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Cultura
La Cappella Roano
Uno scrigno nello scrigno
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Irene Luzio*
Figura 1. I profeti Geremia ed Ezechiele. Cappella Roano, Duomo di Monreale (PA). Foto di Domenico DiVincenzo.
La Cappella Roano è un’opera forse unica nel suo genere: cosı̀ piccola e al tempo stesso magniEicamente decorata, in ogni minima parte, racchiude in sé l’intero messaggio di salvezza cristiana. Viene commissionata da Mons. Giovanni
Roano ⏤ arcivescovo di Monreale tra il 1673 ed il 1703 ⏤ uno dei più illustri arcivescovi monrealesi: personalità brillante e coltissima, un Eine letterato e un teologo ancora più Eine, ha curato personalmente il ricchissimo apparato iconograEico della cappella, incentrato sul tema della Redenzione e del compimento in Cristo delle promesse messianiche. La cappella è stata realizzata tra il 1688 ed il 1693 da maestranze palermitane, su disegno dell’architetto gesuita Angelo Italia, ed è stata destinata per volere del Roano stesso a luogo di sepoltura degli arcivescovi. La pianta esagonale irregolare, un po’ schiacciata, è coperta da una cupola poggiante su un tamburo ottagonale Einestrato, al culmine della quale svetta il lanternino. Il vano presbiterale rettangolare è coperto da una volta a botte. Si accede da un portale marmoreo situato al termine della navata laterale sinistra, in una posizione dimes-
*Università degli Studi di Palermo.
Figura 2. Duomo di Monreale (PA), portale d’ingresso della Cappella Roano. Foto di Effems - Opera propria. sa, quasi nascosto, come per non disturbare il protagonismo del contesto architettonico e decorativo siculo normanno in cui s’inserisce. Il portale, interamente decorato a marmi mischi, è costituito da due lesene, un architrave e un’edicoletta apicale. A ridosso delle lesene, su due alti zoccoli, Eigurano due statue in marmo bianco: la Fede e la Speranza, mentre nell’edicoletta di coronamento è rappresentato il San Giovannino con l’Agnello mistico. Per comprendere una simile scelta iconograEica, bisognerebbe forse considerare che il portale si trova esattamente in asse rispetto al presbiterio della cappella, in cui, sul lato destro, è posta la statua della Carità. E] possibile, quindi, che intenda alludere al capitolo 13 della prima lettera di S. Paolo ai Corinzi, nel quale ⏤ in breve ⏤ si sostiene che la più importante delle tre virtù teologali è la carità: perché la fede e la speranza sono sicuramente indispensabili per entrare nel Regno dei Cieli, ma una volta lı̀ vengono meno, perché l’anima aderisce attualmente a ciò che in vita era stato l’oggetto della sua fede e della sua speranza ⏤ cioè Dio ⏤ mentre la carità permane in eterno e in un certo senso è l’essenza stessa della beatitudine eterna in Paradiso, quest’unione dell’anima con Dio, in un amore perfetto e immutabile. Per questo la statua della Carità si trova nel presbiterio, proprio accanto al tabernacolo, dov’è realmente presente Dio stesso nel SS. Sacramento, mentre le statue della Fede e della Speranza restano fuori dalla cappella, addossate al portale d’ingresso, insieme al S. Giovannino: è come se lo spazio sacro ⏤ proprio in virtù della presenza reale del Cristo nella SS. Eucarestia ⏤ diventasse immagine del Paradiso stesso, del luogo in cui avviene l’unione amorosa dell’anima con Dio, a cui non si può accedere senza la fede e la speranza ma anche senza il Battesimo, rappresentato dal S. Giovannino. Si tratta di un’idea antica, che caratterizza la tradizione cristiana Ein dai primissimi secoli: le basiliche costantiniane prevedevano il quadriportico esterno per i catecumeni, che senza battesimo non potevano accedere all’interno dell’aula sacra ⏤ proprio perché veniva considerata come un Paradiso in terra ⏤ e, per la stessa ragione, i battisteri erano dislocati fuori dal corpo basilicale. Mutata la prassi, il concetto è stato conservato esplicitamente nel rituale tridentino del battesimo: si svolge per lo più fuori dall’ambiente sacro e, quando Einalmente si accede, ci si ferma comunque in prossimità dell’ingresso, dov’è collocato il fonte