Sentieri dell'immaginario - Comunicare oggi - Selezione di pagine

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Sentieri dell’immaginario

COMUNICARE OGGI

Leggere, scrivere, parlare

Cultura digitale

Scrittura creativa

Il piacere di apprendere Gruppo Editoriale ELi
Maria Zioni Micael Zeller Barbara Garlaschelli
equilibri
#PROGETTOPARITÀ

Sentieri dell’immaginario

COMUNICARE OGGI

equilibri

#PROGETTOPARITÀ

Leggere, scrivere, parlare

Cultura digitale

Scrittura creativa

Il piacere di apprendere Gruppo Editoriale ELi

Coordinamento redazionale: Marco Mauri

Redazione: Laura Pavesi per Studio Roveda Marelli, Milano

Art direction: Enrica Bologni

Progetto grafico: Studio Mizar, Bergamo

Impaginazione: Fabio Bergamaschi, Olivares S.r.l.

Illustrazione di copertina: Alida Massari

Contenuti digitali

Progettazione: Giovanna Moraglia

Realizzazione: bSmart Labs

Letture espressive: Eleonora Calamita

Referenze iconografiche

Shutterstock. Tutte le altre immagini provengono dall’Archivio Principato. Per le riproduzioni di testi e immagini appartenenti a terzi, inserite in quest’opera, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire, nonché per eventuali non volute omissioni e/o errori di attribuzione nei riferimenti.

ISBN 978-88-416-5171-1

Sentieri dell’immaginario Narrativa + Comunicare oggi

ISBN 978-88-6706-542-4

Sentieri dell’immaginario Narrativa + Comunicare oggi

eBook+

Prima edizione: gennaio 2023

Printed in Italy

© 2023 - Proprietà letteraria riservata.

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Stampa: Tecnostampa - Pigini Group Printing Division - Loreto - Trevi 22.85.198.0P

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Parole e testi

3 Sezione 1
7 Parte A COMPRENDERE E PRODURRE TESTI 1. La comunicazione verbale 8 1.1 Comunicare 8 1.2 Lingua orale e lingua scritta 8 1.3 I registri linguistici 9 Suoni e lettere 10 2. Il testo 11 2.1 Testi d’uso e testi letterari 11 2.2 I legami di coerenza e di coesione 12 2.3 I connettivi 13 Le tipologie testuali di base 14 3. Leggere bene 15 3.1 Leggere con gli occhi e con la mente 15 3.2 Leggere ad alta voce 15 3.3 Modi di lettura funzionali allo studio 18 Leggere per studiare: un percorso operativo 21 PERCORSI OPERATIVI Percorso 1 Leggere attivamente 22 LIVELLO 1 TRACCIA 1 Leggere e comprendere 22 • Alessia Rastelli Gli omicidi sconvolgono l’abbazia TRACCIA 2 Leggere velocemente in modo selettivo 24 • Raffaella Oliva Ragazzi ora si balla! TRACCIA 3 Comprendere e collaborare 24 • Samantha Cristoforetti Al ritorno LIVELLO 2 TRACCIA 4 Comprendere e collaborare 26 • Raffaele La Capria La volpe e il riccio TRACCIA 5 Comprendere e collaborare 27 • Fernando Pessoa Rendere monotona l’esistenza Percorso 2 Leggere ad alta voce 29 LIVELLO 1 TRACCIA 6 Comprendere e leggere ad alta voce due brevi articoli 29 • Andrea Camilleri Riflessioni TRACCIA 7 Leggere in modo espressivo il testo di una canzone 30 • Gino Paoli Il cielo in una stanza TRACCIA 8 Leggere in modo espressivo i testi poetici 31 • Pietro Metastasio La fede degli amanti • Giacomo Leopardi La sera del dì di festa • Giovanni Pascoli Il tuono LIVELLO 2 TRACCIA 9 Leggere ad alta voce un articolo di un quotidiano 33 • Pier Luigi Vercesi Dalle apparenze alla memoria, un filo ci lega ai nostri oggetti TRACCIA 10 Leggere in modo espressivo una poesia 34 • Emily Dickinson To make a prairie (Per fare un prato) TRACCIA 11 Leggere ad alta voce un testo letterario a propria scelta “SCELGO IO” 34
4 Parte B IL DIBATTITO DELLE IDEE 35 1. Scrivere e parlare e con competenza 35 1.1 Scrivere per un destinatario 35 1.2 La punteggiatura 37 1.3 Ascoltare e parlare 41 1.4 Dialogare e discutere 42 La retorica, ovvero l’arte dell’eloquenza 44 2. Esporre e argomentare 45 2.1 Il testo espositivo 45 2.2 Il testo argomentativo 47 2.3 Il riassunto 50 • Il riassunto di un testo letterario narrativo 53 • Il commento e la scheda di lettura 56 Citare le fonti 60 PERCORSI OPERATIVI Percorso 1 Riassumere 62 LIVELLO 1 TRACCIA 12 Riassumere un articolo di costume 62 • Francesca Bonazzoli Lo scrittore e il condottiero. Un hobby per due TRACCIA 13 Riassumere un testo letterario: un episodio tratto da un romanzo 65 • Alessandro Manzoni Il miracolo delle noci LIVELLO 2 TRACCIA 14 Riassumere un articolo informativo 68 • E. M. L’abito fa il monaco. E, sì, la prima impressione è quella che conta TRACCIA 15 Riassumere un testo letterario in prosa a propria scelta “SCELGO IO” 68 Percorso 2 Riassumere e commentare 69 LIVELLO 1 TRACCIA 16 Riassumere e commentare un articolo di cronaca 69 • Luca Roscini Cattivo gusto a tavola LIVELLO 2 TRACCIA 17 Riassumere e commentare i risultati di una ricerca 71 • Rita Querzé Educare con un contratto TRACCIA 18 Riassumere e commentare un testo letterario 73 • Stefano Benni Lo scienziato racconto completo Percorso 3 Analizzare un’argomentazione 78 LIVELLO 1 TRACCIA 19 Storia Telmo Pievani Preistoria. Un’epoca immaginata che si allunga all’indietro 78 TRACCIA 20 Storia e società Norbert Ohler Viaggiare nel Medioevo 81 LIVELLO 2 TRACCIA 21 Mentalità Glauco Giostra La trappola del pensiero liofilizzato 84 TRACCIA 22 Modelli culturali Natalia Ginzburg I valori da trasmettere 86 Percorso 4 Discutere due tesi opposte 89 LIVELLO 1 TRACCIA 23 Scuola Luigi Ferini Strambi, Alberto Villani Le scuole devono ritardare l’inizio delle lezioni per far dormire di più i ragazzi? 89 TRACCIA 24 Società Felice Romano, Susanna Ceccardi Spray al peperoncino: deve essere proibito? 92 LIVELLO 2 TRACCIA 25 Scuola Sofia Bignamini, Rosalba Candela Le vacanze scolastiche vanno distribuite diversamente? 95 TRACCIA 26 Linguaggio Luisa Leonini, Valeria Mancinelli Sindaca, ministra, avvocata. Declinare le professioni al femminile aiuta l’uguaglianza? 97 TRACCIA 27 Società Paolo Conti, Tommaso Labate Che cosa dà un senso alle vacanze: montagna o mare? 100
5 Percorso 5 Analizzare e scrivere un testo argomentativo 102 LIVELLO 1 TRACCIA 28 Vivere oggi Pierluigi Battista E lo smartphone uccise la puntualità 102 TRACCIA 29 Opportunità Tiziano Terzani Benedetta maledizione 105 LIVELLO 2 TRACCIA 30 Diritto e società Eva Cantarella Matrimonio e amore 108 TRACCIA 31 Giovani Raffaela Carretta Ragazzi troppo connessi? Colpa degli adulti 111 TRACCIA 32 Godersi la vita Mauro Bonazzi Epicuro, l’edonismo e i piaceri del corpo 113 TRACCIA 33 Scrivere un testo argomentativo su un tema a propria scelta “SCELGO IO” 115 Parte A IL MONDO DEI DATI 118 1. Due cifre per tutto 118 1.1 Contare fino a uno 118 1.2 Immagini e audio 118 2. La rivoluzione digitale 120 La legge del rimpicciolimento 120 La rete che cambiò il mondo 120 SCHEDA COME SI USA L’HTML 122 2.1 La vulnerabilità dei software 122 3. Dove sono i dati? 123 3.1 La memoria dei dati 123 3.2 Le banche dei dati 124 DOCUMENTI DOCUMENTO 1 Algoritmi, Intelligenza Artificiale e intelligenza umana 125 DOCUMENTO 2 Jaron Lanier Istruzioni per sopravvivere, via dai social e diventare gatti 127 DOCUMENTO 3 Internet, la “Rete delle reti” tra passato e futuro 130 DOCUMENTO 4 Tim Berners-Lee Dobbiamo impedire che il web diventi “un’arma” 132 DOCUMENTO 5 Cosa sono e a cosa servono i supercomputer 134 Parte B PROTAGONISTI E CONSAPEVOLI 136 4. Navigare e ricercare 136 4.1 La navigazione 136 PERCORSO OPERATIVO Come effettuare una ricerca on line 137 5. Connessi senza pericoli 138 5.1 Difendersi dagli intrusi 138 SCHEDA Fake news 138 5.2 Per non farsi male a vicenda: le buone norme 139 5.3 Fermare i cyberbulli 140 5.4 Attraversati dalle onde 141 Sezione 2 Cultura digitale 117
6 DOCUMENTI DOCUMENTO 6 Luigi Ripamonti L’ho letto su internet dunque dev’essere vero! 142 DOCUMENTO 7 Guido Santevecchi Cina, vietato distrarsi a scuola: una fascia cerebrale misura l’attenzione 144 DOCUMENTO 8 Suggerimenti per individuare le notizie false 146 DOCUMENTO 9 Due storie di minorenni e cyberbullismo 147 DOCUMENTO 10 Nati per comunicare a quattr’occhi 149 Parte C VIVERE LA TRASFORMAZIONE 151 6. Come cambiano gli usi 151 6.1 Dalla carta al digitale 151 SCHEDA Leggere su carta e leggere su schermo 152 6.2 Il visitatore è al centro 153 6.3 Dalla pagina al flusso 153 6.4 Frammentazione e multitasking 154 6.5 Istinti sociali e social network 155 7. Domani, anzi oggi 156 7.1 Il commercio dei profili 156 7.2 Tecnologia blockchain 157 7.3 Realtà virtuale e metaverso 157 7.4 Big Data e Intelligenza Artificiale 158 7.5 Che cosa farai da grande? 159 DOCUMENTI DOCUMENTO 11 Aldo Cazzullo Padri e figli, lo smartphone ci divide 160 DOCUMENTO 12 Quello che i social non dicono (e che invece va detto) 162 DOCUMENTO 13 Sì, il Grande Fratello esiste già. E divide i cinesi in buoni e cattivi 164 DOCUMENTO 14 Steven Johnson Intelligenza Artificiale: la nuova era che si annuncia 166 DOCUMENTO 15 Maurizio Ferrera Le nuove tecnologie sono una minaccia per i posti di lavoro? 168 GLOSSARIO Le parole del digitale 170 Prima di cominciare… 174 1. Cos’è la scrittura creativa 175 Scrittori: clown e dei 175 2. Come si impara a scrivere fiction? 176 Scrivere è scrivere (e leggere leggere leggere) 176 3. Il romanzo 178 4. Il racconto 180 5. Come far proseguire la storia 183 6. I personaggi 185 7. Quello che non si deve dimenticare se si vuole fare lo scrittore 189 Sezione 3 Scrittura creativa 173

Sezione 1

Parole e testi

PARTE A

COMPRENDERE E PRODURRE TESTI Percorsi operativi

PARTE B

IL DIBATTITO DELLE IDEE Percorsi operativi

A PARTE COMPRENDERE E

PRODURRE TESTI

1. La comunicazione verbale

1.1 Comunicare

Comunicare è un’esperienza naturale e un’esigenza fondamentale della nostra vita. Ciascuno di noi è inserito in una fitta rete di rapporti sociali che dal ristretto ambito familiare si allarga agli amici, ai conoscenti e alla società. Grazie a tutti gli strumenti che la nostra civiltà offre, oggi la varietà delle comunicazioni è grandissima, ma in tutte è possibile rilevare alcuni elementi ricorrenti: un emittente e un destinatario; un contenuto – il messaggio che si vuole comunicare – e un referente, per esempio un oggetto, reale o immaginario, o un sentimento; un codice, per esempio la lingua orale o scritta, e un canale, per esempio le onde sonore.

Gli elementi costitutivi del processo di comunicazione

Emittente La persona (o il gruppo di persone, o l’ente) che intenzionalmente comunica qualcosa a qualcuno.

Destinatario La persona (o il gruppo di persone o l’ente) alla quale l’emittente rivolge intenzionalmente il messaggio.

Messaggio Il contenuto della comunicazione.

Referente Ciò di cui si parla: il concetto a cui il messaggio rinvia.

Codice L’insieme dei segni convenzionali usati per comunicare.

Canale Il mezzo fisico che porta il messaggio da chi lo emette a chi lo riceve.

1.2 Lingua orale e lingua scritta

Fra i codici che possono essere usati per comunicare un messaggio (codici visivi, grafici, acustici, tattili...) la lingua, nella sua forma orale o scritta, è il codice principale, quello maggiormente usato.

La lingua è uno strumento potente, agile ed economico che permette di rappresentare, descrivere e interpretare il nostro mondo interiore e la realtà che è intorno a noi.

Utilizzando un numero di segni esiguo, chi parla o scrive può esprimere significati semplici o molto complessi; attraverso le parole è possibile comunicare una semplice informazione, sentimenti, riflessioni, ragionamenti, impressioni, desideri ecc.

8 SEZIONE 1 PAROLE E TESTI

Inoltre la lingua permette di comunicare esperienze fatte nel passato e depositate nella nostra memoria, di analizzare e classificare la realtà, ma anche di descrivere mondi immaginari che esistono solamente nella nostra fantasia.

La lingua orale e la lingua scritta sono due mezzi di comunicazione differenti, ciascuno dei quali richiede competenze specifiche.

Le principali differenze fra la lingua orale e la lingua scritta determinate dal canale

Lingua orale Lingua scritta

La lingua orale è costituita da suoni.

Può essere arricchita:

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• da variazioni del volume, del tono di voce e dell’intonazione;

• da gesti e espressioni del volto.

2 Le parole, una volta che sono state pronunciate, svaniscono.

La voce umana, quando non è supportata da strumenti tecnologici, come ad esempio il telefono e la televisione:

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La lingua scritta è costituita da lettere.

Può essere arricchita da:

• mezzi tipografici (grassetto, corsivo, MAIUSCOLE ecc.);

• mezzi grafici (schemi, immagini ecc.).

Le parole, una volta scritte, permangono nel tempo.

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Il messaggio scritto, inciso su pietra, redatto su carta o diffuso da strumenti tecnologici come ad esempio il cellulare o il computer:

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• può essere udita a una distanza limitata;

• raggiunge un numero di persone limitato.

4 La lingua orale può essere corretta solo aggiungendo nuove parole.

1.3 I registri linguistici

3

• può essere letto anche a grande distanza dal luogo in cui è stato prodotto;

• raggiunge un numero di persone illimitato.

4 La lingua scritta può essere corretta cancellando e riformulando il discorso.

La lingua è un potente mezzo di comunicazione: se bene usata, permette di esprimere senza ambiguità e con efficacia il nostro pensiero e il nostro stato d’animo. Una lingua (l’italiano, il francese, l’inglese...) può essere paragonata a un insieme che ha in sé numerosi sottoinsiemi: ciascuno di essi ha molti aspetti comuni con gli altri, ma presenta anche elementi di diversità. Ogni lingua infatti:

• cambia nel tempo: l’italiano del Trecento è diverso dall’italiano odierno;

• cambia nello spazio (nelle zone di ciascuna nazione si usa una lingua parlata che ha caratteristiche proprie nella pronuncia, nella morfologia e nel lessico);

• cambia in base al canale: l’orale e lo scritto sono due forme di comunicazione assai diverse, ciascuna con regole e usi propri.

