OXYGEN N.14 - Speciale America Latina: la rinascita di un continente

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14 09.2011 La scienza per tutti

SPECIALE AMERICA LATINA La rinascita di un continente: presente e futuro


crescita

innovazione

socialitĂ

energia

La rinascita di un continente: presente e futuro

democrazia


Sm

sommario

Speciale America Latina

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editoriale IL “DECENNIO PERDUTO” È PASSATO

scenari ¡QUE VIVA MÉXICO RENOVABLE!

di Borja Prado Eulate

di Alessandra Viola

«Mentre gli Stati Uniti tentano di riassestare i propri conti di cassa, qui si avanza con passo deciso, smettendo di essere il cortile posteriore del continente»

La crisi economica mondiale non ha arrestato la crescita dell'America Latina, che al contrario appare destinata a proseguire a ritmo sostenuto nel breve e medio periodo. Secondo le proiezioni della CEPAL, nel 2011 il PIL della regione aumenterà del 4,2%, dopo essere salito del 6% nel 2010. Questo trend espansivo si manterrà anche nel lungo periodo, permettendo a buona parte della regione latinoamericana di entrare nel cosiddetto “Primo mondo” nel giro di qualche decennio? Oppure ci sono ragioni per credere che il sogno possa finire? Quali sono gli scenari – politici, economici, sociali, energetici e non solo – che aspettano il continente latinoamericano? Sono le domande alle quali Oxygen cerca di dare una risposta in questo nuovo numero, completamente rinnovato nella veste grafica e dedicato all’America Latina.

12 data visualization VERSO IL SORPASSO?

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contesti LO SCENARIO ENERGETICO NEL NUOVO MONDO

di Manlio F. Coviello

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2011: CRESCITA DEL 4,2% —

Secondo la CEPAL, l’economia latinoamericana non smetterà di volare anche quest’anno, dopo che il PIL è cresciuto del 6% nel 2010.

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Potenzialità, ostacoli, opportunità e prospettive di sviluppo delle energie rinnovabili nei Paesi latinoamericani, secondo la visione del responsabile del Dipartimento energia e risorse naturali del CEPAL delle Nazioni Unite.

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intervista a Juan manuel santos “PROSPERIDAD DEMOCRÁTICA” LA COLOMBIA DI SANTOS

intervista a luis alberto urrea ESTADOS UNIDOS DE AMÉRICA LATINA

scenari ECONOMIA AL RITMO DI SAMBA

di Pino Buongiorno

Messicano di nascita ma americano d’adozione, Luis Alberto Urrea è un personaggio incendiario, oltre che uno dei più interessanti narratori contemporanei. I protagonisti dei suoi pluripremiati romanzi hanno radici visceralmente latinoamericane, ma i loro destini s’intrecciano con un’attrazione fatale verso il nord e gli Stati Uniti. Oxygen ha chiesto a Urrea di raccontare il momento molto particolare che sta vivendo l’America Latina, e il suo rapporto con gli USA di Obama.

In questa intervista esclusiva a Oxygen, il presidente colombiano Santos spiega perché questo secolo potrebbe essere davvero quello dell’America Latina, dopo il precedente che ha visto imporsi la Cina e l’India. E racconta un presente di profondo cambiamento e un futuro ambizioso per la sua Colombia.

«Se sappiamo giocare bene le nostre carte saremo il continente con più futuro perché possediamo tutto quello che il mondo oggi cerca: l’energia, l’acqua, le terre per produrre cibo, la biodiversità e la popolazione giovane»

di Maurizio Caprara di Stefano Milano

«I poeti possono ancora cambiare il mondo, il rock’n’roll può ancora trasformare la cultura, aprire la via alla rivoluzione e alla redenzione»

«Con Cina e India, il Brasile è uno dei mercati nei quali tanti altri Stati, Italia compresa, hanno interesse a ricavare spazi non marginali se intendono agganciarsi a consumatori che potrebbero trainare future riprese globali» «Il Brasile è nella lista ristretta delle nazioni che più daranno forma al XXI secolo», ha scritto una commissione di esperti del Council on Foreign Relations. Viaggio alla scoperta del motore (e di alcune ombre) dell’ottava (e forse fra poco quinta) economia del Pianeta, protagonista indiscussa anche dello scenario energetico internazionale.

Per entrare nel prestigioso gruppo degli E7, i sette Paesi emergenti del mondo, il Messico sta mettendo in atto una vera e propria rivoluzione energetica. Quella che sta rapidamente trasformando il Paese da esportatore di petrolio (il settimo al mondo) a leader latinoamericano delle rinnovabili, subito dietro al Brasile.

40 data visualization MESSICO E NUMERI

42 portfolio I GEYSER DI ATACAMA

El Tatio è una distesa di geyser situata nel nord del Cile, a 4200 metri di altitudine. La zona fa parte della catena delle Ande e del deserto di Atacama che – compreso tra Perù, Argentina e Cile – è tra le zone più aride della Terra. Con più di 80 getti attivi, El Tatio è la terza zona di geyser al mondo per estensione.

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oxygen | 14 — 09.2011

sommario

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76 approfondimento LA RIVOLUZIONE DEL GAS DI SCISTO?

di Jeremy M. Martin e Vanessa Orco

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approfondimento LE RINNOVABILI PARLANO SPAGNOLO

approfondimento LATINOITALOAMERICANI

di Lorena Medel di Alessandro Farruggia L’America Latina è la sola regione al mondo a coprire la maggior parte della sua produzione di elettricità con rinnovabili. Le prospettive di sviluppo sono enormi: ecco in che direzione si stanno muovendo i Paesi del Centro e Sud America.

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approfondimento L’AMERICA LATINA ALZA LA CRESTA?

approfondimento UN NUOVO MODELLO ENERGETICO PER CENTRO E SUD AMERICA

Hanno slancio, forza e soprattutto carattere. Sicuramente, gli imprenditori latinoamericani di origine italiana rappresentano un gruppo speciale. Uomini come Pietro Brescia in Perù, Raul Randon in Brasile o Eduardo Costantini in Argentina sono un orgoglio per la comunità italiana in America Latina.

di Luis Alberto Moreno

48 scenari BUENOS AIRES, EUROPA?

di Sebastiano Vitale Buenos Aires è una megalopoli con caratteristiche uniche: è molto più europea che sudamericana nelle abitudini, nei modi di fare, nella gestione del traffico e delle professionalità, ma è il secondo nucleo urbano del Sudamerica, dopo San Paolo in Brasile, e presenta caratteristiche e criticità sconosciute all’Europa, e che determinano manovre politiche ed economiche di sostenibilità sociale che non sono abituati ad affrontare da questa parte dell’Oceano Atlantico.

52 future tech ARGENTINA: IL FUTURO È LA BIOTECNOLOGIA?

di Simone Arcagni

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Gli economisti dell'Inter-American Development Bank stimano che raddoppiando le uscite economiche latinoamericane si potrebbe ridurre la povertà dal 32% al 10% della popolazione, facendo crescere la classe media fino al 75%. Ma ci sono cinque ostacoli da superare. Ecco quali, secondo il presidente della IDB.

«Se il continente latinoamericano crescesse al ritmo sostenuto di 4,8% ogni anno (percentuale degli ultimi sette anni, escluso il 2009, quando è iniziata la recessione globale), dal 2025 raddoppierebbe il suo PIL»

di Ignacio Antoñanzas Alvear Dopo due decenni di attività, l’amministratore delegato per l’America Latina di Endesa traccia un bilancio, delinea gli scenari del presente e – soprattutto – lancia lo sguardo alle future opportunità di sviluppo.

72 scenari PICCOLE ECONOMIE CRESCONO

di Nicola Nosengo Costarica, Panama, El Salvador, Guatemala e Uruguay: sono economie che stanno conoscendo un importante sviluppo, grazie alle loro risorse naturali, che si riflette anche nella comparsa di eccellenze nel campo della scienza, della tecnologia, dell'innovazione e delle energie rinnovabili.

66 data visualization IL GRUPPO ENEL IN AMERICA LATINA

Da un giorno all'altro il gas da scisti bituminosi ha modificato le prospettive energetiche degli Stati Uniti e il suo potenziale ha sconvolto un gran numero di pronostici sull'energia. Ma questo gas può suscitare la stessa reazione anche in America Latina? La risposta è sì. Tuttavia…

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i luoghi della scienza MCE2: PROGETTI PER IL FUTURO

contesti IL GRANDE MOMENTO DELLA CUCINA PERUVIANA

di Federica Bosi

di Teresina Muñoz-Nájar

86 approfondimento COLTIVARE L’ENERGIA. AGROCARBURANTI: RISORSA O MINACCIA?

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di Silvia Ceriani

scenari CILE, UNA STELLA NEL MONDO DEGLI OSSERVATORI

Concorrenza tra produzione alimentare ed energetica nell'accesso al suolo, all'acqua e alle risorse e influenza degli agrocarburanti sull'aumento del costo degli alimenti. Qual è la correlazione tra le politiche per le colture energetiche e il costo del cibo? Che peso hanno per il Brasile?

di Magdalena Echeverría Prima della fine di questo decennio, il Cile avrà tra il 60 e il 70% dei grandi telescopi del mondo. Nel deserto di Atacama, il luogo più arido del mondo e con il più alto numero di notti serene del nostro Pianeta, si installeranno almeno 6 dei 10 grandi telescopi. E da questo luogo si potrà analizzare lo spazio e, forse, rispondere ad alcune domande circa l’origine dell’Universo e la Via Lattea.

«Si stima che più della metà delle grandi scoperte astronomiche dei prossimi decenni avverrà nel Cile settentrionale»

Non è ancora terminato il 2011 e la gastronomia peruviana ha già molti motivi per celebrare un anno di successo. Per esempio: due dei suoi ristoranti, Astrid & Gastón e Malabar, sono stati appena inseriti nell’elenco dei 100 migliori del mondo (la famosa classifica stilata da San Pellegrino) e sono andati esauriti i biglietti d’ingresso per l’inaugurazione della Fiera gastronomica Mistura, mega evento di Lima al quale han preso parte chef, giornalisti e turisti provenienti da molti Paesi.

94 la scienza dal giocattolaio REGINA DEL CARNEVALE… E DEL VIDEOGAME

di Davide Coero Borga «L'International Food Policy Research Institute ha previsto che, procedendo sulla strada che stiamo percorrendo, nel 2020 gli affamati nel mondo saranno 1,2 miliardi. Come non essere cauti, allora, nel leggere i dati sul futuro impulso del settore 97 delle colture da ENGLISH VERSION energia?»

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oxygen | 14 — 09.2011

comitato scientifico Enrico Alleva (presidente) Giulio Ballio Roberto Cingolani Paolo Andrea Colombo Fulvio Conti Derrick De Kerckhove Niles Eldredge Paola Girdinio Helga Nowotny Telmo Pievani Francesco Profumo Carlo Rizzuto Robert Stavins Umberto Veronesi direttore responsabile Gianluca Comin direttore editoriale Vittorio Bo

art direction e progetto grafico undesign ricerca iconografica e photoediting white distribuzione esclusiva per l’Italia Messaggerie Libri spa t 800 804 900 promozione Istituto Geografico DeAgostini spa immagine di copertina Arthur Morris/Corbis copertina interna white

coordinamento editoriale Pino Buongiorno Luca Di Nardo Giorgio Gianotto Paolo Iammatteo Dina Zanieri managing editor Stefano Milano collaboratori Simone Arcagni Federica Bosi Davide Coero Borga Nicola Nosengo Alessandra Viola Sebastiano Vitale traduzioni Marta Becerril Tiziano Biga Cristina Capaccioli Laura Culver Luis Miguel Fernandez Gail McDowell David Murphy Mariateresa Nuzzi illustrazioni Elena La Rovere Tai

rivista trimestrale edita da Codice Edizioni

via Giuseppe Pomba 17 10123 Torino t +39 011 19700579 oxygen@codiceedizioni.it www.codiceedizioni.it/ oxygen www.enel.com/oxygen

© Codice Edizioni Tutti i diritti di riproduzione e traduzione degli articoli pubblicati sono riservati

Oxygen nasce da un'idea di Enel, per promuovere la diffusione del pensiero e del dialogo scientifico


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Contributors

2 1 Ignacio Antoñanzas Alvear — Direttore generale di Endesa America Latina e di Enersis, oltre che presidente di Endesa Latinoamérica e direttore di Endesa Brasil. In passato, sempre presso Endesa, è stato vicedirettore generale strategico, direttore generale di fabbrica, capo ufficio del business elettrico e vicedirettore strategico per le imprese elettriche. In precedenza ha lavorato presso la Sociedad Española Exterior de Carbon e presso la direzione sviluppo e beni minerari.

3 Maurizio Caprara — Corrispondente diplomatico del “Corriere della Sera” e analista di questioni internazionali, è autore tra gli altri del libro Lavoro riservato. I cassetti segreti del PCI (Feltrinelli) e, nella Storia d'Italia di Einaudi, di Il caso Lockheed in Parlamento. Ha curato e condotto programmi radio e TV, tra i quali la striscia quotidiana America 2008 su Sky Tg24.

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Silvia Ceriani — Giornalista, è laureata in filologia giudaico-ellenistica e Ph.D in ebraistica. Lavora a Slow Food, dove dirige il trimestrale "Slowfood", si occupa delle collane "TerraMadre" e "Narrazioni" e segue parte della comunicazione associativa italiana e internazionale. Collabora con "L'indice dei libri del mese" e l'inserto "Scritto&Mangiato" de "il Manifesto".

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Borja Prado Eulate — Presidente di Endesa e del settore spagnolo di Mediobanca (penisola iberica e Sud America), è inoltre direttore di Gestevision Telecinco e di Enel Energy Europe. È stato presidente di Almagro Asesoramiento e Inversiones, vicepresidente di Lazard Asesores Financieros, amministratore delegato di Rothschild España, vicepresidente di UBS.

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5 Manlio F. Coviello — Direttore del dipartimento di energia e risorse naturali della CEPAL, Commissione economica per l'America Latina e i Caraibi delle Nazioni Unite. È professore presso il master di ingegneria energetica dell'Università Cattolica Pontificia del Cile. È consulente della Commissione per l'energia del Parlamento latinoamericano, del programma BIOTOP della Commissione Europea, del Centro per gli studi strategici internazionali (CSIS) e dell’Intergovernmental Panel on Climate Change.

6 Magdalena Echeverría — Giornalista dell'Università Pontificia Cattolica del Cile e attualmente socia di Proyecta Comunicaciones, fino al 2008 ha lavorato per la sezione dedicata all'economia e alle aziende de “El Mercurio”, in particolar modo per il supplemento domenicale.

7 Alessandro Farruggia — Giornalista professionista presso la redazione romana dei quotidiani “Il Resto del Carlino”, “La Nazione” e “Il giorno”. Dalla fine degli anni Ottanta ha seguito le principali conferenze internazionali sulle tematiche ambientali. Ha partecipato a due spedizioni del Progamma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), vincendo il Premio Saint Vincent di giornalismo.

Jeremy M. Martin — È il direttore del programma energetico dell'Institute of the Americas della University of California di San Diego. L'istituto è un'organizzazione inter-americana no profit che studia lo sviluppo economico dell'emisfero occidentale.

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9 Lorena Medel — È giornalista dell'Università Diego Portales. Ha cominciato lavorando nella sezione dedicata all'economia e alle aziende della rivista “Que Pasa” e in seguito nella sezione economica di “Capital”. Nel 2007 ha iniziato a collaborare con l'azienda americana Heidrick & Struggles e dal 2009 è consulente di Equation Partner.

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Luis Alberto Moreno — Nel 2005 Moreno ha assunto la presidenza della Inter-American Development Bank. È anche presidente del consiglio di amministrazione della Inter-American Investment Corporation e presidente del comitato dei donatori del Multilateral Investment Fund. In precedenza è stato per sette anni ambasciatore della Colombia negli Stati Uniti e presidente della Fomento Industrial e Ministro dello sviluppo economico.

Teresina Muñoz-Nájar — Giornalista, editrice e docente universitaria, è stata redattrice della rivista “Caretas”, una delle più importanti in Perù; ha scritto anche per “Gourmet Latino”. Si è specializzata in ricerca gastronomica e temi di genere. È autrice di tre raccolte di racconti per bambini: Historias Deliciosas, Animalitos en peligro e Macchu Picchu – 100 años. In Perù ha pubblicato con Endesa Todo sobre la papa e Postres del Perú.

Juan Manuel Santos — Dal 2010 è il presidente della Colombia. È stato amministratore incaricato della Delegazione caffè colombiano presso l'Organizzazione internazionale del caffè di Londra, Ministro della difesa e Ministro del commercio estero, presidente della VII Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo, presidente della United Nations Economic Commission for Latin America and the Caribbean e direttore della Corporación Andina de Fomento.

Luis Alberto Urrea — Nato a Tijuana, è docente di scrittura creativa presso la University of IllinoisChicago. Ha vinto numerosi premi per la poesia, la narrativa e i saggi ed è uno dei narratori di origine latinoamericana più stimati degli ultimi anni. Tra i suoi ultimi romanzi: L’autostrada del diavolo (finalista del Premio Pulitzer nel 2005), La figlia della curandera (entrambi pubblicati in Italia da XL Edizioni) e Into the Beautiful North.

Vanessa Orco — È tirocinante estiva dell'Institute of the Americas e candidata al master della Frank Batten School of Leadership and Public Policy dell'University of Virginia.

illustrazioni: Elena La Rovere

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Ed

editoriale

IL “DECENNIO PERDUTO” È PASSATO di Borja Prado Eulate

L' O

America Latina è di moda. Gli occhi del re inserimento in mercati sempre più globalizmondo sono puntati sulla regione, e di zati. Queste misure – che hanno creato entrate ragioni valide ce ne sono in abbondan- attraverso una forte riduzione della spesa pubza. Mentre gli Stati Uniti tentano di ricostruire blica e del risparmio – hanno consentito di rie di riassestare i propri conti di cassa e l’Europa durre il deficit fiscale a circa il 5% del PIL. Tali lotta per salvare l'economia, l’America Latina politiche, che si sono mantenute fino a oggi, avanza con passo deciso, smettendo di essere anche se in misura più moderata, hanno otteil cortile posteriore del continente. nuto il loro obiettivo: tra il 1991 e il 1995, ad Ha svolto bene i compiti. Ha imparato dagli esempio, l’Argentina ha avuto un tasso medio errori, ha ricercato strumenti per attirare gli di crescita del 7,6%, il Cile del 6,8%, il Perù del investimenti, ha realizzato politiche macroeco- 4,7%, la Colombia del 4% e il Brasile del 2,3%. nomiche ad hoc, ha dato la certezza del diritto e È stato proprio in quel periodo, quando l’America della normativa, creando valore e alternative per Latina ha preso la giusta decisione di rimettere a poprocedere al superamento dell’ostacolo princi- sto la propria “casa”, che abbiamo deciso di espanpale: la povertà e la disuguaglianza dei redditi. dere la nostra attività, lasciare la Spagna e “attraverRimane ancora della strada da sare il mare”. Abbiamo visto il percorrere, ma la posta in gioesistente nella regioMentre gli Stati Uniti potenziale co è già sul tavolo e noi siamo ne e il tempo ci ha dato ragione. tentano di riassestare Oggi è un fatto innegabile e saremo parte di questa sfida. Il passaggio a questa maggioi propri conti di cassa, che, dati i cambiamenti strutre stabilità è stato duro e non mostrati dai mercati, l’America Latina avanza turali privo di sacrifici. All’inizio con politiche economiche ancon passo deciso, degli anni Ottanta l’America ticicliche, inflazione controlLatina ha vissuto una profonsmettendo di essere il lata e sistemi politici stabili, da recessione. Tra il 1982 e il regione presenti una crecortile posteriore del la 1984 il PIL medio della regioscita sostenuta e sostenibile. continente ne si è fermato e Paesi come Nel 2010 ha conseguito tassi il Cile e il Perù hanno model 5% superiori alla media strato contrazioni del proprio prodotto inter- dei Paesi componenti l’OCSE con un livello del no lordo rispettivamente del –3,4% e del –2,6%. 2%. Inoltre, lo spazio di crescita esistente ci Gli instabili sistemi politici dell’epoca, gli mette in una splendida posizione per cogliealti livelli di indebitamento estero, l’impossi- re tale opportunità di crescita e attuare le mibilità di pagare, l’eccessiva espansione della gliori pratiche che abbiamo già appreso sui spesa interna, l’iper-inflazione, l’aumento mercati europei, attraverso Endesa ed Enel. della disoccupazione, il crollo dei salari e il E il futuro è più che promettente. Secondo taglio del flusso di capitali verso le economie i più recenti dati forniti dalla Commissione in via di sviluppo sono stati i caratteri distin- Economica per l’America Latina e i Caraibi tivi del “decennio perduto” dell’America Latina. (CEPAL), la crescita del PIL della regione si In questo scenario, i governi di turno si sono vi- espanderà in media del 4,7% nel 2011, e per sti costretti a realizzare adeguamenti economici il 2012 è prevista al 4,1%. Se consideriamo che permettessero loro di migliorare il deficit soltanto i Paesi in cui siamo presenti – Ardei propri conti correnti e di ottenere un miglio- gentina, Brasile, Cile, Colombia e Perù – il 010

che, con successi ed errori, abbiamo dato PIL crescerà in media del 6,2% e del 4,6%. Il nostro incoraggiamento all’investimento è prova in tutti questi Paesi di una chiara e stato sostenuto. La nostra vocazione è quella decisa vocazione a rimanere, contribuendi rimanere, e i fatti lo dimostrano. Da quando do al loro sviluppo e sostenendo le comusiamo arrivati in America Latina nel 1992, nità situate nelle nostre zone di influenza. a seguito dell’acquisizione di Edenor in Ar- Siamo stati una delle prime aziende spagnole gentina, abbiamo investito circa 17.500 mi- a investire nella regione: destinando risorse lioni di euro e abbiamo quasi due decenni di a opere a lungo termine, a infrastrutture che storia in comune, con inquietudini, successi dureranno per 50, 100 anni o più, coinvole, ciò che è più importante, accompagnando gendoci pienamente nel tessuto imprendilo sviluppo dei cinque Paesi in cui operiamo. toriale, lavorando con operatori locali, collaChe Oxygen abbia deciso di fare un numero spe- borando lealmente con autorità e organismi ciale sull’America Latina è un grande successo, di controllo, impegnandoci nello sviluppo dato il peso che questa regione ha all’interno della comunità e, soprattutto, cercando di di Enel ed Endesa, non solo in virtù dei nume- offrire il miglior servizio elettrico possibile. Non voglio concludere senza ri, ma anche per capacità. Si notare che l’America Latratta inoltre della principale Secondo i più recenti far tina ha un’occasione storica fonte di crescita del Gruppo dati forniti dalla per sconfiggere la povertà Endesa. Solo per indicare un e far compiere un balzo in ordine di grandezza, ArgenCEPAL, la crescita allo sviluppo. Nelle tina, Brasile, Cile, Colombia del PIL della regione avanti sue mani ci sono gli strue Perù rappresentano circa il 45% del nostro EBITDA (mar- si espanderà in media menti per dare maggiore begine operativo lordo). Forniadel 4,7% nel 2011 nessere ed equità ai propri cittadini, lasciandosi dietro mo energia a circa 13 milioni e per il 2012 è gli impulsi populisti e pordi clienti e disponiamo di prevista al 4,1% tando avanti politiche staoltre 15.800 MW di capacità bili e serie dal punto di vista installata. Operiamo in cinque Paesi, con caratteristiche proprie e uniche. sociale, economico e politico. E, perché no, Tuttavia, abbiamo lo stesso obiettivo: offrire un sviluppando un’integrazione più ampia tra servizio elettrico affidabile, di alta qualità, a un i Paesi del continente, integrazione che perprezzo competitivo e nel rispetto dell’ambiente. metterebbe loro di ottenere maggiori e miglioQuesto impegno condiviso ci permette di ri opportunità di avanzamento e di progresso. parlare un linguaggio comune e di sentirci La nostra principale responsabilità è di foruniti dagli stessi valori, al di là di qualsiasi nire elettricità ai mercati dove operiamo, ma confine geografico o economico. Come ho altrettanto importante è effettuarla in modo sempre detto: siamo spagnoli in Spagna, affidabile ed efficiente, con un servizio di argentini in Argentina, brasiliani in Brasi- qualità mondiale e a una tariffa competitiva. le, cileni in Cile, colombiani in Colombia e Solo con un servizio dotato di queste caratperuviani in Perù. Questa è stata la chiave teristiche si può far crescere l’economia e la della nostra scommessa e della sua riuscita. qualità di vita degli oltre 50 milioni di persoCredo che si possa affermare umilmente ne a cui rendiamo servizio in America Latina. 011


Ru

rubriche

2048

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Verso il sorpasso?

L'ANNO DEL SORPASSO

Brasile, India, Russia e Messico supereranno, in termini di potenza economica, Germania, Regno Unito e Italia

a cura di Oxygen

Uno studio di PricewaterhouseCoopers, società di consulenza tra le più accreditate, dimostra come le economie dei cosiddetti E7 (Cina, India, Brasile, Russia, Indonesia, Turchia e Messico), tra cui due latinoamericane, supereranno quella dei paesi del G7 (Stati Uniti, Giappone, Germania, Regno Unito, Francia e Italia) entro il 2036. Ma il dato sorprendente è che il medesimo studio di Pwc, redatto soltanto quattro anni fa – e quindi precedente all’inizio della recessione – fissava il sorpasso almeno un decennio più avanti, ovvero nel 2046. Qualche esempio: il Brasile sarà avanti a Germania e Regno Unito entro il 2045. E L’Italia? Per quella data sarà già stata superata dall’India (2030) e dalla Russia (2039) nonché dallo stesso Brasile (sempre 2045). E nel 2048 arriverà anche il sorpasso del Messico.

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2030 TEMPI DURI PER L'ITALIA

Entro questa data l'Italia sarà già stata superata dall'India.


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Co

contesti

LO SCENARIO ENERGETICO NEL NUOVO MONDO articolo di Manlio F. Coviello fotografie di Roberto Caccuri /Contrasto per Enel

Potenzialità, ostacoli, opportunità e prospettive di sviluppo delle energie rinnovabili nei Paesi latinoamericani, secondo la visione del responsabile del Dipartimento energia e risorse naturali del CEPAL delle Nazioni Unite.

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lo scenario energetico nel nuovo mondo

Centrali elettriche rinnovabili • 0,1%

Fonte - CEPAL, 2002

Centrali elettriche rinnovabili • 0,1%

Fonte - CEPAL, 2008

Legname sostenibile / agricoltura • 0,3%

Legname sostenibile / agricoltura • 0,3% Altre non rinnovabili • 0,6%

Geotermia • 0,7%

Nucleare • 0,8%

Legname sostenibile / industria • 0,2%

Legname non sostenibile • 2,7%

Altre rinnovabili • 0,5%

Carbone • 5,0%

Carbone vegetale sostenibile • 0,6%

Rinnovabili • 24,7%

di cui

Prodotti canna • 4,1%

Petrolio • 40,1%

Idroelettrica • 14,7%

Senza dubbio la regione latinoamericana è ricca di eccezionali risorse naturali, tra cui l'energia. Nel “blocco andino del sud” (Cile del nord, Perù del sud, Bolivia e Argentina dell'ovest) la radiazione solare è tanto intensa e abbondante che, ricoprendo un territorio di 60 per 60 chilometri con specchi solari, si potrebbe fornire elettricità a tutta l'America del Sud. Per quanto riguarda il potenziale geotermico, basti dire che il 10% dei vulcani del mondo si trovano nel territorio cileno. In termini di petrolio le enormi riserve off shore scoperte in Brasile consentirebbero a questo Paese di diventare la quinta potenza mondiale tra i produttori, se venissero efficacemente utilizzate. D'altra parte, secondo una proiezione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), se nel 2050 si potesse utilizzare tutta l'energia da biomassa disponibile sulla Terra, il 42% di essa sarebbe generata da bioenergia prodotta in America del Sud. Il potenziale idroelettrico, d'altra parte, è anche enorme, stimato in 728.591 MW, pari a circa il 22% del potenziale globale. Nonostante questo potenziale eccezionale, poco è stato fatto finora per sviluppare in modo efficace e sostenibile queste risorse, in particolare le energie rinnovabili non convenzionali (ERNC). Il problema di fondo, non soltanto di questa regione, è che la maggior parte delle ERNC non riesce a essere competitiva sul mercato, risultando più costosa rispetto ai tradizionali combustibili fossili. Le fonti rinnovabili forniscono meno del 20% dell'energia elettrica mondiale, di cui il 15% è energia idroelettrica, tecnologia matura che ha un grande potenziale nei Paesi in via di sviluppo, ma molto limitato nei Paesi dell'OCSE. In America Latina e nei Caraibi la quota di energie rinnovabili nel totale dell'energia fornita (OTE) ne ha rappresentato nel 2008 quasi un quarto 016

Approvvigionamento energetico totale e contributo delle energie rinnovabili in America Latina e nei Caraibi

Legname sostenibile / residenziale • 4,7%

Gas naturale • 28,3%

(il 24,7%). In particolare è stato fondamentale il contributo dell'energia idroelettrica (con quasi il 10%), del legname (5%) e dei prodotti di canna da zucchero (7%). Tutte le altre fonti di energia rinnovabile, come biomassa e geotermia, sono marginali. La categoria delle “altre energie rinnovabili” (eolico e solare) viene rappresentata in modo complessivo e raggiunge cumulativamente un valore di poco superiore all'1% della fornitura totale di energia, nonostante il potenziale eccezionale di cui sopra. Inoltre occorre notare la diminuzione delle energie rinnovabili nella regione, se confrontata con le informazioni dell'anno 2002, sia nel suo valore complessivo (vi è una diminuzione dell’1%), sia nelle differenti fonti. Il problema delle ERNC è che queste tecnologie hanno (e continueranno ad avere nel breve e medio termine) una redditività ridotta in un ambiente competitivo, a meno che non si consideri in modo appropriato, nell'algoritmo di costruzione dei prezzi dell'energia, la dimensione ambientale (le "esternalità") e/o non si generino incentivi efficaci da mantenere fino a quando le tecnologie potranno essere concorrenziali senza sovvenzioni. Nel caso delle energie rinnovabili, una variabile decisiva per la loro penetrazione è il prezzo del petrolio oppure, a suo modo, del gas naturale. Quando il prezzo del petrolio aumenta, diminuisce il prezzo relativo delle rinnovabili, e pertanto esse guadagnano quote di mercato. Tuttavia, quando il prezzo del greggio e di altri idrocarburi è in calo, le energie rinnovabili perdono parte della loro capacità di apparire attraenti ed economicamente redditizie. Nel medio termine, lo sviluppo delle energie rinnovabili in America Latina dipende da una serie di variabili e situazioni, tra cui gli incentivi e le normative, le sovvenzioni, il prezzo del petrolio, i meccanismi delle transazioni delle emissioni di carbonio e la velo-

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Altre non rinnovabili • 0,4%

Geotermia • 0,5%

Nucleare • 0,8%

Legname sostenibile / industria • 0,7%

Legname non sostenibile • 1,7%

Carbone vegetale sostenibile • 1,4%

Carbone • 4,6%

Altre rinnovabili • 1,5%

Rinnovabili • 24,7%

di cui

Legname sostenibile / residenziale • 4,0%

Gas naturale • 25,6%

Prodotti canna • 7,0%

Petrolio • 42,1%

Idroelettrica • 9,2%

RÍO VOLCÁN, COSTARICA La centrale idroelettrica di Enel Green Power ha una capacità di 17 MW

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cità delle curve di apprendimento per ridurre i costi di produzione. I risultati raggiunti nella regione, in termini di integrazione energetica, non sono stati molto più incoraggianti di quelli delle ERNC, anche se è opinione già consolidata all'interno dei Paesi dell'America Latina che l'integrazione fisica, operativa e commerciale in ambito energetico consentirebbe un miglior sfruttamento delle sinergie, infrastrutture e risorse e, quindi, di essere di supporto ai principali settori della popolazione. Le organizzazioni di integrazione subregionale (SICA, CAN, Mercosur, UNASUR, ecc.) hanno effettuato qualche sforzo importante, non solo nelle infrastrutture ma in ambito legale, per promuovere l'integrazione attraverso le interconnessioni elettriche (Colombia-Ecuador, Ecuador-Perù, SIEPAC, ecc.). Inoltre, ci sono state iniziative di integrazione per la fornitura di petrolio e gas, anche se hanno funzionato soltanto nei meccanismi creati appositamente a questo fine. Nonostante questi sforzi, l'integrazione energetica regionale ha fatto pochi progressi, gli accordi multilaterali vol018

lo scenario energetico nel nuovo mondo

ti a creare un mercato regionale energetico sono ancora molto immaturi e gli accordi bilaterali, che potrebbero avere una certa urgenza, sono difficili da implementare. Infatti la sicurezza dell'approvvigionamento e la diminuzione della vulnerabilità dei fornitori nel mercato internazionale di gas naturale sono diventati priorità da rispettare quando si prendono decisioni di investimento nel settore energetico e in particolare nell'industria del gas naturale. In questo senso, i conflitti bilaterali nella fornitura di elettricità da energia idroelettrica (Yacyretá e Itaipu) e la rottura degli accordi da parte delle società di fornitura del gas dell'Argentina (con i loro acquirenti in Cile e Brasile), hanno portato a un’erosione della fiducia, trasferita in seguito all'intera area regionale, e occorrerà un periodo di tempo non determinato per ristabilirla. La "geopolitica del gas naturale" di tutta la regione è stata notevolmente modificata a causa della crisi energetica in Argentina. Le decisioni unilaterali argentine hanno causato una significativa perdita di fiducia nei processi di integrazione fisica

Nel “blocco andino del sud” (Cile del nord, Perù del sud, Bolivia e Argentina dell'ovest) la radiazione solare è tanto intensa e abbondante che, ricoprendo un territorio di 60 per 60 chilometri con specchi solari, si potrebbe fornire elettricità a tutta l'America del Sud

ENERGIA IDROELETTRICA L’impianto devia l’acqua dei fiumi Volcán e Volcancito per mezzo didighe a gravità

regionale in materia di gas naturale. L'alternativa per la diversificazione e la sicurezza dell'approvvigionamento che hanno trovato i Paesi importatori della regione è stata il Gas Naturale Liquefatto (GNL), attraverso la promozione di progetti di impianti di degasaggio in molti porti della regione. Sono stati sviluppati e sono nati numerosi progetti e investimenti, e alcuni si stanno concretizzando, viste le esigenze di approvvigionamento dei mercati nazionali. Nonostante queste difficoltà, l'integrazione energetica e la possibilità di ottenere una fornitura sicura all'interno della regione rappresentano una possibilità con un grande potenziale, che merita di essere l'obiettivo di uno sforzo congiunto tra i Paesi. Una questione a parte è l'energia nucleare: oggi questa fonte rappresenta il 7% del consumo mondiale di energia primaria, il 15% della produzione mondiale di elettricità, con maggior importanza nei Paesi industrializzati. In generale, l'America Latina produce solo lo 0,8% del suo consumo totale di energia primaria dal nucleare. Anche se Paesi come Argentina, Brasi-

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le e Messico hanno sviluppato capacità tecnologiche in materia di energia nucleare per generare elettricità e settori connessi, il suo sviluppo dai primi anni Ottanta è stato praticamente nullo in Argentina (pioniere nella regione) e modesto in Messico e Brasile. Attualmente gli impianti in costruzione in America Latina sono Atucha II in Argentina e Angra 3 in Brasile, oltre ai sei esistenti nella regione. Nella sua recente visita in Giappone, il direttore generale dell'Agenzia Internazionale per l'Energia ha rilevato che il numero dei reattori nucleari non cesserà di aumentare nei prossimi anni in tutto il mondo. Dato il periodo limitato trascorso dopo l'incidente a Fukushima e i segnali politici contrastati, vi è una certa prudenza nelle previsioni future riguardo la fornitura di energia elettrica da fonti nucleari. In generale, è probabile che il ritmo di espansione della fornitura di energia nucleare nel breve termine sia soltanto leggermente più lento di quanto ci si aspettava prima dell'incidente giapponese, previsione che si applica anche ai Paesi “nucleari” dell'America Latina. 019


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intervista

PROSPERIDAD DEMOCRÁTICA: LA COLOMBIA DI SANTOS articolo di Pino Buongiorno fotografie di Raul Arboleda - Gerardo Gomez

In questa intervista esclusiva a Oxygen, il presidente colombiano Santos spiega perché questo secolo potrebbe essere davvero quello dell’America Latina, dopo il precedente che ha visto imporsi la Cina e l’India. Racconta un presente di profondo cambiamento e un futuro ambizioso per la sua Colombia.

Il segno dei nuovi tempi è questa suggestiva Casa de Nariño, in Plaza de Armas a Bogotà, trasformata nella Presidencia de la Republica de Colombia. È raro che s’incontri una persona oltre i 40 anni. Juan Manuel Santos, il presidente succeduto il 7 agosto di un anno fa ad Alvaro Uribe, ha appena compiuto 60 anni ed è probabilmente il più vecchio in queste stanze, dove visse Antonio Narino, uno dei padri dell’indipendenza della Colombia. I suoi collaboratori sono tutti giovanissimi, sui 30 anni, freschi di studi nelle università euro020

pee o americane. L’aria che si respira è frenetica e gioiosa. Quella che si addice a un Paese che cresce assieme a un intero continente che rinasce. Il presidente Santos, già noto commentatore politico ed economista, oltre che erede di un’importante famiglia di editori di giornali (ora venduti), è appena rientrato da un viaggio in Argentina e sta per ripartire per il Giappone e la Corea. Non farà in tempo a cambiare i vestiti del suo ricercato guardaroba per riprendere l’aereo diretto a New York e poi in Canada. È il momento ideale per attrarre investimenti e simpatie politiche. 021


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Non c’è per caso un eccesso di ottimismo in questo continente per troppi anni negletto? Non penso. Se sappiamo giocare bene le nostre carte saremo il continente con più futuro perché possediamo tutto quello che il mondo oggi cerca: l’energia, l’acqua, le terre per produrre cibo, la biodiversità e la popolazione giovane. Questi ingredienti rendono l’America Latina molto affascinante. Di più: se applicheremo le corrette politiche economiche, noi, che già oggi siamo un continente che si sviluppa più velocemente dell’Europa e degli Stati Uniti, possiamo ancora crescere a un ritmo sempre veloce, ma sostenibile. Qual è l’asso nella manica? L’America Latina deve diventare una regione unita, che parla con un’unica voce su molte questioni. Ovviamente ci sono problemi e situazioni che non potremo trattare all’unisono perché abbiamo le nostre differenze, ma, se troveremo denominatori comuni e avremo politiche responsabili, questo ci darà un peso speciale negli affari del mondo. Quali sono le iniziative già prese o in fieri? Cominciamo dall’UNASUR [l’Unione delle nazioni sudamericane, costituita il 23 maggio 2008 con il trattato di Brasilia, N.d.R.]. L’abbiamo formata per una ragione semplice. Avendo più

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prosperidad democrática: la colombia di santos

di 700 miliardi di dollari di riserve, non possiamo assistere inermi all’apprezzamento esponenziale delle nostre monete a causa della crisi di liquidità nel resto del mondo. Tutto questo ci danneggia, frena le nostre esportazioni e di conseguenza produce disoccupazione. Così abbiamo reagito unendo la comunità andina e quella del Mercosur, in pratica tutte le nazioni del Sud America, per avere una forza maggiore e un migliore impatto. Così è cominciato il coordinamento delle politiche economiche per essere più pro-attivi ed efficaci.

