Oxygen n°3

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03 — 04.2008 La scienza per tutti

Antiscientisti disinformati e critici ottimisti

Scienza e Islam: lezioni dal passato

di Massimiano Bucchi

di George Saliba photoreport

Una solidarietà possibile? di Alberto Oliverio

Una bussola morale per l’epoca della globalizzazione

Parole, parole

L’energia del mito e il mito dell’energia di Giuseppe Longo

Il moderno ordine delle cose

photoreport

di Steven Shapin

Out of the ordinary di Joel Meyerowitz

Intervista a Richard Ernst

Da via Panisperna a Los Alamos, luci e ombre della fisica in guerra

Flusso di coscienza e sinapsi: il mistero della mente umana

Osservatori esterni

di Giuseppe Bruzzaniti

di Jonah Lehrer

di Mario De Caro


042 – 053

Il moderno ordine delle cose

006 Nota dell’editore 007 Editoriale 008 – 009 photoreport

Pet-therapy 010 – 011 Q and A

Qual è la caratteristica più importante per uno scienziato?

024 – 031

Una solidarietà possibile? di Alberto Oliverio 032 – 037

Una bussola morale per l’epoca della globalizzazione di Mario De Caro 038 – 039 Intervista a Richard Ernst

di Steven Shapin

091 Punti di vista

054 – 059

Che cos’è la bioetica animale

Da via Panisperna a Los Alamos, luci e ombre della fisica in guerra

092 – 093 I luoghi della scienza

di Giuseppe Bruzzaniti 060 – 067

Antiscientisti disinformati e critici ottimisti

074 – 081 photoreport

Out of the ordinary di Joel Meyerowitz

094 – 095 Future tech

082 – 089

Un nuovo modo di essere

di Massimiano Bucchi

Osservatori esterni Scienza e Islam: lezioni dal passato

040 – 041 photoreport

L’energia del mito e il mito dell’energia

Flusso di coscienza e sinapsi: il mistero della mente umana

di George Saliba

Parole, parole

di Giuseppe Longo

di Jonah Lehrer

068 – 073

012 – 023

La Scuola internazionale superiore di studi avanzati

097 – 127 English version


art direction e impaginazione

rivista trimestrale edita da Codice Edizioni presidente Vittorio Bo

Vittorio Bo

studiofluo Annalisa Gatto Gaetano Cassini

comitato scientifico

coordinamento

ricerca iconografica

Enrico Alleva presidente

Giorgio Gianotto

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Giulio Ballio Roberto Cingolani Fulvio Conti Derrick De Kerkhove Niles Eldredge Paola Girdinio Piero Gnudi Helga Nowotny Telmo Pievani Francesco Profumo Carlo Rizzuto Robert Stavins Umberto Veronesi

Michelle Nebiolo

immagine di copertina

direttore responsabile

Carrot ©James Day, Gallery Stock

Gianluca Comin

Oxygen nasce da un’idea di Enel, per promuovere la diffusione del pensiero e del dialogo scientifico.

direttore editoriale

managing editor

collaboratori Enrico Casadei Eva Filoramo Mattia Garofalo Enrico Martino Francesca Noceti Jacopo Romoli Giovanna Solimando Laura Viviani

stampa Officine Grafiche Artistiche Grafart, Venaria (Torino)

distribuzione esclusiva per l’Italia Arnoldo Mondadori editore via Bianca di Savoia 12 20122 Milano t +39 02 754 21 f +39 02 754 22 584

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Hanno contribuito a questo numero

Giuseppe Bruzzaniti

Mario De Caro

Jonah Lehrer

Joel Meyerowitz

George Saliba

Laureato in fisica e specializzato in storia della scienza, si occupa di storia della fisica del Novecento con particolare riferimento alla fisica nucleare. Oltre a numerosi articoli specialistici ha pubblicato La radioattività (Loescher, 1980), Dal segno al nucleo (Bollati Boringhieri, 1993), Strumenti nella fisica dell’Ottocento (Sagep, 1993) Enrico Fermi, il genio obbediente (Einaudi, 2007) e ha redatto la voce-quadro Nucleo per l’enciclopedia della fisica Treccani.

Docente di Filosofia morale presso l’Università Roma Tre, è stato Visiting scholar al Mit, Fulbright fellow alla Harvard University e ha insegnato alla Tufts University. È autore di numerosi libri, tra cui Il libero arbitrio (Laterza, 2004), e curatore di Naturalism in question (con David Macarthur, Harvard University Press, 2004; traduzione italiana: La mente e la natura, Fazi, 2005) e di Scetticismo. Una vicenda filosofica (con Emidio Spinelli, Carocci, 2007).

Massimiano Bucchi

Richard Ernst

Articolista per la rivista “Seed”, ha pubblicato pezzi anche su “Nature”, “New Scientist” e “MIT Technolgy Review”. Dopo la laurea in neuroscienza alla Columbia University nel 2003 ha studiato per due anni la letteratura e la teologia del ventesimo secolo all’Università di Oxford, grazie alla prestigiosa borsa di studio della Rhodes Scholarship. Il suo primo libro, uscito per Houghton-Mifflin nel novembre del 2007 con il titolo Proust was a neuroscientist, sarà pubblicato in Italia a maggio da Codice Edizioni.

Professore di sociologia della scienza all’Università di Trento, è membro del Public communication of science and technology committee e ha fatto parte di comitati di consulenza per Royal Society, National science foundation e Commissione Europea. Ha condotto ricerche e tenuto seminari presso numerose università e istituzioni di ricerca internazionali (Politecnico di Zurigo, London School of economics, UC Berkeley, Accademia svedese delle scienze, Università di Tokyo). Tra le sue pubblicazioni più recenti i volumi Scegliere il mondo che vogliamo. Cittadini politica tecnoscienza (il Mulino, 2006) e, con Brian Trench, Handbook of public communication of science (Routledge, 2008).

Vincitore del premio Nobel per la chimica nel 1991, per il suo contributo agli sviluppi della metodologia applicata per la spettroscopia a risonanza magnetica nucleare ad alta definizione, è oggi professore emerito della Scuola politecnica federale di Zurigo e membro del comitato scientifico di World knowledge dialogue.

Per due volte vincitore della prestigiosa Guggenheim fellowship, ha ricevuto il premio National endowment for the arts, il premio National endowment for the humanities, e il Deutscher Fotobuchpreis. Le sue opere sono state esposte anche al Moma di New York e al Boston Museum of fine art. È un “fotografo di strada” come Henri Cartier-Bresson e Robert Frank ma, con il suo uso pionieristico della fotografia a colori, ha contribuito a trasformare in accettazione quasi universale quella che, negli anni sessanta, era una resistenza verso questa forma artistica. Phaidon Press pubblicherà, nell’autunno del 2008, un volume sui 45 anni della sua carriera.

Professore di Scienza arabica e islamica alla Columbia University, è autore di oltre novanta articoli e di otto libri sugli argomenti della sua materia. Tra le pubblicazioni più recenti: Islamic science and the making of the European Renaissance (MIT Press, 2007); Rethinking the roots of modern science: the role of Arabic manuscripts in European libraries (1999); A history of Arabic astronomy: planetary theories during the Golden Age of Islam (NYU Press, 1994); Greek astronomy and the Arabic scientific tradition, in “American scientist” (luglioagosto 2002), tradotto anche in spagnolo e tedesco.

Giuseppe Longo Professore ordinario di teoria dell’informazione alla Facoltà di ingegneria dell’Università di Trieste, si occupa di epistemologia, intelligenza artificiale e conseguenze socioculturali dello sviluppo tecnico. Ha pubblicato Il nuovo Golem (Laterza, 1998), Homo technologicus (Meltemi, 2001) e Il simbionte: prove di umanità futura (Meltemi, 2003). Narratore e drammaturgo apprezzato, le sue opere letterarie sono tradotte in diverse lingue. Il suo ultimo saggio è Il senso e la narrazione (Springer Italia, 2008). Scrive, tra l’altro, per il “Corriere della Sera”, “Avvenire”, “Prometeo” e collabora con la Rai.

Alberto Oliverio Professore di psicobiologia all’Università di Roma “La Sapienza”, vi dirige il Centro di neurobiologia D. Bovet e svolge la sua ricerca nel campo delle basi biologiche del comportamento. Ha lavorato in numerosi istituti di ricerca internazionali, tra cui il Karolinska di Stoccolma, il Brain research institute dell’Ucla, il Jackson laboratory nel Maine, e il Center for neurobiology of learning and memory della California University a Irvine; dal 1976 al 2002 ha diretto l’Istituto di psicobiologia e psicofarmacologia del Cnr. È autore di circa 400 pubblicazioni scientifiche, di saggi professionali, didattici e di divulgazione tra cui Dove ci porta la scienza (Laterza, 2003) e, sulla creatività, Come nasce un’idea (Rizzoli, 2006).

Steven Shapin Titolare della cattedra “Franklin L. Ford” di storia della scienza ad Harvard, nel 2005 ha ricevuto dal Principe di Orange dei Paesi Bassi il premio Erasmus, insieme a Simon Schaffer, per il suo contributo alla cultura, società e scienza sociale europea. Tra i suoi libri citiamo A social history of truth: civility and science in seventeenth-century England (University of Chicago Press, 1994), La rivoluzione scientifica (Einaudi, 2003; l’edizione originale The scientific revolution, University of Chicago Press, 1996, è stata tradotta in 14 lingue), Wetenschap is cultuur (La scienza è cultura) con Simon Schaffer (Balans, 2005). Collabora regolarmente con “London Review of Books” e ha scritto per “The New Yorker”.


Nota dell’editore

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La cultura scientifica può essere considerata un soggetto astratto e complesso nel suo trasformarsi continuamente e in modalità dinamica: evolve rapidamente, prende nuove forme, spesso è imprevedibile. Quali direttrici sembra volerci indicare nelle sue trasformazioni future? La prima è nel rapporto con la cultura umanistica, da sempre considerata depositaria delle forme di comunicazione più riconosciute e più consolidate. Si discute ormai da tempo della divisione che separa la conoscenza scientifica e il sapere umanistico. E molto si è detto anche sul pericolo che questa scissione artificiosa della speculazione intellettuale e della cultura comune rappresenti per la società. Negli ultimi anni si sono registrati tentativi diversi di riconciliazione “sul campo”, con incontri e dialoghi pubblici tra scienziati, filosofi e letterati, in manifestazioni pubbliche e di grande successo come il Festival della Scienza di Genova, Bergamo Scienza e il Festival di Perugia. L’attenzione è però ancora prevalentemente viziata da un’analisi del rapporto tra le due culture come entità separate e indipendenti. Non è invece superfluo sottolineare come le nuove scoperte scientifiche stiano sempre più radicalmente cambiando la nostra idea di essere umano: l’origine e l’evoluzione del linguaggio, il funzionamento della mente e della coscienza, la contaminazione tra tecnologia e corpo, tra cervello e computer, l’origine dell’universo, la storia delle popolazioni e delle malattie… È evidente la necessità sempre più urgente di basare le nostre decisioni su una solida conoscenza e competenza del sapere scientifico.

Editoriale

Qui credo stia un’altra delle direzioni che si impongono come sempre più importanti e interessanti: il tema della divulgazione del sapere scientifico. La divulgazione si è trasformata: da termine con connotati quasi negativi sta ora affermandosi sempre più come chiave di lettura fondamentale del rapporto tra scienza e società. Necessaria e di vitale importanza per entrambe le parti, gli scienziati e la società, vive sempre in equilibrio tra forze diverse, che possono diventare immediatamente distruttive se non sapientemente bilanciate: da una parte la spinta alla diffusione dei saperi a un numero di persone sempre più ampio, con la necessaria semplificazione che questo comporta, una forza che spinge all’allargamento sempre maggiore delle idee, dall’altra lo sforzo di non banalizzare i problemi e i concetti che il sapere scientifico ci offre. Se è vero che in una conferenza, come amava dire il famoso neuroscienziato cileno Francisco Varela, si può trasmettere un solo concetto, questo però deve mettere in moto un processo a catena virtuoso: deve incuriosire e spingere all’approfondimento, e deve illuminare i legami interdisciplinari tra le diverse culture, in modo da favorire la creazione di nuovi saperi e conoscenze. Vittorio Bo, presidente Codice Edizioni

Come si diffonde la cultura? In epidemiologia, si parla di trasmissione verticale quando una malattia o un tratto ereditario passa dai genitori ai figli, e di trasmissione orizzontale quando invece può diffondersi nella popolazione anche tra persone non imparentate fra loro. Prendendo a prestito questi due termini, potremmo distinguere due tipi di trasmissione culturale. La trasmissione culturale verticale, la cui dinamica è molto simile a quella genetica, ha un peso rilevante nella nostra evoluzione personale e come specie: tra i cacciatori-raccoglitori è la fonte di gran parte di quel che si impara nel corso della vita. I genitori e i parenti hanno l’occasione di trasmetterci la loro cultura quando siamo giovani, ovvero quando l’educazione e l’ambiente in genere possono lasciare sull’individuo un’impronta profonda, dagli effetti potenzialmente duraturi. È l’età in cui si forma il linguaggio, chiave primaria della nostra personalità (non per nulla si parla di “madrelingua”). La trasmissione culturale orizzontale avviene secondo modalità diverse. Il suo meccanismo è però particolarmente potente ed efficace, consentendo la diffusione della conoscenza da uno a tutti i membri di una popolazione in tempo breve: con i mezzi di comunicazione odierni, anzi, in modo pressoché istantaneo.

Esiste, tuttavia, un meccanismo orizzontale caratterizzato da una dinamica opposta, che ostacola la diffusione delle novità. Si tratta della reazione del gruppo sociale, che spesso si dimostra poco favorevole ad accettare il cambiamento, soprattutto se riguarda caratteri culturali condivisi ormai entrati a far parte del costume. Se il gruppo accetta facilmente una novità, la sua diffusione e il suo mantenimento nel tempo sono assicurati. Ma se il gruppo è contrario, la trasmissione culturale diviene assai difficile, se non impossibile. L’azione potenzialmente negativa del gruppo – che potemmo chiamare conformismo – può essere causa di gravi rallentamenti nella realizzazione di riforme necessarie, ma porta con sé anche un vantaggio sociale di grande valore per l’intera comunità: la coesione. Compito di tutti noi, che amiamo la scienza e desideriamo comunicarla perché l’intero corpo sociale possa godere dei frutti della ricerca e delle sua applicazioni, deve essere soprattutto quello di cercare di valorizzarne un dato che spesso tutti – dai media agli specialisti delle varie aree, dai comunicatori ai tecnici – tendiamo a dimenticare: l’importanza della concordia e del progresso sociale che la scienza, con il suo metodo sperimentale e la condivisione pubblica delle nuove conoscenze, può aiutare a costruire. I momenti di dialogo, come quelli offerti da questa rivista, sono occasioni preziose. Luigi Luca Cavalli Sforza

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photoreport

Pet-therapy

fotografia di Enrico Martino

Nel 1953 lo psichiatra infantile Boris Levinson fu il primo a studiare come la presenza di un animale domestico potesse migliorare la qualità della vita dei soggetti autistici. Oggi le terapie dolci svolte con l’ausilio di animali sono adottate sempre più spesso nel caso di bambini e anziani affetti da disabilità fisiche o mentali. La pet-therapy si rivela particolarmente efficace, infatti, per sviluppare il senso di responsabilità, migliorare l’autostima e la capacità di socializzazione, e combattere la solitudine.


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Q and A

03 – 04.2008

Q and A a cura di Eva Filoramo

«Qual è la caratteristica più importante per uno scienziato, nel lavoro e nella vita?» Matteo Motterlini professore ordinario di Filosofia della scienza ed Economia cognitiva all’Università “Vita-Salute” San Raffaele, e direttore del Centro di ricerca di epistemologia sperimentale e applicata (Cresa) di Milano »

L’audacia. La voglia e la forza, cioè, di (in)seguire percorsi di ricerca non convenzionali, di sfidare luoghi comuni e mettere in discussione credenze consolidate. E la condivisione di questo progetto con altre persone che sento a me affini. A livello personale, invece, non so quale caratteristica potrei citare; quella che ricerco è un equilibrio tra cognizione e affetti, ovvero tra ragione e sentimento.

Guido Barbujani professore ordinario di Genetica all’Università di Ferrara »

La pigrizia. Perdo un sacco di tempo in attività inutili o, per usare un termine più ipocrita, “diversamente utili”. Mi riconosco in questi versi da Rosebud di Valerio Magrelli: Io traccio il mio bersaglio intorno all’oggetto colpito, io non colgo nel segno ma segno ciò che colgo, baro, scelgo il mio centro dopo il tiro. Penso che molta buona scienza nasca appunto da chiacchiere non finalizzate, da ragionamenti nati un po’ per caso. Penso che alle origini di molta buona scienza ci sia la ricerca di un piacere intellettuale, correre dietro a non si sa bene cosa, seguendo l’intuito e, perché no? anche il nostro gusto estetico. Naturalmente la pigrizia è un difetto. Anzi, lo sarebbe: nel migliore dei mondi possibili. Ma il mondo della ricerca italiana non è, come sappiamo, il migliore, e quindi va a finire che esser pigri aiuta. Molti corrono troppo, mandano troppe mail, partecipano a troppe commissioni e comitati. Scrivono gli articoli mentre parlano al cellulare, e si vede. L’antidoto è la pigrizia, nel senso dell’insopprimibile necessità di avere tempo libero per leggere cose che non si sa se c’entrino, per lasciar riposare il cervello, per pensare e per chiacchierare con interlocutori intelligenti. Naturalmente non funziona se si vuole diventare direttori di dipartimento, o presidi, o assessori… 2. Inutile chiedere all’oste se il vino è buono. 1.

Paul Dumas direttore di ricerca presso il Cnrs francese e responsabile della ricerca nel campo della spettroscopia a infrarossi presso il Centre de Rayonnement Synchrotron “Soleil” »

La caratteristica più importante che credo mi sia utile nella vita professionale è la mia curiosità, anche per discipline diverse dalla mia – la fisica. Grazie a questo interesse sono riuscito a riunire scienziati di vari ambiti per completare esperimenti “non convenzionali”, e a trarre enorme beneficio dalla conoscenza degli altri e dalla condivisione delle opinioni che avevamo su uno stesso problema. Credo che in tutto questo mi abbia aiutato soprattutto l’entusiasmo, che considero un mio pregio a livello personale. Ho la fortuna di lavorare in un ambiente professionale emozionante che cambia in fretta, fa emergere molte nuove idee e stimola il dialogo. Mi piace il mio lavoro, e spero di poter trasmettere questa mia passione anche ai colleghi più giovani.