Le varietà legate alla situazione comunicativa La lingua varia anche in base alla situazione comunicativa. Quando formuliamo un messaggio verbale, parlato o scritto che sia, adattiamo il livello espressivo alla situazione concreta in cui avviene la comunicazione, cioè valutiamo a chi, quando, dove e su quale argomento parliamo o scriviamo. Così facendo, usiamo una particolare varietà della lingua, cioè un diverso registro: formale, medio, informale.

I registri linguistici sono i diversi modi di usare la lingua, il livello espressivo di una situazione comunicativa.

PARTE A COMPRENDERE E PRODURRE TESTI 9

a. Il registro formale, o alto

Si usa nelle situazioni ufficiali e pubbliche tra persone che non si conoscono. Il destinatario è una persona di riguardo con un ruolo professionale di prestigio oppure un ente pubblico.

Il livello espressivo è molto curato: il tono è distaccato e impersonale e la forma è corretta ed elaborata, con periodi ben costruiti e armonici e con un lessico appropriato e talora ricercato.

b. Il registro medio, o italiano standard

Si usa nel mondo della scuola, nelle interrogazioni e nei compiti scritti Poiché è il livello in cui tutti possono riconoscersi ed esprimersi, è la varietà più usata nelle relazioni sociali e professionali: nelle comunicazioni di massa, nei notiziari radio-televisivi, nei giornali, nei testi informativi in genere. Anche in questi usi la lingua è controllata e corretta: la sintassi è piana e scorrevole e il lessico è preciso, ricco di sottocodici e privo di coloriture regionali e di espressioni colloquiali.

c. Il registro informale, o basso

Si usa nella vita quotidiana, nelle conversazioni private tra persone che si frequentano e sono legate da rapporti di familiarità, amicizia e confidenza. Il livello espressivo è spontaneo, spesso non controllato; il lessico è semplice e il discorso si caratterizza per la presenza di regionalismi e modi di dire colloquiali o gergali.

Suoni e lettere Suoni e lettere

I 21 segni che compongono il nostro alfabeto corrispondono a 28 suoni: 7 suoni vocalici e 21 suoni consonantici.

VOCALI

Alle cinque vocali previste dall’alfabeto italiano, A, E, I, O, U, corrispondono sette suoni differenti poiché la E e la O, secondo le posizioni delle labbra, possono avere due suoni:

uno aperto, o grave: bèllo, cartèlla, cèlla, òro, còllo, fòglia.

uno chiuso, o acuto: péra, bére, éro, ónda, vóce, dolóre.

La vocale A ha invece un unico suono, sempre aperto; la I e la U hanno entrambe un suono solo, sempre chiuso.

CONSONANTI

Per ciò che riguarda le consonanti si ha una precisa corrispondenza fra lettera alfabetica e suono in 10 casi: B, D, F, L, M, N, P, R, T, V.

• Per le restanti lettere consonanti possiamo trovare suoni diversi riferiti alla stessa lettera; per esempio:

– un suono sordo, o aspro: sasso, falso, borsa; amicizia, spazio, negozio, pozzo, mazzo.

– un suono sonoro, o dolce: poesia, rosa, paradiso, asilo; zelo, brezza, zodiaco, azzurro, zona.

• Esistono poi suoni singoli ma leggibili solo con l’accostamento di più lettere:

g + l = foGLia; g + n = raGNO; s + c = SCi ecc.

• Mentre la sequenza QU + VOCALE rappresenta un suono uguale a quello della sequenza C + U+ VOCALE: QUAdro, QUEsto, SQUIsito, QUOta; CUOre, sCUOla, innoCUO, CUOco.

La distinzione fra la Q e la C «dura» è dovuta a una ancor viva tradizione ortografica che differenzia il modo di scrivere alcune parole in base a criteri etimologici (che rimandano, cioè, all’origine della parola).

In questo caso la distinzione è dovuta al mantenimento della grafia latina.

• Abbiamo infine una lettera che non rappresenta alcun suono, ma è un semplice segno grafico: la lettera H; le parole ANNO e HANNO si pronunciano esattamente nello stesso modo.

10 SEZIONE 1 PAROLE E TESTI

2. Il testo

2.1 Testi d’uso e testi letterari

A Un testo regolativo: una ricetta

CREMA DI MELONE

INGREDIENTI

Melone 1 kg

Panna fresca

liquida 200 g

PREPARAZIONE

Latte intero 180 g

Zucchero 100 g

Uova 2

1. Pulite il melone: dividetelo a metà e rimuovete i semini interni con un cucchiaio, poi tagliatelo a fette ed eliminate la buccia con un coltello.

2. Tagliate la polpa del melone a tocchetti: inseritela all’interno di un contenitore alto e stretto e frullate con un frullatore a immersione.

3. Rompete le uova in una ciotola, aggiungete lo zucchero e lavorate il tutto con una frusta a mano.

4. Ora versate il latte e la panna in un pentolino e scaldate il composto senza farlo bollire. Unite il composto di uova e zucchero e mescolate bene con una frusta: cuocete a fuoco basso fino a raggiungere la temperatura di 85° (utilizzate un termometro per misurare la temperatura esatta).

5. Trasferite il tutto in una ciotola, aggiungete il melone frullato e mescolate ancora per amalgamare il tutto.

6. Ponete poi il composto a raffreddare in frigorifero, coperto con pellicola per circa 30 minuti, fino a che sarà ben freddo. Se preferite una crema dalla consistenza morbida potete servirla subito, altrimenti lasciatelo raffreddare in freezer per almeno 2 ore, per una consistenza maggiormente compatta.

B Un testo informativo: la copertina di un romanzo

C Un testo letterario: una poesia

Un sepalo1 ed un petalo e una spina in un comune mattino d’estate, un fiasco di rugiada, un’ape o due, una brezza un frullo in mezzo agli alberi –ed io sono una rosa.

(Emily Dickinson, 1858)

1. sepalo: fogliolina verde alla base del calice del fiore.

Gli esempi sopra riportati sono testi molto diversi fra loro per scopo, argomento, lunghezza. Ciascuno di essi infatti trasmette tutto ciò di cui il destinatario ha bisogno per comprendere il messaggio.

Il testo è l’unità fondamentale dell’attività linguistica:

• È un messaggio unitario e completo, con un inizio e una fine.

• È un messaggio intenzionale, che risponde a una precisa volontà comunicativa.

• È un messaggio dotato di significato e di senso compiuto, frutto di un progetto e con precisi obiettivi.

I testi sono numerosi ed eterogenei. In relazione allo scopo per cui il testo viene realizzato è possibile innanzitutto distinguere due ampie categorie:

• I testi d’uso sono testi pragmatici: vengono utilizzati per informare, dare istruzioni o raggiungere scopi di ordine pratico.

Negli esempi, sono testi d’uso la ricetta della crema di melone (Testo A) e la copertina del romanzo Ritorno ad Atene di Rita Pugliese (Testo B).

• I testi letterari: sono testi finalizzati a suscitare un piacere estetico, interiore; quello dell’autore che li crea e quello del lettore che ne fruisce.

Negli esempi, è un testo letterario la poesia della scrittrice statunitense Emily Dickinson (Testo C), in cui la poetessa comunica la felicità di sentirsi immersi nella natura estiva. Oltre ai testi poetici sono testi letterari i racconti, i romanzi, i testi teatrali e di epica.

Il nostro percorso è finalizzato alla lettura e alla scrittura di testi d’uso.

PARTE A COMPRENDERE E PRODURRE TESTI 11

2.2 I legami di coerenza e di coesione

La parola «testo» deriva dal latino textum, che significa «ciò che è intrecciato, ciò che è tessuto». L’unità interna del testo è data dall’intreccio di più elementi che insieme concorrono a formare un vero e proprio «tessuto di parole».

L’immagine del tessuto ci può far riflettere: per produrre un tessuto occorrono fili di lana, di seta, di cotone o di un’altra fibra; una volta che sono intrecciati, però, lo riconosciamo come un prodotto unito e compatto, di cui cogliamo l’aspetto complessivo. Così in un testo ben costruito coglieremo il senso del discorso ed apprezzeremo gli effetti espressivi più significativi.

Gli elementi linguistici che compongono un testo scritto devono essere scelti con cura per conferire al discorso caratteri di compattezza e omogeneità. Per trasmettere i significati in modo efficace e determinare una continuità nei contenuti e nella forma, il testo richiede, al suo interno, due gruppi di legami linguistici: i legami di coerenza e di coesione.

I legami di coerenza

Nei testi d’uso la coerenza è il filo conduttore e il principio organizzatore delle idee e dei significati. Un testo coerente presenta un’idea centrale (detta anche “tema centrale” o “argomento centrale”), verso cui convergono tutte le informazioni. L’idea centrale può essere espressa linguisticamente o sottintesa; in questo caso sarà compito del lettore individuarla.

La coerenza si realizza attraverso la continuità dei contenuti.

I legami di coerenza riguardano tre piani, strettamente collegati tra di loro: il piano tematico, il piano logico, il piano stilistico

Coerenza tematica Tutte le informazioni del testo sono riconducibili a un tema principale e non sono contraddittorie

Coerenza logica Tutte le parti del testo sono ordinate in base a criteri riconoscibili, condivisi dal lettore (prima/dopo, causa/effetto, noto/ignoto ecc.)

Coerenza stilistica Il linguaggio è omogeneo: il lessico, il registro linguistico e lo stile sono adeguati al tipo di testo e al destinatario

i contenuti si collegano a un’idea centrale, o tema comunicativo

Il testo è COERENTE

I legami di coesione

le singole parti sono unite da relazioni logiche

il lessico è adeguato all’argomento e al contesto

La coesione è il filo conduttore e il principio organizzatore del linguaggio. Riguarda i legami linguistici, grammaticali e lessicali, che rendono un testo unitario e compatto.

La coesione si realizza attraverso la continuità della forma.

12 SEZIONE 1 PAROLE E TESTI
se

Fra i principali legami linguistici ricordiamo:

• la concordanza morfologica, cioè l’accordo tra le parole in base al genere, al numero e al tempo verbale.

• la concordanza sintattica, cioè il modo in cui le parole e le proposizioni sono ordinate.

• la ripetizione di parole, al fine di richiamare con precisione un elemento già nominato.

• le forme sostituenti, cioè parole ed espressioni di vario tipo che rimandano al medesimo significato (pronomi, sinonimi, iperonimi, iponimi, perifrasi ecc.)

• l’ellissi, cioè l’omissione di una parola o di un’espressione già presente nel testo. Si possono elidere nomi, verbi o intere frasi, ma generalmente si elidono il verbo o il predicato.

legami grammaticali di concordanza tra le parole

2.3 I connettivi

se ha

legami sintattici tra parole, frasi, parti di testo

legami lessicali tra le varie parti del testo

Un importante elemento di coerenza e di coesione testuale è rappresentato dai connettivi

I connettivi sono parole ed espressioni che esplicitano i legami logici fra le informazioni e collegano le diverse parti del testo: singole frasi, periodi o anche unità più ampie di discorso.

Come chiarito dall’etimologia (cum + nèctere = «intrecciare con») la funzione dei connettivi è legare il discorso – parole, frasi, parti di testo – determinando una continuità logica.

Legami logici

I connettivi esprimono relazioni logiche di diverso tipo. Per esempio: consideriamo due affermazioni sono felice ascolto la musica e leghiamole con un connettivo che esprima...

- ... un rapporto logico di tempo: sono felice QUANDO ascolto la musica

-... un rapporto logico di causa: sono felice PERCHÉ ascolto la musica

- ... un rapporto logico condizionale: sono felice SE ascolto la musica

Quando si scrive è opportuno avere chiaro il rapporto logico che si intende instaurare fra due affermazioni o fra due concetti e quindi scegliere il connettivo opportuno.

I connettivi appartengono a diverse categorie grammaticali. Per esempio possono essere:

PARTE A COMPRENDERE E PRODURRE TESTI 13
Il testo è COESO

• congiunzioni e locuzioni congiuntive (e, o, ma, perciò, dunque... dal momento che, allo scopo di...);

• avverbi e locuzioni avverbiali (allora, poi, cioè, prima, inoltre, domani... sul momento, più o meno, di conseguenza...);

• preposizioni e locuzioni prepositive (sopra di, prima di, vicino a... per mezzo di, in funzione di, in rapporto a...);

• locuzioni ed espressioni di vario genere (tanto per cominciare, come abbiamo già osservato, facciamo un esempio, prendiamo ora in considerazione, concludiamo questa breve panoramica...).

In un testo la presenza di connettivi guida la lettura e la corretta comprensione, come segnali che comunicano l’organizzazione del testo e la gerarchia degli argomenti.

Le tipologie testuali di base

All’interno dei vasti mondi dei testi si possono distinguere cinque tipologie fondamentali, ciascuna caratterizzata da una specifica struttura compositiva: il testo narrativo, il testo descrittivo, il testo regolativo, il testo espositivo e il testo argomentativo.

Ciascuna tipologia di base può costituire un testo a sé stante oppure fare parte di un testo complesso ed

IL TESTO NARRATIVO

essere unita ad altre tipologie. In un racconto, per esempio, sono spesso presenti sia la narrazione sia la descrizione; in una recensione di un film si possono trovare sia una breve narrazione, con la sintesi della parte iniziale della trama, sia un paragrafo argomentativo, più o meno lungo, con la valutazione dell’opera.

È costituito da una serie di fatti legati logicamente fra loro e inseriti in una dimensione temporale.

• Tipica dei testi narrativi letterari, la narrazione può trovarsi anche in testi d’uso di vario genere. Ad esempio: cronache; testi che riguardano la nostra esperienza personale (una lettera, una pagina di diario, un testo di scrittura creativa); testi scolastici (un tema, un resoconto di una gita o di un’assemblea di classe ecc.)

IL TESTO DESCRITTIVO

È un’immagine costruita con le parole.

• Tipica dei testi narrativi letterari, la descrizione è raramente isolata. Rappresenta persone, oggetti, ambienti in una dimensione spaziale e può trovarsi anche in testi d’uso di vario genere. Ad esempio: in un testo scientifico, in un manuale di istruzioni e in tutti quei testi in cui chi scrive vuole “far vedere” qualcosa al lettore o fargli percepire atmosfere, sensazioni, stati d’animo.

IL TESTO REGOLATIVO

Ha lo scopo di indicare regole o dare istruzioni.

• Sono testi regolativi le leggi, i regolamenti, gli statuti, le ricette di cucina, le istruzioni per l’uso.

IL TESTO ESPOSITIVO

È costituito da una serie di fatti e dati rielaborati e organizzati al fine di informare, spiegare, trasmettere concetti e conoscenze.

• Sono testi espositivi tutti quei testi in cui chi scrive vuole informare il lettore su un determinato argomento. Ad esempio: i manuali scolastici, le relazioni, i saggi scientifici e di divulgazione, le voci enciclopediche.

IL TESTO ARGOMENTATIVO

È costituito da una serie di argomenti a sostegno di una tesi.

• Sono testi argomentativi tutti quei testi in cui chi scrive intende promuovere un certo comportamento o vuole convincere il lettore ad accettare positivamente idee e convinzioni.

14 SEZIONE 1 PAROLE E TESTI

3. Leggere bene

3.1 Leggere con gli occhi e con la mente

Quando leggiamo compiamo uno sforzo fisico e intellettuale insieme. L’occhio, infatti, compie una serie di balzi in avanti per abbracciare di volta in volta diverse lettere o parole. Anche la mente compie una serie di balzi in avanti. Essa percorre il testo abbracciando uno dopo l’altro i diversi concetti che le vengono suggeriti dalle parole che stiamo leggendo e dal contesto in cui si trovano. Le informazioni, le cognizioni, le idee che già possediamo e che durante la lettura richiamiamo, collaborano anch’esse, integrando lo sforzo compiuto dalla nostra mente.

L’acquisizione di abitudini di lettura corrette è legata innanzitutto alla capacità di leggere in modo fluente, sfruttando appieno l’ampiezza del campo visivo. Per ottenere questo risultato il lettore deve sbarazzarsi di alcune abitudini che ostacolano il ritmo della lettura e il processo di comprensione.

LEGGERE CON GLI OCCHI E CON LA MENTE

I comportamenti del lettore

Comportamento corretto Comportamento errato

Leggere velocemente, attentamente, in modo concentrato e con un ritmo flessibile, variabile in base ai contenuti.

