La fabbrica dei sogni

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recensione

LE FABBRICHE DEI SOGNI

Emilio Lonardo - 754581

Voltata l’ultima pagina e chiuso il libro si ritorna nella dimensione reale e la sensazione che resta è quella di aver vissuto davvero un paio d’ore in un “Paese del design delle meraviglie”, un mondo pieno di suggestioni ma non per questo privo, alla pari del romanzo CarroCarro liano, di celati inganni.


Anche quest’anno la Triennale di Milano, Milano, con la nuova edizione dell’allestimento “mutante” del Triennale Design Museum, cerca di rispondere in maniera sempre nuova e attuale alla domanda: «che cos’è il design italiano?». [1] Le prime tre edizioni hanno messo in luce la natura intima e profonda degli oggetti di design esposti, la loro bellezza e la loro armonia artistica, in un contesto museale spogliato dei vecchi abiti statici e conservativi, lanciato verso una strada nuova, rischiosa, che aiuti il visitatore a conoscere e a capire la storia del design italiano e, parallelamente, offra uno spaccato della storia d’Italia attraverso punti di vista non convenzionali e allestimenti capaci di catturare l’attenzione non solo degli “addetti ai lavori”.

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La Triennale di Milano ha regalato al COSMIT – ente organizorganiz zatore del Salone del Mobile – in occasione del suo 50° anno di vita, la possibilità di collaborare in qualità di main partner al nuovo allestimento del museo. La curatela di questa edizione, affidata ad Alberto Alessi – industriale e patron dell’omonima azienda – può sembrare a prima vista un’inversione netta di tendenza, una rottura con il passato; ma, ad una più attenta lettura critica, risulta essere un omaggio ricco di significati a tutti coloro i quali si pongono tra l’ idea e ll’ oggetto, consentendone la realizzazione; a tutti quei “giardinieri” che, seminando ciò che reputano giusto, si impegnano con tutta le loro forze e la loro passione aspettando, pazientemente, i primi germogli per poi raccoglierne successivamente i frutti, non disdegnando i semi portati dal vento che [2] contribuiscono ad arricchire i loro giardini di prodotti nuovi.

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Un allestimento in apparente antitesi quindi, ma anche complementare ai procedenti, e che rivendica la creatività non più solo dal punto di vista esclusivo di artisti e progetproget tisti, ma di chi ha la capacità di far diventare i sogni realtà , di rendere tangibili le idee, spesso visionarie, di quelle personalità che entrano in contatto con le Fabbriche del design italiano. italiano.

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Alessi, nella sua personale visione vuole far vivere al visitatore un racconto, immergendolo in una sorta di “Paese racconto, “Paese delle meraviglie”dove, meraviglie”dove, travestendosi da Bianconiglio, si lascia inseguire incuriosendoci con aned aneddoti e spunti di riflessione. Il progetto allestitivo, curato dal “Cappellaio Matto” Martì Guixè rispecchia in pieno l’ idea voluta da Alessi. Il visitatore viene catapultato immediatamente in questo mondo fiabesco passando da un portale ispirato ad un opera dell’ Arcimboldo costruito sostituendo ai frutti dell’ artista Milanese, quelli dei giardini che il curatore chiama le Fabbriche dei Sogni Sogni.

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Superata questa soglia veniamo posti come di fronte ad un bivio bivio:: troviamo da un lato una Fiat Palio a simboleggiare [3] le industrie di mass-production e dall’altro la lampada Arco di A. Castiglioni, scelto come emblema delle Fabbriche del design Italiano. Leggermente defilato, il BiancAlessi, innaffiando il suo Pratone Pratone,, ci racconta la metafora del Buon Giardiniere invogliandoci a seguirlo in questo “mondo incantato” attraverso dei fumetti che ci accompagneranno lungo l’ intera mostra.

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Le industrie di mass-production sono quelle industrie che producono in funzione dei bisogni dei consumatori senza preoccuparsi dei loro desideri , dei loro sogni. Paragonate a contemporanei Faust che hanno abbandonato la Poiesis in nome della conquista tecnica, queste industrie, con le loro produzioni, hanno portato al progressivo appiattimento della produzione dovuto soprattutto alla mancata volontà di correre rischi e a ricerche di mercato condotte su un’utenza la cui risposta si basa su un campiocampio nario di cose già viste. Come ad esempio il mercato automobilautomobil istico, ormai saturo di prodotti tutti simili tra di loro.

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Entrando nel vivo dell’ allestimento troviamo ad accoglierci i 56 “capitani coraggiosi” rappresentati in gigantografie totemiche accanto ai loro oggetti. L’intero ambiente è diviso in dodici aree tematiche spiegate e raccontate dalla “voce fuori campo” di Alessi e riconoscibili grazie a grandi sagome antropomorfe che, con la loro presenza onirica, contribuiscono ad esaltare la dimen dimensione fiabesca dell’ intera ambientazione in cui gli oggetti sono disposti – per orientamento e posizionamento – in relazione alla teoria sul confine che separa i bestseller dai flop , ugualmente importanti per definire una linea di confine, una Borderline invisibile, ma percettibile a livello subliminale nel percorso espositivo.