Giorgio Vallortigara neuroscienziato presso il Center for brain/mind sciences dell’Università di Trento »

Andrea Moro professore ordinario di Linguistica generale all’Università “Vita-Salute” San Raffaele di Milano »

Penso una certa attitudine, che a volte ha i tratti di una vera ossessione, a pensare per immagini. Vedo e manipolo immagini nella testa, vere e proprie “figurine” che mi servono per progettare esperimenti o immaginare spiegazioni e ipotesi. Mi ha sempre colpito il primato di questo genere di attività mentale sul resoconto verbale o scritto, che mi lascia spesso insoddisfatto per la difficoltà a tradurlo in un formato immaginativo-visivo. Per quanto riguarda l’aspetto personale, invece, risponderei: la tenacia, senza dubbio. L’applicazione – anche questa, temo, un poco ossessiva – ai problemi, sia professionali sia personali.

Ci sono dei casi in cui le domande sono più interessanti delle risposte perché in qualche modo le prime contengono un presupposto che condiziona fortemente le seconde. Credo che questo sia uno di quei casi, almeno per quanto riguarda la mia di risposta. L’invito a cercare le due caratteristiche più importanti nella vita professionale e a livello personale costituisce infatti di per sé un punto di vista importante, una “teoria” che merita di per sé grande attenzione: quello che la vita professionale e quella personale siano due momenti distinti. Certamente in prima approssimazione lo sono: hanno regole diverse, ritmi e tempi diversi, scenari diversi, in esse interagiscono persone diverse. Tuttavia, almeno per quanto mi riguarda, vivo la ricerca scientifica esattamente con le stesse attitudini con le quali affronto le relazioni sociali, da quelle formali a quelle amicali. Dunque, se devo cercare “la mia caratteristica più importante” nella vita professionale e in quella personale, questa caratteristica è la stessa: la capacità di stupirsi di fatti semplici. Che questa sia una caratteristica utile per la ricerca scientifica è quasi banale osservarlo: è forse stato il motore più importante dello sviluppo di questo ambito, come testimoniano giganti come Newton o Mendel. Ovviamente io non sempre ho avuto la fortuna di trovare fatti originali, anzi: spesso ripercorro semplicemente strade già percorse, ma la percezione dell’incongruenza – laddove i più vedono l’ovvio – e dunque la necessità di una spiegazione sono state per me lo spunto fondamentale, sia come stimolo alla scoperta di fenomeni nuovi sia come modo per tener viva la vocazione alla ricerca stessa.

Sergio Givone professore ordinario di Estetica all’Università di Firenze »

Strano, ma se penso a quello che dovrebbe essere un mio tratto specifico sono tentato di sottolineare i miei limiti se non la mia inadeguatezza... Che sia questa, in positivo, una certa tendenza all’autocritricica? Lo spero.

Simultaneamente, nella sfera personale, la capacità di sentire il gesto di una persona vicina come non scontato, come inaspettato – come misterioso, in fondo – è anche il motivo che mi fa mantenere molto salde quelle relazioni amicali e familiari che sono tra i successi della mia vita. In questo modo ogni relazione si rinnova di continuo, non diventa mai un copione scontato: lo stare insieme appare sempre una scelta e non il frutto di un’inerzia. Ma mi piace anche aggiungere, a proposito di questo spunto di riflessione così interessante, che la capacità di stupirsi di fatti semplici ha anche un ruolo centrale in un ambito per certi versi trasversale rispetto alla polarizzazione posta nella domanda: quello della dimensione religiosa, che per me non è affatto marginale. La sorpresa del mio esistere, nella sua sconcertante semplicità, non ha per me una qualità diversa dal mistero di Dio, e ciò rende certamente questa mia caratteristica ancora più rilevante rispetto ai vari ambiti della vita.


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Scienza e Islam: lezioni dal passato

di George Saliba

Cinquanta anni fa il grande storico della scienza cinese Joseph Needham sollevò un quesito molto importante, che sfugge da sempre a una risposta soddisfacente: perchéla scienza moderna è nata in Europa intorno al sedicesimo secolo e non in seno alla civiltà cinese o islamica, che al tempo erano sue concorrenti alla pari?


Scienza e Islam: lezioni dal passato

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Douz, Marocco. Il Center for medicines in the public interest degli Stati Uniti prevede che nel 2010 la vendita di farmaci contraffatti arriverà a generare un giro d’affari pari a 75 miliardi di dollari, con un aumento pari a oltre il 90% rispetto al 2005. 1

Sebbene sia difficile ottenere informazioni precise e dettagliate su questo fenomeno, le stime si aggirano intorno all‘1% dei farmaci venduti in Occidente, e, a seconda dell’area geografica, possono superare il 10% nei paesi in via di sviluppo.

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Tamaulipas, Messico.

Max Weber, Robert Merton e molti altri tentarono di individuare le radici della scienza moderna tra esperienze tipicamente europee quali la riforma protestante, il successo del capitalismo o, nel caso di Merton, lo spirito del puritanesimo. Solitamente si arrivava, così, a definire la “scienza moderna” stessa come risultato dell’applicazione di concetti come metodo scientifico, matematicizzazione della natura e metodo sperimentale. Nessuno, però, riusciva a spiegare perché quei concetti – pur essendo esistiti almeno in parte anche al di fuori dell’Europa – non avessero generato una “scienza moderna” anche in altre civiltà e, concentrandosi sull’unicità della realtà europea, si perdeva di vista il carattere universale della scienza moderna. In altre parole, le risposte rigidamente eurocentriche al quesito di Needham finivano per legare la scienza moderna alla cultura europea, invece di riconoscerne la natura universale. In questo articolo, invece, vorrei quindi individuare le cause, fra quelle che portarono alla nascita della scienza moderna, che non furono essenzialmente europee. Devo subito ammettere che, in effetti, la scienza moderna nacque proprio in Europa, e che nacque per ragioni che lì erano presenti, anche se non in modo esclusivo. Ma, una volta individuate le cause, queste dovrebbero portare a risultati simili in ogni civiltà, pur senza rendere quella civiltà identica a quella europea. Per fare un esempio è possibile notare che, nella storia della civiltà islamica, ogniqualvolta si è speso capitale in ricerca scientifica si sono ottenuti di conseguenza risultati scientifici in abbondanza. Allora ha senso dedurre che la spesa di capitale produce scienza in qualsiasi cultura, inclusa quella europea. Iniziamo allora dalla radice più ovvia della produzione scientifica, ovvero la spesa di capitale in ricerca, che mi piace chiamare “investimento in scienza”.

Il ruolo del capitale nella produzione di scienza e il ruolo della scienza nella produzione di capitale

Il capitale, da solo, non crea necessariamente “scienza moderna”. La storia islamica è un esempio di come occorra tenere in considerazione anche altri fattori: come già Ibn Khaldun (1332-1406) sapeva, non ci si può aspettare che la scienza fiorisca quando è censurata, tenuta segreta, o fatta circolare solo all’interno di un’èlite molto circoscritta e isolata dal grande pubblico. Nel mio prossimo libro tratterò anche gli altri fattori che stanno alla base della scienza moderna, ma in questo breve articolo posso concentrarmi solo sui fattori di tipo economico. Un tempo la produzione di scienza si basava più sul patrocinio che sull’investimento, come avviene invece al giorno d’oggi. Questo vale sia per l’Europa, dove il mecenate principale era la chiesa, sia per la civiltà islamica, dove erano i governatori locali e i sultani a ricoprire quel ruolo. L’unica differenza è la continuità del sostegno della chiesa, che diede all’Europa il leggero vantaggio che il mondo islamico tentò di intaccare, non senza qualche successo, fino al sedicesimo secolo: solo allora la bilancia iniziò a pendere decisamente a favore dell’Europa, con la nascita della “scienza moderna”.

Quali furono le cause dello sbilanciamento?

Poco prima del Rinascimento ebbero luogo due eventi molto importanti. A oriente del Mediterraneo gli Ottomani assestarono l’ultimo e fatale colpo a ciò che rimaneva dell’impero Bizantino, con la caduta di Costantinopoli nel 1453. A occidente, un uomo avventuroso abbandonò il bacino del Mediterraneo e si imbatté in quello che pensava fosse il subcontinente indiano – di qui l’uso del termine “indiani” per identificare i nativi americani – ma che invece si rivelò essere un mondo assolutamente nuovo. I due eventi sono

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Cracovia, Polonia. I medicinali contraffatti rientrano nel più ampio fenomeno dei farmaci al di sotto degli standard: farmaci confezionati in un packaging falso,

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contenenti ingredienti sbagliati, privi di principi attivi o scarsamente efficaci per via di modifiche – più o meno pericolose – rispetto alla ricetta originale.

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Palermo.

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collegati a livello profondo. L’impero Ottomano bloccava il commercio dell’Europa con l’Oriente, e fu proprio per riprendere gli scambi che, nel 1492, qualcuno decise di navigare verso ovest per raggiungere le coste della Cina e dell’India. Nel corso di questa impresa Colombo arrivò in America per puro caso – e questa sua fortuna ebbe conseguenze enormi. Prima di tutto la ricerca delle spezie in Oriente fu rapidamente soppiantata dalla “febbre dell’oro”, che prese Colombo e i suoi uomini non appena si accorsero dell’abbondanza di metallo prezioso indossata dai nativi dell’isola che avevano battezzato “Hispaniola”. Negli anni successivi, altre spedizioni si imbatterono accidentalmente negli immensi giacimenti di argento nell’entroterra del Messico, o “Nuova Spagna”, come fu battezzato al tempo. I portoghesi circumnavigarono l’Africa e riportarono altre simili ricchezze in Europa, e altri nuovi mondi furono conquistati durante “l’era delle grandi scoperte”. Insieme alla ricchezza portata dai metalli preziosi, arrivò un’altra fonte di capitale: la schiavitù. Prima furono sfruttati i nativi americani, per estrarre oro e argento, e poi gli africani, per il lavoro nelle piantagioni create nelle ampie lande fertili del nuovo continente. Tutto ciò si tradusse in un copioso flusso di capitale fresco verso le casse delle famiglie reali europee, a discapito delle civiltà “concorrenti” che si impoverirono progressivamente. La civiltà islamica, in particolare, aveva mantenuto fino al sedicesimo secolo una posizione di potere sui crocevia della maggior parte delle grandi vie del commercio mondiale, ricavandone immense ricchezze, ma in seguito alla scoperta dell’America venne tagliata fuori del tutto per il semplice spostamento delle rotte commerciali sull’Atlantico e poi sull’Oceano Indiano, superando il Capo di Buona Speranza. Questo sarebbe bastato a dare all’Europa un vantaggio irrecuperabile, ma i potenti d’Europa riuscirono a far fruttare la loro nuova ricchezza in modo straordinario: si resero conto, di fronte al ritmo incalzante delle scoperte e ai vantaggi che ne derivavano, che potevano mantenere o addirittura incrementare il flusso di ricchezze in entrata incoraggiando e finanziando altre simili spedizioni di scoperta.

Ben presto queste enormi ricchezze, e la promessa di nuove fortune, diedero il via a una gara spietata tra gli scienziati europei per risolvere i problemi che i navigatori incontravano mano a mano nei loro viaggi. I ricercatori cominciarono a occuparsi di nuovi strumenti, carte geografiche, globi terrestri e celesti, tecniche per la costruzione delle navi e per la determinazione della longitudine di un’imbarcazione in alto mare, raccolta dati, geografia matematica e astronomia. Anche un genio come Galileo, entrato a far parte dell’Accademia dei Lincei intorno al 1609, passava buona parte del proprio tempo a costruire strumenti per la marina commerciale. La stessa Accademia dei Lincei si era cimentata, tra i suoi primi progetti, nello sfruttamento commerciale delle piante medicinali in Messico. Ma tutti questi sviluppi non avrebbero avuto le enormi conseguenze che ebbero se non ci fosse stato un collegamento diretto tra capitale e produzione scientifica. Lo stesso Galileo, quando individuò le lune di Giove grazie al suo nuovo telescopio, non annunciò immediatamente la fine del mondo aristotelico – come avrebbe dovuto, di fronte a questa prova schiacciante – ma propose la propria scoperta a vari signori locali, fino all’incontro con la famiglia Medici, in onore della quale chiamò i quattro satelliti “astri medicei”. I veneziani, forse seguendo un precedente esempio fiorentino, introdussero intorno al 1477 il concetto di brevetto per le nuove scoperte. Così facendo, senza rendersene conto, diedero il via a un nuovo processo creativo in cui la produzione scientifica e tecnologica sarebbe stata strettamente collegata al ciclo economico generale. Di conseguenza la scienza e i suoi corollari tecnologici iniziarono a portare un certo guadagno personale agli scienziati. Tuttavia, se da una parte la prassi dei brevetti costituisce un efficiente sistema premiante per gli scienziati e un potente catalizzatore per la ricerca, dall’altra, almeno per qualche tempo, priva la popolazione dei vantaggi portati dalla diffusione delle nuove scoperte. Un brevetto è, in fondo, una forma attenuata di monopolio. Per questo, da sempre, si è imposto a questo tipo di titoli un limite temporale: proprio per contenere i danni creati alla concorrenza. Ma il governo veneziano e tutti quelli che ne seguirono l’esempio appoggiarono e favorirono la prassi dei brevetti sem-

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plicemente per il suo contributo alla commercializzazione della produzione scientifica. Così l’ordine si capovolse: la scienza diventò una fonte di capitale, e rafforzò il proprio ruolo nell’era delle grandi scoperte. Questo fenomeno fu presto seguito dalla formazione di enti colossali che reclamavano il monopolio sugli scambi, come le Compagnie delle Indie Orientali inglesi, olandesi, francesi e spagnole. Si trattava dei prototipi di quelle che oggi chiamiamo “società multinazionali” e, pur nascendo con obiettivi commerciali, poco a poco si trasformarono e diventarono protagoniste dell’età del colonialismo che ancora oggi è in corso. Alcune di quelle compagnie avevano fra i loro dipendenti i migliori linguisti, antropologi, sociologi e strateghi militari del tempo, così come anche i migliori scienziati, tutti tesi verso l’obiettivo di accaparrarsi le risorse naturali dei paesi colonizzati. Brevetti e monopoli non sono certo neutrali dal punto di vista morale. Si potrebbe anzi sostenere che il profitto, di per sé, sia sempre stato uno scopo moralmente discutibile. Al giorno d’oggi possiamo addirittura pensare che certi brevetti, applicati a medicinali che possono decidere la vita o la morte del malato, siano al limite della legalità. Alcuni denunciano la possibilità di abusare del sistema per ostacolare, invece di incoraggiare, la produzione di innovazioni scientifiche

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e tecnologiche: avviene, ad esempio, quando un brevetto è acquistato e dimenticato in archivio solo per impedire alla concorrenza di sfruttarlo. Inoltre, la paura di regalare le proprie idee al brevetto di un collega certamente scoraggia la libera circolazione delle nuove idee. Eppure il collegamento con il profitto commerciale, che diede vita al vero spirito del Rinascimento scientifico, caratterizza ancora oggi la scienza moderna. Il passo successivo fu organizzare le attività scientifiche e commerciali: per regolamentare tali attività e creare l’ambiente adatto alla critica e alla valutazione delle nuove scoperte, le grandi compagnie commerciali come quelle, già citate, delle Indie Orientali furono seguite ben presto anche da accademie scientifiche e società reali. In effetti non è un caso che la maggior parte di queste organizzazioni sia stata fondata nello stesso periodo, ovvero durante la prima metà del diciassettesimo secolo. Con il senno di poi si intuisce come le accademie si configurassero in modo simile ai moderni istituti di ricerca: i loro membri erano solitamente scienziati ben sponsorizzati che, fin tanto che producevano scoperte con pratici risvolti commerciali, potevano sperare in maggiore ricchezza e prestigio, o almeno in migliori condizioni di lavoro. Si tratta di incentivi che ancora oggi guidano la maggior parte dei dipartimenti di ricerca e sviluppo dei gran-

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di enti industriali nazionali e internazionali, i quali rappresentano i veri eredi delle Compagnie delle Indie Orientali. Pertanto non stupisce che le implicazioni morali ed etiche di tutto ciò siano ancora oggetto di discussione ai giorni nostri.

Una prima risposta al quesito di Needham

Nonostante la scienza moderna si sia così legata al perseguimento del profitto, il processo scientifico non può evitare di produrre, a volte, risultati inaspettati privi di valore di mercato. Penso che all’interno di un gruppo di ricerca sarebbe sufficiente che una o due persone si ponessero obiettivi economici, per riuscire a coprire le spese e far guadagnare l’intera squadra. D’altra parte, a volte anche gli studi che sembrano più puramente astratti finiscono per produrre innovazioni commerciabili. Insomma: una volta impostato, il collegamento tra scienza e commercio è difficile da recidere. Quello che vorrei sottolineare qui è che l’Europa, nel Rinascimento, scoprì per prima la caratteristica più cruciale della scienza moderna, ovvero la sua capacità di generare capitale. La spesa in ricerca scientifica non deve essere necessariamente edificante per l’anima ma priva di riscontri finanziari: come ha scritto Mario Biagioli, riferendosi al caso di Galileo, anche la reputazione è denaro.

Possiamo dunque dare una prima risposta al celebre quesito di Needham che ho sintetizzato all’inizio; ma, dopo aver stabilito qual è il collegamento fra la “scienza moderna” e le condizioni economiche che prevalsero per la prima volta in Europa nel sedicesimo e diciassettesimo secolo, penso che la domanda debba essere posta in termini leggermente diversi. Infatti abbiamo detto che la scienza moderna nacque in Europa in seguito a tre specifici sviluppi che ebbero luogo proprio in questo continente: (a) la scoperta accidentale del Nuovo Mondo, (b) l’incontro tra scienza e commercio attraverso il sistema dei brevetti e, infine, (c) l’organizzazione e la regolamentazione di quell’incontro grazie a istituzioni come le accademie scientifiche e le società reali. Riformuliamo dunque il quesito: perché le altre civiltà non seguirono lo stesso percorso, dal momento che, come afferma Needham, erano in possesso delle conoscenze tecniche e scientifiche necessarie al tempo? Per tentare di dare una risposta a questa triplice domanda, occorre ammettere sin dall’inizio che gli incidenti non si possono ripetere: nessun’altra civiltà avrebbe potuto finanziare la spedizione di un avventuriero verso ovest e sperare che, navigando in un mare che si pensava avesse dimensioni enormi (e in effetti, escludendo l’America, l’Oceano Pacifico e l’Atlantico formerebbe-


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Città del Messico. Macao, Cina. 7 Antichi flaconi di medicinali.