Chi legge bene è attivo: segue il filo del discorso senza distrarsi; anticipa il significato delle lettere e delle parole; mette in relazione quello che dice il testo con le proprie conoscenze; integra a mano a mano le informazioni che già possiede con quelle nuove.

Leggere lentamente, decifrando, muovendo le labbra come quando si legge ad alta voce o pronunciando mentalmente le parole.

Chi legge male tende a distrarsi: tende a rallentare il ritmo mentale perdendo di vista il significato complessivo del testo. Per capire il testo e cogliere i rapporti fra le idee, è costretto a rileggere più volte ritornando su parole o espressioni non messe sufficientemente a fuoco durante la prima lettura.

Ciascuno di noi è in grado di emettere tantissimi suoni diversi. Quelli utilizzati per parlare in italiano, però, sono circa una trentina. I suoni sono prodotti dall’aria emessa durante la respirazione in uscita dai polmoni attraverso la gola, la bocca e il naso. La corrente d’aria diventa suono perché, proprio come quella che passa attraverso uno strumento a fiato, incontra una serie di organi che muovendosi la modulano. Quando l’aria percorre il canale respiratorio senza incontrare alcun ostacolo, tranne quello rappresentato dalle vibrazioni delle corde vocali, si determina una vocale, cioè un suono di natura musicale; diversamente si ha una consonante, cioè un rumore prodotto dagli organi (lingua, labbra, denti) che ostacolano la corrente d’aria.

3.2 Leggere ad alta voce

Le modalità per leggere bene ad alta voce sono molto diverse da quelle che si seguono quando si legge in modo silenzioso. Chi legge in modo silenzioso legge per sé stesso. Al contrario, nella lettura ad alta voce il destinatario sono gli

PARTE A COMPRENDERE E PRODURRE TESTI 15

altri. Pensiamo, per esempio, a un giornalista che legge le notizie alla radio o alla televisione, oppure a un insegnante che detta un compito in classe: chi legge ad alta voce si rivolge agli altri allo scopo di fare comprendere un testo. Quando si legge ad alta voce occorre favorire l’ascolto sia pronunciando ciò che si legge con una voce nitida e robusta, in modo che tutti possano sentire, sia accompagnando l’andamento logico del testo con opportune pause e variando l’intonazione della voce.

DI LETTURA A CONFRONTO

Volume e articolazione Il volume di voce, cioè l’intensità sonora con cui la voce viene emessa quando si legge, va adeguato al contesto. A scuola, la lettura in classe di un testo, per esempio di un brano dell’antologia, richiede un volume di voce indubbiamente maggiore di quello necessario per farsi sentire da un amico che, nel silenzio di una stanza, ascolta seduto a poca distanza da chi legge. Per farsi sentire, il volume va adeguato all’ambiente fisico in cui avviene la comunicazione, al numero di ascoltatori e alla distanza tra chi legge e chi ascolta. Inoltre, per farsi sentire, chi legge deve articolare le parole, cioè pronunciare in modo chiaro e distinto i gruppi di suoni che le compongono. Così come nel regolare un impianto stereofonico la migliore fedeltà si ottiene con un livello di volume adeguato all’ambiente e con una buona regolazione dei toni, allo stesso modo leggendo ad alta voce occorre sia mantenere un volume di voce che tenga conto dell’ambiente fisico sia, soprattutto, parlare con voce nitida e robusta. Leggere con voce debole o tremolante, come pure «masticare» le parole, o «mangiarle», omettendo di pronunciare alcune sillabe, sono i primi difetti da eliminare per leggere bene ad alta voce.

La corretta articolazione dei suoni all’interno della bocca è la condizione primaria per pronunciare le parole in modo chiaro, così che tutti possano sentire e capire.

I bravi attori riescono a farsi sentire anche dal più lontano spettatore del teatro senza gridare, ma formando nettamente le sillabe e sfruttando al meglio gli organi che concorrono a rendere chiara la parola.

Il ritmo e l’intonazione Per leggere bene, in modo espressivo, occorre accompagnare l’andamento logico del testo variando opportunamente ritmo e intonazione.

Il ritmo è costituito dalla velocità di emissione delle parole ed è cadenzato dalla frequenza e dalla lunghezza delle pause; può dunque essere lento, veloce, incalzante ecc.

16 SEZIONE 1 PAROLE E TESTI
TIPI
Lettura ad alta voce Lettura silenziosa far comprendere un testo gli altri imposto dalla capacità di pronuncia
parole al minuto ← SCOPO → ← DESTINATARIO → ← RITMO → ← VELOCITÀ → comprendere un testo sé stesso determinato dall’ampiezza del campo visivo 250/300 parole al minuto
DUE
150

L’intonazione è invece la particolare modulazione della voce con cui, secondo l’intenzione comunicativa, si pronunciano parole e frasi.

Per leggere ad alta voce occorre:

• rispettare le pause rappresentate dai segni di interpunzione (virgola, punto e virgola, due punti, punto fermo ecc.);

• variare l’intonazione nelle frasi terminanti con un punto esclamativo o interrogativo.

Per esempio l’espressione «Domani è domenica», assume un valore molto diverso se pronunciata con un’intonazione interrogativa, «Domani è domenica?» oppure esclamativa, «Domani è domenica!». La stessa espressione può inoltre essere una semplice constatazione, «Domani è domenica», e pronunciata con un’intonazione neutra, che non coinvolge emozionalmente; oppure può assumere intonazioni espressive che comunicano emozioni come la gioia, la tristezza ecc. Nella lettura ad alta voce il ritmo e l’intonazione servono a regolare e a scandire il fluire delle parole e delle frasi in modo da riprodurre le intenzioni comunicative e il ragionamento dell’autore, facilitando la comprensione di chi ascolta. Quando il testo da leggere è un brano letterario o una poesia, la lettura deve essere espressiva, per fare apprezzare lo stile o la musicalità del testo. Occorre perciò usare le note della voce con un diverso grado di intensità, passando per esempio da toni alti a toni più bassi, fino quasi a sussurrare, e viceversa; inoltre occorre variare il ritmo di lettura, accelerandolo o rallentandolo, secondo le esigenze del testo, fino a interromperlo con brevi pause di silenzio.

La pronuncia Nell’attività scolastica, quando ci si prepara a leggere un testo ad alta voce, si possono avere dubbi su quale sia la corretta pronuncia di una parola, per esempio il suono aperto o chiuso di una vocale o l’individuazione dell’esatta posizione dell’accento tonico. Per eliminare ogni dubbio occorre consultare il dizionario

Il dizionario della lingua italiana registra sempre la corretta pronuncia. Per ogni parola esso segnala infatti sia la pronuncia aperta o chiusa delle vocali e e o (problèma, giovinézza, io sóno, cuòre), sia su quale vocale cade l’accento tonico (edìle, rubr ìca, persuadére, mollìca).

Leggere come gli attori

Nei corsi di dizione per attori e doppiatori cinematografici viene dedicato molto spazio alla correttezza della pronuncia.

Una difficoltà per la corretta pronuncia di un testo da leggere ad alta voce in modo professionale è dovuta all’esistenza di pronunce regionali molto diverse. La base storica dell’italiano è il modello fiorentino colto; la pronuncia fiorentina corrisponde oggi a quella insegnata nelle scuole di recitazione. Essa è però seguita solitamente dalle persone che hanno studiato dizione, come gli attori, gli annunciatori e i doppiatori cinematografici. La maggior parte delle persone che parlano l’italiano usa invece un tipo di pronuncia che risente delle caratteristiche foniche regionali. Oltre che nel modo di articolare le parole, l’impronta della zona di origine si avverte poi nell’intonazione con cui le frasi vengono modulate.

PARTE A COMPRENDERE E PRODURRE TESTI 17

3.3 Modi di lettura funzionali allo studio

Ogni lettore adotta modi di lettura differenziati secondo il testo che ha in mano (un quotidiano, un dizionario, una lettera, un manuale di studio ecc.) e, soprattutto, in base allo scopo che si propone di raggiungere: appagare la propria immaginazione, divertirsi, soddisfare la propria curiosità, conoscere le opinioni degli altri, rilassarsi, imparare, farsi un’idea generale dei contenuti di un testo, trovare un’informazione ecc. Ognuno di questi scopi comporta un diverso modo di lettura silenziosa e ciascuno di essi può essere utile ed efficace. La lettura silenziosa e fatta per sé stessi. Secondo lo scopo che guida il lettore, essa può essere integrale o selettiva.

La lettura integrale

Si attua una lettura integrale quando un testo viene letto dall’inizio alla fine, seguendo in modo lineare l’ordine delle righe, dei paragrafi e delle parti.

Questo modo di lettura soddisfa esigenze diverse. Nelle attività di studio la lettura integrale è indispensabile per comprendere e memorizzare concetti nuovi e per conoscere o approfondire il punto di vista di un autore. Quando si legge per il proprio piacere, per esempio un romanzo, la lettura integrale permette di immergersi nel testo seguendo pagina dopo pagina la sequenza degli avvenimenti e gustare il modo in cui personaggi e ambienti vengono rappresentati.

Le letture selettive

Si attua una lettura selettiva quando un testo viene letto parzialmente, con l’occhio e la mente attenti a rilevare solo particolari informazioni o concetti.

Possiamo distinguere tre modi di lettura selettiva: la lettura orientativa, la lettura di consultazione, la lettura cursoria Quando, per esempio, si sfogliano alcuni romanzi, leggendo qua e là nel testo per decidere quale scegliere, quando si consulta il dizionario per cercare un vocabolo o anche quando si scorre velocemente un paragrafo, soffermando

18 SEZIONE 1 PAROLE E TESTI

l’attenzione solo su alcune parti, si attuano tre diversi modi di lettura selettiva. Nel primo caso chi legge attua una lettura orientativa, nel secondo una lettura di consultazione, nel terzo una lettura cursoria. La caratteristica che accomuna questi tre modi selettivi di leggere è la rapidità. In tutti e tre i casi infatti il lettore, per raggiungere il proprio scopo (avere un’idea di insieme di un testo, reperire un vocabolo, scremare le informazioni), non ha bisogno di leggere il testo dall’inizio alla fine, seguendo l’ordine delle pagine, ma deve muoversi nel testo molto velocemente, saltando anche intere pagine o parti per scegliere solo ciò che gli interessa.

Letture selettive

Modalità e scopi del lettore

Lettura orientativa È una lettura sommaria e rapida, finalizzata a farsi un’idea d’insieme di un testo. Ad esempio: sfogliare un romanzo leggendo qua e là per decidere se corrisponde ai propri gusti.

Lettura di consultazione È una lettura rapidissima, attenta a individuare una determinata informazione. Ad esempio: trovare una parola sul dizionario; individuare su un tabellone della stazione l’orario di partenza di un treno; scorrere un indice per trovare il numero di una pagina.

Lettura cursoria È una lettura a sbalzi: non si legge tutto il testo ma solo alcune sue parti. Ad esempio: in vista di un’interrogazione ripassare un argomento scorrendo le pagine e concentrando l’attenzione solamente sulle informazioni principali, evidenziate in precedenza.

Leggere per studiare Nel lavoro scolastico l’attività di lettura fondamentale è finalizzata a sviluppare le proprie conoscenze, cioè a imparare, collegare e richiamare alla memoria informazioni e concetti. Per studiare con profitto e indispensabile padroneggiare diversi modi di lettura, scegliendo di volta in volta quelli funzionali ai propri scopi. Pensiamo, per esempio, a uno studente che debba prepararsi per un’interrogazione. Sorvolare il testo con la lettura orientativa, prima di leggerlo integralmente, gli permette di richiamare alla memoria gli argomenti, collocarli in un contesto, fare previsioni. Durante la lettura approfondita, la consultazione del dizionario gli consente poi di affrontare termini o espressioni sconosciuti, o poco chiari. Infine, nella fase del ripasso, scorrere il testo con la lettura cursoria, soffermandosi solo su alcune informazioni gli consente di riorganizzare i concetti selezionati, assimilarli e imprimerli nella memoria.

avere un’idea d’insieme di un testo

rintracciare un’informazione o un dato

cursoria

di consultazione comprendere informazioni e concetti

afferrare parti rilevanti di un testo ignorando particolari e digressioni

PARTE A COMPRENDERE E PRODURRE TESTI 19
letture selettive lettura integrale
Modi di lettura funzionali allo studio
orientativa

La lettura integrale: un impegno attivo Quando in classe l’insegnante spiega un argomento, per esempio la fotosintesi clorofilliana, e assegna come compito a casa la lettura del corrispondente capitolo, chiede di cogliere il contenuto del testo nella sua interezza, leggendo attentamente e per esteso.

Leggere in modo integrale risponde al bisogno di cogliere completamente il messaggio che un autore intende comunicare.

È un modo di lettura che richiede concentrazione e un impegno attivo, leggendo senza distrarsi, pronti a capire il legame fra le diverse informazioni, comprendere il punto di vista dell’autore, seguirne il ragionamento. Leggere in modo integrale non significa però leggere tutto il testo a velocità costante e con un’attenzione sempre sostenuta. In un testo le informazioni non hanno tutte la stessa importanza: alcune sono essenziali per svolgere l’argomento, altre sono invece secondarie, aggiungono cioè spiegazioni e particolari o sono ridondanti.

Un buon lettore distingue l’essenziale: legge velocemente per non perdere il senso del discorso, ma rallenta il ritmo quando si presenta un passaggio più significativo, o più complesso, pronto a soffermarsi e a rileggere se non ha capito. La lettura integrale richiede flessibilità: il ritmo varia in base alle caratteristiche del testo e alle esigenze del lettore. Per risparmiare tempo e fatica è inoltre importante avere chiaro lo scopo per cui si legge. Se lo scopo è cogliere il contenuto globale, cioè comprendere il discorso nelle sue linee essenziali, occorre leggere seguendo la linea di pensiero che si snoda lungo il testo. Se lo scopo è anche cogliere e selezionare contenuti da studiare è utile accompagnare l’attività mentale della lettura con attività operative, vale a dire leggere intervenendo sul testo evidenziando, paragrafando, annotando ecc. Una seconda lettura permetterà poi di soffermare l’attenzione su ciò che è evidenziato e di rielaborare i contenuti sotto forma di appunti, schemi o riassunti.

Comprendere concetti e informazioni

Per esempio:

• conoscere il punto di vista di un autore

• seguirne il ragionamento

• capire il legame fra le diverse informazioni ecc.

È una lettura che richiede concentrazione; si legge tutto il testo pronti a soffermarsi e a rileggere le parti più significative o difficili

20 SEZIONE 1 PAROLE E TESTI
La lettura integrale scopo del lettore caratteristiche Leggere per esteso

Leggere per studiare: un percorso operativo

1. Creare le condizioni favorevoli alla lettura:

• programmare quanto tempo dedicare allo studio

• mettersi nelle condizioni adatte per concentrarsi: avere attorno a sé silenzio, scegliere l’ora più propizia…

• non lasciare per ultimo lo studio della materia che non piace

2. Sorvolare il testo con una lettura orientativa

3. Leggere con attenzione tutto il capitolo, seguendo con cura il filo logico del discorso, allo scopo di: individuare gli argomenti svolti

suddividendo il testo in punti e annotando ogni volta che c’è un cambiamento di contenuto riconoscere le parole difficili, o di sottocodice

selezionare i contenuti

evidenziandole (o interrompendo la lettura per consultare il dizionario)

sottolineando le informazioni principali: quelle indispensabili per capire ciò di cui parla il testo e che andranno conservate e studiate

4. Rileggere il testo in modo selettivo, soffermando cioè l’attenzione solo su quanto da noi annotato, allo scopo di: ricostruire l’organizzazione del testo

comprendere termini sconosciuti o parti poco chiare

valutare i risultati

prendendo appunti o riassumendo

consultando il dizionario o gli appunti

interrogandosi su quello che si è compreso

PARTE A COMPRENDERE E PRODURRE TESTI 21

A PARTE PERCORSI OPERATIVI

Percorso 1

Leggere attivamente

Leggere e comprendere

Alessia Rastelli

Gli omicidi sconvolgono l’abbazia

Ti proponiamo la lettura della recensione di un romanzo da noi suddivisa in due paragrafi.

