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Wine Passion Numero 0 2014
& Co. International
Vinitaly: 48 anni in splendida forma 48 years in wonderful shape Globalizzazione e vini locali Globalization and local wines L'arte dell'abbinamento The art of matching CittĂ del Vino: dimore di Dioniso Cities of Wine: dwellings of Dioniso Coltivare la biodiversitĂ Let's cultivate biodiversity
States: terra promessa dei vini made in Italy States: the promised land of the wine made in Italy Il NY Times contro l'extravergine italiano. Solo sensazionalismo NY Times attacks extra virgin olive oil. Just sensationalism (SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - REGIME LIBERO 70% DCB ROMA)
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Editorial
by Roberto Rabachino Direttore Editoriale / Editorial Director
COMPRENDERE I SIGNIFICATI, ESALTARE LE PASSIONI In psicologia con il termine passione si intende uno stato d’animo, ovvero una condizione che dura più a lungo delle emozioni e che presenta una minore incisività rispetto al sentimento. Per passione genericamente si indica ogni forma di interazione: sia quella soggettiva, cioè riguardante l’interiorità della propria individuale affettività, sia quella rivolta al mondo esterno. Declinare la parola “Passion” preceduta dal temine “Wine” e con il finale “&Co” ci consente di entrare nella sfera delle emozioni chiamate associazionistiche. Ma cos’è l’associazionismo nell’analisi dei sensi? È la scienza che considera la percezione come la somma di più stimoli semplici legati in modo diretto al substrato fisiologico degli apparati sensoriali. In pratica il piacere di condividere quello che di bello c’è intorno a noi. L’obiettivo della rivista sarà proprio questo: condividere con gli altri sensazioni edonistiche credendo fortemente che l’edonismo è, in senso generale, il termine con il quale si indica il piacere come elemento imprescindibile al genere umano, riconoscendo in esso il fine ultimo del nostro cercare. Wine Passion &Co ci accompagnerà all’interno del fantastico mondo del vino, visitato e rivisitato in tutte le sue declinazioni. Nel mondo delle birre, dei distillati, degli olii, delle acque. Del turismo di lontananza e di prossimità. Del cibo quale elemento fondante della nostra vita. Entreremo nelle case di quelle donne e di quegli uomini che con la loro fantasia, professionalità e impegno ci permettono di apprezzare giornalmente le cose buone della vita. La rivista è diretta da un giornalista di lungo corso, Giancarlo Roversi, storico e sociologo del piacere. La redazione è composta da donne e uomini che hanno fortemente in comune il piacere di trasmettere emozioni e saperi. Professionalità con esperienza, condivisione con passione. Wine Passion &Co sarà la vostra finestra spalancata sul mondo del buon cibo, del buon vino, dello stare insieme con allegria e semplicità, con il gusto mai banale di condividere solo ed esclusivamente piacevoli sensazioni.
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Understand the meaning, enhance the passions In psychology, the term passion is a
state of mind, which is a condition that lasts longer than emotions and it presents less incisive than the feelings. Generically passion means any form of interaction: both the subjective, that is about the inner life of their own individual emotions, and the one directed to the outside world. By declining the word ‘Passion’ preceded by the term ‘Wine’ and the final ‘&Co.’ allows us to enter into the sphere of emotions called associational. But what’s the associational in the analysis of the senses? It is the science which considers the perception as the sum of simple stimuli more directly related to the physiological substrate of sensory systems. Basically the pleasure of sharing what is beautiful around us. The aim of the magazine will be precisely the following: to share with others hedonistic feelings believing strongly that hedonism is, in a general sense, the term that indicates pleasure as an essential element to mankind, recognizing in it the ultimate goal of our search. Wine Passion &Co will take us into the astonishing world of wine, visited and revisited in all its forms. In the world of beers, spirits, oils, and water. For tourism distance and proximity. And of food as a fundamental element of our lives. We will go into the homes of those ladies and gentlement who by their imagination, professionalism and commitment allow us to appreciate the good things in daily life. The magazine is run by a long-time journalist, Giancarlo Roversi, historian and sociologist of pleasure. The editorial staff is composed of women and men who have strongly shared the pleasure to convey emotions and knowledge. Professionalism and experience, sharing it with passion. Wine Passion &Co will be your open window on the world of good food, good wine, of being together with joy and simplicity, with the taste never trivial to share exclusively pleasurable sensations.
Terza pagina
di Giancarlo Roversi Direttore Responsabile
IL VINO E L’AMORE Chi può mettere in dubbio un legame intimo, profondo, ineffabile come quello che, almeno nell’immaginario collettivo, accomuna da sempre, le pulsioni erotiche al vino e ai cibi stimolanti e nutrienti, capaci di favorir uno stato di grazia, di sottile eccitazione, di disinibizione e di vigore ? A menzionare tutti gli alimenti considerati erotizzanti non si finirebbe più. Basta dire che sono stati sperimentati fino dalla notte dei tempi e sono anche oggi conosciuti e a portata di mano per quanti li ritengono affidabili per migliorare le proprie performance amatorie. L’importante è crederci. Per non dilungarsi in citazioni superflue e ripetitive è sufficienti limitarsi a pochi esempi storici e letterari dove il vino è fra i protagonisti. Forse pochi lo sanno, ma un “afrodisiaco” a disposizioni di tutti, che in antico ebbe larga fortuna come potente catalizzatore dell’amore, è proprio il vino, purchè bevuto in giuste quantità in modo da allentare inibizioni di origine psicologica, senza intorpidire la mente. Fra le testimonianze letterarie più antiche, l’Inno di Salomone contiene questa splendida confessione dell’innamorato alla sua amante: “Volevo condurti nella dimora di mia madre ove avrei seguito i tuoi insegnamenti. Là avrei voluto berti con vino speziato e con il mosto del mio melograno”. Il vino era soprattutto il pronubo di appassionate notti d’amore, come testimonia il trinomio latino: nox, mulier, vinum (notte, donna, vino), e vi si faceva ricorso anche per risvegliare improvvisi cali di tensione sessuale grazie alla sue capacità distensive e tonificanti. Nell’anelito incessante di trovare sostanze di facile assunzione capaci di nutrire il corpo e l’eros, l’uomo ha privilegiato fin dai primordi anche il miele per il suo potere calorico e energetico, particolarmente benefico nelle fatiche amorose. E spesso, per potenziarne gli effetti, l’ha unito al vino e ad altri ingredienti tra cui la rucola, i molluschi, lo zafferano. Esaltato da un aforisma islamico quale “nutrimento fra i nutrimenti, medicina fra le medicine”, il miele fin dalle più antiche civiltà era infatti ritenuto un rimedio portentoso per rinvigorire l’energia sessuale, specie sotto forma di idromele, l’acqua di miele. Per le sue proprietà afrodisiache l’idromele presso il mondo celtico veniva somministrato anche ai giovani sposi per assicurare un avvio esplosivo alla loro vita sentimentale grazie all’azione galvanizzante dell’alcol e all’energia fornita dagli zuccheri e dagli alcaloidi naturali. Con questa eccitante “bomba calorica” a disposizione, individui abituati a un’alimentazione in genere poco sostanziosa dovevano riuscire a cimentarsi in imprese sessuali davvero straordinarie, soprattutto nel caso delle coppie fresche di nozze che univano l’esuberanza dell’età alla gioia di scoprire i giochi d’amore.
Anzi, proprio dalla remota abitudine celtica di bere l’idromele per un intero mese lunare dopo il matrimonio, è derivata l’espressione luna di miele che contraddistingue anche oggi il magico periodo iniziale della vita coniugale. I romani bevevano anche il mulsum, ossia il vino unito al miele. Apicio menziona un vino mielato condito con pepe e numerosi altri ingredienti che tra le varie virtù aveva l’effetto di risvegliare la libido sopita. Ecco infine una “ricetta”afrodisiaca infallibile consigliata da Susruta, un medico e poeta indiano vissuto fra il IV e il V secolo dell’era volgare. Il segreto della voluttà che vi è racchiuso è eterno quanto il mondo, grazie alla felice combinazione di elementi emotivi, ambientali, psicologici e materiali, tra cui il vino, che abbracciano l’intera sfera dei cinque sensi, tutti chiamati a celebrare ciascuno con il proprio ruolo - il rito inestinguibile dell’amore. Stiamo a sentire: Cibi prelibati e nutrienti, dolci gustosi, bevande rinfrescanti, una melodia delicata e soave per le orecchie, che accarezzi dolcemente la pelle, una giovane, bella e piacevole fanciulla e notti chiare, addolcite dai raggi della luna piena, che ammaliano e avvincono l’anima. Le foglie di betel masticate in bocca, vino e ghirlande intrecciate di fiori dal dolce profumo, canti d’amore ed un cuore lieto, leggero: sono questi i migliori afrodisiaci della vita. Secondo i ricercatori dell’Università di Malaya le foglie di Betel, citate nella poesia, e in particolare le noci, cioè i semi di Areca, una varietà molto alta di palma, diffusa in Polinesia, nel sud-est asiatico e in Africa orientale, vantano notevoli proprietà stimolanti e afrodisiache e sono utilizzate dalle popolazioni asiatiche e africane come passatempo al pari delle nostre noccioline. Somministrando a un gruppo di volontari una pillola a base di un tipo particolare di arginina, il principio attivo contenuto nelle noci, i ricercatori hanno accertato che questo amminoacido permette di allargare i vasi sanguigni e aumentare l’afflusso di sangue al pene. Accompagnando le noci di Betel col vino, come suggerisce l’antico medico indiano, gli effetti stimolanti di questo mix possono rivelarsi infallibili. L’unico guaio è che, se masticate, lasciano macchie di colore rosso su denti e labbra e...fanno la spia. Però forse il...gioco può valere la candela!
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Third page
by Giancarlo Roversi Managing Director
WINE AND LOVE Who can question an intimate, deep, ineffable connection as the one that, at least in the collective imagination, has always united the erotic impulse to wine and to stimulating and nutritious food, capable of favouring a state of grace, subtle excitement, disinhibition and vigour? If we started to mention all the foods considered aphrodisiac, we would never stop. It is enough to say that they have been tested from the dawn of time and are also known today and close at hand for those who consider them reliable in order to improve their amatory performances. The important thing is to believe it. Not to dwell on unnecessary and repetitive quotes, a few historical and literary examples, where wine is among the protagonists, are enough. Perhaps few people know that an ‘aphrodisiac’ food available to everybody and that in ancient times had a large fortune as a powerful catalyst of love, is wine, as long as drunk in the right amount in order to loosen inhibitions of psychological origin, without numbing the mind. Among the most ancient literary evidences, the Odes of Solomon contains this gorgeous confession from a lover to his mistress: ‘I wanted to bring you into my mother’s house where I would have followed your teachings. There, I would have liked to drink you with spiced wine and the juice of my pomegranate.’ The wine was primarily the motivation of passionate nights of love, as shown by the Latin trinomial nox, mulier, vinum (night, woman, wine) and it was also used to awaken sudden loss of sexual tension thanks to its relaxing and toning abilities. While searching easy to take substances capable of nourishing the body and eroticism, men favoured, since the beginning, also honey for its calorific value, particularly beneficial in love labours. And often, in order to enhance its effects, they combined it with wine and other ingredients such as arugula, shellfish and saffron. Enhanced by an Islamic aphorism which is: ‘nutrient among nutrients, medicine among medicines,’ since the earliest civilizations honey has in fact been considered a miraculous remedy to invigorate sexual energy, especially in the idromele form, honey water. For its aphrodisiac properties the idromele was given in the Celtic world to the young newlyweds to ensure an explosive start to their love life thanks to the properties of alcohol and to the energy supplied by sugars and the natural alkaloids. With this exciting ‘calorie bomb’, people accustomed to a not very substantial diet had to be able to engage in truly extraordinary sexual exploits, especially in the case of newlyweds who joined the exuberant of their age to the joy of discovering love games.
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Indeed, right from the remote Celtic habit of drinking idromele for a whole lunar month after the wedding, the expression honeymoon that characterizes today the magic initial period of married life comes from. The Romans also drank the mulsum, that is to say, wine combined with honey. Apicius mentions a honey wine seasoned with pepper and many other ingredients that, among its various virtues, had the effect of awakening the dormant libido. Here is, finally, an infallible aphrodisiac ‘recipe’ recommended by Sushruta, an Indian doctor and poet who lived between the fourth and fifth centuries of the Current Era. The secret of pleasure that is found here is as eternal as the world, thanks to a happy combination of emotional, environmental, psychological and material elements, including wine, which encompass the entire sphere of the five senses, all called to celebrate - each with its own role - the rite of undying love. Let’s listen to it: Delicious and nutritious food, tasty sweets, soft drinks, a delicate and sweet melody for the ears, gently stroking the skin, a young, beautiful and nice girl and clear nights, softened by the rays of the full moon enchanting and captivating the soul. The betel leaves chewed in the mouth, wine and garlands entwined with sweet-smelling flowers, songs of love and a happy and light heart: these are the best aphrodisiac ingredients of life. According to a research team at the University of Malaya, Betel leaves mentioned in the poem, and in particular walnuts, that is to say the seeds of Areca, a variety of very tall palm tree widespread in Polynesia, in the South-Eastern Asia and Eastern Africa, have significant stimulant and aphrodisiac properties and are used by people in Asia and Africa as a hobby like our peanuts. By giving a group of volunteers a pill with a particular type of arginine, the active substance in walnuts, researchers have found that this amino acid allows to widen blood vessels and increase blood flow to the penis. Accompanying Betel nuts with wine, as suggested by the ancient Indian doctor, the stimulating effects of this mix can be infallible. The only problem is that, if chewed, they leave red stains on teeth and lips and... snitch. But...maybe they are worth it!
Editorial
by Umberto Desiderio
STRADE SICURE In un contesto in cui il vino, quello con la “V” maiuscola, è protagonista, parlare di strade sicure può evocare consigli e suggerimenti sull’assunzione di un prodotto che, se apprezzato con parsimonia, rappresenta il più alto coronamento di momenti di piacere e suggestioni sublimi. Ma non è a quelle “strade sicure” che ho pensato nelle lunghe e faticose giornate che hanno segnato la materializzazione del progetto Wine Passion &Co: le strade sicure sono quelle che ho percorso insieme ad amici, anche questi con la “A” maiuscola, che hanno creduto nel progetto e nella capacità della nostra Casa Editrice di giungere ancora una volta a conquistare un traguardo importante e spesso considerato - dai più - ambizioso. Wine Passion &Co da oggi c’è, pronto per essere letto con la stessa “passione” che ci permette di degustare un vino, scegliere un cibo e determinare modi e stili della nostra vita. Tutte azioni collegate al piacere di sentirsi soddisfatti e consapevoli delle proprie scelte. E se Wine Passion &Co da oggi c’è non posso, ma principalmente non voglio, sottrarmi al piacevole compito di rivolgere un pensiero affettuoso e un ringraziamento a tutti i nostri Amici - vecchi e nuovi - che con preziosi e autorevoli contributi hanno collaborato alla prima edizione di Wine Passion &Co. Un particolare ringraziamento desidero rivolgerlo a Giancarlo Roversi e Roberto Rabachino, alla Redazione e l’Ufficio Grafico. Nel comporre un elenco correrei il rischio di annoiare i lettori e poi di trascurarne alcuni. Ma di certo desidero anche ringraziare la redazione online coordinata da mio figlio Matteo. Le strade sicure le abbiamo percorse e le abbiamo “spianate” per tutti gli Amici che vorranno scegliere la lettura di Wine Passion &Co e lasciarsi guidare verso scelte sicure e di passione.
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SAFE STREETS In a context in which wine, the one with capital ‘W’, is the protagonist, talking about safe streets may evoke hints and tips regarding the use of a product which, if enjoyed sparingly, represents the highest fulfillment of moments of pleasure and sublime suggestions. But I didn’t think about those ‘safe streets’ during the long and tiring days that marked the materialization of Wine Passion & Co project: the safe streets are the ones that I followed with friends, these too with capital ‘F’, who believed in this project and in the ability of our Publishing House to achieve once again a goal often considered - by the most - ambitious. From today Wine Passion &Co is a reality and it is ready to be read with the same ‘passion’ that allows you to taste a wine, choose something to eat and define your lifestyle. All actions related to the pleasure of feeling satisfied and aware of your own choices. And if Wine Passion &Co is here today, I cannot, but mostly I don’t want to, escape the pleasant task of addressing an affectionate greeting and to thanking all our - old and new - Friends who with their valuable and authoritative help have contributed to the first edition of Wine Passion &Co. I would like to especially thank Giancarlo Roversi and Roberto Rabachino, the editorial staff and the graphic office. If I should make a list, I would run the risk of boring readers and then of leaving some of them out. I would like, of course, also to thank the online editorial staff coordinated by Matteo, my son. We went through the safe streets and we ‘cleared’ them for all the Friends who would like to choose to read Wine Passion &Co and be guided towards safe and passion choices.
Wine Passion & Co. International
SOMMARIO
Ruota dei Colori
24 States: terra promessa dei vini made in Italy States: the promised land of the wine made in Italy Gelasio Caetani Lovatelli d’Aragona 28 Vinopolis: la quintessenza delle enoteche mondiali a Londra The quintessence of the world winehouses in London by Margreta Moss 32 Le Città del vino: le dimore di Dioniso ‘Cities of Wine’: dwelling of Dionysus by Paolo Benvenuti 36 Villa Eden e Castello Rametz: l’ospitalità di Venere e Bacco The hospitality of Venus and Bacchus 40 Notebook 44 Wine shots. Sicilia: nettari d’alto lignaggio Sicily: nectars of high lineage by Paolo Barone 52 Appunti e spunti Notes and ideas
3 Comprende i significati, esaltare le passioni Understand the meaning, enhance the passions by Roberto Rabachino 5 Terza pagina: il vino e l’amore Third page: wine and love by Giancarlo Roversi 8 Strade sicure Safe streets by Umberto Desiderio 12 Il NY Times contro l’extravergine italiano. Solo sensazionalismo NY Times attacks extra virgin olive oil. Just sensationalism by Marcello Masi 16 Coltivare la biodiversità Let’s cultivate biodiversity by Attilio Scienza 18 Globalizzazione e vini locali Globalization and local wines by Rocco Tolfa 20 Vinitaly: 48 anni in splendida forma Vinitaly: 48 years in wonderful shape by Maria Maddalena Baldini Laurenti
54 L’arte dell’abbinamento The art of matching by Mario Del Debbio 58 Autoritratti... in cantina Self-portraits... in the cellar by José Rallo 62 Olio extravergine: verde oro italiano Virgin olive oil: green Italian gold by Luigi Caricato 66 Toscana: passione Maremma Tuscany: a passion for Maremma by Maria Lupi 70 Il sesso dell’olio d’oliva? È rosa The sex of olive oil? Pink by Loriana Abbruzzetti 74 Alessandro D’Alatri: ciak si brinda Action! Time to drink by Marco Spagnoli 78 Vino: ambasciatore d’Italia Wine: ambassador of Italy by Giorgia Turco and Salvatore La Lumia 82 Arte fra i vigneti del Brunello Art among the vineyards of Brunello by Maria Maddalena Baldini Laurenti
Ruota degli Aromi
84 Gavino Sanna: sorsi d’autore Sips of author by Paola Cerana 88 Andar per cantine e frantoi Visiting cellars and mills 90 Igles Corelli: il vino nel piatto Igles Corelli: cooking with wine by Federica Lippa
104 Tauleto: la sensuale bellezza del Sangiovese The sensual beauty of Sangiovese by Paola Cerana 106 Silvia Baratta allo specchio Silvia Baratta on the spotlight by Silvia Baratta
94 A tutta birra The craft beer world by Maurizio Maestrelli
110 Bollicine ad arte a Vino in Villa Artfully sparkling wine at Vino in Villa by Matteo Desiderio
98 Don Papa: il rum “rivoluzionario” ‘Revolutionary’ rum by Orazio Latini
112 Libri Books
102 Tu vuo’ fa’ l’“Americano”? You wanna be ‘Americano’? by Piero Valdiserra
Attualità e disinformazione
di Marcello Masi Direttore Tg2 RAI
CHE TRISTEZZA ...
Attacco del New York Times all’olio extravergine di oliva made in Italy esportato negli USA: Solo sensazionalismo di serie B.
È passata qualche settimana dalla denuncia del New York Times sulle manipolazioni che subirebbe il nostro olio di oliva e dalle aspre polemiche che ne sono scaturite. Forse il tempo necessario per far sedimentare la rabbia e cercare di affrontare il tema razionalmente. Dunque uno dei più prestigiosi giornali del mondo ha accusato indistintamente i produttori italiani di falsificare, a scopo di profitto truffaldino, uno dei nostri prodotti della terra più importanti. Lo ha fatto utilizzando delle vignette in modo che tutti, anche i lettori meno attenti, recepissero il messaggio. Per dirlo con una frase di strada per “sputtanarci” al massimo. La truffa denunciata, come è noto, vedrebbe il taglio del nostro olio con prodotti provenienti da altre Nazioni del bacino del Mediterraneo. Ma che bravi questi giornalisti d’oltreoceano, che grande senso della tutela dei consumatori statunitensi, quale fulgido esempio di inchiesta per far trionfare la verità e la giustizia. No, non è così. Si tratta di sensazionalismo di serie B. È roba da inesperti del settore, nel migliore dei casi e, nei peggiori, di ipocrisia pelosa ed interessata. È vero, nel nostro Paese ci sono dei mistificatori di prima classe, o meglio dei criminali, che infrangono la legge. Ma sono criminali, nel senso che commettono un crimine punito dal codice penale, non sono i produttori di olio italiani. Non fare distinzioni, mettere tutto insieme, non è solo fuorviante, ma inaccettabile.
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Nella produzione dell’olio extravergine italiano non sempre le regole vengono rispettate. Frequentemente ci troviamo di fronte a vere e proprie truffe dove, al netto di un bel simbolo italiano evidenziato in etichetta, il produttore “omette” deliberatamente d’inserire l’uso di olive coltivate fuori dai confini nazionali contravvenendo de facto alle normative nazionali e comunitarie. Altro problema - che non riveste caratteristiche di ordine penale - è l’uso di olive coltivate fuori dell’Italia al fine di concorrere, spremute, alla commercializzazione di prodotti che di italianità hanno poco e niente. Qui il danno è di immagine. Pensate a un americano che convinto di usare un olio da condimento completamente italiano scopre in etichetta che è stato prodotto parzialmente con olive che di italianità hanno assolutamente niente! L’olio fatto in Italia, nella stragrande maggioranza dei casi, è un prodotto superiore di gran lunga all’olio fatto nel resto del globo. È il nostro oro, è un nostro vanto, è un elemento fondante della nostra stessa cultura. Attaccare come ha fatto il New York Times a testa bassa senza un’analisi, neppure superficiale, è aberrante è un danno incalcolabile al nostro sistema Paese. I danni che subisce l’Italia dal taroccamento dei prodotti agroalimentari nel mondo è ogni anno maggiore. Le stime parlano di decine e decine di miliardi di euro. Eppure veniamo messi sul banco degli imputati per una vicenda che
riguarda qualche mascalzone, senza neppure una difesa d’ufficio che rappresenti le centinaia di imprese d’eccellenza assoluta e le decine di migliaia di lavoratori onesti. Nessuna assoluzione per chi da noi si comporta in maniera disonesta, io personalmente li esilierei, ma non si possono accettare lezioni morali da abitanti di un continente che tarocca i nostri prodotti come se fosse lecito e normale. Negli Stati Uniti i falsi nomi italiani, i falsi tricolori sull’etichette di sughi, paste, pomodori, vini e chi più ne ha più ne metta sono un fenomeno in costante crescita con danni alla nostra immagine e alla nostra economia facilmente intuibili. Eppure qui nessuno scandalo, nessuna vignetta, nessuna facile inchiesta da poter fare sotto casa in un qualunque supermercato della Grande Mela. Che tristezza... Ma, ed è doveroso che ci sia un ma, anche noi italiani dobbiamo svegliarci e sfilarci una volta per tutte l’anello dal naso. Dove è la politica? Dove sono le leggi e gli uomini per farle rispettare? Dove sta la nostra protesta nelle sedi opportune per chiedere la salvaguardia del nostro lavoro e del nostro futuro attraverso la tutela delle nostre eccellenze prodotte esclusivamente in Italia, prodotti unici ed inimitabili? Dov’è l’Europa? Perché tra un richiamo e l’altro che mensilmente ci fa su tutto e una misura millimetrica di una zucchina non si adopera per tutelare il prodotto italiano nel mondo? Domande che facciamo da anni ancora senza risposta. Che tristezza...
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News and disinformation
by Marcello Masi Tg2 RAI Director
HOW SAD… New York Times attacks made in Italy extra virgin olive oil exported in the USA: Just second class sensationalism Some weeks have passed since New York Times has denounced the adulteration of Italian olive oil and several harsh controversies have aroused. Maybe the necessary time to appease the anger and to try to rationally face the matter. So, one of the most prestigious newspapers in the world has accused with no exception Italian producers of falsely brand, to fraudulently make profit, one of the most important products of Italy. It did it using cartoons so that everyone, even less attentive readers, could understand the message. To completely backbite us. The denounced swindle, as we know, would consist in blending Italian oil with products from other Mediterranean countries. What good overseas journalists, what a great sense of protection for American consumers, what a shining example of report to make truth and justice triumph. No, it’s not like that. It is a second class sensationalism. It’s something for people with no experience in the sector, at most, and, at worst, it’s something about two-faced and self-interested hypocrisy. It’s true, in Italy there are first-class deceivers, or better than criminals, who break the law. But they are criminals, in the sense that they commit a crime punished by the penal code, they are not the Italian producers of oil. Not to make any distinction, putting everything together, is not only misleading but unacceptable. In the production of Italian extra virgin oil rules are not always respected. We often find ourselves in front of real swindles where, with a good Italian symbol highlighted in the label, the producer deliberately ‘omit’ to insert the use of olives cultivated outside the national borders actually contravening the national and EU laws. Another problem – which doesn’t concern the penal code – regards the use of olives cultivated outside Italy in order to contribute, once squeezed, to sell products that have little or nothing of Italian. Here the damage concerns the image. Think about an American person, who, sure about using a completely Italian dressing oil, discovers from the label that it has been partially produced with olives that are absolutely not Italian!
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The oil produced in Italy, in most cases, is a product by far better than the oil produced in the rest of the world. It is the Italian gold, it is Italy’s pride, an important element of our culture. Attacking, as New York Times did, with a hanging head without any analysis, not even superficial, is aberrant, is an incalculable damage for our country’s system. The damages that Italy incurs because of the falsification of agroindustrial products in the world are more and more every year. Surveys talk about tens and tens billions euros. And yet they make us sit in the dock for something that concerns some crooks, even without any legal aid that represents hundreds of excellence companies and tens of thousands honest workers. No acquittal in our country for people behaving dishonestly, personally I would exile them, but I can’t accept moral lessons from people of a continent that falsely brand our products as it was legal and normal. In the USA false Italian names, false Italian flags on the labels of sauces, pasta, tomatoes, wines and so on and so forth are a constantly growing phenomenon with easily deducible damages for our image and economy. And yet here no scandal, no cartoon, no easy report you can write outside your house in any supermarket of the Big Apple. How sad…but, and we ought to say but, even we Italian need to wake up. Where is the politics? Where are the laws and the men who make people respect them? Where is our protest in the right places to ask to safeguard our work and or future through the protection of our excellences produced exclusively in Italy, unique and inimitable products? Where’s Europe? Why between one reprimand and another that it monthly does about everything, doesn’t it make every effort to protect the Italian product in the world? These are questions we have made for years and they still haven’t got any answer. How sad…
Venti righe
di Attilio Scienza
COLTIVARE LA BIODIVERSITÀ PER TRASFORMARE LA VITICOLTURA DA MONOCOLTURA AD AGRO-SISTEMA PIÙ COMPLESSO, È QUESTA LA NECESSITÀ PRIORITARIA NEL MONDO
L’ultima rivoluzione viticola, iniziata negli anni ’60, basata su vitigni selezionati, sull’uso di concimi minerali e antiparassitari di sintesi, ha prodotto una sorta d’industrializzazione della viticoltura e la biodiversità nel vigneto è stata vista come un non valore. La viticoltura e la natura rappresentavano allora due spazi ben delimitati, gestiti con regole profondamente diverse: lo spazio viticolo destinato alla produzione, quello naturale da preservare. La viticoltura “ecologicamente intensiva” prende lo spunto da quella che, negli anni ’90, venne definita la rivoluzione doppiamente verde o evergreen, la quale aveva come caratteristica principale quella di inserirsi in un ecosistema di produzione complesso dove le attività produttive “fanno sistema” (come ad esempio l’articolazione tra viticoltura e allevamento del bestiame, la riduzione dei residui della produzione, il riciclo degli stessi per migliorare la fertilità dei suoli attraverso la produzione dei compost). La definizione di agricoltura ecologicamente intensiva è di P.P.Rabh, agricoltore e filosofo che nel 1928 preconizzò una agricoltura fondata sulla semplicità e salubrità dei comportamenti e un impiego delle risorse nel rispetto della natura. Contemporaneo di R.Steiner,
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padre dell’antroposofia, per il quale l’agroecologia doveva basarsi su pratiche esoteriche, affermava invece che la nuova agricoltura si fondava sullo sviluppo delle conoscenze derivanti dall’applicazione delle scoperte dell’agronomia, dell’ingegneria e della tecnologia. La biodiversità di un vigneto è oggi un valore fondamentale per la perennità della coltivazione dei vigneti ed è definita come l’insieme di tutte le forme di vita presenti sulla superficie e nel suolo (piante, animali, microrganismi) fino ai geni delle varie entità viventi. L’obiettivo di un ecosistema agricolo è la resilienza, proprietà presente negli ecosistemi naturali, risultato di alcune condizioni quali la complessità dell’organizzazione funzionale che garantisce la solidità (nel senso di tenere tutti i costituenti assieme), la diversità dei partecipanti (vegetali, fauna, risorse alimentari), gli stocks e le risorse sistemiche. La trasformazione da monocultura in un più complesso agro sistema è ormai una necessità per i vigneti di tutto il mondo ed è possibile realizzarla con strategie di copertura vegetale del suolo e con la valutazione dei livelli di biodiversità sia vegetale che animale, attraverso precisi indici.
by Attilio Scienza
Twenty lines
LET’S CULTIVATE BIODIVERSITY TO TRANSFORM THE VITICULTURE FROM MONOCULTURE TO MORE COMPLEX AGRO-SYSTEM, THIS IS THE PRIORITY NEED IN THE WORLD The last viticulture revolution, that began in the 60s, based on selected grape varieties, on the use of mineral fertilizers and synthetic antiparasitics, has produced a kind of industrialization of viticulture, and biodiversity in the vineyard was not seen as a value. Viticulture and nature represented then two spaces well defined, managed with very different rules: the vineyard space intended for the production, the natural one to preserve. ‘Ecologically intensive’ viticulture its draws origin from what has been called, in the 90s, the double-green revolution or evergreen, which had as its main feature to the fitting into a complex ecosystem of production where the production activities ‘make system’ (such as the link between viticulture and cattle breeding, the reduction of production residues, the recycling of them to improve soil fertility through the production of compost). The definition of ecologicallyintensive agriculture has been given by P.P.Rabh, farmer and philosopher who in 1928 foretold an agriculture founded on simplicity and healthy behaviors and a use of resources in harmony with nature. Contemporary of Rudolf Steiner, the father of anthroposophy, for which agroecology should be based on esoteric practices, he ar-
gued instead that the new agriculture was based on the development of the knowledge resulting from the application of the discoveries of agronomy, engineering and technology. The biodiversity of the vineyard is now a fundamental value for the sustainability and endurance of the cultivation of vineyards and it is defined as the set of all life forms on the surface and in the soil (plants, animals, microorganisms) up to the genes of different living entities. The objective of an agroecosystem is the resilience, a property present in natural ecosystems, result of certain conditions such as the complexity of the functional organization that ensures the solidity (in the sense of keeping all the constituents together), the diversity of the participants (plants, wildlife, food resources), the stocks and the systemic resources. The transformation from monoculture into a more complex agricultural system is now a necessity for the vineyards around the world and it is possible to realize it with strategies of cover crop of the soil and the assessment of the levels of both plant and animal biodiversity, through specific indexes.
