti “untori” della peste del 1630.
1843-1873 Conclusosi ormai il periodo creativo dello scrittore, in questo tempo Manzoni si dedica ad approfondire i suoi interessi filosofici, storici e linguistici (1847, lettera Sulla lingua italiana; 1850, saggio sull’arte Dell’invenzione; 1860, La rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859. Osservazioni comparative; 1868, Relazione intorno all’unità della lingua italiana e ai mezzi per diffonderla). Negli anni della sua lunga vecchiaia, segnati da nuovi lutti familiari (muoiono ancora tre figli), Manzoni ottiene dalla borghesia italiana segni di venerazione e di riconoscimento, non solo come scrittore, ma anche come fautore del processo risorgimentale, guida morale e politica. Nel 1859 il re Vittorio Emanuele II gli assegna un vitalizio annuo. Nel 1860 è nominato senatore del primo Parlamento dell’Italia Unita. Nel 1872 gli viene conferita la cittadinanza onoraria di Roma.
1821
1821 Scoppiano i moti carbonari e liberali nel Regno
1830
1830-1831 Nuova ondata di moti liberali nell’Italia centrale (Emilia, Romagna, Umbria, Marche) repressi dagli austriaci. Giuseppe Mazzini fonda a Marsiglia “La Giovine Italia”, società segreta nata con l’intento di trasformare l’Italia in una repubblica democratica e unitaria.
1842
1843 1846 1848 1850
1859 1860
1866
1870
sero solenni funerali, alla presenza delle più alte cariche dello Stato e nel 1874, l’anno del primo anniversario, Giuseppe Verdi gli dedica la Messa da requiem.
di Napoli, in Sicilia e nel Piemonte. In marzo, il reggente Carlo Alberto concede una costituzione, ma la repressione austriaca restaura la monarchia assoluta. Il 5 maggio muore, nell’isola di Sant’Elena, Napoleone Bonaparte.
1833
1861
1873 (22 maggio) Muore a Milano. Nella città si svol-
XXIII
1873
1848-1849 Vasto movimento rivoluzionario in Europa. Insurrezioni antiaustriache a Venezia e a Milano (le “Cinque Giornate”) e nascita della Repubblica Romana. Il 23 marzo Carlo Alberto dichiara guerra all’Austria: prima guerra d’indipendenza italiana, conclusa nel marzo del 1849 con la sconfitta di Novara. Repressione e restaurazione a Roma e a Venezia. 1859-1860 Seconda guerra d’indipendenza e cessione della Lombardia da parte dell’Austria al re Vittorio Emanuele II. L’Austria conserva il Veneto. L’Italia centrale viene annessa allo Stato piemontese. Fra la primavera e l’autunno del 1860, vittoriosa conclusione della spedizione dei Mille guidata da Garibaldi e fine del Regno borbonico nel Sud: tutta l’Italia meridionale è ormai liberata.
1861 Proclamazione del Regno d’Italia. 1866 L’Italia entra in guerra contro l’Austria: ha inizio la terza guerra d’indipendenza. Con un plebiscito il Veneto proclama la propria annessione al Regno d’Italia. 1870 Il 20 settembre, presa
di Roma. In ottobre, un plebiscito suggella l’unione di Roma all’Italia.
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Casa del Manzoni
Un percorso iconografico
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anzoni acquistò la Casa di via Morone 1 (allora Contrada del Morone, n. 1171) nel 1813 e venne ad abitarvi nel 1814: una decisione che significa un “definitivo” abbandono della capitale francese e la volontà di stabilirsi a Milano, sua città natale e capitale del Regno Italico, certo in accordo con Enrichetta Blondel e soprattutto con la madre Giulia Beccaria. La preferenza per questa, tra altre case, era legata alla sua centralità anzitutto topografica, protetta (allora come oggi) da una chiusura discreta, a un passo da piazza Duomo, dalla Scala, dalle vie dei librai, e, appena più in là, ecco l’Ambrosiana, e il Palazzo di Brera, con la ricca Biblioteca e il Gabinetto Numismatico; centralità che diventerà “spirituale”, per essere vicinissima alle abitazioni di figure di riferimento, come Federico Confalonieri, in via Monte di Pietà, o lo zio Giulio Beccaria, in via Brera, e di un prossimo «amico» come Carlo Porta, in via Montenapoleone, o come, pur arrivato più tardi, il carissimo pivèll Luigi Rossari, in via della Spiga.
