09.2012
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Presente e futuro
La scienza per tutti
LA NUOVA RUSSIA Protagonista globale
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comitato scientifico Enrico Alleva (presidente) Giulio Ballio Roberto Cingolani Paolo Andrea Colombo Fulvio Conti Derrick De Kerckhove Niles Eldredge Paola Girdinio Helga Nowotny Telmo Pievani Francesco Profumo Carlo Rizzuto Robert Stavins Umberto Veronesi
art direction e progetto grafico undesign ricerca iconografica e photoediting white illustrazioni Elena La Rovere copertina white
direttore responsabile Gianluca Comin direttore editoriale Vittorio Bo coordinamento editoriale Pino Buongiorno Luca Di Nardo Giorgio Gianotto Paolo Iammatteo Dina Zanieri managing editor Stefano Milano collaboratori Simone Arcagni Davide Coero Borga Beatrice Mautino Daniela Mecenate Luca Morena Annalisa Russo Cecilia Toso traduzioni Susanna Bourlot Laura Culver Annalisa De Angelis Daria Grinic Dmitriy Grishenko Natalya Kiselnikova Gail McDowell Dmitriy Pirogov
rivista trimestrale edita da Codice Edizioni
via Giuseppe Pomba 17 10123 Torino t +39 011 19700579 oxygen@codiceedizioni.it www.codiceedizioni.it/ oxygen www.enel.com/oxygen distribuzione esclusiva per l’Italia Messaggerie Libri spa t 800 804 900 promozione Istituto Geografico DeAgostini spa © Codice Edizioni Tutti i diritti di riproduzione e traduzione degli articoli pubblicati sono riservati
Oxygen nasce da un’idea di Enel, per promuovere la diffusione del pensiero e del dialogo scientifico
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La nuova Russia
editoriale IL RISVEGLIO RUSSO
di Dmitri Trenin
Le potenzialità delle risorse energetiche e naturali e un programma di trasformazioni ad ampio raggio hanno reso la Federazione Russa nuovamente protagonista a livello globale, pur con alcune contraddizioni. Nell’ultimo decennio, la Russia ha infatti avuto una crescita impressionante, ma adesso la sfida principale per l’economia del Paese è trovare diverse fonti di sviluppo e attirare nuovi investimenti per sostenere anche in futuro i ritmi attuali. Oxygen racconta a 360 gradi la “nuova Russia” dei primati (dalle eccellenze tecnologiche e culturali ai movimenti giovanili, fino alle Olimpiadi Invernali di Soči nel 2014) e analizza le sue sfide presenti e future: economiche, politiche, sociali, e quelle cruciali che riguardano la politica estera, sospesa tra il consolidamento delle relazioni con l’Europa e le “tentazioni” che arrivano da Oriente.
12 scenari La mia russia nello scacchiere globale
di Vladimir Putin L’intervento del presidente alla seduta plenaria del XVI St. Petersburg International Economic Forum del 21 giugno sottolinea i risultati della rinascita russa degli ultimi anni e indica la strada da seguire e le sfide da affrontare per il futuro.
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LA NUOVA RUSSIA Protagonista globale
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«La nostra posizione è che il modello di governo di ogni livello – federale, regionale e locale – deve corrispondere alla nuova qualità della nostra società civile, così com’è emersa in quest’ultimo decennio di crescita economica stabile. Si tratta di un sano processo di sviluppo nazionale»
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intervista a sergei guriev L’economia decolla. Come resterà in quota?
contesti L’est chiama, il Made in Italy risponde
di Mikhail Belyaev
di Daniela Mecenate
«La sfida principale per l’economia russa è trovare nuove fonti di crescita. Nel corso del decennio 1998-2008, la Russia ha avuto una crescita quasi pari al 7% annuo. Un indice impressionante, ma le fonti di tale crescita, fondamentalmente, sono esaurite». L’economia russa sta fiorendo, ma si pongono nuove sfide per mantenere anche in futuro la tendenza attuale. Quali? Lo spiega Sergei Guriev, rettore della New Economic School di Mosca.
Più della Cina, più di qualsiasi altro mercato emergente: per le imprese italiane la bussola è puntata a est, dalla Serbia alla Russia passando per la Romania. E spesso restando lì.
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44 intervista a francesco sisci Siberia: la Cina è vicina?
di Cecilia Toso
data visualization 2011: un’ottima annata
contesti Il Grande Gioco II
scenari alla ricerca dell’equilibrio
di Marta Dassù
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34 scenari La politica estera di un Paese fortunato
«Il triangolo Russia/Europa/ Stati Uniti è caratterizzato da reciproche frustrazioni. Se il tasso di frustrazione reciproca è un dato da cui è impossibile prescindere, altrettanto o ancora più rilevante è l’assenza di alternative reali alla collaborazione reciproca». E come si pone l’Italia nei rapporti con la Federazione Russa? «Per l’Italia, la Russia è un partner strategico, importante sotto il profilo economico, ma importante anche per la definizione degli assetti di stabilità nello spazio europeo e mediterraneo».
di Pino Buongiorno di Sergei A. Karaganov Azerbaigian, Kazakistan, Turkmenistan, Georgia, Armenia, Uzbekistan, Kirghizistan. I Paesi dell’ex impero sovietico e del bacino del Caspio, pur non rimpiazzando il Medio Oriente come principale forziere del petrolio e del gas mondiali, contribuiscono in maniera significativa alla sicurezza energetica dell’intero Pianeta.
«Oggi il Grande Gioco coinvolge le nuove superpotenze: Stati Uniti, Federazione Russa, Cina e, in misura minore, l’Unione Europea»
Quasi dieci volte più popolata della Russia, la Cina sta cercando territori di sfogo. In molti pensano che in Siberia, dove sono numerosi i clandestini cinesi, sia in corso un fenomeno di sinizzazione. Oxygen ne ha parlato con il giornalista e sinologo Francesco Sisci.
«Dai tempi di Pietro I e Caterina II fino alla Grande guerra patriottica hanno prevalso le vittorie. La Russia ha ereditato quasi tutta la grande cultura che aveva dato origine a un impero multinazionale ormai defunto. Nell’ultimo decennio questo patrimonio, che si è salvato dai crolli comunisti e postcomunisti, si è arricchito: si è trattato di un’insolita fortuna per il Paese. La Russia si è rafforzata sullo sfondo dell’indebolimento degli altri».
46 traveller Oymyakon: vivere a meno 70
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«Dopo la Germania, l’Italia è il secondo fornitore europeo della Federazione Russa. Per una serie di piccole e medie imprese italiane il mercato russo costituisce già una destinazione primaria. In una fase congiunturale in cui la domanda interna stenta a riprendere, si tratta di ossigeno necessario per il sistema produttivo italiano»
passepartout Russia: grandi risorse per il futuro
50 scenari Un vecchio amico è sempre meglio di uno nuovo
di Konstantin Simonov L’“amicizia energetica” tra Russia ed Europa è al capolinea? «La domanda importante da porsi è semplice: fa bene l’Europa a pensare di non aver bisogno del gas e del petrolio russi e fa bene la Russia a compiere una sterzata verso la Cina?». Konstantin Simonov, direttore generale del Fondo nazionale per la sicurezza energetica, tratteggia gli scenari che potrebbero nascere in futuro.
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contesti Enel: energia per la russia
contesti Soci 2014: una storia di successo, in attesa dei successi
di Carlo Tamburi
80 scenari Dalla Russia con visione
di Luca Morena di Viktor Terentiev
La Russia è un player chiave dello scenario globale e le scelte operate dalle autorità in materia di politiche energetiche determineranno non solo il futuro dell’economia russa, ma avranno anche degli impatti in materia di sicurezza e sostenibilità ambientale.
64 approfondimento Luci e ombre dei record russi
di Fabrizio Dragosei
«La Russia ricopre un’importanza strategica per Enel, che dal 2005 si sta trasformando da azienda prettamente italiana in azienda globale e in una delle più importanti utilities al mondo»
Il Paese più grande del mondo che si estende per 11 fusi orari (quelli che dividono gli Stati Uniti sono solo quattro) dalle coste del Baltico al Mar del Giappone è anche il Paese delle mille contraddizioni, delle grandi ricchezze e delle grandi povertà, dell’infinita dolcezza delle sue musiche e dell’orrore senza fine delle sue guerre interne e dei suoi episodi di terrorismo. Una carrellata dei suoi record, d’eccellenza e negativi.
Erano pochi coloro che, sette anni fa, credevano alla vittoria della Russia nella corsa all’organizzazione delle Olimpiadi invernali del 2014. Troppo recenti erano gli insuccessi dei tentativi precedenti: dal 1980, quando Mosca ospitò le Olimpiadi estive, quattro tentativi per riconquistare l’onore di ospitare i Giochi erano andati a vuoto.
L’ambizione dei visionari dell’élite digitale russa è la stessa delle loro controparti occidentali: muoversi velocemente e cambiare radicalmente le cose. Visionari come Yuri Milner e Pavel Durov sembrano voler affermare, attraverso la loro opera e i loro esperimenti (anche controversi) di cambiamento, l’assenza di una differenza sostanziale tra i codici che governano i software e quelli che governano la società e l’economia.
76 contesti Imprenditoria sempre più rosa
di Antonella Scott
60 approfondimento eccellenze italiane a mosca
di Antonio Zanardi Landi Dal 12 settembre all’inizio del 2013, l’Italia promuove a Mosca il meglio delle sue produzioni, con l’obiettivo di valorizzare nella Federazione Russa l’ingegno, l’innovazione tecnologica e la creatività italiani attraverso i prodotti di alta qualità.
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L’imprenditoria russa ha solo vent’anni alle spalle e sul fronte delle pari opportunità è rimasta più indietro rispetto ai Paesi occidentali. Ma, se nell’UE nei board delle più grosse società è “rosa” soltanto il 13,7% delle poltrone, in Russia il dato corrispondente è del 7%, ma in evoluzione: in un anno è stato affidato a donne il 21% degli incarichi di amministratore delegato in palio, a confronto con il 13% registrato l’anno precedente. Viaggio tra le imprenditrici russe più note e brillanti.
72 approfondimento La battaglia del lusso
di Anna Zafesova Dopo aver surclassato gli sceicchi arabi negli acquisti internazionali di lusso, ora la battaglia tra gli oligarchi russi punta ai record: acquisito l’acquisibile, è partita la caccia all’eccezione, a chi paga di più, a chi guadagna più titoli di giornale per il suo ultimo shopping clamoroso. Ecco le ultime follie di Rybolovlev, Abramovich, Usmanov, Melnichenko…
«La Russia può già contare sul mercato Internet più grande d’Europa. Il 47% della popolazione russa, circa 67 milioni di persone, ha accesso alla rete»
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104 contesti Da Mosca a Vladivostok: viaggio tra i giovani russi
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approfondimento Skolkovo: la casa dell’innovazione
contesti Tomsk, Siberia: la Silicon Valley russa
approfondimento From Industry to Artistry
di Viktor Vekselberg
di Simone Arcagni
di Annalisa Russo
La modernizzazione della nuova Russia passa da Skolkovo, centro innovativo di livello mondiale in cui sorgeranno un enorme parco tecnologico con laboratori di ricerca e sviluppo e l’istituto di scienza e tecnologia Skoltech.
In piena Siberia c’è un polo di ricerca scientifica su modello americano. Dal Politecnico di Tomsk, grazie a finanziamenti statali, investimenti privati e un notevole staff di ricercatori, sta prendendo vita un importante centro di innovazione scientifica della nuova Russia.
Se Klaus Meine si trovasse oggi a passeggiare per Gorky Park, sentirebbe soffiare un nuovo Wind of change. Un vento che attraversa San Pietroburgo, sorvola Mosca e si spinge fin verso sperdute cittadine ai piedi degli Urali: è un vento di arte e cultura, che si propaga a macchia d’olio nella sterminata Federazione, in precario equilibrio tra nostalgia sovietica, tradizione e smania di futuro.
89 focus on Digital Life Design – Moscow
di Vittorio Bo «DLD Moscow non è stata solo o tanto una vetrina per esibire i risultati raggiunti da parte di molti imprenditori e giovani talenti, ma soprattutto un luogo di vero scambio per testimoniare e affermare il posizionamento di un Paese che crede davvero nell’innovazione e nel mercato globale delle nuove tecnologie».
«Dalla Guerra fredda degli armamenti atomici e della sfida allo spazio, la Russia non ha mai smesso di proporsi come centro di innovazione tecnologica e scientifica»
94 passepartout La Transiberiana
100 approfondimento L’esercito del migliore dei mondi possibili
di Julia Goumen L’aumento del numero di romanzi dei narratori trentenni, scritti in lingua russa ma che sanno guardare anche al di fuori dei confini nazionali, sta suscitando l’attenzione del largo pubblico occidentale nei confronti della moderna letteratura russa. E anche i giovani russi, che compravano soprattutto non fiction e prosa in traduzione, stanno rivolgendo l’attenzione all’opera dei propri coetanei. Che hanno spostato l’attenzione da se stessi, dal loro corpo e da ciò che questo esala, alla società…
di Lucia Sgueglia Ritratto della prima generazione post-sovietica, a 20 anni dal crollo dell’URSS: patrioti e liberali, dissidenti e modaioli, patiti del web e filoeuropei, tra orgoglio russo e globalizzazione. Dall’apatia politica all’impegno, dall’ateismo dei padri alla fede. Liberi come mai prima, passata la paura del potere.
«Nell’ultimo anno i giovani russi hanno sorpreso il mondo, passando dal disimpegno all’attivismo politico, dal conformismo all’opposizione, in un batter di ciglio. Segno di una nuova generazione cui è passata la paura atavica del potere e che crede che le cose possano cambiare dal basso» 108 future tech Baikonur: la porta del cielo
110 la scienza dal giocattolaio Scacco matto al cervello
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50 ANNI DI ENERGIA, MILIONI DI ATTIMI INSIEME. E MOLTI 50.enel.com
QUANTA ENERGIA C’È IN UN ATTIMO?
ALTRI ANCORA DA CONDIVIDERE.
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1 Mikhail Belyaev — Esperto di rapporti economici internazionali, è stato a capo dell’ufficio informazioni della banca centrale russa. Attualmente è vicedirettore dell’agenzia stampa ITAR-TASS. È autore di pubblicazioni e numerosi articoli su temi economici di attualità.
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2 Marta Dassù — Sottosegretario del Ministero degli Affari Esteri del governo Monti. Editorialista de “La Stampa”, è nel direttivo dell’Istituto Affari Internazionali di Roma e, fra gli altri, nei board dell’Institut Francais des Relations Internationales di Parigi.
3 Fabrizio Dragosei — Ha lavorato alla sede Rai di Londra, per 10 anni ha guidato la redazione economica del “Corriere della Sera” a Roma e dal 2005 ne è corrispondente da Mosca. È autore di Stelle del Cremlino, l’Occidente deve temere la nuova Russia?
4 Julia Goumen — Lavora in editoria dal 2001; nel 2006 ha fondato l’agenzia letteraria Goumen & Smirnova con Natalia Smirnova, con la quale ha curato le antologie Moscow Noir e St. Petersburg Noir per la Akashic Books e una serie di antologie sulla prosa contemporanea russa.
5 Sergei Guriev — Professore di economia e rettore della New Economic School di Mosca, ne presiede anche il centro di ricerca economica e finanziaria. È specializzato in corporate governance, economia politica, economia dello sviluppo e della transizione.
6 Sergei A. Karaganov — È a capo del Consiglio di politica estera e difesa. È considerato uno dei massimi esperti russi di politica estera ed è stato inserito da “Foreign Policy” e “The Prospect” fra i 100 intellettuali russi più influenti. È stato consulente di Eltsin e Putin per la politica estera.
7 Vladimir Putin — Nominato da Eltsin, è stato primo ministro della Federazione Russa dal 1999 al 2000 e in seguito, per due mandati dal 2000 al 2008, ne è stato presidente. Nuovamente primo ministro dal 2008, è tornato a essere eletto presidente nel marzo 2012, invertendo i ruoli con Dmitrij Medvedev. Nel 2007 la rivista “Time” l’ha eletto persona dell’anno.
8 Antonella Scott — Dopo una laurea in lingue e letterature straniere, ha sempre lavorato per “Il Sole 24 Ore”, dove ora si divide tra il lavoro di copertura della Russia e delle altre repubbliche dell’ex URSS e la redazione delle pagine di politica internazionale.
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Lucia Sgueglia — È socia da alcuni anni di Lettera 22, associazione indipendente di giornalisti, avendo lavorato nei Balcani e in Europa centrorientale. Dal 2007 collabora come corrispondente freelance da Mosca per diverse testate, come “Il Messaggero”, SkyTG24 e ANSA.
Carlo Tamburi — Ha ricoperto diversi incarichi negli ultimi 30 anni presso Citibank N.A., IRI e Ministero dell’Economia e delle Finanze. È stato presidente di Tirrenia di Navigazione S.p.A. e membro del CdA di Finmeccanica, Enel, Wind e Alitalia. In Enel dal 2002, è attualmente Direttore della Divisione Internazionale.
Viktor Vekselberg — È stato uno dei principali fondatori del gruppo Renova e attualmente fa parte del consiglio di amministrazione di TNK-BP. Dal 2010 è a capo della sezione di coordinamento russa per il progetto del centro dell’innovazione di Skolkovo.
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Francesco Sisci — Giornalista sinologo, è stato corrispondente ANSA a Pechino ed editorialista de “Il Sole 24 Ore” e “La Stampa”. È anche consulente per il Ministero dell’Ambiente italiano in Cina. Tra le sue ultime pubblicazioni, Cina Tibet, Tibet Cina (2008).
Viktor Terentiev — Nato nella Repubblica dei Komi, ha lavorato come redattore radiofonico e televisivo ed è stato caporedattore alla Soči Radio e per i canali televisivi STV e Kultura. È membro nell’Unione russa dei giornalisti.
Anna Zafesova — Giornalista russa de “La Stampa”, ne è stata per 10 anni la corrispondente da Mosca. Suo è il libro E da Mosca è tutto. Storie della Russia che cambia e che non cambia (2005).
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Konstantin Simonov — A capo del Fondo nazionale russo di sicurezza energetica, è specializzato in problemi e rischi politici e geopolitici derivanti dalla produzione e distribuzione di idrocarburi. Insegna presso la facoltà di scienze politiche a Mosca.
Dmitri Trenin — Direttore del Carnegie Moscow Center, fondo per la pace internazionale, presiede il consiglio di ricerca e il programma di politica estera e sicurezza. Il suo ultimo libro Post-Imperium: A Eurasian Story è stato pubblicato a Washington nel 2011 dal Carnegie Endowment.
Antonio Zanardi Landi — Ambasciatore italiano a Mosca, ha ricoperto questo ruolo, nel corso degli anni, a Teheran durante la guerra Iran-Iraq, a Belgrado nella fase post-bellica e presso la Santa Sede, dove è stato anche vicesegretario generale. Dal 1994 è membro del consiglio scientifico di “Limes”.
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illustrazioni: Elena La Rovere
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editoriale
Il risveglio russo di Dmitri Trenin
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passato un anno da quando la Russia libertari anticlericali ai fondamentalisti ortoha visto un improvviso attivismo civi- dossi. Il grado di radicalismo varia moltissimo le per i presunti brogli nelle elezioni e i cambiamenti che questi gruppi richiedono politiche, ma il Paese continua a essere in fer- vanno in direzioni assai diverse. Ciò che li unimento. I manifestanti che chiedono al gover- sce è la richiesta di partecipare alla gestione no di farsi carico delle sue responsabilità non degli affari pubblici, cosa che fino a tempi rehanno avuto la meglio, però non sono stati nep- centi è stata una prerogativa sostanzialmente pure ridotti al silenzio. Finora le autorità sono indiscussa del Cremlino, un suo diritto sovrano. riuscite a resistere alle pressioni dei cittadini Di fronte a questa nuova sfida, il Cremlino ha che invocano un cambiamento, ma sempre più modificato non poco il suo metodo di goversembrano limitarsi a difendere lo status quo. no. Ha introdotto alcune riforme simboliche, Questa situazione di stallo è temporanea: i come le elezioni semi-dirette dei governatori, prossimi anni saranno decisivi per la direzione e ha facilitato la registrazione dei nuovi partiti e le prospettive future della Russia. Di certo è un politici. Ha permesso che le voci dell’opposiPaese da tenere d’occhio. I risultati elettorali di zione – o meglio, brevi estratti di interviste reVladimir Putin riflettono meglio di qualunque gistrate – venissero trasmesse alla televisione. altra cosa la nuova situazione. Nelle elezioni di Ha contattato figure potenzialmente all’opposizione e le ha invitate a marzo, l’attuale presidente ha collaborare come consiglieri ottenuto più del 50% dei voti di quello che è stato definito a livello nazionale, ma meno È l’Europa il “governo aperto”. Incredel 50% nella capitale Mosca. a rappresentare dibilmente, ha permesso il Una parte consistente della popolazione, seppure molto il mercato e il partner libero svolgimento delle dimostrazioni a Mosca e in alpiù esigua di alcuni anni fa, più importante tri luoghi, perlomeno fino ai continua a vedere in Putin un della Russia violenti scontri di maggio. elargitore di benefici sociali e Dopodiché, le autorità hanno un garante della stabilità; una minoranza significativa, però, si è ormai lasciata stretto i freni con coloro che reputano dei peil presidente alle spalle. La dinamica di questa ricolosi estremisti. I manifestanti che avevadivisione nella società è quasi palpabile, ma l’e- no lanciato pietre contro la polizia sono stati sito dell’evoluzione politica russa resta incerto. incarcerati; i loro portavoce sono stati accuQuel che possiamo chiamare il “risveglio rus- sati di reati penali non politici oppure comso” è un fenomeno complesso. Ha delle radici promessi in altro modo. Nell’estate del 2012 sociali: la principale forza trainante del cambia- è stata approvata una serie di leggi che definimento sono le classi medie nate e cresciute du- scono «agenti stranieri» le ONG che ricevono rante gli “anni di prosperità” di Putin, classi che finanziamenti dall’estero, che reintroducono oggi si sono “risvegliate” e hanno aperto gli oc- nel codice penale il reato di diffamazione e chi sull’ambiente politico in cui vivono. Queste che aprono la possibilità di una lista nera dei classi medie sono visibili soprattutto a Mosca e siti web ritenuti deplorevoli dalle autorità. in una manciata di altre grandi città. La maggio- Il palese irrigidimento del regime politico viene ranza del resto del Paese ha ancora una mentali- letto come un tentativo di impedire una “rivotà paternalistica per quanto riguarda l’autorità. luzione” che, secondo le autorità e anche i leTuttavia, neppure a Mosca il risveglio è omo- ader dell’opposizione, potrebbe scatenarsi in geneo. Spazia per l’intero arco politico, dalla seguito a una nuova ondata di crisi economica, sinistra socialista alla destra nazionalista, dai quando le proteste socio-economiche nel Paese 10
potrebbero unirsi a quelle civili nella capitale. occidentali e asiatici. Il presidente russo cortegIl governo sta prendendo molto sul serio la cri- gia anche i CEO delle principali società amerisi incombente: ha incluso nelle sue valutazioni cane ed europee e dà il suo sostegno personale un crollo del prezzo del petrolio (che è il pun- ai loro accordi con i cosiddetti “campioni nato di forza del bilancio russo) e sta preparando zionali” russi [giganti come Gazprom, Rosneft delle misure che permettano di fornire assi- e Aeroflot, N.d.R.]. Insomma, il pragmatismo stenza ai più bisognosi, così da aiutare il Crem- nella politica estera continua a essere un tratlino a mantenere la sua base di sostenitori. to distintivo di Putin. Il pragmatismo però non È chiaro che la nuova presidenza di Putin di- sarà a spese dell’indipendenza strategica della penderà dal modo in cui il suo governo gesti- Russia. Mosca continuerà a tenersi in equilibrio rà l’economia durante questa situazione di tra i vari centri di potere mondiali, a opporsi al difficoltà, che potrebbe ancora peggiorare. La dominio globale degli Stati Uniti e a sostenere prolungata crescita zero dell’Europa, o addi- categoricamente l’interpretazione tradizionale rittura la sua recessione, e il rallentamento del diritto internazionale. La crisi siriana è un dell’economia cinese deprimono i prezzi dei esempio eloquente di quest’atteggiamento. beni su cui poggia in larga parte il bilancio fe- La Russia andrà avanti con la sua impresa intederale russo. C’è il pericolo che gli enormi im- grazionista dei vicini post-sovietici, come illustrato dallo spazio economico pegni sociali che Putin si è ascomune creato insieme al Kasunto in campagna elettorale zakistan e la Bielorussia. Putin possano non essere del tutto Putin ha la visione onorati, e questo porterebbe di una nuova Eurasia non rinuncerà ai suoi tentativi di coinvolgere nel processo a un’ulteriore erosione della che si estende anche l’Ucraina e altri Paesi. sua maggioranza già in calo. Tuttavia è l’Europa, e non il Nel lungo periodo, il bisogno da Lisbona Commonwealth post-sovietidi riformare l’economia russa a Vladivostok co, a rappresentare il mercasta diventando sempre più urto e il partner più importante gente, eppure la riforma è per molti versi antitetica al sistema politico-econo- della Russia. All’interno dell’Europa, la Germamico esistente, con il suo legame tra potere e nia è senz’altro in cima alla lista dei partner proprietà, monopoli e corruzione dilagante. Il della Russia, con Francia e Italia in prima fila. sogno di Putin di re-industrializzare la Russia All’inizio del XXI secolo, la maggiore preoccue di farla salire di 100 posizioni nel Doing Bu- pazione geopolitica di Mosca riguarda l’Estresiness Index della Banca Mondiale è irrealizza- mo Oriente russo, dove la regione più depressa bile se prima non si combatte la corruzione e si del Paese confina con la parte più dinamica del stabilisce de facto la regola della legge. In caso mondo. Eppure, anche se Mosca è concentrata contrario, com’è successo nella strombazzata sull’Asia nel tentativo di lanciare lo sviluppo spinta modernizzatrice introdotta da Dmitrij delle sue province più orientali e di riequilibraMedvedev, alle belle parole non seguiranno i re le sue relazioni con la Cina, non perde di vifatti, e presto le idee non avranno più credito. sta l’Europa. Nel guardare oltre all’attuale crisi La rivitalizzazione economica esigerà il coinvol- dell’Eurozona, con la Russia che spera di poter gimento di fonti d’investimento, tecnologie e contribuire a creare un’unione più coerente, competenze esterne. Nel 2012, dopo un proces- Putin ha la visione di una nuova Eurasia che si so durato 19 anni, la Russia è entrata finalmen- estende da Lisbona a Vladivostok. Ma quest’ite nell’OMC. Le questioni economiche sono in dea è plausibile solo se la Russia riuscirà a tracima all’agenda dei summit di Putin con i leader sformarsi in una società e in uno stato moderno. 11
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La mia Russia nello scacchiere globale articolo di Vladimir Putin fotografie di A. Panov - D. Astakhov - M. Klimentyev
L’intervento del presidente alla seduta plenaria del XVI St. Petersburg International Economic Forum del 21 giugno sottolinea i risultati della rinascita russa degli ultimi anni e indica la strada da seguire e le sfide da affrontare per il futuro.
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In Russia abbiamo sviluppato un programma di trasformazioni su grande scala che ha ricevuto un largo sostegno pubblico. Considero la sua realizzazione una sfida molto importante della mia presidenza. Quali sono i nostri obiettivi? Includono il consolidamento degli esistenti vantaggi competitivi naturali della Russia, lo sviluppo di nuove opportunità nell’economia globale, una crescita nazionale stabile, uno Stato che serva efficacemente gli interessi del pubblico, un sistema giudiziario e delle forze dell’ordine che godano della fiducia incondizionata dei cittadini. Confidiamo che tutto questo creerà nuove opportunità di auto-realizzazione per i cittadini russi, una nuova qualità della vita e professioni moderne; che migliorerà l’istruzione e la sanità e aiuterà a gestire i problemi urbani. Per quanto riguarda gli affari, significherà la creazione delle migliori condizioni per gli investimenti e la gestione del proprio business, la fondazione di nuove società e industrie, una libera e giusta concorrenza e ampie opportunità per l’innovazione. […] Naturalmente quello di cui stiamo parlando è più facile a dirsi che a farsi. Vorrei dunque sottolineare ancora una volta che la stabilità macroeconomica è sempre stata la nostra priorità. 14
Questa politica ci ha già consentito di raggiungere dei risultati. Per esempio, il tasso di inflazione negli ultimi quattro anni è stato significativamente ridotto (malgrado resti alto in confronto alle economie sviluppate): l’anno scorso l’inflazione in Russia è stata del 6,1%. È ancora tanto, ma
Secondo i dati del 2011, il PIL della Russia è cresciuto del 4,3%. È stato il tasso di crescita più alto tra le principali economie europee e uno dei più alti tra le maggiori economie del mondo – solo Cina e India hanno fatto di meglio vorrei attirare la vostra attenzione sul fatto che in quattro anni si è più che dimezzata. Quattro anni fa era superiore al 13%. Per la Russia, si tratta del dato più basso degli ultimi vent’anni. All’inizio di giugno, l’inflazione su base annua era inferiore al 4%. La Russia ha il debito pubblico più basso di tutti i Paesi del G8, del G20 e persino del BRICS: il 1° maggio 2012
era al 9,2% del PIL e il debito estero al 2,5%. Vorrei anche far notare che la Russia è uno dei tre Paesi del G20 che hanno il bilancio in pareggio. Gli attuali indicatori macroeconomici sono piuttosto buoni e accettabili, sebbene non vi siano motivi di euforia. Siamo ben consapevoli che per la nostra economia esistono dei seri problemi a medio e lungo termine. L’economia non è ancora adeguatamente diversificata. Molto del valore aggiunto è creato nel settore delle commodities. C’è un’alta percentuale di vecchi impianti non competitivi e il livello della dipendenza russa dai prezzi del petrolio continua a essere alto. Dobbiamo ridurre il deficit che sarebbe pericolosamente alto se non tenessimo conto dei profitti derivanti dal greggio. È questo, come ho detto al Summit del G20, il “tallone d’Achille” della nostra economia. In un’epoca di grande volatilità, un’economia di questo genere è estremamente vulnerabile e soggetta a rischi considerevoli. Ecco perché alla Russia non solo occorre un bilancio senza deficit, ma che abbia un margine di sicurezza non basato esclusivamente sui profitti dati dalla vendita di gas e petrolio. Questo bilancio deve invece fondarsi sulle entrate non petrolifere e ai proventi della vendita degli idrocarburi dev’essere assegna-
la mia russia nello scacchiere globale
to un ruolo secondario. […] Mentre rafforziamo il potenziale delle misure da adottare rapidamente, lavoriamo in base all’idea che le soluzioni fondamentali stiano nella costruzione di una nuova economia: un’economia che sia in grado di resistere a vari tipi di shock, che sappia crescere in fretta anche in presenza di difficili condizioni esterne. Secondo i dati del 2011, il PIL della Russia è cresciuto del 4,3%. È stato il tasso di crescita più alto tra le principali economie europee e uno dei più alti tra le maggiori economie del mondo – solo Cina e India hanno fatto di meglio. […] Un ulteriore sviluppo è possibile solo sulla base di un’elevata attività di investimento, di un’alta produttività lavorativa, di una modernizzazione delle strutture manifatturiere e dei posti di lavoro esistenti e ancora da creare. Quali punti di riferimento intendiamo darci? La Russia prevede di aver creato o modernizzato un totale di 25 milioni di posti di lavoro entro il 2020. […] Innanzitutto, l’effetto economico di milioni di nuovi posti di lavoro sarà un aumento della produttività, che crescerà di una volta e mezza entro il 2018. È una sfida complessa, ma dobbiamo darci degli obiettivi ambiziosi, e solo allora compiremo dei passi im-
portanti verso le mete prefissate. […] I nuovi posti di lavoro ovviamente esigono investimenti. È indispensabile che i nostri aumentino entro il 2018, raggiungendo il 27% del PIL. È molto o è poco? Penso che si tratti di un obiettivo assolutamente realistico, dato che oggi sono al 20%. In questi anni dobbiamo aumentarli di sette punti percentuali. E naturalmente, quando parliamo di investimenti, intendiamo soprattutto quelli privati. […] Oggi voglio riaffermare la nostra posizione di principio: lo Stato si ritirerà gradualmente da numerosi settori. Il piano di privatizzazione della proprietà federale è stato approvato e verrà messo in atto. Analoghi piani di privatizzazione verranno adottati a livello regionale. […] Sfortunatamente la corruzione è, non esagero, la più grossa minaccia al nostro sviluppo. I rischi sono persino peggiori di quelli della fluttuazione dei prezzi del petrolio. La gente è stufa della disonestà quotidiana, della corruzione negli enti statali, nei tribunali, nella magistratura e nelle società pubbliche. Non è un problema facile da risolvere, ma è impossibile fingere che non esista. Dobbiamo discuterne e cercare gli strumenti adatti a contrastarlo. […] La privatizzazione è necessaria, ci ser-
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ve per costruire un’economia moderna, per ridurre i rischi associati alla cattiva gestione e per assicurare una giusta concorrenza. […] Tutti noi sappiamo che senza una sana concorrenza un’economia di mercato è incline al declino tanto quanto il sistema di comando amministrativo. È impossibile diventare realmente competitivi nell’arena internazionale senza una vera concorrenza interna, senza le regole della legge, senza verità e giustizia nelle relazioni tra il mondo degli affari e lo Stato. La concorrenza nella politica e nell’economia è il principale motore dello sviluppo. Perciò chiedo al Governo della Federazione Russa di svolgere una profonda revisione della legislazione antitrust e del sostegno alla concorrenza. Dev’essere fatto in stretto contatto con gli operatori dell’economia. […] Oggi l’instabilità globale rende estremamente importante la natura e la qualità degli investimenti. […] La Russia è oggi all’ottavo posto al mondo in termini di afflusso di investimenti diretti stranieri. Nel 2011 gli investitori stranieri hanno immesso nell’economia russa quasi 53 miliardi di dollari e il tasso di crescita è arrivato al 22%. Ma questo non basta a realizzare i nostri progetti, e ne siamo del tutto consapevoli. […] Un anno fa al forum di San Pietro15
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burgo Dmitrij Medvedev aveva parlato di istituire un Russian Direct Investment Fund. Questo fondo è oggi vivo e quanto mai attivo. […] In pratica tutti i centri del capitale globale – il Medio Oriente, la Cina, l’Europa, gli Stati Uniti e l’Australia – stanno lavorando con il fondo. […] Abbiamo adottato diverse misure volte a rendere più competitivo il mercato reale e finanziario della Russia. Per esempio, abbiamo accorpato le due borse principali, MICEX [Moscow Interbank Currency Exchange, denominato in rubli] e RTS [Russian Trading Index, in dollari], creando così le basi per un’importante borsa mondiale, le cui transazioni determineranno i prezzi dei beni e delle risorse russe. […] Siamo già pronti a dare agli investitori ben più di una nuova qualità delle infrastrutture finanziarie, energetiche e dei trasporti. Stiamo dando vita a un nuovo mercato eurasiatico che offra una nuova configurazione e immense opportunità potenziali. La Russia sta sviluppando dei progetti d’integrazione nella regione eurasiatica a una velocità e di una portata mai viste prima. Per noi l’integrazione è una delle più importanti fonti di crescita e di sviluppo. Abbiamo sottoscritto un accordo per una zona di libero com16
mercio nella CSI. Russia, Kazakistan e Bielorussia stanno già operando all’interno dell’Unione Doganale e dello Spazio Economico Comune, che creano un unico mercato di 170 milioni di persone con alti livelli di istruzione e competenza professionale, oltre che redditi in crescita. Questi tre Paesi si stanno muovendo verso un’integrazione ancora maggiore. Per la prima volta nell’area post-sovietica ha cominciato a operare un organismo realmente sovranazionale: l’Eurasian Economic Commission. […] Infine la Russia è decisa a diventare quest’anno un membro effettivo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Il suo ingresso nell’OMC e l’eliminazione di molte barriere commerciali aumenteranno la qualità degli investimenti e avranno un grosso impatto sulla strategia di sviluppo degli affari. Investire in Russia significherà per gli investitori avere accesso non solo al mercato russo ed euroasiatico, ma anche ai mercati internazionali, soprattutto quello europeo, che continua a essere uno dei più attraenti del mondo, pur con i problemi che i nostri amici e colleghi europei stanno attualmente affrontando. Abbiamo fatto una scelta convinta a favore dell’apertura e dell’integrazione negli sviluppi economici interna-
zionali. Non abbiamo abbandonato questa scelta durante le difficoltà del periodo di crisi e non cambieremo idea adesso. Anzi, stiamo intensificando i nostri sforzi per far entrare la Russia nell’OCSE. Penso che questo avverrà nel 2014. La Russia darà anche un attivo e sostanziale contributo alle discussioni sulle future regole del commercio globale. A questo proposito, sottolineo che dobbiamo rimuovere le barriere non solo al commercio ma anche agli investimenti reciproci, e alla realizzazione di grandi progetti transnazionali che implicano scambi di beni e di tecnologie. Siamo aperti a progetti di questo tipo e a investimenti stranieri, anche nei settori strategici, ma questo dev’essere un processo reciproco, un flusso nelle due direzioni. […] Le prospettive dello sviluppo globale dipendono non solo dalla nostra capacità di risolvere i problemi economici che abbiamo davanti a noi, ma anche di modificare i meccanismi di governo statale così che operino davvero nell’interesse dei nostri cittadini e coinvolgano il nostro popolo a definire l’agenda nazionale e a impegnarsi nei compiti chiave che attendono il Paese. La capacità di raggiungere questo risultato determina l’efficacia e l’influenza del governo di
la mia russia nello scacchiere globale
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SPIEF Il St. Petersburg International Economic Forum è un meeting annuale che riunisce i leader internazionali, rappresentanti dell’élite economica e del mondo imprenditoriale, per un totale di oltre 1500 partecipanti. La XVI edizione del forum economico si è tenuta dal 21 al 23 giugno 2012 e ha ospitato i primi ministri e i membri del governo di oltre 20 Paesi. Questo articolo è un estratto dal discorso di Putin alla seduta plenaria dello Spief del 21 giugno 2012 (eng.kremlin.ru/ transcripts/4056#sel=)
un qualsiasi Paese, e la Russia ovviamente non fa eccezione. La nostra posizione è che il modello di governo di ogni livello – federale, regionale e locale – deve corrispondere alla nuova qualità della nostra società civile, così com’è emersa in quest’ultimo decennio di crescita economica stabile. Si tratta di un sano processo di sviluppo nazionale. Siamo pienamente consapevoli che non si può costruire un’economia moderna senza una società civile matura. Le autorità devono essere pronte ad andare incontro alla società ed essere aperte al dialogo. Solo su questa base possiamo costruire una fiducia reciproca e assicurare uno sviluppo stabile senza sconvolgimenti e conflitti privi di sbocchi. È mia convinzione che un sistema politico democratico debba garantire non solo un governo legittimo, ma anche la fiducia del popolo nella sua equità e nella sua capacità di curare l’interesse della maggioranza pur assicurando nello stesso tempo che la voce della minoranza sia ascoltata e che anche al suo interesse venga garantita una protezione ragionevole. È questa la logica che abbiamo seguito quando abbiamo deciso di semplificare la registrazione dei partiti politici. Oggi i vari gruppi politici
e sociali del Paese hanno la possibilità di difendere le loro idee e convinzioni all’interno della legge. […] La sete di cambiamento è senza dubbio una forza trainante per il progresso, ma diventa controproducente e persino pericolosa quando mina la pace civile e addirittura il Paese stesso. Tutti noi dobbiamo capire quali cose del nostro sistema politico possano e debbano essere migliorate, e quali valori e istituzioni formino le fondamenta del Paese e non debbano essere toccate. Dobbiamo discutere apertamente e dialogare con tutte le diverse forze politiche per giungere a una risposta comune, accettata dalla grande maggioranza dei nostri cittadini, sul modello di sviluppo per il nostro Paese che sia il più efficace e adeguatamente democratico. Abbiamo stilato un programma di trasformazioni ambiziose per i prossimi anni. Abbiamo tutto quel che ci serve per realizzare i nostri obiettivi: persone di talento e ben istruite, volontà politica e determinazione a migliorare le cose e a cambiare il nostro Paese. Ma soprattutto siamo consapevoli della nostra responsabilità davanti al nostro popolo e alle generazioni future. Non stiamo rimandando l’azione a una data successi-
va, stiamo agendo adesso. Qualcuno potrebbe dire che potremmo agire più in fretta e con maggior efficacia, e qualcun altro potrebbe consigliarci di rallentare e di non essere precipitosi. Ma ci stiamo spostando in avanti e continueremo a farlo. Sono sicuro che costruiremo una Russia forte, aperta e prospera, e diamo il benvenuto a chiunque sia pronto a lavorare come partner insieme a noi.
La nostra posizione è che il modello di governo di ogni livello – federale, regionale e locale – deve corrispondere alla nuova qualità della nostra società civile, così com’è emersa in quest’ultimo decennio di crescita economica stabile. Si tratta di un sano processo di sviluppo nazionale 17
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intervista a sergei guriev
L’economia decolla. Come resterà in quota? articolo di Mikhail Belyaev fotografie di Klaus Leidorf
«La sfida principale per l’economia russa è trovare nuove fonti di crescita. Nel corso del decennio 1998-2008, la Russia ha avuto uno sviluppo quasi pari al 7% annuo. Un indice impressionante, ma le fonti di tale crescita, fondamentalmente, sono esaurite». L’economia russa sta fiorendo, ma si pongono nuove sfide per mantenere anche in futuro la tendenza attuale. Quali? Lo spiega Sergei Guriev, rettore della New Economic School di Mosca. Di solito la domanda sui pronostici si fa alla fine dell’intervista, ma è talmente attuale e le risposte possibili sono talmente tante che propongo di iniziare proprio da questa. Quindi: che cosa ci dobbiamo aspettare dall’economia russa? Penso che la cosa giusta da fare sia esaminare due orizzonti: le prospettive più prossime e le tendenze a lungo termine. Alla base di questi due orizzonti, infatti, vi sono fattori differenti e, dunque, anche le conclusioni cui si giunge sono diverse. Il che, naturalmente, spiega anche il motivo per cui i pronostici siano così discordanti. A tale proposito, credo sia opportuno ricordare che le previsioni ci stanno così tanto a cuore non soltanto perché 18
ci danno la possibilità di dare un’occhiata al futuro e soddisfare la nostra naturale curiosità, ma anche perché dei pronostici fondati servono come base per l’elaborazione di programmi di gestione da parte dei processi economici al massimo livello. In una prospettiva a breve termine, l’economia russa sembrerebbe piuttosto prospera. Nonostante la riduzione seppur minima dell’attuale prezzo del petrolio, in Russia il bilancio si è chiuso in pareggio, si sono organizzate riserve sostanziali, il debito estero si trova ai minimi storici e questo, tra l’altro, non solo rispetto ai Paesi economicamente sviluppati, ma anche rispetto a quelli in via di sviluppo. A ciò si può aggiungere il fatto che l’economia russa è costan-
temente in crescita, e tra l’altro a un buon ritmo, e la disoccupazione, pari a poco più del 5%, è a un livello minimo mai visto prima. Infine, si è anche riusciti a tener testa all’inflazione che è scesa, raggiungendo anch’essa quote da record: infatti, se si osserva la situazione a giugno di quest’anno rispetto a un anno fa, siamo a meno del 4% e, malgrado la revisione delle tariffe per i servizi pubblici, difficilmente la cifra raggiungerà il 6% entro la fine del 2012. Effettivamente il quadro che si viene a creare non sembra male. Ma non è forse questa la conseguenza delle condizioni favorevoli del commercio estero e, in primo luogo, dei prezzi per le materie prime energetiche?
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Piano Russia 2020 Il governo ha elaborato il piano Russia 2020, che include vari progetti speciali e riprende la politica dei distretti industriali. Nella regione di Samara, ad esempio, si è deciso di sospendere fino al 2018 l’imposta regionale sull’utile alle aziende che si installino a Togliatti.
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l’economia decolla. come resterà in quota?