«Guardo verso sud, ma anche verso nord. Le due traiettorie non si escludono, anzi si completano» Avete proseguito con le borse... Vero. Colombia, Cile e Perù hanno integrato le loro borse. Ora stiamo tentando di portare con noi il Messico. Abbiamo anche creato un nuovo gruppo, l’Alleanza per il Pacifico, formata da Messico, Colombia, Cile e Perù, dove abbiamo approfondito la nostra integrazione. Abbiamo infine avviato un coordinamento delle politiche commerciali.

Qual è il rapporto fra tutti voi e il Brasile? Non rischiate di rimanere schiacciati da questo gigante economico? I quattro Paesi dell’Alleanza per il Pacifico sono più grandi del Brasile, hanno un mercato più vasto e un PIL superiore. Detto questo, voglio anche precisare che la nostra alleanza non è contro il Brasile. È per completare la forza economica del Brasile. Se noi giochiamo assieme al Brasile tutta la regione avrà da guadagnarne. Anche in passato ci sono stati diversi tentativi in questo senso, ma sono falliti. Oggi la situazione è diversa. Ci sono una serie di circostanze nuove da tenere presenti. Per esempio, da quando sono diventato presidente della Colombia, ho instaurato buone relazioni di vicinato con il Venezuela. Rimangono grandi differenze sullo sviluppo economico e anche sul funzionamento della democrazia. Ma abbiamo contemporaneamente trovato denominatori comuni su cui lavorare assieme, rispettando le nostre differenze. Le faccio un esempio di stretta attualità: la posizione di Hugo Chavez su Gheddafi è l’opposto della mia. Bene, tutto ciò non permette di avvelenare i nostri rapporti. Questo è il nuovo approccio pragmatico. E l’ideologia? A Caracas c’è da sempre il tentativo di realizzare il socialismo del

MEDELLIN, COLOMBIA Parata di silleteros (artigiani che realizzano enormi composizioni floreali) durante la tradizionale “Feria de las Flores”.

nuovo secolo. Qui, a Bogotà dominano i conservatori, come in diversi altri Paesi. Si è interrotta la deriva a sinistra dell’America Latina? Non mi piace parlare di sinistra e di destra perché al giorno d’oggi è una distinzione che crea solo confusione. Credo che il neo-liberalismo sia morto, così come è morto da tempo il neo-statalismo. È il centro pragmatico che sta emergendo come la via migliore per governare. Dunque la differenza non è fra destra e sinistra, ma fra ideologi e pragmatici. È la sepoltura definitiva del “chavismo”? È difficile per me rispondere a questa domanda. Ho costruito buone relazioni con Chavez. Il Venezuela è un Paese determinante. Abbiamo 2200 chilometri di frontiera e quel Paese è sempre stato un mercato naturale per la Colombia. Speriamo anzi di migliorare i rapporti in modo che anche il Venezuela possa crescere. Fino a poco tempo fa, diciamo prima della malattia di Chavez, si parlava di un asse Venezuela, Ecuador, Bolivia e Nicaragua. Si è incrinato? La realtà, prima o poi, doveva affiorare. Penso che il nostro modello di sviluppo, che rispetta la proprietà privata e i mercati, sia quello vincente. È il modello della Terza via.

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La Colombia aspira a diventare il Paese-guida dell’America Latina? Sarebbe troppo presuntuoso dirlo e farlo, almeno in questo momento. Vogliamo semplicemente giocare un ruolo più costruttivo e produttivo. Come sta funzionando la democrazia in questo continente famoso per avere ospitato dittature lunghe e feroci? Funziona assai bene in Colombia, Cile, Perù e anche in Messico. Oggi tutti i Paesi dell’America Latina, eccetto Cuba, si vantano di essere democratici. Ma ci sono differenti interpretazioni su cosa sia la democrazia. Ci sono ancora stati autocratici, ma dobbiamo anche riconoscere che, per la prima volta in diversi secoli, questo è un continente democratico. Nel senso che i leader populisti sono fuori gioco? Il populismo sarà sempre un pericolo in agguato. Ma più si rafforzano le istituzioni democratiche, meno spazio si lascia al populismo. L’impetuosa crescita economica che state registrando da queste parti ha attratto l’attenzione della Cina. Siete preoccupati dal rischio di un neo-colonialismo? I cinesi sono molto aggressivi, devo ammetterlo. Ogni giorno abbiamo una o due delegazioni in visita qui in Colombia. I cinesi sono interessati alle materie prime, alla nostra energia, alle nostre 023


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Fo

focus on

Cinque locomotive di sviluppo È l’ora delle riforme in Colombia: infrastrutture, abitazione, agricoltura, miniere e petrolio e innovazione.

01 • Infrastrutture 02 • Abitazioni

acque e anche alla nostra biodiversità. D’altra parte, noi abbiamo bisogno dei loro investimenti. Per quanto mi riguarda personalmente, incoraggio gli investimenti cinesi, ma non scoraggio – al contrario, auspico – gli investimenti americani, europei, giapponesi e coreani. Alla Cina interessa più il cibo, i minerali, l’acqua e l’energia o i nuovi mercati che si possono aprire in America Latina? Entrambe le cose. Per loro il nostro continente è un mercato ideale. Ci sono nuovi consumatori che si affacciano man mano che facciamo uscire i nostri cittadini dalla povertà. Ci sono nuove opportunità per le aziende che vengono qui a lavorare. Rispetto al suo predecessore Alvaro Uribe, lei sembra intenzionato a guardare a sud piuttosto che a nord. È un cambio di visione strategica? Faccio una piccola correzione. È vero, guardo verso sud, ma anche verso nord. Le due traiettorie non si escludono, anzi si completano. Le faccio un annuncio in anteprima: entro poche settimane avremo finalmente l’accordo di libero commercio con gli Stati Uniti. I tempi saran024

no dettati solo dal dibattito in corso nel Congresso americano. L’Europa sta scomparendo dal vostro osservatorio? Per fortuna non è mai stata assente. Anzi ha avuto sempre un’enorme influenza. Quello che accade è che l’Europa sta attraversando momenti difficili e non è così aggressiva come altri concorrenti. Dovrebbe ritornare a esserlo perché, come ho spiegato recentemente ad alcuni imprenditori spagnoli, se volete crescere dovete investire qui, dove l’economia è in piena salute. Sono convinto che questo ricomincerà, prima o poi. Poco fa ha accennato a Cuba. Cambierà mai quell’isola? Cuba sta già cambiando e lo farà sempre più. Non ha futuro se non continua su questa strada. I nuovi leader stanno già rallentando una serie di restrizioni che avevano internamente. Bisogna solo dar loro tempo per riorganizzarsi. Soprattutto gli Stati Uniti dovranno avere pazienza e fortunatamente lo stanno capendo. Uno dei mali cronici del continente latinoamericano è la corruzione. In che misura può frenare lo sviluppo?

Le faccio un esempio che riguarda la Colombia. Da quando sono presidente ho fatto approvare una serie di leggi che danno maggiori strumenti alla polizia e alla magistratura contro la corruzione. Ho anche creato un’unità speciale d’intelligence. Per me la corruzione è un obiettivo di lotta tanto quanto il terrorismo perché fa gli stessi danni. L’ho detto al presidente Uribe, che spesso si lamenta perché sotto inchiesta sono finiti molti suoi collaboratori: tutto questo non è contro di lui, anche perché penso che sia una persona onesta. È contro i corrotti in generale, perché tutti noi possiamo averne attorno e non ce ne accorgiamo.

«Saremo il continente con più futuro perché abbiamo ciò che il mondo oggi cerca: l’energia, l’acqua, le terre per produrre cibo, la biodiversità e la popolazione giovane»

Per Alvaro Uribe la priorità era la “sicurezza democratica”. Per il successore Manuel Santos la nuova parola d’ordine è la “prosperità democratica”. «Abbiamo fatto tali progressi in termini di sicurezza che oggi dobbiamo avere altri obiettivi di crescita, economici e sociali», spiega il nuovo presidente. «Abbiamo ancora oltre il 40% di colombiani a tutti gli effetti poveri, secondo gli standard internazionali, e dobbiamo scendere al 32% prima della fine del mio mandato. Ma, ancora più importante, è l’estrema povertà, dove abbiamo già registrato significativi risultati». Certo, i narcos-guerriglieri marxisti delle FARC non sono stati del tutto debellati, anche se appaiono in ritirata: erano 30.000 e oggi non ce ne sono più di 6-7000. Anche l’Eser-

cito Nazionale di Liberazione appare sulla via del tramonto, mentre i pericolosi gruppi paramilitari hanno i propri comandanti e soldati in carcere o sono confluiti in piccole gang di criminalità comune. Anche i mitici clan della cocaina di Cali e di Medellin sono in fase di smantellamento completo a favore di nuclei più ristretti di narcos. Il grosso del traffico è ormai in mano ai messicani e anche ai mafiosi italiani. È l’ora delle riforme in Colombia con «cinque locomotive di sviluppo», come le chiama Santos, con un tasso già del 5-6% di crescita ogni anno: le infrastrutture, le abitazioni, l’agricoltura, le miniere e il petrolio e infine l’innovazione. La svolta politica ed economica è maturata grazie

03 • Agricoltura 04 • Miniere e petrolio 05 • Innovazione

a una sorta di governo di unità nazionale con soli sette membri del Congresso all’opposizione. «È una situazione peculiare che sta facendo scuola in America Latina», prosegue Santos. «Anche qui ho applicato un approccio pragmatico. Avendo bisogno il nostro Paese di cambiamenti fondamentali, ho detto a tutti i leader dei partiti: “Ciascuno di voi ha buone idee, mettiamoci insieme”. Non per vincere, perché avevo un sacco di voti di maggioranza, ma per governare bene e prendere le decisioni giuste per il nostro Paese». Il risultato è che, a un anno dall’elezione, secondo gli ultimi sondaggi, il presidente colombiano gode dell’82% di approvazione, mentre l’80% dei cittadini ritiene che “il Paese va nella direzione giusta”.

«Abbiamo fatto tali progressi in termini di sicurezza che oggi dobbiamo avere altri obiettivi di crescita, economici e sociali»

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In

FELIPE CALDERÓN «Escludendo la già nota crisi dovuta alla droga, il Messico deve affrontare alcuni scompensi del NAFTA. L'agricoltura a livello locale è stata danneggiata dall'industria di mietitura di mais e un’allarmante quantità di aziende ha chiuso per trasferirsi in Cina e India. Ad ogni modo Calderón sembra avere un piano per rivitalizzare l'economia del Messico. Potrebbe funzionare».

intervista

ESTADOS UNIDOS DE AMÉRICA LATINA articolo di Stefano Milano fotografie di Randall Fung

Messicano di nascita ma americano d’adozione, Luis Alberto Urrea è un personaggio incendiario, oltre che uno dei più interessanti narratori contemporanei. I protagonisti dei suoi pluripremiati romanzi hanno radici visceralmente latinoamericane, ma i loro destini s’intrecciano con un’attrazione fatale verso il nord e gli Stati Uniti. Come canta Bruce Springsteen in Sinaloa Cowboys, «For everything the North gives, it exacts a price in return». Oxygen ha chiesto a Urrea di raccontare il momento molto particolare che sta vivendo l’America Latina, e il suo rapporto con gli USA di Obama.

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L’America Latina sta vivendo un momento di rinascita economica davvero particolare. Quali sono secondo te le ragioni che hanno portato a questa nuova era? Ci sono molti fattori che influenzano questo cambiamento, ma direi che è semplicemente il “nostro momento” ed è difficile spiegarne il motivo. Credo che tra i corsi e ricorsi della storia e dello spirito, le epoche vadano e vengano. Dopo secoli di divisioni e traumi provocati dalla “conquista” e da eruzioni post-coloniali ora c'è una nuova coerenza. È ironico come, sebbene gli Stati Uniti sembrino avere un atteggiamento ostile, se non di pregiudizio, nei confronti dei latinoamericani, il fenomeno attuale sia molto simile a ciò che viene definito “il sogno americano”: l'autodeterminazione, un forte desiderio di ascesa della classe media e la speranza per un futuro migliore per i nostri bambini. Quali potrebbero essere i risvolti socialmente positivi dello sviluppo economico? L'unità. Il Brasile con le sue politiche energetiche intelligenti è un ottimo esempio di ciò che potrebbe aspettarci. La Colombia è riuscita a sedare la battaglia della droga, con grande sacrificio di vite umane e molta violenza. Credo che il Messico e il Guatemala stiano osservando la situazione, mentre Cuba è sul punto di operare tale cambiamento. Dopo il governo di Bush, nel “Nuovo Mondo” si è creata l'opportunità di costituire alleanze che potessero incentivare il progresso, non solo della regione ma anche del mondo. Solo in termini di risorse naturali, le opportunità sono sbalorditive. Speriamo che sia fatta giustizia. Negli ultimi anni alcuni Paesi latinoamericani si sono spostati verso governi più democratici. Credi che questo processo interesserà anche altri stati? La democrazia sta dilagando ed è curioso os-

servarne i diversi lati. Sì, io credo davvero che continuerà a diffondersi. Si pensi alla Cina: la democrazia coincide con il capitalismo? Questa è una domanda che ha fatto molto discutere tutto il mondo. Alcune società desiderano il socialismo, altre un capitalismo con libero mercato puro. Tuttavia non si placa il desiderio di essere liberi, di votare liberamente e di progresso nell'uguaglianza. Quali sono i rischi che potrebbero invece ostacolare lo sviluppo economico e socio-politico? La crescita economica sta aiutando a risolvere i problemi sociali o, al contrario, in alcuni Paesi c'è il rischio che esasperi le differenze e allarghi ancor più il divario tra ricchi e poveri? Io penso che in alcuni Paesi la crescita favorisca l'orrore. Non vi è dubbio, è sempre stato così. Ne è testimone la sbalorditiva guerra dei narcos che c'è al momento in Messico. La guerra per la droga è preda del puro capitalismo, ma è anche sommossa di terroristi insorti; non bisogna andare necessariamente in Iraq per vederne. Ciononostante l'urgenza dei messicani di andare avanti e vivere in sicurezza cresce ogni giorno di più. Sarà la gente stessa a porre fine a questa guerra prima che qualunque governo possa riuscirci. Le classi lavoratrici messicane forniscono giovani banditi alla guerra per la droga perché non esiste nessuna opportunità di andare avanti nelle parti più povere della loro società e di costruirsi una vita e di realizzarsi. Potere personale. A lungo andare, se si diffondono le possibilità e la speranza, dove possibile, la situazione per le strade cambierà. Quali sono i personaggi politici che hanno avuto un ruolo determinante in questo processo di rinascita dell’America Latina? Bisognerebbe citarne diversi. Dai personaggi di estrema destra che hanno portato la violenza 027


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estados unidos de américa latina

«Non si può ignorare il fatto che Messico e Stati Uniti siano come gemelli siamesi uniti dalla nascita che provano come possono a ignorarsi, ma non sfuggiranno mai l'uno all'altro»

militare alle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia), fino a uomini come Hugo Chavez e tutti gli altri del periodo intermedio. Non si possono ignorare gli effetti prodotti da promotori sociali come musicisti e poeti. Sì, in America Latina i poeti possono ancora cambiare il mondo, il rock’n’roll può ancora trasformare la cultura, aprire la via alla rivoluzione e alla redenzione. L'Europa e forse anche gli Stati Uniti lo hanno visto. Ma pensiamo all'incredibile potere di libero pensiero e libera espressione. Quanto è potente? Si guardi ad esempio l'eroico Facundo Cabral, il trovatore del Sud America a cui hanno sparato in Guatemala. Al contrario, ci sono personaggi che possono essere una minaccia per la rinascita e possono soffocare la democrazia e lo sviluppo economico? Mi riferisco in particolare al “trio” Chávez, Morales e Correa... Beh, tutti loro! Alcuni singoli Paesi, il Brasile per primo naturalmente, hanno avuto un ruolo davvero importante nello sviluppo dell’area latinoamericana, ma in ogni caso oggi la percentuale di crescita regionale dell'America Latina nel suo complesso è del 6%, il che significa che lo sviluppo sta davvero interessando l'intera area. Quali Paesi credi che possano svilupparsi maggiormente nei prossimi anni? Il Messico ovviamente. Non si può ignorare il fatto che Messico e Stati Uniti siano come gemelli siamesi uniti dalla nascita che provano come possono a ignorarsi, ma non sfuggiranno mai l'uno all'altro. Cuba si sta già trasformando. Pensiamo al Venezuela: con l'inevitabile morte o debilitazione di Chávez, il Paese sarà in posizione centrale sia per quanto riguarda i tumulti sia per la stabilità nel profondo sud. 028

Che connessione esiste tra lo sviluppo economico, specialmente in una prospettiva futura, e la ricchezza di fonti energetiche e naturali dell'America Latina? Esiste una profonda connessione tra le due cose.Il mondo s’interesserà all'America Latina sempre più e si dovrà prestare molta attenzione a ciò che succede in Iraq, Libia e altri Paesi del Medio Oriente. L'unica risorsa di cui il mondo ha approfittato e che ha al tempo stesso oltraggiato, è il lavoro umano a basso costo. Ma la fame è tanta lì fuori. Acqua, legno, zucchero, petrolio, gas, carne, coca... Bene! Torniamo a parlare del “tuo” Messico. Il governo di Calderón ha operato scelte importanti per l'economia e l'ambiente, ma ci sono ancora molti problemi sociali. Qual è la tua opinione riguardo alle prospettive e alle sfide presenti e future del Messico? La classe media messicana sta crescendo. C'è un negozio che si chiama Home Depot. In Italia avete qualcosa di simile? Si tratta di una specie di supermarket gigante per costruttori di case e tuttofare: ci puoi trovare tegole, tubi e cose simili, bagni e vasche. Il più grande di questi Home Depot del mondo è appena fuori da Città del Messico. Escludendo la già nota crisi dovuta alla droga, il Messico deve affrontare alcuni scompensi del NAFTA. L'agricoltura a livello locale è stata danneggiata dall'industria di mietitura di mais e un’allarmante quantità di aziende ha chiuso per trasferirsi in Cina e India. Ad ogni modo Calderón, accusato da alcuni di essere proprio lui il perno del narcotraffico, sembra avere un piano per rivitalizzare l'economia del Messico. Potrebbe funzionare. Da un lato la crisi negli Stati Uniti (e alcune dure

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«Mi piace ancora Obama e credo che sia entusiasmante la sua recente spinta verso il lavoro e gli investimenti, ma la politica nei confronti del sud è quanto meno opaca, nuvolosa, direi addirittura sconcertante» leggi anti-immigrazione) e dall’altro l’economia messicana che torna a crescere stanno portando a una strana controtendenza: molti latinos hanno deciso di ritornare in Messico… Se si guardano le statistiche sull'immigrazione clandestina negli Stati Uniti, è possibile notare che il numero di immigrati è diminuito. Gli agenti della Border Patrol [polizia di confine] si annoiano. Non c'è nessuno da inseguire. Si scherza dicendo che tutti i messicani sono già andati negli Stati Uniti ed è questa la causa di tale situazione. Ah, ah... A parte le battute, sta accadendo qualcosa di molto interessante da quelle parti. Qualcosa di misterioso e incomprensibile perfino agli occhi degli esperti. Basti pensare all'economia messicana, a cose come il gas naturale e l'energia solare ed eolica che divide con gli Stati Uniti. Tu vivi negli Stati Uniti e hai la doppia cittadinanza, quindi hai un particolare punto di vista sulla questione dell'America Latina e del suo rapporto con gli USA; è un tema che emerge sempre nei tuoi romanzi. Quale pensi che sia la situazione e quale l'approccio di Obama verso l’economia latinoamericana? Obama sta facendo confusione. Viene da Chicago, dove io vivo adesso. Conosco molti dei suoi amici e lavoro con uno dei suoi mentori dell'Università dell'Illinois. Come tutti, ho provato un'ondata di speranza quando è stato eletto. Mi piace ancora Obama e credo che sia entusiasmante la sua recente spinta verso il lavoro e gli investimenti, ma la politica nei confronti del sud è quanto meno opaca, nuvolosa, direi addirittura sconcertante. Comunque se vuole può chiamarmi in qualunque momento, e io obbedirò! Il processo d'integrazione dei Paesi dell'America Latina ha una storia lunga e problematica. Cosa

pensi che accadrà in futuro a questo proposito, considerando l'attuale rinascita della regione? Esiste un forte slancio, su scala mondiale, verso l'abbattimento dei confini. So che voi in Italia siete sensibili alla questione dell'immigrazione, così come lo sono in Francia, Inghilterra, Spagna e in tutto il mondo. L'America Latina è molto fiera di sé, nel complesso, non sempre ce ne rendiamo conto. L'America del sud si ama, e giustamente. Noi pensiamo che ci debba essere una specie di strana vergogna o imbarazzo dovuti al fatto di non essere battisti repubblicani del Nord America con i tatuaggi di Ronald Reagan, che pensano che noi mangiamo cose strane, parliamo una lingua divertente, ascoltiamo musica bizzarra, crediamo a santi e spiriti e potremmo essere socialisti! Oh mio Dio, no! Ma all'interno di questa generale considerazione di sé, anche gli stati indipendenti dell'America Latina si amano, hanno combattuto duramente per essere indipendenti e non credono facilmente che l'Argentina sia uguale all’Uruguay o che il Brasile e il Belize siano la stessa cosa, anche se noi potremmo pensarlo. Non si tratta di stati, ma di nazioni. Io spero sempre per il meglio, sebbene la storia mi abbia portato ad aspettarmi il peggio. Stiamo andando verso l'impero dell'America Latina? O verso una specie di Unione Europea in salsa latinoamericana? I vari interessi disseminati e le agende della regione la tengono subordinata a un gigantesco monolito di potere. Se si liberasse e si riuscisse a mantenere una visione umana e sana, affrontando la tremenda sofferenza delle popolazioni povere e indigene, allora potremmo vedere una nuova e fresca potenza sulle scene mondiali. 029


Sc

scenari

ECONOMIA AL RITMO DI SAMBA articolo di Maurizio Caprara fotografie di Blue Images/Corbis

«Il Brasile è nella lista ristretta delle nazioni che più daranno forma al XXI secolo», ha scritto una commissione di esperti del Council on Foreign Relations. Viaggio alla scoperta del motore (e di alcune ombre) dell’ottava (e forse fra poco quinta) economia del Pianeta, protagonista indiscussa anche dello scenario energetico internazionale.

C’è da sperare che nella nostra classe dirigente non ci si accorga di quanto è aumentato il peso del Brasile nel mondo soltanto quando di questo Paese si parlerà nelle serate televisive del 2014, perché ospiterà i Mondiali di calcio, e del 2016, quando sarà il turno delle Olimpiadi. Secondo una ricerca del luglio scorso commissionata dal Congresso degli Stati Uniti, quella brasiliana è l’ottava economia del Pianeta. Due anni fa risultava la decima. Nel marzo scorso, il ministro delle finanze Guido Mantega rivendicava che fosse la quinta, dando ormai per sorpassate Francia e Gran Bretagna (oltre che Italia). Stando a una previsione riportata negli USA, in un rapporto del Council on Foreign Relations – centro che raccoglie ricercatori e potenti e analizza questioni inter030

nazionali – il quinto posto potrebbe essere raggiunto entro il 2016. Nell’estate, questa corsa ha risentito della frenata dell’economia mondiale. Nel 2012 la crescita brasiliana scenderà al 3,6%, si stima. Ma negli ultimi otto anni il tasso medio è stato superiore al 4%, malgrado dal 2008 gran parte delle borse del Pianeta siano alle prese con la crisi. Per quanto quasi dovunque nelle previsioni finanziarie, si navighi a vista, il Paese che occupa quasi la metà della superficie dell’America Latina ha acquistato un’importanza maggiore rispetto al secolo scorso. Con Cina e India, il Brasile è uno dei mercati nei quali tanti altri Stati, Italia compresa, hanno interesse a ricavare spazi non marginali se intendono agganciarsi a consumatori che potrebbero trainare future riprese globali.

Questa capacità di attrazione significa, per il Brasile, anche peso politico. In un mondo che ne consuma sempre di più e deve contrastare il proprio surriscaldamento, inoltre, l’energia è fattore prezioso per l’influenza di un Paese. Lo Stato federale presieduto dal 2003 al 2010 da Luis Inácio Lula da Silva e dal 2011 da Dilma Rousseff ha scoperto cinque anni fa nuovi giacimenti di petrolio che lo possono portare tra i primi 10 produttori di greggio. Ricava il 75% della sua elettricità da impianti idroelettrici. È il secondo produttore di etanolo. Lula, ex sindacalista dei metallurgici, e Rousseff, economista figlia di un immigrato bulgaro, appartengono a una forza di sinistra, il Partido dos Trabalhadores. Benché aperta agli investimenti esteri, la loro politica è ricorsa a interventi dello Stato nell’e031


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economia al ritmo di samba

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Con Cina e India, il Brasile è uno dei mercati nei quali tanti altri Stati, Italia compresa, hanno interesse a ricavare spazi non marginali se intendono agganciarsi a consumatori che potrebbero trainare future riprese globali

ENERGIA PULITA Il Brasile ricava il 75% della sua elettricità dagli impianti idroelettrici

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conomia: sussidi a famiglie povere purché mandino i propri figli a studiare, indicazioni a grandi imprese nazionali private affinché privilegino gli investimenti dentro il Paese. Innegabile, quindi, che l’azione di Lula e Rousseff, agevolata dalle iniezioni di liberismo del predecessore centrista e moderato Fernando Henrique Cardoso, abbia favorito la crescita. Eppure sarebbe riduttivo interpretare quanto avvenuto tenendo conto soltanto di due o tre personalità. Una volta avviato, il motore dello sviluppo aumenta anche in popolazioni cariche di difficoltà anche la voglia di fare, l’ottimismo, la propensione a raggiungere traguardi. Tre qualità che in Italia coltiviamo sempre meno. Tra le nazioni, l’entusiasmo da “miracolo economico” che il nostro Paese conobbe negli anni Sessanta non ha un indirizzo di residenza fissa. A seconda delle fasi storiche, gira. La politica estera brasiliana ha guidato l’espansione commerciale puntando a rapporti con gli USA proficui anche se non remissivi, a intensificare i legami con i vicini, a incrementare la penetrazione dei prodotti nazionali

in Africa. Lo sviluppo è andato avanti mentre per gli equilibri internazionali successivi alla divisione del mondo in due blocchi, uno occidentale e uno sovietico, si è intensificata una fase di ridefinizione dagli esiti non scontati, con la superpotenza statunitense di fronte a varie potenze regionali intenzionate ad allargare i rispettivi raggi d’azione. «Il Brasile è nella lista ristretta delle nazioni che più daranno forma al XXI secolo», ha osservato una commissione di esperti del Council on Foreign Relations. Risultato enorme per l’ex colonia portoghese indipendente dal 1822, intrappolata dal 1964 al 1985 nella parentesi buia di una dittatura militare. Le misure di Lula e Rousseff hanno allargato la classe media, oggi quasi la metà dei 201 milioni di abitanti che rendono il Brasile il quinto Stato al mondo per popolazione. In politica estera, i due presidenti hanno accentuato un’impostazione “multilateralista”, assegnando un senso per niente rituale agli inviti alla collegialità tra più Stati per le scelte dagli effetti internazionali. Nel ricercare posizioni di prima fila nelle nuove sedi di deci-

sione sovranazionali, il Brasile addebita di essere entità superate sia al G8, formato dai sette Paesi più sviluppati e la Russia, sia al Consiglio di sicurezza dell’ONU, basato sulla titolarità permanente di seggi per i vincitori della Seconda guerra mondiale. Che le si condivida o meno, non sono valutazioni prive di presupposti e logica. Dal 2008 la crisi di Wall Street e delle borse europee, dovuta all’afflosciarsi di gracili prodotti finanziari artefatti, ha colpito il centro del capitalismo, non subito alcune sue periferie produttive. Ciò ha aumentato l’importanza del G20, composto dalle prime 20 economie del mondo. A scapito del G8. Nel G20 il rilievo del Brasile è cresciuto con quello del BRICS, insieme di Stati che comprende anche India, Cina e Sudafrica e che nel 2010 ha raggiunto il 23% del prodotto mondiale. Questo consesso viene spesso ritenuto un compatto G4 dei poveri (o ex poveri?). Tuttavia, per fare un esempio, i nuovi giacimenti scoperti spingono a salire la domanda di tubature per gas e petrolio e il governo brasiliano teme l’offerta cinese di acciaio lavorato a basso costo. «Non autorizzeremo 033


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economia al ritmo di samba

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L’OMBELICO DEL MONDO Nel 2014 il Brasile ospiterà i Mondiali di calcio, nel 2016 le Olimpiadi

mai beni stranieri a concorrenza sleale verso i nostri», ha avvisato Dilma Rousseff. «Nella crisi attuale la nostra arma principale è espandere e difendere il nostro mercato interno», ha detto. Linea difensiva di un Paese che non è soltanto una potenza regionale. Il Brasile è il maggior produttore di carne, zucchero di canna e caffè. In alcuni settori dell’agricoltura, costituisce una potenza di livello planetario. Alla testa di un corteo di Paesi in via di sviluppo, nell’Organizzazione mondiale per il commercio, è riuscito dal 2003 a impedire accordi del “Doha Round”. Rinfaccia alle nazioni ricche i sussidi ai rispettivi agricoltori. Meglio sgombrare il campo da un possibile equivoco. Il Brasile non persegue tutti obiettivi compatibili con gli interessi del nostro Paese. Ambisce a un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell’ONU. Per ottenerlo 034

Lula ha giocato di sponda con Germania e Giappone, la cui promozione avrebbe segnato uno smacco per l’Italia. Nel 2010 l’allora presidente brasiliano ha sottoscritto sui piani nucleari di Teheran un’intesa con l’Iran, sottoposto a sanzioni, e la Turchia (altra potenza regionale in crescita). Dagli USA e da tanti altri che in Europa sospettano la Repubblica islamica di preparare bomba atomica, è stato giudicato un aiuto alla tattica iraniana del prendere tempo per aggirare gli obblighi e creare irreversibili situazioni di fatto. Il Brasile comunque conta e mostra di aver titoli per contare più di prima. Alla FAO, l’organizzazione dell’ONU per l’alimentazione, dal 2012 il direttore generale sarà José Graziano da Silva. Per Lula è stato ministro della sicurezza alimentare. Su 180 votanti, ha ottenuto i voti di 92 Paesi, superando di quattro il candidato della Spagna. C’è un secondo equivoco da evitare:

Nel G20 il rilievo del Brasile è cresciuto con quello del BRICS, insieme di Stati che comprende anche India, Cina e Sudafrica e che nel 2010 ha raggiunto il 23% del prodotto mondiale

non è automatico che il rafforzamento del Brasile sia inarrestabile. La sua forza lavoro giovane abbonda, ma non è istruita quanto servirebbe. Mancano infrastrutture, i sistemi organizzativi efficienti sono pochi. Il divario tra ricchi e poveri colloca il Paese al decimo posto nel mondo per ineguaglianza. Malgrado le politiche governative abbiano ridotto gli omicidi, le statistiche sui crimini restano impressionanti e il rapporto per il Congresso degli USA riferisce che dal 2003 le persone uccise dalle forze di polizia sono state oltre 11.000. Tenerne conto non deve voler dire dimenticare l’inversione di tendenza degli ultimi anni: il passaggio da crisi a sviluppo. Puerile risulta la malcelata malizia di alcuni quando si ricorda che Dilma Rousseff era una guerrigliera. L’attuale capo di Stato lo fu contro una dittatura dalla quale subì prigionia e tortura. Un presidente che l’Italia ebbe

l’onore di avere, l’ex partigiano Sandro Pertini, ricevette sotto il Fascismo sei condanne. Due volte evase. Fondata invece è l’indignazione che ha accolto in Italia il “no” di Lula all’estradizione di Cesare Battisti. L’ex terrorista rosso non era in armi per la libertà. Al contrario, venne condannato all’ergastolo, in una democrazia, per un totale di quattro omicidi degli anni Settanta ai quali fu riconosciuto colpevole di aver partecipato o concorso. Ma più che subordinare al caso Battisti i rapporti tra i due Stati, meriterebbe rimedi una lacuna messa in evidenza da Giorgio Napolitano sul terrorismo italiano, una carenza che ha influito sulla scelta sbagliata di Lula: «Forse è mancato qualcosa nella nostra cultura e nella politica, qualcosa in grado di trasmettere alle nuove generazioni che cosa accadde davvero in quegli anni tormentosi». Sul Brasile l’Italia ha bisogno di una strategia, non di darsi la zappa sui piedi. 035


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scenari

¡QUE VIVA MÉXICO RENOVABLE! articolo di Alessandra Viola fotografie di Bill Ross/Corbis

Per entrare nel prestigioso gruppo degli E7, le sette nazioni emergenti del mondo, il Messico sta mettendo in atto una vera e propria rivoluzione energetica. Quella che sta rapidamente trasformando il Paese da esportatore di petrolio (il settimo mondiale) a leader latinoamericano delle rinnovabili, subito dietro al Brasile.

Per passare da “sottosviluppato” a Paese “in via di sviluppo”, il Messico ha avuto bisogno solo di una riverniciatina politically correct. Ma per il balzo successivo, quello che gli ha consentito di entrare nel prestigioso gruppo degli E7, i sette Paesi emergenti del mondo, c’è voluto molto di più: una vera e propria rivoluzione energetica. Quella, per intenderci, che sta rapidamente trasformando il Messico da esportatore di petrolio (il settimo al mondo) a leader latinoamericano delle rinnovabili, subito dietro al Brasile. Certo, una bella spinta l’avrà data il timore dei cambiamenti climatici in atto, che hanno motivato il presidente Felipe Calderòn a presentare a Cancùn il “Programma di prevenzione e attenzione alle calamità naturali”, nel quale si analizzano i rischi dell’aumento del livello dei mari e del crescente numero di uragani e tempeste tropicali che 036

colpiscono il Paese e si prospettano una serie di misure per contrastarle. Un’iniziativa che è valsa al presidente il premio “Champions of the Earth” 2011 assegnato dall’UNEP, il programma per l’ambiente delle Nazioni Unite. Ma è altrettanto certo che il suo peso l’ha avuto anche la decrescita della capacità produttiva degli sfruttatissimi pozzi petroliferi messicani, che sono passati dai 3,4 milioni di barili al giorno del 2004 ai 3 milioni di barili del 2009 e che continuano a produrre sempre meno. Le esportazioni di greggio fruttano ancora al Messico circa metà del PIL, ma il Paese è già corso ai ripari per far fronte alle emergenze economiche, industriali e climatiche (secondo alcune stime nei prossimi decenni una percentuale compresa tra il 5 e il 20% del prodotto interno lordo dovrà essere impiegata per far fronte ai disastri causati dal cambiamento

climatico) in agguato nel breve periodo. L’obiettivo fissato per il 2012 è quello di supportare la crescita economica puntando sulle rinnovabili e investendo su eolico, solare e geotermia, fino a coprire con queste e altre energie verdi il 26% della domanda interna. Attraendo allo stesso tempo – effetto secondario certo non trascurabile – ingentissimi capitali stranieri: secondo le stime del governo, quasi 100 miliardi di dollari, sempre entro il 2012. Gli aiuti non mancano, in prima linea quelli dei CIF, i Climate Investment Funds, fondi d'investimento per il clima destinati ai Paesi emergenti dalla Banca Mondiale. In Messico ne arriveranno per oltre sei miliardi di dollari e aiuteranno il Paese a onorare la sua promessa di tagliare le emissioni di gas serra del 50% da qui al 2050. La drastica riduzione di CO2 passerà attraverso la rivoluzione nei trasporti, oggi responsabili del 18% 037


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¡que viva méxico renovable! | oxygen

1810-1910-2010 Nel 2010 il Messico ha festeggiato il bicentenario dell’Indipendenza e il centenario dell’inizio della Rivoluzione

delle emissioni del Paese. Per quelli di terra si partirà con la sostituzione dei vecchi autobus con veicoli ibridi e una rete di treni leggeri, mentre dal canto suo l’aviazione nazionale sta puntando sull’olio ottenuto dalla jatropha per una miscela di biocarburante sostenibile e meno inquinante. Anche le costruzioni faranno la loro parte, grazie al nuovo cemento geopolimerico, brevettato dai laboratori nazionali, che emette l’80% di CO2 in meno. Le città fanno la loro (piccola ma significativa) parte: a Guadalajara il nuovo stadio è tutto ecosostenibile, mentre a Othon P. Blanco hanno interamente riconvertito a LED l’illuminazione pubblica, abbattendo del 50% la bolletta elettrica e creando il più grande impianto stradale di questo tipo in tutta l’America Latina. Del resto nel “Piano nazionale di sviluppo 2007-2012” la sostenibilità ambientale è individuata come il perno delle politiche nazionali. In poche parole: il Messico ha deciso di puntare sull’ambiente per sostenere il suo sviluppo economico e sociale. Quindi, per esempio, anche il piano di “elettrificazione rurale” punta sulle rinnovabili negli

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stati di Oaxaca, Veracruz, Guerrero e Chiapas (tra i più poveri del Paese) per portare elettricità a circa 2500 comunità agricole, che per essere troppo piccole o troppo lontane dai grandi centri abitati probabilmente non verranno mai connesse alla rete elettrica nazionale, ma potranno comunque rendersi indipendenti grazie a sole e vento. Nel 2008 (ultimo dato disponibile), il Messico contava su una potenza da fonti rinnovabili di 1924 MW e il progetto governativo è di toccare quota 4831 MW nel 2012. Un obiettivo indubbiamente ambizioso, che ha indotto Calderòn a mettere ordine nella politica energetica nazionale per offrire agli investitori maggiore sicurezza e garantire trasparenza e semplificazione burocratica. Per attrarre capitali dall’estero, il Paese ha puntato con decisione sulle sue due maggiori ricchezze: vento e sole. Mini e soprattutto maxi impianti, in grado per esempio di far balzare nel 2007 la capacità eolica installata da 1,5 MW a 85 MW (con la centrale di La Venta II, nello stato di Oaxaca) e di portarla poi agli attuali 170 MW che presto potrebbero saltare fino a 2000 con le nuove centrali già

L’obiettivo fissato per il 2012 è quello di supportare la crescita economica puntando sulle rinnovabili e investendo su eolico, solare e geotermia fino a coprire con queste e altre energie verdi il 26% della domanda interna

autorizzate e in attesa di essere costruite. Per la sua posizione geografica, il Messico possiede diverse aree idonee alla produzione eolica e si candida a essere il maggior produttore latinoamericano di questo tipo di energia. Ma la sua vicinanza all’equatore garantisce anche un irraggiamento solare molto al di sopra della media, che fa decisamente la sua parte nell’attrarre gli investitori. «La radiazione solare in Messico è pari mediamente a 5 kWh al giorno per metro quadrato, ma in alcune regioni può arrivare fino a 6 kWh», ricorda il Ministro dell’energia nel sito dell’agenzia governativa Promèxico. «Con un’efficienza del 15% [cioè quella dei più comuni pannelli fotovoltaici, N.d.R.], un’area di 25 chilometri quadrati nel deserto di Sonora o nel Chihuahua potrebbe generare abbastanza elettricità da soddisfare tutta la domanda interna del Paese». Condizioni davvero ottimali, di cui devono essersi accorte anche le industrie: sono più di 200 le compagnie operanti nel settore, e in continua crescita. Un piccolo boom che ha portato, tra l’altro, la capacità istallata dai 19,4 MW

del 2008 ai probabili 28 MW del 2011. Come non concordare con l’Associazione messicana per le energie rinnovabili (AMPER), che nel suo sito sottolinea quanto sia proficuo investire in un Paese benedetto dal sole che riceve un irraggiamento quasi doppio della Germania (l’esempio non è casuale: si tratta del Paese con la maggiore potenza istallata al mondo)? I competitor si ritengano avvisati: grazie alla sua posizione geografica, il Messico che è da poco entrato nella lista dei 15 maggiori produttori mondiali di energia solare (per potenza istallata) si prepara a risalire ulteriormente la china. Comunque, ampliare il portafoglio energetico nazionale è palesemente uno degli obiettivi di Calderòn, che non punta solo su eolico e solare, ma anche su mini-idroelettrico, geotermia (con 6,7 TWh il Messico è già il secondo produttore mondiale, subito prima dell’Italia) e alghe. E si adopera per risolvere anche uno dei principali problemi legati all’uso delle rinnovabili: la conservazione dei surplus di energia prodotti durante i momenti di “picco” per riutilizzarla nei momenti

di calo. Grazie a tre miliardi di euro e al progetto presentato dalla società Rubenius, sta per prendere il via nella Baja California la costruzione di un impianto in grado di accumulare fino a 1000 MW, grazie a batterie a sodio e zolfo. Il sito è stato scelto con cura per la sua posizione all’interno di un vero e proprio distretto tecnologico transfrontaliero. L’impianto infatti servirà sia il Messico sia gli Stati Uniti, che proprio in quella zona stanno sviluppando grandi progetti di energia solare. Con la sgangherata politica energetica che ci ritroviamo in Italia, ce ne sarebbe già abbastanza per rimanere con un palmo di naso. Ma cosa diremo allora nel 2048, quando di questo passo (secondo la stima della società di consulenza Pricewaterhouse Coopers) l’economia messicana supererà la nostra? Potremo forse tirarci un po’ su pensando che 10 anni prima, probabilmente addirittura entro il 2036, l’economia dei G7 (gli ex sette grandi, di cui fa parte anche l’Italia) sarà stata surclassata da quella degli E7, i sette Paesi emergenti di cui fa parte anche il Messico. Come consolazione però non è granché. 039


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rubriche

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Messico e numeri

OBIETTIVO 2048 —

a cura di Oxygen

Nel “Piano nazionale di sviluppo 2007-2012” la sostenibilità ambientale è individuata come il perno delle politiche nazionali. Il Messico ha deciso di puntare sull’ambiente per sostenere il suo sviluppo economico e sociale.