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Spunti di riflessione
di Rocco Tolfa
LA CULTURA ITALIANA PASSA ANCHE DAL VINO E FA BENE AL PAESE
Sembrerà un paradosso, ma nell’epoca della globalizzazione il mercato cerca sempre di più i vini locali. La cultura del vino fa bene al Paese, fa bene all’Italia. Non servono i numeri dell’export del settore vinicolo per capire l’importanza che riveste per la nostra economia. Quei cinque miliardi di euro che incassano i nostri produttori dovrebbero essere uno stimolo per le nostre istituzioni per far crescere il settore. Non parlo di aiuti economici. Quelli certo servono. Parlo proprio della diffusione della cultura del vino. Sarebbe un sogno che diventi, come succede nella vicina Francia, materia di studio nelle nostre scuole. In attesa di questa decisione però molto si può fare. Diffondendo innanzitutto le occasioni per far incontrare produttori e consumatori. Per far capire il mondo che c’e’ dietro una bottiglia di vino. Un mondo fatto di persone, di territori, di sapienza. Quello che in una parola viene indicato come terroir. Quando si descrive un vino francese si parte sempre da lì. Si racconta la storia di quella famiglia che produce quel determinato vino. Si parla della storia di quella vigna. Pensiamo alla Borgogna dove esiste una mappatura dei terreni così dettagliata che quasi si possono raccontare le vicissitudine del singolo filare. Non solo per i grandi nomi, a cominciare dai quei mitici 1,8 ettari del Romanée Conti. Ma anche per il singolo vigneron. Certo anche da noi ci riempiamo la bocca con la parola terroir. Ma spesso ci limitiamo a descrivere il territorio, se è argilloso o calcareo.
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Poi passiamo alla descrizione dei profumi dove ognuno fa sfoggio della sua abilità o più spesso della sua fantasia. Ma basta questo a descrivere un vino? Basta sapere che in un vino c’e’ un frutto maturo piuttosto che una nota canforata per regalarci un’emozione? Noi crediamo di no. Noi crediamo che per farci innamorare di un prodotto serva raccontare cosa ci sia dietro quel vino che versiamo nel bicchiere. Quante storie potremmo raccontare per le nostre vigne. Quante storie potremmo noi raccontare di suore e monaci, di nobili e geniali imprenditori che hanno prodotto vini che hanno allietato palati di re e regine, nobili e principesse e di tanta gente comune nel corso dei secoli? Il punto è proprio questo: perché quando noi raccontiamo una vigna, non esaltiamo i nostri territori, le nostre zolle che nel mondo hanno più storia di qualunque altra zolla? E allora raccontiamo i nostri territori e quei vitigni che stanno lì da centinaia di anni tanto da essere considerati autoctoni. Un invito alla nostre istituzioni, alle associazione di sommelier ma anche ai produttori. Esaltare quella vigna e quel vitigno autoctono. Raccontare la loro storia. E cercare con quelle viti di produrre un vino di altissima qualità. A costo di curare grappolo per grappolo, acino per acino. Creare un vino buono capace di emozionare. Anche perché siamo convinti che quel vino trascinerà la produzione di tutta l’azienda, di tutto quel determinato territorio. E questi vini rappresenteranno una grande occasione per i consumatori italiani per avvicinarsi in maniera corretta alla degustazione. Per far crescere la cultura del vino nel nostro Paese. Ma anche a diffondere i prodotti italiani nel resto del mondo. Sembrerà un paradosso, ma nell’epoca della globalizzazione il mercato cerca sempre di più i vini locali. E l’Italia su questo terreno può essere supercompetitiva perché ha una varietà di territori e di vitigni che non ha eguali nel pianeta. Aiutando ancor di più le nostre esportazioni. Perché la cultura del vino fa bene all’Italia.
by Rocco Tolfa
Food for thought
Italian culture goes even from wine and good for the country It may seem a paradox, but in the age of globalization, the market is always looking for more local wines The culture of wine is good for the country, its good for Italy. They don’t need the numbers of the exports for the wine sector to know that its essential for our economy. Those five billion euros cashing our manufacturers should be stimulant for our institutions to grow the sector. Im not talking about economic aid. Those certainly are needed. I talking about the diffusion of the wine culture. It would be a dream for it to become, as it happens in our neighbour France, a subject of study in our schools. Pending this decision, however there is much you can do. First, spreading the opportunities to bring together producers and consumers. In order to understand the world that there is behind a bottle of wine. A world made of people, of territories, of wisdom. What in a word is indicated as terroir. When describing a French wine you always start from there. It tells the story of the family that produces that particular wine. It tells the story of the vineyard. We think of Burgundy, where there is a mapping of the land so detailed that you can almost tell the vicissitudes of single row of the vineyard. Not only for the big names, starting with those legendary 1.8 hectares of Romanée Conti. But also for the single vigneron. Of course we also fill our mouths with the word terroir. But often we limit ourselves to describe the land, if it is clay or limestone. Then we move to the description of perfume where everyone shows off theyre skills, or more often of his imagination. But is this enough to describe a wine? Just know that in wine there is’ a ripe fruit rather than a note camphor to give us a thrill? We don’t thinks so. We believe that to make us fall in love with a product we need to tell what is behind the wine that we pour into the glass.
How many stories we can tell in our vineyards. How could we tell stories of nuns and monks, noble and brilliant entrepreneurs who have produced wines that have graced palates of kings and queens, nobles and princes and of many common people over the centuries? The point is this: because when we tell the story of a vineyard, we exalt our territories, our impact in the world that has more history than any other territory? And then we tell our territories and those varieties that have been there for hundreds of years so as to be considered indigenous. An invitation to our institutions, the Association of Sommeliers but also to producers. Enhance the vineyard and the vine nature. Tell its story. And look at those vines producing a wine of the highest quality. At the cost of taking care of bunch by bunch, berry by berry, only to create a good wine that can excite. Also because we are convinced that wine production will drag the whole company, the whole of the respective territory. And these wines represent a great opportunity for Italian consumers to approach correctly the tasting. To grow the wine culture in our country. But also to spread the Italian products in the rest of the world. It may seem a paradox, but in the age of globalization, the market is always looking for more local wine . And Italy on this ground can be super competitive because it has a variety of regions and grapes that has no equal on the planet. Helping even more of our exports. Because the culture of wine is good for Italy.
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Incontri ravvicinati
di Maria Maddalena Baldini Laurenti
DA 48 ANNI FuLCRO DEL MONDO DEL VINO E IN SPLENDIDA FORMA!
VINITALY: LA PAROLA A ETTORE RIELLO PRESIDENTE DI VERONAFIERE ARRIVATO ALLA 48ª EDIZIONE IL VINITALY APRE LE PORTE TRA NuOVE PROPOSTE, ARgOMENTI E PROgETTI SuI quALI LAVORARE.
Obiettivo comune? Quello di plasmare una manifestazione storica seguendo gli sviluppi e le novità che arrivano non solo dall’Italia ma dal mercato mondiale, sempre pronto a guardare con occhio attento le specifiche proposte del “comparto vino”. Una sfida attiva in previsione di Expo 2015 e delle costanti richieste sempre più differenti e variegate. Tra polemiche e dubbi, tra scommesse e successi, anche quest’anno Vinitaly e Verona fanno parlare il pubblico e gli esperti di settore. Una previsione di sfide dal Presidente Ettore Riello. Qual è il filo conduttore di Vinitaly 2014? L’internazionalizzazione è da sempre uno dei cardini di Vinitaly: nel 2013 abbiamo registrato quasi 53mila operatori stranieri (il 35% del totale), da 120 Paesi. Proprio in questa direzione vanno le mag-
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giori novità della 48ª edizione, con una crescente attenzione a produttori e buyer esteri e al mondo dei vini bio, sempre più apprezzato in Nord Europa, Stati Uniti ed Estremo Oriente. Riguardo al primo punto, abbiamo riunito quasi 80 espositori stranieri in un unico padiglione che abbiamo chiamato Vininternational-International Wine Production. In questo modo puntiamo a conferire organicità alle presenze dai principali Paesi produttori. Completa questa iniziativa l’International Buyer’s Lounge con Taste and Buy, nuova area per il b2b wine&spirit dedicata agli operatori esteri. Abbiamo inoltre investito più di un milione di euro in attività per favorire l’incoming di buyer da oltreconfine. Il costante sforzo verso l’innovazione ci ha poi spinto a guardare a specifici segmenti di mercato molto promettenti come quello del mondo bio. È da questa intuizione che
nasce quest’anno VinitalyBio, il salone realizzato in collaborazione con FederBio e riservato ai vini biologici certificati, con l’obiettivo di valorizzare le produzioni enologiche che seguono le norme del regolamento UE. Ogni anno Vinitaly è “amore e odio”, critiche e complimenti. Cosa si è fatto per i produttori che ancora una volta hanno deciso di puntare su Verona? È naturale che una manifestazione di settore leader mondiale come Vinitaly, con 148mila presenze di media, sia sempre sotto i riflettori e le aspettative da parte di tutti siano massime. Le critiche, finché costruttive, sono sempre ben accette e come organizzatori ci aiutano a proporre ogni volta un’edizione migliore con l’obiettivo di
far crescere gli affari delle aziende. Le conferme che stiamo lavorando nella giusta direzione, fortunatamente, non mancano. Per la prima volta abbiamo superato l’asticella dei 100mila metri quadrati espositivi netti, con il sold out già da parecchi mesi. Un’indagine di una società indipendente ha inoltre evidenziato un grado di soddisfazione nei confronti dell’edizione di Vinitaly 2013 pari all’82,2% degli intervistati italiani, percentuale che sale a oltre il 90% relativamente alla qualità degli espositori. Per quanto riguarda gli stranieri, l’80,1% si dichiara soddisfatto, il 73% partecipa da più edizioni e quasi 7 su 10 trovano in Vinitaly una piattaforma di lancio per lo sviluppo di nuovi contatti. Si tratta di riscontri che forniscono una lettura puntuale di come Vinitaly sia un appuntamento irrinunciabile per il settore enologico internazionale. E anche per l’edizione di
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Incontri ravvicinati
quest’anno abbiamo deciso di implementare i servizi per aziende e visitatori. A partire da un catalogo online interattivo che gli espositori possono personalizzare aggiungendo contenuti in modo da valorizzare in pieno la propria presenza in fiera, senza dimenticare la logistica di quartiere, con 2.000 posti auto in più e un posizionamento più razionale del padiglione che ospita Enolitech. Il mondo sta guardando al settore Food&Beverage italiano con grande curiosità, principalmente in vista dell’Expo 2015. Quali sono state le evoluzioni degli impegni di Veronafiere e di Vinitaly presi con l’Esposizione Universale seguendo la linea dichiarata qualche mese fa da Maurizio Martina? Quella di Expo 2015 è una partita in cui abbiamo la possibilità e il dovere di giocare in prima linea, come ha ribadito il ministro all’Agricoltura, Maurizio Martina, in occasione della presentazione di Vinitaly 2014 a Roma, lo scorso 6 marzo. Lo dico senza falsa modestia, considerando la nostra duplice vocazione: come strumento a servizio delle imprese del sistema-Paese e come fiera che dal 1898 ha fatto del comparto agroalimentare il suo core business, con manifestazioni internazionali di successo quali Vinitaly, Fieragricola, Enolitech, Sol&Agrifood, Eurocarne, senza dimenticare il Concorso Eonologico Internazionale e il Sol d’Oro. Visto il tema di Expo 2015 “Nutrire il Pianeta”, sono convinto che l’esperienza e il nostro contributo potranno essere un valore aggiunto per promuovere le eccellenze del wine&food made in Italy. Vinitaly sarà protagonista nella realizzazione dell’area dedicata al Vino all’interno del Padiglione Italia, secondo le modalità che a breve saranno definite insieme al ministero dell’Agricoltura e ad Expo. Con quest’ultimo abbiamo già siglato un accordo durante Vinitaly 2013 per realizzare una serie di iniziative sotto il marchio OperaWine&FoodExpo che riguarderanno Verona, il Veneto e le altre regioni vinicole d’Italia e il museo dell’Ermitage di San Pietroburgo che esporrà nel palazzo della Gran Guardia di Verona numerosi suoi capolavori nella mostra “Arte e Vino”. Vinitaly come ProWein o come Bordeaux… Oppure cambia veste per adattarsi alle esigenze dell’Esposizione del 2015? Se mi è permesso ribalterei i termini del paragone, se non altro per questioni di primogenitura: Vinitaly nasce nel 1967, VinExpo nel 1981, mentre ProWein ha appena compiuto vent’anni. Vinitaly, alla sua 48ª edizione, rappresenta il salone internazionale di riferimento per vini e distillati, espressione dell’eccellenza vitivinicola italiana ed estera e piattaforma di promozione per il business del comparto in tutto il mondo, grazie al network di Vinitaly International. Partiamo da questo dato di fatto, pur nella consapevolezza di doverci misurare con i nostri diretti competitor. Ogni manifestazione ha le sue specificità. La nostra è senza dubbio l’unica fiera di settore dove gli operatori specializzati possono trovare l’intera produzione enologica italiana, regione per regione, e questo non è poco se si considera che il Paese possiede il 30% dei vitigni mondiali e nel 2013 è stato il primo esportatore mondiale in volume. Vinitaly, quindi, è prima di tutto espressione diretta di una eccellenza italiana e difficilmente delocalizzabile. Per quanto riguarda Vinitaly 2015, invece, avremo una doppia sfida legata ad Expo. Dovremo infatti collaborare alla realizzazione dell’area dedicata al vino nel padiglione Italia e alle iniziative sul territorio per un evento della durata di ben sei mesi. Inoltre avremo l’opportunità di intercettare parte del flusso dei 20 milioni di visitatori stranieri in arrivo a Milano. Il prossimo Vinitaly non cambierà pelle, ma di sicuro proporrà una serie di iniziative alle quali stiamo già lavorando e che avranno l’Expo come catalizzatore e filo rosso.
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Cosa è cambiato rispetto a 20/30 anni fa nel modo di fare vino e nelle abitudini dei Paesi esteri che da sempre amano la produzione italiana? Il mondo del vino è legato indissolubilmente a quel rapporto unico e profondo che unisce la passione del produttore, le vigne e il territorio con la sua storia. Da questo punto di vista, poco o nulla è cambiato rispetto a 20, 30 o 50 anni fa. Un discorso diverso riguarda l’innovazione tecnologica applicata alla viticoltura. Qui indubbiamente passi avanti se ne sono fatti, anche per merito di un ricambio generazionale dei nuovi imprenditori, con gli under 40 che ormai rappresentano il 40% del totale. Come è possibile verificare a Enolitech, il salone che si svolge ogni anno insieme a Vinitaly, oggi si utilizzano macchine di precisione con gps tra i filari, software per la gestione delle cantine e sensori in grado di analizzare la maturazione delle uve, o lo stato di salute delle piante, permettendo interventi mirati con il dosaggio minimo di agrofarmaci. Le stesse aziende sono sempre più eco sostenibili, autosufficienti dal punto di vista della produzione energetica, grazie a fonti rinnovabili. La sfida del futuro sarà coniugare appunto le antiche tradizioni con queste innovazioni. Negli ultimi 20 anni anche i consumatori stranieri di vini made in Italy sono cambiati, potremmo dire “maturati” in quanto ad abitudini di acquisto. I wine lover esteri sono sempre più informati grazie ai new media e il loro è ormai un “bere” consapevole, attento non solo all’etichetta, ma al rapporto qualità/prezzo, ai territori di origine, alle tecniche di produzione o a particolari certificazioni, come quella biologica. Come vede da Presidente il vino italiano nel mondo? Con una crescita record del 7%, l’export di vino italiano nel 2013 ha superato per la prima volta i 5 miliardi di euro, confermando l’Italia primo esportatore mondiale. All’estero si sta creando sempre più uno zoccolo duro di consumatori che dimostrano di apprezzare le 330 denominazioni doc e le 73 docg italiane e sono disponibili a spendere per una produzione di qualità con etichetta tricolore, come dimostra l’aumento medio del valore per litro del nostro esportato. Oltreconfine, i principali estimatori sono i mercati consolidati di Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Svizzera, Canada, Giappone, Svezia, Francia, Danimarca e Olanda, mentre Russia e Cina sono gli emergenti, dall’immenso potenziale. L’obiettivo per il nostro sistema vitivinicolo è aumentare le proprie quote in queste aree, ma per farlo serve prima di tutto lo sviluppo della cultura del vino, specialmente dove manca o è meno forte. Ed è proprio questa la mission di Vinitaly: essere una piattaforma internazionale per la promozione delle aziende vinicole e della produzione made in Italy. Lo stiamo già facendo da oltre 10 anni, grazie alle attività di Vinitaly International negli Stati Uniti, in Russia, Cina e Hong Kong, e alle iniziative di OperaWine, Vinitaly International Accademy, Vinitaly Wine Club e Wine2Wine, focalizzate su formazione, commercializzazione e creazione di contatti efficaci in chiave business.
by Maria Maddalena Baldini Laurenti
Close Encounters
From 48 years fulcrum of the wine in the world and still in great shape!
VINITALY: THE WORLD OF ETTORE RIELLO PRESIDENT OF VERONAFIERE
Arriving at the 48th edition of Vinitaly. Common goal? To shape a historical event following global developments and innovations that come not only from Italy but from the world market ways ready to watch with careful eye the specific proposals of the ‘wine industry’. A challenge active, in anticipation of Expo 2015 and the constant requests that come from the markets, increasingly diverse and varied. A prediction of challenges by the President Ettore Riello. What is the theme of Vinitaly 2014? Internationalization has always been one of the bases of Vinitaly. In 2013 we recorded almost 53 thousand foreign operators from 120 countries. In this direction should be the biggest news of the 48th edition, with an increasing focus on producers and foreign buyers and the world of organic wines, increasingly popular in Northern Europe, the USA and the Far East. Regarding the first point, we have brought together nearly 80 foreign exhibitors in one pavilion that we called Vininternational. In this way we aim to give organic presences from the main producing countries. We have also invested more than a million euros in activities to encourage the incoming buyers from across the borders. It is this insight that inspired VinitalyBio this year, the show made in collaboration with FederBio and reserved for certified organic wines, with the aim of enhancing the following wine productions. Each year, Vinitaly is ‘love and hate’, criticisms and compliments. What has been done for producers who have once again decided to bet on Verona? It is natural that an event of world industry leaders such as Vinitaly, is always in the spotlight and the expectations on it, of all are maximum. The criticism, as long as constructive, is always welcome and helps us as organizers to offer a better service every time. The confirmations that we are working in the right direction, fortunately, are not lacking. For the first time we have passed the bar of 100 thousand square meters of net exhibition, sold out already from several months. A survey by an independent company also showed a degree of satisfaction with the edition of Vinitaly 2013 of 82,2% of Italian respondents, rising to over 90% relative to the quality of the exhibitors. As for foreigners, 80,1 % said they were satisfied, 73% participate from multiple editions and nearly 7 out of 10 found in Vinitaly a launch platform for the development of new contacts. This is evidence that provide a detailed reading of how Vinitaly is a key event for the wine industry internationally. And for this year’s edition, we decided to implement the services for businesses and visitors. From an interactive online catalog that exhibitors can customize by adding content in order to exploit fully its presence at the show. The world is watching the Italian Food & Beverage sector with great curiosity. What are the developments of the commitments Veronafiere and Vinitaly took with the Universal Exposition following the line declared a few months ago by Maurizio Martina? Expo 2015 is a game in which we have the opportunity and duty to play in first line, as reiterated by the Minister for Agriculture, Maurizio Martina, on the occasion of the presentation of Vinitaly 2014 in Rome. Given the theme of Expo 2015 ‘Feeding the Planet,’ I am convinced that the experience and our contribution will be an
added value to promote the excellence of the wine & food made in Italy. Vinitaly will star in the production area dedicated to wine in the Italian Pavilion in the manner that soon will be defined together with the Ministry of Agriculture and Expo. With Expo we have already signed an agreement during Vinitaly 2013 to carry out a series of initiatives under the brand OperaWine & FoodExpo that concern Verona, Veneto and the other wine regions of Italy and the Hermitage Museum in St.Petersburg that will display in the palace of Gran Guardia in Verona many of his masterpieces in the exhibition ‘Art and Wine’. Vinitaly as ProWein or Bordeaux. Or will you change clothes to suit the needs of the Expo of 2015? I may switch the terms of comparison, only for reasons of age: Vinitaly was founded in 1967, VinExpo in 1981, while ProWein has just turned twenty. Vinitaly, in its 48th edition, is the international fair of reference for wines and spirits, symbol of excellence Italian and foreign wine and promotion platform for the business sector in the world, thanks to the network of Vinitaly International. While being aware of having to measure with our direct competitors. Each event has its own specificity. Ours is undoubtedly the only trade show where skilled operators can find the entire Italian wine production by regions, and this is no small feat when you consider that the country possesses 30% of the vines in the world. Vinitaly, therefore, is first of all a direct expression of Italian excellence and unlikely to be relocated . As for Vinitaly 2015, we will have to collaborate to the realization of the area dedicated to wine in the Italian pavilion and initiatives in the area for an event lasting less than six months. We will also have the opportunity to intercept the flow of the 20 million visitors arriving in Milan. The next Vinitaly will not change skin, but it sure will propose a series of initiatives to which we are already working and who will have the Expo as a catalyst. What has changed compared to 20/30 years ago in the way of making wine and customs of foreign countries who have always loved the Italian production? The world of wine is inextricably linked to that unique relationship that combines the passion of the producer, the vineyards and the region with its history. From this point of view, little or nothing has changed compared to 20, 30 or 50 years ago. Differences, concern technological innovation applied to viticulture. Here undoubtedly steps forward have been made. Also, companies are becoming more environmentally sustainable, self-sufficient in energy demand, triggered by renewable energy sources. The challenge of the future is to combine the ancient traditions precisely with these innovations. Over the past 20 years, also foreign consumers of wines made in Italy have changed; we could say ‘matured’.
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Dal nostro inviato speciale
di Gelasio Caetani Lovatelli d’Aragona
Il vino italiano nel mondo
AMERICA MON AMOUR Gli States sono da tempo la terra dei grandi vini italiani. I marchi più famosi oggi sono tutti sui retail shelves, nei ristoranti e nei grandi alberghi Accingendomi a scrivere una riflessione sull’America e il vino italiano sarei tentato di intitolarla “America Mon Amour”. Parto da quando approdai per la prima volta a New York nel 1980 per ritornarvi ancor e soggiornarvi a lungo come faccio tuttora sebbene a intermittenze. Io chiamo l’America la “Terra dei Grandi Italiani”.
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Per ciò che riguarda il vino i nostri marchi più famosi, quelli che il mondo intero riconosce, oggi sono tutti (nessuno escluso) sui retail shelves nei ristoranti e nei grandi alberghi, insieme agli altri vini prodotti nel resto del globo. Ho appena letto il libro di Oscar Farinetti, “Vino ti amo“, dove ha racchiuso in una serie di interviste dodici storie di coraggio. Quelle degli Italiani che simbolicamente rappresentano i Grandi Marchi che conquistarono il mercato americano nel periodo fra gli ultimi anni ‘70 e durante gli anni ‘80. Sono stati gli anni più entusiasmanti per il loro successo che continuarono a consolidare negli anni ‘90 fino al 2000, affermando le loro posizioni. Sono gli anni dei viaggi di Civiltà del Bere, di Lucio Caputo, dell’ICE (mi ricordo il portiere della sede dell’istituto al Seagram Building, era indiano, ma così incredibilmente elegante con la barba dei Sikk che mi inchinavo davanti a lui). Il primo caso eclatante di affermazione del vino Italiano negli States (sebbene ce ne siano stati alcuni già negli anni ‘60) è sicuramente il fenomeno Lambrusco delle cantine Riunite di ReggioEmilia, importato dalla società Villa Banfi appartenente alla famiglia Mariani di origine italiana. Il secondo caso è stato quello del Pinot Grigio Santa Margherita venduto ancora oggi in milioni di bottiglie. Poi piano piano sono arrivati tutti gli altri, ognuno con la sua storia. A quei tempi ero molto giovane e mi cimentavo come venditore di vino italiano per un società di importazione americana. I primi che ricordo furono i vini di Antinori che, grazie alle mostruose intuizioni di Piero Antinori, determinarono quella svolta produttiva in Italia e “comunicativa” negli USA che riconobbe alla Toscana il ruolo di artefice di un periodo che venne chiamato “Rinascimento del vino italiano”.
Questo segnò una svolta strategica nel passaggio dalla produzione alla comunicazione e alla commercializzazione, sancita da un tacito accordo con gli allora nascenti californiani, anch’essi come gli italiani bisognosi di sentirsi depositari di dignità, di identità e di storia. Mi riferisco ad un fenomeno quasi antropologico di successo identificato dagli americani nei vini coniati con il nome di “Super Tuscans”. Il fenomeno si sviluppò in seguito alla rottura del rapporto con il vecchio disciplinare del Chianti Classico ad opera di alcuni coraggiosi esportatori del vino negli USA, Piero Antinori per primo. Il resto è storia conosciuta e documentata. L’America in quel momento dimostrò il suo amore verso ogni pioniere del vino italiano, in particolare i Mastroberadino, i Cinzano, i Tasca, i grandi Barolo i grandi Friulani, i veneti e tanti altri. Ricordo che a un convegno nazionale di Wine wholesalers (Distributori di vino) a New Orleans nel 1984 apparve una donna di staordinaria bellezza. Si chiamava Gabriella Rallo e non potevo credere che fosse da sola nella fossa dei leoni (i wholesalers sono la lobby più potente e corporativa all’interno della filiera distributiva in America, conosciuta fin dal post proibizionismo, nel 1933, con il nome di “The Three-Tier System”). Gabriella non era solo bella era fiera come una leonessa e portava con sé ben strette le bottiglie di vino siciliano Donnafugata (apprendo ora, dopo avere letto la conversazione della figlia Josè con Oscar Farinetti, che la cantina di Donnafugata era nata un anno prima). E i ristoranti? C’era un italiano, Sirio Maccione, che era superiore ai Francesi, una leggenda. Invece gli altri italiani in quell’epoca erano ancora “etnici” (come gli spagnoli, i libanesi o i messicani) e folcloristici e ce n’erano tantissimi. C’era anche una meravigliosa little Italy che oggi come in tutte le città d’America è stata rimpiazzata e mangiata dai cinesi. Ed ora voglio raccontare un episodio buffo. Un giorno nel ristorante Sparks dove si bevono anche oggi i migliori vini d’America, mangiavo con la mia ex moglie Noemi Cinzano, cui tutt’ora sono legato da una grandissima amicizia. Mentre gustavamo il dessert (fortunatamente) uccisero davanti a noi a colpi di pistola e mitragliette John Gotti che usciva dal ristorante. Ma torniamo a cose più allegre. A New York c’era Lidia Bastianich, giovane e bella sempre in cucina, c’era Pino Luongo, arrivato da Grosseto che apriva Il Cantinori, c’era Silvano giovanissimo e altri nel Village. Molti oggi non ci sono più. Adesso i ristoranti italiani, ma non solo, sono al culmine della popolarità e gli chef sono delle star come gli stilisti e gli attori. Eataly con Farinetti è il passaggio obbligato di un nuovo corso italiano all’interno del The Three Tier-System ovvero la grande distribuzione dell’eccellenza Italiana e dunque il controllo del Retais side, ossia l’ultimo anello. Tuttavia la situazione presenta punti di criticità per piccoli produttori di oggi. Le tante aziende nate in Italia negli anni ‘90 hanno nuovamente bisogno di aiuto. Il mercato Usa è cambiato molto ma tuttora è il più importante per la vendita del vino italiano. Infatti l’import ha subito un incremento annuo del 3-4% con un totale di 333 milioni di casse (9 litri di vino l’una) consumate nel 2102 e con la previsione di incremento in volume e in valore del 12% per il 2016. Ci sono tantissimi importatori in ogni stato ma il mercato è dominato da cinque grandi compagnie che si occupano allo stesso tempo della produzione, dell’importazione e della distribuzione, più precisamente: E & J Gallo, Constellation Brands, The Wine Group, Treasury Wine Estate, Tronchero Family Estates.
