Oxygen n°2

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02 — 01.2008 La scienza per tutti

Un eretico a Kyoto

Città: centrali per il futuro ecologico

di Freeman Dyson photoreport

Acid blue

I limiti della crescita e il collasso globale: uno scenario possibile?

Che cosa dicono gli scettici?

di Saskia Sassen

di Mark Maslin

Ripetere il bosco, rovesciare gli occhi, scorrere nel tempo come pietra di fiume di Sergio Risaliti

di Jorgen Randers

L’attesa

Impatto ambientale: i primi 100mila anni

Una sfida per Kyoto

Anidride

L’innovazione tecnologica: una chiave essenziale per la competizione nel mercato globale dell’energia

di John McNeill

di Partha Dasgupta

di Gabrielle Walker

di Fulvio Conti

intervista a Carlo Carraro

Che ne sarà di Kyoto?

photoreport

photoreport

Hyperarchive di Armin Linke


028 – 037

091 Oxygen versus CO2

Un eretico a Kyoto di Freeman Dyson 006 Nota dell’editore 007 Editoriale 008 – 009 photoreport

Acid blue 010 – 015 intervista a Carlo Carraro

038 – 041

I limiti della crescita e il collasso globale: uno scenario possibile? di Jorgen Randers 042 – 045

Una sfida per Kyoto di Partha Dasgupta 046 – 049

052 – 059

Anidride di Gabrielle Walker

092 – 093 I luoghi della scienza

060 – 067

Il Centro EuroMediterraneo per i cambiamenti climatici

Città: centrali per il futuro ecologico di Saskia Sassen

Impatto ambientale: i primi 100mila anni

050 – 051 photoreport

di John McNeill

L’attesa

di Fulvio Conti

016 – 027

Che cosa dicono gli scettici? di Mark Maslin

074 – 081 photoreport

Hyperarchive 068 – 073

L’innovazione tecnologica: una chiave essenziale per la competizione nel mercato globale dell’energia

Che ne sarà di Kyoto?

30 milioni di milioni di euro

di Armin Linke

094 – 095 Traveller

082 – 089

Compensate le emissioni del vostro prossimo volo

Ripetere il bosco, rovesciare gli occhi, scorrere nel tempo come pietra di fiume di Sergio Risaliti

097 – 127 English version


immagine di copertina

direttore responsabile

Cityscape, Digital Illustration by Claire Scully ©2007 4Wall Ltd

Gianluca Comin

art direction e impaginazione

rivista trimestrale edita da Codice Edizioni

direttore editoriale

Annalisa Gatto Gaetano Cassini

presidente Vittorio Bo

Vittorio Bo

Oxygen nasce da un’idea di Enel, per promuovere la diffusione del pensiero e del dialogo scientifico.

comitato scientifico

coordinamento

Enrico Alleva presidente

Giorgio Gianotto

Giulio Ballio Roberto Cingolani Fulvio Conti Derrick De Kerkhove Niles Eldredge Paola Girdinio Piero Gnudi Helga Nowotny Telmo Pievani Francesco Profumo Carlo Rizzuto Robert Stavins Umberto Veronesi

Michelle Nebiolo

ricerca iconografica Claudia Gandolfi

managing editor

collaboratori Enrico Casadei Eva Filoramo Francesca Noceti Sergio Risaliti Jacopo Romoli Davide Scappini Giovanna Solimando Laura Viviani

stampa Officine Grafiche Artistiche Grafart, Venaria (Torino)

distribuzione esclusiva per l’Italia Arnoldo Mondadori editore via Bianca di Savoia 12 20122 Milano t +39 02 754 21 f +39 02 754 22 584

sede legale, direzione, pubblicità e amministrazione Oxygen c/o Codice Edizioni via Giuseppe Pomba 17 10123 Torino t +39 011 197 00 579 f +39 011 197 00 582 oxygen@codiceedizioni.it www.oxygenmag.it © Codice Edizioni. Tutti i diritti di riproduzione e traduzione degli articoli pubblicati sono riservati.


Hanno contribuito a questo numero

Carlo Carraro

Guido Castagnoli

Partha Dasgupta

Armin Linke

Mark Maslin

Jorgen Randers

Michael Wolf

Professore di Econometria ed Economia ambientale e direttore del dipartimento di Scienze economiche dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, è membro del comitato scientifico del Potsdam institute for climate impact research (Pik) e uno dei fondatori dell’European climate forum. Direttore della Ricerca della Fondazione Eni Enrico Mattei e della divisione socio-economica del Centro EuroMediterraneo sui cambiamenti climatici, oltre a collaborare con l’Economic and social research institute e con la Banca Mondiale, è stato lead author del Terzo rapporto dell’Ipcc. Co-editor della “Review of environmental economics and policy”, ha pubblicato 30 libri e circa 200 articoli sulle principali riviste internazionali dedicate a temi energetici e ambientali.

Torinese di nascita e genovese d’adozione, con le sue fotografie – prive di artifici digitali – crea quelle che possono sembrare estetiche elaborazioni di luoghi comuni ma che sono, in realtà, icone dell’ansietà che spesso accompagna la vita dell'uomo. Ha esposto sue personali nel 2003, alla Fusion art gallery di Torino (“Mater admirabilis”), e nel 2001 presso la Galleria Joice&Co. di Genova (“Memories from the USA”). Tra le più recenti esposizioni collettive alle quali ha preso parte, nel 2006 “Flashes” alla Loggia della Mercanzia di Genova e, nel 2005, “Ecce homo” al Castello di San Pietro in Cerro, Piacenza; nel 2004 ha partecipato alla Biennale di arte contemporanea del Piemonte.

Professore “Frank Ramsey” di Economia all’Università di Cambridge e fellow del Saint John’s College, è stato nominato cavaliere dalla regina Elisabetta II nel 2002 per il suo contributo nel campo dell’economia. Come ricercatore si è interessato a welfare, economia dello sviluppo, cambiamento tecnologico, della popolazione, dell’ambiente e delle risorse, teoria dei giochi ed economia della sottonutrizione. Una delle sue pubblicazioni più recenti è Economics: a very short introduction (Oxford University Press, 2007).

Nato a Milano nel 1966, è uno dei protagonisti della fotografia italiana contemporanea. Da alcuni anni si è dedicato all’indagine degli interventi di trasformazione dell’uomo sulla Terra, componendo un archivio di oltre 15mila immagini. Un’enciclopedia planetaria, o meglio un theatrum mundi, che accumula da una decina d’anni: scatti raccolti durante il suo pellegrinaggio cosmopolita, che ci restituiscono la storia millenaria del nostro pianeta ma, al tempo stesso, ci presentano la mappa delle diverse attività umane e dei nuovi paesaggi naturali e artificiali. Di recente ha partecipato a “L’immagine ritrovata” al Museo cantonale d’arte di Lugano, “Side effects” alla Triennale di Milano, “Cities on the move” presso la Hayward Gallery di Londra e il “PS1” di New York nel 1999; la Biennale di San Paolo nel 2002, la Biennale di Tirana nel 2001, la Biennale di architettura di Venezia nel 2000.

Lavora presso il Centro sulla ricerca dei cambiamenti climatici del dipartimento di Geografia, presso lo University College di Londra. Ha scritto più di settanta articoli su paleoclimatologia, oceanografia e riscaldamento globale, e lavora come consulente per il “The Guardian” e le televisioni e le radio britanniche.

Laureato in Fisica, dopo il dottorato in Management presso il Mit di Boston è tornato a Oslo dove è analista politico e Presidente emerito della Scuola di Management Norvegese.

Nato a Monaco di Baviera e cresciuto negli Stati Uniti, da oltre un decennio vive e lavora come fotografo e scrittore in Cina. Oltre a collaborare con numerose pubblicazioni internazionali, è l’autore di Sitting in China (Steidl, 2002) e China im Wandel (Frederking und Thaler, 2001). Taschen ha pubblicato una sua opera in cui, anche grazie a una vasta collezione di poster propagandistici cinesi, documenta come prendano forma la politica e la pubblica opinione. Con grande interesse per la cultura popolare, di recente si è concentrato in particolare sull’identità della città di Hong Kong: parte di questo progetto sono la mostra “Architecture of density” a New York nel 2004, il libro Hongkong, the front door/the back door (Thames and Hudson, 2005) e, a Basilea lo scorso febbraio, la mostra “Hong Kong industrial”.

Fulvio Conti Laureato in Economia e commercio presso l’Università “La Sapienza” di Roma, ha ricoperto ruoli manageriali e dirigenziali in varie grandi società italiane; passato a Enel come Chief financial officer nel 1999, ne è Amministratore delegato e Direttore generale dal 2005. Attualmente ricopre anche l’incarico di consigliere di Barclays plc e di una delle più antiche istituzioni musicali al mondo, l’Accademia nazionale di Santa Cecilia. È stato insignito della laurea honoris causa in Ingegneria elettronica presso l’Università di Genova nel 2007.

Freeman Dyson Ora in pensione, è stato per oltre metà della sua vita professore di Fisica all’Institute for advanced study a Princeton. Ha unificato le tre versioni dell’elettrodinamica quantistica inventate da Feynman, Schwinger e Tomonaga, ma ha anche lavorato nel campo dei reattori nucleari, della fisica dello stato solido, del ferromagnetismo, dell’astrofisica e della biologia. È autore di numerosi libri di divulgazione scientifica, tra i quali The sun, the genome and the internet (Oxford University Press, 1999) sulla possibilità di ridurre il gap tra ricchi e poveri grazie alla tecnologia moderna. Nel 2000 è stato insignito del premio Templeton per il progresso sulle realtà spirituali.

John McNeill Dopo tre anni come titolare della cattedra “Cinco Hermanos” di Politica ambientale e internazionale, nel 2006 è stato nominato professore alla Georgetown University, dove insegna Storia mondiale, Storia dell’ambiente e Storia internazionale.

Giuseppe Penone Scultore e artista concettuale dell’Arte Povera, esalta il confronto tra le energie e le materie dell’arte e le energie e le materie della natura, con parallelismi di impronta leonardesca. Pur non mirando a mostrare opere piacevoli, il suo tocco elegante rivela la bellezza intrinseca del nostro ambiente.

Saskia Sassen Sociologa ed economista nota per le sue analisi su globalizzazione e processi transnazionali, è attualmente titolare della cattedra “Helen and Robert Lynd” di Sociologia alla Columbia University. Fra i saggi pubblicati anche in Italia Città globali (Utet, 2000), Globalizzati e scontenti (Il Saggiatore, 2002) Le città nell’economia globale (il Mulino, 2004), Sociologia della globalizzazione (Einaudi, 2008) e Territorio, autorità e diritti (Bruno Mondadori, 2008).

Gabrielle Walker Dopo il dottorato in Chimica alla Cambridge University, ha insegnato a Cambridge e alla Princeton University. Attualmente è consulente per la rivista “New Scientist”, e collabora con la Bbc Radio 4 come autrice e presentatrice del programma “Planet Earth under threat”. Tra i suoi libri, Snowball Earth (Bloomsbury, 2004) e An ocean of air (Bloomsbury, 2007).


Nota dell’editore

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Durante la cerimonia di consegna del Nobel per la Pace 2007 che l’Accademia Norvegese ha voluto attribuire ad Al Gore e all’Ipcc per l’impegno profuso nella sensibilizzazione sui problemi della Terra, sia l’ex vice presidente americano che R.K. Pachauri hanno voluto sottolineare la gravità e l’emergenza della situazione, ma anche la possibilità di agire e di costruire insieme un futuro migliore. Gore ha detto che “bisogna fare pace con il nostro pianeta” e che dobbiamo intraprendere azioni collettive a livello globale simili a quelle che hanno visto le grandi nazioni libere del mondo allearsi contro i crimini della guerra, “per difendere il nostro comune futuro”, pensando – citando Ibsen – alla generazione futura che verrà a bussare alla nostra porta, e che però è già qui e ci chiama alle nostre responsabilità. Pachauri ha ricordato – citando la profonda saggezza della filosofia indiana – l’intero universo come una grande famiglia, e ha sottolineato quanto il concetto di pace sia legato alla sicurezza di accesso alle risorse essenziali per la vita. Oggi, più che mai, il problema del clima influenza la nostra vita attraverso l’approvvigionamento energetico, l’accesso alle risorse alimentari e la compatibilità con il nostro habitat naturale. La sempre più profonda conoscenza dei dati sull’emissione della CO2, sul riscaldamento, sull’innalzamento del livello degli oceani, sulla desertificazione di intere aree del pianeta, sulla difesa delle biodiversità, ci spingono ad una sempre maggiore necessità di abbattere le barriere nazionali e ideologiche e a prendere decisioni comuni. Dopo Kyoto e Bali, sono necessari continui confronti, che consentano verifiche oggettive sull’andamento e sul progresso delle azioni intraprese e – soprattutto – da intraprendere, a tutti i livelli, globali, nazionali e locali.

Editoriale

Il secondo numero di “Oxygen” è dedicato proprio a questi temi, nel tentativo di affrontare con i nostri strumenti riflessioni e proposte concrete e offrire alcune delle voci che partecipano al terzo Festival delle Scienze di Roma (14-20 gennaio 2008) dal titolo “CoScienza globale. Le sfide globali e la scienza che vogliamo”, inaugurato proprio dal direttore dell’Ipcc. Economisti come Carlo Carraro, Saskia Sassen e Parta Dasgupta ci parlano delle possibilità e dei limiti dello sviluppo; il grande fisico Freeman Dyson ci pone le domande e i dubbi sulle proiezioni statistiche della scienza; John McNeill e Mark Maslin affrontano il tema dell’impatto ambientale dell’uomo e delle nostre responsabilità; Sergio Risaliti sviluppa l’interpretazione artistica di Giuseppe Penone sui cambiamenti della natura; Fulvio Conti ci parla dell’innovazione tecnologica al servizio di un migliore e più equilibrato sfruttamento delle risorse. Il nostro augurio è quello di offrire uno strumento di riflessione, ma anche di aiuto, per una maggiore condivisione delle scelte per lo sviluppo e il futuro della nostra vita sulla Terra. Vittorio Bo, presidente Codice Edizioni

La validità del protocollo di Kyoto è stata più volte, legittimamente, messa in discussione. Non possiamo però ignorare la sua valenza strategica in termini politici, economici e più in generale di impulso per la coscienza collettiva: ha rappresentato il primo vero segnale della volontà del mondo industrializzato di riconoscere l’impatto ambientale dell’attività umana e, soprattutto, di voler trovare soluzioni per porvi rimedio. La conferenza che ha riunito a Bali, lo scorso dicembre, scienziati, politici e attivisti di 200 Paesi, per disegnare le strategie di attuazione delle direttive imposte dal protocollo, conferma e rafforza questa determinazione e pone le basi per un progetto rinnovato e condiviso. In questi anni abbiamo assistito al moltiplicarsi di voci in merito al tema del riscaldamento globale, divenuto un elemento centrale e portante di una discussione più profonda: come l’umanità intenda prima immaginare e poi affrontare un futuro equo e sostenibile, in grado di rispondere a esigenze diverse, quelle dei paesi industriali e quelle delle economie emergenti, disegnando al contempo un nuovo rapporto fra l’uomo, la tecnologia e la natura. La materia è complessa e delicata, proprio per la sua valenza onnicomprensiva e delinea sia un profilo di stretta attualità, legato alla qualità della nostra vita, sia una proiezione futura, che va tracciata sin d’ora nelle sue linee essenziali e seguita da una programmazione concreta delle azioni. In ogni caso, e di questo siamo certi, lo sviluppo dovrà essere soprattutto tecnologico. Solo una tecnologia che sia frutto di una visione allargata, che includa, fra gli obiettivi primari, il tema del benessere, nostro e del nostro habitat, sarà la vera somma delle parole “ambiente” e “innovazione” e potrà produrre un risultato positivo e duraturo. Enel, con il Progetto Ambiente e Innovazione, ha programmato un piano di investimenti per lo sviluppo di tecnologie rinnovabili e innovative

in campo energetico per i prossimi cinque anni, rispondendo quindi alle esigenze di breve termine ma impostando già un lavoro inserito in una visione di lungo periodo. È bene allora ricordare un dato importante: gli scienziati, che per primi hanno lanciato l’allarme sui cambiamenti climatici, non formano un fronte compatto e unito. In questi ultimi anni, accanto all’imponente numero di studi che hanno prodotto modelli climatici, elaborato previsioni future e denunciato i rischi cui stiamo andando incontro, si sono levate voci di dissenso altrettanto autorevoli e numerose. Alla diversità delle tesi corrisponde una diversità nelle soluzioni proposte. Attivare il dialogo e il confronto tra queste voci – economisti, fisici, storici, urbanisti, biologi e artisti, ognuno con la propria personale prospettiva – non risponde solo a un’esigenza comunicativa, ma è una primaria necessità. Il quadro che ne emerge è, come avrete modo di vedere, ricco e dettagliato. Speriamo che questo panorama alimenti con la stessa ricchezza gli sviluppi futuri. Il nostro augurio è che, proprio attraverso il dialogo, si possa individuare un punto di incontro in cui parole come sviluppo e ambiente non debbano necessariamente dividere obiettivi e intenzioni di chi lavora con lo stesso interesse al nostro futuro. Gianluca Comin, Direttore responsabile

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photoreport

Acid blue

Isole Tonga

La crescita esponenziale del livello di anidride carbonica nell’atmosfera sta rendendo gli oceani più acidi. Gli scienziati sostengono che, entro la fine del secolo, il trend potrebbe decimare le barriere coralline e le creature del mare: nonostante si sia da poco iniziata a focalizzare la problematica dell’acidificazione degli oceani, si delinea come uno dei problemi più urgenti che l’ambiente terrestre deve affrontare.

fotografia di Tobias Bernhard


Intervista a Carlo Carraro

Che ne sarà di Kyoto? Nonostante sia destinato ad avere un effetto minimo – tra la mancata adesione americana, i ritardi italiani e le concessioni fatte ai paesi in via di sviluppo – il protocollo di Kyoto rappresenta un importante primo passo nell’affrontare il problema del riscaldamento globale.

L’11 dicembre 2007 è stato il decimo anniversario della sottoscrizione del protocollo di Kyoto, e il 16 febbraio 2008 saranno passati tre anni dall’entrata in vigore di questo documento. Nei prossimi cinque anni i paesi firmatari si sono impegnati a realizzarne gli obiettivi – dei quali tuttavia si continua a discutere. Cos’è in due parole il protocollo di Kyoto? Il protocollo di Kyoto è un accordo, firmato nel dicembre del 1997 ma entrato in vigore solo nel febbraio del 2005, che vincola i paesi sviluppati che l’hanno ratificato a ridurre le proprie emissioni di gas a effetto serra. Più precisamente, il trattato prevede l’obbligo in capo ai paesi industrializzati di operare una riduzione delle emissioni di elementi inquinanti (biossido di carbonio e altri cinque gas serra, ovvero metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo) in misura non inferiore al 5,2% rispetto alle emissioni registrate nel 1990 – considerato come anno base – nel periodo 20082012. Perché il trattato potesse entrare in vigore, si richiedeva che fosse ratificato da non meno di 55 nazioni firmatarie e 1

che le nazioni che lo avessero ratificato producessero almeno il 55% delle emissioni inquinanti. Quest’ultima condizione è stata raggiunta solo nel novembre del 2004, quando anche la Russia ha ratificato il protocollo – che è quindi entrato in vigore novanta giorni dopo. Quali sono i paesi non aderenti? Quali le ragioni del dissenso? A oggi il protocollo di Kyoto è stato ratificato da 174 paesi, inclusa l’Australia dal 3 dicembre scorso. Tra i pochi stati non aderenti figurano gli Stati Uniti, responsabili di circa un terzo delle emissioni globali. Il Kazakistan l’ha firmato, ma non lo ha ancora ratificato. Inoltre l’India e la Cina, che hanno ratificato il protocollo, nel quadro del presente accordo non sono tenute a ridurre le proprie emissioni di gas serra. La rinuncia degli Stati Uniti a ratificare il trattato è stata votata a grande maggioranza dal senato americano (98 voti su 100), e motivata con la preoccupazione che Kyoto avrebbe penalizzato troppo l’economia americana e sarebbe stato d’altra parte inutile, visto che non pone vincoli numerici per le principali


Che ne sarà di Kyoto?

Il sindaco di New York, che ha fatto della difesa dell’ambiente una delle cifre della sua amministrazione,ha annunciato che i taxi gialli, icona della Grande Mela, dal 2012 saranno dotati di motori ecologici ibridi benzinaelettrici.

Nel 2006, quando la produzione di bioetanolo è diventata per la prima volta un determinante fattore di mercato, sulla piazza di Chicago i prezzi del grano sono aumentati di quasi il 130% in 14 mesi. Oggi la richiesta di biocarburanti, alimentata dalle sovvenzioni del TrafficKills è la community governo americano, sta che – da NewYork all’India, letteralmente vincolando da Copenhagen all’Italia – i prezzi alimentari a quelli sta diffondendo una paci- petroliferi. fica rivoluzione urbana per cercare alternative al traffico. www.traffickills.com ©Novella Pretti, New York, Stati Uniti 1

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economie dei paesi in via di sviluppo. Anche negli Stati Uniti, tuttavia, sia a livello di opinione pubblica sia a livello politico sta emergendo un forte consenso verso l’adozione di politiche simili a quelle contenute nel protocollo di Kyoto, anche se non c’è ancora consenso nei confronti del protocollo stesso. Che impatto sta avendo e potrà avere? L’impatto del protocollo di Kyoto è, e sarà, molto limitato. Anche con l’adesione degli Stati Uniti, la riduzione delle emissioni sarebbe solo pari al 5,2% rispetto ai livelli del 1990, con l’effetto di ridurre la temperatura media di appena 0,1 gradi nel 2050. Senza la ratificazione degli Stati Uniti, ed essendo stato ormai largamente “annacquato” (soprattutto con le negoziazioni di Marrakech del 2001), il ruolo del protocollo di Kyoto per il controllo dei cambiamenti climatici in corso è praticamente nullo. Anche nella remota ipotesi di riuscire a ridurre del 5,2% le emissioni globali di gas serra entro il 2012, come previsto dal protocollo, la temperatura media nel 2050 sarebbe superiore a quella attuale di almeno 2 gradi, il livello del mare salirebbe di circa 30-50 centimetri e la piovosità si ri-

durrebbe del 20% circa – come indica il più recente rapporto dell’Ipcc. Nonostante tutto ciò, il protocollo di Kyoto è un importante primo passo e come tale ha introdotto importanti innovazioni di natura sia politica sia economica. È, in effetti, un primo tentativo di governance globale, e ha avviato un processo che avrà notevoli ripercussioni. Inoltre ha permesso la creazione dei mercati delle emissioni inquinanti, che stanno inducendo le imprese di tutto il mondo a tenere conto del costo delle proprie emissioni nelle scelte di produzione e investimento. Quali sono i punti di forza del protocollo di Kyoto, e quali i suoi limiti? I limite principale del protocollo di Kyoto è la sua scarsa efficacia nel ridurre le emissioni. Ma va considerato un primo passo verso obiettivi più ambiziosi, come quelli indicati dall’Unione Europea sotto la spinta del Cancelliere Merkel, che prevedono una riduzione del 20% delle emissioni nel 2020 e del 50-60% nel 2050. Il punto di forza principale del protocollo di Kyoto sta nell’aver introdotto una serie di meccanismi economici attra-

verso i quali minimizzare il costo della riduzione delle emissioni. Scambiare permessi sul mercato europeo o acquisire, grazie a riduzioni nei paesi in via di sviluppo, certificati che poi possono essere rivenduti sul mercato europeo, può permettere alle imprese che riducono le proprie emissioni di conseguire anche importanti benefici economici. In ogni caso attenua il costo della riduzione delle emissioni e permette di pianificare meglio gli investimenti futuri. Al di fuori dell’Europa, dove questo mercato è nato nel 2005, oggi stanno “partendo” i mercati della California e della East Coast statunitense (nonostante l’opposizione dell’amministrazione Bush), oltre a quelli canadese e giapponese. Questi mercati diventeranno a breve un’importante componente dei mercati finanziari mondiali. Qual è la situazione dell’Italia rispetto al protocollo di Kyoto? Sono per noi raggiungibili gli impegni che abbiamo firmato? La situazione dell’Italia è quella di un paese inadempiente: siamo ben lungi dal raggiungere l’obiettivo per il quale ci siamo impegnati a Kyoto. Nel 1998 ave-

vo scritto, in un articolo pubblicato su “Il Sole 24 Ore”, che “L’obiettivo di riduzione delle nostre emissioni stabilito a Kyoto e nel successivo accordo del Lussemburgo è di -6,5% rispetto al 1990. Tuttavia la situazione a fine 1998 vede un incremento delle emissioni di gas di serra del 4,5% rispetto al 1990 (i dati sono del Ministero dell’Ambiente). In particolare, nel settore dei trasporti le emissioni sono aumentate del 15%, mentre nelle centrali termoelettriche del 10%. Ne consegue che l’obiettivo da raggiungere da qui al 2012, se non vi saranno altri aumenti delle emissioni di gas di serra, è già del -11%. Poiché tuttavia la proiezione delle emissioni è +812% tra il 1990 e il 2012, ne consegue che l’obiettivo effettivo da raggiungere oscilla tra -14,5% e -18,5%”. Dieci anni dopo le mie previsioni, allora fortemente contestate, si sono rivelate quasi esatte, perfino ottimiste. Alla fine del 2006 le emissioni italiane erano aumentate del 13% rispetto al 1990. Nel 2007 non sono diminuite. Ne consegue che abbiamo davanti cinque anni per ridurle del 19,5%. Missione impossibile. L’unica possibilità che ha l’Italia di raggiungere l’obiettivo è quella di acquista-

re da altri paesi le riduzioni di emissioni. Ad esempio, sul mercato europeo dei permessi (Ets, Emission trading system) o attraverso investimenti nei paesi in via di sviluppo (Cdm, Clean development mechanism). Inoltre l’Italia dovrebbe cominciare a pensare a un grande programma difensivo. Il nostro è un paese a elevata vulnerabilità ambientale, e i cambiamenti climatici in corso possono effettivamente produrre danni rilevanti. È fondamentale proteggere zone costiere, valli alpine, infrastrutture e insediamenti abitativi a rischio dai cambiamenti climatici che verranno. Dopo Kyoto, quali altri strumenti di politica internazionale sono all’orizzonte per fronteggiare il problema del riscaldamento globale? Il futuro delle politiche internazionali, volte a controllare i cambiamenti climatici e i loro impatti, comincerà presto. Sono già in corso negoziazioni per definire gli obiettivi di lungo periodo da conseguire, e sembra emergere un consenso, anche negli Stati Uniti, verso il target delle riduzioni globali pari al 50% circa entro il 2050. Va però ancora defi-

nito come distribuire questa riduzione globale (chi se ne fa carico), con quali strumenti raggiungerla, e quale ruolo dare ai paesi in via di sviluppo. In particolare, a quale stadio del loro processo di crescita inizieranno anch’essi a ridurre le proprie emissioni di gas serra? È molto probabile che gli strumenti economici giocheranno un ruolo cruciale anche nel post-Kyoto. I mercati dei permessi di emissione nati e in fase di avvio continueranno a essere al centro di accordi internazionali di riduzione delle emissioni, anche se con regole diverse da quelle attuali. Grande attenzione nel post-Kyoto verrà data alle politiche per l’efficienza energetica, grazie alle quali si possono conseguire importanti miglioramenti a basso costo, ad esempio installando pompe a calore per il riscaldamento o adottando in modo generalizzato lampadine a basso consumo. Ci saranno importanti investimenti in ricerca soprattutto per le energie rinnovabili, prima fra tutte quella solare, e sarà ulteriormente incentivato l’uso delle fonti alternative che oggi conosciamo, compresi i biocombustibili. Nel post-Kyoto ci sarà posto non solo


Che ne sarà di Kyoto?

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Un’agenzia statale olandese indica che nel 2006 Pechino ha emesso molta più anidride carbonica degli Stati Uniti.

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La Cina, come l’India e gli altri paesi in via di sviluppo, rifiuta ogni limite sulle emissioni di gas serra per non sacrificare la sua crescita economica.

per misure di riduzione delle emissioni di gas serra, ma anche per politiche di adattamento, ovvero di difesa dagli impatti dei cambiamenti climatici. Cosa significa difendersi dai cambiamenti climatici in corso? Significa avviare un rilevante programma di investimenti per la difesa delle zone costiere e delle relative infrastrutture urbane, turistiche, economiche e di collegamento. Significa anche proteggere la rete viaria e gli insediamenti economici dai rischi di inondazione, provvedere a un efficiente approvvigionamento idrico per evitare penurie estive, modificare gli impianti previsti per la stagione turistica invernale poiché avremo inverni più miti e intervenire per prevenire gli incendi, l’emergere di nuove malattie virali e la contrazione della produttività nel settore agricolo. Quali sono gli esempi di paesi virtuosi da seguire? I paesi del Nord Europa sono quelli che più di altri hanno seguito la strada di sostituire energia fossile, in gran parte responsabile delle emissioni di gas serra, con energia rinnovabile, a zero emissio-

ni. Questa è la strada da seguire nel medio periodo. Servono importanti investimenti in ricerca per rendere le energie rinnovabili, in particolare quella solare, competitive con quelle di origine fossile. Servono incentivi all’adozione di nuove tecnologie energetiche. Servono mercati, reali e finanziari, per aiutare le imprese a investire nelle nuove tecnologie energetiche. Ma servono anche misure di breve periodo. Si devono attivare misure di riduzione delle emissioni con benefici anche a livello locale, ad esempio riducendo il traffico urbano e il conseguente inquinamento delle città. È necessario, poi, implementare misure a basso costo come la riconversione delle centrali elettriche a carbone o il loro utilizzo con tecniche di sequestrazione dell’anidride carbonica prodotta. Va accelerata la creazione di istituzioni globali o regionali in grado di gestire, nel futuro, rilevanti processi di riduzione delle emissioni e di adattamento ai cambiamenti climatici. In questo campo, soprattutto nell’area mediterranea, l’Italia può assumere una posizione di leadership e giocare un ruolo di rilievo.

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Impatto ambientale: i primi 100mila anni

di John McNeill fotografie di Davide Scappini

L’evoluzione della specie umana è legata alla sua capacità di modificare la natura: dalla scoperta del fuoco all’uso sregolato dei combustibili fossili, uno sguardo alla storia ambientale del pianeta fa emergere con chiarezza quanto sia antica e profonda la nostra “impronta ecologica”.


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Impatto ambientale: i primi 100mila anni

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Il periodo più lungo

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“Se avessimo abbastanza spazio, e tempo” è l’incipit che Andrew Marvell diede a una delle poesie più divertenti di tutta la letteratura inglese. In realtà, a noi insegnanti di storia, spesso sembra di averne fin troppo, di spazio e di tempo da coprire. Non è facile distillare un racconto coerente e dignitoso a partire dall’infinità di dati a nostra disposizione: i corsi e i libri che hanno tentato questa impresa, di solito, rivelano più di un difetto. Un errore piuttosto comune è presentare la storia mondiale come storia della civiltà occidentale, con qualche rapida e lacunosa divagazione di contorno qua e là. Un altro errore è rappresentare tutto come una sorta di gara tra civiltà, con l’avvicendarsi in prima posizione di un luogo e poi di un altro, nel corso dei secoli, fino alla rimonta dell’Europa in dirittura d’arrivo. Resto dell’idea che presentare un racconto generale del percorso umano in modo plausibile sia possibile, ma penso che porti inevitabilmente – anche il sottoscritto – a sacrificare molte cose nell’interesse della brevità. Una possibile via di fuga di fronte a questa sfida è considerare solo una “fetta” di storia, privilegiando un tema particolare. Questo approccio, criticabile perché favorisce la coerenza a discapito della completezza, in alcuni casi può essere la scelta migliore.

Fra tutti i temi possibili, ad esempio, io ne esplorerò uno solo: la storia del mondo come storia ambientale. Quest’ultima è riconosciuta come disciplina autonoma da circa trent’anni, negli Stati Uniti, e ormai vanta studiosi e autori in tutto il mondo, impegnati perlopiù a indagare la storia locale e regionale: la descrizione dei processi di cambiamento climatico con riferimento ai pesci o alle foreste presenti in una particolare zona, ad esempio, oppure il resoconto di quanto è stato detto e scritto sulla natura – un vero e proprio ramo della storia intellettuale e culturale –, o ancora un rapporto sulla politica e sulle politiche relative all’ambiente. La storia dell’ambiente su scala globale è invece più recente: i primi tentativi in questo filone sono le opere, risalenti ai primi anni novanta, di geografi e, in un caso, di un autore di origine mandarina espulso dal ministero degli esteri – Clive Ponting, che si giocò la carriera rivelando, nel suo A green history of the world (1991), alcuni fatti “sensibili” sul comportamento degli inglesi durante la guerra delle Falklands del 1981. Tentativi più recenti, da parte di storici quali John F. Richards, hanno preso in considerazione solo alcuni secoli. In realtà non c’è modo di fare presa sulla storia ambientale del mondo, ma possiamo almeno provare a immaginare a cosa somiglierebbe un corso di questa materia.

Partiamo dall’inizio: per la maggior parte del nostro percorso noi uomini abbiamo vissuto in piccoli gruppi, vagando per ampi territori. Si tratta di millenni difficili da ricostruire, ma buona parte di quel poco che sappiamo ha a che fare con il nostro coinvolgimento nell’ambiente. La nostra partecipazione, anche allora, fu sorprendentemente ricca di eventi. Innanzitutto a un certo punto i nostri antenati, uomini o ominidi che fossero, impararono a dominare il fuoco e, in seguito, a crearlo: fu uno dei grandi punti di svolta della storia umana, anche se non sappiamo esattamente quando avvenne (secondo alcune ipotesi circa mezzo milione di anni fa, ovvero prima della comparsa di Homo sapiens sapiens). Il fuoco consentì ai nostri antenati di plasmare il paesaggio secondo le loro esigenze: bruciando la vegetazione, ad esempio, potevano trasformare le foreste in praterie, più adatte alla caccia e più attraenti agli occhi delle loro prede preferite, i grandi erbivori. Inoltre, il fuoco migliorò le loro probabilità di sopravvivenza perché teneva a bada i grandi carnivori, soprattutto di notte, e perché con la cottura la gamma di cibi digeribili si ampliò, migliorando la dieta. In breve, il fuoco cambiò il nostro posizionamento nel quadro della natura, e ridusse le possibilità che ci estinguessimo come la maggior parte degli altri rami del nostro genere.