Per ciascun paragrafo:

• Leggi silenziosamente e attentamente il testo (colonna di destra) e le note.

• Soffermati sulle parole, in particolare quelle da noi evidenziate: se sei incerto sul corretto significato consulta il dizionario.

• Rispondi alle domande del questionario (colonna di sinistra).

PRIMO PARAGRAFO

1.Tenendo conto del contesto spiega il significato di queste parole da noi evidenziate nel testo: amanuensi; miniature: sortita; routine; cripte; superstizione

2. Di che cosa parla il nuovo romanzo di Marcello Simoni? Dove è ambientato?

3. Chi sono i protagonisti? Qual è il titolo?

Adamantius, Gotescalco, Lupo di Ferrières, Walfrido, detto lo Strabico: giovani e talentuosi amanuensi dell’abbazia benedettina1 di Fulda2, negli allora territori germanici dell’impero carolingio3. Splendide miniature e lettere da decorare, qualche sortita, di nascosto, nel vicino villaggio contadino, fino a quando la routine dei quattro monaci non viene interrotta, nell’anno 832, da una serie di omicidi. Tre squarci paralleli e un solco scuro sotto le unghie accomunano i corpi delle vittime. Voci proibite parlano di una belva «che ulula, si strugge, vaga nella notte e uccide a causa del desiderio impossibile che la rende folle: il desiderio di divorare la luna».

Enigmi, antichi testi, cripte buie e cunicoli, creature diaboliche, religiosità che sfiora la superstizione. Nel nuovo romanzo breve Il lupo nell’abbazia, Marcello Simoni torna all’amato e congeniale Medioevo. E si diverte, facendo divertire. Il libro è un giallo piacevole, scorrevole, in cui la finzione poggia sulla consueta accuratezza storica dell’autore. Anche nei dettagli: Simoni, ad esempio, è attento a rappresentare l’abbazia di Fulda non ancora cinta da mura di pietra, che verranno costruite solo dopo l’anno Mille.

22 SEZIONE 1 PAROLE E TESTI
Traccia
LIVELLO 1
1
1. abbazia benedettina: monastero di monaci benedettini, cioè appartenenti all’ordine religioso fondato da San Be- nedetto da Norcia (480 circa – 547). 2. di Fulda: situata presso Fulda (oggi nella Germania nord-occidentale). 3. impero carolingio: l’impero retto da Carlo Magno e dai suoi discendenti (IX secolo).

4. Tenendo conto del contesto spiega il significato di queste parole: corale, empatia; amalgamano; cenacolo; cenobio; letterati.

5. Nel romanzo agiscono personaggi storici, realmente vissuti: indica qualche nome.

SECONDO PARAGRAFO

La trama più breve de Il lupo nell’abbazia – neppure 200 pagine rispetto ai corposi romanzi precedenti, lunghi quasi il doppio – porta l’autore a lavorare meno sull’evoluzione psicologica dei protagonisti, né ci sono personaggi femminili. Funziona però la dimensione corale: crea empatia, in particolare, l’amicizia sincera tra i quattro protagonisti. E non mancano i tratti distintivi dello scrittore: una narrazione ben congegnata, ricca di misteri e colpi di scena che tengono avvinti, nella quale i personaggi realmente esistiti ben si amalgamano con quelli di fantasia.

È il caso dell’abate, Rabano Mauro, figura storica alla guida del monastero dall’822 all’842, dove istituì una delle più importanti biblioteche dell’alto Medioevo4, con un centro di scrittura dedicato sia alla traduzione degli antichi sia alla divulgazione della cultura franca5. E se nella realtà fu affascinato dallo studium di Tours6 (nell’attuale Francia), un cenacolo culturale dove si elaboravano concetti e dottrine ma anche la disciplina figurativa e la grafia da adottare, anche nel romanzo è l’abate a scovare lì Adamantius, «tra i più dotati miniaturisti della cristianità», e portarlo a Fulda, «cenobio freddo e inospitale ma immensamente prestigioso».

6. Chi è invece un personaggio di fantasia?

7. La giornalista che presenta il romanzo esprime una valutazione positiva: elenca alcune motivazioni.

Personaggio inventato, Adamantius, «che in latino voleva dire “solido come il diamante”», figure storiche invece i compagni: Lupo di Ferrières e Walfrido Strabone, monaci letterati che divennero abati (rispettivamente di Ferrières e di Reichenau, nelle attuali Francia e Germania) e poi Gotescalco il Sassone, teologo che, nella vita come nel romanzo, fu affidato bambino al monastero e poi costretto a prendere i voti.

(«La Lettura - Corriere della Sera», 1° settembre 2019)

4. alto Medioevo: per convenzione, quella parte del Medioevo che va dalla caduta dell’Impero romano d’Occidente (nel 476), all’anno 1000 circa.

5.

franca: la cultura dei Franchi, in questo caso quella della dinastia dei Carolingi.

PARTE A PERCORSI OPERATIVI 23
cultura 6. studium di Tours: l’università (studium) della città di Tours.

LIVELLO

Traccia 2

1. A chi è rivolto il corso di breakdance?

2. Dove si tiene il corso?

3. Qual è l’offerta del mese?

Leggere velocemente in modo selettivo

Ragazzi ora si balla!

Verifica la tua capacità di leggere velocemente.

• Rispondi alle domande del questionario della colonna di sinistra: concentra l’attenzione e scorri il testo della colonna di destra scremando le informazioni.

• Tempo previsto: circa un minuto.

Un corso di breakdance per bambini e ragazzi da 3 a 16 anni. Lo propone la MoveOn Performing Arts Academy di Milano, centro dedicato alla formazione e all’avviamento professionale nell’ambito della danza e dello spettacolo. Un’occasione per avvicinarsi a una disciplina che sarà sport olimpico per la prima volta ai Giochi di Parigi 2024. Per bimbi e adolescenti ci sono le lezioni di danza classica e moderna, breakdance musical e Kids Pop, coinvolgente programma pensato per consentire ai più piccoli di mettersi in gioco con ritmo, coordinazione e basi tecniche, senza dimenticare l’importanza del connubio tra movimento e divertimento. Il tutto in uno spazio di oltre mille metri quadrati, suddiviso in più sale attrezzate, dove si studiano anche canto, recitazione e musica. Per tutto il mese è previsto uno sconto del 30 per cento sul prezzo dell’abbonamento.

(«Vivimilano - Corriere della Sera», 17 luglio 2019)

LIVELLO 1

Traccia 3

Comprendere e collaborare

Samantha Cristoforetti

Al ritorno

Nel seguente testo (colonna di destra) sono state tolte tutte le preposizioni semplici.

• Leggi tutto il testo e inserisci le voci mancanti (sono 48). Controlla quindi con la tabella se hai lavorato bene.

• Rispondi alle domande del questionario (colonna di sinistra).

48 preposizioni semplici da inserire di = 30 volte a = 4 volte da = 1 volta in = 3 volte con = 5 volte su = 2 volte per = 3 volte

Namibia1, novembre 2015

1. Al ritorno sulla Terra, come si sente fisicamente Samantha Cristoforetti?

2. Come è invece il morale?

1. Namibia: repubblica dell’Africa sud-occidentale.

24 SEZIONE 1 PAROLE E TESTI
Se oltre 3000 orbite intorno alla Terra abbiano lasciato qualche traccia nel mio corpo, non saprei dire: mi pare sentire una certa mancanza elasticità nelle articolazioni, e avere più frequenza lievi dolori muscolari, ma se anche non si trattasse errori della memoria e della percezione, come attribuire certezza questi sintomi ai mesi assenza peso, piuttosto che agli effetti naturali del tempo che passa? Sono altrettanto incerta come questa esperienza extraterrestre abbia cambiato il mio modo pensare o sentire. sicuro sono più serena, ma forse è semplicemente la tranquillità appagata che rimane, quando recede l’irrequietezza indotta un sogno irrealizzato. Credo essere anche un po’ meno 1

3. Qual è il significato del modo di dire «rimboccarsi le maniche»?

propensa lasciare che l’esigenza nutrire il mio ego mi impedisca riconoscere una comune umanità nelle persone che incontro; ma che non sia soltanto qualche barlume quella saggezza, che è solita compensare chi si avvicina ai quarant’anni dell’inevitabile perdita vigore fisico? Certamente mi sento più profondamente convinta della necessità vivere tutti questo pianeta non come passeggeri litigiosi e pieni pretese, ma come membri dell’equipaggio un’unica astronave, pronti rimboccarsi le maniche lealtà. Ma forse anche questo è solo una conseguenza del vivere nel mio tempo, un tempo cui non serve certo andare nello spazio comprendere come le vite e i destini sette miliardi umani, e presto molti più, siano dipendenti gli uni dagli altri.

4. Come immagina il futuro Samantha Cristoforetti? Che cosa si augura?

Non mi aspettavo intuizioni folgoranti dalla mia missione nello spazio, né ne ho avute. Non so nulla più prima sul senso dell’esistenza umana o sulla presenza vita fuori dalla Terra. Tuttavia non posso fare meno pensare, o almeno sospettare, che questa esperienza mi abbia procurato un certo acuirsi della sensibilità, che abbia preparato il mio spirito comprendere ciò che altri, forse, metteranno parole. Scriveva Virginia Woolf 2 che il fuoco del genio rende visibili i segni premonitori che la Natura traccia l’inchiostro invisibile sulle pareti della mente. Mi auguro che presto donne e uomini tale genio viaggino nello spazio, perché io possa esclamare, leggendoli: “Ma questo io l’ho sempre sentito e saputo e desiderato!”3

5. Quale valore ha l’esplorazione spaziale per Samantha Cristoforetti?

Nel frattempo, senza l’inquietudine dell’attesa della prima missione, aspetterò la prossima, e rimane me un privilegio contribuire all’esplorazione umana dello spazio. Al là delle pur valide considerazioni utilitaristiche, nonché delle legittime preoccupazioni rendere la nostra specie multi-planetaria, garantendone la sopravvivenza caso impatto catastrofico un asteroide, improbabile, ma non certo impossibile, l’esplorazione spaziale è me una grande avventura dello spirito umano, un’esperienza condivisa che nutre la parte più nobile noi, elevandoci sopra alla meschinità e alla noia.

Quando ci sarà l’opportunità ripartire, sarà pronta. nuovi colleghi, forse una nuova astronave. E chissà, magari un giorno anche una nuova destinazione. L’avventura umana è appena cominciata.

(Samantha Cristoforetti, Diario di un’apprendista astronauta, La nave di Teseo, 2018)

L’autrice

Samantha Cristoforetti (1977) è la prima astronauta donna italiana. Nel 2014-2015 è stata in orbita per quasi sette mesi, a 400 km di quota intorno alla Terra, a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Capitano dell’Aeronautica Militare, ha ottenuto il Brevetto di Pilota Militare negli Stati Uniti. È laureata in Ingegneria meccanica e in Scienze aeronautiche.

PARTE A PERCORSI OPERATIVI 25
2. Virginia Woolf: scrittrice e saggista britannica (18821941). 3. “Ma questo io l’ho sempre sentito e saputo e desiderato!”: Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé (N.d.A.).

1. Qual è lo scopo della volpe?

Comprendere e collaborare Raffaele La Capria La volpe e il riccio

In questa favola moderna dello scrittore contemporaneo Raffaele La Capria abbiamo tolto i connettivi e le marche temporali.

• Leggi tutto il testo e inserisci le voci mancanti. Controlla quindi con la tabella se hai lavorato bene.

• Rispondi alle domande del questionario (colonna di sinistra). Connettivi e marche temporali da inserire Dopotutto; di nuovo; appena; poi; Dopo; sempre; appena; ogni volta; il tempo; sempre; finalmente; in un attimo; Intanto; tempo

2. Spiega il significato di questi aggettivi: circospetto; compunto.

Mimì la volpe dal pelo rosso si è appostata dietro un cespuglio di more. Ha sentito un lieve tramestio sottoterra, anche quel rumore è cessato. La sua preda deve aver intuito il pericolo, qualcosa deve averla insospettita. Mimì la volpe si mimetizza, si finge morta, e aspetta. Nemmeno respira. Sa che la sua preda si sentirà sicura verrà fuori dal nascondiglio, e bisogna lasciarle tutto che le occorre per muoversi. Il passa. una lunga paziente attesa appare all’imboccatura della tana un riccio. Deve attraversare uno spazio brevissimo per infilarsi in un altro cunicolo buio più avanti, ma si guarda intorno circospetto, esamina il terreno, si ritrae nella tana, riemerge esitando. Che animale prudente, che animale compunto, pensa la volpe. Razza nostrana di roditori da sottobosco che non amano camminare allo scoperto. Preferisce i suoi tortuosi labirinti sotterranei, anche a costo di scavarseli con le unghie e coi denti. Avrà le sue buone ragioni per evitare di mostrarsi alla luce del sole, comunque non lo invidio.

3. Come reagisce il riccio? Come riesce a non farsi sbranare?

4. Fra le seguenti virtù cardinali, quale conosce e pratica il riccio?

Giustizia Fortezza Prudenza Temperanza

5. Qual è la morale della favola?

il riccio si è deciso, eccolo all’aperto. Sembra uscito dal letargo, è goffo lento impacciato. Mimì la volpe fa un bel balzo, e zac! Ma il riccio si è trasformato in una palla spinosa. La volpe lancia un urlo di sorpresa e di dolore, e con la bocca sanguinante si allontana. Che strano animale!, pensa la volpe senza darsi per vinta. Deve avere una carne prelibata se la natura gliela protegge così bene. Sarà molto meglio della carne di una talpa o di quella di un uccello. Come mi piacerebbe assaggiarla per sapere che sapore ha!

E fiduciosa delle proprie risorse Mimì la volpe dal pelo rosso escogita e mette in atto mille artifici trucchi espedienti, uno più ingegnoso e sottile dell’altro, per catturare il riccio e divorarlo. C’è solo da restare ammirati di fronte all’inesauribile fantasia di Mimì la volpe, che supera perfino quella della Pantera Rosa, di Will Coyote e Gatto Silvestro.

Eppure il riccio si appallottola, e così appallottolato risulta imprendibile. un riccio non vale tanto spreco di trovate e neppure tanta ostinazione, dice a sé stessa la volpe per consolarsi. E stanca degli innumerevoli inutili stratagemmi1 che si concludono allo stesso modo, decide di lasciarlo perdere quell’ottuso2 animale. In verità:

Molte cose conosce la volpe, e il riccio una sola ma buona3 –come ognun sa – grande giammai4 .

(Raffaele La Capria, Fiori giapponesi, Bompiani, Milano 1979)

26 SEZIONE 1 PAROLE E TESTI
COMPLETO
RACCONTO
LIVELLO 2 Traccia 4
1. stratagemmi: astuti espedienti. 2. ottuso: stupido. 3. buona: valida. 4. giammai: mai e poi mai.

Comprendere e collaborare Fernando Pessoa

Rendere monotona l’esistenza

Nel seguente testo (colonna di destra) sono stati tolti tutti gli articoli e tutte le preposizioni semplici.

• Leggi tutto il testo e inserisci le voci mancanti (sono 68). Controlla quindi con la tabella se hai lavorato bene.

• Rispondi alle domande del questionario (colonna di sinistra).

Articoli e preposizioni semplici da inserire 68 voci

il = 12 volte

l’ = 9 volte

la = 8 volte

i = 1 volta

un = 6 volte

una = 2 volte

1. Il testo si apre con un’affermazione paradossale: quale?

2. In che cosa consiste dunque la “vera sapienza”?

3. Che cosa significa anodino?

di = 14 volte

a = 5 volte

in = 1 volta

con = 6 volte

su = 1 volta

per = 2 volte

fra = 1 volta

saggio è colui che riesce rendere monotona esistenza, poiché allora ogni piccolo incidente possiede privilegio stupirlo. cacciatore leoni non prova più avventura dopo terzo leone. Chi non ha mai lasciato Lisbona farà viaggio infinito tram che va Benfica1, e se costui giorno si reca Sintra2 ha sensazione avere fatto viaggio fino Marte. viaggiatore che ha percorso globo, dopo cinquemila miglia non trova novità; trova soltanto delle cose nuove. uomo, se possiede vera sapienza, può godere intero spettacolo del mondo seduto sedia, senza saper leggere, senza parlare nessuno, soltanto uso dei sensi e fatto che anima non sappia essere triste.