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Nel piano a lungo termine il quadro appare un po’ più complesso. Gli elementi che delineano l’attuale situazione non rientrano nella categoria delle “costanti perenni”. Questo vale in primo luogo per i prezzi del petrolio che non è detto che restino elevati a tempo indeterminato. Secondariamente, per ora il clima d’investimento lascia un po’ a desiderare
Difficile negare che il costo elevato dei nostri principali prodotti d’esportazione abbia avuto un ruolo positivo. Ma penso si debba rendere merito anche all’assennata politica macroeconomica e, in particolare, all’accumulo di riserve che, di sicuro, si sono rivelate utili in tempi di crisi. Ecco quali sono le ragioni dell’ottimismo. Tutto ciò anche alla luce di una prospettiva più a lungo termine? Nel piano a lungo termine il quadro appare un po’ più complesso. Gli elementi che delineano l’attuale situazione non rientrano nella categoria delle “costanti perenni”. Questo vale in primo luogo per i prezzi del petrolio che non è detto che restino elevati a tempo indeterminato. Secondariamente, benché ciò in realtà sia più importante ai fini dello sviluppo futuro, per ora il clima d’investimento lascia un po’ a desiderare. C’è da dire che alcuni osservatori esteri o esperti non la pensano allo stesso modo. Il capitale è “in fuga”, il che vuol dire che se ne va dal Paese. Gli stessi imprenditori russi esportano il capitale oltre confine molto più di quanto ne portino gli stranieri in Russia, e il divario è impressionante. Non è escluso che prima o poi il flusso cessi, ma per ora sia-
mo costretti a constatare che lo scorso anno un capitale equivalente al 4,5% del PIL annuo ha lasciato il Paese. Nel primo semestre di quest’anno, i ritmi del flusso non sono affatto diminuiti. La conclusione è evidente: se la Russia mira a diventare una superpotenza economica, o per lo meno a essere uno dei protagonisti dell’economia mondiale, allora occorrono seri cambiamenti a livello di politica economica, incluse delle misure volte al miglioramento del clima d’investimento. Le grandi “sfide” implicano altrettanti grandi provvedimenti? Cosa è necessario fare per condurre il Paese sulla traiettoria stabile dello sviluppo? La sfida principale per l’economia russa, in questo momento, è trovare nuove fonti di crescita. Nel corso dell’intero decennio (dal 1998 al 2008), la Russia ha avuto una crescita pari quasi al 7% annuo. Un indice impressionante, ma le fonti di tale crescita, fondamentalmente, sono esaurite. Esse, infatti, erano legate alle capacità produttive non completamente sfruttate, alla presenza di forza lavoro libera, al citato aumento dei prezzi delle materie prime. Oggi la situazione è radicalmente differente: l’occupazione è praticamente al completo (il livello di disoccupazione
infatti è molto basso) e le capacità produttive sono interamente sfruttate. Per un’ulteriore crescita occorrono nuovi investimenti. E per gli investimenti serve un clima adeguato. Perciò oggi la principale sfida delle autorità russe è la creazione di un tale clima. In primo luogo è necessario riformare il sistema di regolamentazione dell’economia e, in generale, della vita economica. Compresi l’ambito giuridico, il sistema giudiziario, il procedimento di risoluzione delle controversie economiche, la tutela legale delle imprese. Dal punto di vista pratico, ciò significa eliminare gli ostacoli nei processi d’investimento, ridurre la corruzione, potenziare la supremazia del diritto. Tutte cose banali, ma che proprio per questo continuano a essere sempre valide. Riuscire a garantire tali condizioni, tutto sommato, non è così semplice. Ma se esse vengono realizzate, l’economia russa nel complesso potrebbe crescere a ritmi straordinari, permettendo così alla Russia, già nel giro di 10 anni, di aumentare la sua quota di partecipazione all’economia mondiale e di raggiungere gli indici economici di qualità dei Paesi europei. Che dire invece della diversificazione dell’economia, della tendenza al supera21
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Cosa consumano di più i russi? Secondo Rosstat, nei primi due mesi del 2012 il commercio al minuto è cresciuto del 7,3% rispetto ai primi due mesi del 2011, mentre i servizi del 4,1%. I mercati che sono cresciuti di più nel 2011 sono quelli delle automobili (+24%), degli apparecchi fotografici (+22,4%), dei computer (+19,1%), delle bibite non alcoliche (+15,8%) e della frutta fresca (+10,2%).
mento dell’orientamento verso le materie prime, della quota di mercato unica nel commercio estero e della dipendenza dalla congiuntura dei mercati? Di per sé l’idea di liberarsi dalla cosiddetta “dipendenza dal petrolio” è fittizia, nonostante le pagine dei giornali continuino a riproporla con ineccepibile regolarità. Se si osservano i settori dell’estrazione in modo imparziale, è difficile non rendersi conto che questi, da soli, potrebbero divenire i promotori assoluti dello sviluppo innovativo. Non si può parlare dello sviluppo di questi settori senza ricorrere alle tecnologie avanzate. Non è un caso che le più grandi società occidentali spendano miliardi di dollari in ricerca e sviluppo. I settori dell’estrazione, a loro volta, danno impulso allo sviluppo dell’insieme degli altri settori e delle produzioni, compresa la scienza che è fondamentale. Inoltre, le società impegnate nel settore delle materie prime hanno già una posizione leader nel mercato mondiale. Dunque, perché negare ai settori con queste caratteristiche il diritto a diventare promotori dello sviluppo economico globale? È assurdo opporsi all’idea di un’economia diversificata e multisettoriale. Ma è altrettanto assurdo sforzarsi di crescere a spese di un altro, vale a dire impiegare tutte le forze per la creazione di certe produzioni, pregiudi22
cando lo sviluppo dell’estrazione delle risorse energetiche. In questi settori, tuttavia, sono possibili delle fratture? Indubbiamente la leadership nel settore energetico minerario globale e nelle vendite delle materie prime di base è conservata. Ma, alla luce di ciò, anche la crescita interna si rafforzerà. Il settore più interessante è quello edilizio. In Russia occorre costruire molto, sia alloggi per la popolazione, sia infrastrutture. Da questo punto di vista, la Russia, come al solito, è rimasta indietro sia rispetto ai suoi concorrenti, sia rispetto ai Paesi con una crescita economica simile. Nell’edilizia saranno destinati enormi investimenti e l’influenza estremamente stimolante di questa industria di base sull’economia globale è nota persino a coloro che non sono esperti di economia. Prevenendo una possibile domanda, mi pronuncio in difesa del settore terziario che, secondo una serie di esperti, negli ultimi anni è cresciuto a ritmi inadeguati. La risposta è molto semplice. Il settore terziario, in virtù del “regime” di economia pianificata, era talmente piccolo da non poter crescere. L’economia di mercato necessita della presenza di un settore terziario maturo nel più ampio senso del ter-
mine. Di conseguenza, questo tipo di economia, da sempre, è cresciuta, cresce e crescerà, offrendo posti di lavoro e aggiungendo punti percentuali agli indici di sviluppo globale, compreso il settore effettivo dell’economia. Dai problemi dell’economia interna passiamo ora ai rapporti economici con l’estero, tanto più che c’è una novità molto importante, ovvero che la Russia, finalmente, è riuscita a entrare nell’Organizzazione mondiale del commercio… L’effetto diretto dell’ingresso nell’OMC non è così tanto significativo. Le trattative si sono svolte nell’arco di 18 anni e, nel corso di questo periodo, il nostro Paese ha subito cambiamenti sostanziali dal punto di vista delle condizioni rispetto alle posizioni di partenza. Le condizioni in cui la Russia è entrata a far parte di quest’organizzazione non contemplano la sostanziale riduzione delle tariffe. Tuttavia, se si guarda più a fondo, si nota un aspetto estremamente importante, benché indiretto, che rende la Russia più allettante dal punto di vista degli interessi internazionali. E in effetti la regolamentazione dell’economia interna e l’approccio di base alla formazione di una politica economica si avvicinano agli standard mondiali; ciò significa che anche la Russia e la
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sua tendenza all’economia mondiale saranno maggiormente prevedibili. Di questo anche i professionisti scrivono di rado, perciò è opportuno sottolineare che l’OMC è, prima di tutto, un meccanismo di regolamentazione, una specie di piattaforma per la risoluzione delle controversie che sorgono nell’ambito del commercio mondiale. Gli investitori internazionali, in questo modo, avranno la garanzia che su di loro non saranno applicate misure imprevedibili, che avranno a che fare con partner che agiscono secondo le norme di legge. In altre parole sapranno di essere protetti contro rischi imprevedibili. Dopo essere entrata nell’OMC, la Russia ha intenzione di fare ancora un passo avanti sempre in direzione della partecipazione all’economia globale, aderendo anche all’OCSE. Parlare dei termini di adesione all’OCSE è ancora presto, ma sono in corso le trattative. Tra l’altro, una delle condizioni per l’adesione a quest’organizzazione, che riunisce tutti i Paesi economicamente sviluppati e l’intera schiera di quelli in via di sviluppo con un livello di redditi sufficientemente alto, è proprio l’appartenenza all’OMC. Per quanto riguarda il livello dei redditi, la Russia ha già superato molti dei Paesi già membri dell’OCSE e questo rappre-
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senta un’argomentazione importante a favore dell’adesione della Russia a tale organizzazione. Ma ci sono anche dei problemi che devono essere appianati in conformità agli standard dell’OCSE. Si tratta della burocrazia, della qualità di gestione dell’economia, del livello di ingerenza statale nei processi economici, delle restrizioni della concorrenza, della corruzione. Anche questi aspetti faranno parte delle trattative. In questo senso, l’adesione all’OCSE, così come quella all’OMC, si riflette positivamente sia sull’economia russa, sia sulla società in generale, in quanto l’economia diviene più prevedibile e comprensibile alle società internazionali e ai potenziali investitori.
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Rb
rubriche
6,1%
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2011: una ottima annata
INFLAZIONE
(più che dimezzata negli ultimi quattro anni)
a cura di Oxygen
Dopo la crisi del 2009 e due anni di ripresa (2010 e 2011), l’economia russa ha recuperato i livelli pre-crisi. Il 2011 si è chiuso con un +4,3% del PIL rispetto all’anno precedente e per il 2012 la Banca Mondiale prevede una crescita del 3,5%. Nel 2011, l’interscambio commerciale della Russia è stato pari a 821,3 miliardi di dollari (+31,2% rispetto al 2010). Le esportazioni sono state di 516,0 miliardi di dollari (+30,0% rispetto al 2010); quelle verso tutti i Paesi, esclusi quelli CSI, hanno avuto un’incidenza sul totale dell’84,8%. Le importazioni sono state pari a 305,3 miliardi di dollari (+33,4%); quelle da tutti i Paesi, esclusi quelli CSI, hanno costituito l’85,4%. Il commercio è invece cresciuto del 7,2%, i servizi del 2,9%. Questa tendenza è stata favorita dal livello molto basso dell’inflazione (6,1%).
RUSSIA PRONTA AL DECOLLO —
+4,3% PIL È il tasso di crescita più alto tra le principali economie europee e uno dei più alti tra le maggiori economie del mondo
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+30% EXPORT
+33,4%
IMPORT
+4,7% PRODUZIONE INDUSTRIALE
+7,2% CONSUMI
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Co
contesti
Il Grande Gioco II articolo di Pino Buongiorno fotografie di A. Asael - M. Runkel - J. Sweeney
Azerbaigian, Kazakistan, Turkmenistan, Georgia, Armenia, Uzbekistan, Kirghizistan. I Paesi dell’ex impero sovietico e del bacino del Caspio, pur non rimpiazzando il Medio Oriente come principale forziere del petrolio e del gas mondiali, contribuiscono in maniera significativa alla sicurezza energetica dell’intero Pianeta.
Sono passati quasi 200 anni, ma il Great Game dell’Asia Centrale non finisce mai. Nel XIX secolo lo scontro, descritto per primo nel 1829 dall’ufficiale dell’esercito di Sua Maestà Arthur Conolly, contrappose i grandi imperi dell’epoca (quello britannico, quello ottomano, la Russia zarista) e i rispettivi servizi segreti. Oggi il Grande Gioco – versione II – coinvolge le nuove superpotenze: Stati Uniti, Federazione Russa, Cina e, in misura minore, l’Unione Europea. In palio ci sono interessi strategici, ma soprattutto c’è il controllo del petrolio e del gas dei Paesi dell’ex impero sovietico, come Azerbaigian, Kazakistan e Turkmenistan, ricchi di riserve stimate attorno ai 50 miliardi di barili di greggio. Solo questo dato dimostra al mondo intero quanto sia vitale il bacino del Caspio, la maggiore concentrazione d’acqua salata “chiusa” esistente al mondo, per alcuni un mare, per altri un lago. Pur non rimpiazzando il Medio Oriente come principale forziere del petrolio e del gas mondiali, quest’area contribuisce in maniera significativa alla sicurezza energetica dell’intero Pianeta. Non comprende solo stati rivieraschi. Abbraccia anche Georgia, Armenia, Uzbekistan, Kirghizistan e Turchia (oltre ovviamente l’Iran), divisi da antiche rivalità, che potrebbero da un momento all’altro sfociare in conflitti locali di difficile controllo 26
per le stesse potenze o superpotenze. Ecco perché, nel giugno 2012, il segretario di Stato Hillary Clinton ha fatto un lungo e imprevisto tour fermandosi in Armenia, Azerbaigian e Georgia per dimostrare «l’alto livello di attenzione» che l’amministrazione americana riserva a questa zona del mondo. Ecco perché Vladimir Putin, appena rieletto alla presidenza, ha snobbato il summit del G8 preferendo incontrare i capi di Stato della regione, ufficialmente per rilanciare la sua politica estera dell’“Unione euro-asiatica”. Ed ecco perché i mandarini cinesi sono ben lieti di ospitare a Pechino, a ritmi regolari, i presidenti di questi Stati emergenti per incitarli a dirottare verso oriente invece che in occidente i loro flussi di petrolio e di gas. Coccolati, omaggiati e riveriti, i leader del Caspio hanno imparato a destreggiarsi assai bene fra le varie potenze, imponendo una loro “via nazionale” dove la democrazia è solo formale nel rito delle elezioni, spesso manipolate, secondo le accuse dell’OCSE, e dove l’autocrazia è la regola, con pochissimi margini di dissenso, dure pratiche repressive e corruzione cronica. Per ragioni di Stato e di bottega, Stati Uniti e Unione Europea spesso preferiscono tacere di fronte alle palesi violazioni dei diritti umani. Quando proprio non possono nascondere le denunce delle organizzazioni internazionali, scatta la vendetta con i vari presidenti messi sotto
I Paesi dell’ex impero sovietico hanno riserve stimate attorno ai 50 miliardi di barili di greggio. Questo dato dimostra al mondo intero quanto sia vitale il bacino del Caspio
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Un mare di petrolio Secondo il colosso dell’energia British Petroleum, il Caspio contiene almeno 48 miliardi di barili di greggio (soprattutto in Azerbaigian e Turkmenistan). Questo significa che la regione ha più petrolio dell’Asia.
accusa, che, all’improvviso, chiudono le porte all’Occidente e si rivolgono (o fanno finta) a Putin o a Hu Jintao. Ma anche con loro l’abbraccio è momentaneo. Appena avvertono che la morsa si fa troppo stretta il cambio di rotta verso Washington e Bruxelles è altrettanto repentino. Alla fin fine, né Russia, né USA, né Cina possono davvero sostenere di esercitare un’influenza esclusiva nell’Asia Centrale. Lo stesso Putin, che viene accreditato come il “dominus”, in realtà non ha così tante leve a disposizione. Alexei Malashenko, uno dei più affermati politologi russi, in un recente saggio arriva a descrivere «l’influenza politica, economica e culturale della Russia in una situazione di declino nell’Asia Centrale», perché i leader russi «hanno fallito nel capire le realtà mutevoli nella regione, fermi a idee di 20-30 anni fa». Secondo Malashenko, la svolta geopolitica più netta, impressa dapprima dal Kazakistan di Nursultan Nazarbayev e poi copiata dagli altri Stati limitrofi, è la nozione della «politica estera a più vettori», vale a dire la diversificazione diplomatica. Prendiamo il Kirghizistan, considerato da sempre il più filorusso. Eppure pochi sanno che il commercio fra Cina e Kirghizistan vale due miliardi di dollari, mentre quello con la Russia non raggiunge la metà. 28
Facciamo un altro esempio. A fine 2012, l’Azerbaigian, che si trova nella posizione geografica più intricata, confinando a nord con la Russia e a sud con l’Iran, ma che da sempre ha gli occhi politici ed economici puntati verso occidente, dovrebbe rinnovare
Né Russia, né USA, né Cina possono davvero sostenere di esercitare un’influenza esclusiva nell’Asia Centrale. Lo stesso Putin, che viene accreditato come il “dominus”, in realtà non ha così tante leve a disposizione alla Russia l’affitto della stazione radar di Gabala, costruita dall’URSS nel 1984 per controllare i lanci di missili a 6000 chilometri di distanza. Questa è l’ultima presenza militare russa nel Paese. Ebbene, in pieno negoziato, le autorità dell’Azerbaigian hanno alzato la posta chiedendo a Mosca un affitto di 300 milioni di dollari l’anno invece
che i sette pagati finora. Per la Russia il radar non è cruciale dal punto di vista militare. Lo è dal punto di vista politico se il Cremlino vuole riaffermare la presenza nel Caucaso meridionale. Lo è tanto più in termini geopolitici perché l’eventuale ritiro creerebbe un’eccezionale finestra di opportunità per gli Stati Uniti (e Israele), che hanno già accesso alle basi aeree nell’Azerbaigian in vista di un possibile attacco all’Iran. Negli ultimi anni il presidente Ilham Aliyev ha infatti stabilito buoni rapporti non solo con la Turchia in funzione anti-Armenia, ma addirittura con Israele: nello scorso febbraio ha acquistato dallo Stato ebraico droni e sistemi missilistici del valore di 1,6 miliardi di dollari. Mosca ha pochi mesi di tempo per rispondere alle ambiziose pretese dell’Azerbaigian, ben sapendo quali sono i pericoli cui va incontro. Un altro caso recente è il Turkmenistan. L’ultima Statistical Review of World Energy, pubblicata dal colosso petrolifero BP e considerata la “Bibbia” del settore, attribuisce al Turkmenistan riserve di gas assai maggiori di quanto accertato negli anni precedenti. Questa rivelazione sta mutando completamente la politica energetica del governo di Ashgabat, che sembra ora assai più interessato ai mercati del
il grande gioco ii
gas dell’Europa piuttosto che a quelli di Cina, Russia e Iran. È un’altra rivoluzione geoeconomica e non solo politica che porterà il Turkmenistan a costruire il gasdotto est-ovest per trasportare l’oro blu dai giacimenti orientali fino alla costa del Caspio e da qui nel gasdotto trans-caspico verso l’Anatolia, utilizzando il già pianificato corridoio meridionale in direzione dei Paesi europei. L’obiettivo è di esportare in Europa dopo il 2016 ben 30 miliardi di metri cubi di gas. Gli unici punti interrogativi riguardano i finanziamenti dei gasdotti e la competenza tecnica per la loro costruzione: l’Unione Europea è pronta a fornire al Turkmenistan tutto l’aiuto necessario, secondo quanto promesso il 18 luglio scorso dal presidente della Commissione europea Manuel Barroso al presidente turkmeno Gurbanguly Berdimuhamedov, dandogli un nuovo appuntamento ad Ashgabat in autunno per un summit fra i Paesi produttori e di transito da una parte e dall’altra i consumatori, accompagnati dalle varie compagnie petrolifere. Russia e Cina guardano preoccupate a questi capovolgimenti. Ma, per fortuna di Europa e Stati Uniti, non fanno fronte comune. Un po’ per gli egoismi e i sospetti che dominano a Mosca e a Pechino, un po’ per gli interessi stra-
tegici ed economici che divergono. L’ingresso dei mandarini cinesi nel Great Game sta avvenendo a tappe forzose. La Cina ha aperto decine di missioni commerciali nell’Asia Centrale. Ha offerto aiuti finanziari all’Uzbekistan per sviluppare alcuni giacimenti di petrolio. Ha trasformato la regione nord-occidentale dello Xinjiang in un hub per facilitare i rapporti fra i vari Paesi. Questa regione cinese condivide i confini con Mongolia, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Afghanistan, Pakistan e India. Anche dal punto di vista demografico la Cina cerca di imporsi, tanto che già 100.000 cinesi vivono e lavorano in Kazakistan. L’area fra il Caucaso e il Caspio è di primaria importanza per i dirigenti di Pechino sia per ragioni di sicurezza, sia per il petrolio e il gas. Con gli Stati Uniti che, dopo l’11 settembre 2001, oltre a occupare l’Afghanistan, hanno ottenuto l’autorizzazione a utilizzare basi aree e corridoi di terra in Uzbekistan, Kirghizistan e Azerbaigian, la Cina si sente particolarmente vulnerabile lungo le proprie frontiere occidentali, come mai prima nella storia. Per quanto riguarda le risorse energetiche, la Cina vuole per sé una bella quota del petrolio e del gas del Caspio. Ma qui si scontra direttamente con la Rus-
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sia che, almeno finora, favorisce l’export verso ovest piuttosto che verso est, cercando sempre di utilizzare il proprio territorio. Proprio quello che non piace a Washington, che invece punta sugli oleodotti del Caucaso meridionale, attraverso l’Azerbaigian, la Georgia e la Turchia per bypassare Russia e Iran. Lo scontro fra le superpotenze per vincere il Grande Gioco non si limita a queste controversie geo-strategiche ed economiche. Alimenta anche i conflitti etnici e interstatali. I Paesi che gravitano sul Caspio sono sì ricchi di riserve di gas e di petrolio in grado di sostenere l’impetuosa e recente crescita economica, ma la guerra più o meno fredda che viene nutrita con operazioni segrete rischia di far svanire i sogni di grandeur e di far sbriciolare i grattacieli avveniristici che si stanno costruendo fra Astana, in Kazakistan, Ashgabat, in Turkmenistan, e Baku in Azerbaigian. Per ora gli esperti militari delle potenze interessate considerano “basso” il livello di conflittualità. Eppure c’è un motivo di forte preoccupazione ed è la recente corsa alle armi che sembra aver intrapreso tutta la regione. È solo una questione di “sicurezza nazionale”? Oppure è il tentativo di stabilire un nuovo “equilibrio di potere” all’interno e attorno al Caspio? 29
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contesti
L’est chiama, il Made in Italy risponde articolo di Daniela Mecenate fotografie di A. Benedetti - C. Ratcliffe - N. Ching
Più della Cina, più di qualsiasi altro mercato emergente: per le imprese italiane la bussola è puntata a est, dalla Serbia alla Russia passando per la Romania. E spesso restando lì.
Le imprese italiane guardano a est. Verso i Balcani, soprattutto verso la Romania, e poi ancora più lontano, verso la Russia. Perché non c’è Cina che tenga: la Matrioska per le aziende tricolore è molto più generosa del Dragone. Basti pensare che il numero di aziende italiane presenti in Russia e nell’Europa dell’Est è quattro volte superiore a quello delle aziende, sempre italiane, attive in Cina. A puntare la bussola verso Russia ed Est europeo sono ormai oltre il 40% delle imprese italiane che decidono di investire all’estero, certe di trovare un mercato florido e aliquote fiscali a misura di business. «Tutto è iniziato con l’energia e con le materie prime – spiega Rosario Alessandrello, presidente della Camera di Commercio italo-russa e imprenditore nella Federazione – che restano ovviamente i nostri principali interessi in Russia e che hanno generato rapporti molto consolidati tra i due Paesi, basti pensare alla presenza di Enel ed Eni. Ma dagli anni Novanta in poi le imprese italiane anche di piccole e medie dimensioni hanno iniziato a “esplorare” quest’area trovando terreno fertile per il proprio business. Oggi sono circa 500 le aziende tricolore presenti nel Paese. Proprio perché l’energia e le materie prime qui costano meno, a trasferirsi in quest’area sono state soprattutto le imprese che hanno a che fare con la trasformazione: dalla ceramica ai pannolini, dagli impianti d’irrigazione alla produzione di macchine utensili, dai mobilifici alle 30
mele del Trentino». Le mele del Trentino? «Certo, ed è solo un esempio. Oggi molti prodotti alimentari sono coltivati qui in serre, rigorosamente italiane, che riproducono il clima del Belpaese, e poi esportati in tutto il mondo. Altri esempi di aziende che hanno spostato qui parte della loro catena sono quelli di Ferrero, Parmalat, Indesit, Marcegaglia: imprese che traggono anche il 30% del loro fatturato da questo mercato».
A puntare la bussola verso Russia ed Est europeo sono ormai oltre il 40% delle imprese italiane che decidono di investire all’estero, certe di trovare un mercato florido e aliquote fiscali a misura di business Insomma, rapporti più che solidi, tra la “grande madre Russia” e la piccola Italia, rapporti di interdipendenza economica. Un Paese che è 55 volte l’Italia ma con una popolazione di poco superiore alla nostra, un territorio che ha 9 fusi orari e il 50% della popolazione che vive in remoti piccoli centri lontani dalle città: per il Made in Italy è questa una delle principali “terre promesse”.
Lo prova anche il fatto che l’Italia è il quarto partner commerciale per la Federazione Russa dopo Olanda, Germania e Cina, e che lo scorso anno l’export italiano verso il Paese è cresciuto del 15%. E se la principale destinazione degli investimenti italiani rimane il settore energetico, è sui settori ad alto contenuto tecnologico che l’Italia si sta rafforzando. Qui Fiat e le aziende del gruppo Finmeccanica sono ormai protagoniste del mercato e anche il settore finanziario sente la spinta del vento dell’est, con la presenza solida di Unicredit e Intesa San Paolo. Un mercato pronto ad accogliere le aziende tricolore a braccia aperte, dunque, quello ex-sovietico? «Non sempre – testimonia Massimo Lucchini, amministratore delegato della Lucchini Impianti S.p.A., azienda mantovana di 70 addetti che produce serre e impianti di irrigazione in Caucaso – perché il mercato russo non è affatto facile. Noi stiamo vivendo un’esperienza molto positiva, ma dobbiamo ammettere che sono tantissime le incognite e bisogna sapere come muoversi». Una legislazione ancora poco chiara, «una burocrazia disumana, e una scarsa trasparenza», secondo l’imprenditore mantovano, rendono spinoso il mercato russo, specie per le PMI. Eppure, all’interno della Matrioska, sono tanti i vantaggi che attraggono le imprese del Made in Italy. Oltre al prezzo molto conveniente dell’energia necessaria per produrre, anche i costi della manodopera sono attraen-
Terra promessa La Russia è grande 55 volte l’Italia, ma ha una popolazione di poco superiore alla nostra, un territorio che ha 9 fusi orari e il 50% della popolazione che vive in remoti piccoli centri lontani dalle città: per il Made in Italy è una delle principali “terre promesse”.
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ti, così come la possibilità di vendere i nostri beni a prezzi più elevati in un mercato che ha “fame” di prodotti italiani e che – con un PIL stimato a +4,5% per il 2012 – per tenere viva la fiamma della sua crescita ha bisogno specialmente delle macchine utensili e della meccanica strumentale che proprio le aziende tricolore possono offrire. «In Italia i nostri impianti hanno un ammortamento di 8-10 anni – prosegue Lucchini – qui invece ci aggiriamo sui tre e mezzo». Ma è anche l’aspetto umano a giocare un ruolo importante. «I russi sono bizzarri e mattacchioni – dice l’imprenditore – e loro stessi dicono di essere come il loro clima, ossia sempre in eccesso. Ma sono simili a noi, o almeno loro ci percepiscono così. E questo aiuta molto: quando incontriamo partner o possibili clienti russi, non fanno altro che dirci che ci manca la precisione tedesca, ma che ci scelgono perché abbiamo il cuore e la fantasia italiana. E in affari, alme32
no qui in Russia, conta anche questo. Così, spesso, l’incontro finisce con un caloroso abbraccio e tu sai che l’affare è andato a buon fine». Un abbraccio che unisce le imprese italiane non solo al grande subcontinente russo. Dalla Polonia all’Ungheria, dall’Ucraina alla Slovenia, dal Montenegro fino alla Lituania, l’est è come una calamita per le aziende italiane che decidono di andare oltre i confini nazionali. Ma tra tutti è la Romania il vero Eldorado. Qui fanno business un quarto delle imprese italiane che decidono di puntare a est, si tratta di più di 1000 aziende: tante quante in Cina, per tornare al raffronto col Dragone. «E questi sono solo i numeri ufficiali, riferiti alle aziende con fatturato oltre i 2,5 milioni. Ma se includiamo le piccole e piccolissime arriviamo anche a 16.000». A spiegare quanto vale (e perché) la presenza italiana in Romania è Matteo Ferrazzi, autore del libro Me ne vado a
l’est chiama, il made in italy risponde
est. Da cosa è generato questo vento d’Oriente che spinge verso Bucarest le imprese italiane? «Uno dei fattori decisivi è la vicinanza geografica – spiega l’autore, manager di Unicredit ed ex ricercatore di Prometeia – e poi conta molto anche la lingua: quasi tutti in Romania parlano l’italiano. Ma non è solo per questo. Il mercato rumeno permette anche a chi non è molto strutturato, quindi anche alle piccolissime imprese, di investire. In fondo c’è ancora quello stile un po’ arrembante degli anni Novanta in cui se il vicino di capannone lo suggeriva, si partiva verso il nuovo mercato vergine della Romania. Che nel frattempo però ha fatto il suo ingresso nella UE e si è strutturata per attrarre investimenti esteri con politiche fiscali ad hoc. Questa è un po’ la caratteristica dei Paesi di quest’area: una politica fiscale al ribasso. La prima è stata la Slovacchia, seguita dal Montenegro con aliquote al 10%, poi
la Serbia, che pur di accogliere la Fiat ha applicato tasse quasi nulle, e per ultima la Moldavia, che infatti sta iniziando ad attrarre investimenti esteri persino da chi inizialmente aveva scelto la Romania, attivando una sor-
L’Italia è il quarto partner commerciale per la Federazione Russa dopo Olanda, Germania e Cina, e lo scorso anno l’export italiano verso il Paese è cresciuto del 15% ta di strano fenomeno di delocalizzazione della delocalizzazione». Intanto, l’Italia è per la Romania e per gli altri Paesi dell’Est europeo il secondo partner commerciale dopo la Germania, e nonostante un rallentamento
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dovuto alla crisi dell’eurozona l’interscambio resta molto alto. I settori in cui l’Italia è maggiormente presente sono la meccanica strumentale, la moda e il tessile, la lavorazione dei metalli. «Se la Russia ci vede molto concentrati su pochi settori – spiega ancora Ferrazzi – la Romania ci vede invece presenti su un ventaglio molto ampio di attività, dai servizi per le imprese fino alle pizzerie, dalle utilities all’abbigliamento, dalle banche al manifatturiero. Molti partono con la certezza di tornare presto in Italia, quasi nessuno lo farà». Perché? «Perché il futuro è lì. Non in Cina, non in America, neppure in Italia – conclude amaro Ferrazzi – solo che non lo sappiamo perché i media danno scarsa importanza al mercato dell’est e non ne parlano quasi mai. Probabilmente una sorta di senso di colpa e tanti pregiudizi ci spingono a ignorare che l’Est europeo è la nostra seconda casa. In futuro, per le imprese italiane, potrebbe essere la prima». 33
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la politica estera di un paese fortunato articolo di Sergei A. Karaganov fotografie di J. Hicks - M. Prince - F.M. Frei
«Dai tempi di Pietro I e Caterina II fino alla Grande guerra patriottica hanno prevalso le vittorie. La Russia ha ereditato quasi tutta la grande cultura che aveva dato origine a un impero multinazionale ormai defunto. Nell’ultimo decennio questo patrimonio, che si è salvato dai crolli comunisti e postcomunisti, si è arricchito: si è trattato di un’insolita fortuna per il Paese. La Russia si è rafforzata sullo sfondo dell’indebolimento degli altri».
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Gli autori russi amano scrivere della politica estera del proprio Paese. Riscuote di gran lunga più successo di quella economica o della politica interna. In gran parte è proprio grazie alla sua politica estera degli ultimi 10-12 anni che la Russia influisce a livello mondiale molto più di quanto fanno i ritmi di crescita della sua economia, i numerosi indicatori di sviluppo – il clima degli investimenti, il livello di corruzione, la qualità delle istituzioni e in primo luogo del sistema giudiziario. Il Paese ha perso il suo status di superpotenza, ma è rimasto al terzo posto tra le grandi potenze, con un ampio distacco dagli Stati che seguono e dalle loro unioni. Parte dei motivi per cui la politica estera del Paese è così influente ha un carattere oggettivo. La Russia non ha perso molto del suo patrimonio. È una grande potenza nucleare, gode di uno status speciale all’interno dell’ONU, è ancora un vasto territorio con risorse minerarie. È ancora influenzata dalla sua storia che contempla anche enormi perdite. Ma dai tempi di Pietro I e Caterina II fino alla Grande guerra patriottica hanno prevalso le vittorie. La Russia ha ereditato quasi tutta la grande cultura che aveva dato origine a un impero mul36
tinazionale ormai defunto. Nell’ultimo decennio questo patrimonio che si è salvato dai crolli comunisti e postcomunisti si è arricchito: si è trattato di un’insolita fortuna per il Paese, e la cosa mi ha lasciato letteralmente senza parole. I vecchi rivali che alla fine del XX secolo si consideravano ancora trionfanti, han-
La Russia ha perso il suo status di superpotenza, ma è rimasta al terzo posto tra le grandi potenze, con un ampio distacco dagli Stati che seguono e dalle loro unioni no cominciato a indebolirsi in modo significativo. L’Europa a causa della crisi sistemica dovuta all’espansione troppo rapida e sconsiderata dell’Unione Europea e soprattutto della zona Euro. Gli Stati Uniti per due sconfitte geopolitiche consecutive, in Iraq e in Afghanistan, e anche a causa dei suoi problemi sistemici, meno gravi che in Europa ma diventati evidenti a tutti dopo l’inizio della crisi
nel 2008. La Russia si è rafforzata sullo sfondo dell’indebolimento degli altri. A favore della Russia gioca la crescita della Cina e il conseguente inevitabile inasprimento della rivalità tra quest’ultima e gli Stati Uniti; e di questo la Russia, con tutte le smentite ufficiali dell’attuazione di una tale politica, non può non approfittare. Il pericolo della “finlandizzazione” della Russia al cospetto di una Cina in espansione esiste; ma è ancora all’orizzonte, e i benefici sono evidenti ora. È anche abbastanza evidente che alla Russia abbia giovato la crescita dei “nuovi” Paesi, soprattutto in Asia. L’industrializzazione e l’aumento del benessere di queste nazioni hanno fortemente incrementato la domanda globale e i prezzi dell’energia e della maggior parte delle materie prime. Cresce a vista d’occhio la necessità di acqua, di merci al dettaglio e di alimentari. Tutto questo aumenta il costo della merce tradizionale russa d’esportazione. La cosiddetta “maledizione del territorio russo” si trasforma chiaramente in una grande risorsa. La Siberia, che si è abituata con difficoltà all’idea di stare in coda all’Occidente e poi allo scontro con la Cina, si trasforma a sua volta in una potenziale
la politica estera di un paese fortunato
L’entrata nell’OMC Dopo 18 anni di negoziati, la Russia entrerà nell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Questo ingresso potrebbe avere un forte impatto sulla ricchezza del Paese: si stima che il PIL dovrebbe aumentare dell’1% annuo.
ricca fonte di prosperità e sviluppo. Anche l’aggravamento della destabilizzazione del “grande Medio Oriente”, nonostante tutti i pericoli, fa il gioco della Russia. Mette in risalto il suo ruolo nell’assetto geopolitico mondiale, secondo soltanto agli Stati Uniti. Inoltre l’instabilità sta facendo lievitare i prezzi del petrolio. Infine, la Russia, che si è notoriamente formata in costante assetto di difesa da minacce esterne con mire offensive ed espansionistiche, per la prima volta nella storia non è minacciata seriamente da nessuno. La situazione è così insolita che preoccupa molti. Si cerca perfino di inventare nuove minacce, ma con l’informazione pubblica di oggi è impossibile. A beneficio delle posizioni della politica estera russa giocano non soltanto un patrimonio o una fortuna fantastica, ma anche una rigorosa diplomazia di alta qualità, per molti aspetti tradizionale e per questo giustamente criticata. Ma il mondo si sta rapidamente muovendo in direzione della storia. Verso una geopolitica tradizionale, operando in maniera differente nell’epoca della globalizzazione della trasparenza dell’informazione e del risveglio delle masse. La Russia, anche se in ritardo e in modo
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coercitivo, ha interrotto l’espansione della NATO, che minacciava l’Europa di una grande guerra. La sua diplomazia energetica di grande successo crea con l’Europa una situazione di interdipendenza positiva e di reciproco soft power. Supera la vulnerabilità dei Paesi in fase di transito in seguito al crollo dell’Unione Sovietica. Mette in funzione un gasdotto in Turchia, Severnyj potok, e dopo tre o quattro anni verrà lanciato un Iužnyj potok. Del Nabucco se ne sono già dimenticati quasi tutti. Molto saggiamente si sviluppano le relazioni con i Paesi dell’ex URSS. La Russia non fa grandi pressioni tranne per il caso specifico della Georgia. A differenza dell’Unione Sovietica, la Russia non paga, o paga pochissimo, gli ex partner. Essi non costituiscono più quel gigantesco aspirapolvere che risucchiava le risorse dal centro della Russia durante la superpotenza comunista. La cosa più importante è che Mosca sembra entrata in un periodo post-postsovietico, avendo superato in gran parte la nostalgia per l’Unione Sovietica. Le sue nuove iniziative di integrazione sono volte a ottenere dei benefici economici specifici sul mercato ad ampia scala, piuttosto che a ripristinare il passato. 37
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In Medio Oriente, Mosca ha attuato delle manovre estremamente intelligenti, mantenendo buoni rapporti con quasi tutti gli attori, non ultimo con Israele. E soprattutto evita il coinvolgimento diretto nei conflitti. Ma l’esperienza dimostra che colui che entra in conflitto in questa regione inevitabilmente perde, anche se inizialmente ha vinto la prima battaglia. In Siria, Mosca, nonostante la pressione, si dà da fare magistralmente. Evitando un ulteriore indebolimento del diritto internazionale e un incitamento agli islamisti radicali, dimostra le sue capacità politiche senza costi materiali e indebolisce quelle dei concorrenti. I rancori post-sovietici, suscitati dalle umiliazioni del crollo dell’Unione Sovietica e dell’espansione della NATO che hanno portato a trascurare gli interessi della collettività, sono ancora evidenti nella retorica russa riferita all’Occidente, mentre nelle questioni diplomatiche non ce n’è più traccia. Con gli Stati Uniti, Putin intrattiene rapporti pragmaticamente corretti. E anche nelle relazioni con l’UE, a quanto pare, Mosca ha cominciato a superare quell’atteggiamento di disprezzo suscitato dai vecchi risentimenti e dalle attuali debolezze di Bruxelles. Nei recenti di38
scorsi e articoli, durante il vertice Russia-Unione Europea riunitosi a maggio 2012, il presidente russo è stato non solo educato e cortese, ma ha anche sottolineato la sua simpatia e la disponibilità a prestare il proprio aiuto. La maggior parte degli osservatori della politica russa sia interna sia estera, anche all’interno del Paese, la criticano per il suo farsi influenzare dagli eventi e per la mancanza di visione strategica. Si tratta di accuse giustificate, anche se non è chiaro come sia possibile evitarlo in un mondo caotico e imprevedibile come quello dei nostri giorni. Con il pensiero strategico la situazione è esattamente opposta: solo negli ultimi anni Mosca ha promosso una serie di iniziative che coprono quasi tutte le direzioni strategiche della politica estera. La riforma militare procede abbastanza velocemente, progettata per la prima volta negli ultimi 300 anni per dare un nuovo orientamento drastico alle ridotte e più moderne forze militari rispetto all’Occidente come abile risposta alle minacce provenienti da qualsiasi direzione del sempre più imprevedibile mondo di oggi. La prospettiva strategica è quella di contrastare la diffusione di progetti europei di difesa missilistica.
Con gli Stati Uniti Putin intrattiene rapporti pragmaticamente corretti. E anche nelle relazioni con l’UE, a quanto pare, Mosca ha cominciato a superare quell’atteggiamento di disprezzo suscitato dai vecchi risentimenti e dalle attuali debolezze di Bruxelles
la politica estera di un paese fortunato
La Russia cerca di prevenire la minaccia molto tempo prima che si verifichi. L’Unione doganale Russia-BielorussiaKazakistan è già praticamente formata, comincia a trasformarsi in un unico spazio economico per poi dare vita a un’unione economica euroasiatica che ricorda molto l’Unione Europea degli anni Cinquanta e Sessanta. È stato proclamato, anche se non ancora inquadrato istituzionalmente, un profondo riorientamento economico della Russia sui mercati asiatici attraverso il risollevamento della Siberia e dell’Estremo Oriente, nel tentativo, per dirlo con le parole di Vladimir Putin, di «catturare il vento cinese» nelle «vele russe». Infine, la Russia ha proposto alcune soluzioni per superare definitivamente la divisione politico-militare dall’Europa, retaggio del passato, attraverso un nuovo accordo sulla sicurezza sociale. Soprattutto, in una serie di suoi articoli e discorsi, l’allora primo ministro e poi presidente Vladimir Putin ha motivato la necessità di passare alla creazione dell’unità economica della Russia e dell’UE con l’assistenza di altri Paesi, dando vita a uno spazio umano per dirigersi verso la formazione di un complesso energetico comune europeo. Gli esperti russi chia-
mano questa nuova federazione “Unione dell’Europa” (Alliance of Europe). In sostanza, si tratta della proposta di creare un terzo supporto formato da un ordine mondiale futuro ed emergente. Questa è ovviamente un’idea positiva anche per l’Unione Europea. È molto utile a lei e alla Russia, che può continuare a essere ancora per un po’ di tempo la prima della classe del potere politico. Ma è quasi condannata all’emarginazione economica. Un mercato unico gigantesco con la libera circolazione delle persone, con un unico complesso energetico e con una politica estera comune è in grado di unire la debole forza economica d’Europa a una rigorosa potenza nelle materie prime quale è la Russia. Ma le prospettive di convergenza non sono chiare. Le relazioni tra la Russia e l’Unione Europea sono entrate in un denso impasse. Bruxelles ha cercato di mantenere il tipo di relazione “servopadrone” sviluppato nel 1990. La Russia l’ha interrotta invano. Le relazioni nella zona dell’ex Unione Sovietica sono state caratterizzate da un semplice gioco a somma zero. Ai punti ha vinto la Russia, ma in generale hanno perso tutti, soprattutto i Paesi post-sovietici. In questo contesto si è prevedibilmen-
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te verificata una situazione di stallo e il conseguente tentativo di sviluppare un nuovo accordo strategico tra la Russia e l’Unione Europea. Le parti non si sono nemmeno messe d’accordo su quale forma avrebbe dovuto avere il documento. Tuttavia la cooperazione a livello dei Paesi, delle persone e delle aziende continua, soprattutto tra la Russia, la Germania, l’Italia, la Francia, i Paesi Bassi e la Finlandia. Ma l’adesione della Russia all’OMC eliminerà molti dei restanti problemi di interazione nella sfera economica. Lo stato in cui si trova l’Unione Europea la rende ovviamente un partner meno efficiente. Ma al tempo stesso la crisi ha rivelato anche molte debolezze strutturali che né l’Unione Europea né la Russia da sole potranno mai superare. Secondo me la soluzione più ovvia è quella di costruire qualcosa di simile all’Unione Europea. Se i russi e gli altri europei riusciranno a superare la diffidenza che li ha resi inadeguati ai dogmi intellettuali e a un divario di valore oggettivo, solo il tempo potrà dirlo. Sono ancora incline a credere nella razionalità degli europei e nell’inesauribilità del «genio europeo». I russi si sforzano. La costanza di Angela Merkel e la dedizione di Mario Monti infondono speranza. 39
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Alla ricerca dell’equilibrio articolo di Marta Dassù fotografie di Ruslan Shamukov
«Il triangolo Russia/Europa/Stati Uniti è caratterizzato da reciproche frustrazioni. Se il tasso di frustrazione reciproca è un dato da cui è impossibile prescindere, altrettanto o ancora più rilevante è l’assenza di alternative reali alla collaborazione reciproca». E l’Italia come si pone nei rapporti con la Federazione Russa? «Per l’Italia, la Russia è un partner strategico, importante sotto il profilo economico, ma importante anche per la definizione degli assetti di stabilità nello spazio europeo e mediterraneo».
A oltre vent’anni dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, la Russia non ha adottato (ancora?) un modello di democrazia liberale di tipo europeo. Non è neanche diventata – nonostante il “reset” dei rapporti USA e Russia in epoca obamiana – un convinto alleato degli Stati Uniti, come molti, con troppa fretta, avevano predetto. La Russia post-sovietica, per aggiustamenti successivi, ha seguito una sua strada e ha scelto un modello istituzionale proprio. Sul piano geopolitico, Mosca continua a guardare verso Occidente e ne ha bisogno per la modernizzazione della propria economia. Ma non c’è dubbio che la scelta “pro-West” compiuta nei primi anni post-sovietici sia apparsa all’élite russa, con il passare del tempo, sempre meno remunerativa. Dall’intervento in Iraq alla questione dello scudo spaziale, alla gestione del dossier Iran, alla guerra di Libia, la Russia ha condiviso poco o niente delle strategie occidentali: in sostanza, ha ritenuto di dare senza ricevere. Sul lato opposto, l’Europa (o meglio una sua parte) ha puntato verso una partnership strategica sempre più cementata dagli interessi ma poco ancorata a valori condivisi. Mentre l’America ha prima pensato di potere “perdere” la Russia senza troppi costi e ha poi cercato di recuperarla, ma senza riuscirvi fino 40
in fondo. Tanto meno oggi, nel pieno della campagna elettorale. In sintesi: il triangolo Russia/Europa/ Stati Uniti è caratterizzato da reciproche frustrazioni. Se questo – il tasso di frustrazione reciproca – è un dato da cui è impossibile prescindere, altrettanto o ancora più rilevante è l’assenza di alternative reali alla collaborazione reciproca. La tragedia siriana è un utile, anche se penoso, reminder di entrambi questi dati. Guardiamo prima alle opzioni a disposizione di Mosca. Sulla carta, la Russia potrebbe tornare a valutare in termini positivi quella vecchia “opzione asiatica” che è sempre stata parte del dibattito interno sulla collocazione del Paese e che, di recente, è stata riproposta da Sergey Karaganov in un rapporto del Gruppo di Valdai. Solo due anni fa, Karaganov aveva sostenuto l’obiettivo di un’alleanza fra le due “potenze declinanti” – Russia ed Europa – per prevenire la marginalità di entrambe sulla scena globale. Oggi propone invece un ribilanciamento verso l’Asia della politica russa: un’opzione Asia-BRICS, si potrebbe definire così, resa inevitabile dalla crisi dell’euro-zona e dall’esigenza di agganciare Mosca alla crescita della Cina. La tesi di uno dei più influenti politologi di Mosca è che la Russia sia costretta dalle dinamiche eco-
nomiche globali a superare un euro-centrismo di stampo ottocentesco, che di fatto considera ancora la Russia un Paese europeo con “possedimenti coloniali” in Oriente. E per farlo, la Russia deve cominciare a vedere nei territori asiatici della Federazione non più un peso (o addirittura una minaccia, guardando allo squilibrio demografico con la Cina alle frontiere siberiane), ma come un “atout” che potrebbe garantirle un ruolo primario in Asia orientale. Immaginando il futuro di una Russia in grado di giocare un suo ruolo a cavallo dei continenti, la capitale economica della Federazione dovrebbe diventare Vladivostok, quella politica resterebbe a Mosca e quella culturale sarebbe a San Pietroburgo. Come sempre, gli scenari sono più affascinanti della realtà. E la realtà è che sembra difficile immaginare un simile “rientro” della Russia in Asia orientale, viste le rivalità strategiche sottostanti con la Cina, il peso del fattore USA negli equilibri del Pacifico, le persistenti difficoltà con il Giappone e la scarsa complementarietà dell’economia russa con quelle asiatiche. In sostanza: i tempi non sembrano in realtà così maturi, nonostante la creazione di organismi come l’organizzazione di Shanghai (SCO), per un riposizionamento a est della Russia. Più modestamente, la Russia ha per
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ora combinato all’opzione europea, che resta dominante, un tentativo di riaffermazione nella sua area più tradizionale di influenza: l’estero vicino, l’Europa Orientale, il Caucaso e l’Asia Centrale. È la cosiddetta scelta “euroasiatica”, sostenuta da vari esponenti del variegato schieramento culturale e politico che si ispira al nazionalismo russo. Nella visione euroasiatica, la Russia è culturalmente legata all’Europa, ma capace di trarre dalla sua storia e dalle sue tradizioni modelli di sviluppo e organizzazione sociale originali e indipendenti dalla “suggestione” occidentale. Torna ad avere peso il mito dell’Eurasia come continente geopolitico posto tra Occidente e Oriente, senza che la Russia appartenga pienamente all’una o all’altra parte. Negli anni di Vladimir Putin, il mito euroasiatico, che ha radici antiche, ha assunto la veste di un disegno politico apparentemente più coerente, ma mai alternativo alla centralità dei rapporti con l’Europa. In quest’ottica, è possibile inquadrare la proposta lanciata nel 2010 di un’Unione Doganale con Bielorussia e Kazakistan – da gennaio diventata Spazio Economico Comune, retto da una commissione la cui struttura è ricalcata sulla commissione UE – e l’eventuale varo nel 2015 dell’Unione Euroasiatica. Queste iniziative a carattere apparentemente economico hanno in realtà un preciso obiettivo politico, che è quello di mantenere legati alla Russia i principali Paesi del suo vicinato, condizionando così il resto degli aspiranti a rapporti con l’Unione Europea e la NATO; qui la vera posta in gioco è la collocazione dell’Ucraina, che coltiva ambizioni europee e che ha finora rifiutato di aderire all’Unione Doganale. Alla stessa finalità, ma perseguita con metodi ben più spicci, rispondeva l’intervento in Georgia nel 2008, quale conferma del ruolo egemone di Mosca nella regione. Il presidente russo, d’altra parte, ha un approccio essenzialmente pragmatico. Tornato al Cremlino, ha confermato di volere combinare una politica estera assertiva con la ricerca di una crescente collaborazione tecnologica ed economica con gli Stati Uniti e l’Europa. Resistendo alle pressioni interne, Putin ha portato a compimento la lunga, faticosa adesione della Russia all’OMC. Sul piano strategico, ha confermato la collaborazione con la NATO sul dossier Afghanistan. E, nell’insieme, Putin non ha smentito, nonostante la crisi dell’eurozona, la direttrice strategica verso l’UE. Dal punto di vista del Cremlino, Europa significa Germania, anzitutto. E poi Ita42
lia. Non è un caso che, negli incontri con Merkel e Monti, il capo del Cremlino abbia sottolineato non solo l’importanza della collaborazione industriale ma anche l’intenzione di mantenere l’elevato livello di riserve valutarie in euro, superiore al 40%. In breve: per una Russia non proprio ben messa (fra trend demografici e scosse sociopolitiche interne, indice del malcontento di settori delle classi urbane) e per un Paese che si sente esposto alle possibili onde d’urto delle rivoluzioni arabe, l’ancoraggio europeo resta comunque una garanzia di stabilità. Nel perseguire questa politica – la modernizzazione almeno come ispirazione ricorrente attraverso il rapporto con l’Occidente, concedendo qualcosa ma non troppo alle spinte nazionaliste (e nel qualcosa rientra la legge restrittiva sui finanziamenti esteri alle ONG) e rivendicando l’autonomia delle proprie politiche interne (il neo-sovranismo ha anche qui i suoi teorici) – Putin 2 può contare ancora sulla sua vera leva di influenza: la saldatura fra settori importanti dell’establishment economico e settori dei siloviki (gli apparati della sicurezza). I dati macroeconomici e la disponibilità di notevoli riserve estere garantiscono lo spazio per interventi redistributivi. Ma entrambi i settori, in realtà, sono consapevoli che il Paese deve riuscire a fare evolvere il proprio sistema economico: un sistema che resta fortemente vulnerabile alle oscillazioni dei prezzi delle materie prime, come dimostra il crescente deficit non-oil della bilancia dei pagamenti. Gli esperti stimano che se il prezzo del petrolio scendesse per un lungo periodo al di sotto dei 90 dollari, la Russia avrebbe forti difficoltà: economiche e sociopolitiche. Frustrazioni a parte, l’impostazione descritta ha una conseguenza: Europa e Stati Uniti restano, da punto di vista di Mosca, interlocutori indispensabili. L’Europa per la modernizzazione economica; gli Stati Uniti, per il rango internazionale che la ex-superpotenza riuscirà a mantenere. Come si notava, nella percezione russa l’Europa è, prima dell’UE, la Germania. Quest’ultima con altri (il gruppo di Weimar con Francia e – ma con più difficoltà – Polonia). E l’Italia. Non si tratta di un esito ideale per il Vecchio Continente: ma l’assenza di una vera e propria politica energetica comune e le differenze di percezione fra i membri vecchi e nuovi, l’hanno reso praticamente inevitabile. Berlino, prima degli altri, si è mossa con grande determinazione sfruttando la complementarietà delle
Dal punto di vista del Cremlino, Europa significa Germania, anzitutto. E poi Italia. Per una Russia non proprio ben messa e per un Paese che si sente esposto alle possibili onde d’urto delle rivoluzioni arabe, l’ancoraggio europeo resta comunque una garanzia di stabilità
alla ricerca dell’equilibrio
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Le grandi cooperazioni italo-russe
due economie; e si sta trasformando in un hub per i flussi energetici che dalla Russia giungono in Nord Europa (Nord Stream). Lo stesso disegno che interessa, più a sud, l’Italia. L’Italia ha a sua volta gli strumenti per rafforzare il partenariato con la Federazione, facendo leva su una radicata presenza economica nel Paese, con oltre 500 imprese sul territorio e un volume in crescita di investimenti esteri diretti nelle due direzioni. La missione del Presidente del Consiglio del 23 luglio è stata la prima dall’inizio del nuovo mandato al Cremlino di Vladimir Putin e ha confermato la volontà di intensificare il dialogo strategico, avvalendosi di una serie di meccanismi esistenti: dai vertici intergovernativi, che coinvolgono oltre ai capi dell’esecutivo numerosi ministri, alle consultazioni in formato 2+2 dei ministri degli esteri e della difesa – che si sono svolte a Mosca nell’aprile scorso. Seguite, in luglio, dalle visite dei ministri Passera (potenzialità di sviluppo economico) e Severino (cooperazione nel settore della giustizia). Il punto è che la solidità dei rapporti economici e commerciali – per continuare a crescere in un contesto altamente competitivo – va alimentata e ribilanciata rispetto allo squilibrio collegato alle importazioni di gas. Nel corso della missione Monti sono state non a caso firmate – alla presenza del primo ministro Medvedev – sei
intese industriali in settori di primaria rilevanza e di elevato potenziale come l’energia, i servizi, le costruzioni, la tecnologia ambientale, che si aggiungono alle tante collaborazioni industriali italo-russe già esistenti. Dopo la Germania, l’Italia è il secondo fornitore europeo della Federazione Russa, con un intercambio che nel 2011 ha superato i 46 miliardi di dollari. Per una serie di piccole e medie imprese italiane, il mercato russo costituisce già una destinazione primaria. In una fase congiunturale in cui la domanda interna stenta a riprendere, si tratta di ossigeno necessario per il sistema produttivo italiano. Per l’Italia, la Russia è quindi un partner strategico, anche se problematico: importante sotto il profilo economico, ma importante anche per la definizione degli assetti di stabilità nello spazio europeo e mediterraneo, al di là delle innegabili divergenze. L’evoluzione della crisi siriana dirà quanto un partner bilaterale cruciale per alcuni dei principali Paesi europei, fra cui il nostro, possa anche tornare a pensarsi come attore indispensabile dei futuri equilibri sull’arco di instabilità che va dal Mediterraneo al Mar Nero. Quanto più la Russia diventerà parte della soluzione, e non del problema, tanto più Mosca supererà le vecchie frustrazioni. Ritrovando, per questa via, una sua collocazione internazionale.