Circa 100mila anni fa i nostri antenati uscirono dall’Africa e iniziarono a spostarsi in altri continenti. Nell’arco di molti millenni si erano coevoluti insieme a vari microbi che si nutrivano di loro, e a prede animali delle quali si nutrivano a loro volta. Se questo equilibrio aveva tenuto sotto controllo il successo biologico degli ominidi, una volta usciti dall’Africa i nostri remoti parenti guadagnarono un vantaggio rispetto al resto della natura. Lontani da alcuni patogeni e parassiti che li affliggevano, inaugurarono 90mila anni di salute relativamente buona; si addentrarono in paesaggi pullulanti di animali ingenui, che non erano mai stati braccati da scimmie erette, ormai in grado di lanciare oggetti e di coordinarsi durante la caccia attraverso il linguaggio. I nostri antenati rappresentarono, in effetti, una specie esotica invasiva in Asia, Europa, Australia (già 60mila anni fa) e nelle Americhe (almeno 14mila anni fa); com’è tipico delle specie invasive, anche noi prosperammo nei nuovi territori, proliferando e causando la scomparsa di altre specie. Ad accusare più duramente il colpo furono i grandi mammiferi, che a parità di fatica offrivano ai cacciatori la massima resa in termini di cibo. In Australia, poco dopo l’arrivo degli uomini, si estinsero numerose specie di grandi mammiferi; lo stesso avvenne nelle Americhe e, molto


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più tardi, in isole precedentemente disabitate come il Madagascar (circa duemila anni fa) e la Nuova Zelanda (mille anni fa). A volte queste ondate di estinzione sono imputate ad altri fattori, come i cambiamenti climatici e, in realtà, è probabile che spesso sia i predatori umani sia il cambiamento climatico abbiano avuto una parte, in proporzioni diverse a seconda del contesto. Il cambiamento climatico non ebbe niente a che fare con le estinzioni in Madagascar e Nuova Zelanda, ad esempio, mentre nelle Americhe l’arrivo degli umani coincise con il rapido riscaldamento alla fine dell’ultima era glaciale (Barnosky et al., 2004). Qualunque sia stata la configurazione delle loro cause, queste estinzioni ebbero conseguenze storiche importanti. L’Australia perse tutti i marsupiali più grandi, incluso uno delle dimensioni di un rinoceronte. In Nord America sparirono il bradipo gigante, il mammut, il cammello e i cavalli: rimase ben poco, in termini di animali potenzialmente domestici – cosa che sarebbe costata cara agli indigeni dopo il 1492. Fattorie e città

Circa 10-11mila anni fa, forse spronati dal cambiamento climatico, gli uomini iniziarono ad addomesticare piante e animali per il proprio nutrimento. Sembra che questa lunga transizione, giustamente considerata come un altro fondamentale punto di svolta nella nostra storia, sia iniziata sui rilievi ai piedi dei monti Zagros e del Tauro in Medio Oriente; ma in realtà è impossibile sapere se ci furono episodi precedenti da qualche parte nelle foreste tropicali, o lungo le coste ora sommerse (il livello del mare di 10mila anni fa era di circa 100 metri più basso). Pare che ci siano stati almeno cinque, sette, o forse più primi tentativi indipendenti, tutti tra gli 11mila e i 4mila anni fa, e che le pratiche di addomesticamento si siano poi diffuse da ciascuno di questi punti di origine (Bellwood, 2005; Zeder et al., 2006). La produzione di cibo permise alle popolazioni umane di svilupparsi con maggiore densità, richiese uno stile di vita più sedentario, e comportò la graduale creazione di nuovi tipi di piante e nuove razze animali. I campi e gli orti sostituirono la foresta e i prati e, quando gli uomini impararono a irrigare le proprie coltivazioni,

l’acqua fresca assunse un nuovo importante ruolo nella loro vita. Nel complesso, si arrivò a una profonda rivoluzione dell’ambiente umano e del rapporto tra uomo e natura. Mentre le popolazioni umane crescevano, la statura media si riduceva progressivamente: resti fossili dimostrano che, in media, i primi agricoltori erano più bassi dei loro antenati cacciatori e raccoglitori. Seguivano una dieta meno varia, mangiavano in genere minori quantità di proteine animali rispetto ai cacciatori-raccoglitori, e soffrivano più spesso sia di malattie dovute a carenze vitaminiche sia di disturbi gastro-intestinali (poiché essendo sedentari vivevano in mezzo ai propri rifiuti). Vivevano meno a lungo dei cacciatori e dei raccoglitori, ma si riproducevano più rapidamente di ogni altra popolazione umana (Cohen, 1989; Bocquet-Appel e Naji, 2006). Lo stato di salute degli agricoltori peggiorò ulteriormente quando questi, soprattutto in Eurasia, iniziarono a vivere fianco a fianco con il bestiame. Alcune delle malattie che affliggevano gli animali divennero anche minacce per l’uomo: fu il caso del morbillo, della tubercolosi, dell’influenza e della varicella, che grazie all’alta densità demografica potevano circolare all’infinito (Diamond, 1997). Fortunatamente la presenza del bestiame ebbe anche effetti positivi sulla dieta degli uomini, in particolare da quando si riuscirono ad allevare i bovini da latte, dopo che la popolazione adulta sviluppò la capacità di digerire questo alimento: in un certo senso l’addomesticamento degli animali portò a un addomesticamento anche degli uomini, poiché l’evoluzione permise loro di adattarsi alle circostanze create dall’agricoltura – ad esempio sviluppando, in alcune zone dell’Europa, del Medio Oriente e dell’Africa, la tolleranza al lattosio anche dopo lo svezzamento. Circa 5-6mila anni fa l’inizio della vita cittadina segnò l’inizio di un nuovo stadio nella nostra storia ambientale. Le popolazioni urbane erano, in genere, così cagionevoli di salute da non riuscire a riprodursi abbastanza rapidamente da contrastare il proprio tasso di mortalità, e si sostenevano solo grazie al costante flusso migratorio dalla campagna circostante. Le città furono dei “buchi neri” di popolazione fino a quando l’igiene e il controllo delle malattie non conobbero un decisivo miglioramento, circa un secolo fa.

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Nella Londra del 1750, il surplus delle morti sulle nascite determinava un saldo naturale tanto negativo da cancellare metà della crescita demografica registrata in tutta l’Inghilterra (Macfarlane, 1997). La vita di città creò problemi anche all’agricoltura. Nei villaggi i nutrienti presenti nel terreno circolavano attraverso le piante e i corpi degli uomini, per tornare infine al suolo. Con lo sviluppo delle popolazioni urbane si iniziò a spostare gli alimenti dai campi alle città, dove si accumulavano. L’impoverimento del terreno era compensato in parte dal trasporto degli escrementi umani dalle città ai campi (secondo una pratica conosciuta, nell’Inghilterra dei Tudor, come “night soil”), ma il cibo inviato ai centri poteva arrivare da ben più lontano rispetto al punto dove era agevole smaltire i rifiuti. Così, nel tempo, le città intaccarono la fertilità dei campi che le rifornivano, soprattutto se erano vicine a fiumi o sulla costa: in questi casi, infatti, i rifiuti venivano spesso scaricati in acqua e dunque i campi degli agricoltori perdevano irrimediabilmente l’azoto e il fosforo che contenevano (McNeill e Winiwarter, 2005). Fino all’epoca dei fertilizzanti chimici, l’unico modo per contrastare questa perdita di nutrienti era usare il letame prodotto dagli animali che pascolavano nelle foreste o nei prati: in questo modo i nutrienti che le città smaltivano erano riportati in parte ai campi coltivati. Da qui deriva la concisa sentenza di un nobile polacco del sedicesimo secolo (Gostomski, 1951): “il letame vale più di un uomo con il dottorato”. Secondo una nuova e controversa ipotesi, è possibile che l’agricoltura abbia anche influenzato il clima. Sembra infatti che la concentrazione di anidride carbonica (il principale gas serra) nell’atmosfera terrestre abbia iniziato ad aumentare lentamente circa 8mila anni fa – dopo 2mila anni di valori decrescenti e in un momento in

cui, secondo i modelli climatici basati sulle precedenti alternanze fra ere glaciali e interglaciali, ci si sarebbe aspettati che i livelli di CO2 continuassero a scendere. Com’è potuto succedere? William Ruddiman, scienziato ambientalista e storico del clima, pensa che sia dovuto alla diffusione dell’agricoltura: per farle spazio furono tagliate e bruciate abbastanza foreste da emettere circa 200 miliardi di tonnellate di CO2 nell’atmosfera, e questo potrebbe aver prevenuto l’era glaciale successiva. Inoltre, circa 5mila anni fa, l’avvento delle risaie artificiali avrebbe comportato la liberazione nell’atmosfera di dosi extra di metano – un altro gas serra, le cui crescenti concentrazioni nell’arco degli ultimi cinque millenni hanno favorito il riscaldamento globale. Le ipotesi di Ruddiman sono innovative e hanno incontrato reazioni contrastanti, ma se sono corrette indicano che il comportamento umano sta influenzando il clima in modo significativo non da due secoli, ma da ben 8mila anni (Ruddiman, 2005). Comunque, l’agricoltura fu per millenni il mezzo più potente a disposizione dell’umanità per influire sull’ambiente. Le società agricole riuscirono a battere tutte le altre nella corsa ai territori più fertili e meglio irrigati, spingendo i pastori e i cacciatori-raccoglitori ai margini. Lentamente, e inesorabilmente, gli uomini aumentarono e trasformarono sempre più paesaggi in campi, pascoli e orti. Gli agro-ecosistemi si diffusero. Le popolazioni degli animali resi domestici prosperarono. Le foreste e gli altri territori selvatici si ritirarono. Questo lento processo rappresenta il tema principale della storia ambientale tra la nascita dell’agricoltura e i tempi moderni. John Iliffe l’ha posto al centro della sua indagine, Africans: the history of a continent, nella quale gli africani sono visti come gli agricoltori di frontiera per eccellenza, impegnati a strappare i campi alle foreste e tenere a bada gli animali selvatici. Mark Elvin

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ha letto la storia cinese sotto una luce simile, come epica dell’espansione dei metodi agricoli cinesi lungo la frontiera: una lenta conquista di terreno, con la continua assimilazione o marginalizzazione di popoli e l’incessante rimodellamento del paesaggio in risaie e appezzamenti. Elvin assegna allo stato cinese il ruolo da protagonista nella promozione di questo processo, che nel suo lavoro è ben distinto da quanto avvenne in Africa – sebbene, come fenomeno ecologico, lo schema generale sia molto simile (Iliffe, 1995; Elvin, 2004). Saghe di questo tipo, sull’epica espansione agricola, sono tipiche anche della storia del subcontinente indiano e di quello europeo, come anche delle Americhe. Laddove le popolazioni umane sono cresciute numerose e concentrate, i motivi vanno ricercati nel successo dell’agricoltura. Quando i centri diventavano troppo grandi o affollati nasceva l’esigenza, almeno per i meno abbienti, di emigrare, espandersi o costruire nuove colonie, anche se questo significava cacciare, uccidere o assorbire i cacciatori-raccoglitori e i pastori. Così, nei secoli, l’agricoltura arrivò a coprire un terzo della terraferma sul nostro pianeta, determinando quello che è probabilmente (sebbene non si possano quantificare cose del genere) il più profondo impatto ambientale mai causato dalla razza umana. Globalizzazione e industrializzazione

Sin dai tempi più remoti, gli esseri umani hanno influenzato l’ambiente anche spostando piante, animali e microbi, intenzionalmente o meno: si tratta di quello che chiamiamo “scambio ecologico”. Il grano, ad esempio, prima del 1500 a.C. è arrivato in qualche modo fino in Cina dal Sudovest asiatico, dove era stato addomesticato per la prima volta. Quando, e dove, sussistevano condizioni favorevoli a viaggi e commercio (quali uno stato di pace) la diffusione delle coltivazioni accelerò – presumibilmente insieme a quella delle erbe infestanti e dei parassiti. All’apogeo della Via della Seta, infatti, la Cina e i paesi mediterranei si scambiarono un gran numero di piante e animali utili: al tempo della dinastia Han e degli imperi romani, furono importati in Oriente l’uva, i piselli, l’erba medica, il sesamo, i cammelli e gli asini (all’circa tra il 200 a.C. e il 200 d.C.). Il trasporto via mare rese possibili scambi ecolo-

gici su distanze enormi: il miglio africano, che prosperava negli ambienti aridi, fu portato in India e ampliò il potenziale agricolo del subcontinente; le banane del Sudest asiatico giunsero nell’Africa orientale, migliorando le prospettive agricole delle regioni di foresta tropicale intorno ai grandi laghi. I marinai polinesiani portarono coltivazioni e alcuni animali in regalo ai paesi di tutto il Sud Pacifico. Tutto ciò incoraggiò le epiche sull’espansione agricola di frontiera, e promosse un lento processo di omogeneizzazione ecologica attraverso la quale l’umanità ha alterato gli ecosistemi mondiali per riuscire a coltivare solo una manciata di prodotti considerati più utili (McNeill, 2001). Lo scambio ecologico ebbe, notoriamente, grande impulso in seguito al viaggio di Colombo dalla Spagna alle Americhe nel 1492. Dopo la prima invasione umana verso la fine dell’ultima era glaciale, c’era stata ben poca interazione tra il “nuovo continente” e il resto del mondo. Le storie dell’emisfero orientale e di quello occidentale, pur mostrando alcune analogie, erano rimaste a lungo separate ma, come dimostrò Alfred Crosby in modo memorabile, dopo il 1492 la flora e la fauna dei due emisferi si mescolarono con risultati tumultuosi. Le malattie eurasiatiche e africane dilagarono tra le popolazioni amerindie, uccidendone tra il 50 e il 90% tra il 1500 e il 1650. Il bestiame eurasiatico colonizzò le praterie e alcune delle foreste americane. Il grano, l’orzo, l’avena, il miglio e alcune altre colture trovarono una nicchia oltreoceano, mentre nell’altra direzione viaggiavano il mais e le patate, che si diffusero enormemente in Eurasia e (almeno per quanto riguarda il mais) in Africa. Quanto sarebbe diversa la storia irlandese senza patate? E come sarebbe stata quella argentina senza allevamenti bovini? (Crosby, 1972). La globalizzazione economica che seguì la scia di Colombo e degli altri marinai del quindicesimo e sedicesimo secolo portò altri effetti, oltre a una moltitudine di scambi ecologici. I mercati delle commodity nacquero avendo già un raggio d’azione vastissimo. La domanda di argento in Cina, ad esempio, scatenò un boom estrattivo in tutto il mondo, che premiò soprattutto Giappone, Messico e territori andini. L’industria mineraria cambiò il volto del pianeta, spronò la deforestazione e, proprio nel caso dell’argento (che veniva

raffinato nel modo più efficiente con l’utilizzo del mercurio) portò a un terribile inquinamento. I mercati della lavorazione della pelle e della pelliccia animarono a livello globale la caccia ai castori, alle foche e alle renne, alterando le dinamiche demografiche e gli equilibri degli ecosistemi, ad esempio, nella zona più settentrionale dell’America – dove i castori prima del 1800 avevano avuto un ruolo fondamentale nel plasmare i paesaggi, soprattutto i corsi d’acqua. Il mercato dello zucchero ispirò la creazione di un complesso di piantagioni prima intorno al bacino mediterraneo e poi sulle isole dell’Atlantico e, su ampia scala, nel Brasile nordorientale e nei bassopiani caraibici. Zucchero significava deforestazione, rapida deplezione dei nutrienti presenti nel terreno e perdita di biodiversità (Richards, 2003; Dean, 1995; Funes Monzote, 2004). Il processo di globalizzazione economica ed ecologica aumentò il ritmo, anche se con passo incerto, intorno al 1500, ed è tuttora in moto. Si sovrappone a esso, sin dal 1800 circa, la nascita delle società ad alta energia basate sui combustibili fossili. La rivoluzione industriale è spesso considerata come uno dei punti di svolta nella storia mondiale, sia dalla prospettiva economica sia da quella sociale, ma rappresenta ancora più chiaramente un punto di svolta per la storia ambientale. Senza il controllo dei combustibili fossili, ci si scontrava infatti con enormi difficoltà nel reperimento di energia sufficiente a completare i

lavori più imponenti. La principale fonte di energia era la forza muscolare degli uomini, aiutati in qualche caso dagli animali e, in alcune aree limitate, dal vento o dall’acqua. Quasi tutto, dalla costruzione delle piramidi al trasporto delle merci, richiedeva l’impiego della forza fisica: un importante limite sulla quantità di lavoro che si poteva completare e, quindi, sulla ricchezza che era possibile accumulare. A questo stato delle cose si può ricondurre anche la diffusa pratica della schiavitù nell’era pre-industriale, poiché il modo più efficiente di realizzare grandi progetti era accumulare molta forza muscolare. I combustibili fossili cambiarono tutto: essi hanno rappresentato un “sussidio” da parte del nostro passato geologico per le ultime sei o sette generazioni (e probabilmente continueranno a farlo per parecchie delle prossime). Peccato che il loro impatto ecologico sia stato, e sia tuttora, enorme. Prima di tutto, i combustibili fossili sono stati fondamentali nella creazione delle grandi città dell’era industriale, perché hanno reso possibile il trasporto sufficientemente rapido di tutto il cibo necessario a mantenere in vita milioni di persone. Hanno reso il lavoro nelle fabbriche, e la fatica delle masse, così produttivo che gli imprenditori, e in un secondo tempo anche i loro dipendenti, si sono potuti permettere il cotone, il tè, lo zucchero e molti altri beni importati da


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Consigli di lettura

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continenti lontani, prodotti non senza impatto ambientale in India, Egitto e Caraibi. Non dimentichiamo che, però, le prime due generazioni di operai furono tanto malnutrite, rispetto ai coetanei di campagna, che la rivoluzione industriale, come quella neolitica, rese la specie umana più bassa di statura. Non dimentichiamo nemmeno che i combustibili fossili furono un’innovazione sporca. Le prime città industriali, in Gran Bretagna, erano terribilmente inquinate per via del consumo di carbone (Thorsheim, 2006), la cui estrazione aveva un impatto ambientale enorme – così come l’industria del petrolio oggi. Il petrolio, assorto a principale combustibile fossile già negli anni cinquanta, divenne in seguito la fonte di energia più economica della storia. Insieme ai nuovi macchinari, il basso prezzo del petrolio rese economicamente fattibile tagliare la cima delle montagne in cerca di qualche grammo d’oro. Insieme alle seghe elettriche, rese possibile un improvviso slancio nell’abbattimento e nell’incendio delle foreste equatoriali dopo il 1960: uno dei maggiori cambiamenti ecologici dei nostri tempi, che non sarebbe potuto accadere tanto in fretta senza il petrolio. La capacità dell’energia a basso prezzo di permettere immensi cambiamenti ecologici, di far sì che tutto accada più in fretta e su più vasta scala, ha raggiunto ogni angolo del globo. L’economicità del petrolio ha reso possibili i fertilizzanti e i pesticidi della moderna agricoltura, ma anche i macchinari agricoli e il trasporto del cibo dai campi alla tavola, quasi ovunque: senza

di essa i raccolti sarebbero appena la metà di quel che sono, e la popolazione umana non si sarebbe quadruplicata, come invece ha fatto, rispetto al 1910. Dunque è ragionevole vedere l’energia a basso prezzo come la caratteristica che definisce la storia ambientale moderna (forse la storia moderna in genere), e considerarla più importante persino delle tecnologie, della scienza e delle forme di organizzazione umana in continua evoluzione. Questo rende piuttosto evidente quanto sia dirompente e instabile il nostro periodo rispetto a quelli precedenti, almeno per quanto riguarda l’impatto ambientale umano. Questo ragionamento, è naturale, non si può estendere nel passato fino a includere le ere glaciali e le conseguenze dei grandi asteroidi che colpirono la Terra, come quello che 65 milioni di anni causò l’estinzione di massa più recente, come è ormai convenzione credere, spazzando via i dinosauri e spianando la strada ai mammiferi. Questa prospettiva sulla storia mondiale ci aiuta a capire quanto sia particolare il nostro tempo e quanto sia fragile, sotto certi aspetti, il moderno stato delle cose. L’energia a poco prezzo è diventata una condizione sine qua non per la maggior parte delle società e delle nazioni. Senza non potremmo nutrirci, e centinaia di milioni di noi non avrebbero abbastanza acqua da bere. Sono pronto a scommettere, quindi, che nel prossimo secolo la storia dell’energia sarà al centro della storia ambientale, e probabilmente della storia mondiale tout court.

Barnosky A. et al., 2004, Assessing the causes of late Pleistocene extinctions on the continents, “Science” 306, n. 5693, 1 ottobre Bellwood P., 2005, The first farmers: origins of agricultural societies, Blackwell Bocquet-Appel J.-P. e Naji S., 2006, Testing the hypothesis of a worldwide Neolithic demographic transition, “Current Anthropology” n. 47 Cohen M.N., 1989, Health and the rise of civilization, Yale University Press Crosby A., 1972, The columbian exchange: the biological and cultural consequences of 1492, Greenwood Dean W., 1995, With broadax and firebrand: the destruction of the Brazilian Atlantic forest, University of California Press Diamond J., 1997, Guns, germs, and steel, Norton

Elvin M., 2004, The retreat of the elephants: an environmental history of China, Yale University Press Funes Monzote R., 2004, De bosque a sabana. Azúcar, deforestación y medio ambiente en Cuba: 1492-1926, Siglo XXI Gostomski A., 1951 [1588], Gospodarstwo, Wydawn. Zakladu Narodowego im. Ossolin ´skich Iliffe J., 1995, Africans: the history of a continent, Cambridge University Press Macfarlane A., 1997, The savage wars of peace: England, Japan, and the malthusian trap, Blackwell McNeill J.R. e Winiwarter V., 2005, Soils, soil knowledge, and environmental history, in McNeill e Winiwarter (a cura di), Soils and societies: perspectives from environmental history, The White Horse Press McNeill J.R., 2001, Biological exchange and biological invasion in world history, in Sogner (a cura di), Making sense of global history, Universitersforlaget

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di Freeman Dyson fotografie e opere di Laura Renna

I dogmi del riscaldamento globale devono essere sfidati: perché non contemplare l’ipotesi che l’anidride carbonica ci sia utile?

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Per prima cosa devo ammettere che, come scienziato, non ho fiducia nelle previsioni. La scienza è l’imprevedibilità organizzata: nei loro esperimenti, gli scienziati non fanno altro che mettere le cose insieme in modo che siano il più prevedibili possibile, e poi procedono per vedere cosa succede veramente. Si potrebbe arrivare a dire che, se qualcosa è prevedibile, allora non è scienza. Dunque, nel fare le mie previsioni, non parlerò come scienziato ma come narratore: le mie previsioni saranno fantascienza, più che scienza. È ben noto che i racconti fantascientifici non sono accurati: il loro scopo non è descrivere ciò che accadrà, ma immaginare cosa potrebbe accadere. Il mio scopo è raccontare storie che possano sfidare i dogmi che oggi sono dominanti: dogmi che potrebbero risultare corretti, ma che nonostante questo hanno bisogno di essere sfidati. Sono orgoglioso di essere un eretico. Il gran trambusto che circonda il riscaldamento globale è esagerato. È così: mi oppongo alla sacra fratellanza degli esperti dei modelli climatici, e alla folla di cittadini che essi hanno illuso con i loro numeri. Certo, come fanno notare loro, io

non ho una laurea in meteorologia e quindi non avrei le qualifiche per parlare. Ma ho studiato i modelli climatici e so cosa possono fare: i modelli risolvono le equazioni della fluidodinamica, e descrivono molto bene i moti fluidi dell’atmosfera e degli oceani. Descrivono piuttosto malamente le nuvole, la polvere, la chimica e la biologia dei campi, delle fattorie e delle foreste. Non riescono affatto a descrivere il mondo reale nel quale viviamo, che è un luogo fatto di fango e disordine, pieno di cose che non comprendiamo ancora. È molto più semplice, per un ricercatore, restare in un edificio con l’aria condizionata a far girare i modelli sul computer che non mettersi degli indumenti pesanti per misurare cosa sta davvero succedendo all’esterno, nelle paludi e tra le nuvole. È così che gli esperti dei modelli climatici finiscono per credere ai propri modelli. Non c’è dubbio che alcune parti del mondo si stiano scaldando, e non sto assolutamente dicendo che il riscaldamento non causi problemi: è ovvio che lo fa. Ma è altrettanto ovvio che dovremmo cercare di capirne di più. Quel che sto dicendo è che questi problemi sono grossolana-

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mente esagerati: privano di attenzioni e di denaro altri problemi più urgenti e più importanti, come la povertà e le malattie infettive, l’istruzione e la sanità pubbliche e la conservazione delle creature viventi sulla terra e negli oceani, per non dire del problema più grave di tutti, quello della guerra e delle armi nucleari. Gestione del terreno e clima

Il riscaldamento globale è un problema interessante, sebbene la sua importanza sia eccessivamente amplificata. Per capire nel dettaglio come si muove il carbonio attraverso l’atmosfera e la biosfera, occorre misurare una gran quantità di variabili. Non voglio confondervi con una valanga di cifre, quindi vi chiederò di ricordare un solo numero: un terzo di millimetro all’anno. Metà della terraferma sul nostro pianeta non è un deserto né una calotta glaciale, né una città, una strada o un parcheggio: è la parte del pianeta coperta di terra, che sostiene una vegetazione di qualche tipo. Ogni anno essa assorbe e converte in biomassa una certa frazione dell’anidride carbonica che noi emettiamo nell’atmosfera.

Non sappiamo quanto sia grande la frazione che assorbe, perché non abbiamo misurato l’incremento o il decremento di biomassa; il numero che vi ho chiesto di ricordare è l’aumento di spessore della biomassa che si avrebbe mediamente, su oltre metà della terraferma presente sul pianeta, se venisse assorbito tutto il carbonio che stiamo emettendo bruciando carburanti fossili: solo un terzo di millimetro all’anno. Il punto cruciale di questo calcolo è il tasso di scambio molto favorevole che sussiste tra carbonio nell’atmosfera e carbonio nel terreno. Per bloccare l’aumento di carbonio nell’atmosfera, è sufficiente che facciamo crescere la biomassa nel terreno di un terzo di millimetro ogni anno. Visto che un buon soprassuolo contiene circa il 10% di biomassa (Schlesinger, 1977), un millimetro in più di biomassa significa circa tre millimetri di soprassuolo. Alcuni cambiamenti nelle pratiche agricole, come la coltivazione sod seeding, evitano l’uso dell’aratro e permettono alla biomassa di crescere almeno a questi ritmi. Se seminiamo senza arare i campi, più biomassa finisce nelle radici che restano nel terreno e me-

Senza Titolo, 2004 Ovale, 2007 3 Memoria inossidabile, 2006 1 2


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no anidride carbonica torna nell’atmosfera. Se usassimo l’ingegneria genetica per mettere più biomassa nelle radici, otterremmo una crescita del soprassuolo molto più rapida. Ne deduco che il problema dell’anidride carbonica nell’atmosfera va visto in termini di gestione del terreno, non di meteorologia. Nessun modello computerizzato dell’atmosfera o dell’oceano può sperare di predire come dovremmo gestire la nostra terra. Ecco un altro pensiero eretico. Invece di calcolare una media mondiale di crescita della biomassa, sarebbe meglio mantenerci su scala locale. Considerate uno dei possibili scenari futuri: la Cina continua a sviluppare la propria economia industriale basandola ampiamente sulla combustione del carbone, e gli Stati Uniti decidono di assorbire l’anidride carbonica che ne risulta aumentando la biomassa del loro soprassuolo. A differenza delle piante e degli alberi, non c’è limite alla quantità di biomassa che si può immagazzinare nel soprassuolo. Far aumentare quest’ultimo su vasta scala può essere pratico o me-

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no, a seconda delle economie delle piante geneticamente modificate che si coltivano. Si tratta se non altro di una possibilità da prendere in seria considerazione: la Cina potrebbe arricchirsi bruciando carbone mentre gli Stati Uniti diventerebbero un esempio di virtù ambientalista accumulando soprassuolo, grazie al trasporto del carbonio, dalla miniera cinese al terreno americano, fornito senza costi aggiuntivi dall’atmosfera, la quale manterrebbe uno stock di carbonio costante. Dovremmo tenere presenti possibilità di questo tipo, quando sentiamo le previsioni sul cambiamento climatico e sui combustibili fossili. Se la biotecnologia dovesse invadere il pianeta nei prossimi cinquant’anni, come ha fatto l’informatica nell’ultimo mezzo secolo, le regole del gioco climatico cambierebbero radicalmente. Quando assisto ai dibattiti pubblici sul cambiamento climatico resto colpito dalle enormi lacune nella nostra conoscenza, dalla scarsità delle nostre osservazioni e dalla superficialità delle nostre teorie. Molti processi di base dell’ecologia del pianeta non sono compresi a fondo, e dobbiamo capirli meglio se vogliamo raggiunge-

re una diagnosi accurata delle attuali condizioni della Terra. Come per un paziente, per occuparsi della Terra è necessario diagnosticare la malattia prima di curarla: abbiamo bisogno di osservare e misurare quello che sta succedendo nella biosfera. Tutti sono d’accordo sul fatto che la crescente quantità di anidride carbonica nell’atmosfera ha due conseguenze. La prima è un cambiamento nella fisica del trasporto delle radiazioni nell’atmosfera, la seconda è un cambiamento nella biologia delle piante che vivono sulla terraferma e nell’oceano. Inoltre non c’è unanimità in merito all’importanza relativa dei due effetti, e nemmeno sulla loro natura nociva o benefica, che siano presi insieme o separatamente. Gli effetti fisici si manifestano nelle variazioni delle piogge, della nuvolosità, della forza del vento e della temperatura, che sono solitamente ammassate insieme nella generica e fuorviante espressione “riscaldamento globale”. Se l’aria è umida, l’effetto dell’anidride carbonica sul trasporto delle radiazioni è irrilevante perché il trasporto delle radiazioni termiche è già bloccato dal vapore acqueo, che crea un effetto serra ben

più potente. L’effetto dell’anidride carbonica è importante dove l’aria è secca, ovvero, solitamente, solo dove fa freddo: l’aria calda del deserto, nonostante possa sembrare secca, spesso contiene molto vapore. Dunque l’anidride carbonica ha un effetto “riscaldante” maggiore vicino all’artico piuttosto che ai tropici, d’inverno piuttosto che d’estate, e di notte piuttosto che durante il giorno. Il riscaldamento è reale ma, perlopiù, sta rendendo tiepidi i luoghi freddi piuttosto che surriscaldando quelli già caldi. Usare una media globale per rappresentare questo riscaldamento locale è fuorviante. La ragione fondamentale per cui l’alta quantità di anidride carbonica presente nell’atmosfera è di importanza critica per la biologia è che ce n’è davvero poca. Un campo di mais che cresce in pieno sole a mezzogiorno consuma tutta l’anidride carbonica presente nel primo metro di aria sopra il suolo nell’arco di cinque minuti. Se le correnti di convezione e i venti non mescolassero costantemente l’aria, il mais smetterebbe di crescere. Circa un decimo di tutta l’anidride carbonica viene convertita in biomassa ogni estate, e restituita all’atmosfera ogni autunno: è per questo che

Twelve years and two months, 2004 5 Mimetico, 2004 6 Il mio nome è Penelope?, 2004 7 Moquette, 2007, Area Progetto, Galleria Civica di Modena 4


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gli effetti dei combustibili fossili non si possono separare dagli effetti della crescita e della decomposizione delle piante. Ci sono cinque serbatoi di carbone che sono accessibili biologicamente nel breve periodo, senza contare le rocce ricche di carbonati e le profondità degli oceani, che sarebbe possibile sfruttare solo avendo migliaia di anni a disposizione. Questi serbatoi sono l’atmosfera, le piante sulla terraferma, il soprassuolo sul quale crescono le piante, lo strato superficiale dell’oceano dove crescono le piante marine e le riserve di combustibili fossili che conosciamo bene. L’atmosfera è il serbatoio più piccolo mentre i combustibili fossili sono il maggiore, ma tutti e cinque sono abbastanza simili. Tra di essi c’è una fitta interazione, e per capirne uno è necessario capirli tutti. Non sappiamo se una gestione del terreno intelligente potrebbe far aumentare il serbatoio del soprassuolo di quattro miliardi di tonnellate di carbonio l’anno – la quantità necessaria a fermare l’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera. L’unica cosa che possiamo affermare con certezza è che si tratta di un’ipotesi teorica possibile, che dovrebbe essere considerata seriamente.