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Dal nostro inviato speciale
di Gelasio Caetani Lovatelli d’Aragona
Questi gruppi sono molto potenti nella distribuzione e difficilmente oggi hanno la necessità di importare i vini di nuove aziende italiane ancora sconosciute e per di più sono proprietarie di alcune fra le le piu grandi cantine d’America se non del mondo. Nonostante l’import esplosivo il vino viene prodotto in quasi tutti gli Stati Uniti circa metà delle cantine (il 47%) sono localizzate in California principalmente a Sonoma e a Monterey. Le varietà principali sono lo Chardonnay (95.074 ettari) e il Cabernet Sauvignon (80.630 ettari). Seguono il Pinot Noir Merlot, Zinfandel, Syrah, Sauvignon Blanc . Il consumatore medio americano beve principalmente vini prodotti negli Stai Uniti e i grandi gruppi che controllano la distribuzione vogliono aumentare le vendite e il consumo. Se non fosse grazie ad una nuova generazione di entusiasti imprenditori vinicoli la quota di vini importati registrerebbe forse un leggero rallentamento. Invece aumenterà fino a quando questa nuova generazione di americani diventerà più matura e consapevole, fra i 45 e il 65 anni, la fascia di età dove il consumo pro capite di vino raggiunge le punte massime. Senza dimenticare che le generazioni come le stagioni si succedono con rapidità vertiginosa (4-5 ogni cento anni). Questa consapevolezza passerà necessariamente attraverso il vino italiano. Purtroppo oggi che l’Italia è tristemente in svendita sarebbe il momento di comprare terra da vino autoctono nelle nostre belle regioni legate al culto di Bacco. Invece è dura a sparire l’Italia abbandonata ai razziatori della burocrazia e dei partiti dove per sembrare i salvatori della patria bisogna ancora appartenere almeno nello spirito a qualche forza politica che conta. Qualche altra riflessione ispirata dal libro di Farinetti. Tre interviste in particolare evidenziano l’amore fra l’Italia e l’America. La prima è con Marilisa Allegrini, le altre con Piero Antinori e con Angelo Gaja. Quest’ultimo ha ricordato il tacito obiettivo comune fra taluni produttori e importatori statunitensi di infrangere la supremazia dei francesi e divenire competitors di uguale dignità. Michael Aron di Sherry Lehmann, Peter Morrell di Morrell’s Wines e la famiglia Bronffmann erano i grandi francofili contro i grandi Retail stores italianofili: Lou Iaccucci, Darrel Corti Garnett Wine e Spits, sulla 68/a strada a N.Y., Lexington, italianofili e contro i leg-
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gendari venditori italiani: il Marchese di Vito Franco Luisi, Ferdy Falk Corny Marks, Philpp di Belardino e la Storica Vias Import di Pedrolli. La stessa industria vinicola californiana, nata per competere con i francesi, e i distributori americani trovarono nei produttori italiani il miglior alleato. E poi si affacciò all’orizzonte in Italia Lodovico Antinori con la sua Ornellaia, un esempio eclatante di una azienda californiana trapiantata a Bolgheri con la consulenza del mitico Andrè Tchelistcheff, padre dei più grandi vini della California. La storia di Piero Antinori e il suo amore per l’America continuò prima con la creazione di Atlas Peack e poi con l’acquisizione di Stags Leap (il Sassicaia americano): un altro esempio di una vicenda d’amore che non è mai finita e cui si è aggiunto più tardi il matimonio Frescobaldi Mondavi, di cui lo stesso Angelo Gaia ci ha rivelato i passaggi stretti che lo precedettero. Negli ultimi due anni sono stato spesso in Oriente e confesso che se questi mercati saranno la grande opportunità e il grande sbocco dei prossimi venti anni, l’esperienza dei produttori italiani sarà ben diversa. Non è iniziata come una storia d’amore che per il vino italiano io ancora non vedo. I paesi lontani consumano etichette famose e soprattutto i grandi vini francesi (poco meno di dieci marche) mentre il restante è ancora una non storia. È difficile oggi per molti piccoli produttori, nati negli anni ’80-’90, entrare in questi mercati orientali in modo tradizionale e sulle cui strategie di penetrazione mi soffermerò in un prossimo articolo. L’amore degli americani per l’Italia rimane ancora un grande supporto oggi che la Cina è vicina. Lo stesso progetto imprenditoriale Eataly che mira a dare maggiore dignità alla miriade di piccoli eccellenze del Bel Paese non a caso si sviluppa proprio a New York L’America ci ha aiutato a diventare famosi e fieri della nostra storia vinicole e della maniera di essere viticultori. I mercati che affronteremo nel futuro saranno lontani e diversi. E per conquistarli dovremo lottare da soli, perché nessuno ci ama. Avremo bisogno di realtà distributive come Eataly in grado di permettere alle piccole cantine di essere coese e forti. I francesi ne hanno più d’una e anche noi ne dovremo creare diverse.
by Gelasio Caetani Lovatelli d’Aragona
From our special correspondent
The Italian Wine in the world
AMERICA MON AMOUR
The United States is the “Land of the Great Italians”. Our most popular brands are all on retail shelves in restaurants and large hotels
As I prepare to write a reflection on America and Italian wine I would be tempted to entitle it ‘America Mon Amour’. My story starts when I first landed in New York in 1980. I call America the ‘Land of the Great Italians’. As for wine, our most popular brands, the ones that the whole world recognizes today are all on retail shelves in restaurants and large hotels, along with the other wines produced in the rest of the globe. Those of the Italians that symbolically represent the ‘Grandi Marchi’, who conquered the U.S. market in the period between the late ‘70s and 80’s, after they continued to consolidate in the 90s until 2000, stating their positions. These were the years of the voyages of the Civilization of Drinking. Striking example of the first assertion of Italian wine in the United States is certainly the phenomenon of Lambrusco wine cellars in Reggio Emilia, imported by the company Villa Banfi belonging to the Mariani family of Italian origin. The second case was that of Santa Margherita Pinot Grigio which is still sold in millions of bottles. Then slowly I got all the others, each with its own history. At that time I was very young and I competed as a seller of Italian wine for a company of American import. The first that I remember were the wines of Antinori, thanks to the monstrous intuitions of Piero Antinori, who determined the change in production in Italy and ‘communicative’ in the U.S. who recognized the role of the Tuscan architect for the so called ‘Renaissance of Italian wine. This was a turning point in the strategic shift from production to communication and marketing, also attested by a tacit agreement with the then nascent Californians, they as the Italians need to feel custodians of dignity, identity and history. I mean an almost anthropological phenomenon of success identified by the Americans in wines, this phenomenon developed after the rupture with the old regulations of the Chianti Classico by some brave exporters of wine in the U.S, Piero Antinori first. The rest is history known and documented. America at that time demonstrated its love towards each pioneer of Italian wine, in particular the Mastroberadino, the Cinzano, the ‘Tasca’ , the great Barolo, and many remember that in a national conference of Wine wholesalers (distributors wine) in New Orleans in 1984 (the wholesalers are the most powerful lobby and corporate within the distribution chain in America, known since the postProhibition, in 1933 ,under the name of ‘The Three-Tier System’). There was also a wonderful little Italy that today, as in every town in America has been replaced by the Chinese. In New York there was Lidia Bastianich, young and beautiful, always in the kitchen, there was Pino Luongo, who arrived from Grosseto and opened the Cantinori. Today there are many more, now the Italian restaurants, but not limited to, are at the peak of popularity and celebrity chefs are as
designers and actors. Eataly with Farinetti is the necessary step of a new course in the Italian ‘Three Tier System’ or the mass distribution of Italian excellence and therefore control of the Retails. However, the situation is at a critical point for small manufacturers today. The many companies born in Italy in the 90s once again need help. The U.S. market has changed a lot but still is the most important for the sale of Italian wine. In fact, the import has been an annual increase of 3-4 % with a total of 333 million cases (9 liters of wine each) consumed in 2012 and the forecast of an increase in volume and in value of 12% for the, 2016. There are many importers in every state, but the market is dominated by five major companies that deal at the same time the production, importation and distribution, namely: E & J Gallo, Constellation Brands, The Wine Group, and Treasury Wine Estate. Despite the explosive import the wine is produced in almost all Member States about half of the wineries (47%) are located in California primarily in Sonoma and Monterey. The main varieties are Chardonnay and Cabernet Sauvignon. If it was not thanks to a new generation of enthusiastic wine entrepreneurs that desire to share, imported wines would show perhaps a slight slowdown. Instead increase until this new generation of Americans will become more mature and conscious. Unfortunately today in Italy almost everything is sadly on sale, and it would be the time to buy land from native wine in our beautiful regions linked to the cult of Bacchus. Some other reflection inspired by the book of Farinetti. Three interviews in particular highlight the love between Italy and America. The first is with Marilisa Allegrini, the other with Piero Antinori and Angelo Gaja. And then appeared on the horizon Ludovico Antinori in Italy with his Ornellaia, a striking example of a transplanted Californian company in Bolgheri with the advice of the legendary Andre Tchelistcheff, father of the greatest wines of the history of Piero Antinori and his love for America went first with the creation of Atlas Peack and then with the acquisition of Stags Leap (American Sassicaia). During these last two years I have often traveled to East, and I confess that these markets will be a great opportunity and a great outlet for the next twenty years, the experience of Italian producers will be quite different. These distant countries consume famous labels and especially the great French wines (less than ten brands) while the remaining is still a non story. America has helped us to become famous and are proud of our history of wine and winemakers way of being. The markets that we will face in the future will be different and distant. And we will fight to conquer yourself, because no one loves us. We will need to distribution companies as Eataly able to allow small wineries to be cohesive and strong. The French have more than one and we too will have to create different.
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Dal nostro corrispondente in Gran Bretagna
di Margreta Moss
Un moderno tempio dionisiaco
VINOPOLIS, “EXPLORE, TASTE, ENJOY” A Londra, lungo il Tamigi, la quintessenza delle enoteche mondiali meta degli appassionati del nettare di Bacco provenienti da tutti i Paesi
Un’idea regalo per compleanni e ricorrenze? Un tuffo nel vino. Storia, tecnologia, degustazione, corsi, seminari, pellegrinaggi: ci pensa Vinopolis, la città del vino aperta 15 anni fa a Londra, che continua con successo la sua missione culturale, divulgativa e commerciale della bevanda di Bacco, il quale forse sarebbe sorpreso di avere il suo tempio in Britannia. Perché del tempio ha le dimensioni, l’atmosfera, la sacralità, questa “succosa” attrazione londinese che si pregia di offrire tutti i piaceri del vino sotto un unico tetto, opportunamente “a botte”. Nella pittoresca Southbank del Borough Market, già nobilitata dalle Muse per la presenza del rinato Globe Theatre e della ristrutturata Tate Modern, Vinopolis invita ad acculturate libagioni dopo un dettagliato viaggio nella storia del vino, dalle radici del primo viticcio piantato da Noè alle ultime tecnologie enologiche. Visto poi che furono i Romani a diffondere la vite in Europa, niente di più azzeccato che il luogo prescelto abbia riportato alla luce resti di una taverna romana nel corso di scavi limitrofi.
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E infatti sono anfore romane quelle che salutano i visitatori all’ingresso, sotto una lastra di vetro, prima di essere presi in carica dalla sorridente accoglienza di sommeliers specializzati. “Explore, taste, enjoy” continua ad essere la filosofia di Vinopolis, che non vuole essere un’enciclopedia del vino ma una “spumeggiante” esperienza educativa e divertente per soddisfare le esigenze dei suoi consumatori, che in Inghilterra sono così aumentati da superare i bevitori di birra. “Il vino non è una mera bevanda” dice Chris Penwarden, il gioviale manager che mi ha accompagnato in questa esperienza “è creatività, comunicazione, cultura e Vinopolis, unendo l’utile al dilettevole, rende un servizio alla civiltà del bere.Fra l’altro, per quanto possa sembrare strano, Londra è il più sofisticato mercato vinicolo del mondo” Alla sua apertura, Vinopolis era un’ “Odissea del vino” itinerante lungo 10.000 metri quadri di suggestive arcate vittoriane in solidi mattoni, un tempo magazzini della British Railway: maestose volte
architettoniche trasformate in capolavoro di interior design per ricreare la storia del vino lungo un percorso geografico dagli albori mesopotamici ai nostri giorni. Adesso assomiglia più a una “Università del vino”: non più sale a tema in una vigna globale e virtuale, ma “a self guided experience” introdotta da 15minuti di lezione su come guardare, odorare, assaporare, distinguere vini. Dotato di un bicchiere e di un assaggio dimostrativo, il visitatore ha anche una scheda con 7 crediti ricaricabili per altri assaggi, a scelta fra almeno un centinaio di vini, che vengono mensilmente cambiati. Può quindi vagare a suo piacimento nelle vaste sale con comode poltrone e grandi tavoli interattivi dove ci si diverte a scoprire i propri gusti, le tendenze, le conoscenze, le potenzialità di diventare un produttore
o un intenditore di vini. Staff esperto e affabile è sempre a disposizione per spiegazioni, illustrazioni e indicazioni sui vini disponibili alla degustazione, i quali stanno in bella mostra nei contenitori ideati e costruiti in Italia, in cui si inserisce la tessera per riempire il bicchiere . Sono gli “Enomatic dispensers”, altamente sofisticati come le etichette esposte, attorno alle quali capannelli di degustatori fanno sfoggio della propria cultura enologica o semplicemente restano meravigliati di scoprire vini che arrivano dalla Georgia, Thailandia, India, Israele, Libano etc. Un enorme globo pende appunto su un tavolo-schermo dove si possono richiedere tutte le informazioni sui vitigni al mondo, mentre si sorseggia una insolita varietà di Dornfelder o Pinotage o Müller-Thurgau.
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Dal nostro corrispondente in Gran Bretagna
Naturalmente, per sopravvivere alle otto sale-enoteche sarebbe bene non entrare a stomaco vuoto, comunque Vinopolis è dotata anche di 5 ristoranti e vari bar interni alle Vaults, per esempio il Tapa bar alla spagnola o il Mercato all’italiana, per arrivare allo spazio-elite dello champagne, il cui esemplare più economico costa 50 sterline a bottiglia. “Desideriamo che i nostri visitatori diventino clienti” informa Chris “che raffinino il palato e imparino divertendosi, che capiscano la differenza fra una bottiglia a 5 sterline e una a 25, che sperimentino la gioia di vivere che può dare un buon bicchiere di vino”. Magari in buona compagnia. Infatti Vinopolis è molto frequentato da coppie o gruppi di gaudenti, con un’età media di 40 anni e parecchi si iscrivono ai corsi offerti, fra cui spiccano quelli per fare cocktails, quelli per abbinare vino e formaggi in modo appropriato, quelli per farsi una cultura sul whisky. Questo infatti gode di un ampio spazio personale con centinaia di etichette, che hanno per esempio un grande successo per l’annuale St. Patrick’s Day, ricorrenza irlandese con danze celtiche e tradizionali sbornie inglesi, uno dei vari eventi tenuti a Vinopolis che è molto popolare anche per matrimoni e congressi. E visto che Vinopolis è anche un’impresa commerciale, Il “journey of discovery” culmina nella Majestic Hall, un’apoteosi di bottiglie in vendita per quanti vogliano portare a casa un tangibile memento dell’escursione vinicola propedeutica e terapeutica. In un tripudio di etichette internazionali, l’occhio si perde fra centinaia di prodotti di alta qualità illustrati da uno staff competente a disposizione della curiosità del pubblico come dei palati più esigenti. A coronamento, un vastissimo assortimento di accessori connessi al vino: dai termometri per la temperatura, al cavatappi firmato, tale vetrina ricca anche di pregiate cristallerie si apre sullo stuzzicante regno della gastronomia dove formaggi, caviale e altri golosi esempi di “gourmet food” ispirano l’appropriato abbinamento con i vini precedentemente degustati. Una lezione enogastronomica che viene messa in pratica nell’elegante ristorante Cantina Vinopolis con piatti mediterranei accompagnati da una scelta di 200 vini suggeriti da esperti sommeliers, tanto per ribadire l’aspetto erudito d’insieme oltre a quello godereccio delle numerose libagioni di percorso.
Vinopolis si trova al No 1 Bank End, London SE1, fra lo Shakespeare Globe e la Southwark Cathedral, comodamente raggiungibile con 5 minuti a piedi dalla stazione metropolitana di London Bridge, sulla Jubilee o Northern Line, a 10 minuti dal centro di Londra. Il biglietto di ingresso costa £ 27 e include almeno 7 degustazioni di vini. Non sono previsti visitatori sotto i 18 anni. Per cenare al ristorante, dove il menu tipo costa £50, vino escluso, è consigliabile prenotare con un certo anticipo, come pure per affittare spazi per eventi serali corporativi, di cui si registra un enorme successo, data la suggestione dell’ambiente e la dovizia di bevande a portata di mano.
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by Margreta Moss
From our correspondent in Great Britain
A modern temple of Dionysus
VINOPOLIS, “EXPLORE, TASTE, ENJOY”
In London, along the Thames, the quintessence of the world winehouses, destination for lovers of the nectar of Bacchus from all over the world
Vinopolis is the city dedicated to the nectar of Bacchus opened 15 years ago in London. The Roman god might be surprised to have his temple in Britain. But it has the size, the atmosphere, the sacredness of a temple, this ‘juicy’ attraction that is proud to offer all the pleasures of wine properly stored under one ‘barrel’ roof. At the picturesque Borough Market on the Southbank, already ennobled by the Muses for the presence of the restored Globe Theatre and the renovated Tate Modern, Vinopolis invites you to cultivated libations after a detailed journey through the history of wine, from the first vineyard planted by Noah to the latest winemaking technology. Moreover, given that the Romans were the ones who spread the vine in Europe, nothing is more appropriate than the fact that the jars of a tavern were discovered in the chosen site during adjacent excavations that you can admire at the entrance. ‘Explore, taste, enjoy’ continues to be the philosophy of Vinopolis, in order to meet the needs of its costumers, who in England have increased so much to exceed beer drinkers. ‘Wine is not a mere drink,’ says Chris Penwarden, the cheerful manager who accompanied me in this experience ‘it is creativity, communication, culture and Vinopolis, combining business with pleasure, offers a service to the culture of drinking. Among other things, strange as it may seem, London represents the most sophisticated wine market in the world.’ At its opening, Vinopolis was a ‘Wine Odyssey’ travelling along 10,000 square meters of impressive Victorian brick arches, once warehouses of the British Railway: majestic architectural vaults transformed into a masterpiece of interior design. Today it looks more like a ‘University of wine’: ‘a self guided experience’ introduced by a 15 minute lesson to learn how to look, sniff, taste and distinguish wines. All visitors are given a glass and a tasting demonstration. They also have a personal card with 7 rechargeable tokens for other tastings, choosing from at least a hundred wines, which are changed monthly. They can then wander as they prefer in the vast halls with comfortable seating and large interactive tables where they can enjoy discovering their own tastes, trends, their potential of becoming a writer or a connoisseur. Expert and friendly staff is always available to explain the wines they can taste, which are on display in containers designed and manufactured in Italy, in which they insert their card and fill their glass. These are the ‘Enomatic dispensers’ with wines that come from Georgia, Thailand, India, Israel, Lebanon etc. A huge globe hangs on a screen-table, where you can ask for all the information about vine varieties in the world, while enjoying an unusual variety of Dornfelder or Pinotage or Müller-Thurgau. Of course, if you want to survive the eight wine bars it would be a good idea not to drink on an empty stomach, however at Vinopolis you can also find 5 restaurants and several bars inside the Vaults, for example, the Spanish Tapa Bar or the Italian market, to get to the champagne elite-space, in which, the cheapest wine costs £ 50 a bottle.
‘We want our visitors to refine their palate and learn while having fun’, says Chris. Better if in good company. In fact, Vinopolis is very popular among couples and groups of pleasure-seekers, with an average age of 40 years, most of them attending available courses, including those to learn how to make cocktails, to match wine and cheese, to learn all about whiskey. This in fact has a wide personal space with hundreds of labels, which have such a great success for the annual St. Patrick’s Day, the Irish celebration with traditional Celtic dances and British binges, one of the several events held at Vinopolis which is very popular also for weddings and conferences. The ‘journey of discovery’ culminates in the Majestic Hall, an apotheosis of bottles for sale for those who want to take away a tangible reminder of the winery tour.
Vinopolis is located at No. 1 Bank End, London SE1, between the Shakespeare Globe and the Southwark Cathedral, easily accessible by a 5-minute walk from London Bridge tube station, on the Jubilee and Northern Line, 10 minutes from central London. The entrance ticket costs £ 27 and includes at least 7 wine tastings. No visitors under 18 are permitted. If you want to dine at the restaurant, where the menu costs £ 50, excluding wine, it is advisable to book in advance, as well as if you need to rent the location for evening events (there are many of them) thanks to the fascination of the location and the high number of drinks at your fingertips.
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Filo diretto con le “Città del vino”
di Paolo Benvenuti
Le dimore di Dioniso
UN INESTIMABILE GIACIMENTO DI CULTURA E CULTURE DEL BERE La contemplazione di un paesaggio vocato alla viticoltura con le vetuste case rurali sommerse fra i vigneti, crea intensi stati d’animo in grado di generare emozioni che si trasmettono fino alla qualità dei suoi nettari d’uva. Ecco un tesoro eccezionale degno di far parte del Patrimonio dell’Unesco.
Il paesaggio è elemento fondamentale delle terre del vino e richiama lo stretto legame tra l’uomo e il suo agire. Quando parliamo di paesaggio, non ci riferiamo solo ad ambienti particolarmente noti ma anche a quelle situazioni che racchiudono in sé un vivere fatto di storia e di tradizioni quotidiane. Il rapporto tra un luogo e l’uomo è l’elemento su cui riflettere, tra ciò che la natura crea e le manipolazioni prodotte nel tempo e che danno a quel luogo il suo valore; ecco perché il tema della tutela del paesaggio è molto caro all’Associazione Città del Vino. Il paesaggio è in grado di generare emozioni e portare con sé un messaggio che si trasmette fino alla qualità percepita del vino; alla
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bellezza di un luogo è spesso associata una maggiore qualità del prodotto. La contemplazione di un vigneto, dei manufatti rurali, di un borgo ben conservato, è in grado di creare intensi stati d’animo, di produrre nel consumatore una predisposizione più o meno consapevole a premiare quel vino rispetto a un prodotto del quale non si percepiscono punti di riferimento. La salvaguardia del paesaggio deve essere un’opera condivisa che coinvolge sia gli amministratori di un territorio sia i suoi abitanti, nessuno escluso, con l’intento comune di tutelare anche i più piccoli particolari, i segni apparentemente meno importanti, che contribuiscono ad accrescere il potere di attrazione dei luoghi.
Canelli (Asti)
In questo ambito si inseriscono le azioni portate avanti, ad esempio, dai territori di Langhe, Roero e Monferrato in Piemonte per il riconoscimento di questo insieme di tre identità quale patrimonio mondiale dell’umanità tutelato dall’Unesco. Tutto è partito dalla voglia di Canelli (Asti), di valorizzare le sue “cattedrali del vino”, le antiche cantine sotterranee che si sviluppano per lunghi tratti al di sotto delle storiche cantine produttrici di Moscato Spumante. Un’idea di tutela che riguardava un “altro” paesaggio, abitualmente non visibile ma altrettanto evocativo, intorno al quale è maturata la scelta di allargare l’obiettivo e di “risalire” in superficie per coinvolgere anche il paesaggio rurale. L’Italia ha molti siti tutelati dall’Unesco, ma nessuno di questi riguarda il paesaggio vitato, bene immateriale e materiale al tempo stesso, ed è un handicap che presto dovrà essere colmato a differenza di altri paesaggi del vino europei. Analoga considerazione la possiamo fare per la Toscana, anche se qui non è in ballo, per il momento, una simile richiesta di riconoscimento. La Regione ha approvato il nuovo Piano Paesaggistico dentro al quale trovano risalto, ad esempio, le “strade bianche” Gaiole in Chianti (Siena), nel cuore del Chianti Classico. Sono strade identitarie, bisognose di attenta manutenzione, divenute un “must” di richiamo turistico e sulle quali basa la sua fortuna un appuntamento molto originale quale “L’Eroica”, che si svolge ogni anno ad
ottobre (5 ottobre 2014). Si tratta di evento cicloturistico riservato a biciclette d’epoca che attira in ogni edizione sempre più partecipanti, siamo già ad oltre quattromila biciclette, provenienti da tutto il mondo. Il paesaggio è strumento indispensabile del successo dell’iniziativa, nata nel 1997, grazie proprio alle strade bianche circondate dai vigneti e all’idea che il loro mantenimento non è un costo per le pubbliche amministrazioni ma un investimento. Il paesaggio è anche al centro di un progetto che riguarda il territorio del Sannio, in provincia di Benevento, e che coinvolge una dozzina di Comuni. Tra questi Guardia Sanframondi, che racchiude la maggior parte di ettari vitati di una zona che da sola garantisce il 50% della produzione vitivinicola della Campania. In questa terra di Falanghina, vitigno antico ma dal futuro promettente, il Comune è capofila per un accordo che mette insieme tutti i Piani Urbanistici Comunali per uniformare gli strumenti di gestione del territorio in modo tale da avere un’unica regia sulla tutela dell’identità paesaggistica, secondo i dettami del Piano regolatore delle Città del Vino, un elaborato che invita le pubbliche amministrazioni a prestare maggiore attenzione sull’idea di futuro che si vogliono dare. Essere Città del Vino vuol dire anche questo: non accontentarsi di fare un vino eccellente, ma preoccuparsi di produrlo in un ambiente di altrettanta qualità.
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Your direct line to the “City of Wine”
by Paolo Benvenuti
The dwelling of DionYSUS
A PRICELESS PASSIONE MAREMMA MEADOW OF CULTURE AND CULTURE OF DRINKING The contemplation of a landscape suited to viticulture with old houses submerged in the vineyards, creates intense moods that generate emotions that are transmitted to the quality of its grape nectars. Here is an extraordinary treasure worthy of being part of Heritage by UNESCO. The landscape is a fundamental element of the wine lands and recalls the close relationship between man and his actions. When we speak about the landscape, we are not referring only to particularly well –known one but to those situations that encapsulate a live event in history and tradition, daily. The relationship between a place and the man is the element on which to reflect, between what nature creates and manipulations produced over time and that give the place its value, which is why the issue of the protection of the landscape is very expensive to the Association of Wine Cities . The landscape is able to generate emotions and to bring a message that is transmitted to the quality of the wine, the beauty of a place is often associated with a higher quality product. The contemplation of a vineyard, of rural buildings, a well preserved village, is able to create intense moods, to produce consumer in a more or less conscious tendency to reward the wine compared to a product which story is unknown to you. The preservation of the landscape should be a shared work that involves both the directors of territory nor any of its inhabitants, without exception, with the common goal of protecting even the smallest details, the signs seemingly less important, contributing to increasing the power to attract the places. In this ground you enter the actions carried out, for example, from the territories of the Langhe, Roero and Monferrato in Piedmont for the recognition of this set of three identities as world heritage protected by UNESCO. It all started with the desire of Canelli (Asti), to enhance its ‘cathedrals of wine’, the ancient underground cellars that are developed for long stretches below the historical wineries producing Moscato Spumante .An idea of protection involving an ‘other’ landscape, usually not visible but equally evocative, around which has matured the decision to widen the lens and ‘go back’ to the surface to involve the rural landscape. Italy has many heritage sites by UNESCO, but none of these covers the landscape planted with vines, intangible asset and material at the same time, and it is a handicap that should soon be filled. A similar consideration can be done about Tuscany, although it is not imminent, for the moment, such a request for recognition. The Region has approved the new landscape plan within which are emphasized, for example, the ‘white roads’ Gaiole in Chianti (Siena), in the heart of Chianti Classico. These, are roads of identity, in need of careful maintenance, that has become a “must” for tourist attraction and on which it bases its luck a very original appointment: ‘Eroica’, which takes place every year in October. It is a cycling event reserved for vintage bicycles which attracts more and more
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participants in each edition, in fact there are already more than four thousand bikes from all over the world. The landscape is indispensable for the success of the initiative, born in 1997, thanks to its roads surrounded by vineyards and the idea that their maintenance is not a cost to the public. The landscape is also in the middle of a project that concerns the territory of Sannio in Benevento province, and that involves a dozen municipalities. Among these Sanframondi Guardia, which encloses most of hectares of vines of a zone which alone guarantees the 50 % of the wine production of Campania. In this land of Falanghina, ancient vine with a promising future, the City has lead to an agreement that puts together all the City Urban Planning to standardize the management tools of the territory in order to have a single director on the protection of identity landscaping, according to the dictates of the Master Plan of the City of Wine, a paper that calls on the government to pay more attention to the idea of the future that want to give. To be the City of Wine also means this: do not settle for an excellent wine, but also to take care of its production in a high quality environment.
Colterenzio nuovo look, stesso charme new look, same charm
Per celebrare il risultato dell’ottima annata 2013 con una vendemmia superiore alla media e una qualità molto promettente, Colterenzio – nata nel 1960 dall’unione di 28 vignaioli, oggi arrivati a 300 – si presenta in un’altra “veste”: i vini dell’annata 2013 saranno infatti commercializzati con nuove raffinate etichette mentre il logo aziendale è stato modernizzato. La grafica vuole trasmettere la filosofia della Cantina Colterenzio, il forte legame con la tradizione, la propria storia e il territorio d’appartenenza. La costante ricerca dell’eccellenza è testimoniata dai prestigiosi riconoscimenti ottenuti negli anni tra cui i “Tre Bicchieri” del Gambero Rosso per il Cabernet Sauvignon Lafóa 2010, i “Due Bicchieri” per il Gewürztraminer Atisis 2011 e per il Sauvignon Lafóa 2011, l’Oscar Berebene per il Vernatsch Menzenhof 2012 e molti altri. Quest’anno Colterenzio si presenta con il Sauvignon Prail 2013, caratterizzato da un’inconfondibile eleganza e da un’appagante pienezza; fresco e minerale, ha una potenzialità di invecchiamento dai 3 ai 5 anni. Poi con il Gewürztraminer Atisis 2012, prodotto da uve che nascono da vitigni radicati nei terreni calcarei di Corniano; il bouquet di questo vino è ricco con note di rosa canina, noce moscata, cannella, arance mature e limoni. E per finire con il Pinot Bianco Thurner 2013, fresco, con delicati aromi di frutta bianca e contrassegnato da un’armoniosa lucidità. www.colterenzio.it Colterenzio, sarà anche al Vinitaly, presso il Padiglione 6 allo Stand C3
To celebrate the result of the excellent 2013 vintage with a harvest higher than the average and a very promising quality, Colterenzio - founded in 1960 by 28 winemakers, arrived today at 300 - occurs in a different ‘look’: the wines of the 2013 vintage will be sold in fact with new refined labels while the company logo has been modernized. The graphics wants to convey the philosophy of the Colterenzio winery, its strong link with tradition, its history and its land of origin. The constant pursuit of excellence is demonstrated by the prestigious awards gained over the years including ‘Tre Bicchieri’ by Gambero Rosso for the Cabernet Sauvignon Lafòa 2010, ‘Due bicchieri’ for the Gewürztraminer Atisis 2011 and Sauvignon Lafòa 2011, Berebene Oscar for Vernatsch Menzenhof 2012 and many others. This year Colterenzio presents Sauvignon Prail 2013, characterized by an unmistakable elegance and a satisfying fullness; fresh and mineral, it has an aging potential of 3 to 5 years. Then Gewürztraminer Atisis 2012, produced from grapes that come from vines rooted in calcareous soils in Corniano; the bouquet of this wine is rich with notes of wild rose, nutmeg, cinnamon, ripe oranges and lemons. And to finish Pinot Blanc Thurner 2013, fresh with delicate aromas of white fruit and marked by a harmonious clarity. www.colterenzio.it Colterenzio will also be at Vinitaly, Hall 6 Stand C3
Wine Passion & Co. International
Il paradiso terrestre
Più di un resort, più di una beauty farm, più di un centro wellness:
è il Villa Eden Leading Health Resort di Merano C’è un luogo dove salute e bellezza hanno il dono del sorriso e il linguaggio della gioia, dove la sostenibile leggerezza del benessere è filosofia di vita. Alla Villa Eden di Merano (BZ), città “giardino” dell’Alto Adige, proprio come nel perduto paradiso terrestre, è proibito non volersi bene. Merito di Karl e Germana Schmid, che dopo aver prodotto su licenza per 28 anni l’amaro Jägermeister ed aver rilevato la stupefacente Azienda Vitivinicola Castello Rametz, hanno intrapreso un’importante avventura anche nel settore turistico-alberghiero rilevando nel 1974 la casa privata Villa Eden, trasformandola in un meraviglioso albergo di cure. Oggi l’Hotel Villa Eden è una delle più famose strutture d’Italia nel settore SPA ed è gestito con successo dalla figlia Angelika. Un Leading Health Resort come Villa Eden mette a punto programmi che fanno compiere un salto di qualità nella vita dei suoi ospiti, rendendoli partecipi e addirittura protagonisti delle scelte che conducono allo stato di benessere. L’hotel è un bijou di prima categoria con 30 camere e suite, la sala caminetto, la sala lettura, la lounge, la cui raffinata eleganza mitteleuropea racconta storie “di famiglia”. Due piscine, tre deliziose sale da pranzo, uno chef geniale nel preparare capolavori light senza mortificare il palato, un reparto medical e beauty all’avanguardia e una palestra
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Esterni Villa Eden
attrezzata con macchinari di ultima generazione. I 12mila metri quadrati di parco che lo circondano sono benedetti dal particolare microclima meranese, la vista dalle terrazze è un inno alla vita e tutto è a portata di mano. Villa Eden Leading Health Resort propone programmi settimanali come Sovrappeso, Remise en forme, Antistress, e programmi brevi come Just Relax e Antiaging Intensivo, tutte combinazioni speciali. Check-up e diagnosi all’arrivo, valutazione della massa corporea e di eventuali stati allergici, pianificazione personalizzata dei trattamenti con uso esclusivo di prodotti naturali e finalmente sarà ora di abbandonarsi ai dolci abbracci di Villa Eden! Dalla dieta disintossicante al risveglio muscolare, dall’algheterapia allo yoga, e ancora: diagnostica tomografica e valutazione analitica quantitativa e qualitativa della composizione corporea, terapia biofisica, drenaggio linfatico, appuntamenti quotidiani con l’équipe medica per verificare i progressi e resoconto finale con la consegna del dossier personale e le schede-cura da seguire a casa. Villa Eden Leading Health Resort Merano (BZ) Tel. 0473236583 www.villa-eden.com
Castello Rametz, l’ospitalità è di famiglia Prima di ritornare a casa è imperdibile una visita all’Azienda Vitivinicola Castello Rametz, da prenotare anche direttamente al resort Villa Eden. Anche il nettare degli dei è all’insegna dell’unione familiare: il figlio Nikolaus, laureato in economia e commercio alla Bocconi di Milano, sta a capo dell’azienda commerciale MVG Italia che si interessa della distribuzione sul mercato nazionale di vini, spumanti e liquori di propria produzione e di altri marchi di importazione. Dell’Azienda Vitivinicola Castello Rametz a Merano e l’Azienda Vitivinicola Castel Monreale a Faedo (TN) si interessa il figlio Stanislaus, diplomato in enologia presso l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, mentre la figlia Brigitte, madre di quattro figli, lavora per l’Azienda Vitivinicola Castello Rametz. Memorabile la passeggiata tra i vigneti della tenuta, dove dal 1860 (per la prima volta in Alto Adige) hanno trovato dimora ideale vitigni nobili come il Pinot Nero, il Riesling Renano, il Cabernet Franc e il Cabernet Sauvignon. Il museo (voluto fortemente da Germana) e le cantine sono il preludio alla degustazione di cinque pregiati vini serviti con un assaggio del tipico Kaiserspeck. Non c’è occasione migliore per degustare un ottimo Traminer Aromatico dell’Alto Adige DOC 2012 (medaglia d’oro “Douja d’Or”) negli stessi luoghi incantati che ospitarono, tra gli altri, addirittura Sissi, l’Imperatrice d’Austria.