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Dietro la casa si apriva un ampio giardino, che si ammirava dal piano superiore e a cui guardavano, soluzione particolarmente felice, le due finestre dello studio dello scrittore, al piano terreno, quasi isolato dal resto dell’edificio, dove lavorare in tranquillità, disponibile e a portata di voce per la madre, per Enrichetta, per i bambini – che nel corso degli anni diventano sempre più numerosi –, per gli “altri”. Nella lettera all’amico e maestro parigino Claude Fauriel, scritta da Milano il 9 febbraio 1814, Manzoni esprimeva la sua piena soddisfazione per l’acquisto: «Quanto a me, sono tra la famiglia, gli alberi, i versi. Abbiamo acquistato una casa dove c’è un grande giardino, di circa un decimo d’arpento, dove non ho mancato di piantare dei liquidambar, delle sofore, delle tuie, degli abeti che, se vivo abbastanza, verranno un giorno a trovarmi attraverso la finestra. Ho scritto altri due Inni con l’intenzione di farne una serie...». Anche la madre Giulia Beccaria esprimeva uguale entusiasmo, scrivendo allo zio Michele de Blasco, nel luglio dello stesso anno: «Ci troviamo contentissimi della nostra casa per l’aspetto veramente felice, sì nell’inverno che nella state; ma necessita molte, molte riparazioni; le circostanze non ci permettono che di fare quelle pel servizio immediato, e per noi restiamo nelle nostre antichità; ma, replico, la situazione non può essere migliore dalla parte del giardino che abitiamo per intero noi». In questa casa Manzoni visse fino al 22 maggio 1873, per sessant’anni: lavorò, studiò, meditò, compose le sue opere; qui nacquero molti dei suoi figli; qui moriranno la moglie Enrichetta (25 dicembre 1833) e la madre Giulia (1841); qui saranno intrattenuti molti ospiti illustri e gli amici più cari; qui si possono ritrovare i segni finissimi e indelebili, lo spirito intenso e segreto della vita del poeta di Ermengarda e Lucia. Alla morte dello scrittore la casa venne posta in vendita dagli eredi, i due figli superstiti Vittoria ed Enrico e i nipoti, e fu acquistata dal conte Bernardo Arnaboldi, che la conservò con intelligente cura e attenzione. Passò poi ai conti Dubini, dai quali lo Stato Italiano l’acquisì nel 1938, collocandovi la sede del Centro Nazionale Studi Manzoniani, restituendola alla città di Milano, per rinnovarvi la continua vitalità culturale che il suo Titolare ha dettato ed esige.
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Lo studio
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arco la porta del poeta con emozione; attraverso il cortile, dal quale mi fa entrare in una piccola biblioteca preceduta da un’anticamera stretta che si apre su una scalinata; la casa è silenziosa e fredda, sembra un convento, come tutte le case di Milano. Le due finestre di questa biblioteca [studio di Alessandro Manzoni] danno su un piccolo giardino. Fra le due finestre si trova una consolle con il busto in marmo del professor Grossi, che fu uno degli amici più cari di Manzoni; a fronte, sopra gli scaffali della biblioteca, che coprono tutte le pareti, c’è una bella testa di Cristo di Leonardo da Vinci, fatta dalla marchesa d’Azeglio, figlia di Manzoni, che la morte rapì molto giovane a suo padre desolato. La scrivania sulla quale scrive il poeta è di fronte ad un caminetto che ha da ogni lato una piccola porta. Alessandro Manzoni arriva. Il nobile vecchio mi fa sedere di fianco al fuoco, su una poltrona ricoperta di pelle nera, e si siede egli stesso in faccia a me su una sedia».