Rendere monotona esistenza affinché essa non sia monotona. Render anodino giorno- -giorno affinché più piccola cosa sia distrazione. In mezzo mio lavoro quotidiano, opaco, uguale e inutile, mi appaiono visioni fuga, immagini sognate isole lontane, feste viali parchi d’altri tempi, altri paesaggi, altri sentimenti, altro io. Ma riconosco che se avessi tutto questo, niente questo sarebbe mio. Se avessi paesaggi impossibili, cosa mi resterebbe impossibile?

monotonia, opaca somiglianza dei medesimi giorni, mancanza differenza oggi e ieri: che ciò mi rimanga sempre,

PARTE A PERCORSI OPERATIVI 27
LIVELLO 2
5
Traccia
1. Benfica: quartiere della città di Lisbona (Portogallo). 2. Sintra: cittadina portoghese distante circa 40 km da Lisbona.

4. È preferibile essere aiutante contabile o Re d’Inghilterra?

anima sveglia divertirmi mosca che mi distrae e svolazza caso davanti ai miei occhi; risata che si innalza volubile dalla strada, grande senso liberazione dell’ ora chiusura dell’ufficio, col riposo infinito giorno festivo.

Posso immaginare tutto perché non sono niente. Se fossi qualcosa non potrei immaginare. aiutante contabile può sognare essere imperatore romano; Re d’Inghilterra non lo può fare perché Re d’Inghilterra nei suoi sogni non può essere altro se non re che già è. sua realtà non gli permette sentire.

(Riduz. da Fernando Pessoa, Il libro dell’inquietudine di Bernardo Soares, trad. di M.J. de Lancastre e A.Tabucchi, Feltrinelli, Milano 2019)

L’autore

Lo scrittore e poeta Fernando António Nogueira Pessoa (1888-1935) durante la sua vita ha pubblicato pochi scritti, quasi tutti a firma di “eteronimi”, cioè di autori immaginari. Dopo la morte sono stati rinvenuti in un baule ben 27.543 documenti, molti dei quali intestati a ulteriori eteronimi, fra cui l’alter ego Bernardo Soares, aiutante contabile di Lisbona che annota i suoi pensieri nel Libro dell’inquietudine di cui qui ti proponiamo un passo.

28 SEZIONE 1 PAROLE E TESTI

Sezione 2

Cultura digitale

PARTE A

IL MONDO DEI DATI

PARTE B

PROTAGONISTI CONSAPEVOLI

PARTE C

VIVERE LA TRASFORMAZIONE

1. Due cifre per tutto

1.1 Contare fino a uno

Telefonini, computer, televisori e quasi tutti gli apparecchi elettronici che ci circondano sono basati sulla tecnologia digitale

La capacità di calcolo dei computer è basata su due cifre (zero e uno) con cui si compongono numeri binari. Ciò significa che, al posto delle potenze di dieci, si usano le potenze di due. Quindi, leggendo da destra a sinistra, la prima cifra indica le unità, la seconda le coppie, la terza i gruppi di quattro e così via. I computer eseguono con i numeri binari ogni operazione di calcolo, di scrittura e di trasmissione.

I documenti digitali (suoni, immagini, testi, applicazioni ecc.) sono detti file.

Come fanno i computer a memorizzare lettere alfabetiche? Semplice, accoppiando a ogni lettera un numero.

Rappresentazione di 9 in cifre binarie

1.2 Immagini e audio

E le immagini? Ogni immagine fotografata con una macchina digitale viene letta e memorizzata divisa in quadratini, detti pixel

Ogni pixel è formato da tre colori base (rosso, verde, blu), variamente combinati ciascuno dei quali ha un valore da 0 a 255. Così, per esempio, un celeste chiaro può essere formato con 158 di rosso, 229 di verde e 242 di blu.

Il bianco invece è formato dai tre colori, ciascuno al 100%, cioè 255, 255, 255.

Leggendo da destra a sinistra si vede che il numero nove in cifre binarie è così composto: 1 unità; 0 volte due; 0 volte quattro; 1 volta otto.

Le immagini digitali sono formate da quadratini, come si vede in questo dettaglio ingrandito di una fotografia digitale del celebre quadro della Gioconda di Leonardo.

118 SEZIONE 2 CULTURA DIGITALE
› DOC 1
IL MONDO DEI
Algoritmi, Intelligenza Artificiale e intelligenza umana
A PARTE
DATI

Diverso è il caso di immagini create con un’applicazione che compone linee e altre forme geometriche. Questo tipo di immagine è detto vettoriale, ed è ingrandibile senza perdita di qualità.

Per le progettazioni architettoniche e il design di oggetti si usano applicazioni dette CAD (Computer Aided Design, letteralmente “design aiutato dal computer”), che generano immagini vettoriali a tre dimensioni, ruotabili sullo schermo. È lo stesso principio con cui si creano i film d’animazione in 3D. Si basa sul CAD anche la stampa 3D, che realizza oggetti solidi da un modello digitale. Anche le onde sonore sono ridotte a dati digitali: l’ampiezza dell’onda viene misurata a intervalli regolari (per esempio 44000 volte al secondo) e così trasformata in numeri.

Testi, immagini, suoni, e conseguentemente video, vivono come dati digitali.

Un’onda sonora (linea rossa) viene campionata, cioè misurata in diverse frazioni di secondo e ridotta a numeri.

Compressi ma non si vede Ogni volta che dobbiamo registrare, o trasmettere, un’immagine o un video, i dispositivi digitali non scrivono tutti i punti di ciascuna immagine: non ne avrebbero né lo spazio di memoria né il tempo per trasmetterli. I software abbreviano le informazioni digitali. Un software di immagini come il formato GIF, per esempio, non annota i colori di ogni singolo pixel, ma li riassume con informazioni come: “tutto quel rettangolo di 500 per 400 pixel è verde”.

Solitamente si usano algoritmi che permettono di risparmiare molto spazio sfruttando le nostre capacità percettive limitate. È il caso del formato di immagine JPEG, che è il tipo di file che ci è più familiare. Questo formato comprime le immagini sfruttando il fatto che nelle foto i confini delle diverse zone di colore non sono quasi mai netti.

Un altro formato, usato per l’audio, è l’MP3. Anch’esso sfrutta i limiti della nostra capacità percettiva, omettendo i suoni che normalmente non distinguiamo perché coperti da altri suoni.

JPEG e MP3 sono sistemi di compressione lossy (“soggetti a perdita”): riducono moltissimo lo spazio occupato, mentre riducono la qualità impercettibilmente.

PARTE A IL MONDO DEI DATI 119
Automobile prodotta dall’industria cinese di stampa 3D Polymaker con l’italiana XEV.

2. La rivoluzione digitale

2.1 La legge del rimpicciolimento

Dalla seconda metà del Novecento vengono messi in commercio dispositivi sempre più piccoli, sempre più potenti e sempre meno cari.

Come si sta evolvendo questa tendenza? Già nel 1965 l’informatico statunitense ed esperto di semiconduttori Gordon E. Moore formulò un’osservazione, nota come legge di Moore, secondo la quale ogni anno, o due, si producono nuovi componenti elettronici più piccoli, di densità doppia rispetto alla generazione precedente. In tal modo, a parità di peso, di spazio e di costo, si raddoppiano l’efficienza, la velocità e la potenza.

Questa legge empirica, che si è dimostrata relativamente valida nel passato, oggi comincia a scontrarsi con i limiti limiti fisici dei materiali: i microprocessori sono sempre più piccoli, e sarà difficile riuscire a fabbricare transistor della grandezza di pochi atomi. Per aumentare densità ed efficienza dei microprocessori servirà una nuova tecnologia. La sperimentazione più promettente è quella del computer quantistico, cioè un processore che sfrutta lo stato quantico delle microparticelle in base alla “teoria dei quanti” formulata all’inizio del 1900 dal fisico tedesco Max Planck. Nei processori quantistici ogni singolo elettrone trasporta un’informazione, il che amplifica enormemente la potenza di calcolo. I computer quantistici si sono dimostrati enormemente più veloci e potenti di quelli tradizionali, sia pure con margini di errore e diversi problemi da risolvere.

1981: IBM lancia il suo primo personal computer. Non si usavano ancora finestre, icone né mouse. Le sue prestazioni si possono considerare all’incirca un milionesimo dei personal computer di oggi.

A sinistra l’apparato (di circa due metri) per il raffreddamento del computer a una temperatura vicina allo zero assoluto: meno di 2 gradi Kelvin.

2.2 La rete che cambiò il mondo

A partire dal 1960 ci si pose l’obiettivo di collegare fra loro le reti informatiche esistenti. Si scelse una struttura di rete informatica, ispirata da esigenze militari, che garantisse la massima sicurezza anche in caso di guerra. Il problema da risolvere era che qualsiasi linea di collegamento è soggetta al pericolo di interruzione. L’idea vincente fu quella di creare una rete informatica simile alla rete che usano i pescatori che, anche se tagliuzzata in più punti, non si sfilaccia del tutto. Si creò così una rete informatica nella quale i documenti in formato digitale –testi, immagini ecc. – vengono spezzettati in pacchetti, ciascuno dei quali può viaggiare e arrivare a destinazione seguendo percorsi diversi. Quando un pac-

120 SEZIONE 2 CULTURA DIGITALE

chetto si perde per strada, viene nuovamente spedito e instradato in un percorso diverso della rete. Una volta pervenuti tutti a destinazione, i pacchetti vengono riallineati per riformare il documento originale. Sulla base di questo principio, agli inizi degli anni Ottanta del Novecento negli Stati Uniti si realizzò la prima struttura di internet, che collegò tra loro le reti già esistenti. Il principale utente di internet fu la comunità scientifica internazionale. Gli studiosi, collegati fra loro, avevano la possibilità di partecipare a forum di discussione, mandare email e accedere a documenti reperibili in siti di tutto il mondo.

Nel 1991 l’ingegnere informatico britannico Tim Berners-Lee inaugurò al CERN di Ginevra, in Svizzera, una modalità ideata per la navigazione ipertestuale: erano le prime pagine del World Wide Web, letteralmente “la rete che avvolge il mondo” (abitualmente abbreviata in “web” o “WWW”).

› DOC 2

Jaron Lanier: istruzioni per sopravvivere, via dai social e diventare gatti

La grande rete si sviluppa con un nuovo protocollo di trasmissione.

Internet si apre al grande pubblico e le sue pagine diventano ipertestuali e grafiche: è il WWW.

Il web è l’insieme dei siti accessibili tramite internet. Scorrendo una pagina web è possibile, con un semplice clic del mouse su un link, saltare direttamente a un’altra pagina, a un altro documento.

• Internet non ha un capo, né un centro: con una spesa molto bassa, quasi chiunque nel mondo abbia la possibilità di collegarsi, e qualcosa da dire, può riuscire a comunicare con facilità con un pubblico vastissimo.

• Internet non ha frontiere: le comunità telematiche non conoscono limiti geografici, perciò sono libere, anche se alcuni stati ne controllano o restringono l’accesso.

Nel 1993 internet collegava già buona parte del mondo.

› DOC 3

Internet, la “rete delle reti” tra passato e futuro

PARTE A IL MONDO DEI DATI 121
1969 1983 1993 Arpanet Internet Worl Wide Web Nasce il papà della rete, finanziato da un’agenzia della difesa U.S.A.

Per realizzare pagine web venne inventato un apposito linguaggio: l’HTML (Hypertext Markup Language).

COME SI USA L’HTML

Scrivere una pagina in HTML è relativamente facile: si può usare un semplice editor di puro testo (come l’applicazione Blocco Note) e inserire nel documento le opportune tag, cioè comandi posti tra i caratteri < >.

ESEMPI DI TAG

<br> inserisce nel testo un a capo.

<img src=“compleanno.jpg”> inserisce in quel punto della pagina un’immagine (in questo caso “compleanno.jpg”).

1. Esempio di pagina web

2. Esempio: la stessa pagina in linguaggio HTML web

Confezionare una pagina web non è difficile.

<br> Basta un computer, e la conoscenza di qualche tag. <br>

<img src=”foto-mani.jpg”> <br>

Per saperne di più leggi un <a href=”http://www. bo.cnr.it/corsi-di-informatica/corsoweb2002/MN17012002/mkweb/Manuale2.htm”>manuale</a>

La scrittura HTML è un esempio semplice di programmazione (o coding). Permette di realizzare impaginazioni e siti anche complessi, imparando a usare diverse tag.

2.1 La vulnerabilità del software

Millenium bug: la catastrofe evitata Verso la fine del Novecento i gestori di server dovettero affrontare un problema. Molti sistemi informatici si basavano su software sottostanti che erano stati scritti quando l’anno 2000 sembrava ancora lontano e perciò, al loro interno, memorizzavano le date indicando l’anno con solo le ultime due cifre. Per esempio:

20 novembre 1991 = 20.11.91

Allo scoccare del 2000 alcuni software non sarebbero stati in grado di aggiornare la data, rischiando così di mandare in blocco l’intero sistema informatico. In una società come la nostra le conseguenze paventate sarebbero state devastanti per tutti, con il blocco delle banche e di tutti i servizi. Per fortuna parecchi programmatori oramai in pensione ricordavano come erano stati programmati i vecchi sistemi, e poterono contribuire a scongiurare il cosiddetto millenium bug (“errore del millennio”).

Questo episodio mette in luce la complessità della stratificazione delle applicazioni informatiche funzionanti nei computer, costituite da molte componenti software sovrapposte, al punto che oggi nessun tecnico può più averne la padronanza in tutta la profondità.

122 SEZIONE 2 CULTURA DIGITALE
› DOC 4 Tim Berners-Lee: dobbiamo impedire che il web diventi “un’arma”

Virus in centrifuga Nel 2010, mentre l’Iran si stava attrezzando per la produzione di armi nucleari, i tecnici iraniani addetti all’arricchimento dell’uranio si accorsero che le centrifughe si rompevano continuamente, come se girassero a velocità eccessiva. Eppure i software di controllo segnalavano che tutto funzionava regolarmente.

La spiegazione? Un virus informatico molto sofisticato (Stuxnet, preparato negli Stati Uniti e in Israele) aveva contagiato le applicazioni software dei laboratori, sabotandole. Il virus si rivelò dunque molto efficace, e perfino troppo contagioso, perché si espanse anche ad apparecchiature di altri Paesi. Da allora, la relativa vulnerabilità dei mezzi informatici è stata sfruttata per attuare attacchi per scopi politici o militari, come è avvenuto per esempio nella guerra in Ucraina nel 2022.

3. Dove sono i dati?

3.1 La memoria dei dati

Mahmud Ahmadinejad, presidente della repubblica dell’Iran dal 2005 al 2013, visita gli impianti nucleari di Natanz.

I documenti digitali sono in genere memorizzati in un hard disk, (letteralmente “disco duro”), costituito da alcuni dischi magnetici sovrapposti contenuti in una scatola sigillata. Le facce dei dischi sono percorse da testine di lettura e scrittura magnetica che sfiorano le superfici rotanti. All’accensione del computer i suoi programmi leggono i dati necessari ad avviare il sistema operativo (per esempio Windows), e a trovare gli indici dei file. Tra di essi ci sono documenti visualizzabili, come le immagini e i testi che abbiamo memorizzato, ma anche molti file che non vediamo, per esempio i file cancellati.

Al posto degli hard disk sono sempre più usati i Dischi a Stato Solido, o SSD, che non hanno parti in movimento e sono molto veloci.

Smartphone e tablet, a differenza dei computer tradizionali, non mantengono i dati in un contenitore separato, ma nella stessa memoria in cui c’è il software che fa funzionare il dispositivo.

Hard disk aperto. Sono visibili i braccetti delle testine che percorrono le otto superfici dei quattro piattelli.

PARTE A IL MONDO DEI DATI 123

3.2 Le banche dei dati

La maggior parte della massa di dati esistenti, quelli dei siti e delle aziende, è mantenuta in data center, grandi magazzini di server dislocati in varie parti del mondo.

I server contengono di solito più hard disk sui quali i dati vengono distribuiti con un criterio ridondante. Quando un hard disk si guasta, i contenuti non si perdono perché i dati presenti sugli altri hard disk sono sufficienti a ricostruire anche quelli dell’hard disk che ha cessato di funzionare.