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Una Fiat Palio parcheggiata di fianco alla lampada Arco? Perché? Perch

E’ un modo di rappresentare i due modi di vedere il design. Da un lato ci sono le aziende di mass-production, che, usano il design come uno dei tanti strumenti al servizio del marketing, riducendone il ruolo a mezzo per velocizzare la produziproduzi one abbassandone i costi o per migliorare l’ aspetto dei loro prodotti in modo da spingere i consumatori all’ acquisto; una filosofia “gastronomica” nella quale il design funge da spezia. Dall’ altro lato ci sono le Fabbriche del design italiano, le Fabbriche dei sogni appunto, che vedono nel design una nuova forma di Arte e di Poesia tipica della nostra epoca. Mi spiego meglio: sappiamo benissimo che ci si può sedere anche su sedie più normali di quelle che produciamo, ma noi tentiamo di rispondere ad un desiderio di felicità, ad un sogno, e lo facciamo attraverso la dimensione paradossale dei nostri prodotti.

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Condivido in pieno la tua visione del design, però credo che un designer possa e debba metmet tere in gioco la sua sensibilità anche in nome di altre “visioni”; la funzionalità di un oggetto può essere soggetto per un buon design, che il marketing lo usi come suo mezzo è un’altra cosa.

Certamente il valore funzionale è la ragione d’essere di un oggetto, ma nella nostra società ci sono valori ugualmente importanti di cui tenere conto: il valore segnico ad esempio, quando cioè gli oggetti assumono un significato sociale; c’è il valore poetico, grazie al quale le persone appagano un de desiderio nascosto di Arte e di Poesia che le classiche istiisti tuzioni artistiche non riescono più a soddisfare in maniera eses clusiva; e c’è un valore di status, che ha a sua volta la doppia valenza di suggerire condizioni economiche privilegiate o rivelare la sensibilità culturale del suo proprietario.

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Insomma quello che viene definito un lusso. Per me il concetto di lusso è molto importante. Nella nostra società il lusso viene visto come qualcosa di superfluo, quasi peccaminoso. Invece il lusso dovrebbe aiutarci a ristabilire quel valore emozio emozionale verso le cose, un valore ormai perso nella società dell’ usa-e-getta; dovrebbe rivelare una certa sensibilità nel possesso di una cosa anche se questa cosa non è un Rolex d’ oro.

Non solo… Il senso intrinseco del lusso va ricercato nell’ intreccio tra l’ esigenza di distinguerci dai nostri simili e il desiderio di darci piacere tramite un bene di natura straordinaria. Ed è proprio questo secondo senso a conferire al concetto di lusso un’aura di speranza positiva.

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E proprio partendo da questo secondo senso che deriva il mio modo di considerare le Fabbriche del design italiano come l’ ultimo anello della catena di quei movimenti artistici il cui ruolo è quello di esercitare una continua attività di mediazione artistica nell’ambito della produzione industriale. Per fare questo molto spesso però le nostre Fabbriche devono ricorrere ad una certa dose di trasgressione rispetto alle regole nelle quali si trovano ad operare le industrie, regole che possono essere suddivise in tre gruppi: -le regole tecniche che governano la produzione degli oggetti e che si “trasgrediscono” agendo sulle tecniche stesse e sull’ utilizzo dei materiali. -le regole socio-economiche che regolano il marketing -le regole estetiche e di comunicazione che governano la comprensione e l’ accettazione degli oggetti da parte della gente.

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E quali sono le ragioni che ci spingono ad accettare o meno un oggetto?

Per spiegare questo concetto mi piace ricorrere al pensiero di Franco Fornari secondo cui al centro del funzifunzi onamento dei gruppi umani c’è la cosiddetta “Buona Famiglia” dove è necessaria la compresenza di tutti i codici familiari. La società dei consumi è dominata dal codice-bambino, rappresenrappresen tato dal consumatore al quale i “genitori” si piegano con venerazione. Da un lato abbiamo un codice-paterno vicino al sistema delle industrie di mass-production, e un codice materno paragonabile alle Fabbriche del design italiano.

E alla fine vince chi capisce i bisogni del bambino-consumatore, un bambino che forse, crescendo, inizia a capire l’ importanza della cultura, dell’Arte e della Poesia.

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LE FABBRICHE DEI SOGNI

Emilio Lonardo - 754581

Voltata l’ultima pagina e chiuso il libro si ritorna nella dimensione reale e la sensazione che resta è quella di aver vissuto davvero un paio d’ore in un “Paese del design delle meraviglie”, un mondo pieno di suggestioni ma non per questo privo, alla pari del romanzo CarroCarro liano, di celati inganni.


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