Il pacchetto di sei intese firmate alla presenza del presidente Monti e del primo ministro Medvedev coinvolge settori chiave come l’energia, i servizi e le costruzioni e gruppi di primaria rilevanza. L’Italia è il secondo fornitore europeo della Federazione Russa, con un interscambio che, nel 2011, ha superato i 46 miliardi di dollari e nel Paese sono attive con grande successo ben 500 aziende italiane. Il mercato russo è vitale per migliaia di piccole e medie imprese per le quali costituisce la fonte primaria di destinazione del prodotto. Numerose sono le collaborazioni italo-russe di ampio respiro, a partire dagli importanti accordi di Eni ed Enel con i propri partner locali, in particolare la joint-venture con Novatek e Gazpromneft, nella società Severenergia, che ha iniziato lo scorso aprile a estrarre gas nello Yamalo-Nenets. La joint venture ha una potenzialità notevolissima, poiché la produzione annuale equivarrà a un terzo del fabbisogno italiano, ma anche poiché si è passati dall’acquisto di gas alla produzione, in un’ottica di collaborazione industriale ricca di potenziali ampliamenti ad altri settori e altre imprese e con un fecondo scambio di esperienze sotto il profilo tecnologico. Quello di Severenergia sarà il primo gas prodotto da Eni in Russia e da Enel nel mondo. Ma non si tratta evidentemente dell’unico esempio di collaborazione in campo energetico: Enel, attraverso la gestione di centrali termoelettriche sul territorio russo ha deciso di essere presente come investitore e operatore in tutta la filiera energetica, dall’estrazione di gas alla generazione e distribuzione. La stessa Enel ha da poco sottoscritto con Lukoil un memorandum di intesa per la collaborazione nel settore del gas.
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intervista a francesco sisci
Siberia: la Cina è vicina? articolo di Cecilia Toso
Quasi dieci volte più popolata della Russia, la Cina sta cercando territori di sfogo. In molti pensano che in Siberia, dove sono numerosi i clandestini cinesi, sia in corso un fenomeno di sinizzazione. Oxygen ne ha parlato con il giornalista e sinologo Francesco Sisci.
Cosa s’intende per “sinizzazione della Siberia”? Più che di un fenomeno in atto si tratta di un timore che alcuni russi nutrono. In Siberia la popolazione è meno di un milione di persone e sta diminuendo rapidamente a causa di una vita media molto breve e perché, finita la politica di immigrazione forzata dalla Russia alla Siberia, i siberiani stanno ritornando verso Mosca. I più, forzati e figli di forzati o carcerieri – quindi obbligati ad andare in Siberia –, per quella terra non nutrono né amore né intenzioni di sviluppo. Invece nel nord-est della Cina (la Manciuria storica) ci sono oltre 100 milioni di cinesi che fanno pressione. Sono in genere lavoratori intraprendenti che, avendone la possibilità, prenderebbero le vaste terre siberiane e le trasformerebbero, coltivandole.
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A questo si aggiunge il riscaldamento globale: se è un disastro per le popolazioni intorno al Sahara, è una benedizione per la Siberia, che sta diventando più ospitale, e per chi, come le popolazioni della Manciuria, è comunque abituato a vivere e coltivare in condizioni ambientali un po’ estreme. La sinizzazione è davvero in atto? Secondo me no. Né Mosca né Pechino vogliono creare ragioni di tensione politica. Se domani la popolazione di etnia cinese diventasse la maggioranza in quel territorio – e basterebbe poco –, a chi sarebbe fedele? A Mosca o a Pechino? Pechino è più vicina ed economicamente più potente, ma sa che estendersi vorrebbe dire mettere in pericolo i rapporti con la Russia. A mio avviso non c’è nessuna ambizione politica
di Pechino. Ci sono pressioni oggettive, l’acqua fa pressione sulla diga, ma la diga non sta crollando. E c’è invece in corso una penetrazione economica della Cina? No. La globalizzazione ha cambiato completamente il modo di fare politica. Se una volta per avere il petrolio bisognava andare con i cannoni a occupare la terra, oggi basta comprarla. La Cina in questo è maestra da molti anni, perché non dovrebbe farlo in Siberia? In più si discute di una cooperazione economica in Siberia da vent’anni. Dal 1991, ogni quattro o cinque anni si firmano trattati di cooperazione bilaterale, di sfruttamento congiunto delle risorse. Fino ad ora non sono andati a buon fine perché molte sono le ragioni di disaccordo: i prezzi, il tracciato di eventuali oleodotti e gasdotti (la Russia vorrebbe due tracciati diversi, uno per la Cina e l’altro per la Corea, invece la Cina vorrebbe un tracciato unico che passi per la Cina stessa), la proprietà degli stabilimenti (cedere per esempio quote proprietarie ai cinesi vorrebbe dire aprire le porte a un’immigrazione di mano d’opera cinese). Insomma, una foresta di frizioni concrete che tengono la situazione in stallo. Questa stasi coinvolge in qualche modo altri Paesi dell’Asia Centrale? Sì, la partita è molto complicata. I Paesi ex-sovietici, diventati indipendenti dopo il 1992 e già in competizione tra loro per questioni politiche ed etniche, sono anche il campo di battaglia di una contesa trilaterale tra Cina, Russia e Stati Uniti
(questi ultimi attraverso la presenza in Afghanistan). Il Paese favorito al predominio economico e politico sarebbe quello con la gravitas maggiore, cioè la Cina, che vende a questi Paesi più prodotti e più petrolio.C’è quindi una ritirata russa e un’avanzata cinese; ma il comportamento di alcuni cinesi che stanno emigrando in questi Paesi irrita i rapporti con i locali, ridando spazio alla crescita della presenza degli occidentali, in particolari degli americani. Una presenza maggiore di americani riporta a sua volta i russi vicino ai cinesi, che preferiscono competere fra loro (anche se in parte la Russia pare gradire la competizione fra Stati Uniti e Cina in modo da avere il tempo per prepararsi a competere con il vincitore). Insomma, i Paesi dell’Asia Centrale stanno cercando di trovare uno spazio politico ed economico, un equilibrio della loro dipendenza fra questi grandi, in modo da non essere meri satelliti politici o economici del vincitore e per questo preferiscono che la competizione per ora non si risolva. Esistono interessi europei su quell’area? Gli unici sono i tedeschi, che vorrebbero creare una linea ferroviaria Pechino-Berlino. Questo porterebbe l’Europa in Asia Centrale e potrebbe essere, secondo me, un elemento risolutore di questo conflitto: l’Europa potrebbe fare moltiplicare gli interessi in gioco e far quindi crescere la possibilità di mediazioni. Ma queste sono solo congetture perché il treno dovrebbe passare attraverso l’Iran, cosa, oggi, impossibile.
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rubriche
| traveller
Oymyakon: vivere a meno 70 articolo di Beatrice Mautino
Oymyakon, in Jacuzia, è il luogo popolato più freddo della Terra. Nel 1924 ha registrato la temperatura di −71,2°C, la più bassa che un centro abitato abbia mai avuto. Ma d’estate l’escursione termica è di ben 105°C. Viaggio in un luogo non solo gelido, ma pieno di contraddizioni e risorse naturali.
Non è facile arrivarci a Oymyakon. Si vola da Mosca a Yakutsk, la capitale della Repubblica Autonoma della Jacuzia, poi in macchina per tre giorni attraversando la taiga, ma solo d’inverno, quando i fiumi sono ghiacciati e si possono superare in auto. D’estate è tutto molto più complicato. Ma è in generale complicato viverci, da quelle parti, perché Oymyakon detiene il primato di Paese più freddo del mondo fin dall’inverno del 1924, quando lo scienziato russo Sergey Obrychev ha registrato con le sue strumentazioni la temperatura di −71,2°C, la più bassa che un centro abitato abbia mai avuto. Ancora oggi, sulla strada che collega Oymyakon al villaggio limitrofo di Tomtor c’è un monumento con una targa che ricorda l’eccezionale record.
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Gli scienziati dicono che è la particolare posizione, nel mezzo di una valle fra due catene montuose, a rendere le temperature di Oymyakon così proibitive: l’aria fredda viene risucchiata e intrappolata a fondo valle, mentre, paradossalmente, salendo di un centinaio di metri in collina si incontrano temperature, sempre proibitive, ma di una decina di gradi superiori. Di paradossi Oymyakon ne è piena. Se d’inverno si raggiungono le tacche più basse del termometro, d’estate fa caldo, anche molto caldo. Nel 2010 l’escursione termica fra estate e inverno è stata di 105°C, passando dai –70°C dell’inverno ai quasi 35°C dell’estate. Ma non basta. Il suo nome significa “acqua che non gela” perché le sorgenti termali che
La terra dei diamanti La Jacuzia è una terra che sfrutta molto la sua ricchezza naturale. La Alrosa, la più grande industria di diamanti del mondo, ha sede lì e, da sola, provvede al 97% del mercato russo e al 25% di quello mondiale.
alimentano il fiume Indigirka lo riscaldano permettendogli di scorrere per tutto l’inverno. Oymyakon non è però sempre stata abitata. Fino al 1930 veniva utilizzata come base estiva per gli allevatori di renne. Poi ha dovuto fare i conti con l’enorme ricchezza del suo suolo. «Ci puoi trovare tutta la tavola periodica degli elementi», recita un detto locale. Minerali di ogni genere e molte pietre preziose, riserve di oro e di diamanti che hanno fatto gola a Stalin. Senza oro e diamanti oggi non ci sarebbe Oymyakon, infatti il dittatore ha visto in quella regione una sorta di “Eldorado siberiana” e l’ha trasformata in un avamposto disseminato di miniere (una settantina negli anni Trenta). Al lavoro i detenuti politici internati nei Gulag che avevano il compito di estrarre le pietre preziose e costruire le infrastrutture che avrebbero poi permesso l’insediamento di una popolazione stabile nella regione. Le loro ossa sono rimaste lì, sotterrate sotto i 2000 chilometri della Kolima Highway, conosciuta anche come “strada delle ossa”, una strada sterrata che collega il porto di Magadan, sul mare di Okhotsk, a Yakutsk. Oggi la situazione è diversa. La Jacuzia è una terra che sfrutta ancora molto la sua ricchezza naturale, ma in maniera radicalmente differente coniugando la produzione industriale alla ricerca scientifica d’avanguardia. La Alrosa, la più grande industria di diamanti del mondo, ha sede lì e, da sola, provvede al 97% del mercato russo di diamanti e al 25% di quello mondiale. Mentre lo
spesso strato di terreno perennemente ghiacciato, il permafrost, che ricopre tutta la regione è oggetto di studio da parte dei ricercatori di tutto il mondo. A Yakutsk, sotto al Melnikov Permafrost Institute sono stati scavati tunnel nel permafrost che permettono agli scienziati di monitorare e prevedere le conseguenze dei cambiamenti climatici. Negli ultimi anni, alle ricchezze della natura si sono aggiunte quelle portate dal turismo. Sono sempre di più, infatti, le persone che si recano a Oymyakon per provare il vero freddo e mettersi alla prova a temperature che sono anche difficili da immaginare. Se volete mettervi in viaggio sappiate che bisogna stare molto attenti, coprirsi di pelliccia dalla testa ai piedi, mantenere la temperatura nelle case molto alta bruciando legna e carbone per accumulare calore e dimenticarsi i cellulari perché là non c’è segnale, ma, anche se ci fosse, a quella temperatura il cellulare avrebbe tutti i circuiti elettronici congelati. E lo stesso vale per le macchine fotografiche, le videocamere, le batterie e anche per i combustibili. Il diesel congela a –50°C e quando un’auto si spegne all’esterno, per poterla far ripartire bisogna cercare di scaldare il serbatoio accendendo un fuoco, oppure aspettando la primavera. E fate molta attenzione agli occhiali. Se, per sbaglio, vi dimenticate di toglierli prima di uscire di casa, vi si congeleranno sulla faccia. Insomma, non è facile arrivarci a Oymyakon e non è facile viverci, ma potrebbe valerne la pena.
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Riserve attualmente conosciute in Russia: 44,38 trilioni di metri cubi. La produzione annuale è di circa 607 miliardi di metri cubi
Fonte U.S Geological Survey, Mineral Commodity Summaries, 2008-11
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Fonte BP Statistical Review of World Energy, giugno 2012
4,5% QATAR STATI UNITI 4,1%
4,6% IRAN Turkmenistan 11,7%
iran 15,9%
russia 21,4%
QATAR 12%
4,9% CANADA
20% STATI UNITI
18,5% RUSSIA
4% russia
5,1% indonesia
india 7%
australia 8,9%
5,6% india
5,8% australia
russia 18,2%
stati uniti 27,6%
cina 13,3%
14,1% stati uniti
0,31% RUSSIA E altri ALTRI 17%
AUSTRALIA 1,5%
0,42% BRASILE
2% INDIA cina 50%
RUSSIA 17%
0,27% MALESIA
Gruppo di 17 elementi, tra cui scandio, ittrio e 15 lantanoidi, che costituisce una risorsa fondamentale per l’industria delle apparecchiature elettroniche
49,5% cina
GAS NATURALE
Riserve attualmente conosciute in Russia: 157.010 milioni di tonnellate. La produzione annuale è di 157,3 milioni di tonnellate di petrolio equivalente
produzione
a cura di Oxygen infografica di Undesign
La Russia con i suoi 17 milioni di chilometri quadrati – di cui oltre 700.000 coperti d’acqua – occupa un ottavo della superficie terrena. Questo immenso territorio custodisce un impressionante potenziale di risorse: acqua dolce, carbone, gas naturale, petrolio, minerali, uranio, terre rare. Attorno a queste risorse si è organizzata l’industria: la Russia è al primo posto al mondo per la produzione di petrolio, nickel e diamanti (in volume) e fra le prime al mondo per quella di gas naturale e carbone.
CARBONE
Le riserve attualmente conosciute in Russia di Terre Rare ammontano a 19 milioni di tonnellate metriche
97% CINA
Russia: le risorse per il futuro
TERRE RARE
INDIA 2,5%
| passepartout
STATI UNITI 12%
rubriche
riserve
Rb
Fonte BP Statistical Review of World Energy, giugno 2012
ACQUA DOLCE
RISERVE MINERARIE
Riserve attualmente conosciute in Russia: 480.000 tonnellate; le tonnellate prodotte all’anno sono circa 3550
Acqua dolce totalmente rinnovabile disponibile all’anno in Russia: 4498 km3
Percentuale delle riserve minerarie mondiali possedute dalla Russia
Fonte BP Statistical Review of World Energy, giugno 2012
diamanti 6°
nickel 3°
oro 3°
platino 2°
ferro 1°
indonesia 5,1%
canada 6%
stati uniti 5,6%
russia 8,2%
brasile 15%
2° alluminio
2° potassio
2° platino
1° nickel
1° diamanti
6,6% RUSSIA
SUDAFRICA 5%
8,3% NAMIBIA
7,8% NIGER
RUSSIA 9%
11% AUSTRALIA
KAZAKiSTAN 12%
Nella classifica mondiale della produzione mineraria annua la Russia è
Nella classifica mondiale delle riserve minerarie la Russia è:
AUSTRALIA 31%
CANADA 9%
18% CANADA
russia 5,3%
5,2% IRAN
3,5% VENEZUELA
IRAQ 8,7%
8,8% STATI UNITI
IRAN 9,1%
CANADA 10,6%
12,8% RUSSIA
ARABIA SAUDITA 16,1%
VENEZUELA 17,9%
33% KAZAKiSTAN
URANIO
Riserve attualmente conosciute in Russia: 88,2 miliardi di barili; la produzione annuale è di circa 3,4 miliardi di barili
13,2% ARABIA SAUDITA
PETROLIO
Fonte World Nuclear Association, 2011
Fonte FAO Aquastat 2011 e The World’s Water 2008-2009, Pacific Institute
Fonte Mineral Information and Statistic for the BRIC countries (1999-08), BGS Minerals UK e Russian Federation Facts and Figures, SPIEF 2012
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scenari
Un vecchio amico è sempre meglio di uno nuovo articolo di Konstantin Simonov fotografie di F. Lanting - A. Petrov - S. Gorshkov
L’“amicizia energetica” tra Russia ed Europa è al capolinea? «La domanda importante da porsi è semplice: fa bene l’Europa a pensare di non aver bisogno del gas e del petrolio russi e fa bene la Russia a compiere una sterzata verso la Cina?». Konstantin Simonov, direttore generale del Fondo nazionale per la sicurezza energetica, tratteggia gli scenari che potrebbero nascere in futuro.
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Export petrolifero Nel 2010, l’esportazione di petrolio dalla Federazione Russa è stata pari a 247 milioni di tonnellate e, nel 2011, a 241 milioni. Tuttavia, l’esportazione in Cina è cresciuta da 10,5 a 15,2 milioni di tonnellate.
Quando gli europei pensano agli ingegneri energetici russi, di sicuro la prima cosa che viene loro in mente è la questione legata ai nostri rapporti bilaterali. Ciò che da sempre preoccupa gli europei è fino a che punto la Russia possa essere considerata una fonte affidabile di beni energetici. Il dibattito legato al tema del gas, dal quale indubbiamente occorre partire, è particolarmente acceso. Al momento, i nostri rapporti si trovano in una situazione piuttosto complessa. Se volessimo usare un’analogia con la vita familiare, la situazione si potrebbe descrivere nel modo seguente. Marito e moglie sono sposati da diversi decenni. La moglie desidera tanto che questo legame duri il più a lungo possibile. A un certo punto, però, il marito propone di vivere separatamente, tanto più che ben presto, in base ad alcune informazioni in suo possesso, in città arriveranno altre belle donne provenienti dagli angoli più remoti del mondo (USA, Marocco, Australia, Azerbaigian). Queste si mostrano subito accomodanti e simpatiche. Perciò lui dice alla moglie: “Per ora aspetta, non posso darti la garanzia che starò con te negli anni a venire, ma comunque, se non ottengo nulla dalle 52
nuove donne, allora d’accordo, resterò insieme a te. Quindi tu non allontanarti”. La moglie, ovviamente, dal canto suo non è molto contenta di una simile relazione, tanto più che da qualche tempo ha preso confidenza con il vicino che vive un po’ più a est. Spiego meglio quest’analogia. Negli ultimi anni in Europa si parla molto del fatto che è in arrivo una nuova epoca sul mercato mondiale del gas, che non servono più contratti pluriennali (“vincoli familiari”) e che, tutto sommato, sul mercato ci sarà un enorme profit di gas: dagli Stati Uniti (“la ragazza nordamericana”), dall’Australia e addirittura dal Mozambico, dove l’italiana Eni ha fatto enormi ritrovamenti geologici, arriverà il GNL. Sarà costruito un gasdotto dal Caspio, in Iran cambierà il regime e un nuovo governo democratico inizierà a fornire volentieri gas all’Europa attraverso le sue tubazioni. Di conseguenza, il gas russo viene ormai considerato totalmente inutile. Tutto ciò, ovviamente, offende la Russia, che ha la sensazione di meritare una relazione più rispettosa. Desidera sapere cosa le riserva il futuro. Di certo non vorrebbe veder crollare il suo matrimonio. La longevità dei rap-
un vecchio amico è sempre meglio di uno nuovo |
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+1,2% Estrazione del petrolio in Russia
porti, però, è garantita da un sistema di contratti pluriennali che la Russia vorrebbe conservare. La spiegazione è semplice. Il problema sostanziale del gas petrolifero russo consiste nel fatto che ha avuto inizio un grave crollo dell’estrazione nei vecchi giacimenti sovietici. L’URSS non è esiste più da 20 anni ormai. Il che significa che occorrono investimenti in nuovi progetti ed è indispensabile rinnovare il sistema
Putin aspira a una più stretta collaborazione con l’Europa. Ma quest’ultima lo respinge, costringendolo così a pensare alla Cina, dove la domanda di gas e petrolio è in forte crescita di trasporto del gas. Insomma, ci si rende conto che il volume degli investimenti necessari cresce. Il programma d’investimento della stessa Gazprom è già dell’ordine di 30 miliardi di dollari. A ottobre sarà avviato il giacimento di Bovanenkovo, che nei momenti di
punta dell’estrazione fornirà 115 miliardi di metri cubi, a fronte di una produzione complessiva del gas nella Federazione Russa, lo scorso anno, pari a 669 miliardi di metri cubi. La Russia ha bisogno di comprendere se vale la pena investire soldi in nuovi progetti sulla penisola di Jamal. Del resto, le riserve di gas in Russia sono sempre enormi; infatti, alla Federazione Russa spetta il 21,4% delle riserve di gas mondiale dimostrate. Per la loro estrazione però occorrono mezzi giganteschi. Dunque è indispensabile rendersi bene conto se si troverà o meno da vendere questo gas. L’Europa è convinta che il gas russo ormai non serva più, ed ecco che subito ci viene in mente la Cina. Anche se, in tutta sincerità, non vorremmo perdere il nostro caro vecchio amico europeo, il quale, si sa, paga bene. Del resto, poi, sul piano politico è di gran lunga più prevedibile. In sostanza, anche Vladimir Putin, che parla spesso di Cina, in realtà poi la considera solo una variante di scorta. Proviamo a dare un’occhiata a uno dei suoi articoli che hanno preceduto le elezioni. Putin invita a «riflettere su una più profonda collaborazione anche a livello 53
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di ingegneria energetica, fino alla creazione di un complesso energetico unico europeo», in direzione del quale rappresentano delle tappe importanti «la creazione dei gasdotti Severnyj Potok, sul fondo del Baltico, e Južnyj Potok, nel Mar Nero». In quest’articolo Putin definisce la sinergia tra la Federazione Russa e l’Unione Europea come non conforme alle sfide globali e invita «ancora una volta a lavorare intensamente con l’obiettivo di creare una società armonica di economie da Lisbona a Vladivostok. E, in futuro, puntare anche alla formazione di una zona di libero scambio e, addirittura, di meccanismi d’integrazione economica più avanzati», cosa che dovrebbe portare alla formazione di un «mercato continentale globale con un valore di trilioni di euro». Putin aspira a una più stretta collaborazione con l’Europa. Ma quest’ultima lo respinge, costringendolo così a pensare alla Cina, dove la domanda di gas e petrolio è in forte crescita. Il drago cinese necessita di una quantità sempre maggiore di rifornimento di combustibile. In questo modo noi potremmo aumentare le nostre estrazioni dal sottosuolo; tuttavia, 54
non bisogna dimenticare che l’estrazione in Russia non può crescere a un ritmo troppo veloce. La causa, come ho detto, è la necessità di enormi investimenti a livello di green field. Per quanto riguarda il petrolio, la situazione è tale e quale a quella del gas. Lo scorso anno, l’estrazione del petrolio in Russia è cresciuta dell’1,2%, ma ancora una volta, il primato mondiale è spettato all’Arabia Saudita. Inoltre per l’estrazione degli idrocarburi in Cina è necessario costruire un’apposita infrastruttura. Perciò, oggi, vendiamo in Cina idrocarburi che togliamo dall’esportazione verso l’Europa. In totale, nel 2010, l’esportazione di petrolio dalla Federazione Russa è stata pari a 247 milioni di tonnellate e, nel 2011, soltanto a 241 milioni. Tuttavia, l’esportazione in Cina è cresciuta da 10,5 a 15,2 milioni di tonnellate. Per il momento la cifra non è molto alta, ma la tendenza in questo senso è notevole. Per questo motivo, oggi, la domanda importante da porsi è semplice: fa bene l’Europa a pensare di non aver bisogno del gas e del petrolio russi e fa bene la Russia a compiere questa sterzata verso la Cina? La scelta degli europei è semplice:
Le riserve di gas in Russia sono sempre enormi: il 21,4% di quelle di gas mondiale dimostrate. Per la loro estrazione però occorrono mezzi giganteschi. È dunque indispensabile capire se la Federazione Russa si troverà o meno a vendere questo gas
un vecchio amico è sempre meglio di uno nuovo
rifiutando di continuare le nostre relazioni, essi contribuiscono al fatto che il petrolio e il gas russi fluiscano verso la Cina. Magari si realizzassero i pronostici di una “parata di fidanzate”. Al contrario, invece, tutti questi pronostici si fondano su congetture alquanto ottimistiche. Diciamo che il gas naturale liquefatto (GNL) degli USA potrebbe anche non raggiungere il volume pronosticato sul mercato europeo; la congiuntura dei prezzi è tale che i produttori del gas di scisto si riconvertiranno attivamente al petrolio di scisto, cosa che potrebbe portare alla rinuncia all’accrescimento aggressivo delle esportazioni. L’estrazione propria del gas di scisto nell’UE è in forse a causa delle limitazioni ecologiche. Per questo motivo è in dubbio che la tendenza del 2011 di sostituire il gas con il carbone assuma un carattere a lungo termine. Il GNL dell’Australia andrà prima di tutto in Asia e quello dell’Africa orientale salterà fuori in un lasso di tempo totalmente imprevedibile. Ma la cosa più rischiosa è l’instabilità nel Golfo Persico. L’Europa ha già rinunciato al petrolio iraniano. Per lei potrebbe essere semplice rimpiazzare il petrolio
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russo, ma noi non siamo in grado di compensare interamente l’Iran, perché ancora non siamo in grado di incrementare la nostra estrazione abbastanza rapidamente. Inoltre, abbiamo già costruito un oleodotto in Cina e con questa ci siamo legati con l’impegno di fornire 300 milioni di tonnellate di petrolio per i prossimi 20 anni. Oggi la Russia è in fase di trattativa per le forniture di gas in Cina attraverso il gasdotto Altaj, che collega la Repubblica Popolare Cinese ai vecchi giacimenti giganteschi dell’epoca sovietica, da cui, oggi, provengono anche le principali forniture di gas in Europa. Certamente la Cina non ha intenzione di pagare un prezzo pari a quello pagato dagli europei. Per questo, al momento, non è ancora stato firmato il contratto. Tuttavia, la tentazione di svolta dell’esportazione russa verso l’Asia è pur sempre evidente, in quanto proprio l’Asia, oggi, si è trasformata nel centro chiave dello sfruttamento dei beni energetici primari. Ma, come si dice in Russia, “un vecchio amico è sempre meglio di uno nuovo”. Cosicché continueremo a sperare che l’errore funesto non si compia, né da parte nostra, né degli europei. 55
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contesti
Enel: energia per la Russia articolo di Carlo Tamburi
La Russia è un player chiave dello scenario globale e le scelte operate dalle autorità in materia di politiche energetiche determineranno non solo il futuro dell’economia russa, ma avranno anche degli impatti in materia di sicurezza e sostenibilità ambientale.
Il presente e il futuro della Russia sono intrinsecamente connessi al tema dell’energia: nel 2010 la Russia è stata il maggior produttore di petrolio nonché il più importante produttore ed esportatore di gas naturale del mondo, con un consumo energetico che l’ha vista classificarsi immediatamente dietro a Cina, Stati Uniti e India. Inoltre, in aggiunta alle vaste riserve di combustibili fossili, il Paese ha un potenziale significativo in termini di generazione idroelettrica e più in generale rinnovabile e ha, concentrate nella zona siberiana, un quinto delle foreste globali. Al di là del settore energetico, le prospettive economiche non sono meno interessanti. Come riportato dalla World Bank, se misurata in termini di Purchasing Power Parity, la Russia in questo momento è la sesta economia del mondo, anche al di sopra dei Paesi che compongono, insieme alla Federazione Russa, il blocco denominato BRICS. In passato, l’aumento dei prezzi globali dell’energia ha consentito al Paese di recuperare dal declino degli anni Novanta, registrando elevati tassi di crescita e, ad oggi, le aspettative che i prezzi delle commodities possano rimanere al di sopra di determinate soglie supportano la visione di una crescita prolungata per il Paese. Data la prossimità con l’area europea, anche la Russia è condizionata dalla crisi dell’eu56
rozona: durante il 2011 il turmoil del settore finanziario ha innescato la flight to safety dei capitali al di fuori della Russia, condizionando il livello dei CDS spread in tutta la Regione CIS e il peggioramento del tasso di cambio del rublo. A livello industriale, la crisi europea si è fatta sentire in termini di export ridotti e rallentamento della produzione industriale. In virtù di un ambiente circostante più debole del previsto, le prospettive di crescita sono state leggermente riviste al ribasso, ma restano tuttora elevate, con un tasso di crescita atteso del PIL pari a circa il 4%. Un importante elemento che potrà fornire ulteriore spinta all’economia è l’ingresso di Mosca nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Dopo 18 anni di trattative, l’inserimento della Russia nei meccanismi del commercio mondiale stimolerà ulteriormente gli investimenti stranieri nel mercato dell’ex Unione Sovietica. In questo momento storico, in cui il recupero dalla crisi sta avvenendo a due velocità, con le economie sviluppate che mostrano una crescita molto debole e quelle emergenti che esibiscono per contro un rimbalzo sostanzioso e guidano la crescita globale, la Russia ricopre un’importanza strategica per una società come Enel, che dal 2005 si sta trasformando da azienda prettamente italiana
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in azienda globale e in una delle più importanti utilities al mondo. Siamo orgogliosi della nostra scelta e di essere stati tra i primi investitori stranieri a entrare nel mercato russo, diventando il primo operatore internazionale con una presenza integrata nel settore energetico del Paese, dall’esplorazione e produzione di gas naturale, alla generazione e, infine, alla vendita ai clienti finali. Nonostante la crisi economica e la significativa diminuzione della domanda di energia, Enel ha pienamente rispettato gli impegni di investimento assunti con le autorità russe all’atto della privatizzazione e ha investito ad oggi più di quattro miliardi di euro nel settore energetico russo, diventando cosi la prima azienda elettrica a completare gli investimenti concordati. Lato generazione Enel attualmente possiede il 56,43% di OGK-5, azienda con quattro centrali termoelettriche in diverse regioni del Paese, per una potenza complessiva di 9027 MW. Nel corso del 2011 abbiamo completato la realizzazione dei due nuove unità a ciclo combinato (CCGT) negli impianti di Nevinnomysskaya, centrale che garantirà l’elettricità per le Olimpiadi Invernali di Soči 2014, situata nella regione di Stavropol a sud della Russia, e Sredneuralskaya nella regione di Sverdlovsk (Urali), che 58
hanno consentito di aggiungere circa 800 MW di capacità nonché aumentato sensibilmente la disponibilità dei nostri impianti. In Russia, il parco di generazione ha un’età media molto elevata: la nostra turbina più vecchia risale addirittura agli anni Trenta e pertanto la priorità è quella di intervenire per allungare la vita utile dei nostri impianti, migliorarne l’efficienza, nonché l’ambientalizzazione con lo scopo di raggiungere i livelli europei di efficienza e abbattimento delle emissioni. In particolare a Reftinskaya, la più grande centrale a carbone di tutta la Federazione Russa, è attualmente in fase di esecuzione un ambizioso progetto di ammodernamento e ambientalizzazione di tutte le unità produttive. Risalendo a monte della catena del valore, all’inizio del 2012 abbiamo vissuto un altro momento centrale nella collaborazione energetica italo-russa: SeverEnergia ha avviato la produzione di gas dal giacimento Samburgskoye nella regione di Yamalo-Nenets, il primo gas estratto da Enel nel mondo. Il nostro gruppo partecipa con il 19,6% al consorzio SeverEnergia, in partnership con Eni, Gazpromneft e Novatek, una joint venture che si è aggiudicata la gara per l’acquisizione di asset detenuti in precedenza da Yukos, che le
Siamo orgogliosi della nostra scelta e di essere stati tra i primi investitori stranieri a entrare nel mercato russo, diventando il primo operatore internazionale con una presenza integrata nel settore energetico del Paese, dall’esplorazione e produzione di gas naturale, alla generazione e alla vendita ai clienti finali
enel: energia per la russia
garantisce la presenza nel più grande giacimento di gas della Siberia. Infine, per garantire la propria presenza anche nella parte a valle della filiera energetica, Enel partecipa anche al 49,5% a RusEnergoSbyt, il terzo operatore indipendente nella vendita di elettricità con una quota del 5% della domanda del mercato russo. Nel 2011 RusEnergoSbyt ha servito 187.400 clienti finali, operando in 59 regioni della Russia. Uno dei punti forti dell’azienda è proprio la marcata presenza regionale con 49 uffici e 10 filiali, nonché l’avere tra i propri clienti le Ferrovie Russe (RZhD), fornendo quindi un contributo essenziale al settore dei trasporti della Federazione Russa. Il Gruppo Enel, già molto soddisfatto della propria posizione attuale in Russia, punta a crescere ancora. Il nostro amministratore delegato Fulvio Conti lo ha ribadito di recente a Mosca: «I prossimi obiettivi sono consolidare l’esistente, crescere attraverso efficienza ed espansione con la costruzione di una piattaforma integrata che colga tutte le opportunità di questo grande mercato che è la Russia». Le condizioni favorevoli agli investimenti stranieri si sono create nel Paese a partire dal 2000 con l’insediamento di Vladimir Putin, che, comprendendo l’importanza delle tecnologie e le com-
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petenze straniere per lo sviluppo della Russia, ha avviato un piano di liberalizzazione e modernizzazione del settore energetico. Da allora, i passi in avanti compiuti sono notevoli e, ad oggi, possiamo dire che il processo è quasi completato. Tuttavia, servono ancora alcuni sforzi in tal senso per poter raggiungere gli obiettivi prefissati e per garantire il flusso di investimenti necessari al completamento di tale percorso. In occasione del forum economico di San Pietroburgo di giugno 2012, Enel ha ribadito la propria visione su ciò che deve essere ancora realizzato affinché il quadro regolatorio possa essere ritenuto completo e in linea con gli standard dei mercati più evoluti. Nello specifico, necessita di coerenza nella definizione di regole e raccomandazioni che forniscano segnali chiari e univoci agli investitori e permettano di definire al meglio le scelte d’investimento. La prevedibilità e la coerenza delle politiche energetiche, congiuntamente all’eliminazione di qualsiasi fattore discorsivo nella formazione dei prezzi, rappresentano i pilastri per lo sviluppo del sistema energetico. Gli investimenti che poniamo in essere sono caratterizzati da un’estrema capital intensity con orizzonti temporali molto lunghi, ed è pertanto fondamentale che lo scenario sia coerente nel tempo. 59
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approfondimento
Eccellenze italiane a Mosca articolo di Antonio Zanardi Landi fotografie di Sergei Chirikov - Walter Bibikow
Dal 12 settembre all’inizio del 2013, l’Italia promuove a Mosca il meglio delle sue produzioni, con l’obiettivo di valorizzare nella Federazione Russa l’ingegno, l’innovazione tecnologica e la creatività attraverso i prodotti italiani di alta qualità.
Dal 12 settembre e sino ai primi giorni del 2013, nel quadro di un’iniziativa finanziata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dello Sviluppo Economico, promuoviamo e rendiamo visibile il meglio delle produzioni italiane nella Federazione Russa, un Paese e un mercato che tradizionalmente, e ancor più in anni recenti, ha mostrato di apprezzare i nostri prodotti di qualità in tutti i settori e nel quale le nostre imprese hanno dato vita a jointventure con partner locali di carattere strategico e di grande successo. Le statistiche lo dimostrano, con 46 miliardi di euro di interscambio e una crescita delle esportazioni dall’Italia verso la Russia superiore al 33% nel 2011. Il programma di promozione delle “Eccellenze italiane d’oggi” si pone come ideale prosecuzione economico-commerciale dell’“Anno della cultura e della lingua italiana in Russia” del 2011 e ha l’obiettivo di valorizzare nella Federazione Russa l’ingegno, l’innovazione tecnologica e la creatività italiani attraverso le nostre produzioni di alta qualità. Mostriamo il meglio del Made in Italy, del quale, attraverso le eccellenze, vogliamo “raccontare la storia”. Una storia che ha reso i nostri prodotti conosciuti e apprezzati in tutto il mondo; una storia che ha reso possibile l’identificazione del nostro Paese con i concetti di eleganza, stile, qualità della vita; una storia di imprenditorialità diffusa e 60
dinamica che ha portato all’industrializzazione del nostro Paese e alla creazione di modelli produttivi come quello dei distretti industriali, studiato nelle migliori università del mondo. L’iniziativa, guidata da un comitato presieduto dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e coordinato dal professor Giuliano Urbani, si articola nell’arco di quattro mesi su di un “caleidoscopio” di iniziative, dal 12 settembre 2012 ai primi giorni del 2013, volte a promuovere e rendere visibile (tramite installazioni, mostre, conferenze, seminari, ma anche concerti ed eventi culturali) presso il pubblico russo e gli “addetti ai lavori” le eccellenze italiane nei settori del design, della tecnologia, dell’innovazione e dell’industria dell’alto di gamma. Il programma, nell’ambito di uno sforzo corale che mira ad attrarre tutte le componenti del nostro Sistema Paese, punta a coinvolgere alcune tra le aziende più rappresentative del nostro panorama economico e industriale e, più in generale, di quelle che offrono un contributo importante alla visibilità internazionale del Made in Italy. Alle aziende si stanno via via affiancando istituzioni, enti e associazioni di categoria che rappresentano molte delle “punte di diamante” della nostra economia e del mondo della ricerca e dell’innovazione. Sulla scorta del successo di pubblico ottenuto dalle iniziative dell’“Anno della Cultura”, giungono inoltre a Mosca
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capolavori di celebri artisti del Rinascimento e importanti opere d’arte contemporanea, simboli della creatività italiana nel corso dei secoli, oltreché manufatti, oggetti e installazioni, anche di rilevanti dimensioni, da posizionare in luoghi chiave della città. La location principale nella quale sono esposte le eccellenze italiane è il complesso post-industriale di Krasny Oktyabr [ritratto nelle immagini che accompagnano questo articolo], uno dei centri pulsanti della vita sociale e culturale moscovita, a due passi dal grande Palazzo del Cremlino e dalla Piazza Rossa. In questa cornice prende vita uno “spazio italiano” che ospita, di volta in volta, gli eventi della rassegna. Contiamo inoltre di mostrare, o meglio di “offrire” alla città di Mosca, testimonianze reali del genio e della creatività delle nostre aziende, attraverso installazioni, macchinari e modelli in scala di grandi prodotti italiani. Il “calcio d’inizio” della manifestazione, il 12 settembre, è affidato a una delle eccellenze italiane più conosciute e apprezzate nel mondo: l’Enel, che ha accettato di allestire a Krasny Oktyabr la grande mostra dal titolo “Enel: energia@mondo”, dedicata non soltanto al percorso di elettrificazione dell’Italia, ma anche e sopratutto ai cambiamenti e agli sviluppi sociali ad essa collegati, che hanno fatto del miracolo economico degli anni Sessanta una delle fasi più straordinarie della storia recente del nostro Paese, ponendo le basi per rendere la nostra economia tra le più rilevanti del mondo e garantire il benessere della popolazione italiana. La mostra presenta inoltre tutte le tecnologie che Enel sta realizzando in Italia e nel mondo per un futuro sempre più sostenibile. E sempre Enel contribuisce a rendere unico l’evento di inaugurazione delle eccellenze arricchendolo di un significato culturale che supera i confini del nostro Paese, con l’installazione di arte contemporanea degli artisti Liesbeth Bik e Jos Van der Pol dal titolo Are you really sure that a floor can’t also be a ceiling? (“Sei davvero sicuro che un pavimento non possa essere anche un soffitto?”), posizionata negli spazi adiacenti lo “Spazio Italiano” di Krasny Oktyabr. Una grande casa trasparente abitata da migliaia di farfalle e premiata quale opera vincitrice dell’Enel Contemporanea Award 2010. Sempre a settembre, prende vita sull’isola di Krasny Oktyabr un percorso espositivo all’aperto costituito da box 62
Il “calcio d’inizio” della manifestazione, il 12 settembre, è affidato a una delle eccellenze italiane più conosciute e apprezzate nel mondo: l’Enel, che allestisce a Krasny Oktyabr la grande mostra “Enel: energia@mondo”
eccellenze italiane a mosca
Alta qualità italiana Il programma di promozione delle “Eccellenze italiane d’oggi” si pone come ideale prosecuzione economicocommerciale dell’“Anno della cultura e della lingua italiana in Russia” del 2011 e ha l’obiettivo di valorizzare nella Federazione Russa l’ingegno, l’innovazione tecnologica e la creatività italiani attraverso le produzioni di alta qualità.
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trasparenti contenenti oggetti iconici del Made in Italy, di diverse dimensioni, che viene aperto al pubblico sino a metà ottobre. Abiti di alta sartoria, automobili, moto, calzature, attrezzi da ginnastica ipertecnologici, prodotti alimentari, elementi d’arredo, potranno essere ammirati da vicino dagli amici russi che apprezzano già o vogliono avvicinarsi per la prima volta al meglio del Made in Italy. La manifestazione prosegue nei prossimi mesi con tre grandi eventi tematici, dedicati ad alcune grandi macro-aree delle nostre produzioni di qualità: la prima, dall’11 al 28 ottobre, sarà dedicata al “Sistema Abitare”, ovvero arredo, design e architettura. Il percorso espositivo sarà costellato da oggetti che hanno reso famoso il design italiano nel mondo, una “vetrina” che serva a illustrare la storia, le idee e i concetti-chiave del vivere italiano tra passato e presente, tra suggestione e produzione industriale. La seconda mostra tematica sarà quella dedicata al “Sistema Persona”, ovvero tessile, abbigliamento, calzature, accessori, gioielli, dal 7 al 27 novembre. Sarà l’occasione per offrire al pubblico russo una testimonianza della storia dei nostri marchi più prestigiosi e della passione che ha reso le griffe italiane famose nei cinque continenti. Lo stile e l’esclusività italiani, a ragione, sono spesso identificati non solo con un ramo industriale, quello del lusso, ma esso rappresenta un vero e proprio tratto distintivo del sistema produttivo italiano, composto da grandi marchi ma anche da piccole realtà artigianali di assoluta eccellenza. L’ultimo evento, a partire dal 5 dicembre e fino ai primi giorni del 2013, sarà dedicato alle innovazioni tecnologiche, per aprire il sipario su realtà meno conosciute al grande pubblico ma che, oltre a “pesare” per molti punti percentuali sul nostro PIL, costituiscono spesso la spina dorsale di interi settori industriali in Italia e all’estero. Ampio spazio sarà dedicato alla tecnologia d’avanguardia e ai servizi, alla cosiddetta “green economy” e alle smart cities, tematiche di grande attualità socio-politica, come dimostrano i principi ispiratori dell’Expo di Shanghai (“Better city, better life”) e di quella di Milano (“Feeding the Planet, energy for life”). Alle iniziative descritte faranno da contorno altri eventi, della durata di uno o più giorni, dedicati alla cultura italiana e alla promozione enogastronomica e turistica del nostro Paese. 63
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approfondimento
Luci e ombre dei record russi articolo di Fabrizio Dragosei fotografie di Y. Nabatov - R. Ressmayer
Il Paese più grande del mondo che si estende per 11 fusi orari (quelli che dividono gli Stati Uniti sono solo quattro) dalle coste del Baltico al Mar del Giappone è anche il Paese delle mille contraddizioni, delle grandi ricchezze e delle grandi povertà, dell’infinita dolcezza delle sue musiche e dell’orrore senza fine delle sue guerre interne e dei suoi episodi di terrorismo. Una carrellata dei suoi record, d’eccellenza e negativi.