I più grandi sistemi di cloud computing (“nuvole informatiche”), per rendere i dati rapidamente accessibili agli utenti, distribuiscono i file in diversi server. Un’interruzione nel funzionamento di un data center potrebbe avere conseguenze molto gravi, perciò questi centri sono ben protetti dal rischio di interruzioni elettriche e da ogni altro pericolo.

Nei data center, oltre ai dati di aziende, si trovano anche i dati di tantissimi utenti privati. Infatti anche i provider di posta e di social network, come Yahoo, Gmail, Facebook e similari, conservano in data center messaggi, fotografie archiviate, post ecc.

Molte aziende sfruttano i data center anche per elaborare i propri dati, non solo per conservarli. In questo caso porzioni di data center fungono da computer virtuali, gestiti a distanza.

Il supercomputer Leonardo, il quarto per potenza nel mondo grazie ai suoi 200 petaflop, realizzato in Emilia dal consorzio interuniversitario CINECA.

124 SEZIONE 2 CULTURA DIGITALE
› DOC 5
Cosa sono e a cosa servono i supercomputer

L’intelligenza non è dentro le istruzioni che diamo alle macchine: l’intelligenza viene prima, è nel metodo.

Massimo Sideri Algoritmi, Intelligenza Artificiale e intelligenza umana

Tre domande a un matematico sui ragionamenti che le macchine possono o non possono fare.

Immaginate di essere sotto il melo (anche se è un apocrifo1) del grande Newton. Davanti a voi si siede Mister Intelligenza Artificiale: due mele cadono. Una sopra alla vostra testa, un’altra sul cervello artificiale della macchina che vi guarda. Capirete la stessa cosa? «No, perché la macchina saprà analizzare meglio di noi la traiettoria della mela, le informazioni di quella singola caduta, ma non ne potrà mai trarre una legge universale, come fece Newton» spiega Alfio Quarteroni, accademico dei Lincei2 , matematico, professore emerito al Politecnico di Losanna e anche al Politecnico di Milano. «Prendiamo un esempio più vicino alle nostre giornate: il traffico. Le macchine sono in grado, meglio di noi, di analizzare i flussi delle automobili e magari di trovare e consigliare una soluzione per l’ingorgo. Ma non troveranno mai quella che potremmo chiamare la Legge universale del traffico che vale sempre e ovunque»

Partiamo dal linguaggio base del codice binario, il bit, una serie di zero e uno che ci permette di dialogare con le macchine. Se analizziamo quello che è considerato il primo software della storia, scritto nel 1947 dall’Università di Manchester, scopriamo che aveva solo 24 righe di codice. Era facile non sbagliare. Oggi un programma tra i più diffusi al mondo come Android ha 50 milioni di righe di codice. Se consideriamo che le stime parlano di due o tre errori ogni mille righe di codice possiamo concludere che viviamo nel caos. L’algoritmo è uno strumento che permette di governare questo caos?

L’algoritmo è una successione chiara di istruzioni che permette di partire dai dati e arrivare alla soluzione: in sostanza traduce un problema matematico nelle linee di codice. In questo senso l’algoritmo è un mezzo. Non ha dentro l’intelligenza, che viene prima: l’intelligenza è nel metodo. Ovviamente oggi gli algoritmi sono onnipresenti e senza di loro non potremmo mediare tra la conoscenza e le macchine tramite la matematica».

Cosa dobbiamo attenderci dall’Intelligenza Artificiale?

«L’Intelligenza Artificiale è un termine molto vago ma in generale possiamo partire da questo: una volta c’erano i computer che aiutavano le persone a risolvere problemi. Semplificando e anche un po’ polarizzando potremmo dire che quel computer di una volta era un puro strumento di efficienza, non aveva intelligenza. Vale la pena ricordare che la macchina fa due cose che noi facciamo molto a fatica: memorizza milioni e milioni di petabyte, exabyte3 ecc. In poche parole ha memoria. Ha memoria. Inoltre ha la rapidità di calcolo. Fa solo le quattro operazioni più dei confronti tra numeri. Per esempio se gli chiediamo se 28 è più grande di 24 la macchina fa 28 meno 24 e lo confronta con zero. Non stiamo parlando di molto tempo fa quando ci riferiamo alle macchine come puri strumenti di efficienza. I primi usi veramente efficaci dei computer sono dei primi anni Quaranta. Se andiamo indietro di ottanta anni c’eravamo noi a far di conto. Oggi gli stiamo chiedendo cose molto diverse, di diventare il surrogato della nostra testa. Progettiamo i computer in maniera tale da

PARTE IL MONDO DEI DATI 125
DOCUMENTO 1
1. un apocrifo: un aneddoto, non un fatto storico. 2. Lincei: l’Accademia dei Lincei è la più prestigiosa istituzione scientifica italiana. 3. petabyte, exabyte: multipli del byte, rispettivamente 1015 byte e 1018 byte.

Come fa il computer a distinguere i cani husky dai lupi?

4. secondo Principio della termodinamica: importante principio fisico riguardante il trasferimento del calore, qui citato come esempio di scoperta scientifica fondamentale.

5. Ai: Artificial intelligence, “Intelligenza Artificiale”.

6. husky: razza di cani siberiani.

DOMANDE

simulare il comportamento neuro-cognitivo, ed ecco che allora dobbiamo allenarlo con il cosiddetto machine learning, che non è una scoperta di oggi. La definizione di machine learning è del 1959: è stata silente per sessant’anni anche se ora sembra che non possiamo vivere senza. Come ci mettiamo l’intelligenza nelle macchine? Facendogli capire il contesto, come un bambino a cui insegniamo come attraversare la strada. Gli facciamo allora macinare dati per allenarlo. Se vogliamo sapere come sarà il traffico a Milano oggi, un giovedì, gli diamo i dati, serie storiche dei dati di tutti i giovedì. Il computer si addestra e noi lo alleniamo sulla base dei dati, cioè di situazioni già vissute. Questo è un punto chiave: non sta creando il secondo Principio della termodinamica4, cioè non sta trovando l’equazione del traffico, quella che vale in qualunque giorno e in qualunque città del mondo. Il computer non sta producendo nuova Conoscenza. Ovviamente è una risorsa fondamentale, il mio è un atteggiamento molto laico. L’analisi dei computer crea quella che potremmo chiamare “nuova conoscenza” che deve cooperare con la Conoscenza di cui abbiamo parlato prima. Dunque vedo l’Ai5 come uno strumento straordinariamente potente da affiancare all’intelligenza umana. Se io avessi l’equazione del traffico varrebbe sempre, sia nel paesino sia nella metropoli. Inoltre le equazioni catturano un fenomeno anche in un contesto in cui mancano completamente i dati. Se devo progettare un aereo con cinque ali e non l’ho mai fatto mi mancheranno i dati. Allora come potrei addestrare quella rete neurale? Se io uso le equazioni che descrivono il comportamento della dinamica dei fluidi queste valgono per i fratelli Wright, per il Concorde e anche per gli aerei con cinque ali. Se devo calcolare la portanza e la resistenza dell’aereo quelle equazioni lo faranno. Questa per me è la creatività, che può assecondare i tuoi sogni o le tue intenzioni. Se voglio creare una nuova protesi per il cuore non c’è nessuna Ai che ti possa aiutare. Hai un’idea strampalata della nuova valvola cardiaca? Con le leggi fondamentali puoi capire quanto è strampalata. Quello che noi cerchiamo di fare con le equazioni è capire se un intervento è sostenibile prima di farlo e ridurne il tasso di rischio».

Ma quanto la matematica ci protegge anche dagli errori delle macchine? In un contesto scientifico recentemente è stato fatto notare come avessero tentato di insegnare all’Ai come distinguere gli husky6 dai lupi. I risultati sono stati positivi ma solo successivamente si è compreso che la variabile determinante per i computer era la neve dietro gli husky. Una società americana di droni militari ha fatto un esperimento simile sui carri armati amici e nemici e anche lì ciò che è emerso è che la variabile dirimente era il deserto. Avevano studiato informazioni delle guerre in Iraq e Afghanistan dove il nemico era sempre nel deserto

«Questo è proprio il dominio dell’Ai: il riconoscimento delle immagini o della voce. È un settore dove l’Ai sta facendo progressi straordinari. Pensate a dieci anni fa. Oggi questi algoritmi funzionano abbastanza bene. Quando è che non funzionano? Quando si tiene conto del contesto».

(adatt. da Massimo Sideri, Gli algoritmi sono come biciclette, «Corriere della Sera - Innovazione», 30 maggio 2019)

1. Uno dei limiti dell’Intelligenza Artificiale è l’incapacità di formulare nuove leggi scientifiche: quale esempio presenta il prof. Alfio Quarteroni per illustrare tale affermazione?

2. La conoscenza delle leggi fisiche ci permette di risolvere problemi nuovi. Come esemplifica questo concetto il prof. Alfio Quarteroni?

126 SEZIONE 2 PAROLE E TESTI

Istruzioni per sopravvivere, via dai social e diventare gatti

Le riflessioni critiche di un “guru” del digitale che in tutta la sua carriera ha sempre espresso opinioni originali.

Può essere davvero difficile immaginare la propria vita senza social media. Ma è arrivato il momento di farlo, adesso. E di abbandonare il proprio profilo Facebook, cancellare l’account Twitter, smettere di pubblicare foto su Instagram. Lo sostiene Jaron Lanier, informatico statunitense, saggista e pioniere della realtà virtuale, nel recente Ten Arguments for Deleting Your Social Media Accounts Right Now («Dieci argomenti per cancellare i tuoi profili social proprio adesso») in cui spiega una a una le ragioni per cui è urgente abbandonare i social network. Pena la scomparsa della specie umana, così come la conosciamo. Secondo l’autore, infatti, i social media stanno ingannando il nostro cervello e, attraverso l’algoritmo che ne è alla base, lo stanno manipolando fino a modificare i nostri comportamenti. Ogni nostra azione online, da un «mi piace», a un contenuto pubblicato, fino alla condivisione di un articolo sui nostri profili, è tracciata, monitorata e analizzata ai fini della profilazione degli utenti. Forniamo dati gratis e li cediamo ricevendo in cambio una offerta di contenuti il più vicina possibile alle nostre aspettative. Ma questo meccanismo è nocivo, perché altera la realtà di cui veniamo a conoscenza, sempre più simile a un mondo che ci somiglia ma che altro non è se non una titanica illusione.

Siamo più vulnerabili alla manipolazione algoritmica dei comportamenti: le piattaforme ci offrono contenuti personalizzati mirati a coinvolgerci emotivamente e potenzialmente in grado di orientare le nostre intenzioni di voto o di rafforzare la nostra fedeltà a un brand1. Rischiamo di non accorgercene, immersi come siamo nel sistema. In questo contesto illusorio e fallace, la pubblicità, che prima incontravamo all’interno di contenitori riconoscibili, nella pausa della partita in tv, su un manifesto o nella pagina interna di una rivista, è diventata pervasiva. Indistinguibile. La verità si indebolisce, si affievolisce e non riusciamo più a catturarla. Siamo immersi in uno scenario di finzione, illusorio, che l’autore chiama il «grande miraggio».

Ecco il meccanismo dei social media da cui Lanier ci mette in guardia e al quale, nel libro, ha affibbiato un nome: la macchina Bummer, acronimo di Behaviour of Users, Modified, and Made into an Empire for Rent (il «comportamento degli utenti, modificato, e trasformato in un impero in affitto», che il miglior offerente può accaparrarsi). Strumento di manipolazione su larga scala e capace di crescere ora dopo ora, nutrito dai dati che cediamo ogni volta che ci connettiamo. È difficile comprendere il fenomeno analizzando solo il nostro comportamento individuale. Bummer funziona come il cambiamento climatico: non ne cogliamo i singoli dettagli ma possiamo riconoscerlo guardando il contesto intero, a livello globale.

E se l’infelicità e l’isolamento sono le conseguenze della nostra relazione quotidiana con Bummer – paragonato dall’autore a un confessore globale che detiene i segreti e i peccati di milioni di persone al mondo – sono 10, come recita il titolo del libro, gli argomenti a sostegno di una rapida fuga dal mondo dell’illusione social. Il primo: stiamo perdendo la capacità di libero arbitrio. Con lo smartphone sempre in

PARTE IL MONDO DEI DATI 127
DOCUMENTO 2
1. brand: marca.
La tesi.

Il professore è pessimista: ritiene che i social minaccino anche la democrazia.

mano siamo costantemente monitorati e riceviamo risposte su misura, contenuti costruiti per noi. Siamo come ipnotizzati, scrive Lanier, da tecnici che non vediamo per scopi che non conosciamo. Eppure crediamo di essere liberi. Cancellare gli account

ed è questo il cuore del secondo argomento – è il solo modo per sfuggire alla follia dei nostri tempi e per evitare di diventare brutte persone: più cattive, arrabbiate, aggressive. Non è un caso, spiega Lanier, che Twitter piaccia a estremisti e bulli. I social media produrrebbero infatti una sorta di potenziamento algoritmico dei peggiori tratti psicologici dell’essere umano. Non sarebbe questo un effetto collaterale ma si tratterebbe di una funzione specifica dei social network perché l’aggressività e l’estremismo sono gli strumenti emotivi più efficaci per aumentare l’engagement (il coinvolgimento): l’unico indice che davvero conta per attestare il successo sui social media. «I sentimenti negativi – scrive l’autore – emergono più velocemente e scompaiono con più lentezza di quelli positivi». Funzionano quindi meglio negli ambienti dove contano la rapidità e la tempestività delle interazioni.

Non solo. «Suicidare» il proprio io virtuale comporterebbe per Lanier un grande vantaggio: ci renderebbe più felici. Lo dimostrerebbero una serie di ricerche scientifiche tra cui uno studio del 2017 della Yale University e dell’Università della California, San Diego, intitolato Association of Facebook Use With Compromised Well-Being («Associazione tra l’uso di Facebook e un benessere compromesso»). L’indagine, pubblicata dall’«American Journal of Epidemiology», sostiene che mentre le relazioni non virtuali tra persone migliorerebbero la percezione del proprio stato di benessere, online avverrebbe l’opposto. L’uso massiccio dei social media ridurrebbe il tempo e il numero delle interazioni di persona e l’investimento individuale in attività significative e creative. In un mondo più connesso, finiamo per essere più isolati. E, aggiunge Lanier, rischiamo di diventare anche più poveri. Tutta colpa, scrive, della gig economy, ossia di quel modello di business per cui non esistono lavori stabili e a lungo termine, ma servizi realizzati in risposta a domande di volta in volta emergenti, raccolte, spesso, dalle piattaforme e dalle app. Un sistema che, per come è regolato e strutturato oggi, non rende certo ricchi i lavoratori.

Per Lanier, però, la vera vittima sacrificale dei social media non è l’economia. Ma la politica. «Dovunque arrivi Facebook retrocede la democrazia», dichiara.

Insomma: lentezza, verità, empatia2 non stanno sui social. Per ritrovarle Chris Hughes, cofondatore di Facebook, ha proposto di istituire un fondo pubblico per i social media, orientato a potenziarne il valore per le comunità. Tristan Harris, invece, del Center for Humane Technology, non-profit focalizzata sul design di una tecnologia più etica, ha lanciato l’idea di trasformare Google, Facebook e le altre grandi compagnie in benefit corporation3, affinché, data la rilevanza che hanno nella vita di ciascuno, perseguano non solo l’interesse privato ma il bene pubblico. Nel saggio Jaron Lanier lancia un’altra sollecitazione: se spingere i governi a regolare diversamente i social media o le aziende a cambiare il proprio modello di business possono essere obiettivi a lungo termine, nell’immediato è meglio trasformarsi in felini. Oggi siamo come cani, addomesticati e timorosi. Dovremmo diventare gatti, sfuggenti. Insofferenti agli ordini e al controllo altrui.

(Riduz. da «Corriere della Sera - La lettura», 17 giugno 2018)

128 SEZIONE 2 PAROLE E TESTI
I social incoraggiano opinioni e sentimenti aggressivi.
2. empatia: capacità di comprendere le emozioni di un’altra persona e di assecondarle. 3. benefit corporation: imprese private che operano anche per scopi di interesse pubblico.