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Un Sahara diverso

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La mia terza eresia riguarda un mistero che mi ha sempre affascinato. In molti punti del deserto del Sahara, che oggi sono aridi e disabitati, si trovano graffiti rupestri che rappresentano persone e branchi di animali (Lhote, 1958): si tratta di tracce numerose e di qualità artistica sorprendente, paragonabili a quelle più famose scoperte in Francia e Spagna. Le pitture del Sahara sono più recenti e varie nello stile, e furono probabilmente dipinte nell’arco di qualche migliaio di anni. Le ultime tradiscono l’influenza degli Egizi, e sembrano essere contemporanee delle prime forme di arte tombale di questo popolo. I migliori graffiti di branchi di animali risalgono a circa seimila anni fa, e ci sono prove schiaccianti che a quel tempo il Sahara fosse umido: c’era abbastanza pioggia da consentire a vacche e giraffe di pascolare tra erba e alberi, e c’erano anche alcuni ippopotami ed elefanti. Il Sahara di ieri dev’essere stato simile al Serengeti di oggi. Sempre seimila anni fa, c’erano foreste decidue nel Nord Europa dove oggi si trovano solo conifere, a dimostrazione del fatto che il clima di

queste zone settentrionali era più mite. C’erano alberi anche nelle valli svizzere che oggi ospitano famosi ghiacciai, e i ghiacciai che adesso si stanno ritirando erano molto più piccoli. Seimila anni fa sembra essersi verificato il periodo più caldo e umido dell’era interglaciale iniziata 12mila anni fa con la fine dell’ultima era glaciale. Ora avrei due domande da porvi. Primo: se permettessimo all’anidride carbonica nell’atmosfera di continuare ad aumentare, arriveremmo ad avere un clima simile a quello di seimila anni fa, quando il Sahara era umido? Secondo: se potessimo scegliere tra il clima di oggi con il Sahara arido, o quello di seimila anni fa con il Sahara umido, preferiremmo la situazione odierna? La mia terza eresia risponde “sì” alla prima domanda e “no” alla seconda. Il clima caldo di seimila anni fa sarebbe preferibile, e l’aumento dell’anidride carbonica potrebbe aiutarci a ricrearlo. Non dico che questa eresia sia vera, ma solo che non ci farebbe male pensarci. La biosfera è la cosa più complicata con cui l’uomo abbia a che fare. L’ecologia planetaria è ancora una scienza giovane e poco sviluppata: non mi stupisce che esperti onesti e bene informati non si trovino d’accordo sui fatti. Ma al di là del disaccordo sui fatti c’è un disaccordo più profondo, sui valori. Esso si può descrivere in modo iper-semplificato come disaccordo tra naturalisti e umanisti. I primi credono che la natura abbia sempre ragione: per loro il valore più alto è il rispetto dell’ordine delle cose, e qualsiasi goffa interferenza degli uomini nell’ambiente naturale è un male. È un male bruciare i combustibili fossili, e sarebbe un male anche trasformare il deserto – che sia il Sahara o un oceano – in un ecosistema dove le giraffe o i tonni possano prosperare. La natura ha sempre ragione, e qualsiasi cosa facciamo per migliorarla non porterà che guai: questa etica naturalista è la forza propulsiva del protocollo di Kyoto. L’etica umanista parte invece dall’idea che gli uomini sono una parte essenziale della natura. È grazie alle nostre menti che la biosfera ha acquisito la capacità di guidare la propria evoluzione, e ora comandiamo noi. Noi esseri umani abbiamo il diritto e il dovere di ricostruire la natura in modo che la nostra specie e la biosfera possano sopravvivere e prosperare. Secondo gli umanisti

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il valore più alto è la coesistenza armoniosa fra esseri umani e natura, mentre i mali più grandi sono la povertà, il sottosviluppo, la disoccupazione, la malattia e la fame, perché sono condizioni che limitano le opportunità e la libertà delle persone. L’etica umanista accetta l’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera come un piccolo prezzo da pagare per lo sviluppo e l’industrializzazione globale, se questi possono alleviare le miserie di cui soffre la metà povera dell’umanità. L’etica umanista accetta la responsabilità di guidare l’evoluzione del pianeta. Il conflitto tra etica naturalista e umanista raggiunge i toni più accesi quando si tratta di regolamentare l’ingegneria genetica. La prima condanna la coltivazione di cibi geneticamente modificati e tutti gli altri progetti che potrebbero turbare l’ecologia naturale, mentre la seconda guarda avanti a un futuro non troppo distante, quando gli alimenti e l’energia prodotti grazie all’ingegneria genetica porteranno il benessere alle popolazioni povere dei paesi tropicali, mentre ci forniranno incidentalmente gli strumenti per controllare l’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera. Devo concludere ammettendo di non essere del tutto imparziale. Sono nato e cresciuto in Inghilterra, dove ho passato gli anni della mia formazione circondato da un paesaggio di grande bellezza e di ecologia rigogliosa, quasi completamente opera dell’uomo. L’ecologia naturale del mio paese era rappresentata da una foresta ininterrotta e piuttosto noiosa: gli uomini l’hanno sostituita con praterie e brughiere, campi e fattorie, con una varietà molto più ricca di specie animali e vegetali. Solo mille anni fa sono stati introdotti i conigli, una specie non indigena che ha avuto un effetto profondo sull’ecologia inglese: hanno creato le radure nelle foreste, dove ora prosperano le piante da fiore. In Inghilterra fiori di campo, uccelli e farfalle hanno tutto lo spazio necessario, nonostante l’assenza di aree selvatiche e nonostante l’alta densità delle popolazioni umane. Forse è per questo motivo che sono un umanista. Questo articolo è basato sulla prima parte del discorso “Pensieri eretici sulla scienza e sulla società”, dato dall’autore al Festival della Scienza di Genova il 29 ottobre 2007. Il contenuto del discorso è stato pubblicato anche nel terzo capitolo di A many-colored glass (University of Virginia Press, 2007).

Consigli di lettura Dyson F.J. (1999), The sun, the genome and the internet, Oxford University Press; trad. it. Il sole, il genoma e internet. Strumenti delle rivoluzioni scientifiche, Bollati Boringhieri, 2000 Lhote H. (1958), A la decouverte des fresques du Tassil, Arthaud; trad. it. Alla scoperta del Tassili, Robin edizioni, 2006 Schlesinger W.H. (1977), Carbon balance in terrestrial detritus, “Annual review of ecology and systematics”, vol. 8, pp. 51-81 Woese C.R. (2004), A new biology for a new century, “Microbiology and molecular biology reviews”, vol. 68, pp. 173-186

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I limiti della crescita e il collasso globale: uno scenario possibile?

di Jorgen Randers

Più di trenta anni fa Donella e Dennis Meadows, William Behrens e Jorgen Randers – scienziati e pionieri della simulazione al computer – predissero le conseguenze che avrebbe avuto la crescita incontrollata nel mondo. Oggi, avvalendosi di grandi moli di dati e dell’informatica di ultima generazione, continuano a individuare i potenziali agenti scatenanti dei quali dovremmo essere consapevoli. Ecco perché le emissioni di gas sono più pericolose della scarsità di petrolio.

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I limiti della crescita e il collasso globale: uno scenario possibile?

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I primi a introdurre il concetto di “collasso” fummo i miei colleghi e io nel rapporto intitolato The limits to growth, pubblicato nel 1972. Nella nostra definizione, il termine descrive una situazione in cui la società arriva a un declino indesiderato, improvviso e inarrestabile del benessere generale dei suoi cittadini. Inizialmente ci concentrammo soprattutto sul collasso causato dai limiti globali, che riguardassero la disponibilità di risorse destinate a finire o la capacità dell’ecosistema di assorbire gli inquinanti, ma certamente anche le limitazioni fisiche hanno un ruolo importante. Secondo quanto riportammo in The limits to growth, se non si fosse intrapresa una adeguata azione di contrasto, i limiti planetari avrebbero portato al collasso entro la prima metà del ventunesimo secolo, a circa cinquanta anni dalla pubblicazione dello studio. Ovviamente un collasso su vasta scala di quel tipo non si è verificato, ma ci sono numerosi esempi di collasso locale: quello della pesca del merluzzo nell’Atlantico settentrionale, quello dell’intera cultura dell’Isola di Pasqua, e quello del mercato azionario dopo la fine del boom delle dot-com, solo per citarne alcuni.

Per di più, al momento ci sono due sviluppi nei quali si riconosce la potenzialità per innescare un collasso su vasta scala, ovvero eventi che abbiano un impatto negativo su almeno un miliardo di persone, entro un ventennio. Il primo è il rapido aumento della richiesta di petrolio, che potrebbe presto superare l’offerta e la capacità produttiva globale: come sappiamo, questo comporterebbe un improvviso aumento dei prezzi dell’oro nero e, di conseguenza, una drastica riduzione nel suo consumo. Il secondo evento scatenante potenziale è l’escalation delle emissioni dei gas clima-alteranti, che potrebbero portare all’innalzamento dei livelli di gas serra nell’atmosfera, al rapido cambiamento del clima globale e a un gran numero di ripercussioni negative sulla società umana. Se resteranno incontrollati, entrambi questi fattori potranno causare difficoltà significative per ampi segmenti della società globale. Naturalmente, con un’azione di contrasto risoluta essi si potrebbero invece gestire in modo da permettere il miglioramento continuo e ininterrotto della qualità della vita umana. Le domande che ci dobbiamo porre sono dunque queste: intraprenderemo una seria azione di questo tipo in tempo?

E come reagirebbe il sistema globale se l’intervento fosse troppo debole, troppo tardivo? In realtà, è poco probabile che la scarsità di petrolio si riveli in grado di innescare un collasso globale. Questo è dovuto al fatto che il rialzo dei prezzi, sebbene sia un evento poco desiderabile che colpirà in modo più diretto proprio i poveri, darà un forte impulso alle politiche di efficienza energetica e allo sviluppo di nuove fonti alternative. Pertanto, la conseguenza principale di un intervento troppo debole o troppo tardivo sarebbe un’offerta energetica al di sotto dei livelli desiderati per un periodo di tempo limitato. Questo non comporterebbe il declino del benessere, ma il rinvio del suo miglioramento: in altre parole, una risposta lenta non porterà al collasso globale ma al protrarsi di una povertà attuale che ci saremmo potuti risparmiare. D’altra parte, per quanto riguarda le emissioni di gas clima-alteranti, nel momento in cui vedremo i primi segnali negativi in modo sufficientemente chiaro da sostenere un’azione sostanziale da parte delle società democratiche potrebbe essere troppo tardi per evitare danni su vasta scala. I motivi sono principalmente due. Prima di tutto, dobbiamo considerare gli ampi ritardi che carat-

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terizzano il sistema climatico: i gas emessi decenni fa continueranno a causare danni ancora per un secolo, se non più a lungo. Inoltre, e questo è ancora più rilevante, pare che il sistema climatico includa dei meccanismi di feedback positivo che, una volta innescati, causeranno un innalzamento incontrollabile delle temperature che non potremo bloccare fino a quando non avrà fatto il suo corso. Infine è necessario che ci chiediamo: se davvero si verificasse un collasso globale dovuto alle problematiche delle risorse, gli storici (così come i contabili e i revisori) lo descriverebbero come tale? Saremmo tutti d’accordo sul fatto che il mondo civilizzato si sarebbe di fatto scontrato con limiti di livello planetario, fallendo nel tentativo di gestire questa sfida in modo adeguato? O non ci sarebbe piuttosto qualcuno pronto a descrivere la situazione come un intrico senza fine di conflitti locali, tendenze regressive, opportunità perse, progetti di ricerca rimandati e leader mal consigliati – in altre parole, qualcuno che potrebbe dare tutta la colpa a una cattiva gestione su vasta scala? In questo caso, potrebbe il collasso globale rimanere una teoria, pur essendone stati dimostrati i fatti?

I moai di Ahu Akivi, sull’Isola di Pasqua, sono gli unici esempi di queste grandi statue scolpite ad avere lo sguardo rivolto verso il mare. ©Bob Krist/Corbis. 1

2 Secondo un allarme lanciato dagli ambientalisti nel maggio del 2007, il 90% dei merluzzi, e di altre specie di alto valore commerciale, è già stato pescato. Entro il 2050 spariranno intere popolazioni ittiche.


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Una sfida per Kyoto

Sei anni fa L’ambientalista scettico di Bjorn Lomborg provocò un certo clamore. L’autore presentò dati che respingevano la denuncia del deterioramento delle risorse ecologiche in molte parti del mondo, e affermò che i costi che sarebbe stato necessario sostenere per ridurre le perdite ecologiche avrebbero superato i benefici che ne sarebbero conseguiti. A quel tempo passarono in sordina le critiche di numerosi tra i più autorevoli scienziati ambientalisti, che andavano ben oltre il mero scetticismo nei confronti della capacità di Lomborg di comprendere la loro scienza: pubblicazioni importanti come “The Economist” promossero il libro con entusiasmo, facendo la predica ai ricercatori sui metodi che avrebbero dovuto adottare. Quando raccontavo a qualcuno del mio lavoro sull’economia ecologica dello sviluppo, mi sentivo chiedere “Ma hai letto Lomborg?”, ovvero “Perché stai sprecando così la tua vita professionale?”. Nell’ultimo anno le cose sono cambiate. Il film dell’ex vice-presidente americano Al Gore, Una scomoda verità, e il quarto rapporto dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) hanno sollevato l’attenzione pubblica sul tema del riscaldamento globale con tanta forza che oggi sono in molti a considerarlo il problema centrale di fronte al quale si trova l’umanità. Cool it, ancora inedito in Italia, è la risposta di Lomborg a questo generale cambiamento di percezione. Lomborg non mette in dubbio i dati scientifici che indicano come le crescenti concentrazioni di gas serra nell’atmosfera terrestre stiano influenzando il nostro sistema climatico: mette in dubbio, invece, l’idea che dovremmo reagire in qualche modo. Se in L’ambientalista scettico vestiva i panni dell’instancabile pubblica accusa, in Cool it è l’economista pragmatico ma solerte. Il libro contiene una serie di esercizi di analisi in termini di costi e benefici, intervallati da citazioni sul cambiamento climatico prese dagli scritti di persone famose che dovrebbero imparare a non esprimersi usando troppe iperboli. I dati presentati dimostrano che sarebbe meglio sostituire il protocollo di Kyoto con strategie che incoraggino la crescita economica e attenuino gli effetti dannosi del cambiamento climatico. Ecco un esempio. Si dice che Kyoto ridurrà il numero di alluvioni: forse, è vero, riuscirà a evitare

di Partha Dasgupta

Bjorn Lomborg sostiene che l’implementazione del protocollo sarà onerosa e inefficace. Ma c’è un errore di fondo, perché la sua classica analisi costi-benefici non è applicabile all’economia del cambiamento climatico.

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circa $45 milioni di danni causati dalle alluvioni ogni anno, ma la costruzione di infrastrutture adeguate abbasserebbe la stessa cifra di ben $60 milioni. Si dice che il riscaldamento globale causerà più morti per via delle grandi ondate di calore; va bene, ma si eviteranno molti più assideramenti. Se vi preoccupate dell’aggravarsi della povertà ai tropici, senza Kyoto, non è il caso: il protocollo permetterebbe a 2 milioni di persone di uscire dallo stato di sottoalimentazione entro il 2080, mentre gli Obiettivi di sviluppo del millennio delle Nazioni Unite mirano ad aiutare 229 milioni di persone entro il 2015. E per quanto riguarda gli uragani? Be’, Kyoto ridurrebbe i maggiori danni subiti ogni anno dello 0,6%, contro il 250% delle più attente azioni di prevenzione. E così via. Lomborg riporta un costo annuo, per l’implementazione del protocollo di Kyoto, pari a $180 miliardi in termini di mancati risultati, mentre le strategie intelligenti da lui delineate, pur includendo $25 miliardi l’anno per ricerca e sviluppo nel campo delle tecnologie pulite, costerebbero appena $52 miliardi l’anno. Secondo i suoi calcoli tali strategie porrebbero un limite all’incremento della concentrazione di anidride carbonica, che si assesterebbe a 560 parti per milione (ppm), e al relativo aumento di temperatura, che non supererebbe i 4,7 °C. Rispetto al protocollo di Kyoto, le strategie intelligenti costerebbero molto meno, comporterebbero un tasso di crescita economica più elevato nel mondo e ridurrebbero in modo significativo la povertà. Rispetto al protocollo di Kyoto, insomma, ci sarebbe tutto da guadagnare. A questo punto potreste pensare che il protocollo di Kyoto sia stato progettato male sin dall’inizio, e che il mondo dovrebbe sviluppare un programma d’azione più incisivo, che includa tasse sul carbonio decisamente più elevate, una cooperazione internazionale più intensa contro la fame, le epidemie e la distruzione degli habitat, e lo sviluppo di tecnologie pulite e di metodi per assorbire il carbonio. Ma Lomborg non pensa che aumentare le dosi di una pessima medicina possa sortire effetti positivi: non sostiene l’idea di andare “oltre Kyoto”, e lo stile leggero e accattivante con cui scrive rende difficile non trovare la sua argomentazione del tutto ragionevole.

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Sfortunatamente, la tesi di Lomborg è costruita su un profondo fraintendimento del “sistema Terra”, e della logica economica che si può applicare a esso. Oggi la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è pari a 380 ppm, cifra che i carotaggi in Antartide hanno rivelato essere superiore ai massimi raggiunti negli ultimi 600mila anni. Se c’è una verità sulla Terra che tutti dovremmo conoscere, è che il suo sistema è guidato da processi non-lineari che si incastrano gli uni con gli altri e che procedono a velocità diverse. Assestarsi su una concentrazione di 560 ppm, come consiglia Lomborg, comporterebbe il superamento di un numero sconosciuto di punti di non ritorno nel sistema climatico globale. Non sappiamo quali sarebbero le conseguenze se la Terra dovesse attraversare quegli spartiacque: potrebbero essere positive, ma potrebbero anche essere disastrose. Peraltro, anche se avessimo qualche informazione, esse sarebbero probabilmente di scarsa utilità perché i processi naturali sono irreversibili. Un risvolto della profonda non-linearità dei sistemi del nostro pianeta è che le stime sui parametri climatici, basate sulle osservazioni del recente passato, non sono affidabili come base per le previsioni sullo stato che si avrebbe se, nel mondo, ci fossero concentrazioni di anidride carbonica superiori a 560 ppm. Inoltre, la non-linearità implica che l’aumento delle dosi di una pessima medicina potrebbe davvero sortire effetti positivi. A Lomborg sembrano sfuggire queste verità. La sua analisi costi-benefici – che implicitamente arriva a suggerire che non sia affatto necessario stipulare polizze assicurative contro le perdite, potenzialmente enormi, che potrebbero risultare dal cambiamento climatico – include solo le stime puntuali (in senso statistico) di alcune variabili, che sono interpretate di volta in volta come “più probabile”, “attesa” e così via. La preoc-

cupazione dell’autore per il dilagare della malaria, della malnutrizione e dell’hiv nel mondo di oggi dimostra il suo approccio egalitarista; ma allora c’è una contraddizione intrinseca nella sua scala di valori, perché chi è avverso alla disuguaglianza dovrebbe essere avverso anche all’incertezza. I modelli di valutazione integrati del sistema planetario sui quali Lomborg costruisce la propria argomentazione sono delimitati arbitrariamente da entrambi i lati delle sue stime puntuali. Si può dimostrare che, rimuovendo (come si dovrebbe) quei limiti, anche una minima incertezza – combinata a un’avversione seppur moderata per l’incertezza – implica che l’umanità dovrebbe spendere somme sostanziose per assicurarsi contro i danni del cambiamento climatico: addirittura l’1-2% del prodotto lordo mondiale, secondo alcune stime. Se il grado d’incertezza non è minimo, l’analisi costi-benefici applicata all’economia del cambiamento climatico diventa incoerente, anche se si ipotizza che i fattori d’incertezza abbiano una distribuzione dalle code sottili (gaussiana, ad esempio). In poche parole, il risultato dell’analisi sarebbe che, indipendentemente da quante persone si pensa che investano nella protezione della Terra dal superamento dei suoi punti di non ritorno, si dovrebbe comunque investire di più. L’economia ci aiuta a realizzare quanto siamo in grado di affermare su questioni che si paleseranno solo in un lontano futuro. Allo stesso tempo ci aiuta a delineare i limiti di quanto possiamo affermare: lungi dall’essere un motivo per restare passivi, essi rappresentano un fattore di grande importanza in qualsiasi analisi. I calcoli economici di Lomborg, apparentemente convincenti, rappresentano un caso di intorbidamento della realtà.

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©Comstock/Corbis

2 Death Valley National Monument, Stati Uniti, 2005. ©Davide Scappini

Questo articolo è comparso sul numero di settembre 2007 di “Nature”.

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Che cosa dicono gli scettici?

di Mark Maslin

Uno dei modi migliori per riassumere in poche parole le prove del riscaldamento globale – e per persuadere chiunque che tali prove dimostrano come l’umanità abbia già alterato il clima – è passare in rassegna gli argomenti che gli scettici oppongono all’ipotesi di questo fenomeno.

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Che cosa dicono gli scettici?

02 – 01.2008 1— 2 Icehotel, 2006 Svezia. L’Icehotel viene costruito ogni anno con 3mila tonnellate di ghiaccio e 20mila di neve. ©Arctic-Images/Corbis

la fiducia che è stata riposta nei risultati ottenuti. Questa è la ragione per cui i rapporti dell’Ipcc usano l’espressione “alla luce dell’evidenza empirica”, perché la nostra fiducia nella scienza aumenta se risultati analoghi si ottengono da fonti molto diverse fra loro. 3. Sono l’emissione solare e l’attività delle macchie solari ad aver determinato le temperature passate.

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1. I dati tratti dai carotaggi nel ghiaccio suggeriscono che la CO2 atmosferica agisce in risposta alla temperatura globale, quindi non può essere la causa stessa dei mutamenti nella temperatura globale.

Un’analisi dettagliata dei dati relativi alla CO2 presente nei campioni di ghiaccio risalenti alla fine dell’ultima epoca glaciale mostra che i più rilevanti aumenti graduali si verificarono nel momento in cui l’Antartide andava riscaldandosi. È noto che, durante l’ultima deglaciazione, si è avuto in Antartide un riscaldamento graduale in anticipo rispetto a quello dell’emisfero settentrionale. Vi è quindi una prova eccellente del fatto che l’incremento di anidride carbonica atmosferica si verifica prima dell’aumento globale generalizzato delle temperature e dell’inizio dello scioglimento delle coltri glaciali. Di fatto, è chiaramente dimostrato che i livelli delle temperature antartiche e dell’anidride carbonica atmosferica avanzano di pari passo, a conferma del ruolo fondamentale dell’anidride carbonica quale amplificatore climatico. Inoltre, le analisi grafiche degli ultimi quattro cicli glaciali-interglaciali eseguite da Nicholas Shackleton della Cambridge University suggeriscono che l’anidride carbonica atmosferica risponde fino a 5mila anni prima rispetto alle variazioni delle

coltri glaciali globali. Ciò ha indotto molti paleoclimatologi a rivalutare il ruolo dell’anidride carbonica atmosferica, giungendo a considerarla una forza motrice primaria del clima passato anziché una risposta o una reazione secondaria. 2. Tutte le serie di dati che dimostrano un riscaldamento globale hanno subito correttivi o ritocchi per ottenere il risultato voluto.

Per i non addetti ai lavori questo pare essere il problema più grande rispetto alla tesi che sostiene che il riscaldamento globale è effettivamente avvenuto. In effetti, tutte le serie di dati che coprono gli ultimi 150 anni richiedono vari tipi di aggiustamenti. Ma ciò fa parte del processo scientifico. Ad esempio, se non si fosse applicata la massima cura rispetto alle tendenze fittizie dei dati relativi alle precipitazioni globali, ora sosterremmo che il fenomeno è andato aumentando. Inoltre, poiché avanza costantemente, la scienza acquisisce via via una sempre maggiore comprensione e capacità di interpretazione dei dati che va raccogliendo. Questo costante mettere in dubbio dati e interpretazioni è la forza alla base della scienza stessa: ogni nuova rettifica e ogni nuovo aggiustamento sono dovuti a una maggiore comprensione dei dati e del sistema climatico, così come ogni nuovo studio accresce

Questo è un punto su cui concordano tanto gli scettici quanto i non scettici. Naturalmente le macchie solari, e anche l’attività vulcanica, hanno influenzato le temperature del passato. Ad esempio, il raffreddamento degli anni sessanta e settanta è chiaramente connesso ai cambiamenti del ciclo delle macchie solari. La differenza fra i due campi è che gli scettici danno un peso maggiore all’importanza di queste variazioni naturali. Anche se si è posta molta attenzione nel comprendere in che modo le variazioni nell’emissione solare influiscano sul clima globale, questa è ancora una delle aree che presenta più incognite e aspetti dubbi. Tuttavia, i modelli climatici combinati con le più moderne conoscenze in merito ai forzanti radiativi, compresi i gas serra e le macchie solari, sono in grado di simulare la curva della temperatura globale per gli scorsi 130 anni. [...] Ciò conferisce credibilità a entrambi i modelli e anche una comprensione dell’influenza relativa dei forzanti naturali rispetto a quelli antropogenici. 4. I dati dei satelliti gettano dubbi sui modelli.

Anche in questo caso, prima che fossero compresi con chiarezza, i dati dei satelliti suggerivano che negli ultimi vent’anni si fosse verificato un leggero raffreddamento. Il processo iterativo della scienza, vale a dire il riesame dei dati e dei relativi assunti, ha mostrato chiaramente che vi erano nei dati alcune grandi incongruenze: in primo luogo, dovute al tentativo di comparare dati ottenuti da strumentazioni diverse su satel-

liti diversi e, in secondo luogo, perché occorreva rettificare l’altitudine dei satelliti dato che la loro orbita si riduce a causa della frizione con l’atmosfera. Il vero problema dei dati dei satelliti è che vent’anni sono un periodo troppo breve per stabilire un trend di temperatura affidabile, perché i cicli o gli eventi climatici hanno e avranno una forte influenza sulle registrazioni e non risulteranno nel calcolo dei valori medi; ad esempio, il ciclo delle macchie solari è undecennale, la variabilità nota come oscillazione meridionale El Niño (Enso) dura dai tre ai sette anni e l’oscillazione nordatlantica (Nao) dieci anni: qualunque di questi cicli sia rilevato dai dati ventennali dei satelliti avrà una forte influenza sulla direzione del trend di temperatura. [...] Uno degli argomenti che considero più convincenti del fatto che in questo arco di tempo si sia verificato un significativo surriscaldamento, oltre ad altri cambiamenti climatici, è il peso delle prove derivanti da tante differenti serie di dati. Se si confrontano gli ultimi cento anni con gli ultimi mille appare chiarissimo che sta accadendo qualcosa di completamente diverso. L’evidenza empirica suggerisce che i forzanti naturali del clima, come le macchie solari e le eruzioni vulcaniche, non hanno presentato variazioni rilevanti nel corso dell’ultimo millennio. Questo lascia una sola alternativa: che i gas serra, con la loro ben conosciuta forza di radiazione, hanno già influenzato il clima globale. Dalla quantità enorme di prove scientifiche finora pubblicate, l’Ipcc (2001) è giunto alla seguente conclusione: “Alla luce delle nuove evidenze empiriche e tenendo conto delle restanti incertezze, verosimilmente [dal 60 al 90% di probabilità] la quota maggiore di riscaldamento degli ultimi 50 anni è dovuta all’incremento della concentrazione di gas serra”. Da Maslin M. , Riscaldamento globale, Codice edizioni, 2007.

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photoreport

L´attesa

Tokyo

Avere un figlio significa avere il coraggio di esporsi, oggi, a temere e a sperare, perché timore e speranza sono le trame sottili ma salde che spingono a operare affinché il domani sia più accogliente.

fotografia di Guido Castagnoli


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di Gabrielle Walker

Dai carotaggi in Antartide ai dati che abbiamo su Venere, tutto sembra indicare che la temperatura del nostro pianeta e i livelli di anidride carbonica – un gas senza il quale non potremmo né nutrirci né scaldarci – sono legati a filo doppio.

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Negli anni cinquanta, quando in molti paesi il faticoso stile di vita del mondo agricolo aveva ormai lasciato il posto alla gloriosa era industriale, entrò in scena un giovane ricercatore di nome Charles “Dave” Keeling. Egli era affascinato dall’anidride carbonica e dall’effetto che essa poteva avere sul clima terrestre, e si convinse che l’unico modo per arrivare a una qualche conclusione in merito fosse misurare i livelli di questo gas. Sviluppò strumenti straordinariamente accurati e li sistemò in cima al Mauna Loa, un vulcano estinto sulla Grande Isola di Hawaii, ben lontano dalle interferenze del mondo civilizzato che avrebbero potuto rovinare i suoi studi. Non voleva misurare i livelli di anidride carbonica per un mese, o per un anno: voleva continuare senza limiti di tempo. Keeling aveva intuizione, una tecnica brillante e, fortunatamente, la testa molto dura. Scoprì presto che non c’erano fondi disponibili per studi di lungo periodo come quello che aveva in mente: non c’era niente di male nel fare una rilevazione ogni tanto, si sentì rispondere più volte dalle agenzie che finanziavano i progetti scientifici negli Stati Uniti, ma perché far ticchettare strumenti molto costosi e altamente tecnologici nelle Hawaii per anni? Non ce n’era alcun motivo. Keeling, tuttavia, non si volle rassegnare. Lottò, risparmiò su tutto e insistette, e in qualche modo riuscì a mantenere i propri strumenti in po-

1 — 4 I vulcani sono stati le prime fonti di CO2 atmosferica della Terra: grazie a essi si è creato un clima favorevole allo sviluppo della vita sul nostro pianeta. Oggi i vulcani rilasciano circa 130-230 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, pari ad appena l'1% delle emissioni causate dalle attività umane.

sizione e accesi. Le prime conferme non tardarono ad arrivare: le variazioni nel livello di anidride carbonica erano evidenti persino tra un anno e l’altro. Le misurazioni continuarono per oltre quarant’anni. La cosiddetta “curva di Keeling”, che rappresenta graficamente i risultati raccolti con tanto zelo, è diventata una delle icone più famose del dibattito sul riscaldamento globale perché, al passare degli anni, i livelli di anidride carbonica non disegnano né una linea piatta né una leggera crescita: aumentano esponenzialmente, come un’onda anomala pronta ad abbattersi sulla costa. Ma la domanda restava aperta: era davvero l’anidride carbonica a riscaldare la Terra? Nuovi e sofisticati modelli informatici suggerivano che avrebbe dovuto, ma non riuscivano a formulare una risposta coerente. Alcuni dicevano che raddoppiare il livello di anidride carbonica avrebbe fatto salire la temperatura globale di un grado, altri di otto o nove. Forse era necessario controllare se le temperature erano aumentate, ed esattamente di quanto, ma qui ci si scontrava con un altro problema: è perfettamente naturale che le temperature fluttuino di anno in anno, e questo rende molto arduo distinguere l’eventuale riscaldamento dalle semplici variazioni estemporanee. Questo è uno dei motivi per cui i ricercatori nel campo del riscaldamento globale hanno sempre

Cratere Dolomieu del vulcano Piton de la Fournaise, sull'isola di Reunion. ©Kuerschner/Laif

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avuto una pessima reputazione: non è difficile convincere la gente a fare qualcosa quando c’è un’enorme perdita di greggio in mare, o una foresta devastata dalla pioggia acida da far vedere. Ma per quanto riguarda gli effetti dell’anidride carbonica, non abbiamo altro che previsioni di lungo periodo. Nessuno sarà mai in grado di dire “questa particolare ondata di calore è dovuta al riscaldamento globale”, né si potranno mai incolpare i gas serra di una particolare inondazione. Gli effetti potenzialmente nocivi dell’anidride carbonica hanno a che fare con qualcosa di molto più difficile da individuare: i trend. Eppure, anche ai tempi delle misurazioni di Keeling, il mondo si agitava all’idea di questa nuova minaccia. Dalle statistiche risultava che le temperature erano salite di una frazione di grado nel secolo precedente e, anche se non era molto, era il primo segnale reale di un cambiamento. Poi, nel 1995, un gruppo internazionale di climatologi annunciò che, secondo i suoi studi, per la prima volta le prove avevano superato la soglia della semplice probabilità: il riscaldamento globale incombeva su di noi. Sulla scia di questo annuncio arrivò la notizia che il 1995 era l’anno più caldo mai registrato; il 1997 fu ancora più caldo, ma fu superato ancora dal 1998. Poi, nel 1999, fu pubblicato un paper scientifico che, a detta di molti, avrebbe zittito per sempre gli scettici del riscaldamento globale. Esso era il

risultato di decenni di lavoro in quello che è, ufficialmente, il posto più freddo della Terra. La stazione di Vostok, una base russa nel cuore algido della calotta glaciale antartica, raggiunge temperature così basse da mandare in frantumi l’acciaio. È un posto proibitivo anche in estate: le temperature non salgono quasi mai oltre i -25 °C e l’aria è secca quasi come nel Sahara. La mezza dozzina di scienziati che ci vivono sono sempre a corto di fondi, e la stazione stessa sembra resistere sul ghiaccio solo grazie alla tenacità russa. Però il ghiaccio di Vostok è qualcosa di miracoloso. Spesso più di tre chilometri, trattiene nel gelo un archivio climatico che risale nel passato per centinaia di migliaia di anni. Gli scienziati russi, con l’aiuto di alcuni ricercatori prima francesi e poi americani, l’hanno trapanato per decenni riuscendo a tornare sempre più indietro nel tempo a ogni centimetro di profondità guadagnato. Avevano già annunciato di aver compilato un registro delle temperature degli ultimi 400mila anni, e di aver individuato una successione di quattro ere glaciali intervallate da periodi più caldi. Ma quel che riuscirono a fare nel 1999 fu ancor più sorprendente: avevano scoperto anche dei minuscoli residui dell’antica atmosfera del nostro pianeta. Come si può conservare qualcosa di tanto etereo? Be’, ogni volta che la neve è caduta su Vostok ha intrappolato una piccola quantità di aria

tra i suoi fiocchi. Gradualmente, anno dopo anno, i fiocchi sono stati sepolti da altra neve, schiacciati e compressi fino a trasformarsi in ghiaccio. Così, l’aria non ha più potuto divincolarsi fino alla superficie: è rimasta surgelata in piccole bolle, che per noi sono come capsule del tempo. I ricercatori a Vostok non avevano solo trovato queste piccole bolle: erano riusciti, con cura, a romperle per rilasciare l’aria che respirava la specie umana, l’Homo sapiens, quando si era appena affacciato sulla scena dell’evoluzione. Avevano persino misurato tutto. Con pazienza certosina, gli scienziati erano riusciti a estrarre microscopiche quantità di anidride carbonica per darle in pasto ai loro strumenti, producendo una serie di misurazioni sui livelli di questo gas negli ultimi 400mila anni, da abbinare alla serie che avevano ricostruito per le temperature. Fianco a fianco, queste due serie di dati rivelano un fatto importante. Quando la temperatura si abbassa scende anche il livello di anidride carbonica e, quando la temperatura sale, anche il livello di anidride carbonica aumenta: è evidente che il clima e l’anidride carbonica viaggiano insieme. Non conosciamo ancora il collegamento esatto tra le due grandezze, né tutte le complesse interrelazioni che caratterizzano l’atmosfera terrestre, ma la storia ci mostra che l’anidride carbonica è un driver di enorme importanza per la temperatura del nostro pianeta.