FONTI RINNOVABILI

Il 26% della domanda energetica interna del Messico, entro il 2012, deriverà da fonti rinnovabili

80%

RISPARMIO CO2 Il risparmio di CO2 grazie al nuovo cemento geopolimerico brevettato dai laboratori nazionali messicani sarà dell'80%

2009

Sono 200 le compagnie messicane operanti nel settore eolico (in continua crescita)

Nel 2009 il Messico è entrato tra i 15 maggiori produttori di energia eolica

COMPAGNIE EOLICHE

2500 AZIENDE VERDI

26%

200

Le comunità agricole che potranno rendersi indipendenti grazie a sole e vento sono 2500

Il Messico sorpassa l’Italia? Entro il 2048 l’economia messicana supererà quella italiana stima Princewaterhouse Coopers

TRA I 15 BIG DELL'EOLICO

6,7 TWh

Il Messico è il secondo produttore mondiale di energia geotermica (subito prima dell’Italia), con 6,7 TWh

2011

34%

Nel 2011 il presidente Felipe Calderòn ha vinto il premio dell’UNEP (programma per l’ambiente dell’ONU) “Champions of the Earth”

Il tasso di deforestazione annuale del Messico nel 2010 si è ridotto del 34%

"CHAMPIONS OF THE EARTH"

ALBERI RISPARMIATI


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portfolio

I geyser di Atacama fotografie di Tobias Titz - Hubert Stadler Paulo Fridman - Alison Wright

El Tatio è una distesa di geyser situata nel nord del Cile, a 4200 metri di altitudine. La zona fa parte della catena delle Ande e del deserto di Atacama che – compreso tra Perù, Argentina e Cile – è tra le aree più aride della Terra. Dopo le rarissime piogge, il deserto si ricopre di piccoli fiori rossi, conosciuti come “rose di Atacama”. A questi fiori s’ispira una celebre raccolta di racconti di Luis Sepúlveda. «Quando mi tirai su, vidi che il deserto era rosso, intensamente rosso, coperto di minuscoli fiori color sangue. Eccole. Sono le rose del deserto, le rose di Atacama. Le piante sono sempre lì, sotto la terra salata. […] Sono sempre lì e fioriscono una volta l'anno. A mezzogiorno il sole le avrà già calcinate» (da Le rose di Atacama di Luis Sepúlveda).

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i geyser di atacama

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CON PIÙ DI 80 GETTI ATTIVI, El Tatio è la terza zona di geyser al mondo per estensione, dopo Yellowstone e Dolina Giezerov (parzialmente distrutta nel 2007). Il momento migliore per vedere i geyser è l'alba, quando appaiono sormontati da una colonna di vapore condensato dall’aria fredda del mattino.

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i geyser di atacama

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ENEL GREEN POWER HA COSTRUITO NELL’AREA DI EL TATIO IL PRIMO POZZO PROFONDO, individuando, tra i 1600 e i 1700 metri, fluidi a circa 230°. I test preliminari hanno evidenziato una produzione corrispondente alla potenza elettrica di 5 MW, sufficienti alla realizzazione di una centrale da 50.000 kW.

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scenari

BUENOS AIRES, EUROPA? articolo e fotografie di Sebastiano Vitale

Buenos Aires è una megalopoli con caratteristiche uniche: è molto più europea che sudamericana, nelle abitudini, nei modi di fare, nella gestione del traffico e delle professionalità, ma è il secondo nucleo urbano del Sudamerica, dopo San Paolo in Brasile, e presenta caratteristiche e criticità sconosciute all’Europa, che determinano manovre politiche ed economiche di sostenibilità sociale che non sono abituati ad affrontare da questa parte dell’Oceano Atlantico. Secondo il Barometro dell’Osservatorio del Debito Sociale redatto annualmente dall’Università Cattolica Argentina, il 15% dei 13 milioni di abitanti di Gran Buenos Aires vivono in situazione di precarietà abitativa, sanitaria, educativa e infrastrutturale, a livello di strutture fognarie, dei trasporti, di allacciamento alla luce elettrica, al gas e all’acqua potabile. Quasi due milioni di persone, nella provincia di Buenos Aires, hanno a che fare quotidianamente con problemi di questo genere, pur vivendo nel contesto politico e sociale più europeo di tutto il continente latinoamericano. È difficile quantificare esattamente il numero degli abitanti precari; per esempio, Jorge Alvarez, consigliere comunale di San Isidro, zona a nord di Gran Buenos Aires, è a capo di associazioni e progetti pubblici per aiutare gli abitanti argentini mai

iscritti all’anagrafe ad acquisire un'identità civile. Il numero di indocumentados oscilla fra i 500.000 e gli 800.000: la gran parte di loro vivono in agglomerati urbani chiamati “Villa Miseria”, o più semplicemente “Villas”, l’equivalente argentino delle favelas brasiliane. La sfida più grande a livello di manovre indirizzate alla sostenibilità sociale e urbana è di migliorare le condizioni di vita e di accesso alle infrastrutture sanitarie, energetiche e urbanistiche di queste aree abbandonate a se stesse e di grande densità abitativa. I progetti più interessanti sono relativi alla Vivienda, ovvero la costituzione di nuove strutture costruite secondo parametri di effettiva vivibilità. L’Instituto de Vivienda de la Ciudad promuove la costruzione di unità abitative attraverso l’urbanizzazione di terra non edificata, il recupero di capannoni, palazzi e strutture inutilizza-

te, coinvolgendo i destinatari di queste iniziative attraverso forme di microcredito, promozione di attività comunitarie e creando strutture di autogestione che vengono delegate a cooperative di cittadini. Il coinvolgimento attivo dei cittadini è fondamentale per sviluppare progetti urbanistici complessi che possano ospitare, oltre alle abitazioni, anche allacciamento alla rete elettrica, idrica, fognaria e dei trasporti. Essendo aree complesse con dinamiche interne molto particolari e di difficile controllo; attraverso soluzioni di autogestione e coinvolgimento vengono abbattuti problemi di gestione del territorio e avviati processi “positivi” a soppiantare la concreta eventualità di non gestibilità dei lavori a causa di disordini. Le Villa Miseria sono distribuite in tutta la città, alcune molto centrali, altre più marginali. La Villa 31, una delle

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buenos aires, europa?

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1 PIANO DI MOBILITÀ SOSTENIBILE È un progetto di progressiva rivoluzione dei trasporti in Buenos Aires, con lo scopo di migliorare la qualità della vita e ridurre l’inquinamento ambientale. Le priorità del progetto sono incrementare l’utilizzo del trasporto pubblico, la mobilità salutare (uso di biciclette, aree pedonali e bus ecologici, ibridi diesel-elettrico). Fra le attività di promozione del programma ci sono raduni di svariate migliaia di ciclisti che settimanalmente invadono il centro della città, di giorno e di notte, rispettando orari e percorsi definiti dal programma del governo della città di Buenos Aires.

più estese, occupa una posizione assolutamente strategica a lato di una delle zone più ricche e importanti del centro di Buenos Aires. I programmi di miglioria sono quindi molto particolari e complessi, e spesso si limitano a manovre di contenimento del malcontento, soprattutto in periodi pre-elettorali o di grande tensione. La difficoltà è nel creare manovre a lungo termine che possano effettivamente risolvere problemi strutturali importanti. Nei prossimi quattro anni verranno costruite 25.000 unità abitative con i fondi del Programma di Radicazione, Integrazione e Trasformazione delle Villas e dei Nuclei Abitativi Transitori e del Gobierno Central de Buenos Aires. Parte di questo progetto prevede la costruzione di aree verdi, scuole, mense, strutture sanitarie e sportive. Oltre ad attività per recupero di tossicodipendenti, iniziative culturali, di incentivo all’occupazione femminile e per incentivare la formazione spontanea di micro-imprenditoria in forma di cooperativa. Parallelamente alla Buenos Aires delle Villas c’è la Buenos Aires città, una delle megalopoli più interessanti e culturalmente attive al mondo, con produzioni artistiche, culturali e scientifiche in continua crescita, e con programmi di 050

sviluppo sostenibile assolutamente in linea con i progetti europei più avanzati. I programmi ambientali e quelli orientati a una miglior vivibilità del territorio non sono solo una questione politica: l’argentino ha, generalmente, un rapporto con la natura più sviluppato e attento di quello europeo, escludendo forse i Paesi scandinavi.

Accanto a quella delle Villas c’è la Buenos Aires città, una delle megalopoli più interessanti e culturalmente attive al mondo Basti pensare che 12 ettari nel cuore del centro di Buenos Aires appartengono alla Sociedad Rural Argentina o che la quasi totalità degli argentini conosce la natura, sa andare a cavallo e ha di conseguenza maggior propensione a sensibilizzarsi su problematiche ambientali. Questa maggior confidenza con la natura e l’attenzione alla qualità della vita generano in modo naturale iniziative-

come Producir Mas Limpio, “produrre più pulito”, un programma governativo che invita a sottoporre tecnologie, proposte, progetti e soluzioni per armonizzare in modo efficiente la crescita economica e sociale con la protezione ambientale della città di Buenos Aires, in modo da prevenire la contaminazione e i rischi per l’uomo e l’ambiente. La rete dei trasporti in Buenos Aires ha un’efficienza più sudamericana che scandinava, però; proprio per questo conta migliaia di autobus che 24 ore al giorno collegano qualsiasi angolo della città ad esclusione delle Villas. Il governo della città di Buenos Aires, attraverso l’Agenzia di Protezione Ambientale, sta iniziando esperimenti di Ecobus, ibridi di diesel ed elettrico, che permettono una riduzione di emissioni di monossido di carbonio del 55% e del consumo di carburante fra il 30 e il 40%. Altra strategia per ottimizzare il traffico è la destinazione d’uso esclusiva a mezzi di trasporto pubblico di un numero di strade sempre crescente, unita al costo della corsa pari a 20 centesimi di euro, in proporzione molto vantaggiosa rispetto ai costi europei. Il tutto unito a varie campagne pubblicitarie per incentivare i trasporti pubblici, molte delle quali fanno esplicito riferimento

all’impatto ambientale, al risparmio e all’effetto sulla riduzione del traffico e della congestione delle strade che si può ottenere con un uso intelligente dei trasporti pubblici. In linea con le grandi capitali del mondo, Buenos Aires ha dedicato 100 chilometri a piste ciclabili e iniziato una serie di progetti pilota di affitti pubblici di biciclette. L’Agenzia di Protezione Ambientale lavora anche a stretto contatto con le imprese, organizzando corsi di utilizzo efficiente delle risorse energetiche e incentivando l’uso di energie rinnovabili. Altre attività di interesse, relazionate al traffico crescente, al cambiamento climatico e all’aumento di precipitazioni ed effetto serra, sono iniziative di bioedilizia e architettura sostenibile, relazionate soprattutto al riutilizzo di aree dismesse o all’ottimizzazione di spazi come tetti e terrazze per installare aree verdi in modo da contenere l’inquinamento e supportare un riequilibrio dell’ecosistema urbano. Buenos Aires è una megalopoli in continua crescita, ma con dinamiche a suo modo europee: cresce lentamente e con moderazione, non attraverso rapide rivoluzioni tipiche delle nuove metropoli asiatiche o di città come San Paolo. Oltre ai progetti di urbanizza-

zione delle Villa miseria, le costruzioni significative su grande scala si limitano ad aree ben delimitate, Puerto Madero, l’emblema della modernità argentina, sta crescendo a vista d’occhio, ed è l’unica area che ospita grattacieli o uno skyline da grande metropoli anche se a un paio di isolati di distanza, a metafora dell’ecosistema urbano argentino, si trova la Reserva Ecologica, una distesa di 3,5 chilometri quadrati, area protetta che ospita un'incredibile biodiversità e una grande quantità di anfibi, rettili, mammiferi e soprattutto uccelli di ogni genere. La Reserva Ecologica è emblematica perché è nata da sola, coprendo lentamente un'enorme distesa di rifiuti accumulati negli anni ’70 e ’80 durante la costruzione di un’autostrada interna alla città. La Reserva nasce autonomamente, senza fare rumore; oggi è uno spazio incontaminato e intoccabile, visitato quotidianamente da migliaia di persone nelle notti di luna piena. La Riserva Ecologica si affaccia sul Rio de la Plata, fiume talmente grande da nascondere alla vista l’altra sponda, un panorama secondo soltanto a quello che si può osservare semplicemente voltandosi: una gigantesca laguna piena di uccelli rari e piante sconosciute delimitata da spettacolari grattacieli. È Buenos Aires.

2 BUENOS AIRES PRODUCE PIÙ PULITO Il programma incentiva, attraverso iniziative congiunte fra pubblico e privato e fondi, particolari progetti, proposte, tecnologie e soluzioni che riducano, oppure ottimizzino, l’uso energetico. Le imprese che hanno partecipato al programma sono per ora 80, hanno raggiunto obiettivi interessanti, riducendo di oltre il 35% il consumo di acqua e le emissioni di CO2, del 20% la produzione di residui solidi e del 15% il consumo di luce e gas. Un numero crescente di imprese sta partecipando al programma.

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rubriche

| future tech

Argentina: il futuro è la biotecnologia?

Una nuova proteina con attività antitumorale presente nei comuni funghi porcini (Boletus edulis)

a cura di Simone Arcagni fotografia di White

Dopo 12 anni di primato, seconda solo agli Stati Uniti, l’Argentina è oggi la terza potenza mondiale, superata anche dal Brasile, nella produzione di organismi geneticamente modificati in termini di superficie coltivata, pari a 22,9 milioni di ettari nel 2010. La ricerca biotecnologica è in espansione e sono diversi gli ambiti d’innovazione. Ecco qualche previsione per il futuro.

La EFB (European Federation of Biotechnology) definisce la biotecnologia come «l'integrazione delle scienze naturali e inoltre di organismi, cellule, loro parti o analoghi molecolari, nei processi industriali per la produzione di beni e di servizi». Una scienza interdisciplinare che prevede una dialettica stretta tra informatica, biologia, chimica e medicina e che si occupa principalmente di metodi di modificazione genetica basati sulle tecniche del DNA ricombinante e della fusione cellulare. Si tratta di una scienza che unisce il bios e le scienze informatiche, e quindi si pone all’avanguardia della sperimentazione tecnologica, come il medical imaging e l’IT in campo

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medicale, o gli studi di intelligenza artificiale che sempre più guardano con interesse a “cervelli” ibridi neuronali. L’Argentina, Paese dalla grande tradizione agricola, ha imboccato la via delle biotecnologie nel suo periodo di sviluppo economico per le ricadute che questo tipo di ricerche potevano offrire proprio in agricoltura, sviluppando una massa di studi indirizzati in vari campi e facendo dell’Argentina la nazione con il più alto numero di centri di ricerca nel settore (insieme a Canada e USA, e di recente si segnala l'ingresso di Cina e Brasile). In particolare, il campo applicativo che più si è sviluppato è l’agricoltura, con le

BIOTECNOLOGIE, NON SOLO OGM — In Argentina sono 40 i centri di ricerca dedicati alle bioscienze e il settore farmacologico è in forte espansione.

coltivazioni di OGM. L’Argentina ha infatti convertito un’alta percentuale delle coltivazioni a soia transgenica, ridefinendo l’economia agricola del Paese attraverso grandi concentrazioni terriere; una svolta industriale nella gestione dei campi e uno sviluppo tecnologico nello studio delle applicazioni sia di piante OGM, sia di pesticidi. Se l’impatto iniziale è stato positivo in termini economici, in seguito i problemi della monocultura, quelli legali relativi ai brevetti OGM e quelli ambientali legati ai nuovi dati sui pesticidi hanno impresso una curva negativa all’economia già in crisi del Paese. Ma le biotecnologie non sono solo OGM e se l’Argentina ha circa 70 centri di ricerca biotecnologica in agricoltura, circa 40 però sono quelli indirizzati alle bioscienze. Il Paese può gestire un patrimonio di conoscenze e di tecnologie che si sta orientando verso nuovi mercati di applicazione, e così Lino Barañao, ministro argentino di scienza, tecnologia e produzione innovativa, ha recentemente individuato nel mercato farmacologico il ramo di maggiore sviluppo odierno e quello dalle più grandi aspettative future. In questo campo, per esempio, Argentina e Italia hanno collaborato per una ricerca che ha incrociato chimica, medicina, biologia e biotecnologie e che ha portato alla scoperta di una nuova proteina con attività antitumorale presente nei comuni funghi porcini (Boletus edulis). La ricerca – pubblicata su “Glycobiology” – è una sinergia tra le università di Verona e Pavia e l'Universitad Nacional de Córdoba. Un ponte tra i due Paesi nel campo di questo genere di ricerca

è rappresentato anche da Francisco E. Baralle, direttore generale dell’ICGEB (International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology) di Trieste, PhD in chimica all’Università di Buenos Aires e laurea in medicina e chirurgia all’Università di Napoli, e sovrintendente del progetto “Linee cellulari transgeniche con espressione regolabile del gene eterologo” (ICGEB e Università di Buenos Aires), nato all’interno di rapporti quadro tra i due stati. Studi sul transgenico animale, terapie genetiche e biodiversità sono priorità per l’Argentina e per la sua più grossa compagnia nazionale, Bio Sidus, con sede a Buenos Aires e con un mercato in prodotti biofarmaceutici che si estende in Asia, Africa, Europa dell’Est e America Latina. Bio Sidus da oltre 20 anni collabora con i centri di ricerca e le università argentine e soprattutto rappresenta il Paese nel mondo per le sue ricerche e i suoi prodotti. Come il nuovo Osteofortil®, la ricombinazione dell’ormone paratiroideo umano usato per il trattamento e la prevenzione dell’osteoporosi. Centri come INDEAR (Instituto de Agrobiotecnologia Rosario) e network industriali come FAB (Forum Argentino di Biotecnologie) e BIOTECSUR, che unisce centri di ricerca pubblici e privati dell’area del MERCOSUR (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) per sviluppare una visione a lungo termine sull’applicazione delle biotecnologie, testimoniano la vitalità e la fiducia nella ricerca scientifica sulle biotecnologie che sta caratterizzando tutta l’America Latina.

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approfondimento

L’America Latina alza la cresta? articolo di Luis Alberto Moreno fotografie di Pete Starman - Robert Dowling

Gli economisti dell'Inter-American Development Bank stimano che raddoppiando le uscite economiche latinoamericane si potrebbe ridurre la povertà dal 32% al 10% della popolazione, facendo crescere la classe media fino al 75%. Ma ci sono cinque ostacoli da superare. Ecco quali, secondo il presidente della IDB.

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Se la regione crescesse al ritmo sostenuto di 4,8% ogni anno (percentuale degli ultimi sette anni, escluso il 2009, quando è iniziata la recessione globale), dal 2025 raddoppierebbe il suo prodotto interno lordo.

Essere ottimisti sul futuro dell'America Latina può essere rischioso. Lo sanno bene gli immigrati italiani venuti nel Nuovo Mondo più di un secolo fa. Hanno fatto grandi sacrifici personali, correndo enormi rischi, con la speranza di costruire un futuro pieno di vita per i loro figli in diversi Paesi, come l'Argentina, il Brasile, l'Uruguay, il Venezuela e il Messico. Queste famiglie di immigrati hanno affrontato ogni sorta di difficoltà per adattarsi ai loro nuovi Stati, ma hanno tenuto duro e nel giro di due o tre generazioni hanno raggiunto la prosperità. Il lascito di quest’ottimismo italiano è evidente nell'industria, nel commercio, nella scienza, nella letteratura e anche nelle arti visive delle Americhe. Infatti la galleria d'arte del centro culturale della Inter-American Development Bank (IDB) di Washington al momento presenta un’esposizione di pittori latinoamericani di origine italiana. Programmata in concomitanza con le celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, l'esposizione è un testamento vivido di quel terreno fertile e creativo che artisti come Pedro Figari ed Emilio Pettoruti hanno trovato in America Latina. Il mio personale ottimismo riguardo al

futuro dell'America Latina e dei Caraibi, nonché su quello degli immigrati italiani, si basa su una lungimiranza storica. Oggi, così come in molte altre circostanze dello scorso secolo, quasi tutti i titoli dei giornali ci avvertono che l'attuale momento economico favorevole della regione potrebbe finire o attenuarsi a causa della crisi finanziaria che sta colpendo tutti i Paesi industrializzati. La possibilità che accada davvero una cosa simile è reale e l'area potrebbe davvero soffrire una temporanea battuta d'arresto economica come conseguenza di tali fattori esterni. Tuttavia nel mio lavoro ho il privilegio di poter vedere le cose da diverse prospettive. Viaggio di continuo e posso parlare con personaggi influenti della sfera pubblica, privata e accademica di tutto l'emisfero. L'inevitabile conclusione che si può trarre è che l'America Latina è cambiata, in tanti modi che non riusciamo sempre a percepire, e che tali cambiamenti hanno portato la regione a una posizione fondamentalmente più favorevole. Pensiamo per esempio a ciò che è accaduto nel 1990. Le crisi del debito della cosiddetta “Decada Perdida” (il “decennio perduto”) degli anni Ottanta hanno fran-

tumato la fiducia della regione. Sospetto che in quel periodo, e in ciascuno dei 20 tumultuosi anni successivi, il senso delle crisi non si sia placato, così come non è diminuita la percezione che l'America Latina fosse capace di migliorare. Tuttavia la storia ci presenta un quadro della situazione molto diverso. Se immaginiamo per un momento che l'America Latina e i Caraibi siano singoli Stati, possiamo notare una sorprendente trasformazione. L'inflazione si è abbassata passando dalla media regionale di quasi il triplo del 1990 fino al 7% circa del 2010. Nel 1990 il debito estero dell'America Latina era del 28% del PIL; 20 anni dopo è sceso al 10% circa. Il reddito pro-capite nel 1990 era di 5200 dollari del potere d'acquisto: si è più che raddoppiato nel 2010, raggiungendo gli 11.200 dollari. Il risultato nella sfera sociale non è stato meno notevole. Nel 1990 la popolazione povera era costituita dalla metà di quella totale, oggi da un terzo. La copertura di acqua potabile è cresciuta dall’85% al 93%, quella di abitazioni con elettricità è passata dal 70% al 93%. Nel settore dell'educazione la percentuale di iscrizioni alla scuola primaria è salita dall'86% al

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l'america latina alza la cresta?

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IL COMMERCIO “SUD-SUD” Per i prossimi decenni, gli analisti prevedono una riorganizzazione radicale delle relazioni commerciali tra le economie ricche e quelle emergenti

94%; le iscrizioni alla scuola superiore dal 29% sono salite al 71% e quelle ai gradi di istruzione successivi hanno raggiunto il 38%, dal 17%. Nel frattempo le relazioni commerciali della regione hanno subito una riconfigurazione senza precedenti. La media delle tariffe per la clientela estera è passata dal 45% al 9% soltanto. Nel 1990, il 60% del commercio estero dell'America Latina è avvenuto con gli Stati Uniti, mentre il 10% con l'Asia. Oggi, mentre il commercio con l'Unione Europea è rimasto stabile al 15% circa del totale, gli Stati Uniti hanno raggiunto il 40%, mentre il commercio con l'Asia si è raddoppiato fino al 20%. Il commercio tra i nostri Stati interni all'area, che ammontava solo a 18 miliardi di dollari nel 1990, ha raggiunto la cifra 10 volte superiore di 180 miliardi di dollari nel 2010. Vista da un'altra angolazione, negli ultimi 20 anni, nonostante le cantonate e le battute d'arresto che tutti ricordiamo, l'America Latina ha fatto enormi progressi e ha migliorato come pochi altri avrebbero creduto fosse possibile. Forse il più importante successo è l'inversione di tendenza in materia di gestione fiscale e finanziaria intrapresa da molti dei nostri governi. Queste riforme hanno posto le fondamenta della stabilità e del consolidamento dei nostri sistemi finanziari. Il loro impatto è diventato chiaro nel 2008, quando le crisi finanziarie globali hanno minacciato di rallentare la crescita della regione, come altri shock simili avevano 056

fatto tempo prima. Al contrario di ciò che ci si aspettava, e il mondo intero ne è testimone, l'America Latina ha resistito alla crisi senza riportare grossi danni. Senza dubbio i fattori esterni, in particolare la richiesta delle nostre materie grezze, sono e continueranno ad essere una chiave variabile nel potenziale dell'America Latina. A differenza dei vari boom effimeri dei secoli scorsi, oggi stiamo assistendo a una riorganizzazione radicale delle relazioni commerciali tra le economie ricche e quelle emergenti. Il cosiddetto “commercio sud-sud” non è un fenomeno passeggero. Gli analisti sono concordi nel sostenere che questo trend trasformerà il flusso di beni, investimenti e conoscenza per i decenni futuri. Credo che tutto questo lasci l'America Latina e i Caraibi sulla soglia dell'opportunità storica. Se la regione crescesse al ritmo sostenuto di 4,8% ogni anno (percentuale degli ultimi sette anni, escluso il 2009, quando è iniziata la recessione globale), dal 2025 raddoppierebbe il suo prodotto interno lordo. Gli economisti dell'Inter-American Development Bank stimano che raddoppiando le uscite economiche della regione si potrebbe ridurre la povertà dal 32% al 10% della popolazione. La classe media crescerebbe fino a comprendere più di 500 milioni di persone, oppure il 75% della popolazione totale. Ciò ci permetterebbe finalmente di riempire il preoccupante vuoto di entrate che persiste nelle nostre società, nonostante i risultati elencati in precedenza.

La sfida, naturalmente, è quella di mantenere questo tasso di crescita. Noi della IDB siamo convinti che sia fattibile, purché superiamo i cinque ostacoli più difficili. Il primo è quello della bassa produttività. L'anno scorso l'IDB ha pubblicato uno studio che ha sfidato la credenza tradizionale che la bassa crescita nella regione dovesse provocare carenza di investimenti. Lo studio concludeva dicendo che la crescita lenta è davvero imputabile a un uso inefficiente di risorse umane e materiali. Forse la sorpresa più grande è stata che la produttività di servizi come i trasporti e la salute, che forniscono il 70% dell'occupazione della regione, è rimasta molto indietro. Per crescere l'America Latina deve anche combattere contro l'informalità, perché la bassa produttività dei servizi è ampiamente imputabile al proliferare di aziende dallo scarso rendimento nel settore informale. Il secondo ostacolo riguarda l'educazione e la ricerca. Anche qui la sfida non è tanto spendere o quanto si spenda, quanto piuttosto la qualità e i risultati. Infatti in Paesi grandi come il Messico, il Brasile e l'Argentina, gli investimenti pubblici per l'educazione sono relativamente elevati. Il problema è che i risultati che otteniamo non sono travolgenti. Test internazionali mostrano che gli studenti di parecchi Paesi più poveri del nostro hanno risultati maggiori in scienze e matematica. Abbiamo bisogno di una rivoluzione nella formazione degli insegnanti e di nuovi modelli per guida-

Al contrario di ciò che ci si aspettava, e il mondo intero ne è testimone, l'America Latina ha resistito alla crisi senza riportare grossi danni

re meglio i successi accademici nelle nostre scuole e università, e bisogna triplicare i nostri investimenti nella ricerca e nello sviluppo se vogliamo competere con le economie emergenti. Terzo: infrastrutture carenti. Sebbene il settore privato abbia investito quasi 474 miliardi di dollari su progetti di infrastrutture nella nostra regione tra il 1990 e il 1997, questo flusso ha rallentato negli ultimi anni. I costi logistici nei nostri Paesi continuano a oscillare tra il 18% e il 34% dei beni commerciali di valore, in confronto a un tasso del 9% negli stati dell’OCSE. Allo stesso tempo, la frequenza con la quale si verificano catastrofi meteorologiche come siccità e alluvioni è in aumento. Per sanare questo scarto e costruire infrastrutture capaci di reggere l'impatto dei cambiamenti climatici, l'America Latina deve spendere l'equivalente del 6% del suo PIL. Quarto: la violenza e il crimine. Forse questa è la sfida più difficile e spinosa da affrontare. Non esistono formule magiche per risolvere il problema. Comunque molte città della nostra regione, in particolare della Colombia, il mio Paese, hanno trovato un modo per fare progressi. È tempo di rendersi conto che abbiamo un serio problema, di metterlo al primo posto tra le nostre priorità e di adottare soluzioni che hanno portato risultati in altre parti della nostra regione. Infine resta ancora molto da fare in materia di politiche macroeconomiche. Sviluppi recenti ci hanno mostrato che

le crisi del debito in Europa e Stati Uniti, insieme all'oscillare dei prezzi dei materiali grezzi, minacciano ancora la sostenibilità delle economie dell'America Latina. La sfida consiste nel progettare meccanismi come la stabilizzazione fiscale o la disposizione di fondi di emergenza come i Rainy Day Funds, che permetterebbero alla regione di ridurre l'impatto degli shock esterni e finanziare gli investimenti pubblici di cui abbiamo bisogno per incoraggiare la produttività. Naturalmente non si tratta di propositi nuovi; è nuova la convinzione che nessuno di questi ostacoli sia insuperabile o così duro da impedire all'America Latina e i Caraibi di raddoppiare il PIL e ridurre la povertà in meno di due decadi. L'IDB sta lavorando con i governi dell'America Latina e dei Caraibi per affrontare ciascuno di questi problemi attraverso prestiti, sovvenzioni e avvisi tecnici, e l'Italia, uno dei membri più attivi dell'IDB, sta finanziando programmi nella regione in settori che vanno dalle energie rinnovabili e il tessile fino al micro-credito e alla sicurezza alimentare. La storia in definitiva ha giustificato l'ottimismo degli immigrati italiani che hanno scommesso sull'America Latina e sui Caraibi. Noi adesso abbiamo una singolare opportunità di soddisfare le loro aspettative estendendo i frutti dello sviluppo e della prosperità a chiunque, in questa ricca regione. Grazie alla perseveranza e con un po' di fortuna sono certo che possiamo riuscirci nell'arco di una generazione. 057


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approfondimento

Le rinnovabili parlano spagnolo articolo di Alessandro Farruggia fotografie di Momatiuk-Eastcott - Lacey Ann Johnson

L’America Latina è la sola regione al mondo a coprire la maggior parte della sua produzione di elettricità con rinnovabili. Le prospettive di sviluppo sono enormi: ecco in che direzione si stanno muovendo i Paesi del Centro e Sud America.

Le rinnovabili parlano spagnolo. Hanno in America Latina una solida base ed enormi prospettive di sviluppo. Il Sudamerica è infatti già oggi la sola regione del mondo che copre la maggior parte della sua produzione di elettricità (73,6% nel 2009) con rinnovabili. Un grande risultato, anche per la lotta ai cambiamenti climatici. Ma ci son due problemi. Uno è che la domanda è in forte crescita. Secondo il World Energy Outlook 2010 in Sudamerica la domanda elettrica salirà del 50% da qui al 2035. Questo significa che serviranno forti investimenti nel settore rinnovabili anche solo per mantenere l’attuale percentuale di energia verde. Il secondo problema è il fatto che dire “rinnovabili” in Sudamerica significa essenzialmente dire “idroelettrico”, e in particolare grande idroelettrico, dato che questa fonte assicura il 70% della produzione. Benché in alcuni Paesi vi sia un contributo importante dall’abbondante biomassa (3,5%) e che la geotermia sia già oggi produttiva in maniera significativa in alcune nazioni centroamericane e abbia margini di sviluppo sia lì sia in Cile e Bolivia, il problema è che eolico e solare oggi sono minimali, pur avendo sterminati margini di crescita. E non si tratta di vaghi auspici. Basti pensare che nel cosiddetto “blocco andino del Sud” (Cile settentrionale, 058

Perù meridionale, Bolivia e Argentina occidentale) la radiazione solare è talmente intensa e abbondante che ricoprendo un territorio di 60 chilometri per 60 con specchi solari si potrebbe fornire elettricità a tutto il Sudamerica. E lo stesso vale per l’eolico. Secondo uno studio dell’università argentina di Comahue, la sola Patagonia – la terra del vento – ha un potenziale di 200.000 MW eolici. E un discorso simile si può fare anche per vaste parti della costa brasiliana: da notare che in questo Paese il costo del megawattora eolico è sceso dai 91,93 dollari del 2009 ai 61,97 dollari del 2011; in quel Paese, poco meno del gas naturale. Secondo il Global Wind Enegy Council, gli attuali due gigawatt di potenza installati in Sudamerica diventeranno infatti 20 in cinque anni. Questo grazie ai governi locali che, superato un disinteresse storico, stanno intervenendo sia sul fronte normativo sia degli incentivi, e anche grazie agli operatori elettrici internazionali hanno intenzione di sfruttare il potenziale “verde” del continente non solo per quanto riguarda l’idro. È il caso di Enel Green Power, oggi presente in Messico, Costarica, Guatemala, Nicaragua, Panama, El Salvador, Cile e Brasile con impianti per 660 MW, più partecipazioni minoritarie per altri 195 MW. Principalmente si tratta di impianti

In America Latina l'idroelettrico assicura il 70% della produzione, ma è interessante anche il contributo da biomasse e geotermia, mentre eolico e solare hanno sterminati margini di crescita

ENEL GREEN POWER È presente in Sudamerica con impianti per 660 MW, più partecipazioni minoritarie per altri 195 MW

idroelettrici, ma EGP ha appena avuto il via libera per tre impianti eolici in Brasile per 193 MW, che si aggiungono ai 90 del 2010. E in Cile ha in programma impianti eolici per 850 MW, piu l’impianto geotermico di Quebrada de Roquete da 40 MW. In Messico EGP sta sviluppando progetti eolici per altri 2000 MW. Naturalmente ogni Paese fa storia a sé. In un continente che dipende largamente dall'idroelettrico, il Paraguay è la nazione-simbolo: grazie alla superdiga di Itaipu (14.000 MW) e a quelle di Yacyretà (4000 MW) e Acaray copre infatti il 100% del suo fabbisogno e si garantisce anche un export energetico verso i Paesi vicini. All'insegna dell'idro anche il Brasile. Grazie a una produzione di 386.200 GWh, copre infatti l'83% della produzione elettrica con questa fonte. E aggiungendovi le biomasse (6%) e vento e sole (0,5% ciascuno), il più grande Paese sudamericano arriva a coprire con rinnovabili l'89% della produzione elettrica. E non finisce qui. Per il 2015 è infatti prevista l'inaugurazione della megacentrale di Belo Monte, i cui lavori sono iniziati nel 2011 nello stato di Xingu, che sarà la terza maggiore centrale elettrica al mondo. E anche il settore delle biomasse è in crescita. Usate principalmente in cogenerazione con le fonti fossili nelle centrali termoelettriche, hanno raggiunto una capacità

installata di 7,8 GW per una produzione di 28 TWh (anno 2010). Con l’idroelettrico incluso, a fine 2010 il Brasile era il quarto Paese al mondo per potenza rinnovabile installata. E Brasilia intende insistere: al 2019 conta di avere centrali per 4600 MW eolici, 2850 MW di mini-idro e 8550 MW di biomasse (e già oggi siamo a 8210 MW) . Energia idroelettrica sugli scudi anche in Venezuela, grande Paese esportatore di petrolio che copre ben il 68% della sua produzione elettrica grazie alla potenza dell'acqua. Percentuale poco più bassa (63%) in un altro produttore di petrolio come l’Ecuador e che punta molto sullo sviluppo del suo potenziale idroelettrico, che nel 2020, grazie a una serie di progetti già avviati, vorrebbe coprisse oltre l'86% della domanda. Anche in Perù, grazie alla ricchezza di acqua del bacino amazzonico, l'idro assicura il 60,8% della produzione elettrica. Ma anche le altre fonti rinnovabili hanno spazio per crescere. Nel 2010 sono entrati in produzione 142 MW eolici e nel 2012 sarà pronta una centrale fotovoltaica da 20 MW. Non sempre la crescita delle rinnovabili è irresistibile. In Uruguay, che dipende largamente dall'idroelettrico, la produzione da rinnovabili è scesa dall'87% del 2007 al 66% del 2009 a causa nella siccità che ha duramente colpito la centrale di Salto, sul 059


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le rinnovabili parlano spagnolo

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PARAGUAY NAZIONE SIMBOLO Grazie alle dighe di Itaipu, Yacyretà e Acaray, il Paraguay copre il 100% del suo fabbisogno ed esporta l’eccedenza nei Paesi vicini

fiume Uruguay. La stessa flessione della produzione da rinnovabili si è verificato in Colombia, che nel 2009 aveva il 66,9% della produzione elettrica coperta dall'idro. Un contributo che era però sceso dell'11% rispetto al 2008, facendo calare il totale della produzione da rinnovabili dall'81,5% del 2007 al 68%. E sempre nel segno dell'idroelettrico va il Cile, dove le rinnovabili coprono il 50% della produzione di energia elettrica. Questo grazie all'idroelettrico, che con 25.600 GWh vale il 44% del totale, mentre le biomasse pesano per un altro 6% e il vento per lo 0,4%. Ma anche geotermia e sole stanno entrando nella torta del mercato elettrico. Entro il 2012 nel nord del Paese è prevista l'inaugurazione di una centrale solare a concentrazione da 10 MW, mentre per il 2014, sempre al nord, nelle Ande, è previsto lo sviluppo di quattro campi geotermici per totali 150 MW. E poi c’è l’eolico. A Tualinay è in costruzione una centrale eolica da 120 MW e a Lebu, nella regione di Arauco, partirà un progetto per una centrale che inizialmente sarà di 108 MW ma poi sarà ampliata fino a 539 MW. Anche in Argentina, il Paese sudame060

ricano che dipende maggiormente (64,3%) dalle fonti fossili, dire rinnovabili significa dire idroelettrico, che assicura il 27,7% della produzione di elettricità, mentre le biomasse contribuiscono per uno 1,2% e l'eolico per un altro 0,1%. Alla fine del 2009 il governo ha però annunciato un piano di investimenti in energie rinnovabili per 1461 MW, 1200 MW dei quali dall'eolico. Non certo come in Sudamerica, ma anche in Centroamerica le rinnovabili vanno forte. Specialmente se si scorpora il Messico. Il Costarica è un esempio di produzione sostenibile. Ben il 93% della produzione elettrica, e cioè 8863 su 9504 GWh, è infatti coperto da rinnovabili, che con 1883 MW coprono il 72% della potenza installata, in larga parte grazie all'idroelettrico che con 1553 MW assicura da solo il 60% del parco centrali. Per larga parte la produzione elettrica costaricense è garantita dall'idroelettrico (76%) e per il resto dalla geotermia (12%), il vento (4%), le biomasse (1%). E non è finita, perché entro il 2014 il governo conta di coprire il 95% della produzione con fonti rinnovabili, grazie anche ai due progetti geotermici in via di sviluppo

nella zona vulcanica di Rincon de la Vieja, che garantiranno altri 200 MW. Anche in Guatemala la maggior parte della produzione elettrica (5700 GWh, pari al 62%) è assicurata da rinnovabili. Grazie alle sue caratteristiche geografiche e climatiche il Paese può infatti contare su un alto potenziale di biomasse e di acqua. Il settore idroelettrico garantisce infatti 3000 GWh di elettricità (33% del totale), mentre quello delle biomasse si attesta poco sotto con 2324 GWh, pari al 25%. Interessante anche il settore geotermico che con gli attuali 50 MW installati oggi contribuisce per il 3% della produzione elettrica, ma che si conta di raddoppiare. Ancora più importante il contributo della geotermia a El Salvador, dove il calore della terra garantisce 1500 GWh di elettricità, pari al 27% del totale che è di 5500. È la stessa identica percentuale dell'idroelettrico, mentre le biomasse garantiscono un altro 3%. Il che significa che in questo Paese le rinnovabili contano per 57%. Molto meno brillante la situazione del Nicaragua, che per il 71% dipende da fonti fossili e dove brillano le biomasse che assicurano 10,9% e la geotermia

che garantisce un buon 8,9%, la stessa percentuale dell'idro. Una situazione molto interessante si registra anche a Panama, dove se è vero che la potenza installata dell'idroelettrico (913,15 MW) è inferiore a quella degli impianti che usano fonti fossili (1051,8 MW), ma per produzione l'idro tocca i 4190 GWh, assicurando così ben il 56% della produzione elettrica. Non solo.