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Così la scrittrice francese Louise Colet, l’amica di Flaubert, ricorda la visita a Manzoni, nel 1859, nel corso del suo viaggio in Italia. Quasi ottant’anni dopo, il pittore e scrittore Alberto Savinio (fratello di Giorgio de Chirico, singolare illustratore dei Promessi Sposi), in sue pagine milanesi del 1938, raffigura lo studio del Manzoni: «La luce vegetale del giardino si prolunga nello studio, tinge di verde stagnante i muri, il soffitto a volte e cassettoni. La scrivania è collocata in modo che lo scrittore, scrivendo, si possa far ombra con la mano. Sulla scrivania sono ancora i guanti, gli occhiali, altri occhiali con stanghette a cerniera, l’asciugapenne, il cucchiaino del sabbietto, un fermacarte di marmo a forma di libro, un tagliacarte, un paio di forbicette. Tre zie trasformate in poltrone si serrano davanti al caminetto freddo, guardano l’inutile parafuoco, gli alari che alzano come piccole sfingi le loro testine di angioletti. Cristo veglia sopra il caminetto, ma il miracolo del fuoco non avviene lo stesso. Solo chi ignora i segreti della casa, paventa in questo studio il pericolo del freddo: colui che “sa”, apre a sinistra del caminetto un armadio a muro, scopre una stufa a colonna, nascosta là dentro come un oggetto vergognoso: una colonna infame. Negli scaffali della libreria alcuni libri sono intangibili, specie alcuni volumi di giurisprudenza del Seicento, che a toccarli se ne cadono in polvere. Tommaso Grossi è presente in un busto di marmo». Entrambe le testimonianze, fotografando lo studio come è rimasto, uguale ieri e oggi, ripetono che così lo videro gli amici e le personalità che fecero visita a Manzoni – Rosmini, Garibaldi, Cavour, Verdi, Don Pedro II Imperatore del Brasile – e lo possono ancora guardare i visitatori di oggi, affermati studiosi e giovani studenti, anche quelli cui la scuola non sempre riesce a far comprendere gli Inni sacri, l’Adelchi, i Promessi Sposi, i saggi profetici (in prospettiva europea e del villaggio globale) sulla storia e sulla lingua italiana.
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L’amico di sempre: Tommaso Grossi
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ommaso Grossi, l’autore dei Lombardi alla prima Crociata, dell’Ildegonda e del romanzo storico Marco Visconti, visse per circa quindici anni nella casa di via Morone, ospite nelle due stanzette di fronte allo studio del Manzoni, che nutriva per lui una profonda amicizia. Così Cesare Cantù nelle sue Reminiscenze: «La più durevole confidenza ebbe Manzoni con Tommaso Grossi; non genio, né eroe, ma gran galantuomo, amato anche da quelli che non lo ammiravano: poeta coltissimo e tenerissimo, talché poteva accordarsi con Manzoni senza che reciprocamente si dessero ombra. Manzoni accolse il Grossi nella propria casa, dandogli a fitto due camerette a pian terreno, dalla biblioteca sua non separate che dal corridojo, pel quale dal cortile si transita al giardino. Colà egli durò fin quando Manzoni passò a seconde nozze; ed egli pure ne contrasse di felici. Grossi salì in tanta fama, che è superfluo ch’io qui torni a caratterizzarlo; mi limito all’amicizia che gli professava Manzoni. La via più facile per avvicinarsi a questo era la cameretta del Grossi; egli l’amico, il confidente di tutta la famiglia. Il Grossi gli regalò una propria effigie in marmo.» L’affettuosa fratellanza che legava i due amici traspare dalle lettere, che si scambiavano quando erano lontani, ricche di espressioni dialettali, in un loro “lessico familiare”: «Ah non vedo l’ora di vederti nella mia stanzetta da basso accanto alla tua» (1814). «Non vedo l’ora di essere seduto nel mio gabinetto con Grossi al fianco che legge la sua novella... Che chiacchiere faremo», scriveva Manzoni da Parigi nel 1820; e da Firenze il 15 agosto 1827: «Oh che cara lettera, che lettera cara, che dolce, che melata lettera ricevo dal mio Grossi! proprio una lettera quale si richiedeva per pagarmi di tanto silenzio», e il 17 settembre 1827, a chiusura di una lunghissima chiacchierata epistolare: «Chiudo in fretta, anzi tronco, perché il tempo è misurato. Sarebbe bella ch’io dovessi studiare il modo di terminare una lettera a Grossi, e terminare con una formola che esprimesse quelle due novità che gli voglio bene e che sono Manzoni».