E c’è dell’altro, qualcosa di ancor più stupefacente. Quando i ricercatori studiarono più attentamente la serie che avevano costruito, si resero conto che, sebbene i livelli di anidride carbonica seguissero le variazioni di temperatura in modo piuttosto regolare, negli ultimi 400mila anni non si erano mai nemmeno avvicinati a quelli registrati oggi. Un nuovo carotaggio nel ghiaccio, a opera del consorzio europeo EPICA a Dome C, a poche centinaia di chilometri da Vostok, è risalito ancora più indietro nel tempo spingendosi fino a quasi 800mila anni nel passato. I risultati sono stati esattamente gli stessi. Le variazioni di anidride carbonica riflettono quelle della temperatura con incredibile fedeltà e, per quanto abbiano sondato con la loro ingegnosa “macchina del tempo congelato”, gli scienziati non hanno mai riscontrato livelli alti quanto quelli presenti oggi nell’atmosfera. Il massimo che la natura terrestre è riuscita a produrre in tutto quel lunghissimo periodo, che comprende la storia dell’umanità per intero, corrisponde a circa 280 parti per milione, ovvero allo 0,0028 per cento. Oggi registriamo oltre 380 parti per milione, e si tratta di un valore destinato a crescere. Nessuno può ancora sapere che effetto avrà questo livello di anidride carbonica sulla Terra, ma molti scienziati pensano che, ormai, un cambiamento climatico sia inevitabile almeno in parte.


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Sappiamo, o almeno ne abbiamo il sospetto, che nella sua più antica storia il nostro pianeta ha sopportato livelli di anidride carbonica ben superiori a quelli di oggi. Ma è stato molto prima che esistessero i primi esseri umani, o anche solo le scimmie nostre antenate. Negli ultimi secoli ci siamo impegnati enormemente per sviluppare la nostra società prendendo in considerazione le condizioni climatiche, la stagionalità delle inondazioni, dei temporali e delle piogge, l’andamento delle coltivazioni e la riproduzione del bestiame così come li conoscevamo. Ora siamo legati alle nostre case e al nostro luogo di lavoro, e non possiamo semplicemente fare fagotto e traslocare se i mari si innalzano e iniziano a erodere le città costiere, se grandi e inattesi temporali iniziano a devastare i litorali, o se l’entroterra si trasforma poco a poco in un deserto di polvere. Dal ghiaccio sono emersi anche indizi che suggeriscono come il nostro complesso sistema climatico, comandato dal motore dell’atmosfera terrestre, possa a volte trovarsi in una situazione

di delicato equilibrio fra due stati drasticamente diversi. Il minimo cambiamento può far esplodere o precipitare le temperature (come scrivono Taylor K.C. et al. in The “flickering switch” of late Pleistocene climate change, pubblicato su “Nature” il 4 febbraio 1993). Nel 1987 Wally Broecker, ricercatore climatico newyorchese dotato di una certa preveggenza, affermò che l’effetto serra era trattato come una “curiosità da aperitivo” e che era ora, invece, di prendere la questione seriamente. Disse che il clima era una bestia capricciosa, e che noi lo stavamo punzecchiando. Dopo le 35mila vittime della terribile ondata di calore in Europa nel 2003, il capo-consigliere scientifico del governo britannico dichiarò il riscaldamento globale “una minaccia peggiore persino del terrorismo”. Ma mentre i politici discutono e gli scienziati muovono suppliche, noi continuiamo a vivere più o meno come al solito. E ogni volta che uno di noi guida un’auto, prende un aereo, accende una luce o esegue una qualsiasi tra una miriade di azioni perfettamente or-

dinarie, un altro buffo di anidride carbonica si disperde in cielo. Un aneddoto che dovrebbe farci riflettere sul potere dell’anidride carbonica arriva da Venere, il nostro pianeta-fratello. Essendo un po’ più vicino al Sole rispetto a noi è plausibile che sia un po’ più caldo, ma sotto molti altri aspetti (ad esempio la dimensione) potrebbe essere il nostro gemello. Ma nell’aria venusiana l’anidride carbonica ha deciso di usare i propri poteri: per qualche motivo, a un certo punto, ne è fuoriuscita un po’ troppa dai vulcani e se ne è dispersa un po’ troppa nell’atmosfera. L’aria si è surriscaldata, risucchiando l’acqua dagli oceani. Il vapore acqueo ha agito come un vero e proprio gas serra, amplificando l’effetto dell’anidride carbonica. Presto l’atmosfera si è saturata di anidride carbonica e molecole d’acqua, che catturavano il calore infrarosso quando cercava di sfuggire, rimandandolo a terra. Il risultato è che gli oceani di Venere si sono prosciugati molto tempo fa, e che le pietre sulla sua superficie sono asciutte e

abbastanza calde da fondere il piombo. Molti ricercatori si consolano pensando al fatto che Venere è più vicina al Sole, e dicono che una simile catastrofe non potrà mai succedere per l’effetto serra qui sulla Terra. Ma potrebbero sbagliarsi: sfruttando gli screensaver di migliaia di computer per eseguire un modello climatico e predire cosa potrebbe succedere in seguito a un cambiamento climatico, un recente progetto (i cui risultati sono stati pubblicati su “Nature” da Stainforth D.A. et al., il 27 gennaio 2005) ha concluso che un raddoppiamento dei livelli di anidride carbonica potrebbe causare un aumento globale della temperatura pari a ben 11 °C. Questo causerebbe siccità e incendi spontanei tali da liberare ancora altra anidride carbonica nell’atmosfera, innescando una reazione a catena catastrofica. Le probabilità sono scarse, nell’ordine dell’1%, ma non si tratta di un’ipotesi impossibile. ©2007 by Gabrielle Walker. Pubblicato per gentile concessione dell’Agenzia letteraria Roberto Santachiara.


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Città: centrali per il futuro ecologico

di Saskia Sassen fotografie di Michael Wolf

La scala della rete è diversa dalla scala delle singole città che la compongono, e la città è un sistema multi-scalare, sia per via di ciò che vi si concretizza sia per via dei diversi livelli di politiche-quadro che vi operano. Per questo le città devono diventare l’origine di una soluzione al problema ambientale.

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L’umanità si rapporta sempre più spesso al capitale ambientale attraverso le città e i vasti agglomerati urbani che, pertanto, rientrano in un più ampio progetto con l’obiettivo di stabilire e consolidare delle prassi solide dal punto di vista ecologico. Alcuni sviluppi tecnici hanno trasformato radicalmente il rapporto tra gli uomini e il resto del pianeta, e hanno reso l’urbanizzazione il fulcro del futuro dell’ambiente. Inoltre, anche le popolazioni rurali stanno diventando sempre più dei consumatori dei prodotti dell’economia industriale: la condizione rurale si è evoluta in un nuovo sistema di relazioni sociali, profondamente divergente dalle culture più antiche che funzionavano in simbiosi con la biodiversità. Tutti questi sviluppi sono segnali che la condizione urbana è un fattore fondamentale per il futuro dell’ambiente, qualunque esso sarà. Le città e le regioni urbane sono un tipo di sistema socio-ecologico segnato da una gamma completamente nuova di interrelazioni tra caratteristiche del mondo “costruito” e prassi materiali, da un lato, e sistemi ecologici di vario tipo dall’altro. Allo stato attuale, le caratteristiche sistemiche di tali interrelazioni hanno perlopiù preso la forma del danno ambientale, ma non deve necessariamente essere così: un numero crescente di ricercatori e attivisti sostiene, infatti, che è nostro dovere sfruttare e ampliare quelle caratteristiche urbane che possono trasformare le città in sistemi positivi dal punto di vista ecologico. Nello specifico, si vede un grande potenziale nelle economie di scala, nella densità di popolazione e nella fitta rete di comunicazione: le prime due possono consentire maggiore efficienza nell’utilizzo delle risorse e riduzione dei prezzi, mentre la terza può facilitare l’istituzione di nuove prassi. In tema di ecologia emergono o diventano significative domande diverse, in merito alle città, a seconda della scala geografica che consideriamo. Chi studia la regolamentazione ecologica dei centri urbani, nella maggior parte dei casi, considera strategica ai propri fini la scala locale, ma oggi c’è anche una (crescente) minoranza per la quale non è più possibile scindere la regolamentazione ecologica delle città dai quesiti

più ampi di governance globale. Questa posizione emerge anche in analisi di più ampio respiro sulla cosiddetta “economia dell’ambiente”, quando si parte dall’idea che la regolamentazione ambientale possa essere efficace solo su scala globale. La città, in questo contesto, diventa un importante ponte operativo tra “località” e “globalità” grazie alla sua natura multi-scalare. La città ha infatti una dimensione chiave per la solida implementazione di molte politiche ambientali, ed è lo scenario delle lotte per la qualità dell’ambiente e per la qualità della vita delle diverse classi: ad esempio l’inquinamento atmosferico, acustico e acquifero si possono affrontare almeno in parte all’interno della città, anche quando l’azione è il risultato di politiche originate a livello nazionale o regionale. Tuttavia, mentre nel passato più o meno recente le lotte per l’ambiente trovavano spesso la propria dimensione ideale in quella cittadina, oggi ci sono almeno due importanti condizioni che pongono un limite a tale scala. Per quanto riguarda la prima condizione, il fatto che la World trade organization subordini gli standard ambientali a quelli che chiama “requisiti” per il commercio globale parla da sé, così come i termini della maggior parte degli accordi di commercio internazionale. Inoltre la privatizzazione e la deregulation riducono il ruolo dei governi, soprattutto a livello nazionale, e dunque indeboliscono i poteri che essi ancora mantengono in merito agli standard ambientali. La seconda condizione è il mutamento ecologico globale – mi riferisco in particolare al buco nell’ozono e al cambiamento climatico – che richiede un notevole impegno su scala nazionale e internazionale, sebbene sarà poi a livello locale che avranno luogo molte delle operazioni concrete. Dunque sussistono dei limiti a quel che si può fare su scala locale. Questo potrebbe dimostrarsi vero soprattutto nelle regioni in via di sviluppo del Sud del mondo, dove il potere e le risorse dei governi locali rappresentano un grave freno alla capacità di lavorare verso obiettivi quali lo sviluppo sostenibile. Sebbene il trend verso la decentralizzazione e la crescente trasparenza a partire dalla fine degli anni ottanta abbiano generato meccanismi importanti per accrescere l’importanza dei governi urbani, la maggior parte delle autorità locali dispone di fondi estremamente limitati.

1 Gli impianti eolici sono la fonte di energia pulita più diffusa in Italia: 6 megawatt eolici ogni 1000 abitanti, contro i 20 della Spagna, i 52 della Germania, i 73 della Danimarca (marzo 2007) 2 Tibet, 2005. Nelle zone più impervie e isolate del mondo l’impiego di piccoli impianti fotovoltaici aiuta a risolvere problemi di autonomia energetica e termica.

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Hong Kong, 2005. In Cina vivono in media 142 persone per km2: una densità di popolazione che diventa claustrofobica nelle case popolari delle grandi città. ©Wolf/Laif 1

Shanghai, 2005. Il famoso ponte Nanpu che unisce Huangpu a Pudong. ©Wolf/Laif 2


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Pingyao 2005. Il negozio con l’insegna luminosa vende mantou, un tipo di raviolo al vapore cinese. ©Wolf/Laif 4

Shanghai, 2005. Demolizione della vecchia Shanghai per fare spazio alla nuova città. Distretto di Pudong. ©Wolf/Laif

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Con l’aumento delle responsabilità, e senza fondi aggiuntivi, molti governi locali sono diventati ancora più dipendenti dai sussidi dei livelli superiori su scala nazionale, o dagli aiuti esteri che passano attraverso questi ultimi. La privatizzazione è diventata un meccanismo per ridurre le proprie responsabilità e ottenere contemporaneamente del denaro in tempi brevi, ma spesso i nuovi proprietari si interessano alla tematica ambientale solo nella misura in cui possono usarla per aumentare i prezzi a spese degli utenti. Tutto questo contribuisce alla difficoltà nello sviluppo dei progetti a lungo termine per l’uso intelligente e responsabile del nostro capitale ambientale. Quindi è di cruciale importanza che si raggiungano accordi internazionali per cambiare la situazione attuale. Vorrei fare due osservazioni. La prima è che ciò che chiamiamo o consideriamo “livello locale” potrebbe in realtà comprendere scale diverse. Ad esempio, le operazioni di una multinazionale dell’estrazione o del manifatturiero coinvolgono più località sparse sul globo, integrate a un livello organizzativo superiore su quella che riaf-

fiora come scala globale delle operazioni. Sarà dunque necessario prevenire i vari danni creati a livello locale, o rimediarvi in seguito, ma deve essere coinvolta anche la struttura aziendale a livello globale. La seconda osservazione è che una parte enorme della letteratura disponibile sulla sostenibilità urbana è concentrata sul come le persone danneggino l’ambiente, come consumatori e come responsabili delle decisioni prese a livello di singolo nucleo familiare. Pur considerando il fatto che, nel contesto urbano, gli individui e le famiglie sono di gran lunga l’insieme di unità di analisi più numeroso, questo approccio mostra alcuni difetti evidenti. In termini di politiche, infatti, esso porta ad esempio a enfatizzare le attività di riciclaggio dei materiali senza confrontarsi con la questione fondamentale di come un sistema economico attribuisca un prezzo a metodi di produzione che non sono ottimali dal punto di vista ambientale. Così, è facile che concentrarsi sulle città significhi ignorare i sistemi globali economici ed ecologici che sono coinvolti ma che non possono essere affrontati a livello di singola famiglia o di singola azienda. Per

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Xidi 2005. Un villaggio costruito durante il periodo della dinastia Qing, rimasto quasi completamente intatto. ©Wolf/Laif

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fare un altro esempio, coloro che insistono sull’esigenza di controllare le emissioni di gas serra a livello locale hanno ragione, ma è necessario che tali emissioni siano gestite anche ai macrolivelli dei nostri sistemi economici. Tali questioni possono essere concepite, nella nostra analisi, come questioni di scala. Cambiare scala può essere uno dei modi per gestire quelle che spesso sono viste come condizioni aut aut: locale o globale, meccanismi di mercato o non di mercato, ambientalismo “verde” (tipico dei paesi ricchi, che hanno un settore dei servizi e delle industrie pulite più avanzato) o ambientalismo “marrone” (tipico dei paesi meno sviluppati, che si trovano a dover conciliare la sostenibilità ambientale con fabbriche e altri usi industriali del territorio). Trovo che le ricerche analitiche di alcuni ecologisti che si sono concentrati sul concetto di scala siano illuminanti, nel loro sforzo di concettualizzare così la città. È particolarmente rilevante la nozione che i sistemi complessi sono multi-scalari e non multi-livello, visto che la loro complessità è insita proprio nei rapporti tra scale diverse. La tensione tra le diverse scale è una caratteristica dei sistemi ecologici comples-

si e una condizione che certamente sussiste nelle città: capire come operi in questo contesto potrebbe migliorare l’analisi dei danni ambientali associati all’urbanizzazione, e aiutare a capire come le città possano essere l’origine di una possibile soluzione al problema. Il collegamento tra scala spaziale e temporale, evidente nei processi ecologici, potrebbe risultare utile: si potrebbe scoprire che ciò che è negativo su una scala spaziale ridotta, o nel breve termine, diventa positivo su una scala più ampia o nel lungo periodo. Data una serie di variazioni nelle condizioni ambientali considerate “normali”, gli ecosistemi possono dare risposte diverse a seconda della scala spazio-temporale considerata: adottando un’immagine tipica dell’ecologia possiamo dire che, sebbene i singoli appezzamenti di foresta possano andare e venire, la copertura forestale complessiva di una regione resterà relativamente costante nel tempo. Questo solleva un dubbio: una città ha bisogno di una struttura superiore, per neutralizzare l’impatto che i maggiori elementi di disturbo al suo interno hanno sull’intero sistema?


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Uno dei risultati della ricerca condotta dagli ecologisti in questo campo è che lo spostamento da una scala all’altra causa, come processo prevalente, il cambiamento: non si tratta solo di “più piccolo” o “più grande”, ma di un mutamento vero e proprio del fenomeno stesso. I sistemi instabili diventano stabili, il controllo che prima andava dal basso verso l’alto diventa top-down, la concorrenza perde d’importanza. Tutto questo deve farci riflettere sul potenziale delle città in termini di soluzioni per molti danni ambientali: qual è la scala alla quale possiamo considerare le città come entità che contrastano la crisi ambientale?

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In merito a questo tema, nella ricerca ecologica si solleva l’importante questione della frequente confusione che circonda i concetti di “livello” e di “scala”: quel che a volte viene presentato come cambiamento di scala è, in effetti, solo una traslazione tra livelli diversi. Un cambiamento di scala deve comportare nuove interazioni e relazioni, e spesso un’organizzazione diversa. Un livello, invece, è una posizione relativa all’interno di un sistema gerarchico: dunque cambiare livello significa variare una quantità o una misura, non formare un’entità diversa. Questa distinzione ci suggerisce anche un modo di “vedere” la natura multi-scalare delle città: basterà notare che alcune delle loro caratteristiche, in particolare la densità di popolazione, alterano la natura degli eventi. Ad esempio, le emissioni di CO2 prodotte da un numero limitatissimo di veicoli e dalla combustione di carbone da parte di singole famiglie, su una scala più ampia, diventano l’inquinamento massiccio che copre l’intera città con effetti che vanno ben oltre la semplice emissione di CO2. La multi-scalarità della città emerge anche nella geografia dei danni ambientali prodotti. Essi sono in parte atmosferici, in parte interni all’ambiente costruito artificialmente – ad esempio nel caso delle fognature e delle malattie – e in parte lontani, in località sparse per il mondo, come nel caso della deforestazione. Un terzo modo di vedere come una città sia multi-scalare è notare che la sua richiesta di risorse tende a produrre una geografia dell’estrazione e della raffinazione che si estende a tutto il pianeta, seppure come insieme di singoli siti circo6

scritti distribuiti intorno al globo. Questa geografia globale dell’estrazione e della raffinazione si concretizza poi in forme particolari e specifiche all’interno della città (ad esempio in mobili, gioielli, carburante): la città è un momento – il momento strategico – in questa geografia dell’estrazione, e si distingue dalla geografia stessa. Infine, la città è multi-scalare in quanto concretizza vari livelli di politica. È uno dei luoghi chiave dove una gamma molto ampia di politiche – sovranazionali, nazionali, regionali e locali – viene messa in pratica sotto forma di procedure, regolamenti, sentenze, forme di acquiescenza e tipi di violazione specifici: risultati che sono diversi dalle politiche di per se stesse, perché sono progettati e implementati a livelli di governo diversi. È importante considerare anche la possibilità di conflitti tra scale spaziali. Gli ambientalisti possono lavorare su scale di spazio e tempo ampie, osservando gli effetti delle attività locali sul macro-livello – come nel caso del riscaldamento globale, della formazione delle piogge acide e del saccheggio delle risorse naturali in tutto il mondo. Ma gli ambientalisti con un approccio manageriale, spesso, devono lavorare entro un orizzonte temporale molto limitato ed entro livelli ben circoscritti, con l’obiettivo di compensare o rimediare a un particolare evento locale: devono attuare misure che, oltre ad avere un effetto scarso sulla scala più ampia coinvolta, possono ridurre il senso di urgenza in merito ai problemi più ampi del consumo delle risorse. Le città sono sistemi complessi nelle loro geografie di consumo e produzione di rifiuti, e proprio tale complessità rende critico il loro ruolo nella ricerca di una soluzione. Alcune delle geografie nate per l’azione ambientale nelle città funzioneranno anche a livello globale; inoltre, la rete delle città globali può diventare uno spazio di scala superiore per gestire gli investimenti e anche, potenzialmente, per pretendere che gli investimenti di capitale globale dannosi per l’ambiente siano ripensati e trasformati in investimenti responsabili. Tale spazio conterrebbe le sedi del potere di alcuni dei protagonisti più distruttivi per l’ambiente, ma potrebbe anche accogliere i luoghi dove si chiederà che i colpevoli si assumano le proprie responsabilità.

Hong Kong, 2005. La metropoli di Hong Kong, per dar posto a tutti, ha cominciato a crescere verso l’alto costruendo grattacieli senza fine. ©Wolf/Laif

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L’innovazione tecnologica: una chiave essenziale per la competizione nel mercato globale dell’energia I temi energetici sono oggi al centro del dibattito internazionale e hanno assunto notevole rilevanza per l’opinione pubblica data la loro valenza politica, sociale, economica e ambientale. Oltre due miliardi di persone nel mondo non hanno energia elettrica. Altrettante ne dispongono in modo saltuario e insufficiente

di Fulvio Conti


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1 Gli impianti eolici sono la fonte di energia pulita più diffusa in Italia: 6 megawatt eolici ogni 1000 abitanti, contro i 20 della Spagna, i 52 della Germania, i 73 della Danimarca (marzo 2007) 2 Tibet, 2005. Nelle zone più impervie e isolate del mondo l’impiego di piccoli impianti fotovoltaici aiuta a risolvere problemi di autonomia energetica e termica.

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Dati dell’Aie (Agenzia internazionale dell’energia) mostrano che la domanda di energia primaria mondiale aumenterà del 55% dal 2005 al 2030, e tale crescente domanda di energia a costi sostenibili si scontra con la necessità di combattere il cambiamento climatico. Nel mondo, dunque, è in atto un processo di polarizzazione sempre più marcato, che registra il delinearsi di due blocchi d’interessi contrapposti: da una parte i paesi esportatori di petrolio e gas naturale, dall’altra quelli industrializzati e le economie emergenti quali la Cina e l’India, importatori crescenti di combustibili fossili. Nel 2030 la Cina e l’India contribuiranno per più del 40% all’incremento della domanda globale di energia. Si pensi che, solo in Cina, entra in funzione una centrale a carbone da 700-800 megawatt ogni settimana. Gran parte del mondo industrializzato, Europa e Stati Uniti inclusi, oggi dipende da un gruppo di

nazioni – molte delle quali sono localizzate sulla sponda meridionale del bacino del Mediterraneo e nell’area del Golfo Persico – che assumono indirettamente un’influenza determinante nella formulazione delle politiche energetiche dei paesi importatori. Alla dipendenza energetica si aggiunge un’accentuata dipendenza finanziaria che favorisce, in alcune nazioni esportatrici di energia primaria, un accumulo di riserve destinate a investimenti su larga scala in tutto il mondo. I combustibili fossili contribuiscono oggi per circa l’80% ai consumi energetici globali ed europei, e si stima che fino al 2030 tale percentuale resterà sostanzialmente invariata. Il fabbisogno di combustibili in Europa è coperto al 51% da importazioni, provenienti in massima parte da un numero limitato di paesi ad alto rischio geopolitico. Si stima che tale percentuale arriverà al 65% entro il 2025. È necessario dunque – per l’Unione Europea e l’Italia in particolare – diffe-

renziare il più possibile sia i paesi fornitori sia le fonti energetiche, al fine di minimizzare il rischio geopolitico dell’approvvigionamento e aumentare l’efficienza energetica dei consumi per contenere il fabbisogno complessivo. Per formulare politiche efficaci in questo contesto deve essere adottata una visione globale e continentale. Un coordinamento politico all’interno dell’Unione Europea è importante per impostare accordi sovranazionali che in qualche misura vincolino i paesi esportatori, per far fronte alla penuria di materie prime. In Europa, piuttosto che 27 sforzi bilaterali disgiunti, serve un approccio integrato, un’armonizzazione di politiche e di azioni, un piano condiviso per incrementare il potere contrattuale nei confronti dei fornitori di combustibili. Sono grandi le sfide energetiche dei prossimi decenni. La temperatura media del pianeta è in costante crescita. Una causa determinante dell’au-

mento della temperatura, prodotto dalle emissioni di gas serra tra cui la CO2, è la crescita di paesi come India e Cina, da cui nel 2030 arriverà il 30% delle emissioni. Le emissioni globali, in base alle previsioni dell’Aie, passeranno dai 27 miliardi di tonnellate del 2005 a 42 miliardi di tonnellate nel 2030, secondo uno scenario inerziale. Ma se il consenso su questo tema è aumentato a livello scientifico, lo stesso non si può dire per i governi, che non sono ancora riusciti a trovare un’intesa soddisfacente né, soprattutto, a delineare una politica efficace. Le aspettative per le prossime scelte, che dovranno delineare le linee guida del “post-Kyoto”, sono quindi molto elevate. In questo senso, il protocollo di Kyoto sta mancando i suoi obiettivi. I paesi aderenti a Kyoto rappresentano, infatti, solo il 30% delle emissioni mondiali di CO2. Pertanto, anche in caso di raggiungimento degli obiettivi stabiliti, si avreb-


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be una riduzione delle emissioni globali solo dell’1,5%. Un accordo per il post-Kyoto, per avere successo, dovrà basarsi su caratteristiche innovative. La partecipazione attiva di tutti i paesi è fondamentale e imprescindibile. Un accordo globale dovrà definire obiettivi di lungo periodo credibili, realizzabili ed equilibrati, sviluppando ulteriormente i meccanismi di mercato differenziati per tecnologia e promuovendo l’uso di meccanismi flessibili per esportare tecnologie avanzate nelle economie emergenti. Ci si deve confrontare, infatti, con le legittime aspirazioni dei paesi in via di sviluppo a una crescita economica e sociale. D’altro canto, la necessità di ridurre l’impatto ambientale derivante dalla crescita deve trovare una risposta tecnologica da parte dei paesi più avanzati, che devono essere incentivati a esportare le migliori tecnologie disponibili. Se in Cina venissero applicate alle nuove centrali a carbone le tecnologie che Enel sta impiegando nel suo impianto a carbone pulito di Civitavecchia – e che ha in programma di impiegare anche a Porto Tolle – risparmieremmo circa 65 milioni di tonnellate di CO2 l’anno. La sfida del settore energetico consiste nel risol-

vere positivamente la cosiddetta “equazione energetica”, che consiste nell’assicurare forniture energetiche sufficienti, compatibili con l’ambiente, a un costo inferiore. Per vincere questa sfida non esiste un’unica soluzione ma è necessario un approccio integrato, che oltre alla crescita delle energie rinnovabili preveda altre linee strategiche d’azione. Sono necessarie politiche di efficienza energetica, diversificazione delle fonti e sviluppo di nuove tecnologie per l’utilizzo di fonti fossili tradizionali, nonché investimenti in nuove frontiere quali l’idrogeno, l’energia solare e la ripresa del settore nucleare. La chiave per risolvere la sfida del cambiamento climatico e assicurare uno sviluppo sostenibile e duraturo è certamente la tecnologia. Solo investimenti in nuove tecnologie possono consentire di dare una risposta alle aspirazioni di sviluppo di 6 miliardi di persone, stabilizzando e progressivamente riducendo le emissioni di gas serra. Enel sta facendo la sua parte. Abbiamo ridotto di 16 milioni di tonnellate, pari al 24%, le nostre emissioni di CO2 nell’atmosfera nel periodo 2000-2006. Per quanto riguarda invece le nostre emissioni specifiche di CO2, sono state ridot-

te del 20% circa dal 1990 al 2006 (da 618 g/kWh a 496 g/kWh), permettendo a Enel di raggiungere con un anno di anticipo l’obiettivo definito dall’accordo volontario firmato con il Ministero dell’Ambiente. Ma certamente non basta. Per rinforzare ulteriormente questo impegno anche per il futuro, Enel ha promosso il Progetto ambiente e innovazione, che prevede lo stanziamento di oltre 4 miliardi di euro nel periodo 20072011 per lo sviluppo delle rinnovabili, per progetti innovativi di efficienza energetica a servizio del consumatore e per programmi di ricerca avanzata su idrogeno, solare e cattura e sequestro della CO2. La nostra attenzione, insomma, prima rivolta prevalentemente a problematiche di breve e medio termine quali l’aumento dell’efficienza e dell’affidabilità degli impianti, si è estesa a temi più innovativi e di lungo termine. Uno studio dell’Ipcc stima che il potenziale mondiale per il sequestro geologico sia sufficiente allo stoccaggio delle emissioni dell’intero parco termoelettrico mondiale per più di 200 anni. Anche il potenziale dell’Italia è notevole. Secondo stime preliminari condotte dal Cesi Ricerca e dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcano-

logia, esso dovrebbe aggirarsi intorno ai 30 miliardi di tonnellate di CO2, un valore oltre 200 volte superiore all’emissione annua degli impianti termoelettrici italiani. In conclusione, in mancanza di scelte chiare e rapide che promuovano tutte le tecnologie, nessuna esclusa, il rischio vero per l’Italia è quello di una ripetuta scarsità di energia. È una situazione strutturale di vulnerabilità, che appare come il risultato delle non-decisioni dell’ultimo ventennio. Solo una politica energetica coerente e lungimirante consentirà di restituire al nostro paese quei ritmi di crescita elevati e duraturi e quella forte competitività che gli appartengono, e che gli permetteranno di colmare il divario, accumulatosi pericolosamente negli ultimi anni, con altre nazioni industrializzate e con grandi economie emergenti. La vera rivoluzione è non cambiare il mondo ma piuttosto cambiare noi, con la tecnologia al nostro servizio. Per questo non dobbiamo avere paura del futuro. Questo articolo è tratto dalla lectio magistralis presentata in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Ingegneria dell’Università di Genova.


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Pakistan Uzbekistan Cina Sud America

fotografie di Armin Linke

Un atlante sperimentale che documenta le trasformazioni, sia antropologiche sia urbanistiche, dei luoghi. Un’archiviazione minuziosa basata sul principio della moltitudine in chiave epica.

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1 Città del Messico, Messico, 1999.

Bloemenveiling Aalsmeer, asta di fiori, test room. Amsterdam, Olanda, 1998.

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3 Incrociatore “The World Residentsea”, golf club. Oceano Atlantico, 2002.

4 Vista da un ristorante. Il Cairo, Egitto, 2006.

Parata per il compleanno di Saddam Hussein. Karkut, Iraq, 2002.

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5 Ponte Akashi Kaikyo. Kobe-Naruto, Giappone, 1998.

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Maha Kumbh Mela. Varanasi, India, 2001.

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The Palm, Jumeirah, vista aerea. Dubai, Emirati Arabi Uniti, 2005. 8

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9 El-Salaam Siphon sotto il Canale di Suez. Port Said, Egitto, 1998.

Ossario dell’isola di Sant’Ariano. Venezia, Italia, 2005. 10


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Ripetere il bosco, rovesciare gli occhi, scorrere nel tempo come pietra di fiume

di Sergio Risaliti

Le opere di Giuseppe Penone sono poesie scritte a quattro mani con la natura. Il gesto dell’artista cambia la posizione delle pietre nell’alveo di un fiume o blocca la crescita di un albero, che così ricorderà quel contatto umano per anni a venire.

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Ripetere il bosco, rovesciare gli occhi, scorrere nel tempo come pietra di fiume

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Giardino delle Sculture Fluide, Venaria Reale, Torino.

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Giardino delle Sculture Fluide, Venaria Reale, Torino.

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3 La peau du vent, Beaufort, Belgio 2006.