Castello Rametz
Azienda Vitivinicola Castello Rametz S.r.l. Via Labers, 4 (Maia Alta) – 39012 Merano (BZ) Tel.0473 211011 – Fax 0473 211015 www.rametz.com
Camera Prestige di Villa Eden
La piscina esterna di Villa Eden
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Wine Passion & Co. International
The paradise on earth
More than a resort, more than a beauty farm, more than a wellness center:
the Villa Eden Leading Health Resort in Merano There is a place where health and beauty have the gift of a smile and the joy of language, where the bearable lightness of being is a philosophy of life. At the Villa Eden Merano (BZ), ‘Garden city’ of South Tyrol, just like in the lost paradise on earth, it is forbidden not to love each other. Thanks to Germana and Karl Schmid, who produced for 28 years, the bitter Jägermeister and founded the amazing Castle Rametz winery have also undertook a major adventure in the tourism and hotel sector in 1974 founding the private house Villa Eden, turning it into a grand hotel of care. Today Hotel Villa Eden is one of Italy’s most famous structures in the SPA and is successfully managed by his daughter Angelika. Villa Eden Leading Health Resort as debug programs that take a leap quality of life to its guests, making them part and even behind the choices that lead to a state of well-being. The hotel is a gem with 30 rooms and suites, fireplace room, the reading room, lounge, where refined elegance mitteleuropean tells stories of ‘family.’ Two swimming pools, three delicious dining rooms, a chef to prepare light brilliant masterpieces without mortifying the palate, a medical and beauty department and a state of the art gym equipped with the latest machinery.
Villa Eden Leading Health Resort
The 12 thousand square meters of parkland surrounding it are blessed by the particular microclimate of Merano, the view from the terraces is a hymn to life and everything is at your fingertips. Villa Eden Leading Health Resort offers weekly programs such as Overweight, Remise en forme and short programs such as Just Relax and Intensive Anti-aging, all combinations are available. Check-up and diagnosis at the arrival, assessment of body mass and possible allergic states, custom schedule of treatments with exclusive use of natural products and finally it’s time to indulge in the sweet embrace of Villa Eden! From detox diet awakening to muscle, from ‘algheeterapia’ to yoga, and again tomographic diagnostic and analytical evaluation qualitative and quantitative body composition, biophysical therapy, lymphatic drainage, daily appointments with the medical team to monitor progress and final report with the delivery of personal dossier and cards - care to follow at home. Villa Eden Leading Health Resort Merano (BZ) Tel +39 0473236583 www.villa-eden.com
The wine-growing museum of Rametz Castle
Rametz Castle, family hospitality Before coming back at home is a must to visit Rametz Castle’s winegrowing estate, you can book the tour directly at the Villa Eden resort. The wine also is in the name of the family, the son of Nikolaus, a graduate in economics from Bocconi University in Milan, stands at the head of MVG Italian company that is interested in the distribution of wine, liquor and prosecco of their own production, in the national market. For the Rametz Castle winery in Merano and the Monreale Castle in Faedo (TN) the person in charge is the son Stanislao, who graduated in oenology at the Agricultural Institute of San Michele all’Adige, while the daughter Brigitte, a mother of four children, working for the Rametz Castle winery. Memorable walk through the vineyards of the estate, where since 1860 (for the first time in South Tyrol) have found
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ideal abode noble grape varieties such as Pinot Noir, Riesling Rhine, Cabernet Franc and Cabernet Sauvignon. The museum (strongly desired by Germana) and wineries are a prelude to the tasting of five fine wines served with a taste of the typical Kaiserspeck. There is no better time to enjoy a good Gewürztraminer Alto Adige DOC 2012 (gold medal ‘Douja d’Or’) in the same enchanted places that hosted, among others, even Sissi, Empress of Austria. Winery Castle Rametz S.r.l. Via Labers , 4 (Maia Alta) - 39012 Merano (BZ) Tel +39 0473 211011 - Fax +39 0473 211015 www.rametz.com
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Tre vini piemontesi per il Kenya Ad Alba dall’11 al 16 maggio 2014 ci sarà “Nebbiolo Prima”, l’evento dedicato a Barolo, Barbaeresco e Roero per dare una mano alla foreste del Kenya in Africa. Presso il Palazzo delle Mostre e congressi, Albesia (associazione nata nel 1973) presenterà questa importante iniziativa volta all’ambiente. Un’importante occasione alla quale darà supporto l’anteprima delle annate dei tre prestigiosi
vini piemontesi. L’evento, suddiviso in cinque giornate, vedrà la partecipazione di importanti giornalisti internazionali. Incontri e degustazioni si alterneranno nel territorio delle Langhe per conoscere i luoghi e le singole realtà aziendali. Per info: www.albesia.it
A giugno la II edizione di Gusto Cortina Golden Moon, società ideatrice dell’evento ed attiva nella promozione dell’italianità nel mondo, proporrà domenica 16 e lunedì 17 giugno la seconda edizione di GustoCortina, con la collaborazione dell’Hotel De La Poste, sede dell’evento: una vetrina internazionale di eccellenze italiane del turismo e dell’enogastronomia, denso di convegni e cene a tema, importante appuntamento per addetti ai lavori, giornalisti e operatori del settore. Sono previsti, inoltre, appuntamenti con Chef Stellati e incontri che coinvolgeranno rappresentanti dell’Università - fra cui, il Prof. Roberto Stevanato, direttore del Master in Cultura del Cibo e del Vino Ca’ Foscari e la Prof.ssa Evelina Flachi, docente a Roma e Milano e collaboratrice di EXPO 2015. Tra le curiosità enti, aziende e privati possono sostenere Vigna 1350 di Cortina attraverso il progetto “Adotta una vite”: è possibile adottare un filare o una singola barbatella. Per info: www.gustocortina.it - www.vignetocortina.it
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Venti candeline per l’Associazione Nazionale Città dell’Olio L’Associazione Nazionale Città dell’Olio compie vent’anni e si prepara a celebrare l’evento con una festa lunga un anno intero. La presentazione ufficiale delle iniziative per il Ventennale, si è tenuta nella Sala Stampa di Palazzo Montecitorio, sede della Camera dei Deputati alla presenza del Presidente dell’Associazione Città dell’Olio Enrico Lupi, del Presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati Luca Sani e delle parlamentari Ma ria Antezza, Susanna Cenni e Colomba Mongiello, componenti del-
la XIII Commissione Agricoltura. Una realtà, quella rappresentata dall’ANCO, che coinvolge 18 regioni italiane e, all’interno di esse, circa 350 città dell’olio. I risultati in questi anni sono stati tanti e il successo di questo oro italiano nel mondo è testimonianza diretta di quanto fatto sino a oggi. Per info: www.cittadellolio.it
A Firenze lezioni di vigna Organizzato dall’Associazione inVite, in collaborazione con Cescot Firenze, dal 16 marzo al 5 ottobre 2014 si terrà un percorso didattico di 11 incontri unico nel suo genere che vede grandi produttori, enologi ed esperti del settore vestire i panni dei docenti. Parte nel capoluogo toscano la seconda edizione di inVite, un corso per diventare conoscitori di vino, un mix di lezioni in azienda e in aula per scoprire e conoscere il vasto mondo dell’enologia. Quest’anno ci saranno importanti presenze a dare supporto al cammino didattico e formativo per offrire il meglio a tutti coloro che si accosteranno a questo corso. Tra le novità Agostina Pieri di Montalcino (Si), Cantine Dei di Montepulciano (Si) e Il Colombaio di Santa Chiara di San Gimignano (Si). Per info: www.in-vite.it
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Napoli in festa con Wine&Thecity Il maggio napoletano porta con sé il profumo e i colori del vino, l’ebbrezza della socialità, la creatività. Da sette anni si rinnova a Napoli Wine&Thecity®, il fuori salone del vino: il grande evento diffuso che coinvolge due interi quartieri della città, oltre 100 location e circa 70 aziende vitivinicole, in una staffetta di aperitivi che combinano moda, design, cultura, arte, musica e vino. Una festa mobile all’insegna del nomadismo e della contaminazione, a cui partecipano boutique, grandi alberghi, ristoranti, gioiellerie, gallerie d’arte e design, palazzi storici, chiese sconsacrate e atelier del gusto in un tam tam di appuntamenti, mostre e performance d’arte, degustazioni, feste, dj set, aperi-shopping e tanto altro. Novi-
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tà del 2014 è il Premio Fotografico Wine&ThePics realizzato per Wine&Thecity® dallo Studio Tangram e dedicato a fotografi amatoriali o professionisti, che si aggiunge al Premio Convivium Design alla sua seconda edizione, promosso da Pastificio dei Campi e curato dall’Adi Campania, l’Associazione per il Design Industriale. Già dal 2013, Wine&Thecity® promuove un consumo del vino ecosostenibile con la raccolta dei tappi di sughero Salva il Tappo! che affianca la campagna ETICO di Amorim Cork Italia a scopo sociale. Per info: www.wineandthecity.it
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Three wines from Piedmont for Kenya
Naples feasts with Wine&Thecity
In Alba from the 11th to the 16th of May 2014 there will be “Nebbiolo Prima”, an event dedicated to Barolo, Nebbiolo and Roero to fund support for the forests in Kenya. Albesia(an association founded in 1973) will present this important initiative facing environment. An important occasion dedicated to three very prestigious wines. The event is divided into five days. This event will see the participation of major international journalists. Meetings and tastings will take turns in the Langhe to know the places and the individual companies. For more information: www.albesia.it
Neapolitan May brings with it the scent and color of the wine, the intoxication of sociability and creativity. For seven years now, Naples Wine&Thecity® is an event, the outside lounge wine: the big event spread involving two entire districts of the city, more than 100 locations and approximately 70 wine producers, in a relay of appetizers that combine fashion, design, culture, art, music and wine. A moveable feast full of nomadism and alcoholic contamination, in a race of aperitifs that combine and unite fashion boutiques, major hotels, restaurants, jewelry stores, art galleries, historic buildings, desecrated churches and ateliers of in a tam-tam of tasting events, exhibitions and artistic performances , wine tastings , parties, dJ sets, aperitifs, shopping and much more. What’s New in 2014 is the Photo Prize “Wine&ThePics” made for Wine&Thecity® by Studio Tangram and dedicated to amateur photographers or professionals, in addition to the Award Convivium Design in its second edition, sponsored by “Pastificio dei Campi” and edited by ADI Campania, the Association of Industrial Design. Already in 2013, Wine&Thecity® promotes an eco-sustainable consumption of wine with the collection of corks Save the Cap! which supports the campaign ETICO of Amorim Cork Italia with a social purpose. For info: www.wineandthecity.it
Coming out in June the II edition of Gusto Cortina Golden Moon, the company that created the event and that is active in spreading ‘l’italianità’ (being Italian) in the world, will present on Sunday 16 and Monday, June 17th, the second edition of Gusto Cortina, with the collaboration of the Hotel De La Poste, location of the event: an international showcase of Italian excellence in tourism and food, full of meetings and dinners, important events for professionals, journalists and industry professionals. There are also appointments with starred chefs and meetings involving representatives of the University - including, Prof. Roberto Stevanato, director of the Master in Food and Wine Culture at the Ca’ Foscari University and Prof. Evelina Flachi, professor in Rome and Milan and collaborator of EXPO 2015. Among the many curiosities of the event institutions, companies and individuals can support ‘Vineyard 1350 Cortina’ through the project “Adopt a vine”, with the possibility to adopting a vineyard row or just a single plant. For info: www.gustocortina.it - www.vignetocortina.it
In Florence lessons about winemaking Organized by the inVite association, in collaboration with Cescot Florence, from March 16 to October 5, 2014, there will be a trail of 11 meetings, one of its kind, seeing big producers, winemakers and industry experts assuming the role of teachers. The second edition of inVite will take place in the Tuscan town, a course to become a connoisseur of wine, a mix of lectures in wine cellars and in classroom to discover the vast world of enology. This year there will be major presences to give support to the teaching and training journey, to offer the best to all those who come near this course. The news of this edition will be: Agostina Pieri in Montalcino (Si), Cantine Dei in Montepulciano (Si) and Il Colombaio of Santa Chiara in San Gimignano (Si). For info: www.in-vite.it
Twenty candles for the National Association Città dell’Olio The Association, born twenty years ago, will celebrate the event with a yearlong event. The official presentation of the initiatives for the twentieth anniversary was held in the Press Room of Palazzo Montecitorio, seat of the Chamber of Deputies with the presence of the President of the Association of Città dell’Olio Enrico Lupi, the Chairman of the Agriculture Committee of the Chamber of Deputies Luca Sani, parliamentary Maria Antezza, Susanna Cenni and Colomba Mongiello, members of the XIII Agriculture Committee. A reality, that represented by ANCO, involving 18 Italian regions and, within them, about 350 oil cities. The results in these years have been many and the success of this Italian gold in the world is direct evidence of what has been done until now. For info: www.cittadellolio.it
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Fotoracconto
di Paolo Barone
WINE SHOTS
SICILIA: NETTARI D’ALTO LIGNAGGIO
Il vino in Sicilia non è solo il prezioso e irrinunciabile completamento dei sapori di una tavola imbandita. Ne diventa subito il protagonista incontrastato sia che si accompagni a piatti di cacciagione che di pescato, coi formaggi e con ogni tipo di frutta. Wine in Sicily is not only the precious and fundamental complement of the flavors of the table, but it becomes the uncontested protagonist as well, both with game meat, and fish, cheeses and every kind of fruits.
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Se esiste una terra dove si mischiano in un tutt’uno la bellezza dei luoghi e la consapevolezza di scorrazzare lungo percorsi dagli echi millenari e tracce maestose e imponenti di civiltà antiche, con la sensazione che ogni sapore che vi si può gustare è al suo estremo per genuina bontà, questa terra è di certo la Sicilia. E tra i tanti sapori che generosamente l’isola offre per sedurre ogni palato il vino ne è certamente nobile e principe indiscutibile. La stessa storia della Sicilia s’intreccia fin quasi dagli albori (all’Era Terziaria risalgono segni della presenza della vite selvatica) al vino. Sbarcata con i Fenici dalle navi puniche, la coltivazione della vite e la vinificazione si estese in lungo e in largo durante la colonizzazione greca. Furono i Romani però, sfrenatamente goderecci, a magnificare il vino siciliano. Periodi di forte espansione intervallati da battute d’arresto, legati specularmente alle sorti dell’isola nell’avvicendamento di popoli e culture che, inarrestabili, sbarcavano sul-
le coste siciliane. I primi barbari arrivati fin qui pare non fossero sensibili ai piaceri del nettare. Poi con Belisario il bizantino, una breve rinascita prima dei periodi bui sotto le invasioni degli astemi musulmani. Finalmente Normanni, Aragonesi e Spagnoli rimisero le cose a posto – almeno per quanto riguarda la riscoperta della bontà del vino di Sicilia – ma il vero primo riconoscimento “mondiale” la vinificazione siciliana lo deve al commerciante inglese John Woodhouse che, utilizzando il metodo soleras (un metodo di invecchiamento che prevede la sovrapposizione delle botti, si iniziano a riempire quelle più in alto e, dopo circa un anno di tempo, una parte del contenuto viene travasato nelle botti inferiori, andando a colmare di nuovo vino quelle a livello superiore. In questa maniera le botti poste alla base e pronte per il consumo, saranno un mix di annate differenti) sul vino prodotto nella zona in cui era sbarcato, fece del Marsala il primo DOC della storia vinicola italiana.
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Fotoracconto
A tutto questo mi capita di pensare girovagando per l’isola. Dalla frizzante e tersa luce mattutina sulle pendici dell’Etna, tra viticci di Nerello Mascalese e panorami mozzafiato, fino all’oro di tramonti barocchi d’un mare di Cerasuolo di Vittoria, dirimpettaio dell’altro splendido mare in odor d’Africa. Al manto di vigneti di Syrah e Nero d’Avola che tappezza, senza soluzione di continuità,
i dolci rilievi del Belice a cavallo tra l’agrigentino e il trapanese. A Menfi, che t’accoglie inneggiando al vino e si mostra fatta di viti che scendono fin sopra la battigia. Andar per vino in Sicilia, dunque, è spettacolo assicurato e… piacere d’alto lignaggio. Salute!
Proseguendo da Sciacca verso Menfi è tutta una distesa di vigneti pregiati che, senza soluzione di continuità, si stendono, come arazzi e tappeti pregiati, fino a lambire le spiagge del litorale mediterraneo dell’isola. Going on from Sciacca to Menfi, it’s all an expanse of fine vineyards that, with no solution of continuity, stretch out, like tapestries and precious carpets, to brush the beaches of the mediterranean coasts of the island.
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Luci morbide ed atmosfere avvolgenti nella miriade di cantine siciliane che ritornano ad antichi splendori o, del tutto nuove, irrompono con le soluzioni pi첫 razionali e idonee ad allevare i purosangue delle scuderie dei vini siciliani. Soft lights and fascinating atmospheres in the myriad of sicilian cellars that come back to an ancient splendour, or totally new, burst into more rational and suitable solutions to breed the thoroughbred of the stables of sicilian wines.
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Fotoracconto
Vigneti d’altura: il regno del Nerello mascalese si stende al sole sotto lo sguardo sornione dell’Etna, il vulcano attivo più grande d’Europa. High-altitude vineyards: the realm of Nerello Mascalese extends in the sun under the sly eyes of Etna, the biggest and active volcano in Europe.
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Photo story
by Paolo Barone
WINE SHOTS
Sicily: nectars of high lineage
If there is a land where you mix into one of the beautiful scenery and the knowledge to roam along paths and tracks of the age-old majestic echoes and imposing ancient civilizations, with the feeling that every flavor you can enjoy it at its extreme for wholesome goodness, this land is certainly Sicily. And among the many flavors that the island generously offers to seduce every palate, the wine it is certainly noble and indisputable. The same story of Sicily intertwined almost since the dawn of time from the albores (the Tertiary dating signs of the presence of wild grape) wine. With the Phoenicians landed from punic ships, growing grapes and winemaking spread far and wide during the
Greek colonization. The Romans, however were the ones, wildly pleasure-loving, to magnify the Sicilian wine. Periods of strong growth interspersed with setbacks, speculatively linked to the fate of the island under a system of people and cultures which in an unstoppable way, landed on the Sicilian coast. The first barbarians arrived here apparently were not sensitive to the pleasures of nectar. Then with the Byzantine Belisarius, a brief revival before dark periods under the invasions of Muslim abstainers. Finally, Normans, Aragonese and Spanish resumed things in place - at least for the rediscovery of the goodness of Sicilian wine but the first real recognition of ‘world’ the Sicilian winemaking had
was due to the English merchant John Woodhouse that, using the method soleras (an aging method which involves the overlap of the barrels, you will begin to fill those higher up, and after about a year’s time, some of the content is poured into the barrels lower, filling the wine again at a higher level. In this way the barrels at the base and ready for use, will be a mix of different vintages) on the wine produced in the area where he had landed, he made the Marsala the first of DOC Italian wine. I started thinking about this while I was wondering about the island. From sparkling and crisp morning light on the slopes of Etna, between tendrils of Nerello Mascalese and breathtaking views of
sunsets, baroque gold up of a sea of Cerasuolo, the other neighbor across the beautiful sea in the scent of Africa. At the mantle of vines of Syrah and Nero d’Avola carpeting, seamless, the gentle rolling hills of Belize at the turn of the Agrigento and Trapani. In Memphis, that greets you with melody to the wine and it shows its made of screws that go down to just above the shoreline. Visiting the wine in Sicily, therefore, is assured pleasure and entertaining ... of high lineage. Cheers!
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Un cesto assolato di uve da Passito di Pantelleria, a sinistra, che civetta con la maestosa imponenza del grappolo di Nero d’Avola che, nello specifico, fa bella mostra di sé negli assolati vigneti dell’Alto Belice, a Sambuca di Sicilia, a ridosso del Lago Arancio. A sunny basket full of grapes of Passito of Pantelleria, on the left, that coquets with imposing bearing a bunch of grapes of Nero d’Avola that appears both in the sunny vineyards of Alto Belice, and in Sambuca of Sicily, next the Arancio lake.
Appunti e spunti
LA CINA AMA IL PROSECCO Crescono le vendite del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore in Oriente. Con una quota di mercato pari a 1,2 milioni di euro Cina e Hong Kong rappresentano uno dei mercati più promettenti per lo sviluppo dell’export della Docg. La corretta informazione sul prodotto rimane però centrale per evitare contraffazioni. L’impegno del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore per far conoscere questa realtà e difenderla continuerà anche nel 2014 con il Vinexpo Asia Pacific, che si svolgerà ad Hong Kong dal 27 al 29 maggio. www.prosecco.it
A TUTTA BIRRA Il Birraio dell’Anno 2013 è Luigi D’Amelio del Birrificio Extraomnes di Marnate (VA) un riconoscimento ideato dal network Fermento Birra www.fermentobirranetwork.com con la sponsorizzazione di Comac (www.comacitalia.it) che premia l’eccellenza dimostrata nel corso dell’anno appena concluso. Una sorta di Pallone d’Oro del mondo della birra artigianale italiana che ha visto coinvolti oltre cinquanta giurati e degustatori su tutto il territorio. Non intende valutare la bontà di una birra ma piuttosto la bravura tecnica del birraio.
VINI ROMAGNOLI SUL PODIO Il Gruppo Cevico nell’anno del cinquantenario mette a segno una doppietta nel Gran Premio Gino Friedmann, concorso dedicato al vino del mondo cooperativo: Primo premio assoluto con il ‘Romagna DOC Sangiovese Superiore Terre Cevico’ 2012 e Gran Premio “Quotidiano” con il ‘Vollì’ Romandiola spumante brut. www.cevico.com
IN CINA SI BRINDA CON IL VINO ITALIANO La Cina è diventata il quinto paese consumatore di vino al mondo, diventando uno dei mercati più attraenti per i produttori italiani che grazie alle attività di promozione pianificate da AIE – Associazione Italiana Export – riescono ad entrare in contatto con operatori del settore. www.associazioneitalianaexport.com
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Notes and ideas
CHINA LOVES PROSECCO The sales of Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore in the East are increasing. With a market share of 1.2 million Euros, China and Hong Kong represent one of the most promising markets for the development of exports of DOCG (label guaranteeing the quality and origin of a wine). The right information on the product, however, remains central to prevent forgery. The commitment of the Consorzio di Tutela of Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore to make people get to know this reality and to protect it, will continue in 2014 with the Asia Pacific Vinexpo, which will be held in Hong Kong from May 27 to 29. www.prosecco.it
BEER The Brewer of theYear 2013 is Luigi D’Amelio from Extraomnes of Marnate Brewery (VA), an award created by the network Fermento Birra www.fermentobirranetwork.com with the sponsorship of Comac (www.comacitalia.it ) that rewards excellence demonstrated during the just ended year. A sort of Golden Ball of the world of Italian home-brewed beer that has involved more than fifty judges and tasters throughout the country. It does not want to evaluate the goodness of a beer, but rather the technical skill of the brewer.
WINES FROM ROMAGNA ON THE PODIUM The Cevico Group in the year of the fiftieth anniversary scored a double in the Grand Prix Gino Friedmann, a competition dedicated to wine in the cooperative world: First prize won by ‘Romagna DOC Sangiovese Superiore Terre Cevico ‘ 2012 and Grand Prix ‘Quotidiano’ with the ‘Vollì’ Romandiola brut sparkling wine. www.cevico.com
IN CHINA THEY TOAST WITH ITALIAN WINE China has become the fifth largest wine consumer in the world, becoming one of the most attractive markets for Italian producers who, thanks to the promotional activities planned by AIE - Italian Association of export -, are able to get in touch with the industries. www.associazioneitalianaexport.com
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L’arte dell’abbinamento
di Mario Del Debbio Presidente Nazionale FISAR – Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori
LA CONVIVIALITÀ NEL PIATTO E NEL BICCHIERE Pernice arrosto con fette di pancetta e cipolla bianca caramellata. Un piatto della tradizione tra sinfonie di sapori e di gusto esaltato dal Barbaresco Docg Riserva “Pora” annata 2004
Abbinare una ricetta con il giusto vino è arte finalizzata alla ricerca armonica dell’unione tra materie simili ma non uguali. La finalità dell’abbinamento è elevare momenti di piacevole convivialità in momenti unici da collocare indelebilmente nel nostro album dei ricordi. Se penso alla pernice penso alla nobiltà, all’uso che ne fece il Principe di Condé per ingraziarsi il perdono di Luigi XIV dopo la Fronda di metà 600. Allora alle cucine un personaggio mitico François Vatel, che ricordo interpretato da Gérard Depardieu, in un bellissimo film che raccontava appunto delle grandi feste a Versailles. Nel nostro caso lo chef, per quanto bravissimo, interpreta una ricetta tradizionale con la cipolla bianca caramellata. La pernice cucinata arrosto, con due fettine di pancetta per esaltare il gusto della cacciagione. Il vino è convivialità e, nel nostro gruppo di amici, rappresenta l’occasione per assaggiare insieme, e cogliere quelle sfumature che am-
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morbano qualche commensale, ma che per un sommelier è l’esaltazione di una continua ricerca culturale. Il vino è cultura, è territorio ed è espressione di chi lo interpreta. Immaginate un concerto di Strauss diretto da Von Karajan o lo stesso reinterpretato dal maestro Muti. Due stili diversi dello stesso componimento, sfumature che richiedono uno studio e un’attenzione che noi proviamo a insegnare ai nostri allievi nei corsi di sommelier. Alla fine per questa storica ricetta scelgo un Barbaresco dei Produttori di Barbaresco. Questa cantina voluta dal mitico Don Fiorino, parroco di Barbaresco nel 1958, si rifaceva a quella tradizione cooperativa che sostentava le attività dei produttori della zona. L’idea era qualificare e garantire la produzione di Barbaresco da uve Nebbiolo che viceversa era stato venduto sfuso per la produzione del più “trendy” Barolo. Obiettivi pienamente centrati e costantemente e tenacemente perseguiti fino ad oggi grazie alla dedizione e al lavoro dei viticoltori che l’hanno creata. La Cantina Produttori del Barbaresco oggi conta 56 membri e dispone di circa 100 ettari di vigneti a Nebbiolo pari a circa 1/6 dell’intera zona di origine.
Tra i Cru scelgo la Riserva 2004 “Pora”, un vino che credo si possa pienamente coniugare con il piatto sopra indicato. Il Pora è un vigneto esposto a Sud, Sud-Ovest di terreno argilloso, calcareo con venature sabbiose. Di colore tipico rosso granato con riflessi arancioni il “Pora” si presenta al naso con una piacevolissima nota balsamica di pino e sentori iodati che mi ricordano le libecciate delle costa dei nostri mari. Il pranzo continua e diamo tempo al vino di ossigenarsi e tirar fuori sentori di ciliegia sotto spirito e violetta in una trama di grande eleganza che ne fa un vino piacevole anche in astratto ma perfetto nell’abbinamento sul piatto. In bocca il vino si apre con una ottima vena acida supportata da un apprezzabile e apprezzata morbidezza, il tutto con un tannino presente ma mai aggressivo, con una persistenza lunga e dolce di frutti rossi e rosa. Il piatto perfettamente integrato si esalta in una preparazione eccellente e alla fine tutti ci sentiamo un po’ alla Corte del Re, senza i fasti delle feste di Vatel ma con la consapevolezza che vino e cibo sposano festa.
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The art of matching
by Mario Del Debbio National President FISAR - Italian Sommelier Association Hoteliers Restaurateurs
Conviviality between a Plate and a Glass Roasted partridge with slices of bacon and caramelized white onion. A traditional dish characterized by symphonies of flavors and enhanced by the Barbaresco DOCG Riserva ‘Pora’ 2004
Pairing a recipe with the right wine is an art aimed at finding a harmonic union between similar but not identical materials. The purpose of matching is to enhance mere pleasant moments of conviviality in moments to place indelibly in our memories. If I think of partridge I automatically associate it with nobility, Prince of Condé once used it to ingratiate himself with the forgiveness of Louis XIV after the Fronde of mid six hundred century . Back then kitchens were lived by a mythical character: François Vatel, of which I remember Gérard Depardieu starring in a beautiful film that purely described the great feasts that took place in Versailles. In this case, the chef, no matter how talented, cooks a traditional recipe by cooking a roasted partridge and caramelized white onions with two slices of bacon to enhance the flavor of this traditional dish. Wine represents conviviality, it is the opportunity to taste together and catch the nuances that infect diners. Wine, for a sommelier is the exaltation of a continuous cultural research. It represents culture and territory and is the expression of who ‘plays’ it. Imagine a concert of Strauss directed by Von Karajan or the same reinterpreted by maestro Muti. Two different styles of the same composition, nuances that require study and attention that we try to teach our students in our sommelier courses. Continuing, I chose a Barbaresco from the historic Produttori di Barbaresco for this recipe. This winery commissioned by the legendary Don Fiorino, pastor of
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Barbaresco in 1958, looks back to the tradition that has sustained the activities of producers in the area. The idea was to qualify and ensure the production of Barbaresco from Nebbiolo grapes that was sold as cask wine for the production of the more ‘trendy’ Barolo. These objectives have been entirely reached and constantly pursued until today thanks to the dedication and work of the winemakers who created it. The Winery Barbaresco now has 56 members and has about 100 hectares of vineyards in the Nebbiolo, approximately one sixth of the entire area of origin. Amongst these Cru I chose the Riserva 2004 ‘Pora’, a wine that can be fully integrated with the plate presented moments ago. The ‘Pora’ is facing vineyard located in the South Western region of clay soiled land, characterized by sandy limestone with veins. Typical is the red garnet color with orange reflections, enhanced by a pleasant balsamic and pine scent that remind me of the iodinated south west wind better known as ‘libeccio’ that blows the coasts of our seas. While dining continues we give time to the wine in order to oxygenate it and bring out hints of cherries and violets in a plot of great elegance that makes it a pleasant wine merely by itself but also in combination with the perfect dish. On the palate the wine opens with a pleasant acidity supported by an appreciable and appreciated softness, all accompanied with tannins which are present but never aggressive, ending with a sentor of sweet red fruits and roses. The course, perfectly integrated with the wine is exalted perfectly. Concluding, we can all feel of being part of the Court of the King, without the pomp of the festivities created by Vatel but with the knowledge that the right marriage between food and wine brings feast.