DOMANDE

1. Che cos’è Bummer? Come viene alimentato?

2. Quale soluzione propone Lanier per evitare lo sfruttamento dei dati rilevati dalla nostra attività online? Quali vantaggi ne deriverebbero?

3. Che cosa intende dire Jaron Lanier esortandoci a non essere docili cani ma felini ribelli?

4. Concordi con la tesi di Jaron Lanier? Saresti disposto a eliminare i tuoi account di Instagram, TikTok ecc.? Pensi che questa potrebbe essere una soluzione?

PARTE IL MONDO DEI DATI 129

Internet, la “Rete delle reti” tra passato e futuro

Come nasce e come è cambiata la Rete dal 1969 a oggi.

Prima una rete di comunicazione militare; poi network che collega le maggiori università e istituti di ricerca a Stelle e Strisce; infine mezzo di comunicazione globale divenuto, nel giro di pochi anni, la Rete delle reti. Un percorso evolutivo niente male, quello cui è andato incontro nel giro di un decennio o poco più internet. Uno sviluppo accompagnato e favorito anche dalla rapida diffusione dell’informatica commerciale divenuta, anch’essa, un elemento fondamentale nella vita di milioni di persone in poco più di un decennio.

Internet è una rete di telecomunicazioni ad accesso pubblico diffusa in tutto il mondo, capace di mettere in collegamento dispositivi e terminali sfruttando sia connessioni cablate – dorsali di fibra ottica, cavi Ethernet e doppino telefonico – sia connessioni wireless – segnale satellitare, rete cellulare. Internet è un’interconnessione di reti informatiche locali e nazionali di diversa natura ed estensione resa possibile da una serie di protocolli1 messi a punto tra la fine degli Anni ‘60 e l’inizio degli Anni ‘70 negli Stati Uniti. È grazie ai protocolli, ancora oggi utilizzati e alla base del funzionamento della Rete, che computer e dispositivi caratterizzati da architetture e “linguaggi” differenti possono mettersi in comunicazione tra loro e scambiarsi informazioni senza alcuna problematica apparente.

Come detto, internet nasce negli Stati Uniti come rete di comunicazione militare per volontà dell’ARPA (acronimo di Advanced Research Project Agency, “Agenzia per progetti di ricerca avanzata” in italiano), l’ente di ricerca che cura i progetti più avanzati e futuristici per conto dell’Esercito statunitense. Nella seconda metà degli Anni ‘60, in piena Guerra Fredda, alcuni tecnici dell’Agenzia lavorano a una rete di comunicazione che sia in grado di mettere in collegamento tra di loro i centri nevralgici del sistema difensivo statunitense. Nel 1969 nasce così ARPAnet, rete inizialmente composta da appena 4 nodi che collegavano quattro università statunitensi.

Dotata di un’ampiezza di banda di 50 kilobit al secondo, (oggi con la fibra ottica un’utenza domestica raggiunge agevolmente i 30 o i 50 megabit al secondo), ARPAnet era principalmente utilizzata per lo scambio veloce di documenti tra un capo e l’altro degli Stati Uniti. Già nei primi anni ’70 le funzionalità e gli strumenti di ARPA net sono evolute notevolmente e velocemente: nel 1971, ad esempio, fa il suo esordio l’email, o posta elettronica.

Ben presto si viene a creare una Rete delle reti capace di mettere in comunicazione nazioni distanti tra loro migliaia e migliaia di chilometri. Internet arriva in Italia nel 1986 ed è il terzo Paese in Europa a far parte della rete di comunicazione globale che aveva visto la luce negli Stati Uniti appena 15 anni prima. La prima città connessa è Pisa, dove un gruppo di ricercatori della locale università e della Scuola Normale Superiore stava collaborando con Vint Cerf e Robert Kahn (i papà della Rete, insomma) allo sviluppo e all’aggiornamento dei protocolli di internet. È lo stesso Kahn a convincere i suoi superiori a concedere i fondi necessari per l’acquisto degli strumenti e delle tecnologie necessarie a stabilire il collegamento con l’Italia.

130 SEZIONE 2 PAROLE E TESTI
DOCUMENTO 3
Che cos’è internet. In principio era ARPAnet. L’idea vincente: una rete delle reti. 1. protocolli: in informatica, regole definite per la comunicazione tra dispositivi.

Dalla prima metà degli anni ’90 si assiste a un vero e proprio boom della diffusione di internet. Diversi i fattori che compartecipano a questa diffusione tanto improvvisa quanto travolgente. Il fattore scatenante può essere individuato nella creazione e standardizzazione del World Wide Web, serie di protocolli ideata tra il 1989 e il 1991 da Tim Berners Lee nei laboratori del CERN di Ginevra. In quegli anni nei laboratori di ricerca svizzeri hanno visto la luce il codice HTML, linguaggio che consente la creazione di pagine ipertestuali (contenenti, dunque, testi, immagini, animazioni, video e audio) collegate tra di loro tramite link. Una strutturazione che consente una lettura non sequenziale dei documenti, ai quali accedere in maniera casuale cliccando semplicemente su un collegamento ipertestuale presente all’interno di una pagina.

La creazione del World Wide Web, dell’HTML, del protocollo http, la definizione della struttura delle URL e la comparsa dei primissimi browser rappresenta un momento campale nel processo di sviluppo di internet. Spesso e volentieri il web è identificato (in maniera erronea) con internet. di cui è invece uno dei tanti “applicativi”.

Da tempo, ormai, si parla di internet of Things, rete di comunicazione globale che mette in collegamento televisori, ogni tipo di elettrodomestico, macchinari industriali e automobili (oltre, ovviamente, ai dispositivi informatici “classici”). Si tratta, però, solo di un passaggio intermedio verso la creazione dell’internet del tutto (internet of everything in inglese), una rete realmente globale e onnicomprensiva alla quale saranno connessi non solo oggetti smart e automi, ma anche persone in carne e ossa.

E nel frattempo c’è chi, come Elon Musk, pensa alla progettazione e alla realizzazione di un internet interspaziale, che sia in grado di mettere in comunicazione la terra con eventuali basi lunari e marziane che, nei piani del vulcanico multimiliardario statunitense, dovrebbero vedere la luce entro il 2024.

(adatt. dalla rivista on line Digital Magazine, Fastweb)

DOMANDE

1. Internet venne concepita: per impulso di Facebook e di Google. per esigenze militari e di sicurezza. per un accordo intercontinentale. per sfruttare cavi in fibra ottica e smartphone.

2. In quale anno internet arrivò in Italia? 1946 1966 1986 2006

3. Quali sviluppi futuri vengono oggi ipotizzati?

PARTE IL MONDO DEI DATI 131
Il boom della Rete.
Comincia l’internet del futuro.

Dobbiamo impedire che il web diventi “un’arma”

Che cosa sta accadendo al web? Una risposta viene da Tim Berners-Lee, l’informatico che contribuì attivamente alla nascita del World Wide Web.

Auguri WWW! Il 12 marzo del 1989 il ricercatore inglese Tim Berners-Lee consegna al suo supervisore presso il CERN un documento titolato Information Management: a Proposal 1 , il quale circa un anno dopo, il 20 dicembre del 1990, lo incorona autore del primo sito internet presente sul world wide web.

Quasi 30 anni dopo, il fondatore del WWW ha pubblicato una lettera aperta ospitata sul The Guardian 2 in cui invita a fare un punto della situazione sullo stato attuale del web e a prendere coscienza del fatto che “il potere è concentrato nelle mani di così poche aziende che ora il web è diventato un’arma.”

Secondo Berners-Lee, il 2018 è un anno storico per il web perché per la prima volta più di metà della popolazione della Terra si è connessa a internet. Questo traguardo, però, impone alcune domande: come connettiamo a internet l’altra metà del mondo e, soprattutto, come possiamo essere sicuri che l’altra metà del mondo voglia davvero connettersi al web che esiste oggi?

Per il fondatore del WWW la questione è piuttosto schematica: il digital divide 3 allarga ineguaglianze sociali già esistenti. Per esempio, se sei una donna hai il 50 per cento di possibilità in più di non essere connessa a internet, e tra il 30 e il 50 per cento di non usare il web come strumento per la politica o la società.

Internet costa ancora parecchio, così tanto che secondo le ultime proiezioni “l’ultimo miliardo” di persone ancora da connettere a internet lo saranno non prima del 2042. Questo benché nel 2016 le Nazioni Unite abbiano riconosciuto internet un diritto umano al pari del diritto all’acqua, all’elettricità, al cibo e a un riparo e abbiano aderito all’Alleanza per un internet conveniente, che si prefissa come obiettivo di prezzare 1GB di connessione a internet a una cifra non maggiore del 2 percento di un salario medio mensile. In alcuni paesi del mondo questo prezzo equivale ancora al 20 percento del salario medio mensile.

Sempre più potere è accentrato nelle mani di sempre meno aziende. Poche, enormi piattaforme gestiscono comunicazioni e informazioni per metà della popolazione globale, talvolta catalizzando gli sforzi profusi per sfruttare queste stesse piattaforme come armi politiche. Ogni cambiamento pensato per migliorare questo sistema influenza milioni di persone e “la responsabilità – e il peso – di queste decisioni,” spiega Berners-Lee, “ricade su aziende che sono state costruite al fine di massimizzare i loro profitti, invece che il loro impatto positivo sulla società.”

Per Berners-Lee è arrivato il momento di cambiare punto di vista su alcune questioni fondamentali. “Sono due i miti che al momento limitano la nostra immaginazione collettiva,” spiega. “Il primo è che la pubblicità sia l’unico modello di business esistente per le aziende online, il secondo è che è troppo tardi per cambiare questo meccanismo.”

(adatt. da Federico Nejrotti, dalla rivista on line Motherboard, del portale vice.com)

132 SEZIONE 2 PAROLE E TESTI
1. Information Management: a Proposal: in italiano “gestione dell’informazione: una proposta”. 2. The Guardian: prestigioso quotidiano inglese. 3. digital divide: divario digitale, che
DOCUMENTO 4
divide chi ha accesso a internet da chi non ce l’ha. Una problematica chiave del web odierno. Il potere dei giganti del web.

DOMANDE

1. Quale importante diritto hanno riconosciuto le Nazioni Unite nel 2016?

2. Nel mondo contemporaneo, quanta parte della popolazione mondiale è connessa a internet?

Circa 7 milioni.

Quasi 1 miliardo. Più di 3,5 miliardi. Quasi 9 miliardi.

3. Individua nell’elenco sovrabbondante tre problemi segnalati da Tim Berners-Lee sullo stato attuale del web. connessioni troppo veloci. costo eccessivo della connessone. concentrazione del potere nelle mani di poche aziende. il 50 per cento dei politici non sa usare il web. il digital divide aumenta le disuguaglianze sociali. la connessione a internet è preclusa ai minori.

PARTE IL MONDO DEI DATI 133

Cosa sono e a cosa servono i supercomputer

Si trovano negli Stati Uniti, ma anche in Cina e in Giappone, Russia ed Europa. Sono i più potenti, e i più grandi divoratori di dati, ma anche di energia.

Magari ne avrai sentito parlare, ma capire cos’è un supercomputer non è esattamente semplice. Cerchiamo di capirlo insieme, scoprendo che cos’è che rende “super” un computer.

Se mastichi di informatica o ti interessi dell’argomento già da qualche anno, di sicuro avrai sentito parlare almeno una volta dei supercomputer. E ne avrai sentito parlare come delle macchine da calcolo straordinarie, quasi mitologiche, che sono infinitamente più potenti del tuo PC di casa. In realtà la storia dei supercomputer è già abbastanza lunga e, visto il ritmo con cui la potenza di calcolo aumenta anche per i computer domestici, molti calcolatori di oggi sono persino più potenti dei primissimi supercomputer. Ma cosa rende “super” un computer? Dove sta la differenza tecnica tra un computer normale e un calcolatore di questo tipo?

La principale differenza tra un computer normale e un supercomputer è l’approccio con cui queste macchine vengono ingegnerizzate: i supercomputer, infatti, nascono per la cosiddetta “elaborazione parallela”. Detta in parole molto semplici, un supercomputer in realtà è formato da tanti computer normali che lavorano “in parallelo” sugli stessi dati. Quindi la potenza di ogni computer viene moltiplicata per il numero di computer installati dentro il supercomputer.

Da ciò deriva la particolarissima architettura di questi mostri da calcolo: delle lunghissime file di armadi, dentro i quali si trovano i computer veri e propri ma “nudi” (cioè senza il case che di norma ricopre i nostri desktop) e montati su dei cosiddetti rack. Sembrano dei vassoi, su cui sono montati scheda madre, processore, RAM, unità disco, alimentatore e tutte le altre componenti hardware. Ogni rack è collegato a tutti gli altri e la sua potenza si somma a quella degli altri “vassoi” creando, appunto, un unico supercomputer dalle prestazioni eccezionali.

Ma quanto, esattamente, sono eccezionali le capacità di calcolo di un supercomputer? Tanto, tantissimo: le prestazioni di un supercomputer moderno si misurano in Peta FLOPS, dove FLOPS sta per Floating Point Operations Per Second, traducibile in italiano con “Calcoli a virgola mobile per secondo”. Peta, invece, sta per 10 alla quindicesima, cioè un biliardo (equivalente al quadrillion, nei paesi anglosassoni), cioè 1.000.000.000.000.000. Riesci a leggere questo numero?

Il supercomputer IBM Summit, attualmente il più potente al mondo, decisamente sì perché ha una capacità di calcolo pari a 122,3 Peta FLOPS. Per raggiungere questa potenza il Summit, che è costato 200 milioni di dollari e si trova presso l’Oak Ridge National Laboratory del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, nello stato del Tennessee, occupa uno spazio di 520 metri quadrati e ha un peso totale di 340 tonnellate. È composto da 4.608 computer che lavorano in parallelo, connessi da quasi trecento chilometri di fibra ottica.

Come visto, dunque, i supercomputer sono dei campioni di calcolo parallelo. Che cos’è, esattamente, il calcolo parallelo e come si differenzia dall’altra “modalità di funzionamento” dei PC, ossia il calcolo seriale?

Nel primo caso ci troviamo di fronte a delle macchine in grado di eseguire più operazioni in contemporanea. In particolare, la CPU (o le CPU) del sistema informatico distribuiscono il codice sorgente di un programma tra i vari core che la costituiscono, riuscendo così ad aumentare le prestazioni di calcolo del computer (o del sistema di computer).

134 SEZIONE 2 PAROLE E TESTI
DOCUMENTO 5
Cosa è un supercomputer e come è fatto. Quanto è potente un supercomputer? Calcolo in parallelo e calcolo seriale.

Nel secondo caso, invece, il processore esegue una sola operazione per volta, in maniera seriale. Fino a che non esegue tutte le istruzioni incluse nel comando non passerà alla successiva: va da sé che le prestazioni del PC sono nettamente inferiori e l’esecuzione di un programma richiede molto più tempo.

Ora che sai come è fatto un supercomputer e quanti dati riesce a calcolare ogni secondo, potresti farti una domanda assolutamente legittima: come viene sfruttata questa enorme capacità di calcolo? In altre parole, a che serve un supercomputer? Vista la loro architettura parallela, i supercomputer sono estremamente efficienti nell’eseguire calcoli ripetitivi su una enorme mole di dati. Per questo sono adatti al calcolo puro a fini scientifici in ambiti come l’astronomia, la fisica, la chimica, ma l’utilizzo più famoso di queste macchine è un altro: la meteorologia.

I supercomputer, infatti, vengono usati per calcolare i modelli climatici tramite i quali è possibile ipotizzare, con una buona approssimazione, che tempo farà nelle prossime ore, giorni, settimane. Hai notato che le informazioni meteo, negli ultimi anni, sono sempre più accurate? Ciò è dovuto al fatto che i supercomputer che elaborano le informazioni sono sempre più potenti e riescono a “masticare” sempre più dati, creando modelli sempre più accurati. Tuttavia, è stato calcolato che per creare un modello meteo affidabile al 100% o quasi è necessaria una potenza di calcolo nell’ordine degli Zetta FLOPS. Cioè due ordini di grandezza sopra i Peta FLOPS: 10 alla ventunesima, un triliardo (detto sextillion, nei paesi anglosassoni), 1.000.000.000.000.000.000.000 di operazioni al secondo.