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Izmir, Turchia. Osaka, Giappone.

ro una distesa d’acqua immensa), egli si imbattesse per puro caso in un continente che avrebbe ripagato ogni spesa con enormi ricchezze. Coloro che finanziarono Colombo non conoscevano di certo le vere dimensioni del globo, ammesso che sapessero che la Terra era sferica. Non dimentichiamoci che Colombo stesso morì nella convinzione di aver raggiunto le coste orientali dell’India: non aveva idea di dover attraversare ancora un continente e un altro oceano prima di arrivarci davvero. I navigatori e i geografi matematici della civiltà islamica, invece, erano arrivati a stime piuttosto accurate delle dimensioni della Terra già nel nono secolo: per loro, chiedere a qualcuno di arrivare in India navigando verso ovest dalla Spagna sarebbe stata pura follia. Inoltre, l’Europa si arricchì grazie alla scoperta del Nuovo Mondo e allo stesso tempo, spostando le rotte commerciali, impedì al mondo islamico di accumulare capitali come aveva fatto in passato. Così per il resto del mondo diventò più difficile raccogliere fondi necessari per finanziare la produzione scientifica. Per quanto riguarda il fondamentale collegamento tra scienza e profitto commerciale, del quale sembra aver tratto vantaggio solo l’Europa, dobbiamo chiederci: perché non si concretizzò anche in altre civiltà? Credo che sarebbe dovuto essere questo l’aspetto più critico della domanda che si posero Needham, Weber e Merton; la risposta, infatti, non solo aiuterebbe a comprendere meglio il fenomeno della nascita della scienza moderna in Europa ma, avendo una dimensione morale ed etica, potrebbe avere implicazioni anche per le società islamiche moderne, che sono ancora guidate dagli stessi codici morali o da versioni solo leggermente modificate. Abbiamo già elencato i problemi morali ed etici connessi alla dimensione monopolistica del sistema dei brevetti e dei diritti esclusivi concessi a organizzazioni come le Compagnie delle Indie Orientali: si tratta di un forte ostacolo all’adozione della scienza moderna nelle società islamiche, la cui cultura proibisce rigidamente il monopolio. Un atteggiamento simile sembrava aver prevalso anche in Cina, dove derivare un profitto dalle proprie conoscenze non è mai stato visto di buon occhio. Nella civiltà islamica si sono diffuse alcune dichiarazioni attribuite a Maometto

stesso, in cui il profeta avrebbe condannato il monopolio equiparandolo, in alcuni casi, alla mancanza di fede. Nello specifico, la condivisione delle proprie conoscenze è stata fortemente incoraggiata con insegnamenti profetici molto noti, come quello secondo cui chiunque neghi conoscenza ad altri fedeli sarà condotto al giorno del giudizio con briglie di fuoco. Con questo genere di codice morale, nessuno scienziato sano di mente avrebbe anche solo pensato di chiedere un brevetto. Una conoscenza da sempre definita come proprietà pubblica non poteva, per ragioni morali, essere monopolizzata o brevettata. Nell’Islam, condividere le proprie conoscenze è un dovere. Ma questa è una regola difficile da applicare perché sembra privare chiunque dei frutti del proprio lavoro intellettuale. L’Islam non vuole certo essere così ingiusto. I suoi giuristi si occuparono della questione per secoli, discutendo di quale tipo di conoscenza dovesse essere condiviso e quale no: essi erano perfettamente consapevoli del potenziale profitto che poteva derivare dalle nuove conoscenze, ma infine non vollero fare il salto morale necessario per consentire a qualcuno di monopolizzare una parte di conoscenza a discapito dell’uso che poteva farne la società. Così, se nell’Islam esiste l’obbligo di produrre conoscenza utile (al–‘ilm al–na ¯fi‘), quest’ultima è generalmente interpretata come utile per la società, e non per il proprio tornaconto. Se portiamo questa logica fino alle sue naturali conclusioni, è evidente che la morale comune non avrebbe mai potuto tollerare il concetto di monopolio intrinseco nel sistema dei brevetti. Solo in epoca moderna, e sotto la pressione della necessità di superare il sottosviluppo, le autorità giuridiche islamiche hanno iniziato a concedere la possibilità di possedere proprietà intellettuale e derivarne profitto. Si tratta di uno sviluppo iniziato non più di vent’anni fa. Che io sappia, l’unico paese islamico ad aver collegato produzione scientifica e profitto commerciale attraverso i brevetti è la Malaysia. Forse è grazie a questo, oltre alla realizzazione di molte altre politiche concrete, che il paese sembra emergere rapidamente dal sottosviluppo. La Malaysia ha anche compiuto un altro passo avanti decisivo quando ha deciso di investire finanziamenti consistenti – pari a circa il 20% del budget pub-

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blico – nell’istruzione e nella ricerca scientifica. Nel governo vi è persino un ministero della scienza, della tecnologia e dell’innovazione, il cui capo Jamaludin Mohd Jarjis, nel corso di una conferenza dell’Unesco nell’agosto del 2007, ha esortato gli scienziati a produrre “scienza che si possa trasferire sul mercato”, e non scienza che si consumi unicamente nelle aule e nei laboratori di ricerca. Alla stessa conferenza Unesco il professor Omar Abdul-Rahman, membro dell’Accademia delle scienze malese, è andato ancora oltre, dicendo che “la buona scienza non è buona abbastanza, se non si traduce in profitto sul mercato”. Eppure non sono sicuro che il ministro malese, i membri dell’Accademia delle scienze o i giuristi che si incontrano regolarmente nell’Organizzazione della Conferenza islamica o in simili enti abbiano mai valutato a fondo le implicazioni morali ed etiche del sistema dei brevetti e del suo carattere monopolistico. Non mi stupirei di sentire, un giorno, che alcuni di coloro che sono stati impegnati a lungo per sviluppare un concetto di banca islamica in grado di aggirare lo strumento dell’interesse, saranno stati richiamati per trovare un trucco giuridico che sblocchi il segreto dei brevetti, così chiaramente legati alla produzione scientifica moderna. Spero che, quando accadrà, quelle persone si lascino guidare dal fondamentale principio giuridico islamico che dà la massima importanza all’interesse dalla comunità (mas• lah• a) e non a quello dell’individuo. Per le società islamiche, oggi, si profila una duplice sfida: da un lato colmare il distacco che si

è creato e raggiungere un certo livello di scienza moderna, integrando l’attività scientifica nel ciclo economico in modo da permettere alla ricerca di generare capitale invece di assorbirlo; dall’altro riuscire a evitare le cadute e i disastri che il mondo occidentale ha già sperimentato. Ci riusciranno? Non sarei troppo ottimista. Pare che in quest’epoca moderna e globalizzata la scienza debba faticare molto per salvare l’ampia fetta di popolazione mondiale che rischia di soccombere alla povertà e al sottosviluppo. La nuova scienza delle società islamiche – se mai si arriverà ad averne una – dovrà sempre confrontarsi con la diffusione profonda delle logiche e dei valori dei paesi occidentali, con l’egemonia del sistema che essi hanno adottato. Quegli stessi paesi occidentali hanno già intessuto la propria produzione scientifica di incentivi commerciali; si potrebbe dire che, così facendo, essi hanno accettato quel che si può giustificatamene chiamare “declino morale”, nella forma del consenso al monopolio e allo sfruttamento della conoscenza utile. Il resto del mondo è pronto a seguire questo esempio in nome dello sviluppo, o resterà per sempre condannato al sottosviluppo e allo sfruttamento come appare oggi?

Consigli di lettura Needham J. (1969), The grand titration, University of Toronto Press

Biagioli M. (2006), Galileo’s instruments of credit: telescopes, images, secrecy, University of Chicago Press

Saliba G. (2007), Islamic science and the making of the European Renaissance, MIT Press

Biagioli M. (2006), Patent republic: representing inventions, constructing rights and authors, in “Social Research”, 73, pp. 1129-1172

Sayılı A. (1960), The observatory in Islam, Tarih Kurumu Basimevi

Biagioli M. (1993), Galileo courtier: practice of science in the culture of absolutism, University of Chicago Press Bourne E. (1906), The Northmen, Columbus and Cabot, 985–1503, Charles Scribner Freedberg D. (2002), The eye of the lynx: Galileo, his friends, and the beginnings of modern natural history, University of Chicago Press Merton R.K. (1970), Science technology and society in seventeenth-century England, Harper 9

L’autore ringrazia tutti coloro che hanno condiviso con lui le proprie opinioni sull’argomento del presente articolo, e coloro che hanno posto domande interessanti quando una prima versione di questo testo è stata presentata al Festival delle Scienze di Roma, nel gennaio 2008. Un grazie particolare a John Pratt, del Surrey, in Inghilterra, e al collega e amico Dimitri Gutas, professore all’università di Yale.

Bernal J.D. (1939), The social function of science, MIT Press

Weber M. (2003), The Protestant ethic and the spirit of capitalism, Dover


Una solidarietà possibile?

Una solidarietà possibile?

di Alberto Oliverio fotografie di Alberto Carmagnani

Contro il cinismo e il sospetto verso la scienza – e l’industria che in Occidente la circonda – qualche esempio di come piccole tecnologie “povere” siano in grado di risolvere alcuni problemi del Terzo Mondo. Ecco perché è il momento rivedere in termini utilitaristici il valore della solidarietà.

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In un mondo complesso qual è quello attuale, le forme di solidarietà tradizionali sono spesso inadeguate a risolvere o ad affrontare alcuni problemi: anche in questo campo è infatti necessaria una logica che spesso contrasta con approcci più spontanei ed empatici, più in linea con le caratteristiche della mente umana che tende a privilegiare l’immediatezza e i sentimenti piuttosto che la pianificazione e la razionalità. Questi ultimi valori sono al centro della concezione e della prassi scientifica, il che contribuisce a fare sì che la scienza possa apparire lontana dai sentimenti e quindi dal “calore” della solidarietà tradizionale: d’altronde, a differenza di quanto avveniva in passato, scienza e tecnologia vengono oggi considerate in modo bivalente, se non negativo, da buona parte dell’opinione pubblica. L’idea che la scienza non sia più al centro di valori condivisi risulta da una recente inchiesta svolta in Inghilterra da parte dell’Università di Oxford. Dall’indagine è emerso che quattro inglesi su cinque hanno scarsa fiducia negli scienziati, pur attendendosi dalla scienza una serie di ricadute positive: in un paese dove la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica hanno sempre goduto di grande prestigio e occupato un posto rilevante, si resta sorpresi da tale diffidenza – in gran parte motivata, indica la stessa inchiesta, dal fatto che i ricercatori fanno parte di un’impre-

sa che è sempre più improntata al protagonismo, alla ricerca di ricadute economiche, a una forte competitività e, non ultimo, a un frequente distacco da quei problemi che non fanno parte del mondo in cui vivono gli scienziati. I risultati di questo studio sono dunque, paradossalmente, contraddistinti dalla compresenza di aspettative positive e di sfiducia nella scienza, da una concezione della ricerca scientifica improntata a una sua funzione “solidaristica”, cioè rivolta al bene dell’umanità, ma anche da una critica di quella concorrenza che oggi è al centro, come non mai, dell’impresa scientifica pubblica e privata. Le grandi imprese scientifiche, che richiedono uno sforzo concorrenziale o congiunto di centinaia o migliaia di ricercatori, sollevano indubbiamente il problema delle priorità: la capacità di rispondere alle richieste di un mondo estremamente variegato, in cui gli interessi e le necessità dei paesi industrializzati sono ben diversi rispetto a quelli dei paesi in via di sviluppo. Più in generale, si tratta di un tema che riguarda i rapporti tra la scienza e la cosiddetta comunità degli utenti, siano questi gli abitanti di un paese povero, a basso livello industriale, siano essi i malati di una malattia rara verso cui l’attenzione dei gruppi di ricerca e delle case farmaceutiche è più scarso. Ma questo tema ha anche un’altra faccia: in un mondo tecnologico qual è quello in cui viviamo, riteniamo spesso che tutte le tecnologie

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1 Bali, Indonesia, 2006. Un miliardo di persone al mondo non ha accesso all’acqua potabile per gli usi alimentari, e il doppio non ha accesso a quella per usi igienici e sanitari.

2 Varanasi, India, 2008. La nuova India è la patria di autostrade moderne e grattacieli lucenti, simboli del mondo sviluppato, ma milioni di artigiani e agricoltori sono rimasti esclusi dal boom economico. Quasi il 70% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno e il 40% dei bambini sono malnutriti. Secondo le Nazioni Unite le condizioni di salute infantile in India sono peggiori di quelle in Africa.


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debbano essere estremamente sofisticate, frutto di un know how altamente specialistico. Questo perché le invenzioni rispecchiano la realtà da cui hanno origine e quindi la mentalità e le dinamiche tipiche dei paesi industrializzati, i maggiori produttori di tecnologie avanzate. Eppure vi sono anche piccole tecnologie “povere”, connesse alle esigenze di un mondo diverso che non può permettersi o non è interessato a utilizzare tecnologie avanzate in quanto deve ancora risolvere problemi che spesso sfuggono alla nostra attenzione, lontani come essi sono dalla nostra realtà. Nei paesi in via di sviluppo, e in particolar modo in alcuni paesi centroafricani, una delle necessità prioritarie è quella alimentare: com’è noto, non soltanto la produzione è spesso insufficiente per sfamare la popolazione ma ciò che viene prodotto deperisce rapidamente a causa del clima, della mancanza di elettricità e, di conseguenza, di celle frigorifere in cui stivare frutta e ortaggi che marciscono pochi giorni dopo la raccolta nei campi. Tutto questo costringe i coltivatori a vendere sottocosto, pur di realizzare un piccolo guadagno, o a raccogliere quotidianamente i prodotti da vendere al mercato più vicino. Un esempio tipico di tecnologia alternativa, rispondente alle necessità di questi luoghi, è quella messa a punto da un maestro nigeriano che, condividendo la cultura locale e conoscen-

do i principi della termodinamica, ha costruito con materiali poveri un frigorifero primitivo ma efficace che qualsiasi contadino è in grado di fabbricarsi. Si tratta di modellare due vasi di coccio poroso, di mettere il più piccolo dentro il più grande e di riempire con della sabbia l’intercapedine tra i due vasi. A questo punto, se la sabbia viene bagnata e le bocche dei contenitori coperte con un panno umido, l’evaporazione dell’acqua abbassa fortemente la temperatura all’interno del contenitore. Come si vede, si tratta di una tecnologia semplicissima ma in grado di conservare gli ortaggi per periodi molto lunghi. Il costo di questa invenzione è quasi nullo: è sufficiente un po’ di argilla per modellare due giare, e lasciare che l’evaporazione acquea faccia il suo lavoro. Il sistema del “vaso nel vaso” si sta quindi diffondendo nei villaggi della regione nigeriana. Le conseguenze di un’invenzione o di una scoperta scientifica, però, travalicano spesso i loro vantaggi specifici e immediati: nel caso particolare, non soltanto i contadini non sono più costretti a vendere sottocosto quanto raccolgono, ma le bambine e le ragazze che si recavano a piedi al mercato del villaggio per vendere frutta e ortaggi, come da tradizione, ora possono limitarsi a un viaggio a settimana invece che uno al giorno. Avendo maggiore disponibilità di tempo libero, le ragazze possono ora frequentare la scuola, come indica la crescente percentuale di alunne nel-

le scuole elementari dei villaggi in cui si è affermato il sistema del “vaso nel vaso”. Queste conseguenze inintenzionali sono un aspetto che accomuna la maggior parte delle tecnologie: le loro conseguenze generali sono spesso massicce e, come in questo caso, molto positive, il che indica che alcuni piccoli passi tecnologici, non avulsi dalla cultura e dai problemi locali, possono contribuire a migliorare le condizioni di vita della gente non soltanto dal punto di vista materiale. Un aspetto al centro della scienza solidale è lo sviluppo di forme di agricoltura e di zootecnia sostenibili: la sopravvivenza di miliardi di persone è infatti legata a forme di agricoltura “primitive” che comportano una resa molto bassa rispetto a quelle basate su sementi selezionate, fertilizzanti, pesticidi e antiparassitari. Le popolazioni che vi fanno ricorso non possono permettersi tecnologie agricole industrializzate: per un contadino del Kenia, dell’Etiopia, dell’India o della Cambogia, l’agricoltura ingegnerizzata implica infatti costi impossibili, conoscenze al di fuori della sua portata e, non ultimo, campi e terreni di grandi dimensioni, lontani dalla scala dell’economia del villaggio. Questo problema, com’è noto, è al centro di polemiche e discussioni sulla sostenibilità dell’agricoltura tradizionale rispetto a quella tecnologica: ma in questo settore si incrociano concezioni diverse e ingenti in-

teressi che spesso confondono i piani della discussione. Un approccio razionale è stato invece seguito dai ricercatori dell’Università dell’Essex che hanno svolto un’analisi approfondita su più di 200 progetti di agricoltura sostenibile in 52 paesi diversi: i dati della loro recente inchiesta indicano che oggi circa 4 milioni di fattorie, pari al 3% dei campi del Terzo Mondo e a un’area estesa quanto l’Italia, praticano forme di agricoltura sostenibile e che questa ha prodotto un aumento dei raccolti pari al 73%. L’agricoltura sostenibile non è certo la panacea per la fame nel mondo e non assicura rese simili a quella industrializzata: tuttavia essa fornisce un’alternativa a milioni di piccole fattorie che non sono in grado di accedere a meccanizzazione, antiparassitari, pesticidi e sementi prodotte dalle multinazionali. L’agricoltura sostenibile si basa su piccoli accorgimenti legati all’osservazione scientifica e al recupero di nozioni tradizionali, discontinuate a favore di innovazioni non praticabili da parte dei piccoli contadini. Due esempi indicano come con pochi accorgimenti si possa più che raddoppiare il raccolto, il che spesso significa sopravvivere anziché morire di inedia: in Kenia, nella regione del lago Vittoria, un ricercatore keniota, Ziadin Khan, ha ridotto del 70% le perdite legate alla proliferazione dei parassiti del granturco piantando tra i filari del mais piante di una graminacea che produce