Le star del vino
Autoritratti... in cantina: José Rallo
di José Rallo
“Il successo del made in Sicily? Le donne”
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“MIA MADRE Gabriella è stata una figura di rottura: una donna a dare direttive in vigneto per buttare a terra metà della produzione! Uno scandalo, per quei tempi, che però ha contribuito ad un cambiamento culturale e di prospettive”
Il mio primo ricordo di bambina è legato alla vendemmia, allo scarico delle uve in cantina, all’odore dei mosti in fermentazione, a nascondino tra le botti, osservata dal Nonno compiaciuto. Donnafugata, allora, non c’era ancora, ma la famiglia sì. C’era mio padre – Giacomo Rallo – quarta generazione di una famiglia di imprenditori siciliani che, sulla produzione del vino Marsala, aveva creato una delle Cantine più attive e dinamiche del tempo. C’era mia madre Gabriella che negli anni ‘70 avrebbe ereditato, a Contessa Entellina – nel cuore delle terre del Gattopardo – il grande vigneto paterno. Giacomo e Gabriella assieme hanno dato vita ad un nuovo progetto imprenditoriale “Donnafugata” che oggi è un marchio di prestigio del vino italiano nel mondo, distribuito in più di sessanta paesi, con vini icona come il Ben Ryè, passito di Pantelleria, riconosciuta eccellenza enologica. Se penso agli inizi, all’atto avventuroso di mio padre e mia madre nell’investire tutto in quella visione imprenditoriale ne comprendo la forza rivoluzionaria e libera da pregiudizi. Gabriella è stata una figura di rottura: una donna a dare direttive in vigneto per buttare a terra metà della produzione! Uno scandalo, per quei tempi, che però ha contribuito ad un cambiamento culturale e di prospettive. È lei la Donna in fuga di Donnnafugata? Sicuramente lei è stata la prima e ci ha aperto la strada. A Donnafugata “la donna” è centrale in tutto e non soltanto nel nome che è una citazione letteraria tratta dal Gattopardo. Mio padre Giacomo, l’uomo più femminista che abbia mai conosciuto, ha sempre creduto e investito sulle donne in azienda. Gabriella, mia madre, è una donna ricca delle più preziose qualità del “femminile”: creatività, flessibilità, empatia, coraggio. Uno degli insegnamenti più importanti che ho ricevuto da lei è il sorriso. Un’arma vincente per se stessi e nel rapporto con gli altri. Il sorriso trasmette gioia immediata, crea sintonia e dà valore al momento che si sta vivendo. Donnafugata è molto questo.
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Le star del vino
di José Rallo
Come imprenditrice oggi più che mai trovo che l’empatia sia una qualità molto importante sia per la capacità di fare squadra all’interno dell’organizzazione aziendale sia per cogliere ed interpretare i segnali leggeri che anticipano le nuove esigenze del consumatore sui diversi mercati del mondo. Oltre a questo, credo molto nella capacità tipicamente femminile, di ottenere un equilibrio fluidotra le diverse priorità. Una capacità che permette di affrontare con successo i continui cambiamenti richiesti da un mercato sempre più volubile. Essere multitasking, apprezzare la condivisione ed avere una vi-sione ampia, è ciò che permette poi di planare velocemente sulla sintesi più costruttiva. La Sicilia del vino di oggi, oltre ad aver raggiunto mete di eccel-lenza dal punto di vista enologico, può contare su una compagi-ne di donne imprenditrici, numerosa, affascinante ed articolata. Quali migliori premesse per un successo mondiale del made in Sicily?
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by José Rallo
Wine stars
Self-descriptions...in the cellar: José Rallo
“The success of Made in Sicily? Women” My first memory as a child is related to the grapes harvest, to the drain of grapes in the cellar, to the smell of fermenting musts, to hide and seek among the barrels, while my pleased grandfather was taking care of me. Donnafugata, at that time, was not there yet, but the family was. There was my father - Giacomo Rallo - the fourth generation of a family of Sicilian businessmen who, from the production of Marsala wine, had created one of the most dynamic and active cellars of that time. There was my mother Gabriella who, in the 70s, would have inherited, in Contessa Entellina - in the heart of the land of ‘the Leopard’ (a famous Italian novel) - the largest vineyard belonging to her father. Together, Giacomo and Gabriella created a new business project ‘Donnafugata’ which today is a prestigious brand of Italian wine in the world, distributed in more than sixty countries with icon wines such as Ben Ryè, Passito di Pantelleria wine, recognised oenological excellence. If I think of the beginning, when my father and my mother invested everything they had in this business idea, I understand their revolutionary strength free from prejudice. Gabriella has been a personality who broke with the past: a woman that gave guidelines in the vineyard to throw away half of the production! A scandal, for those times which however has contributed to a cultural and prospective change.
Is she the woman on the run of Donnafugata? (Donnnafugata means ‘woman in flight’) Surely she was the first and others followed her. At Donnafugata ‘woman’ is central and not only in the word that is a literary quotation from ‘The Leopard’. My father Giacomo, the most feminist man I’ve ever met, has always believed and invested in women in the company. Gabriella, my mother, is a woman full of the most valuable qualities of the ‘feminine gender’: creativity, flexibility, empathy, courage. One of the most important lessons that I received from her is smiling. A winning strategy for yourself and in your relationship with the others. The smile immediately conveys joy, creates harmony and values the moment that you are experiencing. This is Donnafugata. As an entrepreneur today more than ever, I believe that empathy is a very important quality both for the ability to work as a team within the organization and to capture and interpret the light signals that anticipate the changing needs of consumers in the various markets of the world. Moreover, I really believe in the typical woman’s ability to obtain a fluid balance between different priorities. A skill, this, that allows you to successfully deal with the constant changes required by a more and more fickle market. Being multitasking, appreciating sharing and having a broad vision is what then allows you to choose the most productive solution. The Sicilian wine today, as well as having achieved goals of excellence in terms of wine, can also count on a large, charming and well-structured team of women entrepreneurs. What better way for a world-wide success of Made in Sicily?
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L’arca olearia
di Luigi Caricato Direttore Olio Officina Food Festival
Fruttati d’Italia
VERDE ORO ITALIANO
Una corretta informazione è indispensabile per far capire ai consumatori l’alto valore dell’olio d’oliva. Più è buono e meno se ne versa. Anche il rapporto qualità-prezzo è un elemento utile per conoscerne l’utilizzo e il giusto rendimento
L’Italia dell’olio è sempre al centro dell’attenzione. In positivo come in negativo. Ciò significa che abbiamo una solida storia alle spalle, di cui essere orgogliosi. Ovunque nel mondo l’olio italiano gode da oltre un secolo di una immagine forte, che fa tendenza ed evoca fascino. Un po’ come la Francia con lo Champagne. C’è solo un problema. Quando l’immagine è vincente, c’è sempre chi lavora per sminuirla. All’esterno, come all’interno. Occorre quindi difendersi. C’è chi cerca di sporcare la buona immagine di cui gode l’Italia, macchiandola della pesante (ma falsa) accusa di troppe frodi. Si parla addirittura di sofisticazioni del prodotto, secondo l’attacco mosso dal New York Times –raccolto nell’indifferenza generale delle Istituzioni italiane, le quali non hanno reagito alle menzogne americane, considerando che gli Stati Uniti costituiscono il nostro mercato di riferimento. I rischi frodi rappresentano un fenomeno marginale e contenuto, ma disponiamo di un esercito di ben nove organismi di controllo, per molti versi anche esagerando nel numero di enti che si sovrappongono. È un chiaro punto a nostro favore, anche perché equivale a una maggiore attenzione e sensibilità nel tutelare qualità e genuinità. Solo che non sappiamo fare comunicazione. Non facciamo valere la differenza, in termini di azioni virtuose a difesa di qualità e genuinità, che noi esercitiamo con meticolosità. Gli altri Paesi, al confronto, non prestano la medesima attenzione
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con gli alimenti in commercio. È il guaio dell’Italia, non sapere difendere l’onorabilità delle proprie aziende e del sistema agroalimentare. C’è un attacco che, paradossalmente, parte dall’interno - infatti esiste un clima da guerriglia - della filiera olio di oliva. Sarà forse l’effetto della crisi economica che rende tutti irascibili. O forse è la solita litigiosità nostrana, tanto che dall’estero ne approfittano, la Spagna soprattutto, sottraendo costantemente quote di mercato, in particolare nei nuovi Paesi che usano olio d’oliva. Per il resto, non c’è da meravigliarsi, né da preoccuparsi. Circa la qualità generale degli oli, non c’è da discutere. Siamo molto bravi. Ci sono produttori così accorti da usare ogni minima cura pur ottenere un prodotto di qualità eccelsa, nonostante si sopportino costi di produzione elevati, tali e tanti da non facilitare il difficile compito di far percepire al consumatore il legame tra qualità reale e alto costo del prodotto. Invece sarebbe il caso di educare il consumatore al corretto acquisto, senza che questo si spaventi per i prezzi che possono apparire cari. Occorre far comprendere che l’olio extra vergine di oliva più è buono, meno se ne versa, quindi il costo si spalma nel tempo, al punto da poter parlare più correttamente di un rapporto qualità-prezzo-rendimento. Sono concetti che non si possono spiegare in poche battute. Intanto provvediamo a farlo con tre oli selezionati, di alta qualità e perfino dal buon prezzo.
TRE OLI “Masseria di Sant’Eramo – Fruttato intenso” Ottenuto dalla molitura di olive in netta prevalenza Coratina, alla vista è di colore giallo oro dai riflessi verdi, limpido. Al naso si apre con note fruttate intense, dalle connotazioni erbacee. Si avvertono anche i sentori vegetali di carciofo. Al palato è piacevole, avvolgente, di buona fluidità e corpo, dal gusto vegetale e dai toni amari e piccanti decisi quanto ben dosati. Si avverte in chiusura l’erba fresca, nella sensazione retro-olfattiva, unitamente a una punta piccante. Versatile, con preferenze nel condimento a crudo: con zuppe di legumi, verdure al vapore, carne di manzo in umido. Agroalimentari del Colle, Santeramo (Bari), 080.3026177, info@masserie.com
“Laudato” È un blend ricavato da oli ottenuti dalla molitura di olive Frantoio, Leccino, Piantone di Mogliano, Coroncina e Orbetana. È verde dai riflessi dorati, limpido. Al naso si apre con note dal fruttato di media intensità, dalle connotazioni erbacee, fresche, pulite, con sentori di cardo. Al palato è morbido e dalla buona fluidità, ha gusto vegetale di carciofo e armonia delle note amare e piccanti. In chiusura si avverte la mandorla e le erbe di campo, unitamente a una lieve e gradevole punta piccante. Versatile, a crudo e in cottura. Si consiglia con insalate verdi e di mare, fiori di zucca fritti, carni bianche ai ferri Frantoio Gabrielloni, Recanati (Macerata), 0733.852498, info@gabrielloni.it
“Dop Garda Orientale” È un blend ricavato da oli ottenuti dalla molitura di olive Casaliva, Raza, Trepp e Pendolino. Giallo oro dai riflessi verdolini, limpido. Al naso ha note fruttate leggere dalle connotazioni erbacaee e dai sentori di mela e mandorla. Al palato è morbido, dolce al primo impatto, dal gusto fine e delicato, vegetale, con richiami al carciofo, armonico nelle lievi note amare e piccanti, e, in chiusura si percepiscono i rimandi alla mandorla dolce. Versatile, a crudo e in cottura. Si consiglia con bigolì al ragù d’anatra, insalate verdi a foglia tenera, carpaccio di manzo all’Asiago Frantoio Turri, Cavaion Veronese (Verona), 045.7235598, info@turri.com
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Oil Arc
by Luigi Caricato The Director of Officina Food Festival
The ones fruity of Italy
Green Italian Gold
The more is good, the less you use. For the olive oil the quality-price rate is the useful element to know its use and its right efficiency Italian oil is always at the center of attention, either positive or negative. This means that we have a solid history behind it, to be proud of. In fact, everywhere in the world Italian oil for more than a century had a trendy and appealing image and a solid reputation. Somewhat as France with Champagne, there is only one problem though. When an image is a winning one, there’s always those who work to weaken it. It is therefore necessary to defend this product. Some people try to discredit the good image enjoyed by Italy, through the means of the heavy (but false) charges of. There is also a discourse of alteration of the product, as the attack moved from the New York Times - it picked general indifference from Italian institutions, which have not reacted to the lies spread by the American Press, whereas the United States are our target market. The risk of encountering a fraud product is a marginal phenomenon, having an army of control bodies, in many ways even exaggerating in the number of control entities that overlap. This is a strong point in our favour, because it amounts to even greater attention and sensitivity in safeguarding quality and authenticity. We just don’t know how to do press.We do not rely on the difference in terms of virtuous actions in defense of quality and authenticity, which we exercise with meticulousness. The other countries, by comparison, do not pay the same attention to the foods on the market. It is the trouble of Italy, not to know how to defend the reputation of our companies and the agro-food system. There is an attack that, paradoxically, starts from within - in fact there is an atmosphere of guerrilla warfare - in the chain of olive oil. Perhaps, the effect of the economic crisis that makes everyone irritable. Or maybe it’s the usual contentiousness of ours, so they take advantage abroad, especially in Spain, subtracting constant market shares, especially in the new countries that use olive oil. Regarding the overall quality of the oils, there is no debate. We are very good, there are manufacturers that give the slightest attention to a product of excellent quality, although it means having higher production costs , such and so many that they don’t facilitate the difficult task of making the consumer aware of the link between real quality and high production costs. Continuing, it would be priceless to educate the consumer to a correct purchase, without being scared by the prices that may appear expensive. It should be understood that the extra virgin olive oil more worthy it is, less will be spoiled, so the cost can be spread over time, to the point of being able to speak more correctly, of a quality-price- performance ratio. These are concepts that cannot be explained in a few words. Meanwhile we provide to do so with three selected oils, Characterized by high quality and even a good price .
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Three oils ‘Masseria di Sant’Eramo – Intens fruity flavour’ Obtained by pressing, in prevalence, Coratina olives, the visual is that of golden colour with green reflections, transparent. The scent is intense and fruity, with herbaceous connotations and hints of artichoke. To the palate, it is pleasant, enveloping, good fluidity and body, vegetable and bitter-sweet flavour with a point of a well dosed spice. At the closure, you experience fresh grass, in the retro-olfactory sensation, with a hot tip. Versatile, with preference: in soups, steamed vegetables or beef meat. Agroalimentari del Colle, Santeramo (Bari), 080.3026177, info@masserie.com ‘Laudato’ It is made from the blend of oils obtained from the milling of Frantoio, Leccino, Piantone di Mogliano, Coroncina and Orbetana olives. It is green with golden reflections, clear. The scent opens with fruity notes of medium intensity, the connotations are herbaceous, fresh, clean, with hints of thistle. To the palate is soft and fluid, it has a taste of artichoke, bitter and spicy notes. At the closure you feel the almond and herbs of the field. It is recommended with green salads and seafood, fried zucchini flowers, white meats. Frantoio Gabrielloni, Recanati (Macerata), 0733.852498, info@gabrielloni.it ‘Dop Garda Orientale’ It is made from a blend of oils obtained from the milling of Casaliva, Raza, Trepp and Pendolino olives. It appears yellow gold green reflections, clear. The scent is fruity with herbal connotations and hints of apple and almond. To the palate is soft, sweet at first, delicate, vegetal, with hints of artichoke and spicy notes, and, in closing we perceive the references to the sweet almond. Versatile, for cooking or raw. It is recommended with bigolì with duck sauce, with tender leafy green salads, carpaccio beef with Asiago. Frantoio Turri, Cavaion Veronese (Verona), 045.7235598, info@turri.com
Wine Passion & Co. International
Vino e cibi in vetrina
di Maria Lupi
Wine Food Shire a Grosseto
PASSIONE MAREMMA
Appartata, segreta, schiva. Una terra dal fascino intimo: questa è la Maremma, una terra dove la natura si sente ancora forte, talvolta aspra.
La Maremma si racconta al pubblico in una lunga tre giorni, 16-1718 maggio con un grande salotto open air lungo le vie e le piazze più suggestive del centro storico di Grosseto. È passione Maremma Wine Food Shire, la prestigiosa vetrina dei vini, delle eccellenze agroalimentari, della cultura maremmana e del suo artigianato artistico, ideata da Giovanni Lamioni, maremmano doc e presidente dalla Camera di Commercio di Grosseto. Passione Maremma Wine Food Shire, tre giorni di relax e gusto, per il secondo anno porta la Maremma toscana coi suoi prodotti e i suoi produttori (oltre 100) ma soprattutto uno stile di vita maremmano, dentro la cerchia delle possenti Mura Medicee che racchiudono il suggestivo cuore medievale di Grosseto fino ad allargarsi al territorio con attività all’aria aperta, dalla pesca al golf all’equitazione. Il “racconto” maremmano si dipana attraverso prodotti, vini, immagini, storie, testi teatrali, musica, sapori, profumi, atmosfere che parlano di una terra in cui natura e presenza umana, ruralità e storia si legano. Tra gli appuntamenti, spazio anche alla cultura con una
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ricca selezione di filmati storici sulla Maremma proiettati su megascreen e lungo le Mura Medicee dove si assisterà anche a concerti della Corale Puccini. Una terra vocata al bello quanto al buono con prodotti eccellenti e vini memorabili, frutto di una viticoltura all’avanguardia da parte di aziende di punta e in un terroir sempre più emergente. Eccellenze da scoprire e degustare a passione Maremma Wine Food Shire attraverso “wine tasting”, “classi del gusto”, “cooking show” animati e coordinati da Paolo Massobrio. Il racconto itinerante dei profumi e sapori di Maremma, oppure le dimostrazioni e le degustazioni: dal pesce ai più tipici prodotti maremmani preparati sul posto secondo ricette di tradizione. Una Maremma da assaporare anche a casa facendo shopping nelle tante botteghe del centro storico che in questi tre giorni presenteranno vetrine speciali a tema Maremma. All’interno della manifestazione entro aree suddivise in Wine, Food, Arti sono gli stessi produttori a raccontare la qualità, il lavoro che c’è dietro l’eccellenza.
cavalli al tramonto - foto di Federico Martini
Gli artigiani del gusto come quelli delle arti, i pescatori come i butteri o gli allevatori. I maestri d’ascia, i maniscalchi o gli stylist che realizzano esclusivamente capi di sartoria maremmana, magari da indossare a cavallo. Quest’anno, infatti, uno dei protagonisti sarà proprio il cavallo maremmano, superbo simbolo del territorio. E c’è attesa per quello che è l’evento nell’evento, l’arrivo in pieno centro a Grosseto venerdì pomeriggio di centinaia di cavalieri al termine di una lunga cavalcata sulla via Clodia.
Infatti in occasione di passione Maremma Wine Food Shire, la via Clodia, da Roma all’area archeologica di Roselle, tornerà agli antichi splendori. E la Maremma proprio quando sembrava di conoscerla continuerà a sorprendere ed emozionare. Orari: venerdì 17.00 - 24.00; sabato e domenica 11.00-24.00 Info 0564/430248
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Wine Passion & Co. International
Wine and food show
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Wine Passion & Co. International
by Maria Lupi
Wine and food show
Wine Food Shire a Grosseto
PASSIONE MAREMMA Tuscany: a passion for MAREmma Secluded, secret and introverted. A land from the intimate charm: this is Maremma, a land introduced to the public in a long three days, 16-17-18 May with a large open-air seating along the streets and squares of the most striking, historic center of Grosseto. Maremma Wine Food Shire, the prestigious showcase of wines, excellent food, culture of Maremma and its arts and crafts, created by Giovanni Lamioni, native in Maremma and president of the Chamber of Commerce of Grosseto. Passione Maremma Wine Food Shire, a relaxing and tasting three days, for the second year brings the Tuscan Maremma with its products and its producers (over 100), but rather a way of life, in the circle of the powerful Medici Walls that encloses the suggestive medieval heart of Grosseto up to widen the area with outdoor activities, from fishing to golf and horse riding. The ‘story’ unfolds through the Maremma products, wines, images, stories, plays, music, tastes, smells and atmospheres discussing a land where nature and human presence, rurality and history bind. Among the events, space to culture with a rich selection of historical movies projected on the megascreen and along the Medici Walls where you will also assist in the Choral concerts of Puccini. A land dedicated to beauty as to good products with excellent and memorable wines, the result of a cutting-edge viticulture from leading companies and an increasingly emerging territory.
Excellences to discover and taste the passion in Maremma Wine Food Shire through wine tasting, classes of taste, cooking show animated and coordinated by Paolo Massobrio. The story of itinerant aromas and flavors of the Maremma, or demonstrations and tastings: from fish to the most typical products of the Maremma prepared on the spot according to traditional recipes. A Maremma to taste at home, shopping in the many shops of the historic center that showcases these three days will present special themed Maremma. Inside the event within areas divided into Wine, Food, Arts are the same producers to tell the quality of the work behind the excellence. The artisans of taste as those of the arts, the fishermen as the cowboys or ranchers. The carpenters, farriers or the stylist who realize only heads of tailoring of the Maremma, maybe to wear. This year, one of the protagonists will be the Maremma horse, proud symbol of the territory. And what is there waiting for the event in the event, the arrival in the center of Grosseto Friday afternoon of hundreds of riders, arriving from a long ride on the Via Clodia. In fact, on the occasion of Passione Maremma Wine Food Shire, the Via Clodia, from Rome to the archaeological site of Roselle, will return to its former glory. And just when it seemed we knew Maremma, know it will continue to surprise and delight. Hours: Monday 17.00 - 24.00 Saturday and Sunday 11.00-24.00
Horses fording a stream driven by a buttero - photo Federico Martini
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Alimentazione e cultura
di Loriana Abbruzzetti
IL SESSO DELL’OLIO D’OLIVA? E’ ROSA ... Sin dall’antichità è scritto nel DNA della coscienza collettiva l’intrinseco legame tra l’oro verde e la donna. Oggi rivive nei progetti educativi Pandolea e nel valore di fare l’olio d’oliva
Disquisire sul sesso dell’olio rischierebbe di diventare la stessa cosa che discutere di quello degli angeli! Basta solo citare un aneddoto mitologico, di quelli che fanno parte della storia profonda dell’essere umano, a sottolineare il legame che c’è nella coscienza collettiva, nel DNA della nostra specie, tra ulivo e donna: fu Atena, dea della sapienza (solo per caso donna?), a donare agli ateniesi una piantina di ulivo strappando a Poseidone (che donava un cavallo) la nomina a santa protettrice della più importante capitale del mondo antico. E chiudiamo qui la discussione – che per fortuna nessuno ha mai pensato di cominciare – sul sesso dell’olio!
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Ma parliamo di olio extravergine di oliva in Italia. Il legame tra olio di oliva e donna è parte integrante della cultura materiale contadina: l’olio è sempre stato il “borsellino di casa”, quella piccola scorta fondamentale con cui spesso le donne, le mamme potevano far fronte alle spese impreviste, soprattutto per i figli piccoli. Il vino era più un fatto di uomini: loro bevevano più delle donne, bevevano per avere più calorie prima del lavoro nei campi, bevevano per dimenticare, poi bevevano per convivialità, per accompagnare un sigaro, bevono per status symbol…
Le donne no: almeno non in pubblico, almeno fino a poco tempo fa. Alle donne il vino non era permesso: troppo compromettente. L’olio non si beve, si usa: in cucina, per piccoli baratti, per rimediare i pochi spiccioli quando non c’è più un soldo. Ed erano le donne che spesso andavano nei campi a raccogliere le olive, che seguivano questa coltivazione in qualche modo “residuale” anche se così profondamente radicata, nel calendario familiare dei lavori agricoli. Ora anche gli uomini si accorgono delle potenzialità dell’olio: perché molto della cultura femminile per fortuna si è trasmessa anche a loro, perché l’olio extravergine sta diventando anch’esso un ingrediente da degustare, da capire, di cui far sfoggio in pubblico. Eppure, quella sensibilità femminile che punta ad abbracciare, a comprendere, ad arrotondare, a smussare, ancora è parte forte della coltura delle olive e nella lavorazione dell’olio extravergine.
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Alimentazione e cultura
È partendo da queste considerazioni che Pandolea nasce, dieci anni fa, non per vendere olio, ma per diffondere la cultura della sana alimentazione che, secondo noi, inizia proprio dalla consapevolezza di cosa si mangia e con cosa si cucina. A partire dall’olio di oliva. Non a caso l’iniziativa delle associate a Pandolea si è concentrata sulle scuole dell’obbligo e principalmente sui più piccoli: è da loro che deve partire la consapevolezza; sono i bambini che devono capire e far sedimentare dentro di sé la conoscenza. Quando assaggiano, i bambini sono delle spugne, curiosi e affamati di sapere: e quando assaggiano un buon olio, fatto a regola d’arte, e subito dopo un olio “taroccato”, capiscono immediatamente la differenza. E imparano. E sapranno sempre a cosa sono davanti. Ecco, attenzione verso il cibo, la nutrizione, l’educazione: non sono dei terreni su cui la donna agisce e di cui si preoccupa più dell’uomo? Non perché sia più intelligente! Semplicemente perché storicamente e culturalmente è sempre stato così. E perché anche biologicamente l’attenzione e la sensibilità verso i figli è maggiore nei primi anni di vita dei bambini. Ma parliamo anche di prodotti e di etichette… affrontiamo anche quel terreno di competizione che tanto piace agli uomini! Basta scorrere l’elenco della associate di Pandolea per vedere come quelle aziende – e si tratta di realtà d’impresa dove le signore non fanno le p.r. o il marketing, ma fanno l’olio, in campo e in frantoio! – siano nella gran parte dei casi in cima alle classifiche di guide e concorsi nazionali e internazionali. E non stiamo qui a citare nomi: non ce n’è bisogno. Ma questo non significa certo che le donne siano più brave dei colleghi maschi! Indica però che le donne hanno una sensibilità particolare verso la terra, verso la campagna, verso gli aromi i profumi e i sapori, verso la correttezza di procedure e lavorazioni e un tale desiderio di far bene, che per noi – donne – pensare di fare un prodotto così importante e bello come l’olio di oliva e farlo male è impensabile, inconcepibile. Così come pensare di truffare sull’olio di oliva è per una donna un delitto molto più grave di altri gravissimi reati. È un fatto di cultura e di geni, probabilmente. prendiamo altri delitti: certo, ci sono donne che uccidono.
Ma quante? Provate a fare il conto, anche solo a mente, di quanti assassinii vi ricordate perpetrati da una donna e quanti da un uomo. Quanti uomini ammazzano una moglie o un’amante? E quante donne uccidono un compagno? Sì, siamo su un terreno scivoloso e pericoloso. Eppure una qualche assonanza c’è tra i due campi. Anche l’olio di oliva è terreno di truffe, sofisticazioni, imbrogli fatti per guadagnare in barba a qualsiasi preoccupazione di tipo salutistico (per non dire culturale!). È molto difficile trovare una donna disposta per soldi a sofisticare un prodotto sacro come l’olio di oliva: penserebbe prima al male che farebbe e al bene che sottrarrebbe ai suoi simili, ai suoi figli. Ecco. La sensibilità è un terreno su cui le donne hanno una loro specificità e possono apportare più cultura, anche sull’olio extravergine di oliva. E in Italia ce n’è bisogno. Per questo da dieci anni Pandolea porta tra la gente la cultura dell’olio di oliva. E continuerà a farlo, sperando di trovare su questo percorso molti compagni di strada, uomini e donne. (P.g.c. / by courtesy www.teatronaturale.it Anno 11 n. 10 | 11.03. 2013)
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by Loriana Abbruzzetti
Food and culture
The Sex of Olive Oil? Pink Since ancient times, it is written in the DNA of collective consciousness the intrinsic link between the green gold and woman. Today it lives on in the educational project held by Pandolea and the value of making olive oil Discussing the sex of oil could be compared to discussing that of angels! It is enough just to cite a mythological anecdote, one of those who are part of the history of the human being, to emphasize the bond that exists in the collective consciousness, in the DNA of our species, between olive and the woman: was Athena, goddess of wisdom (just a coincidence?) to give the Athenians a seedling of olive tearing away from Poseidon (who donated a horse) the appointment as patron of the most important capital of the ancient world. And here we close the discussion - which, fortunately, no one has ever thought of starting begin - oils sex! But let’s talk about extra virgin olive oil in Italy. The link between olive oil and woman is an integral part of the material culture of the peasant: the oil has always been the ‘purse of the house,’ the little spare key with which often women, were able to cover unexpected expenses, especially for young children. The wine was more a matter of men: they drank more than women, they drank to get more calories before work in the fields, drinking to forget, then drank for conviviality, to accompany a cigar, drinking a status symbol for women? ... No, at least not in public, at least not until a short time ago. Infact, women were not allowed to have wine: too compromising. The oil does not drink, you would use: in the kitchen, small barter, to find pennies when there was no money. They were women who often went into the fields to harvest the olives, which followed the crop in a ‘residual’ manner although so deeply important in the agricoltural work. Nowadays even men realize the potential of oil, much of women’s culture is luckily transmitted to men, extra virgin olive oil is becoming an ingredient to taste, to understand, one which to show off in public. Yet the feminine sensibility that aims to embrace, to understand, to round, to smooth yet is strong part of the culture of olives and extra virgin olive oil processing.