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In una delle due stanzette, dove attualmente sono raccolti cimeli e testimonianze relativi a Grossi e alla sua famiglia, si radunavano, nel dopo pranzo, gli amici della cerchia manzoniana, continuando idealmente le riunioni dell’antica «cameretta portiana». La stanza veniva scherzosamente chiamata «l’isola di Giava», giocando parafonicamente sul termine milanese giavanada – da giavan che il Cherubini traduceva “merendone” –, che significa, sempre stando all’autore dell’insuperato Vocabolario milaneseitaliano, “baggianata”, e dunque “scherzo, ridicolaggine”.
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L’autoritratto in versi
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apel bruno: alta fronte: occhio loquace: / Naso non grande e non soverchio umile: / Tonda la gota e di color vivace: / Stretto labbro e vermiglio: e bocca esile: / Lingua or spedita or tarda, e non mai vile, / Che il ver favella apertamente, o tace, / Giovin d’anni e di senno; non audace: / Duro di modi, ma di cor gentile. / La gloria amo e le selve e il biondo iddio: / Spregio, non odio mai: m’attristo spesso: / Buono al buon, buono al tristo, a me sol rio. / A l’ira presto, e più presto al perdono: / Poco noto ad altrui, poco a me stesso: / Gli uomini e gli anni mi diran chi sono». Questo il ritratto in versi che Manzoni traccia di sé stesso nel 1801, all’età di sedici anni. Queste parole sono speculari al ritratto a lapis eseguito da Gaudenzio Bordiga nel 1802 (collocato ora nella prima sala del Museo), quando il giovane Alessandro, da poco uscito di collegio, stringeva nella Milano cisalpina le prime importanti amicizie culturali. In un dialogo competitivo con Monti e Foscolo, compose il poemetto Del Trionfo della libertà (1801), i sonetti A Francesco Lomonaco, Alla Musa e Alla sua donna (1802), l’ode Qual su le cinzie cime, e poco dopo il poemetto Adda (1803), gli oraziani Sermoni: scritti diffusi nella cerchia amicale, ma rimasti inediti (a parte il sonetto A Francesco Lomonaco), e più tardi rifiutati. Con spavalda indipendenza di giudizio e ribellismo giacobino, il giovane allievo dei padri Somaschi rifiutava di scrivere con la lettera maiuscola le parole re, imperatore e papa; esprimeva ripulsa per la Chiesa e il trono, inneggiando alla libertà nata dalla Rivoluzione francese. Il diciottenne Alessandro era un giovane “libertino”, che si accompagnava agli esuli e ai patrioti più illustri confluiti nella Milano ritornata repubblicana dopo la vittoria francese a Marengo, vivendo con qualche eccesso, che la tradizione aneddotica ha raccolto: passava ore nel ridotto del Teatro alla Scala (dove venne ripreso da Vincenzo Monti); inseguiva pretesti d’amore, si proponeva, nella vita, una esemplarità degna dei sapienti della Grecia classica. Giulia aveva annotato, nel tumultuoso e ansioso recupero del figlio a lungo dimenticato, sul retro del piccolo profilo a matita: «Ritratto del mio amato figlio Alessandro Manzoni d’anni 17. Diss. Da Bordiga». Teresa Stampa Manzoni, redigendo, un quarantennio più tardi, l’inventario di quanto nell’estate del 1848 – in procinto di rifugiarsi a Lesa sulla riva piemontese del Lago Maggiore nella villa ereditata dal marito Decio Stampa, – decise di affidare a don Giovanni Ghianda, precettore di Filippo Manzoni, confermava senza entusiasmo: «Povero ma somigliante profilo d’Alessandro Manzoni a 17 anni fatto da Bordiga; con a tergo uno scritto di sua madre che attesta di chi è, ecc.».
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Giulia Beccaria, la madre dello scrittore
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el quadro a olio attribuito ad Andrea Appiani, ora nella villa di Brusuglio, Giulia Beccaria è ritratta con il figlio di circa sei anni, che stava per essere collocato nel collegio dei padri Somaschi. Alcuni studiosi ritengono che Giulia l’avesse commissionato per farne dono a Giovanni Verri, fratello dei più celebri Pietro e Alessandro, al quale era stata a lungo legata, e che già le cronache del tempo (ora confortate da testimonianze più precise) indicavano quale padre naturale di Alessandro.