battesimale, proprio per signiEicare che l’anima viene lavata dal peccato originale, entra nella grazia di Dio e può essere ammessa alla Sua presenza: dentro l’aula ecclesiastica cosı̀ come, con la morte, in Paradiso. Tornando al vano presbiterale: sul lato sinistro ⏤ di fronte alla statua della Carità ⏤ si colloca la sepoltura del Roano, su cui Eigura la sua statua marmorea, inginocchiata in adorazione del CrociEisso, che domina la parete di fondo. Si tratta di un CrociEisso ligneo del XV secolo, di gusto gotico catalano, realizzato a grandezza naturale: senza dubbio il fulcro iconograEico dell’intera cappella ⏤ per la collocazione, che lo rende assolutamente predominante, ma soprattutto per il suo signiEicato: è proprio sulla Croce che Cristo porta a compimento il disegno di Redenzione dell’umanità. Il CrociEisso s’inserisce all’interno di un’iconograEia più complessa, quella dell’albero di Iesse: “Jessae virgula” “virgulto di Iesse” è uno degli epiteti di Cristo, che rimanda alle profezie che ne annunciavano la discendenza dalla stirpe di Davide, confermata dal prologo dei vangeli di Matteo e di Luca. Il CrociEisso si pone quindi come il tronco di un albero, che origina da una Eigura distesa alla base: Iesse,
Figura 3. Cappella Roano, presbiterio.
padre di Davide, da cui si reca il profeta Samuele, su ordine di Dio, per ungere uno dei suoi Eigli a re d’Israele al posto di Saul, che si era reso indegno del ruolo. Tra i Eigli di Jesse viene unto Davide, il più piccolo, a cui il profeta Natan prometterà più tardi che la sua stirpe regnerà in eterno sul trono di Giuda, preannunciando la nascita del Messia dalla sua casa. Per questo, dal tronco del CrociEisso diparte una serie di rami, su cui sbocciano o fruttiEicano i re di Giuda, da Davide in poi. Il germoglio apicale è dato dal mezzobusto della Santa Vergine, che apparteneva alla stirpe di Davide ed è la Donna in cui il Verbo si è incarnato. Sopra l’albero di Iesse è collocato il rilievo col Padreterno benedicente, seduto sui cherubini e circondato da angeli; ancora più su, al centro della volta a botte, in mezzo a stucchi esuberanti si trova la colomba dello Spirito Santo.
Sotto l’albero di Iesse è posto l’altare a marmi mischi, che presenta sul paliotto la scena della Visitazione. La soluzione compositiva in sé non è nuova, rimanda ad esemplari coevi ⏤ soprattutto di manifattura tessile ⏤ caratterizzata da un’ambientazione architettonica, realizzata con una resa prospettica fortemente illusionistica, che sfonda la superEicie, ed è scandita verticalmente in tre sezioni da coppie di colonne tortili in primo piano. E] interessante la scelta del soggetto, la Visitazione. E] possibile che intenda far riferimento ad alcuni signiEicati che si ricollegherebbero al più ampio contesto iconograEico. Innanzitutto potrebbe voler alludere, sebbene indirettamente, al mistero dell’Incarnazione ⏤ all’atto che ha segnato l’inizio della Redenzione ⏤ forse riferendosi all’esclamazione di S. Elisabetta alla Madonna: «benedetta tu tra tutte le donne e benedetto il frutto del tuo seno, a che devo che la Madre del mio Signore venga a me?». Parole in cui si potrebbe cogliere anche il primo riconoscimento pubblico del Messia. Il suo stesso Eiglio, S. Giovanni Battista ⏤ anche lui, ancora nel seno della madre ⏤ sarà poi il precursore di Cristo e, in quanto tale, anche l’ultimo dei profeti: si ricollegherebbe cosı̀ alla decorazione laterale della cappella, in cui Eigurano i quattro maggiori profeti messianici. E] evidente inEine il signiEicato battesimale della scena, rafforzato dalla presenza di due fontane ⏤ fontes vitae ⏤ e dalla veduta cittadina che fa da sfondo e che rimanda alla Gerusalemme celeste. Le pareti laterali sono scandite da colonne tortili, che incorniciano quattro nicchie ⏤ una per parete ⏤ che ospitano le sculture marmoree dei quattro profeti: Daniele, Ezechiele, Isaia e Geremia, orientati con lo sguardo o con il corpo verso il CrociEisso, mentre reggono in mano dei cartigli recanti passi tratti dai rispettivi libri. Le statue sono collocate su alti piediFigura 4. Cappella Roano, paliotto. Foto di Giuseppe Giurintano.