Il Costarica è un'esempio di sostenibilità: il 93% della produzione elettrica è coperto da rinnovabili Il “Plan Nacional de Energía 20092023” prevede l’aumento della potenza rinnovabile installata grazie a nuovi impianti idroelettrici ed eolici. Panama conta infatti su un interessante potenziale eolico. Proprio per valorizzarlo e aumentare il contributo offerto dalle fonti rinnovabili al bilancio elettrico del Paese, il governo ha autorizzato la costruzione di cinque parchi per un totale di 565 nuovi

MW e sta valutando ulteriori richieste di licenza di produzione elettrica presentate da altri 14 progetti eolici per una capacità totale di 1480 MW. Nel gigante centroamericano, il Messico, viste le caratteristiche del territorio e soprattutto la ben maggiore domanda elettrica, certi obiettivi sono ancora di là da venire. A fronte di una produzione di energia elettrica di 260,200 GWh le rinnovabili coprono infatti “solo” il 13%. L'idroelettrico garantisce oggi (dati 2009) il 10,3%, ma va ricordato che la riduzione della piovosità degli ultimi anni ha inciso notevolmente sulla capacità di generazione, che ancora nel 2003 assicurava il 15,1%. La geotermia (sono ben 965 i MW installati piazzando il Messico al quarto posto per potenza installata) da parte sua copre il 3%, le biomasse lo 0,3%, il vento lo 0,1% e il solare appena lo 0,01%, nonostante un’insolazione estremamente alta. Escludendo il grande idro, il Messico ha fissato un target del 7,6% di potenza (quasi un raddoppio rispetto all'attuale 4%) e tra il 4,5 e il 6,6% della produzione da rinnovabili. Resta moltissimo da fare, ma almeno s’inizia a progettarlo. 061


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approfondimento

Un nuovo modello energetico per Centro e Sud America articolo di Ignacio Antoñanzas Alvear fotografie di Endesa

Dopo due decenni di attività, l’amministratore delegato per l’America Latina di Endesa traccia un bilancio, delinea gli scenari del presente e – soprattutto – volge lo sguardo alle future opportunità di sviluppo.

Sino dal nostro primo impegno sul mercato latino-americano, nel 1992 con l’acquisto di una società distributrice in Argentina, e con il successivo consolidamento della nostra posizione quale principale società elettrica della regione, a seguito dell’acquisizione della holding cilena Enersis – a capo dell’attività di Endesa in America Latina –, il nostro gruppo ha accompagnato la crescita di Argentina, Brasile, Cile, Colombia e Perù. E lo abbiamo fatto con importanti investimenti, migliorando la qualità del servizio, ricercando l’impegno sociale, avendo cura dell’ambiente e rispettando le comunità che nell’ambiente si trovano. La posta in gioco e la sfida che ci siamo accollati da quasi due decenni stanno dando i loro frutti e ci confermano che abbiamo preso la decisione giusta. Abbiamo dovuto subire più di un rovescio, ma siamo stati capaci di tener duro e oggi godiamo di una posizione unica per cogliere l’opportunità di crescita presentata dall’America Latina. 062

Di fronte alla crisi che ha colpito la regione negli anni 2002 e 2003, e a differenza di altre multinazionali che hanno lasciato l’America Latina, abbiamo lavorato per trarre profitto da ciascuna operazione, postulando che ogni Paese abbia avuto e abbia tuttora culture diverse, particolari caratteristiche politiche e tendenze sociali che lo differenziano dagli altri.

Le realtà sociali in cui operiamo ci vedono come agenti del loro progresso Abbiamo capito che il successo dipendeva dal fatto di trasferire le migliori pratiche operative a tutti i Paesi, cercando di unificare i processi, ma al tempo stesso rispettando l’identità locale, le persone e intensificando l’impegno a lungo termine per ciascuno dei Paesi stessi. Al momento abbiamo più di 15.800

MW di capacità installata e forniamo elettricità a più di 50 milioni di abitanti. Abbiamo un importante portafoglio di progetti di generazione, a differenti stadi di maturazione, per più di 12.000 MW e, nel settore della distribuzione, stiamo procedendo con idee innovative orientate a promuovere l’uso efficiente dell’energia, le eco-energie e la mobilità elettrica. Inoltre, stiamo già realizzando la prima smart city della regione, ripetendo le esperienze di Enel-Endesa in questo settore. Tutto ciò senza dimenticare che le realtà sociali in cui operiamo ci vedono come agenti del loro progresso. Come impresa di servizio pubblico, la comunità si aspetta che noi, oltre a offrirle una fornitura di qualità e affidabile, siamo parte del suo sviluppo, della sua crescita come società e che cooperiamo per raggiungere un maggiore benessere. Questo crea un vantaggio reciproco, una certa complicità, che ha ripercussioni non soltanto sulla nostra reputazione, ma anche sulla nostra attività. 063


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un nuovo modello energetico per centro e sud america

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CENTRALE IDROELETTRICA DI PEHUENCHE, CILE

Perché l’America Latina? A metà degli anni Novanta, l’attività di Endesa in Spagna offriva splendidi risultati, la società aveva appena completato l’integrazione delle sue consociate Fecsa e Sevillana, e si trovava in una magnifica posizione finanziaria per espandersi. I dati economici di alcuni Paesi dell’America Latina rivelavano tassi di crescita del PIL superiori a quelli degli Stati Uniti, dell’Europa o del Giappone, e consumi elettrici pro capite inferiori, per cui si presentava un chiaro potenziale di crescita. Inoltre, l’America Latina stava sviluppando processi di privatizzazione con quadri normativi favorevoli e stabili. Fattore chiave è stata anche la percezione di un’affinità culturale, almeno linguistica, che ha in certa misura facilitato il processo d’integrazione in ciascuno dei Paesi, compreso il Brasile. Nei cinque Paesi in cui siamo

presenti ci aspettiamo una crescita media annuale del PIL intorno al 4,5% nei prossimi cinque anni, e, data la correlazione tra la crescita dell’energia elettrica e il PIL, ci si può aspettare un aumento significativo dei consumi, vicino al 5%. Molto importante è che il 95% del margine operativo lordo (Ebitda) delle nostre operazioni in America Latina proviene da Paesi con investment grade, situazione che pochissimi gruppi industriali sono in grado di replicare.

In Brasile abbiamo il programma Ecoelce: il cliente che consegna i propri rifiuti riceve uno sconto sulla bolletta

3 Buon vicinato Siamo fermamente convinti che, con persone più preparate e qualificate, i Paesi in via di sviluppo saranno in grado di raggiungere un maggior benessere e le nostre iniziative di CSR in America Latina vanno in quella direzione. In Perú abbiamo l’Instituto Nuevo Pachacútec, che opera a nord di Lima e che offre un’opportunità di sviluppo a giovani appartenenti a livelli socio-economici molto bassi. L’istituto ha tre classi laureate, 14 tecnici certificati e più di 120 allievi che studiano l’elettricità. La cosa più gratificante è che il 100% dei laureati lavora attualmente in imprese appaltatrici del settore, con la possibilità in questo modo di sconfiggere la povertà. E la gente, inoltre, risponde bene al nostro spirito di collaborazione; questo progetto, più altri che

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abbiamo realizzato a Lima, ci consente di avere degli indici di recupero del 99,5% nella nostra zona di concessione. Ci prendiamo cura anche dell’ambiente. In Brasile, per esempio, abbiamo realizzato il programma Ecoelce. Il cliente raccoglie i rifiuti e li consegna, e in cambio riceve uno sconto sulla sua bolletta della luce. L’interesse è stato tale che alcuni clienti riescono a pagare la propria bolletta con i rifiuti raccolti. Dal 2007 a oggi, Ecoelce ha ricevuto e riciclato quasi 11.000 tonnellate di rifiuti, generando più di 500.000 euro di risparmio sulla bolletta della luce. Oltre ad aiutare i clienti a basso reddito, siamo riusciti a ridurre il problema dello smaltimento dei rifiuti nello Stato del Ceará, senza rappresentare un costo maggiore per l’azienda.

Utilizza le acque raccolte nel serbatoio Melado e provenienti dai fiumi Maule e Melado, oltre che dallo scarico della centrale di Loma Alta

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2 Più energia Se la regione continua il suo cammino verso lo sviluppo, la capacità di generazione di energia elettrica dovrà raddoppiare nei prossimi vent’anni per soddisfare la domanda crescente, uno sforzo che costerà 20.000 milioni di dollari in più all’anno, secondo gli esperti della Banca Mondiale. Le aziende del settore energetico si trovano a dover affrontare una doppia sfida: soddisfare le esigenze della domanda e, a loro volta, realizzare un mix energetico sostenibile, col minimo impatto possibile sull’ambiente. Tra le diverse alternative per far fronte alla crescente domanda di energia elettrica, giocheranno un ruolo molto importante le fonti rinnovabili, tra cui l’idroelettricità, fonte che non produce CO2 e che nella regione raggiunge un potenziale non sfruttato superiore ai 600.000 MW. L’azienda dispone di una pipeline di generazione per più di 12.000 MW di capacità, corrispondente a progetti idroelettrici oltre il 70%. La pipeline presenta diversi stadi di avanzamento, e, oltre ai progetti in costruzione – Bocamina (370 MW) in Cile, Quimbo in Colombia (400 MW) e Talara (190 MW) in Perú – abbiamo altri

162 MW in fase di progettazione dettagliata, 2239 MW in fase di progettazione di base, 3366 MW in fase di fattibilità, 1468 MW in fase di pre-fattibilità e circa 4870 MW in uno stadio di sviluppo o di sviluppo concettuale. Da otto mesi abbiamo iniziato la costruzione dell’impianto idroelettrico di El Quimbo, centrale di 400 MW di capacità, che nel 2014, una volta entrata in funzione, produrrà 2200 GWh/ anno. Questo è un progetto chiave per le future centrali che saranno realizzate nel resto dei Paesi della regione, e per questo le squadre di lavoro sono composte da persone che potranno continuare il loro operato negli sviluppi futuri. In Cile, nel primo semestre del 2012, metteremo in fase di operatività la centrale termica di Bocamina II, fornendo 370 MW, e nei prossimi mesi speriamo di avere a disposizione le licenze ambientali di Neltume (490 MW idroelettrica), Los Cóndores (150 MW idroelettrica) e Punta Alcalde (2x370 MW a carbone). In Perú sta già iniziando la costruzione di Talara e speriamo di avere la licenza ambientale per la centrale idroelettrica di Curibamba (190 MW) entro la fine dell’anno.

4 Riconoscimenti Abbiamo passato quasi due decenni in America Latina, investendo, creando valore e accompagnando lo sviluppo dei principali paesi della regione. La nostra sfida è quella di guidare la realizzazione di un nuovo modello energetico, con standard sempre più rigorosi nei nostri progetti, eseguendo un lavoro eccellente e con la massima attenzione alla sicurezza delle persone. E il nostro operato offre già ottimi risultati: per il terzo anno consecutivo, Coelce è stata scelta come la miglior distributrice di energia elettrica del Brasile, secondo l’Associazione brasi-

liana dei distributori di energia (Abradee); Ampla ha ottenuto il massimo riconoscimento del Premio della Fondazione Coge 2010 del Brasile, per la categoria “Gestione della sicurezza e della salute sul lavoro”, con il progetto Sistema di gestione integrata; Endesa Chile e Chilectra si sono recentemente distinte tra le aziende più socialmente responsabili in occasione della settima versione del Ranking nazionale di responsabilità sociale d’impresa 2011 in Cile, ed Edegel ha ottenuto un riconoscimento come una delle aziende peruviane con le migliori pratiche di governo societario.

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Rb

rubriche

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| data visualization

Il gruppo Enel in America Latina

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panama

costarica

el salvador

guatemala

300 MW

31 MW

161** MW

76 MW

10 53 MW

76 MW

161 MW

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infografica di Undesign

24 MW

messico

9 1

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colombia

55 MW

8

1974 MW (739 MW + 1235 MW)

53 MW

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brasile

5 perù

1525 MW (1035 MW + 490 MW)

6

98 MW

300 MW

1

2396 MW (743 MW + 1653 MW)

1,1 milioni 4468 MW (2455 MW + 2013 MW) 1157 MW (307 MW + 850 MW)

4

4879* MW

cile

411 MW 162 2,5 milioni 3597* MW 2,5 milioni

5

3715* MW

5,8 milioni 1,1 milioni

3

Legenda

2

5,8 milioni

argentina 8857 MW (3548 MW + 5309 MW)

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1328 MW 12.349* MW

3134 MW (2014 MW + 1120 MW) 3075 MW

1,6 milioni

3

4403 MW 358 MW (78 MW + 280 MW) 2,4 milioni 1,6 milioni

2,4 milioni

Enel è presente in America Latina con due società del Gruppo: Endesa ed Enel Green Power

Idroelettrico

Termoelettrico

Geotermico

Eolico

100 MW

100 MW

100 MW

100 MW

100 MW

100 MW

100 MW

100 MW

installati in sviluppo

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installati in sviluppo

installati in sviluppo

Clienti

installati in sviluppo

1 MILIONE

di clienti

295.326 = 7,4 KM DI LINEE ELETTRICHE IN AMERICA LATINA

GIRI INTORNO AL MONDO

Endesa è il primo operatore privato del continente con oltre 15.500 MW di capacità installata, fra fonti fossili e rinnovabili, una produzione annua di 62,4 TWh di elettricità e 13,3 milioni di clienti. L’azienda ha in progetto ulteriori 12.000 MW fra impianti in fase di costruzione e

studio. Endesa è uno dei principali distributori di energia con oltre 295.000 km di linee elettriche. Enel Green Power è la società del gruppo dedicata alle fonti rinnovabili: agli 820 MW alimentati da acqua, vento e calore della terra, s'aggiunge un piano di crescita di 1.200 MW entro il 2015.

*= MW installati + MW in sviluppo **= in partnership con LaGeo Fonte dati: Enel, dati aggiornati al 30/06/2011

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Ap

approfondimento

Latinoitaloamericani articolo di Lorena Medel fotografie di White

Hanno slancio, forza e soprattutto carattere. Sicuramente, gli imprenditori latinoamericani di origine italiana rappresentano un gruppo speciale. Uomini come Pietro Brescia in Perù, Raul Randon in Brasile o Eduardo Costantini in Argentina sono un orgoglio per la comunità italiana in America Latina.

1 ROBERTO ANGELINI Ereditare non è rubare

Si dice che nessuno è profeta nella sua terra. E anche se ci sono sempre delle eccezioni, ci sono prove che gli immigrati abbiano più intraprendenza e corrano più rischi dei locali. Nessuna meraviglia, quindi, di fronte al fatto che una parte importante delle grandi fortune provengano da imprenditori di origine straniera. E l’America Latina non è un’eccezione. In questo numero dedicato all’America Latina vogliamo mettere in evidenza soprattutto gli imprenditori di origine italiana che si sono distinti per i loro sforzi, la perseveranza e l’impegno, creando società di rilievo internazionale e inserendosi in Paesi come Argentina, Perù, Cile, Colombia e Brasile. Nomi come Eduardo Costantini, Petro Brescia, Roberto Angelini, Silvia Tcherassi e Raul Randon sono ora un’istituzione, poiché guidano gruppi il cui apporto è stato di grande impatto sociale ed economico, sia per l’occupazione che generano, sia per il contributo verso i loro Paesi in termini di innovazione e di sviluppo, crescita e responsabilità sociale. 068

Poco o nulla si sa della vita di Roberto Angelini Rossi, l’erede del gruppo imprenditoriale del defunto imprenditore italiano Anacleto Angelini Fabri. Questo imprenditore, nato a Ferrara, Italia, 53 anni fa, fugge dall’attività pubblica e dalle interviste quasi come se fossero un grande male. Roberto è arrivato in Cile quando aveva tre anni con il padre e lo zio Gino Anacleto, che vennero in cerca di una migliore qualità della vita. Gino si recò in fretta ad Arica per guidare un’attività di famiglia e Roberto, che era ancora un bambino, rimase con suo zio Anacleto a Santiago. Roberto si è laureato a 21 anni in ingegneria civile e chimica industriale. Ha lavorato per alcuni anni in Levery, e in seguito si è trasferito ad Arica come ingegnere in un’azienda

di pesca di famiglia. Lo stile imprenditoriale degli Angelini è segnato dalla visione a lungo termine. Questo slancio li ha portati a investire in innovazione, integrazione di nuove tecnologie, a valutare e cambiare focus, se necessario, dando forma a un gruppo che oggi detiene interessi nel settore forestale, nella pesca e nel rifornimento del combustibile. Hanno sempre dimostrato un particolare interresse per l’istruzione. Come erede “naturale” delle attività di famiglia, alla fine degli anni Ottanta Roberto ha lasciato gradualmente ruoli esecutivi per assumere posizioni di leadership. Nel 2007, dopo la morte di suo zio, a 93 anni, si è messo alla guida del gruppo, ricoprendo la presidenza della Inversiones Angelini.


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latinoitaloamericani

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5

PIETRO BRESCIA

EDUARDO COSTANTINI

RAUL RANDON

SILVIA TCHERASSI

Impresari0 nell’export

Re Mida trans-andino

Talento e lavoro

Ambasciatrice di moda

Nessun imprenditore latinoamericano non ha desiderato, almeno una volta, di fare affari con Pietro Brescia Cafferata. E quest’uomo, in procinto di compiere 90 anni, è conosciuto al di là del suo Paese di origine per la capacità di lavoro e l'austerità e per una politica di investimento piuttosto lungimirante. Insieme al fratello Mario, oggi guida un gruppo imprenditoriale che detiene investimenti diversificati, sia in Perù che all’estero, nel settore industriale e finanziario, nelle attività minerarie e nei servizi. Figlio di Fortunato Brescia Tassano, immigrante che arrivò dall’Italia nel tardo XIX secolo, e di Catalina Cafferata Peñaranda, erede di alcune miniere di rame nella valle andina di Huari, Pietro è il maggiore di quattro fratelli. Ha studiato agronomia. Nel 1971, già cinquantenne, è diventato un importante azionista del Banco de Credito del Perù e nel 1979, insieme a Luis Nicolini,

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Carlos Verme, Tulio Ghio, Juan Francisco Raffo, e sotto la guida di Dionisio Romero, ha preso il controllo dell’istituto finanziario. Da allora ha sommato investimenti che ora coprono più di 40 aziende. Tra i più rappresentativi vi è il BBVA Banco Continental, del quale Brescia detiene il 50%. Nel settore della pesca possiede TASA (il più grande produttore mondiale di farina di pesce) e, in ambito minerario, MINSUR (stagno) e Raura (polimetallici). Possiede anche Rimac Internacional, il più grande gruppo assicuratore del Paese, e, nel settore alberghiero, la catena El Libertador, la più grande in Perù. Nel settore industriale, Brescia controlla la Corporación Peruana de Productos Químicos S.A, leader nella produzione di vernici, resine ed esplosivi SA (EXSA). Nel 2009, il gruppo ha acquistato le attività di Lafarge in Cile, passando a controllare uno dei più grandi produttori di cemento: Melón SA.

Tutto quello che tocca diventa oro. Eduardo Francisco Costantini (65 anni) è tra gli imprenditori più assertivi, visionari e intelligenti d’Argentina. Per alcuni è il più singolare dei fratelli Costantini (sono 13). Lavoratore instancabile, perseverante e, soprattutto, il miglior negoziatore. I conoscenti dicono che è sempre stato il più entusiasta di lavorare nel settore dell’azienda di famiglia creata dai suoi genitori Carlos Vicente Costantini e Maria Carolina Malbràn nel 1920 – e il più ansioso di migliorare la sua formazione accademica. Infatti prima di compiere 30 anni aveva già conseguito un master in economia in Inghilterra, dopo essersi laureato in economia e commercio presso l’Università Cattolica Argentina. Quando decise di lasciare l’azienda di famiglia negli anni Ottanta, lavorò come agente di borsa. È stato allora che è diventato un azionista del Banco Francés y Terrabusi, un'inve-

stimento che gli ha fruttato più fortuna di quanto avesse immaginato. Dopo aver venduto, negli anni Novanta, è diventato uno degli uomini più ricchi d’Argentina. Il Banco Francés aveva un valore di 1000 milioni di dollari americani e lui aveva più del 20%. Con quei soldi ha fondato Consultation Asset Management, specializzata nella gestione della liquidità in eccesso propria e di terze parti. Nel 1998 ha creato Nordelta SA, il primo complesso urbano costruito in Argentina sotto il concetto di cittàvillaggio. Possiede anche le torri Grand Bourg, la Oro e gli edifici Catalina Plaza e Alem Plaza. Un altro grande interesse di Costantini è l’arte. È conosciuto per essere un grande collezionista e da diversi anni presiede la Fundación Eduardo F. Costantini, nata nel 1995. Nel 2001 ha inaugurato MALBA – Museo de Arte Latinoamericano de Buenos Aires (PK).

Raul Anselmo Randon (82 anni) è un self-made man. Ha inziato a lavorare all’età di 14 anni aiutando il padre in un laboratorio di strumenti agricoli. Con il lavoro e una buona dose di talento ha trasformato il laboratoriogarage di riparazione di motori industriali, che suo fratello Hercilio Randon aveva creato nel 1949, in un gruppo che oggi vanta imprese globali ed è leader nell’industria e nell’agricoltura. Attraverso società controllate e joint-venture, l’ala industriale di Randon SA si è impegnata nella produzione, vendita ed esportazione di rimorchi, semirimorchi, vagoni ferroviari e veicoli speciali come camion, ricambi auto e sistemi e servizi, come la manutenzione e il finanziamento. Con otto stabilimenti, Randon è attualmente il produttore con il portafoglio più diversificato di attrezzature e veicoli per il trasporto di carichi pesanti in tutto il mondo e il più grande produttore di attrezzature per i veicoli stradali in America Latina. Ha clienti in 80 Paesi e una rete di vendita e assistenza di oltre 100 uffici in tutto il mondo. L’altra

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passione di Raul è Rasip AgroPastoril, un’azienda agricola dedicata alla coltivazione e vendita di mele. Situata in un campo di Vacaria, Rio Grande do Sul, la filiale ha cominciato come una specie di hobby ed è diventata ben presto uno dei maggiori produttori del Brasile. Oggi è nota anche per la produzione lattiera, responsabile della creazione del famoso formaggio tipo grana Gran Formaggio. Attualmente le principali società controllate del gruppo sono: Jost Automotive Systems Ltda. (51%), Master Sistemas Automotores Ltda. (51%), Randon Administradora de Consorcios Ltda., Randon Argentina SA, Randon Vehículos Ltda. Tutta questa prosperità e la forza negli affari non hanno cambiato la semplicità con cui Raul Randon si relaziona con il mondo. Ha ereditato dai genitori il valore per il lavoro; come recita la filosofia Randon: «Nobilita l’uomo, genera ricchezza e promuove la qualità della vita». Con questa massima Raul Randon ha creato nel 2003 l’Istituto Elizabetha Randon, a favore dell'istruzione e della cultura.

Questa stilista e imprenditrice di origine italiana è un vero e proprio orgoglio per la Colombia. Il suo volto ha occupato le copertine di riviste prestigiose e, dalla creazione di Altamoda nel 1990, ha ricevuto premi come la “Honoris Causa” in fashion design e haute couture dell’Università Autonoma dei Caraibi, il “New Star in Fashion“ del Miami FashionWeek (2001) e il premio alla carriera dalla rivista “Vogue Colombia” nel 2002. Ma senza dubbio il meglio è arrivato nel mese di agosto dello stesso anno, quando la maison Balmain di Parigi le ha proposto di disegnare la sua linea di prêtà-porter. Silvia Tcherassi Solano è nata a Barranquilla nel mese di agosto del 1965. Ha studiato interior design presso l’Università dei Caraibi, dando i primi lampi di creatività disegnando t-shirt. Senza volerlo, gli indumenti originali crearono scalpore,

al punto che rapidamente iniziarono ad essere esposti nelle boutique della città. A poco a poco si fece un nome, fino al punto di essere invitata a partecipare alle passerelle più importanti del mondo, comprese le settimane della moda di New York, Milano e Parigi. Chi la conosce, la descrive come una donna semplice, di talento, con grande spinta, dalla mente rapida e con una straordinaria capacità di realizzare progetti. In Altamoda ha coinvolto tutti i membri della sua famiglia e li ha resi parte del business. Suo marito è responsabile del marketing internazionale, sua madre è supervisore del laboratorio a Barranquilla e la sorella gestisce la boutique di Miami. Nel 2009 ha aperto le porte del primo progetto della Tcherassi Hotel Collection, diventando il primo designer latinoamericano ad avventurarsi nella tendenza dei Fashion Hotel.

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Sc

scenari

Piccole economie crescono

Una storia complicata e spesso sanguinosa, dalla colonizzazione ai recenti decenni delle dittature militari, ha impedito all'America Latina di esprimere il suo potenziale di sviluppo

articolo di Nicola Nosengo illustrazioni di Tai

Costarica, Panama, El Salvador, Guatemala e Uruguay: sono economie che stanno conoscendo un importante sviluppo grazie alle loro risorse naturali, sviluppo che si riflette anche nella comparsa di eccellenze nel campo della scienza, della tecnologia, dell'innovazione e delle energie rinnovabili.

Un territorio sterminato, un serbatoio di risorse naturali e di diversità culturali che rappresentano una delle grandi ricchezze del Pianeta terra e dell'economia mondiale, almeno sulla carta. Ma una storia complicata e spesso sanguinosa, dalla colonizzazione fino ai recenti decenni delle dittature militari, ha impedito a lungo all'America Latina (quel vasto, eterogeneo gruppo di Paesi che va dal Messico fino all'Argentina) di esprimere il suo potenziale di sviluppo. Ora però le cose stanno cambiando. Dietro al Brasile, la B dei BRIC, uno tra i Paesi al mondo con la crescita più impetuosa, anche altre economie del Centro e Sud America stanno conoscendo un importante sviluppo. Ne sono un esempio le eccellenze a volte sorprendenti nel campo della scienza, della tecnologia, dell'innovazione. Con un'attenzione particolare, naturalmente, allo sfruttamento dei principali asset strategici di quei territori, a cominciare da energie rinnovabili e risorse naturali. Ecco alcuni Paesi dell'America Latina che stanno puntando su sostenibilità e sviluppo “verde”, e altri, quelli per tradizione più solidi e stabili, che stanno tentando il salto verso un'economia basata su scienza di frontiera e innovazione. 072

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1 COSTARICA

Spesso chiamato la “Svizzera del Centroamerica” (è di gran lunga il Paese più stabile e prospero della regione), il Costarica è anche una delle grandi riserve mondiali di biodiversità, nonché uno dei Paesi che dedica più parte del proprio territorio a difenderla. Su appena 51.000 chilometri quadrati, il Paese ospita oltre 400.000 specie viventi conosciute, il 4% del numero di specie stimato in tutto il mondo. È quindi una delle 20 nazioni con la maggiore biodiversità al mondo, una peculiarità dovuta alla sua geografia: con due coste e una catena montuosa al centro, il Paese è un catalogo di microclimi diversi. Oltre un quarto del territorio del Costarica è protetto e la percentuale continua a crescere grazie al supporto del settore privato. Incaricato della tutela della biodiversità è il Ministero dell'ambiente e dell'energia, cui spetta il compito di far coesistere una politica energetica molto orientata alle rinnovabili con la protezione dell'ambiente. Il Paese è diviso in 11 aree di conservazione. I progetti di tutela della biodiversità sono gestiti in modo decentralizzato e con una forte partecipazione delle comunità locali. È uno dei pochi Paesi al mondo ad avere un avanzato quadro legale di protezione della biodiversità, fino a una vera e propria legge sulla biodiversità, approvata sin dal 1998, che riconosce le specie viventi presenti sul territorio come una risorsa strategica del Paese, e la loro tutela come una precisa responsabilità dell'esecutivo.

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piccole economie crescono

2 EL SALVADOR

Se esiste un paradiso mondiale dell'energia geotermica è forse il piccolo stato centroamericano di El Salvador. Situato su un territorio fortemente vulcanico, questo Paese è il più grande produttore di energia geotermica nella regione. Dal 1954, anno in cui è iniziata l'esplorazione del sottosuolo alla ricerca di possibili siti di produzione di energia, l'industria geotermica in El Salvador si è sviluppata fino a coprire ben il 24% dell'elettricità generata nel Paese. Energia che viene in gran parte da due centrali: Ahuachapán e Berlín, con una capacità totale di circa 200 MW. Entrambi gli impianti sono gestiti in collaborazione con Enel Green Power ed entrambi interessati da progetti di

3 PANAMA

L'economia di questo Paese, posto a cavallo tra America Centrale e del Sud ruota attorno al Canale, sin dal 1920 uno degli snodi logistici più importanti del traffico marittimo mondiale. Un significativo ampliamento del canale, che oramai fatica a soddisfare la domanda di un traffico merci, in costante espansione, è in corso e si concluderà nel 2014. Ma l'Autorità del Canale di Panama (l'organismo governativo che ne gestisce tutte le attività) ha deciso di associare a questo sviluppo una conversione “verde”. L'obiettivo è la carbon neutrality: fare sì che le emissioni di anidride carbonica associate alle attività del canale vengano bilanciate grazie alla CO2 immagazzinata dalle foreste circostanti, in modo che il bilancio netto sia a zero. Per questo l'Autorità prepara la riforestazione di 20.000 ettari nell'area attraversata dalle chiuse. Gli interventi comprendono anche misure di risparmio ed efficienza energetica su tutti i sistemi del canale, ampliamento che dovrebbero recupero e riciclo dei rifiuti, riduzione delle emissioni di portarli entro pochi anni tutti gli automezzi usati dallo a sfruttare appieno il loro potenziale. Nel caso di Ahua- staff, tutela e “riposizionamento”, dove necessario, chapan, dove la temperatura dell'acqua raggiunge i 250 gra- della fauna toccata dai lavori di ampliamento del canale. di, si parla di 95 MW teorici da diversi pozzi (oggi ne sono Allo Smithsonian Tropical sfruttati 84). A Berlín, dove la Research Institute toccherà temperatura arriva addirittura il compito di misurare l'ima 300 gradi centigradi, il pieno patto ecologico delle attività del canale e l'efficacia delle sfruttamento della centrale iniziative di conservazione. è stato rallentato (dopo gli scavi degli anni Settanta che avevano portato a stimare un potenziale di circa 50 MW) dalla guerra civile che infuriò nel Paese negli anni Ottanta e dalla contemporanea crisi finanziaria in America Latina. Nel 1992, finalmente, iniziò lo sfruttamento intensivo del sito, culminato nella costruzione di una centrale da 56 MW terminata nel 1999.

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GUATEMALA

URUGUAY

Storicamente uno dei Paesi più ricchi (e più appetibili per gli investitori stranieri) del Sud America, l'Uruguay negli ultimi anni ha puntato con decisione su scienza e innovazione, costruendosi rapidamente una reputazione come hub regionale per la ricerca nelle scienze della vita. Il Paese conta istituti di ricerca di livello assoluto, come l'Istituto Pasteur di Montevideo, creato in collaborazione con l'omonimo centro parigino e specializzato nella ricerca sulle biotecnologie mediche e animali. Il polo tecnologico “Pando”, parte dell'Università dell'Uruguay, è un grande centro di ricerca e sviluppo per la chimica, la biotecnologia e le nanotecnologie, che serve tanto l'industria farmaceutica quanto quella alimentare.

Con le sue montagne, le foreste e gli altipiani spazzati dal vento, il Guatemala può sulla carta contare su risorse rinnovabili in grado di rifornire di energia l'intero Paese. Si calcola che, sfruttando appieno il potenziale idroelettrico, eolico e quello dei biocarburanti, il Guatemala potrebbe produrre fino a 13.800 MW. Quanto al solare, potrebbe generare fino a 5 kWh per chilometro quadro, già sufficienti a coprire il fabbisogno energetico della nazione. Di fatto, però, tutte queste risorse sono state scarsamente sfruttate finora: il legno degli alberi e il petrolio importato sono le principali fonti di energia su cui può contare il Paese. Ma le cose stanno cambiando, e oggi il Guatemala è una tra le 24 nazioni al mondo coinvolte nella Renewable Energy and

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Per dare una casa comune alle attività scientifiche in questo campo, sta nascendo a Montevideo il Parque de Las Sciencias. Una struttura di 40.000 metri quadri, attualmente in costruzione, che darà lavoro a 700 persone, nata da un investimento iniziale di 90 milioni di dollari. Situato a solo un chilometro dall'aeroporto internazionale della città, farà da incubatore scientifico e tecnologico, ospitando tanto laboratori di ricerca farmaceutica, cosmetica, biotecnologica e medica, quanto centri di sviluppo per la robotica, l'elettronica e l'informatica. Il consorzio farmaceutico Mega Pharma è il principale azionista del parco, in cui produrrà 60 milioni di dosi di farmaco all'anno servendo 14 Paesi dell'America Latina.

Energy Efficiency Partnership – REEEP. Un consorzio di governi, ONG e aziende private che supporta l’incremento di politiche per l’espansione delle energie rinnovabili, in particolare nei Paesi in via di sviluppo. L'aiuto tecnico e finanziario della REEP va in particolare alla Fundaciòn Solar, che a sua volta supporta il parlamento e il governo del Guatemala nello sviluppo di una politica energetica in grado di garantire il futuro sviluppo del Paese. Il primo risultato è stata la costruzione, a partire dal 2007, di alcune centrali eoliche di potenza limitata. Proprio quest'anno, il Guatemala ha bandito una gara per la costruzione di ulteriori centrali per altri 800 MW, che ha attirato l'interesse di grandi gruppi internazionali.

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Ap

approfondimento

La rivoluzione del gas di scisto? articolo di Jeremy M. Martin e Vanessa Orco fotografie di Frans Lanting

Da un giorno all'altro il gas da scisti bituminosi ha modificato le prospettive energetiche degli Stati Uniti e il suo potenziale ha sconvolto un gran numero di pronostici sull'energia. Ma questo gas può suscitare la stessa reazione anche in America Latina? La risposta è sì. Tuttavia…

Per capire meglio cosa potrebbe comportare per l'America Latina utilizzare questo gas non convenzionale, dobbiamo riesaminare quello che è successo agli Stati Uniti. Dopo la scorsa decade, lo scisto è diventato sempre più un'importante fonte di gas naturale per gli Stati Uniti, la produzione di gas a secco è cresciuta del 23% e le linee di tendenza evidenziano come la produzione di gas da formazioni di scisto è destinata a crescere di più di cinque volte tra il 2007 e il 2035. Dopo il successo esplosivo dello scisto negli Stati Uniti, anche in altri posti si cerca di replicare l'operazione ed è ragionevole, considerando che il gas prodotto da queste rocce è molto più abbondante di quello convenzionale e che molte nazioni, fino a oggi con scarse risorse di idrocarburi, ne sono molto dotate. Negli ultimi mesi il potenziale delle riserve di gas non convenzionale, dell'America Latina è stato ampiamente documentato a seguito di una relazione dell'Energy Information Administration (EIA) statunitense. Secondo le analisi, la più vasta riserva latinoamericana di gas di scisto appartiene all'Argentina, seguita da Messico e Brasile. 076

L'Argentina spicca come punto focale nell'onda d'urto dello scisto nella regione. Con la scoperta di diversi giacimenti di scisto si è creato grande fermento attorno alla possibilità di un loro sfruttamento. Lo scorso dicembre, l'azienda argentina YPF ha annunciato la scoperta di un massiccio giacimento che garantirebbe rifornimento al Paese per diversi decenni. Le aspettative nei confronti del gas di scisto in Argentina sono significative poiché il Paese ha dovuto lottare negli ultimi anni con la crisi energetica (in larga parte causata dal controllo del governo e dai politici locali) che ha costretto il Paese a importare il gas naturale e ha dissuaso le società dal fare maggiori investimenti. Recenti notizie sugli investimenti e sull'interesse da parte delle compagnie petrolifere internazionali indicano che il gas di scisti potrebbe innestare una controtendenza. Anche il Messico – il secondo Stato con le riserve più grandi dell'America Latina – si distingue per il potenziale di scisto. A dispetto di tale possibilità, si è fatto però poco per sviluppare i depositi, perché la compagnia nazionale Pemex si è concentrata sulla produzio-

La più vasta riserva latinoamericana di gas di scisto appartiene all'Argentina, seguita da Messico e Brasile


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Fo

focus on

Riserve di gas naturale e di scisto Negli ultimi mesi il potenziale delle riserve di gas non convenzionale dell'America Latina è stato ampiamente documentato.

Giacimenti valutati in base alla stima delle risorse Giacimenti valutati senza stima delle risorse Paesi inclusi nel report Paesi esclusi dal report 01

01 - Messico ∙ Riserve accertate di gas naturale: 12 Gas complessivo sul posto: 2366 Risorse tecnicamente recuperabili: 681

ne di petrolio greggio e solo di recente ha completato il suo primo pozzo di gas di scisti, attingendo informazioni dalla Eagle Ford, vicina al confine con il Texas. Tuttavia, il ministro dell'energia messicano Josè Antonio Meade ha recentemente dichiarato di voler pianificare più esplorazioni e un maggiore sviluppo di giacimenti.