Potrebbe stupirti saperlo, ma in teoria potenze nell’ordine degli Zetta FLOPS si potrebbero raggiungere già oggi: basterebbe far lavorare in parallelo diversi supercomputer come l’IBM Summit. Perché nessuno lo fa? Non è tanto una questione di costi, ma più che altro di energia: i supercomputer consumano moltissima energia elettrica e per farli lavorare bisogna garantire una fornitura elettrica eccellente: abbondante, stabile, senza sbalzi e con un sistema di backup in caso venga a mancare l’alimentazione del tutto o in parte. L’IBM Summit, ad esempio, consuma 13 MW (MegaWatt) di energia elettrica. Una quantità pari a quella sufficiente per alimentare quasi 4 mila utenze elettriche domestiche a pieno carico. Prova ad accendere tutti gli elettrodomestici di casa fino a quando non salta il contatore, poi moltiplica per quattromila ed avrai idea di quanto consuma un supercomputer.

Come se non bastasse, all’energia consumata dal supercomputer bisogna aggiungere quella necessaria ad alimentare il sistema di raffreddamento dell’edificio che lo ospita: 4.608 computer che lavorano in parallelo scaldano parecchio, ma devono essere tenuti a temperatura controllata altrimenti avrebbero vita breve. Il futuro dei supercomputer, quindi, come è stato già in passato dipende dalle nuove tecnologie (in particolare dal miglioramento dei processi produttivi dei transistor) che permettono ai nuovi processori di consumare meno a parità di potenza, o, viceversa, di sviluppare più potenza a parità di consumi e di calore sviluppato.

(dalla rivista on line Digital Magazine, Fastweb)

DOMANDE

1. I supercomputer hanno:

Una scheda madre e un processore molto grandi e potenti. Molte unità che lavorano contemporaneamente in parallelo.

Pochi rack potenti che funzionano “in serie”. Un hard disk di milioni di giga.

2. In quali ambiti sono particolarmente utili i supercomputer? Sono corrette più risposte. Chimica. Elaborazione di testi. Fisica. Astrologia.

Calcolo di modelli climatici. Riproduzione musicale.

PARTE IL MONDO DEI DATI 135
A cosa servono i supercomputer. Il futuro e i limiti dei supercomputer.

Sezione 3

Scrittura creativa

COS’È LA SCRITTURA CREATIVA

SCRIVERE UN ROMANZO SCRIVERE UN RACCONTO

Prima di cominciare…

Prima di cominciare a raccontarvi un po’ di cose (solo un po’) sulla scrittura creativa mi sembra bello presentarmi: mi chiamo Barbara Garlaschelli e sono una scrittrice.

Ho esordito nel 1995 con una raccolta di racconti di humor nero dal titolo O ridere o morire e non ho più smesso di scrivere e pubblicare storie.

Per come la vedo io c’è una certa differenza tra “essere” e “fare”. Non che ci sia niente di sbagliato nel “fare la scrittrice” – come fare la professoressa, o la dottoressa, o l’avvocato. Però, “essere” ha a che vedere con qualcosa di legato all’esistere, come il respirare, mentre il “fare” lo associo di più a qualcosa di meno vitale, come una passeggiata in montagna.

Mi spiego meglio: io posso vivere senza fare una passeggiata in montagna ma non posso vivere senza respirare.

È un punto di vista molto personale (a parte l’oggettiva esigenza del respirare) ma è come vivo io la scrittura. Negli anni mi sono ammorbidita un po’, nel senso che so che potrei vivere senza scrivere, ma so che preferirei non farlo. E per scrivere intendo non il mio diario o una e-mail. No, intendo una storia.

Vi avviso subito, però, che se volete diventare ricchi forse è meglio che vi cerchiate un altro mestiere che vi possa permettere di scrivere senza che diventi la vostra fonte di reddito, perché, soprattutto in Italia, è affare assai difficile. Comunque, quello che cercherò di fare in queste pagine sarà raccontarvi cosa significa scrivere una storia e scriverla al meglio delle proprie possibilità.

Prima di partire un avvertimento: se non siete dei forti lettori, cioè se siete nella media degli italiani che leggono un libro l’anno, NON provateci nemmeno a scrivere un libro. Non lo saprete mai fare.

174 SEZIONE 3 SCRITTURA CREATIVA

COS’È LA SCRITTURA CREATIVA 1

Gli scrittori: clown e dei

L’arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s’accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla.

I. Calvino, Il cavaliere inesistente, Mondadori, Milano 1959

Ci sono diversi tipi di scrittura: quella “privata” che dedichiamo a noi stessi e agli altri racchiudendola in diari, e-mail, lettere (se qualcuno ancora ne scrive), messaggi Whatsapp, Messenger, Twitter e quant’altro; quella “tecnica”, utilizzata per stendere documenti, manuali ecc.; quella “pubblica”, per comunicare sui social, sui giornali di carta, per redigere manifesti e molto altro. E poi c’è la scrittura definita “creativa” perché al suo interno la realtà non è sempre necessaria. Attinge alla parte più fantasiosa di noi, più immaginifica. È quella che usiamo per raccontare le storie che inventiamo.

Tutti i tipi di scrittura sono rispettabili e tutti richiedono la conoscenza di regole, tempo, capacità comunicativa, competenza linguistica; ma solo la scrittura creativa permette di creare mondi che prima non esistevano e che, dopo, non moriranno più.

Solo la scrittura creativa ci rende immortali, pure se nessuno ci leggerà mai. Immortali e dèi; costruttori di storie e personaggi che prima non c’erano e di cui lo scrittore decreta vita e morte; percorsi e vicende. Un grande lavoro e una grande responsabilità. E un enorme privilegio.

A TE LA PAROLA

Ora prova a scrivere un pezzo di poche righe in stili diversi:

• come fosse una mail;

• come fosse un racconto;

• come fosse un messaggio Whatsapp (puoi prendere a esempio il bellissimo libro Esercizi di stile di Raymond Queneau tradotto da Einaudi nel 2014).

SCRITTURA CREATIVA 1 COS’È LA SCRITTURA CREATIVA 175

COME SI IMPARA A SCRIVERE FICTION?

Scrivere è scrivere e scrivere (e leggere leggere leggere)

Sembra facile. Il fatto è che le regole sono molte e variabili, tante quante sono gli scrittori. Bisogna impararle. E c’è un solo modo per farlo:

Il solo modo per imparare a scrivere è scrivere. (…) La diligenza forzata è quasi sufficiente. Ma non basta. Bisogna avere il gusto delle parole. Esserne ghiotti. Bisogna desiderare di rotolarcisi dentro. Bisogna leggerne milioni, scritte da altri. Bisogna leggere tutto con divorante invidia o con annoiato disprezzo.

John D. MacDonald, Introduzione a Stephen King, A volte ritornano Bompiani, Milano 1986

Lo strumento che lo scrittore ha a disposizione per fare tutto ciò (a parte carta, penna, macchina da scrivere o computer) è la parola, sua meraviglia e dannazione. La parola che è una, che per creare quella storia lì non ce ne sono altre. Perché per

qualche strano motivo certe parole, per quanto possano sembrare semplici, si dispongono in un determinato ordine soltanto una volta.

Osvaldo Soriano, L’ora senz’ombra, Einaudi, Torino 1996

Un buon libro è quello che costringe il lettore a non abbandonarlo; a voltare una pagina dopo l’altra per sapere “cosa accadrà”.

Lo scrittore deve quindi creare tensione, curiosità. Di solito, l’idea della tensione è associata alla letteratura di genere (gialli, thriller, horror, noir) in cui questo elemento è legato all’elemento attesa da un terzo, fondamentale componente: la paura. Che nelle storie di genere è raffigurata dalla violenza di psicopatici assassini, ma che in tutta la letteratura del mondo ha un solo nome: morte.

È la paura della morte che ci fa nascondere nelle storie. Noi chiediamo allo scrittore: «Raccontami e fammi dimenticare che ho paura di morire». Questo anche se le storie che leggiamo sono basate sulla paura.

176 SEZIONE 3 SCRITTURA CREATIVA
La grande paura che tutto muove
2

Talento e fortuna. Talento è fortuna?

La letteratura assomiglia alla vita, ma è anche altro: è palesamento, è aprire la finestra su mondi che non conosciamo e che, per il tempo – breve o lungo che sia – in cui li visitiamo, ci fanno dimenticare la paura che è in noi, dalla mattina alla sera.

Ma non è solo nelle storie di genere che la tensione e l’attesa sono presenti. Recentemente mi è capitato di rileggere Il deserto dei Tartari. In questo libro straordinario, il protagonista consuma la propria vita, relegato in una fortezza improbabile e visionaria, nell’attesa di qualcosa che deve accadere e che non accade mai, se non al termine della sua vita (e del romanzo) e che Buzzati non ci racconterà.

È la storia di un’attesa. Dell’attesa per eccellenza: che la nostra vita accada. L’attesa nella tensione: questo forse è il fulcro di ogni buona narrazione. Non solo la tensione dettata da una pistola puntata alla tempia, o di un mostro dentro l’armadio. Non solo l’attesa carica di elettricità di ciò che si nasconde dietro quella porta, o in quella casa che sembra abbandonata ma dalla quale, a volte, giungono strani rumori. Non solo quella. No. Anche la tensione di una vita normale, scandita dai ritmi di una quotidianità in cui pare non accada nulla, sino a quando un piccolo, insignificante particolare irrompe e getta all’aria ogni cosa.

Quindi: tempo, parole, tensione, attesa, finzione. Questi alcuni degli elementi a disposizione dell’autore. E il talento, sì, certo, il talento. E la fortuna. Sì, anche quella conta.

Ma, in realtà, solo una e una soltanto è la cosa davvero importante: la storia. Essa deve dominare

qualsiasi altro aspetto dell’arte dello scrivere; caratterizzazione, tema, atmosfera, nessuna di queste cose ha importanza se la storia è noiosa.

Stephen King, A volte ritornano, Bompiani, Milano 1986

Bisogna avere delle storie da raccontare, delle cose da dire. Perché è questo che lo scrittore fa: inventa storie e ti fa entrare nel suo mondo spacciandolo per mondo reale.

Una storia è qualcosa che accade a qualcuno a cui avete finito per affezionarvi.

Perché nei libri, in ciò che ci raccontano – in dieci righe o quattrocento pagine – è un pezzo di noi che cerchiamo.

Guarda. Credimi.

Un bravo scrittore ti prende per le spalle e ti dice: «Guarda il mondo, così non lo hai mai visto.Vieni con me e ti farò vedere il resto».

E a te viene voglia di seguirlo. Ovunque vada.

SCRITTURA CREATIVA 2 COME SI IMPARA A SCRIVERE FICTION? 177
Il deserto dei Tartari, il nostro personale deserto

IL ROMANZO 3

Il termine romanzo arriva da molto lontano: dal medioevo. La parola roman o romanz indicava la lingua volgare, cioè la lingua popolare, parlata dalla gente, in opposizione a quella latina, usata dai dotti. Nel XII secolo cominciò a essere utilizzata per definire opere narrative, prima in versi e poi in prosa, destinate alla lettura del popolo. Con il trascorrere del tempo il termine assume una connotazione più ampia, si trasforma in un testo narrativo in prosa di ampio respiro, nel quale al racconto di una vicenda principale si intrecciano diverse storie secondarie.

Questione di tempo

La trama

A differenza del racconto, il romanzo si dilata, assume un respiro differente, necessita di uno spazio nel quale far muovere i personaggi e intrecciarli tra di loro per costruire la spina dorsale della sua essenza: la trama.

Ogni scrittore ha un suo modo di costruirla: partendo da un fatto o una persona reali; inventandosi tutto; incrociando fantasia e realtà; costruendo nuovi mondi.

Per fare ciò ha bisogno di tre elementi essenziali. Una storia che raccolga dei personaggi che agiscono e dialogano tra di loro in modo credibile. La storia deve reggersi su fondamenta solide e per questo è importante trovare un metodo che ci consenta di raccogliere le informazioni necessarie allo sviluppo del nostro romanzo.

Il metodo

Se doveste chiedere a ogni scrittore quale sia il metodo con il quale costruisce la sua storia, avreste risposte tutte diverse: perché ciascun autore ha il suo. C’è chi scrive tutte le mattine; c’è chi scrive solo in un certo luogo (o della propria casa o fuori); Stephen King scrive tutti i giorni, tranne quello del suo compleanno. C’è chi prende appunti su blocchetti, taccuini, quaderni; chi sul pc; chi attacca post-it ovunque (come Carlo Lucarelli). Chi scrive solo quando ne ha voglia (questo è il mio caso, che scrivo appunti dappertutto, non su un solo taccuino).

Insomma, la costruzione dell’impianto di un romanzo è faccenda personale che cambia da scrittore a scrittore. C’è chi fa schemi, scalette; chi prosegue pagina dopo pagina e basta.

Agganciare il lettore subito: l’incipit

Molti scrittori vi direbbero che l’incipit, cioè le prime righe di attacco di un romanzo, sono la parte più importante di tutto l’impianto e la più difficile da scrivere. Sono d’accordo. Immagino l’incipit come un amo che se riesce ad agganciare il lettore (senza mancargli di rispetto. Diciamo che il lettore/pesce è una metafora molto efficace. Ma ricordate che i pesci sono MOLTO intelligenti) poi lo terrà appeso fino all’ultima pagina (ma anche il resto delle pagine devono essere gustose e usate con intelligenza, se no il pesce scappa...).

Non c’è una regola per scrivere un buon incipit: sta nel talento dello scrittore farlo e nel lavoro di scrittura e riscrittura sin a quando ogni parola sarà

178 SEZIONE 3 SCRITTURA CREATIVA

Qualche esempio

nel posto giusto con la giusta musicalità, con il senso che vogliamo darle. Stiamo aprendo la porta di casa nostra a un ospite e vogliamo che entri con curiosità e poi stia con noi per tutta la durata del pranzo, per il pomeriggio fino a sera. E stia bene. E magari voglia tornare (che tradotto in “scrittorese” significa: gli nasca il desiderio di leggere un altro nostro libro).

Ora vi farò l’esempio di alcuni incipit che trovo meravigliosi e che hanno mantenuto la loro promessa fino alla fine (perché gli incipit possono essere anche visti così: una promessa che lo scrittore ci fa: «Ti prometto che ti condurrò in un luogo bellissimo e tu non ti accorgerai che il tempo sta passando».)

1 Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio.

(Cent’anni di solitudine, di Gabriel García Márquez)

2 Solenne e paffuto, Buck Mulligan comparve dall’alto delle scale, portando un bacile di schiuma su cui erano posati in croce uno specchio e un rasoio.

(Ulisse, di James Joyce)

3 La neve sulle montagne si stava sciogliendo e Bunny era già morto da molte settimane, prima che arrivassimo a comprendere la gravità della nostra situazione.

(Dio di illusioni, di Donna Tartt)

4 Era una gioia appiccare il fuoco.

(Fahrenheit 451, di Ray Bradbury)

5 È tutto accaduto, più o meno.

(Mattatoio n. 5, di Kurt Vonnegut)

6 Una mattina Gregorio Samsa, destandosi da sogni inquieti, si trovò mutato, nel suo letto, in un insetto mostruoso.

(La metamorfosi, di Franz Kafka)

A TE LA PAROLA

Potrei andare avanti per pagine e pagine ma dieci mi pare un buon numero. Perché non provate voi a fare due cose:

7 Chiamatemi Ismaele.

(Moby Dick, di Herman Melville)

8 Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo.

(Anna Karenina, di Lev Tolstoj)

9 Gli avvenimenti risalgono al 1932, quando il penitenziario di stato si trovava ancora a Cold Mountain. E là c’era anche naturalmente la sedia elettrica.

(Il Miglio Verde, di Stephen King)

10 Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima di tutto dove sono nato e com’è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei genitori e compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quelle baggianate alla David Copperfield, ma a me non va proprio di parlarne.

(Il giovane Holden, di J.D. Salinger)

a) trovare i vostri tre incipit preferiti.

b) scriverne uno.

SCRITTURA CREATIVA
3 IL ROMANZO 179

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