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Avviciniamoci a una forma in marmo, in bronzo o in legno tra quelle realizzate da Giuseppe Penone. Alberi scortecciati, scavati e traforati, all’interno dei quali ricompaiono alberi più giovani che crescono in senso contrario abbarbicando i rami a nuovi virgulti, e poi paesaggi di arbusti e rami, stanze di alloro e oro, mucchi di patate di bronzo, calchi di orecchi, di nasi, di labbra, cumuli di foglie su cui sembra riposare l’ombra lieve di un uomo robusto, tronchi gessosi in forma di vertebre, figure fantasma nate toccando con dolcezza zolle di terra, pavimenti di marmo disegnati come una corteccia, un intricato nodo di radici, un fondale di ruscello, un cespuglio, la terra d’autunno. Anche quando sembra voler far rivivere il mito di Arcadia, le ninfe di un concerto campestre con gesti vegatali, il dio Vertumno, o ben altre metamorfosi di forze ed elementi, Penone non rappresenta la natura, piuttosto ne fa parte, vuole ripetere il bosco intenzionato a risalire alla zona di contatto sensibile tra

soggetto e oggetto. Per far questo è disposto a ribaltare, se necessario, la prospettiva d’indagine e il metodo stesso. Ad esempio rovesciando gli occhi, che diventano due specchi rivolti al mondo esterno, oppure agguantando un albero: “continuerò a tenerlo stretto servendomi di una mano di ferro. L’albero continuerà a crescere tranne che in quel punto” (20 dicembre 1968). Addirittura rovesciando la pelle del proprio volto, come fosse la corteccia di un virgulto tramite la riproduzione diretta della sua impronta, o facendo diventare le Anatomie le vene delle pietre lavorate dal flusso d’acqua e dal vento, o quelle di una struttura vegetale. Non ci si faccia ingannare dall’apparenza. Sebbene la natura sia il tema riposto al centro della sua ricerca e delle sue rappresentazioni, quella che si ha davanti non è l’opera di un artista figurativo tradizionale, di un artefice che vorrebbe mantenere una relazione idealistica con la natura rivivendola attraverso l’esperienza nostalgica del

paesaggismo. Penone non lavora sulle impressioni ricavate da una passeggiata en plein aire, e siamo mille miglia lontani dal verismo pittorico di marca italiana o francese. I suoi alberi, come il cedro di Versailles o l’albero libro, sono da considerarsi, come diceva Michelangelo, sculture realizzate a levare: sono svuotati del tronco (e non scorticati come Marsia), sono scavati dall’artista, vero e proprio maestro d’ascia, fino a trovare il virgulto fossilizzatosi al centro. Penone vuole riscoprire il torsolo primigenio degli alberi, come quelli alti 12 metri da lui esposti al Guggenheim nel 1980, e svelarne il noyau incorporato. Nel suo caso non funziona la favola dello scultore neo-platonico tutto intento a liberare l’immagine ideale dalla scorza materiale che l’avvolge. Se Michelangelo Buonarroti ha scritto: “Non ha l’ottimo artista alcun concetto c’un marmo solo in sé non circoscriva col suo superchio, e solo a quello arriva la man che ubbidisce all’intelletto”, Penone in-

vece dichiara: “Per me, a priori, non esiste il problema dell’arte. Esiste semplicemente il problema di aderire alla realtà”. La sua scultura e la sua pittura recano l’impronta dell’adesione e del contatto con la realtà dai quali nasce il suo linguaggio. Cercare, e scavare in termini quasi archeologici e da geologo, per arrivare attraverso gli anelli del passato al centro dell’albero, significa per Penone andare a ritrovare un preciso istante della sua evoluzione, lo stato di fatto di una cosa accaduta tempo addietro ma che ancora vive nel processo di crescita e di trasformazione dell’albero – come un imberbe fanciullo che possa ancora vivere integro, seppure fossilizzato, nel proprio corpo di senescente. In altre parole, si tratta di entrare in contatto con il processo evolutivo della natura attraverso l’uso di materiali naturali lavorati con un metodo d’arte adeguato a questa nuova relazione fenomenologica: una relazione poetica che porta a un’esperienza gnoseologica

del mondo, perché vive anche di momenti magici, alchemici, intuitivi. “Animali, vegetali, minerali sono insorti nel mondo dell’arte. L’artista si sente attratto dalle loro possibilità fisiche, chimiche e biologiche, e riinizia a sentire il volgersi delle cose del mondo, non solo come essere animato, ma come produttore di fatti magici e meraviglianti” (Germano Celant, 1969). Quando l’artista piemontese dice di voler aderire alla realtà, è intenzionato a marcare fenomenologicamente una differenza profonda con l’idealismo e ad aprire le porte a nuove indagini scientifiche e antropologiche, ad autori come Bergoson, Merleau-Ponty e forse anche a ricerche come quelle di Bachelard. In particolare viene contraddetta la scuola crociana che ancora negli anni sessanta distingueva tra arte e vita, tra poesia e non poesia. Penone inizia a lavorare a metà degli anni sessanta e giovanissimo partecipa all’Arte Povera, movimento d’avanguardia che,

partendo dall’Italia, ha varcato i confini nazionali per cimentarsi con l’arte concettuale americana, dalla land art al minimalismo. Come altri artisti della sua epoca, Penone ha optato per materiali antiaccademici e per forme non tradizionali: usa il corpo, gli arti, materiali organici e viventi come la terra, le foglie, il legno, oppure spine di acacia, e anche pietre di fiume, aria e acqua. Compie esperimenti e ricerche plastiche tra alchimia e scientificità, tra scultura e performance, pittura e plastica: spesso i materiali sono bloccati nel bronzo, nel marmo, in un calco che ne mantiene quasi inalterate le informazioni e le peculiarità fisiche. Si realizza un processo di restituzione dell’immagine prima e dopo il transito del gesto artistico, e allora il dato di partenza può mutare generando altre immagini e racconti, altre possibilità evolutive. Il lavoro “poverista” di quegli anni ha messo in crisi l’idealismo su altri fronti. Ad esempio, cercando di portare dentro al lavoro il tempo naturale, le


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condizioni ambientali, la memoria di un luogo – di un prato, di un bosco o di uno stagno – o quella degli stessi elementi fatti vivere come dato, come materiale, come medium e quindi come messaggio. Penone, nel 1983, scrive a questo proposito: “Catturare il verde del bosco. Percorrere con il gesto il verde del bosco. Strofinare il verde del bosco. Immaginare lo spessore del verde del bosco. Lavorare con lo splendore, la consistenza del verde del bosco. Consumare il verde del bosco contro il bosco. Ripetere il bosco con i verdi del bosco”. Tutto ciò per transitare dal linguaggio dell’arte alla vita del bosco e viceversa, in un contatto pari a quello dell’edera con il cipresso, o del fiume con la pietra rotolata nell’alveo corrusco. Fin da subito si avverte, in ogni azione transitiva (aderire, contattare, toccare, plasmare, affondare, strofinare, scavare, immergersi), quella componente performativa necessaria all’avanguardia per accorciare le distanze tra arte e

vita, tra linguaggio artistico e mondo fisico, tra mondi e tempi non più separati e separabili dal filtro idealistico. Le opere di Penone, infatti, sono il risultato di un gesto performativo oltre che plastico, ed è per questo che il processo di lavoro è dichiarato con evidenza e non viene mai nascosto dietro la forma. Si tratta di un doppio gesto che attraverso un processo di immedesimazione a contatto con la natura (un bosco, un mucchio di foglie, l’acqua che scorre, l’albero che cresce, le foglie che cadono e si adagiano come un tappeto sul terreno) ritorna poi a produrre figure, immagini, forme visibili e riconoscibili. In molti casi il gesto e l’azione, avviate per un desiderio di contatto e di trasformazione, quindi di conoscenza e di rivelazione, lasciano un’impronta e dall’impronta nasce poi una forma, un paesaggio, la sagoma di una donna distesa come una Venere o come Endimione, oppure seduta come un suonatore di liuto o un citoyen durante un déjeuner sur l’herbe.

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E poi i processi di trasformazione e le azioni a contatto continuano a creare nuove opere, e sono veri e propri monumenti poetici, mute poesie scritte a quattro mani dall’artista e dalla natura. Ecco che il calco di una porzione di terreno boschivo autunnale diventa un pavimento di marmo, l’impronta rovesciata di una calotta cranica si trasforma in paesaggio, o forse in una grande foglia, o addirittura in una faglia montuosa. E viceversa. Tutto questo accade perché le opere di Penone si rovesciano sempre scambiando una forma con l’altra, l’origine di una cosa con quella dell’altra, verità e significati, esperienza e metodo: il metodo del calco e dell’impronta. L’azione transitiva dall’arte e dalla natura passa allo spettatore e qui tutto dipende dalla posizione assunta, dalla pazienza, dalla capacità di andare oltre la prima pelle delle apparenze, o se si preferisce oltre la prima percezione. Torniamo a sfiorare le opere di Penone. Uno dei suoi lavori più celebri è Soffio.

Pare sia stato ispirato da un disegno leonardesco: già l’artefice rinascimentale aveva tentato di dare forma al pneuma che riempie i polmoni di un uomo, mettendo in evidenza la massa d’aria ma anche l’interno della bocca, dell’esofago, dei bronchi. Per Penone si tratta anche di dar forma, attraverso l’impronta dell’aria emessa e il calco dei muscoli interni, al soffio di vita che anima il corpo umano. Quasi identificando il pneuma presocratico con l’élan vital di Bergson: il soffio immateriale, bloccato in espirazione prima che si dissolva nell’aria circostante, crea una sorta di figura-diaframma che, solidificata in terracotta, restituisce quasi una rappresentazione antropomorfa. Noi vediamo l’anima, non quella invisibile che ci porterebbe al di là della morte, ma quella prettamente riempita del flusso vitale di aria, quella sostanza invisibile che ci riempie i polmoni ogni giorno. Un soffio che anima il corpo e che, dall’impronta e dal calco, ci è restituito nel materiale artistico

quasi come pelle che avvolge e protegge il nostro corpo. “La pelle come l’occhio è un elemento di confine; il punto estremo in grado di divederci e di separarci da ciò che ci circonda… è l’estrema parte del nostro essere, è l’elemento divisorio del nostro corpo, che a sua volta protegge e contiene, in un certo senso, tutte le cose che ci circondano”. Vediamo l’uomo che, con la sua pelle e la sua intelligenza, con i suoi occhi e i suoi arti, si rovescia sul mondo fisico per esserne il silenzioso e stupito prolungamento: una piega o una ripiegatura. Una possibilità nuova (ma primordiale, quasi biologica) di esserci e di stare al mondo. Dopotutto, come ha fatto capire Merleau-Ponty, il mondo è intorno a me, non di fronte a me: allora la visione che l’artista ci restituisce è “una visione prolungata”, in grado di accettare e comprendere il precario e il contingente, restituendo tutto questo nella forma autonoma dell’arte. Di que-

sta adesione alla realtà, vero e proprio contatto tra la pelle del mondo e quella dell’uomo, tra la terra e il corpo, parla da sempre il lavoro di Penone. In certe occasioni la fotografia aiuta a ricostruire le diverse fasi della nascita e della produzione dell’opera: è, in questi casi, anche documentazione – come se si trattasse di prendere atto di un esperimento scientifico, di verificarne e provarne la riuscita – ma dichiarandosi come opera funziona, dal punto di vista dell’arte, come e quanto un quadro esposto alla parete. La differenza è che con il quadro si vuole aprire una finestra oltre la quale rispecchiare la realtà, mentre con le foto si riproduce quello che è occorso in quel preciso luogo e istante: potremmo dire che le foto scattate a documentare gesti plastici e performance ambientali, come quelle realizzate alla fine degli anni sessanta nelle Alpi Marittime, sono da considerare quadri d’azione e non paesaggi o nature morte.

In certi quadri, come il Giuramento di David e la Decollazione del Battista di Caravaggio, o anche nella formella con il Sacrificio di Isacco del Brunelleschi, il gesto cambia, per volere di Dio o del popolo, il corso della Storia. Qui, invece, il gesto dell’artista produce una differenza nel corso dell’evoluzione naturale o di quella geologica – ad esempio spostando pietre nell’alveo di un fiume o fermando, in un sol punto, la crescita di un albero che vivrà ricordandosi per anni a venire di quel contatto umano. In questi quadri d’azione le cose e i gesti non sono spiegati con un piano iconografico classico, bensì dagli stessi processi in corso e con la lettura dei dati reali: l’opera rivelerà poi, a una lettura più sofisticata, altri messaggi e transiti figurativi, oltre a parole e ritmi che ci ricordano i passi elegiaci inseriti nei grandi poemi virgiliani. Riflessioni sulla vita dell’uomo, sulla durata dei sentimenti, sul trascorrere delle sensazioni e altro, ancora, di indimenticabile nutrimento.


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pp. 320, euro 14,00 In uscita a febbraio 2008

30 milioni di milioni di euro Secondo le proiezioni dell’ultimo rapporto sull’ambiente dell’Ipcc, con una probabilità compresa tra il 90 e il 95% (very likely) il riscaldamento climatico è dovuto alle emissioni di gas serra determinate dalle attività umane, e i possibili scenari futuri che si prospettano sono alquanto problematici. Nonostante l’autorevolezza dell’Ipcc, non mancano le contestazioni sui metodi e sui criteri utilizzati: per elaborare ipotesi sul clima dei prossimi decenni i ricercatori devono ricorrere, infatti, a modelli complessi che comportano un elevato livello di impredicibilità, e in merito al riscaldamento globale le valutazioni non riescono mai a essere del tutto univoche. Le difficoltà che si incontrano nell’individuare le cause e nel predire le possibili conseguenze del fenomeno sono, del resto, alla base del fatto che la comunità scientifica si divide, tuttora, tra interventisti e scettici. Nonostantequeste incertezze, i delegati dei 192 paesi firmatari della Convenzione sul clima del 1992 si sono riuniti a Bali, lo scorso dicembre, per la XIII Conferenza delle Nazioni Unite sul Cambiamento climatico, e hanno gettato le basi per la definizione di un nuovo accordo internazionale che subentri al protocollo di Kyoto dopo il 2012. L’Unione europea si è imposta come leader mondiale nella riduzione delle emissioni di gas serra, presentando gli obiettivi che si propone di raggiungere grazie all’aumento dell’efficienza energetica e all’impiego di fonti rinnovabili, e chiedendo l’imposizione di vincoli a livello internazionale che portino a riduzioni della CO2 del 20-30% entro il 2020, e almeno del 60% entro il 2050.

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In particolare, Germania e Regno Unito stanno già discutendo l’adozione di misure legislative all’avanguardia. L’Australia, grazie all’inversione di rotta decisa dal neo-eletto Presidente Rudd, ha partecipato per la prima volta a un negoziato internazionale sul clima, isolando gli Stati Uniti come unico paese occidentale a non voler sottoscrivere il protocollo. Con un colpo di scena finale, tuttavia, anche l’amministrazione Bush ha aderito al nuovo accordo, che dovrebbe essere vincolante per tutti i paesi firmatari – anche quelli in via di sviluppo – a partire dal 2013. Di fatto, il mercato mondiale si sta orientando verso sempre maggiori investimenti nelle tecnologie verdi, alternative a quelle basate sui combustibili fossili. Il crescente entusiasmo nei confronti dell’energia pulita, nell’era del

picco del costo del petrolio, è dovuto alla percezione che le emissioni di gas serra saranno tassate pesantemente, e potrebbe essere vanificato se i governi tardassero a imporre un prezzo sulle emissioni di CO2 & co. La questione è quindi squisitamente politica: è necessaria un’efficace carbon tax. Anche gli scettici concordano sul fatto che per raggiungere nell’arco di pochi decenni un’economia ad alta efficienza energetica saranno necessari investimenti pari a 30 milioni di milioni di euro all’anno in tutto il mondo: lo 0,12% del pil mondiale.

Bali, Indonesia. XIII Conferenza delle Nazioni Unite sul Cambiamento climatico, 3 – 14 dicembre 2007.


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I luoghi della scienza

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I luoghi della scienza di Laura Viviani

Il Centro EuroMediterraneo per i cambiamenti climatici

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Il Centro EuroMediterraneo per i cambiamenti climatici (Cmcc) apre una nuova prospettiva, tutta italiana, sugli studi del clima: è il primo ente, a livello nazionale ed europeo, a occuparsi esclusivamente dello studio dei cambiamenti climatici e del loro impatto sulle regioni del Mediterraneo, declinando su scala locale gli studi elaborati dall’Ipcc (comitato scientifico fondato nel 1988 dalla World meteorological organization (Wmo) e dall’Environment programme (Unep) delle Nazioni Unite, il cui ruolo è stato tanto rilevante da valergli il premio Nobel per la pace nel 2007). Il Focal Point italiano di questo organismo internazionale fa capo proprio al Cmcc, che raccoglie e coordina lo scambio di informazioni tra l’opinione pubblica e la comunità scientifica, al fine di migliorare l’attività di ricerca e di divulgazione.

Il Cmcc è un consorzio costituito da Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), Fondazione Eni Enrico Mattei (Feem), Università del Salento, Centro italiano ricerche aerospaziali (Cira) e Consorzio Venezia ricerche (Cvr); sono suoi associati, inoltre, l’Università di Sassari e il Consorzio Spaci. Dietro la direzione del professor Antonio Navarra (Ingv), l’ente coordina diversi gruppi di lavoro dislocati su tutto il territorio e, oltre a uno dei centri di calcolo più avanzati in Italia, il suo punto di forza è certamente l’eterogeneità delle competenze dei climatologi, fisici, agronomi, matematici, informatici ed economisti che vi operano. Il centro italiano è attualmente impegnato anche nelle attività connesse a Circe (Climate change and impact research: the Mediterranean environment), il maggior progetto europeo nel suo campo: Circe unisce 62 centri di ricerca europei, mediorientali e nordafricani nella ricerca sugli impatti climatici, visti dal punto scientifico ma anche economico e sociale, ed è finanziato nell’ambito del Sesto programma quadro dell’ Unione Europea per 10 milioni di euro.

Gli obiettivi che il Cmcc si prefigge sono la definizione di un insieme di scenari climatici futuri, basati sulla classificazione dell’Ipcc e adattati all’area del Mediterraneo mantenendo un alto livello di dettaglio, e la realizzazione di un modello globale del “sistema Terra” relativo al ciclo del carbonio, che includa variabili diverse quali gli oceani, i ghiacciai, l’ecosistema marino, quello terrestre e la chimica dell’atmosfera. Focalizzando l’attenzione sul Mediterraneo è possibile ottenere previsioni più complete sugli effetti del riscaldamento globale sulla nostra agricoltura, sulla flora e sulla fauna dell’ambiente al quale siamo abituati: diventa possibile delineare veri e propri scenari socioeconomici futuri. Quelli presentati finora dal Cmcc descrivono il possibile andamento della temperatura e delle precipitazioni sul bacino del Mediterraneo in questi termini: aumento della temperatura al suolo compreso tra 1 e 3 gradi tra il 2021 e il 2050, diminuzione delle precipitazioni nei mesi invernali pari al 20% nei prossimi 100 anni e, con il maggior rischio di siccità, spostamento di alcune coltivazioni tipiche italiane al di fuori del nostro paese.

Queste previsioni, però, non sono formulate per spaventare ed essere presto dimenticate. La collaborazione tra esperti di diverse aree scientifiche rende necessario l’utilizzo di un vocabolario comune per una migliore interpretazione dei dati e una chiara comunicazione dei risultati alla comunità dei decisori politici e ai media. Presso il Cmcc questo vocabolario esclude gli allarmismi, che si rivelano di ostacolo alla comprensione dei problemi e alla definizioni di strategie efficienti per la loro risoluzione nelle diverse aree geografiche interessate: oggi, sia in Europa sia in Italia, grazie a enti come questo si progettano per la prima volta ricerche che mirano a definire strumenti e politiche in grado di sostenere, con le evidenze scientifiche e la previsione di scenari futuri, azioni di risposta efficaci di fronte agli effetti dei cambiamenti climatici.

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Traveller

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Traveller di Michelle Nebiolo

Compensate le emissioni del vostro prossimo volo

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La compensazione delle emissioni di CO2, o “carbon offset”, viene oggi identificata come la panacea contro l’impatto ambientale di molti aspetti della vita moderna, inclusi i frequenti viaggi di lavoro e le vacanze esotiche in paesi lontani. Una parte del successo di questo concetto è dovuta sicuramente alla sua relativa intuitività: per ogni chilometro di itinerario, o meglio per ogni tonnellata di CO2 liberata nell’atmosfera dal mezzo di trasporto scelto, si paga qualcuno perché faccia qualcosa per mitigare i danni ecologici prodotti dal proprio viaggio. Per quanto possa ricordare da vicino la pratica delle indulgenze nel quindicesimo secolo, la compensazione delle emissioni rappresenta una proposta ragionevole per il viaggiatore consapevole (e impegnato) di oggi, soprattutto da quando numerose agenzie di viaggio – tradizionali e online – l’hanno inclusa come optional nei propri pacchetti. Compensare le emissioni del vostro prossimo volo vi costerà infatti una somma contenuta (solitamente tra i 15 e i 60 euro, a seconda della lunghezza della tratta), che potrete semplicemente aggiungere al costo del biglietto al momento dell’acquisto. Consideratela una somma ben spesa, il vostro contributo a un progetto che forse ha ottime potenzialità. Ma non pensate di liberarvi così la coscienza: sarebbe troppo facile.

Non è così facile

Durante il viaggio

L’Ippc (Intergovernmental panel on climate change) delle Nazioni Unite, insignito con Al Gore del premio Nobel per la pace lo scorso ottobre, ha stimato che l’aviazione causa il 2% delle emissioni di CO2 nel mondo, e prevede un aumento di tale dato fino al 3% entro il 2050. L’industria aeronautica sottolinea quanto sia modesta tale percentuale rispetto a quella che compete alla produzione di energia elettrica e al trasporto su gomma, e concretizza il proprio impegno contro il riscaldamento globale costruendo ad esempio mezzi più efficienti, come il Dreamliner della Boeing. Tuttavia, alcuni sostengono che il traffico aereo rimanga particolarmente dannoso per l’ambiente, dal momento che i velivoli emettono una gran quantità di gas nocivi oltre alla CO2, il cui impatto ad alta quota è molto grave per via del cosiddetto forzante radiativo (o forcing radiativo: la capacità dei gas serra di “catturare” la radiazione infrarossa, proveniente dal suolo, che normalmente si disperde nell’atmosfera). D’altra parte, c’è ancora un acceso dibattito in merito al modo migliore di spendere i fondi raccolti per compensare le emissioni dei voli, dovendo scegliere tra impianti eolici, pannelli solari, riforestazione e tante altre soluzioni. Piantare alberi sembra essere la scelta più comune, oltre che la più stereotipata, nonostante gli esperti facciano notare che un albero, quando muore, restituisce all’atmosfera tutto il carbone che aveva assorbito. Cinici e scettici, peraltro, mettono in dubbio persino che le società e le agenzie mantengano le promesse fatte, dopo aver incassato il “sovrapprezzo carbonio-zero”. Nonostante tutto, un numero crescente di passeggeri decide di dare il suo piccolo contributo alla causa.

Dopo aver compensato le emissioni del vostro volo, perché non ridurre l’impronta ecologica della vostra permanenza fuori casa? Quando lasciate l’albergo, spegnete le luci nella vostra stanza e abbassate il riscaldamento o l’aria condizionata fino al vostro ritorno. Appendete sulla maniglia della vostra stanza il cartellino “Non si richiede servizio in camera”: eviterete così di sprecare l’acqua e l’energia elettrica della lavatrice dell’hotel. D’altronde, a casa non cambiate le lenzuola né usate un asciugamano diverso tutti i giorni. Infine, anche se di solito vi spostate in macchina, usate i mezzi pubblici invece di prendere un taxi: scoprirete che si tratta di un modo alternativo, e migliore, di sentire la vera atmosfera della città che state visitando.

095


English version

Contributors

from the USA” in 2001. Amongst

invented by Feynman, Schwinger

the most recent collective art

and Tomonaga, and has worked on

shows in which he has participat-

nuclear

ed, “Flashes” in 2006, at the

physics, ferromagnetism, astro-

Loggia della Mercanzia in Genoa,

physics and biology. He is the

Quando si parla di ambiente, si parla del futuro di tutti. Per questo un anno fa abbiamo avviato il progetto “Ambiente e Innovazione”. Un grande impegno di cui già oggi possiamo vedere i primi importanti frutti. Come ad esempio,

solid

state

regular consultant and commentator for radio and television programmes in Britain.

John McNeill

and “Ecce homo” in 2005, in Pia-

author of a number of books about

cenza; in 2004 he took part in the

science for the general public,

After holding the “Cinco Her-

Biennial of contemporary art of

including The sun, the genome and

manos” Chair in Environmental

Piemonte.

the internet (Oxford University

and international Affairs from

Press, 1999), which discusses

2003 until 2006, he was appointed

Fulvio Conti

whether modern technology could

professor at Georgetown Universi-

A Business graduate of the Univer-

be used to narrow the gap

ty, where he teaches World history,

sità “La Sapienza” in Rome, he has

between rich and poor. In 2000 he

Environmental history, and Interna-

Carlo Carraro

held various managerial positions

was awarded the Templeton prize

tional history.

Professor of Econometrics and Envi-

in large Italian companies before

for progress in religion.

ronmental economics and Chair-

becoming Enel’s Chief financial

man of the Department of Eco-

officer in 1999. He has now been

Armin Linke

Sculptor and conceptual artist of

nomics at the Università Ca’ Foscari

CEO and General manager of Enel

Born in Milan in 1966, he is one

the Arte Povera movement, he

Giuseppe Penone

in Venice, he is member of the sci-

since 2005, and is also on the

of the most important contempo-

exalts the comparison between the

entific board of the Potsdam insti-

council board of Barclays plc and of

rary Italian photographers. In the

energy and materials of art and

tute for climate impact research

one of the world’s most historical

past few years he has focused on

those of nature, with parallelisms

(Pik) and one of the founders of the

musical institutions, the Accademia

the transformations that mankind

worthy of Leonardo da Vinci.

European climate forum. He is

nazionale di Santa Cecilia. He was

has brought to this Earth, forming

Although he does not strive to

Research director of the Fondazione

awarded the honorary degree in

an archive of over 15 thousand

show pleasing works, his elegant

Eni Enrico Mattei and Director of

Electronic engineering at the Uni-

images. A planetary encyclopaedia,

touch reveals the inner beauty of

the climate impacts and policy divi-

versity in Genoa in 2007.

a theatrum mundi, built in about a

our environment.

tre on climate change, and works

Partha Dasgupta

politan journey, which portray the

for the Economic and social

“Frank Ramsey” professor of Eco-

millennial history of our planet, but

With a degree in Solid state phy-

research institute and for the World

nomics at the University of Cam-

also a map of different human

sics, and a PhD in Management

Bank. He is one of the authors of

bridge, and a fellow of Saint John’s

activities and of natural and artifi-

from the Boston Mit, he is a policy

the Third assessment report of the

College, he was named knight

cial landscapes. Amongst his most

analyst and President emeritus of

sion of the EuroMediterranean cen-

NEL RACCONTARTI QUELLO CHE ABBIAMO FATTO QUEST’ANNO, TI RACCONTIAMO IL FUTURO.

reactors,

ten for “The Guardian” and is a

decade: snapshots of his cosmo-

Jorgen Randers

Ipcc, and the co-editor of “Review

bachelor by queen Elizabeth II in

recent shows, he has participated

the Norwegian School of Manage-

of environmental economics and

2002 for services to economics. His

in: “The image regained” at

ment in Oslo.

policy”; he has published thirty

research has covered welfare and

Lugano’s Museo cantonale d’arte,

books and about 200 articles in the

development economics, the eco-

“Side effects” at Milan’s Triennale,

Saskia Sassen

most important international publi-

nomics of technological change,

“Cities on the move” at London’s

Sociologist and economist noted

cations on environmental and ener-

population, environmental, and

Hayward Gallery and “PS1” in New

for her analyses of globalization

gy issues.

resource economics, the theory of

York, in 1999; San Paolo’s Biennial

and international human migra-

games, and the economics of

in 2002, Tirana’s in 2001, and

tion, she is currently “Helen and

Guido Castagnoli

under nutrition. One of his most

Venice’s Architecture Biennial in

Robert Lynd professor” of Sociolo-

Born in Turin and now based in

recent publications is Economics: a

2000.

Genoa, his photographs create –

very short introduction (Oxford

without the use of digital technol-

University Press, 2007).

Mark Maslin Reader

ogy – images which may appear

gy at Columbia University. Amongst the works she has pubat

the

lished in Italy, Città globali (Utet, Environmental

2000), Globalizzati e scontenti (Il Saggiatore, 2002), Le città nell’e-

gli 8 impianti eolici e i 6 idroelettrici aggiunti al nostro parco rinnovabili. Come l’avvio dei lavori per la prima centrale

to be aesthetic clichés, but are

Freeman Dyson

change research centre at London’s

al mondo alimentata a idrogeno. Oppure l’innovativo progetto per il primo impianto dimostrativo per la produzione

really icons of the anxiety of man’s

Now retired, he has been for most

University College’s department of

conomia globale (il Mulino, 2004),

life today. The Fusion art gallery in

of his life a professor of physics at

Geography, he is the author of over

Sociologia della globalizzazione (Einaudi, 2008) and Territorio,

di energia con la cattura della CO2. O come l’installazione dei primi prototipi fotovoltaici

Turin held his solo exhibition

the Institute for advanced study in

seventy articles about plaeoclima-

di nuova generazione nel nostro centro ricerca solare di Catania. Sono i primi importanti

“Mater admirabilis” in 2003, while

Princeton. He unified the three ver-

tology, palaeooceanography and

autorità e diritti (Bruno Mondadori,

passi verso un futuro migliore. Vieni a scoprire tutti i nostri progetti su: www.enel.it/ambiente.

Joice&Co hosted his “Memories

sions of quantum electrodynamics

future climate change. He has writ-

2008).

LA VERA RIVOLUZIONE È NON CAMBIARE IL MONDO.

097


oxygen

098

English version

02 – 01.2008

Gabrielle Walker

Michael Wolf

tion

Having a PhD in Chemistry from

Born in Munich and raised in the

posters. He has been intensively

Cambridge University, she has

United States, he has been living

concerned with the topic of ver-

taught at both Cambridge and

and working as a photographer

nacular culture, and his most

Princeton universities. She is a con-

and author in China for over a

recent work deals with the issue of

sultant to “New Scientist”, con-

decade. In addition to a wide spec-

the cultural identity of the city of

tributes frequently to Bbc radio

trum of publications for interna-

Hong Kong: part of this project are

and writes for many newspapers

tional magazines, he has published

the exhibition “Architecture of

and magazines. She is the author

Sitting in China (Steidl, 2002) and

density”, held in New York in

of Snowball Earth (Bloomsbury,

China im Wandel (Frederking und

2004, the book Hongkong, the

2004) and An ocean of air

Thaler, 2001). Taschen published

front door/the back door (Thames

(Bloomsbury, 2007), and a writer

his documentation of the shaping

and Hudson, 2005), and the

and presenter of Bbc Radio 4’s

of public politics and opinion mak-

“Hong Kong industrial” exhibit in

“Planet Earth under Threat”.

ing comprising his extensive collec-

Basel last year.

Publisher’s note

life-essential resources.

authoritative physicist Freeman

Today more than ever, the climate

Dyson presents us with his doubts

Vittorio Bo,

influences our life through energy

about the statistical projections of

president of Codice edizioni

supply, access to food, and compat-

science; John McNeill and Mark

During the ceremony for the 2007

ibility with our natural habitat. We

Maslin tackle the issue of mankind’s

Nobel Peace prize, which the Nor-

environmental impact, and that of

wegian Academy conferred to Al

know more than ever about CO2 emissions, global warming, sea lev-

Gore and the Ipcc for their efforts

els rising, desertification, and biodi-

develops an interesting analysis of

to disseminate greater knowledge

versity – and this urges us to break

Giuseppe Penone’s work, based on

about the Earth’s problems, both

through national and ideological

change in nature; Fulvio Conti

the American ex vice president and

barriers, making decisions together.

focuses on technological innova-

R.K. Pachauri stressed how dire

After Kyoto and Bali, we need to

tion at the service of a better and

and urgent the situation has

continue the debate and negotia-

more balanced use of energy

become, but also placed emphasis

tions in order to check objectively

resources.

on the possibilities we have to act

on our actions’ progress and, more

and build a better future together.

importantly, to plan new actions on

We hope to spark reflection, and to

Gore said that “it is time to make

all levels – global, national and

help in making a wider circle of

peace with the planet” and that we

local.

people aware of the choices about

should act collectively, on a widely

of

Chinese

propaganda

our responsibilities; Sergio Risaliti

development and our future life on

international level like the free

The second issue of “Oxygen” is

nations have done against war

completely focused on these issues,

crimes, “in defence of our common

in our attempt to foster thoughts

future”, thinking about the future

and real proposals about them; it

generation – quoting Ibsen – which

presents some of the voices of the

will come knocking on our door

third Sciences’ Festival in Rome (14-

someday, but which is already here

20 January 2008), “Global Con-

to remind us of our responsibilities.

Science. Global challenges and the science we want”, inaugurated by

Pachauri – recalling Indian philoso-

the Ipcc director himself.

phy’s profound wisdom – defined

Economists like Carlo Carraro,

the whole universe as a family, in

Saskia Sassen and Parta Dasgupta

which the concept of peace is strict-

tell us about the possibilities and

ly dependent from safe access to

the limits of development; the

Earth.

099

Editorial Gianluca Comin, Editor in chief Kyoto’s validity has been questioned, legitimately, more than once. However, we cannot forget its strategic value, in political and economic terms, and the influence it has had on public awareness: the protocol represented the first real sign of the industrialized world’s will to recognize human activity’s environmental impact and, most importantly, to find solutions to remedy for it. The Conference which rounded up scientists, politicians and activists from over 200 countries in Bali, last December, in order to plan the strategies which will follow the implementation of the protocol’s directives, confirms and strengthens that will, and sets the bases for a new project in which we will al participate. In the past we have seen the opinions about global warming multiply, making it a central and fundamental element of a more profound issue: how humanity is going to imagine, first, and build, consequently, a fair and sustainable future, which will be able to respond to the different needs – those of industrialized countries and those of emerging economies – while designing a new relationship between man, technology and nature.

It is a complex and delicate matter, because of its all-including meaning, which includes both current issues – the quality of our everyday life –, and future projections that must be planned from now in their essential strategic traits, and followed-up by effective plans of implementation.

quantity of research projects which built climatic models, made forecasts and warned us about the risks we are taking, many contrasting and equally authoritative claims have started. The number of different theses now resembles that of the different solutions suggested.

In any case, we can say this for sure, development will have to be, first of all, technological. It is only with technology born from a broad vision, aiming at our habitat’s and our own wellbeing, that we can reach the true sum total of the words “environment” and “innovation”, and achieve a positive and long-lasting result.

Fostering the debate amongst economists, physics, historians, urbanisation experts, biologists and artists, each one according to their particular point of view, is of paramount importance, not merely as far as communication is concerned. As you can see in this issue, the result is fruitful and full of details. We hope that future developments will be just as numerous and useful.

Enel, by means of its Environment and Innovation Project, has planned to invest in the development of renewable and innovative technologies for the energy sector in the next five years: this will allow us to meet our short-term needs while, at the same time, working within the framework for our long-term goals. Perhaps we should then remind ourselves of an important fact: scientists, who were the first to denounce the issue of climatic changes, do not stand in a single compact front. In the past few years, along with an impressive

Our wish is, in fact, that dialogue will find a way to join development and environment, so that these two concepts will not divide the objectives and intentions of those who work for our future with our same dedication.


oxygen

100

English version

02 – 01.2008

Interview with Carlo Carraro What will happen to Kyoto?

protocol

industrialised

col but are not required to reduce

such, has introduced some valu-

take responsibility for it, how we

Which countries are setting a

countries to decrease their pollut-

their greenhouse gas emissions yet.

able innovations, both political and

will achieve it, and what role will

good example?

ing emissions (relating to carbon

The United States’ decision to

economic. It represents one of the

the developing countries have, all

Northern European countries more

Despite the minimal impact it

dioxide and to other five green-

refuse the Kyoto protocol was

first attempts at global gover-

remain undecided matters. More in

than any other have substituted

is destined to have – between

house gases, i.e. methane, nitrous

voted by the American Senate by a

nance, and has sparked a process

detail: at what point of their

fossil fuels, largely responsible for

the American refusal, the

oxide, hydrofluorocarbons, perflu-

wide majority of 98 votes out of

which will have important reper-

growth process will developing

greenhouse gas emissions, with

obliges

Italian lag and the developing

orocarbons and sulphur hexafluo-

100; this position was justified by

cussions. Furthermore, it brought

countries start limiting their green-

renewable energy yielding zero

countries’ exemptions – the

ride) by at least 5,2% compared to

the preoccupation that Kyoto

about emission trading markets,

house gas emissions?

emissions. This is the path to follow

Kyoto protocol represents an

the levels recorded in 1990 – cho-

would strongly penalise the Ameri-

which lead companies around the

Economics will probably maintain a

in the medium term. Significant

important first step to tackle

sen as the base year – within the

can economy, while having little

world to take the cost of emissions

crucial role.

investments

the problem of global warming.