It is starting from these considerations that Pandolea was born ten years ago, not to sell oil, but to spread the culture of healthy eating that, in our opinion, starts from the awareness of what you eat and what you are cooking. Starting from olive oil. No coincidence that the initiative of the associated Pandolea focused on primary schools and mainly on the younger: it is children who need to understand and to embrace this ‘new’ knowledge. When tasting, kids are like sponges, curious and hungry to know: when tasting a good oil, done in state of the art manner, and immediately after a ‘fake’ oil, they understand the difference immediately. And they learn, alias being aware of what they are presented in front of them. So, attention to food, nutrition, and education: aren’t they all fiele in chic women are more concerned than man? Not because a woman is smarter! Simply because historically and culturally things have always been so. And also because biologically the attention and sensitivity towards children is greater in the early years of children’s lives. Usually, we also talk about products and labels ... we also face the arena of competition which is tipical of men! It is enough just to scroll through the list of associates of Pandolea to see how these companies - and it is business reality where the ladies do not do PR or marketing, but they make oil, in the field and in the mill! - Are in most cases at the top of the national charts and guides and international competitions. But, we’re not here to mention names: there’s no need. But this certainly does not mean that women are better than their male colleagues! However, it does indicate that women have a special sensitivity towards the earth, towards the country side, towards the aroma scents and flavors, to the correctness of procedures and processes, and such a desire to do well for us - women - think about making a product as important and beautiful as olive oil and do evil is unthinkable, inconceivable. As well as thinking of cheating on olive oil is a crime for a woman, much more serious than other crimes. It is a fact of culture and genes, probably. Take other crimes: sure, there are women who kill. But how many? Try to make a count, how many murders perpetrated by a woman do you remember and how mant of men. How many men kill a wife or a mistress? And how many women kill a fellow? Yes, we are on a slippery and dangerous field. Yet there is some similarity between the two fields. Even olive oil is the ground of fraud, adulteration, cheating hard to earn in defiance of any kind of salutary concern (not to mention the cultural one!). It is very difficult to find a woman willing to quibble money for a product like the sacred olive oil: a woman would think before of the bad she would be doing and the good that she would deprive from her fellow men and children. Finally, Sensitivity is a land where women have their own specificity and that can bring more culture, even on extra virgin olive oil. And in Italy it is something needed. It’s because of this that for these last ten years Pandolea has opended a door between people and the culture of olive oil. And will continue to do so, hoping to find on this path many companions, men and women. P.g.c. / by courtesy www.teatronaturale.it Anno 11 n. 10 | 11.03. 2013
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Ciak si brinda
di Marco Spagnoli
Dal cinema alla terra: Alessandro D’Alatri
“HO POTATO LA VIGNA E MI SONO SENTITO FELICE”
“Ogni volta che stappo una bottiglia è come se assaporassi il lavoro che c’è dietro”, confessa il regista che alla passione per il grande schermo ha affiancato quella per la produzione vinicola a Pescia Fiorentina. Un amore antico che risale a un’infanzia passata a contatto con la terra. Cosa c’è dentro il calice? Shiraz e Vermentino, filosofia biodinamica e fatica fra i filari di viti Autore e regista di film di successo come La Febbre, Casomai e Commediasexi, cineasta pubblicitario di grande lungimiranza alle spalle di campagne televisive come – tra le tante – quelle legate a Telecom (Hunziker – Travolta) e al paradiso di Lavazza, Alessandro D’Alatri ha unito un’altra grande passione a quella storica per il cinema e le auto da corsa ed è quella per il vino. “Per me è stato come un ritorno alle origini.” Dice D’Alatri “I miei due nonni erano entrambi legati, professionalmente, al vino. Il papà di mio padre era un commerciante di vino, mentre quello di mia madre era un produttore. Ricordo che quando ero bambino, a San Sepolcro, in provincia di Arezzo lui mi prendeva in braccio e mi portava a vedere ribollire i vini quando c’era la fermentazione. Tutta la mia infanzia è legata alla terra, alla Toscana, ai prodotti dell’agricoltura.” San Sepolcro (Arezzo)
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Quando ha deciso di produrre del vino? In un’era in cui si parla tanto di qualità di vita, per me questo concetto è sempre stato un sinonimo di ritorno alla terra. Qualche anno fa avevo dei risparmi da parte e ho avuto l’occasione di potere acquistare un casale in stato di abbandono circondato da molta terra a Pescia Fiorentina in provincia di Arezzo. Io e mia moglie ci siamo messi, così, a costruire l’unica casa di cui siamo proprietari, perché a Roma, invece, viviamo in affitto. Prima abbiamo piantato gli olivi, poi abbiamo deciso di predisporre un vigneto seguendo dei criteri biodinamici. Quali vini ha scelto di produrre? Come rosso abbiamo voluto lo Shiraz che nella zona non è molto praticato, ma che veniva consigliato dalle qualità organolettiche del terreno, dall’esposizione ai venti e al sole e – come bianco – invece un vermentino tipico della zona. Ho curato personalmente l’impianto. Difficoltà? Se dal punto di vista pratico è stata una grande gioia piena di fatica e soddisfazione, ho trovato sconcertante la burocrazia pazzesca che ci si trova ad affrontare in termini di autorizzazioni. In più penso che, oggi, fare il contadino significa lavorare fianco a fianco con un commercialista. Il che lo trovo veramente assurdo. L’agricoltura dell’era dei miei nonni non può più esistere.
Quante vendemmie ha fatto? Ho scelto di non usare né anticrittogrammici, né pesticidi. Uso solo il rame e lo zolfo, perché altrimenti sarebbe impossibile fronteggiare i parassiti tradizionali. Nel giro di tre anni il vigneto è cresciuto e quella di quest’anno è la quarta vendemmia dove prevedo di produrre circa cinquemila bottiglie di entrambi. Quest’anno non è più un vino giovane, ma uno che ha una sua caratteristica precisa. È un “ometto”… Perché ha scelto il nome ‘regista’? Perché così è come mi chiamano da quelle parti e – progressivamente – quando compravo i materiali, gli utensili e tutto il resto sulle bolle di consegna non c’era mai il mio nome, ma solo questo titolo. L’ho considerato una sorta di ‘suggerimento’ e un segno del destino. Vorrebbe commercializzarlo? Mi piacerebbe: ho fatto dei piccoli esperimenti a chilometri zero lì nella zona. Dei miei amici di New York lo vorrebbero per il loro ristorante, ma non c’è ancora nulla di definito. Non intendo guadagnarci, anche se – ovviamente – mi piacerebbe ripagarmi delle spese.
Fabio Volo interpreta Mario, nel film di D’Alatri “LA FEBBRE“, girato nel 2005.
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Ciak si brinda
È soddisfatto? Enormemente. Lo scorso weekend ho potato la vigna e mi sono sentito felice dell’attività fisica che avevo fatto e del vedere crescere le mie uve. Mi piace pensare di potere offrire a casa mia, ai miei amici, pane, olio e vino che ho seminato, coltivato e raccolto. È come un’immersione nelle mie radici che mi dà un’immensa gioia. Cosa è cambiato nella sua vita da quando è diventato, anche, produttore di vino? Mi sveglio la mattina e guardo fuori dalla finestra pensando a che tempo fa in Toscana e a quanto sole prenderanno le mie piante… seguo le previsioni meteo sull’iPhone in maniera costante e mi preoccupo, oppure sono molto felice per la mia vigna e le mie olive. Produrre vino è una grande esperienza che mi rende molto contento. Ogni volta che stappo una bottiglia è come se assaporassi il lavoro che c’è dietro. Per contatti con la produzione del regista Alessandro D’Alatri Alessandro.dalatri@fastwebnet.it
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by Marco Spagnoli
Action! Time to Drink
From Cinema to Soil: Alessandro D’Alatri
“‘I Sheared my Vine and Felt Happy” “‘Every time I open a bottle it is as if I could taste the work behind it’ confesses Alessandro D’Alatri director with a passion for the big screen that has committed himself to wine production in Pescia Fiorentina. An ancient love that goes back to a childhood spent in contact with the ground. What’s in the cup? Shiraz and Vermentino, a biodynamic philosophy and an effort that stands behind the rows of vines
Author and director of films such as ‘La Febbre’, ‘Casomai’ and ‘Commediasexi’. Filmmaker of great vision behind advertising campaigns such as television - among many - those related to Telecom (Hunziker - Travolta) and the paradise of Lavazza, in Alessandro D’Alatri merged another great passion other than films and racing cars, and that is the one for wine. ‘For me it was like a return to basics.’ According to D’Alatri ‘My two grandfathers were both linked, professionally, to wine. The father of my father was a wine merchant, while my mother’s father was a wine producer. I remember when I was a child, at St. Sepulchre, in the province of Arezzo he took me in his arms and brought me to see wine fermentation. My whole childhood is linked to the land, to Tuscany, to the products of agriculture.’
How many harvests have you made? I chose not to use pesticides but only copper and sulfur. Within three years, the vineyard has grown and this year’s is the fourth harvest, where I expect to produce about five thousand bottles of both. This year is no longer a young wine, but one that has its own characteristic.
When did you decide to produce wine? In an era where people talk about quality of life, for me, this concept has always been synonymous with a return to the land. A few years ago I had some savings aside and I had the opportunity to buy a house in state of disrepair surrounded by lots of land in Pescia Fiorentina in the province of Arezzo. Before my wife and I planted the olive trees, then we decided to set up a vineyard following biodynamic criteria.
Are you satisfied? This past weekend I pruned the vines and I felt happy that I had done physical activity and saw my grapes growing. I like to think that we can offer in my home to friends, bread, oil and wine which I have planted, cultivated and harvested. It’s like diving into my roots, which gives me immense joy.
Which wine have you chosen to produce? A red we decided on a Shiraz that is not widely practiced in the area, but was recommended by the organoleptic qualities of the soil and the exposure to wind and sun, and - as white - instead we chose Vermentino which is typical of the area. I personally supervised the installation. If, from the practical point of view, it was a great joy and full of effort and satisfaction, I found it disconcerting facing the bureaucracy in terms of permissions. In addition, I think that, today, being a farmer means working side by side with an accountant, which I find absurd. The agricultural era of my grandparents can no longer exist.
Why did you choose the name ‘Regista’? Because that’s how they call me over here and - gradually - when I bought the materials, tools and everything else on delivery notes there was never my name, but this title. I considered it a kind of ‘suggestion’ and a sign of destiny. Also, I did some small experiments at zero kilometers in the area. Some of my friends in New York would like to buy it for their restaurant, but there’s nothing definite yet. I do not intend to earn, although - of course - I’d like to repay the expenses.
What has changed in your life since you became a producer of wine? I wake up in the morning and look out the window thinking about the weather and how much sun there is in Tuscany ... I follow the weather forecast on the iPhone steadily and I despair, or I am very happy for my vineyard, and my olives. Making wine is a great experience that makes me very happy. Every time I uncork a bottle it is as if I could taste all the work behind it. To contact the production director Alessandro D’Alatri’s Alessandro.dalatri@fastwebnet.it
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Vinosofia & Enoturismo
di Giorgia Turco e Salvatore La Lumia
Le nuove sfide del comparto vitivinicolo
DIAMO AL VINO IL RUOLO DI AMBASCIATORE DELL’ITALIA IMPARANDO A COMUNICARLO BENE E SU SCALA GLOBALE! Se, parafrasando il torinese Mario Soldati, il vino è poesia della terra, è altrettanto vero che, oggi, il comparto vitivinicolo italiano si trova a affrontare nuove sfide per poter sopravvivere in un mondo in cui al ritmo della poesia si è sovrapposta la velocità delle comunicazioni e del commercio.
Social network, graphic design, pubblicità, packaging, marketing virale, web reputation sono solo alcuni degli strumenti che un produttore di vino deve saper usare se vuole che la sua bottiglia sia conosciuta, riconosciuta e richiesta a livello internazionale. Il buon prodotto non basta più dal momento che occorre una “voce” – preferibilmente sul web – che riesca a trasmettere la storia, i valori e la qualità della realtà imprenditoriale. Si tratta ovviamente di una grande opportunità che, se ben dosata e utilizzata, può avvicinare il pubblico mondiale a tutte quelle piccole e medie eccellenze che, spesso, soffrono di fronte a operazioni dal sapore prettamente commerciale.
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È così che il vino diviene ambasciatore dell’Italia, veicolo non di un semplice spazio materiale ma di un asset territoriale con una dote fisica, relazionale e umana. Ma cosa è in realtà un territorio? Per quanto comunemente si identifichi questo con un luogo geograficamente limitato, oggi l’idea di esso ha valicato i confini materiali per inglobarne altri ben più astratti. Far parte o provenire da un territorio significa, infatti, riconoscersi in un insieme di caratteristiche sociali, storiche, linguistiche, alimentari, a volte estetiche e certamente valoriali che permettono di realizzare quella che si chiama identità territoriale.
Per conoscere e comprendere ciò da cui si proviene e per acquisire una consapevolezza, occorre però necessariamente confrontarsi e interagire con ciò che è differente, con l’altro, con il globale, inserendosi in un sistema multiculturale di reti, ognuna con la propria specificità. Una rete di reti, un contenitore allargato dove tuffarsi senza dimenticare da dove ci si è lanciati. Essere “glocali” quindi con la voglia di scoprire altri luoghi, di trovare sulla tavola i prodotti di quella terra ma con in testa la propria appartenenza. È in questa ottica che il viaggio che percorreremo insieme, attraverso la penisola italica, cercherà di far emergere le identità territoriali. La vite e il vino, novelli Virgilio, ci traghetteranno verso gli aridi e vulcanici paesaggi siciliani, accompagnandoci per le verdi colline toscane fino alle langhe piemontesi, mostrandoci come l’Italia – con la sua varietà umana, enogastronomica, geologica, artistica, culturale e storica – non sia altro che simbolo universale di come possa esistere una consapevolezza identitaria nella multiforme diversità. Tracciando virtualmente il tragitto che fecero i coloni greci – i primi a portare proprio la vite e l’ulivo – partiremo dalle coste della Sicilia, terra eletta come dimora dal dio Vulcano, dove il gigante Polifemo scagliò enormi massi contro l’astuto Ulisse e dove il rapimento di Kore e il pianto della madre Demetra diede vita alle stagioni. Ammaliati dal mito, risaliremo lo stivale, scoprendo cantine dove prima sorgevano gli antichi palmenti, perdendoci nel profumo di un vino eccellente, tra castelli e abbazie, tra rovine archeologiche e palazzi nobiliari, accarezzando le nodose viti impiantate su territori dalle molteplici caratteristiche ma testimoni di una cultura millenaria. In questo viaggio, l’Italia si aprirà al curioso lettore, svelando quel segreto che probabilmente potrebbe essere la chiave per favorire la sopravvivenza di molti luoghi nel mondo: mostrarsi agli altri, per ritrovare se stessi. Per farlo partiremo, nel prossimo numero di Wine Passion, dalle falde dell’Etna…
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Winesophy & tourism
by Giorgia Turco and Salvatore La Lumia
The new challenges of the wine sector
WE GIVE THE ROLE OF AMBASSADOR OF ITALY TO WINE BY LEARNING TO PRESENT IT WORLDWIDE! If, paraphrasing Mario Soldati, from Turin, the wine is poetry of the earth, it is equally true that, today, the Italian wine sector has to face new challenges in order to survive in a world where the speed of communications and commerce has taken the place of the rhythm of poetry.
Social network, graphic design, advertising, packaging, viral marketing, web reputation are just some of the tools that a wine producer must be able to use if he wants his bottle to be known, recognized and requested worldwide. The good product is not enough since you need a ‘voice’ - preferably on the web - that is able to convey the history, values and quality of your entrepreneurship. This is obviously a big chance that, if properly taken, can bring the world consumers closer to all those small and medium excellence often suffering because of merely commercial transactions. That’s how wine becomes the ambassador of Italy, not just of a material space but a territorial asset with a physical, relational and human quality. But what is actually a territory? Even if we commonly identify this with a geographically limited space, today the idea of it has crossed the material boundaries including other more abstract ones. To belong or to come from a territory means, in fact, recognize yourself in a set of social, historical, linguistic and regarding food and sometimes aesthetic values - that allow to create what is called a territorial identity. To know and understand where you come from and to gain an awareness, however, you must necessarily confront and interact with what is different, with the other, with the global, fitting into a multicultural system of networks, each with its own specificity. A network of networks, an expanded container where you can dive without forgetting the place from which you left. Being ‘glocal’ then, with the desire to discover other places, to find on the table the products of a specific land but always remembering where you belong to.
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It is in this context that we will travel together through the Italian peninsula trying to bring out the territorial identities. Vine and wine, the new Virgil, will help us to go through the arid and volcanic Sicilian landscapes, taking us to the green hills of Tuscany up to the Langhe in Piedmont, showing how Italy - with its human, food and wine, geological, artistic, cultural and historical variety - is nothing but a universal symbol of how we can be aware of our identity in the manifold diversity. Virtually tracing the route of Greek settlers - the first to bring their own vine and olive tree – we will set off from the coast of Sicily, the land chosen as a dwelling by the god Vulcan, where the giant Polyphemus hurled huge boulders against the crafty Odysseus and where the rape of Kore and the tears of her mother Demeter gave birth to the seasons. Fascinated by the myth, we will climb the boot, revealing the cellars where once the ancient millstones stood, getting lost in the scent of a fine wine, between castles and abbeys, archaeological ruins and palaces, caressing the gnarled vines planted on lands with numerous features but witnesses of a millenary culture. During this journey, Italy will open up to the curious reader, revealing the secret that could probably be the key to help many places in the world to survive: showing themselves to others to find themselves. To do this we will start, in the next issue of Wine Passion, from the slopes of Mount Etna...
Punti di vista
di Maria Maddalena Baldini Laurenti
LE SUGGESTIONI DELL’ARTE FRA I VIGNETI DEL BRUNELLO Tra finzione e realtà, tra sollazzi e pensieri profondi, la tenuta del Casato Prime Donne di Montalcino diventa un museo a cielo aperto. Viva intuizione di tre artisti che, con il prezioso assenso di Donatella Cinelli Colombini, hanno miscelato fantasia, lavoro quotidiano ed eterna femminilità poetica
È una questione di “Punti di Vista”. La vita è così, com’è così il modo con il quale si osserva il mondo. Una finestra aperta verso la creatività e l’emozione che cresce dentro ognuno di noi per analizzare la realtà. Nulla di più vero! Ed ecco che i vigneti di Brunello, vicino alla bella tenuta di Donatella Cinelli Colombini, azienda al femminile, diventano un museo a cielo aperto. Parliamo di un’opera d’arte, ideata e realizzata da tre artisti di Montalcino Carlotta, Giuditta e Annibale Parisi, discendenti diretti di quell’estro geniale che, da secoli, sembra nascere e maturare sulle terre toscane, proprio come i grappoli d’uva. Un gioco che vuole provocare ed essere, nello stesso tempo, un invito ai visitatori. Così si presenta “Punti di Vista”: un mucchio di ghiaia, carrette di metallo posate sopra, a modo di poltrona, dipinte con i volti e i profili delle donne rese eterne da Picasso, Echi di Léger, Gauguin, Frida Khalo e Modigliani. Un punto di partenza dal quale allargare lo sguardo dei visitatori verso le campagne e la natura; per riflettere sulla femminilità, non solo dei volti ritratti, ma su tutta quella che abbraccia il quotidiano; per scoprire che basta un gioco (ispirato veramente dai nipoti degli artisti) e pochi strumenti comuni, per creare un salotto di pensieri ed emozioni. Annibale, per caso, trasporta una grossa pietra e, a fine lavoro, rovescia la carretta usandola come poltrona da riposo. Al balzo tutti colgono l’idea di dare vita a qualcosa di nuovo e Giuditta dà lo stimolo ludico dell’iniziativa, dell’opera d’arte come fattore scatenante per estrarre la sensazione giocosa e fanciullesca che sta dentro alle persone.
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Via libera alla messa in pratica dell’istallazione in una location nella quale, un’opera d’arte simile, potrebbe essere “fraintesa” per “lavori in corso” ma… qui entra in campo Carlotta, che regala una marcata componente femminile dipingendo i profili delle donne ritratte dai grandi artisti. La meravigliosa e intrigante veste dell’arte si mescola al fascino e alla seduzione del vino, proprio qui, in una terra eletta, tra le vigne del Casato Prime Donne. Carlotta Parisi apre nel 2004 il suo studio-bottega a Montalcino dove illustra libri, disegna e dipinge. Le sculture di carta sono la sua ultima evoluzione. Nel 2011 il suo Paper Cirkus è in tour con il trasformista Arturo Brachetti. Nel 2012 le sue sculture sono selezionate per la Biennale di Santorini (Grecia). Attualmente le sue opere sono esposte a Montalcino. Annibale Parisi vive a Montalcino. Artista per passione scolpisce e disegna, edita e costruisce libri. Fabbrica ceramiche, pipe e mobili, alleva cavalli, coltiva la vigna, dipinge a mano una ad una le etichette per il suo Brunello. Giuditta Parisi fonda nel 2001 lo studio di grafica e comunicazione Archimedia. Nel 2011 firma la linea “I Giochi del Tallurino” grazie alla quale, con il “Gioco dell’Orcia” e “Indovinando - Le Carte del Vino”, riceve un riconoscimento UNESCO.
by Maria Maddalena Baldini Laurenti
Points of View
THE INFLUENCE OF ART AMONG THE VINEYARDS OF BRUNELLO Between fiction and reality, amusements and deep thoughts, the Family house of Montalcino’s ‘Prime Donne’ becomes an open-air museum. An intuition of three artists who, with the precious consent of Donatella Cinelli Colombini, have mixed fantasy, daily work and eternal poetic femininity It is a matter of point of views. Life is so, as is the way in which one observes the world. Nothing could be more true! And here are the Brunello vineyards, neighboring the beautiful estate of Donatella Cinelli Colombini, which has become an open-air museum. We speak of a works of art, conceived and created by three artists from Montalcino: Carlotta, Giuditta and Annibale Parisi, direct descendants of that genius which, for centuries, seems to arise and mature in the lands of Tuscany, just like bunches of grapes. This is “Punti di Vista”: a pile of gravel, metal cutlery on carts painted with the faces and profiles of the women made eternal by Picasso, Léger Echoes, Gauguin, Frida Kahlo and Modigliani. A starting point from which to broaden the visitors’ vision to the countryside and towards nature; for reflecting on femininity; to discover that just a game and a few common tools, to create a living room. Annibale, by chance, carrying a large stone with a barrow, tilts the cart using it as a chair to rest. In that moment the idea of giving birth to something new and playful gives the stimulus initiative to Giuditta who’s work of art triggers the feelings of childish playfulness that is inside people. Carlotta offers great illustrations by painting the female profiles of the women portrayed by artists. The wonderful and intriguing vest of art blends with the charm and seduction of wine, right here in a chosen land, in the vineyards of Prime Donne. Carlotta Parisi illustrates books, and creates drawings, paintings and paper sculptures. In 2011 her “Paper Circus” has traveled around Italy with the Arturo Brachetti Company. In 2012, her sculptures have been selected for the “Biennale” of Santorini (Greece). Currently, her works are exhibited in Montalcino. Annibale Parisi lives in Montalcino. Artist for passion he sculpts and designs constructs and publishes books. Manufactures potter, pipes and furniture, raises horses and finally cultivates the vineyard. Giuditta Parisi, after graduating in Science Communication, works in the marketing industry and in 2001 she founded the design and communication studio Archimedia. In 2011, creates the firm ‘I Giochi del Tallurino’.
Istallazioni lungo il percorso delle Installations along the route of the Prime Donne Montalcino Casato Prime Donne 2002 Marta Morazzoni - I Gangheretti by Alessandro Grazi 2003 Carla Fracci - Ardita 1 by Marco Pignattai 2004 Kerry Kennedy- Foemina by Bruno Bruchi and Giovanni Senatore Colorgis
2005 Congregazione delle Missionarie del S.Cuore di Gesù - Congregation of The Mission of Jesus Christ of the Sacred Heart - Animo by Rossana Mulinari 2007 Frances Mayes - Familia by Orlando Orlandini 2008 Josefa Idem - Acqua e Vino by Stefano Carlucci 2009 Ilaria Capua - Crescendo (Pietre Parlanti) by Jeff Shapiro 2010 Samantha Cristoforetti - La Vignaiola by Michael Austin Latka 2011 Carla Fendi - Modernacolo by Liberatori & Romualdi Architetti Associati and Anna Tesio
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Vinosofia
di Paola Cerana
Sorsi d’autore
GAVINO SANNA: DA ACCLAMATO PUBBLICITARIO AD APPASSIONATO VINATTIERE: UN ATTO D’AMORE ALLA SARDEGNA
Vigneti che profumano di mare e una struttura dalle affascinanti forme museali, la Cantina Mesa, nel Sulcis Inglesiente, trasuda di emozioni e creatività. Come un romanzo in cui ogni bottiglia è un avvinvente capitolo Portare alle labbra un bicchiere di vino e lasciare che il profumo racconti i vagiti del suo nascere significa ascoltarne la storia e capirne l’essenza Un noto proverbio afferma che nel vino è la verità. Una verità che trascende la piacevole ebbrezza sollecitata dal dionisiaco nettare e che affonda le radici nel tessuto atavico da cui esso proviene. Portare alle labbra un bicchiere di vino e lasciare che il profumo racconti i vagiti del suo nascere significa, infatti,
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ascoltarne la storia e capirne l’essenza. La storia raccontata dai vini della Cantina Mesa somiglia a un romanzo, di cui ogni bottiglia è un appassionante capitolo. La trama sottesa è una dichiarazione d’amore per la Sardegna, uno sposalizio tra la generosità della terra e il lavoro dell’uomo.
La terra è quella di Sant’Anna Arresi (CI), un paesino del Sulcis Iglesiente dove i pendii scivolano morbidi verso Porto Pino fino a carezzare il mare. E l’uomo è Gavino Sanna, il più acclamato pubblicitario italiano, che ha dedicato il proprio genio alle tradizioni agricole della sua isola, interpretando creativamente le eredità enoiche. La Cantina Mesa appare come un candido miraggio in una valle verde baciata dal maestrale. La struttura minimalista meriterebbe già di per sé una visita: 5 mila metri quadri su tre livelli, dove vitree trasparenze e sottili geometrie giocano a comporre
effetti scenici museali. La trasparenza risponde a un ruolo estetico ma anche funzionale, poiché mette a nudo ogni processo di lavorazione delle uve, dalla diraspatura alla pigiatura soffice, fino all’affinamento in barriques di rovere francese. L’aspetto futuristico della Cantina custodisce dunque un’anima semplice: mesa, in sardo così come in spagnolo, significa desco, termine associato al convivio, al nutrimento e all’amore materno. A conforto di questa singolare “vinosofia” sta una forte tradizione perché qui la viticoltura risale all’epoca dei Fenici.
I 70 ettari di vigneti fruttano vini emozionanti dai nomi evocativi, le cui etichette promettono un contenuto altrettanto seducente. Sensuale è anche la foggia delle bottiglie: ancheggianti e affusolate, fiere come le donne sarde di nero vestite in composta fila per la messa. Ogni etichetta ha un carattere unico e va a comporre l’identità inconfondibile della Cantina. “Buio”, il Rosso Carignano del Sulcis e “Buio Buio”, il Rosso Carignano barricato, innamorano con i sentori ampi e intensi che richiamano la frutta rossa screziata di spezie. Il primo, al palato, si esprime con nuances giovani e fresche coerenti con il color rosso rubino: “riflessi di forza primitiva semplici e vigorosi come una stretta di mano”; il secondo, rivela al primo sorso una trama setosa e note tanniche di rara morbidezza adeguate al vivace color ciliegia: “corpo forte di tronco secolare che racconta nell’uva il vento e il mare mai spenti”. “Opale”, col suo profumo di mele cotte e gelsomino dai timbri di vaniglia e caramella, sposa un sapore elegante dal finale schietto, da
gran Bianco Vermentino: “profumo di notte che avvolge i grappoli accesi come stelle ubriache di sole”. E ancora “Rosa Grande”, il Rosato Carignano dagli effluvi floreali spruzzati di rosa selvatica e lampone, induce al languore con il suo sapore delicato e persistente: “fine come le nuvole sottili che dal mare annunciano ai grappoli assonnati il risveglio del sole”. Ognuno dei vini della Cantina Mesa esalta i sapori tradizionali della Sardegna, dalle zuppe di pesce ai formaggi, dalla carne alla brace alla pasticceria. Tuttavia ognuno di essi invita anche ad accompagnamenti più profondi, quelli col pensiero, per un piacere squisitamente intellettuale: perché sorseggiare un bicchiere di “Giunco”, “Forterosso” o “Orodoro” significa scoprire la verità che è nel vino. E così, accostando l’orecchio al calice brioso di un “Gioiamia”, magari in piacevole compagnia, sarà possibile udire il mormorio del mare. Un mare color del vino. http://www.cantinamesa.it/
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Vinosofia
CANTINA MESA, LA TIFFANY DEL VINO
Dal genio creativo di Gavino Sanna la “gioielleria” architettonica dell’enologia sarda Sant’Anna Arresi (CI), un paesino del Sulcis Iglesiente affacciato su Porto Pino, vanta non solo una naturale bellezza paesaggistica ma anche un’opera d’arte architettonica di grande stile. Gavino Sanna, il famoso pubblicitario, ha voluto interpretare creativamente le tradizioni enoiche della sua Sardegna non solo attraverso il vino ma anche attraverso la Cantina. La Cantina Mesa è un gioiello minimalista: 5 mila metri quadri di trasparenze e geometrie abbracciati da 70 ettari di vigneti. Il progetto è nato da un’idea fondamentale: “Se mi chiedete di vendere vino – racconta Sanna – non mi interessa. Ma se se volete che io crei una “Tiffany del vino in Sardegna, allora sì!” Questo è il concept della Cantina: raccontare una terra attraverso il vino, il Carignano, e insieme attraverso la struttura che lo accoglie. Una struttura imponente ma leggera, che domina dall’alto di una
collina il mare e le dune. L’ispirazione è data da un nuraghe, simbolo della cultura sarda, reinterpretato in chiave moderna. Le aperture che s’intravedono dall’esterno sono le finestre, fondamentali per ricreare all’interno giochi di luce e contrasti cromatici che sorprendono lo sguardo. Dentro, infatti, la Cantina è volutamente austera, concentrata su un falso minimalismo che le infonde il carattere di una cantina decisamente atipica, unica. “Quando tempo fa la Rai venne qui per un servizio sul Sulcis – confida Sanna – non voleva più andarsene, tanto erano tutti rapiti da questa gioielleria del vino.” L’interno in effetti è ricco nella sua essenzialità: marmo, acciaio e frassino laccato, tutto rigorosamente nero e distribuito su spazi di ampio respiro, protetti da altrettanto ampie vetrate. L’intero contesto ricorda una “grande mamma”, la mamma mediterranea che tutto avvolge e protegge.
Ogni sala è visitabile e godibile e resta separata dagli ambienti di lavoro. A sinistra, entrando, sorprende una grande sala completamente vuota, la “galleria”. Entrando viene spontaneo domandarsi dove siano i quadri in quell’immenso spazio bianco e nero, eppure al secondo sguardo eccoli comparire: le finestre sono i quadri, affacciate sugli alberi, sulle dune e sul mare. Così l’esterno dialoga con l’interno, il bianco e il nero si colorano di luce, di sole, di Sardegna. Questa sala ha un suo perché, poiché è dedicata alle degustazioni e ai frequenti eventi culturali. All’esterno, sul lato destro della Cantina, colpisce lo sguardo una parete completamente ricoperta di mattonelle che ripercorrono le etichette dei vini. L’insieme evoca un enorme arazzo sardo, composto di oltre 500 piastrelle tutte eseguite a mano, e mescola alla sensazione si grandezza il piacere della raffinatezza. Anche l’ingresso, con il suo portale in frassino nero laccato, evoca la solennità delle porte degli antichi
monasteri sardi, con quel tocco di genio che solo un creativo innamorato della sua terra poteva dare. A consacrare il valore dei vini della Cantina Mesa sarà la presentazione a Vinitaly, il prossimo 6 aprile a Verona, del primo vino riserva, un Carignano dal nome eloquente: “Gavino”. Un tocco di genio in più per un’opera d’arte in continua evoluzione.