La Russia sopravvissuta allo scioglimento dell’URSS, di cui costituiva il cuore, è ancora alla ricerca di un’identità definita, di un ruolo stabile nell’assise mondiale. Stiamo parlando di un Paese esportatore di energia, come l’Arabia Saudita o gli altri grandi produttori del Medio Oriente? Oppure della culla di grandi istituzioni culturali e della patria di cervelli eccelsi, vincitori di premi Nobel e creatori di tecnologie innovative? La vecchia descrizione pronunciata nel 1939 da Winston Churchill potrà oggi suonare eccessiva: «Un rebus avvolto in un mistero che sta dentro a un enigma». Ma non è del tutto sbagliata, perché la Russia è una cosa ma anche il suo opposto e questo rende assai difficile capirla. Iniziamo dalle caratteristiche naturali che dovrebbero farne un Paese felice. Ha un terzo delle riserve di gas di tutto il globo ed è il primo al mondo per carbone, torba, stagno, zinco, titanio, nichel, ferro, diamanti e argento. È al secondo posto per oro e platino; ha le più grandi foreste del Pianeta e le maggiori riserve di acqua dolce. Tutto bene, dunque? Assolutamente no, e alcuni 64
degli altri record russi ci danno un qualche primo segnale: è il Paese che esporta più caccia-bombardieri al mondo e più mezzi antiaerei di piccola e media gittata. Per non parlare della diffusione dei fucili mitragliatori Kalashnikov, da decenni icona in tutte le zone di guerra. Sì, perché spesso e volentieri ancora oggi la Russia si ritrova in cattiva o pessima compagnia, quando si tratta di fare scelte di politica internazionale. E al suo interno le cose non vanno affatto come tutte queste ricchezze potrebbero far credere. In Russia gran parte della popolazione non vive bene, nonostante i progressi fatti dagli anni bui seguiti al crollo dell’URSS. Le statistiche mondiali la vedono al 67° posto in quanto a tenore di vita e al 62° per le innovazioni tecnologiche. Se guardiamo al livello di sviluppo dei diritti e delle libertà politiche, il Paese precipita al 159° posto. E tutto questo, naturalmente, ha un prezzo che viene pagato dalla popolazione che decresce in maniera inarrestabile. Altissimo è il livello dei suicidi (al primo posto per quelli tra gli anziani e i giovanissimi), quello dei divorzi, del numero di bambini abbandonati, de-
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gli aborti, dei delitti in famiglia. Per gli omicidi viene subito dopo la Colombia, mentre è sempre prima per consumo di alcool e incidenti stradali. Una vita dura che però alcune persone riescono a superare anche con grande successo. Non parliamo degli oligarchi arricchitisi proprio negli anni più tumultuosi con sistemi che sarebbe assai difficile definire del tutto leciti. Non ci è capitata una statistica mondiale, ma in quanto ad arricchimenti fulminei la Russia non teme concorrenza. No, parliamo di persone che hanno raggiunto l’eccellenza, quella vera, nei campi più disparati. Evgenij Kaspersky, ad esempio, fondatore degli omonimi laboratori che sono tra i leader mondiali di produttori di anti-virus. Un crittografo laureatosi in un istituto del KGB. Le scuole russe sono ancora eccellenti, nonostante i disastri degli anni passati e così ecco che ancora oggi vengono sfornati scienziati di primissima qualità. Per non parlare dei geni veri e propri, come Grigorij Perelman il matematico di San Pietroburgo che è riuscito a dimostrare l’ipotesi del francese Poincaré, uno dei problemi irrisolti dello scorso millennio. 66
O i premi Nobel Zhores Alfyorov (semiconduttori in microelettronica), Aleksej Abrikosov (ormai americano), Vitalij Ginsburg (superconduttività), Konstantin Novosyolov (con doppia cittadinanza russo-britannica) e Andrej Gejm (ora cittadino olandese). Russo è uno dei fondatori di Google, Sergej Brin (emigrato a sei anni), come russi sono fra i 30.000 e i
La Russia è una cosa ma anche il suo opposto e questo rende assai difficile capirla 50.000 programmatori che lavorano nella Silicon Valley. Già, perché tra i primati della Russia dimenticavamo di citare quello dell’emigrazione: almeno 80.000 scienziati se ne sono andati negli anni Novanta. E le ragioni sono gli altri “primati” di cui parlavamo all’inizio. Il Paese del caviale (che deve dividere con gli altri che si affacciano sul Mar Caspio: Iran, Kazakistan, Azerbaigian e Turkmenistan) e della vodka (anche i polacchi ne reclamano la paternità) è anche ricco,
per sua fortuna, di nuovi talenti in tanti altri campi. Il balletto ci fa venire in mente le grandi scuole aperte alla fine del Settecento, le musiche di Piotr Chajkovskij, il Bolshoi e il Mariinskij (Kirov in epoca sovietica), le stelle Galina Ulanova e Maya Plisetskaya, Vladimir Vasiliev e Maris Liepa, Rudolf Nureyev e Mikhail Baryshnikov. Ma anche oggi queste istituzioni continuano a sfornare étoile internazionali come Ulyana Lopatkina, Diana Vishneva e Svetlana Zakharova. La scuola del pianoforte, del violino e del violoncello che produsse negli anni Cinquanta Svyatoslav Richter, David Oystrakh e Mstislav Rostropovich, continua a sfornare solisti di grande notorietà come il pianista Denis Matsuyev. Il Conservatorio di Mosca è ancora un’istituzione di tutto rispetto e la scuola dei direttori d’orchestra tiene sempre alto il prestigio russo: dopo la morte dei grandi Evgenij Svetlanov e Kirill Kondrashin, ora è l’epoca del cinquantanovenne Valerij Gergiev, direttore artistico del Mariinskij, che ha fatto rinascere la gloria dell’ex teatro imperiale pietroburghese. Il musicista osseto, grand’ufficiale dell’Ordine per i meriti della Repubblica Italiana e ufficiale della Legione d’onore
luci e ombre dei record russi
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Scuola e fuga dei cervelli Le scuole russe sono ancora eccellenti e ancora oggi sfornano scienziati di primissima qualità e premi Nobel. Russi sono fra i 30.000 e i 50.000 programmatori che lavorano nella Silicon Valley. Tra i primati della Russia c’è infatti anche l’emigrazione: almeno 80.000 scienziati se ne sono andati negli anni Novanta.
francese, ha ridato una nuova vita a tanti brani sinfonici e operistici russi, tedeschi, italiani e francesi, educando grandi voci contemporanee tra cui la famosa mezzo-soprano Olga Borodina apparsa tante volte alla Scala, la bella e brillante soprano Anna Netrebko, il baritono Dmitrij Khvorostovskij, 49 anni, talento siberiano di Krasnoyarsk. E ancora lo sport, che tanta importanza aveva sotto il comunismo (in URSS e ancora di più nella DDR) e che negli anni Novanta sembrava dover registrare la scomparsa della Russia dalle scene mondiali. Tantissimi giovani e soprattutto tantissime ragazze si buttarono allora sul tennis, favorito dal presidente Boris Eltsin che lo praticava assiduamente (fino a una certa età). I risultati si sono visti in questi anni e si vedono tuttora, con un nome tra tutti, quello di Maria Sharapova, la sportiva più pagata al mondo che con la vittoria al Roland Garros ha conquistato il primo posto nel ranking mondiale (e poi l’ha perso a Wimbledon a favore di Serena Williams). Ma la rinascita si è fatta vedere anche in tantissime altre discipline, dalla ginnastica al nuoto sincronizzato. Le donne russe rimangono fortissime nei salti, nel
disco, nel martello e nel giavellotto. Un nome per tutte, quello di Yelena Isinbayeva, 30 anni, due volte campionessa olimpica, 28 record mondiali nel salto con l’asta, la quale a Londra ha partecipato per l’ultima volta a un’olimpiade. Le donne continuano a eccellere anche nella ginnastica ritmica, sotto la guida dell’allenatrice Irina Viner, moglie del miliardario Alisher Usmanov. Nel 2004 vinse Alina Kabayeva, che è stata indicata dai media come amante del presidente Vladimir Putin. Dai tempi di Pietro il Grande, i russi non si fanno scrupoli a ricorrere a esperti stranieri quando pensano di dover migliorare in un campo specifico. Furono gli architetti italiani a fare del Cremlino e di San Pietroburgo quello che sono. Oggi sembra che la Russia abbia deciso di ricorrere agli italiani nel calcio, visti i successi di Luciano Spalletti che ha portato lo Zenit di San Pietroburgo a vincere per due volte il campionato russo (e ora si prepara alla prossima stagione di Champions League). La nazionale non ha dato i risultati sperati agli ultimi europei e così il Cremlino ha pensato bene di rivolgersi a un altro italiano, Fabio Capello, in vista dei mondiali del 2014 in Brasile. 67
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Soci 2014: una storia di successo, in attesa dei successi articolo di Viktor Terentiev fotografie di Chris Trotman
Erano pochi coloro che, sette anni fa, credevano alla vittoria della Russia nella corsa all’organizzazione delle Olimpiadi invernali del 2014. Troppo recenti erano gli insuccessi dei tentativi precedenti: dal 1980, quando Mosca ospitò le Olimpiadi estive, quattro tentativi per riconquistare l’onore di ospitare i Giochi erano andati a vuoto.
La capitale estiva della Russia ha cominciato a sognare l’alloro olimpico sin dalla fine degli anni Ottanta. Tuttavia, nel 1994, la commissione di valutazione del Comitato Internazionale Olimpico (CIO), guidata dal vice-presidente Thomas Bach, respinse la prima domanda presentata da Soči per ospitare i giochi olimpici, a causa della mancanza dei necessari impianti sportivi e delle infrastrutture (mancava addirittura una strada decente che portasse a Krasnaja Poljana, la potenziale sede delle Olimpiadi!). Nel 1998, invece, l’amministrazione russa preparò tutta la documentazione necessaria ma, dopo aver attentamente valutato i pro e i contro, decise di non presentare la domanda al CIO: come nel caso precedente, infatti, mancava la base tecnica per le gare, il testo della domanda presentata era piuttosto banale e, in più, il Paese si trovava in piena crisi economica. Nonostante ciò, però, il sindaco di Soči, Viktor Kolodjažnyj, e il governatore di Kuban, Viktor Tkačev, hanno trovato il coraggio di tentare la fortuna per la terza volta, ispirando con quest’idea anche il Presidente della Russia Vladimir Putin. 68
A fare da catalizzatore di questo processo è stato il completamento della costruzione della nuova arteria principale per Krasnaja Poljana. E alla fine, a giugno 2005, il comitato olimpico russo si è riunito in via del tutto eccezionale proprio in questa città per decidere di istituire un
Soci ha avuto il sostegno incondizionato del governo russo e del presidente Vladimir Putin. Secondo quanto da lui stesso dichiarato, l’obiettivo del Paese «non era semplicemente partecipare, ma vincere» comitato di candidatura e un gruppo di lavoro a livello esecutivo il cui compito sarebbe stato quello di preparare la città a una nuova nomina. Al lavoro del comitato di candidatura, guidato da Dmitrij černyšenko (attuale presidente del co-
mitato organizzatore di Soči 2014) in collaborazione con i rappresentanti degli ambienti burocratici e di business, hanno preso parte anche i campioni olimpici russi e alcuni consulenti stranieri che avevano già collaborato in passato con le équipe di altre città candidate. Il costo totale della campagna promozionale di Soči ha raggiunto quota 60 milioni di dollari, mentre i suoi rivali, ovvero la Corea del Sud (Pyeongchang) e Salisburgo, hanno speso rispettivamente 40 e 13 milioni di dollari. A proposito, Pyeongchang e Salisburgo avevano già lottato per il titolo di capitale delle Olimpiadi Invernali del 2010, quando la vittoria andò a Vancouver in Canada. A Pyeongchang sono mancati solo tre voti per la vittoria. La campagna pubblicitaria del favorito alla corsa olimpica si basava sul movente politico dell’unione tra le due Coree con il patrocinio dei giochi olimpici. Nella candidatura di Salisburgo, invece, veniva messa in rilievo la compatibilità dei giochi con l’ambiente e un budget relativamente basso. La percentuale di completamento della costruzione degli impianti sportivi dei rivali di Soči era pari a circa l’80%! Gli
argomenti principali del centro balneare russo sono stati il gran numero di hotel e il sostegno incondizionato del presidente Vladimir Putin e del governo russo. Il presidente ha supervisionato personalmente il lavoro del comitato di candidatura in tutte le sue fasi. Secondo quanto da lui stesso dichiarato, l’obiettivo del Paese «non era semplicemente partecipare, ma vincere». Il progetto delle Olimpiadi costituiva la base del programma federale finalizzato allo «sviluppo di Soči come stazione climatica di montagna», previsto per il periodo dal 2006 al 2014. Ingenti fondi sono stati messi a disposizione dagli investitori privati. A sostenere l’idea dei giochi olimpici a Soči sono stati anche i cittadini russi; secondo i sondaggi, infatti, nel 2007 il 76% degli intervistati si dichiarava favorevole e, tra i residenti, il numero dei voti a favore saliva all’86%. In più, giocava a vantaggio della candidatura di Soči anche la lunga storia sportiva della Russia e il gran numero di premi vinti dagli atleti sovietici e russi alle Olimpiadi invernali in varie discipline (293 in totale). Inoltre, bisognava considerare il fatto che i giochi invernali non si erano mai
disputati nella “terra d’inverno”. Per non parlare di un aspetto del tutto originale: l’assegnazione di questo titolo onorevole sarebbe andata a una città dal clima subtropicale! Tra le varie motivazioni trovate, vi è poi il legame con i miti della patria delle Olimpiadi, l’Antica Grecia: presumibilmente, infatti, Soči fu costruita nel luogo in cui, circa 3000 anni fa, il mitico Prometeo, colui che consegnò per la prima volta agli uomini la fiamma olimpica, fu mandato nell’“esilio del sud” e il re della Colchide, Eete, accolse gli eroi argonauti, coloro che avevano rubato il Vello d’Oro e la figlia, la maga Medea. Oggi la scultura dell’agnello con il Vello d’Oro e del suo drago difensore è esposta nel centro della città – sulla Piazza delle Arti vicino al museo d’arte di Soči – e la statua, alta tre metri, del titano ribelle si erge sulla roccia delle Aquile... Nel “giorno del giudizio”, il 4 luglio 2007, in Guatemala, in occasione della 119a sessione del CIO, quando si sarebbe dovuta scegliere la capitale dei XXII Giochi olimpici invernali, il comitato di Soči, per volere della sorte, fu il primo tra i tre candidati a presentare la propria 69
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domanda. Nel suo programma erano inclusi alcuni video, preparati da un team internazionale di esperti, e anche discorsi dei membri della delegazione russa. Più di tutti, a fare una grande impressione sui delegati del CIO, fu il discorso di cinque minuti in inglese del presidente russo Vladimir Putin. Secondo lo sciatore campione olimpico Jean-Claude Killy, rappresentante della Francia nel CIO, il vantaggio di Soči per quattro voti può essere attribuito al carisma di Putin: è stato estremamente convincente, parlava un buon inglese, pur non praticando mai questa lingua, e le sue frasi finali in francese sono state la “ciliegina sulla torta”. Putin è stato messo al corrente della vittoria di Soči mentre stava attraversando in aereo l’Oceano Atlantico, poiché, subito dopo la presentazione della domanda, ha dovuto lasciare di fretta il Guatemala. Il primo turno di votazione, che ha lasciato fuori Salisburgo con soli 25 voti a favore, ha portato al secondo turno Soči con 34 voti e Pyeongchang con 36. Ma nel nuovo giro di votazioni il candidato russo si è aggiudicato 51 voti, mentre la Corea del Sud soltanto 47. La decisione di ospitare a Soči la XXII edizione dei Giochi olimpici invernali è stata annunciata dal presidente del CIO, Jacques Rogge, alle 03:23 ora di Mosca del 5 luglio 2007. Da quel memorabile giorno, questo anniversario viene celebrato ogni anno a Soči con il festival di sport e divertimento, ormai diventato una tradizione. Inoltre, dal 2010 al 2014 si svolgeranno in Russia, con sede a Soči, 70
le Olimpiadi della cultura, un progetto unico che rappresenta migliaia di eventi diversi dedicati ai vari tipi d’arte: cinema (2010), teatro (2011), musica (2012), musei (2013). La missione delle Olimpiadi della cultura è conservare e valorizzare il patrimonio culturale unico del Paese, coinvolgere ogni cittadino russo in una grande festa e proporre agli ospiti dei giochi del 2014 tutto il meglio. Nell’ambito della XXII edizione dei Giochi olimpici invernali, i 17 giorni di gara si svolgeranno dal 7 al 23 febbraio 2014, mentre i 9 giorni di gara dell’XI edizione dei Giochi paraolimpici dal 7 al 16 marzo, diventando così i due eventi più concentrati della storia dei Giochi olimpici invernali. Tutti gli impianti sportivi di Soči 2014 sono divisi in due gruppi, Costiera e Montagna, ubicati a una distanza di 48 chilometri l’uno dall’altro (30 minuti in treno con la nuova ferrovia). Nel gruppo Costiera, nella Valle Imereti, per la prima volta nella storia dei Giochi olimpici invernali è stato costruito un parco olimpico unico in grado di ospitare circa 75.000 visitatori. Lo stadio centrale e i cinque impianti sportivi si trovano a pochi passi l’uno dall’altro. Le infrastrutture del gruppo Montagna sono situate nella città di Krasnaja Poljana, dove si trovano gli impianti per le discipline da disputare sulla neve, il villaggio olimpico, gli alberghi. Una trasformazione radicale ha influenzato tutti i settori e gli ambiti di vita della Soči olimpica. Nell’ambito dei lavori di preparazione per i giochi, nella città
A Soci, ben sette discipline olimpiche si contenderanno 98 set di medaglie, 12 in più rispetto a Vancouver nel 2010 e 14 in più rispetto a Torino nel 2006
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atleti di 80 nazioni a Soci 2014
e nei suoi dintorni, saranno costruite e modernizzate 47 infrastrutture di trasporto, compresi 367,3 chilometri di strade e ponti, oltre a 201 di ferrovia. Dal 2010 il nuovo terminal dell’aeroporto internazionale di Soči riceve passeggeri sia nazionali sia internazionali. La sua capacità ricettiva è di 1600 persone all’ora ed entro la fine del 2012, con l’apertura di 10 nuovi gate, questa cifra raggiungerà quota 2500 passeggeri all’ora (3800 durante i giochi). Esso incorpora le più recenti tecnologie di servizio per passeggeri, bagagli e aerei. Ci sono alberghi nuovi in costruzione e quelli già esistenti sono in fase di ristrutturazione: sulla base delle richieste del CIO, entro il 2014, il numero di camere d’albergo per gli ospiti e i partecipanti ai giochi dovrebbe raggiungere le 41.467 unità. Il programma di rifornimento energetico dei giochi 2014 prevede la ricostruzione delle sottostazioni esistenti e la costruzione di molte nuove. Nel 2011 sono state messe in funzione le principali sottostazioni alta tensione per rifornire di energia elettrica gli impianti olimpici. Sono in posa circa 700 chilometri di reti via cavo. La capacità produttiva della centrale termoelettrica di Soči è stata raddoppiata fino a 160 Megawatt, risolvendo così il problema delle forniture al quartiere centrale di della città. La centrale termoelettrica Adler, già dotata di due turbine, sarà il più grande produttore di calore ed elettricità cittadino. Per quanto riguarda la costruzione del gasdotto Džubga-Lazarevskoe-Soči, è
stata finalizzata la parte in mare, mentre quella sopra terra di Kudepsta è ancora in costruzione. Si tratta di uno dei più ambiziosi progetti energetici, che consentirà di portare gas a molti insediamenti nella regione, assicurando un rifornimento affidabile e riducendo significativamente il deficit energetico della costa del Mar Nero. Nella capitale delle Olimpiadi invernali sono state adottate le soluzioni più innovative nel settore dell’energia. In particolare, sono in costruzione sottostazioni chiuse che, oltre a essere meno rumorose, consentono maggiore protezione termica e sicurezza per l’ambiente. Invece di aria compressa o olio diatermico per i trasformatori viene utilizzato l’esafluoruro di zolfo, un gas incolore, non tossico, non infiammabile: grazie alla sua elevata densità e alle sue proprietà elettroisolanti, la sottostazione è divenuta ecologica e più compatta. I cavi non sono aerei ma posati a terra e ciò evita l’accumulo di neve sui fili e la necessità di abbattere la foresta per la costruzione di linee elettriche. Le nuove tecnologie sono determinanti anche per quanto riguarda la scelta dei cavi. Ora sono di polietilene reticolato, che riduce al minimo la probabilità di danni e garantisce un elevato grado di sostenibilità ambientale. Al fine di salvaguardare la natura unica che contraddistingue questa regione, inoltre, per la prima volta in Russia, in occasione della costruzione degli impianti olimpici è stato definito un sistema di norme “verdi”.
In occasione della preparazione dei Giochi paraolimpici invernali del 2014, a Soči sono poi stati realizzati ambienti privi di barriere architettoniche: tutti gli impianti sportivi e le infrastrutture sono in grado di soddisfare le esigenze di persone disabili. Ai giochi, ben sette discipline olimpiche (sci, pattinaggio in velocità, bob, biathlon, slittino, hockey sul ghiaccio, curling) si contenderanno 98 set di medaglie, 12 in più rispetto ai giochi di Vancouver del 2010 e 14 in più rispetto a Torino nel 2006. In cinque discipline paraolimpiche (biathlon, curling in carrozzina, sci di fondo, slittino, hockey sul ghiaccio, sci alpino, para-snowboard) verranno messi in palio ben 72 set di medaglie. Ai giochi parteciperanno 5500 atleti olimpici e membri delle squadre, rappresentanti di circa 80 nazioni, mentre saranno 1350 gli atleti e i membri delle squadre paraolimpiche in rappresentanza di circa 45 Paesi. Alle Olimpiadi daranno sostegno in 20 aree di lavoro 25.000 volontari (6000 alle Paraolimpiadi), accogliendo le delegazioni presso l’aeroporto e prestando aiuto nell’organizzazione della cerimonia di chiusura. Inoltre, circa 3000 volontari, predisposti a Soči, presteranno assistenza ai visitatori nelle aree urbane, creando un’atmosfera di ospitalità e cordialità. A far luce sui giochi olimpici saranno circa 12.000 esponenti dei mass-media e si prevede che saranno circa tre miliardi i telespettatori di tutto il mondo che seguiranno questo evento. 71
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approfondimento
La battaglia del lusso articolo di Anna Zafesova fotografie di P. Dench - F.M. Frei - L. Roux - D. Carrasco
Dopo aver surclassato gli sceicchi arabi negli acquisti internazionali di lusso, ora la battaglia tra gli oligarchi russi punta ai record: acquisito l’acquisibile, è partita la caccia all’eccezione, a chi paga di più, a chi guadagna più titoli di giornale per il suo ultimo shopping clamoroso. Ecco le ultime follie di Rybolovlev, Abramovich, Usmanov, Melnichenko… La casa più lussuosa del mondo. Lo yacht più costoso della storia. La collezione più ricca di automobili d’epoca. Diamanti, quadri, orologi, ville, chef pluristellati, teatri personali, star del pop pagate milioni per una sera di concerto privato, squadre di calcio e isole private, tutto unico, esclusivo, il più costoso e lussuoso tra quello che esiste in circolazione. Che i ricchi russi abbiano ormai surclassato nella classifica dei clienti preferiti del lusso internazionale gli sceicchi arabi lo sanno ormai tutti gli albergatori e i gioiellieri del mondo. La battaglia tra gli oligarchi adesso è per i record: acquisito l’acquisibile, è partita la caccia all’eccezione, a chi paga di più, a chi guadagna più titoli di giornale per il suo ultimo shopping clamoroso. L’ultimo campione è il quarantacinquenne magnate dei concimi Dmitry Rybolovlev, che qualche mese fa ha comprato per sua figlia Ekaterina, una biondina poco più che ventenne appassionata di equitazione, l’attico più costoso del mondo: 88 milioni di dollari per un appartamento a Manhattan. Gli oltre 600 metri quadrati al 15 del Central Park West contengono un numero imprecisato di camere da letto, bagni, saloni, terrazze, camini, oltre a mobili su misura e opere d’arte contemporanea. La studentessa ha intenzione di usare la casa come “appoggio” per quando passa da New York, ma per ora non è ri72
uscita a mettere piede nell’appartamento – appartenuto prima a un dirigente di Citigroup che l’ha rivenduto al doppio di quanto l’aveva pagato – perché si è messa di mezzo sua madre, Elena, che da quattro anni mette i bastoni tra le ruote dello shopping del marito, pretendendo di mettere le mani sulla metà del suo patrimonio di quasi 10 miliardi di dollari. Ekaterina non appare afflitta dal contrattempo: a sua disposizione, oltre alle residenze di famiglia a Montecarlo e Ginevra, c’è la villa del padre in Florida, la “Maison de l’Amitié” comprata da Donald Trump per 100 milioni di dollari. In entrambi i casi Rybolovlev è riuscito a battere il record del prezzo più alto mai pagato (la casa più cara di New York prima dell’attico di Ekaterina era la villa della figlia di Bernie
Chi non può ancora permettersi certi lussi invade le boutique di alta moda italiana e francese a Mosca (di solito le più redditizie per le griffe) oppure affitta ville a Forte dei Marmi e in Sardegna
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Ecclestone, 85 milioni, per il doppio della metratura però). Un concorrente temibile per il leader storico delle classifiche del lusso e della stravaganza, Roman Abramovich, abituato da anni a essere il più spendaccione. Mantiene ancora una serie di record invidiabili, a cominciare dallo yacht Eclipse, costato secondo alcune fonti fino a un miliardo di dollari e attrezzato con piscine, elicotteri, schermi al plasma in ogni cabina, senza contare un sistema di laser antipaparazzi e un mini-sottomarino per un’eventuale fuga. Ma già il suo aereo, un Boeing 767, è stato messo in ombra dall’Airbus A340, considerato il più grande aereo privato d’Europa, di proprietà del magnate dei metalli Alisher Usmanov, che si è distinto di recente anche per uno yacht più modesto ma molto elegante, Dilibar, battezzato in onore della madre dell’oligarca di origine uzbeka. Anche sulle case Abramovich ha alle calcagna i concorrenti. Il suo spettacolare patrimonio immobiliare, composto da una magione del Settecento a Kensington, di un spettacolare ranch tutto vetro e tecnologie ad Aspen e di un castello a 74
Cap d’Antibes, il Chateau de la Croe famoso come rifugio di Edoardo VIII e di Wallis Simpson, ma ristrutturato dall’oligarca per 50 milioni di dollari, viene sfidato dagli ultimi acquisti di Usmanov: Beechwood House, una magione vittoriana a Londra comprata per 77 milioni di dollari che ora viene attrezzata con una piscina sotterranea nello stile delle terme romane, e una tenuta dell’epoca Tudor regalata da Enrico VIII a uno dei suoi fedelissimi. Ma anche in territorio russo ci sono dei gioielli immobiliari notevoli, come il Palazzo di Ekaterina, piccola copia di quello della zarina, un gioiellino (falso) barocco di oro e marmo costato al padrone del terminal petrolifero di Pietroburgo Serghey Vassiliev circa 40.000 euro al metro quadro. Una collezione mozzafiato, che si ripete in piccolo – e nemmeno tanto – anche tra i russi meno ricchi e potenti, che comunque all’apparizione in tasca dei primi guadagni cercano di colpire l’immaginazione dei vicini. Le dacie sulla Rubliovka, la strada fuori Mosca abitata storicamente dai potenti, nascondono soggiorni foderati di marmo italiano, sale da pranzo decorate con broccati
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tessuti a mano con improbabili monogrammi dei proprietari, teatri barocchi, stanze dei gioielli per le signore e hammam copiati dalle sale dell’Alhambra, garage stipati di Bentley e Maybach. Chi non può ancora permettersi questi lussi invade le boutique di alta moda italiana e francese a Mosca (di solito le più redditizie per le griffe) oppure affitta ville a Forte dei Marmi e in Sardegna, attirandosi dietro il borbottio un po’ scandalizzato dei residenti autoctoni, infastiditi dal chiasso prodotto dalle feste dei russi e dal loro cattivo gusto. Ma il binomio “oligarca-cafone” non vale più. Il nuovo yacht del giovane banchiere Alexey Melnichenko – diventato famoso dopo aver trasportato dalla Russia alla sua villa in Costa Azzurra una chiesetta di campagna russa per il suo matrimonio con una modella serba – è stato disegnato da Philippe Starck e farebbe invidia al più raffinato dei cattivi di James Bond. Abramovich dall’acquisto di calciatori è passato a quello dei quadri, e oltre a finanziare – per il diletto della sua fidanzata Dasha Zhukova – due centri di arte contemporanea a Mosca, compra Francis Bacon e Lucien Freud, mentre Usmanov ha riscattato a Sotheby’s per
35 milioni l’intera collezione di quadri del violoncellista Mstislav Rostropovich, per riportarla in patria, e ha regalato ai bambini russi i diritti sui cartoni animati sovietici, finiti a un certo punto al centro di una disputa contorta. Il petroliere Viktor Vekselberg ha fatto lo stesso per una collezione di uova Fabergé appartenute agli zar. Il magnate del nickel Vladimir Potanin sponsorizza borse di studio per studenti di provincia. E poi, prima di giudicare i russi ricchi per il cattivo gusto, bisogna ricordarsi da dove vengono. Roman Abramovich è rimasto orfano in una città industriale nell’estremo nord russo, e per un orfano ebreo della provincia sovietica vincere la Champions con il Chelsea è una favola al confronto della quale Cenerentola impallidisce. Ma anche i suoi colleghioligarchi meno sfortunati vengono tutti dallo stesso passato, da quel mondo sovietico povero, squallido e brutto, dove il burro e il detersivo erano razionati, dove si facevano code di ore per qualunque cosa, si abitava in più famiglie nello stesso appartamento condividendo bagno e cucina, e dove gli standard del lusso erano costituiti da un paio di calze di nylon o da un’automobile clonata male
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da una Fiat degli anni Sessanta. Gli appartamenti e le dacie di Brezhnev, uno degli uomini più potenti sulla terra, erano qualcosa che avrebbe potuto permettersi – con qualche tocco di fantasia in più – qualunque dentista della provincia americana o europea. A raccontarlo meglio di tutti, forse, è stato Natan Dubovizky, il misterioso autore del romanzo Zerocirca che qualche anno fa ha fatto scalpore nella Mosca intellettuale, soprattutto perché girava voce che il vero padre del libro fosse Vyacheslav Surkov, l’enigmatico e sulfureo spin doctor di Putin. Il suo protagonista, Egor, è ricco, cinico, potente e manipolatore, compra giornalisti, corrompe governatori, gestisce intrighi e consuma, ovviamente, soltanto il meglio. E ricorda, anche se cerca di rimuoverlo, il suo passato, l’adolescenza in un casermone di periferia, in una stanzetta angusta, indossando sempre la stessa camicia a quadri perché non ne aveva un’altra: «La cosa più terribile che noi aspettiamo dal futuro è il ritorno del passato, pallido e miserabile, abbandonato all’oblio quasi come un tradimento… E per questo si corre, scansando i ricordi, senza sapere cosa arriverà, basta che non torni il passato». 75
La storia imprenditoriale russa ha solo vent’anni alle spalle e questa è una delle ragioni per cui sul fronte delle pari opportunità è rimasta più indietro rispetto ai Paesi occidentali
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Imprenditoria sempre più rosa articolo di Antonella Scott fotografie di Marianna Massey
L’imprenditoria russa ha solo vent’anni alle spalle e sul fronte delle pari opportunità è rimasta più indietro rispetto ai Paesi occidentali. Ma, se nell’UE nei board delle più grosse società è “rosa” soltanto il 13,7% delle poltrone, in Russia il dato corrispondente è del 7%, ma in evoluzione: in un anno è stato affidato a donne il 21% degli incarichi di amministratore delegato in palio, a confronto con il 13% registrato l’anno precedente. Viaggio tra le imprenditrici russe più note e brillanti.
Che siano giovani o anziani, eleganti o trascurati, non fa differenza: quasi tutti hanno in mano un mazzo di fiori. Chi si trovasse a passeggiare in Russia in data 8 marzo potrebbe pensare che nessun Paese al mondo ha tanto riguardo per le sue donne. Ma il giorno dopo tutto torna alla normalità e la normalità, nel mondo del business, è ancora fatta di pregiudizi e barriere intenti a frenare la presenza femminile ai posti di comando. La storia imprenditoriale russa, però, ha solo vent’anni alle spalle e questa è una delle ragioni per cui sul fronte delle pari opportunità è rimasta più indietro rispetto ai Paesi occidentali. Non troppo, a guardar bene: se nell’Unione Europea – scriveva “The Economist” nel marzo scorso – nei board delle più grosse società è “rosa” soltanto il 13,7% delle poltrone, in Russia il dato corrispondente è del 7%, ma in evoluzione. Secondo una ricerca di PricewaterhouseCoopers sulle opportunità di carriera in Russia, pubblicata nel marzo 2012, in un anno è stato affidato a donne il 21% degli incarichi di amministratore delegato in palio, a confronto con il 13% registrato l’anno
precedente. In più, come ha fatto notare Elena Panfilova, direttore generale di Transparency International Russia, se si considerano posizioni meno in vista ma altrettanto cruciali per le aziende – direttori finanziari, responsabili legali o contabili – la metà di queste è in mano a donne e la tendenza è in crescita. Il “club degli oligarchi” si allarga. All’inizio dell’anno la radio Eco di Mosca, le agenzie Interfax e Ria Novosti e il settimanale “Ogonjok” si sono messi insieme per compilare la lista delle 100 donne più influenti di Russia: un modo per conoscere meglio le 24 manager nascoste tra le attrici, le giornaliste o le star come Ksenia Sobchak o Alla Pugacheva, idolo pop dei russi, seconda in classifica dietro a Valentina Matvienko, speaker nella Camera alta del Parlamento russo. Le signore del business sono in gamba per forza: una donna russa, che oggi ricopre una carica di top manager, nella maggior parte dei casi si è fatta strada affrontando una doppia sfida, anticipando e preparandosi all’ingresso nel mondo “maschile” dell’impresa quando questo, in epoca sovietica, doveva anche
svilupparsi ancora sulle basi del libero mercato. Tempo fa, per esempio, un’amica dirigente in una grossa multinazionale raccontava gli anni degli studi a San Pietroburgo, allora Leningrado, le sue indecisioni sulle scelte da compiere. Fu la saggezza di un professore a intuire la svolta e a suggerirle: «Continua con economia e management. Le cose stanno cambiando, quella è la strada del futuro». Parte da un consiglio simile, ancor più lungimirante perché più indietro nel tempo, la storia di Bella Zlatkis, 63 anni, regina delle manager russe. Avrebbe voluto studiare fisica, i genitori la convinsero a scegliere economia. Oggi Bella – un marito che ancora accetta a fatica l’idea di non vederla in giardino a seminare verdure da mettere sott’olio – è vicepresidente di Sberbank, è stata tra i fondatori del Micex, la Borsa di Mosca. Prima di passare alla più grande banca statale del Paese, nel 2004, Bella Zlatkis aveva servito 34 anni al Ministero delle finanze, dove era entrata nel 1970 attraversando il passaggio dall’Unione Sovietica alla 77
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Russia per vivere, con il ruolo di viceministro, i terribili giorni della crisi finanziaria dell’agosto 1998, protagonista nei negoziati per la ristrutturazione del debito a cui la Russia fu costretta dopo il default. Fino a poco tempo fa, quando si parlava delle grandi imprenditrici russe il primo nome obbligato era quello di Elena Baturina, 49 anni, moglie dell’ex sindaco di Mosca Jurij Luzhkov. Non esattamente un modello da imitare, malgrado la signora Baturina sia riuscita a creare un impero nel mondo delle costruzioni cominciando in fabbrica, mettendosi poi a produrre bacinelle di plastica per diventare la terza donna più ricca al mondo, secondo gli elenchi di “Forbes”. Ma nei 18 anni in cui il marito ha gestito l’esplosione immobiliare della Mosca di oggi, anche il business di Elena Baturina è esploso, a suon di maxi-contratti su cui gravano ombre pesanti. Oggi la coppia vive in esilio in Gran Bretagna: lui, Luzhkov, estromesso dal potere nel 2010 da Dmitrij Medvedev, lei costretta a vendere la sua società, Inteko, ma impegnata a sostituirla con altre attività in giro per il mondo. Un tribunale di Mosca 78
ha chiamato la Baturina come testimone in un caso di corruzione, ipotizzando il suo coinvolgimento nell’appropriazione indebita di 415 milioni di dollari: un prestito concesso a Inteko dalla Banca di Mosca, per metà in mano al Comune. Triste ritorno in patria, dunque, per l’ex first lady di Mosca, in declino come la sua fortuna che, sempre secondo “Forbes”, è ormai scesa a “solo” 1,1 miliardi di dollari, posizione numero 1075 tra i miliardari del Pianeta. Elena Baturina non è certo la sola donna manager a essersi fatta strada sulla scia di un marito o un partner influente. Basta il cognome per inserire nella stessa categoria la trentaduenne Polina Deripaska, moglie del re dell’alluminio Oleg: lei, bella e con una laurea in management, è presidente dell’editrice Forward Media Group. Ma si dice che se è stato il marito ad affidargliela, prestigioso regalo di compleanno, a rilanciare un gruppo fino ad allora poco conosciuto ci ha pensato da sola, ampliando la gamma delle pubblicazioni e sperimentando nuovi siti di social network. È suo, del resto, il contributo più importante al successo della coppia: il padre di Polina è Valentin
Se nell’UE nei board delle più grosse società è “rosa” soltanto il 13,7% delle poltrone, in Russia il dato corrispondente è del 7%, ma in evoluzione
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le start-up italiane sono “rosa” Secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio dell’imprenditoria femminile di UnionCamere, circa la metà delle nuove imprese registrate in Italia (il 47% delle 18.794 aziende nate tra settembre 2010 e settembre 2011) sono a conduzione femminile.
Yumashev, un giornalista che in seconde nozze sposò Tatiana Djachenko, figlia di Boris Eltsin, chiave per introdurre Oleg nel clan del primo presidente russo. Nella cerchia dei primi grandi oligarchi. Oleg e Polina si incontrarono a casa del più famoso tra loro, Roman Abramovich, oggi marito di un altro esempio di imprenditrice baciata dalla fortuna, ma indubbiamente capace di meritarsela: Daria Zhukova, 29 anni, l’anima di una galleria d’arte contemporanea, Garazh, divenuta uno dei luoghi più interessanti della vita culturale moscovita. Come lei, deve molto alla posizione del marito Aleksandr Olga Pleshakova, 45 anni, dal 2001 direttore generale di una compagnia aerea, Transaero, divenuta famosa tra le prime grandi imprese private russe, oggi al debutto in Italia a fianco di Aeroflot. Essere la moglie del fondatore, Aleksandr Pleshakov, non ha evitato a Olga di subire stereotipi come quelli che raccontò una volta a “Forbes”: piloti che per superstizione preferiscono non avere colleghe in squadra. La sua risposta migliore è stata contribuire a fare di Transaero la seconda compagnia aerea russa.
Tra le 100 signore più influenti di Russia, al n. 39, c’è Olga Dergunova, 47 anni, ma per un soffio non possiamo più considerarla tra le manager: facendo il cammino inverso a quello di Bella Zlatkis, Olga è approdata in questi giorni al mondo della politica dopo aver dato vita a Microsoft Russia e più in generale al mondo dell’industria informatica russa. Nel 2007, dopo 15 anni con Microsoft, la Dergunova è passata al board di VTB, una delle principali banche russe. Per il “Wall Street Journal” era tra le 25 donne d’affari più influenti d’Europa. Il 5 luglio scorso, un altro grande salto in avanti: Medvedev, ora premier, ha nominato Olga viceministro per lo sviluppo economico e responsabile dell’Agenzia federale per la gestione della proprietà pubblica, dunque responsabile per la realizzazione delle privatizzazioni, snodo cruciale della politica economica del nuovo governo. L’ultima storia è quella di Natalia Kasperskaya, 46 anni, ed è importante perché si intreccia con un nome che rappresenta ai massimi livelli la speranza del “Made in Russia” nel mondo: Kaspersky Lab, tra i primi produttori globali di software
antivirus. Il creatore qui è Evgheny, ex marito di Natalia e genio della lotta al cyber-terrorismo. La mente manageriale che ha animato il business di famiglia è però quella di Natalia, rimasta come presidente anche dopo il divorzio e nello stesso tempo amministratore delegato di un’azienda “sorella” di Kaspersky Lab, InfoWatch (software per il monitoraggio, l’analisi e l’archiviazione sicura di dati). Seconda donna più ricca di Russia, certo Natalia è ancora una tra pochissime. Non solo perché non basta essere competenti, in un mondo ancora poco incline a lasciare spazio all’altro sesso. Forse, anche ai massimi livelli, conta anche il fatto che per una donna le regole del gioco sono diverse, e diverse le priorità: «Io sono molto più dolce, naturalmente», disse Polina Deripaska tempo fa paragonandosi al marito in un’intervista al quotidiano “Vedomosti”. «E, qualunque cosa accada al mio business, la famiglia, i genitori e i miei figli saranno comunque al primo posto. Sono perennemente in corsa contro il tempo, ma con l’età certe priorità diventano sempre più evidenti». 79
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scenari
Dalla Russia con visione articolo di Luca Morena fotografie di J. Asper James
L’ambizione dei visionari dell’élite digitale russa è la stessa delle loro controparti occidentali: muoversi velocemente e cambiare radicalmente le cose. Visionari come Yuri Milner e Pavel Durov sembrano voler affermare, attraverso la loro opera e i loro esperimenti (anche controversi) di cambiamento, l’assenza di una differenza sostanziale tra i codici che governano i software e quelli che governano la società e l’economia.
Se Mark Zuckerberg si è “dimenticato” di dare la mancia in un ristorante romano durante la sua luna di miele low-profile nella primavera del 2012, alimentando ulteriormente la già ampia letteratura sulla sua tirchieria, quasi contemporaneamente Pavel Durov, la sua controparte russa, – il fondatore ventisettenne e milionario di VKontakte, il social network più popolare in Russia (120 milioni di utenti) – faceva esattamente l’opposto: si divertiva a costruire aereoplanini con banconote da 5000 rubli e li tirava ai passanti increduli dalla finestra dei sui uffici nel centro di San Pietroburgo. Di fronte alle reazioni indignate dei media russi – i passanti non hanno infatti tardato ad azzuffarsi per i soldi piovuti letteralmente dal cielo –, Durov si è difeso dicendo che si trattava di un innocuo “esperimento” per creare un’“atmosfera gioiosa” nel giorno della festa della città. Non si tratta di una spiegazione ingenua, né di una giustificazione imbarazzata di un gesto avventato. Ma è, in estrema sintesi e in tutta sincerità, un vero e proprio programma di trasformazione sociale comune alla gran parte dell’élite digitale globale. A parte la diversa relazione col denaro, Zuckerberg e Durov condividono infatti 80
(insieme a molti altri, dai fondatori di Google a Jack Dorsey di Twitter) un’identica visione: la realtà sociale può essere l’oggetto di una sperimentazione continua attraverso il design dei comportamenti collettivi, che si tratti di applicazioni che incentivano la condivisione frictionless (ossia senza impedimenti) della propria vita privata o del semplice lancio di banconote dalla finestra. In termini informatici, la società è, per questi visionari, in uno stato di beta continua: manipolabile a seconda delle necessità e dell’intuizione – problematica e inevitabilmente paternalistica – su ciò che è meglio per la propria community. Non sorprende quindi che Durov abbia anche proposto un vero e proprio manifesto politico-economico (in 10 punti) per un rinnovamento radicale della società e dell’economia russa del XXI secolo, che ne faccia il Paese leader nelle tecnologie dell’informazione. Sono 10 proposte distinte, ma condividono un unico refrain: la richiesta di un affrancamento da limiti e vincoli – normativi, fiscali, economici, territoriali. La realtà sociale è pienamente malleabile soltanto quando i visionari hanno spazio di manovra, quando la sperimentazione tecnologica ed economica sono (suffi-
La Russia può già contare sul mercato Internet più grande d’Europa, dopo aver superato la Germania per numero totale di utenti nel settembre 2011
Il Nobel di Milner Yuri Milner ha creato la Fundamental Physics Prize Foundation (www. fundamentalphysics prize.org), che finanzierà con tre milioni di dollari ognuno dei nove ricercatori selezionati. Tra i premiati, Alan Guth del MIT e Andrei Linde della Stanford University, che stanno sviluppando la teoria dell’inflazione cosmica, attualmente il modello più largamente accettato per spiegare l’origine dell’universo.