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una secrezione appiccicosa che imprigiona insetti e larve parassite. Un’altra soluzione oggi utilizzata da numerosi contadini kenioti ed etiopi consiste nel piantare una pianta infestante, il desmodium, in quantità piccole ma sufficienti a bloccare la crescita di un’altra pianta infestante, la striga, cui la Fao attribuisce perdite di granturco per circa 10 miliardi di dollari, una minaccia per la sopravvivenza di oltre 100 milioni di africani. Un secondo esempio riguarda il Madagascar dove un gruppo di ricerca agricolo locale è riuscito ad aumentare la produzione di riso da 3 a 12 tonnellate per ettaro con pochi accorgimenti: trapiantare un minor numero di piantine, allagare le risaie più tardivamente, ricorrere a composte organiche anziché a fertilizzanti chimici. Nelle risiere, inoltre, vengono allevati pesci, cioè un’importante fonte di proteine. Più di 20mila piccoli coltivatori usano ora in Madagascar la “tecnica di Laulaine” che ha ricevuto l’imprimatur della Cornell University di Ithaca, New York, e che è stata trapiantata in Asia in diversi paesi, dalla Cina all’Indonesia. Una delle funzioni della scienza è quella di prevedere, per quanto possibile, alcuni eventi che riguardano l’ambiente in cui viviamo al fine di razionalizzare risorse e interventi. Entrare in que-

sta dimensione previsionale comporterebbe grandi benefici in termini di vite umane e risorse ma una simile iniziativa di vasto respiro e di notevole impegno economico richiede a un tempo una “mutazione” politica e una trasformazione di mentalità: una “mutazione” politica in quanto i politici dovrebbero investire in un programma privo di immediate ricadute positive sulla loro immagine e, di conseguenza, sul loro elettorato; una trasformazione di mentalità in quanto gli esseri umani guardano con maggiore attenzione al presente che al lontano futuro. La nostra mente, anche quando siamo adulti, è infatti portata a valutare meno ciò che è astratto e lontano nel tempo piuttosto che ciò che è concreto e immediato: la maggior parte degli adulti è infatti molto sensibile al “qui e ora”, come dimostrano numerosi studi sulle scelte e decisioni in diversi settori dell’agire umano. Questa nostra caratteristica ci pone dei limiti in un mondo complesso e caratterizzato da molteplici fattori qual è quello in cui viviamo: infatti, che lo vogliamo o no, dipendiamo fortemente da una cultura della previsione, dalla pianificazione del domani. Un simile orientamento richiede di riconsiderare il significato della “solidarietà” anche in termini utilitaristici: in effetti, una cultura della

previsione e della prevenzione può essere meno costosa rispetto a quegli interventi di solidarietà “a posteriori” che i governi occidentali sono sempre più indotti a compiere per motivi diversi tra i quali la pressione dell’opinione pubblica ma anche lo stato di interdipendenza economica tra paesi ricchi e poveri. È quindi possibile che si sviluppi una scienza solidale? In realtà, se si analizzano le diverse fonti e programmi di finanziamento scientifico ci si può rendere conto che qualcosa si sta muovendo nell’ambito della scienza: certo, è una trasformazione che proviene dall’esterno, promossa da chi finanzia gli scienziati, ma il risultato è che la raccolta di fondi da parte di gruppi privati come Telethon o dalle associazioni delle famiglie dei malati di diabete, di sclerosi multipla, di malattie metaboliche e via dicendo, sta assumendo dimensioni ragguardevoli e orienta il lavoro dei gruppi di ricerca in senso “solidale”, mirato cioè a raggiungimenti terapeutici che non implichino l’accensione di brevetti a beneficio di pochi e che quindi comportano un libero scambio di informazioni. Raggruppare le famiglie, compiere azioni collettive, fare militanza attiva, raccogliere fondi per la ricerca, sono stati al centro di diversi pro-

getti, il che dimostra come sia possibile un ruolo complementare della ricerca pubblica e privata. La trasformazione in senso solidale che si sta appena delineando nel campo scientifico-tecnologico rappresenta una importante innovazione nel campo della ricerca, proprio in quanto essa non punta a un astratto principio di beneficenza o a una inverosimile destrutturazione delle istituzioni scientifiche, nel tentativo di orientarle in senso non-competitivo. La scienza solidale è possibile se i gruppi di pressione sfruttano quelle stesse strategie e meccanismi della ricerca che, sia pur con i loro limiti e le loro distorsioni, hanno portato la scienza occidentale a indiscutibili successi. Al momento attuale questa appare come l’unica strategia praticabile, basata sul fatto che la solidarietà deve, almeno in parte, utilizzare i meccanismi e le strategie della concorrenza. Trasformandosi in committenti di progetti scientifico-tecnologici, le associazioni, i gruppi di pressione, gli stessi paesi in via di sviluppo, possono orientare la ricerca verso una direzione solidaristica, mirata alla soluzione di problemi specifici, spesso trascurati in quanto non attraenti dal punti di vista delle immediate ricadute economiche oppure troppo distanti dalle necessità della cultura dei paesi industrializzati.

Varanasi, India, 2008. I katori sono ciotole di terracotta che, nella tradizione indiata, sono usate per la conservazione dei cibi.

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4 Udaipur, India, 2008. Fino a poco tempo fa la tessitura è stata la seconda fonte di occupazione nel subcontinente indiano dopo l’agricoltura.


Una bussola morale per l’epoca della globalizzazione

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Una bussola morale per l’epoca della globalizzazione

di Mario De Caro

Che la globalizzazione ponga problemi etici nuovi e difficili è tesi tanto ovvia che non vale nemmeno la pena di giustificarla. In effetti, le difficoltà della convivenza di individui, gruppi e popoli con valori e tradizioni profondamente diversi sono quotidianamente sotto i nostri occhi.


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Roma. The tube station, la radio digitale dell’Atac che si ascolta in tutte le stazioni della metropolitana romana, trasmette ogni giorno un notiziario radiofonico in sei lingue: italiano, romeno, albanese, polacco, spagnolo e tagalog (la lingua parlata nelle Filippine). 1

Una bussola morale per l’epoca della globalizzazione

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Torino. Quattro mercati coperti e 51mila metri quadrati per oltre 100mila clienti: in piazza della Repubblica, conosciuta più comunemente come Porta Palazzo, si tiene il più grande mercato all’aperto d’Europa – nel cuore di uno dei quartieri con la più alta percentuale di popolazione immigrata della città.

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Due domande testimoniano la difficoltà degli scenari etici contemporanei: sin dove si devono spingere la tolleranza e il rispetto per forme di vita radicalmente diverse dalle nostre? E quando, invece, devono subentrare il biasimo e la forza contro pratiche e atteggiamenti che a noi paiono eticamente illeciti? Parte della difficoltà di queste domande sta nella nozione stessa di “etica”. Esiste un senso in cui l’etica è universale e oggettiva? Oppure ogni cultura, e forse ogni individuo, ha una sua etica incommensurabile alle altre, e dunque in questo ambito non c’è speranza di mediazione razionale? A queste domande – eterne, naturalmente, ma oggi tanto più urgenti proprio a causa delle sfide della globalizzazione – è comune che si risponda in due maniere antitetiche. Da una parte ci sono coloro che, spesso ispirandosi al pensiero post-moderno, difendono il relativismo etico (Richard Rorty e Gianni Vattimo sono due illustri difensori contemporanei di questa concezione); dall’altra si pongono invece i fautori

dell’assolutismo etico, i quali affermano che l’etica è universale, oggettiva ed eterna e non mancano di dispensarne urbi et orbi i principi. Queste due posizioni hanno il vantaggio della semplicità intellettuale, del risolvere problemi complessi in modo chiaro; forse troppo chiaro. C’è infatti anche un’altra posizione che vale la pena considerare, una posizione che non tenta di risolvere in modo semplicistico problemi complessi. Essa ha una storia illustre, anche se minoritaria, e il grande filosofo americano Hilary Putnam oggi ne è forse il massimo rappresentante. Secondo questa concezione, gli assolutisti hanno ragione nel credere nell’oggettività dell’etica, ma errano nel ritenere di conoscerne con certezza i principi e di poterli imporre agli altri. I relativisti, a loro volta, hanno ragione a pensare che la pluralità dei valori e delle pratiche sia un valore, ma sbagliano a pensare che non via sia possibilità di un confronto razionale tra concezioni etiche diverse. In realtà, secondo Putnam, anche in etica,

come in scienza, occorre seguire la lezione dei maestri del pragmatismo, che coniugavano l’idea dell’oggettività della conoscenza con la tesi del fallibilismo: ovvero la tesi che di nessuna tesi particolare si possa essere definitivamente certi. Da questa impostazione segue la possibilità, e anzi la necessità, del dialogo tra prospettive anche molto distanti: nessuno, infatti, può ritenersi certo di essere nel giusto, ma ciò non vuol dire che non sia possibile che una determinata concezione sia migliore o peggiore di un’altra. La fallibilità dei nostri giudizi, insomma, non comporta che per tali giudizi non esistano parametri di correttezza. Questa concezione ha, tra gli altri, il vantaggio di garantire un rapporto fecondo, ma non unidirezionale, tra la riflessione etica e quella scientifica. Un rapporto, cioè, che presuppone la naturalità degli esseri umani, il loro essere radicati nel mondo della natura; ma non per questo assume che l’indagine morale si debba annullare in quella scientifica, come invece oggi molti vor-

rebbero, nell’intento di fuggire tanto dall’assolutismo spiritualistico quanto dal relativismo irrazionalistico. Alcuni esempi possono chiarire questo punto cruciale. In questi tempi, sta tornando ormai vigorosamente in auge anche in Europa un atteggiamento che potremmo dire pre-darwiniano, secondo il quale gli esseri umani rappresentano in realtà un’eccezione irriducibile all’ordine naturale. In questa luce, noi non possiamo veramente sperare di spiegare quanto vi è di specificamente umano (dalla razionalità al linguaggio, dalla libertà alla morale) con le categorie dello strumentario scientifico: per spiegare la natura umana, infatti, è altrove che dobbiamo guardare. Esempio lampante di questo punto di vista è la crescente fortuna dell’argomento detto del “disegno intelligente”, secondo il quale la concezione neodarwiniana, radicando l’evoluzione nelle mutazioni genetiche casuali, non sarebbe affatto in grado di dare conto dell’armonia e dell’ordine


Una bussola morale per l’epoca della globalizzazione

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Parigi. Il quartiere del Marais è tradizionalmente interessato dall’immigrazione ebraica e costituisce la più antica enclave della città.

del mondo naturale, e in particolare delle prerogative umane. In realtà, continuano i fautori di questa dottrina, soltanto l’intervento di un essere di superiore sapienza, bontà e potenza può spiegare la nostra esistenza. Ma in questo modo il discorso passa dal piano filosofico e scientifico a quello teologico: e ciò, naturalmente, vale anche per l’etica. In realtà, un po’ di sana educazione filosofica e scientifica basta a mostrare che un tale modo di ragionare è fallace – come ben sanno, peraltro, molti filosofi e scienziati credenti. Tra questi vi è anche il citato Putnam, secondo il quale sul piano conoscitivo la teoria neo-darwiniana dell’evoluzione è certamente una delle migliori teorie di cui disponiamo attualmente. Essa dunque si pone come un vincolo epistemico alle altre teorie concernenti il mondo umano, incluse le teorie etiche. In questa prospettiva, allora, sarebbe irrazionale accettare teorie incompatibili con il quadro naturalistico offerto dalla teoria dell’evoluzione (il che non implica che sul piano stret-

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Torino. Quartiere di Porta Palazzo.

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tamente individuale della fede non si possa assumere una prospettiva diversa). E ciò comporta che non si possano cercare scorciatoie soprannaturalistiche alla risoluzione dei problemi etici: l’etica, in questa luce, concerne la nostra vita sociale in quanto enti di natura. È interessante notare, però, che una prospettiva naturalistica come quella difesa da Putnam non implica affatto la riducibilità delle categorie dell’etica a quelle delle scienze naturali. Per comprendere il senso di questa affermazione, è utile considerare un’autorevole proposta recentemente avanzata da uno dei maggiori scienziati contemporanei, Michael Gazzaniga. Secondo Gazzaniga, dalle neuroscienze (e in particolare dalla neuroetica, nuova disciplina da lui patrocinata) potrà finalmente arrivare la “bussola morale” di cui abbiamo bisogno per orientarci nelle complessità etiche dei nostri tempi. A suo giudizio, presto potremo prevedere le decisioni e i comportamenti degli individui sempli-

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Milano. Intorno a via Paolo Sarpi sorge la Chinatown milanese: presenti da almeno tre generazioni, i cinesi rappresentano la terza comunità straniera per numerosità, nel capoluogo lombardo, dopo filippini ed egiziani. 5

cemente guardando ai dati neurofisiologici. E ciò, naturalmente, non potrà che scuotere la visione tradizionale della responsabilità morale. In secondo luogo i correlati neurofisiologici dell’empatia, e in generale dei comportamenti altruistici e morali, saranno la chiave d’accesso per affrontare in modo fecondo le questioni dell’etica. Che l’etica abbia una base neurologica, in effetti, appare plausibile: e i fondamentali studi sui neuroni-specchio del gruppo parmense di Rizzolatti, Gallese e Fogassi hanno recentemente aperto orizzonti interessanti sul tema. La domanda che dobbiamo porci però è se, e come, la determinazione dei correlati neurologici dell’empatia e degli atteggiamenti morali – che secondo Gazzanica non è lontana – potrebbe servirci da “bussola morale”, cioè come potrebbe aiutarci a risolvere i nostri dilemmi morali. Immaginiamo, per esempio, che un giorno si riesca a capire, soltanto guardando le neuroimmagini, quali individui siano a favore dell’eutanasia

e quali siano contrari (non che questo scenario sia molto plausibile, ma possiamo accettarlo ai fini dell’argomentazione). Ci troveremmo allora a chiederci: “Come può tanta sapienza neuroscientifica aiutarci a risolvere i dilemmi morali sull’eutanasia?”. In realtà pare abbastanza evidente che, nemmeno in un caso del genere, le neuroscienze potrebbero aiutarci granché. Seguendo le indicazioni di Putnam possiamo però capire meglio cosa c’è che non va nella proposta di Gazzanica. L’etica, in realtà, appartiene a un piano di discorso incommensurabile rispetto a quello delle scienze naturali, ma non per questo illegittimo. In questa luce, soltanto le discussioni razionali, le argomentazioni basate su ragioni, possono aiutarci a districarci tra i problemi etici, con la consapevolezza che sebbene l’accordo razionale sia possibile, in futuro nuove ragioni potranno sempre rimettere in questione le conclusioni che raggiungeremo. Anche in questo, d’altra parte, consiste la nostra natura.


Richard Ernst – Osservatori esterni

Intervista a Richard Ernst

Osservatori esterni 038

Dovremmo preoccuparci di più della nostra prospettiva sulla scienza, e meno dei condizionamenti posti sulla libertà di ricerca da parte dei finanziamenti privati, o della concorrenza che potrà derivare dal rapido sviluppo dei paesi asiatici. Il ruolo e le sfide della scienza di oggi, dal punto di vista del vincitore del premio Nobel per la chimica Richard Ernst.

“Milk stop” è una delle statue in fibra di vetro che fanno parte di Cow parade, mostra itinerante nata nel 1998. ©Veronica Viotti

Richard Ernst è cresciuto a Winterthur, in Svizzera, che descrive come “una cittadina che univa in modo unico attività artistiche e industriali”. È questo l’ambiente in cui poté cimentarsi nella musica – da appassionato violoncellista durante gli anni della scuola superiore – ma anche scoprire la passione per la chimica che avrebbe segnato la sua carriera e la sua vita. Secondo un aneddoto che racconta spesso, lo sviluppatore della risonanza magnetica nucleare moderna si rese conto già in giovane età che non sarebbe diventato un compositore, dopo aver trovato in soffitta una scatola di elementi chimici avanzati da un suo zio. Quella scoperta fortuita ha condotto a oltre quarant’anni di lavoro nel campo della ricerca.

Come pensa che si sia sviluppata la situazione negli ultimi anni, e quali sono le sue aspettative per il futuro? La situazione sta peggiorando di anno in anno, e non ci sono segnali reali che la società e i suoi leader stiano cambiando in alcun modo il proprio atteggiamento.

Quale ruolo ha la scienza, oggi, con particolare riferimento alle grandi sfide che l’umanità dovrà affrontare nel prossimo futuro? La scienza ha un’enorme responsabilità, ma preferisco non individuare una singola grande sfida. Penso che sia più importante che gli scienziati sviluppino una visuale ampia nella pianificazione di un futuro di benessere per il genere umano. Mi sembra che i problemi maggiori non derivino dalla tecnica, ma dalle nostre “teste”, dagli approcci che dimostriamo di seguire – i quali sono basati su concetti insostenibili, e guidati dal desiderio di guadagno e di profitto. Adottare una prospettiva di lungo termine porrebbe l’enfasi su aspetti diversi.

Quale dovrebbe essere il rapporto fra scienza e politica? Gli scienziati dovrebbero interessarsi di più delle questioni di attualità, al fine di poter essere davvero dei “soci” per i politici, e in modo da saper esprimere una propria fondata opinione in merito.

Qual è il ruolo degli scienziati? Gli scienziati, così come gli insegnanti in generale, devono essere, per così dire, “osservatori esterni” con la libertà e la responsabilità di esprimere le proprie ben fondate opinioni onestamente e senza vincoli. Mentre i politici e gli uomini d’affari non hanno questa possibilità, noi siamo pagati proprio per essere franchi e critici!

Cosa pensa del fatto che la ricerca scientifica si basa sempre più su finanziamenti di origine privata? Può rappresentare un problema per la libertà di ricerca? Per il momento non mi sembra che i finanziamenti privati possano costituire un gran rischio. Nella maggior parte dei paesi europei, infatti, restano decisamente al di sotto del 20%: solo quando (e se) dovessero superare la soglia del 50% potrebbero rappresentare un elemento critico. Peraltro sono le menti

degli scienziati a dover mantenere la propria indipendenza, e per corromperle non può certamente essere sufficiente il solo denaro. Infine, cosa pensa dello spostamento generalizzato dei centri e dei poli di ricerca scientifica dall’Europa e dagli Stati Uniti alla Cina, all’India e all’Asia in generale? Quale sarà il futuro della ricerca in Europa? In realtà non vedo evidenza di uno spostamento del genere: è semplicemente naturale che, in questo momento, i paesi asiatici stiano investendo di più nella ricerca. Anche noi europei abbiamo bisogno di investire di più, ma senza pensare che la tecnologia sia l’unica cosa che conta: è ancora più importante preservare lo spirito umanistico europeo, mentre si sviluppano la scienza e la tecnologia. È questa la combinazione che ci permetterà di colmare le nostre lacune, e ha ottime potenzialità. Nei paesi in via di sviluppo, fin’ora, la scienza è rimasta legata soprattutto alla tecnologia: quelle nazioni stanno prendendo spunto dal passato materialistico dell’Occidente. La mia speranza è che riusciremo a superare tale passato, adottando un approccio più integrato.