La tecnologia è determinante per uno sviluppo dell’industria dello scisto in America Latina Secondo la relazione dell'EIA, anche il Brasile possiede rilevanti riserve di scisti, localizzate principalmente nell'area sud-occidentale del Paese. Ad ogni modo sembra che il crescente successo del Brasile nello sviluppo di riserve di petrolio e gas in mare aperto e di etanolo abbia fatto rimanere il gas di scisto nell'ombra. Forse risultano quindi più interessanti le risorse trovate in Cile, Paraguay e Uruguay, trattandosi di tre partecipanti improbabili alla discussione sull'energia dell'idrocarburo e sulle pro078

spettive del potenziale della regione. Ma siccome l'onda d'urto dello scisto attraversa l'emisfero, è importante anche capire alcuni degli ostacoli e delle sfide potenziali. La tecnologia rappresenta un elemento determinante per uno sviluppo di successo dell'industria dello scisto in America Latina. È molto importante per questa regione riuscire ad accedere alle tecnologie e alle tecniche necessarie per estrarre il gas in maniera redditizia. Alcuni esperti hanno fatto notare che l'America Latina potrebbe superare gran parte della curva d'apprendimento considerando che la rivoluzione dello scisto è un fenomeno nuovo e rappresenta una possibilità di sviluppo davvero innovativo. Sul discorso del gas di scisto in America Latina si prospettano anche importanti domande di natura economica e commerciale. Le preoccupazioni si concentrano sul successo negli Stati Uniti di quegli ammortizzatori del più vasto mercato del gas naturale dell'emisfero. In alcuni casi, come in quello del Messico, le forze di mercato che stanno abbattendo i prezzi del gas naturale potrebbero anche continuare a rendere più economico importare gas

naturale piuttosto che sviluppare le risorse interne. Ma forse alcune delle preoccupazioni ambientali che stanno colpendo il mercato statunitense sono più importanti per lo sviluppo dello scisto in America Latina. Una reazione ambientale sfavorevole potrebbe davvero essere uno degli ostacoli più grandi per la produzione di gas di scisto in quest'area. I critici infatti sostengono che i metodi utilizzati per estrarre il gas naturale dalle rocce di scisto, in particolare quello della fratturazione idraulica (detto anche fracking), sarebbero dannosi e inquinanti per le falde acquifere circostanti. Inoltre coloro che si oppongono sottolineano che lo sviluppo dello scisto richiede massicce quantità di acqua, mentre il problema delle acque di scarico e del relativo smaltimento non è ancora pienamente risolto. Il futuro del gas di scisto in America Latina è luminoso, ma ci sono degli ostacoli importanti da superare. La cospicua quantità di riserve indica che ci sono grandi potenzialità per lo sviluppo, ma allo stesso tempo lo sfruttamento del gas di scisto e lo sviluppo della relativa industria potrebbero essere più lenti di ciò che si pensava o che si sperava, e sono certamente costosi.

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02 - Colombia ∙ Riserve accertate di gas naturale: 4 Gas complessivo sul posto: 78 Risorse tecnicamente recuperabili: 19

06 - Brasile ∙ Riserve accertate di gas naturale: 12,9 Gas complessivo sul posto: 906 Risorse tecnicamente recuperabili: 226

03 - Venezuela ∙ Riserve accertate di gas naturale: 178,9 Gas complessivo sul posto: 42 Risorse tecnicamente recuperabili: 11

07 - Cile ∙ Riserve accertate di gas naturale: 3,5 Gas complessivo sul posto: 287 Risorse tecnicamente recuperabili: 64

04 - Argentina ∙ Riserve accertate di gas naturale: 13,4 Gas complessivo sul posto: 2732 Risorse tecnicamente recuperabili: 774

08 - Paraguay ∙ Riserve accertate di gas naturale: Gas complessivo sul posto: 249 Risorse tecnicamente recuperabili: 62

05 - Bolivia ∙ Riserve accertate di gas naturale: 26,5 Gas complessivo sul posto: 192 Risorse tecnicamente recuperabili: 48

09 - Uruguay ∙ Riserve accertate di gas naturale: Gas complessivo sul posto: 83 Risorse tecnicamente recuperabili: 21

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Sc

scenari

Cile, una stella nel mondo degli osservatori articolo di Magdalena Echeverría fotografie di Roger Ressmeyer

Prima della fine di questo decennio, il Cile avrà tra il 60 e il 70% dei grandi telescopi del mondo. Nel deserto di Atacama, il luogo più arido del mondo e con il più alto numero di notti serene del nostro Pianeta, si installeranno almeno 6 dei 10 grandi telescopi. E da questo luogo si potrà analizzare lo spazio e, forse, rispondere ad alcune domande circa la Via Lattea e l’origine dell’Universo.

I vantaggi del Cile sono nei suoi cieli limpidi, senza inquinamento luminoso e con bassissima umidità, i quali che consentono oltre il 90% di giorni con buona visibilità. Gode anche di stabilità politica, tema importante per i progetti di durata di più di 30 o 50 anni che necessitano di miliardi di dollari di investimenti, oltre a essere un Paese con un capitale umano di ingegneri, astronomi e tecnici disponibili a collaborare. «I nostri cieli limpidi sono una risorsa naturale che accogliamo. Infatti, con le nuove costruzioni in corso, avremo oltre il 60% della capacità di osservazione radio e ottica del Pianeta», ha detto l’ambasciatore Gabriele Rodriguez, direttore di Energia, scienza e tecnologia del Ministero degli affari esteri del Cile. La posizione del governo del Cile negli ultimi 50 anni è stata quella di favorire costantemente la costruzione di questi centri scientifici. A tal fine, nel corso del tempo ci sono stati trattamenti speciali in materia di strutture di importazione ed esenzioni fiscali per tecnologie e macchinari che sono necessari per far ripartire uno di questi progetti. Negli anni Sessanta, il presidente Eduardo Frei Montalva ha anche avuto il riguardo di richiedere che il 10% del tempo di 080

osservazione venisse guidato da connazionali affiliati in un ente locale. Oggi l’ambasciatore Rodriguez ha tra i suoi compiti quello di attirare in modo proattivo gli investitori di istituzioni scientifiche per promuovere lo sviluppo di questa scienza estremamente sofisticata, nella quale il Cile è in competizione con altre aree come Isole Canarie, Hawaii e Namibia. Per raggiungere lo scopo si offre ai consorzi un accordo simile a quello delle ambasciate del Ministero degli esteri per facilitare le procedure e i visti di lavoro. Questo oggetto è considerato un interesse nazionale in quanto la tecnologia e la scienza sviluppate nel quadro di un osservatorio finiscono col riversarsi in altri luoghi, impattando positivamente lo sviluppo della scienza, i servizi tecnologici, le telecomunicazioni e i servizi locali, con conseguente crescita e sviluppo. «Per ottenere questo dobbiamo avanzare ulteriormente per essere in grado di sviluppare tecnologie che ci permettono di costruire, gestire e sviluppare alcuni degli strumenti tecnologici che sono necessari», ha detto l’ambasciatore Rodriguez, facendo analogie con le miniere di rame di 150 anni fa, quando si esportavano soltanto pietre

Gli investimenti in osservatori astronomici situati in Cile superano i 4500 milioni di dollari americani

e oggi, invece, siamo leader mondiali nell’esportazione di prodotti di maggior valore aggiunto. «Ciò può tirare il carro dello sviluppo tecnologico del Cile, la sfida è che ci vuole meno di un secolo per trarne vantaggio». Una visione simile è quella del presidente della Fundación Chile, Alvaro Fischer, che considera particolarmente importante che i progressi del Cile seguano il confine della coscienza. «La sfida per il Cile è quella di offrire di più, oltre alla sua geografia e ai cieli tersi. Occorre sapere sfruttare la costruzione, il funzionamento e l’immagazzinamento dei dati per andare oltre la disciplina scientifica, affinché sia un contributo allo sviluppo tecnologico e digitale del Cile», ha detto Fischer, che ha un particolare interesse per la digitalizzazione del Paese come uno strumento chiave per partecipare a un mondo globale. ALMA, Paranal, La Silla, La Campana y Tololo sono solo alcuni nomi degli osservatori che oggi operano in Cile e che derivano da ingenti investimenti da parte di gruppi di Paesi, gruppi di scienziati e università di tutto il mondo. Questi osservatori hanno fatto sì che la più alta tecnologia disponibile in quel momento sia atterrata in suolo cileno.

Sono impiegati ingegneri e scienziati stranieri, e molti professionisti locali in ambito tecnico e ingegneristico. Un cileno che partecipa ad ALMA è l’astronomo di operazioni Antonio Hales, che segue il progetto da più di cinque anni. Ha iniziato con i primi prototipi negli Stati Uniti, ha supervisionato il posizionamento delle prime antenne nella Valle de Chajnantor e la messa in funzione di questo osservatorio, che nel 2013 vedrà installate 66 antenne. Hales è parte di un team in cui operano scienziati americani, europei e asiatici, ma anche in cui la stragrande maggioranza di ingegneri e tecnici proviene da università locali, e, come dice lui, «hanno dimostrato di essere di gran lunga all’altezza». Per lui è fondamentale che tale interazione si verifichi al fine di trasferire know-how ad altre aree come la robotica e le telecomunicazioni, e che questa conoscenza possa essere assorbita e trasferita ad altre aree di sviluppo. Hales va anche oltre e dice che le università cilene stanno costruendo ricevitori e sviluppi tecnologici per questi grandi osservatori, con i quali si cerca di sviluppare e implementare nuovi strumenti. È d’accordo con lui l’astronomo dell’Università del Cile, Patricio Rojo, che so081


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VECCHIO E NUOVO In queste pagine, due telescopi dell’European Southern Observatory, in Cile. Quello risalente agli anni Ottanta presenta la tradizionale copertura a cupola, quello più recente una struttura per minimizzare la turbolenza dell’aria

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focus on

Telescopi in Cile

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ALMA, Paranal, La Silla, La Campana y Tololo sono solo alcuni degli osservatori che oggi operano in Cile e che nascono da ingenti investimenti da parte di gruppi di Paesi, scienziati e università di tutto il mondo.

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stiene che stiamo «avviando lo sviluppo tecnologico e stiamo sviluppando i primi team e le prime tecnologie locali». Anche se è una lunga strada da percorrere, le università locali, le ONG e lo Stato stanno lavorando sulla stessa linea per favorire lo sviluppo del Cile in astronomia, scienza e tecnologia, al di là degli osservatori, affinché questo polo scientifico riversi conoscenze e opportunità nel resto del Paese. «Il mondo del futuro è un mondo digitale, gran parte delle informazioni è e continuerà a venire impacchettata in modo digitale, l’interconnessione tra le persone a tutti i livelli sarà nelle interfacce digitali. Le aziende che adottano più velocemente queste funzionalità sono quelle che più avanzeranno», dice Fischer circa l’importanza di potenziare questa tecnologia negli osservatori e muoversi verso la digitalizzazione del Paese. E aggiunge: «In Cile siamo arrivati tardi alla rivoluzione industriale, ma non possiamo permetterci di essere in ritardo per quella della conoscenza». «L’accordo del 10% ha un impatto notevole sullo sviluppo di questa scienza nel nostro Paese. Per la comunità astronomica è un privilegio lavorare al fianco dei migliori e ci dà il poten082

ziale per essere competitivi a livello globale», ha detto Hales. Questo accordo richiede ai gruppi di destinare il 10% del tempo di osservazione a team che devono essere guidati da scienziati cileni o stranieri che vivono in Cile, come insegnanti in università locali. Il che apre molte porte per i cittadini, permettendo loro di associarsi e assicurare al team l’appropriato tempo di osservazione. «Oggi le scienze si sviluppano nelle mani di gruppi multinazionali e sempre tramite collaborazione, il che dà la possibilità agli astronomi cileni di partecipare a progetti internazionali e di arricchirsi grazie a team provenienti da Paesi con una lunga tradizione astronomica», sottolinea l’ambasciatore Rodriguez. Oggi in Cile vi sono quattro università di formazione astronomica e la capacità degli astronomi provenienti da questi atenei di gestire e lavorare su grandi progetti è molto ampia, potendo operare in esse o essendo associati ad alcuni di questi gruppi. Cinquant’anni fa il Cile aveva non più di sette astronomi, commenta l’ambasciatore Rodriguez, invece, oggi sono presenti 120 astronomi impiegati e altrettanti attivamente impegnati nella formazione.

Si stima che più della metà delle grandi scoperte astronomiche dei prossimi decenni avverrà nel Cile settentrionale

01 - E-ELT (Extremely Large Telescope) 2017 Istituzione: ESO Strumentazione: specchio primario di 42 m 02 - GMT (Giant Magellan Telescope Las Campanas) 2017 Istituzione: Università degli Stati Uniti, Corea del Sud e Australia Strumentazione: specchio primario di 24,5 m

Strumentazione: un telescopio di 8,4 m

Strumentazione: un’antenna di 12 m

06 - Observatorio Internacional Gemini 2002 Istituzione: Argentina, Australia, Brasile, Canada, Stati Uniti, Regno Unito, Cile Strumentazione: un telescopio di 8,1 metri, gemello di quello installato alle Hawaii

10 - Observatorio Las Campanas 1969 Istituzione: Carnegie di Washington Strumentazione: 2 specchi di 6,5 m, uno di 2,5 m e uno di 1 m

03 - ALMA (Gran Arreglo Milimétrico de Atacama) 2013 Istituzione: NRAO, ESO e Giappone Strumentazione: 64 antenne di 12 m

07 - QUIET (Q / U Imaging Experiment) 2008 Istituzione: Caltech, Oxford, U. Chigago, Princeton, Stanford e altri Strumentazione: rilevatore per misurare la radiazione di fondo dell’universo

04 - VLT (Very Large Telescope) 1999 Istituzione: ESO e governo del Cile Strumentazione: quattro telescopi di 8,2 m

08 - CLASS (Cosmology Large Angular Scale Survey) 2004 Istituzione: NASA Goddard Space Flight Center Strumentazione: ricevitore microonde

05 - LSST (Observatorio Large Synoptic Survey Telescope) 2014 Istituzione: AURA

09 - APEX (Atacama Pathfinder Experiment) 2005 Istituzione: ESO, Svezia, Istituto Max Planck (Germania)

11 - Observatorio Cerro La Silla 1964 Istituzione: ESO, Governo del Cile, Istituto Max Planck (Germania) Strumentazione: telescopi di 3,6 m, 3,5 m e 2,2 m 12 - CTIO (Observatorio Interamericano de Cerro Tololo) 1962 Istituzione: U. Cile, e AURA Strumenti: Telescopi di 4 m, 1,5 m, 1,3 m, 1 m e 90 cm

ALMA è un telescopio all’avanguardia che indagherà la radiazione millimetrica e submillimetrica di alcuni dei più freddi oggetti dell’universo. Ciò consentirà di indagare con sensibilità e risoluzione senza precedenti, e con una visione fino a 10 volte più nitida rispetto al telescopio spaziale Hubble. ALMA è in costruzione vicino a San Pedro de Atacama e, quando sarà pronto, nel 2013, sarà composto da 66 antenne ad alta precisione: 20 antenne di 12 metri di diametro, che agiranno insieme come un singolo telescopio, provviste di una disposizione supplementare compatta di quattro antenne di 12 metri di diametro e 12 antenne di 7 metri di diametro.

13 - SOAR (Obs. Austral para Investigación Astrofísica) 2004 Istituzione: U. North Carolina, CTIO, U. Michigan e Brasile Strumentazione: Un telescopio di 4,3 m

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rubriche

| i luoghi della scienza

MCE : Progetti per il futuro 2

a cura di Federica Bosi

SCIENZIATI DEL FUTURO —

MCE2 promuove laboratori per insegnanti e borse di studio per giovani scienziati.

La Mexico City Metropolitan Area è tra le zone più inquinate del mondo. I mezzi di trasporto sono tra i maggiori responsabili dell’emissione di CO2 nell’area urbana

Il centro per il monitoraggio dell’inquinamento e lo sviluppo di nuove forme di energia è stato fondato da Mario Molina, premio Nobel per la chimica. Importante snodo di ricerca, il centro si avvale della collaborazione di studiosi di alto livello. Il Molina Center for Strategic Studies in Energy and the Environment (MCE2) è una fondazione no-profit nata nel 2004 per promuovere ricerche sull’ambiente e sull’azione degli agenti inquinanti. Il centro rappresenta lo sviluppo di un progetto diretto da Mario J. Molina e Luisa T. Molina, nato nel 1999 presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT). La ricerca originaria (il “Programma integrato sull’inquinamento dell’aria su scala urbana, regionale e globale”) prevedeva lo sviluppo di sistemi di monitoraggio della composizione chimica dell’atmosfera e la presenza in essa di agenti inquinanti. Mario Molina, insieme a F. Sherwood Rowland e Paul J. Crutzen, ha ricevuto nel 1995 il premio Nobel per la chimica grazie allo studio che ha portato alla “Teoria dell’impoverimento dell’ozono dovuto ai CFC”. I tre scienziati hanno infatti dimostrato che i clorofluorocarburi, prodotti considerati inerti e largamente utilizzati sia nell'industria frigorifera sia come propellente nelle bombolette spray, una

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volta liberati nell'atmosfera tendono a salire negli strati più alti: rischiano così di essere degradati dalle radiazioni solari e di liberare atomi di cloro, danneggiando quindi l’ozono. Caratteristica fondamentale dell’MCE2 (www. mce2.org) è la modalità di collaborazione interdisciplinare: scienziati, ingegneri ed economisti, ma anche sociologi e politologi di nazionalità diverse, affrontano insieme il problema dell’inquinamento, ognuno dall’angolazione della propria disciplina. Il fine della ricerca è di monitorare lo stato dell’aria in prossimità delle grandi città, rilevare la presenza di agenti inquinanti e capire l’impatto che questi hanno, o potrebbero avere, sul clima, sugli ecosistemi e sulla salute dei suoi abitanti. Di conseguenza, l’obiettivo principale è quello di sviluppare strategie più efficaci per il controllo e la diminuzione degli agenti inquinanti attraverso l’incremento di fonti d’energia rinnovabili e l’applicazione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche maturate nel corso del tempo. Centrali

sono le attività educative e formative promosse dal centro e le collaborazioni con istituzioni accademiche e di ricerca. L’area metropolitana di Città del Messico (una delle più inquinate al mondo, oltre che l'agglomerato urbano più grande dell'emisfero occidentale, con una popolazione di 35 milioni di abitanti tra la città e i 41 comuni della conurbazione) ha costituito il primo oggetto di studio. L’obiettivo di partenza è stato di migliorare la conoscenza in campo chimico delle modalità di trasporto e di dispersione degli agenti inquinanti nell’atmosfera. Il progetto si è diviso in due fasi di monitoraggio: la prima risalente al 2003 e la seconda al 2006 (quest’ultima volta a valutare gli eventuali cambiamenti avvenuti nel tempo intercorso). Sono state analizzate le principali fonti di gas e aerosol potenzialmente dannosi (scarico di auto e camion, riscaldamento delle case) ed è stata quantificata la loro incidenza su scala complessiva. Lo studio è stato condotto attraver-

so la suddivisione in tre sottoprogetti caratterizzati da differenti ampiezze d’area: MAX-MEX si è occupata delle zone periferiche della città, MIRAGE-MEX delle regioni circostanti e INTEX-B (guidata dalla NASA) ha studiato l’evoluzione e il transito dell’inquinamento su scala globale. Nel 2010 è stata poi avviata una collaborazione tra Stati Uniti e Messico (CALMEX 2010) che prevede l’analisi chimica dell’aria di confine tra California e Messico. La zona, particolarmente industriale, rappresenta un interessante caso sia per quanto riguarda la provenienza dei gas sia per le ripercussioni che questi hanno sulla vita degli abitanti e sull’ecosistema del luogo. Molto importante, come si è già detto, è l’attività educativa svolta dal centro e volta a consapevolizzare i cittadini e formare gli scienziati del futuro. L’MCE2 organizza corsi per insegnanti e concorsi per ragazzi delle superiori, oltre a offrire borse di studio a giovani scienziati e finanziare co-produzioni di documentari sullo stato dell’atmosfera.

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approfondimento

Coltivare l’energia. Agrocarburanti: risorsa o minaccia? articolo di Silvia Ceriani fotografie di Scott Sinklier

Concorrenza tra produzione alimentare ed energetica nell'accesso al suolo, all'acqua e alle risorse e influenza degli agrocarburanti sull'aumento del costo degli alimenti. Qual è la correlazione tra le politiche per le colture energetiche e il costo del cibo? Che peso hanno per il Brasile?

«La benzina ci lascia, l’alcol è in arrivo. E arriva per restare, per la sua disponibilità illimitata. Anche noi potremmo prepararci per l’alcol già adesso. Tutto il mondo attende un sostituto per la benzina. Quando se ne sarà andata, non ce ne sarà più, e molto prima di quel momento il prezzo della benzina sarà salito al punto che sarà troppo costoso utilizzarla come combustibile. Non è molto distante il giorno in cui ogni barile di benzina dovrà essere sostituito da uno di alcol». Rilasciata nel 1916 dal padre dell’industria automobilistica, Henry Ford, questa dichiarazione preconizzava con estrema lungimiranza uno scenario non dissimile da quello che oggi divide l’opinione globale. Spinto dalla sempre più pressante necessità d’individuare fonti energetiche alternative per offrire una risposta efficace al “picco del petrolio” e alla limitatezza delle riserve fossili, il mondo ha in un primo momento riposto una fiducia pressoché incondizionata nei biocarburanti, o meglio agrocarburanti, basata sulla convinzione generale che le colture usate per la produzione di combusti086

bile annunciassero la transizione a un’economia energetica sostenibile e rinnovabile, che avrebbe ridotto le emissioni di gas serra e inaugurato una nuova era di prosperità globale.

Nella corsa all’oro verde, il Brasile ha avuto e continua a mantenere un ruolo di primo piano Una fiducia che s’incrinò nel 2007, quando la crisi alimentare globale impose una riflessione sulla saggezza dell’uso delle risorse alimentari per produrre carburante e quando si determinarono le prime, profonde fratture nel consenso sugli agrocarburanti, soprattutto in seguito alle dichiarazioni di Lester Brown, che sottolineò come «i cereali occorrenti per riempire un serbatoio da 100 litri di etanolo una sola volta nutrirebbero una persona per tutto l’anno», e di Jean Ziegler, che li definì un «crimine contro l’umanità». In questa corsa all’oro verde il Brasile

ha avuto fin dal principio e continua tuttora a mantenere un ruolo di primo piano, sia per ragioni storiche, in quanto è stato uno dei precursori nella politica delle energie rinnovabili, sia per le sue specificità naturali e territoriali – più sole, più pioggia, più terre coltivabili –, che ne fanno uno degli Stati più avvantaggiati al mondo per la produzione di energia a partire da fonti agricole. La storia del Brasile nel campo delle colture energetiche è iniziata con la produzione di etanolo da canna da zucchero, intravisto come una soluzione all’impennata dei prezzi del petrolio a partire dagli anni Settanta e in particolare dal 1975 in avanti, con l’istituzione del Programa Nacional do Álcool, o Proálcool, che si poneva l’obiettivo di ridurre le importazioni nazionali di petrolio e contemporaneamente di ridare impulso all’economia rurale della regione. Lo sviluppo del settore, favorito da importanti investimenti nel campo della ricerca, della modernizzazione e meccanizzazione agricola, raggiunse l’apice nel 1986, quando il Brasile superò i 12 miliardi di etanolo prodotti, e le macchine alimentate a etanolo arri087


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coltivare l’energia. agrocarburanti: risorsa o minaccia?

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GLI SCARTI Dopo esser stato utilizzato per la produzione di etanolo, il mais macinato viene caricato su una chiatta; questo sottoprodotto diventerà mangime per il bestiame

varono a rappresentare il 90% circa delle nuove immatricolazioni. Poi una clamorosa battuta d’arresto, riscontrabile in Brasile dal 1988, dovuta all’abbassamento del prezzo del petrolio, che determinò tagli agli incentivi di produzione di etanolo e di altre energie alternative. Alla fine degli anni Novanta, le auto a etanolo rappresentavano appena l’1% della produzione totale. Questa storia di accelerazioni e brusche frenate ha visto un’ulteriore inversione di marcia all’inizio degli anni Duemila, segnati da un nuovo rincaro del prezzo del petrolio e contraddistinti da una ripresa dell’espansione dell’industria degli agrocarburanti, sostenuta dalla propaganda governativa e da investimenti privati. A questo scopo, si deve al Ministero dell’agricoltura l’elaborazione e il coordinamento del Plano Nacional de Agroenergia, per gli anni 2006-2011, al fine di «promuovere lo sviluppo sostenibile e la competitività dell’agribusiness a beneficio della società brasiliana» e con l’obiettivo di «sviluppare la ricerca e favorire l’innovazione e il trasferimento di tecnologia, per garantire sostenibilità 088

e competitività alla catena di produzione di agroenergia; stabilire accordi istituzionali e indicare le azioni di governo nell’ambito del mercato internazionale dei biocombustibili». Tale programma prevede anche il "recupero" sul lungo termine di 200 milioni di ettari all'anno di foresta tropicale secca, praterie e paludi, qualificate come "terre degradate" o antropizzate, e abbandonate dopo pochi anni di sfruttamento, ritenute pertanto adatte allo sviluppo agricolo. In questa fase di ripresa, alla produzione di etanolo da canna da zucchero, in cui il Brasile è leader mondiale, si è affiancata un’importante novità, cioè la produzione di biodiesel derivato dalla soia e da altre colture oleaginose – olio di palma, di ricino, di girasole – già nei programmi statali degli anni Settanta, ma divenuta effettiva solo in tempi recenti. In questo nuovo terreno di conquista il Brasile non ha ancora raggiunto i grandi numeri dell’Unione Europea, cui si deve il 65% della produzione mondiale, ma ci sono notevoli margini di miglioramento, viste le prospettive di espansione delle colture oleaginose e

la messa in essere di appositi programmi governativi, come il Programa Nacional de Produção e Uso de Biodiesel (PNPB, www.biodiesel.gov.br), lanciato nel 2004 anche allo scopo di incentivare un’agricoltura familiare e non latifondistica tramite la concessione della certificazione di “combustibile sociale” e favorendo l’accesso dei piccoli contadini alle speciali linee di credito del Programa Nacional de Fortalecimento da Agricoltura Nacional (Pronaf, www. pronaf.gov.br). Di fronte a tanta fiducia, non mancano tuttavia voci apertamente contrarie, avanzate in specie da organizzazioni ambientaliste o da quanti s’impegnano per l'affermazione del diritto alla sovranità e alla sicurezza alimentare. Innanzitutto perché i veri protagonisti del boom degli agrocarburanti non sono tanto le fattorie familiari, quanto le multinazionali, a cui si deve l’impennata di investimenti nel settore. Se, almeno in un primo momento, i biocarburanti erano perlopiù destinati al mercato locale, il loro boom e la conseguente destinazione a un mercato orientato alle

Il boom degli agrocarburanti e la conseguente destinazione a un mercato orientato alle esportazioni non poteva non costituire una forte attrattiva per l'industria

esportazioni non poteva non costituire una forte attrattiva per l'industria, portando alla centralizzazione delle attività, alla creazione di gigantesche economie di scala e alla concentrazione di poteri monopolistici, gli stessi per l'agricoltura e l'energia. In tale ottica, resta difficile immaginare che i piccoli agricoltori, sempre più dipendenti da un pugno di corporation per le sementi, gli input, i servizi, la trasformazione e la vendita, ricavino effettivamente benefici concreti, sposando la causa della produzione di colture da energia. Le valutazioni più pessimistiche, o più probabilmente realistiche, evidenziano come sia più probabile che, per attenerci al caso del Brasile, si ripeta anche altrove la storia della "Repubblica della soia", una vasta area a cavallo tra Brasile meridionale, Argentina settentrionale, Paraguay e Bolivia orientale, dove migliaia di contadini su piccola scala sono già stati costretti ad abbandonare i loro terreni. Non meno forti sono le preoccupazioni sui nuovi, vastissimi territori da destinare all'agricoltura: le aree classificate come degradate sono in realtà ecosi-

stemi ad alta concentrazione di biodiversità, come intere regioni del Mata Atlántica, del Cerrado e del Pantanal che, insieme ai loro abitanti – popoli indigeni e contadini poveri – si teme saranno sacrificati sull'altare dello sviluppo. Che dire, infine, della concorrenza tra produzione alimentare ed energetica nell'accesso al suolo, all'acqua e alle risorse? O dell'influenza degli agrocarburanti sull'aumento del costo degli alimenti? Sono elementi da tenere in grande considerazione, benché i gruppi industriali s’ingegnino a negare la correlazione tra politiche per le colture energetiche e costo del cibo. L'International Food Policy Research Institute (IFPRI) ha previsto che il prezzo degli alimenti di base potrebbe aumentare fino al 135% nel 2020 e che, procedendo sulla strada che stiamo percorrendo, nel 2020 gli affamati nel mondo saranno 1,2 miliardi. Come non essere cauti, allora, nel leggere i dati sul futuro impulso del settore delle colture da energia? Come non dare ragione a chi ritiene che «l’industria dei carburanti sta scommettendo sui miracoli»? 089


Co

contesti

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I MERCATI DEL PERÙ 1-2. Mercato di Chincheros 3. Emporio alimentare a Ollantaytambo 4-5. Venditori di pigmenti e di patate al mercato di Pisac 6-7. Mercato di Chincheros 8. Due donne Quechua in un piccolo negozio di Chincheros

Il grande momento della cucina peruviana a cura di Teresina Muñoz-Nájar

Non è ancora terminato il 2011 e la gastronomia peruviana ha già molti motivi per celebrare un anno di successo. Per esempio: due dei suoi ristoranti, Astrid & Gastón e Malabar, sono stati appena inseriti nell’elenco dei 100 migliori del mondo (la famosa classifica stilata da San Pellegrino) e sono andati esauriti i biglietti d’ingresso per il giorno d’inaugurazione della Fiera gastronomica Mistura, mega evento di Lima che ha radunato chef, giornalisti e turisti provenienti da molti Paesi.

Il giorno in cui sono stata convocata per realizzare il libro Tutto sulla patata, per le celebrazioni dell’anno internazionale (2008) del nostro famoso tubero, ho iniziato una ricerca di fonti – su diverse pubblicazioni – che fortunatamente non è ancora finita. E dopo quel libro ne sarebbe venuto un altro, chiamato I dessert del Perú e quindi un altro ancora, che stiamo mettendo a punto e che sarà pronto nel mese di novembre (dedicato alla cucina peruviana e pubblicato da Edelnor, distributrice di energia elettrica del gruppo Endesa in Perú). Quasi senza accorgermene, ho cominciato a far tesoro di tutti i volumi sulla gastronomia che riuscivo a trovare nelle librerie e

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nelle biblioteche per poter indagare sui temi proposti e conseguire l’obiettivo di diffondere la nostra diversità culinaria e raggiungere la stragrande maggioranza dei peruviani. Sono stata quindi coinvolta in un’avventura meravigliosa e appagante. Oggi sono ormai molte le persone che, ad esempio, nel consultare Tutto sulla patata, oltre a dedicarsi a preparare una molteplicità interessante di piatti basati sulla grande varietà di patate che abbiamo, sanno esattamente che esse hanno avuto origine nell’area del bacino del Lago Titicaca, che si possono coltivare in una qualsiasi delle zone ecologiche esistenti nel Paese, che resistono alla pioggia e

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alla neve e che, oltre a costituire parte fondamentale della dieta degli antichi peruviani, sono state la salvezza dalle carestie in Europa, una volta che sono giunte fin là e ne hanno conquistato gli abitanti. E naturalmente sono già ben consapevoli che la patata si è sicuramente mescolata con i prodotti portati dagli spagnoli (e il gusto delle loro donne moresche e dei loro schiavi) durante il Vicereame. E che non si è trattato soltanto di aggiungere le patate alle cipolle o le patate alle uova, ma anche le tecniche culinarie provenienti da entrambe le parti. E che poi hanno apportato il loro contributo le immigrazioni italiana, cinese e giapponese, che hanno messo radici in queste terre già all’inizio della Repubblica. D’altra parte, con I dessert del Perú, abbiamo scoperto aneddoti e storie che accaddero nei conventi di monache 400 anni fa. E che fu in quegli ambienti femminili, tra preghiere e silenzio, rosari e sai, che nacque la più raffinata pasticceria nazionale. Inoltre, i dolci prodotti dalle monache non rimasero tra le spesse mura dei loro conventi, dato che venivano venduti a nobili e plebei, insegnando a sbattere, mescolare, impastare e cuocere al forno (anche a cucinare, dipingere e ricamare) alle brave ragazze delle città, che i genitori portavano ai monasteri per farle diventare delle mogli perfette. E anche se

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le monache spagnole che fondarono i primi conventi nelle principali città del Paese portavano con sé tutta la sapienza e i segreti della pasticceria della loro terra, qui trovarono ingredienti che non avevano mai visto prima, e che per la loro eccellenza introdussero immediatamente nelle loro ricette. Non c’è dubbio che scoprirono anche altre formule e modi di preparare nuovi dessert, che fortunatamente sono proprio quelli che addolciscono la nostra vita ancora oggi. Tutti riconosciamo che la nostra cucina è di origini miste, e che è proprio questa qualità che suscita l’ammirazione dei gruppi più disparati. Siamo consapevoli inoltre del fatto che la gastronomia peruviana si basi sulla biodiversità del Paese, per cui chef e commensali si sono assunti – benché ci sia ancora molto lavoro da fare – un impegno di responsabilità verso l’ambiente, verso gli agricoltori, i pescatori e tutti coloro che rendono possibile alla nostra tavola di essere così nobile e generosa. Per la prima volta da tanti anni si rispettano i divieti e si promuove lo sforzo dei contadini, specialmente di quelli che vivono nelle zone alto-andine. Sappiamo di essere un Paese complesso e con molti problemi da risolvere. Tuttavia abbiamo trovato l’argomento che ci unisce e l’attività che rafforza la nostra identità: la cucina.

La gastronomia peruviana si basa sulla biodiversità del Paese, per cui chef e commensali si sono assunti un impegno di responsabilità verso l’ambiente 093


Rr

rubriche

| la scienza dal giocattolaio

Regina del carnevale… E del videogame a cura di Davide Coero Borga

L'era degli smanettoni del pollice opponibile è finita. Nei videogame di nuova generazione si vince col body language. L'interazione è sempre più spinta e fra gesti atletici, sport, arti marziali e lezioni di danza, si consuma il commiato dal beneamato joystick. Giocare ritorna sinonimo di muoversi, e le case di giochi possono conquistare un'insperata benedizione dall'Organizzazione mondiale della sanità, allarmata dall'obesità infantile. E se, come pare, non c'è verso di mandare bimbi e ragazzi a fare sport all'aria aperta, è bene che sudino davanti alle loro console. Come il migliore sambador, a scatenarsi sulla pedana, per un carnevale virtuale.

Anni e anni nelle migliori scuole di samba per diventare la rainha do Carnaval? Già domani il dominio del sambodromo di Rio potrebbe passare per una console di videogame. Una piattaforma interattiva, un ballerino virtuale a schermo che chiede di ripetere scrupolosamente una serie di movimenti: sembrerà facile ma non lo sarà per niente. L’ultima generazione di videogiochi vuole insegnarvi i passi hip-hop, R’n’B e dance, con tanto di contaminazioni latinoamericane, che avete invidiato a Lady Gaga e tutta la gilda di snodati cantanti-ballerini che si muove al ritmo delle ultime hit. Dimenticatevi del joystick e scoprite una moderna palestra per

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rimettere in moto quei muscoli che non sapevate neanche di avere. Allenatevi con costanza e il vostro sedere rassodato ve ne sarà grato. Nati come videogiochi per ragazzi, oggi i programmi fitness di Nintendo Wii, Xbox e Kinect sono un utile alleato per fare ginnastica senza uscire di casa. Con telecomandi, strumenti e pedane interattive, è possibile giocare con il più classico dei videogame oppure allenarsi in modo divertente. Crei il tuo avatar, annoti i progressi e i risultati conseguiti mentre un trainer virtuale ti segue passo passo, rimproverandoti se hai lasciato passare troppo tempo dall’ultimo allenamento.

Gli esercizi sono divisi in categorie: training, yoga, muscoli, aerobica, equilibrio, coordinamento. Ti puoi allenare da solo, con addosso solo il pigiama, all’ora che vuoi tu. Oppure puoi trasformare tutto in una sfida con gli amici. Il videogioco ti aiuta nell’attività fisica, a meno che tu non abbia già scoperto che puoi insistere sugli accelerometri che registrano i rapidi movimenti del polso, anche se te ne stai seduto comodamente sul divano. Affascina l’idea di poter diventare provetti ballerini nel salotto di casa propria, evitando l’imbarazzo della sala, senza rinunciare a un sogno di Sambador. I nuovi giochi interattivi, di fatto, consentono a chiunque di praticare ogni forma di attività fisica senza bisogno di grandi sforzi o attrezzature sportive particolari. Resta da capire se l’attività aerobica praticata in maniera virtuale attraverso le console videogame possa essere paragonata a quella reale. Non è esattamente come andare in palestra, ma di certo non si può dire contribuisca all’accumulo di grasso in bambini e ragazzi come succedeva con i videogiochi tradizionali, che ancora oggi costringono i giocatori a passare molte ore seduti e sono di fatto ritenuti fra le principali cause dell’obesità infantile. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce come attività fisica qualunque sforzo esercitato dal sistema muscolo-scheletrico che si traduce in un consumo di energia superiore a quello in condizioni di riposo. Non solo sport quindi, ma anche semplici movimenti quotidiani, come andare al lavoro a piedi o fare le scale di casa. E – perché no – ballare al ritmo latino di un videogame.

Il fitness game ha ridefinito ulteriormente il concetto di videogioco educativo introdotto da alcuni anni con l’avvento delle nuove funzionalità delle console. La mancanza di informazioni per rendere gli utenti più consapevoli delle proprie condizioni fisiche ha spinto gli sviluppatori a rivedere e correggere alcune caratteristiche che permettono ora ai player di personalizzare e tenere sotto controllo maggiormente i risultati degli allenamenti o dei giochi. Ma la rivoluzione del movimento contro gli aficionados della poltrona non è priva di controindicazioni. Pare che nel Regno Unito almeno 10 persone alla settimana finiscano in ospedale lamentando dolori atroci alla spalla destra o alle ginocchia. Nessuna epidemia traumatologica, bensì un uso smodato (e sbagliato) delle console videogame. A lanciare l’allarme, dalle colonne del tabloid “Sun”, sono stati i medici del servizio sanitario inglese che si sono visti costretti a ricoverare pazienti di tutte le età, alle prese con problemi articolari anche gravi e di varia natura, moltissimi dei quali riconducibili alle estenuanti sessioni di gioco a monitor. Parecchi vengono in ospedale dopo essersi cimentati in attività che comportano movimenti improvvisi e torsioni anche violente, per le quali sarebbe necessaria un’adeguata preparazione. I pazienti lamentano spesso infiammazioni alla spalla o al polso. Anche le ginocchia, però, non sono immuni da pericoli, tanto che gli inglesi hanno prontamente ribattezzato questi particolari infortuni al legamento del ginocchio come casi di “Wii-knee”, in omaggio alla console della Nintendo.

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Science for everyone

Sp special

LATIN AMERICA “Latin America is a land of the encounter of many differences: cultural and religious traditions and even fears and helplessness. We are different as to our hope and despair. In recent years, there has been a process of a Latin American renaissance in which these lands of the world are beginning to discover themselves in all their diversity. The so-called discovery of America was actually a coverup for a different reality. We have let ourselves be blinded. We must redeem our diversity so we can celebrate the fact that we are something more than what we've been told we are”.

La mostra Homo sapiens vi fa vedere tutto ciò che storia e geografia possono insegnarvi sul mondo a cui appartenete, e persino su voi stessi Luigi Luca Cavalli Sforza Homo sapiens. La grande storia della diversità umana (a cura di Luigi Luca Cavalli Sforza e Telmo Pievani) pp. 208, euro 25,00

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L’emozionante racconto dello sviluppo delle scienze elettriche nell’Italia unita, e dei suoi protagonisti

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INVENZION I ITALIANE VITTORIO MARCHIS

Vittorio Marchis 150 (anni di) invenzioni italiane

Una critica lucida dei lati positivi della rete, e del suo ruolo di aggregatore di persone e iniziative.