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cientemente) libere. L’alternativa, altrimenti, è perfettamente sunteggiata nella filosofia hacker spiccia di Zuckerberg: move fast and break things (ossia, “muoversi velocemente e rompere le cose”). Il programma iper-libertario di Durov non è campato in aria, ma tiene conto di “fondamentali” dell’economia russa che non è più possibile ignorare. Potrà sorprendere i poco informati sulla nuova geografia dello sviluppo tecnologico globale, ma la Russia è già nella cerchia delle nazioni leader nello sviluppo delle tecnologie dell’informazione e nell’economia che ad esse è connessa. La Russia può già contare sul mercato Internet più grande d’Europa, dopo aver superato la Germania per numero totale di utenti nel settembre 2011. Secondo uno studio dell’istituto di ricerca GP Bullhound, il 47% della popolazione russa, circa 67 milioni di persone, ha accesso a Internet, con un tasso di crescita nel 2011 che è più del doppio di quello italiano. La penetrazione della telefonia mobile è poi tra le più alte al mondo (è al 159%) e gli utenti Internet in mobilità sono quasi raddoppiati nell’ultimo triennio. Yandex, un motore di ricerca, e Mail.ru, un servizio di posta elettronica, sono due tra le più grandi compagnie Internet europee, senza dimenticare che servizi più noti all’utenza occidentale 82
– applicazioni come Evernote e Parallels – hanno radici in territorio russo. E poi c’è Yuri Milner. Quando nel marzo del 2009 il semi-sconosciuto (in Occidente) fondo di investimento russo Digital Sky Technologies ha acquisito attraverso i buoni uffici di Goldman Sachs una partecipazione in Facebook del valore di 200 milioni di dollari, la Silicon Valley ha dovuto fare i conti – letteralmente – con un agente di cambiamento imprevisto – e, per certi versi, sconcertante – nella figura di Milner, che di DST è fondatore e mente strategica. Moscovita, ebreo, figlio di intellettuali, Milner è la quintessenza del visionario tech dei nostri tempi: vede nella diffusione delle tecnologie sociali la possibilità di costruire una mente globale – convinzione che ha anche illustrato ai leader delle nazioni del G8 – e i suoi investimenti nei più importanti social media appaiono più come un mezzo per rendere concreta questa visione – dando fiducia quasi illimitata agli imprenditori che li hanno ideati – che non, come sarebbe normale, un modo per massimizzare semplicemente i propri guadagni. Anche l’investimento in Facebook di DST è in un certo senso riconducibile a quella stessa avversione per i vincoli così ben espressa dal manifesto di Durov: è, da un lato, l’affermazione potente di una liberazione da vincoli operativi di tipo
dalla russia con visione |
Il 47% della popolazione russa, circa 67 milioni di persone, ha accesso a Internet, con un tasso di crescita nel 2011 che è più del doppio di quello italiano
geografico – DST è il primo investitore straniero per dimensione in Facebook –, condita dal sapore dolce di un accreditamento in Silicon Valley, ottenuto tanto con la forza di una visione, quanto con il potere, quasi fisico, del denaro. Dall’altro, l’ingresso di DST in Facebook marca una controversa “prima volta” nelle relazioni tra investitori e imprenditori della Silicon Valley: il deal non prevede infatti i vincoli tipici degli investimenti di venture capital (preferenze di vario genere e richiesta di ruoli nel Board), tipicamente sfavorevoli agli imprenditori, tanto che qualcuno tra gli investitori della Bay Area non ha tardato a chiedersi – malignamente – se Milner fosse informato delle regole base del venture capital (l’aver acquistato poi una villa da 100 milioni di dollari a Los Altos Hills – mossa non esattamente nello stile dell’élite digitale californiana – ha probabilmente contribuito a rendere ancor meno teneri i giudizi sulla sua figura). L’irruzione in Silicon Valley di Milner non si è limitata a Facebook, ma si è estesa ad altri giganti digitali come Groupon, Zynga e Spotify. Quegli stessi circoli digitali californiani che non apprezzavano la novità disordinata del modello d’investimento ideato da Milner, dopo la collocazione pubblica di Facebook e il contestuale successo nella vendita delle partecipazioni di DST, non
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hanno potuto fare a meno di rilevarne l’efficacia e la lungimiranza. Milner ha poi perfezionato la sua strategia di conquista della Silicon Valley con uno schema di’investimento senza precedenti: offrire 150.000 dollari a ogni startup in fase di lancio che sia affiliata al prestigioso incubatore Y Combinator. Le visioni di Milner e Durov non potevano poi non trovare un terreno comune ed è così che è nata recentemente da una loro collaborazione l’iniziativa Start Fellows (www.milnerdurov.com), scouting e finanziamento di progetti d’innovazione in Russia, proprio sul modello di Y Combinator. Visionari come Milner e Durov – esattamente come i loro analoghi occidentali – sembrano voler affermare, attraverso la loro opera e i loro esperimenti (anche controversi) di cambiamento, l’assenza di una differenza sostanziale tra i codici che governano i software e quelli che governano la società e l’economia. Si tratta in entrambi i casi di investire nella giusta direzione, implementare le regole e gli algoritmi più efficienti e dare un nuovo layout alla realtà che ci circonda. Sempre che la realtà (collettività, istituzioni democratiche, autorità di controllo), come spesso fortunatamente accade e a differenza del software, non si opponga e chieda conto e giustificazione delle visioni che dovrebbero, nel bene e nel male, informarne il futuro. 83
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approfondimento
Skolkovo: la casa dell’innovazione articolo di Viktor Vekselberg fotografie di E. Reeve - V. Astapkovich - A. Mudrats
La modernizzazione della nuova Russia passa da Skolkovo, centro innovativo di livello mondiale in cui sorgeranno un enorme parco tecnologico con laboratori di ricerca e sviluppo e l’istituto di scienza e tecnologia Skoltech. Il 21 giugno, in occasione della solenne cerimonia svoltasi nella cornice del forum economico internazionale di San Pietroburgo, ho consegnato il mattone di cristallo, simbolo di Skolkovo, alla società tecnologica divenuta il 500° membro del nostro progetto. Per me e tutti i miei colleghi, nonché compagni d’idee, questo è stato un evento lieto e memorabile, una pietra miliare importante nella storia, finora piuttosto breve, del Fondo Skolkovo. Cercherò di spiegare il perché. Originariamente la parola “Skolkovo” indicava il nome di un villaggio situato nei pressi dei sobborghi di Mosca. Oggi, invece, è diventata sinonimo della modernizzazione russa. Infatti, non lontano da questo villaggio, composto da meno di 400 anime, sorgerà il centro d’innovazione Skolkovo, il quale, ne sono assolutamente convinto, promette di svolgere un ruolo fondamentale nella realizzazione della strategia di sviluppo della Russia. Due anni fa il governo russo ha affidato al Fondo Skolkovo il compito di realizzare un centro innovativo di livello mondiale in cui si creeranno le massime condizioni favorevoli per lo sviluppo e la commercializzazione delle più alte tecnologie e in cui esse passeranno in pochissimo tempo dalla fase 84
dell’utile concezione scientifica a quella del lancio sul mercato. Ecco perché si è scelto di costruire la città dell’innovazione Skolkovo, in cui sorgerà un enorme parco tecnologico con centri di ricerca e sviluppo, di cui faranno uso i membri aziendali del progetto, e con un incubatore d’impresa in cui lavoreranno fianco a fianco gli scienziati e i rappresentanti del business imprenditoriale. Uno degli elementi fondamentali del centro innovativo sarà l’istituto di scienza e tecnologia Skoltech, realizzato in collaborazione con il MIT di Boston. Tra l’altro Skoltech – il cui presidente è un professore del MIT, il famoso accademico americano Edward Krawley – ha già annunciato la prima selezione di studenti e, a partire da settembre di quest’anno, avranno inizio le lezioni. Nel 2020 a Skoltech ci saranno 1200 studenti e vi lavoreranno 400 professori, docenti e ricercatori. Quest’istituto rappresenta un tipo di università di ricerca ancora non molto diffuso in Russia, in cui sia gli studenti sia i professori e i docenti vengono coinvolti non soltanto nel processo d’insegnamento, ma praticano anche attivamente ricerche scientifiche applicate. Nel nostro caso essi lavoreranno in stretta sinergia con le imprese start-up di Skolkovo. All’in-
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terno di Skoltech ci saranno 15 laboratori e centri di ricerca e sviluppo, in cui saranno elaborate nuove tecnologie. Il loro progresso e la loro commercializzazione faranno parte dell’attività innovativa di Skolkovo, la alimenteranno e le metteranno a disposizione personale competente. I cinque programmi didattici dell’università coincidono con i cinque indirizzi di lavoro considerati prioritari per il centro d’innovazione: nello specifico, si tratta di tecnologie informatiche, biomediche, di efficienza energetica, cosmiche e nucleari. Dal mio punto di vista, la nostra principale missione è la realizzazione e il costante perfezionamento di mezzi in grado di garantire un’atmosfera di creazione e ricerca scientifica, insieme al desiderio di realizzazione di elevati risultati commerciali. Questo mezzo si compone di diversi elementi. Le imprese di start-up o le società tecnologiche più grandi, facenti parte del nostro progetto, devono formare una squadra unita e compatta in grado di sviluppare con entusiasmo tecnologie promettenti. Noi abbiamo il dovere di garantire loro le condizioni più favorevoli per lavorare. Ai membri aziendali di Skolkovo sono state concesse delle borse di studio per la ricerca, la cui entità dipende dal livello di sviluppo tecnologico e può arrivare fino a 10 milioni di dollari. Essi, inoltre, hanno diritto ad agevolazioni fiscali: per 10 anni sono esonerati dall’imposta sugli utili, dall’IVA e dall’imposta patrimoniale e versano i premi assicurativi al tasso del 14% anziché a quello normalmente applicato del 30%. Oltre a ciò, i membri aziendali possono importare dall’estero, praticamente senza dazi, l’attrezzatura loro necessaria per lavorare, nonché usufruire di servizi legali e di consulenza messi a disposizione da parte del fondo. Infine, tutti i membri aziendali saranno dislocati nella città di Skolkovo, attualmente in fase di costruzione, in cui, oltre agli oggetti legati all’attività di ricerca scientifica e didattica, come ad esempio il parco tecnologico, l’università e gli uffici, ci saranno abitazioni, cinema e teatri, sale conferenza, scuole, policlinici e strutture sportive. La città, con circa 30.000 abitanti, sarà costruita in base alle più rigorose norme ecologiche con l’uso di moderne soluzioni edilizie e architettoniche. In sostanza, saranno realizzate le più favorevoli condizioni di lavoro e riposo per tutti i suoi abitanti. Il completamento della prima fase edilizia della città e l’inizio del suo inurbamento avverranno nel 2014, ma il 86
progetto Skolkovo è già operativo. Per il momento quasi tutte le società tecnologiche che partecipano al progetto, usufruendo di borse di studio e godendo di altre agevolazioni e vantaggi, continuano a operare presso le proprie sedi, negli istituti di ricerca scientifica, nelle università e nelle associazioni scientifiche produttive di Mosca, San Pietroburgo, Novosibirsk e altre città russe. Desidero sottolineare il fatto che abbiamo un compito senza precedenti per la Russia: creare da zero un centro innovativo enorme che riunisce centinaia di tecnologie innovative estremamente promettenti e garantisce loro sviluppo e commercializzazione. Il Fondo Skolkovo è stato incaricato nientemeno che di compiere un salto nello sviluppo innovativo della Russia. La realizzazione di un compito di tali dimensioni, che non è ancora mai stato realizzato da nessuno, è sempre, in un certo senso, la via verso l’ignoto, e a coloro che vi partecipano potrebbe venire il dubbio se sia veramente possibile realizzarlo. I risultati dello scorso anno del lavoro del fondo e la recente acquisizione nelle nostre file di 500 membri del progetto hanno fatto nascere in me la convinzione che ce la faremo. Il centro innovativo lavora a pieno ritmo già da 3-4 anni, ma queste tendenze che si delineano già ora ci rincuorano enormemente. Il numero di start-up e società tecnologiche che elaborano i progetti innovativi nell’ambito di Skolkovo hanno già raggiunto quota 500: un numero che supera di gran lunga ciò che avevamo preventivato. Tra l’altro, per la loro selezione sono state esaminate 10.000 domande. Esse continuano ad arrivare, con una media di 50 a settimana, e il loro numero cresce a cascata. In questo modo abbiamo ricevuto la risposta a una delle domande che ci turbavano nel momento in cui il progetto era stato avviato: la Russia, che si è sempre distinta per il suo elevato livello di sviluppo della scienza, ha conservato il suo potenziale tecnico-scientifico e noi abbiamo ciò su cui lavorare? Un’altra conclusione ottimistica che si può fare in base ai risultati dello scorso anno e della prima metà di quello in corso riguarda gli investimenti. Nel 2011, gli investitori privati hanno collocato nei nostri progetti tecnologici 150 milioni di dollari e quest’anno saranno almeno il doppio. Tra l’altro Skolkovo ha stipulato un accordo con 40 società di venture capital e fondi per un totale complessivo di 511 milioni di dollari. Tenendo conto dei tempi di cri-
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Nel 2011, gli investitori privati hanno collocato nei nostri progetti tecnologici 150 milioni di dollari e quest’anno saranno almeno il doppio
si, del carattere relativamente rischioso degli investimenti imprenditoriali, in generale, nonché del fatto che, per il momento, abbiamo appena iniziato a svolgere la nostra attività, si tratta di una cifra piuttosto grossa, che sostanzialmente supera i nostri piani originari. Essa sta a significare che i professionisti tengono in alta considerazione le buone prospettive sviluppate attraverso le nostre tecnologie e sono pronti a investire su di esse. Basandoci sulle presenti dinamiche, prevediamo entro 5-7 anni di rinunciare completamente ai finanziamenti statali e formare il bilancio del centro innovativo contando sugli investimenti esterni. E di nuovo sottolineo ciò da cui sono partito. Il nostro 500° membro è una società israeliana, o meglio, la sua affiliata registrata in Russia. Questo può
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essere visto come il simbolo della collaborazione internazionale di successo sviluppata dal fondo, sulla quale vorrei soffermarmi. È noto che gli effetti della crisi sull’economia mondiale sono in crescita. Inoltre, le misure anticrisi adottate offrono, nel migliore dei casi, soluzioni di breve durata ai problemi. Le soluzioni di medio e lungo periodo sono legate alla necessità di un drastico aumento della produttività del lavoro e questo può essere raggiunto unicamente attraverso lo sviluppo innovativo. Ma così si crea un circolo vizioso: in condizioni di crisi e disavanzo del bilancio dello Stato correlato a quest’ultima, persino i Paesi sviluppati nella relazione economica non sono in grado di stanziare grossi mezzi per lo sviluppo delle ricerche scientifiche che, a loro volta, causano 87
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Troitsk: l’altra Skolkovo? Il colosso Gazprom ha deciso di creare la sua Silicon Valley, ma non sarà a Skolkovo. Il centro sarà più piccolo e si occuperà del miglioramento tecnologico per lo stoccaggio e il trasporto del gas. Il sito sarà a Troitsk, nei pressi di Mosca.
sempre più spese. Proprio per questo, oggi come non mai il processo tecnico scientifico necessita di una sinergia, di una cooperazione internazionale. La cooperazione internazionale nell’ambito delle innovazioni ha un significato particolare per Skolkovo. Fondando il centro innovativo di livello mondiale, siamo profondamente bisognosi dell’esperienza estera e attiriamo attivamente i partner stranieri. La cooperazione si svolge su più livelli. I ricercatori, le università, i centri di ricerca scientifica, le società tecnologiche dell’estero cooperano con noi allo sviluppo delle tecnologie. Le società di venture capital nazionali investono nei nostri progetti tecnologici. Infine, anche il grande business ha confidato nel successo di Skolkovo. Oggi rientrano nella lista dei partner chiave del fondo oltre 20 società per azioni internazionali, tra cui Siemens, IBM, Nokia, Ericsson, EADS, GE, Microsoft, Johnson & Johnson e molte altre. La maggior parte di queste si ri88
uniscono per aprire in Skolkovo i loro centri di ricerca e sviluppo aziendali e hanno già stipulato con il fondo degli accordi per un totale complessivo di 700 milioni di dollari. La cooperazione con le società per azioni internazionali integra in modo spontaneo il nostro progetto in un ambiente innovativo mondiale e si lega con i prodotti e i servizi creati dai protagonisti globali. Essi arrivano a Skolkovo con la loro esperienza, così pure con la conoscenza dei mercati e con canali di vendita dei prodotti già avviati. Da parte loro, i nostri partner chiave vedono in una tale cooperazione la possibilità di sfruttare le risorse intellettuali russe per la creazione di tecnologie innovative, la via breve e sicura verso l’ampio mercato russo, nonché la possibilità di ottenere agevolazioni fiscali e di altra natura. Purtroppo, nell’elenco dei partner chiave di Skolkovo non ci sono ancora società italiane. Ma sono convinto che è solo questione di tempo.
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Digital Life Design – Moscow «DLD Moscow non è stata solo o tanto una vetrina per esibire i risultati raggiunti da parte di molti imprenditori e giovani talenti, ma soprattutto un luogo di vero scambio per testimoniare e affermare il posizionamento di un Paese che crede davvero nell’innovazione e nel mercato globale delle nuove tecnologie». di Vittorio Bo
La Fondazione Skolkovo ha ospitato dal 27 al 29 maggio presso il Digital October Center la prima edizione di DLD Moscow. DLD è l’acronimo di Digital Life Design, conferenza-evento globale che propone un network su innovazione, media digitali, scienza e cultura in stretta relazione con il business, proponendo incontri e conferenze con leader, opinion maker e investitori in un proficuo scambio di creatività, visione e scenari futuri. Chairmen di DLD sono l’editore tedesco Hubert Burda e l’investitore israeliano Yossi Vardi. DLD è stata fondata da Stephanie Czerny e Marcel Reichart nel 2005 e ha allargato la sua presenza da Monaco di Baviera (sede ormai storica di questo ricchissimo evento, www. dld-conference.com) a Tel Aviv, sino alla capitale russa. Ce ne fosse ancora bisogno, il ricchissimo programma di incontri e testimonianze ha evidenziato lo straordinario dinamismo
della crescita del mondo digitale in Russia, dal boom dell’e-commerce alle piattaforme di social network per le imprese, dalle policy sulla protezione dei dati alla cyber-security, dal consapevole ruolo dell’innovazione attraverso il design (con particolare attenzione all’Italia) sino al mega progetto di Skolkovo City, la città del futuro, concentrazione di intelligenze, start-up, centri ricerca e grandi imprese come IBM, Dow, Ericsson, Siemens, BP, Nokia, Cisco e molte altre ancora. Fra i molti casi di eccellenza rappresentati a DLD, sicuramente emblematico è quello di Yandex, un vero competitor di Google, società fondata nel 1997 da Arkady Volozh con una quota di mercato domestico del 60% e 80 milioni di utilizzatori al mese. La strategia di Yandex è molto profilata e differenziale, come dice Ilya Segalovich, co-fondatore di questa impresa, che sta espan-
dendosi anche in Turchia (sesto mercato internet d’Europa), dove per esempio ha lanciato con grande successo il suo Panorama Service, un “anti-Google Street View” già ampiamente testato con enorme successo nel mercato interno. DLD Moscow non è stata solo o tanto una vetrina per esibire i risultati raggiunti da parte di molti imprenditori e giovani talenti, ma soprattutto un luogo di vero scambio per testimoniare e affermare il posizionamento di un Paese che crede davvero nell’innovazione e nel mercato globale delle nuove tecnologie. E, a pensarci, la matrioska, icona per eccellenza di questa straordinaria nazione, ben si adatta anche oggi a comprendere l’intensità e la multiformità dei modelli di business nell’era digitale, dove la segmentazione e la capacità di integrazione fanno la differenza e il successo di un’idea o di un’impresa.
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Tomsk, Siberia: la Silicon Valley russa articolo di Simone Arcagni fotografie di Ilya Varlamov
In piena Siberia c’è un polo di ricerca scientifica su modello americano. Dal Politecnico di Tomsk, grazie a finanziamenti statali, investimenti privati e un notevole staff di ricercatori, sta prendendo vita un importante centro di innovazione scientifica della nuova Russia.
La Siberia, da terra polare, famosa ai tempi dell’Unione Sovietica come posto di confino, vuole ora cambiare faccia e trasformarsi in luogo dell’innovazione scientifica e tecnologica. Già il presidente Leonid Brežnev aveva lavorato per localizzarvi cittadelle scientifiche, ma adesso il progetto è ancora più ambizioso: creare la Silicon Valley russa. E Tomsk è la città identificata per questo progetto e sulla sua università si sono concentrati elevati investimenti. Il centro propulsore è il Tomsk Polytechnic University (TPU), il Politecnico fondato nel 1896 (inizialmente si chiamava Tomsk Technological Institute) dallo Zar Nicola II e che consta di tre istituti di ricerca scientifica, dieci facoltà, nove istituti di ricerca e formazione, più di settanta centri di ricerca e laboratori. La cittadina, che ancora mostra vestigia di età zarista, con i suoi circa 500.000 abitanti è già nota come cittadella universitaria. Una sorta di grande campus che può contare su una popolazione di circa 90.000 studenti universitari, oltre a un nutrito e prestigioso staff di professori e ricercatori. Tomsk, capoluogo della regione omonima, si trova nella parte sud-occidentale della Siberia e deve il suo nome al fiume 90
Tom’ sulla cui riva destra si è insediata. Fondata nel 1604, è ricca di storia e, in alcuni momenti del suo passato, è stata la più grande città siberiana. Snodo commerciale e roccaforte contro le invasioni delle popolazioni nomadi d’oriente nel Seicento e nel Settecento, nell’Ottocento cresce a causa dell’estrazione dell’oro e a nuove vie commerciali aperte dalla rete ferroviaria. Manca invece l’appuntamento con la storia perché la Transiberiana passa più lontano, andando invece a privilegiare lo sviluppo di un altro importante centro siberiano, Novosibirsk. La rivoluzione del 1917 segna un’altra svolta amministrativa con l’annessione al Krai Siberiano e nel 1937 entra a fare parte della regione di Novosibirsk. Città industriale, durante la guerra vede la sua popolazione aumentare in maniera vorticosa e nasce così, nel 1944, l’attuale regione di Tomsk. Nel dopoguerra la sua notorietà è quantomeno dubbia, essendo la città legata al confino sovietico e alle misure restrittive in entrata (cadute solo nel 1992), dovute alla vicinanza di un reattore nucleare con un importante e segreto sito di arricchimento di uranio. Le antiche vestigia monumentali e le caratteristiche case in legno le hanno però
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consentito di ricevere, nel 1970, lo status di città storica. Dopo una forte crisi industriale negli anni Novanta, nel 2005 Tomsk riceve notevoli finanziamenti per diventare un sito economico specializzato nello sviluppo di nuove tecnologie. E oggi si è deciso di puntare con decisione su questo sobborgo scientifico della nuova Russia e del nuovo CSI per trasformarlo in un polo di ricerca e sviluppo. È stato il presidente Medvedev nel 2010 a dare l’annuncio di un piano di investimento per creare a Tomsk una Silicon Valley siberiana: un polo scientifico orientato alla ricerca e all’innovazione con particolare attenzione ai campi più all’avanguardia e più sperimentali. E il modello non poteva che essere il famoso sobborgo scientifico della California, tant’è che una delegazione dell’università cittadina si è anche confrontata con la famosa sede californiana facendo visita alla Stanford University e stipulando anche una serie di accordi e di collaborazioni. Inoltre Tomsk ha vinto la candidatura per organizzare nel 2014 la prestigiosa XII Triple Helix International Conference su innovazione e sviluppo. Insomma, il polo scientifi92
co siberiano vuole competere globalmente sui temi più caldi della ricerca scientifica e la Russia vuole presentarsi al mondo come una grande potenza emergente anche sul piano scientifico. Come dicevamo, è il Politecnico il cuore del progetto, mentre i campi di maggiore interesse sono quelli riguardanti ricerche sulle nanotecnologie e la biologia sperimentale, fisica e tecnica nucleare, geologia e idrogeochi-
Dalla Guerra fredda degli armamenti atomici e della sfida allo spazio, la Russia non ha mai smesso di proporsi come centro di innovazione tecnologica e scientifica mica, geoinformatica, elettrofisica, materiali nanostrutturati, chimica e tecnologie chimiche... Queste sono le prospettive di una piccola città che può raggiungere i 40 gradi sotto zero. Il Politecnico inoltre partecipa a piattaforme di ricerca particolarmen-
te innovative come quelle dedicate alla medicina del futuro e alle smart grid, mentre le aree di ricerca variano dall’ingegneria nucleare alle Neutron, Ion and Plasma Technologies, Information Technologies and Control Systems, nanotecnologie e nuovi materiali. Una particolare attenzione è ovviamente riservata al settore ricerca e sviluppo e alle sue ricadute economiche. In particolare gli studenti sono spinti a progettare e sperimentare attraverso diversi incubatori di idee e prototipi, tra cui il Družba, che è stato il primo incubatore d’impresa studentesco creato in Russia. L’università si impegna attivamente nella direzione del trasferimento tecnologico servendosi della rete per il trasferimento tecnologico denominata RTTN (Russian Technology Transfer Network) e cercando così di instaurare un legame economico e produttivo con i privati che, a loro volta, ricambiano con forti investimenti. Si parla di un distretto fatto, tra l’altro, di centri di ricerca e di parchi tecnologici, che può contare su oltre 200 imprese private con alle spalle un’importante tradizione siderurgica e petrolifera (e non manca infatti
tomsk, siberia: la silicon valley russa |
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È stato il presidente Medvedev nel 2010 a dare l’annuncio di un piano di investimento per creare a Tomsk una Silicon Valley siberiana
un master in ingegneria petrolifera). Il risultato più evidente è un altissimo numero di brevetti e prototipi prodotti dalla cittadella universitaria siberiana. Per ottenere questo risultato si è potuto contare, da una parte, sugli investimenti dello Stato e su una precisa pianificazione; in secondo luogo, su una decisa partnership con gli investitori privati e, in terzo luogo, sulla spinta del Politecnico, in particolare nello stringere accordi internazionali e scambi con i più importanti centri di ricerca scientifici del mondo. Partnership che vengono concepite come l’occasione di apprendere e imitare modelli virtuosi e, inoltre, come un sistema di aggiornamento e di scambio continuo. In questo momento il Politecnico vanta accordi con centri di ricerca e gruppi industriali di (tra gli altri) Germania, Francia, Austria, Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna. È inoltre coinvolto in progetti internazionali di cooperazione e scambio scientifico come ACCESSRU, FP7, TEMPUS e altri. Inoltre il Politecnico collabora con la IAEA (International Atomic Energy Agency) nel campo della sicurezza nucleare e della non-proliferazione nucleare.
Dalla Guerra fredda degli armamenti atomici e della sfida allo spazio, la Russia non ha mai smesso di proporsi come centro di innovazione tecnologica e scientifica e tanto più ora che in ballo c’è un ruolo di rinnovata importanza nell’economia mondiale. Gli Stati Uniti sono sempre il riferimento e una figura emblematica in tal senso è rappresentata da Lev Manovich, programmatore, teorico dei nuovi media e della cultura del software, new media artist e guru mondiale che lavora in California (università di San Diego) ma che ha alle spalle studi in belle arti, informatica e architettura nella sua città natale, Mosca. Ma ora il nuovo volto della Russia riparte dalla Siberia e l’eterna sfida con gli Stati Uniti può ricominciare, magari con più cooperazione e senza “guerre fredde” di mezzo. E non è un caso che nella pagina dedicata alla ricerca il Politecnico rechi una frase di Steve Jobs: «To turn really interesting ideas and fledgling technologies into a company that can continue to innovate for years, it requires a lot of disciplines». Un suggello di un legame ma anche, ci possiamo scommettere, di una sfida lanciata. 93
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rubriche
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Transiberiana a cura di Oxygen infografica di Undesign
Un viaggio che da più di un secolo, in circa sette giorni e attraverso 88 città e sette fusi orari, conduce da Mosca fino a Vladivostok, al confine con Cina e Corea del Nord. La ferrovia più lunga del mondo attraversa la Russia intera, conoscendone le citta, i climi più estremi, i fiumi più larghi, i laghi più belli.
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Mosca
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Partenza (UTC+2) È dalla stazione Yaroslavskiy vokzal della capitale russa, nonché la città più grande del Paese, che comincia la Transiberiana, la linea ferroviaria più lunga al mondo che conduce fino all’estremo opposto del Paese. La sua costruzione è iniziata proprio a Mosca nel 1891 e da questo percorso iniziale sono nate, nel tempo, altre ramificazioni, la Transmongola e la Transmanciuriana: una rete attraverso due continenti.
Circa 1500 km da Mosca (UTC+2) Città con quasi un milione di abitanti, durante la Seconda guerra mondiale è stata rifugio di molti letterati, artisti, attori e ballerini; per la sua importanza strategica come centro di armamenti, Perm’ è rimasta chiusa agli stranieri fino al 1989. Nel 1940 il suo nome è cambiato in Molotov per poi tornare, nel 1957, Perm’ (da cui deriva l’era geologica del Permiano; proprio questa città, infatti, è stata luogo di importanti ritrovamenti fossili).
Circa 1800 km da Mosca (UTC+4) Terza città russa per numero di abitanti, è il principale centro commerciale degli Urali. I venti della Siberia che la toccano rendono il clima assolutamente imprevedibile (in estate possono esserci 30°C come 3-4°C). Ekaterinburg fu la città in cui fu assassinato l’ultimo zar della Russia, Nicola II Romanov, con tutta la sua famiglia; sulla loro possibile sopravvivenza sono state create numerose leggende.
Ekaterinburg
Mosca
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km 9288 —
Transiberiana Mosca - Vladivostok
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Volga La Transiberiana attraversa nel suo lungo percorso 16 fiumi, tra cui il Volga
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Omsk
Novosibirsk
Irkutsk
Chita
Vladivostok
Circa 2800 km da Mosca (UTC+4) Capoluogo della Siberia, sorge sul fiume Irtyš vicino al confine con il Kazakistan e con più di un milione di abitanti è la seconda città più grande della regione. Nel XIX secolo fu luogo di esilio per criminali e ribelli. Proprio qui, dopo avere ottenuto la revoca della pena di morte, fu incarcerato Dostoevskij.
Circa 3300 km da Mosca (UTC+5) La città fu fondata nel 1893 in corrispondenza di un ponte ferroviario sul fiume Ob, che ha funzionato per oltre 100 anni. È la stazione più grande della Transiberiana nonché la città più grande della Siberia. La temperatura media annua è di 0,2°C. Durante la Seconda guerra mondiale, qui confluirono gran parte delle industrie, rendendola, tutt’oggi, un importante polo economico.
Circa 5100 km da Mosca (UTC+7) Città vicina al lago di Baikal, per la sua posizione strategica è sempre stata un polo commerciale fin da quando fu fondata proprio come avamposto commerciale per l’esazione dei tributi pagati in pellicce. Originariamente era una città multiculturale e lo dimostra la compresenza di chiese cattoliche, moschee, sinagoghe.
Circa 6300 km da Mosca (UTC+7) In origine era abitata da popolazioni turche e mongole. Negli anni Trenta era una delle città chiuse dell’Unione Sovietica: per la sua vicinanza alla Cina e per importanti insediamenti militari, infatti, a stranieri e a gran parte della popolazione russa era impedito l’accesso. Qui fu imprigionato Puyi, l’ultimo imperatore della Cina.
9288 km da Mosca (UTC+9) È al confine con la Corea del Nord e con la Cina e dai popoli di questi Paesi è stata abitata fino a metà Ottocento; attualmente la popolazione è in prevalenza ucraina e russa. L’opera della Transiberiana era stata pensata proprio per unire gli estremi di questa vastissima nazione, per renderla coesa e per favorirne l’attività commerciale. La linea Mosca-Vladivostok è stata completata nel 1904: in linea d’aria le due città distano circa 6430 chilometri, ma sono 9288 quelli di ferrovia da percorrere per unirle.
Yablanovy Il punto più alto della Transiberiana, 1040 metri sopra il livello del mare Fiume Amur Vicino a Khabarovsk, la Transiberiana attraversa il fiume Amur nel tratto più largo (2 km)
Mogocha Il punto più freddo del percorso, ha raggiunto temperature di -62°C
Novosibirsk
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Irkutsk
Chita
Lago Baikal La Transiberiana attraversa il lago Baikal, il più profondo al mondo con i suoi 1637 metri e la più grande riserva di acqua dolce
Vladivostok
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approfondimento
FROM INDUSTRY TO ARTISTRY articolo di Annalisa Russo fotografie di Sergei Ilnitsky
Se Klaus Meine si trovasse oggi a passeggiare per Gorky Park, sentirebbe soffiare un nuovo Wind of Change. Un vento che attraversa San Pietroburgo, sorvola Mosca e si spinge fin verso sperdute cittadine ai piedi degli Urali: è un vento di arte e cultura, che si propaga a macchia d’olio nella sterminata Federazione, in precario equilibrio tra nostalgia sovietica, tradizione e smania di futuro.
Nel turbolento – e non ancora risolto – passaggio da Stato totalitario a Paese democratico, l’arte ha man mano guadagnato un ruolo di primo piano nelle politiche nazionali, uscendo dalla scena underground in cui era relegata durante gli anni del comunismo: quando Kruscev nel 1962 minacciò di mandare al confino alcuni giovani artisti per l’anticonformismo delle loro opere, fu evidente che la pratica artistica dovesse diventare clandestina per sopravvivere, fino a che, con Gorbaciov e la perestrojka, poté riemergere dai sotterranei. E da allora ha vissuto una progressiva crescita e diffusione, forse anche per l’irresistibile connubio arte/potere/status symbol che da sempre accompagna i Paesi occidentali, a cui la Russia è tutt’altro che indifferente: l’America del Dopoguerra, con la sua massiva produzione artistica e il proliferare di musei di arte contemporanea, ne è un chiaro esempio, così come l’Italia rinascimentale o la Grecia classica, per tornare indietro nel tempo. Ecco quindi sorgere musei e centri d’arte contemporanea, biennali, fiere, festival e quant’altro sia riconducibile a una volontà di qualificare anche
attraverso l’arte i centri abitati, siano esse metropoli o insospettabili cittadine ex-industriali come Perm, nella profonda Russia, tra fiumi e montagne, a 1400 chilometri da Mosca. Da quattro anni a questa parte, a inizio estate e per 26 giorni, la città si trasforma in una galleria d’arte a cielo aperto, seguendo la dichiarata volontà dell’amministrazione locale di creare nel pubblico una sensibilità culturale, aprire nuove prospettive, dando a tutti la possibilità di scegliere tramite un fitto calendario di incontri tra musica, teatro, street art e, naturalmente, notti bianche; il tutto anche utilizzando spazi lasciati liberi dalle industrie e valorizzando così un patrimonio che rischierebbe di soccombere davanti all’ennesimo centro commerciale. Se Perm costituisce ancora un esperimento in via di definizione, notevole comunque nel suo tentativo di tradurre la tradizione russa in un linguaggio contemporaneo, Mosca e San Pietroburgo rappresentano ormai due realtà consolidate nel panorama nazionale e non solo. A Mosca convivono centri di natura pubblica, come il MAMM – Multimedia Art Museum, e no 97
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La nuova generazione di artisti russi si muove sospesa tra un passato carico di simboli e archetipi da rielaborare e una spinta verso il futuro che la progressiva contaminazione con il mondo occidentale ha accelerato
profit, come il super cool Winzavod Contemporary Art Center, ex stabilimento vinicolo oggi rifunzionalizzato con gallerie, showroom, caffetterie. Il centro promuove contest e progetti, come Best of Russia, concorso fotografico annuale in cui sono invitati a partecipare tutti i cittadini russi, siano essi fotografi o amatori, con l’obiettivo di catturare momenti di vita quotidiana insoliti e rubati. O il progetto Design Territory, che si articola in concorsi, mostre e seminari per designer, nell’intento di coltivare i giovani talenti e metterli in contatto diretto con potenziali clienti. Gli fa eco a San Pietroburgo il Pushkinskaya 10 Art Centre, un luogo ormai storico di riferimento a livello internazionale. Fondato nel 1989 da un gruppo di artisti e musicisti indipendenti che occuparono un palazzo su Pushkinskaya Street, il centro si pone l’obiettivo di documentare e promuovere l’arte contemporanea nazionale. Il Pushkinskaya, oltre a studi, gallerie, club e caffè, ospita il Museum of Nonconformist Art, ovvero una collezione – unica nel suo genere – di arte russa non ufficiale della seconda metà del XX secolo, con tanto di archivio e biblioteca. Ma sono gli oligarchi i veri player nel mondo dell’arte contemporanea russa, acquistando grandi gallerie, sponsorizzando le mostre e individuan98
do quindi nell’arte un asset in cui investire. Ne è un esempio il Garage Center for Contemporary Culture, fondato dalla Iris Foundation di proprietà di Dasha Zhukova, figlia di un oligarca russo, globetrotter, party addicted e, non ultimo, compagna del magnate Roman Abramovich. Il Garage, che ha ospitato tra gli altri William Kentridge, Fabio Viale, Francesco Vezzoli e Marina Abramovic, si sposterà nel 2013 proprio a Gorky Park, con un ambizioso progetto di Rem Koohlaas. La Iris Foundation è anche sponsor di un altro grande intervento, questa volta a San Pietroburgo, che vedrà la riqualificazione di un’antica isola artificiale circondata da canali fluviali nel centro città. New Holland Island, ex base militare, verrà convertita in polo multifunzionale ad opera del gruppo di architetti newyorkesi WORKac; quest’anno è già stata parzialmente aperta al pubblico. Spazi d’arte quindi come motori di rigenerazione urbana e aggregazione sociale, in cui si spera gli artisti assumano un ruolo centrale e non di mero contorno (il che non è assolutamente scontato). La nuova generazione di artisti russi si muove sospesa tra un passato carico di simboli e archetipi da rielaborare e una spinta verso il futuro che la progressiva contaminazione con il mondo occidentale ha accelerato. Ad esempio, Pavel Pepper-
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stein (tra i più conosciuti artisti russi contemporanei) trasforma le immagini e i testi della cultura di massa sovietica e attuale in graffiti, disegni minimi che evocano le favole russe e il mondo del mito. O Anna Parkina (tra le protagoniste della mostra Modernikon. Arte contemporanea dalla Russia, realizzata l’anno scorso presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino), che riprende l’iconografia della propaganda sovietica riadattandola ai temi e alle problematiche odierne. Altri artisti si distaccano invece dalla – seppur reinterpretata – iconografia tradizionale per cambiare totalmente linguaggio e modalità espressive. Alcuni di questi sono stati protagonisti di una recente mostra a cavallo tra arte e design nell’ambito di Interni Legacy, il grande progetto realizzato da Interni lo scorso aprile durante la settimana del design. Elena Selina, storica gallerista moscovita (XL Gallery), ha selezionato per la mostra un gruppo di artisti russi che ha realizzato sette progetti al confine tra arte e design: Irina Korina, Alex Buldakov, Sergej Shekhovtsov, Mikhail Kosolapov e il gruppo Electroboutique (Aristarkh Chernyshev e Alexej Shulgin). Verge, ovvero “confine” in russo, è il titolo dell’esposizione che dà vita a una riflessione sulle ossessioni contemporanee: dalle icone dei social network che si arrotolano in una spirale senza
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fine, a un pannello elettronico aeroportuale con i voli in partenza, però a forma di croce cristiana, dove departure assume il doppio significato di “partenza” e “morte”. Come l’arte ha saputo incorporare i linguaggi e i media occidentali, senza rinunciare al proprio passato ma aprendosi al mondo, così il design rivela quella stessa volontà di affermazione dentro e fuori i confini nazionali. In quest’ottica appare particolarmente interessante e originale (e perché no, divertente) il progetto del Moscow Design Museum, il primo museo al mondo che trova spazio su… un autobus. Un museo quindi per sua natura itinerante, una piattaforma che permette di divulgare il design russo in giro per il mondo, anche avvalendosi di collaborazioni internazionali e innovative strategie culturali. Il “museo” è stato presentato il 13 febbraio di quest’anno presso il Design Museum di Londra e pochi giorni fa è arrivato a Barcellona, facendo una sosta al nuovo centro del design catalano. Aperta, dinamica, ambiziosa, con lo sguardo a occidente ma con il cuore nelle proprie radici, questa è la nuova cultura russa: come diceva lo storico Yuri Afanasiev, «la Russia è un Paese con un passato imprevedibile». Per questo forse si getta a capofitto nel futuro. 99
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L’esercito del migliore dei mondi possibili articolo di Julia Goumen
L’aumento del numero di romanzi dei narratori trentenni, scritti in lingua russa ma che sanno guardare anche al di fuori dei confini nazionali, sta suscitando l’attenzione del largo pubblico occidentale nei confronti della moderna letteratura russa. E anche i giovani russi, che compravano soprattutto non fiction e prosa in traduzione, stanno rivolgendo l’attenzione all’opera dei propri coetanei. Che hanno spostato l’attenzione da se stessi, dal loro corpo e da ciò che questo esala, alla società…
Ognuno ha le sue radici, e molti scrittori trentenni che caratterizzano l’attuale quadro della Russia letteraria vengono ancora ricordati come una gioventù chiassosa e creativamente sfacciata. Irina Denežkina di Ekaterinburg, divenuta famosa in Russia e all’estero all’inizio del millennio con la sua raccolta Daj mne! (Dammi! Song for Lovers), un libro duro ed estremamente schietto di novelle e racconti che raffigurano la vita dei coetanei, ha dato il La, con largo anticipo, ai giovani letterati. La formula pronunciata a suo tempo da Ian Dury nel ritornello di Sex & Drugs & Rock & Roll, recuperata nel corso degli anni, è riecheggiata nell’esplosiva prosa della Denežkina. Leggere la maggior parte dei racconti di Daj mne! è come sbirciare negli appunti di diario di una ragazzina come tante. La schiettezza portata fino al limite, la generosità di dettagli, in particolare per tutto ciò che riguarda l’esperienza sessuale e il resto dell’iniziazione degli eroi adolescenti sono ardenti, vergognose… Senza tregua! 100
Con la Denežkina, i lettori hanno iniziato ad apprezzare il talento e la sincerità degli scrittori adolescenti, mentre gli editori hanno fatto i conti con i potenziali profitti di questa tendenza – divenuta così rapidamente di moda – del-
Con la Denežkina, i lettori hanno iniziato ad apprezzare il talento e la sincerità degli scrittori adolescenti, mentre gli editori hanno fatto i conti con i potenziali profitti di una tendenza divenuta rapidamente di moda la letteratura ultra-choc degli appunti di diario dei ventenni. La casa editrice Limbus Press di San Pietroburgo, che ha scoperto la Denežkina e, con lei,
una nuova tendenza letteraria per la Russia, ha addirittura pubblicato quattro antologie di prosa di ventenni. Ma nonostante questo sono trascorsi alcuni anni senza che la Denežkina scrivesse un altro libro e, della schiera dei promettenti ventenni della letteratura pop e choc è rimasta, probabilmente, soltanto Anna Kozlova. Anna Kozlova, autrice di cinque libri di prosa, ha conquistato la popolarità a livello nazionale grazie alla televisione. Il copione della serie Kratkij kurs semejnoj žizni (“Breve corso di vita familiare”) – il protagonista più discusso della stagione – è simile, per intonazione, ai suoi libri. Il testo duro, talvolta addirittura crudele, che coglie e mette a nudo in modo tenace la “psicopatologia” della vita quotidiana, è apparso come una vera e propria trovata agli occhi di Valerija Gai Germanik, la regista, scandalosamente famosa, del mokumentary. Nonostante il perenne interesse per la vita sessuale e quotidiana altrui, l’ondata di prosa che giunge al pubblico, non
sempre talentuosa a differenza dei modelli dei leader del movimento, ovvero la Denežkina e la Kozlova, ha provocato una certa stanchezza sia tra i lettori sia tra i giovani scrittori. Con il tipico ardore dell’adolescenza, i narratori trentenni hanno spostato l’attenzione da se stessi, dal loro corpo e da ciò che questo esala, alla società. È curioso il fatto che uno dei leader della prosa sociale, populista, “sotterranea” sia stato proprio il marito di Anna Kozlova: è il pubblicista, politico e narratore Sergej Šargunov, icona del neorealismo, finalista dei principali premi letterari a livello nazionale, nonché vincitore del premio Natsbest per il miglior best-seller nazionale e romanzo del decennio. Zachar Prilepin, ha definito il romanzo di Šargunov, Ura! (“Evviva!”), un classico che si preannuncia come l’inizio di una nuova epoca. Ura! in realtà è un libro autobiografico scritto dal narratore ventenne su un giovane che si sforza di vivere nonostante la soffocante realtà che lo circonda. Il ritmo del rap, l’emotività,
l’entusiasmo dell’autore sono basi sufficienti a trasformare il libro nel manifesto della generazione giovane. Una generazione per cui non tutto è lo stesso. L’enfasi rivoluzionaria del testo non può essere offuscata dall’autotendenza egoistica e dalla totale assenza di autoironia da parte dell’autore. Ma piuttosto viceversa: proprio questi sono i segni distintivi e caratterizzano l’autentico leader. In politica, ma non nella letteratura. Volente o nolente, il portavoce, nonché capo del nuovo realismo in Russia dal 2006, dopo la pubblicazione del romanzo San’kja, è Zachar Prilepin. Grazie alla felice intercessione del critico e narratore Pavel Basinskij, Prilepin è stato proclamato “il nuovo Gorkij”. Attualmente San’kja è, senza dubbio, il principale romanzo a descrivere la vita della gente semplice di provincia e la forza aggressiva dei giovani, pronti a compiere gesti autentici nella realtà di un’epoca imperturbabile. Prilepin ha usato come eroe del romanzo un giovane nazionalbol101
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scevico e, per la prima volta nella moderna letteratura, si è potuto comprendere dall’interno come gli stati d’animo rivoluzionari dei giovani acquisiscano reale forza politica. E, anche se il lettore non condivide le idee politiche dell’autore e del suo eroe, la forza della parola, la prominenza e la vivacità della lingua di Prilepin sono tali che, involontariamente, viene contagiato dall’umore ribelle del romanzo, dai sogni di trasformazione attiva del mondo. Estranei alla tradizione del neorealismo, ma «in linea con l’ostilità dell’epoca», vi sono poi i brillanti rappresentanti della letteratura moderna della Moldavia e della Bielorussia, come Vladimir Lorčenkov e Viktor Martinovič. È curioso il fatto che le autorità russe dimostrino un’apertura di gran lunga superiore verso la prosa realistica, socialmente pungente di Zachar Prilepin (egli è ospite frequente dei regolari incontri del premier e del presidente con i narratori), anziché verso la forza dei fraterni amici moldavi e bielorussi. Vladimir Lorčenkov, autore di decine di romanzi pubblicati in Russia, insignito dei premi Debjut e Russkaja Premija (per il miglior romanzo in lingua russa realizzato al di fuori dei confini della Federazione Russa), finalista nel 2012 del premio Natsionalnyj Bestseller, viene spesso invitato dalle autorità per colloqui sull’inammissibilità della 102
diffamazione e della propaganda antistatale. Senza troppi fronzoli, il romanzo Vce tam budem (Italia mon amour) racconta degli abitanti di un piccolo paesino della Moldavia che cercano in tutti i modi, leciti e illeciti, di giungere in Italia, la terra promessa. Il grottesco romanzo-farsa è caratterizzato, da un lato, da un riconoscibile colore locale e, dall’altro, da un irriducibile humor (da ridere fino alle lacrime). Il romanzo intellettuale postmodernista di Viktor Martinovič, Paranoija (“Paranoia”), che racconta la storia dell’amore impossibile tra due giovani tipicamente europeizzati in uno stato di polizia di cui non si dice il nome, è divenuto scandalosamente noto in seguito al divieto di distribuzione del libro imposto da parte delle autorità bielorusse. Il veto è stato messo in atto benché in Paranoija non venga fatta la benché minima menzione di nomi di personaggi reali della moderna politica. Dopo una tale amara esperienza per la sorte del libro, è comprensibile il motivo per cui Martinovič abbia scritto il suo romanzo successivo in lingua russa (ma è stato promosso anche in lingua bielorussa) nell’ambito della prosa di genere. Sfagnum è una tetra commedia gangsteristica sulle disavventure di piccoli farabutti in un villaggio della Polesia. A differenza di Zachar Prilepin, la pietroburghese Ksenija Bukša non si è guada-
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Il portavoce del nuovo realismo in Russia è Zachar Prilepin. Il suo San’kja è senza dubbio il principale romanzo capace di descrivere la vita della gente semplice di provincia e la forza aggressiva dei giovani
gnata la reputazione di “poetessa della rivoluzione”, nonostante i suoi testi più famosi, come ad esempio il romanzo breve Alenka, partisanka (“Alenka, la partigiana”), siano caratterizzati dalla bellezza dialettica e dalla dannazione della ribellione. Significativo, tuttavia, è il fatto che il nuovo romanzo di Bukša, ancora inedito, Zavod Zvoboda (“Fabbrica Libertà”) sia un testo storico. Il romanzo, costruito come una “trascrizione magnetofonica” delle voci plurime di alcune generazioni di lavoratori di un’impresa ormai chiusa, è come se fissasse la storia del Paese nel XX secolo. In modo autentico e impeccabilmente intonato, Bukša offre un ampio quadro storico attraverso il mosaico dei singoli destini personali e appare contemporaneamente come impassibile cronografo e poeta che colma la verità storica con l’esperienza artistica. Con il suo ultimo romanzo, Provodnik električestva (“Conduttore di corrente”), anche Sergej Samsonov abbraccia l’ampio filone della storia della Russia. Tuttavia, non è corretto definire il suo romanzo come “storico”; al narratore interessano in ugual misura la natura della musica, la genialità, la fede, l’amore e la procreazione. Samsonov, probabilmente, è il giovane narratore più geniale della Russia moderna: a lui non si addicono i criteri di valutazione della prosa dal punto di vista dell’apparte-
nenza generazionale. All’età di 31 anni è già autore di quattro romanzi. I critici lo paragonano a Mann, Proust e Nabokov. Laureato al Litinstitut (e questo è un raro caso in cui l’autentico talento non è stato rovinato), Samsonov crea in maniera unica le strutture ritmate del testo, dando vita a un’opera letteraria. Se il suo lavoro riflettesse una tendenza nell’attuale letteratura russa, questa sarebbe la creazione del romanzo per sé. L’apparizione di testi di questo genere alimenta, nel suo insieme, una vivida trama letteraria, ne determina l’esistenza e diviene il diapason dello spazio artistico. A incarnare il principale trend letterario, sia tra i giovani scrittori sia tra i lettori, è Anna Starobinec. Sin dalla sua prima raccolta di racconti Perechodnyj vozract (Paura), la Starobinec ha occupato un posto pressoché unico nella letteratura horror e mistica, ancora vacante in Russia. “Moderno Gogol’”, “regina dell’horror russo”, “Kafka russo”, Anna Starobinec, come un Orfeo del limbo, rappresenta gli universi che si moltiplicano nello spazio tra la realtà e la metafisica. L’orrore in agguato nella nostra quotidianità e nella famiglia, gli incubi notturni, i fantasmi fittamente presenti, da sempre, nella mitologia russa: questo è il materiale con cui lavora brillantemente la Starobinec. Il suo ultimo romanzo Živuščij (“Vivente”) appartiene al genere “anti-utopico” – oggi, probabilmente, il più attuale.