2008-2012 period. It was decided

effect otherwise, as it does not

into consideration when making

The emission permit markets,

required to make renewables, and

that this treaty would become

include the main developing coun-

production and investment deci-

which are starting up now, will

solar power especially, competitive

sions.

continue to be at the very centre of

with fossil fuels. We need to incen-

international agreements regarding

tivize the adoption of new tech-

in

research

are

December 11th 2007 marked the

effective after at least 55 countries,

tries in any numerical limitation.

tenth anniversary of the Kyoto pro-

producing at least 55% of the pol-

However, both in public opinion

tocol’s approval, and on February

luting emissions, had signed it. This

and in the political quarters, a

What are the Kyoto protocol’s

What is the situation in Italy,

now we have five years to reduce

emission’s reduction, although

nologies that save or produce ener-

16th 2008 three years will have

requirement was met only in

strong consensus is building in the

weaknesses and strengths?

regarding the Kyoto protocol?

them by 19,5%. Mission: impossi-

with different rules.

gy, and we need markets, both real

passed since it became effective. In

November 2004, when Russia rati-

United States in favour of the

The Kyoto protocol’s main weak-

Are the goals to which we are

ble. The only chance that our coun-

Going beyond Kyoto, great impor-

and financial, to help companies

the next five years, the signatory

fied the protocol – which thus

adoption of policies similar to

ness is its scarce effectiveness in

committed achievable?

try has to reach its goal, is to buy

tance will be given to policies

invest in such new technologies.

countries have committed them-

came into force ninety days later.

those included in the Kyoto proto-

reducing emissions. It must be con-

Italy is a non-complying country:

emission reductions from other

favouring energy efficiency which

But we also need short-term meas-

selves to implementing its objec-

Which countries have not si-

col, although there is no consensus

sidered a first step towards more

we are very far from achieving the

countries on the European permit

can yield significant improvements

ures. We should implement emis-

tives – which are, however, still a

gned, and why?

around the protocol itself.

ambitious goals, such as those pin-

goals to which we committed our-

market (Ets, Emission trading sys-

at low cost, e.g. installing heat

sion-reducing policies that benefit

topic of discussion.

The Kyoto protocol has been rati-

pointed by the European Union

selves in Kyoto. In 1998 I wrote, in

tem), for example, or to invest in

pumps for house-heating or mak-

the local level, e.g. limiting urban

fied by 174 countries, including

What kind of impact is the Kyo-

under Chancellor Merkel’s urging,

an article for “Il Sole 24 Ore”, that

developing countries (Cdm, Clean

ing energy-saving light bulbs wide-

traffic and the consequent pollu-

Can you explain what the Kyo-

Australia since December 3rd

to protocol having, and what

which

to

“Our target emission reduction,

development mechanism).

spread. Increasing research invest-

tion in the cities. Low-cost strate-

to protocol is, in a nutshell?

2007. The United States are

will it have in the future?

decrease by 20% by 2020, and by

according to Kyoto and to the fol-

On top of this, Italy should start to

ments will focus especially on

gies are also necessary, such as the

The Kyoto protocol is an agree-

amongst the few who have not

The Kyoto protocol’s impact is, and

50-60% by 2050.

lowing Luxemburg agreement, is

think about a thorough defence

renewable sources, solar power

conversion of coal power stations

ment which was signed in Decem-

agreed to sign, and they are

will be, very limited. If the United

Kyoto’s main strength is represent-

-6,5% compared to 1990. Howev-

plan. Our environment is highly

first and foremost, while the use of

or their use with carbon sequestra-

ber 1997, but which came into

responsible for about one third of

States signed on, the emissions’

ed by the economic mechanisms it

er, we are closing 1998 with a

vulnerable, and ongoing climatic

alternative sources that we already

tion technologies. We should

force only in February 2005, bind-

global emissions. Kazakistan has

reduction would be of barely 5,2%

has introduced in order to minimise

4,5% increase in greenhouse gases

changes could cause relevant dam-

know of, including biofuels, will be

accelerate the creation of global or

require

emissions

ing the developed signatory coun-

signed, but has not ratified the

compared to 1990, and therefore

the cost of reducing emissions.

compared to 1990 (according to

age. It is of primary importance to

encouraged.

regional institutions which could,

tries to reducing their greenhouse

protocol yet. Furthermore, India

the average temperature would

Being able to trade permits on the

data by the Environment Ministry).

protect the coastal area, the alpine

Beyond Kyoto there will be room

in the future, manage relevant

gas emissions. More into detail, the

and China have ratified the proto-

processes for emissions’ reduction

decrease of merely 0,1 degrees by

European market, or to buy certifi-

In

have

valleys, the infrastructures and the

for adaptation policies, as well as

2050. Since the United States

cates thanks to reductions in devel-

increased by 15% in transportation

settlements which are at risk

emissions’ reduction: we will start

and

show no intention of signing the

oping countries (which can later be

and 10% in thermoelectric plants.

because of the climate alterations

defending ourselves from the

changes. In this respect, and espe-

protocol, and since its terms have

sold on the European market),

Therefore the goal we should

that will come.

impacts of climate change.

cially for the Mediterranean area,

been “watered down” in the past

allows companies which reduce

achieve within 2012, without there

How will we do that?

Italy could take a leading position

years (especially with the Mar-

their emissions to obtain significant

being further increases in green-

Beyond Kyoto, what other in-

We must launch a substantial

and play a relevant role.

rakech negotiations in 2001),

economic benefits as well.

house gas emissions, would be -

struments do international poli-

investment plan to protect the coastal areas and their urban,

particular,

emissions

Kyoto’s role in controlling climate

At any rate, it blunts the cost of

11%. However, as projections lead

tics have against global war-

change is almost irrelevant. Even if

emissions’ reduction and allows for

us to expect a further increase of

ming?

tourism, economic and connection

we can imagine reducing global

better planning of future invest-

emissions by +8-12% between

The “future” of international poli-

infrastructures.

greenhouse emissions by 5,2% by

ments. The emissions’ permit mar-

1990 and 2012, our real goal

tics, for the control of climate

We must also protect the roadways

2012, as was required, the average

ket is now starting up, after first

should vary between -14,5% and

changes and of their impacts, will

and settlements from the risk of

temperature in 2050 would be at

being set up in Europe in 2005, in

-18,5%”.

soon begin. Negotiations have

flood, provide an efficient water-

least 2 degrees higher than now,

California and on the East Coast

Ten years later, my forecast –

already started about the long term

supply system in order to make up

the sea level would rise of about

(despite the Bush administration’s

strongly criticised at the time –

goals to achieve, and there seems

for summer draughts, modify the

30-50 centimetres, and rainfall

opposition), and in Canada and

appears correct, if not optimistic.

to be a certain consensus, even in

structures that were designed for

would decrease of about 20% – as

Japan.

By the end of 2006, emissions in

the United States, about the 50%

tourism’s winter season because

stated by the latest Ipcc report.

These markets will soon become

Italy had increased 13% compared

global reduction target by 2050.

our winters will be milder, and pre-

Despite all of this, the Kyoto proto-

an important part of the world’s

to 1990. They have not decreased

However, how this global reduc-

vent fires, new viral diseases, and a

col is an important first step and, as

financial markets.

in 2007. The consequence is that

tion will be distributed, who will

slump in agriculture’s productivity.

adaptation

to

climatic

101


oxygen

English version

02 – 01.2008

World environmental history: the first 100.000 years

102

Amongst the abundant possible

human or hominid, learned how to

began to spread to other conti-

The species most affected were the

rus mountains in the Middle East.

themes, I will explore only one:

harness fire and then to make it.

nents. In Africa our remote ances-

big

However, had it happened earlier

world history as environmental his-

This was one of the great turning

tors had co-evolved over many mil-

hunters with the most food for

somewhere in the tropical rain

tory. Environmental history as a

points of human history, although

lennia with various microbes that

their efforts. Soon after people

forests, or along coastlines now

mammals

that

provided

by John McNeill

self-conscious enterprise is now

we do not know when it hap-

fed upon them and with animal

arrived in Australia, many species

submerged (sea level was about

The evolution of the human

about thirty years old in the United

pened. Informed guesses suggest

prey upon which they fed. This

of large mammals went extinct.

100 meters lower 10.000 years

species depends on the ability

States. It has practitioners all

maybe half a million years ago,

checked hominid biological suc-

The same thing happened in the

ago), we would not know. It seems

to modify nature: from fire to

around the world, most of whom

which is before the appearance of

cess. Once out of Africa, however,

Americas. It also happened much

to have happened independently

fossil fuels, a look at environ-

write local and regional histories.

Homo sapiens sapiens. It allowed

our ancestors stole a march on the

later when people first got to pre-

at least five or seven times, perhaps

mental history shows how deep

These may be histories of the

our ancestors to shape landscapes,

rest of nature.

viously uninhabited island such as

more, all between 11.000 and

and ancient our “footprints”

processes

environmental

through burning of vegetation, to

They left some of their pathogens

Madagascar (about 2.000 years

4.000 years ago, and to have

in Eurasia), their health got worse

agriculture. In village settings,

really are.

change, concerned with fish and

suit our purposes: for example,

and parasites behind, bringing

ago) and New Zealand (1.000 years

spread from each point of origin

still. Some of the diseases that

nutrients from the soil cycled

forests for example. Or they may

turning forest into grassland better

90.000 years of comparatively

ago). Sometimes these waves of

(Bellwood, 2005; Zeder et al.,

infected livestock evolved into

through plants and human bodies,

be accounts of what people have

suited to our hunting skills and

good health. They also walked into

extinction are put down to other

2006).

human diseases such as measles,

and eventually returned to the soil.

“Had we but world enough, and

of

time,” wrote Andrew Marvell to

thought and written about nature,

attractive to the big herbivores that

landscapes brimming with naïve

things, such as climate changes.

tuberculosis, influenza, and small-

With the rise of urban populations,

begin one of the funniest poems

in effect a branch of intellectual

are the most rewarding prey. Fire

animals that had never been

Probably the truth of the matter is

Food production allowed much

pox. Where human populations

nutrients moved from the fields into cities, where they accumulat-

ever penned in the English lan-

and cultural history. Or they may

proved useful in keeping big carni-

stalked

projectile-throwing

that both human predation and cli-

denser human populations. It

were dense enough, these diseases

guage. Many of us who teach

concern the politics and policies

vores at bay, especially at night,

upright apes capable of coordinat-

mate change were often involved,

required a more sedentary lifestyle.

could circulate endlessly (Diamond,

ed. Carrying human excrement

world history feel we already have

surrounding the environment.

improving our ancestors’ survival

ing their hunting efforts through

in different proportions in different

It involved the gradual creation of

1997). Happily, to some extent the

(“night soil”) from cities to the

by

chances. Cooking widened the

language. They were, in effect, an

settings. Climate change had noth-

new, domesticated, breeds of

presence of livestock improved

fields compensated somewhat for

much time. It is no easy business to

Environmental history on the glob-

range of possible foods we can

exotic invasive species in Asia,

ing to do with the extinctions on

plants and animals. Fields and gar-

human diet, especially where dairy

the long-term drawdown of soil

distill a coherent grand narrative

al scale is only half as old. The first

digest, improving nutrition. In

Europe, Australia (by perhaps

Madagascar or in New Zealand,

dens replaced forest and meadow.

cattle could be raised (and adult

nutrients. But the distance over

from the infinitude of data.

efforts in this vein were written in

short, fire changed our ancestors’

60.000 years ago) and the Americ-

but in the Americas the arrival of

When people learned to irrigate

human populations developed the

which such measures were practi-

Many prior efforts to do so, both

the early 1990s by geographers,

place in nature, and reduced the

as (at least 14.000 years ago).

humans coincided with rapid

crops, it came to involve a new

capacity to digest milk: in a sense,

cal was much smaller than the dis-

courses and books, make poor

and in one case by a cashiered

chance they might go extinct, as

As invasive species often do, they

warming at the end of the last Ice

connection to fresh water. It

domestication of animals produced

tance over which it was practical to

examples.

bad

mandarin from the Foreign Office –

most branches of our genus did.

flourished in these new land-

Age (Barnosky et al., 2004).

amounted to a thorough revolu-

a domestication of humans too, in

send food to cities. So over time,

example is to present world history

Clive Ponting, who in his 1991 A

About 100.000 years ago, our

scapes, reproducing prolifically and

tion in the human environment

that genetically modified humans

cities reduced the fertility of the

ancestors walked out of Africa and

causing havoc for other species.

fields that supplied them, especial-

to cover too much world and too

One

common

as the story of western civilization

green history of the world revealed

Whatever the constellations of

and the human relationship to

evolved to fit agricultural circum-

with a few odds and ends tacked

sensitive truths about British con-

causes may have been, these

nature.

stances. One such adaptation, con-

ly cities perched on riverbanks or

on around the edges.

duct in the Falklands War of 1981,

extinctions had important historical

fined to parts of Europe, the Mid-

seacoasts, because their wastes

Another is to present it as a horse

which cost him his Foreign Office

consequences. Australia lost all of

Although human populations grew

dle East, and Africa, was the devel-

were often dumped into the water

race of civilizations, in which pri-

career. More recent attempts, by

its largest marsupials, including

in size, they shrank in stature.

opment of adult lactose tolerance).

and thus their nitrogen and phos-

macy passes from here to there

historians such as John F. Richards,

one the size of a rhinoceros. North

Skeletal remains show that on

City life, which began about 5.500

phorus was forever lost to farmers’

over the centuries, and in which

have taken on only selected cen-

America

sloths,

average early farmers were shorter

years ago, marked a new stage in

fields (McNeill and Winiwarter,

Europe overtakes the field in the

turies. There is no single place to

mastodons, camels, and horses.

than their hunting and foraging

world environmental history.

2005). Until the age of chemical

homestretch.

go to get a handle on world envi-

This left human populations in the

ancestors. They ate less varied diets

Urban populations generally were

fertilizers, the only way to counter-

While I think it is possible to pres-

ronmental history. So what might a

Americas with very little to work

and generally ate less animal pro-

so unhealthy that they could not

act this nutrient loss was the use of

ent a defensible general narrative

world environmental history course

with in terms of potentially domes-

tein than did non-farmers. They

reproduce fast enough to offset

manure from animals that grazed

of the human career, all such

look like?

ticated animals, something that

suffered more often from vitamin-

their mortality, and were sustained

in forests or on meadows. They in

would cost them dearly after 1492.

deficiency diseases. Living seden-

only by constant influx from the

effect imported nutrients to farm-

tary lives they lived among their

surrounding countryside.

ers’ fields while feeding cities

own wastes, and consequently suf-

Cities were black holes for popula-

exported them. Hence, as one Polish nobleman of the sixteenth cen-

efforts – including some of my own

lost

giant

books – inevitably sacrifice a good

The longest durée

deal for the sake of brevity.

Let us start at the beginning. For

Farming and cities

most of the human career, we lived

About 10.000-11.000 years ago,

fered more from gastro-intestinal

tion until improvements in sanita-

One escape from this challenge is

in small bands and roamed large

perhaps

climate

diseases. Their lives, like their bod-

tion and disease control about 100

tury so pithily put it (Gostomski,

to take on only a slice of world his-

territories. It is hard to know much

change, people began to produce

ies, were shorter than those of

years ago. The natural decrease

1951), “manure is worth more than a man with a doctorate”.

spurred

by

tory by privileging a chosen theme.

about these millennia, but much of

food by domesticating plants and

hunters and foragers. But they

(surplus of deaths over births) in

This obviously sacrifices compre-

what little we can know has to do

animals. This transition, long and

reproduced faster than any other

London in 1750 was so great it

hensiveness in the quest for coher-

with the human involvement with

justly regarded as another of the

human population (Cohen, 1989;

canceled half the natural increase

According to a new and controver-

ence. For some teachers this will be

the environment. It was surprising

great turning points in human his-

Bocquet-Appel and Naji, 2006).

of all of England (Macfarlane,

sial hypothesis, agriculture may

the wrong choice, but for others it

ly eventful. First and foremost, at

tory, seems to have occurred first in

When farmers came to live cheek

1997).

also have affected climate. Around

may be the best one.

some point our ancestors, whether

the foothills of the Zagros and Tau-

by jowl with their livestock (mainly

City life also created problems for

8.000 years ago, it seems, the con-

103


oxygen

104

English version

02 – 01.2008

eliminating dinosaurs and clearing

centration of carbon dioxide (the

world

history

The economic globalization that

to get lots of work done. The main

Oil, by the 1950s the main fossil

chief greenhouse gas) in the Earth’s

between the emergence of agricul-

followed in the wake of Columbus

way to do it was through human

fuel, made energy cheaper than

the path for mammals.

atmosphere began to climb slowly.

ture and modern times.

and other mariners of the fifteenth

muscle power, supplemented in

ever before. In combination with

This perspective on world history

This came after about 2.000 years

John Iliffe made it the central

and sixteenth centuries brought

cases with animal muscle and in a

new machinery, cheap oil made it

helps us to understand how pecu-

of declining CO2, and when,

theme of African history in his sur-

other effects beyond a flurry of

few select locations, wind or water

economically practical to lop the

liar our own times are, and in some

according to climate models based

vey, Africans: The History of a Con-

ecological exchange. Commodity

power. Most everything, from

top off of mountains in search of a

respects

on earlier alternations of ice ages

tinent, in which Africans are cast as

markets emerged with long-dis-

building pyramids to carrying

few grams of gold. Cheap oil (and

arrangements are. Cheap energy has become a sine qua non for

environmental

how

fragile

modern

and interglacials, the CO2 levels

world history’s frontier farmers par

tance reach. The demand for silver

freight, required muscle power.

chain saws) made possible a sud-

should have continued to fall. How

excellence, struggling to carve their

in China drove a worldwide mining

This was a great constraint on how

den spurt of cutting and burning in

most societies and states. We could

could this happen? William Ruddi-

fields from the forests and keep

boom, most rewarding in Japan,

much work could be done, and

the world’s tropical rain forests

not feed ourselves without it, and

man, an environmental scientist

wild animals at bay.

and climate historian, thinks it happened because agriculture spread

Mark Elvin sees Chinese history in a

far and wide. Farmers cut and

similar light, as an epic of frontier

Globalization

Mexico, and the Andes. Mining

therefore how much wealth might

after 1960, a major ecological

hundreds of millions of us could

everywhere changed the face of

be created. It also accounted for

change of our times, and one that

not get enough water to drink

the Earth, spurred deforestation,

the widespread practice of slavery

could not have happened quickly

without it. It is a safe bet that ener-

All this furthered the frontier epics

and, in the case of silver, which was

in the preindustrial era, as there

without oil.

gy history will be at the center of

burned enough forest to send

expansion of the Chinese styles of

and industrialization

of agricultural expansion; it also

most efficiently separated from its

was no more efficient way to get

The power of cheap energy to

environmental history, and proba-

about 200 billion tons of CO2 into

agriculture, slowly taking over

From the earliest times, humans

promoted a slow process of eco-

ores by use of mercury, brought

big things done than to amass

enable

bly world history as well, in the

the atmosphere.

more and more land, assimilating

also affected environments by

logical homogenization, whereby

lethal pollution. Fur and hide mar-

human muscle.

changes, to make things happen

century ahead.

This may have forestalled the next

or expelling other peoples, and all

moving

and

humankind altered ecosystems so

kets animated a global hunt for

faster and more broadly than they

(Please refer to Italian version for recommended reading)

plants,

animals,

sweeping

ecological

ice age. Ruddiman also thinks the

the while chiseling the earth into

microbes around, both intentional-

as to raise a handful of rewarding

beaver, seals, and deer, altering

Fossil fuels changed all that. They

otherwise could, reached every

advent of irrigated rice farming,

paddies and plots.

ly and accidentally, a process we

crops (McNeill, 2001).

population dynamics and ecosys-

represent a subsidy from the geo-

corner of the globe. Cheap oil

around 5.000 years ago, resulted in

Elvin assigns the Chinese state a

may call ecological exchange.

A famous pulse of ecological

tem balances in northern North

logic past, bestowed upon the last

made the fertilizers and pesticides

extra doses of methane in the

key role in promoting this frontier

Wheat, for example, somehow got

exchange followed upon Colum-

America, for example, where

six or seven human generations

of modern agriculture feasible, as

atmosphere.

process, which is quite different

from the site of its original domes-

bus’s voyage from Spain to the

beaver had before 1800 played a

(and probably the next several as

well as the agricultural machinery

Methane is also a greenhouse gas,

from the African story Elvin tells.

tication, in southwest Asia, to

Americas in 1492. After the origi-

key role in shaping the landscape

well). Their ecological effects were,

and transport networks that help

and its rising concentrations over

But as ecological phenomena, the

China by 1500 BCE. In times and

nal human invasion of the Americ-

(and especially the waterscape).

and remain, enormous.

bring food from fields to tables

the past five millennia have helped

general pattern is quite similar

places where conditions (e.g.

as toward the end of the last Ice

Markets for sugar inspired the cre-

First of all, fossil fuels made the big

almost everywhere. Without it the

warm the earth. These views are

(Iliffe, 1995; Elvin, 2004).

peace) promoted travel and trade,

Age, very little interaction took

ation of a plantation complex, first

cities of the industrial era. They

yields of agriculture would be

the spread of crops, and presum-

place between the Americas and

around

shores,

allowed enough food to be

roughly half of what they are, and

reactions. If they are correct, they

Like sagas of epic agricultural

ably weeds and pests too, acceler-

the rest of the world. The history of

then on Atlantic islands, and on

brought in fast enough to keep

the quadrupling of human popula-

mean that human behavior has

expansions also characterize the

ated. In the heyday of the Silk

the western and eastern hemi-

the largest scale in northeastern

millions of people alive. They made

tion since 1910 could not have

been affecting climate in signifi-

history of the Indian and European

Road, for example, China and the

spheres, although showing some

Brazil and the Caribbean lowlands.

the factory labor of the toiling

occurred. So it is sensible to regard

cant ways for 8.000 years, rather

subcontinents, and the Americas

Mediterranean world exchanged

parallels, remained separate. But

Sugar meant deforestation, rapid

masses so much more productive

cheap energy as the defining char-

than merely in the last two cen-

as well. Wherever human popula-

numerous useful plants and ani-

after 1492, as Alfred Crosby mem-

soil nutrient depletion and biodi-

that factory owners, and eventual-

acteristic of modern environmental

turies (Ruddiman, 2005).

tions became large and dense it

mals: China acquired grapes, peas,

orably showed, the flora and fauna

versity loss (Richards, 2003; Dean,

ly laborers, could afford to con-

history – perhaps of modern histo-

happened because of successful

alfalfa, sesame, camels, and don-

of the two hemispheres mixed

1995; Funes Monzote, 2004).

sume cotton, tea, sugar and other

ry in general – more important

For many millennia, agriculture

agriculture.

keys in the era of the Han and

together with tumultuous results.

The process of economic and eco-

products brought from far conti-

even than ever-evolving technolo-

remained the most important way

Large and dense populations (or at

Roman Empires (c. 200 BCE to 200

Eurasian and African diseases ran

logical globalization lurched into a

nents, changing the landscapes of

gies, science, and forms of human

in which humankind affected the

least the less well off people within

AD). Sea routes made ecological

rampant among Amerindian popu-

higher gear around 1500, and is

India, Egypt, and the Caribbean.

organization. It also makes sense

environment. Agrarian societies

them) normally felt a need to

exchange feasible over enormous

lations, reducing them by 50-90%

still in motion. Overlaid upon it,

(Initially, in the first two genera-

to see the modern period as much

out-competed all others for the

migrate, to expand or to set up

distances. African millets that did

between 1500 and 1650. Eurasian

since about 1800, is the emer-

tions, industrial laborers were more

more disruptive and unstable than

most fertile and well-watered

new colonies.

well in dry environments were

livestock colonized the grasslands

gence of high-energy society,

malnourished than their country

earlier ones in environmental histo-

taken to India, expanding the

and some of the forests of the

based on fossil fuels.

cousins. Like the Neolithic Revolu-

ry, at least as far as human-induced changes are concerned.

new and have provoked mixed

lands, pushing pastoralists and

Mediterranean

hunter-foragers to the margins.

Wherever they had the power to

potential of agriculture in the sub-

Americas. Wheat, barley, oats,

The Industrial Revolution is often

tion before it, the Industrial Revolu-

Slowly, inexorably, human numbers

drive off, kill off, or absorb hunter-

continent; bananas from Southeast

African rice and a few other crops

regarded as a turning point in

tion at first made human beings

grew, and more and more land

foragers and pastoralists, they did

Asia came to East Africa, improving

found niches. Going the other way,

world history as seen from an eco-

shorter in stature). Fossil fuels were

became field, pasture, and garden.

so. And so, eventually, agriculture

the prospects of farming in the

maize and potatoes spread widely

nomic and social point of view. It is

a dirty innovation. The first indus-

be extended back so as to include

Agro-ecosystems spread.

covered one-third of the Earth’s

moist

around

in Eurasia and (maize, anyway) in

even more clearly a turning point

trial cities, in Britain, were horribly

ice ages and major bolide impacts

Domesticated animal populations

land surface, arguably the largest

African’s great lakes. Polynesian

Africa. How different would Irish

from the point of view of environ-

polluted as a result of the burning

such as that of 65 million years

flourished. Forest and other wild

environmental impact (such things

seafarers brought a suite of crops

history be without the potato?

mental history. Prior to the harness-

of coal (Thorsheim, 2006). Mining

ago, conventionally credited with

lands shrank back. This slow fron-

cannot be reliably quantified) of

and a few animals throughout the

Argentina’s without wheat and

ing of fossil fuels, people had great

coal, like drilling oil, was a messy

bringing about the most recent

tier process is the main theme of

the human race.

South Pacific.

cattle? (Crosby, 1972).

difficulty deploying enough energy

business itself.

mass extinction in Earth history,

forest

regions

This argument cannot, of course,

105


oxygen

English version

02 – 01.2008

106

gy are poorly understood. They

To represent this local warming by

must be better understood before

a global average is misleading. The

we can reach an accurate diagnosis

fundamental reason why carbon

of the present condition of our

dioxide abundance in the atmos-

planet. When we are trying to take

phere is critically important to biol-

care of a planet, just as when we

ogy is that there is so little of it. A

are taking care of a human patient,

field of maize growing in full sun-

diseases must be diagnosed before

light in the middle of the day uses

they can be cured. We need to

up all the carbon dioxide within a

observe and measure what is going

meter of the ground in about five

on in the biosphere.

minutes. If the air were not con-

Everyone agrees that the increasing

stantly stirred by convection cur-

abundance of carbon dioxide in

rents and winds, the maize would

the atmosphere has two important

stop growing.

consequences, first a change in the

A heretic in Kyoto

physics of radiation transport in the

About a tenth of all the carbon

atmosphere, and second a change

dioxide in the atmosphere is con-

right, but they still need to be chal-

There is no doubt that parts of the

ice-cap or city or road or parking-

Changes in farming practices such

and trees is limited, but there is no

in the biology of plants on the

verted into biomass every summer

lenged. I am proud to be a heretic.

world are getting warmer.

lot. This is the half of the land that

as no-till farming, avoiding the use

limit to the quantity that can be

ground and in the ocean.

and given back to the atmosphere

All the fuss about global warming

I am not saying that the warming

is covered with soil and supports

of the plow, cause biomass to

stored in topsoil. To grow topsoil

Opinions differ on the relative

every fall. That is why the effects of

The dogmas of global warming

is grossly exaggerated. Here I am

does not cause problems. Obvious-

vegetation of one kind or another.

grow at least as fast as this. If we

on a massive scale may or may not

importance of the physical and bio-

fossil-fuel burning cannot be sepa-

need to be challenged: how

opposing the holy brotherhood of

ly it does. Obviously we should be

Every year, it absorbs and converts

plant crops without plowing the

be practical, depending on the

logical effects, and on whether the

rated from the effects of plant

about considering the idea that

climate model experts and the

trying to understand it better. I am

into biomass a certain fraction of

soil, more of the biomass goes into

economics of genetically engi-

effects, either separately or togeth-

growth and decay.

carbon dioxide could be useful

crowd of deluded citizens who

saying that the problems are gross-

the carbon dioxide that we emit

roots which stay in the soil, and

neered crop-plants.

er, are beneficial or harmful.

There are five reservoirs of carbon

to us?

believe the numbers predicted by

ly exaggerated. They take away

into the atmosphere.

less returns to the atmosphere. If

It is at least a possibility to be seri-

The physical effects are seen in

that are biologically accessible on a

by Freeman Dyson

the models. Of course, they say, I

money and attention from other

We do not know how big a frac-

we use genetic engineering to put

ously considered, that China could

changes of rainfall, cloudiness,

short time-scale, not counting the

I should say at the start that as a

have no degree in meteorology

problems that are more urgent and

tion it absorbs, since we have not

more biomass into roots, we can

become rich by burning coal, while

wind-strength and temperature,

carbonate rocks and the deep

scientist I do not have much faith in

and I am therefore not qualified to

more important, such as poverty

measured the increase or decrease

probably achieve much more rapid

the United States could become

which are customarily lumped

ocean which are only accessible on

predictions.

speak. But I have studied the cli-

and infectious disease and public

of the biomass. The number that I

growth of topsoil.

environmentally virtuous by accu-

together in the misleading phrase

a time-scale of thousands of years.

Science is organized unpredictabil-

mate models and I know what they

education and public health, and

ask you to remember is the

I conclude from this calculation

mulating topsoil, with transport of

“global warming�.

The five accessible reservoirs are

ity. What scientists do is to arrange

can do. The models solve the equa-

the preservation of living creatures

increase in thickness, averaged

that the problem of carbon dioxide

carbon from mine in China to soil

In humid air, the effect of carbon

the atmosphere, the land plants,

things in an experiment to be as

tions of fluid dynamics, and they

on land and in the oceans, not to

over one half of the land area of

in the atmosphere is a problem of

in America provided free of charge

dioxide on radiation transport is

the top-soil in which land plants

unpredictable as possible, and

do a very good job of describing

mention the most important of all,

the planet, of the biomass that

land management, not a problem

by the atmosphere, and the inven-

unimportant because the transport

grow, the surface layer of the

then do the experiment to see

the fluid motions of the atmos-

the problems of war and peace

would result if all the carbon that

of meteorology. No computer

tory of carbon in the atmosphere

of thermal radiation is already

ocean in which ocean plants grow,

what will happen. You might say

phere and the oceans. They do a

and nuclear weapons.

we are emitting by burning fossil

model of atmosphere and ocean

remaining constant.

blocked by the much larger green-

and our proved reserves of fossil

that if something is predictable

very poor job of describing the

fuels were absorbed. The average

can hope to predict the way we

We should take such possibilities

house effect of water vapor.

fuels. The atmosphere is the small-

shall manage our land.

into account when we listen to

The effect of carbon dioxide is

est reservoir and the fossil fuels are

predictions about climate change

important where the air is dry, and

the largest, but all five reservoirs

then it is not science.

clouds, the dust, the chemistry and

Land management and climate

increase in thickness is one third of

So, when I am making predictions,

the biology of fields and farms and

The global warming problem is

a millimeter per year.

I am not speaking as a scientist. I

forests. They do not begin to

interesting, even though its impor-

The point of this calculation is the

Here is another heretical thought.

and fossil fuels. If biotechnology

air is usually dry only where it is

are of comparable size.

will be speaking as a story-teller,

describe the real world that we live

tance is exaggerated. To under-

very favorable rate of exchange

Instead of calculating world-wide

takes over the planet in the next

cold. Hot desert air may feel dry

They all interact strongly with one

and my predictions will be science-

in. The real world is muddy and

stand the movement of carbon

between carbon in the atmosphere

averages of biomass growth, we

fifty years, as computer technology

but often contains a lot of water

another. To understand any of

fiction rather than science.

messy and full of things that we do

through the atmosphere and bios-

and carbon in the soil. To stop the

may prefer to look at the problem

has taken it over in the last fifty

vapor. The warming effect of car-

them, it is necessary to understand all of them.

The predictions of science-fiction

not yet understand. It is much eas-

phere in detail, we need to meas-

carbon in the atmosphere from

locally. Consider a possible future,

years, the rules of the climate

bon dioxide is strongest where air

writers are notoriously inaccurate.

ier for a scientist to sit in an air-con-

ure a lot of numbers. I do not want

increasing, we only need to grow

with China continuing to develop

game will be radically changed.

is cold and dry, mainly in the arctic

Their purpose is to imagine what

ditioned building and run comput-

to confuse you with a lot of num-

the biomass in the soil by a third of

an industrial economy based large-

When I listen to the public debates

rather than in the tropics, mainly

might happen rather than to

er models, than to put on winter

bers, so I will ask you to remember

a millimeter per year.

ly on the burning of coal, and the

about climate change, I am

in winter rather than in summer,

gent

describe what will happen. My

clothes and measure what is really

just one number. The number that

Good topsoil contains about ten

United States deciding to absorb

impressed by the enormous gaps in

and mainly at night rather than in

increase the growth of the topsoil

We do not know whether intelliland-management

could

purpose is to tell some stories that

happening outside in the swamps

I ask you to remember is one third

percent

(Schlesinger,

the resulting carbon dioxide by

our knowledge, the sparseness of

daytime. The warming is real, but

reservoir by four billion tons of car-

challenge the prevailing dogmas

and the clouds. That is why the cli-

of a millimeter per year.