The global economic crisis has not stopped the growth of Latin America, which instead appears destined to continue at a fast pace in the short to medium term. According to ECLAC projections, in 2011 the region's GDP will increase by 4.2%, after having risen by 6% in 2010. Will this expansion trend continue in the long run, allowing most of the Latin American region to enter the so-called "first world" in a few decades? Or are there reasons to believe that the dream could end? What are the scenarios - political, economic, social, energetic and more – that await the Latin American continent? These are the questions that Oxygen is trying to answer in this new issue, completely renovated in graphics and dedicated to Latin America.

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Centocinquanta brevetti. Centocinquanta invenzioni. Centocinquanta storie che raccontano l’eccellenza italiana dal 1861 a oggi.

2011: 4.2% GROWTH According to ECLAC, the Latin American economy will not stop accelerating this year, after the GDP grew by 6%in 2010.

Ed editorial

THE "LOST DECADE" IS OVER by Borja Prado Eulate

Latin America is in fashion. The eyes of the world are focused on this region, and there are valid reasons in abundance. While the United States is trying to rebuild and resettle its cash accounts and Europe is struggling to save its economy, Latin America is moving forward decisively, ceasing to be the “backyard” of the continent. It has done its homework well. It has learned from its mistakes, sought instruments to attract investments, created ad hoc macro-economic policies and it has established legal and re-

gulatory certainty, creating value and alternatives to proceed in overcoming the main obstacles: poverty and income inequality. There is still some way to go, but the stakes are already on the table and we are, and will be, part of this challenge. The transition to this greater stability has been difficult and not without sacrifices. In the early Eighties, Latin America experienced a serious recession. Between 1982 and 1984, the average GDP of the region stopped and countries like Chile and Peru showed contractions of their gross domestic product of -3.4% and -2.6%, respectively. The unstable political systems of the time, the high levels of foreign debt, the inability to pay, the excessive expansion of domestic spending, hyper-inflation, rising

unemployment, falling wages and the cutting of the flow of capital to developing economies have been the distinguishing features of the "lost decade" of Latin America. In this scenario, governments, in turn, were forced to make economic adjustments that would enable them to improve the deficits of their current accounts and achieve a better integration in increasingly globalized markets. These measures - which have created revenue through a sharp reduction in public spending and saving - have helped to reduce the fiscal deficit to about 5% of the GDP. These policies, which have survived until today, albeit more moderately, have achieved their goal: between 1991 and 1995, for example, Argentina had an average growth rate of 7.6%, Chile registered 6.8%, Peru 4.7%,

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Sc scenarios

THE NEW WORLD ENERGY SCENARIO Potential, obstacles, opportunities and development scenarios for renewable energy in Latin American countries, according to the Chief of the Energy Unit of the United Nation’s ECLAC. by Manlio F. Coviello

Colombia 4% and Brazil 2.3%. It was at this time, when Latin America had made the right decision to put in its "home" in order, that we decided to expand our business by leaving Spain and "crossing the sea." We saw the potential in the region and time has proven that we were right. Today, it is an undeniable fact that, given the structural changes shown by the market, with counter-cyclical economic policies, controlled inflation and stable political systems, the region presents sustained and sustainable growth. In 2010, it achieved rates of 5% above the average of the OECD countries, with a rate of 2%. In addition, the existing space for growth puts us in an excellent position to capture the growth opportunities and implement the best practices that we had already learned in the European markets, through Endesa and Enel. And the future is more than promising. According to the latest data provided by the Economic Commission for Latin America and the Caribbean (ECLAC), the growth of the region's GDP will expand by an average of 4.7% in 2011 and for 2012, 4.1% is predicted. If we consider only the countries where we operate - Argentina, Brazil, Chile, Colombia and Peru –, the GDP will grow by an average of 6.2% and 4.6%. Our encouragement of investment has been supported. It is our vocation to remain, and the facts prove it. Since we arrived in Latin America in 1992, following the acquisition of Edenor in Argentina, we have invested approximately 17,500 million euros, and we have al-

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most two decades of history in common, with the relative concerns and successes; most importantly, we have been accompanying the development of the five countries where we operate. The fact that Oxygen has decided to do a special issue on Latin America is a great success, given the weight that this region has in Enel and Endesa, not only in terms of numbers but also as to capacity. It is also the main source of growth of the Endesa Group. Just to give an order of magnitude, Argentina, Brazil, Chile, Colombia and Peru account for about 45% of our EBITDA (earnings before interest, taxes, depreciation, and amortization). We provide energy to about 13 million customers and have over 15,800 MW of installed capacity. We operate in five countries, each with their own unique characteristics. However, we have the same goal for all: to provide reliable, high quality service of electricity that is competitively priced and environmentally friendly. This shared commitment enables us to speak a common language and feel united by the same values, beyond any geographic or economic boundaries. As I have always said: we are Spanish in Spain, Argentine in Argentina, Brazilian in Brazil, Chilean in Chile, Colombian in Colombia and Peruvian in Peru. This has been the key to our challenge and to our success. I think it can humbly be said that, with successes and failures, we have proven our clear and strong vocation to stay in all these countries, contributing to their development and

According to the latest data provided by ECLAC, the growth of the region’s GDP will expand by an average of 4.7% in 2011 and for 2012, 4.1% is predicted

supporting the communities located in our area of influence. We were one of the first Spanish companies to invest in the region by allocating resources for long-term works, infrastructures that will last for 50, 100 years or more, becoming fully involved in the business world, working with local operators, collaborating loyally with the authorities and controlling bodies, engaging in community development and, above all, trying to offer the best electricity service possible. I do not want to conclude without pointing out that Latin America has a historic opportunity to eradicate poverty and to make a leap forward in development. It has the tools at hand to give greater prosperity and fairness to its citizens, leaving the populist impulses behind, and pursuing policies that are stable and serious in social, economic and political terms. And, why not, to develop greater integration among the countries of the continent, integration that would allow them to obtain more and better opportunities for advancement and progress. Our main responsibility is to provide electricity to the markets where we operate, but equally important is to perform reliably and efficiently, with world class service and competitive rates. It is only by having a service endowed with these features that the economy and the quality of life can be made to grow for the over 50 million people we are serving in Latin America.

The Latin American region is undoubtedly blessed with exceptional natural resources, with energy resources in the forefront. In the “southern Andes block” (northern Chile, southern Peru, western Bolivia and Argentina), the solar radiation is so intense and abundant that if a 60 x 60 km territory were covered with thermosolar mirrors, all of South America could be supplied with electricity. Insofar as the geothermal potential is concerned, it is sufficient to note that 10% of the planet’s volcanoes can be found in Chilean territory. Regarding petroleum, moreover, the enormous “offshore” reserves discovered in Brazil will allow it to become the 5th largest petroleum power in the world, if exploited efficiently. In addition, according to an IPCC projection, if all of the biomass

energy available on the planet could be used in 2050, 42 % of it would be generated by bio-energy produced in South America. The hydro energy potential is also enormous, estimated at 728,591 MW, which represents approximately 22% of the world’s potential. Notwithstanding this exceptional potential, little has been done to date to develop these resources in an effective and sustainable manner, in particular, alternative renewable energy (ARE). The principal problem – not only in this region – is that the majority of ARE does not attain market competitiveness and, thus, becomes more costly than conventional fossil fuels. Renewables provide less than 20% of global energy; of this total, 15% corresponds to hydroelectricity, a mature technology that has great potential in de-

veloping countries but is very limited in the OECD countries. In Latin America and the Caribbean, renewable sources represented almost one fourth of the Total Energy Supply (TES) in 2008, with 24.7%. One must highlight the contribution of hydro-electricity, with almost 10%, firewood with 5% and sugarcane products with 7 %. The rest of the renewable energy sources (such as biomass and geothermal) are marginal. The category of “other renewables” (wind and solar) is accounted for comprehensively and cumulatively only reaches a value a little above 1% of the total energy supply, notwithstanding the exceptional potential previously mentioned. We must also highlight the decreasing tendency of renewable energy in the region, if compared to the information regarding the year 2002, both in its total value (there is a decrease of 1%) and in the different sources. The problem of ARE is that these technologies are (and will continue to be, in the short and medium term) of diminished profitability in a competitive environment, unless the environmental dimension (the “externalities”) is not considered inappropriate – within the algorithm of energy price construction –and/or effective incentives are not generated and kept in place until the technologies become competitive without subsidies. In the case of renewables, a determinant variable for its penetration is the price of petroleum, or where it is the case, natural gas. When the price of petroleum increases, the relative price of renewables decreases and, therefore, gains market share. In the event of a

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Ft future tech

In the “southern Andes block” (northern Chile, southern Peru, western Bolivia and Argentina), the solar radiation is so intense and abundant that if a 60 x 60 km territory were covered with thermosolar mirrors, all of South America could be supplied with electricity

decrease in the price of crude oil and other hydrocarbons, renewables lose part of their attraction and capability to show that they are financially profitable. In the medium term, the development of renewables in Latin America depends on a great number of variables and situations, in which the following stand out: 1) incentives and government regulations; 2) subsidies; 3) the price of crude; 4) transaction mechanisms for carbon emissions; and 5) the speed of the learning curves to diminish production costs. The results achieved in the region in terms of energy integration have not been more encouraging than those of ARE, even though it is a commonly-held opinion within Latin American countries that physical, operational and commercial integration in the energy sector would allow better use of the synergies, infrastructure and the available resources and, in this fashion, benefit more sectors of the population. The sub-regional integration organisms (SICA, CAN, MERCOSUR, UNASUR, etc.) have made significant efforts, not only in infrastructure but also as far as legal aspects are concerned, to promote integration by means of electrical interconnections (Colombia-Ecuador, Ecuador-Peru, SIEPAC, etc.). Similarly, integration initiatives

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have taken place for the supply of gas and petroleum, although they have only worked in mechanisms created specifically for those ends. Notwithstanding these efforts, regional energy integration has made few advances, the multilateral agreements aimed at constituting a Regional Energy Market are still very immature and the bilateral agreements, which might be characterized as urgent, remain difficult to implement. In fact, the security of supply and the reduction of vulnerability to suppliers in international natural gas commerce have become the top priorities at the time of investment decisions in the energy sector and, in particular, the natural gas industry. In this sense, the bilateral-level conflicts in the supply of electricity sourced at hydroelectric centers (Yacyreta and Itaipu), as well as the breaking of agreements by the gas-providing businesses of Argentina (with their buyers in Chile and Brazil), have caused a weakening of trust, which has been transferred to the whole region and which will take an as-yet undetermined amount of time to be re-established. In fact, the “natural gas geopolitics” of the entire region have been profoundly changed because of the Argentine energy crisis. The Argentine unilateral decisions have created a signi-

ficant loss of trust in the physical integration processes for the region, insofar as natural gas is concerned. The diversification and provision of alternative supplies sought by the importer countries of the region led to Liquid Natural Gas (LNG), by means of promoting degasifying plant projects in numerous ports of the region. An appreciable quantity of projects and investments have been planned and developed, while others are materializing in view of the supply needs of the national markets. In spite of the aforementioned difficulties, energy integration and the possibility of achieving a secure supply within the region represent a possibility with great potential and deserve to be the objective of a joint effort by the countries. A separate topic is that of nuclear energy: this source currently represents 7% of global primary energy consumption and 15% of global electricity production, but it is more important in the industrialized countries. In total, Latin America only produces 0.8% of its total primary energy consumption by means of nuclear energy. Even though countries like Argentina, Brazil and Mexico have developed technological capability insofar as nuclear energy aimed at the generation of electricity and connected areas is concerned, their development since the Eigh-

ARGENTINA: IS BIOTECHNOLOGY THE FUTURE? by Simone Arcagni

ties has been practically non-existant in Argentina (regional pioneer country) and modest in Mexico and Brazil. At present, the centers under construction in Latin America are Atucha II in Argentina and Angra 3 in Brazil, in addition to the six that already exist in the region. The General Director of the International Energy Agency – during his recent visit to Japan - predicted that the number of nuclear reactors would not stop increasing globally during the next few years. The short amount of time that has passed since the Fukushima accident and the mixed political signals call for prudence when making predictions regarding the future of nuclear-generated electricity. In general terms, the pace of expansion of nuclear energy supplies will probably be slower than was anticipated before the Japanese accident, and this also applies to the “nuclear” countries of Latin America.

The EFB (European Federation of Biotechnology) defines biotechnology as “the integration of natural sciences and engineering in order to achieve the application of organisms, cells, parts thereof and molecular analogues for products and services.” It is an interdisciplinary science that involves a close dialectic between computer science, biology, chemistry and medicine and focuses on methods of genetic modification techniques based on recombinant DNA and cell fusion. It is a science that combines the bios and computer science and, thus, is at the forefront of technological experimentation such as medical imaging and IT in the medical field, or studies of artificial intelligence that increasingly look with interest to hybrid neural "brains." In its period of economic development. Argentina, the country with the great agricultural tradition, has taken the path of biotechnology for the effects that this type of research can offer precisely in agriculture. It has developed a mass of studies addressing various fields, making Argentina the country with the highest number of research centers in the sector (together with Canada and the USA, and the recently reported new entries, China and Brazil). In particular, the most developed field of application is agriculture and the cultivation of GMOs. Argentina has converted a high percentage of its cultivation to transgenic soybean crops, redefining the agricultural economy of the country through large concentrations of land, an industrial breakthrough in the management of the fields and technological development in the study of applications on both GM plants and pesticides. Although the initial impact was positive in economic terms, successively the problems of monoculture, of laws relating to GMO patents and the environmental data on new pesticides

have imparted a negative curve to the economy of the country, which was already in crisis. But biotechnology is not just GMOs, and of the approximately 70 centers of biotechnology research in agriculture in Argentina, about 40 are dealing with the biosciences. The country manages a wealth of knowledge and technologies that are oriented toward new application markets, and thus, Lino Barañao, Argentina's Minister of Science, Technology and Innovative Manufacturing, has recently identified the pharmaceutical market as the branch of major development and the greatest future expectations today. In this field, for example, Argentina and Italy have collaborated on research that has combined chemistry, medicine, biology and biotechnology and which has led to the discovery of a new protein with anti-tumor activity found in the common mushroom (Boletus edulis). The research - published in "Glycobiology"- is a synergy between the universities of Pavia and Verona and the Universidad Nacional de Córdoba. A bridge between the two countries in the field of this kind of research is also represented by Francisco E. Baralle, the Director General of the ICGEB (International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology) in Trieste, Italy, who holds a PhD in chemistry from the University of Buenos Aires and a degree in medicine and surgery from the University of Naples. He is also the superintendent of the project "Transgenic cell lines with expression of heterologous gene regulation" (ICGEB and University of Buenos Aires), created within the framework of relations between the two countries. Studies on transgenic animals, gene therapy and bio-diversity is a priority for Argentina; its largest national company, Bio Sidus, is based in Buenos Aires and has a market of biopharmaceutical

A new protein with anti-tumor activity found in the common mashroom (Boletus edulis)

products which extends to Asia, Africa, Eastern Europe and Latin America. For more than 20 years, Bio Sidus has been collaborating with Argentine research centers and universities and, above all, is the country’s principle representative in the world with regard to research and its products oriented especially toward health and pharmacy, such as the new Osteofortil®, the recombinant of the human parathyroid hormone used to treat and prevent osteoporosis.

Centers such as INDEAR (Rosario Institute of Biotechnology) and industrial networks such as FAB (Argentine Forum of Biotechnology) and BIOTECSUR, uniting public and private research centers of the MERCOSUR area (Argentina, Brazil, Paraguay and Uruguay), are developing a long-term view on the application of biotechnology, testifying to the vitality and confidence in scientific research in biotechnology, that is characteristic of all of Latin America.

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In intervieW

"DEMOCRATIC PROSPERITY" THE NEW COLOMBIA OF SANTOS In this exclusive interview with Oxygen, Colombian President Santos explains why this may indeed be the century for Latin America, after the preceding one that has seen China and India prevail. He talks about a present of profound change and an ambitious future for his Colombia. by Pino Buongiorno

The sign of the new times is this charming presidential palace, Casa de Narino, in Plaza de Armas in Bogotà, which has been turned into the Presidencia de la Republica de Colombia (Presidency of the Republic of Colombia). It is rare to meet a person over 40 years of age. Juan Manuel Santos, the president who succeeded Alvaro Uribe a year ago on August 7th, just turned 60 and is probably the oldest person in these rooms, where Antonio Narino, one of the fathers of Colombian independence, once lived. His staff members are all very young, around 30, fresh from studies in European or American universities. The feeling in the air is hectic and joyful. This is what befits a country that is growing along with an entire continent that is being reborn. President Santos, already a renowned political commentator and economist, as well as the heir of an important family of newspaper publishers (now sold), has just returned from a trip to Argentina and is about to leave for Japan and Korea. He will not even have time to change his sophisticated clothes before catching a direct flight to New York, and then off to Canada. It is the ideal time to attract investments and political sympathies. Isn't there, perhaps, an excess of optimism in this continent that has been neglected for too many years? I don't think so. If we play our cards right, we will be the country

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with the most promising future because we possess everything that the world seeks today: energy, water, land for food production, biodiversity and a young population. These ingredients make Latin America very attractive. What's more: if we applied the correct economic policies, we, who are already a continent that is growing faster than Europe and the United States, could still grow at an ever faster but sustainable rate. What is the ace up your sleeve? Latin America must become a united region, speaking with one voice on many issues. Obviously, there are problems and situations that we cannot treat in unison because we have our differences, but if we find common denominators and have responsible policies, then this will give us a special weight in world affairs. What steps have already been taken or are in progress? Let's start with the Unasur [Union of South American Nations, established May 23, 2008 with the Treaty of Brasilia, Ed]. We formed it for a simple reason. Having more than 700 billion dollars of reserves, we cannot stand by helplessly, when faced with the exponential appreciation of our currency due to the liquidity crisis in the rest of the world. All of this damages us; it slows down our exports and, thus, generates unemployment. So we responded by joining the Andean Community and that of the Mercosur, practically all the nations of South America, to have more strength and a greater impact. Thus, the coordination of economic policies to be more pro-active and effective has begun. You have continued with the stock market... True. Colombia, Chile and Peru have integrated their stock markets. Now we are trying to bring in Mexico to join us. We also created a new group, the Alliance for the Pacific, formed by Mexico, Colombia, Chile and Peru, where we have deepened our integration. Finally, we initiated trade policy coordination. What is the relationship between all of you and Brazil? Don't you risk being crushed by this economic giant? Together, we four countries of the Alliance for the Pacific are larger

than Brazil; we have a wider market and a higher GDP. That said, I also want to point out that our alliance is not against Brazil. It is to complete the economic strength of Brazil. If we play together with Brazil, it will be the entire region's gain. In the past there were also several attempts in this direction, but which failed. Today the situation is different. There are a number of new circumstances to consider. For example, since becoming the president of Colombia, I have established good neighborly relations with Venezuela. Major differences remain concerning economic development and also the functioning of democracy. But, simultaneously, we have found common denominators for working together while respecting our differences. Let me give you a highly topical example: the position of Hugo Chavez on Gaddafi is the opposite of mine. Well, we won't let all that poison our relations. This is the new pragmatic approach. And the ideology? In Caracas, there is always an attempt to create the socialism of the new century. Here, in Bogotà ,the conservatives dominate, as in several other countries. Has the shift to the left in Latin America stopped? I do not like to talk about left and right because nowadays it is a distinction that only creates confusion. I believe that neo-liberalism is dead, just as neo-statism is long dead. It is the pragmatic center that is emerging as the best way to govern. So the difference is not between left and right, but between ideologues and pragmatists. Is this the final burial of “Chavism”? It is hard for me to answer this question. I have built good relations with Chavez. Venezuela is a country that is crucial. We have 2,200 kilometers of shared border and that country has always been a natural market for Colombia. In fact, we hope to improve relations so that Venezuela, too, can grow. Until recently, say prior to the onset of Chavez's illness, there was talk of an axis made up of Venezuela, Ecuador, Bolivia and Nicaragua. Has this deteriorated? The reality, sooner or later,

«I look to the south, but also to the north. The two paths are not mutually exclusive, indeed,they complement each other»

had to emerge. I think our development model, which respects private property and markets, is a winning one. It is the model of the Third Way. Is Colombia aiming to become the leading country in Latin America? It would be too presumptuous to say and do so, at least at this time. We just want to play a more constructive and productive role. How is democracy working on this continent, which is known for hosting long and vicious dictatorships? It is working very well in Colombia, Chile, Peru and also in Mexico. Today, all Latin American countries, except Cuba, pride themselves on being democratic. But there are different interpretations of what democracy is. There are still autocratic states, but we must also recognize that, for the first time in several centuries, this is a continent of democracy. In the sense that the populist leaders are out of the game? Populism will always be a lurking danger. But the more we strengthen democratic institutions, the less space will be left to populism. The impetuous economic growth being recorded in these parts has attracted the attention of China. Are you worried about the risk of a neo-Colonialism? The Chinese are very aggressive, I must admit. Every day we have one or two visiting delegations here in Colombia. The Chinese are interested in the raw materials, our energy, our water and also our biodiversity. On the other hand, we need their investments. Personally, for my part, I encourage Chinese investments, but I do not discourage American, European, Japanese and Korean investments - on the contrary, I hope. Is China more interested in food, minerals, water and energy or the new markets it could open in Latin America? Both. For them, our continent is an ideal market. There are new consumers appearing little by little as we liberate our people from poverty. There are new opportunities for the companies that come here to work. Compared to your predecessor, Alvaro Uribe, you seem willing to

look south rather than north. Is this a strategic change of vision? Let me make a small correction. It is true, I look to the south, but also to the north. The two paths are not mutually exclusive, indeed, they complement each other. I will give you a preview of an announcement: within a few weeks, we will finally have the free trade agreement with the United States. The timing will be dictated only by the ongoing debate in Congress. Is Europe disappearing from your observation? Fortunately it has never been absent. In fact, it has always had a huge influence. What is happening is that Europe is going through difficult times and is not as aggressive as other competitors. It should revert to being so, as I recently explained to some Spanish entrepreneurs, because if you want to grow you will have to invest here, where the economy is in good health. I am convinced that this will start again, sooner or later. You mentioned Cuba previously. Will that island ever change? Cuba is already changing and will do so more and more. It has no future unless it continues on this path. The new leaders are already slowing down a series of restrictions that existed internally. They just need to be given time to regroup. The United States, in particular, must be patient and fortunately they have understood that. One of the chronic ills of Latin America is corruption. To what extent can this hold back development? Let me give you an example that concerns Colombia. Since becoming President, I have passed a series of laws that give more tools to the police and the judiciary against corruption. I also created a special intelligence unit. For me, corruption is the objective to fight, just as much as terrorism, because it does the same damage. I said to President Uribe, who often complains that many of his collaborators have ended up under investigation: all this is not against him, also because I think he is an honest person. It is against those who are corrupt in general, because we can all have them around us and we may not even realize it.

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«We have made such progress in terms of security that we now have other economic and social objectives of growth»

Five locomotives of development For Alvaro Uribe, the priority was "democratic security." For his successor, Manuel Santos, the new watchword is "democratic prosperity." “We have made such progress in terms of security that we now have other economic and social objectives of growth,” explains the new president. "We still have more than 40% of Colombians who are poor in all respects, according to international standards, and we must drop to 32% before the end of my mandate. But, even more importantly, is the extreme poverty, where we have already seen significant results.” Of course, the Marxist narcoguerrillas of the FARC have not been entirely eradicated, even if they appear to have retreated: there used to be 30,000 of them and today there are no more than 6-7,000. Even the National Liberation Army is riding into the sunset, while the dangerous paramilitary groups have their own commanders and soldiers in prison or have been absorbed into small gangs of common criminals. Even the legendary cocaine clans from Cali and Medellin are being completely dismantled in favor of smaller nuclei of narcos. The bulk of the traf-

fic is now in the hands of the Mexicans and also the Italian Mafia. It is time for reform in Colombia with "five locomotives for development,” such as those that Santos wants to impose, already with a growth rate of 5-6% every year: infrastructures, housing, agriculture, mining and oil and finally, innovation. The political and economic shift has matured thanks to a sort of government of national unity with only seven members of the opposition in Congress. “It is a unique situation that is schooling the rest of Latin America,” Santos continues. “Here, too, I have applied a pragmatic approach. Since our country needs fundamental changes, I told all the party leaders: ‘Each of you has good ideas, let's put them together.’ Not to win, because I had a lot of votes of the majority, but to govern well and make the right decisions for our country.” The result is that, one year after the election, according to recent polls, Colombian President Uribe enjoys an 82% approval rate, while 80% of the citizens believe that "the country is going in the right direction."

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THE UNITED STATES OF LATIN AMERICA Mexican by birth but American by adoption, Luis Alberto Urrea is an explosive personality, as well as one of the most interesting contemporary writers. The protagonists of his award-winning novels have viscerally Latin roots, but their fates are intertwined with a fatal attraction to the north and the United States. As Bruce Springsteen sings in Sinaloa Cowboys, “For everything the North gives, it exacts a price in return.” Oxygen has asked Urrea to talk about this particular time that Latin America is experiencing, and its rapport with the U.S. of Obama. by Stefano Milano

Latin America is experiencing a time of economic revival that is truly particular. What do you think the reasons are that have led to this new era? There are several factors influencing this change, but the most mysterious one is that it is simply “our time.” I think, in the ebb and flow of history and spirit, eras come. After centuries of division and trauma caused by the “Conquest” and post-colonial eruptions, there is a new clarity. Ironically, though the United States seems to have a jaundiced, if not prejudiced, view of “Latinos,” the phenomenon is very much what we used to call The American Dream. Self-determination and a firm desire for a middle class and hope for the future of our children. What could be the socially positive aspects of economic development?

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Unity. Brazil is a good example of what could lie ahead - smart energy policies, for example. Colombia has managed to calm its drug wars - at great cost in human life, with much violence. I think Mexico and Guatemala are watching. Cuba is poised on the brink of change. Post-Bush, there is an opportunity to forge alliances in the “New World” that could not only help the region to mutually advance, but might help the world. Just in terms of natural resources, the opportunities are staggering. Let us hope justice follows. In recent years, some Latin American countries have moved toward more democratic governments. Do you think this process will also affect other states? Democracy is intoxicating. What is curious is to see what kinds of democracy surface. Yes, I do believe this will continue to spread. Look at China. Does democracy equal capitalism? This question is asked and debated all over the world. Some societies desire socialism, some desire full freemarket capitalism. But there is no stopping the desire to be free, to vote freely, to advance in equality. What are the risks that might otherwise hamper economic and socio-political development? Is the economic growth helping to solve social problems or, conversely, in some countries is there a risk that the differences will be exacerbated and further widen the gap between the rich and the poor? In some countries, I think growth fosters horrors. There is no doubt about it. It always has. Just look at the mind-boggling narco-war in Mexico at the moment. A drug war that is full-on capitalism run amok. It is also a terrorist insurgent uprising—you don’t have to go to Iraq to find it. That being said, the desire of the Mexican people to move ahead and live with security grows daily. The people themselves will put a stop to narco-wars before any government will. The Mexican working classes supply young gunmen to the narco-war because there is no opportunity in the poorest parts of their society to advance, to make a living, but also to feel self-respect. Personal power. In the long run, as opportunity and

«There is no escaping the fact that Mexico and the US are Siamese twins, joined at the gut, and try as they might to ignore each other, they will never escape each other»

hope spread - if they do - the situation in the streets will change. Who are the political figures that have played a key role in this revival process of Latin America? There are too many to name. From the hard-core rightists who brought military violence, to the FARC, to characters like Hugo Chávez and all those in between. You cannot discount the effects of such social movers as musicians and poets. Yes! In Latin America, poets can still change the world! Rock and roll can still transform culture, open pathways to revolution and redemption. It is something Europe saw, and possibly the United States. But imagine the impossible power of free thought and free expression. How powerful is it? Look at heroic Facundo Cabral, the troubadour of South America, gunned down in Guatemala. Are there people, on the contrary, who could be a threat to this revival and might stifle democracy and economic development? I am referring in particular to the “trio” Chávez, Morales and Correa... Well….all of them! Some individual countries, first of all Brazil, of course, have had a very important role in the development of the Latin American areas, but in any case, today the share of regional growth in Latin America as a whole is 6%, which means that the development is really affecting the whole area. Which countries do you think will flourish the most in the coming years? Mexico, of course. There is no escaping the fact that Mexico and the U.S. are Siamese twins, joined at the gut, and try as they might to ignore each other, they will never escape each other. Cuba is already transforming. Watch Venezuela—with the inevitable death or debilitation of Chávez, it will be central to either tumult or stability in the deeper south. What connection exists between economic development, especially in a future perspective, and the wealth of natural energy sources in Latin America? A deep one. The world will look to Latin America more and more and they must stay awake at night watching the fates of Iraq, Libya, etc. The one resource that the

world has benefited from - while reviling it at the same time - is cheap human labor. But the hunger out there is big. Water, wood, sugar, oil, gas, beef, coca…well! Let us go back to talking about "your" Mexico. Calderon's government has made important choices for the economy and the environment, but there are still many social problems. What is your opinion about the present and future prospects and challenges of Mexico? Mexico has a growing middle class, as I stated before. There is a store here called Home Depot. Do you have these in Italy? A sort of giant supermarket for home builders and fixers: tiles, pipes, tools, things like this. Toilets. Bathtubs. The biggest Home Depot in the world is outside Mexico City. One crisis in Mexico, aside from the obvious (narco): NAFTA. Agriculture on a local level has been harmed by the industrial maize harvests; and factories have closed at an alarming rate to relocate in China and India. However, Calderon (accused by some of being a narco kingpin himself) seems to have a master plan to uplift Mexico’s economy. It could be working. On the one hand, the crisis in the U.S. (and some harsh antiimmigration laws) and on the other, the Mexican economy which is starting to grow again are leading to a strange countertrend: many Latinos have decided to return to Mexico… If you look at the statistics for “illegal immigration” into the United States, you will see that the numbers have fallen. Border Patrol agents complain to me of boredom. There is no one left to catch. The joke is that this happened because everybody in Mexico already came to the US. Ha ha. But something very interesting is happening there. Something mysterious and beyond the pundits. Look at the Mexican economy. Look at such things as natural gas and solar/wind energy sharing with the U.S. You live in the U.S. and have dual citizenship, so you have a particular viewpoint on the question of Latin America and its rapport with the U.S.; it is an issue that always comes out in your novels.

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What do you think the situation is and what is Obama's approach to the Latin American economy? Obama is confusing. He is a Chicago guy—where I live now. I know many of his friends and work with a mentor of his at the University of Illinois. Like everyone, I felt a burst of hope when he was elected - we are speaking strictly of the border/ LatAm issues now. I still like him, and I think his recent appeal for jobs and investment is exciting. But his policy toward the south is opaque at best. Cloudy. Baffling. He can call me anytime, though. I will serve! The integration process of Latin American countries has a long and problematic history. What do you think will happen in the future in this regard, considering the current renaissance of the region? There is an urge, world-wide, toward collapsing borders. I know you in Italy have immigrant issues, as do France and England and Spain. Well, the whole world. Latin America is very proud of itself as a cohesive whole—we do not always realize this. South America loves itself, and rightly so. We think there must be some weird shame or embarrassment attached to the fact that they are not North American Republican Baptists who have Ronald Reagan tattoos. They eat weird things, speak funny languages, listen to odd music, believe in saints and spirits. Might be socialists! Oh my God! No! Now, within this general selfregard, the independent countries of Lat Am love themselves, as well. They have fought hard to be independent nations. They don’t readily believe that Argentina = Uruguay, or Brazil = Belize. Though we might think this. They are not states—they are Nations. I always hope for the best, though history has taught me to expect the worst. Are we heading for a LatAm Roman Empire? Or a kind of European Union? The various scattered interests and agendas of the region keep it subservient to the huge monoliths of power. If they unravel, and manage to maintain a humane and sane vision - while addressing the crushing suffering of their poor and indigenous populations - then you will see a fresh new powerhouse on the world stage.

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Sc scenarios

In the G20, the importance of Brazil has grown along with that of the BRICS, a group of countries that included India, China and South Africa, and wich reached 23% of the GDP worldwide in the 2010

ECONOMY TO THE RHYTHM OF SAMBA ”Brazil is on the short list of nations that will shape the twenty-first century," wrote a committee of experts of the Council on Foreign Relations. A voyage to discover the motor (and maybe some shadows) of the eighth (and soon to be the fifth) economy of the planet and also the unquestioned leader of the international energy scene. by Maurizio Caprara

Let us hope that our ruling class will not realize how much the weight of Brazil has increased in the world only when that country will speak on television in the evening in 2014, when it will be hosting the soccer World Cup, and in 2016, when it will host the Olympics. According to research commissioned last July by the U.S. Congress, Brazil is the eighth largest economy in the world. Two years ago it was the tenth. In March, Finance Minister Guido Mantega claimed it was the fifth, taking it for granted that by now it had overtaken France and Great Britain (as well as Italy). According to a prediction made in a report by the U.S. Council on Foreign Relations – a research center that brings together researchers and powerful experts to analyze international issues - Brazil could reach fifth place by 2016. Last summer, this race was affected by the global economic slowdown. Brazilian growth will drop: an estimated 3.6% in 2012. But in the last eight years, the average growth rate was above 4%, despite the fact that in 2008, most of the stock markets on the planet were grappling with the crisis. Seeing as almost everywhere financial projections are playing it by ear, the country which occupies nearly half the area of Latin America has become more important than in the last century. Along with China

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and India, Brazil is one of the markets in which many other countries, including Italy, have an interest in obtaining non-marginal space if they intend to engage consumers who could tow them toward the future global recovery. For Brazil, this attractiveness means having even more political clout. In a world that consumes more and more and has to combat overheating, the energy factor is also valuable with regard to a country's influence. The federal State, governed from 2003 to 2010 by Luis Inácio Lula da Silva and since 2011 by Dilma Rousseff, discovered new oil deposits five years ago that can lead it to become one of the top 10 crude oil producers. 75% of its electricity is generated at hydroelectric plants. It is the second largest producer of ethanol. Lula, a former metalworkers' trade unionist, and Rousseff,

an economist, the daughter of an immigrant from Bulgaria, both belong to a left-wing force, the Partido dos Trabalhadores. Although open to foreign investment, their policy has resorted to state intervention in the economy: providing subsidies to poor families for sending their children to study and indications for the large national and private companies to target investment within the country. It is, therefore, undeniable that action taken by Lula and Rousseff, helped by the injections of liberalism of their centrist and moderate predecessor, Fernando Henrique Cardoso, has enabled the growth. Yet, it would be reductive to interpret what has happened by taking only two or three personalities into account. In populations fraught with difficulty, once the motor of development is set in motion, it also increases enthusiasm,

optimism and willingness to achieve goals. Three qualities that Italy cultivates less and less. Among nations, the enthusiasm of the "economic miracle" that our country experienced in the Sixties does not have a fixed address of residence. Depending on the historical phases, it revolves. Brazilian foreign policy has driven the expansion of trade relations with the U.S. that are profitable but not submissive, aimed at strengthening ties with its neighbors and increasing the penetration of national products in Africa. Development has gone ahead, while the international balance of power after the division of the world into two blocs, Western and Soviet, has intensified a phase of redefinition whose outcome is yet unclear, with the U.S. superpower facing various regional powers willing to expand their radius

of action. “Brazil is on the short list of nations that will shape the twenty-first century," wrote a committee of experts of the Council on Foreign Relations. This is a huge achievement for the former Portuguese colony, independent since 1822, and from 1964 to 1985, trapped in a dark parenthesis of military dictatorship. The measures of Lula and Rousseff have broadened the middle class, which today counts for nearly half of the 201 million inhabitants, Hrat make Brazil the fifth country in the world as to population. In foreign policy, the two presidents have accentuated a “multilateralism” formulation, giving a sense that is not just ritual to their invitations for collegiality among the several states in their choices, due to their international effects. In seeking a place in the front row of the new seats of supranatio-

nal decisions, Brazil alleges to be an entity that has overcome both the G8, formed by the seven most developed countries and Russia, and the UN Security Council, based on ownership of permanent seats for the winners of the Second World War. Whether this is shared or not, these assessments are not lacking assumptions and logic. Since 2008, the crisis on Wall Street and in European stock markets, due to the collapse of feeble financial products, hit the center of capitalism and, not immediately, some of its productive peripheries. This has increased the importance of the G20, made up of the top 20 economies in the world. To the detriment of the G8. In the G20, the importance of Brazil has grown along with that of the BRICS, a group of countries that included India, China and South Africa in 2010 and which has reached 23%

of the GDP worldwide. This forum is often considered a compact G4 of the poor (or formerly poor?). However, to give an example, the discovery of the new oil fields pushes for an increase in the demand for oil and gas pipelines and the Brazilian government fears the Chinese offer of low cost, processed steel. “We never authorize foreign goods in unfair competition with our own,” warned Dilma Rousseff. “In the current crisis, our main weapon is to expand and defend our home market,” she declared. This is the defensive line of a country that is not just a regional power. Brazil is the largest producer of meat, sugar cane and coffee. In some areas of agriculture, it is a global power. At the head of a procession of developing countries, in the World Trade Organization since 2003, it has managed to prevent dealings of the “Doha Round.” It blames the rich nations for their agricultural subsidies. Better now to clear up a possible misunderstanding. Brazil does not pursue all the goals that are compatible with the interests of Italy. It aspires to a permanent seat on the UN Security Council. To obtain it, Lula has played on the side with Germany and Japan, and its promotion would mark a setback for Italy. In 2010, the then President of Brazil signed an agreement on Tehran's nuclear plans with Iran, which had been placed under sanctions, and Turkey (another growing regional power). The U.S., and many others in Europe who suspect the Islamic Republic of preparing the atom bomb, considered this an aid to Iran's tactic of gaining time to circumvent the obligations and create irreversible situations of fact. Brazil, however, counts, and shows it has the titles to count even more than before. As of 2012, the Director General of the FAO, the UN organization for food, will be José Graziano da Silva. He was the Minister of Food Security for Lula. Out of 180 voters, he won the vo-

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tes of 92 countries, surpassing Spain's candidate by four votes. There is a second mistake to be avoided: it should not be automatically assumed that the strengthening of Brazil is unstoppable. The young workforce is abundant, but it is not as educated as it should be. Infrastructures are lacking and efficient organizational systems are few and far betwen . The gap between the rich and the poor places the country tenth in the world as to inequality. Despite government policies that have reduced the number of murders, the crime statistics are horrifying and the U.S. Congress reported that, since 2003, over 11,000 people have been killed by the police. Taking this into account does not mean forgetting about the turnaround in recent years: the transition from crisis to development. The ill-concealed malice of some seems childish when it is recalled that Dilma Rousseff was a guerrilla. The current head of state was against the dictatorship under which she had suffered imprisonment and torture. One of the presidents Italy had the honor of having, the expartisan Sandro Pertini, received six convictions under Fascism. And escaped twice. What is wellfounded, instead, is the outrage in Italy at Lula's "no" regarding the extradition of Cesare Battisti. The former red terrorist was not in any army fighting for liberty. On the contrary, he was sentenced to life imprisonment in the Seventies, in a democracy, for a total of four murders that he was found guilty of having participated in or aided. But more than making the relationship between the two countries subordinate to the Battisti case, it would be worth remedying a gap highlighted by Giorgio Napolitano on Italian terrorism, a lack that affected Lula’s poor decision: "Perhaps we missed something in our culture and politics, something that can be passed on to future generations of what really happened in those agonizing years.” Concerning Brazil, Italy needs to find a strategy, not to shoot itself in the foot.