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photoreport

Parole, parole

fotografia di Christian Kaiser © Laif

Applicando i principi degli equilibri punteggiati – elaborati da Gould ed Eldredge nel 1972 – all’evoluzione linguistica seguita a fenomeni di migrazione, un gruppo di ricercatori dell’Università di Reading ha concluso che dal 10 al 33% delle divergenze totali nelle lingue indoeuropee, oceaniche e bantu osservate sono imputabili a episodi di rapido cambiamento, probabilmente dovuti al desiderio dei nuovi gruppi di stabilire una propria identità sociale distinta. La fase di rapida evoluzione sarebbe poi seguita da lunghi periodi di stasi, caratterizzati da un basso tasso di modificazione dei vocaboli.


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Il moderno ordine delle cose

di Steven Shapin

La scienza ha creato il mondo moderno ed è la scienza che continua a plasmare la cultura dei nostri tempi. Quando questa idea si diffuse, tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo, sembrava troppo scontata per doverne dare spiegazioni. Oggi non può che apparire ancor più ovvia.

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La scienza continua a creare il mondo moderno. Qualunque nome vogliate dare ai fenomeni portanti del cambiamento attuale – globalizzazione, società del network, economia della conoscenza – è sottinteso che la scienza è il motore alla loro base. È la scienza a guidare l’economia e, in modo pervasivo, a plasmare la nostra cultura. Tutti noi pensiamo in termini scientifici: fare altrimenti è considerato inadeguato, illegittimo, insensato. Nel 1959 il libro di Charles P. Snow Le due culture denunciava la scarsa rilevanza della scienza nel contesto della cultura ufficiale, ma così facendo non celebrava un funerale bensì un battesimo: le “science wars” si sono concluse molto tempo fa, e la scienza ne è uscita vincitrice. Intorno al 1870 Andrew Dickson White, allora rettore della Cornell University, analizzò il tema della grande lotta tra la scienza e quella che chiamava “teologia dogmatica”, che vedeva perdere inesorabilmente. Nel 1918 Max Weber annunciò il “disincanto del mondo”, ammettendo che solo “alcuni bambini cresciuti” mantenevano ancora dubbi sul trionfo della scienza amorale (Weber, 1991). Qualche anno prima, alla Chicago University, Thorstein Veblen aveva identificato il tratto distintivo della civiltà moderna nel suo carattere pragmatico, nella sua testarda comprensione dei fatti. Questa caratteristica si rifletteva nella scienza moderna, che avrebbe garantito il trionfo dell’Occidente sui “barbari”. È lo scienziato a comandare: è da lui che si portano in ultimo appello le grandi questioni da decidere una volta per tutte e per l’intera comunità. La soluzione da lui offerta mette fine a ogni dubbio, a meno che non sopraggiungano nuove scoperte scientifiche. “Secondo il buonsenso moderno la risposta dello scienziato, in ultima analisi, è l’unica vera risposta”. Dunque è la scienza basata sui fatti a “dare il la” alla cultura moderna (Veblen, 1906), e con questo Veblen non intende dirci come do-

vrebbero pensare e parlare le persone moderne, ma semplicemente descrivere come pensano e parlano di fatto. Nel 1925 Alfred North Whitehead identificò, nel suo La scienza e il mondo moderno, l’episodio storico che “creò la modernità” per la prima volta, prima che prendesse il nome di “rivoluzione scientifica”: “Il più profondo cambiamento di prospettiva che la razza umana avesse mai incontrato [...]. È lecito dubitare che, dalla notte in cui un bambino in fasce fu adagiato in una mangiatoia, ci sia mai stato un altro evento tanto grandioso e passato tanto in sordina”. Ma la novità che inizialmente riguardava una cerchia ristretta e unita avrebbe presto offerto una nuova struttura alla visione collettiva del mondo; la “crescita della scienza ha, praticamente, ridato colore alla nostra mentalità: così, modalità di pensiero che un tempo erano eccezionali sono ora comuni a tutto il mondo civilizzato”. La scienza “ha alterato i presupposti metafisici e i contenuti immaginativi delle nostre menti [...]”. Nata in Europa nel sedicesimo e diciassettesimo secolo, ora la scienza può vivere “in tutto il mondo”: viaggia in modo straordinariamente efficiente, perché è “trasferibile di paese in paese, di razza in razza, ovunque ci sia una società razionale” (Whitehead, 1946). Nel 1936 George Sarton, di Harvard, dichiarò che la scienza era l’unica attività “davvero costruttiva e progressiva”: dunque chi avesse voluto studiare il progresso verso la modernità avrebbe dovuto rivolgersi alla storia della scienza (Sarton, 1936), disciplina di cui Sarton è considerato il fondatore. L’aspetto meraviglioso del progresso scientifico consisteva, come si disse in seguito e fu ripetuto spesso, nel fatto che al giorno d’oggi “le conoscenze di fisica di una qualsiasi matricola universitaria superano quelle di Galileo [...] e anche di Newton” (Gillispie, 1960). La scienza, ancora secondo Sarton (1948), “è il patrimonio

1 Santuario di Alberto Glorioso, Serradarce (Salerno) 1970. ©Ferdinando Scianna, Magnum Photos 2 Santuario della Madonna del divino amore, ex voto. Roma 2004. ©Tania/A3/Contrasto

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più prezioso dell’umanità. È immortale. È inalienabile”. Fu naturale dunque che la rivoluzione scientifica, quando prese questo nome intorno alla metà dello scorso secolo, fosse identificata subito come il momento di nascita della modernità. [...] Sessant’anni dopo Hiroshima, e oltre un secolo dopo la fondazione del primo laboratorio di ricerca industriale da parte della General Electric, sembra quasi troppo ovvio sottolineare come le scienze naturali siano strettamente integrate nelle strutture del potere e della ricchezza. Lo sono molto più delle cosiddette “scienze” umanistiche: è la scienza, non la sociologia o la storia, a fornire i beni necessari al settore militare e a quello industriale (anche se è bene precisare che non tutte le scienze naturali hanno questa capacità, e che ci fu un periodo, subito dopo la seconda guerra mondiale, in cui si sperava che le scienze umane potessero dare un contributo sostanziale alla soluzione dei problemi connessi ai conflitti, alla devianza, alla teoria militare, alla razionalizzazione delle operazioni belliche, allo sviluppo delle armi e all’espansione globale del benigno potere americano). Sono pochi a non essere d’accordo quando si dice che la scienza ha avuto un impatto enorme sul nostro stile di vita, presente e futuro: ha influenzato i mezzi di comunicazione, la durata media e la qualità del-

la vita, la possibilità di risolvere le problematiche globali davanti alle quali ci troviamo oggi – dal riscaldamento globale alla fame – e persino il significato stesso della condizione umana. A metà dello scorso secolo i sociologi hanno notato una crescita esponenziale del settore scientifico. Quasi tutto ciò che aveva a che fare con la scienza stava fiorendo: all’inizio degli anni sessanta si diceva che fossero in vita il 90% di tutti gli scienziati mai esistiti, e che all’incirca la stessa percentuale delle opere scientifiche fosse stata pubblicata nel decennio precedente. Gli investimenti in ricerca scientifica aumentavano sempre di più e, se quel trend fosse continuato – cosa che di fatto non avvenne – negli Stati Uniti ogni uomo, donna, bambino e animale domestico sarebbe diventato uno scienziato, e ogni dollaro del prodotto interno lordo nazionale sarebbe stato speso per sostenere la scienza (Price, 1968). [...] Viviamo in un mondo scientifico? Ipotizzando di poterci accordare su una definizione di “mondo scientifico”, ci sono numerose prove che non viviamo in un posto del genere, e che non ci abbiamo mai vissuto. Nel 2003 un sondaggio della Louis Harris & Associates ha rivelato che il 90% degli adulti americani crede in Dio. Tale credenza, naturalmente, non si trova né mai si è trovata per forza in con-

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Licata (Agrigento). ©Roberto Koch/Contrasto

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Nettuno (Roma). Una ciocca di capelli come ex voto. ©Roberto Koch/Contrasto

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5 Territori palestinesi, Betlemme, febbraio 2007. ©Martino Lombezzi/ Contrasto

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flitto con una mentalità scientifica – qualunque sia la definizione che si vuole dare di quest’ultima, ma l’82% degli adulti americani crede anche nell’esistenza fisica del Paradiso, e il 69% crede in quella dell’Inferno (la discrepanza era forse prevedibile, visto che i Cieli sono di certo l’alternativa più piacevole); l’84% crede nella sopravvivenza dell’anima immateriale dopo la morte, e il 51% nei fantasmi. Il trionfo della scienza sulla religione acclamato alla fine del diciannovesimo secolo era dipeso in modo cruciale dalla questione degli enti spirituali soprannaturali, dalla possibilità che essi avessero o meno di intervenire nel corso della natura, ad esempio attraverso i miracoli. In base a questa logica, l’84% degli adulti americani non porta i segni del trionfo della scienza sulla religione che avrebbe avuto luogo oltre cento anni fa. Le risposte raccolte dal sondaggio citato non dipingono però il ritratto della “pubblica ignoranza della scienza” (o “mancata comprensione della scienza”) che tanto spesso lamentano i capifila della comunità scientifica. Per arrivarci bisogna ricorrere alle statistiche sull’opinione pubblica rispetto ad argomenti quali l’evoluzione e il sistema copernicano. Questi sono alcuni dei dati a nostra disposizione: il 57% degli americani dichiara di credere in fenomeni psichici come la percezione extrasensoriale e la telepatia, che non si possono spiega-

re con “mezzi normali”. Spesso si dice che gli americani siano più creduloni degli europei, ma statistiche comparabili sembrano indicare una situazione più articolata: il 40% degli americani sostiene che l’astrologia sia “molto” o “abbastanza” scientifica, mentre a considerarla “piuttosto scientifica” è il 53% degli europei; gli americani (che sbagliano risposta nel 24% dei casi, contro il 32%) sembrano aver assimilato un po’ meglio il fatto che la Terra ruota intorno al Sole e non viceversa, ma credono che gli antibiotici uccidano i virus solo nel 48% dei casi (contro il 59% dei cugini del vecchio continente). Sono abbastanza prevedibili i risultati sullo spinoso e cruciale “affaire Darwin”: il 69% degli europei, ma solo il 52% degli americani, è d’accordo con l’affermazione “Gli esseri umani si sono sviluppati a partire da precedenti specie animali” (National Science Foundation, 2001; Commissione Europea, 2001). Un sondaggio transnazionale ancora più recente, pubblicato su “Science”, mostra che di fronte alla stessa domanda gli americani – dichiarandosi d’accordo solo nel 40% dei casi – si classificano penultimi tra i 34 paesi coinvolti, superando solo la Turchia (Miller et al., 2006). Infine, secondo un sondaggio realizzato dalla Gallup Organization nel 2005, solo il 12% degli americani si trova d’accordo con la più specifica e significativa affermazione “L’uomo si è svilup-


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pato nel corso di milioni di anni a partire da forme di vita meno avanzate [e] nessun Dio ha partecipato a questo processo”. È incoraggiante pensare che si tratta di una percentuale in aumento: nel 1999 era pari ad appena il 9%. [...] In merito all’autorità della scienza nel mondo moderno, dunque, non ha senso fare riferimento a quanto sono diffuse e accettate nella nostra cultura determinate conoscenze scientifiche o alla nostra comprensione di quel che può essere il metodo sottostante. Quel che sembra essere davvero fondamentale non è conoscere la scienza ma sapere dove cercarla, sapere chi sono le personalità rilevanti, sapere che possiamo (e dovremmo) concordare con ciò che esse dicono e che possiamo (e dovremmo) affidarci a loro per quanto riguarda i loro ambiti di competenza. Sul piano pratico questa è una situazione molto vantaggiosa: è un peccato che i concetti di evoluzione darwiniana ed eliocentrismo non abbiamo maggiore presa sulla nostra cultura ma, in generale, nessuno può saperne molto di scienza, e sapere chi sono i veri esperti della materia è sufficiente nella stragrande maggioranza dei casi. Questo vale per la gente comune quanto per gli scienziati stessi: un fisiologo vegetale probabilmente non ha conoscenze approfondite di astrofisica, e un cardiologo dovrà rivolgersi a un neurologo se soffre di frequenti mal di testa. La competenza specialistica non è fungibile: ne esistono vari tipi particolari. Quindi, per sapere dove cercare un certo esperto, è necessario avere una qualche idea di quali conoscenze egli debba padroneggiare. Il nostro compito è riconoscere gli esperti nel loro ambito di competenza, ma qual è questo ambito? Porre il quesito in questi termini ci permette di far emergere come l’autorità scientifica non solo non sia aumentata, ma anzi sia diminuita

6 Civitavecchia (Roma), aprile 1995. ©Eligio Paoni/Contrasto

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molto, rispetto al passato. Pensate a quel che i filosofi – a partire da G.E. Moore nei primi anni del ventesimo secolo – chiamano “fallacia naturalistica”: arrivare a credere in qualcosa di impossibile usando la logica, passando dal descrivere come stanno le cose al disporre come dovrebbero essere. In altre parole, la scienza è una cosa e la morale è un’altra: non si può pensare di dedurre ciò che è bene a partire da ciò che è vero. Ma la fallacia naturalistica non è un limite solo per i filosofi: nel corso del ventesimo secolo furono numerosi gli scienziati a sostenere pubblicamente di non avere alcuna particolare autorità morale, e a rifiutare la responsabilità di decidere cosa andava fatto – ad esempio a proposito delle conseguenze del loro stesso lavoro. Edward Teller (1950) pose la questione in questi termini: il compito degli scienziati era scoprire le leggi della natura, non pronunciarsi in merito all’utilizzo di quelle che permettono la fusione nucleare per la costruzione della bomba a idrogeno. Per quanto possa sembrare strano, in questo caso persino Oppenheimer si trovò d’accordo con lui (Oppenheimer, 1965). In generale gli scienziati moderni sostengono di non avere particolare autorità morale. Un tempo era comune pensare il contrario, ora non più. Se cercate un’autorità morale dovete rivolgervi a qualcun’altro, ed è per questo che Stephen Jay Gould (1997) definiva la scienza e la religione “magisteri non sovrapposti”. Oggi la separazione professionale fra esperti di scienze ed esperti di etica è stata istituzionalizzata e si considera quasi ovvia, nonostante comporti profonde ambiguità nella cultura contemporanea: da una parte un numero crescente di decisioni sociali e politiche deve basarsi su competenze specialistiche – anche solo per capire di cosa trattano – mentre dall’altra è comunemente accettato che gli esperti dovrebbero evitare di esprimere opi-

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nioni pompose su “quel che andrebbe fatto”. È qui che si incontrano gli ambiti della scienza nella nostra vita sociale e politica e l’autorità morale riconosciuta agli scienziati: chi sono gli scienziati perché si debba confidare in loro, non solo per quanto riguarda la piccola parte del mondo in cui si sono specializzati ma anche nelle decisioni su quale sia la cosa giusta da fare? “Lo scienziato non è un prete”. Ecco un altro modo di identificare la limitata autorità degli scienziati moderni: sul loro “non essere preti” si è molto insistito, spesso da parte degli scienziati stessi, per tutto il ventesimo secolo. Al tempo stesso, forse in risposta a quella che era vista come una crescente autorità culturale della scienza, la comunità scientifica fu accusata di trasformarsi in una nuova classe sacerdotale, in cui gli scienziati si presentavano come “nuovi bramini” (Lapp, 1965; Klaw, 1968). Un saggio pubblicato sul “Bulletin of the Atomic Scientists” nell’immediato dopoguerra, in merito al rapporto tra il Congresso e la comunità scientifica dopo Hiroshima, notò che gli scienziati erano diventati figure carismatiche di una nuova era, se non di un nuovo mondo, profeti di una nuova religione: la

scienza. Gli scienziati apparivano ai politici come esseri superiori, più colti e potenti rispetto al resto della razza umana: come se fossero in contatto con un mondo soprannaturale, gli unici in grado di dominare forze misteriose e violente. Le loro conoscenze specialistiche li distinguevano e li facevano emergere rispetto agli altri uomini (Hall, 1962). Si tratta di una tensione rimasta irrisolta: la scienza è la forma di conoscenza più potente che conosciamo; è agli scienziati, o almeno a coloro che si professano tali, che ci rivolgiamo quando vogliamo un resoconto di come stanno le cose nel mondo naturale. Ciononostante, per quanto sia esoterico il loro sapere, non sono gli scienziati a decidere cosa si deve fare: per quel genere di decisioni – che sempre più spesso sembrano offrire la possibilità di cambiare il mondo – ci si rivolge alla solita politica. [...] Almeno a partire dal ventesimo secolo, molti scienziati – fisici, naturalmente, ma non solo – affermarono pubblicamente che non si occupavano, per così dire, del “settore della verità”. Il loro compito, insistevano, non era la metafisica, la

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scoperta delle realtà ultime, bensì l’individuazione di cosa “funziona”: quale immagine della natura vanta il massimo della coerenza, con le teorie esistenti e con l’evidenza dei fatti, e quale immagine della natura permette di fare previsioni e controlli migliori. Da tale posizione sono nati il pragmatismo, ma anche l’operazionismo, in convenzionalismo e il fenomenalismo. Nel 1899 il fisico Henry Rowland, della Johns Hopkins University, senza citare affatto il pragmatismo o altre filosofie della scienza formali, mise in opposizione esplicitamente la mente scientifica e quella “volgare” o “comune e rozza”: solo lo scienziato poteva apprezzare in modo adeguato il fatto che “non esistono il vero e il falso in assoluto”. Già negli anni venti Albert Einstein (1954) ricordava ai suoi lettori che “è difficile persino definire in modo preciso l’espressione ‘verità scientifica’”, poiché la sua semantica varia in modo radicale a seconda del contesto. E C.P. Snow (1961) si fece portavoce della maggior parte degli scienziati quando disse, senza mezzi termini, che “per verità non intendo niente di complicato [...]. Uso il termine come fanno gli scienziati: sappiamo tutti che l’esame filosofico del

concetto di verità empirica crea alcune curiose complicazioni, ma di solito agli scienziati questo non interessa affatto”. La corretta visione dello scienziato doveva modellarsi non su quella del filosofo, ma su quella dell’ingegnere e del tecnico. Nella nostra cultura, in passato, le differenze percepite tra scienza e tecnologia e tra i ruoli dello scienziato e dell’ingegnere erano incolmabili. La stessa distinzione oggi non sembra avere molto senso: siamo tutti ingegneri, ormai, e l’autorità della scienza si basa sempre più non tanto su quel che sanno gli scienziati, ma piuttosto su quanto essi possono realizzare di costruttivo nella realtà. Questo trova una cassa di risonanza sempre più potente nella nostra società: un sondaggio che la National Science Foundation condusse nel 1976 rivelò che i finanziamenti pubblici per la scienza erano straordinariamente apprezzati, ma che solo il 9% degli intervistati desiderava che le proprie tasse fossero utilizzate per sostenere ricerche scientifiche di base (Pion e Lipsey, 1981). Cosa importa alla scienza e alla sua autorevolezza pubblica, se il sapere scientifico consiste in “quel che funziona” e se lo scienziato è conside-