1977), so a third of a millimeter of

increasing the biomass in our top-

our observations and the superfi-

it is mostly making cold places

bon per year, the amount needed

of today.

mate model experts end up believ-

Consider the half of the land area

biomass growth means about

soil. The quantity of biomass that

ciality of our theories. Many of the

warmer rather than making hot

to stop the increase of carbon diox-

The prevailing dogmas may be

ing their own models.

of the earth that is not desert or

three millimeters of topsoil.

can be accumulated in living plants

basic processes of planetary ecolo-

places hotter.

ide in the atmosphere. All that we

biomass

107


oxygen

English version

02 – 01.2008

can say for sure is that this is a the-

glacial era that began twelve thou-

where giraffes or tuna fish may

brought up in England, I spent my

age. There are two main reasons

oretical possibility and ought to be

sand years ago when the last ice

flourish, is likewise evil. Nature

formative years in a land with great

for this. Firstly, we must consider

seriously explored.

age ended. I would like to ask two

knows best, and anything we do to

beauty and a rich ecology which is

the significant lags in the climate

questions.

improve upon nature will only

almost entirely man-made. The

system: gases emitted decades

bring trouble. The naturalist ethic is

natural ecology of England was

ago will cause damage for another

The wet Sahara

108

My third heresy is about the mys-

First, if the increase of carbon diox-

the driving force behind the Kyoto

uninterrupted and rather boring

century, or even more. And more

tery of the wet Sahara. This is a

ide in the atmosphere is allowed to

protocol.

forest. Humans replaced the forest

importantly, the climate system

mystery that has always fascinated

continue, shall we arrive at a cli-

The humanist ethic begins with the

with an artificial landscape of

appears to include positive feed-

me. At many places in the Sahara

mate similar to the climate of six

belief that humans are an essential

grassland and moorland, fields and

back mechanisms: once they are

desert that are now dry and

thousand years ago when the

part of nature. Through human

farms, with a much richer variety of

triggered, these will lead to an

unpopulated, we find rock-paint-

Sahara was wet?

minds the biosphere has acquired

plant and animal species. Quite

uncontrollable rise in temperature,

ings showing people with herds of

Second, if we could choose

the capacity to steer its own evolu-

recently, only about a thousand

which we will not be able to stop

animals (Lhote, 1958). The paint-

between the climate of today with

tion, and now we are in charge.

years ago, we introduced rabbits, a

ings are abundant and of amazing

a dry Sahara and the climate of six

Humans have the right and the

non-native species which had a

The limits to growth and global collapse: could it happen?

the twenty-first century, about fifty

be handled in a way that would

years after the study was pub-

allow continued and uninterrupted

until it will have run its course.

lished. Obviously, such large-scale

improvement in the quality of

Finally, we must ask ourselves: if

resource-induced collapse has not

human

is

resource-induced global collapse

by Jorgen Randers

yet occurred, but several examples

whether serious action will be

did indeed occur, would it be

ish. There is no wilderness in Eng-

Over thirty years ago, Donella

of more local collapses have been

taken in time, and how the global

described by historians (as well as

coexistence between humans and

land, and yet there is plenty of

and Dennis Meadows, William

seen, such as in the North Atlantic

system would react to action which

accountants and auditors) as

ond. It says that the warm climate

nature. The greatest evils are

room for wild-flowers and birds

Behrens and Jorgen Randers

cod fisheries, in the Easter Island

would be “too little too late”.

such? Would everyone agree to

painted over a period of several

of six thousand years ago with the

poverty, underdevelopment, un-

and butterflies as well as a high

predicted the consequences of

culture, and in the stock market

thousand years. The latest of them

wet Sahara is to be preferred, and

employment, disease and hunger,

density of humans. Perhaps that is

uncontrolled growth, pioneer-

after the dot-com boom – just to

Actually, it is unlikely that oil

had in fact run into planetary limi-

show Egyptian influences and must

that increasing carbon dioxide in

all the conditions that deprive peo-

why I am a humanist.

ing

mention a few.

scarcity will prove capable of trig-

tations, and had failed to handle

be contemporaneous with early

the atmosphere may help to bring

ple of opportunities and limit their

This article is based on the first

Today, with masses of data and

gering a global collapse. This is

the challenge properly? Or would

Egyptian tomb paintings. The best

it back. I am not saying that this

freedoms. The humanist ethic

part of the talk “Heretical thoughts

state-of-the-art informatics to

Furthermore, two ongoing devel-

because the period of high oil

someone describe the situation as

of the herd paintings date from

heresy is true. I am only saying that

accepts an increase of carbon diox-

about science and society”, given

their advantage, they continue

opments might have the potential

prices – albeit greatly undesirable

a never-ending tangle of local con-

roughly six thousand years ago.

it will not do us any harm to think

ide in the atmosphere as a small

by the author at the Festival della

to pinpoint the triggers we

to trigger large scale collapse –

and outright damaging for the

flicts, peoples regressing back into

They are strong evidence that the

about it. The biosphere is the most

price to pay, if world-wide industri-

Scienza in Genoa on October 29,

should be aware of.

defined

poor – will give a strong impulse

old habits, lost opportunities,

Sahara at that time was wet. There

complicated of all the things we

al development can alleviate the

2007. The contents of the talk have

Here is why we should worry

affecting a billion people or more,

towards energy efficiency and the

delayed research projects, and mis-

was enough rain to support herds

humans have to deal with. The sci-

miseries of the poorer half of

also been published in the third

about gas emissions more than

over a 20-year time period. The

development

energy

guided leaders – in other words,

of cows and giraffes, which must

ence of planetary ecology is still

humanity. The humanist ethic

chapter of A many-colored glass

oil scarcity.

first is the rapid increase in

sources. So the main consequence

would someone blame it all on

have grazed on grass and trees.

young and undeveloped. It is not

accepts our responsibility to guide

(University of Virginia Press, 2007).

The concept of “collapse” was

demand for oil, which might soon

of acting too little too late should

large scale mismanagement?

There were also some hippopota-

surprising that honest and well-

the evolution of the planet.

(Please refer to Italian version for

first introduced by my colleagues

exceed the global supply and pro-

be that the energy supply will

In the latter case, global collapse

muses and elephants. The Sahara

informed experts can disagree

The sharpest conflict between nat-

recommended reading)

and me in our work entitled The

ductive capacity: as we all know,

remain at lower-than-desirable lev-

could remain fiction, even if it

then must have been like the

about facts.

uralist and humanist ethics arises in

limits to growth, which appeared

this would result in the surge of oil

els for a limited period of time.

were proved to be fact.

Serengeti today.

But beyond the disagreements

the regulation of genetic engineer-

in 1972. The term describes a situ-

prices, and consequently would

At the same time, roughly six thou-

about facts, there is another deep-

ing. The naturalist ethic condemns

ation where society experiences an

bring about a drastic reduction in

This will not lead to a decline in

sand years ago, there were decidu-

er disagreement about values. The

genetically modified food-crops

unwanted, sudden and unstop-

the use of the substance. The sec-

welfare, but to the post

ous forests in Northern Europe

disagreement about values may be

and all other genetic engineering

pable decline in the average wel-

ond potentially triggering event is

ponement of the desired and

where the trees are now conifers,

described in an over-simplified way

projects that might upset the natu-

fare of its citizens.

the escalation of climate gases’

needed rises in welfare. In other

proving that the climate in the far

as a disagreement between natu-

ral ecology. The humanist ethic

At first we focused primarily on

emissions, which might lead to

words, slow response will not lead

artistic quality, comparable with

thousand years ago with a wet

duty to reconstruct nature so that

profound effect on the ecology.

the more famous cave-paintings in

Sahara, should we prefer the cli-

humans and biosphere can both

Rabbits opened glades in the forest

France and Spain. The Sahara

mate of today?

survive and prosper. For humanists,

where flowering plants now flour

paintings are more recent than the

My third heresy answers yes to the

the highest value is harmonious

cave-paintings. They come in a

first question and no to the sec-

variety of styles and were probably

computer

simulation.

as

events

negatively

life.

The

question

the fact that the civilized world

of

new

north was milder than it is today.

ralists and humanists. Naturalists

looks forward to a time not far dis-

collapse induced by global limita-

increasing levels of greenhouse

to a global collapse, but to the

There were also trees standing in

believe that nature knows best. For

tant, when genetically engineered

tions, be they in resource availabil-

gases in the atmosphere, rapid

unnecessary prolongation of cur-

mountain valleys in Switzerland

them the highest value is to respect

food-crops and energy-crops will

ity or in the capacity of the ecosys-

change in the global climate, and

rent poverty.

that are now filled with famous

the natural order of things. Any

bring wealth to poor people in

tem to absorb pollutants, but

a large number of negative effects

glaciers. The glaciers that are now

gross human disruption of the nat-

tropical countries, and incidentally

physical limitations certainly have a

on human society.

On the other hand, when it comes

shrinking were much smaller six

ural environment is evil. Excessive

give us tools to control the growth

role as well.

If left unchecked, both triggers

to climate gas emissions, once the

thousand years ago than they are

burning of fossil fuels is evil.

of carbon dioxide in the atmos-

According to The limits to growth,

could cause significant difficulties

early signs will be sufficiently visi-

today. Six thousand years ago

Changing nature’s desert, either

phere.

unless proper counteraction was

for large segments of the global

ble to support substantial action

seems to have been the warmest

the Sahara desert or the ocean

Here I must conclude by confessing

taken, planetary limitations could

society. Needless to say, if resolute

by democratic societies, it may be

and wettest period of the inter-

desert, into a managed ecosystem

my own bias. Since I was born and

induce collapse in the first half of

action is taken, instead, both can

too late to avoid large scale dam-

109


oxygen

English version

02 – 01.2008

A challenge to Kyoto

you thrown away so much of your

encourage economic growth and

smart strategies he outlines, which

Unfortunately, Lomborg’s thesis is

malaria, undernutrition and hiv in

working life?”

blunt the harmful effects of climate

would include an annual expendi-

built on a deep misconception of

today’s world show that he is an

by Partha Dasgupta

Things have changed over the past

change.

ture of $25 billion on research and

Earth’s system and of economics

egalitarian. There is, then, an inter-

Bjorn Lomborg states that the

year. Former US vice-president Al

Here is a sample: did you say Kyoto

development in clean technologies,

when applied to that system. The

nal contradiction in his value sys-

protocol’s implementation will

Gore’s film An inconvenient truth

would result in fewer floods?

would cost a mere $52 billion a

concentration of carbon dioxide in

tem, because if you are averse to

be expensive and ineffective.

and the fourth report of the Inter-

Maybe, but it would reduce flood

year. By his reckoning, those strate-

the atmosphere is now 380 ppm, a

inequality you should also be

But his case is built on the mist-

governmental panel on climate

damage by only $45 million a year,

gies would limit the rise in concen-

figure that ice cores in Antarctica

averse to uncertainty.

aken idea that standard cost-

change have given rise to great

whereas building appropriate infra-

tration of carbon dioxide to 560

have revealed to be in excess of the

benefit analysis apply to the

public concern, and many now

structure could lower it by $60 bil-

parts per million (ppm) and the

maximum reached during the past

The integrated assessment models

economics of climate change.

regard global warming to be the

lion a year. Didn’t you also say that

accompanying temperature rise to

600 thousand years. If there is one

of Earth’s system on which Lom-

central problem facing humanity.

global warming would cause addi-

4,7 °C. Smart strategies would cost

truth about Earth we all should

borg builds his case are arbitrarily

Lomborg’s latest book, Cool it, is a

tional deaths from heat waves?

far less than Kyoto, deliver higher

know, it’s that the system is driven

bounded on either side of his point

110

Bjorn Lomborg’s The skeptical environmentalist created a sensation

response to that change in public

Yes, but what about the greater

economic growth worldwide, and

by interlocking, nonlinear process-

estimates. It can be shown that if

six years ago. The author offered

perception. He doesn’t question

numbers who would not die of

markedly reduce poverty.

es running at different speeds.

those bounds are removed (as they

figures to dismiss claims that the

the science, which says that rising

cold? Are you worried about deep-

From the vantage point of Kyoto,

The transition to Lomborg’s recom-

ought to be), even a small amount

ecological-resource base in many

concentrations

greenhouse

ening poverty in the tropics with-

there is a free lunch to be had

mended concentration of 560 ppm

of uncertainty – when allied to only

parts of the world is deteriorating,

gases in Earth’s atmosphere are

out Kyoto? You shouldn’t be,

wherever you look.

would

a moderate aversion to uncertainty

and argued that the costs of reduc-

affecting our climate system; he

because Kyoto would reduce the

You might say that the Kyoto pro-

unknown number of tipping points

– would imply that humanity

ing ecological losses are usually

questions whether we should do

number of undernourished people

tocol was misconceived and that

(or separatrices) in the global cli-

should spend substantial amounts

higher than the benefits. Never

much about it.

in 2080 by only 2 million, whereas

the world should develop a bolder

mate system. We have no data on

on insurance, even more than the

mind that several of the world’s

If The skeptical environmentalist

the United Nations proposes in its

programme of action, with much

the consequences if Earth were to

1-2% of world output that has

foremost environmental scientists

was the relentless prosecuting

Millennium development goals to

higher carbon taxes, international

cross those tipping points.

been advocated. If the uncertain-

expressed more than mere scepti-

counsel, Cool it is the hard-headed

reduce the number by 229 million

cooperation to reduce hunger, dis-

cism towards Lomborg’s grasp of

but caring economist.

by 2015. What about more severe

ease and habitat destruction, and

They could be good, or they could

benefit analysis as applied to the

their science: prominent publica-

The book is a series of exercises in

hurricanes? Well, Kyoto would

development of clean technologies

be disastrous. Even if we did have

economics of climate change

tions such as “The Economist” pro-

cost-benefit analysis, interspersed

reduce the increased annual dam-

and ways to sequester carbon. But

data, they would probably be of lit-

becomes incoherent, even if those

moted the book vigorously and

with quotes on climate change

age by only 0,6%, whereas taking

in Lomborg’s view, doing more of a

tle value because nature’s process-

uncertainties are judged to be thin-

wrote sermons on how scientists

from the writings of famous peo-

better precautions could lower it by

bad deal is rarely smart, so he

es are irreversible.

tailed (Gaussian, for example); this

should practise their craft.

ple who should know better than

250%. And so on.

doesn’t

going

One implication of the Earth sys-

is because the analysis would say

People learning of my own work in

to speak in hyperboles. Lomborg

beyond Kyoto. All this is spelt out

tem’s deep nonlinearities is that

that no matter how much human-

developing ecological economics

produces figures to show that it

Lomborg reports that Kyoto’s

in such a breezy, engaging style, it’s

estimates of climatic parameters

ity chooses to invest in protecting

would ask, “And have you read

would be better to replace the

annual cost would be $180 billion

hard not to find the arguments

based on observations from the

Earth from passing through those

Lomborg?” – implying, “Why have

Kyoto protocol with strategies that

in foregone output, whereas the

entirely reasonable.

recent past are unreliable for mak-

later tipping points, we should

ing forecasts about the state of the

invest still more.

of

countenance

involve

crossing

an

ties are not small, standard cost-

world at carbon dioxide concentrations of 560 ppm or higher.

Economics helps us to realize what

Moreover, the nonlinearities mean

we are able to say about matters

that doing more of a bad deal

that will reveal themselves only in

(Kyoto) may well be very good.

the distant future. Simultaneously,

These truths seem to escape Lom-

it helps us to realize the limits of

borg. His cost-benefit analysis

what we are able to say. That, too,

involves only point estimates of

is worth knowing, for limits on

variables (interpreted variously as

what we are able to say are not a

“most likely”, “expected”, and so

reason for inaction. Lomborg’s

forth), implying that he believes we

seemingly persuasive economic

shouldn’t buy insurance against

calculations are a case of muddled

potentially enormous losses result-

concreteness.

ing from climate change.

This article was published in the

His concerns over the prevalence of

September 2007 issue of “Nature”.

111


English version

his results. But he didn’t want to

What do the sceptics say?

112

here, there was another problem.

measure for only a month, or even

Temperatures fluctuated perfectly

a year. He wanted to keep the

naturally from year to year, and

measurements going indefinitely.

that made it very difficult to discern

Keeling was inspired, technically

any possible warming from the

brilliant and also – fortunately –

thicket of ordinary highs and lows.

bull-headed. Fortunately, because

This is one reason that global warming researchers have always

sheets. This has prompted many

3. Solar output and sunspot ac-

trying to compare the data from

of new evidence and taking into

he discovered that there was no

palaeoclimatologists to re-evaluate

tivity control the past tempera-

different instruments on different

account the remaining uncertain-

funding available for long-term

had an image problem: it’s not too

by Mark Maslin

the role of atmospheric carbon

tures.

satellites and, second, because of

ties, most of the observed warming

studies like the one he had in mind.

hard to jolt people into action if

One of the best ways to sum-

dioxide, placing it now as a primary

This is something both the sceptics

the need to adjust the altitude of

over the last fifty years is likely [60-

There was nothing wrong with

you can point to a massive oil spill,

marize the evidence for global

driving force of past climate

and non-sceptics agree on. Of

the satellite as its orbit shrinks as a

90% confidence] to be due to the

making a few measurements once

or a forest that’s been devastated

warming and to persuade you,

instead of a secondary response

course sunspots and also volcanic

result of friction with the atmos-

increase in greenhouse gas con-

in a while, he was told repeatedly

by acid rain. But where the effects

the reader, that there is eviden-

and feedback.

activity influence past tempera-

phere. The final problem with the

centration.”

by the US science-funding agen-

of carbon dioxide are concerned,

tures. For example, the cooling of

satellite data is that twenty years is

From Maslin M., Global warming.

cies. But keeping highly expensive

the long view is the only one that

the 1960s and 1970s is clearly

just too short a time period to find

A very short introduction, Oxford

and very technical instruments tick-

matters. Nobody will ever be able

University Press, 2004.

ing over constantly in Hawaii for

to say “this particular heat wave

years? There was simply no need.

was caused by global warming” or

ce that humanity has already altered global climate, is to

2. Every data set showing glo-

review what the sceptics say

bal warming has been correc-

linked to changes in the sunspot

a temperature trend with any con-

against the global warming

ted or tweaked to achieve this

cycle. The difference between the

fidence. This is because climatic

hypothesis.

Keeling, however, refused to hear

finger it as the culprit for that indi-

Carbon dioxide

the word “no”. He wrangled and

vidual flood. Instead, the potential-

scraped and insisted, and he some-

ly nefarious effects of carbon diox-

the sunspot cycle is 11 years, El

by Gabrielle Walker

how managed to keep his instru-

ide are all about something that’s

to understand how the minor vari-

Niño-Southern Oscillation is 3-7

From ice cores in Antarctica to

ments in place and switched on. It

much harder to pin down: trends.

ations in solar output affect global

years, and the North Atlantic Oscil-

the data we have about Venus,

wasn’t long before he was proved

And yet the world was now stirring

desired result.

two camps is that the sceptics put

cycles or events will have a major

For people who are not regularly

more weight on the importance of

influence on the record and will

1. Ice-core data suggest atmo-

involved in science this seems to be

these natural variations.

not be averaged our – for example,

spheric CO2 responds to global

the biggest problem with the

Though great care has been taken

temperature, therefore, atmo-

whole “global warming has hap-

spheric CO2 cannot cause global

pened” argument. As I have

temperature changes.

shown, all the data sets covering

climate, this is still one of the areas

lation is ten years. So which of

everything seems to indicate

to be right. Even between one year

to this new threat. Records seemed

A detailed examination of the ice-

the last 150 years require some sort

which contain many unknowns

these cycles is picked up by the

that our planet’s temperature

and the next, he could see the dif-

to suggest that temperatures had

core CO2 data at the end of the last

of adjustment. This, though, is part

and uncertainties.

twenty-year satellite data will

and the levels of carbon dioxi-

ference in carbon dioxide levels.

risen by a fraction of a degree in

glacial period shows that the major

of the scientific process. For exam-

However, climate models combin-

strongly influence the direction of

de – a gas that is necessary to

Keeling continued making those

the past century, and though it

the temperature trend.

humanity for food and warmth

measurements now for more than

wasn’t by much, it was the first real

– march in lockstep.

forty years. When plotted out on a

sign of change. Then, in 1995, an

graph, his “Keeling curve” has

international group of climate sci-

stepwise increases occur at the

ple, if great care had not been

ing our current state-of-the-art

same time as warming in Antarcti-

taken over the spurious trends in

knowledge concerning all radiative

ca. It is known that during the last

the global precipitation data base

forcing,

greenhouse

[...] One of the key arguments for

de-glaciation, gradual warming in

we would now assume that global

gases and sunspots, are able to

me that significant warming and

In the 1950s, at a time when in

become one of the most famous

entists announced for the first time

Antarctica occurred before step-

precipitation was increasing. More-

simulate the global temperature

other

have

many countries the lifestyles had

icons of the global warming

that the balance of evidence, in their opinion, had slipped over a

including

climatic

changes

like warming in the northern hemi-

over, as science moves forward

curve for the last 130 years. [...]

occurred over the last 100 years is

shifted from the grinding slog of

debate. For as the years have

sphere. There is, therefore, excel-

incrementally, it gains more and

This provides confidence in both

the weight of evidence from so

agrarian societies to the glories of

passed, the carbon dioxide levels it

threshold. Global warming, they

lent evidence that atmospheric car-

more understanding and insight

models and also an understanding

many diverse data sets.

the industrialised world, a young

shows look nothing like a flat line,

declared, is upon us. Hot on the

bon dioxide increases before over-

into the data sets it is constructing.

of the relative influence of natural

When the last 100 years is com-

researcher named Charles “Dave”

or even a gentle rise. Instead, they

heels of that announcement came

versus anthropogenic forcing.

pared with the last 1.000 years it is

Keeling entered the scene. He was

rear up exponentially, like a malev-

news that 1995 was the warmest

all global temperatures rise and the ice sheets begin to melt. In fact,

This constant questioning of all

very clear that something com-

fascinated by carbon dioxide and

olent tidal wave ready to crash.

year since records began. The year

there is clear evidence that Antarc-

data and interpretations is the core

4. Satellite data casts doubt on

pletely different is occurring. The

what effect it might have on

But could carbon dioxide really be

1997 was even warmer, and 1998

tic temperatures and atmospheric

strength of science: each new cor-

the models.

evidence suggests that natural cli-

Earth’s climate, and he became

warming up the world? Sophisti-

warmer still.

carbon dioxide levels are in step,

rection or adjustment is due to a

Again, before the satellite data was

mate forcing such as sunspots and

convinced that the only way to

cated new computer models sug-

And then, a scientific paper in 1999 struck what many considered

demonstrating the central role of

greater understanding of the data

clearly understood it did suggest

volcanic eruptions have been simi-

know for sure was to measure it.

gested that it should, but struggled

carbon dioxide as a climate amplifi-

and the climate system, and thus

that over the last twenty years

lar for the last millennium. This

To do this, he developed instru-

to come up with a consistent

to be the killer blow against global

er. Moreover, time-series analysis of

each new study adds to the confi-

there had been a slight cooling.

leaves only one alternative – that

ments to measure carbon dioxide

answer. Some said that doubling

warming sceptics. The paper came

the last four glacial-interglacial

dence that we have in the results.

The iterative process of science, i.e.

greenhouse gases, with their

levels with delicate, extraordinary

carbon

would

from decades of work in what is,

cycles by Professor Shackleton at

This is why the Ipcc report refers to

the re-examination of data and the

known radiative forcing, have

accuracy. Next, he placed them on

increase global temperatures by

officially, the coldest place on

dioxide

levels

Cambridge University suggests

the “weight of the evidence”, as

assumption concerning the data,

already influenced global climate.

top of Mauna Loa, an extinct vol-

one degree, others by eight or

Earth. Vostok station, a Russian

atmospheric

our confidence in science increases

clearly showed that there were

From the huge amount of pub-

cano on the Big Island of Hawaii,

nine. Perhaps the answer was to

base in the frigid heart of the

response up to 5 thousand years

if similar results are obtained from

some major inconsistencies within

lished scientific evidence the Ipcc

well away from the sorts of local

look at exactly how much temper-

Antarctic Ice Sheet, reaches winter

before variations in global ice

very different sources.

the satellite data; first, as a result of

(2001) has concluded: “In the light

industrial influences that could ruin

atures really had risen, if at all. But

temperatures cold enough to shat-

carbon

dioxide

113


oxygen

114

English version

02 – 01.2008

ter steel. Even in summer it’s a for-

And then they had measured it.

aged naturally during that time,

bidding place. The temperature

With extreme patience, the scien-

which includes all of human histo-

scarcely ever rises above -25 °C

tists managed to extract these tiny

ry, was about 280 parts per million,

and the air is almost as dry as the

quantities of carbon dioxide and

or 0,0028 per cent. But today we

Sahara. Its handful of occupants

feed them through their measuring

have more than 380 parts per mil-

live in a station that is perpetually

devices. They produced a record of

lion – and it is rising.

starved of funds and seems to cling

carbon dioxide levels stretching

Nobody yet knows what effect this

to the ice through sheer Russian

back 400.000 years, to match the

will have on our world, although

tenacity.

one they had already created for

most scientist think that it’s now

But the ice in Vostok is miraculous.

temperatures.

too late to avert at least some

More than three kilometres thick, it

Plotted side by side, these two

amount of change. We know, or at

holds a frozen archive of past cli-

records

something

least suspect, that in its ancient history our planet experienced levels

revealed

mate stretching back hundreds of

remarkable. Whenever the temper-

thousands of years. For decades

ature was lower, so were the car-

of carbon dioxide even higher that

Russian scientists, aided by some

bon dioxide levels. Whenever the

today’s. But that was long before

French

and

then

115

American

temperature was higher, the car-

humans, or even our ape-like

researchers, had been drilling a

bon dioxide was higher, too. Cli-

ancestors, existed. In the past few

hole into this storehouse, and the

mate and carbon dioxide clearly

hundred years, we’ve put a huge

deeper they went, the farther back

marched in lockstep. We still don’t

amount of effort into developing

delicately balanced between dra-

from our sister planet, Venus.

of computer screensavers to run

in time they penetrated. They had

know

our society according to the pres-

matically different states. One

Being a little closer to the sun than

versions of a climate model and

already announced a record of

between carbon dioxide and tem-

ent climate, the present pattern of

slight shift can send temperatures

we are, you’d expect Venus to be

predict the possible future out-

temperatures for the past 400.000

perature, or all the complex interre-

floods and storms and rainfall, of

soaring or plummeting (as shown

slightly warmer, but in many other

come of climate change suggested

years and discovered a series of

lations of Earth’s atmosphere. But

crops and livestock. We are

by Taylor K.C. et al. in The “flicker-

ways – size, for instance – it could

a doubling of carbon dioxide levels

four successive ice ages, each with

history shows us that carbon diox-

embedded in our present homes

ing switch” of late Pleistocene cli-

be our twin. However, at some

could produce a global tempera-

a warmer period in between. But

ide is clearly a hugely important

and places of work. And we can’t

mate change, “Nature”, February

point in the past carbon dioxide

ture change as high as 11 °C

the

exact

connection

what they produced in 1999

driver for our planet’s temperature.

just lift up our skirts and move if

4th 1993). In 1987, an ever-pre-

worked its wicked magic on

(Stainforth D.A. et al., “Nature”,

caused a sensation. They had man-

And there was something else,

the warming sea begins to rise and

scient climate researcher from New

Venus’s air. For some reason, a little

January 27th 2005).

aged to recover not only tempera-

something even more striking. Car-

encroach on our waterside cities, if

York, Wally Broecker, commented

too much carbon dioxide trickled

That would trigger such droughts

tures, but minuscule amounts of

bon dioxide levels seemed to vary

storm surges begin to devastate

that we had been treating the

out from Venus’s volcanoes into its

and wildfires that yet more carbon

Earth’s ancient atmosphere.

quite naturally, along with natural

our coastlines, and if the interiors

greenhouse effect as a “cocktail-

atmosphere. The air grew warmer,

dioxide would flood into the

How could something as insub-

changes in temperature. But when

of our continents begin to turn into

hour curiosity”, and it was time to

which meant it sucked up water

atmosphere, leading to a cata-

stantial as air be preserved? Well,

the researchers studied their record

dust bowls.

take it seriously. The climate sys-

from the oceans. The extra water

strophic meltdown. The chance

whenever snow falls at Vostok, it

more carefully, they discovered that

Meanwhile, yet more evidence has

tem, he said, was a capricious

vapour acted as a greenhouse gas

may be small, of the order of 1%,

traps a small amount of air among

at no point in the last 400.000

emerged from the ice, suggesting

beast, and we were poking it with

in its own right and reinforced the

but it is still possible.

its flakes. Gradually, over the years,

years had carbon dioxide levels

that our entire complex climate sys-

a sharp stick.

behaviour of the carbon dioxide.

From Walker G., An ocean of air. A

the flakes become buried by yet

been anything near what they are

tem, driven by the engine of Earth’s

After 35.000 people died during a

Soon the atmosphere was filled

natural history of the atmosphere,

more snow. They are squeezed and

today.

atmosphere, can sometimes be

fierce heatwave in Europe in 2003,

with carbon dioxide and water

Bloomsbury, 2007 (unpublished in

compressed until finally they turn

A newer ice core, drilled a few

the UK government’s chief science

molecules, all catching infrared

Italy). Published by arrangement

into ice. At this point, the trapped

hundred kilometres from Vostok at

adviser declared that global warm-

heat as it tried to escape and fling-

with Roberto Santachiara literary

air can no longer wriggle its way to

Dome C by a consortium of Euro-

ing was “an even worse threat

ing it back to the ground. The

agency. ©by Gabrielle Walker

the surface. It remains in cold stor-

pean researchers known as EPICA,

than terrorism”. But while politi-

result: Venus’s oceans are long gone. The rocks on its surface are

age, tiny bubbles that provide time

has now gone even farther back in

cians wrangle and scientists plead,

capsules of the planet’s ancient

time, almost 800.000 years. They

we continue our lives more or less

now dry as a bone, and hot

atmosphere. The researchers at

found exactly the same story. Car-

as normal. And every time one of

enough to melt lead.

Vostok had not only managed to

bon dioxide changes mirrored tem-

us drives a car, catches a plane,

Many researchers take comfort

recover these tiny bubbles. They

peratures with astonishing fidelity.

switches on an electric light or

from Venus’s greater proximity to the sun and say that such a green-

had carefully broken into them and

And as far as they could reach with

does any one of a myriad of ordi-

released air last breathed when the

their

nary tasks, another whiff of carbon

house catastrophe could never

human species, Homo sapiens, had

machine, levels in our atmosphere

dioxide rises up into the sky.

happen here on Earth. But there is

ingenious

frozen

time-

only just appeared on the evolu-

have never been as high as they are

One final cautionary tale about the

a chance they might be wrong. A

tionary scene.

today. The highest level Earth man-

powers of carbon dioxide comes

recent project that used thousands


oxygen

English version

02 – 01.2008

Cities: central to the ecological future

system of social relations that

Different kinds of city-related eco-

mental struggles could largely be

such as sustainable development.

mining or manufacturing multina-

yet cannot be addressed at the

environmental damages associated

diverges profoundly from older

logical questions operate and/or

scaled at the city level, today there

Although the trend towards the

tional corporation involve multiple

level of households or even many

with urbanization, and the ways in

rural economic cultures which

become present and recognizable

are at least two major conditions

decentralization and increasing

localities, scattered around the

individual firms. For instance, those

which cities are also the source for

by Saskia Sassen

worked with biodiversity. These

to us at diverse geographic scales.

that set limits to that scaling. First,

transparency of urban govern-

globe. Yet these localities are inte-

who insist that greenhouse gas

solutions.

developments all signal that the

For the majority of those writing

the current phase of economic

ments since the late 1980s has

grated at some higher organiza-

urban condition is a major factor in

about the ecological regulation of

globalization puts a new set of

generated important mechanisms

tional

then

at the local level are, in many ways,

The connection between spatial

individual cities constituting

any environmental future.

cities, the strategic scale is the local

pressures on cities as part of the

for raising their prominence and

reemerges as a global scale of

right. However, these emissions

and temporal scales evident in eco-

one. For a (growing!) minority of

overall race to the bottom. The

authority, most local authorities

operations. Much clean-up and

will also have to be addressed at

logical processes may prove analyt-

a multi-scalar system in the

Cities and urban regions are a type

others, the ecological regulation of

World trade organization’s subordi-

have limited funds.

preventive action will indeed have

the broader macro levels of our

ically useful to approach some of

double sense of what instantia-

of socio-ecological system marked

cities today can no longer be sepa-

nation of environmental standards

to engage each locally produced

economic systems.

these questions in the case of

tes there, and of the different

by a whole new set of interrela-

rated from wider questions of

to what are presented as “requi-

The

greater

set of damages, but the global

levels of policy frameworks

tions between, on the one hand,

global governance. Beyond cities,

sites” for global trade illustrates

responsibilities and no additional

organizational structure of the cor-

These various questions can be

negative at a small spatial scale, or

that operate in it. Therefore, a

constructed features and material

this latter position is also emerging

this well, as do most of the interna-

funds has made many local gov-

poration involved needs to be

analytically conceived of as ques-

a short-time frame, may emerge as

possible solution to many types

practices and, on the other, vari-

in more general analyses about

tional trade agreements. Further,

ernments even more dependent on

engaged as well.

tions of scale. Scaling can be seen

positive at a larger scale or longer

of environmental damage

ous ecological systems.

what is represented as the “econo-

privatization

deregulation

higher levels of national govern-

should start exactly from the

In the current stage, the systemic

my and the environment”; the

reduce the role of government,

ment support or foreign aid trans-

this network, and the city is

116

emissions will have to be controlled

The scale of the network is different from the scale of the

cities. Humankind increasingly relates to

and

combination

of

level

into

what

cities. What may be found to be

as one way of handling what are

time frame. For a given set of dis-

The second observation is that an

now often seen as either/or condi-

turbances, different spatio-temporal scales may elicit different

characteristics of this interrelation

basic proposition is that environ-

especially at the national level, and

ferred through the latter. While pri-

enormous share of the attention in

tions: local vs. global, markets vs.

are mostly in the form of environ-

mental regulation can only be

hence weaken its extant mandato-

vatization has become one mecha-

the literature on urban sustainabili-

non-market mechanisms, green vs.

responses from ecosystems. Using

mental damage. A growing num-

effective at the global scale. The

ry powers regarding environmental

nism of reducing responsibilities

ty has been on how people as con-

brown environmentalism. I have

an illustration from ecology, we

the various stocks and flows of

ber of researchers and activists are

multi-scalar character of the city

standards. The second major con-

and obtaining a one-shot infusion

sumers and as household-level

found some of the analytic work

can say that individual forest plots

environmental

calling for the need to use and

makes it a working bridge between

dition is global ecological change,

of funds, it does often mean that

decision makers damage the envi-

on scaling being done among ecol-

might come and go but the forest

the local and the global.

notably ozone depletion and cli-

the new owners are interested

ronment. When considering the

ogists very illuminating in the effort

cover of a region overall can

mate change, which will require

only in those aspects of environ-

urban context, individuals and

to conceptualize the city in this

remain relatively constant. This

The city is a key scale for the imple-

efforts at the national and interna-

mental responsibility that can be

households are by far the most

context. Of particular relevance is

raises a question as to whether a

capital

through

cities and vast urban agglomera-

build upon those features of cities

tions, thus cities generally are part

that can make cities into a socio-

of the larger project of establishing

ecological system with positive

ecologically sound economic prac-

ecological outcomes.

tices. Technical developments have

mentation of a broad range of

tional scale, even when much of

charged to users which can pay.

numerous units of analysis. Yet

the notion that complex systems

city needs a larger system in place

environmentally-sound policies and

the implementation will take place

All of these variables contribute to

there are clearly shortcomings to

are

that can neutralize the impact on

at local levels.

the difficulty of developing long-

this focus. In terms of policy it leads

opposed to multilevel systems, and

the overall city system of major dis-

term plans for the intelligent and

to an emphasis on household recy-

that the complexity resides precise-

turbances inside the city.

radically transformed the relation

Specific features of cities with such

it is a site for struggles over envi-

between humans and the rest of

positive potential are economies

ronmental quality and quality of

multi-scalar

systems

as

the planet, making urbanization

of scale, density and the associat-

life for different classes. Air, noise,

However, there are limits to what

responsible use of environmental

cling activities without addressing

ly in the relations across scales. Ten-

the center of the environmental

ed potential for greater efficiency

and water pollution can all be part-

can be done at the local scale. This

capital. International agreements

the fundamental issue of how an

sion among scales is a feature of

future. Further, rural populations

in resource use and lower priced

ly addressed inside the city, even

might be especially the case in the

of a variety of sorts are crucial.

economic system prices modes of

complex ecological systems, a con-

ecologists in this domain is that

increasingly have become con-

options, and dense networks of

when the policies involved may

developing regions of the South

I would make two observations

production that are not environ-

dition that would certainly seem to

movement across scales brings

sumers of products produced in

communication that can serve as

originate at the national or region-

where the power of local govern-

here. One is that what we refer to

mentally sound. In this regard, an

hold for cities. Understanding how

about change as a dominant

the industrial economy. The rural

facilitators to institute new prac-

al level. But while in the recent and

ments and their resources severely

or think of as the local level may

urban focus can easily leave out

tensions among scales might be

process: it is not only a question of

condition has evolved into a new

tices.

not so recent past such environ-

limit their capacity to act on goals

actually entail more than one scale.

global economic and ecological

operating in the context of the city

bigger or smaller, but rather that

For instance, the operations of a

systems that are deeply involved

might strengthen the analysis of

the phenomenon itself changes.