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by Paola Cerana Vinosofia Gavino Sanna: From Acclaimed Advertiser to Passionate Wine Merchant: An Act of Love to Sardinia
Vineyards that smell like the sea and a structure characterized by the fascinating forms of museum like structures, the Mesa Cantina, in Sulcis Inglesiente, exudes excitement and creativity. As a novel in which every bottle is a absorbing chapter, bringing a glass of wine to the lips and letting the scent-full stories of his birth is like listening to its story and understanding its essence A well-known proverb affirms that wine is the truth. A truth that transcends the pleasant of the Dionysian nectar but that has its roots in the ancestral tissues from which it originated. The story told by the wines of Cantina Mesa is like a novel, with each bottle being an exciting chapter. The underlying plot is a declaration of love for Sardinia, a marriage between the bounty of the earth and work of human hands. The earth is that of Sant’Anna Arresi (CI), a small village close to Porto Pino up to caress the sea. Vineyards that smell like sea and a structure characterized by the fascinating forms of museum like structure in fact, the interior is rich in its simplicity: marble, steel and lacquered ash, all strictly black and distributed over broad areas, protected by equally large windows. The whole context is reminiscent of a ‘great mother,’ a Mediterranean mother that surrounds and protects everything. The man is Gavino Sanna, the most acclaimed Italian advertising agent, who has devoted his genius to the agricultural traditions of his island ‘If you ask me to sell wine - says Sanna - I wont. But if if you want me to create a ‘Tiffany wine in Sardinia, then yes!’. The 70 hectares of vineyards yield exciting wines with evocative names, whose labels promise an equally enticing content. Sensual is also the shape of the bottles, fair as the Sardinian women dressed in black ready for mass. Each label has a unique character and goes to make up the unique identity of the winery. Each of the wines of Cantina Mesa enhances the traditional flavors of Sardinia, from fish soup to cheese, from grilled meats to pastries. However, each of them also invites you to deeper accompaniments for a purely intellectual pleasure: having a glass of “Giunco”, “Forterosso” or “Orodoro” means to uncover the truth that is ceiled in the wine. And so, putting your ear to the glass of a spirited “Gioiamia”, in pleasant company, might make you hear the murmur of the sea. A wine-colored sea.
MESA WINE CELLAR, THE TIFFANY WINE From the creative genius Gavino Sanna, the architectural ‘jewelry’ of Sardinian oenology Mesa Wine cellar is a minimalist jewel: 5000 square meters of transparencies and geometry embraced by 70 acres of vineyards. The project was born from a fundamental idea: ‘If you ask me to sell wine - says Sanna - I don’t care. But if you want me to create a ‘Tiffany wine in Sardinia, then ok!’ The inspiration comes from a dolmen, the symbol of Sardinian culture, reinterpreted in a modern key. The cellar is deliberately austere inside, focused on a fake minimalism, rich in its simplicity: marble, steel and lacquered ash, all strictly black. ‘When sometimes ago Rai was here for a report on Sulcis – Sanna says – they did not want to leave anymore, as they were all so fascinated by this wine jewelry.’ The whole context recall a ‘great mother,’ the Mediterranean mom, who wraps and protects everyone. You can visit and enjoy every hall that remains separate from the workplace. While entering it is natural to ask where the pictures in that huge black and white space are, but at second glance here they are: the windows are the pictures, overlooking the trees, the dunes and the sea. So the outside talks with the inside, the white and the black colour of light of the Sardinian sun. This hall has its own reason, since it is dedicated to wine tasting and frequent cultural events. Outside, on the right side of the winery, a wall that resembles Sardinian tapestries, made of over 500 handmade tiles, strikes your eye. Even the entrance, with its black lacquered ash portal, recalls the solemnity of the doors of the ancient monasteries in Sardinia. The presentation at Vinitaly of the first reserve wine, a Carignano, whose name says it all: ‘Gavino’ in Verona on April 6 will establish the value of the wines of Mesa Wine cellar. A brilliant touch for a work of art in constant evolution.
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Andar per cantine e frantoi
Milleanni 2013, l’olio extravergine di Donnafugata Al blend “storico” di Biancolilla, Nocellara e Cerasuola - cultivar tradizionali della Valle del Belice – se ne è aggiunta una quarta, sempre autoctona ma poco diffusa, la Pidicuddara. Un olio, il “Milleanni” di Donnafugata, dal colore giallo oro con riflessi verdi, segnato da aromi di erbe aromatiche, sfumature vegetali; il sapore è fresco e gradevole, elegante e non invasivo, perfetto compagno della cucina siciliana o da abbinare a piatti a base di carne, portate di pesce o menù a base di verdure. www.donnafugata.it
Valle dei Templi (Ag)
Il Vino della dea Giunone ad Agrigento Diodoros il vino della Valle è il primo significativo risultato del “Progetto Diodoros” con il quale si rilancia l’immagine produttiva del vigneto storico della Valle dei Templi (Ag), posto sotto il tempio di Giunone. La vendemmia 2012 per le varietà a bacca rossa, blend di Nero d’avola - 90% - Nerello Cappuccio e Nerello Mascalese verrà ricordata per l’integrità del frutto. Affinata in vasca (2 mesi) e poi in barili di rovere (10 mesi), questa prima annata - sole 6000 bottiglie tutte numerate - maturerà in bottiglia per altri 6 mesi prima della commercializzazione. www.granviasc.it Lumera: la freschezza in rosa di Donnafugata Un equilibrio di profumi, aromi, sensazioni, fragranze, tutto derivato dalla perfetta lavorazione delle uve Syrah, Nero d’Avola, Pinot Nero e Tannat. Ecco Lumera 2013, il vino accattivante e moderno di Donnafugata. “Abbiamo selezionato le uve nei vigneti più giovani, quelli che non raggiungono i dieci anni di vita e che si trovano nei territori della Tenuta di Contessa Entellina” – afferma Antonio Rallo, titolare e responsabile dell’azienda – “dove le interazioni tra clima, suolo ed esposizione dei vigneti sfiora la perfezione”. Una vino rosato dalle note di melograno e ribes con sfumature di fragole e frutti di bosco. “Esprime la gioia di vivere” – sottolinea José Rallo – “un inno alla bellezza”. www.donnafugata.it
Novarè, la nuova produzione firmata Bertani, presentata ufficialmente alla stampa presso l’azienda di Grezzana in occasione della tavola rotonda “Essere Bertani”, è un vino autentico, che porta in sé tutta la tradizione della zona e del terroir rivisitandoli in maniera moderna e vibrante. Un prodotto con il quale tutta la Valpolicella si dovrà confrontare, perché mette al centro del prodotto la Corvina, andando oltre il tema tecnico dell’appassimento. www.bertani.net
Ouverture: il nuovo spazio della Carlo Pellegrino Nasce “Ouverture”, il nuovo spazio esclusivo delle Cantine Carlo Pellegrino di Marsala che offre, oltre all’eccellenza enologica e alla vasta gamma dei vini Pellegrino, accoglienza e relax, una sala espositiva e un’area conferenza aziendale. Circondato da ettari vitati “Ouverture” fa conoscere a turisti e visitatori la storia che da
oltre 130 anni fa da cornice a questa prestigiosa realtà vinicola, “una finestra aperta sull’evoluzione del mondo della Carlo Pellegrino”, afferma Chiara Bellina, responsabile della struttura situata a poca distanza dal mare dal quale giunse John Woodhouse, scopritore e ambasciatore nel mondo del vino Marsala. www.carlopellegrino.it
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Novarè di Bertani, simbolo di Valpolicella
Ouverture
Visiting cellars and mills
Milleanni 2013, DONNAFUGATA EXTRA VIRGIN OLIVE OIL To the ‘historic’ blend of Biancolilla, Nocellara and Cerasuola – among the most important traditional cultivars of the Valle del Belice – a fourth has been added, Pidicuddara, local but not very widespread. Donnafugata’s ‘Milleanni’ oil, golden yellow with green reflections, characterized by vegetal hints of aromatic herbs; a fresh and pleasantly taste, elegant and non-invasive perfect for the Sicilian cuisine or to be matched with meat, fish or vegetables dishes. The Wine of the goddess Juno in Agrigento It is Diodoros, the wine of the Valley of the Temples in Agrigento, fruit of the ‘Diodoros Project’ with which they want to re-launch the productive image of the historic vineyard located in the Valley of the Temples (Ag), at the feet of the temple of Juno. The 2012 harvest for the red berry varieties, blend of Nero d’Avola - 90% Nerello Cappuccio and Nerello Mascalese, will be remembered for the integrity of its fruit. Aged in tank (2 months) and then in oak barrels (10 months), this first vintage - only 6000 bottles, all numbered - will age in bottles for other 6 months before being released. www.granviasc.it
Donnafugata’s Contessa Entellina estate
Lumera: Donnafugata rosè freshness
Novarè by Bertani, a symbol of Valpolicella
A balance of aromas, flavours, sensations and fragrances, all derived from the perfect processing of the Syrah grapes, Nero d’Avola, Pinot Nero and Tannat. It is Lumera 2013, the attractive and modern Donnafugata wine. ‘We picked the grapes produced in the youngest vineyards, the one that do not reach ten years of life and are situated in the territories of Contessa Entellina – says Antonio Rallo, owner and manager of the company – where the interactions among climate, soil and exposure of the vineyards is close to perfection.’ A rosé wine with notes of pomegranate and currants with hints of strawberries and berries. ‘It expresses the joy of living – says José Rallo – a hymn to beauty’. www.donnafugata.it
Novarè, the new product signed by Bertani, officially presented to the press at the company in Grezzana at the round table ‘Essere Bertani’ (Being Bertani), is an authentic wine which carries the whole tradition of the area and of the terroir by revisiting them in a modern and vibrant way. A product with which the Valpolicella will have to compare, because it contains Corvina, going over the technical issue of withering. www.bertani.net
Ouverture: the new space for Carlo Pellegrino winery Introducing ‘Overture’, the new exclusive location of Carlo Pellegrino Wine cellars in Marsala, which offers, in addition to excellence wine and a wide range of Pellegrino wines, hospitality and relax, an exhibition hall and a conference business area. Surrounded by acres of vineyards ‘Overture’ makes the tourists and visitors learn about the history that for over 130 years has been the setting for this prestigious wine-making enterprise, ‘an open window on the evolution of Carlo Pellegrino’s world,’ says Clare Bellina, manager of the facility located a short distance from the sea where John Woodhouse, discoverer and ambassador in the world of Marsala wine, landed. www.carlopellegrino.it
Valpolicella
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Il vino nel piatto
di Federica Lippa
Dalla cantina ai fornelli: Igles Corelli
ARTE E FANTASIA CON L’AIUTO DI BACCO Il nettare degli dei sa rapire in ogni sua declinazione la fantasia del grande maestro ferrarese noto a livello internazionale. I piatti della tradizione estense sono diventati esempi di alta cucina. Igles Corelli è un cuoco eclettico. Da molti suoi colleghi è considerato un “maestro” e le sue ricette, diventate dei classici della cucina italiana d’autore, si trovano variamente interpretate nei menu di molti ristoranti di tutta la Penisola. La sua partecipazione a numerose trasmissioni televisive sul canale satellitare RAI SAT-Gambero Rosso Channel e a varie trasmissioni RAI e Mediaset, ha contribuito ad accrescerne la popolarità anche nei confronti del grande pubblico che apprezza in lui la simpatia e la semplicità con cui sa spiegare anche le ricette più elaborate. Igles Corelli è sicuramente uno tra i maggiori esponenti di spicco dell’avanguardia gastronomica nazionale, i suoi piatti sono considerati, dagli esperti, esempi di genialità e di alta professionalità. La sua capacità divulgativa, la generosità e la disponibilità hanno contribuito alla crescita di tanti giovani appassionati, oggi chef famosi e apprezzati. Arriva dalla sua scuola anche Bruno Barbieri, il famoso chef/giudice della trasmissione televisiva in onda su SKY “MasterChef”. Nel corso della sua carriera, ha conseguito i maggiori riconoscimenti della critica gastronomica sia italiana che internazionale. Corelli crea ricette originali senza separarsi mai dalle radici della cultura gastronomica italiana e, nel corso degli anni, ha contribuito all’evoluzione dei costumi alimentari, amplificando le frontiere del gusto. È riuscito così a proporre una visione avanguardistica tanto nella preparazione quanto nella presentazione dei suoi piatti, inserendosi tra la schiera di coraggiosi innovatori che hanno aperto le porte alla concezione di cucina come arte. Igles, sei considerato un artista della cucina italiana, sei stato uno dei pionieri e hai fatto scuola sulla concezione di cucina come arte, cosa o chi hanno stimolato la tua visione avanguardistica per andare oltre la tradizione? Mi è sempre piaciuto sperimentare, ho una visione della vita che si basa sull’innovazione, sono un fautore assoluto della tecnologia e in cucina uso una strumentazione inconsueta come gli ultrasuoni, distillatori, essiccatori, evaporatori, in poche parole un tipo di attrezzatura che apre la mente e la fa “viaggiare”, inoltre, il mio cavallo di battaglia è quello di circondarmi di brigate composte da giovani che sono sempre molto stimolanti.
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Cerco di valorizzare al massimo il prodotto, prestando molta attenzione al gusto finale del piatto stando però altrettanto attento al discorso salute, il fatto di andare al ristorante non deve essere inteso come uno sgarro, io sono molto attento a proporre una sana alimentazione, tanto è che, nel mio ristorante, prepariamo il pane non usando il lievito di birra ma la papaya fermentata. Quando è nato il tuo amore per la cucina? Chi o cosa sono stati fonte di ispirazione per questa passione che poi è diventata la tua professione? I miei genitori, quando avevo circa 11 anni, avevano una trattoria nel Ferrarese, mia mamma cucinava in maniera semplice e tradizionale, faceva poche cose, ma le sapeva fare benissimo come i tortellini e gli arrosti, però ricordo che già prima, all’età di 8 anni giocavo a fare il “ristoratore” e mi divertivo a fare le piadine fritte per i miei amici. So che tu la definisci la tua cucina “Garibaldina”, mi dici che significa? Non sono un amante della cucina a km zero, sono sempre alla ricerca del miglior prodotto tipico presente sul territorio nazionale, se la miglior mortadella la fanno a Bologna, la prendo a Bologna, se le migliori patate vengono coltivate ad Avezzano, le prendo ad Avezzano, il discorso del km zero può essere che vada bene per
la trattoria, ma secondo me non deve essere una regola. Le cipolle pugliesi sono buone e oggi con pochi euro di corriere espresso in un giorno ti arrivano, se telefono oggi in Puglia, mi caricano i gamberi viola, rossi, le seppioline e gli scampi, e con il corriere la mattina dopo sono qui. Le eccellenze le andiamo a prendere in giro: l’Italia ha mille prodotti da valorizzare, sfruttiamo questi giacimenti. Inoltre, ho anche una visione sulle tipicità internazionali, per esempio molte spezie le faccio arrivare dall’estero. Sento spesso fare il tuo nome da molti tuoi colleghi e anche da giovani talentuosi chef emergenti, sei definito da tutti loro come un grande maestro, generoso nel divulgare consigli, quindi non “geloso” del tuo sapere, piuttosto raro nel tuo ambiente… Mi piace trasmettere ciò che conosco, non sono geloso del mio sapere, adoro divulgarlo, anche se bisogna considerare che per un tipo all’avanguardia come me, in costante ricerca di novità, nel momento in cui trasmetto qualcosa, è già vecchio… quindi in realtà non trasmetto mai cose nuove, inoltre prima le voglio sperimentare, sono in continua ricerca per preparare piatti importanti e una volta consolidati, amo trasmetterli ad altri chef, ad esempio sono molto orgoglioso del fatto che Almo, finalista dell’ultima edizione di MasterChef, abbia interpretato un mio famoso piatto che ho creato nel 1981, “Il budino di cipolle con foie gras e salsa di zenzero, porri fritti e abbellito con fiori”, un piatto ancora molto attuale.
Che rapporto hai con il vino in cucina? ti piace utilizzarlo per preparare i tuoi piatti? Assolutamente sì, mi piace utilizzarlo, alcuni miei piatti richiedono l’acido che ottengo utilizzando il vino. E i tuoi gusti? quale tipo di vino preferisci? Mi piacciono molto i bianchi aromatici e i rossi importanti, amo lo champagne, ma mi piacciono anche le bollicine italiane sia Prosecco che Franciacorta. Nella cantina del mio ristorante Atman, in Toscana a Pescia, ho 104 etichette di bollicine. Nel tuo ristorante che importanza ha la scelta del vino in abbinamento ai tuoi piatti? Ha una grandissima importanza, ho un bravissimo sommelier che cura la cantina e consiglia i clienti sull’abbinamento dei vini con i vari piatti che propongo, ritengo che un giusto abbinamento tra vino e piatto possa essere l’esaltazione dei gusti ai massimi livelli. Prova a chiudere gli occhi e immaginati in un posto bellissimo... dove vorresti essere... ma soprattutto avresti un bicchiere di vino in mano? Ho girato il mondo e ho visto tanti bellissimi posti, però se chiudo gli occhi, mi viene in mente un posto che frequentavo quando avevo 20 anni nel Ferrarese, mio luogo di origine. Era una “baracca” sul mare, mi piaceva stare lì e godermi il tramonto, ricordo che al calar del sole, arrivava sempre un “frittino” meraviglioso che io abbinavo ogni volta con un bel bicchiere di bollicine.
Pernici arrosto con mais e gelatina di vino Ingredienti 2 pernici; 50 g di polpa macinata di maiale; 2 cucchiai di mandorle spellate; 1 scaloppa di fegato grasso d’oca; 1 cucchiaio di miele di acacia; 4 cucchiai di salsa di soia; 250 g di mais sgranato; 1 lattuga romana; 2 dl di brodo di pernice; 100 g di burro; 4 cucchiai di gelatina di Ippocrasso; sale. Preparazione Pulite e staccate i petti e le cosce delle pernici. Tritate la polpa delle cosce e mescolatela con il maiale. Tostate le mandorle in padella, tritatele e incorporatele nel trito di carne. Salate e pepate. Tagliate la scaloppa di fegato in 4 striscioline. Aprite i petti a libro, salateli e pepateli. Farciteli con il composto macinato e posatevi sopra una listarella di fegato in ciascuno. Avvolgeteli e legateli con spago da cucina. Spennellate gli involtini con il miele e marinateli per 10 minuti nella salsa di soia. Asciugateli e rosolateli velocemente in padella, unta con un filo d’olio. Proseguite la cottura in forno a 180 °C, per circa 15 minuti. Levate dal forno e lasciate riposare per 5 minuti.
Portate il brodo a ebollizione e scottate le foglie più verdi della lattuga. Frullatele con un frullatore a immersione. Passate al colino, salate, pepate e rimettete sul fuoco per far restringere. Abbrustolite le pannocchie e tagliatele a metà, nel senso della lunghezza. Spennellatele ripetutamente con il burro fuso e salatele. Sovrapponete la pernice alla pannocchia e legate con l’erba cipollina. Spennellare il tutto con il burro. Versate un cucchiaio di salsa alla lattuga e, a parte la gelatina di vino.
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Il vino nel piatto
Filetto di maiale con pere caramellate, salsa al vino rosso e scalogno
Code di gamberi al vino bianco su verdurine croccanti
Ingredienti per 4 persone 4 medaglioni di filetto di maiale, circa 5-600 g in totale 2 pere rosse (varietà Max Red Bartlett) 2 scalogni 2 bicchieri di vino rosso non troppo tannico 1 cucchiaino di zucchero 1/2 cucchiaino di farina 1 tazzina d’acqua fredda 1 cucchiaino d’olio extravergine d’oliva 1 noce di burro 1 noce di burro ghiacciato sale e pepe 8 rametti di timo (cedrino) fresco
Stile di cucina: Cucina Ipocalorica Portata: Secondi Piatti di Pesce Stagione: Sempre Costo: Molto costosa Difficoltà: Facile 216 kcal per persona
Preparazione Sbucciare le pere e tagliarle nel senso della lunghezza in 4 parti ciascuna. Sciogliere una noce di burro in un padellino e rosolarvi a fuoco vivace le fette di pera, cosparse con lo zucchero. Levare le pere dalla padella e conservare in caldo. Tagliare in quattro gli scalogni e saltarli, nella padella utilizzata per la cottura delle pere, con un poco di burro, senza farli scurire. Sciogliere la farina nell’acqua e aggiungere allo scalogno. Aggiungere il vino rosso. Proseguire la cottura fino a quando il vino si sarà ridotto di 3/4. Levare dal fuoco e aggiungere i rametti di timo, lasciandoli in infusione.Conservare la salsa in caldo. Scaldare l’olio in una padella. Rosolare a fuoco vivace i filetti per 2-3 minuti su ciascun lato (la carne dovrà rimanere rosata all’interno). Levare i filetti dalla padella e conservarli in caldo. Gettare il grasso che si sarà formato dalla cottura della carne e versare nella stessa padella la salsa, dopo averla filtrata. Conservare gli scalogni. Scaldare la salsa e aggiungervi la noce di burro ghiacciato, mescolando con una frusta. Presentazione Disporre un filetto in ciascun piatto di servizio. Irrorare con la salsa. Disporre su un lato due fette di pera caramellata e completare con lo scalogno. Decorare con un rametto di timo cedrino fresco.
Preparazione Sgusciare i gamberi e privare le code del budellino. Tagliare le verdure a dadini e saltarle con l’olio in una padella antiaderente, a fiamma molto vivace. Mantenerle “croccanti”. Condirle con le erbe aromatiche tritate, il sale e il pepe e conservare in caldo. Nella stessa padella saltare le code dei gamberi e sfumarle con il vino bianco. Lasciare evaporare e levare dal fuoco. Presentazione Disporre una cucchiaiata abbondante di verdure al centro di ciascun piatto di servizio e posarvi sopra i gamberi.
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Ingredienti per 4 persone 800 g di code di gambero pulite 3 dl di vino bianco 50 g di cipolla 50 g di carota 50 g di sedano
20 g di peperone giallo 20 g di peperone rosso 50 g di zucchina origano, timo fresco 1 cucchiaio da dessert d’olio extravergine d’oliva sale e pepe
Note: La pera Max Red Bartlett è l’unica varietà rossa. E’ molto profumata ed ha una polpa dal sapore dolce, che completa e arricchisce il sapore di questo piatto di carne.
From the cellar to the kitchen: Igles Corelli
Art and Fantasy with the help of Bacchus
by Federica Lippa
Food and wine
The nectar of the gods in all its forms can enhant the imagination of the world famous great master of Ferrara. The traditional Estense dishes have become examples of haute cuisine. Igles Corelli, famous TV personality, eclectic chef, and leading member of the national gastronomic avantgarde genius, creates original and genial recipes without forgetting the roots of Italian culture, contributing all along to the evolution of eating habits and widening the boundaries of taste. Igles, what stimulated your avantgarde idea of the kitchen? Besides trying to fully valorize a product, in the kitchen I like to make use of technologies that allow me to ‘travel’, from distillers to evaporators, from ultrasounds to dryers, in order to continually innovate and experiment. All this thanks to the group of friends I love to be surrounded by, brilliant and always very stimulating young people. When did your love for cooking arise? It is a passion that I have since I was a child, in fact, when I was 11, my parents had a restaurant, where my mother offered traditional dishes professionally made, such as tortellini and roasts. I know that you define your kitchen as ‘Garibaldina’, do you want to tell me what this means? I don’t like to cook using local products. I’m always looking for the best national typical product: if the best mortadella producer is in Bologna, I’m going there. The same happens for potatoes, as for fish, which if I order today in Puglia, I can get fresh here tomorrow morning. You are generous in spreading your knowledge and advice. A quite rare behaviour in your sector... I like to pass on what I know, even if you have to consider that for a guy like me, constantly looking for something new, when I spread something, it’s already old. I’m always looking to prepare important dishes and once established, I love to disclose them to other chefs. What is your relationship with wine in the kitchen? I like to use it in the kitchen, for example, some of my dishes require the acid that I get using wine. Which wine do you prefer? I really like the aromatic white wines and famous red wines, I love champagne, but I do drink with pleasure also the Italian ‘spumante’ (sparkling wine). In fact, in my restaurant Atman, in Tuscany, I have 104 labels sparkling wines. Is it important in your restaurant to match wine with your dishes? It is essential, the right combination of wine and food I think it may be the exaltation of tastes at the highest levels. Try to close your eyes and imagine a very beautiful place...where would you like to be? But most importantly, would you have a glass of wine in your hands? A place where I used to go twenty years ago in the Ferrara area, my place of origin comes to my mind. It was a ‘shack’ on the sea, I liked to enjoy the sunset with a wonderful frittino (a dish) and a nice glass of sparkling wine.
Roasted partridges with corn and wine jelly Recipe for 4 people: Clean and remove the breasts and thighs from 2 partridges, chopping their pulp and mix it with that of the pork. Add minced meat, chopped and toasted almonds, salt and pepper. Open the breasts of partridges and put the mixture in each one with the goose liver. Wrap and tie with kitchen twine. Brush with honey and marinate in soy sauce for 10 minutes. Brown them in a pan and then cook for 15 minutes in the oven at 180 °C. Blanch the leaves of some lettuce and then blend them with salt and pepper; let them reduce. Toast 4 cobs sprinkled with butter and cut them in half. Serve the rolls of partridges in the dishes with the cob, a spoonful of lettuce sauce and Ippocrasso jelly.
Prawn tails in white wine with crunchy vegetables Low-calorie cuisine: 216 kcal per person Recipe for 4 people: Peel and clean 800 g prawn tails. Cut the vegetables (50 g onion, 59 g carrot, 50 g celery, 20 g yellow pepper, 20 g red pepper, 50 g zucchini) in small pieces, then fry in a pan over high heat and season with oregano, fresh thyme, salt and pepper. Sauté the prawn tails and simmer with white wine until reduced. Serve with vegetables in the centre of each plate and place the prawns over them.
Pork fillet with candied pears in red wine and shallot sauce Contemporary creative cuisine Recipe for 4 people: Bake 2 sliced Red Bartlett pears with a little butter and sugar. Sauté 2 shallots with a little butter and flour dissolved in water. Add red wine and cook until the wine is reduced, add the thyme sprigs. Sauté apart pork fillet (5-600 g in total). Heat the filtered sauce of shallots, preserving the shallots. Then place the fillets on the plate, sprinkle them with sauce and put the pears and the shallots next to it.
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Wine Passion & Co. International
A tutta birra
di Maurizio Maestrelli
Nuovi orizzonti per l’oro biondo
I ribelli del luppolo
Workmalt by Rinaldi Importatori
Una decina nel nemmeno troppo lontano 1996, quasi seicento nel 2013. Sono alcuni numeri che inquadrano il fenomeno “birra artigianale” in Italia. Una rivoluzione che sta cambiando il mercato e i consumatori. Tra molte luci e qualche ombra…
Quanto piace la birra artigianale italiana oggi? Tantissimo a osservare la crescita impressionante, in nemmeno vent’anni, del numero di microbirrifici, brewpub e beerfirm che sono nati nel nostro Paese dal 1996 a oggi. Eppure, prima di quella data, l’Italia era una nazione dove il mercato della birra lo facevano quattro o cinque grandi aziende e un pacchetto d’importatori che distribuivano in pub e birrerie specialità provenienti dal Belgio, dall’Inghilterra, dalla Germania e dalla Repubblica Ceca. Insomma, dalle tradizionalissime nazioni birrarie europee. I numeri, parafrasando Nanni Moretti, sono importanti per capire il fenomeno. Se nel 1996 le piccole imprese di produzione di birra erano sì e no una decina, oggi gli “imprenditori” birrari – usiamo volutamente un termine generico per comprenderli tutti – sono quasi seicento. Un’esplosione difficilmente paragonabile all’interno del calderone del food & beverage che in questi anni di crisi sembra essere a qualcuno, forse a molti, l’unica zattera di salvataggio per l’economia nazionale. Tuttavia è interessante andare oltre i numeri, se ci si vuole fare un’idea un po’ più completa di questa, come qualcuno l’ha chiamata, “rivoluzione”. Già, perché altri dati rivelano che il consumo di birra in Italia è praticamente stazionario, attorno ai 30 litri pro capite l’anno, e l’intera birra “artigianale”, quindi singole produzioni non superiori ai diecimila ettolitri l’anno, non raggiunge il 2% dei volumi complessivi. Eppure la birra “artigianale” non solo colonizza sempre più pub e birrerie, ma si affaccia nel mondo della ristorazione, delle enoteche e dei negozi gourmet. Di birra artigianale si scrive come mai prima, in molte città
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si tengono serate di degustazione e corsi di avvicinamento, birrai come Teo Musso di Baladin, uno dei pionieri di questa nouvelle vague, sono considerati dei guru e aprono locali firmati a tutto spiano. Feltrinelli ha appena pubblicato la sua biografia e le sue birre si trovano in tutti i “pianeti” della galassia Eataly. E se Musso rappresenta la punta, dorata, dell’iceberg, il piemontese Valter Loverier è diventato un fenomeno negli Stati Uniti con le sue birre a fermentazione spontanea e maturazione in barrique, Agostino Arioli ha fatto diventare la sua Tipopils una leggenda in Inghilterra e Giovanni Campari del Birrificio del Ducato ha ottenuto riconoscimenti internazionali a raffica. Andando a vincere pure lassù, in Germania, dove di birra se ne intendono alquanto. Le ragioni di questo successo non preventivato sono molteplici. La reazione all’omologazione del gusto, che nella birra ha spesso raggiunto punti elevati, la cultura slowfoodiana per la qualità e le piccole produzioni, il cambiamento della percezione sulle birre tra le giovani generazioni più europeiste dei loro genitori, un certo “feticismo” che deriva forse dal mondo del vino per la figura dell’intenditore. Fatto sta che i numeri sono quelli che abbiamo detto ed è ovvio sottolineare che in queste cifre si nasconde una vera e propria moda. Un fenomeno molto simile a quello avvenuto, sempre in campo birrario, attorno alla metà degli Anni Ottanta quando tutti o quasi volevano aprire un irish pub. In quel caso, e come quasi sempre accade, la moda si è sgonfiata e nulla vieta di pensare che, presto o tardi, anche quella della birra artigianale subirà un ridimensionamento.
Teo Musso
Ma, attenzione, stiamo parlando di ridimensionamento non cancellazione. Alcune delle cause alle radici dell’esplosione della birra artigianale sono solide. Sono cioè mutamenti di atteggiamento destinati a restare tali. Insomma, niente sarà come prima del 1996. Ma quali sono le caratteristiche più originali del mondo della birra artigianale italiana? Ovvero che cosa ha permesso ai birrai italiani di distinguersi e di emergere? In molti concordano sull’originalità di pensiero, ossia sulla creatività, che in effetti è un po’ la cifra del movimento. In Italia si fanno birre con maturazione in barrique, birre alla frutta, birre con mosto di vino, birre con foglie di tabacco toscano in infusione, birre ossidate e birre a fermentazione spontanea. La libertà d’espressione del birraio artigiano tricolore affascina e, spesso ma non è detto sempre, conquista. «La birra artigianale emoziona», ha detto un giorno Agostino Arioli, che con il suo Birrificio Italiano è uno dei pionieri della prima ora. Siamo d’accordo, così come siamo d’accordo con la postilla di Agostino. “Non sempre”. Ed ecco perché, oggi come oggi, diventa necessario sapersi orientare nel mare magnum della birra artigianale italiana. Saper distinguere i modaioli dell’ultima ora da quelli che hanno qualcosa da dire, le birre che hanno una loro ragion d’essere dalle imitazioni simil-artigianali nate come funghi per cavalcare la tigre. Se voi promettete di seguirci su queste pagine, noi promettiamo di provare a fare luce non tanto sulla birra artigianale tout court. Ma solo sulle birre artigianali che, lo ripetiamo perché ci piace, “emozionano”.