Figura 5. Cappella Roano, i profeti Daniele, Ezechiele, Isaia e Geremia. Foto di Domenico DiVincenzo.
Figura 6. Cappella Roano, Giona gettato nelle fauci del pistrice, particolare del pavimento marmoreo. Foto di Giuseppe Giurintano.
stalli, contro uno sfondo a marmi mischi che riproduce dei ricchi baldacchini, con i tendaggi mantenuti aperti da puttini. Il pavimento, pure realizzato a tarsie marmoree, rappresenta Giona gettato nelle fauci del pistrice. L’episodio è associato alla morte di Cristo e alla discesa agli Inferi, da cui risorgerà al terzo giorno, cosı̀ come Giona verrà rigettato dal pistrice, dopo tre giorni, su una spiaggia. L’interpretazione cristologica della storia di Giona è antica quanto il cristianesimo stesso: è Gesù stesso che la enuncia e le prime testimonianze si ritrovano nelle decorazioni parietali delle catacombe paleocristiane. Il complesso apparato iconograEico si concludeva con l’affresco della cupola, che purtroppo è andato perduto presto, probabilmente a causa dell’umidità. Rappresentava il trionfo della Croce. Lateralmente si apre un vano che conduce alla sacrestia, nella quale sono conservati suppellettili e parati commissionati appositamente dal Roano e, per sua volontà ⏤ solennemente confermata dalla bolla di Innocenzo XII ⏤ vincolati alla cappella, che non possono lasciare per nessuna occasione. Volontà che, con notevole sensibilità, è stata rispettata dalla Prof.ssa Maria Concetta Di Natale e da quanti hanno collaborato alla realizzazione dell’allestimento del Museo Diocesano di Monreale. Le opere sono tutte databili verso la Eine del Seicento ed erano conservate dentro un grande armadio ligneo: capolavoro della coeva ebanisteria trapanese, in legno intagliato con applicazioni in marmo, decorati con scene tratte dall’Antico e dal Nuovo Testamento e dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze. Tra le opere adesso esposte nelle vetrine si può citare un intero parato liturgico, in raso rosso broccato e ricamato con Eili d’oro, d’argento e sete policrome, decorato a motivi EitomorEi e Eloreali tipicamente barocchi, più una Eibula da piviale a forma di sole, in oro e pietre preziose policrome, con al centro un piccolo sole in smalto bianco. Una mitria in raso bianco, con ricami Eloreali in Eilo d’argento, pietre verdi e paste vitree. E] presente un pastorale in argento, con ricciolo a girale acantiforme, in argento Eiligranato e pietre preziose policrome. Di fronte all’inginocchiatoio per il ringraziamento c’è una statuetta in alabastro, di maestranze trapanesi, che rappresenta S. Michele Arcangelo che trionfa sui demoni. Da rilevare inEine un crociEisso da tavolo, sempre di maestranze trapanesi coeve, in rame, argento e corallo.
Figura 7. Sacrestia della Cappella Roano, arredo ligneo. Foto di Vincenzo Macaluso.