Che cosa si potrebbe inventare di più adatto per la critica della realtà contemporanea? In questo suo testo, tuttavia, la Starobinec non si pone come obiettivo la messa a nudo degli ascessi sociali della Russia. L’autrice scrive, piuttosto, di problemi attuali in tutti i Paesi del mondo: il disimpegno a livello sociale, la dissoluzione della personalità, la perdita di sincerità nei rapporti, la lacerazione dei legami familiari nella società moderna. La prosa della Starobinec si pone facilmente in linea con l’opera artistica dei moderni narratori europei e americani. Tra i giovani che lavorano sul genere allo stesso livello, senza aver nulla da invidiare ai bei modelli occidentali, si possono citare anche Jana Wagner e Dimitrij Savočkin. I loro libri vengono tradotti e letti in tutti il mondo, non soltanto perché appartenenti alla letteratura russa, ma perché scritti in russo e, soprattutto, perché interessanti. È possibile che l’aumento del numero di testi simili (scritti a livello mondiale e non nazionale) susciti l’attenzione del largo pubblico occidentale nei confronti dell’insieme della moderna letteratura russa, facendola uscire dai ristretti limiti degli “amanti dei colori nazionali russi”. E forse anche i giovani russi, che fino a questo momento compravano soprattutto non fiction e prosa in traduzione, rivolgeranno l’attenzione all’opera dei coetanei. 103
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contesti
Da Mosca a Vladivostok: viaggio tra i giovani russi articolo di Lucia Sgueglia fotografie di F. Savintsev - D. Berkut - A. Maltsev
Ritratto della prima generazione post-sovietica, a 20 anni dal crollo dell’URSS: patrioti e liberali, dissidenti e modaioli, patiti del web e filoeuropei, tra orgoglio russo e globalizzazione. Dall’apatia politica all’impegno, dall’ateismo dei padri alla fede. Liberi come mai prima, passata la paura del potere.
Individualisti, goderecci e senza inibizioni, pragmatici, materialisti, persino cinici. Conservatori e nazionalisti, allergici alla politica, apatici e socialmente passivi. Ma allo stesso tempo liberi come mai prima: di viaggiare all’estero e navigare sul web. In cima ai desideri, benessere, carriera, soldi e successo, poi famiglia, amore, amicizia. E ancora: dediti ad alcool, droghe e sesso promiscuo, violenti e razzisti, amorali come nel film del 2008 della baby-regista Valeria Gai Germanika, Tutti moriranno, e resto io sola. Così a lungo è stata dipinta la “Generazione Putin”, quella dei giovani russi intorno ai 20 anni che, a differenza dei loro predecessori – i trentenni idealisti “figli della perestroijka” – non hanno fiutato nemmeno un alito di Unione Sovietica. Nati quando il Paese dei loro genitori stava morendo, troppo piccoli all’epoca del caos capitalista degli anni Novanta, sono cresciuti negli “zero”, gli anni 2000 del boom economico rus104
so pompato dal petrolio e della nuova classe media in ascesa, che ha preferito “le salsicce alla democrazia”. Tutto vero. Ma nell’ultimo anno i giovani russi hanno sorpreso il mondo, passando dal disimpegno all’attivismo politico, dal conformismo all’opposizione, in un batter di ciglio. Almeno a Mosca. Dove a migliaia lo scorso inverno sono scesi in piazza per protestare contro il sistema vigente, lo stesso padre che li ha pasciuti, e chiedere più democrazia e diritti, una stampa libera. Studenti universitari, hipster modaioli, “plancton da ufficio”, creativi, smanettoni e persino liceali: dalle flash-mob ai sit-in degli occupy, nelle grandi città la dissidenza ormai è di moda. Giovani globalizzati e simili ai loro coetanei di tutto il mondo in gusti e costumi, non più marginali come le “subculture” radicali – anti-fa(scisti), skinhead e nazional-bolscevichi – che avevano monopolizzato la piazza nell’ultimo decennio. Come Vera Kichanova, classe 1991,
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caschetto da paggio e occhiali vintage, iPhone e tablet sempre in mano. Studentessa di giornalismo a Mosca, è diventata famosa a ottobre 2011 quando con le amiche accolse l’ex presidente Medvedev in visita alla sua facoltà con un cartello: «Perché lei siede al Cremlino mentre Mikhail Khodorkovsky è in prigione?». Fu arrestata dalla polizia. Ma non si è spaventata e poco dopo s’è fatta eleggere, a 22 anni, deputato nel parlamento del suo quartiere. Segno di una nuova generazione cui è passata la paura atavica del potere e che crede che le cose possano cambiare dal basso. Su Twitter, dove ha migliaia di follower, si presenta così: «Scrivo per diverse testate, sono nel partito libertario, viaggio, scuoto la barca [riferimento al monito di Putin ai dissidenti perché non fomentino disordini], disturbo il passaggio delle persone [nei cortei]». Insomma «una che non se ne frega», come nel motto di TV Rain, emittente prediletta dai giovani urbani. Che però non s’informano più via TV, principale veicolo di propaganda del potere, ma su Internet: penetrazione schizzata dal 5% al 43% in 10 anni, record mondiale di ore passate sui social network, boom di blog. Un russo diciassettenne è l’ideatore di Chat Roulette, 150 milioni di utenti al giorno nel mondo. Ma basta spostarsi di 300 chilometri per scoprire un altro mondo. La provincia di un Paese immenso, spesso più arretrata e povera. Viene da qui Sveta Kurytsina, 19 anni, per tutti “Sveta di Ivanovo”: membro dei Nashi (Nostri), il gruppo patriottico giovanile creato nel 2005 per sostenere il Cremlino contro il pericolo di una “rivoluzione arancione” in Russia. 300.000 adolescenti fanno parte del network di organizzazioni filogovernative: per i detrattori, sono prezzolati e senza ideali. Ogni anno si riuniscono in campeggio “patriottico” sul lago Seliger. A dicembre, con le prime proteste, Sveta insieme a migliaia di teenager da tutta la Russia è stata spedita nel centro di Mosca a contrastare Vera e gli oppositori come lei, con massicce manifestazioni di contropropaganda. «Grazie a Putin e al suo partito la Russia è migliorata», ha detto Sveta a un giornalista, «e abbiamo cominciato a vestirci più meglio». Il video sgrammaticato ha fatto di lei lo zimbello del web. Ora si è presa la rivincita sugli snob di città: con uno show TV tutto suo che fa leva sulla freschezza provinciale, simbolo della “vera Russia”. Ascolti record nella prima puntata. La madre guadagna 200 dollari al mese, il padre un po’ di 106
più, ma almeno, dice, ora lo stipendio arriva puntuale, non come negli anni Novanta quando, col governo liberale, «aspettavano mesi la paga e non avevano soldi per fare la spesa. Ora i genitori possono comprare ai figli cellulari costosi e non a credito. Alcuni diciottenni hanno anche la macchina». La stabilità come valore, il sogno di sposarsi presto: molti russi a 30 anni han già un divorzio alle spalle, ma occupano anche posizioni lavorative di rilievo, dirigono giornali e gallerie d’arte. Per Sveta e i coetanei delle remote regioni russe, la militanza nei Nashi è innanzitutto un ascensore sociale: sperano gli regali un lavoro fisso da burocrati o funzionari statali nella capitale. Così, in un Paese che invecchia sempre più, in preda a una drammatica crisi demografica, media e potere non si fan scrupoli di cooptare i giovani come agenti diretti di propaganda. Cos’hanno in comune Sveta e Vera? Poco. Come tutti i loro coetanei, passano ore al giorno su VKontakte, il popolarissimo Facebook russo. Man-
Idoli? In testa cantanti e calciatori: la popstar romantica Zemphira, i rapper Basta e Noize MC, e ora le punk contestatrici Pussy Riot, Michael Jackson e Lady Gaga. Il goleador Arshavin, la tennista Sharapova e Yuri Gagarin giano al McDonald’s che qui costa pochissimo; adorano i nonni, veterani della guerra mondiale. Molti hanno nostalgia dell’URSS e qualcuno mitizza Stalin, dice un sondaggio del 2011, come «simbolo di anticonformismo, ordine e giustizia sociale». Pur senza aver mai vissuto sotto il dittatore: idee respirate in famiglia. Si dicono credenti, ma sono indipendenti in fatto di morale; “patrioti”, ma fanno carte false per schivare la leva. Idoli? In testa cantanti e calciatori: la popstar romantica Zemphira, i rapper Basta e Noize MC, e ora le punk contestatrici Pussy Riot (giovanissime, sotto processo per aver cantato contro Putin nel Duomo di Mosca), Michael Jackson e Lady Gaga. Il goleador Arshavin, la
da mosca a vladivostok: viaggio tra i giovani russi |
tennista Sharapova e Yuri Gagarin, unico mito sopravvissuto all’URSS. Ammirano businessmen e miliardari, anche il galeotto Khodorkovsky. Putin? In un sondaggio FOM (Fondo opinione pubblica) del 2010, tra gli idoli lo cita solo l’1% degli intervistati tra i 18 e i 30 anni. Ma tra i giovani resta molto popolare, anche se più per le sue conquiste passate che per il futuro – e «non c’è alternativa», rispondono in molti. Guardano Dom 2, Il Grande Fratello russo, ma anche le serie americane I Simpson e South Park. I blockbuster di Hollywood impazzano, ma musica e film russi li incalzano a ruota. Leggono Viktor Pelevin e Boris Akunin, la science-fiction dei fratelli Strugatsky e Sergei Lukjanenko, la fantasy di Tolkien. Adorano manga e animé: il culto del Giappone in Russia è fortissimo, ma sempre elaborato in versione local. E, sempre più, dice un’indagine del giugno 2012, sognano di emigrare all’estero. America? No, piuttosto Europa: Germania, Inghilterra, Francia, Svizzera. O i paradisi d’Oriente, da Goa in poi. Verso gli USA, grande mito dei loro fratelli
maggiori, provano un misto di paura e attrazione. Riflesso della retorica ufficiale, che vede la globalizzazione non come un fenomeno culturale ma come un progetto politico o “ideologico” portato avanti dall’Occidente, la cultura globale come americanizzazione delle periferie deboli. Ma anche della diffusione di Internet: i media occidentali sempre ultracritici sulla Russia li irritano, rispunta l’orgoglio di non accettare lezioni di democrazia da nessuno. Ma a Vladivostok, all’estremo Oriente russo sul Pacifico, tutto questo perde senso: per i giovani locali, che a Mosca non mettono mai piede se non per scappare in cerca di lavoro, l’orizzonte a portata di mano, giusto oltreconfine, è l’Asia, e Pechino un modello di sviluppo e progresso. Che li fa anche più tolleranti verso il diverso. Ma a tracciare un fossato tra i giovani russi dal centro alla periferia, da nord a sud, sono anche etnia e religione. Se ti chiami Madina o Ruslan e sei nato in Cecenia o Daghestan, nel Caucaso musulmano, la tua preoccupazione principale non è come vestirti in
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discoteca il sabato, ma convincere i tuoi – o il governo – a farti uscire con qualche millimetro di pelle scoperta in più, o la barba lunga. Da piccolo hai conosciuto gli orrori della guerra civile, ora vivi le contraddizioni dell’islamizzazione. Su Facebook sotto “gusti musicali” scrivi “proibito”, sul profilo metti una foto anonima o un volto di donna velata dal niqab. La tua ribellione al sistema è astenerti da alcool e fumo. Con disoccupazione e corruzione a livelli stellari nell’area, il radicalismo religioso è come essere punk. Per evadere, c’è chi sogna le libertà di Mosca, chi la Turchia, l’Egitto o l’Arabia Saudita. Per molti, la Russia non è più “patria”. E qualcuno si unisce alla guerriglia ribelle, la jihad contro Mosca – anche i minorenni. Due mondi che rischiano di scontrarsi sempre più in un Paese dove l’unica popolazione in crescita è proprio quella di fede islamica (20%) e l’intolleranza xenofoba resiste in 150 gruppi estremisti con 10.000 membri. Ma a condividerne gli ideali è meno del 3%, mentre il 9% concorda con una “Russia ai russi”. 107
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Baikonur: la porta del cielo articolo di Stefano Milano
Baikonur è una fionda per il cielo. Un fazzoletto russo in terra kazaka. La più vecchia e utilizzata base di lancio del mondo. A 200 chilometri dal lago d’Aral, non distante dalla città di Tyuratan.
Il cielo nasconde storie balorde. Con tutte quelle stelle ti tiene il naso per aria a guardare, sa confondere. Mescola le carte. Lo zodiaco di ieri si è sciolto in stelle distanti migliaia di anni luce dalla Terra. Il cielo 2D delle stelle fisse ha cambiato colore in un universo a tre dimensioni, profonde e prima inimmaginabili. All’uomo non è bastato il cannocchiale e ha voluto cannoni buoni per scagliare il sogno nello spazio. Per guardarlo da dentro, il cielo. Baikonur è un posto così: una fionda per il cielo. E anche lui, come il cielo, nasconde Storia. Un fazzoletto russo in terra kazaka. La più vecchia e utilizzata base di lancio del mondo. A 200 chilometri dal lago d’Aral, non distante dalla città di Tyuratan. Baikonur è un cielo d’ottobre. 1957. Gli americani che tremano quando scoprono i russi che gli passano qualche centinaio di chilometri sopra la testa con un missile tedesco V2. Sono anni nervosi. E con i
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missili non si scherza. Ma la verità è che nel cielo i russi hanno mandato un semplice “compagno di viaggio” o, come lo sanno chiamare gli astronomi, un satellite. È un pallone d’alluminio con quattro lunghi baffi. Dentro ha una radio. Fa “Bip, bip”. Lo Sputnik. Baikonur è la rincorsa per il salto nel cielo. Non importa che la palla baffuta sia una semplice radio scagliata nell’orbita terrestre. Non importa che l’Accademia delle scienze russa abbia lavorato fino all’ultimo a decine di altre strumentazioni scientifiche da mandare nello spazio. Non importa se il corriere, forse per la troppa vodka, finisce contro un albero mentre corre verso il cosmodromo. Quello che conta è non perdere quella rincorsa. È un attimo. Il salto. La paura internazionale. E poi il cielo fuori. L’orbita. Pochi mesi e si bissa. La rincorsa è imparata, ma quelli che erano missili militari stanno diventando vettori spaziali. Sanno andare più distante. E
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1961. Un uomo si fa spazio. Il suo nome è Jurij Gagarin. Scivolando nel cielo si accorge che la Terra è blu, bellissima, e vista tutta insieme perde frontiere e confini. La sua emozione scalda il freddo della cortina
2 La conquista dello spazio 1. Gennady Padalka, Sergei Revin e Joseph Michael Acaba, membri dell’equipaggio della Soyuz TMA 04M, che dopo il lancio raggiungerà la Stazione spaziale internazionale (2012). 2. Il lancio dello space shuttle sovietico Buran (1988). 3. Claudie Andre Deshays, della missione Cassiopea (1996). 4. SL-3 in mostra a Mosca (1989). Questi mezzi venivano usati per il lancio nello spazio dei primi cosmonauti sovietici.
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nel viaggio spericolato si portano dietro un pezzo di vita: Laika. Un cane randagio, di quelli che non guardano il dito e vanno dritti verso la Luna. Baikonur è il programma Luna. Al programma spaziale russo non basta un satellite, vuole IL satellite per eccellenza. Un sogno che anima il mondo per 10 anni. È la storia di sonde spaziali che, come gli uomini, sanno stupirsi e perdersi nel Sole (Luna 1), nel cielo, imparando a poco a poco come si gira in valzer con signore distinte come la Luna (Luna 10). Un passo per raggiungere il cielo, due passetti per volteggiare sull’orbita. Non è semplice. 1961. Un uomo si fa spazio. Il suo nome è Jurij Gagarin. Scivolando nel cielo si accorge che la Terra è blu, bellissima, e vista tutta insieme perde frontiere e confini. La sua emozione scalda il freddo della cortina. Nei suoi 27 anni è bello come un attore americano. Per tutto il mondo è un mito, per la Russia un eroe nazionale. Ma Gagarin non si ferma. Trova una sposa per il cielo di Baikonur: si chiama Valentina Tereškova.
Dev’essere lei la prima a celebrare lo spazio di uomini e donne, senza distinzioni. Un’unione di civiltà che troverà la strada solo con la realizzazione della Mir, porta di pace e madre della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Con il 1998 si costruisce un cielo condiviso. Anche oggi che lo Space Shuttle è andato in pensione e si guarda avanti con lo sviluppo di nuove vie per lo spazio, il lanciatore Ares e la navicella Orion, l’unico ascensore umano tra la Terra e l’ISS resta la vecchia navicella sovietica Soyuz, un astro-taxi da tre passeggeri alla volta. E da Baikonur continua a decollare la tecnologia umana del futuro. Galileo, nato nel 2002 da una collaborazione fra Unione Europea e Agenzia Spaziale Europea (ESA), sostituirà i vecchi programmi di radionavigazione e di posizionamento via satellite con un sistema 30 satelliti, 27 operativi e 3 spare, posizionati su tre orbite stazionarie. La costellazione dovrebbe essere completata per il 2014. Nel frattempo, a Baikonur, restiamo col naso per aria.
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rubriche
| la scienza dal giocattolaio
Scacco matto al cervello articolo di Davide Coero Borga
Tradizionalmente legati all’Est europeo, che ha dato i natali ai Grandi Maestri del gioco, gli scacchi sono un intrattenimento ludico fra i più diffusi al mondo. In scienza, la teoria dei giochi ha preso le mosse da dinamiche simili a quelle messe in tavola sulla scacchiera. La matematica pervade il gioco e ne definisce il funzionamento con algoritmi, mosse e strategie.
Sono molti i giochi di strategia che si basano su un approccio matematico. Tengono la mente allenata, la sviluppano e in maniera indiretta ci aiutano nella soluzione di problemi quotidiani. Il gioco degli scacchi – fra i più popolari al mondo, praticato in casa, nei circoli dedicati, via Internet, e per giunta riconosciuto come sport dal Comitato Olimpico Internazionale – rientra a pieno titolo in questa categoria di passatempi. La dinamica degli scacchi è fra le più complesse: si stima che il numero di combinazioni ammesse per i 32 pezzi su 64 caselle della scacchiera sia compreso fra 1043 e 1050, mentre la dimensione dell’albero di complessità del gioco è approssimativamente di 10123. La Russia, e più in generale l’Est europeo, sono stati per anni fucina di campioni del gioco. Lo stesso titolo di “Grande Maestro” è stato creato dallo Zar Nicola II di Russia, che nel 1914 lo
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assegnò a cinque giocatori dopo un torneo da lui fondato a San Pietroburgo. Oggi gli scacchi sono un esempio-chiave dell’applicabilità di algoritmi matematici alla soluzione di problemi complessi. E, sorprendentemente, ci forniscono alcune linee guida per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Negli ultimi vent’anni sono stati sviluppati software in grado di giocare a scacchi. Un tempo considerati una pura curiosità, i programmi scacchistici sono stati implementati al punto di poter affrontare un Grande Maestro in carne e ossa (un software di questo tipo è costituito fondamentalmente da un algoritmo di ricerca e valutazione). Un pioniere dello sviluppo dell’informatica applicata agli scacchi è stato un ingegnere e, non a caso, uno dei più forti scacchisti del Novecento: il russo Michail Botvinnik. La strada aperta da Botvinnik ha portato alla realizzazione di vere e proprie macchine
La Russia, e più in generale l’Est europeo, sono stati per anni fucina di campioni del gioco. Lo stesso titolo di “Grande Maestro” è stato creato dallo Zar Nicola II di Russia
capaci di giocare con un giocatore umano in condizioni regolamentari. Deep Thought, progettato da un informatico cinese della IBM, si è scontrato nientemeno che con Garry Kasparov. Nel 1996 il campione degli scacchi si aggiudicò la sfida con tre vittorie e due patte. L’anno successivo la rivincita non andò ugualmente bene e, in un match di sei partite, la spuntò il computer. Ricostruire artificialmente l’intelligenza umana è un’idea piuttosto moderna. Realizzare una macchina che gioca a scacchi (e vince) è obiettivo dell’uomo da almeno tre secoli, e non ha niente a che vedere con i computer. È un desiderio che ha radici profonde e i cui semi si schiudono nel Settecento, quando ci fu quella grande esplosione scientifica e tecnica che pose le basi della Rivoluzione industriale. Di molte invenzioni di allora sfuggì completamente l’importanza pratica, come pure le potenziali conseguenze di sviluppo e applicazione industriale, anche perché la società di allora (e le grandi masse) era più portata ad apprezzare invenzioni capaci di stupire, prodotti dell’ingegno pieni di fascino, archibugi che non servivano a nulla fuorché
a vendere emozioni. È così che hanno avuto un grande successo congegni complessi e giocattoli meccanici, animati da meccanismi di orologeria, capaci di eseguire movimenti preordinati e di grande precisione, ma privi di qualsivoglia applicazione pratica. Venivano chiamati “automi”. La loro carica poteva durare anche un’ora e venivano quasi sempre impiegati per allestire grandi spettacoli pubblici o a pagamento. Erano veri e propri giocattoli, alti 3040 centimetri, che davano all’uomo del Settecento l’illusione entusiasmante di poter fare tutto, grazie alla scienza. Nel 1769 il barone von Kempelen fu incaricato da Maria Teresa d’Austria di costruire un automa che giocasse a scacchi. Il barone ritornò con un’elaborata messa in scena: un fantoccio vestito da turco seduto dietro un enorme cofano, dotato di vari sportelli, su cui era poggiata una scacchiera. Si trattava in realtà di un imbroglio, dal momento che il baule nascondeva un giocatore umano che si occupava di manovrare l’automa dall’interno. Il trucco del barone von Kempelen è conosciuto anche oggi come “il Turco”. Un’illusione che, va detto, lascia in scacco.
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Jeffrey D. Sachs Il prezzo della civiltà. La crisi del capitalismo e la nuova strada verso la prosperità
Michael O’Shea Il cervello
pp. 312, euro 21,00
Nel tentativo di scoprire come la coscienza possa nascere dal cervello, potremmo ritrovarci a fronteggiare la più complessa delle sfide scientifiche.
Questo è l’ultimo dell’ondata di libri ispirati dalla crisi economica mondiale. Ed è uno dei migliori. “The Guardian”
pp. 176, euro 15,00
Lisa Signorile L’orologiaio miope. Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sugli animali… che nessuno conosce
Stephen Blundell Superconduttività
pp. 232, euro 19,00
La superconduttività potrebbe essere uno degli elementi fondamentali di una nuova tecnologia e di un nuovo sguardo sulla realtà. “Astronomy”
Cos’hanno in comune Alien e una larva di crostaceo? O i polpi con i replicanti di Blade Runner? L’evoluzione e la biodiversità come non le avete mai lette.
S. Macknik e S. Martinez Conde I trucchi della mente. Scienziati e illusionisti a confronto
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Graham Priest Logica pp. 192, euro 15,00
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Magia e neuroscienze: una combinazione perfetta. Sembra proprio il libro che tutti noi stavamo aspettando. Steven Pinker
Il fascino del ragionamento puro, e la sua invisibile e pervasiva presenza nel mondo d’oggi.
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Science for everyone
Ed editorial
Russian Awakening by Dmitri Trenin
One year after Russia suddenly experienced a wave of civic activism over the allegedly rigged parliamentary elections, the country remains on the move. The protesters who demand government accountability have not been able to prevail, but they have not been silenced, either. So far, the authorities have managed to withstand public pressure for change but, increasingly, they appear merely as defenders of the status quo. The stalemate is temporary: the next few years will be crucial for the future direction and prospects of Russia. It is certainly a country to watch. Vladimir Putin’s election results reflect the new situation as faithfully as anything. In the March election, the current President polled over 50% of the votes nationally, but under 50% in the capital, Moscow. A considerable part of the population, albeit much fewer than several years ago, are still stuck on Putin as a provider of social goodies and a guarantor of stability; a significant minority, however, have already moved beyond him. The dynamics of division in society is almost palpable, but the outcome of Russia’s political evolution remains unclear. What can be termed the Russian Awakening is a complex phenomenon. It has social roots. The main driving force for change are the urban middle classes which emerged and grew during Putin’s “years of prosperity” and have now “awoken” to the political environment in which they live. These middle classes are most visible in Moscow and a handful of other major cities. Much of the rest of the country is still paternalistic in its attitude to authority. Even in Moscow, however, the Awakening is not homogenous. It spans the entire political spectrum from the socialist left to the nationalist right, from anti-
clerical libertarians to Orthodox fundamentalists. The degree of radicalism varies greatly among them, and the changes that these people advocate go in very different directions. What unites them is the demand to participate in the running of public affairs, which until recently has been virtually unchallenged as the sovereign right of the Kremlin. Faced with this new challenge, the Kremlin has considerably modified its pattern of governance. It has introduced some token reforms, such as quasidirect gubernatorial elections, and has eased the registration of new political parties. It has allowed opposition voices, or rather sound bites, on television. It has reached out to some potential opposition figures to invite them to work in an advisory role
in what has been called the “open government.” Very strikingly, it allowed the mass demonstrations in Moscow and elsewhere to proceed unhindered - until the violent clashes in May. After that, the authorities clamped down on those whom they believe to be dangerous radicals. The demonstrators who threw stones at the police were jailed; their spokesmen were charged with non-political criminal offenses or were otherwise compromised. A series of laws were passed during the summer of 2012 that oblige NGOs which receive funding from abroad to register as “foreign agents;” reintroduce libel as a criminal offense; and open the possibility for blacklisting Internet sites which the authorities might find objectionable.
The evident hardening of the political regime is thought to be a way to prevent a “revolution” which, both the authorities and the opposition leaders reckon, might result from a new wave of economic crisis, when socioeconomic protests across the land link up with civic protests in the capital. The government is taking the looming crisis very seriously, factoring in a plunge in the oil price, the mainstay in the budget, and preparing measures that would enable it to channel assistance to the neediest and thus help the Kremlin maintain its support base. Clearly, Putin’s new presidency will hinge on how his government handles the economy amid a difficult - and worsening - situation in the world. Europe’s prolonged zero growth or even
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recession and the slowing down of China’s economy depress the commodities prices on which the Russian federal budget largely depends. There is a danger that the massive social obligations which Putin undertook to win the presidency may not be fully honored, leading to the further erosion of his diminished majority. In the longer term, the need to reform the Russian economy is becoming more urgent, yet reform is in many ways antithetical to the existing politicoeconomic setup, with its power and property nexus, monopolism and rampant corruption. Putin’s dream of reindustrialization and moving Russia up 100 positions in the World Bank’s Doing Business Index cannot be realized without curbing and rolling back corruption and establishing the de facto rule of law. Otherwise, as happened with the well-publicized modernization drive introduced by Dmitry Medvedev, the preaching will never be practiced, and the ideas will soon become utterly discredited. Economic revitalization will require reaching out to external sources of investment, technology, and expertise. In 2012, after a 19-year-long process, Russia finally joined the World Trade Organization. Economic issues top the agenda of Putin’s summits with Western and Asian leaders. The Russian President also courts the CEOs of major U.S. and European companies and personally supports their deals with Russia’s national champions. Thus, foreign policy pragmatism will remain Putin’s hallmark. This pragmatism, however, will not come at the expense of Russia’s strategic independence. Moscow will continue to balance among the world’s various power centers, oppose U.S. global dominance, and adamantly support the traditional interpretation of international law. The Syrian crisis is a graphic example of such an attitude. Russia will move ahead with its integrationist effort in the postSoviet neighborhood: the single economic space with Kazakhstan and Belarus. Putin will not drop his attempts to draw in
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Ukraine and several other countries in the process. However, it is Europe, not the post-Soviet commonwealth, which is the most important market and partner for Russia. Within Europe, Germany definitely tops the list of Russia’s partners, with France and Italy in the front row. In the early 21st century, Moscow’s most serious geopolitical concern is in the Far East, where Russia’s most depressed region physically abuts the most dynamic part of the world. Still, even as Moscow “pivots” Asia in an attempt to launch the development of its Far Eastern provinces and rebalance its relations with China, it is not losing sight of Europe. Looking beyond the current eurozone crisis, which Russia hopes can help build a more coherent union, Putin has a vision of a new Eurasia stretching from Lisbon to Vladivostok. This, however, is only conceivable if Russia manages to transform itself into a modern society and polity.
Putin has a vision of a new Eurasia stretching from Lisbon to Vladivostok
Sc scenarios
My Russia on the global chessboard The President’s address at the plenary session of the XVI St. Petersburg International Economic Forum on June 21, 2012 underlines the results achieved by Russia’s rebirth in recent years and indicates the path to follow and the challenges to be faced in the future. By Vladimir Putin
[…] In Russia, we have developed a program of large-scale transformations, which has received wide public support. I consider its implementation a major challenge of my presidency. What are our goals? They include the consolidation of Russia’s existing natural competitive advantages, the development of new opportunities in the global economy, stable national development, the State effectively serving the interests of the public, and law enforcement and judicial systems that enjoy the unconditional trust of citizens.
We hope that this will create new opportunities for the self-realization of Russian citizens, a new quality of life, and modern jobs; that it will improve education and healthcare, and help in addressing housing issues. For business, it means creating the best conditions for investment, running your own business, setting up new companies and industries, free and fair competition, and ample opportunities for innovation. […] Naturally, everything that we say is easier said than done. I would therefore like to empha-
size once again that macroeconomic stability has always been our special priority. This policy has already allowed us to achieve certain results. For example, the inflation rate over the past four years was significantly reduced (although it remains high compared to developed economies): last year, inflation in Russia was 6.1% – that is still a lot, but I want to draw your attention to the fact that it was more than halved in four years. Four years ago, inflation in Russia was more than 13%, whereas last year it was 6.1%, as I said. This is the lowest figure in Russia for the past 20 years. At the beginning of June, inflation was less than 4% in annual terms. Russia has the lowest State debt among the G8, G20, and even BRICS states: on May 1, 2012 it stood at 9.2% of the GDP. At the same time, Russia’s foreign debt is 2.5%. Also note that Russia is one of the three G20 countries that have a balanced budget. The current macroeconomic indicators are quite good and acceptable, although there is no cause for euphoria. We are well aware of serious long-term and mediumterm challenges for our economy. The economy is still not properly diversified. Much of the added value is created in commodities sectors. There is a high proportion of non-competitive old plants and the level of Russia’s dependence on oil prices remains high. We must reduce the dangerously high [budget] deficit if oil revenues are not taken into account. This, as I said at the G20 Summit, is the Achilles’ heel of our economy.
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In an era of high volatility, such an economy is very vulnerable and subject to significant risks. That is why Russia needs not just a deficit-free budget but a budget with a margin of safety, one that is not based on the oil and gas income. It should be based on non-oil revenues and the proceeds from the sale of hydrocarbons must be allocated a secondary role. […] While strengthening the potential of rapid response measures, we work on the assumption that the fundamental solutions lie in building a new economy: an economy that will withstand various types of shocks, one that is capable of rapid growth even under difficult external conditions. According to 2011 data, Russia’s GDP grew by 4.3 percent. This was the highest rate of growth among major European economies and one of the highest among the major economies of the world – only China and India were ahead of us. […] Further development is only possible on the basis of high investment activity, high labor productivity, modernization of existing manufacturing facilities and jobs, and the creation of new ones. What reference points are we determined to use here? By 2020, Russia plans to have created or modernized a total of 25 million jobs. […] First and foremost, the economic effect of having millions of new jobs will be an increase in productivity, no less than 1.5-fold by 2018. This is a very complicated challenge, but we must set ambitious goals for ourselves, and only then will we consistently move toward our targets. […] New jobs are being created, of course, through investment. It is imperative that we increase their volume to 27 percent of the GDP by 2018. Is that a lot or a little? I feel that it is an absolutely realistic goal, given that, today, it stands at 20 percent. In that time, we need to raise it by seven percent. And naturally, when we talk about investment, we primarily mean private investment. […] Today I want to reaffirm our principled position: the State will gradually withdraw from a variety
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According to 2011 data, Russia’s GDP grew by 4.3 percent. This was the highest rate of growth among major European economies and one of the highest among the major economies of the world – only China and India did better
of industries and assets. The plan for the privatization of federal property has been approved and it will be executed. I should add that similar privatization plans will be adopted at the regional level. […] Unfortunately, corruption is without exaggeration the biggest threat to our development. The risks are even worse than the fluctuation of oil prices. People are tired of everyday corruption, of bribery in the state bodies, courts, the judiciary, and Stateowned companies. This problem is not easy to solve, but it is impossible to pretend that it does not exist. We must talk about it and look for tools to help us tackle it. […] Privatization is necessary for us to build a modern economy, to reduce the risks associated with poor management, and to ensure equitable conditions of competition. […] We all know that without healthy competition a market economy is as prone to decay as the commandadministrative system. It is impossible to become truly
competitive in the international arena without honest domestic competition, without the rule of law, without truth and justice in relations between business and the State. Competition in politics and the economy is the main engine of development. So I ask the Government of the Russian Federation to conduct a major revision of the practice of antitrust legislation and competition support. It must be done in close contact with the direct participants in the economy. […] Today’s global instability makes the quality and nature of investment extremely important. […] Russia is now in eighth place in the world in terms of direct foreign investment inflow. Foreign investors put almost $53 billion into the Russian economy in 2011 and the investment growth rate came to 22 percent. But this is not enough for us to carry out our plans, and we are fully aware of this fact. […] A year ago, at the forum in St. Petersburg, Dmitry Medvedev
spoke about setting up the Russian Direct Investment Fund. This Fund is now up and running. […] Practically all centers of global capital – the Middle East, China, Europe, the United States, and Australia – are working with the Fund. […] We have taken several measures to make Russia’s financial and goods markets more competitive. For example, we have merged the two main stock exchanges, MICEX and RTS, thus creating the foundations for building a major world exchange, where trading will determine the prices of Russia’s assets and resources. […] We are ready to give investors more than just a new quality of financial, transport, and energy infrastructure. A new Eurasian market offering a new configuration and immense potential opportunities is in the process of formation. Russia is developing integration projects in the Eurasian region at a rate and scale not yet seen before. We see integration as one of
the most important sources of growth and development. We signed an agreement on a free trade zone in the CIS. Russia, Kazakhstan, and Belarus are already working now within the Customs Union and the Common Economic Space, which create a single market of 170 million people with high levels of education and professional skills, and growing incomes. These three countries are moving toward even closer integration. For the first time in the post-Soviet area, a genuine supranational body with real management powers, the Eurasian Economic Commission, has begun work. […] Finally, Russia is set to become a full member of the World Trade Organization this year. WTO membership and the removal of many trade barriers will raise the quality of investment and have a big impact on business development strategy. Investing in Russia will open for investors not just the Russian and Eurasian markets, but international markets too,
especially the European market, which remains one of the most attractive in the world even with the problems our European friends and colleagues currently face. We have made a firm choice in favor of openness and integration into international economic developments. We did not abandon this choice during the trials of the crisis period, and we will not change it now. Indeed, we are stepping up our efforts to have Russia join the Organisation for Economic Cooperation and Development. I think this could happen in 2014. Russia will make an active and substantive contribution, too, to the discussions on the future global trade rules. I stress in this respect that we must remove the barriers not only for trade but also for reciprocal investment and for carrying out big transnational projects involving exchanges of assets and technology. We are open for projects of this kind and for foreign investment, including in strategic sectors, but this must be a reciprocal
process, a flow in both directions. […] The global development outlook depends not only on our ability to settle the economic problems before us, but also on adjusting state governance mechanisms so that they genuinely work in our citizens’ interests and get our people genuinely involved in setting the national agenda and addressing the key tasks before the country. The ability to achieve this determines the effectiveness and influence of government in any country, and Russia is no exception here, of course. Our position is that the government model at every level – federal, regional, and local – must correspond to the new quality of our civil society that has emerged over this last decade of steady economic growth. This is a healthy process of national development. We are fully aware that you cannot build a modern economy without a mature civil society. The authorities must be ready to reach out to society and be open for dialog. Only on this basis can we build up
mutual trust and ensure stable development without upheavals and dead-end conflicts. It is my conviction that a democratic political system must guarantee not only legitimate government, but also guarantee people’s confidence in its fairness and ability to look after the majority’s interests, while at the same time also ensuring that the minority’s voice is heard and their interests given reasonable protection, too. This is the logic we followed in deciding to make it much simpler to register political parties. The country’s various political and social groups now have the chance to defend their views and convictions within the framework of the law. […] The thirst for change is without question a driving force of progress, but it becomes counterproductive and even dangerous when it undermines civil peace and even the country itself. All of us need to understand what things in our political system can and should be improved, and which values and institutions form the country’s foundations and cannot be tinkered with. We need to work through open discussion and dialog with all of the different political forces to come up with a common answer, accepted by the vast majority of our citizens, on the most effective and suitable democratic and development model for our country. We have drawn up a program of ambitious transformation for the years ahead. We have everything we need to reach our goals: talented, well-educated people, political will, and determination to improve things and change our country. Most important of all, we are aware of our responsibility before our people and the future generations. We are not postponing action for a later date, but are acting now. Some might say that we could act even faster and more effectively, while others would advise us to slow down the pace and not be hasty. But we are moving forward and will continue to do so. I am confident that we will build a strong, open, and prosperous Russia, and we welcome everyone who is ready to work as partners with us.
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In interview
The economy takes off. How will it stay at high altitude? “The main challenge for the Russian economy is to find new sources of growth. During the decade of 1998-2008, Russia grew nearly 7% per annum. An impressive figure, but the sources of this growth have, fundamentally, been exhausted.” The Russian economy is booming, but it also poses new challenges to maintain the current trend in the future. What are they? Sergei Guriev, the rector of the New Economic School in Moscow, explains them to us. by Mikhail Belyaev
If Russia aims at becoming an economic superpower, or at least at being a major player in the global economy, then it needs to make serious changes in economic policy, including measures aimed at improving the investment climate 118
The question concerning predictions is usually asked at the end of an interview, but it is so topical and the possible responses are so many, that I propose to start from this. So, what can we expect with regard to the Russian economy? I think the right thing to do would be to look at two horizons: the prospects that are closer in time and the long-term trends. At the basis of these two horizons, in fact, there are different factors and, therefore, the conclusions reached are different as well. Which, of course, also explains why the predictions are so discordant. In this regard, I think it should be noted that we are so very fond of predictions not only because they give us the chance to look at the future and satisfy our natural curiosity, but also because reliable predictions serve as the basis for the elaboration of management programs by the economic processes at the highest level. In a short-term perspective, the Russian economy seems rather prosperous. Despite the slight reduction of current oil prices, Russia’s budget is balanced, substantial reserves have been organized, and the external debt is at a historic low and this, among other things, is not only with regard to economically developed countries, but also with regard to those in the developing world. Added to this is the fact that the Russian
economy is growing steadily and, by the way, at a good pace, and unemployment, amounting to just over 5%, is at a minimum level never seen before. Finally, it has also been able to keep up with inflation, which has fallen, also reaching a record quota: in fact, if you look at the situation in June of this year as compared to last year, it is at less than 4%, despite the revision of tariffs for public services, and it would be hard for the figure to reach 6% by the end of 2012. Indeed, the picture that has come to be created does not look bad. But isn’t this perhaps the consequence of the favorable conditions of foreign trade and, above all, of the prices for energy commodities? It’s hard to deny that the high cost of our main export products have played a positive role. But I think credit should also be given to the sensible macro-economic policy and, in particular, the accumulation of reserves have certainly proved to be useful in times of crisis. These are the reasons for our optimism. All this in light of a more longterm perspective? In the long-term plan, the picture is a bit more complex. The elements that define the current situation do not fall into the “continuous perennial” category. This applies first of all to the oil prices, that will not necessarily remain high indefinitely. Secondly, although this is actually more important for future development, for now the investment climate leaves something to be desired. It should be said that some foreign observers and experts don’t feel the same way. The capital is “in flight,” which means that it is going out of the country. Russian entrepreneurs themselves are exporting much more capital abroad than what foreigners are bringing into Russia, and the gap is impressive. It is possible that sooner or later the flows will cease, but for now we are forced to recognize that last year a capital sum equivalent to 4.5% of the GDP per year left the country. In the first half of this year, the pace of the flows has not been reduced. The conclusion is clear: if Russia aims at becoming
an economic superpower, or at least at being a major player in the global economy, it needs to make serious changes in economic policy, including measures aimed at improving the investment climate. Do the major “challenges” likewise imply major measures? What must be done to lead the country to the stable path of development? The main challenge for the Russian economy, at this moment, is to find new sources of growth. During the entire decade (1998 to 2008), Russia experienced growth of almost 7% annually. An impressive figure, but the sources of this growth have, fundamentally, been exhausted. In fact, they were tied to production capacity that was not fully exploited, the presence of a free work force, and the aforementioned increase in commodity prices. Today, the situation is radically different: there is practically full employment (the unemployment level is very low indeed) and manufacturing capabilities are fully exploited. For further growth, new investments are required. And for investments, a suitable investment climate is necessary. So now the main challenge of the Russian authorities is to create such a climate. First, it is necessary to reform the regulatory system of the economy and the economic life in general, including the legal and judicial systems, the procedure for resolving economic disputes, and the legal protection of businesses. From a practical standpoint, this means eliminating obstacles in the investment processes, reducing corruption, and strengthening the rule of law. All trivial things, but which, precisely for this reason, always continue to be valid. Being able to guarantee these conditions, after all, is not so simple. But if they are carried out, the Russian economy as a whole could grow at extraordinary rates, thus allowing Russia, already within 10 years, to increase its share of the global economy and achieve economic indices of the quality of European countries. What about the diversification of the economy, the tendency to overcome the orientation toward
indirect, that makes Russia more attractive from the point of view of international interests. In fact, the regulation of the domestic economy and the basic approach to the formation of an economic policy approximate global standards; this means that Russia and its tendency toward the world economy will be more predictable. Professionals have also frequently written about this, so it should be noted that the WTO is, first of all, a regulatory mechanism, a kind of platform for the resolution of disputes arising in international trade. This way, international investors will have a guarantee that unpredictable measures will not be applied to them, that they will be dealing with partners who are acting according to law. In other words, they will be protected against unforeseeable risks.
raw materials, the market share only in foreign trade, and economic dependence on the market situation? In itself, the idea of liberation from the so-called “oil dependency” is fictitious, despite the headlines that continue to present it again and again with impeccable regularity. If you look at the sectors of extraction in an unbiased manner, it is difficult not to realize that these alone could become the absolute promoters of innovative development. We cannot speak of the development of these sectors without resorting to advanced technologies. It is no coincidence that most major Western companies spend billions of dollars in research and development. The extraction industries, in turn, give impetus to the development of all the other sectors and their productions, including science, which is fundamental. In addition, companies engaged in the commodity sector have a leading position in the global market. So why deny the sectors with these characteristics the right to become promoters of global economic development? It is absurd to argue against a diversified and multi-sectoral economy. But it
is equally absurd to strive to grow at the expense of another, namely to employ all forces for the creation of certain types of production, undermining the development of the extraction of energy resources. However, aren’t there possible fractures in these sectors? The leadership in the global mining energy sector and in the sale of basic raw materials has undoubtedly been preserved. But, in light of this, domestic growth, too, will be strengthened. The most interesting area is the construction industry. Russia has a lot of building to be done, both of housing for the population and infrastructures. From this point of view, Russia, as usual, has lagged behind compared to its competitors and to countries with similar economic growth. Huge investments will be made in construction and the extremely stimulating influence of this industry based on the global economy is known even to those who are not experts in economics. Anticipating a possible question, I speak in defense of the service sector which, according to a series of experts, has grown at inadequate rates in recent years. The answer is very simple. The ter-
tiary sector, under the “regime” of a planned economy, was so small that it was unable to grow. The market economy requires the presence of a mature service sector in the broader sense. Consequently, this type of economy has always grown, is growing, and will grow, providing jobs and adding percentage points to the indices of overall development, including the real sector of the economy. Let’s now turn from the problems of the domestic economy to economic relations with foreign countries, especially since there is a very important new aspect, namely that Russia has finally managed to join the World Trade Organization... The direct effect of entry into the WTO is not so significant. The negotiations took place over an 18year time span and, during this period, our country has changed substantially in terms of conditions with respect to the starting positions. Those conditions in which Russia became part of this organization do not include the substantial reduction of tariffs. However, if you look deeper, you’ll notice something very important, albeit
After joining the WTO, Russia intends to take another step forward in the direction of participation in the global economy by also joining the OECD. It is still early to talk about the terms of accession to the OECD, but negotiations are ongoing. Among other things, a condition for membership in this organization, which brings together all the economically developed countries and the entire host of those developing countries with a sufficiently high level of income, is membership in the WTO. With regard to the income level, Russia has already exceeded many of the countries that are already members of the OECD and this is an important argument in favor of Russia’s accession to that organization. But there are also problems that must be resolved in accordance with OECD standards. These concern the bureaucracy, the quality of economic management, the level of state interference in economic processes, the restrictions of competition, and corruption. These aspects, too, will be part of negotiations. In this sense, membership in the OECD, as well as in the WTO, reflect positively on the Russian economy and on society in general, as the economy becomes more predictable and understandable to international companies and potential investors.