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The target for 2012 is to support economic growth by focusing on and investing in renewable wind, solar and geothermal energy, and, with these and other green Energy sources, to cover 26% of the domestic demand

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LONG LIVE RENEWABLE MEXICO! To join the prestigious E7 group, the seven emerging nations of the world, Mexico is implementing a true energy revolution. This revolution is rapidly transforming the country from an exporter of oil (the seventh in the world) to a Latin American leader of renewable energy sources, just behind Brazil. by Alessandra Viola

To go from being an "underdeveloped" country to a "developing" one, Mexico has only needed a politically correct repainting. But for the next leap, one that allowed it to join the prestigious E7 group of the seven emerging nations of the world, it has taken much more: a real energy revolution. One that, so to speak, is rapidly transforming the country from an exporter of oil (the seventh in the world) to one of the Latin American leaders of renewable energy sources, just behind Brazil. Certainly, the fear of the climate change taking place has given it

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a good boost, leading President Felipe Calderon in Cancun to propose his "Program for prevention and attention to natural disasters," which aims to analyze the risks of the increased sea levels and the increasing number of hurricanes and tropical storms that hit the country and to envisage a series of measures to counter them. This initiative has earned the President the 2011 "Champions of the Earth" award, endowed by the UNEP, the Environment Programme of the United Nations. But it is equally certain that the

decrease in the production capacity of the extremely exploited Mexican oil wells, which have gone from 3.4 million barrels per day in 2004 to 3 million barrels in 2009 and which are continuing to produce less and less, has had a certain weight. Crude oil exports still earn Mexico about half of its GDP, but the country has already begun repairs to meet the economic, industrial and climatic emergency lurking in the short term (according to some estimates, in the coming decades a percentage between 5 and 20% of the gross domestic product will have

to be used to cope with disasters caused by climate change). The target for 2012 is to support economic growth by focusing on and investing in renewable wind, solar and geothermal energy and, with these and other green energy sources, to cover 26% of the domestic demand. While at the same time attracting - certainly not a negligible side effect – huge investments of foreign capital: according to government estimates, almost $100 billion by 2012. Aid is not lacking, and those at the forefront are the CIFs, the Climate Investment Funds, investment funds for the climate for emerging countries, created by the World Bank. More than 600 billion dollars will arrive in Mexico to help the country honor its promise to cut greenhouse gas emissions by 50% between now and 2050. The drastic reduction of CO2 emissions will happen through the revolution in transportation, now responsible for 18% of emissions in the country. With regard to transport on land, this will start with the replacement of old buses with hybrid vehicles and a light rail network, while on the other hand, the National Aviation is focusing on an oil obtained from the jatropha plant for a mixture of a sustainable and less polluting biofuel. Even the buildings will do their part, thanks to the new concrete geopolymers patented by national laboratories which emit 80% less CO2. The cities are also doing their (small but significant) part: in Guadalajara, the new stadium is entirely eco-sustainable, while Othon P. Blanco has completely converted to LED street lighting, reducing the electricity bill by 50% and creating the largest facility of its kind in all of Latin America. Moreover, the 2007-2012 National Development Plan has identified environmental sustainability as the kingpin of national policies. In a nutshell: Mexico has decided to focus on the environment to support its economic and social development. Hence, for example, the plan of "rural electrification" focuses on renewables in the states of Oaxaca, Veracruz, Guerrero and Chiapas (among the poorest in the count-

ry) to bring electricity to 2,500 rural communities which, either because they are too small or too far from large population centers, would probably never be connected to the national electricity grid, but which nonetheless will be able to become independent through sun and wind energy. In 2008 (last data available), Mexico produced about 1,924 MW from renewable sources and the government plan is to reach a share of 4,831 MW by 2012. An ambitious goal indeed, that has led Calderon to put the national energy policy in order so as to offer investors greater security and ensure the transparency and simplification of bureaucracy. To attract capital from abroad, the country has focused firmly on its two biggest riches: wind and sun. Mini and, above all, maxi power plants capable, for example in 2007, of making the wind capacity leap from 1.5 MW to 85 MW (with the La Venta II power plant in the state of Oaxaca) and then of bringing it to the existing 170 MW, which, with the new power plants already approved and waiting to be built, could soon grow to reach 2,000 MW. Due to its geographical location, Mexico has several areas suitable for wind generation and is a candidate to become the largest Latin American producer of this type of energy. Its proximity to the equator also provides far above average sunlight, which definitely plays a part in attracting investors. “The solar radiation in Mexico is equal to an average of 5 kWh per day per square meter, but in some regions, can reach up to 6 kW,” the Minister of Energy reminds us at the site of the government agency Promèxico. “With an efficiency of 15% [i.e., that of common photovoltaic panels, Editor's note], an area of 25 square kilometers in the desert of Sonora or Chihuahua could generate enough electricity to meet domestic demand throughout the country.” Truly optimal conditions, which the industry must have noticed as well: there are more than 200 companies in this constantly growing sector. A mini-boom that has led, among other things, to the installed capacity of 19.4

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MW in 2008 and up to the likely 28 MW in 2011. How can we not agree with the Mexican Association for Renewable Energy (AMPER), which on its website emphasizes how profitable it is to invest in a country blessed by the sun that gets nearly double Germany's radiation (the example is not accidental: Germany is the country with the largest installed capacity in the world)? Competitors should consider themselves warned: due to its geographical position, Mexico, which has just entered the list of the 15 largest world producers of solar energy (as to installed capacity), is preparing to rise even higher. Expanding the national energy portfolio is clearly one of the objectives of Calderon, who, however, is not solely focusing on wind and solar energy, but also on mini hydroelectric and geothermal plants (with 6.7 Twh, Mexico is already the second largest producer, just ahead of Italy), and algae. And it is striving to solve one of the main problems related to the use of renewables: the storing of surplus energy produced during “peak” times for re-use in “slump” times. Thanks to three billion euros and the project presented by the company Rubenius, construction is about to begin in Baja California of a power plant capable of accumulating up to 1,000 MW, using sodium and sulfur batteries. The site has been carefully chosen for its location within a real technological cross-border district. In fact, the plant will serve both Mexico and the United States, which is developing large solar projects precisely in that area. With the ramshackle energy policy that we have in Italy, this would be enough to feel short-changed. But what shall we say then, in 2048, when at this rate (estimated by the consulting firm PriceWaterhouseCooper), Mexico's economy will have surpassed ours? Maybe we will be able to feel a little better by thinking that 10 years earlier, perhaps even by 2038, the economy of the G7 (formerly the seven large countries, including Italy) will have been overtaken by that of the E7, the seven emerging countries, which includes Mexico. It is not much of a consolation, though.

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BUENOS AIRES, EUROPE? Buenos Aires is a metropolis with unique characteristics: it is much more European than South American with regard to its habits, manners, traffic management and professionalism, but it is the second largest urban center of South America, after Sao Paulo, Brazil. It has characteristics and problems that are unknown in Europe, which determine political and economic maneuvers of social sustainability that we are not used to dealing with on this side of the Atlantic Ocean. by Sebastiano Vitale

According to the Social Debt Observatory Barometer compiled annually by the Catholic University of Argentina, 15% of the 13 million inhabitants of the Greater Buenos Aires metropolitan area are living in precarious situations of housing, health, education and infrastructures, in terms of sanitation facilities, transport and connection to electricity, gas and drinking water. Nearly two million people in the province of Buenos Aires have to deal with problems of this kind daily, while living in the political and social context that is the most European of the entire Latin American continent. It is difficult to quantify the exact number of precarious inhabitants; for example, Jorge Alvarez, a member of the municipal council of San Isidro, the area north of Greater Buenos Aires,

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is the head of public associations and projects to help those Argentine people who have never been officially registered to acquire a civic identity. The number of indocumentados ranges somewhere between 500,000 and 800,000: most of them live in urban areas called "Misery Villas," or simply "Villas," the Argentine equivalent of the Brazilian favelas. The biggest challenges in terms of maneuvers aimed at social and urban sustainability are the great population density and how to improve the living conditions and access to health, energy and urban infrastructures of those areas left to fend for themselves. The most interesting projects are related to Vivienda, that is, the establishment of new structures built within the parameters of the actual living conditions. The Instituto de Vivienda de la Ciudad (Housing Institute of the City) promotes the construction of housing units through the urbanization of undeveloped land and the recovery of unused warehouses, buildings and structures, involving the recipients of these types of initiatives through forms of micro-credit, the promotion of community activities and the creation of self-managed structures that are delegated to cooperatives made up of citizens. The active involvement of citizens is essential for developing complex urban plans that, in addition to houses, can also accommodate the supply and connections of electricity, water, sanitation and transport for these complex areas with very particular internal dynamics that are difficult to control. Through self-management solutions and citizen involvement, problems of land management can be resolved and "positive" processes can be initiated to supplant the real possibility of the non-manageability of the work, due to disorderly disturbances. The Misery Villas are distributed throughout the city; some are very central, while others are more marginal. Villa 31,

one of the largest, occupies a very strategic position in one of the richest and most important parts of downtown Buenos Aires. The improvement programs are, therefore, very particular and complex, and are often limited to maneuvers of containment of the discontent, especially in pre-election or highly tense periods. The difficulty is in creating long-term maneuvers that can actually fix major structural problems. Over the next four years, 25,000 housing units will be built with funds from the program Taking Root, Integration and Transformation of the Villas and from the Transient Housing Nuclei and the Central Government of Buenos Aires. Part of this project involves the construction of green areas, schools, canteens and medical and sports facilities, in addition to activities for the recovery of drug addicts, cultural initiatives, incentives for women's employment and encouragement of the spontaneous formation of micro-entrepreneurship in the form of cooperatives. Parallel to the Buenos Aires of the Villas, there is Buenos Aires the city, a megalopolis that is one of the most interesting and culturally active in the world, with a continuous growth of artistic, cultural and scientific productions, and sustainable development programs that are absolutely in line with the most advanced European ones. The environmental programs and those aimed at the improved livability of the area are not just a political matter: in general, the Argentine has a more developed and caring relationship with nature than the European, perhaps excluding the Scandinavian countries. Suffice it to say that 12 acres in the heart of downtown Buenos Aires belong to the Sociedad Rural Argentina, and that almost all Argentines know about nature and horseback riding and, therefore, are more inclined to have an awareness of environmental issues. This greater familiarity with nature and the attention given to the quality

Parallel to the Buenos Aires of the Villas, there is Buenos Aires the city, a megalopolis that is one of the most interesting and culturally active in the world

of life has naturally generated programs such as Producir Mas Limpio, "cleaner production," a government program that invites people to submit technology proposals, projects and solutions for efficiently harmonizing the economic and social growth with the environmental protection of the city of Buenos Aires, so as to prevent contamination and risks to humans and the environment. The efficiency of the transport network in Buenos Aires is more South American than Scandinavian, however; precisely for this reason, it has thousands of buses that connect anywhere in the city 24 hours a day, except for the Villas. The city government of Buenos Aires, through the Environmental Protection Agency, is beginning Ecobus experiments using hybrid diesel and electric vehicles, which allow for a 55% reduction in carbon monoxide emissions and a fuel consumption ranging between 30 and 40%. Another strategy to optimize traffic is the exclusive use of public transport for a growing number of roads, together with the fare of 20 cents, proportionally very advantageous compared to European costs. All this has been combined in various advertising campaigns to promote public transport, many of which make explicit reference to the environmental impact, to the savings and the effect on reducing traffic and congestion of the roads that can be achieved with an intelligent use of public transport. In line with the great capital cities of the world, Buenos Aires has dedicated 100 km to cycling and has begun a series of pilot projects for public bicycle rental. The Environmental Protection Agency also works closely with businesses, organizing courses on the efficient use of energy resources and encouraging the use of renewable energy. Other activities of interest, related to the increasing traffic,

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climate change and the increase of precipitation and the greenhouse effect, are initiatives of “green” building and sustainable architecture, particularly related to the re-use of brownfield sites or the optimization of spaces such as terraces and roofs to install green areas in order to reduce pollution and support a re-balancing of the urban ecosystem. Buenos Aires is a growing metropolis, but with its own kind of European dynamics: it grows slowly and in moderation, not through rapid revolutions typical of the new Asian cities or cities like Sao Paulo. In addition to the urbanization projects of the Misery Villas, the significant large-scale constructions are limited to well-defined areas; Puerto Madero, the emblem of Argentine modernity, is growing visibly, and is the only area that gives rise to skyscrapers or a big-city skyline, even though just a couple of blocks away is a metaphor of Argentina’s urban ecosystem: the Ecological Reserve, an expanse of 3.5 square kilometers, a protected area that gives refuge to an incredible biodiversity and a large number of amphibians, reptiles, mammals and, especially, birds of all kinds. The Ecological Reserve is emblematic because it came into being on its own, slowly covering a huge expanse of waste that had accumulated in the '70s and '80s during the construction of a highway within the city. The Reserve arose independently, without a sound, and today it is an untouched and untouchable space visited daily and on nights with a full moon by thousands of people. The Ecological Reserve overlooks the Rio de la Plata, a river so large that the other side is hidden from view, a panorama that is second only to that which can be observed simply by turning around: a giant lagoon full of rare birds and unknown plants, bounded by spectacular skyscrapers. This is Buenos Aires.

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2025: HAS LATIN AMERICA DOUBLED ITS GDP? Economists at the InterAmerican Development Bank estimate that doubling Latin America’s economic output would enable poverty to be cut from 32% to just over 10% of the population, permitting the middle class to increase to 75%. But there are five obstacles to be overcome. The president of the IDB lists them. by Luis Alberto Moreno

To be optimistic about the future of Latin America can be risky. The Italian immigrants who came to the New World more than a century ago certainly understood this. They made great personal sacrifices—and took enormous risks— in the hope of building a fulfilling life for their children in countries as diverse as Argentina, Brazil, Uruguay, Venezuela and Mexico. These immigrant families faced every kind of hardship as they adapted to their new countries. But they persevered and over the course of two or three generations, they prospered. The legacy of this Italian optimism is evident in industry, commerce, science, literature and even the visual arts of the Americas. In fact, the art gallery of the InterAmerican Development Bank’s Cultural Center in Washington currently features an exhibition of Latin American painters of Italian descent. Timed to coincide with celebrations of the 150th anniversary of the Unification of Italy, the exhibition is a vivid testament to the fertile creative ground that artists like Pedro Figari and Emilio Pettoruti found in Latin America. My personal optimism about the future of Latin America and the Caribbean, like that of Italian immigrants, is based on a long view of history. Today, as on so many occasions over the past century, the headlines are dominated by warnings that the region’s current economic momentum may be stopped or at least slowed by the financial crisis afflicting industrialized countries.

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This is a real possibility, and the region could indeed suffer a temporary economic setback as a consequence of external factors. But in my job I have the privilege of being able to see things from a different perspective. I travel continually and talk with leaders in the public, private and academic spheres across the hemisphere. And the unavoidable conclusion is that Latin America has changed in ways that we do not always perceive—and that these changes have left the region in a fundamentally more favorable position. Think back to 1990, for example. The debt crises of the “lost decade” of the 1980s had shattered the region’s confidence. I suspect that at that time, and in any of the 20 tumultuous years that followed, the sense of crisis did not abate, nor did the perception that Latin America was incapable of changing for the better. But history paints a very different picture. If we imagine for a moment that Latin America and the Caribbean were a single country, we see a startling transformation. Inflation fell from a regional average of almost triple digits in 1990 to about 7% in 2010. In 1990, Latin America’s foreign debt was 28% of its gross domestic product; 20 years later, it had dropped to about 10%. Per capita income in 1990 was US$5,200 of purchasing power. It had more than doubled by 2010 to US$11,200. The results in the social sphere were no less noteworthy. In 1990, one half of the population was poor. Today, the figure has fallen to one third. Drinking water coverage increased from 85% to 93% and households with electricity from 70% to 93%. And in education, net primary school enrollment rose from 86% to 94%; in secondary school it surged from 29% to 71%; and in post-secondary school it climbed from 17% to 38%. Meanwhile, the region’s trade relations were being reconfigured in unprecedented ways. The average external customs tariff fell from 45% to just 9%. In 1990, the United States accounted for 60% of Latin America’s foreign trade, and Asia for just 10%. Today, while trade with the European Union has remained fairly constant at around

The entire world witnessed how Latin America weathered the crisis without major damage

15% of the total, the United States has dropped to 40% while trade with Asia has doubled to 20%. And trade among our own countries, which amounted to just US$18 billion in 1990, rose tenfold to US$180 billion in 2010. Seen from another angle, over the last 20 years—despite the missteps and setbacks that we all remember—Latin America has made enormous strides and improved on a scale that few would have believed possible. Perhaps the most important achievement is the turnaround in fiscal and financial management undertaken by many of our governments. These reforms laid the groundwork for the stability and strengthening of our financial systems. Their impact became clear in 2008, when the global financial crisis threatened to set the region back, as similar shocks had so many times before. Instead, the

entire world witnessed how Latin America weathered the crisis without major damage. There can be no doubt that external factors, specifically demand for our raw materials, were and will continue to be a key variable in Latin America’s potential. But unlike the fleeting booms of the past century, today we are experiencing a radical reordering of trade relations between rich and emerging economies. So-called South-South trade is not a passing phenomenon. Analysts agree that this trend will transform the flow of goods, investment, and knowledge for decades to come. Today, Latin America’s fiscal position and growth rates are better than in many industrialized countries. Together with other emerging economies, we are the new driver of world economic growth. I believe all this leaves Latin America and the Caribbean on the

threshold of a historic opportunity. If the region were to grow at a sustained rate of 4.8% per year (the average rate for the last seven years except for 2009, when the global recession began), by 2025 it would double its GDP. IDB economists estimate that doubling the region’s economic output would enable us to cut poverty from 32% to just over 10% of the population. The middle class would grow to include more than 500 million people, or 75% of the total population. This would allow us to finally close the terrible income gap that still persists in our societies, despite the gains listed above. The challenge, of course, lies in sustaining this growth rate. At the IDB we are convinced that this is feasible—so long as we overcome five major obstacles. The first is low productivity. Last year, the IDB published a study that challenged the traditional be-

lief that low growth in the region was due to lack of investment. The study concluded that slow growth was really due to inefficient use of human and material resources. Perhaps the biggest surprise was that services such as transportation and healthcare—which provide 70% of the region’s jobs—lag the furthest behind in productivity. To grow, Latin America must also combat informality, because low productivity in services is largely due to the proliferation of poorly performing companies in the informal sector. Second, education and innovation. Here, again, the challenge is not so much spending or coverage, but rather quality and results. In fact, in large countries like Mexico, Brazil, and Argentina, public spending on education is comparatively high. The problem is that the results we obtain from this investment are underwhelming.

International tests show that students in several countries that are much poorer than ours score better in science and mathematics. We need a revolution in teacher training and new models to drive better academic achievement in our schools and universities, and we must triple our investment in research and development if we want to compete with other emerging economies. Third, shortcomings in infrastructure. Although the private sector invested nearly US$474 billion on infrastructure projects in our region between 1990 and 1997, this flow has slowed in recent years. Logistics costs in our countries continue to range from 18% to 34% of the value of traded goods, compared to an average of 9% in the OECD countries. At the same time, the frequency of extreme weather events such as droughts and floods is increasing. To close these

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gaps and build infrastructure able to withstand the rigors of climate change, Latin America needs to spend the equivalent of 6% of its GDP on infrastructure. Fourth, violence and crime. This is, perhaps, the most elusive and thorny challenge facing us. There are no magic formulas for solving it. However, many cities in our region, particularly in my country, Colombia, have found a way to make progress. It is time to acknowledge that we have a serious problem, to put it at the top of our public agenda, and to adopt solutions that have borne fruit in other parts of our region. Finally, much remains to be done in the area of macroeconomic policy. Recent events show that the debt crisis in Europe and the United States, combined with fluctuations in the prices of raw materials, still threaten the sustainability of Latin America’s economies. The challenge is to design mechanisms, such as fiscal stabilization or “rainy day” funds, that will enable the region to dampen the impact of external shocks and finance the public investments we need to boost productivity. Of course, these proposals are not new. What is new is the conviction that none of these obstacles is big enough to stop Latin America and the Caribbean from doubling GDP and slashing poverty in less than two decades. The IDB is working with Latin American and Caribbean governments to tackle each of these problems through loans, grants, and technical advice. And Italy, one of the IDB’s most active member countries, is partnering with the Bank to finance programs in the region in sectors ranging from renewable energy and textiles to microcredit and food security. History ultimately vindicated the optimism of Italian immigrants who bet on Latin America and the Caribbean. We now have a singular opportunity to fulfill their aspirations by extending the fruits of development and prosperity to everyone in this rich region. With perseverance and a bit of luck, I am certain we can do it within one more generation.

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RENEWABLES SPEAK SPANISH Latin America is the only region in the world to cover most of its production of electricity with renewable sources. The development prospects are enormous: here are the directions in which the countries of Central and South America are moving. by Alessandro Farruggia

Renewable sources speak Spanish. They have a solid foundation and huge development prospects in Latin America. South America is in fact the only region of the world today to cover most of its electricity production (73.6% in 2009) with renewable sources. This is a great result in the fight against climate change. But there are two problems. One is that the demand is growing. According to the World Energy Outlook 2010, in South America the demand for electricity will increase by 50% between now and 2035. This will mean that massive investments in renewable energy are needed just to maintain the current share of “green” energy. The second problem is that to say "renewable" in South America is essentially saying "hydro-electric", and in particular hydroelectricity on a large scale, given that this source provides 70% of the total energy production. Even though there is an important contribution in some countries from the abundant use of biomass (3.5%) and geothermal energy production is already significant in some Central American nations and there scope for its development in Chile and Bolivia, the problem is that wind and solar energy are minimal today, although there is endless room for growth. And this is not a matter of vague hopes. Suffice it to say that in the socalled "Andean bloc of the South" (northern Chile, southern Peru, western Bolivia and Argentina) solar radiation is so intense and abundant that by covering an area of 60 square km with solar

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mirrors, electricity could be provided to all of South America. And the same goes for wind power. According to a study by the Argentine University of Comahue, Patagonia - the land of wind – alone, has a potential of 200,000 MW of wind power. And a similar argument can be made for large parts of the Brazilian coast: note that in this country the cost of the wind megawatt has dropped from $91.93 in 2009 to $61.97 in 2011; in that country, costing a little less natural gas. According to the Global Wind Energy Council, the two gigawatts of capacity presently installed in South America will become 20 in five years' time. This is due to local governments that, having overcome a historic lack of interest, are intervening on both regulatory matters and incentives, and also thanks to the international electricity operators who plan to exploit the continent's "green" potential not only with regard to hydroelectricity. This is the case of Enel Green Power, now operating in Mexico, Costa Rica, Guatemala, Nicaragua, Panama, El Salvador, Chile and Brazil with power plants for 660 MW, plus minor participations for another 195 MW. These are mainly with regard to hydropower, but EGP has just been given the green light for three wind turbines producing 193 MW in Brazil, in addition to the 90 of 2010. And Chile has plans for wind power plants that will produce 850 MW, as well as the 40 MW from the geothermal power plant of Quebrada de Roquete. In Mexico,

EGP is developing wind projects for another 2,000 MW. Naturally, each country is a world apart. In a continent that depends largely on hydroelectric power, Paraguay is the symbol country: thanks to the super-dam of Itaipu (14,000 MW) and those of Yacyretà (4000 MW) and Acaray, it in fact cover 100% of its requirements and also provides an energy export to neighboring countries. Brazil employs hydro-power, too. Under the 'Hydro also Brazil. With a production of 386,200 GWh, it covers 83% of its electricity production thanks to this source. And adding the biomass (6%) and wind and sun (0.5% each), the largest South American country covers 89% of its electricity production with renewable sources. And it does not end here. The opening of the mega power station of Belo Monte is expected by 2015 , the construction of which began in 2011 in the state of the Xingu, and which will be the third largest power plant in the world. The biomass sector is also growing. Used mainly in cogeneration with fossil fuels in the thermoelectric power stations, these have reached an installed capacity of 7.8 GW for a production of 28 TWh (in the year 2010). Including hydro-electricity, at the end of 2010, Brazil was the fourth country in the world for installed renewable power. And Brasilia intends to press on: by 2019, it is counting on having 4,600 MW from wind turbines, mini-hydroelectric plants for 2,850 MW and 8,550 MW from biomass (and already today there are 8,210 MW).

Costa Rica is an exemple of sustainable production: a good 93% of electricity generation is infact covered by renewable sources

Hydro-electricity also regards Venezuela, a large oil exporting country that covers as much as 68% of its electricity production through the power of water. There's a slightly lower percentage (63%) in another oil producing country such as Ecuador, aiming to develop its hydropower potential, which thanks to a series of projects already underway, will cover over 86% of the demand by 2020. Also in Perù, thanks to the wealth of water in the Amazon basin, hydro power provides 60.8% of the electricity production. But other renewable sources also have room for growth. In 2010,142 MW of wind power were produced and by 2012, a 20 MW photovoltaic power plant will be ready. However, the growth of renewables is not always so irresistible. In Uruguay, a country that depends largely on hydroelectricity, production from renewable sources fell from 87% in 2007 to 66% in 2009, due to the drought that severely affected the Salto power plant on the Uruguay River. The same decline in production from renewables has occurred in Colombia, a country which in 2009 had 66.9% of its electricity guaranteed by water power. This contribution, however, had fallen 11% compared to 2008, driving down the total production through renewable sources from 81.5% in 2007 to 68%. Another country under the banner of hydroelectricity, is Chile, where renewable sources account for 50% of electricity production. This is because of hydropower, with 25,600 GWh, which is 44% of the total, while biomass accounts for another 6% and wind for 0.4%. But even geothermal and solar energy are entering into the electricity market. By 2012, in the north of the country, a solarconcentration power station of 10 MW is scheduled to open, whereas in 2014, again in the north, in the Andes, geothermal fields for a total of 150 MW are planned. Also in Argentina, the South American country that depends for the most part (64.3%) on fossil fuels, to say "renewable" means saying "hydro-electric", which ensures 27.7% of electricity produc-

tion, and biomass accounts for 1.2% and wind for another 0.1%. At the end of 2009, however, the government announced an investment plan in renewable energy for 1,461 MW of which 1,200 MW will come from wind power. Certainly not quite like South America, but also in Central America renewable energy sources are strong. Especially if you set aside Mexico. Costa Rica is an example of sustainable production. A good 93% of electricity generation (i.e. 8,863 out of 9,504 GWh) is in fact covered by renewable sources, that with 1,883 MW, covers 72% of the installed capacity, thanks in large part to hydropower, which with 1,553 MW alone provides for 60% of the power stations. Much of the Costa Rican electricity production is guaranteed by hydro power (76%) and the rest is from geothermal (12%), wind (4%) and biomass (1%). And that's not all, because by 2014 the government expects to cover 95% of its production with renewable sources, thanks to two geothermal projects being developed in the volcanic area of Rincon de la Vieja, which will provide another 200 MW. In Guatemala, too, most of the electricity production (5,700 GWh, or 62%) is provided by renewable sources. Thanks to its geographical and climatic conditions, the country can in fact count on a high potential of power from biomass and water. The hydroelectric power sector guarantees 3,000 GWh of electricity (33% of the total) while that produced from biomass amounts to just under 2,324 GWh, or 25%. Also significant is the geothermal sector, with an existing 50 MW of installed capacity which now accounts for 3% of the electricity generation, but which is expected to double. The contribution of geothermal power is even more important in El Salvador, where the heat of the earth provides 1,500 GWh of electricity, representing 27% of the total, which is 5,500. This is the exact same percentage covered by hydro-electricity, while biomass provides another 3%. Which means that in this country, renewable sources provide for 57%. The

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situation is not nearly so brilliant in Nicaragua, which depends on fossil fuels for 71%, but where biomass shines for providing 10.9% and geothermal power guarantees a good 8.9%, the same percentage provided by hydro power. A very interesting situation is also recorded in Panama, where it is true that the installed capacity of hydroelectricity (MW 913.15) is lower than that of the power plants using fossil fuels (1,051.8 MW), but the hydroelectric production reaches 4,190 GWh, thus ensuring as much as 56% of its electricity production. Not only. The "Plan Nacional de Energía 20092023" fplans on increasing installed renewable capacity with new hydro and wind power plants. Panama in fact is counting on an interesting wind potential. In order to enhance and increase the contribution made by renewable sources to the balance of electricity in the country, the government has authorized the construction of five wind farms for a total of 565 new MW and is considering ulterior requests for licenses for electricity production regarding 14 other wind power projects for a total capacity of 1,480 MW. In the Central American giant, Mexico, given the characteristics of the area and especially the much greater demand for electricity, certain goals have yet to be reached. Faced with a production of 260,200 Gwh of electricity, renewable sources cover "only" 13%. Today hydroelectricity guarantees 10.3% (2009 data), but it must be remembered that the reduction in rainfall in recent years has had a considerable impact on the generation capacity, which already in 2003, ensured 15.1%. Geothermal power (there are a good 965 MW installed, placing Mexico fourth as to installed capacity) covers 3%, biomass 0.3%, wind 0.1% and solar energy just 0.01%, despite a very high solar radiation. Excluding a large amount of hydro-electricity, Mexico has set a target of 7.6% of power (almost doubling the current 4%) and between 4.5 and 6.6% of the production is to be from renewable sources. A lot remains to be done, but at least the planning has begun.

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EXPANSION IN LATIN AMERICA After two decades in operation, the managing director of Endesa for Latin America takes stock, outlining the scenarios of the present – and, above all – with an eye on future development opportunities. by Ignacio Antoñanzas Alvear

Ever since our first commitment in the Latin American market in 1992, with the purchase of a distribution company in Argentina, and the subsequent consolidation of our position as the leading electric utility company in the region, following the acquisition of the Chilean holding company Enersis – at the head of Endesa in Latin America -, our group has accompanied the growth of Argentina, Brazil, Chile, Colombia and Peru. And we have made important investments, improving the quality of the service, seeking social commitment, taking care of the environment and respecting the communities that are in the surrounding environment. The stakes and the challenges that we have taken on for almost two decades are paying off, confirming that we made the right decision. We had to endure more than one setback but we were able to hold on and today we enjoy a unique opportunity to seize the growth opportunities that Latin America now presents. Faced with the crisis that hit the region in the years 2002 and 2003, and unlike other multinationals that left Latin America, we have worked to profit from each transaction, postulating that each

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country had, and still has, its own culture, particular political characteristics and social trends that differentiate it from the others. We realized that our success depended on transferring the best operational practices to all the countries, trying to unify the processes but at the same time, respecting the local identity and the people and enhancing the long-term commitment for each of the countries. We currently have more than 15,800 MW of installed capacity and provide electricity to more than 50 million inhabitants. We have an impressive portfolio of generation projects at different stages of maturation, for more than 12,000 MW, and we are moving forward in the distribution sector, with innovative ideas aimed at promoting the efficient use of energy, eco-energy and electric mobility. In addition, we are already building the first Smart City in the region, repeating Enel-Endesa's experience in this area. And all this without forgetting that the social realities in which we operate regard us as agents of their progress. As a public service company, in addition to offering a reliable, high-quality energy supply, the community expects us to be part of its development and its growth as a society and that we cooperate in achieving a greater well-being. This creates a mutual benefit, a certain complicity, which has an impact not only our reputation but also on our business. Why Latin America? In the mid-Nineties, the activities of Endesa in Spain offered splendid results, the company had just completed the integration of its subsidiaries Fecsa and Sevillana, and was in a great financial position to expand. The economic data of some Latin American countries showed GDP growth rates that were higher than in the United States, Europe or Japan, and a lower power consumption per capita, so there was a clear potential for growth. Furthermore, Latin America was developing privatization processes with favorable and stable regulatory frameworks.

The social realities in which we operate renard us as agents of their progress

The key factor was also the perception of cultural affinity, at least concerning language, which to some extent facilitated the integration process in each country, including Brazil. In the five countries where we operate, we are expecting an average annual growth of the GDP of around 4.5% over the next five years and, given the correlation between the growth of electricity and the GDP, we can expect a significant increase in consumption, close to 5%. What is even more important is that 95% of the gross operating profit (EBITDA) of our operations in Latin America comes from investment grade countries, a situation that very few industrial groups have been able to replicate. More energy If the region continues on its path toward development, the generation capacity of electricity will have to double over the next two decades to meet the growing demand, an effort that will cost 20 billion dollars more per year, according to experts at the World Bank. The energy companies face a double challenge: to satisfy the needs of the demand and, in turn, to create a sustainable energy mix with the least possible impact on the environment. Among the different alternatives to meet the growing demand for electricity, renewables will play a very important role, including hydropower, a source that does not produce CO2 and reaches an untapped potential of more than 600,000 MW in the region. The company has a pipeline generation capacity of more than 12,000 MW, corresponding to hydroelectric projects for more than 70%. The pipeline is in several different stages of progress, and, in addition to the projects under construction - Bocamina (370 MW) in Chile, Quimbo in Colombia (400 MW) and Talara in Peru (190 MW) - we have another 162 MW in the phase of detailed planning, 2,239 Mw in the basic design phase, 3,366 MW in the feasibility phase, 1,468 MW in the pre-feasibility phase and

about 4,870 MW at a stage of development or conceptual development. Eight months ago, we began construction of the El Quimbo hydroelectric plant, a power plant with 400 MW of capacity, which will produce 2,200 Gwh/ year when it goes into operation in 2014. This is a key project for future power plants to be introduced in other countries in the region, and that is why the work teams are made up of people who will continue their work in future developments. In Chile, the operational phase of Bocamina II, a thermal power plant providing 370 MW, will begin in the first half of 2012, and in the coming months, we hope to have the environmental licenses for Neltume (490 MW of hydroelectricity), Los Condores (150 MW of hydroelectricity) and Punta Alcalde (2x370 MW of coal-fired electricity). Peru has already begun the construction of Talara and we hope to have the environmental license for the hydroelectric plant in Curibamba (190 MW) by the end of the year. Good Neighbors We firmly believe that with the most qualified and best trained people, the developing countries will be able to achieve greater well-being and our CSR initiatives in Latin America are moving in that direction. There is our Nuevo Pachacutec Institute in Peru, which operates north of Lima and offers a development opportunity to young people from low socio-economic levels. The Institute has three classes of graduates, 14 certified technicians and more than 120 students studying electricity. The most gratifying aspect is that 100% of the graduates are currently working for contracting companies in the field, with the possibility of defeating poverty in this way. And people also respond well to our spirit of collaboration; this project, plus others we have carried out in Lima, allows us to have recovery rates of 99.5% in our concession area. We take care of the environment. In Brazil, for example, we have created the program Ecoelce. The customers collect their waste and

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deliver it, and in return receive a discount on their electricity bill. The interest has been such that some customers manage to pay their entire bill with the waste they have collected. From 2007 up to the present, Ecoelce has received and recycled nearly 11,000 tons of waste, generating more than 500,000 euros in savings on electricity bills. In addition to helping low-income customers, we were able to reduce the problem of waste disposal in the State of Ceará, without creating higher costs for the company. Acknowledgments We have spent nearly two decades in Latin America investing, creating value and accompanying the development of the main countries in the region. Our challenge is to guide the construction of a new energy model, with increasingly stringent standards in our projects, and to do an excellent job while giving the utmost attention to people's safety. And our good work is already offering excellent results. For the third consecutive year, Coelce was chosen as the best distributor of electricity in Brazil, according to the Brazilian Association of Energy Distributors (Abradee); Ampla achieved the highest award of the 2010 Coge Foundation Prize in Brazil in the category of "Management of safety and health at work," with its Integrated Management System project. Endesa Chile and Chilectra have recently distinguished themselves as being among the most socially responsible companies at the seventh edition in 2011 of the National Ranking of Corporate Social Responsibility in Chile, and Edegel has been recognized as one of the Peruvian companies with the best corporate governance practices.

In Brazil we have created the program Ecoelce: the costumers collect their waste and deliver it, and in return receive a discount on their electricity bill

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ITALIAN LATIN AMERICANS

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Eduardo Costantini Trans-Andean King Midas Everything he touches is multiplied. Eduardo Francisco Costantini (age 65) is one of the most assertive, intelligent and visionary entrepreneurs in Argentina. For some, he is the most unique of the Costantini siblings (13 of them). He is a tireless worker, perseverant and, above all, the best negotiator. Acquaintances say that he was always the most enthusiastic to work in the cold sector of the family company created by his parents, Carlos Vicente Costantini and Maria Carolina Malbràn in 1920 – and the most anxious to improve his academic training. In fact, before the age of 30, he received a master's degree in Economics in England, after graduating in Economics from the Catholic University of Argentina. When he decided to leave the family business in the Eighties, he worked as a stockbroker. It was then that he became a shareholder of the bank Banco Francés

y Terrabusi, an investment that yielded more success than he had ever imagined. After selling his shares in the Nineties, he became one of the richest men in Argentina. The Banco Francés had a value of 1000 million U.S. dollars and he held more than 20%. With that money, he founded Consultation Asset Management, which specializes in the management of excess liquidity and its third party content. In 1998, he created Nordelta SA, the first urban complex built in Argentina under the concept of the city-village. He also owns the Grand Bourg towers, the Gold and the Catalina Plaza and Alem Plaza buildings. Another one of Constantini's great interests is art. He is renowned as a great art collector and for several years has chaired the Fundación Eduardo F. Costantini, founded in 1995, which inaugurated the MALBA - Museo de Arte Latinoamericano de Buenos Aires (PK) in 2001.

Silvia Tcherassi Fashion Ambassador This fashion designer and entrepreneur of Italian origin is truly the pride of Colombia. Her face has graced the covers of prestigious magazines and, since the creation of Altamoda in 1990, she has received awards such as the “Honoris Causa” in fashion design and haute couture from the Autonomous University of the Caribbean, the “New Star in Fashion“ at the Miami FashionWeek (2001) and the Lifetime Achievement Award from the magazine “Vogue Colombia” in 2002. But without a doubt, the best came in August of that same year, when the maison Balmain of Paris proposed that she design their line of ready-towear clothing. Silvia Tcherassi Solano was born in Barranquilla in August 1965. She studied interior design at the University of the Caribbean, showing her first flashes of creativity by designing t-shirts. Unwittingly, these original garments created a

quite a stir, to the point that soon they began to be displayed in the boutiques of the city. Gradually, she made a name for herself, to the point of being invited to the world's major runways, including the fashion weeks in New York, Milan and Paris. People who know her describe her as a simple woman who is talented and has great drive, a quick mind and an extraordinary capacity to implement projects. She has involved all the members of her family in Altamoda and has made them part of the business. Her husband is in charge of international marketing, her mother supervises the workroom in Barranquilla and her sister manages the boutique in Miami. In 2009, she opened the doors of the first project of the Tcherassi Hotel Collection, becoming the first Latin American designer to venture into the trend of Fashion Hotels.

Carlos Verme, Tulio Ghio, Juan Francisco Raffo, and under the leadership of Dionisio Romero, he took control of that financial institution. Since then, he has added investments that now cover more than 40 companies. Among the most representative is the BBVA Banco Continental, of which Brescia owns 50%. In the fisheries sector, he owns TASA (the world's largest producer of fish meal) and in mining, MINSUR (tin) and Raurava (poly-metals). He also owns Rimac Internacional, the largest insurance group in the country, and, in the hotel sector, the El Libertador chain, the largest in Peru. In the industrial sector, Brescia controls the Corporación Peruana de Productos Químicos S.A, a leader in the manufacture of paints, resins and explosives, EXSA SA (Ltd). In 2009, the group bought the assets of Lafarge in Chile, thus controlling one of the largest cement producers in Chile: Melón SA.