Agostino Arioli by Al Rubirosa
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Wine Passion & Co. International
A tutta birra
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Ph. Valentina Brambilla
Wine Passion & Co. International
by Maurizio Maestrelli
Italian craft beer
New Horizons for Blond Gold A dozen, in the not too distant 1996, and nearly six hundred in 2013. These are some of the numbers that frame the phenomenon of ‘Craft beer’ in Italy. A revolution that is changing the market and the consumers. How much do Italians appreciate craft beer today? A lot observing the impressive growth in these last twenty years in the number of microbreweries, brewpubs and beer firms who were born in our country. Yet before that time, Italy was a nation where the beer market was dominated by four or five large companies and a package of importers that distributed in pubs and bars specialties from Belgium, England, Germany and Czech Republic shortly, the traditional European brewing nations. The numbers, paraphrasing Nanni Moretti, are important to understand the phenomenon. If in 1996 the business of was composed of a dozen producers, today the ‘entrepreneurs’ brewing - we use a deliberately generic term to include them all - are almost six hundred. An explosion hardly comparable within the cauldron of food & beverage that in these years of crisis seem to be the only raft to rescue our national economy. However, it is interesting to go beyond the numbers for a more complete idea of this so called ‘Revolution.’ In fact, other data reveal that the consumption of beer in Italy is practically steady, around 30 liters per capita every year, and the entire beer ‘craft’ therefore considering individual productions does not exceed ten thousand hectoliters per year, less than 2% of the total production. However, ‘Craft’ beer not only colonizes more and more pubs and bars, but is entering the world of restaurants, wine shops and gourmet shops. Also, many cities hold evenings for tasting courses, brewers like Teo Musso of Baladin, one of the pioneers of this nouvelle vague, are considered gurus. Feltrinelli has just published his biography and his beers are found in all the ‘Planets’ of the Eataly galaxy. And if Musso is the tip of this goldeniceberg then, Piedmont Valter Loverier has become a phenomenon in the United States with his spontaneous fermented beers maturated in oak barrels, Agostino Arioli has made himself a star in England with his ‘Tipopils’. Also, Giovanni Campari’s Brewery of the ‘Ducato’ was a recognized
international burst, winning recognitions in Germany, whose beers are widely renowned. The reasons for this burst are manifold, the approval of taste in beer, slow food culture that recognizes the quality of small productions, the change in perception on beers among the younger generations more open minded than their parents whom mostly prefer wine. The fact is that the numbers are the ones that we have said and it is obvious to point out that in these statistics lays a real fashion. This phenomenon is very similar to what occurred, always in brewing, around the mid- Eighties when all or almost wanted to open an Irish pub. In that case, and as almost always happens, the fashion deflated and nothing prevents to think that, sooner or later, even the craft beer will undergo a resizing. But, be careful, we are talking about resizing not cancellation. Some of the root causes of the explosion of craft beer are solid. In short, nothing will be like before 1996. But what are the original characteristics of Italian ‘craft’ beer? Meaning, what has allowed Italians to stand out and brewers to emerge? In many agree on the originality of thought, on creativity, which in effect is ‘the symbol’ of the movement. In Italy there are beers that maturate in oak barrels, fruit beers, beers with the must of wine, beers with Tuscan tobacco leaves in infusion, oxidized beers and spontaneously fermented ones. The freedom of expression of the Italian brewer fascinates and, often but not necessarily always, wins. However, nowadays, it becomes a need to know how to steer through the sea of Italian craft beer. Distinguishing between trend followers and those who a quality product meaning, beers that have their own ‘raison d’etre’ or imitations. If you promise to follow us on these pages, we promise to shed some light not so much on craft beer tout court. But only on the craft beers that have something to say.
Impianto Brewfist Brewfist’s plants
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New entry
di Orazio Latini
Brilla una nuova stella nel firmamento dei distillati
DON PAPA: IL RUM “RIVOLUZIONARIO”
Un superalcolico ispirato al patriota indipendentista Papa Isio prodotto nelle Filippine ai piedi del vulcano Kanlaone. Invecchiato per oltre sette anni, regala profumi leggeri e fruttati al naso e un gusto ricco e morbido al palato con aromi di vaniglia, frutta candita e miele. Un mix deciso e intrigante come fu il suo eponimo. Unito alla cola o in un daiquiri, è un drink perfetto
Quando pensiamo alle Filippine ci vengono in mente vedute lontane di grandi spiagge bianche e di impenetrabili giungle lussureggianti. O ci ricordiamo del violento tifone che ha infestato e danneggiato di recente il grande arcipelago asiatico. Oppure ancora associamo l’immagine di quel Paese alle tante colf operose che lavorano nelle case delle nostre città. Ma di certo non pensiamo al Rum. Sbagliando. Infatti le Filippine sono uno dei maggiori Paesi produttori di Rum al mondo: un Rum che fino a poco fa è stato consumato interamente in loco. Oggi però è arrivato sui mercati occidentali, fra i quali anche l’Italia, il primo Rum che esce da quell’arcipelago. Il suo nome, facile e accattivante, è Don Papa. Il processo produttivo con cui è fatto Don Papa comincia con la selezione di alcune fra le più fini e le più dolci canne da zucchero del mondo, ottenute dai ricchi terreni dell’isola meridionale di Negros, nel cuore dell’arcipelago filippino. Le melasse che risultano dalla lavorazione sono poi distillate, e il Rum viene quindi invecchiato per oltre 7 anni, in fusti di quercia americana, ai piedi del Monte Kanlaon, il vulcano in attività più grande delle Filippine centrali.
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Il Rum viene quindi filtrato a carbone, per eliminare ogni tannino e ogni impurità, prima di essere definitivamente assemblato. Don Papa è prodotto con grande maestria artigianale, e allarga singolarmente l’esperienza sensoriale nel campo liquoristico. La combinazione delle caratteristiche del suolo, della qualità della canna da zucchero, dell’invecchiamento in legno di quercia e della perizia nell’assemblaggio donano a Don Papa un gusto ricco e morbido. Leggero e fruttato al naso, rotondo e delicato al palato, con un lungo, gradevole finale, Don Papa ha un colore leggermente ambrato e sprigiona aromi di vaniglia, miele e frutta candita. Unito alla cola, o in un daiquiri, è un drink perfetto. Ed è splendido anche se bevuto liscio, on the rocks. Per sperimentare le sue potenzialità nella miscelazione, Don Papa Rum ha incaricato Kathryn Eckstein, una giovane mixologist, di progettare una gamma di cocktail fatti unicamente con ingredienti filippini. “Kapag Serious Ka” (in filippino significa: “Quando Sei Serio”), la sua versione della celebre Caipiroska, è un pre-dinner particolarmente delizioso. La ricetta include un goccio di Don Papa, alcuni calamansi (piccoli lime) affettati, un po’ di zucchero di canna muscovado e uno spruzzo di soda.
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New entry
Confezionato in una particolarissima bottiglia dal design innovativo, e con tappo in sughero, Don Papa si stacca anche visivamente dagli altri Rum, e fissa un nuovo standard nella sua categoria. Il suo packaging è un’autentica “summa” di competenze mondiali: creatività americana, bottiglie francesi, etichette di pregio stampate in Italia. Il tutto per conferire al prodotto un posizionamento di altissimo livello. Il creatore di Don Papa Rum, Stephen Carroll, dichiara: “Dopo il lancio in Asia, siamo lieti di fare la nostra prima presentazione al mercato italiano. Incoraggiati dalla reazione iniziale dei consumatori delle Filippine, vogliamo espandere la nostra penetrazione nei principali Paesi del mondo. L’Italia è un mercato di primaria importanza per il Rum, e Don Papa ha tutte le caratteristiche per soddisfare la crescente domanda di prodotti di alta qualità, per uso personale o come idea regalo.” Il nome del Rum trae ispirazione dalla storia di un uomo conosciuto come “Papa Isio”: uno degli eroi dimenticati della rivoluzione delle Filippine. Patriota isolano, nazionalista, leader guerrigliero e combattente per la giustizia sociale, “Papa Isio” guidò i suoi connazionali quando si trattò di scacciare gli invasori della sua patria. Il contributo di “Papa Isio” alla rivoluzione è andato perduto col tempo, ma quella stessa canna da zucchero che lui aveva raccolto – lavorava infatti in una piantagione – viene oggi usata per rendergli onore. La sua energia e il suo spirito sono ancora presenti in ogni bottiglia di Don Papa!
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by Orazio Latini
New entry
It shines a new star in the firmament of the distillates
DON PAPA: “REVOLUTIONARY” RUM
A hard liquor inspired by the independence patriot Papa Isio, produced in the Philippines at the foot of the volcano Kanlaone. Aged for more than seven years, it gives light and fruity aromas on the nose and a rich and soft taste on the palate with aromas of vanilla, candied fruit and honey. A mix strong and intriguing as was his eponymous. Combined with cola or a daiquiri, it is a perfect drink. When we think of the Philippines come to mind distant views of the great white beaches and impenetrable lush jungle. Or we remember the violent typhoon that has lately infested and damaged the large Asian archipelago. Or again, we associate the image of that country by the many hard-working maids who work in the homes of our cities. But of course we do not think about Rum. Wrong. In fact, the Philippines is one of the major producing countries of Rum in the world: a rum that until recently was completely consumed locally. Today, however, the first Rum, that comes out of that archipelago, comes to Western markets. His name, easy and attractive, is Don Papa. The production process begins with the selection of some of the finest and sweetest sugar cane in the world, obtained from the rich lands of the southern island of Negros, in the heart of the archipelago. The molasses is then distilled, and the rum is then aged for over 7 years, in barrels of American oak, at the foot of Mount Kanlaon, the largest active volcano in the central Philippines. Rum is then charcoal filtered, to eliminate any tannin and any impurities, before being finally assembled. Don Papa is produced with great craftsmanship skill, and it individually widens the sensory experience in the field of liquors. Light and fruity on the nose, round and delicate on the palate, with a long, pleasant final, this has a light amber color and gives off aromas of vanilla, honey and candied fruit. Combined with cola or a daiquiri, it is a perfect drink. And it is wonderful even if drunk neat, on the rocks. To experience its full potential in mixing, Don Papa Rum has commissioned Kathryn Eckstein, a young mixologist, to design a range of cocktails made with ingredients exclusively Filipinos. ‘Kapag Serious Ka’ (in Filipino means ‘When You’re Serious’), his version of the famous Caipiroska, is a pre-dinner especially delicious. The recipe includes a drop of Don Papa, some small sliced limes, a little brown sugar and a splash of soda. Packaged in a very special bottle of innovative design, and with cork stopper, the packaging is a truem ‘summa’ of world skills: American creativity, French bottles, valuable labels printed in Italy. All this to give the product the highest level placement. The creator of Don Papa Rum, Stephen Carroll, declares: ‘After the launch in Asia, we are pleased to make our first presentation to the Italian market. Encouraged by the initial reaction of the Filipino consumers, we want to extend our penetration in the major countries of the world’. The name of the Rum is inspired by the story of a man known as ‘Papa Isio’: one of the forgotten heroes of the Philippine revolution. Patriot islander, nationalist, guerrilla leader and fighter for social justice. The contribution of ‘Papa Isio’ to the revolution was lost over time, but that same sugar cane which he had gathered - in fact, he worked on a plantation - is now used to honor him. His energy and his spirit are still present in every bottle of Don Papa!
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cocktail e dintorni
di piero Valdiserra
un aperiTiVo che non TramonTa
Tu Vuo’ fa’ l’“americano” ? il bicchiere old fashioned È giÀ riempiTo di ghiaccio.
VermouTh rosso, biTTer, uno spruZZo di soda, meZZa feTTa di arancia e… cheers! la riceTTa, i segreTi e la sToria di uno dei drink piÙ amaTi del mondo
L’Americano, un drink che, nonostante il nome, porta la firma tricolore. Slogan? No, parliamo di uno dei Pre –Dinner più amati e collocato ufficialmente all’interno dell’I.B.A. (International Bartenders Association). Un simbolo, un compagno, un amico che spesso anima serate o tardi pomeriggi; colore e sapore si mescolano sui banconi, nei salottini dei privé o sulle terrazze vista mare. La storia dell’Americano è tutta italiana anche se verità o leggenda si uniscono. La più antica – e più accreditata – si collega a Gaspare Campari, l’inventore del conosciutissimo bitter il quale, dopo anni di lavoro a Torino, tornò a Milano e aprì un bar nella Piazza del Duomo. Qui gli venne l’idea di creare un cocktail che potesse unire le due tradizioni regionali: vermouth piemontese e bitter milanese. Nacque così l’aperitivo “Milano-Torino”. Si racconta anche che il figlio di Gaspare, Davide, iniziò a far conoscere questa nuova creazione in tutto il mondo poiché, seguendo la nota cantante lirica Lina Cavalieri nelle sue tappe artistiche, pare che non mancasse mai di proporre questo originale cocktail. La variazione del nome in Americano arrivò definitivamente negli anni Trenta del 1900, quando la moda di americanizzare tutto investì anche questo settore. Altri invece sostengono che il nome sia cambiato quando Primo Carnera, rientrando in patria dopo la vittoria mondiale dei Pesi Massimi nel 1933, venne accolto con feste e libagioni tra le quali gli venne offerto anche il “Torino – Milano” che, per l’occasione, prese il nome di Americano. I successi di questo cocktail Made in Italy sono tanti, da quelli cinematografici con il noto e amato James Bond che lo sorseggia nel film Casinò Royale, a quelli legati alla nascita di altre bevande importanti e internazionali come il Negroni. Nessuno può sottrarsi all’Americano, basta prendere un bicchiere old fashioned pieno di ghiaccio e riempirlo con 4 cl di vermouth rosso, 4 cl di bitter e uno spruzzo di soda. Si miscela con lo stirrer o con la cannuccia. Si decora con una fetta d’arancia o una scorza di limone.
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COCKTAILS AND SURROUNDINGS
You wanna be ‘Americano?’ The old fashioned glass is already filled with ice. Red Vermouth, bitters, a splash of soda, half a slice of orange and ... cheers! The recipe, secrets and history of one of the most popular drink in the world The Americano, a drink which, despite its name, bears the italian signature. Slogan? No, let’s talk about one of the most beloved Pre-Dinner and officially placed within the IBA (International Bartenders Association). A symbol, a companion, a friend that often animates evenings or late afternoons; color and flavor are mixed on the counters, in the parlors of privè or on the terrace overlooking the sea. The story of the Americano is whole Italian, although truth or legend join. The oldest – and the most reliable – is connected to Gaspare
Campari, the inventor of the well-known bitter, who, after years of working in Turin, returned to Milan and opened a bar in the Piazza del Duomo. Here, he had the idea to create a cocktail that could join the two regional traditions: Piedmontese vermouth and Milanese bitter. Thus was born the aperitif ‘Milano-Torino’ (Turin-Milan). It is also said that the son of Gaspare, Davide, began to introduce this new creation worldwide because, following the known opera singer Lina Cavalieri in her artistic stages, it seems that he used to always propose this original cocktail. The change of the name in Americano finally arrived in the thirties of 1900, when the fashion to Americanize everything also affected this sector. Others argue that the name is changed when Primo Carnera, returning home after winning the World Heavyweight in 1933, was greeted with celebrations and libations and he was also offered the ‘Torino-Milano’ which, for the occasion, took the name Americano. The successes of this Made in Italy cocktail are many, from those cinematographic with well-known and loved James Bond who sips it in the film Casino Royale, to those related to the emergence of other important and international drinks as the Negroni. No one can escape the Americano, just take an old fashioned glass filled with ice and fill it with 4 cl of red vermouth, 4 cl of bitter and a splash of soda. It blends with the stirrer or a straw. It decorates with a slice of orange or lemon zest.
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Vino e charme
di Paola Cerana
Quando Bacco sposa Venere
TAULETO: LA SENSUALE BELLEZZA DEL SANGIOVESE Un’emozione effimera come il profumo e un’accurata selezione del vigneto: ecco come un eccellente nettare da centellinare diventa un elisir di benessere per la pelle con la Viteterapia® in un dialogo perfetto tra uomo, donna e natura Secondo i Greci, il Vino è opera di un dio, Dioniso, che attraverso la fermentazione penetra nell’uva e di conseguenza in noi esseri mortali, sublimandoci col piacere dell’ebbrezza. Tuttavia, ripercorrendo la vita dell’Azienda Vinicola Umberto Cesari, pare non esserci dubbio: il vino è opera dell’uomo, anzi della donna e dell’uomo! L’Azienda Umberto Cesari è situata sulle colline che dominano l’antica Via Emilia, a un’altitudine che varia dai 300 ai 450 metri sul livello del mare e che infonde alle uve caratteristiche uniche e inimitabili. È qui, in località Castel San Pietro Terme (BO), che Umberto Cesari e sua moglie Giuliana hanno avviato la propria attività nei primi anni ‘60. Dai 20 ettari iniziali si è arrivati a circa 170 di proprietà e 180 in affitto da conferitori, conferma questa della grande passione con cui la famiglia ha coltivato negli anni il proprio talento. Umberto Cesari è uno dei pochi produttori romagnoli che ha saputo coniugare quantità e qualità, emergendo sia come vignaiolo sia come imprenditore. Il suo sogno si è realizzato quando Tauleto (nel 2003 e 2007), fiore all’occhiello della produzione, è stato consacrato a livello internazionale come migliore Sangiovese del mondo. L’Azienda comprende sei poderi: Casetta, Parolino, Ca’ Grande, Laurento, Liano e Tauleto, ognuno con una propria personalità. A infondere carattere ai vini è soprattutto il clima mite e ventilato delle colline che si srotolano fino alla Toscana, protette da una corona di “Calanchi azzurri”, così detti per via del colore ceruleo assunto dai pendii baciati dal sole. Questo clima, benedetto forse da Dioniso, ha dettato l’impianto dei vigneti: le uve rosse, in particolare il Sangiovese, sono state esposte a Sud-Ovest mentre le uve bianche a Nord-Est. In particolare il, podere originariamente ricco di falde acquifere superficiali, per dieci anni è stato soggetto a studi e sperimentazioni da parte della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna su invito di Giuliana Cesari. L’intuizione che questo tipo di vigneto celasse virtù trascendenti il vino stesso è risultata più che fondata, tanto che dalle ricerche in laboratorio e da alcune accurate tesi di laurea si è di fatto passati a prodotti di benessere e bellezza di certificato successo. Il progetto di Giuliana, sapientemente alimentato da una creatività squisitamente femminile, ha partorito una linea di cosmetici e trattamenti per il corpo a base di polifenoli di uva rossa, Tauleto Fragrance, diventato in pochi anni un ramo aziendale a sé stante. Ma dietro alla bellezza della filosofia, c’è il rigore della scienza da cui nasce la Viteterapia®. La Vitis Philosophiae, quindi Viteterapia®, riguarda i benefici della vite e di tutto ciò che essa contiene (dai vinaccioli, agli acini, alle foglie, alle bucce) per la cura del corpo e del benessere dei sensi. Affiancata dalla figlia Ilaria, Giuliana Cesari ha realizzato un’avventura che le sta procurando soddisfazioni inaspettate, fiorita da una percezione particolarmente effimera, l’emozione di un profumo: “E’ stato proprio passeggiando nel vigneto, qualche giorno prima della vendemmia e respiran-
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do i profumi dell’uva, così intensi e speziati, che mi è venuta l’idea di un profumo che li racchiudesse”. Grazie a quell’intuizione e all’aiuto di un “naso” importante come il creatore di essenze Marco Maffei, nel 2003 Giuliana crea l’essenza Tauleto Wine Fragrance: un profumo fresco, speziato e molto persistente che ha rappresentato il primo passo di un percorso che si è arricchito inizialmente di raffinate profumazioni per la casa per poi dar vita, nel 2009, a Tauleto SPA. Si tratta di una linea benessere che ha come filo conduttore la wine fragrance e che nasce dalla voglia di esaltare questo vitigno in tutte le sue potenzialità sfruttando i polifenoli, il resveratrolo, le foglie, la linfa, i flavonoidi e gli antociani, ma anche il calcio, il magnesio e il fosforo che la vite assorbe dal terreno. Come in un’alchimia perfetta, unendo e rielaborando questi elementi si ottengono dei prodotti antiage e ci si identifica completamente nell’essenza stessa del vigneto. L’intuizione di Giuliana è stata “chiedere” alla Natura i principi attivi per trasmettere una nuova energia al corpo. Ma perché proprio il Tauleto e non un altro vitigno? Semplice, spiega Giuliana: “Il Tauleto è un gioiello di vigneto per le sue virtù, perché beneficiando di una vendemmia più tardiva, matura maggiori quantità di resveratrolo, essendo l’arma di difesa contro le muffe accumulate durante le ripetute escursioni termiche. Da qui la sua preziosità anche come elisir antiossidante e rigenerante, e non solo come nettare nel bicchiere.” Tauleto SPA è, dunque, una Viteterapia® che ha come obiettivo il benessere, e la bellezza è solo una conseguenza. I polifenoli organici, infatti, sono una risorsa antinvecchiamento contro la perdita di elasticità, le rughe e le macchie cutanee; le vitamine A, C ed E se assorbite dalla pelle la proteggono, ne combattono l’inaridimento e la rendono elastica; infine i sali minerali svolgono un’azione rigenerante antiage, remineralizzante e protettiva. Se il Tauleto di Umberto è stato consacrato come il miglior Sangiovese al mondo, la Tauleto SPA di Giuliana (www.tauleto.it/filosofia-tauletospa) è indiscutibilmente il miglior testimonial del benessere del corpo: la Famiglia Cesari, come in un matrimonio perfetto suggellato dal vino, è la sintesi armoniosa dell’esaltazione della terra di Romagna e conferma quanto sia prezioso il dialogo attento e rispettoso tra Natura e Uomo. Anzi, tra Natura, Donna e Uomo! Info: www.umbertocesari.it
by Paola Cerana
Wine and Charm
Where Baccus marries Aphrodite
TAULETO: The Sensual Beauty of Sangiovese An ephemeral emotion as the perfume and a careful selection of the vineyard here’s how an excellent nectar to sip, becomes an elixir of well-being for the skin with the ‘Viteterapia’ ® in a perfect dialogue between man, woman and nature. According to the Greeks, wine is the work of a god, Dionysus, who penetrates during the fermentation of the grapes and consequently in us mortals, subliming us with the pleasure of intoxication. However, retracing the life of the winery ‘Umberto Cesari’ there seems to be no doubt: wine is the work of Man and woman! The winery Umberto Cesari is located on the hills overlooking the ancient Via Emilia, at an altitude ranging from 300 to 450 meters above sea level that gives unique and inimitable characteristics to the grapes. It is here, in Castel San Pietro Terme (BO), where Umberto Cesari and his wife Giuliana have started their own business in the early ‘60s. From the initial 20 hectares they reached about 170 of property and another 180 for rent from other wine producers. Umberto Cesari is one of the few manufacturers from Emilia Romagna that has managed to combine quantity and quality. His dream came true when Tauleto (in 2003 and 2007), the star of the production, was consecrated at the international level as best Sangiovese in the world. The winery comprises six estates: Casetta, Parolino, Ca’ Grande, Laurento, Liano and Tauleto each with its own personality. The character of the wine is especially imparted by the climate, mild and windy hills that unroll to Tuscany, protected by a ring of ‘Calanchi azzurri’, so called because of the cerulean colour taken from the slopes bathed in sunshine. This climate has dictated the planting of vines: red grapes, especially Sangiovese, were exposed to the southwest while the white grapes in the Northeast. In particular the farm which for ten years has been subject to studies and experiments by the Faculty of Agriculture of the University of Bologna under invitation of Giuliana Cesar. Her intuition that this kind of vineyard transcended wine itself, was more than recognized, in fact research in laboratories has actually led to the creation of beauty and wellness products of success. Giuliana’s project has given birth to a line of cosmetics and body treatments based on polyphenols from red grapes, Tauleto Fragrance, in a few years has become a business of its own. But behind the beauty of philosophy, there is the rigor of science from which the Viteterapia® originates. The Vitis Philosophiae regards benefits of vines and all that it contains for body care and well-being of the senses. Assisted by her daughter Ilaria, Giuliana Cesari has created an adventure that is causing unexpected satisfactions: ‘I was just walking in the vineyard, a few days before harvest and breathing the aromas of the grapes, so intense and spicy, I came up with the idea of a scent that enclosed them’. Thanks to her intuition and the help of the creator of essences Marco Maffei in 2003, Giuliana creates Tauleto Wine Fragrance: a fresh, spicy and very persistent perfume which represented the first step in a process that was initially enriched with refined fragrances for the house and then in 2009 became Tauleto SPA.
The intuition of Giuliana was asking to nature the active ingredients to pass a new energy to the body, ‘But why Tauleto and not another vine?’ Simple, Giuliana says: ‘Tauleto is a jewel of the vineyard for his virtues, because it benefits from a late harvest, producing greater amounts of resveratrol, being the weapon of defense against mold accumulated during the repeated thermal excursions. From here its preciousness as antioxidant and rejuvenating elixir, and not just as nectar in the glass.’ www.umbertocesari.it www.tauleto.it/filosofia-tauleto-spa
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Wine Passion & Co. International
Le comunicatrici del vino
di Silvia Baratta
SiLVIA BARATTA ALLO SPECCHIO
IL VINO E’ UNO STRAORDINARIO MODO PER RIAPPROPRIARCI DELLA NOSTRA IDENTITA’
Quando mi hanno chiesto di raccontare chi è Silvia Baratta, il sentimento che ho provato è stato tra il lusingato e l’imbarazzato. Il mio lavoro, infatti, è fare conoscere le storie degli altri, scoprire cosa rendono un personaggio e i suoi prodotti unici. Spero quindi di non annoiarvi ma, forse, qualcosa di atipico, nella mia vicenda, comunque c’è. Sono cresciuta a Mogliano Veneto, in provincia di Treviso, la terra del Prosecco e, ancor più, del Prosecco Superiore, che si produce nelle colline tra Conegliano e Valdobbiadene. La mia famiglia non ha nulla a che vedere con il vino o l’enogastronomia anzi, ho perfino un dramma in casa: la mamma astemia. In compenso la mia famiglia mi ha trasmesso l’amore per la natura sfociato, a 12 anni, nella passione per i cavalli, che ancora oggi mantengo. Così, dopo il Liceo Classico, mi sono iscritta ad Agraria, consapevole che stare a contatto con l’ambiente era ciò che volevo.
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Solo verso la fine ho capito che il vino era il prodotto che più mi affascinava. Da qui la scelta di una tesi sperimentale in viticoltura, resa più interessante da un incidente a cavallo che mi ha costretta per 40 giorni a letto. Qui la mamma astemia si è riscattata, grazie al suo contributo fondamentale: mi sostituì andando tutti i giorni in vigneto per le rilevazioni di campagna. Dopo la laurea, la prima esperienza in Franciacorta, dove ho incontrato persone importanti, primo fra tutti Mario Falcetti, oggi direttore di Quadra. Allora ho capito che il mio posto non era tra i vigneti o in laboratorio ma tra la gente, a comunicare perché il vino e il cibo sono un’espressione di arte nella quale gli italiani eccellono. Sempre in Franciacorta ho avuto il piacere di conoscere Giancarlo Roversi, direttore di questa rivista e da allora mio “mèntore”.
Dopo aver lavorato prima per il Movimento del Turismo del Vino Lombardia e poi in un’azienda toscana, ed aver studiato in Francia e Spagna, sono rientrata in Veneto con la voglia di costruire qualcosa di mio. Ho iniziato così a conoscere da vicino le bollicine che scorrevano naturalmente nelle mie vene, quelle del mio territorio: il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore. In poco tempo il lavoro è aumentato sempre più: da qui la scelta di aprire un’agenzia tutta mia. Il nome? Gheusis, che in greco antico significa “Gusto”, nato dall’idea di valorizzare il ruolo che la più straordinaria popolazione antica ha giocato nell’enogastronomia. Con Gheusis nasce un percorso tutto al femminile: oggi siamo Anna, Alessandra, Renza, Linda ed io, più una serie di ragazze che desiderano conoscere da vicino lo straordinario mondo dell’enogastronomia. Una squadra affiatata che quest’anno ha ricevuto il premio Who’s who –Miglior comunicatore del vino, istituito da Civiltà del Bere. Ma veniamo alla fatidica domanda: cos’è per me il vino? Io credo sia anzitutto uno straordinario modo per riappropriarci della nostra identità, capendo che le persone non sono numeri e che questo straordinario prodotto nasce da un sottile equilibrio, quasi un’intesa, fra l’uomo, l’uva, il prodotto finale. L’evoluzione naturale della fermentazione del frutto, d’altro canto, non sarebbe il vino ma l’aceto. E’ quindi facile capire quanto lavoro, quante notti insonni stiano alla base di un prodotto che è vivo, evolve, parla di chi lo ha fatto. Può anche aiutarci a conoscerci meglio e perché ci permette di ascoltare le sensazioni che proviamo nell’assaggiarlo.
E cos’è la comunicazione del vino? Non ho volutamente usato termini come tradizione, innovazione, territorio, non perché questi non siano importanti ma perché abusati. Per me significa fare emergere ciò che sta dietro al prodotto perché ogni buon vino è frutto di un terreno e un ambiente ben conservati, della storia personale di chi lo fa e, soprattutto, di migliaia di anni della nostra cultura.
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Wine Passion & Co. International
The communications of wine
by Silvia Baratta
SiLVIA BARATTA on the spotlight
Wine is an extraordinary way to get back in hold of our personality ‘When they asked me to tell who Silvia Baratta is, the feeling that I got was flattered and embarrassed at the same time. My job, in fact, is to know the stories of others, to find out what makes a character and its unique products. So I hope not to bore you, but maybe I have something not quite tipical in my story. I grew up in Mogliano Veneto, in the province of Treviso, the land of Prosecco and, even more, the Prosecco Superiore, which is produced in the hills between Conegliano and Valdobbiadene. My family has nothing to do with the wine or the food and wine on the contrary, I have even a drama in the house: my mother cant handle alcool. In return, my family tought me a love for nature since I was 12 years old, passion for horses, which I still mantain. So after High School, I enrolled in Agriculture university, aware that being in contact with the environment was what I wanted. Only towards the end I realized that wine was the product that most fascinated me. Hence the choice of a thesis in viticulture, made more interesting by a horse riding accident which forced me to bed for 40 days. Here my mother which couldn’t handle drinks redeemed herself thanks to its vital contribution: she replaced me going every day to the vineyard for the detections of the country side. After graduation, the first experience in Franciacorta, where I met important people, first of all Mario Falcetti, nowdays director of Quadra. Then I realized that my place was not among the vineyards or in the laboratory but among the people, to communicate because the wine and food are an expression of art in which Italians excel. Also in Franciacorta, I had the pleasure of knowing Giancarlo Roversi, director of this magazine, and since then my ‘mentor’. After first working for the Wine Tourism Movement of Lombardy and then in a Tuscan winery, and having studied in France and Spain, i returned in Veneto with the desire to build something of my
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own. So I started to get to know the bubbles that naturally flowed in my veins, those of my territory: the Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore. In a short time the work has increased more and more, hence the decision to open my own agency. The name? Gheusis, which in ancient greek means ‘Taste’, born from the idea of highlighting the role that the most extraordinary ancient population played in enogastronomia. Gheusis born with a path of all women, today we are Anna, Alessandra, Renza, Linda and I, plus a number of other girls who want to get to know the amazing world of food. A good team that year he received the Who’s Who - Best communicator of wine prize by the institution ‘Civilization of drinking’. But let’s get to the big question: what is wine for me? I believe it is first and foremost an extraordinary way to reclaim our identity, understanding that people are not numbers, and that this extraordinary product born from a subtle balance, almost an understanding, between man, the grape, the final product. The natural evolution of the fermentation of the fruit, on the other hand, it would not be the wine vinegar. It’s so easy to see how much work, how many sleepless nights are the basic features of a product that is alive, evolving and talks about who produced it. It can also help us to know each other in a better way and it allows us to listen to the feelings that we experience in tasting it. And what is the communication of wine? I have deliberately not used terms such as tradition, innovation, territory, not because they are unimportant but because they are abused. To me it means to bring out what is behind the product because each wine is the result of a plot and a well- preserved, the personal history of those who do it and, more importantly, did it for thousands of years of our culture.
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