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The Great Game II Azerbaijan, Kazakhstan, Turkmenistan, Georgia, Armenia, Uzbekistan, Kyrgyzstan. The countries of the former Soviet empire and the Caspian basin, while not replacing the Middle East as the main treasure chest of the oil and gas industry worldwide, contribute significantly to the energy security of the entire planet. Behind them, there is a “great game” of strategic interests among the new superpowers … by Pino Buongiorno
Nearly 200 years have gone by, but the Great Game of Central Asia has never stopped. In the nineteenth century, the conflict, first described in 1829 by the officer of His Majesty’s army Arthur Conolly, opposed the great empires of the time (the British, the Ottoman, Tsarist Russia) and their security services. Today, the Great Game - Version II - involves the new superpowers: the United States, Russia, China, and, to a lesser extent, the European Union. There are strategic interests at stake, but above all is the control of the oil and gas of the countries of the former Soviet empire, such as Azerbaijan, Kazakhstan, and Turkmenistan, rich with reserves estimated at around 50 billion barrels of crude oil. This figure alone shows the world how vital the Caspian basin is: the highest concentration of “closed” salt water in the world, a sea to some, to others a lake, and while not replacing the Middle East as the main treasure chest of the oil and gas industry worldwide, this area contributes significantly to the energy security of the entire planet. It is made up not only of waterside states, but also includes Georgia, Armenia, Uzbekistan, Kyrgyzstan, and Turkey (and of course, Iran), divided by old rivalries that, at any moment, might lead to local conflicts difficult to control for these same powers or the superpowers. That is why Secretary of State Hillary Clinton made a long and unexpected tour in June 2012,
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stopping in Armenia, Azerbaijan, and Georgia to demonstrate “the highest level of attention” that the U.S. administration reserves for this area of the world. That is why Vladimir Putin, newly re-elected to the presidency, snubbed the summit of the G8, preferring to meet with the regional heads of state, ostensibly to boost the foreign policy of the “Eurasian Union.” And that is why the Chinese mandarins in Beijing are very pleased to host the presidents of these emerging states at regular intervals, to encourage them to divert their flows of oil and gas to the east instead of the west. Pampered, honored, and revered, the leaders of the Caspian have learned to cope with the various powers very well by imposing their own “national way,” where democracy is only formal in the ritual of elections, often manipulated, according to the indictment of the OECD, and where autocracy is the rule, with little room for dissent, resulting in harsh repressive practices and chronic corruption. For reasons of state or “shop,” the European Union and the United States often prefer to remain silent before the gross violations of human rights. Precisely when the reports of international organizations can no longer be hidden, revenge is triggered; when the various presidents come under attack, they suddenly close their doors to the West and turn (or pretend to) to Putin or Hu Jintao. But even with them, the embrace is momentary. As soon as they feel that the grip is getting to be too tight, the change of course toward Washington and Brussels is equally sudden. In the end, neither Russia nor the U.S. nor China can truly claim to have exclusive influence in Central Asia. Putin himself, who is credited as the “dominus,” does not actually have so many levers available. Alexei Malashenko, one of the most successful Russian political scientists, in a recent essay describes “the political, economic, and cultural influence of Russia in a situation of decline in Central Asia” because of Russian leaders who “have
failed to understand the changing realities in the region, stuck in the ideas of 20-30 years ago.” According to Malashenko, the sharpest geopolitical turning point, imposed first by Kazakhstan under Nursultan Nazarbayev and then copied by other neighboring countries, is the notion of “multi-vector foreign policy,” namely, diplomatic diversification. Take a look at Kyrgyzstan, which has always been considered the most proRussian. Yet few know that trade between China and Kyrgyzstan is worth two billion dollars, while that with Russia does not even reach half that amount. Take another example. In late 2012, Azerbaijan, located in the most intricate geographical location, bordered on the north by Russia and on the south by Iran, but that has always had political and economic eyes pointed toward the west, should renew Russia’s lease for the rental of the Gabala radar station, built by the USSR in 1984 to monitor missile launches 6,000 miles away. This is the last military presence in the country. Well, in the middle of negotiations, the Azerbaijani authorities upped the ante, asking Moscow for a rental sum of $300 million a year instead of the $7 million paid previously. For Russia, the radar is not critical from a military standpoint. But it is from the political point of view, if the Kremlin wants to reassert its presence in the South Caucasus. And all the more so in geopolitical terms, because any withdrawal would create a unique window of opportunity for the United States (and Israel), who already have access to air bases in Azerbaijan with a view to a possible attack on Iran. In recent years, President Ilham Aliyev has, in fact, established good relations not only with Turkey as an anti-Armenia tactic, but also with Israel: last February, drones and missile systems worth $1.6 billion were purchased from the Jewish nation. Moscow has just a few months to meet the ambitious demands of Azerbaijan, knowing what dangers are lurking there. Another recent case is Turkmeni-
Neither Russia nor the U.S. nor China can truly claim to have exclusive influence in Central Asia. Putin himself, who is credited as the “dominus,” does not actually have so many levers available
stan. The latest Statistical Review of World Energy, published by the oil giant BP and considered the “bible” of the industry, ascribes far greater gas reserves to Turkmenistan than what was found in previous years. This revelation is completely changing the energy policy of the government in Ashgabat, which now seems much more interested in European gas markets rather than those of China, Russia, and Iran. This is another geoeconomic, and not only political, revolution that will lead Turkmenistan to build the east-west pipeline to transport the blue gold from the eastern deposits to the coast of the Caspian Sea and thence into the trans-Caspian gas pipeline toward Anatolia, using the already-planned Southern Corridor in the direction of European countries. The goal is to export to Europe after 2016 as many as 30 billion cubic meters of gas. The only question marks concern the funding of the gas pipelines and the technical expertise for their construction: the European Union stands ready to
provide all necessary assistance to Turkmenistan, as promised last July 18th by the President of the European Commission, Manuel Barroso, to the President of Turkmenistan, Gurbanguly Berdimuhamedov, giving him a new appointment in Ashgabat in the fall for a summit between the producer and transit countries on the one hand, and consumers on the other, accompanied by various oil companies. Russia and China are worried about these reversals. But, fortunately for Europe and the United States, they do not stand united. Partly for the selfishness and suspicion that dominate in Moscow and Beijing, and partly for divergent strategic and economic interests. The entry of the Chinese mandarins in the Great Game is taking place in forced stages. China has opened dozens of trade missions in Central Asia. It offered financial aid to Uzbekistan to develop several oil fields. It has transformed the northwestern region of Xinjiang into a hub to facilitate relations between the
various countries. This region of China shares borders with Mongolia, Russia, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Tajikistan, Afghanistan, Pakistan, and India. China also seeks to impose itself from the demographic point of view, in that 100,000 Chinese live and work in Kazakhstan. The area between the Caucasus and the Caspian is of primary importance for the leaders in Beijing for security reasons, both for oil and gas. With the United States which, after September 11, 2001, in addition to occupying Afghanistan, obtained permission to use base areas and corridors of land in Uzbekistan, Kyrgyzstan, and Azerbaijan, China feels particularly vulnerable along its western borders, as never before in history. With regard to energy resources, China wants to own a good share of the Caspian oil and gas. But here it clashes directly with Russia which, so far at least, prefers exporting to the west rather than the east, always trying to use their own territory. Precisely what Washington does not like, and which instead, wagers on the South Caucasus pipeline through Azerbaijan, Georgia, and Turkey to bypass Russia and Iran. The confrontation between the superpowers to win the Great Game is not limited to these geo-strategic and economic disputes. It also fuels ethnic and interstate conflicts. Countries bordering the Caspian Sea, so rich in oil and gas reserves, are able to withstand the impetuous and recent economic growth, but the Cold War, kept more or less alive with covert operations, is likely to fade their dreams of grandeur and make the futuristic skyscrapers that are being built in Astana, Kazakhstan, Ashgabat, Turkmenistan, and Baku in Azerbaijan come tumbling down. So far, the military experts of the interested powers consider the level of conflict to be “low.” Yet there is a serious reason for concern and that is the recent arms race that the whole region seems to have undertaken. Is it just a matter of “national security?” Or is it the attempt to establish a new “balance of power” in and around the Caspian?
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THE EAST CALLS, MADE IN ITALY ANSWERS More than toward China, more than toward any other emerging market: for Italian companies, the compass is pointing East, from Serbia to Russia via Romania. And often staying there. by Daniela Mecenate
Italian companies are looking to the East. Toward the Balkans, especially to Romania, and then even further, to Russia. Because China is not the only possibility: the Matryoshka, for Italian enterprises, is much more generous than the Dragon. Suffice it to say that the number of Italian companies in Russia and Eastern Europe is four times higher than that of Italian companies operating in China. Of the Italian companies that have decided to invest abroad, more than 40% are now pointing their compass toward Russia and Eastern Europe, certain to find a thriving market and tax rates tailored to businesses. “It all started with energy and raw materials,” explains Rosario Alessandrello, president of the Italian-Russian Chamber of Commerce and entrepreneur in the Russian Federation, “which, of course, remain our main interests in Russia and have generated many consolidated relationships between the two countries, just think of the presence of Enel and Eni. But from the Nineties onward, Italian companies, also small and medium sized ones, have been ‘exploring’ this area, finding fertile ground for their business. Today, there are about 500 Italian companies operating in Russia. Precisely because energy and raw materials are cheaper, the move to this area has been made primarily by companies that deal in transformation: from ceramics to diapers, from irrigation to the production of machine tools, from furniture to Trentino apples.” Trentino apples? “Sure, and that is only one example. Today, many foods are grown in greenhouses here, strictly Italian greenhouses which reproduce the climate of our
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beautiful country, and are then exported around the world. Other examples of companies that have moved part of their production chain here are Ferrero, Parmalat, Indesit, and Marcegaglia: companies that draw up to 30% of their turnover from this market.” So, the relationship between the “great mother Russia” and tiny Italy is quite solid, based on relations of economic interdependence. Russia is a country that is 55 times the size of Italy but with a population only slightly greater than our own, a territory which has 9 time zones and 50% of the population living in remote small towns, far from cities: for Made in Italy products, this is one of the major “promised lands.” The proof is the fact that Italy is the fourth largest trading partner for the Russian Federation, coming after the Netherlands, Germany, and China, and last year, Italian exports to the country grew by 15%. And if the energy sector is still the main destination for Italian investments, it is in the high-tech sectors that Italy is getting stronger. Here, Fiat and companies of the Finmeccanica group have become players on the market and the financial sector is also feeling the push of the East wind, with the solid presence of Unicredit and Intesa San Paolo banks. So, is the former Soviet Union a market that is ready to accept Italian companies with open arms? “Not always,” says Massimo Lucchini, CEO of Lucchini SpA Systems, based in Mantua with 70 employees and which produces greenhouses and irrigation systems in the Caucasus, “because the Russian market is not at all easy. We are living a very positive experience, but we must admit that there are so many unknowns and you need to know how to act.” Legislation that is still unclear, “horrible bureaucracy and a lack of transparency,” according to the entrepreneur from Mantua, make the Russian market thorny, in particular for SMEs. Yet, within the Matryoshka, there are many advantages that attract Italian businesses. Besides the cheap price of energy needed for production, labor costs are also attractive, as well as the ability to
Italy is the fourth largest trading partner for the Russian Federation, after the Netherlands, Germany, and China, and last year, Italian exports to the country grew by 15%
sell our goods at higher prices in a market that is “hungry” for Italian products and which (with a GDP estimated at +4.5% for 2012), in order to keep the flame of its growth alive, needs in particular the machine tools and mechanical engineering that Italian companies can offer. “In Italy, our plants have an amortization of 8-10 years,” Lucchini continues, “but here we average about three and a half.” But it is also the human aspect that plays an important role. “The Russians are bizarre and jokers,” says the entrepreneur, “and they themselves claim to be like their climate, which is always excessive. But they are like us, or at least that’s how they perceive us. This helps a lot: when we meet potential partners or customers in Russia, they are always telling us that we lack the precision of Germany but then they end up choosing us because we have the Italian heart and imagination. And in business, at least here in Russia, this also counts. So often, the encounter ends with a warm hug and you know that the deal has been successful.” An embrace that unites Italian businesses not only to the great Russian subcontinent. From Poland to Hungary, Ukraine to Slovenia, and from Montenegro up to Lithuania, the East is like a magnet for Italian companies that make the decision to go beyond their national boundaries. But of all of these countries, the real eldorado is Romania. A quarter of the Italian companies which decided to move eastward are doing business here, more than 1,000 companies in all: as many as in China, to return to the comparison with the Dragon. “And these are just the official numbers, referring to companies with sales over 2.5 million euros. But if we include the small and very small companies, it comes to 16,000.” Matteo Ferrazzi, author of the book Me ne vado a est (I’m going East), explains the value (and the “why”) of the Italian presence in Romania. What has generated this wind from the East that pushes Italian companies toward Bucharest? “One of the decisive factors is the geographical proximity,” says the author, a manager of UniCredit bank and former researcher for
Prometeia, “and then the language counts a lot, almost everyone in Romania speaks Italian. But it’s not just for this. The Romanian market allows investments by even those companies which are not very structured, so even the smallest businesses. Basically, there is still that slightly frenetic Nineties style, where if the neighbor of your warehouse suggested it, you’d start off toward the new virgin market of Romania. Which in the meantime, however, has made its entry into the EU and is structured to attract foreign investments with ad hoc tax policies. This is a bit characteristic of the countries of this area: a fiscal policy of reduced price. The first was Slovakia, followed by Montenegro with rates at 10%, then Serbia, which in order to receive Fiat’s business has applied almost no taxes, and lastly, Moldova, which in fact is beginning to attract foreign investments even from those who had initially chosen Romania, triggering a sort of strange phenomenon of delocalization of the relocation.” Meanwhile, Italy, for Romania and other countries of Eastern Europe, is the second trading partner after Germany, and despite a slowdown caused by the crisis in the eurozone, the exchange remains very high. The sectors in which Italy is most prevalent are mechanical engineering, fashion and textiles, and metal working. “If Russia sees us very focused on a few sectors,” explains Ferrazzi, “Romania, instead, sees us as present in a very wide range of activities, from business services to pizzerias, from utilities to clothing, from banks to manufacturing. Many leave, confident that they will soon come back to Italy, but almost nobody does.” Why? “Because the future is there. Not in China, not in America, not even in Italy,” concludes Ferrazzi bitterly, “except we just don’t know it, because the media gives little importance to the Eastern market and almost never talks about it. Probably some sort of guilt and many prejudices lead us to ignore the fact that Eastern Europe is our second home. In the future, for Italian companies, it could even be the first.”
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The foreign policy of a fortunate country “Ever since the times of Peter I and Catherine II and up to the Great Patriotic War, victories have prevailed. Russia has inherited almost all the great culture that gave rise to a multinational empire, now defunct. In the last decade, this heritage, which was saved from communist and post-communist collapse, has been enhanced: this is an unusually good fortune for the country. Russia has become stronger against the backdrop of the weakening of others.” by Sergei A. Karaganov
Russian authors like to write about the foreign policy in their country. Which reaps far more success than the topics of economic or domestic policy. It is largely thanks to its foreign policy in the last 10-12 years that Russia has far more influence in the world, more so than for the growth rates of its economy or the many indicators of development the investment climate, the level of corruption, the quality of institutions, and, in first place, its judiciary system. The country has lost its superpower status, but it has remained in third place among the great powers, with a large gap between it and the following States and unions. Part of the reason why the country’s foreign policy is so influential is an objective one. Russia has not lost much of its heritage. It is a great nuclear power; it enjoys a special status within the UN and is still a vast territory with mineral resources. It is still influenced by its history, which also involves huge losses. Ever since
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the times of Peter I and Catherine II and up to the Great Patriotic War, victories have prevailed. Russia has inherited almost all the great culture that gave rise to a multinational empire, now defunct. In the last decade, this heritage, which was saved from communist and post-communist collapse, has been enhanced: this is an unusually good fortune for the country, something that has left me literally speechless. The old rivals, who at the end of the twentieth century still considered themselves to be triumphant, have begun to weaken significantly. Europe, because of the systemic crisis caused by a too rapid and careless expansion of the EU and, especially, the eurozone. The United States, for two consecutive geopolitical defeats, in Iraq and Afghanistan, and also because of its systemic problems, less severe than in Europe but which became apparent to all after the beginning of the crisis in 2008. Russia has become stronger against the backdrop of the weakening of others. Working in favor of the Russians is China’s growth and the consequent exacerbation of the inevitable rivalry between it and the United States; Russia, notwithstanding all the official denials of implementing such a policy, cannot help but take advantage of this situation. The danger of the “Finlandization” of Russia in the face of a growing China exists, but it is still on the horizon and the benefits are apparent now. It is also quite clear that the growth of “new” countries, mostly in Asia, has helped Russia. The industrialization and increasing prosperity of these nations have greatly increased the global demand and prices of energy and of most raw materials. The need for water, retail goods, and food is visibly growing. All this increases the cost of traditional Russian export goods. The so-called “Curse of the Russian territory” is clearly turning into a great resource. Siberia, which has had to become accustomed, first, to the idea of standing in line with respect to the West and, then, with the clash with China has, in turn,
been transformed into a potentially rich source of prosperity and development. Even the aggravation of the destabilization of the “Greater Middle East,” despite the dangers, plays into Russia’s hand. It highlights its role in the geopolitical world, second only to the United States. Moreover, the instability is pushing up oil prices. Finally, Russia, formed in a constant attitude of defense against external threats with offensive and expansionist aims, for the first time in history is not seriously threatened by anyone. The situation is so unusual that many are worried by it. There have even been attempts to invent new threats, but public information today has made this impossible. For the benefit of Russian foreign policy positions, not only does heritage or great fortune play a role, but also a rigorous and high-quality diplomacy, in many respects traditional and rightly criticized for this. But the world is rapidly moving in the direction of history, toward traditional geopolitics, acting differently in the era of globalization, of the transparency of information and the awakening of the masses. Russia, even if tardy and coerced, stopped the expansion of NATO, which threatened Europe with a great war. Its highly successful energy diplomacy with Europe has created a situation of positive interdependence and mutual soft power. It has overcome the vulnerability of countries in transit following the collapse of the Soviet Union. It is activating a pipeline in Turkey, Severnyj Potok (North Stream), and in three or four years another, Iužnyj potok, will be launched. Almost everyone has already forgotten about Nabucco. Very wisely, relations have been developed with the countries of the former USSR. Russia has not put any of them under great pressure, except for the special case of Georgia. Unlike the Soviet Union, Russia does not pay or pays very little attention to its ex-partners. They are no longer that giant vacuum cleaner that, as a communist superpower, sucked the resources
Russia has lost its superpower status, but has remained in third place among the great powers, with a large gap between it and the following States and unions
from the center of Russia. The most important thing is that Moscow seems to be entering a post-post-Soviet period, having transcended most of the nostalgia for the Soviet Union. Its new integration initiatives are aimed at achieving specific economic benefits of a large-scale market, rather than at restoring the past. In the Middle East, Moscow has implemented extremely clever maneuvers, maintaining good relations with almost all actors, not least, with Israel. And above all, it has avoided direct involvement in the conflict. In Syria, despite the pressure, Moscow is doing its masterful best by avoiding a further weakening of international law and an incitement to radical Islamists, showing its political skills at no material cost, and weakening those of the competitors. The post-Soviet resentments, aroused by the humiliation of the collapse of the Soviet Union and the expansion of NATO that led to neglecting the interests of the community, are still evident in the Russian rhetoric referring to the West, whereas in diplomatic matters there is no longer a trace. Putin has established pragmatically correct relations with the United State. And even in relations with the EU, it seems, Moscow has begun to overcome that attitude of contempt aroused by old resentments and the current weakness of Brussels. In recent speeches and articles during the RussiaEuropean Union meeting in May 2012, the Russian President was not only polite and courteous, but also stressed his sympathy and willingness to lend his help. Most observers of Russian domestic and foreign policies, even within the country, have criticized it for being influenced by events and for its lack of strategic vision. These accusations are justified, even though it is not clear if they could be avoided in a chaotic and unpredictable world such as today’s. With strategic thinking, the situation is exactly the opposite: only in recent years has Moscow promoted a series of initiatives that cover almost all the strate-
gic directions of foreign policy. The military reform has been proceeding quite rapidly, engineered for the first time in the last 300 years to give a new and drastic orientation to the reduced and more modern military forces compared to those of the West, as an adept response to threats from any direction in the increasingly unpredictable world of today. The strategic perspective is to counter the propagation of the European defense missile projects. Russia is seeking to prevent the threat long before it occurs. The Customs Union of RussiaBelarus-Kazakhstan, basically already formed, is beginning to become a single economic space which will give rise to a Eurasian economic union that is very reminiscent of the European Union in the Fifties and Sixties. Proclaimed, though not yet institutionally framed, is a profound shift in Russia’s economic orientation toward Asian markets through a resurgence in Siberia and the Far East, in the attempt, in the words of Vladimir Putin, to “capture the Chinese wind” in “Russia’s sails.” Finally, Russia has proposed ways to definitively overcome the political-military division of Europe, the legacy of the past, through a new agreement on social security. In a series of articles and speeches, then-Prime Minister and successively President Vladimir Putin justified, in particular, the need to move on to creating the economic unity of Russia and the EU and, with the assistance of other countries, to create a human space leading toward the formation of a common European energy complex. Russian experts call this new federation “Alliance of Europe”. In essence, this is the proposal to create a third support consisting of a future, emerging world order. This is obviously a positive idea also for the European Union, very helpful to both it and Russia, which can continue for a while to be the first in the class of political power. But it is almost doomed to economic marginalization. A huge single
market with the free movement of persons, with a single energy complex, and with a common foreign policy capable of uniting the weak economic strength of Europe to Russia’s rigorous power regarding raw materials. But the prospects for convergence are unclear. Relations between Russia and the EU have entered a dense impasse. Brussels has tried to maintain the kind of “master-servant” relationship developed in 1990. Russia has terminated it in vain. Relations in the former Soviet Union were characterized by a simple zero-sum game. Concerning the points, Russia won, but in general, everyone lost, particularly the post-Soviet countries. In this context, there has been a predictable situation of stalemate and the consequent attempt to develop a new strategic agreement between Russia and the European Union. The parties have not even come to an agreement on what form the document should take. Nevertheless, the cooperation of the countries, persons, and companies continues, especially between Russia, Germany, Italy, France, the Netherlands, and Finland. But Russia’s accession to the WTO will eliminate many of the remaining problems of interaction in the economic sphere. The state in which the EU finds itself obviously makes it a less efficient partner. But at the same time, the crisis has also revealed many structural weaknesses that neither the EU nor Russia could ever overcome alone. To me, the obvious solution is to build something like the European Union. Only time will tell whether or not the Russians and other Europeans will be able to overcome the mistrust that has made them inadequate through intellectual dogmas and a difference of objective value. I am still inclined to believe in the rationality of Europeans and in the inexhaustibility of “European genius.” The Russians are making an effort. The constancy of Angela Merkel and the dedication of Mario Monti instill hope.
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Sc scenarios
fact, likewise or even more important is the lack of real alternatives to mutual cooperation. The Syrian search of balance tragedy is a useful, if painful, reminder of both of these facts. “The triangle of Russia/Europe/ First, let us look at the options United States is characterized by available to Moscow. On paper, mutual frustration. If the rate of Russia could return to a positive mutual frustration is a given fact, evaluation of the old “Asian oplikewise or even more important tion” that has always been part of is the lack of real alternatives to the internal debate on the location mutual cooperation.” And how of the country; this option was redoes Italy fare in its relations with cently revived by Sergey Karaganov the Russian Federation? in a report by the Valdai Group. For Italy, Russia is a strategic partner that is important economi- Only two years ago, Karaganov cally, but that is also important for had supported the goal of an alliance between the two “declindefining the structure of stability ing powers” - Russia and Europe in Europe an the Mediterranean.” - to prevent the marginalization of both in the global arena. Instead, by Marta Dassù he now proposes the rebalancing of Russian policy toward Asia: an More than twenty years after the Asia-BRICS option, you could call dissolution of the Soviet Union, it, made inevitable by the crisis Russia has not adopted (yet?) a in the eurozone and by the need model of European-style liberal de- to engage Moscow in the growth mocracy. It has not even become of China. The thesis of one of the - despite the “reset” of U.S.-Russia most influential political scientists relations in the Obama era - a of Moscow is that Russia is constaunch U.S. ally, as many, all too strained by global economic forces quickly, had predicted. Post-Soviet to overcome a nineteenth-century Russia, for subsequent adjust- Euro-centrism, which in fact still ments, has followed its own path considers Russia a European counand chosen its own institutional try with “colonies” in the East. And model. On the geopolitical level, in order to do that, Russia needs to Moscow continues to look to the start viewing the Asian territories West and it needs to modernize of the Federation no longer as a its economy. But there is no doubt weight (or even a threat, looking at that the “pro-West” choice made the demographic imbalance with in the early post-Soviet years has China at the Siberian border) but appeared to the Russian elite, with as an “asset” that could guarantee the passage of time, to be less and it a leading role in East Asia. Imagless profitable. From the interven- ining the future of a Russia able to tion in Iraq to the issue of the mis- play a role across the continents, sile defense system, the manage- the economic capital of the Federment of the Iran dossier, and the ation should become Vladivostok, Libyan war, Russia has shared lit- the political one would remain in tle or nothing of the Western strat- Moscow, and St. Petersburg would egies: in essence, it has decided to be the cultural capital. give without receiving. On the other As always, the scenarios are more side, Europe (or a part thereof) has fascinating than reality. And the pointed toward a strategic partner- reality is that it seems difficult to ship more cemented by interests imagine a similar “comeback” of than anchored in shared values. Russia in East Asia, considering Whereas, at first, America thought the underlying strategic rivalry it could “lose” Russia without too with China, the weight of the facmuch cost and then tried to recover tor of the U.S. in the balance of the it, but without any real success. Pacific, the persistent difficulties Much less today, in the midst of the with Japan, and the lack of complementarity of the Russian economy election campaign. In summary: the triangle Russia/ with those of Asia. In essence: the Europe/United States is character- time does not actually seem so ized by mutual frustration. If the ripe, despite the creation of bodies rate of mutual frustration is a given such as the Shanghai Cooperation
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Organization (SCO), for a re-positioning of eastern Russia. More modestly, for now Russia has combined the European option, which still prevails, in an attempt to reaffirm its traditional area of influence: the near abroad, Eastern Europe, the Caucasus, Central Asia. This is the so-called “Eurasian” choice, supported by various members of diverse cultural and political alignments, that was inspired by Russian nationalism. From a Eurasian viewpoint, Russia is culturally linked to Europe, but has been able to learn from its history and its traditions and patterns of development and social organization independent from the original Western “suggestion.” Carrying a certain weight once again is the myth of Eurasia as a geopolitical continent positioned between the East and West, without Russia fully belonging to either side. Over the years of Vladimir Putin, the Eurasian myth, which has ancient roots, has assumed the role of an apparently more coherent political plan, but never as an alternative to the centrality of relations with Europe. In this context, it is possible to frame the proposal launched in 2010 of a customs union with Belarus and Kazakhstan – which as of January became the Common Economic Space, governed by a board whose structure is modeled on the EU Commission - and the eventual launch in 2015 of the Eurasian Union. These initiatives of seemingly economic character actually have a specific political objective, which is that of keeping Russia linked to the main countries in its neighborhood, thus conditioning the rest of the aspirants as to relations with the European Union and NATO; the real issue here is the location of Ukraine, which cultivates European ambitions and has so far refused to join the Customs Union. With the same aim, but pursued with far more expeditious methods, was the intervention in Georgia in 2008, confirming the leading role of Moscow in the region. The Russian President, on the other hand, has an essentially pragmatic approach. Returning to the Kremlin, he confirmed that he wants to combine an assertive foreign policy with the search
From the point of view of the Kremlin, Europe means Germany, first of all. And then Italy. For a Russia that is not exactly in a good position, and for a country that feels exposed to the possible shock waves of the Arab revolutions, the European anchor is still a guarantee for stability
for a growing technical and economic collaboration with the United States and Europe. Resisting the internal pressures, Putin has brought to fruition the long, difficult adhesion of Russia to the WTO. At the strategic level, he confirmed the partnership with NATO on the Afghanistan dossier. And, overall, despite the crisis in the eurozone, Putin has not denied the strategic directive toward the EU. From the point of view of the Kremlin, Europe means Germany, first of all. And then Italy. It is no coincidence that, in meetings with Merkel and Monti, the head of the Kremlin not only stressed the importance of industrial cooperation but also the intention to maintain the high level of currency reserves in euros, exceeding 40%. In short: for a Russia that is not exactly in a good position (what with demographic trends, internal sociopolitical shocks, and the index of the discontent of areas of the urban classes), and for a country that feels exposed to the possible shock waves of the Arab revolutions, the European anchor is still a guarantee for stability. In pursuing this policy - modernization at least as a recurrent inspiration through its relationship with the West, conceding some-
thing but not too much to the nationalist push (and to some extent this includes the restrictive law on foreign funding to NGOs), and claiming the autonomy of their own internal policies (new-sovereignty has its theoreticians here, too) - Putin 2 can still count on his true lever of influence: the welding between important sectors of the economic establishment and those of the siloviki (the apparatuses of security). The macroeconomic data and the availability of substantial foreign reserves guarantee the space for redistributive interventions. But both sectors, in fact, are aware that the country has to be able to make its economic system evolve: a system that remains highly vulnerable to fluctuations in commodity prices, as evidenced by the increasing non-oil deficit of the balance of payments. Experts estimate that if oil prices were to come down to under $90 for a long period, Russia would suffer great economic and socio-political difficulties. Frustrations aside, the approach described has a consequence: Europe and the United States remain, from the point of view of Moscow, indispensable partners. Europe for its economic modernization; the United States, for the international
status that the ex-superpower will manage to maintain. As noted, in the Russian perception of Europe, even before the EU, there is Germany. The latter with others (the Weimar group with France and - but with greater difficulty - Poland). And Italy. This is not a matter of an ideal outcome for the Old Continent; rather, the absence of a genuine common energy policy and differences in perception between the old and new members have made it virtually inevitable. Berlin, before the others, has moved with great determination by exploiting the complementarity of the two economies; and it is becoming a hub for the energy flows from Russia that arrive in Northern Europe (North Stream). The same plan that, further to the south, involves Italy. Italy, in turn, has the means for strengthening its partnership with the Federation, relying on a deep-rooted economic presence in the country, with over 500 businesses in Russian territory and a growing volume of foreign investments flowing in both directions. The mission of the President of the Council on July 23rd was the first since the beginning of Vladimir Putin’s new mandate to the Kremlin and has confirmed his willing-
ness to strengthen strategic dialog by using a variety of existing mechanisms, ranging from intergovernmental summits involving several ministers as well as the Chief Executives, to the consultations with the 2+2 format of the Foreign and Defense Ministers (held in Moscow last April and followed in July by the visits of the Ministers Passera - potential for economic development - and Severino - cooperation in the field of justice). The point is that, in order to continue to grow in a highly competitive environment, the solidity of economic and commercial relations needs to be nourished and rebalanced with respect to the imbalance linked to gas imports. It is not by chance that during Monti’s mission – in the presence of Prime Minister Medvedev - six industrial agreements were signed in areas of primary importance and potential such as energy, utilities, construction, and environmental technology, in addition to the many Italian-Russian industrial collaborations that already exist. After Germany, Italy is the second largest European supplier of the Russian Federation, with an interchange in 2011 that exceeded 46 billion dollars. For a number of small and medium-sized Italian companies, the Russian market is already a primary destination. In an economic climate where the domestic demand is struggling to resume, it is necessary oxygen for the Italian production system. For Italy, Russia is therefore a strategic, though problematic, partner: in terms of economic importance, but also important for defining the structure of stability in Europe and the Mediterranean, beyond the undeniable differences. The evolution of the Syrian crisis will reveal just how crucial a bilateral partner for some of the major European countries, including ours, can also be thought of again as an indispensable actor for the future balances on the arc of instability stretching from the Mediterranean to the Black Sea. The more Russia will become part of the solution, and not the problem, the more Moscow will overcome its old frustrations. And in this way, once again find its international position.
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The gas reserves in Russia are still huge: 21.4% of the world’s proven gas reserves. However, enormous resources are required for their extraction. Therefore, it is essential to carefully take into account whether or not you will be able to sell this gas
Sc scenarios
An old friend is better than a new one Is the “energy friendship” between Russia and Europe over? “The important questions to ask are simple: is Europe right in thinking that it does not need Russian gas and oil, and is it good for Russia to make a shift toward China?” Konstantin Simonov, Director General of the National Energy Security Fund, outlines the scenarios that could arise in the future. by Konstantin Simonov
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When Europeans think about Russian energy engineers, surely the first thing that comes to mind is the issue related to our bilateral relations. What has always worried Europeans is the extent to which Russia can be considered a reliable source of energy goods. The debate related to the topic of gas, which is undoubtedly the starting point, is particularly heated. At the moment, our relations are in a rather complex situation. If we want to use an analogy with family life, the situation could be described as follows. The husband and wife have been married
for several decades. The wife really wants this relationship to last as long as possible. At some point, however, the husband proposes living separately, all the more so because soon, according to some information in his possession, other beautiful women will be coming to the city from the far corners of the world (USA, Morocco, Australia, Azerbaijan) and they will immediately prove to be accommodating and nice. So he tells his wife: “For now, wait; I can’t give you any guarantee that I’ll stay with you in the years to come, but if I don’t get anything from the new women, then, okay,
I’ll stay with you. So you’d better not stray.” The wife, of course, is not very happy with such a relationship, especially since for some time now she has become familiar with the neighbor who lives a little further east. Let me explain this analogy better. In recent years, there has been a lot of talk in Europe about the fact that a new era is coming for the global gas market, one which will no longer require long-term contracts (“family ties”), and that, on balance, there will be a huge gas profit on the market: the LNG will be coming from the United States (the “American girl”), Australia,
and even Mozambique, where the Italian company Eni has made enormous geological findings. The Caspian pipeline will be built, the regime in Iran will change, and a new democratic government will begin supplying gas to Europe through its pipelines. Consequently, Russian gas is now considered totally useless. All this, of course, offends Russia, which feels it deserves a more respectful relationship. It wants to know what the future holds. It certainly would not want to see its marriage collapse. The longevity of the relationship, however, is guaranteed by a system of long-term contracts that Russia wants to preserve. The explanation is simple. The basic problem of the Russian gas oil matter lies in the fact that a serious collapse of production in the old Soviet oil fields has begun. The USSR has not existed for 20 years now, which means that investments in new projects are needed and the gas transport system has to be renewed. In short, you realize that the amount of investments needed is increasing. The investment program of Gazprom itself is already on the order of 30 billion dollars. In October, the Bovanenkovo deposit will begin operation, and at peak extraction it will provide 115 billion cubic meters, compared to a total production of gas in the Russian Federation last year amounting to 669 billion cubic meters. Russia needs to understand whether it is worth investing money in new projects on the Jamal peninsula. Moreover, gas reserves in Russia are still huge; in fact, the Russian Federation has up to 21.4% of the world’s proven gas reserves. However, enormous resources are required for their extraction. Therefore, it is essential to carefully take into account whether or not you will be able to sell this gas. Europe is convinced that it no longer needs the Russian gas, and that is when China immediately comes to mind. Although, quite frankly, we do not want to lose our dear old friend, the European, who, you know, pays well. Who, after all, is far more predictable on the political level. In essence, even Vladimir Putin, who often
speaks of China, in fact considers it to be only a sort of stockpile. Let us take a look at one of his articles that preceded the elections. Putin invites people “to think about a deeper level of collaboration in energy engineering, to create a single European energy complex,” in the direction of which “the creation of the pipelines Severnyj Potok, on the bottom of the Baltic, and Južnyj Potok, in the Black Sea, are important steps.” In this article, Putin defines the synergy between the Russian Federation and the European Union as not meeting the global challenges and urges “once again to work intensively with the aim of creating a harmonious society of economies from Lisbon to Vladivostok. And also, in the future, to aim for the formation of a free trade area and even the most advanced mechanisms of economic integration,” which should lead to the formation of a “global continental market with a total value of trillions of euros.” Putin aspires to closer cooperation with Europe. But the latter rejects it, thus forcing him to think of China, where the demand for oil and gas is growing. The Chinese dragon needs a greater amount of fuel supply. In this way, we could increase our underground extraction; however, we must not forget that extraction in Russia cannot grow at too fast a pace. The cause, as I said, is the need for huge green field investments. As for oil, the situation is exactly like that of gas. Last year, oil production in Russia grew by 1.2%, but once again, the world record went to Saudi Arabia. Moreover, a specific infrastructure would need to be built for the extraction of hydrocarbons in China. So, today, we sell oil to China that we take away from our exports to Europe. In total, in 2010, the export of oil from the Russian Federation amounted to 247 million tons, and in 2011, only 241 million. However, exports to China grew from 10.5 million tons to 15.2 million. For now, the figure is not very high but the trend in this direction is remarkable. For this reason, today the important questions to ask are simple: is Europe right in thinking that it does not need Russian gas and
oil, and is it good for Russia to make a shift toward China? The choice of the Europeans is simple: by refusing to continue our relationship, they contribute to the fact that Russian oil and gas will flow to China. Perhaps the predictions of a “parade of girlfriends” has come true. In contrast, instead, all these predictions are based on rather optimistic conjectures. Let us say that the liquefied natural gas (LNG) in the U.S. might not even reach the volume predicted on the European market; the circumstance of the price is such that the producers of shale gas will be actively converting to oil shale, which could lead to the renunciation of an aggressive increase of exports. Precisely the extraction of shale gas in the EU is in question, due to ecological limitations. For this reason, it is doubtful that the trend of 2011 to replace gas with coal is of a longterm nature. The LNG in Australia will go first of all to Asia, and that of East Africa will spring up for a totally unpredictable period of time. But the riskiest matter is the instability in the Persian Gulf. Europe has already renounced Iranian oil. It may be simple for it to replace the Russian oil, but we are not able to fully compensate for Iran, because we are not yet able to increase our extraction quickly enough. In addition, we have already built a pipeline in China, with whom we are bound by the commitment to provide 300 million tons of oil for the next 20 years. Today, Russia is undergoing negotiations for the supply of gas in China through the Altai gas pipeline, linking China to the gigantic, old, Soviet-era deposits from which the main gas supply in Europe today also comes. China certainly has no intention of paying a price equal to that paid by the Europeans. Therefore, at present, the contract has not yet been signed. However, the temptation for the Russian exports to turn to Asia is still evident, precisely because Asia has become the key center today for the exploitation of primary energy goods. But, as we say in Russia, “an old friend is better than a new one.” So we continue to hope that the fatal error will not be committed, either by us or the Europeans.
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Co contexts
Enel: energy for Russia Russia is a key player in the global scenario and the choices made by the authorities in the field of energy policies will determine not only the future of the Russian economy, but will also have impacts on safety and environmental sustainability. by Carlo Tamburi
The present and the future of Russia are intrinsically linked to energy: in 2010, Russia was the largest producer of oil and the leading manufacturer and exporter of natural gas in the world, with an energy consumption that places it immediately behind China, USA, and India. Moreover, in addition to vast reserves of fossil fuels, the country has significant potential in terms of generating hydroelectric power and renewable energy in general, and a fifth of the global forests is concentrated in the Siberian region. Besides the energy sector, the economic prospects are no less interesting. As reported by the World Bank, if measured in terms of Purchasing Power Parity, at this moment Russia is the sixth largest economy in the world, even above the countries that, together with the Russian Federation, make up the block called BRICS. In the past, the increase in global energy prices enabled the country to recover from the decline of the Nineties, recording high growth rates and the expectations, to date, that commodity prices will remain above certain thresholds and support the vision of sustained growth for the country. Given the proximity to the European area, Russia is also
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affected by the crisis in the eurozone: during 2011, the turmoil in the financial sector triggered a flight to safety of capital outside of Russia, influencing the level of CDS (Credit Default Swap) spreads throughout the CIS (Commonwealth of Independent States) region and the worsening of the exchange rate of the ruble. At the industrial level, the European crisis has been felt in terms of reduced exports and a slowdown in industrial production. By virtue of a surrounding environment that is weaker than expected, the prospects for growth have been slightly revised downward, but still remain high, with an expected growth rate of the GDP of around 4%. An important element that will provide an additional boost to the economy is the entrance of Moscow into the World Trade Organization (WTO). After 18 years of negotiations, the inclusion of Russia in the mechanisms of world trade will further stimulate foreign investments in the market of the former Soviet Union. In this historical moment, in which recovery from the crisis is taking place at two speeds, with the developed economies showing very weak growth and the emerging economies, by contrast, exhibiting a substantial rebound and driving global growth, Russia holds strategic importance for a company like Enel, which, since 2005, has been changing from a purely Italian company into a global company and one of the largest utilities in the world. We are proud of our choice and of being among the first foreign investors to enter the Russian market, becoming the first international player with an integrated presence in that country’s energy sector, from the exploration and production of natural gas to its generation and, finally, to sales to end customers. Despite the economic crisis and the significant decline in the demand for energy, Enel has fully complied with the investment commitments entered into with the Russian authorities at the time of its privatization and to date has invested more than four billion euros in the Russian energy
sector, thus becoming the first utility company to complete the agreed investments. On the side of generation, Enel currently owns 56.43% of OGK-5, a company with four power plants in different regions of the country, with a total capacity of 9,027 MW. During 2011, we completed the construction of two new combined cycle (CCGT) units in the plants in Nevinnomysskaya, the plant that will provide electricity for the 2014 Winter Olympics in Sochi, located in the Stavropol region in southern Russia, and Sredneuralskaya in the Sverdlovsk region (Urals), allowing for an additional 800 MW of capacity, and significantly increasing the availability of our systems. In Russia, power generation has a very high average age: our oldest turbine dates back to the 1930s and therefore the priority is to take action to extend the useful life of our power plants and improve efficiency, as well as their environmentalization, with the aim of achieving European levels of efficiency and reducing emissions. Especially in Reftinskaya, the largest coal plant of the entire Russian Federation, which is currently undertaking an ambitious project of modernization and environmentalization of all production units. Upstream in the value chain, at the beginning of 2012, we experienced another key moment in Italian-Russian energy cooperation: SeverEnergia started producing gas from the Samburgskoye deposit in the region of Yamalo-Nenets, the first gas in the world extracted by Enel. Our group holds a 19.6% share of the SeverEnergia consortium, in partnership with Eni, Gazpromneft, and Novatek, a joint venture that won the tender for the acquisition of assets previously held by Yukos, that guarantees its presence in the largest gas field in Siberia. Finally, to ensure its presence in the downstream part of the energy sector, Enel also has a share of 49.5% in RusEnergoSbyt, the third largest independent operator in the sale of electricity, with a share of 5% of the demand of the Russian market. In 2011, RusEnergoSbyt served 187,400
end customers, operating in 59 regions of Russia. One of the strengths of the company is its very strong regional presence, with 49 offices and 10 branches; it also has the Russian Railways (RzhD) among its clients, thus providing an essential contribution to the transport sector of the Russian Federation. The Enel Group, already very satisfied with their current position in Russia, aims at growing even more. Our CEO, Fulvio Conti, reiterated recently in Moscow: “Our next goals are to consolidate what is already existing, to grow through efficiency and expansion with the construction of an integrated platform that can seize all the opportunities of this great market that is Russia.” Conditions favorable to foreign investment have been created in the country since 2000, with the arrival of Vladimir Putin, who, understanding the importance of foreign technology and expertise for the development of Russia, has launched a program of liberalization and modernization of the energy sector. Since then, significant progress has been made and, to date, we can say that the process is almost completed. However, some efforts are still needed in this direction to achieve the objectives and to ensure the flow of investments required to complete this path. At the economic forum in St. Petersburg in June 2012, Enel reiterated its view of what is yet to be accomplished so that the regulatory framework can be considered complete and in line with the standards of the more developed markets. Specifically, it requires consistency in the definition of rules and recommendations that provide clear and unambiguous signals to investors and allow for best defining the investment choices. The predictability and consistency of energy policies, together with the elimination of any discursive factor in the formation of prices, are the basis for the development of the energy system. The investments that we enact are characterized by extreme capital intensity with very long time horizons, and therefore, it is essential that the scenario be consistent over time.
Id in-depth
Italian excellence in Moscow From September 12th until the beginning of 2013, Italy will promote the best of its production in Moscow, with the aim of showing the Russian Federation the ingenuity, technological innovation, and Italian creativity of its high-quality products. by Antonio Zanardi Landi From September 12th until the first days of 2013, as part of an initiative funded by the Prime Minister and the Ministry of Economic Development, we will be promoting and showing the best of Italian products in the Russian Federation, a country and a market that traditionally (and even more so in recent years) has shown that it appreciates our quality products in all sectors and in which our companies have created strategic and successful joint ventures with local partners. The statistics prove it, with 46 billion euros of exchange and an increase in exports from Italy to Russia of more than 33% in 2011. The program for the promotion of “Italian Excellence Today” stands as an ideal continuation of the economic-commercial “Year of Italian Culture and Language in Russia” in 2011 and aims at showing the Russian Federation the ingenuity, technological innovation, and Italian creativity of our high-quality products. We will show the best of our “Made in Italy” products, through which, by their very “excellence,” we want to “recount history;” a history that has made our products known and appreciated throughout the world; a history that has enabled the identification of our country with the concepts of elegance, style, and quality of life. A history of widespread entrepreneurship and dynamics that have led to the industrialization of our country and the creation of productive models such as the industrial districts, studied in the best universities in the world. The initiative, led by a committee chaired by the Secretary of the Presidency of the Council, coordinated
by Professor Giuliano Urbani, and lasting four months from September 12, 2012 to the first days of 2013, features a “kaleidoscope” of initiatives to promote and show Italian excellence in the areas of design, technology, innovation, and high-end industry (through installations, exhibitions, conferences, seminars, but also concerts and cultural events) to the Russian public and “experts.” The program, part of a concerted effort to attract all sectors of our country-system, aims at involving some of the most representative companies in our industrial and economic landscape and, more generally, those that offer an important contribution to the international visibility of Made in Italy products. Companies that are gradually joining institutions, corporations, and trade associations that represent many of the “flagships” of our economy and the world of research and innovation. Building on the success with the public achieved by the initiatives of the “Year of Culture,” also arriving in Moscow are Renaissance masterpieces by famous artists and important works of contemporary art, symbols of Italian creativity over the centuries, as well as artifacts, objects, and installations (also of significant size) to be positioned at key locations in the city. The main location where Italian excellence will be exhibited is the post-industrial complex of Krasny Oktyabr, one of the vibrant centers of Moscow’s social and cultural life, close to the great palace of the Kremlin and the Red Square. Coming to life in this framework is an “Italian space” that from time to time will be home to the events of the festival. We also plan to show, or rather to “offer,” to the city of Moscow real testimonies of the genius and creativity of our companies through installations, equipment, and scale models of great Italian products. The “kickoff” of the event on Sept. 12th has been assigned to the Italian excellence that is one of the best known and most appreciated in the world: Enel, which has agreed to set up a major exhibition entitled “Enel: energia@mondo,” at Krasny Oktyabr, devoted not only to the path of the electrifica-
tion of Italy, but also and above all, to the social changes and developments related to it, that made the economic miracle of the Sixties one of the most remarkable phases in the recent history of our country, laying the groundwork to make our economy one of the most important in the world and ensuring the welfare of the Italian population. The exhibit also presents all the technology Enel is implementing in Italy and throughout the world, for an increasingly sustainable future. And as always, Enel is helping to make the inaugural event of Italian excellence unique, enriching it with cultural significance that transcends the boundaries of our country, with the contemporary art installation of the artists Liesbeth Bik and Jos Van der Pol entitled Are you really sure that a floor can’t also be a ceiling? placed in the area adjacent to the “Italian Space” at Krasny Oktyabr. A large transparent house inhabited by thousands of butterflies, this work of art won the 2010 Enel Contemporanea Award. Also taking place in September on the island of Krasny Oktyabr will be an outdoor exhibition made of transparent boxes containing iconic “Made in Italy” objects of different size, and which will be open to the public until mid-October. Haute couture clothes, cars, motorbikes, shoes, hyper-technological exercise machines, food products, and furnishings can be admired up close by our Russian friends who already appreciate them or those who want to learn about the best of “Made in Italy” for the first time. The event will then continue in the following months with three large thematic events dedicated to some large macro-areas of our quality products: the first one, October 1128, will be dedicated to “Living System,” or furnishings, design, and architecture. The exhibition will be studded with objects that have made Italian design famous worldwide, a “showcase” that serves to illustrate the history, ideas, and key concepts of the Italian lifestyle, past and present, between sophistication and industrial production. The second exhibition, November 7-27, will be devoted to the topic
“Person System,” namely textiles, clothing, footwear, accessories, and jewelry. An opportunity to offer the Russian public testimony of the history of our most prestigious brands and the passion that has made Italian names famous on five continents. Italian style and exclusivity, with reason, are often identified not only with a given sector, that of luxury, but are the real hallmark of the Italian productive system, composed of big brands as well as small artisan actualities of excellence. The last event, from December 5th until the beginning of 2013, will be devoted to technological innovations, opening the curtain upon realities less known to the general public but which, in addition to their “weight” in accounting for many percentage points of our GDP, are often the backbone of entire industrial sectors in Italy and abroad. Ample space will be dedicated to cutting-edge technology and services, the so-called green economy and smart cities, and great topical socio-political issues, as demonstrated by the inspiring principles of the Shanghai Expo (“Better City, Better Life”) and that of Milan (“Feeding the Planet, Energy for Life”). In addition to the initiatives described, there will be many other events, lasting a day or more, dedicated to Italian culture and promoting the food, wine, and tourism of our country.