Raul Randon Talent and Work Raul Anselmo Randon (82) is a self-made man. He began working at the age of 14, helping his father in a laboratory for agricultural implements. With hard work and a good dose of talent, he transformed the workshop-garage for the reparation of industrial motors, that his brother Hercilio Randon had created in 1949, into a group that now boasts global companies and is a leader in the industry and in agriculture. Through subsidiaries and joint ventures, the industrial wing of Randon SA is engaged in the production, sale and export of trailers, semitrailers, rail cars and special vehicles such as trucks, auto parts and systems, and services, such as maintenance and financing. With eight plants, Randon is currently the producer with the most diversified portfolio of equipment and vehicles for the transport of heavy loads in the world and the largest manufacturer of equipment for road vehicles in Latin America. It has customers in 80 countries and a sales and service network of over

100 offices around the world. Raul's other passion is Rasip Agro-Pastoril, a farm dedicated to growing and selling apples. Located in a field of Vacaria, Rio Grande do Sul, the farm began as a kind of hobby and soon became one of the largest producers in Brazil. Today, it is also known for its dairy production and is responsible for the creation of its famous granatype of cheese, Gran Formaggio. Currently, the main subsidiaries controlled by the group are: Jost Automotive Systems Ltda. (51%), Master Sistemas Automotores Ltda. (51%), Randon Administradora de Consorcios Ltda., Randon Argentina SA and Randon Vehículos Ltda. All this prosperity and strength in business have not changed the simplicity with which Raul Randon relates to the world. From his parents, he inherited the value of work and as the Randon philosophy states: “It ennobles man, generates wealth and promotes the quality of life.” With this maxim in mind, in 2003 Raul Randon created the Elizabetha Randon Institute, pro-education and pro-culture.

by Lorena Medel

They say that no one is a prophet in his own land. And although there are always exceptions, there is evidence that immigrants are more entrepreneurial and take more risks than the local people. It is no wonder, then, that an important part of the great fortunes come from entrepreneurs of foreign origin. And Latin America is no exception. In this issue dedicated to Latin America, we want to highlight in particular the entrepreneurs of Italian descent who have distinguished themselves for their efforts, perseverance and commitment, creating companies of international standing and becoming integrated in countries such as Argentina, Peru, Chile, Colombia and Brazil. Names such as Eduardo Costantini, Pietro Brescia, Roberto Angelini, Silvia Tcherassi and Raul Randon are now an institution, since they are heading groups whose contribution has been of great social and economic impact, both for generating employment and for their contribution to their countries in terms of innovation and development, growth and social responsibility.

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Pietro Brescia Export Entrepreneur There is not a businessman in Latin America who has not wanted to do business, at least once, with Pietro Brescia Cafferata. And this man, who is about to turn 90, is known beyond his home country for his ability to work, his austerity and a farsighted policy of diversified investments. Together with his brother Mario, he now heads a business group which holds diversified investments, both in Peru and abroad, in the industrial and financial sector, in mining activities and in services. The son of Fortunato Brescia Tassano, an immigrant who arrived from Italy in the late nineteenth century, and Catalina Cafferata Peñaranda, heir to some copper mines in the Andean valley of Huari, Peter is the eldest of four brothers. He studied agronomy. In 1971, already in his fifties, he became a major shareholder of the bank Banco de Credito of Peru and in 1979, together with Luis Nicolini,

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Roberto Angelini Inheriting is not stealing Little or nothing is known about the life of Roberto Angelini Rossi, the heir to the business group of the late Italian businessman, Anacleto Angelini Fabri. This entrepreneur, born in Ferrara, Italy 53 years ago, avoids public activities and interviews as if they were evil. When he was three years old, Roberto came to Chile with the help of his father, Gino, and his uncle, Anacleto, who had come in search of a better quality of life. Gino soon went to Arica to head up a family activity and Roberto, who was still a child, stayed with his uncle Anacleto in Santiago. At the age of 21, Roberto graduated in civil engineering and industrial chemistry. He worked for several years in Levery, and later went to Arica as an engineer in his family's fishing business. The entrepreneurial style of Angelini is marked by longterm vision. This impetus led him to invest in innovation and the integration of new technologies, and to evaluate and change focus if necessary, shaping a group that currently holds interests in forestry, fishing and in the supply of fuel. The family has always demonstrated a particular interest in education. As the "natural" heir to the family business, in the late Eighties Roberto gradually left executive roles to assume leadership positions. In 2007, after the death of his uncle at the age of 93, he began leading the group, holding the presidency of Inversiones Angelini.

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SMALL ECONOMIES ARE GROWING Costa Rica, Panama, El Salvador, Guatemala and Uruguay have economies that are experiencing important development, thanks to their natural resources; this is also reflected in the appearance of excellence in the fields of science, technology, innovation and renewable energy. by Nicola Nosengo

An immense territory, a reservoir of natural resources and cultural diversity that is one of the richest on the planet Earth and in the world's economy, at least on paper. But its complicated and often bloody history, from colonization to the recent decades of military dictatorships, has long prevented Latin America (that vast, heterogeneous group of countries ranging from Mexico to Argentina) from expressing its potential for development. But now things are changing. After Brazil, the B of BRIC, one of the countries in the world with the most impetuous growth, other economies of Central and South America are also experiencing important development. This is also reflected in the appearance, at times surprising, of excellence in science, technology and innovation. Naturally, with special attention given to the exploitation of the main strategic assets of those territories, beginning with renewable energy and natural resources. Here are some Latin American countries that are focusing on sustainability and “green” development, and others, those that are traditionally more solid and stable, which are attempting the transition to an economy based on frontier science and innovation.

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Its coplicated and often bloody history, from colonization to the recent decades of military dictatorships, has long prevented Latin America from expressing its potential for development

Costa Rica Often called the "Switzerland of Central America" (it is by far the most stable and prosperous country in the region), Costa Rica is also one of the world's largest reserves of biodiversity, as well as a country that devotes a greater part of its territory to defend it. Within just 51,000 square km, the country hosts over 400,000 known living species, 4% of the estimated number of species around the world. It is, therefore, one of the 20 nations with the greatest biodiversity in the world, a peculiarity due to its geography: with two coasts and a mountain range in the center, the country is a catalog of different microclimates. Over a quarter of the territory of Costa Rica is protected, and the percentage continues to grow, thanks to support from the pri-

vate sector. Responsibility for the protection of biodiversity lies with the Ministry of Environment and Energy, whose task is to enable the coexistence of an energy policy that is very oriented toward renewables, with the protection of the environment. The country is divided into 11 conservation areas. Biodiversity protection projects are managed in a decentralized way and with the strong participation of local communities. It is one of the few countries in the world with an advanced legal framework for the protection of biodiversity, up to the actual law on Biological Diversity approved in 1998, which recognizes the species living in the area as a strategic resource of the country, and their protection as a responsibility of the government.

Panama The economy of this country, located between Central America and South America, revolves around its Channel, which ever since 1920 has been one of the most important logistical hubs of the world's maritime traffic. A significant expansion of the canal, which by now is struggling to meet the demand from the constantly increasing freight traffic, is underway and will be finished in 2014. But the Panama Canal Authority (the government agency that manages all related activities) has decided to associate a "green" conversion with this development. The goal is carbon neutrality: ensuring that emissions of carbon dioxide associated with the activities of the channel are balanced thanks to the CO2 stored up by the surrounding forests, so that the net balance is zero. For this, the Authority is preparing the reforestation of 20,000 hectares in the area crisscrossed by the locks. But the interventions also include energy savings and efficiency measures for all the channel's systems, the recovery and recycling of waste, reduction of emissions of all vehicles used by staff, the protection and, where necessary, the "repositioning" of wildlife affected by the work of widening the channel. The Smithsonian Tropical Research Institute will be in charge of the task of measuring the ecological impact of the channel's activity and the effectiveness of conservation initiatives.

Uruguay Historically one of the richest countries in South America (and the most attractive to foreign investors), in recent years Uruguay has focused firmly on science and innovation, quickly building a reputation as a regional hub for research in life sciences. The country has research institutes of excellence, such as the Pasteur Institute in Montevideo, created in collaboration with the center of the same name in Paris and specialized in research on medical biotechnology and animals. The technology center "Pando," part of the University of Uruguay, is a major center for the research and development of chemistry, biotechnology and nanotechnology, serving both the pharmaceutical and the food industries. To provide a common home to this scientific work, Parque de Las Sciencias is being created in Montevideo. The structure of 40,000 square meters, which is currently under construction and will employ 700 people, has been created from an initial investment of $90 million. Located in an area just one kilometer from the international airport of the city, it will become the incubator of science and technology, housing laboratories for pharmaceutical, cosmetic, biotechnological and medical research, as well as centers for development in robotics, electronics and computer science. The pharmaceutical consortium Mega Pharma, the largest shareholder of the park, will produce 60 million doses of medication a year, serving 14 countries in Latin America.

El Salvador If there is a paradise of geothermal energy in the world, perhaps it is the tiny country of El Salvador, Central America. Located upon a heavily volcanic area, this country is the largest producer of geothermal energy in the region. Since 1954, when the exploration of the subsoil in search of possible sites of energy production began, the geothermal industry in El Salvador has grown to cover a good 24% of the electricity generated in the country. Energy that in large part comes from two power stations: Ahuachapán and Berlin, with a total capacity of 200 MW. Both plants are operated in partnership with Enel Green Power and both are affected by expansion plans which, within a few years, would allow them to exploit their full potential. In the case of Ahuachapán, where the water temperature reaches 250 degrees, we are talking about a theoretical 95 MW from different wells (84 are exploited today). At the Berlin station, where the temperature reaches as high as 300 degrees centigrade, the full exploitation of the plant - after the excavations in the Seventies that had led to estimate a potential of about 50 MW - was delayed by the civil war that raged in the country in the Eighties and the present financial crisis in Latin America. Finally, in 1992, intensive use of the site began, culminating in the construction of a power plant of 56 MW, completed in 1999.

Guatemala With its mountains, forests and windswept highlands, on paper, Guatemala can rely on renewable resources of energy capable of supplying the entire country. It is estimated that by harnessing the full potential of hydroelectricity, wind and biofuels, Guatemala could produce up to 13,800 MW. As for solar energy, up to 5 kWh per square kilometer could be generated which, on paper, would already be sufficient to cover the energy needs of the nation. But in fact, all these resources have been poorly exploited so far: the wood from trees and imported oil are the main sources of energy that the country can count on. But things are changing and today, Guatemala is one of the 24 nations in the world involved in the Renewable Energy and Energy Efficiency Partnership – REEEP, a consortium of governments, NGOs and private companies that supports the growth of policies for the expansion of renewable energies, particularly in developing countries. In particular, technical and financial support from the REEEP goes to the Fundación Solar, which in turn supports the parliament and the government of Guatemala in the development of an energy policy able to secure the future development of the country. The first result was the construction, starting in 2007, of various wind stations with limited power. Just this year, Guatemala launched a tender for the construction of additional power plants for another 800 MW, which has attracted the interest of large international groups.

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SHALE GAS REVOLUTION? Seemingly over night shale gas has changed the energy outlook of the United States and its potential has seriously upended a slew of energy prognostications. Can shale gas have the same impact in Latin America? The simple answer is yes, but… by Jeremy M. Martin & Vanessa Orco

In order to better understand what shale gas may mean for Latin America, let’s revisit what has happened in the United States. Over the past decade, shale has become an increasingly important source of natural gas in the U.S. and production has increased to 23 percent of dry gas production. And the trend lines only point up as production from shale gas formations is expected to increase more than fivefold between 2007 and 2035. Shale’s booming success in the U.S. has led many to seek to duplicate it around the world. And with reason: Shale gas is vastly more abundant than “conventional” gas and many smaller, heretofore hydrocarbon scarce nations have notable endowments. The potential of Latin America’s unconventional gas reserves has been widely documented in recent months following a report by the U.S. Energy Information Administration (EIA). According to the analysis, in Latin America, Argentina has the largest shale gas reserves, followed by Mexico and Brazil. Argentina has emerged as the

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region’s focal point for the shale wave. Several shale plays have been discovered creating much buzz and excitement surrounding their exploitation. Last December, Argentine firm YPF announced a massive shale gas discovery that it vowed would guarantee the country’s gas supplies for many decades. The expectations for shale in Argentina are significant as the nation has struggled in recent years with energy crises, in large part because of governmental controls and domestic politics that has forced the country to import natural gas and dissuaded companies from making major investments. Recent news reports as to investments and interest on the part of international oil companies indicate that shale gas may be reversing that trend. Mexico also figures prominently in a discussion of shale potential in the region and counts the second largest reserves in Latin America. Despite its significant potential, little has been done to develop the deposits due to national oil company Pemex’s focus on producing crude oil. Pemex only recently completed its first shale gas well, tapping into the Eagle Ford formation near the Texas border. But Mexican Energy minister Jose Antonio Meade recently noted that further exploration and development of the fields is “on the agenda.” According to the EIA report, Brazil also has significant shale reserves, located mostly in the southwestern region of the country. However, it seems that Brazil’s increasing success in developing offshore oil and gas reserves and ethanol has put shale gas in the shade. Perhaps most interesting in a discussion of shale gas’s potential in Latin America are the resources found in Chile, Paraguay and Uruguay, making them unlikely participants in the discussion of the region’s hydrocarbon potential and energy outlook. But as the shale wave rolls across the hemisphere, it is important to also understand

some of the potential obstacles and challenges. Technology stands out as a key element for the successful development of shale in Latin America. Gaining access to the technology and know how necessary to extract the gas in a cost effective manner is critical for the region. Some experts have noted that since the shale revolution is such a new phenomenon and an entirely new development for the region, Latin America could leapfrog much of the learning curve. There are also relevant market and economic questions looming over shale gas in Latin America. Concerns center on the success in the United States that dampers the broader natural gas market in the hemisphere. In some cases, such as Mexico, the market forces that are depressing natural gas prices could also continue to make it cheaper to import natural gas rather than to develop native resources. But perhaps most relevant for shale’s development in Latin America are some of the same environmental concerns that are now impacting the U.S. market. Indeed, environmental backlash could be one of the biggest obstacles to shale gas production in the region. Critics argue that the methods used to extract natural gas from shale, specifically hydraulic fracturing, or “fracking,” are harmful and pollute surrounding groundwater. In addition, opponents argue that shale development demands massive amounts of water while wastewater and its disposal have yet to be fully solved. The future of shale gas in Latin America is bright but there are key hurdles. The vast amounts of reserves suggest that there is great potential for the development of the industry. But at the same time the exploitation of shale gas and development of the corresponding industry may be slower than anticipated or hoped for -- and certainly costly.

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CHILE, A STAR IN THE OBSERVATORY WORLD

In Latin America, Argentina has the largest shale gas reserve, followed by Mexico and Brazil

Before the end of this decade, Chile will have between 60 and 70% of the world's largest telescopes. In the desert of Atacama, the driest place in the world and with the highest number of clear nights of our planet, at least 6 of the 10 large telescopes will have been installed. And from this location, space can be analyzed and, perhaps, some questions about the origin of the universe and the Milky Way will be answered. by Magdalena Echeverría

The advantages of Chile are to be found in its clear skies: no light pollution and low humidity, allowing for more than 90% of its days with good visibility. It is also politically stable, an important issue for projects lasting more than 30 or 50 years that need billions of dollars of investments, in addition to being a country with a human capital of engineers, astronomers and technicians available to collaborate. “Our clear skies are a natural resource that we welcome. In fact, with the new projects under construction, we will have more than 60% of the capacity of radio and optical observations on the planet,” declared Ambassador Gabriel Rodriguez, Director of Energy, Science and Technology of the Ministry of Foreign Affairs of Chile. The position of the Government of Chile in the last 50 years has been to constantly promote the construction of these scientific centers. To this end, over time there has been special treatment

on matters concerning import facilities and tax exemptions for technology and equipment needed for starting up one of these projects. In the Sixties, President Eduardo Frei Montalva also made sure to ask that 10% of the observation time be headed by fellow countrymen in a local authoritative body. Today, among his others tasks, Ambassador Rodriguez must proactively attract investors from scientific institutions to promote the development of this highly sophisticated science, which sees Chile in competition with other areas such as the Canary Islands, Hawaii and Namibia. To achieve this, it offers to the consortia an agreement similar to what the embassies of the Ministry of Foreign Affairs offer in order to facilitate the procedures and work visas. This matter is considered to be of national interest, in that the technology and science developed within the framework of an observatory can end up spilling over into other areas, positively impacting the development of science, technology services, telecommunications and local services, resulting in growth and development. “To achieve this, we must make further advances to be able to develop technologies that allow us to build, manage and develop some of the technological tools that are necessary,” Ambassador Rodriguez said, by way of an analogy with the copper mines of 150 years ago, when only stones were exported; instead, today, the country is a world leader in the export of products with higher added value. “This can drive technological development in Chile; the challenge is to take less than a century to be able to benefit from it.” This view is similar to that of the President of the Fundación Chile, Alvaro Fischer, who considers it particularly important that the progress of Chile should follow the boundary of conscience. “The challenge for Chile is to offer even more, in addition to its geography and clear skies. We need to know how to take advantage of the construction, operation and storage of data, as well as the scientific discipline, so that it becomes a contribution to the technological

and digital development of Chile,” said Fischer, who has a particular interest in the digitalization of the country as a key tool for being able to participate in a global world. ALMA, Paranal, La Silla, La Campana and Tololo are just some of the observatories operating today in Chile and which have arisen from huge investments by groups of countries, groups of scientists and universities around the world. These observatories have made it possible for the highest technology available to land on Chilean soil. One Chilean participating in the ALMA operations is the astronomer Anthony Hales, who has been following the project for over five years. He started with the first prototypes in the U.S., he oversaw the positioning of the first antenna in the Chajnantor Observatory and is now setting up this observatory, which will have installed 66 antennas by 2013. Hales is part of a team of scientists in which Americans, Europeans and Asians are working together, but also in which the vast majority of engineers and technicians come from local universities and, as he says, “have proven by far to measure up.” For him, it is essential that this interaction occur in order to transfer know-how to other areas, such as robotics and telecommunications, and that this knowledge can be absorbed and transferred to other areas of development. Hales goes even further and says that Chilean universities are building receivers and technological developments for these great observatories, with which they seek to develop and implement new instruments. An astronomer at the University of Chile, Patricio Rojo, is in agreement with him, and says that we are “starting up the technological development and we are developing the first teams and the first local technologies.” Even though there is a long way to go, local universities, NGOs and the State are working along the same lines to encourage the development in Chile of astronomy, science and technology beyond that of the observatories, so that

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this scientific pole may pour knowledge and opportunities into the rest of the country. “The world of the future is a digital world, much of the information is and will continue to come packaged in a digital mode, the interconnection between people at all levels will be through digital interfaces. The companies that adopt these features faster are those that will advance,” says Fischer with regard to the importance of enhancing this technology in the observatories and moving toward the digitization of the country. To which he adds: “In Chile, we came to the industrial revolution late, but we cannot afford to be late for the one concerning knowledge.” “The 10% agreement has a significant impact on the development of this science in our country. For the astronomical community, it is a privilege to work alongside the very best, and it gives us the potential to be globally competitive,” Hales said. This agreement requires the groups to allocate 10% of observation time to teams that must be led by scientists who are Chilean or foreign scientists who live in Chile, such as teachers in the local universities. This opens many doors for Chile's citizens, allowing them to join the team and ensure the appropriate observation time. “The sciences are developing in the hands of multinational companies today, and always through collaboration, which gives the possibility to Chilean astronomers to participate in international projects and become enriched, thanks to teams from countries with a long astronomical tradition,” Ambassador Rodriguez declared. Today, in Chile, there are four universities with astronomical training and the ability of the astronomers from these universities to manage and work on large projects is very broad, since they are able to operate in them or be associated with some of these groups. Fifty years ago, Chile had no more than seven astronomers, Ambassador Rodriguez commented, whereas today, there are 120 employees and just as many astronomers actively engaged in training.

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In this “green gold” rush, Brazil has had, and continues to maintain, a leading role

CULTIVATING ENERGY. AGROFUELS: A RESOURCE OR A THREAT? Competition between food and energy production regarding access to land, water and resources and the influence of agrofuels on the increase in food prices. What is the relationship between the policies for energy crops and the cost of food? What weight does this have for Brazil? by Silvia Ceriani

“Gas is leaving us, alcohol is coming. And it is coming to stay, because of its unlimited availability. We, too, could be preparing for alcohol right now. The whole world is waiting for a replacement for gasoline. When it is gone, there will be no more, and long before that time, the price of gasoline will have risen to the point where it will be too expensive to be used as fuel. The day is not far off when every barrel of gasoline will be replaced by a barrel of alcohol.” This statement was made in 1916 by the founder of the automobile industry, Henry Ford, a statement that predicted with great foresight the scenario not unlike that which is now dividing global opinion. Driven by the increasingly urgent need to identify alternative energy sources to provide an effective response to the “oil peak”2 and the limited reserves of fossil fuels, at first the world placed an almost unconditional trust in biofuels, or better yet, agrofuels, based on the general belief that the crops used for the production of fuel had announced the transition to a kind of energy that would be sustainable and renewable, that would reduce the emissions of greenhouse gases and inaugurate a new era of global prosperity. A trust that faltered in 2007, when the global food crisis imposed a reflection upon the wisdom of using food resources to produce fuel and when the first, deep

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fractures in the consensus on agrofuels appeared, especially following statements made by Lester Brown, stressing that "the grain crop needed to fill a tank with 100 liters of ethanol just once would feed a person for an entire year,” and Jean Ziegler, who called them a "crime against humanity.” In this “green gold” rush, right from the very beginning Brazil has had, and continues to maintain, a leading role, both for historical reasons, in that it was one of the pioneers of renewable energy policy, and for its natural and territorial specificity - more sun, more rain, more farmable land –, making it one the most advantaged countries in the world for the production of energy from agricultural sources. Brazil's history in the field of energy crops started with the production of ethanol from sugar cane, perceived as a solution to oil prices that had been soaring since the Seventies, and particularly since 1975, with the establishment of the National Alcohol Program or Proálcool, whose objective was to reduce domestic oil imports and simultaneously to revive the rural economy of the region. The development of the sector, supported by major investments in the field of agricultural research, modernization and mechanization, peaked in 1986, when Brazil surpassed 12 billion in ethanol products and ethanol-powered cars

Biofuels’ boom and their subsequent transfer to a market oriented to exports, could not be a strong attraction for the industry

came to represent about 90% of the new registrations. Then came a resounding setback - which Brazil has been experiencing since 1988 - due to lower oil prices, that has led to cuts in incentives for the production of ethanol and other alternative energies. In the late Nineties, the cars running on ethanol represented only 1% of the total production. This story of acceleration and hard braking saw a further reversal at the beginning of the millennium, marked by a renewed increase in oil prices and a recovery marked by the expansion of the industry of biofuels, supported by government propaganda and private investments. To this end, thanks to the Ministry of Agriculture there was the elaboration and coordination of the Plano Nacional de Agroenergia (National Agro-energy Plan) for the years 2006-2011, in order to “promote sustainable development and competitiveness of agribusiness for the benefit of Brazilian society,” and with the goal of “developing research and encouraging innovation and the transfer of technology to ensure the sustainability and competitiveness of the agro-energy production chain; to establish institutional arrangements and indicate government actions in the international market for biofuels.” This program also includes the long-term "recovery" of 200 million hectares per year5 of dry tropical forest, grasslands

and wetlands, classified as "degraded land," or land that was populated and abandoned after a few years of exploitation, and therefore deemed suitable for agricultural development. At this stage of recovery, the production of ethanol from sugarcane, in which Brazil is a world leader, has been joined by an important innovation: the production of biodiesel derived from soy and other oilseed crops - palm oil, castor oil, sunflower oil – in state programs already begun in the Seventies but which have become effective only recently. In this new terrain of conquest, Brazil has not yet achieved the large numbers of the European Union, which is responsible for 65% of the world production, but there is considerable scope for improvement, considering the prospects for the expansion of oilseed crops and the enactment of special government programs such as the National Plan of Production and Use of Biodiesel (PNPB, www. biodiesel.gov.br), launched in 2004 in order to promote family farming, and not that of large landowners6 through the granting of a "social fuel" certification and facilitating the access of small farmers to specific lines of credit from the Programa Nacional de Fortalecimento Agriculture Nacional (Pronaf, www.pronaf.gov.br). Faced with so much confidence, however, there have clearly been voices to the contrary, especially from advanced environmental organizations or from those who have committed themselves to the assertion of the right to sovereignty and to food security. First of all, because the real stars of the agrofuel boom are not so much family farms as they are the multinational corporations, to whom we owe the surge of investments in the sector. If, at least at first, biofuels were mostly for the local market, their boom and their subsequent transfer to a market oriented to exports could not help but be a strong attraction for the industry, thus leading to the centralization of activities, the creation of huge-scale economies and the

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concentration of monopoly powers, the very same as those for agriculture and energy. In this context, it is difficult to imagine that the small farmers, who became more and more dependent on a handful of corporations for the seeds, inputs, services, processing and sales, actually derived any tangible benefits by espousing the cause of the production of energy crops. The most pessimistic estimates, or probably the most realistic, show that it is more likely, sticking to the case of Brazil, that the story of the "Soy Republic,” a vast area straddling southern Brazil, northern Argentina, Paraguay and eastern Bolivia where thousands of small-scale farmers have already been forced to abandon their land, will also be repeated elsewhere. No less powerful are the concerns about the new, vast areas for agriculture: the areas classified as degraded ecosystems are actually areas with a high concentration of biodiversity, such as entire regions of the Mata Atlántica, the Cerrado and the Pantanal, which, together with their inhabitants (indigenous people and poor farmers), it is feared will be sacrificed upon the altar of development. So what can be said about the competition between food and energy production regarding access to land, water and resources? Or the influence of agrofuels on the increasing cost of food? These are items to keep in high regard, although industry groups are doing their best to deny the link between policies for energy crops and food costs. The International Food Policy Research Institute (IFPRI) predicted that the price of staple foods could increase up to 135% in 2020 and that, proceeding on the path we are on, the hungry people in the world in 2020 will number 1.2 billion. How can we not be cautious, then, when reading the data on the future impulse of the sector of energy crops? How can we not agree with those who believe that "the fuel industry is betting on miracles”?

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oxygen | 14 — 09.2011

Co conteXts

PERUVIAN CUISINE'S GREAT MOMENT 2011 is not over, and yet Peruvian cuisine has many reasons to celebrate a successful year. For example, two of its restaurants, Astrid & Gaston and Malabar, have just been added to the list of the 100 best in the world (the famous San Pellegrino classification) and tickets have been sold out for the inauguration day of the Mistura Culinary Fair, a mega event in Lima that have attracted chefs, journalists and tourists from many countries. by Teresina Muñoz-Nájar

The day I was summoned to discuss writing the book Everything about the Potato, for the celebrations of the International Year (2008) of our famous tuber, I began a research of sources - from various publications – which, fortunately, has not finished yet. And after that book came another, called Desserts of Peru, and then even another, which we are still working on and which will be ready in November (dedicated to Peruvian cuisine and published by Edelnor, the electricity distributor of the Endesa group in Peru). Almost without noticing, I began to treasure all the books on food that I could find in the bookshops and libraries, in order to investigate the proposed topics and to achieve the goal of spreading our culinary diversity and reach the vast majority of Peruvians. Thus, I became involved in a marvelous and rewarding adventure. By now, there are many people today who, when consulting Everything about the Potato, for

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englisH version

example, in addition to working on preparing an interesting variety of dishes based on the many kinds of potatoes we have, also know that the tubers originated in the basin of Lake Titicaca, that they can be grown in any of the existing ecological zones in the country, that they are resistant to rain and snow and that, besides being a fundamental part of the diet of the ancient Peruvians, they were also the salvation from famine in Europe once they arrived there and won over the inhabitants. And, of course, readers are already well aware that the potato was definitely mixed with the products brought by the Spaniards (along with the taste of their Moorish women and slaves) during the Viceroyalty. So it is not just a matter of adding potatoes to onions or adding potatoes to eggs, but also the culinary techniques coming from both sides. And the Italian, Chinese and Japanese immigrants who put down their roots in this land at the beginning of the Republic have all made their own contributions as well. On the other hand, with Desserts of Peru, we discovered anecdotes and stories that had taken place in the nunneries 400 years ago. And it was in those feminine environments, amidst prayers and silence, rosaries and habits, that the most refined national desserts were created. Moreover, the desserts made by the nuns did not just remain within the thick convent walls, but were sold to nobles and commoners. And the nuns also taught whisking, mixing, kneading and baking (as well as cooking, painting and embroidery) to the good girls of the city whose parents brought them to the convents to learn to be perfect wives. Although the Spanish nuns who founded the first convents in the major cities of the country brought all their knowledge and the secrets of their desserts from their own land with them, they then discovered ingredients here that they had never seen before and, because of their excellence, immediately used them in their recipes. There is no doubt that they also discovered other formulas and ways of preparing new desserts which, fortunately, are the

ones that sweeten our lives even today. We all know that our cuisine is of surprisingly mixed origins, and that this is precisely the quality that arouses the admiration of so many different kinds of groups. We are also aware of the fact that Peruvian cuisine is based on the biodiversity of the country, which is why chefs and diners have taken on - although there is still much work to be done - a commitment toward environmental responsibility, to the farmers, fishermen and all those who have made it possible for our tables to be so noble and generous. For the first time in years, bans are being respected and the efforts of farmers, especially those living in high-Andean zones, are being promoted. We know that we are a complex country with many problems to solve. However, we have found a topic that unites us and an activity that strengthens our identity: our cuisine. Ss science's sites

MCE2 by Federica Bosi

The Molina Center for Strategic Studies in Energy and the Environment (MCE2) is a non-profit foundation that was established in 2004 to promote environmental research and actions concerning pollutants. The center arose from the development of a project directed by Mario J. Molina and Luisa T. Molina, created in 1999 at the Massachusetts Institute of Technology (MIT). The original research (the "Integrated program concerning air pollution on

urban, regional and global scales") involved the development of systems for monitoring the chemical composition of the atmosphere and the presence of pollutants in it. Mario Molina, together with F. Sherwood Rowland and Paul J. Crutzen, received the 1995 Nobel Prize for chemistry, thanks to the study that led to their "Theory of ozone depletion due to CFCs." The three scientists showed that chlorofluorocarbons, products considered inert and widely used in the refrigeration industry and as a propellant in spray cans, upon being released into the atmosphere, tend to rise to the higher layers: there, they risk being degraded by the sunlight, which causes them to free chlorine atoms, thus adversely affecting the ozone layer. A fundamental characteristic of the MCE2 (www.mce2.org) is its mode of interdisciplinary collaboration: scientists, engineers and economists, as well as sociologists and political scientists from different nationalities, deal with the problem of pollution, each from the perspective of their discipline. The purpose of this research is to monitor the state of the air in the vicinity of large cities, to detect the presence of pollutants and understand the impact they have, or could have, on the climate, ecosystems and health of the inhabitants. Consequently, the main objective is to develop more effective strategies for the control and reduction of pollutants through the increased use of renewable energy sources and the application of the scientific and technological knowledge that has been acquired over time. The educational and training activities promoted by the center and collaborations with academic and research institutions are of central importance. The metropolitan area of Mexico City (one of the most polluted in the world, as well as the largest urban agglomeration in the Western hemisphere, with a population of 35 million people spread throughout the city and the 41 municipalities of

The metropolitan area of Mexico City iso ne of the most polpute in the world. The main source of potentially harmful gases are fumes from cars and trucks

the urban sprawl) was the first object of study. The initial aim was to improve knowledge in the chemical field of the mode of transport and dispersion of pollutants in the atmosphere. The project was divided into two phases of monitoring: the first dates from 2003 and the second was initiated in 2006 (the latter was for assessing any changes that had occurred during the elapsed time). The main sources of potentially harmful gases and aerosols were analyzed (exhaust fumes from cars and trucks, home heating) and their overall impact was quantified. The study was divided into three sub-areas characterized by different amplitudes: MAX-MEX concentrated on the peripheral areas of the city, MIRAGE-MEX dealt with the surrounding regions and INTEX-B (led by NASA) studied the evolution and the transit of the pollution on a global scale. Then, in 2010, a collaboration began between the U.S. and Mexico (MEX-CAL 2010), which provides the chemical analysis of the air at the border between California and Mexico. This highly industrial area presents an interesting case regarding the origin of the gases and the center’s aim is to raise citizens' awareness and provide training for scientists of the future. The MCE2 organizes courses for teachers and competitions for high school students, as well as providing scholarships for young scientists and co-productions of documentaries on the state of the atmosphere.

Ts science at the toY store

THE QUEEN OF THE CARNIVAL… AND THE VIDEOGAME by Davide Coero Borga

Years and years at the best samba schools to become the Rainha do carnaval (Carnival Queen)? Tomorrow, the domain of the Rio sambodromo could pass for the console of a videogame. An interactive platform, a virtual onscreen dancer who asks you to carefully repeat a series of movements: it seems like it would be easy but it is not at all. The latest generation of videogames wants to teach you hip-hop, R'n'B and dance steps, with a lot of Latin American contamination, the kind that made you envious of Lady Gaga and that whole crew of limber singerdancers moving to the rhythm of the latest hits. Forget about the joystick and discover a modern gym to jump-start those muscles you did not even know you had. Work out constantly and your tight buns will be thankful. Created as videogames for kids, today the fitness programs of Nintendo Wii, Xbox and Kinect are a useful ally for getting exercise without leaving home. With remote controls, tools and interactive platforms, you can play the classic videogame or else work out in a way that is fun. Create your avatar, write down your progress and achievements, while a virtual trainer assists you step by step, scolding you if it has been too long since your last workout. Exercises are divided into catego-

ries: training, yoga, muscle, aerobics, balance and coordination. You can train alone, wearing only your pajamas, whenever you want to. Or, you can turn everything into a challenge to be shared with friends. The videogame helps you out in the physical activity, unless you have already discovered that you can cheat with the speedometers that record the rapid movements of the wrist even if you are sitting comfortably on the couch. The idea of becoming skilled dancers in the living room of their home, thus avoiding the embarrassment of the dance hall, without giving up a dream of being a sambador, is fascinating. The new interactive games, in fact, allow anyone to practice any form of physical activity without the need for a major effort or special sports equipment. It remains to be seen whether aerobic exercise practiced in a virtual way through the game console can be compared to the real kind. It is not exactly like going to the gym but it certainly cannot be said to contribute to the accumulation of fat in children and young people, like what has happened with traditional videogames that still force players to spend many hours sitting and are, in fact, considered to be among the leading causes of childhood obesity. The World Health Organization defines physical activity as any effort exerted by the muscleskeletal system which results in a higher energy consumption than when at rest. So, not only sports, but even simple daily movements, such as going to work on foot or taking the stairs. And - why not - dancing to the Latin rhythms

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of a videogame. The fitness game has further redefined the concept of the educational videogame that was introduced some years ago, with the advent of the new features of the console. The lack of information to make users more aware of their physical condition has prompted developers to review and correct some features that now allow players to customize and better monitor the results of further training or games. But the revolution of the movement against armchair aficionados is not without drawbacks. It seems that in the United Kingdom, at least 10 people a week end up in the hospital complaining of excruciating pain in their right shoulder or knee. It is not a trauma epidemic, just an excessive (and wrong) use of videogame consoles. The warning, in the columns of the "Sun" tabloid, came from the doctors of the British health service who have been forced to admit patients of all ages, also grappling with severe jointrelated and varied problems, most of which were attributable to extenuating sessions with the game monitor. Plenty end up in the hospital after indulging in activities that involve sudden movements and also violent twisting, for which they would need an adequate preparation. Patients often complain of shoulder or wrist inflammation. Even knees, however, are not immune from danger, so that the British quickly christened these particular injuries to the ligaments of the knee as cases of "Wii-knee," in homage to Nintendo's console.

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Oxygen 2007/2011 Andrio Abero Giuseppe Accorinti Zhores Alferov Enrico Alleva Colin Anderson Paola Antonelli Antonio Badini Roberto Bagnoli Andrea Bajani Pablo Balbontin Philip Ball Ugo Bardi Paolo Barelli Vincenzo Balzani Roberto Battiston Enrico Bellone Carlo Bernardini Tobias Bernhard Michael Bevan Piero Bevilacqua Andrew Blum Albino Claudio Bosio Stewart Brand Luigino Bruni Giuseppe Bruzzaniti Massimiano Bucchi Pino Buongiorno Tania Cagnotto Michele Calcaterra Paola Capatano Carlo Carraro Federico Casalegno Stefano Caserini Valerio Castronovo Ilaria Catastini Marco Cattaneo Corrado Clini Co+Life/Stine Norden & Søren Rud Elena Comelli Ashley Cooper Paolo Costa George Coyne Paul Crutzen Brunello Cucinelli Partha Dasgupta Mario De Caro Giulio De Leo Michele De Lucchi Ron Dembo Gennaro De Michele Peter Droege Freeman Dyson Daniel Egnéus John Elkington Richard Ernst Daniel Esty

Monica Fabris Carlo Falciola Francesco Ferrari Paolo Ferri Tim Flach Stephen Frink Antonio Galdo Attilio Geroni Enrico Giovannini Marcos Gonzàlez David Gross Julia Guther Søren Hermansen Thomas P. Hughes Jeffrey Inaba Christian Kaiser George Kell Parag Khanna Sir David King Mervyn E. King Hans Jurgen Köch Charles Landry David Lane Manuela Lehnus Johan Lehrer Giovanni Lelli François Lenoir Jean Marc Lévy-Leblond Ignazio Licata Armin Linke Giuseppe Longo L. Hunter Lovins Mindy Lubber Tommaso Maccararo Giovanni Malagò Vittorio Marchis Massimiliano Mascolo Mark Maslin Ian McEwan John McNeill Daniela Mecenate Joel Meyerowitz Paddy Mills Giovanni Minoli Marcella Miriello Antonio Moccaldi Carmen Monforte Patrick Moore Richard A. Muller Ugo Nespolo Nicola Nosengo Helga Nowotny Alexander Ochs Robert Oerter Alberto Oliverio Sheila Olmstead James Osborne

Rajendra K. Pachauri Mario Pagliaro Francesco Paresce Claudio Pasqualetto Federica Pellegrini Matteo Pericoli Emanuele Perugini Telmo Pievani Tommaso Pincio Michelangelo Pistoletto Viviana Poletti Stefania Prestigiacomo Giovanni Previdi Filippo Preziosi Marco Rainò Jorgen Randers Carlo Ratti Henri Revol Marco Ricotti Sergio Risaliti Kevin Roberts Lew Robertson Kim Stanley Robinson Alexis Rosenfeld John Ross Marina Rossi Jeffrey D. Sachs Gerge Saliba Tomàs Saraceno Saskia Sassen Steven Shapin Clay Shirky Uberto Siola Craig N. Smith Antonio Sofi Leena Srivastava Francesco Starace Robert Stavins Bruce Sterling Stephen Tindale Chicco Testa Chiara Tonelli Mario Tozzi Ilaria Turba Andrea Vaccari Nick Veasey Jules Verne Umberto Veronesi Marta Vincenzi Alessandra Viola Mathis Wackernagel Gabrielle Walker Elin Williams Changhua Wu Kandeh K. Yumkella Edoardo Zanchini Carl Zimmer

Testata registrata presso il tribunale di Torino Autorizzazione n. 76 del 16 luglio 2007 Iscrizione al Roc n. 16116


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SPECIALE AMERICA LATINA «L’America Latina è una terra d’incontro di molte diversità: culturali, religiose, di tradizioni e anche di paure e impotenza. Siamo diversi nella speranza e nella disperazione. In questi ultimi anni è in atto un processo di rinascimento latinoamericano in cui queste terre cominciano a scoprire se stesse in tutta la loro diversità. La cosiddetta “scoperta dell’America” è stata in realtà la copertura d’una realtà varia. Ci hanno lasciati accecati da noi stessi. È necessario recuperare la diversità per celebrare il fatto che siamo qualcosa in più di quello che ci hanno detto di essere» Eduardo Galeano

euro 12,00

Oxygen nasce da un’idea di Enel, per promuovere la diffusione


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