7 Palermo, 2006. Corso di fotografia tenuto dalla fotografa Shobha a ragazzi Down: poster su una parete con immagini religiose e calciatori. ©Giuseppe Lupo/ Contrasto

Santuario di Alberto Glorioso, Serradarce (Salerno) 1970. ©Ferdinando Scianna, Magnum Photos

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9 San Giovanni Rotondo (Foggia), dicembre 2002. Ex voto all'interno di un convento di suore. ©Tommaso Bonavenura/ Contrasto


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Consigli di lettura 052

rato una spalla per l’ingegnere? Prima di tutto una volta si credeva che un mondo saturo di tecnologia sarebbe stato non solo moderno, ma completamente secolarizzato. Questa previsione è stata decisamente smentita dai fatti. La mera presenza di tecnologie di livello avanzato, nella società, non sembra avere molto a che fare con il modo di pensare e la scala di valori delle persone: alcuni maghi del web sono jihadisti, senza che vi sia alcun conflitto apparente tra abilità informatica e fondamentalismo religioso. Vorrei chiarire anche un altro punto: gli ingegneri possono essere individui moralmente ammirevoli tanto quanto gli appartenenti a qualsiasi altra categoria professionale, e in qualche caso sono anche più ammirevoli di alcuni scienziati che conosco. Ma qui parliamo delle istituzioni e di quali virtù e autorità sono associate a esse. Il tecnico fornisce ciò che la società vuole mentre lo scienziato, in passato, dava alla società ciò che non sapeva ancora di volere. Si tratta di una semplificazione, certo, ma credo sia una semplificazione utile: le aziende, i governi e il settore militare ingaggiano una folla di esperti a condizione che essi siano in grado di aiutarli a raggiungere i loro scopi di ricchezza, salute e potere. Durante il ventesimo secolo, l’industria della scienza è stata integrata in modo efficace nelle istituzioni dedite alla produzione di ricchezza e all’esercizio del potere: questo è uno dei modi che abbiamo per spiegare il successo della scienza nel mondo moderno. Ma oggi le condizioni in cui si è raggiunto quel successo sono un problema per l’autorevolezza della scienza.

Gli scienziati moderni non sono preti. La loro competenza specialistica non è fungibile: non si può passare né da un settore all’altro né dalla conoscenza tecnica all’autorità morale. Quel che potrebbe essere rimasto allo scienziato moderno, come fondamento di autorevolezza, sono l’indipendenza e l’integrità che ne consegue, ma l’integrazione della scienza nelle istituzioni della ricchezza e del potere rende arduo il riconoscimento di quell’indipendenza. Quando il sapere scientifico diventa proprietà brevettabile, allora l’indipendenza della scienza dalle istituzioni civiche diventa, di fatto, invisibile. Ci siamo avviati in questa direzione ormai da qualche tempo, ma non siamo ancora alla fine e quindi non è troppo tardi per riflettere sulla posizione dalla quale siamo partiti e sul possibile punto di arrivo. Ho iniziato ricordando quanto fosse scontato, un tempo, descrivere la scienza come causa indipendente, forma culturale caratteristica e autorità sovrana della modernità. Oggi non è più così, e uno dei motivi è che riconoscere gli esperti di un ambito scientifico, e riconoscerne l’autorità indipendente, è sempre più difficile. Lo stesso meccanismo che ha portato la scienza al successo ne ha minato l’indipendenza e l’autorità: questo può essere un problema per la scienza ma, cosa ancora più importante, è un problema nel moderno ordine delle cose. Il ruolo della scienza nel mondo moderno è proprio quello di descrivere il nostro modo di vivere attuale: cosa credere, di chi fidarci, cosa fare. Questo articolo è stato tratto da Hackett E.J., Amsterdamska O., Lynch M.E. e Wajcman J. (a cura di), The handbook of science and technology studies, terza edizione, pp. 433-448 ©2007 Massachusetts institute of technology, per concessione dell’MIT Press.

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Da via Panisperna a Los Alamos, luci e ombre della fisica in guerra Ci sono soltanto due possibili conclusioni: se il risultato conferma le ipotesi, allora hai appena fatto una misura. Se il risultato è contrario alle ipotesi, allora hai fatto una scoperta. (Enrico Fermi)

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di Giuseppe Bruzzaniti


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Da via Panisperna a Los Alamos, luci e ombre della fisica in guerra

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L’inizio del viaggio: il papa, lo spirito santo e gli abati

Nel 1923, per i tipi di Hoepli, viene pubblicato il volume di August Kopff I fondamenti della relatività einsteiniana. Il libro è la traduzione di un manuale pubblicato in lingua tedesca nel 1921. Nell’edizione italiana vengono inseriti diversi contributi di autori italiani che mettono bene in luce l’atteggiamento dell’Accademia nei confronti della relatività. Si va da una cauta prudenza a una severa ostilità: solo quattro contributi sono a favore della teoria e di questi uno solo è di un fisico. Il titolo del contributo è Le masse nella teoria della relatività e il suo inserimento nel manuale assume il significato di un tentativo volto ad aprire a quella teoria un varco nella fisica sperimentale italiana. L’autore del contributo è Enrico Fermi: un giovane fisico nato a Roma nel 1901 e laureatosi a Pisa nel 1922. A Pisa Fermi arriva nel 1918 vincendo il concorso di ammissione alla Scuola Normale. Le competenze che in tale occasione rivela sono così straordinarie da lasciare increduli gli stessi esaminatori. È un’incredulità più che giustificata: a partire dal 1922 la carriera scientifica di Fermi decolla. I successi si susseguono uno dopo l’altro e in breve tempo le sue scoperte conducono la fisica italiana sulla scena della ricerca internazionale. La statistica di Fermi-Dirac, la teoria del decadimento beta, le proprietà dei neutroni len ti, la costruzione della prima pila atomica, sono

scoperte che hanno segnato la fisica del Novecento e ciascuna di esse sarebbe sufficiente per l’assegnazione del premio Nobel. Esse rivelano una complessa e articolata personalità scientifica segnata da uno stile di ricerca in cui vi è totale simmetria tra teoria ed esperienza: per Fermi la matematica è sempre funzionale a una necessità cognitiva in ambito fenomenico, così come il dato empirico ha significato all’interno di un quadro teorico che lo legittima. Grazie a Orso Mario Corbino, senatore, professore di fisica sperimentale e direttore dell’Istituto fisico dell’Università di Roma, che riconosce nel giovane scienziato una grande promessa, viene istituita, nel 1926, la prima cattedra italiana di fisica teorica. La sua assegnazione a Fermi sancisce, oltre al suo prestigio, la nascita di un nuovo corso della fisica italiana: prende infatti avvio il progetto di dar vita a Roma a una scuola di fisica di statura internazionale. Accanto a Fermi, Corbino chiama da Firenze Franco Rasetti a cui si aggiungono i giovanissimi Emilio Segrè, Edoardo Amaldi ed Ettore Majorana. L’Istituto di fisica è situato in via Panisperna al numero 89a e i giovani scienziati là riuniti danno vita al gruppo che diverrà noto come “i ragazzi di via Panisperna”. All’interno del gruppo si diffonde l’abitudine di utilizzare alcuni soprannomi: il “papa”, proprio per l’infallibilità delle

Ginevra, 2007. Il più grande magnete solenoide superconduttore al mondo si trova in una caverna a Cessy: è nel cuore del Compact muon solenoid (Cms), che sarà montato sull’acceleratore di particelle Large hadron collider del Cern. Al progetto lavorano circa duemila scienziati, provenienti da 155 istituzioni e 36 paesi diversi. ©Martial Trezzini/epa/ Corbis 1

sue conclusioni è Enrico Fermi. Il “cardinal vicario” è Franco Rasetti. Il “cardinal de propaganda fide” è Enrico Persico. Gli “abati” sono i giovanissimi del gruppo: Edoardo Amaldi ed Emilio Segrè. Anche Ettore Majorana ha un soprannome, anzi due a seconda dei casi: o lo “spirito santo” o “il grande inquisitore”. Il “padreterno” è ovviamente Orso Mario Corbino. Ai “ragazzi di via Panisperna” va il merito di aver scritto una delle pagine più importanti della fisica del Novecento: è la mattina del 22 marzo 1934 quando il “papa” scopre che i neutroni rallentati dalla paraffina diventano più efficaci nel produrre la radioattività in altre sostanze. È una scoperta che non solo costituisce una delle motivazioni per l’assegnazione del premio Nobel a Fermi, ma apre la strada alla costruzione della bomba atomica. Il contesto socio-politico dell’Europa, e in particolare dell’Italia, nel periodo in cui questi fatti accadono, peggiora progressivamente. Il sogno nazista di un completo asservimento dell’Europa, condotto in nome della superiorità di un popolo che si riteneva legittimato ad assumerne la guida, conduce a drammatiche misure repressive che riverberano in Italia con la promulgazione delle leggi razziali del 1938. L’esito del delirio nazista è quello dell’emigrazione di decine di scienziati che spostano il centro della ricerca scientifica dall’Europa all’America.

La moglie di Fermi – Laura Capon – è ebrea e questo è indubbiamente uno dei motivi che spingono lo scienziato a espatriare, ma, molto verosimilmente, il motivo principale consiste nel fatto che gli sforzi di Fermi per mantenere il primato della scuola di Roma nella fisica dei neutroni non trovano un adeguato sostegno finanziario. Alla fine del 1938, negli stessi giorni in cui Fermi è in Svezia per la consegna del premio Nobel, Otto Hahn e Fritz Strassmann, a Berlino, bombardando l’uranio con neutroni, scoprono la fissione dell’uranio. La notizia della sensazionale scoperta rimbalza immediatamente in tutti i laboratori ma Fermi non sa nulla: il 24 dicembre si è imbarcato con la famiglia sul “Franconia” diretto in America.

Il peccato: da “little boy” e “fat man” alla peste di Tebe

Con la scoperta della fissione dell’uranio le rarefatte atmosfere dei laboratori di fisica e dei luoghi di ricerca teorica sembrano far presagire applicazioni pratiche di straordinaria importanza. Leo Szilard, un brillante fisico ungherese rifugiatosi in America è tra i primi a prevederne le enormi potenzialità soprattutto in campo militare. La celebre lettera scritta il 2 agosto del 1939 da Albert Einstein al presidente degli Stati Uniti, è il

Ginevra, 2007. Large hadron collider (Lhc) sarà il più potente acceleratore di particelle al mondo. A 100 metri di profondità, in un anello di 27 chilometri di circonferenza, due fasci di protoni verranno accelerati a oltre il 99,9% della velocità della luce e poi fatti scontrare in quattro punti, in corrispondenza dei rilevatori relativi agli esperimenti Atlas, Alice, Cms e Lhcb. ©Martial Trezzini/epa/ Corbis 2

3 — 4 Ginevra, 2007. Il rilevatore Atlas sarà posizionato intorno all’acceleratore di particelle Lhc per misurare la più ampia gamma possibile di particelle e processi fisici che il collisionatore potrà generare una volta attivato. ©MartialTrezzini/epa/ Corbis


Da via Panisperna a Los Alamos, luci e ombre della fisica in guerra

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risultato dell’iniziativa di Szilard, che attraverso Wigner, un altro grande fisico ungherese, riesce a far sì che Einstein diventi il promotore di una richiesta d’intervento al presidente Roosevelt. La risposta è immediata: due finanziamenti avviano il “Progetto Uranio” destinato alla realizzazione della pila atomica. Per il governo degli Stati Uniti si tratta della prima tappa verso la realizzazione della bomba, poiché la pila permette di produrre il plutonio, usato come esplosivo nucleare. Per Fermi, che la costruisce e l’avvia il 2 dicembre 1942, essa è soprattutto uno strumento per far fisica. È questa considerazione che permette di interpretare una delle pagine più buie della storia di Enrico Fermi: il suo suggerimento di avvelenare il cibo e l’acqua dei tedeschi con uno dei prodotti altamente radioattivi della pila, lo stronzio 90, può essere infatti letto come un tentativo volto a salvare i finanziamenti destinanti alla pila atomica, che erano stati messi in discussione da un problema sorto e poi risolto circa l’efficacia del plutonio come esplosivo nucleare. “Little boy” e “fat man” sono i nomi delle due bombe che si stanno costruendo nel laboratorio di Los Alamos. È la fase finale del “Progetto Manhattan”, nome in codice di un’operazione di immense proporzioni che in pochi mesi coinvolge industrie, laboratori e migliaia di uomini e tutto questo, incredibilmente, nella più assoluta segretezza. La direzione del laboratorio è affidata a Robert Oppenheimer, professore di fisica teorica e uomo di vastissima cultura. A Fermi è assegnata la direzione della sezione F, quella dei “perfezionamenti definitivi” ossia la sezione dove vengono risolti i problemi che tutti gli altri non riescono a risolvere. Il 6 e il 9 agosto del 1945 le tragedie di Hiroshima e Nagasaki mettono fine alla seconda guerra mondiale. Il bilancio è pesantissimo: centinaia di migliaia di morti in pochi istanti e altrettanti nei giorni, nei mesi e negli anni seguenti. Dopo Los Alamos e dopo Hiroshima e Nagasaki tutto cambia. Cambiano le idee di guerra e di pace, cambia la percezione del ruolo della scienza e cambia anche il modo di far ricerca. Non più

singoli scienziati in piccoli laboratori ma, come eredità di Los Alamos, la “big science”: grandi gruppi di ricerca che operano, grazie a ingenti finanziamenti, con macchine e impianti imponenti all’interno di vastissimi laboratori rigidamente organizzati. La fisica, come scriverà più tardi Oppenheimer, “ha conosciuto il peccato” ed è un peccato senza pentimento che innesca una frenetica corsa agli armamenti. Il progetto volto alla costruzione di una bomba termonucleare – la bomba H o superbomba – incommensurabilmente più potente e distruttiva della bomba atomica, è subito avviato dagli Stati Uniti. Questa volta non si tratta soltanto di uno strumento di distruzione di massa ma, come scrivono in una relazione Fermi e Rabi: “[essa] va al di là di un qualunque obiettivo militare e va considerata nel novero delle grandi catastrofi naturali. Per sua stessa natura il suo uso non può essere circoscritto a un obiettivo militare, ma diventa, praticamente, uno strumento di genocidio. Nessun principio etico, che salvaguardi l’individualità e la dignità dell’uomo, anche se di un paese nemico, può dunque giustificare l’uso di una tale arma”. Da queste parole è facile capire che Fermi non è d’accordo sulla costruzione della bomba H. Egli, tuttavia, obbedisce all’invito del governo e nel dopoguerra collabora attivamente alla costruzione di quella che Oppenheimer chiamerà una vera e propria “peste di Tebe”.

Consigli di lettura Bernardini C. e Bonolis L. (2001), Conoscere Fermi, S.I.F. edizioni scientifiche Bruzzaniti G. (2007), Enrico Fermi, il genio obbediente, Einaudi De Maria M. (1999), Fermi, serie “I grandi della scienza”, Le Scienze Segrè E. (1987), Enrico Fermi, fisico, Zanichelli

Nel 1954 Enrico Fermi torna per un breve soggiorno in Italia. È il suo secondo viaggio italiano dopo il 1938. In Italia tiene un celebre corso a Varenna. È un uomo al quale sono stati tributati i più grandi riconoscimenti internazionali ed è ora al massimo della sua maturità e delle sue energie intellettuali. È una delle figure più rappresentative della fisica pre-bellica ed è pronto a rimettersi in viaggio per diventarlo anche della fisica post-bellica. Non avrà il tempo, purtroppo, per compiere questo viaggio: al suo ritorno a Chicago gli viene diagnosticato un cancro inoperabile allo stomaco che porrà termine alla sua vita nelle prime ore della mattina del 28 novembre 1954. 4


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Antiscientisti disinformati e critici ottimisti Gli italiani hanno fiducia nella scienza, ma chiedono piĂš trasparenza e coinvolgimento: i risultati del primo rapporto su scienza, tecnologia e opinione pubblica in Italia.

di Massimiano Bucchi


Antiscientisti disinformati e critici ottimisti

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Da alcuni anni, ormai, si va diffondendo a livello internazionale la consapevolezza che gli aspetti relativi alla percezione pubblica e al coinvolgimento dei cittadini sulle questioni scientifico-tecnologiche rappresentino un aspetto rilevante delle politiche di ricerca e di innovazione. Più specificamente, istituzioni politiche e associazioni scientifiche – dalla Commissione Europea alla Royal Society – hanno esplicitamente teorizzato come un rapporto costruttivo tra scienza e società sia condizione imprescindibile per uno sviluppo di politiche di ricerca e innovazione efficaci. Da un lato, questa consapevolezza si è riflessa nel proliferare di iniziative di comunicazione e di sensibilizzazione nel campo della cultura scientifica. Dall’altro, seppur più lentamente, vari enti si sono avviati a raccogliere dati con l’intento di monitorare dimensioni quali le competenze in campo scientifico, gli atteggiamenti verso la ricerca e le sue istituzioni, gli orientamenti su specifici settori e ambito scientifico-tecnologici. Qual è dunque il quadro che emerge per l’Italia? È davvero così negativo come spesso si sente ripetere? Come si integra con la situazione più generale della ricerca e dell’innovazione nel nostro paese? Gli italiani e la scienza. Primo rapporto su scienza, tecnologia e opinione pubblica in Italia, realizzato da Observa – Science in Society con il sostegno della Compagnia di San Paolo, offre sotto questo profilo numerosi spunti di riflessione. Lo studio mette in luce come gli italiani dimo-

strino un certo interesse verso la scienza, soprattutto se presentata in televisione e sui quotidiani: due terzi leggono almeno sporadicamente articoli che parlano di scienza e tecnologia nella stampa quotidiana; l’80% segue programmi televisivi sulla scienza e più di uno su due legge di tanto in tanto una rivista di divulgazione scientifica. Meno diffusa è la frequentazione di musei e mostre scientifiche – che riguarda poco più di un italiano su quattro – e di festival e altre manifestazioni pubbliche; ma una domanda di maggiori opportunità di incontro con gli scienziati caratterizza un italiano su due. Il livello di alfabetismo scientifico degli italiani non è particolarmente elevato, ma vicino alla media europea: tre intervistati su quattro identificano ad esempio il dna come elemento caratteristico degli organismi viventi, ma quattro su dieci sono convinti che il Sole sia un pianeta. L’immagine di scienza che prevale è generalmente positiva: la stragrande maggioranza ne riconosce i benefici e il ruolo centrale nello sviluppo economico. E gli scienziati spiccano come l’interlocutore più credibile, allorché scienza e tecnologia divengono socialmente rilevanti, seguiti da ambientalisti e associazioni civiche, mentre la politica appare su questi temi in grave deficit di credibilità. Le ambivalenze tuttavia non mancano, in particolare su aspetti più specifici dell’organizzazione della ricerca: un numero non trascurabile di italiani condivide un giudizio critico sia sulla permeabilità della ricerca nei confronti degli in-