One outcome of the research by

117


oxygen

English version

02 – 01.2008

Unstable systems come to be seen

that some of its features, notably

ic forms inside the city (e.g. furni-

often have to operate in very short

as stable; bottom-up control turns

density, alter the nature of an

ture, jewelry, machinery, fuel). The

time frames and confined levels of

into top-down control; competi-

event. CO2 emissions produced by

city is one moment – the strategic

operation, pursuing clean ups and

tion becomes less important. This

the micro-scale of vehicles and

moment – in this global geography

remedial measures for a particular

also is suggestive for thinking

coal burning by individual house-

of extraction, and it is different

locality – remedial measures that

about cities as the solution to many

holds becomes massive air pollu-

from that geography itself.

types of environmental damage:

tion covering the whole city with

what are the scales at which we

effects that go beyond CO2 emis-

can understand the city as con-

sion per se.

tributing solutions to the environ118

may do little to affect the broader condition

The fourth way in which the city is

involved

and

may,

indeed, diminish the sense of

multi-scalar is that it instantiates a

urgency about larger issues of

variety of policy levels. It is one of

resource consumption.

A second way in which the city is

the key sites where a very broad

multi-scalar is in the geography of

range of policies – supranational,

An important issue raised by scal-

the environmental damages it pro-

national, regional and local – mate-

geographies of consumption and

ing in ecological research is the fre-

duces. Some of it is atmospheric,

rialize in specific procedures, regu-

waste-production, and this com-

mental crisis.

119

Cities are complex systems in their

quent confusion between levels

some of it internal to the built envi-

lations, penalties, forms of compli-

plexity also makes them crucial to

and scales: what is sometimes pre-

ronment of the city, as might be

ance and types of violations. These

the production of solutions. Some

sented as a change of scales is

the case with much sewage or dis-

specific outcomes are different

of the geographies for sound envi-

actually a translation between lev-

ease, and some of it in distant loca-

from the actual policies as they get

ronmental action in cities will also

els. A change of scale results in

tions around the globe, as with

designed and implemented at

operate worldwide.

new interactions and relationships,

deforestation.

other levels of government.

The network of global cities becomes a space at the global

often a different organization.

Technological innovation: the key to competitiveness in the global energy market

and natural gas, and on the other

Importations, mostly coming from

there are the industrialized coun-

a limited number of countries at

Level, on the other hand, is a rela-

A third way in which the city can

Important also is the need to factor

scale for the management of

tive position in a hierarchically

be seen as multi-scalar is that its

in the possibility of conflicts in and

investments, but also potentially

organized system. Thus a change

demand for resources will tend to

between spatial scales. Environ-

for demanding the re-engineering

by Fulvio Conti

and India will contribute over 40%

Forecasts say that percentage will

in levels entails a change in a quan-

produce a geography of extraction

mentalists can operate at broad

of

Energy issues are at the very

of the increase in global energy

rise to 65% by 2025. Therefore it is

tity or size rather than the forming

and processing that spans the

spatial

scales,

global capital investments into

center of today’s international

demand. Just think: every week, a

necessary – for the European

of a different entity.

globe, though it does so in the

observing the effects of local activ-

more responsible investments. It

debate, and have acquired

new 700-800 megawatt coal-fired

Union and for Italy in particular – to

form of a collection of confined

ities on macro-level conditions such

contains the sites of power of

much importance in the eye of

power plant starts-up somewhere

differentiate as much as possible

Relating some of these analytic

individual sites that are distributed

as global warming, acid rain for-

some of the most destructive

the public because of their

in China.

distinctions to the case of cities

worldwide. This worldwide geog-

mation, and global despoliation of

actors, but potentially also the sites

political, social, economic and

suggests that one way of thinking

raphy of extraction and processing

the resource base. Environmental-

for demanding accountability of

environmental consequences.

A large part of today’s industrial-

mize geopolitical risk, enhance

of the city as multi-scalar is to note

instantiates in particular and specif-

ists with a managerial approach

these actors.

Over two billion people in the

ized world, including Europe and

consumption efficiency, and con-

world have no access to electric

the United States, depends on a

trol overall demand.

power. Just as many have to

group of nations – many of which

and

temporal

environmentally

destructive

tries and emerging economies such

high geopolitical risk, cover 51%

as China and India. By 2030, China

of the demand for fuel in Europe.

both its supplying countries and its energy sources, in order to mini-

rely on insufficient and unde-

are on the southern coast of the

In this context, effective policies

pendable sources.

Mediterranean and in the Persian

must be built at a global and conti-

Data from the Iea (International

Gulf area – which therefore have

nental level. Political coordination

an indirect but critical influence on

within the European Union is

energy agency) show that the

the importing countries’ energy

important to set up international

world demand for primary energy

policies. On top of this energetic

agreements that can somehow

will rise by 55% between 2005

dependence, there is a strong

bind the exporting countries, and

and 2030, and that such an

financial dependence which, in

confront the resources’ shortages.

increase at sustainable costs will

some of the nations exporting pri-

Instead of 27 bilateral efforts,

clash with the need to fight climat-

mary energy, leads to the accumu-

Europe should build one integrated

ic change.

lation of capital for large-scale

approach, harmonizing policies

The whole world is, therefore,

investments around the world.

and actions in order to have a sin-

undergoing an increasingly marked

Fossil fuels contribute about 80%

gle plan and better contracting

polarization process in which two

of global and European energy

clout with fossil fuel suppliers.

“blocks” of opposite interests face

consumption today, and this per-

each other: on the one hand we

centage is expected to remain

In the next few decades, we will

have the countries exporting oil

largely unvaried at least until 2030.

face important challenges in the


oxygen

English version

02 – 01.2008

To repeat the forest, to reverse one’s eyes, to flow in time like a stone in a river.

roots; a streambed; a bush;

by Sergio Risaliti

cert with vegetative gestures, the

The works of Giuseppe Penone

god Vertumno, or even other

are poems that he writes

metamorphoses of strength and

together with nature. The arti-

elements, Penone does not repre-

autumn earth. But even when he seems to want to bring back to life the myth of Arcadia, nymphs in a country con-

120

st changes the position of sto-

sent nature. Rather, he becomes

nes in a riverbed or blocks the

part of it, he tries to repeat the for-

growth of a tree, so that it will

est in order to find his way back to

remember that human contact

the sensitive contact zone between

for years to come.

subject and object. In order to do so, he is willing to overturn the

Let us take a closer look at forms

perspective of his research and

that Giuseppe Penone has created

even the method itself, if neces-

energy field. The global average

The active participation of all coun-

energy at a lower cost. There is no

of advance – the objective it had

lion tons of CO2, worth over 200

in marble, bronze or wood. Trees

sary. For example, he does so by

temperature is constantly growing

tries will be of paramount impor-

single solution to this challenge:

voluntarily set with the Ministry of

times the annual emissions of all of

without bark, that have been dug

reversing his eyes, which become

because of greenhouse gas emis-

tance. Long term objectives will

we need an integrated approach

Environment. Yet, this is still not

Italy’s thermoelectric plants.

out and pierced, bringing to light

two mirrors onto the external

sions. One of the main causes for

have to be realistic, feasible and

extending to different strategies,

enough. In order to strengthen its

In conclusion, given the lack of

the younger trees within them,

world, or by seizing a tree: “I will

this is the growth of countries like

balanced, and should develop the

including the development of

commitment for the future, Enel

clear and timely actions promoting

that seem to grow in the opposite

continue to hold on tightly to it,

India and China, which in 2030

mechanisms of technology-diversi-

renewable sources. We require

has promoted the Environment

each and every possible technolo-

direction, their branches taking

with an iron hand. The tree will

will be responsible for 30% of CO2

fied markets further, and promote

energy-efficiency policies, source

and innovation project, which

gy, Italy’s biggest risk is again that

root on new saplings. Or land-

continue to grow, except at that

emissions. According to the Iea’s

the use of flexible mechanisms – to

diversification, and the develop-

includes funding for 4 billion euros,

of insufficient energy. Our country

scapes of shrubs and branches;

point” (December 20, 1968). He even reverses the skin of his own

forecasts, if everything remains the

export advanced technologies into

ment of new technologies for the

between 2007 and 2011, for the

finds itself in a situation of structur-

rooms of bay leaves and gold;

way it is today, global emissions

emerging economies.

use of traditional fossil fuels, on

development of renewables, for

al vulnerability, which appears to

heaps of bronze potatoes; casts of

face, as though it were the bark of

will go from the 27 billion tons of

We must finally face the develop-

top of investments in innovations

innovative projects towards energy

be the results of the indecisiveness

ears, noses, lips; piles of leaves on

a sapling, by directly reproducing

2005 to 42 billion tons in 2030.

ing countries’ legitimate desire to

such as hydrogen, solar and

efficiency at the advantage of the

of the past twenty years.

which the lightweight shadow of a

his own imprint, or turning the

But while the scientific world has

achieve

nuclear energy.

customer,

advanced

Only a coherent and far-seeing

robust man seems to rest. Chalky

Anatomies into the veins of stones

managed to build a certain degree

growth: the need to reduce

research on hydrogen, solar, car-

energy policy will allow our country

trunks in the form of vertebrae;

that have been molded by the flow

economic

and

social

and

for

of consensus on this issue, govern-

growth’s environmental impact

Surely technology is the key to

bon capture and sequestration

to achieve the high and long-last-

ghostly figures that were given

of water and wind, or the veins of

ments still have not been unable

must find an answer in the tech-

solving the climatic change chal-

technologies.

ing growth rates and the competi-

form by delicately touching clods

a vegetable structure.

to find an agreement, and are yet

nologies

more

lenge, and to guaranteeing a sus-

All in all, we have shifted our focus

tiveness that it deserves; only then

of earth; marble floors designed

Do not let yourself be deceived by

to plan effective policies. This is

advanced countries, which should

tainable future in the long term.

from the short- and mid-term

will we be able to close the gap

like tree bark; an intricate knot of

appearances. Even though nature

developed

by

one reason why the expectations

then be incentivized to export the

Only investments in new technolo-

problems, such as plants’ efficiency

which has dangerously widened,

about the “post-Kyoto” decisions

best technologies available. If

gies can meet 6 billion people’s

and reliability, to more innovative

in the past few years, between

are so high.

China could use, in its coal-fired

dreams of development, stabilizing

and long-term issues.

Italy and both the other industrial-

power plants, the same technolo-

and progressively reducing green-

One Ipcc study states that the glob-

ized nations and the emerging

In this sense, the Kyoto protocol is

gies that Enel is using in its new

house gas emissions.

al potential for geological seques-

economies.

missing its target. The complying

clean-coal plant in Civitavecchia –

Enel is doing its part. We have

tration would be sufficient to stock

The real revolution is not changing

countries represent only 30% of

and which it plans to use also in

reduced our CO2 emissions in the

the emissions of the whole world’s

the world, but instead changing

the world’s CO2 emissions and so,

Porto Tolle – we would save about

atmosphere by 16 million tons, i.e.

thermoelectric capacity for over

ourselves with the technology we

even if its objectives were reached,

65 million tons of CO2 a year.

24%, in the 2000-2006 period.

200 years. Italy’s potential is con-

have at our service. This is why we

the global emission reduction

The energy sector’s challenge is

We have cut our specific CO2 emis-

siderable as well: according to pre-

should not fear the future.

would be of merely 1,5%. In order

solving successfully the so-called

sions by about 20% between 1990

liminary research conducted by

This article is based on the speech

to succeed, the post-Kyoto agree-

“energy equation”, which means

and 2006 (going from 618 g/kWh

Cesi Ricerca and by the National

given by the author when receiving

ment will have to be based on

ensuring a sufficient and environ-

to 496 g/kWh), and this has

geophysics and volcanology insti-

the honorary degree in Enginee-

innovative characteristics.

mentally compatible supply of

allowed Enel to meet – with a year

tute, it should rank at about 30 bil-

ring from the Università di Genova.

121


oxygen

122

English version

02 – 01.2008

is the theme at the center of his

American conceptual art, from

cypress tree, or as the river and the

a marble floor, the reversed imprint

study and his representations,

land art to minimalism. Like other

stone that tumbles along the

of a human skull is transformed

sparkling riverbed.

into a landscape, or maybe into a

what you see is not the work of a

artists of his time, Penone opted

traditional figurative artist, an arti-

for anti-academic materials and

fice that attempts to maintain an

non-traditional forms: he uses the

Right from the beginning, in every

mountain fault line. And vice versa.

idealistic relationship with nature

human body, its limbs, organic and

transitive action (sticking, contact-

All this happens because Penone’s

big leaf, or maybe even into a

by reliving it through the nostalgia

living materials like earth, leaves,

ing, touching, forming, plunging,

works constantly reverse them-

of landscape painting. Penone

wood, acacia thorns, river stones,

rubbing, excavating, immerging)

selves, turning one form into ano-

does not work with impressions he

air and water.

one feels the performance compo-

ther, the origin of one thing into

gets from a hike in the great out-

He carries out experiments and

nent that the avant-garde move-

that of another, truth and mea-

doors, and we are a thousand

plastic research that fall some-

ment needed to shorten the dis-

ning, experience and method: the

miles away from Italian, or perhaps

where between alchemy and sci-

tance

method of casts and imprints.

French, pictorial realism. His trees,

ence, between sculpture and per-

between artistic language and

like the Cedar of Versailles, or the

formance, painting and plastic arts.

physical world, between worlds

tree book, should be considered,

These materials are often blocked

and times that are no longer sepa-

nature are passed on to the viewer

as Michelangelo said, sculptures

in bronze, marble, in a cast that

rated and separable by idealistic fil-

and everything depends on the vie-

that have been created through

maintains the information and the

ters. In fact, Penone’s works are the

wer’s patience, his ability to go

removal: they have been emptied

physical peculiarities almost intact.

result of a gesture that is perform-

beyond the first superficial appea-

of their trunk (and not flayed like

He creates a process that restores

ance and not just plastic, and this is

rances or, if you prefer, beyond the

Marsius), they have been excavat-

the object’s image before and after

why his working process is so clear-

first perception.

ed by the artist, a true virtuoso of

the artistic intervention, and thus,

ly declared and is never hidden

Let us go back to some of Penone’s

the axe, until he finds the fossilized

the initial given can change, gener-

behind the form.

works. One of his most celebrated

sapling at its center. Penone wants

ating other images and stories,

This is a double gesture that,

works is Soffio (Breath). It was sup-

other evolutionary possibilities.

through a process of self-identifica-

posedly inspired by a drawing by

tion in contact with nature (a

Leonardo Da Vinci, in which the

to rediscover the primigenial core

the tree’s past and arrive at its cen-

bilities and begins to feel once

of the trees, like the 12-meter-tall

ter, means to go back in time and

again the course of things in the

between

art

and

life,

The transitive action of art and

trees he exhibited at the Guggen-

find a precise instant in its evolu-

world, not just as an animated

In those years, Arte Povera was

forest, a heap of leaves, flowing

Renaissance artist had tried to give

heim in 1980, and reveal their

tion, the state of something that

being, but as a maker of magical

challenging idealism on other

water, a tree as it grows, leaves

form to the pneuma that fills a

incorporated noyau.

happened long before, but that still

and marvelous things” (Germano

fronts as well. For example, by

that fall and gather on the ground

man’s lungs, focusing on the mass

In his case, the fairytale of the neo-

lives in the tree’s process of growth

Celant, 1969).

bringing into their works natural

like a carpet), returns to produce

platonic sculptor, intent on liberat-

and transformation – like a beard-

time, environmental conditions,

figures, images, visible and reco-

ing the ideal image from its

less boy who still exists, complete

When the Piemontese artist says he

the memory of a place – of a

gnizable forms.

enveloping, material bark, does

yet fossilized, within his now

wants to stick to reality, this is

meadow, a forest or a pond – or by

not work. Michelangelo wrote,

senescent body.

meant

“The greatest artist has no concep-

phenomenologically

turning the memory of those same

Many times, the gesture and the

highlight a profound differentia-

elements into something alive, as a

action, that were initiated out of a

to

tion which a single block of white

In other words, this means coming

tion from idealism, and to open the

given, a material, a medium, and,

desire for contact and transforma-

marble does not potentially con-

into contact with the evolutionary

door onto new scientific and

thus, as a message.

tion, thus of knowledge and reve-

tain within its mass, but only a

process of nature by using natural

anthropological studies, as repre-

In 1983 Penone wrote about this

lation, leave an imprint and this

hand obedient to the mind can

materials that have been worked

sented by authors like Bergoson

effort, “To capture the green of the

imprint creates a form, a landsca-

penetrate to this image.” But

with an artistic method that has

and Merleau-Ponty and perhaps

forest. To cross through the green

pe, the outline of a woman recli-

Penone declared, “To me, the

been adapted to this new, phe-

even by research conducted by

of the forest with a gesture. To rub

ning like a Venus or like Endymion,

problem of art does not exist a pri-

nomenological relationship. It is a

Bachelard. In particular, it contra-

the green of the forest. To imagine

or seated like a lute player, or a

ori. There is simply the problem of

poetic relationship that leads to a

dicts Benedetto Croce’s school of

the depth of the green of the for-

citoyen during a déjeuner sur l’her-

sticking to reality.” His sculptures

gnoseological experience of the

thought, which still in the 1960s

est. To work with the splendor, the

be. And then the processes of

and his paintings bear the imprint

world because it also lives in magi-

differentiated between art and life,

consistency of the green of the for-

transformation and these imprint

of this belief and of the contact

cal,

and between poetry and non-poet-

est. To consume the green of the

actions continue to create new

with reality which lies at the basis

moments.

ry. Penone began working during

forest through the forest. To repeat

works, and they are true poetic

the mid-1960s, when he was still

the forest with the greens of the

monuments, mute poetry that has

“Animals, vegetables, minerals

quite young, and participated in

forest.” All this to transit from the

been written by the artist and

To Penone, to search and excavate

have turned up in the world of art.

the avant-garde Arte Povera move-

language of art to the life of the

nature together. Thus, a cast he

in almost archeological and geo-

The artist is attracted by their phys-

ment which started in Italy and

forest and vice versa; in contact

made of a plot of ground in a

logical terms, to cross the rings of

ical, chemical and biological possi-

moved further afield to take on

that is as close as ivy growing on a

forest during the autumn becomes

alchemic

and

intuitive

of his language.

123


oxygen

124

English version

02 – 01.2008

Oxygen versus CO2

ed President, has participated in

of air, but also on the inside of his

Penone’s

always

underway and with a reading of

mouth, his esophagus, his lungs.

referred to this sticking to reality, a

the actual state of things. Later, a

To Penone, this also meant giving

true contact between the skin of

more sophisticated reading of the

30 million millions

the climate for the first time, isolat-

form to the breath of life that ani-

the world and the skin of man,

works will reveal other messages

by Claudia Gandolfi

ing the United States as the only

works

have

international negotiations about

western country which refuses to

mates the human body through

between earth and body.

and figurative transits, as well as

the imprint of the air that is

Sometimes, photography helps

words and rhythms that remind us

According to the latest Ipcc envi-

sign the Kyoto protocol.

breathed and the cast of the inter-

reconstruct the different phases of

of the elegiac passages in Virgil’s

ronmental report, there is a 90 to

With a final turn of events, howev-

nal muscles. Almost identifying the

the birth and production of his

majestic poems.

95% chance that global warming

er, the Bush administration has

pre-Socratic pneuma with Berg-

works. In these cases, it is also a

Reflections on man’s life, on the

is caused by greenhouse gas emis-

accepted to participate in the new

son’s élan vital. The immaterial

form of documentation – as

length of feelings, on the passing

sions determined by human activi-

agreement, which should set limits

breath,

expiration

though taking note of a scientific

of sensations and, still more, of

ties, and the possible future scenar-

on everyone – even developing

before it dissolves into the sur-

experiment, to verify and test the

unforgettable nutriment.

ios are quite problematic. Despite

countries – from 2013.

blocked in

125

rounding air, creates a sort of fig-

results – but from an artistic point

the Ipcc’s authority in the field,

Actually, the world market is head-

ure-diaphragm that is solidified in

of view. By declaring itself a work

there was criticism regarding the

ing towards greater investments in

terracotta and creates an almost

of art, it functions just like a paint-

methods and criteria used to reach

green technologies which repre-

anthropomorphic representation.

ing exhibited on the wall. The dif-

this result: the truth is that, in order

sent an alternative to fossil fuels.

We see the soul, not the invisible

ference is that paintings try to

to elaborate hypotheses about the

Growing enthusiasm for clean

soul that transports us beyond

open a window onto a reflection of

climate of the next few decades,

energy, in these days of peak oil

death, but the soul that is purely

reality, while photographs repro-

researchers must use complex

prices, is fostered by the perception

filled by the vital flux of air, that

duce what was happening in that

models which entail a high degree

that greenhouse gases will be

invisible substance that fills our

precise place and instant. We could

of unpredictability, and results are

heavily taxed; this positive trend

lungs every day. A breath that ani-

say that photographs taken of

never completely clear-cut. The dif-

could be nullified if governments

mates the body and that, through

plastic gestures and environmental

ficulties in pinpointing the causes

are slow in turning the emission of

imprints and casts, is given back to

performances, like those taken in

and foreseeing the consequences

CO2 and such gases into a cost. It is

The EuroMediterraneo center

and to the public understanding of

us in an artistic material, almost

the Maritime Alps during the

of the phenomenon are, after all,

an inherently political matter: we

for climate change

science.

like the skin that covers and pro-

1960s, should be considered action

at the base of the scientific com-

need an effective carbon tax. Even

by Laura Viviani

tects our body.

pictures and not landscapes or still

munity’s division between interven-

sceptics agree that, in order to cre-

“Skin, like the eye, is a border ele-

lives.

tionists and sceptics. However,

ate a highly energy-efficient econo-

Science’s sites

on and the scientific community, contributing to research activities

The Cmcc is a consortium, estabThe EuroMediterraneo center for

lished by the National institute of

despite uncertainties, this past

my within the next few decades,

climate change (Centro EuroMedi-

geophysics and volcanology (Ingv),

In certain paintings, like The Oath

December the delegates of the 192

we must invest 30 million million

terraneo per i cambiamenti climati-

the Eni Enrico Mattei foundation

surrounds us… it is the extreme

of the Horatii by David and The

countries which signed the 1992

euro a year in the whole world:

ci, Cmcc) opens new perspectives

(Feem), Università del Salento, the

part of our being, it is the dividing

Beheading of Saint John the Bap-

Climate change convention met in

0,12% of the global gdp.

for climate studies in Italy: it is the

Italian

element of our body, that in turn

tist by Caravaggio, or even in the

Bali for the United Nation’s XIII Cli-

first center, in our country and in

research (Cira) and the Venezia

ment; the extreme point that can divide and separate us from all that

center

for

aerospace

protects and contains, in a certain

bronze relief The Sacrifice of Isaac

mate change conference, and

Europe, to focus exclusively on

research consortium (Cvr); Univer-

sense, all the surrounding things.”

by Brunelleschi, the course of His-

started negotiating towards a new

research about climate change and

sità di Sassari and the Spaci consor-

We see the man who, with his skin

tory is changed by the gesture,

international agreement which will

its impact on the Mediterranean

tium are its associates as well.

and his intelligence, with his eyes

through the will of God or of the

take Kyoto’s place from 2012 on.

region; namely, it brings to the

Under the direction of professor

and his art, reverses himself onto

people. Instead, in this case, the

The European Union took on the

local scale the information that is

Antonio Navarra (Ingv), the Cmcc

the physical world to become its

artist’s gesture sparks a change in

role of world leader in greenhouse

developed by the Ipcc (the scientif-

coordinates a number of work

silent, surprised extension: a fold or

the course of natural or geological

gas emission reduction by present-

ic committee founded in 1988 by

groups located in various parts of

a refolding. A new possibility (pri-

evolution – for example, by moving

ing the goals it intends to pursue

the United Nations’ World meteor-

Italy: one of its main assets, apart

mordial, almost biological) for

stones in a riverbed or by blocking,

(thanks to energy efficiency policies

ological organization (Wmo) and

from one of the most advanced

being and existing in the world.

in just one point, the growth of a

and the wider use of renewables),

Environment programme (Unep),

calculation centers of the nation, is

After

Merleau-Ponty

tree that will continue to live for

and by asking for international lim-

which has played such a relevant

in fact its heterogeneous environ-

explained, the world is around me,

years to come with the memory of

itations that may reduce CO2 by

role in the past years that it was

ment – with climatologist, physi-

not in front of me: thus, the vision

that human contact.

20-30% by 2020, and by at least

awarded the Nobel prize for peace

cists, agronomist, mathematicians,

60% by 2050. In particular, Ger-

in 2007).

computer technology experts and

all,

as

that the artist gives us is a “prolonged vision,” that can accept

In these action pictures, the things

many and the United Kingdom are

The Ipcc’s Italian Focal Point is

economists all working toward

and understand the precarious and

and the gestures are not explained

already discussing groundbreaking

under the Cmcc, which collects

common goals.

the incidental, depicting them in

through classic iconography, but

legal measures.

and coordinates the information

The center is currently involved in

the autonomous form of art.

rather, through the very processes

Australia, thanks to its newly-elect-

exchange between the public opini

the activities connected to Circe


oxygen

English version

02 – 01.2008

Traveller

During your stay After compensating your flight’s

Compensate your next flight’s

ernmental

climate

emissions, why not reduce the car-

emissions

change), awarded the Nobel peace

bon footprint of your stay as well?

panel

on

prize with Al Gore in October last

When you leave your hotel room,

year, has estimated aviation’s con-

switch off the lights and turn down

Carbon offsetting is currently being

tribution to the world’s CO2 emis-

the heat or air conditioning until

pinpointed as the panacea for the

sions at 2%, forecasting that figure

you return. Hang the “No room

environmental impact of many

will increase to 3% by 2050.

service needed” sign on your door-

aspects of modern living, including

The aviation industry emphasises

knob, and you will avoid wasting

frequent business trips and vaca-

how low that percentage is, com-

water and electric power for the

tions to distant exotic countries.

pared to power generation and

hotel’s washing machine: you don’t

Certainly, part of this concept’s

road transport, and demonstrates

change your bed sheets or use a

popularity is due to the fact that it

its commitment against global

different towel everyday at home,

is relatively simple to grasp: for

warming pragmatically, e.g. build-

after all.

every kilometre in your journey, or

ing more efficient aircrafts such as

Finally, even though you might be

rather every ton of CO2 released

the Boeing Dreamliner.

used to moving around by car, use

by Michelle Nebiolo

126

Not so easy The United Nations’ Ippc (Intergov-

impact

the Cmcc, until now, describe the

into the atmosphere by your

However, some say that air travel

public transportation instead of

research: the Mediterranean envi-

possible temperature and rainfall

means of transportation, you pay

remains particularly bad for the

taxis: you will find it is an alterna-

ronment), a major European proj-

trends for our area as follows: rise

someone to do something to miti-

environment because airplanes

tive, and better, way to get to

ect in its field: Circe links 62 centers

in temperature on the surface of 1

gate

emit a plethora of harmful gases in

know the real atmosphere of the

in Europe, the Middle East and

to 3 degrees between 2021 and

brought about by your trip.

addition to CO2, which have a

city you are visiting.

North Africa in the research on cli-

2050, 20% decrease of winter

Though it bears an uncanny resem-

greater negative impact in the

mate impact, from the scientific

rainfall in the next 100 years, and

blance to the practice of purchas-

upper atmosphere due to the so-

point of view but also under eco-

shift of many typical Italian crops to

ing indulgences in the fifteenth

called “radiative forcing” effect

nomic and social aspects, and is

other regions, because of the high-

century, carbon offsetting actually

(caused by greenhouse gases’ abil-

er risk of drought.

represents a reasonable approach

ity to “capture” infrared radiation

financed for 10 million euro

These forecasts, however, are not

for today’s conscious (and busy)

coming from on the ground, which

through the Sixth framework pro-

intended to scare the public and

traveller, especially now that sever-

normally should be dispersed in the

gramme of the European Union.

swiftly be forgotten. The coopera-

al travel agencies – whether tradi-

atmosphere). On the other hand,

The Cmcc’s goals are the definition

tion amongst experts in different

tional or online – are including it as

considerable debate remains on

of a set of future climate scenarios,

scientific fields makes it necessary

an option in their offers.

what is the best way to spend the

based on the Ipcc’s classifications

to use a common vocabulary – in

Offsetting the carbon emissions

funds collected to compensate

and adapted to the area of the

order to interpret data in the best

from your next flight will cost you

flights’ emissions, having to choose

Mediterranean maintaining a high

possible way, and to communicate

in fact a negligible amount (usually

between wind farms, solar panels,

degree of detail, and the creation

results to the community, political

between 15 and 60 euros, depend-

reforestation and many other solu-

of a global model of the “Earth sys-

decision-makers and the media.

ing on distance), which you can

tions. Planting trees seems to be

tem” in relation to the carbon

The Cmcc’s vocabulary rules out

simply add to the cost of your tick-

the most popular, albeit stereotypi-

cycle, which should include vari-

unnecessary alarms, which are only

et at the time of purchase.

cal, option, despite the fact that

(Climate

change

and

the

ecological

damage

ables as different as oceans, gla-

an obstacle to the understanding

You can consider that a sum well

experts point out how, when trees

ciers, marine and mainland ecosys-

of problems, and to the definition

spent, your contribution to a proj-

die, all the carbon they ever

tems, and the atmosphere’s chem-

of efficient strategies for their solu-

ect that may have great potential.

absorbed is released back into the

istry. By focusing on the Mediter-

tion in the different geographical

However, you cannot clear your

atmosphere. Sceptics and cynics, of

conscience so easily.

course, question even whether the

ranean, it is possible to make more

areas they concern: today, in

comprehensive forecasts about the

Europe and in Italy thanks to places

companies and agencies are actu-

effects of global warming on the

like the Cmcc, research can sup-

ally delivering on their promises,

agriculture and on the flora and

port, with scientific evidence and

after cashing in their carbon neu-

fauna of the environment we are

future scenario forecasts, an effec-

tral fees. In spite of all this, a grow-

used to: it becomes possible even

tive reaction to the effects of cli-

ing number of travellers are decid-

to outline future socio-economic

mate change.

ing to make their small contribu-

scenarios. The ones presented by

tion to the cause.

127


Oxygen è stampata su carta Munken Lynx, prodotta da Arctic Paper Munkedals secondo criteri eco-compatibili rigorosi, in difesa del patrimonio boschivo.

Per le riproduzioni grafiche e fotografiche appartenenti alla proprietà di terzi inserite in quest’opera, l’Editore è a disposizione degli aventi diritto, nonché per eventuali non volute omissioni e/o errori di attribuzione nei riferimenti bibliografici.

I testi sono composti in Arnhem © OurType, 2002. Tutti i diritti sono riservati. Frutiger © 1988 Adobe Systems Incorporated. Tutti i diritti sono riservati. Frutiger è un marchio registrato di Linotype AG e/o delle sue sussidiarie.


Testata registrata presso il Tribunale di Torino autorizzazione n. 76 del 16 luglio 2007

ISSN: 1972-1668


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