The “kickoff” of the event on Sept. 12th has been assigned to the Italian excellence that is one of the best known and most appreciated in the world: Enel, which has agreed to set up a major exhibition entitled “Enel: energia@mondo” at Krasny Oktyabr 131
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Id in-depth
Lights and shadows of Russian records The largest country in the world, spanning 11 time zones (there are only four that divide the United States) from the coasts of the Baltic to the Sea of Japan, Russia is a country of many contradictions, of great wealth and great poverty, of the infinite sweetness of its music and the endless horror of its domestic wars and terrorist incidents. An overview of its records, both excellent and negative. by Fabrizio Dragosei
Russia, having survived the dissolution of the USSR of which it was the heart, is still looking for a definite identity, a stable role in the global forum. Are we talking about an energy-exporting country such as Saudi Arabia and other major producers in the Middle East? Or the cradle of great cultural institutions and the home of lofty minds, Nobel Prize winners, and creators of innovative technologies? The old description given by Winston Churchill in 1939 may sound too extreme today: “A riddle wrapped in a mystery that is inside an enigma.” But it is not entirely wrong, because Russia is one thing but also its opposite, and this makes it very difficult to understand the country. Let us start from the natural features that should make for a happy country. It has one third of the gas reserves of the entire world and it ranks first in the world for coal, peat, tin, zinc, titanium, nickel, iron, diamonds, and silver. It ranks second for gold and platinum; it has the largest forests on the planet and the largest reserves of fresh water. So, everything is fine? Absolutely not, and some of the other Russian records give us some initial signs: it is the country that exports the most fighter-bombers in the world and the most small
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and medium-range anti-aircraft vehicles. Not to mention the widespread circulation of Kalashnikov assault rifles, the icon for decades in all war zones. Yes, because often and willingly, still today Russia finds itself in bad or very bad company when it comes to international policies. And inside the country, things are not at all the way these riches could lead you to believe. In Russia, most people do not live well, despite the progress made in the dark years that followed the collapse of the USSR. World statistics rank it 67th in terms of living standards and 62nd as to technological innovation. If we look at the level of the development of rights and political freedom, the country falls to 159th place. And all this, of course, comes at a price that is paid by the unstoppable decrease in the population. The level of suicides is very high (in first place for those among the elderly and very young), as are the levels of divorce, the number of abandoned children, abortions, and murders within the family. With regard to murder, it comes just after Colombia, whereas it again ranks first for the consumption of alcohol and for road accidents. It is a hard life but some people manage to overcome it, even quite successfully. We do
Russia is one thing but also its opposite, and this makes it very difficult to understand the country
Russia, having survived the dissolution of the USSR of which it was the heart, is still looking for a definite identity, a stable role in the global forum
not mean the oligarchs who got rich in the most tumultuous years with systems that would be very difficult to define as entirely lawful. We do not have a worldwide statistic, but as to sudden wealth, Russia need not fear any competition. No, we are speaking of people who have achieved excellence, the real kind, in various fields. Evgenij Kaspersky, for example, is the founder of the homonymous laboratories which are among the world’s leading antivirus producers. A cryptographer, he got his degree from an institute of the KGB. Russian schools are still excellent despite the disasters of past years and so it is here that, yet today, scientists of the highest quality are being turned out. Not to mention the real geniuses, such as the mathematician of St. Petersburg, Grigory Perelman, who managed to prove the hypothesis of the Frenchman Poincaré, one of the unsolved problems of the last millennium. Or the Nobel Prize winners Zhores Alfyorov (semi-conductors in micro-electronics), Alexei Abrikosov (now a US citizen), Vitaly Ginzburg (super-conductivity), Konstantin Novoselov (with both Russian and British citizenship), and Andre Geim (now a Dutch citizen). One of the founders of Google,
Sergey Brin, is Russian (having emigrated at the age of six), as are between 30,000 and 50,000 programmers working in Silicon Valley. That’s right, because among the other “first places” of Russia, we forgot to mention emigration: at least 80,000 scientists left in the Nineties. And the reasons why are the other “firsts” we mentioned at the start. The country of caviar (which it shares with others bordering the Caspian Sea: Iran, Kazakhstan, Azerbaijan, and Turkmenistan) and vodka (which the Poles also claim as theirs) is, luckily, also rich with new talents in many other fields. Ballet brings to mind the great schools that opened in the late eighteenth century, the music by Pyotr Tchaikovsky, the ballet companies of the Bolshoi and the Mariinsky (Kirov in Soviet times), the stars Galina Ulanova and Maya Plisetskaya, Vladimir Vasiliev and Maris Liepa, Rudolf Nureyev and Mikhail Baryshnikov. Today, these institutions still continue to shape international étoiles such as Ulyana Lopatkina, Diana Vishneva, and Svetlana Zakharova. The music schools of piano, violin, and cello that in the Fifties produced Sviatoslav Richter, David Oistrakh, and Mstislav Rostropovich, continue to produce soloists of great fame, such as the pianist Denis Matsuev. The Moscow Conservatory is still a highly respected institution and the school of orchestra conductors keeps Russian prestige high: after the deaths of the great Yevgeny Svetlanov and Kirill Kondrashin, now is the time of Valery Gergiev, 59, artistic director of the Mariinsky, who has revived the glory of the former Imperial Theatre of St. Petersburg. The Ossetian musician, a Grand Officer of the Order for merits of the Italian Republic, and an official of the Legion of Honor of France, has been educating great contemporary voices such as the famous mezzo-soprano Olga Borodina, who has appeared many times at La Scala, the beautiful and brilliant soprano Anna Netrebko, and the baritone Dmitri Khvorostovsky, 49, a talented Siberian from Krasnoyarsk.
And there are also sports, which were so important under Communism (in the USSR and even more so in the GDR) and which, in the Nineties, seemed destined to record the disappearance of Russia from the world scene. Many young people, and especially many girls, threw themselves into tennis, favored by President Boris Yeltsin, who practiced it assiduously (up to a certain age). The results have been seen in these years and can still be seen, with one name in particular, Maria Sharapova, the highest-paid athlete in the world, whose victory at Roland Garros won her first place in the world rankings (she then lost the ranking to Serena Williams at Wimbledon). But the revival has also showed up in many other disciplines, from gymnastics to synchronized swimming. Russian women continue to be very strong in the jumping events, the discus, the hammer, and the javelin. One name for all: Yelena Isinbayeva, 30, twice Olympic champion, 28 world records in the pole vault, who participated in the Olympic Games for her last time in London. The women continue to excel in rhythmic gymnastics, under the guidance of the coach Irina Viner, wife of the millionaire Alisher Usmanov. The winner in 2004 was Alina Kabaeva, indicated by the media as President Vladimir Putin’s lover. Since the time of Peter the Great, the Russians have had no scruples about using foreign experts when they think they need to improve in a specific field. Italian architects made the Kremlin and St. Petersburg what they are. Today, it seems that Russia has decided to appeal to the Italians regarding soccer, given the successes of Luciano Spalletti, who has led the Zenit team of St Petersburg to win the Russian league twice (and is now preparing for next season’s Champions League). The national team did not deliver the expected results at the latest European championship and so the Kremlin has seen fit to turn to another Italian, Fabio Capello, in view of the world championship in 2014 in Brazil.
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Id in-depth
The battle of luxury After having outclassed the Arab sheikhs in international purchases of luxury goods, now the battle between the Russian oligarchs aims at setting records: having acquired the acquirable, the hunt is on for the exception, who pays more, who earns more headlines for their latest sensational shopping spree. Here are the latest follies of Rybolovlev, Abramovich, Usmanov, Melnichenko ... by Anna Zafesova The most luxurious house in the world. The most expensive yacht in history. The richest collection of vintage cars. Diamonds, paintings, watches, villas, famous chefs, personal theaters, millions paid to pop stars for a private evening concert, soccer teams, and private islands, all unique, exclusive, the most expensive and luxurious of what exists out there. That the rich Russians have now overtaken the Arab sheiks in the rankings of the preferred customers of international luxury is known even to all the hoteliers and jewelers in the world. The battle between the Russian oligarchs aims at setting records: having acquired the acquirable,
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the hunt is on for the exception, who pays more, who earns more headlines for their latest sensational shopping spree. The most recent champion is the forty-five-year-old fertilizer mogul Dmitry Rybolovlev, who a few months ago bought the world’s most expensive penthouse for his daughter Ekaterina, a blonde in her early twenties who is fond of equitation: $88 million for an apartment in Manhattan. The more than 600 square meters at 15 Central Park West contain an unknown number of bedrooms, bathrooms, living rooms, terraces, and fireplaces, as well as custom-made furniture and works of contemporary art. The
student plans on using the house as a “base” for when she is in New York, but so far she has never set foot in the apartment – which previously belonged to a director of Citigroup, who sold it for twice what he had paid for it - because her mother, Elena, who has been trying for four years to put the brakes on her husband’s shopping, got into the act, demanding to get her hands on half of his assets of almost $10 billion. Ekaterina does not seem troubled by the setback: at her disposal, in addition to the family residences in Monaco and Geneva, there is her father’s villa in Florida, the Maison de l’Amitié, bought from Donald Trump for $100 million.
Those who cannot yet afford these luxuries invade the high-fashion Italian and French boutiques in Moscow (usually the most profitable for the big names) or rent villas in Versilia and Sardinia
In both cases, Rybolovlev managed to beat the record for the highest price ever paid (before Ekaterina’s penthouse, the most expensive house in New York was the mansion of Bernie Ecclestone’s daughter, $85 million but double the square footage). A formidable competitor for the title of historic leader of the classifications of luxury and extravagance, for years Roman Abramovich has been accustomed to being the biggest spender. He still retains a series of enviable records, starting with his yacht Eclipse, which according to some sources cost up to a billion dollars and is equipped with swimming pools, helicopters, and a plasma screen in every cabin, not to mention an anti-paparazzi laser system and a mini-submarine for an eventual escape. But his plane, a Boeing 767, has already been overshadowed by the Airbus A340, considered to be the largest private jet in Europe, owned by metals magnate Alisher Usmanov, who distinguished himself recently with his more modest but very elegant yacht, Dilibar, named in honor of the mother of the oligarch from Uzbekistan. Abramovich has competitors on his heels also with regard to houses. His spectacular real estate property - consisting of an 18th-century mansion in Kensington, a spectacular glassand-technology ranch in Aspen, and a chateau in Cap d’Antibes, the Chateau de la Croë, famous as a haven of Edward VIII and Wallis Simpson but renovated by the oligarch for $50 million - has been challenged by Usmanov’s recent purchases: Beechwood House, a Victorian mansion in London, bought for $77 million and now being equipped with an underground swimming pool in the style of the Roman baths, and a Tudor-era estate given by King Henry VIII to one of his loyalists. But even in Russia itself, there are considerable real estate gems, such as the “Palace of Ekaterina,” a small copy of the Empress’, a (false) Baroque jewel of gold and marble that cost the owner of the oil terminal in St. Petersburg, Sergey Vasiliev, about 40,000 euros per square meter.
A breathtaking collection, which is also being repeated in miniature - and not even all that small - by the less wealthy and powerful Russians, who, however, with the appearance of the first money in their pockets, are trying to strike the imagination of their neighbors. The dachas on Rublevka, the road outside Moscow historically inhabited by the powerful, conceal living room floors of Italian marble, dining rooms decorated with hand-woven brocade with the unlikely monograms of the owners, Baroque theaters, jeweled rooms for the ladies, Turkish baths copied from the halls of the Alhambra, and garages crammed with Bentleys and Maybachs. Those who cannot yet afford these luxuries invade the high-fashion Italian and French boutiques in Moscow (usually the most profitable for the big names) or rent villas in Versilia and Sardinia, attracting some grumbling behind their backs from the scandalized native residents, annoyed by the noise produced by the Russians’ parties and by their bad taste. But the combination of “oligarch-boor” is no longer valid. The new yacht of the young banker Alexey Melnichenko – who became famous after transporting a Russian country church from Russia to his villa on the Cote d’Azur for his marriage to a Serbian model – was designed by Philippe Starck and would be the envy of the finest villains in a James Bond thriller. From purchasing soccer players, Abramovich went on to purchasing paintings, and in addition, financing - to the delight of his girlfriend Dasha Zhukova - two centers of contemporary art in Moscow, buying works of art by Francis Bacon and Lucien Freud. In the meantime, Usmanov redeemed himself by paying $35 million at Sotheby’s for the entire art collection of the cellist Mstislav Rostropovich, to bring it back into the homeland, and then gave the Russian children the rights to Soviet cartoons, which at some point had ended up in the middle of a convoluted dispute. Oilman Viktor Vekselberg has done the same for a collection of Fabergé
eggs that belonged to the Tsar. The nickel magnate Vladimir Potanin is sponsoring scholarships for students from the provinces. And then, before judging the Russian rich for their poor taste, just remember where they came from. Roman Abramovich was an orphan in an industrial city in the far north of Russia, and for a Jewish orphan of the Soviet provinces to win the Champions League with Chelsea is a story which makes Cinderella pale in comparison. But even his less fortunate fellow-oligarchs all come from the same past: the poor, squalid, ugly Soviet world where butter and soap were rationed; where there were queues for hours, for no matter what; where they lived in family groups in the same apartment, sharing the bathroom and kitchen; and where the standard for luxury consisted of a pair of nylon stockings or a badly cloned ‘60s Fiat car. The apartments and dachas of Brezhnev, one of the most powerful men on Earth, were something - with a bit more imagination - that any dentist in a provincial town in America or Europe could afford. Perhaps it was best recounted by Natan Dubovizky, the mysterious author of the novel Close to Zero that caused a sensation in Moscow’s intellectual circles some years ago, especially since the rumor spread that the real father of the book was Vyacheslav Surkov, the enigmatic and sulfurous spin doctor of Putin. Its protagonist, Yegor, is rich, cynical, powerful, and manipulative; he buys journalists, corrupts rulers, manages intrigues, and, of course, consumes only the best. And even though he tries to black it out, he remembers his past, his adolescence in a cramped little room in a barracks on the urban outskirts, always wearing the same plaid shirt because he did not have another one: “The most terrible thing that we expect from the future is the return of the past, pale and miserable, abandoned to oblivion almost as a betrayal... And that’s why we run, dodging the memories, not knowing what will come, so long as the past never comes back.”
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Co contexts
A future that is increasingly “rosy” Russian entrepreneurship, with only twenty years of experience in equal opportunities, is further behind Western countries. But if in the European Union, the “pink” quota is only 13.7% of the seats on the boards of large companies, in Russia the corresponding figure is 7%, but it is evolving: in one year, 21% of the positions of CEOs at stake was given to women, compared to 13% recorded the previous year. A journey among the most famous and brilliant Russian women entrepreneurs. by Antonella Scott
Whether young or old, elegant or grungy, it makes no difference: almost all of them are holding a bouquet of flowers. Anyone out walking in Russia on March 8th might think that no other country in the world has so much respect for its women. But the next day, everything returns to normal and normalcy in the business world is still made up of barriers of prejudice and the intent to curb the presence of women in positions of command. The history of Russian entrepreneurship, however, has only twenty years of experience and this is one reason why it is further behind Western countries on the issue of equal opportunities. Not too much though, upon closer look: if in the European Union - as written in “The Economist” last March – the “pink” quota is only 13.7% of the seats on the boards of large companies, in Russia the corresponding figure is 7%, but it is evolving. According to research by PriceWaterhouse-
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Cooper on career opportunities in Russia, published in March 2012, in one year 21% of the positions of CEOs at stake was given to women, compared to 13% recorded the previous year. In addition, as noted by Elena Panfilova, director general of Transparency International Russia, taking into consideration less visible but equally crucial positions for companies - CFOs, legal or accounting managers - half of these are in the hands of women and the trend is growing. The “club of oligarchs” is getting bigger. Earlier this year, the Echo of Moscow radio station, the agencies Interfax and Ria Novosti, and the weekly magazine “Ogonjok” got together to compile a list of the 100 most influential women in Russia: a way to learn more about the 24 managers tucked among actresses, writers, journalists, or stars such as Ksenia Sobchak or Alla Pugacheva, the Russian pop idol, who is second in the ratings behind Valentina Matvienko, the speaker in the upper house of the Russian parliament. Women in business have to be smart: a Russian woman now holding a position as a top manager, in most cases, has made her way by facing a double challenge, anticipating and preparing to enter the “male” world of business when this, in Soviet times, had yet to develop, also on the basis of the free market. For example, some time ago, a friend of mine who is an executive in a large multinational company told me about her years of study in St. Petersburg, then Leningrad, and her indecision about the choices to be made. It was the wisdom of a professor to sense the change and advised her: “Continue with business and management. Things are changing, that is the way of the future.” The story of Bella Zlatkis, 63, the queen of the Russian managers, started from similar advice, even more far-seeing because farther back in time. She had wanted to study physics, but her parents convinced her to choose economics. Today, Bella – with a husband who still has a hard time accepting the idea of not seeing her in the garden plant-
ing vegetables to be preserved - is the vice president of Sberbank, and was among the founders of the MICEX, the Moscow Stock Exchange. Before moving to the country’s largest state bank, in 2004, Bella Zlatkis worked for 34 years at the Ministry of Finance, having started there in 1970 when the transition from the Soviet Union to Russia was taking place. With her role of deputy minister, she lived through the terrible days of the 1998 financial crisis and was a protagonist in the negotiations for the restructuring of debt which Russia was forced to undergo after the default. Until recently, when speaking of the great Russian entrepreneurs, the first name was necessarily that of Elena Baturina, 49, the wife of the former Mayor of Moscow, Yuri Luzhkov. Not exactly a role model, despite the fact that Ms. Baturina has managed to create an empire in the world of business, starting out in a factory, then on to producing plastic basins, to become the third richest woman in the world, according to the “Forbes” rankings. But in the 18 years that her husband was managing the real estate explosion of Moscow, the business of Elena Baturina was also booming, to the tune of maxi-contracts upon which heavy shadows weigh. Today, the couple lives in exile in Britain: Luzhkov was ousted from power in 2010 by Dmitry Medvedev, and she was forced to sell her company, Inteko, but has worked on replacing it with other activities around the world. A Moscow court summoned Ms. Baturina as a witness in a corruption case, assuming her involvement in the misappropriation of $415,000,000: a loan granted to Inteko by the Bank of Moscow, half held by the Municipality. A sad homecoming, therefore, for the former first lady of Moscow, in decline as is her fortune, which according to “Forbes” has now dropped to “only” 1.1 billion dollars, placing her in 1,075th place among the billionaires on the planet. Elena Baturina is certainly not the only woman manager to have made her way in the wake of a husband or influential partner.
The history of Russian entrepreneurship, however, has only twenty years of experience and this is one reason why it is further behind Western countries on the issue of equal opportunities
With a last name that alone is enough to enter into the same category, Polina Deripaska, 32, is the wife of the king of aluminum, Oleg: beautiful and with a degree in management, she is the president of the publishing house Forward Media Group. But they say that even though it was entrusted to her by her husband as a prestigious birthday gift, she herself thought of how to revitalize a hitherto little-known group, widening its range of publications and experimenting with new social networking sites. Moreover, the most important contribution to the success of the couple was also hers: Polina’s father is Valentin Yumashev, a journalist whose second marriage was to Tatiana Djachenko, the daughter of Boris Yeltsin, a key factor for introducing Oleg into the clan of the first Russian president. The inner circle of the first great oligarchs. Oleg and Polina met at the home of the most famous among them, Roman Abramovich, now the husband of another example of an entrepreneur blessed with good fortune but who is certainly deserving of it: Daria Zhukova, 29, the soul of a contemporary art gallery, Garazh, which has become one of the most interesting in the cultural life of Moscow. Like her, owing a lot to her husband Aleksandr’s position, is Olga, 45, who since 2001 has been the CEO of an airline, Transaero, which has become famous among the major large private Russian companies, and is now making its debut in Italy alongside Aeroflot. Being the wife of the founder, Aleksandr Pleshakov, has not prevented Olga from having to endure stereotypes such as those she once told to “Forbes:” superstitious pilots who preferred to not have female colleagues on their team. Her best response was to help make Transaero become the second Russian airline. Among the 100 most influential women in Russia, in 39th place is Olga Dergunova, 47, but, for a hair’s breadth, we can no longer consider her among the managers: going in the opposite direction to that of Bella Zlatkis, Olga has landed in the world of poli-
tics these days, after giving birth to Microsoft Russia and more in general, to the Russian computer industry. In 2007, after 15 years with Microsoft, Ms. Dergunova passed to the board of VTB, one of the major Russian banks. For the “Wall Street Journal,” she was among the 25 most influential businesswomen in Europe. On July 5th came another great leap forward: Medvedev, now Prime Minister, appointed Olga the Deputy of Economic Development and Director of the Federal Agency for the management of public property, thus responsible for the implementation of privatization, a crucial juncture of the economic policy of the new government. The last story is about Natalia Kasperskaya, 46, and it is important because it is intertwined with a name that represents the highest level of hope for “Made in Russia” around the world: Kaspersky Lab, one of the leading global manufacturers of anti-virus software. The creator here is Evgheny, the former husband of Natalia and a genius in the fight against cyber-terrorism. The managerial mind that has driven the family business, however, is Natalia’s, who remained as president even after their divorce, and at the same time, is the CEO of the Kaspersky Lab’s “sister” company, InfoWatch (software for the monitoring, analysis, and secure storage of data). Natalia, the second richest woman in Russia, is, of course, one of the still very few. Not only because it is not enough to be competent, in a world still unwilling to leave room for the other sex. Maybe what counts, even at the highest levels, is also the fact that for a woman, the rules of the game are different and there are different priorities: “I am very sweet, of course,” said Polina Deripaska recently, comparing herself to her husband in an interview with the newspaper “Vedomosti.” “And no matter what happens to my business, my family, my parents, and my children will still come first. I am perpetually in a race against time, but with age, some priorities become more and more evident.”
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Sc scenarios
From Russia, with foresight The ambition of the visionaries of the Russian digital elite is the same as their Western counterparts: move quickly and change things radically. Through their work and experiments (also controversial), visionaries such as Yuri Milner and Pavel Durov appear to want to affirm the absence of a substantial difference between the codes that govern software and those that govern society and the economy. by Luca Morena
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While Mark Zuckerberg “forgot” to leave a tip in a restaurant in Rome during his low-profile honeymoon in the spring of 2012, thus further fueling the already extensive literature on his stinginess, almost simultaneously, his Russian counterpart, Pavel Durov - the 27-year-old millionaire and founder of Vkontakte, the most popular social network in Russia (120 million users) did exactly the opposite: he had fun making airplanes out of 5,000-ruble banknotes and throwing them to incredulous passersby from the window of his offices in downtown St. Petersburg. Faced with the angry reactions of the Russian media – in no time at all, in fact, the passersby started fighting over the money that literally rained from the sky –, Durov defended himself by saying that it was a harmless “experiment” to create a ‘”joyous atmosphere” on the feast day of the city. This is not an innocent explanation, nor an embarrassed justification of a reckless gesture. Rather, it is, in short and quite frankly, a real program of social transformation common to most of the global digital elite.
Apart from their different relationships with money, Zuckerberg and Durov (and many others, from Google’s founders to Jack Dorsey of Twitter) share an identical vision: that social reality can be the object of continuous experimenting through the design of collective behavior, whether it be a matter of applications that encourage the frictionless (i.e., unobstructed) sharing of their private life, or simply the launching of banknotes from the window. In computer terms, for these visionaries, society is in a constant beta state: to be manipulated according to necessity and intuition - problematic and inevitably paternalistic – as to what is best for the community. So it is not surprising that Durov has also proposed a real political economic manifesto (consisting of 10 aims) for a radical renewal of the Russian society and economy of the twenty-first century, which would make the country a leader in information technology. There are 10 separate proposals but they share a single refrain: the demand for liberation from limits and con-
straints - legal, fiscal, economic, territorial. Social reality is fully malleable only when the visionaries have room to maneuver, when the economic and technological experimentation are (sufficiently) free. The alternative, otherwise, is perfectly summed up by Zuckerberg’s crude hacker philosophy: move fast and break things. Durov’s hyper-libertarian program is not far-fetched, but rather, takes into account the “fundamentals” of the Russian economy that can no longer be ignored. It may surprise those who are uninformed about the new geography of global technology development, but Russia is already in the circle of the leaders in the development of information technologies and the economy which is connected to them. Russia can already count on Europe’s largest Internet market, after exceeding Germany in the total number of users in September 2011. According to a study by the research institute GP Bullhound, 47% of Russia’s population, about 67 million people, has access to the Internet, with a growth rate in 2011 that was more
47% of Russia’s population, about 67 million people, has access to the Internet, with a growth rate in 2011 that was more than double the Italian one
than double the Italian one. The mobile phone penetration is also among the highest in the world (at 159%) and mobile Internet users have nearly doubled in the last three years. Yandex, a search engine, and Mail.ru, an e-mail service, are two of the largest Internet companies in Europe, without forgetting that the services best known to Western users - applications such as Evernote and Parallels - have their roots in Russian territory. And then there is Yuri Milner. When in March 2009, the semiunknown (in the West) Russian investment fund Digital Sky Technologies, through the good offices of Goldman Sachs, acquired an investment in Facebook valued at $200 million, Silicon Valley had to face - literally - an agent of change that was unexpected - and, in some ways, puzzling – in the figure of Milner, who is the founder of DST and its strategic mind. A Muscovite, the son of Jewish intellectuals, Milner is the quintessential tech visionary of our times: he sees the possibility of building
a global mind in the diffusion of social technologies (a conviction that he also explained to the leaders of the G8 nations), and his investments in the most important social media appear more as a means to make this vision real - giving almost unlimited trust to the entrepreneurs who have created them – than, as would be normal, just a way to maximize his earnings. Even the investment in Facebook by DST is, in a sense, due to the same aversion to the constraints so well expressed by Durov’s manifesto: on the one hand, it is the affirmation of a powerful liberation from the operating constraints of a geographical nature (DST is the largest sized foreign investor in Facebook), topped with the sweet taste of a credit in Silicon Valley, achieved as much by a vision as with the almost physical power of money. On the other, the entry of DST in Facebook marked a controversial “first time” in relations between investors and entrepreneurs in Silicon Valley: in fact, the deal does not contemplate the typical constraints of venture capital investments (preferences of
various kinds and requests for roles on the Board), typically unfavorable to entrepreneurs, so that some investors from the Bay Area did not hesitate to wonder – maliciously – if Milner had been informed of the basics of venture capital (having then purchased a $100 million mansion in Los Altos Hills – a move that was not exactly in the style of the Californian digital elite – which probably helped to make the judgments about him even less kind). Milner’s irruption into Silicon Valley is not limited to Facebook, but has spread to other giants such as Groupon, Zynga, and Spotify. Those same Californian digital circles that did not appreciate the disordered novelty of the investment model developed by Milner, after the public placement of Facebook and the contextual success in the sale of DST shares, could not help but notice its effectiveness and foresight. Milner also refined his strategy of conquest of Silicon Valley with an unprecedented investment scheme: to offer $150,000 to every startup being launched that is affiliated with the prestig-
ious incubator Y Combinator. Thus, the visions of Milner and Durov could not help but find common ground and that is how their collaboration has recently given rise to the initiative Start Fellows (www.milnerdurov.com), the scouting and financing of innovation projects in Russia, based on the Y Combinator model. Through their work and experiments (also controversial), visionaries such as Milner and Durov - just like their Western analogs - appear to want to affirm the absence of a substantial difference between the codes that govern software and those that govern society and the economy. In both cases, it is a matter of investing in the right direction, implementing the rules and more efficient algorithms, and giving a new layout to the reality that surrounds us. Provided that, as fortunately often happens, reality (society, democratic institutions, supervisory authorities), unlike software, does not object and request the accounting and justification of the visions that should, for better or for worse, inform its future.
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Id in-depth
Skolkovo: innovation has taken off The modernization of the new Russia passes by way of Skolkovo, a world-class innovation center where there will be a giant technology park with research and development laboratories and the Skoltech Institute of Science and Technology. by Viktor Vekselberg
On June 21st, at the solemn ceremony held as part of the international economic forum in St. Petersburg, I gave the glass brick, a symbol of Skolkovo, to the technology company that had become the 500th member of our project. For me and all my colleagues and comrades-in-ideas, this was a happy and memorable event, a milestone in the history, so far rather brief, of the Skolkovo Fund. I will try to explain why. Originally the word “Skolkovo” indicated the name of a village located near the suburbs of Moscow. Today, instead, it has become synonymous with the modernization of Russia. In fact, not far from this village made up of less than 400 souls will be the Skolkovo Innovation Center which, I am absolutely convinced, promises to play a key role in the achievement of the development strategy of Russia. Two years ago, the Russian government entrusted the Skolkovo Fund with the task of creating a worldclass innovation center, which will create the maximum favorable conditions for the development and marketing of the highest technology, which will pass very quickly from the stage of being useful to scientific conception to that of its market launch. That is why we have chosen to build Skolkovo, the city of innovation, where there will be a giant technology park with research and development laboratories to be used by the corporate members of the project and a business incubator in which scientists and representatives of the business world will work side by side. One of the key elements of the innovation center will be the institute of science and technology, Skoltech, in
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collaboration with MIT in Boston. Among other things, Skoltech - whose president is an MIT professor, the famous American academic Edward Krawley - has already announced the first selection of students and will begin lessons starting in September of this year. By 2020, there will be 1,200 students and 400 teachers, professors, and researchers working at Skoltech. This institute is a kind of research university that has not yet become very widespread in Russia, in which both the students and the professors and lecturers are involved not only in the teaching process but are also actively engaged in applied scientific research. In our case, they will work in close synergy with the start-up businesses of Skolkovo. Within Skoltech, there will be 15 laboratories and centers of research and development where new technologies will be developed. Their progress and commercialization will be part of the innovative activity of Skolkovo, nurturing them and providing a competent staff. The five teaching programs of the university coincide with the five fields of work identified as a priority for the center of innovation: more specifically, these are information technology, bio-medicine, energy efficiency, the cosmic and nuclear. From my point of view, our main mission is the creation and updating of tools that provide an atmosphere of creation and scientific research, along with the desire for the achievement of high business results. The means is composed of several elements. The business start-ups or larger technology companies which are part of our project should form a united team that is compact and designed to develop promising technologies with enthusiasm. We have a duty to ensure the most favorable conditions for their work. Corporate members of Skolkovo have been granted scholarships for research, the amount of which depends on the level of technological development and can be up to $10 million. They also are entitled to tax relief: 10 years of exemption from profits tax, VAT, and property tax, and they can pay their insurance premiums at a rate of 14% instead of the normal one of 30%. In addition, corporate members can import the equip-
ment necessary for their work from abroad with virtually no duties and take advantage of legal and consulting services provided by the Fund. Finally, all corporate members will be located in the city of Skolkovo, currently under construction, in which, in addition to items related to the activity of scientific research and teaching such as the technology park, the university, and offices, there will be houses, cinemas and theaters, conference rooms, schools, hospitals, wand sports facilities. The city, with about 30,000 inhabitants, will be built according to the strictest environmental standards with the use of modern building codes and architectural solutions. In essence, the most favorable conditions will be created for the work and recreation of all the inhabitants. The completion of the first phase of construction of the city and the beginning of its urbanization will occur in 2014, but the Skolkovo project is already operational. For the time being, almost all the technology companies participating in the project are taking advantage of scholarships and enjoying other benefits and advantages, continuing to work at their offices, scientific research institutes, universities, and scientific production associations in Moscow, St. Petersburg, Novosibirsk, and other Russian cities. I wish to emphasize the fact that we have an unprecedented task for Russia: to create a huge innovation center from scratch that brings together hundreds of very promising innovative technologies and ensures their development and marketing. The Skolkovo Fund has been assigned to make the leap, no less, in the innovative development of Russia. The accomplishment of a task of such magnitude, one that has never been achieved before by anyone, is always, in a sense, the way to the unknown, and those who participate in it may doubt if it really is possible to achieve it. The results of the Fund’s work last year and the recent acquisition in our ranks of 500 members of our project have instilled in me the conviction that we will succeed. The innovation center has already been working at full speed for 3-4 years, and these trends that are apparent even now are extremely encouraging.
In 2011, private investors put $150 million into our technology projects and this year the amount will be at least double that
The number of start-ups and technology companies that are developing innovative projects in Skolkovo has already reached 500, a number that far exceeds what we had budgeted. Among other things, for their selection, 10,000 applications have been examined. They keep on coming in, with an average of 50 per week, and their number is a growing cascade. In this way, we have received the answer to one of the questions that bothered us when the project started: Russia, which has always distinguished itself for its high level of development of science, has preserved its scientifictechnical potential and we have plenty to work with. Another optimistic conclusion that can be made, based on the results of last year and the first half of the current year, relates to investments. In 2011, private investors put $150 million into our technology projects and this year the amount will be at least double that. Among other things, Skolkovo has signed an agreement with 40 companies and venture capital funds for a total of $511 million. Taking into account
the time of crisis, the risks related to business investments, in general, and the fact that, for the moment, we have just started to run our business, it is quite a large figure, which substantially exceeds our original plans. It means that professionals highly esteem the good prospects developed through our technologies and are ready to invest in them. Based on these dynamics, in 5-7 years, we expect to completely give up state funding and establish the budget of the innovative center by relying on outside investments. And again I emphasize where we started from. Our 500th member is an Israeli company, or rather, its subsidiary is registered in Russia. This can be seen as a symbol of successful international collaboration developed from the bottom up, on which I would like to dwell. It is known that the effects of the crisis on the world economy are growing. In addition, the anti-crisis measures taken, in the best of cases, offer short-term solutions to the problems. The medium- and long-term solutions are related to the need for a drastic increase in
labor productivity and this can be achieved only through innovative development. But this creates a vicious circle: in conditions of crisis and budget deficit of the State related to the latter, even the developed countries with economic relations are not able to allocate large resources for the development of scientific research, which, in turn, causes more and more expense. Precisely for this reason, today more than ever, the technical scientific process requires a synergy of international cooperation. International cooperation in innovation has a special meaning for Skolkovo. For the creation of a world-class center of innovation, we are deeply in need of foreign experience and must actively attract foreign partners. The cooperation takes place on several levels. Researchers, universities, scientific research centers, and technology companies abroad are cooperating with us in the development of technologies. National venture capital firms are investing in our technology projects. Finally, big business is also relying on the success of Skolkovo. There are now over 20 companies for international equities on the list of the key partners of the Fund, including Siemens, IBM, Nokia, Ericsson, EADS, GE, Microsoft, Johnson & Johnson, and many others. Most of these are coming together in Skolkovo to open their centers of research and business development and have already signed agreements with the Fund for a total of $700 million. Cooperation with international corporations spontaneously integrates our project in a pioneering world and links it with the products and services created by the global players. These arrive in Skolkovo with their experience, as well as with their knowledge of markets and sales channels for products that have already been set up. For their part, in such a cooperation, our key partners see a chance to take advantage of Russian intellectual resources to create innovative technologies, a shortcut and a safe way to a large Russian market, as well as the ability to obtain tax relief and other facilitations. Unfortunately, there are still no Italian companies on Skolkovo’s list of key partners. But I am convinced that it is only a matter of time.
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oxygen | 17 — 09.2012
Co contexts
FROM MOSCOW TO VLADIVOSTOK: A TRIP AMONG YOUNG RUSSIANS A portrait of the first post-Soviet generation 20 years after the collapse of the USSR: patriots and liberals, dissidents and fashionistas, web enthusiasts and pro-Europeans, amidst Russian pride and globalization. From political apathy to commitment, from atheism to the faith of their fathers. Free as never before, past the fear of power. by Lucia Sgueglia
Individualistic, pleasure-seeking, uninhibited, pragmatic, materialistic, even cynical. Conservatives and nationalists, allergic to politics, socially apathetic and passive. But at the same time, free as never before: to travel abroad and surf the web. Their main desires are for wealth, career, money, and success, followed by family, love, and friendship. And again: addicted to alcohol, drugs, and promiscuous sex, violent and racist, amoral as in the 2008 film of the baby-director Valeriya Guy Germanika, They will all die except me. This is the picture that has long been painted of the “Putin Generation,” young Russians in their twenties who, unlike their predecessors - the idealistic “sons of the perestroika” in their thirties – have never even smelled the breath of the Soviet Union. Born when the country of their parents was dying, too young at the time of the capitalist chaos of the Nineties, they grew up in the “zeros,” the 2000 years of the economic boom in Russian fueled by oil and the rise of the new middle class, which preferred “sausages to democracy.” All true. But in the last year, young Russians have surprised the world, shifting from disengagement to political activism, from conformity to the opposition, in the blink of an eye. At least in Moscow. Where last winter, thousands took to the streets to protest against the current system - the same Father who has fed them - and to ask for more democracy and rights and a free
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press. University students, trendy hipsters, “office plankton,” creative geeks, and even high school students: from flash-mobs to occupy sit-ins, in the big cities, dissidence is now in fashion. Young people who are globalized and similar to their peers from around the world in tastes and habits, who are no longer marginal like the radical “subcultures” – anti-fascists, skinheads, and NationalistBolsheviks - who had monopolized the plaza in the last decade. Such as Vera Kichanova, born in 1991, with a pageboy haircut and vintage sunglasses, her iPhone and tablet always in hand. A journalism student in Moscow, she became famous in October 2011 when, with her friends, she welcomed the former President Medvedev on a visit to her faculty department with a sign: “Why are you sitting in the Kremlin and Mikhail Khodorkovsky is in jail?” She was arrested by the police. But she was not frightened, and shortly thereafter, at the age of 22, she was elected deputy in the parliament of her neighborhood. The sign of a new generation in which the atavistic fear of power is gone and which believes that things can be changed from below. On Twitter, which has thousands of followers, she presents herself like this: “I write for various newspapers, I’m in the libertarian party, I travel, I rock the boat (a reference to Putin’s warning to the dissidents that they not stir up trouble) and disturb the passage of persons” (in the demonstrations). In short, “one who doesn’t care,” quoting the motto of Rain TV, the station preferred by urban youth. Who no longer get their information via TV, the main propaganda vehicle of power, but on the Internet: penetration has rocketed from 5% to 43% in 10 years, a world record for hours spent on the social networks, a blogging boom. A seventeen-year-old Russian is the creator of Chat Roulette, with 150 million users daily worldwide. But you only need to move 300 km away to discover another world. The provinces of a vast country, often the most backward and poor. This is where 19-year-old Sveta Kurytsina comes from, known to all as “Sveta of Ivanovo:” a member of Nashi (Ours), the patriotic youth
group created in 2005 to support the Kremlin against the danger of an “orange revolution” in Russia. 300,000 teenagers are part of the network of pro-government organizations: according to detractors, they are hired and without ideals. Each year they meet in a “patriotic” camp on Lake Seliger. In December, with the first protests, Sveta, along with thousands of teenagers from all over Russia, was sent to the center of Moscow to fight Vera and opponents like her with massive displays of counterpropaganda. “Thanks to Putin and his party, Russia has improved,” said Sveta to a reporter, “and we have begun to dress more better.” The ungrammatical video made her the laughing stock of the web. Now she has had her revenge on the city snobs: with a TV show all her own, which relies on the provincial freshness, a symbol of the “real Russia.” Record audiences for the first broadcast. Her mother earns $200 a month, her father a bit more, but at least, she says, now he gets his salary on time, not like in the Nineties when, with the Liberal government, “they waited
for months and did not even have money for groceries. Now parents can buy their children expensive phones, and not on credit. Some eighteen-year-olds even have cars.” Stability as a value, and the dream of getting married soon: by the age of 30, many Russians have already been through a divorce, but they also occupy important work positions, directing newspapers and art galleries. For Sveta and her peers in the remote Russian regions, militancy in Nashi is primarily a social elevator: they hope to be given a permanent job by the bureaucrats or government officials in the capital. So, in a country that is increasingly aging, in the throes of a dramatic demographic crisis, the media and the powers that be have no qualms about co-opting young fans as direct agents of propaganda. What do Sveta and Vera have in common? Not much. Like all their peers, they spend hours a day on VKontakte, the popular Russian Facebook. They eat at McDonald’s, which costs very little here; they adore their grandparents, veterans
of World War II. Many are nostalgic about the USSR and mythicize Stalin, stated a survey of 2011, as a “symbol of non-conformity, order, and social justice.” Despite never having lived under the dictator: ideas breathed within the family circle. They call themselves believers, but they are independent in terms of morality, “patriots,” yet they would do anything to avoid military service. Idols? At the top of the list, singers and soccer players: the romantic pop star Zemphira, the rappers Basta and Noize MC, and now, the punk protesters Pussy Riot (extremely young, on trial for having sung against Putin at the Cathedral of Moscow), Michael Jackson, and Lady Gaga. The top goal scorer Arshavin, tennis champion Sharapova, and Yuri Gagarin, the sole surviving Soviet hero. They admire businessmen and billionaires, even the convict Khodorkovsky. Putin? In a survey by FOM (Fund of public opinion) in 2010, only 1% of respondents between the age of 18 and 30 named him among the idols mentioned. But he is still very popular among
young people, although more for his past achievements than for the future - and “there is no alternative,” many answer. They watch Dom 2, the Russian version of the reality show Big Brother, but also the American shows The Simpsons and South Park. They go crazy for Hollywood blockbusters, but Russian movies and music follow closely. They read Viktor Pelevin and Boris Akunin, science fiction by the Strugatsky brothers and Sergei Lukjanenko, and Tolkien fantasies. They adore manga and animé: the Japanese cult is very strong in Russia, but always elaborated in a local version. And more and more, according to a survey in June 2012, they dream of emigrating abroad. America? No, more likely Europe: Germany, England, France, and Switzerland. Or some Asian paradise, from Goa on. Toward the USA, the great icon of their older siblings, they feel a mixture of fear and attraction. A reflection of the official rhetoric that sees globalization not as a cultural phenomenon but as a political or “ideological” pro-
Idols? At the top, singers and soccer players: the romantic pop star Zemphira, the rappers Basta and Noize MC, and now the punk protesters Pussy Riot, Michael Jackson, and Lady Gaga. The top goal scorer Arshavin, tennis champion Sharapova, and Yuri Gagarin
ject carried out by the West, the global culture as an Americanization of the weak periphery. But also the spreading of the Internet: Western media, which has always been hypercritical of Russia, irritates them, giving rise to their pride in not accepting lessons in democracy from anybody. But at Vladivostok, on the Pacific in the Far East of Russia, all this loses meaning: for local youth, who have never set foot in Moscow unless to flee there to look for work, beyond the horizon and just across the border is Asia, and Beijing, a model of development and progress. Which makes them also more tolerant toward what is different. But drawing a divide between young urban Russians and those from the periphery, from north to south, are also ethnicity and religion. If your name were Madina or Ruslan and you were born in Chechnya or Dagestan, in the Muslim Caucasus, your main concern would not be what to wear to the disco on Saturday, but rather, how to convince your parents - or the government - to let you go out with a few more millimeters of skin exposed or a long beard. If as a child you have known the horrors of civil war, now you are living the contradictions of Islamization. On Facebook under “musical tastes” you would write “forbidden,” and put an anonymous photo on your profile or the face of a woman veiled in her niqab. Your rebellion against the system would be to abstain from alcohol and smoking... With unemployment and corruption through the roof, religious radicalism is how to be punk. To escape, there are those who dream of the freedom of Moscow, while for others it is Turkey, Egypt, or Saudi Arabia. For many, Russia is no longer “home.” And some join the rebel insurgency, the jihad against Moscow - even minors. These are two worlds that are likely to clash more and more in a country where the only population growth concerns precisely that of the Islamic faith (20%), and xenophobia and intolerance resist in 150 extremist groups with 10,000 members. But less than 3% share those ideals, while 9% agree with a “Russia for Russians.”
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Oxygen 2007/2012 Andrio Abero Giuseppe Accorinti Zhores Alferov Enrico Alleva Colin Anderson Martin Angioni Ignacio A. Antoñanzas Paola Antonelli Antonio Badini Roberto Bagnoli Andrea Bajani Pablo Balbontin Philip Ball Ugo Bardi Paolo Barelli Vincenzo Balzani Roberto Battiston Enrico Bellone Massimo Bergami Carlo Bernardini Tobias Bernhard Michael Bevan Piero Bevilacqua Ettore Bernabei Nick Bilton Andrew Blum Gilda Bojardi Aldo Bonomi Borja Prado Eulate Albino Claudio Bosio Stewart Brand Luigino Bruni Giuseppe Bruzzaniti Massimiano Bucchi Pino Buongiorno Tania Cagnotto Michele Calcaterra Paola Capatano Maurizio Caprara Carlo Carraro Federico Casalegno Stefano Caserini Valerio Castronovo Ilaria Catastini Marco Cattaneo Pier Luigi Celli Silvia Ceriani Corrado Clini Co+Life/Stine Norden Søren Rud Elena Comelli Ashley Cooper Paolo Costa Manlio F. Coviello George Coyne Paul Crutzen Brunello Cucinelli
Partha Dasgupta Mario De Caro Giulio De Leo Michele De Lucchi Ron Dembo Gennaro De Michele Gianluca Diegoli Peter Droege Freeman Dyson Magdalena Echeverría Daniel Egnéus John Elkington Richard Ernst Daniel Esty Monica Fabris Carlo Falciola Alessandro Farruggia Francesco Ferrari Paolo Ferri Tim Flach Danielle Fong Stephen Frink Antonio Galdo Attilio Geroni Enrico Giovannini Marcos Gonzàlez Aldo Grasso David Gross Julia Guther Søren Hermansen Thomas P. Hughes Jeffrey Inaba Christian Kaiser George Kell Parag Khanna Sir David King Mervyn E. King Hans Jurgen Köch Charles Landry David Lane Manuela Lehnus Johan Lehrer Giovanni Lelli François Lenoir Jean Marc Lévy-Leblond Ignazio Licata Armin Linke Giuseppe Longo Arturo Lorenzoni L. Hunter Lovins Mindy Lubber Remo Lucchi Tommaso Maccararo Giovanni Malagò Renato Mannheimer Vittorio Marchis Jeremy M. Martin
Paolo Martinello Massimiliano Mascolo Mark Maslin Ian McEwan John McNeill Daniela Mecenate Lorena Medel Joel Meyerowitz Stefano Micelli Paddy Mills Giovanni Minoli Marcella Miriello Antonio Moccaldi Renata Molho Carmen Monforte Patrick Moore Luca Morena Luis Alberto Moreno Richard A. Muller Teresina Muñoz-Nájar Giorgio Napolitano Ugo Nespolo Vanni Nisticò Nicola Nosengo Helga Nowotny Alexander Ochs Robert Oerter Alberto Oliverio Sheila Olmstead Vanessa Orco James Osborne Rajendra K. Pachauri Mario Pagliaro Francesco Paresce Claudio Pasqualetto Alberto Pastore Federica Pellegrini Ignacio J. Pérez-Arriaga Matteo Pericoli Emanuele Perugini Carlo Petrini Telmo Pievani Tommaso Pincio Michelangelo Pistoletto Viviana Poletti Stefania Prestigiacomo Giovanni Previdi Filippo Preziosi Marco Rainò Federico Rampini Jorgen Randers Carlo Ratti Henri Revol Marco Ricotti Gianni Riotta Sergio Risaliti
Roberto Rizzo Kevin Roberts Lew Robertson Kim Stanley Robinson Alexis Rosenfeld John Ross Marina Rossi Bunker Roy Jeffrey D. Sachs Paul Saffo Gerge Saliba Juan Manuel Santos Tomàs Saraceno Saskia Sassen Steven Shapin Clay Shirky Uberto Siola Craig N. Smith Giuseppe Soda Antonio Sofi Leena Srivastava Francesco Starace Robert Stavins Bruce Sterling Stephen Tindale Chicco Testa Chiara Tonelli Mario Tozzi Licia Troisi Ilaria Turba Luis Alberto Urrea Andrea Vaccari Nick Veasey Jules Verne Umberto Veronesi Marta Vincenzi Alessandra Viola Mathis Wackernagel Gabrielle Walker Elin Williams Changhua Wu Kandeh K. Yumkella Edoardo Zanchini Carl Zimmer
Testata registrata presso il tribunale di Torino Autorizzazione n. 76 del 16 luglio 2007 Iscrizione al Roc n. 16116
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LA NUOVA RUSSIA Le potenzialità delle risorse energetiche e naturali e un programma di trasformazioni ad ampio raggio hanno reso la Federazione Russa nuovamente protagonista a livello globale, pur con alcune contraddizioni. Nell’ultimo decennio, la Russia ha infatti avuto una crescita impressionante, ma adesso la sfida principale per l’economia del Paese è trovare diverse fonti di sviluppo e attirare nuovi investimenti per sostenere anche in futuro i ritmi attuali. Oxygen racconta a 360 gradi la “nuova Russia” dei primati (dalle eccellenze tecnologiche e culturali ai movimenti giovanili, fino alle Olimpiadi Invernali di Soči nel 2014) e analizza le sue sfide presenti e future: economiche, politiche, sociali, e quelle cruciali che riguardano la politica estera, sospesa tra il consolidamento delle relazioni con l’Europa e le “tentazioni” che arrivano da Oriente.
Oxygen nasce da un’idea di Enel, per promuovere la diffusione del pensiero e del dialogo scientifico