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New York, 2004. Parete espositiva sulla biodiversità all’American museum of natural history. ©Abraham Nowitz/Corbis

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Parigi, 2007. Jardin des Plantes, Manège dodo. Giostra degli animali estinti allestita nel 1992 nel giardino del Museo nazionaledi storia naturale. 2


Antiscientisti disinformati e critici ottimisti

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New York, 2007. Diorami dell’American museum of natural history. I diorami sono ambientazioni in scala che ricreano scene di vita vera nei minimi dettagli. 3—5

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6 New York, 2001. La galleria della biodiversità all’American museum of natural history. ©George Steinmetz/ Corbis

teressi economici, sia sulla trasparenza delle procedure di reclutamento. Oltre un intervistato su due (55%) e quasi due intervistati su tre (64%) si riconoscono, rispettivamente, in affermazioni piuttosto forti quali “ormai anche i ricercatori pensano solo a far soldi” e “nel mondo della ricerca fa carriera solo chi è raccomandato”. Ancor più diffusa è la sensazione che la ricerca italiana sia penalizzata da un eccessivo condizionamento della politica. Emerge così a diversi livelli una richiesta di maggiore partecipazione alle decisioni che riguardano scienza e tecnologia: l’81% ritiene che i cittadini dovrebbero essere più coinvolti e il 43% afferma addirittura che anche le priorità della ricerca dovrebbero essere definite con il concorso di “tutti i cittadini”. Nella stessa linea è possibile interpretare la diffusa aspettativa di un maggiore impegno, da parte dei ricercatori, per informare i cittadini sui risultati delle proprie ricerche.

La ricerca scientifica è una priorità in materia di investimenti pubblici per un italiano su sei – dopo assistenza sanitaria, istruzione e lotta alla criminalità, ma nettamente davanti a trasporti e viabilità. I settori di ricerca considerati da privilegiare sono soprattutto quelli legati all’ambiente: energie rinnovabili e ricerche sui mutamenti del clima catalizzano insieme oltre il 60% delle scelte, con una notevole variazione in positivo rispetto al dato rilevato nel 2005. Nel complesso, gli atteggiamenti degli italiani verso la scienza possono essere riassunti in quattro tipi prevalenti. L’antiscientista disinformato è poco attento a contenuti e questioni scientifiche e in generale scettico nei confronti della scienza, di cui sottovaluta i benefici ed enfatizza le implicazioni negative. Più diffuso tra i meno istruiti e i più anziani, è un tipo che caratterizza il 26,8% della popolazione italiana.

Lo scientista informato è il tipo più interessato e fiducioso nei confronti della scienza. Si espone spesso a contenuti scientifici nei media e frequenta con una certa costanza musei e altri eventi dedicati alla scienza. Prevalente giovane, maschio e molto istruito, dà conto del 13,6% della popolazione italiana. Il pragmatico informato (15,8%) ha una visione perlopiù utilitaristica della scienza, che apprezza soprattutto per le sue implicazioni pratiche. Anche lui si espone con regolarità ai contenuti di carattere scientifico proposti da media e visita musei, eventi e manifestazioni sulla scienza. Un quinto dei pragmatici informati è concentrato nella fascia di età 20-29 anni ma rispetto agli “scientisti” il grado di istruzione prevalente è più basso: il 75% di chi si riconosce in questo profilo si è fermato alla licenza media o al diploma di maturità. Infine, il critico ottimista (che da solo copre il 43,8%) è, per l’appunto, ottimista sulle implica-

zioni della scienza, ma perplesso soprattutto sulle attuali logiche organizzative della ricerca. Sei su dieci sono di sesso femminile e il livello di istruzione non è particolarmente elevato. Un dato che colpisce subito è l’elevata diffusione dei due tipi più critici, che insieme assommano a oltre il 70% del totale: in altre parole, pur se su basi assai diversificate, sette italiani su dieci esprimono orientamenti critici almeno su alcuni aspetti della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica. Tuttavia, la predominanza del critico ottimista, rispetto all’antiscientista, contribuisce almeno in parte a confutare l’immagine stereotipata dell’italiano disilluso e, al contempo, disinteressato e disinformato sulla scienza: per un’ampia quota di italiani la percezione di criticità e opacità nel mondo della ricerca si combina, infatti, con la volontà di partecipare ai processi decisionali e con il riconoscimento delle implicazioni positive di scienza e tecnologia.


Antiscientisti disinformati e critici ottimisti

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L’Annuario Scienza e Società 2008 Quali sono le città europee più attive in ricerca e innovazione? E le regioni italiane con gli studenti più bravi in scienze? Quali sono i paesi in cui i ricercatori sono pagati meglio? In quali settori di ricerca si dovrebbe investire di più secondo gli italiani? Come sono cambiati gli orientamenti dei cittadini sull’energia nucleare?

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Giunto alla quarta edizione, l’Annuario scienza e società 2008 mette come di consueto a disposizione, in forma sintetica e accessibile, una raccolta ragionata di informazioni e dati provenienti dalle più accreditate fonti nazionali e internazionali, utili per comprendere lo stato e le trasformazioni della ricerca e dell’innovazione nella nostra società.

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L’Annuario si apre quest’anno con una sezione speciale, Gli italiani e la scienza. Primo rapporto su scienza, tecnologia e opinione pubblica in Italia. Per ulteriori informazioni: www.observa.it

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L’energia del mito e il mito dell’energia È lecito immaginare che un giorno l’energia riassuma il carattere sacro di una divinità benigna e fraterna? La nascita, o la rinascita, di questo mito ci consentirebbe di reintegrarci nel grande ciclo del sole e, forse, riacquisteremmo la saggezza della moderazione.

l mito (dal greco mythos: racconto, parola) è una narrazione più o meno immaginosa, fantastica e trasfigurativa, che viene proposta per dare ordine e senso al mondo, per spiegare un evento, per illuminare una verità o giustificare un’esigenza dello spirito. Non è quindi una leggenda, che parte da un fatto storico, né un romanzo, che è inventato, né una favola, che ha scopo morale o dilettevole. Oggi il termine “mito” si usa spesso per indicare certe deformazioni di una realtà, quasi sempre in senso accrescitivo, per ragioni emotive o per suggestioni irrazionali. Tipici in questo senso sono i miti della scienza e della tecnologia, che trasfigurano e accentuano deformandolo un nucleo che vorrebbe essere razionale e asettico: i miti della tecnoscienza costituiscono una potente costellazione di suggestioni che influiscono sulla cultura, sulla società e sulla filosofia amplificandone la portata anche pratica. Il mito resiste ai secoli, sopravvive alle interpre-

tazioni degli eruditi e alle critiche dei filosofi e degli scienziati, che vogliono stabilirne la valenza in termini conoscitivi: così sopravvivono i miti omerici, che contribuirono alla formazione della cultura religiosa della Grecia e poi di Roma e poi dell’Occidente. Il mito presenta spesso versioni plurime, talora contraddittorie, presenta assurdità logiche, scientifiche e storiche: si situa quindi su un piano diverso rispetto alla verità razionale, ma il suo nucleo resiste nonostante i tentativi di depurarlo in logos, cioè in discorso razionale e argomentato. Platone rispettava il mito, in cui avvertiva una sapienza che a volte superava quella del logos, tanto che nelle sue opere intrecciò i due discorsi, adottando uno stile immaginoso, impreciso, ambiguo, e assegnando al mito un posto importante in filosofia. Superando le manchevolezze della ragione di fronte a verità di ordine superiore, il mito assume una funzione logica indispensabile. Inoltre è capace di incantare l’anima e di attingere le verità

di Giuseppe Longo opere di Elisa Cella

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più alte, che solo le immagini sanno cogliere e di fronte alle quali il pensiero deve arrendersi. La valenza iniziale del mito è soprattutto religiosa, ma esso è studiato anche in rapporto alla sua funzione gnoseologica. Esso presenta rapporti con aree non religiose: esistono i miti poetici, i grandi ideali laici, particolare politici, le grandi utopie. È evidente il legame complesso del mito con il rito, con la fiaba e con la magia. Oggi il mito, come si è detto, riveste di sé imprese di grande importanza e attività razionali. Allo stesso tempo, la sua forza dirompente suscita apprensione, tanto da generare reazioni negative: talora si considera mito qualsiasi posizione non razionale. Anche, si definisce mito ogni convinzione assoluta, sia pur razionale, rispetto a una concezione problematica e relativistica della ragione e della realtà. Nonostante queste svalutazioni, sembra tuttavia che il bisogno di assoluto faccia parte della natura umana, per cui i miti rinascono in forme sempre diverse, adattandosi alle mutate condizioni culturali. In effetti, a quanto pare, la storia del pensiero umano si muove costantemente tra mito e scetticismo, tra irrazionalità e ragione.

Il mito nella contemporaneità

Si avvicinano alla concezione platonica del mito quelle posizioni contemporanee per cui il mito non è opposto alla spiegazione razionale, ma è inseparabile da essa a causa della natura simbo-

lica del pensiero umano, anche se nel mito prevale l’aspetto artistico e creativo rispetto all’elemento teoretico ed enunciativo. L’eccesso di razionalismo che caratterizza la contemporaneità trova quindi nel ritorno esplicito del mito un elemento di riequilibrio. Questo riequilibrio opera mediante la rievocazione di un tempo aurorale, o meglio reintegra l’uomo in un tempo astorico: il mito abolisce la storia, fondando una narrazione esemplare in cui la comunità si riconosce e sperimenta nel proprio orizzonte spazio-temporale la permanenza, al limite l’eternità. Dice Mircea Eliade: “L’uomo, anche se sfuggisse a tutto il resto, è irriducibilmente prigioniero delle sue intuizioni archetipali, create nel momento in cui ha preso coscienza della sua situazione nel Cosmo. La nostalgia del Paradiso si lascia scoprire negli atti più banali dell’uomo moderno. L’assoluto non potrebbe essere estirpato, esso è suscettibile soltanto di degradazione”.

Il mito di Prometeo

Il mito manifesta l’ordine profondo, soggiacente all’apparenza caotica del mondo quotidiano. Esso indica una via d’uscita dall’angoscia del divenire, una via che porta verso un tempo differente. Esso fornisce una spiegazione delle origini, una giustificazione delle forze primordiali, una descrizione delle cose presenti e nascoste fin dall’origine dei tempi. Esso dà forza ideale agli slanci, consentendoci di superare le contingenze quotidiane, strette nelle ragioni economiche e pratiche. Abbiamo bisogno di miti.

Prometeo (“il previdente”), semidio figlio di Giapeto e di Climene, il più famoso dei Titani, in origine abile truffatore e supremo artefice, è associato al fuoco e alla creazione dell’uomo. Secondo la Teogonia di Esiodo, sottrasse il fuoco agli dèi per donarlo agli umani. Per vendetta, Zeus lo incatenò a una montagna e mandò un’aquila a rodergli il fegato che, immortale come il resto del suo corpo, ricresceva di notte, perpetuando il tormento. La tortura lo afflisse finché Ercole non lo liberò. Il fuoco donato agli uomini da Prome-

Di Prometeo si narrano quattro leggende: secondo la prima, poiché aveva tradito gli dèi per gli uomini, fu incatenato al Caucaso, e gli dèi mandarono delle aquile a divorargli il fegato, che ricresceva di continuo. Stando alla seconda, Prometeo per il dolore dei colpi di becco si addossò sempre più alla roccia fino a diventare una sola cosa con essa. Secondo la terza, nei millenni il suo tradimento fu dimenticato, dimenticarono gli dèi, le aquile, lui stesso. Secondo la quarta, ci si stancò di lui che non aveva più ragione di essere. Gli dèi si stancarono, si stancarono le aquile, la ferita, stanca, si chiuse. Restò l’inspiegabile montagna rocciosa. La leggenda tenta di spiegare l’inspiegabile. E dal momento che proviene da un fondo di verità, deve finire nuovamente nell’inspiegabile. Franz Kafka

teo non è solo un simbolo letterale, ma acquista una potente valenza metaforica: il fuoco da una parte si carica di elementi onirici e visionari, di pulsioni sessuali ed edipiche, e dall’altra estende la propria dimensione fisica e termodinamica fino a ricoprire tutte le forme di energia, da quella domestica e fumigante dei ceppi su cui borbotta il paiolo a quella meccanica sprigionata da una locomotiva a quella silente e segretamente minacciosa racchiusa nei reattori nucleari. Non meraviglia che il fuoco abbia sempre acceso la fantasia e risvegliato la propensione al racconto. Come ho accennato, la tecnoscienza è sempre stata al centro di miti industriosi (si pensi a Prometeo, ma anche a Dedalo e a Talo), e oggi ne riaccende la fiamma lungo orizzonti che si spalancano sul futuro ma contengono in sé i semi di un lontano passato. Mito inteso come traguardo ultimo, forse irraggiungibile, utopia asintotica e soverchiante, che indica una direzione audace, forse rischiosa.

I miti della tecnologia odierna

Voglio menzionare alcuni di questi miti. Il mito dell’onniscienza e, per suo tramite, dell’onnipotenza. Questo mito è alimentato (e simboleggiato) dalle “macchine della mente”, soprattutto il calcolatore e la rete, repertorio sterminato di dati e informazioni cui abbeverarsi per acquisirne l’incommensurabile contenuto. Naturalmente l’onniscienza resta un traguardo


L’energia del mito e il mito dell’energia

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Consigli di lettura

irraggiungibile perché le capacità cognitive dei singoli sono limitate; inoltre la conoscenza degli umani non può fare a meno della strutturazione. Mentre i repertori enciclopedici sono ordinati con criteri di praticità, basati sull’ordine alfabetico o sui rimandi per affinità o per frequenza di consultazione, gli uomini non possono fare a meno, nello strutturare le loro conoscenze, della semantica, dell’associazione per contiguità o per sotterranee e inconsapevoli corrispondenze spesso basate sull’emozione o su aspetti sinestetici difficili da esplicitare. Dunque ci sono ragioni di tipo quantitativo (l’abissale disparità della quantità dei dati) e ragioni di tipo qualitativo (la strutturazione essenzialmente diversa dei dati) che impediscono l’onniscienza. A meno che non ci riferiamo al simbionte cognitivo “uomo+rete”, il quale sì, in linea di principio, può aspirare all’onniscienza. Come si vede la tecnologia non solo ispira e mantiene il mito, ma lo trasforma in promessa. Un altro mito riproposto dalla moderna tecnologia è quello della creazione: al pari di Dio o degli dèi creatori di uomini e donne, i moderni demiurghi cercano di dar vita a una nuova stirpe. In fondo che cos’è la robotica se non il tentativo di costruire l’uomo artificiale? Il robot, unione di mente sintetica e di corpo sintetico, rappresenta l’ultima versione del nostro tentativo plurisecolare di replicare l’uomo artificiale. La somiglianza sempre più spinta tra robot e uomo, che si estende alle capacità cognitive, all’autonomia

e in prospettiva anche alle emozioni e forse alla coscienza, pone interrogativi inquietanti. La crescente diffusione dei robot in tutti i settori della società ci obbliga a considerare il rapporto di convivenza uomo-macchina in termini inediti, che coinvolgono in primo luogo l’etica. Affrontare questi problemi è importante e urgente.

Un mito per l’energia?

Da una parte dunque il mito dell’onniscienza e dell’onnipotenza, dall’altro il mito dell’uomo artificiale. È curioso che l’energia, a differenza dell’informazione e della biologia, stenti ancora a trovare la versione contemporanea del suo mito. Manca l’equivalente energetico del world wide web e del robot. O meglio: di questo mito si è recuperata la sola parte terrificante, destata dallo spaventoso incidente di Chernobyl. Manca invece la parte positiva e benigna, che potrebbe scaturire dall’uso delle fonti rinnovabili. Il recupero della versione benevola del mito energetico non avrebbe solo valore erudito o filologico: visti i problemi che oggi ci attanagliano, avrebbe anche una forte valenza pratica. Si tratterebbe di contrapporre (o almeno di affiancare) la potenza spirituale e simbolica del mito all’aspetto economico dell’energia, che oggi sembra prevalente. Il mito assumerebbe connotazioni emotive, oltre che razionali: si può amare la propria casa costruita secondo norme ecologiche, si può amare il pannello solare che ci

fornisce gratuitamente acqua calda e il pannello fotovoltaico che senza inquinare accende le lampadine di casa. La connotazione affettiva ci potrebbe compensare anche del maggior costo iniziale di questa virata verso una convivenza più intima con l’energia, una convivenza tinta di consanguineità e di fraternità, che escludesse il timore e il rischio derivanti dalle grandi concentrazioni che si stipano nelle centrali per privilegiare le forme diffuse, tipiche della natura biologica, e che ci affrancasse dalla sudditanza e dall’aleatorietà dei rifornimenti, resi necessari dall’ineguale distribuzione delle risorse fossili. È lecito sperare che questo mito prenda corpo? È lecito immaginare che un giorno l’energia riassuma il carattere sacro di una divinità benigna e fraterna? La nascita, o la rinascita, di questo mito ci consentirebbe di reintegrarci nel grande ciclo del sole e, forse, riacquisteremmo la saggezza della moderazione. In una sua pagina magistrale, Kafka ci racconta che l’Imperatore morente ha inviato a un suo suddito lontano un messaggio estremo. Nonostante la buona volontà del messaggero, la strada lunga e impervia prolunga l’attesa del suddito, che tuttavia, la sera, sogna di ricevere il messaggio. Come lui, aspettiamo la parola dell’Imperatore, apportatrice di saggezza, forse di salvezza: forse il mito busserà alla porta e ci renderà più maturi e responsabili.

Eliade M. (1968), Traité d’histoire des réligions, Payot Steiner G. (2000), La nostalgia dell’assoluto, Bruno Mondatori Kafka F. (1991), Quaderni in ottavo, SE AA.VV. (1967), Enciclopedia filosofica, G.C. Sansoni


Out of the ordinary

fotografie di Joel Meyerowitz

La rappresentazione del mondo esterno in immagini, che sono espressioni convenzionali fondate su una determinata condizione della tecnica, della scienza, dell’ordine sociale esistenti in un dato momento storico, rientra nell’ambito della cosiddetta retorica visiva, disciplina che esamina la forza espressiva dell’immagine, sia in alternativa, sia in relazione alla comunicazione verbale.

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Parigi, 1967.

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New York, 1974.

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New York, 1962.

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Photoreport – Out of the ordinary

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New York, 1968.


Photoreport – Out of the ordinary

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New York, 1965.

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Parigi, 1967.


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Flusso di coscienza e sinapsi: il mistero della mente umana

di Jonah Lehrer

Per superare i suoi limiti la scienza ha bisogno dell’arte: sono ancora un romanzo o un dipinto i mezzi migliori per rappresentare l’uomo e il suo mondo, con tutte le loro misteriose incongruenze.

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Flusso di coscienza e sinapsi: il mistero della mente umana

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Negli anni venti Niels Bohr era impegnato nel tentativo di reimmaginare la struttura della materia. I fisici che lo avevano preceduto avevano disegnato l’atomo come un sistema solare in miniatura: il nucleo era il sole e gli elettroni gli volteggiavano intorno come pianeti lungo le loro orbite. Questo era il modello classico. Bohr aveva passato molto tempo a studiare le radiazioni emesse dagli elettroni e si rendeva conto di quanto fosse inadeguata questa metafora: il comportamento delle particelle analizzate sembrava sfidare ogni spiegazione convenzionale. Era convinto che le parole comuni non sarebbero state sufficienti per descrivere gli atomi: l’unico linguaggio adatto, per il tipo di dati raccolti, sarebbe stato quello della poesia. Da tempo il fisico si era appassionato alla pittura cubista. Secondo uno dei suoi amici, il pittore danese Mogens Andersen, Bohr era “animato da un vivo interesse per i nuovi orizzonti che la pittura moderna aveva raggiunto così agilmente durante la sua vita”. Lo storico intellettuale Arthur Miller nota che, in seguito, Bohr riempì il suo studio di nature morte astratte, delle quali amava dare un’interpretazione ai suoi ospiti. Il cu-

bismo lo affascinava perché era capace di “fare a pezzi” la certezza dell’oggetto: l’arte rivelava le fenditure presenti in ogni cosa, trasformava la materia solida in qualcosa di sfocato e surreale. L’intuizione di Bohr fu capire che il mondo invisibile dell’elettrone era essenzialmente un mondo cubista. Einstein e altri avevano già stabilito che gli elettroni possono esistere sia come particelle sia come onde, ma fu Bohr a scoprire che la forma da essi assunta dipende da come li si guarda: la loro natura è una conseguenza della nostra osservazione. Questo significa che gli elettroni non sono affatto come piccoli pianeti: sono invece come una delle chitarre destrutturate di Picasso, una confusione di pennellate che assume un senso solo quando la si guarda con attenzione. L’avanguardia che sembrava così assurda a tutti, in fondo, rappresentava la realtà in modo fedele. È difficile credere che l’arte astratta possa aver influenzato la storia della scienza. Il cubismo non sembra avere niente a che vedere con la fisica moderna, perché quando facciamo riferimento al processo scientifico ci viene in mente un particolare vocabolario fatto di og-

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gettività, esperimenti, fatti: immaginiamo che un paper scientifico sia un riflesso, passivo e perfetto, del mondo reale, mentre un dipinto, per quanto possa avere significati profondi, sarà sempre una finzione. Questa visione dipende da un sottinteso: pensiamo che l’arte segua un andamento ciclico in base alla moda, mentre la conoscenza scientifica si eleva in modo lineare. Siamo convinti che la storia della scienza obbedisca a una semplice equazione: tempo più informazioni uguale comprensione, e così un giorno risolveremo ogni mistero. Ma la scienza ha già dimostrato di seguire una traiettoria ben più complicata: più approfondiamo la nostra conoscenza della realtà – dalla meccanica quantistica alla neuroscienza – e più si rivelano evidenti i paradossi insiti in essa. Come ha detto il grande scrittore ed entomologo Vladimir Nabokov: conquistare maggiore scienza significa sentire misteri più profondi. Consideriamo, come primo esempio, la storia della fisica. Più volte si credette di aver “risolto” tutto l’universo: certo, restava qualche dettaglio oscuro, ma la struttura di base del cosmo era ormai chiara. Da questo tipo di ingenuità sono

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nate teorie come quella della relatività, che cambiò profondamente le nozioni classiche sulla relazione spazio-tempo; poi arrivarono il principio di indeterminazione di Heisenberg, le rivelazioni surreali della fisica quantistica e la teoria delle stringhe – che tentò di riconciliare le incongruenze, che emergevano sempre più ampie, proponendo modelli a undici dimensioni. Non riusciamo ancora a spiegare cosa sia la materia oscura. La fisica moderna ha scoperto molto dell’universo ma resta ancora moltissimo da scoprire, e per la prima volta nella storia alcuni scienziati dichiarano apertamente di dubitare che riusciremo mai a comprendere tutto il cosmo. Un altro esempio interessante è lo sviluppo della neuroscienza. Pochi decenni fa i ricercatori avanzavano con sicurezza congetture sul “principio-ponte”, l’evento neurale che avrebbe dovuto spiegare come l’attività delle cellule cerebrali crei l’esperienza della coscienza soggettiva. Proposero ogni sorta di ponte – dalle oscillazioni a 40 hertz nella corteccia cerebrale fino alla coerenza quantistica nei microtubuli – nella speranza di individuare il processo biologi-

co che trasforma, come per miracolo, il cervello in mente. Oggi gli scienziati non prendono nemmeno più in considerazione questo tipo di principi-ponte. La neuroscienza continua a fare progressi sorprendenti, scoprendo anche i più minimi dettagli del cervello – a quanto pare l’essere umano è uno strano insieme di chinasi e chimica sinaptica – ma tutto ciò non fa che mettere in luce il perenne enigma determinato dal fatto che noi non facciamo esperienza dei nostri stessi processi cellulari. È ironico: l’unica realtà che la scienza non può ridurre ai minimi termini e analizzare è quella che non conosceremo mai. Il problema è che la scienza moderna non riesce a procedere verso una comprensione complessiva del tutto. I limiti della nostra conoscenza non si sono affatto ampliati e anzi, in qualche caso, è avvenuto il contrario: quel che sappiamo oggi è circondato da misteri assoluti. Il nostro problema non è che non abbiamo tutte le risposte: è che non sappiamo nemmeno la domanda. Questo è vero soprattutto per quelle che consideriamo le scienze più importanti: la fisica e la neuroscienza. I fisici studiano il tessuto della realtà, le leggi invisi-

bili e le particelle che definiscono il mondo materiale, mentre i neuroscienziati studiano le nostre percezioni sul mondo, analizzano il nostro cervello per comprendere l’animale umano. Insieme, le due scienze mirano a risolvere i più antichi ed epici quesiti: cos’è tutto? E noi chi siamo? Ma prima di poter dipanare questi misteri, la nostra scienza deve superare i suoi limiti attuali. Come? La risposta è semplice: la scienza ha bisogno dell’arte. Per riscoprire quel che Bohr intuì guardando i quadri cubisti, dobbiamo trovare il modo di inserire l’artista nel processo sperimentale. È ormai evidente che la spaccatura tra le due culture non è una mera sottigliezza accademica, troppo noiosa per farne conversazione, ma un ostacolo sul piano pratico, che frena la ricerca scientifica. Se vogliamo dare una risposta alle nostre domande esistenziali dobbiamo colmare il divario culturale: la scienza può raggiungere il tipo di intuizioni e prospettive che sono il seme del progresso scientifico solo ascoltando la saggezza dell’arte. Le intuizioni degli artisti sono importanti soprattutto per la neuroscienza moderna. Dai suoi esordi, all’inizio del


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MoMA, New York. ©Enrico Martino, 2008

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Orangerie, Parigi. ©Enrico Martino, 2007

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5 MoMA, New York. ©Enrico Martino, 2008

ventesimo secolo, questa disciplina è riuscita a studiare il cervello in profondità, fino a ridurre ogni nostra sensazione a una serie di circuiti elettrici; sono state create immagini della corteccia mentre pensa a se stessa, e si è calcolata la forma dei canali ionici per poi elaborarli fino ai dettagli subatomici. È curioso, considerando queste ampie conoscenze sulla materia, quanto poco sappiamo su quel che dalla materia è creato: conosciamo le sinapsi ma non noi stessi. In effetti la logica del riduzionismo implica che la coscienza di sé è un’elaborata illusione, un epifenomeno generato da qualche scossetta elettrica nella corteccia frontale. Secondo questa teoria non c’è alcun “fantasma nella macchina”, ma solo una vibrazione del macchinario. La mia testa contiene cento miliardi di cellule elettriche, ma nessuna di esse è “me”, o si interessa di me. In effetti, “io” non esisto nemmeno: il cervello non è altro che un insieme di circuiti ripetuti all’infinito, riducibili alle rigide leggi della fisica. Il paradosso del metodo riduzionista è che nega il mistero che vuole risolvere. La neuroscienza eccelle nello spiegare il funzionamento della mente dal basso verso l’alto, ma la coscienza di sé sem-

bra richiedere un approccio dall’alto verso il basso. Secondo lo scrittore Richard Powers, se conoscessimo il mondo solo attraverso le sinapsi non potremmo certamente conoscere le sinapsi stesse. Il paradosso della neuroscienza consiste nel fatto che, proprio grazie ai suoi stupefacenti progressi, ha messo in luce i limiti del proprio paradigma, il fallimento del riduzionismo di fronte al fatto che buona parte delle nostre esperienze resta al di fuori della sua portata. Il mondo dell’esperienza umana è quello dell’arte: lo scrittore, il pittore e il poeta accolgono gli aspetti effimeri della mente che non si possono ridurre, o analizzare, o tradurre in acronimi, si sforzano di catturare la vita così come viene vissuta. Con le parole di Virginia Woolf, il compito del narratore è esaminare, per un momento, una mente comune in un giorno qualsiasi, tracciando lo schema, per quando sconnesso e incongruente possa apparire, dei segni lasciati nella coscienza da ogni vista o piccolo evento. La Woolf cercò di descrivere la mente dall’interno. La neuroscienza non è ancora riuscita a fare propria la prospettiva della prima

persona. Il suo approccio riduzionista non trova posto per l’“io” al centro del tutto, e fatica di fronte ai qualia. Gli artisti come la Woolf, invece, si confrontano con questi fenomeni da secoli e hanno ormai accumulato una gran quantità di conoscenze su questi misteriosi aspetti della mente; hanno costruito eleganti modelli della coscienza umana, riescono a esprimere ogni sfaccettatura della nostra esperienza, e distillano i dettagli della vita reale nella prosa e nelle trame. Le loro opere resistono alla prova del tempo perché sentiamo che sono vere, perché catturano il livello di realtà che sfugge al riduzionismo. Prendendo sul serio queste esplorazioni artistiche, i neuroscienziati possono capire meglio le proprietà olistiche che vorrebbero analizzare: prima di scomporre qualcosa è utile sapere come fa a stare insieme. In questo senso le arti rappresentano un archivio incredibilmente ricco, che può consentire alla scienza di dare un’occhiata proprio ai suoi punti ciechi. Se la neuroscienza vuole riuscire a scoprire le correlazioni neurali della coscienza, o trovare la sorgente dell’io, o identificare la posizione delle cellule della soggettività – cioè se vuole riuscire ad andare oltre il mero


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glossario delle diverse parti della corteccia – allora deve sviluppare una comprensione profonda degli eventi mentali di livello superiore, superando il limite degli attuali metodi scientifici. Alla neuroscienza serve un nuovo metodo che sia in grado di costruire complesse rappresentazioni della mente, dall’alto verso il basso e non viceversa: a volte l’intero si deve capire in termini di intero. Come in molti altri casi, il primo a rendersene conto fu William James: i primi otto capitoli del suo storico testo accademico, I principi della psicologia (1890), descrivono la mente usando la convenzionale terza persona, ma la nuova sezione che si apre con il nono capitolo, intitolata Il flusso del pensiero, inizia con l’avvertenza “Ora iniziamo il nostro studio della mente dal suo interno”. Con quell’unica frase, in sé radicale quanto il romanzo modernista, James cercò di cambiare l’oggetto stesso della psicologia. Si dissociò da tutti i metodi scientifici che cercavano di sezionare la mente in una serie di unità elementari, che queste fossero sensazioni o sinapsi: la visione riduzionista è il contrario della scienza, disse, perché

ignora la nostra effettiva realtà. La scienza moderna non seguì il suo esempio: pochi anni dopo la pubblicazione del suo libro sarebbe nata la “nuova psicologia”, una scienza rigorosa che voleva liberarsi di tutto ciò che non si poteva misurare, e lo studio dell’esperienza sarebbe rimasto a lungo fuori dai laboratori di ricerca. Ma gli artisti continuarono a creare complesse simulazioni di coscienza; non rinunciarono mai all’ineffabile né cercarono di aggirare l’esperienza quando si rivelava troppo difficile: si tuffarono dritti dritti nel pandemonio. L’esempio migliore è James Joyce, che nel suo Ulisse tenta di catturare il tempo presente della mente. L’intero romanzo, invece che dalla prospettiva onnisciente dell’autore, è visto attraverso la lente concava dei suoi personaggi immaginari: origliamo i soliloqui interni di Bloom, Stephen e Molly mentre pensano alla bellezza, alla morte, alle uova a letto e al numero otto. Ecco il succo del pensiero, la mente prima della punteggiatura, il flusso di coscienza restituito sulla pagina. Ulisse riprende dove William James si era fermato.

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Samuel Taylor Coleridge, in modo analogo, scriveva poesie sotto l’effetto di oppio per cogliere l’esperienza della mente nell’atto stesso di pensare, molto prima che esistesse una scienza della mente. Ci sono esempi anche nel campo delle arti visive: il neuroscienziato Semir Zeki considera i pittori alla stregua di colleghi, perché anch’essi, con tecniche uniche, studiano il cervello. I covoni di fieno di Monet ci attirano, in parte, perché l’artista ha avuto un’intuizione pratica sulla percezione del colore; le opere caotiche di Jackson Pollock hanno risonanza perché stimolano un particolare circuito cellulare all’interno della corteccia visiva. Questi pittori hanno reingegnerizzato il cervello, scoprendo le leggi della vista per riuscire a catturare lo sguardo degli osservatori. Come è ovvio, di solito la scienza ribatte che l’arte è troppo incongruente e imprecisa per adattarsi al processo scientifico: il bello non è il vero, e Monet ha avuto solo fortuna. Un romanzo è solo un’opera letteraria, cioè il contrario di un fatto sperimentato: se non si può rappresentare su un grafico, o condensare in una serie di variabili, allora non vale la pena prenderlo in considerazio-

ne. Ma le incongruenze sono un aspetto essenziale della mente umana, e la nostra esperienza personale è piena di lacune, non sequitur e sentimenti inspiegabili. In questo senso, la confusione di un romanzo e l’astrazione di un quadro ci riflettono perfettamente. Secondo il critico letterario Randall Jarrell sono le contraddizioni presenti nelle opere d’arte a permettere loro di rappresentare, meglio di qualsiasi generalizzazione logica o matematica, noi e il nostro mondo, con tutte le nostre numerose contraddizioni. Un modello scientifico della mente non sarà mai completo se esclude ciò che non si può ridurre in parti elementari. La scienza giustamente si affida a una rigida metodologia, basata sui dati raccolti attraverso la sperimentazione, e alla possibilità di controllare i risultati raggiunti – ma potrebbe andare oltre se prendesse in considerazione anche altre serie di dati. Le ipotesi degli artisti possono ispirare nuove domande, che a loro volta stimolano la ricerca di importanti risposte scientifiche. Fino a quando la scienza non vedrà il cervello da una prospettiva olistica – e accettare ta-

le prospettiva potrebbe richiedere una buona dose di immaginazione artistica – elaborerà teorie scientifiche slegate dal modo in cui vediamo noi stessi. La neuroscienza, naturalmente, crede di non avere alcun limite intrinseco: un giorno un’équipe di scienziati spiegherà la coscienza umana, si troverà il principio-ponte, e il mistero dell’esperienza si rivelerà essere solo un altro trucchetto della materia. Questo ottimismo scientifico potrebbe essere corretto; solo il tempo può dirlo, ma vale la pena notare che non tutti gli scienziati sono tanto ottimisti: Noam Chomsky, ad esempio, ha dichiarato che “è possibile, e anzi decisamente probabile, che, sulla vita e sulla personalità umane, impareremo sempre di più dai romanzi che dalla psicologia scientifica”. Risolvere i misteri più profondi del cervello – ciò che il filosofo David Chalmers chiama “le domande difficili della coscienza” – richiederà un nuovo approccio scientifico in grado di incorporare la saggezza delle arti. Siamo fatti di ciò che crea i sogni ma anche di materia fisica: nessuna di queste due verità, da sola, può essere la soluzione che cerchiamo, perché la nostra realtà esiste al plurale.

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6 Musée d’Orsay, Parigi. ©Enrico Martino, 2006

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Centre Pompidou, Parigi.


Punti di vista

La scienza ha bisogno di storie Jonah Lehrer Proust era un neuroscienziato pp. 180, euro 22,00 ISBN 978-88-7578-096-8 In libreria dal 13 maggio

Codice Edizioni s.r.l. via G. Pomba 17 10123 Torino t +39.011.19700579/580 f +39.011.19700582 www.codiceedizioni.it info@codiceedizioni.it

Punti di vista di Davide Coero Borga

EDIZIONI

Posso ben aspettare cento anni un lettore che comprenda ciò che ho scoperto, se Dio ha aspettato seimila anni qualcuno che sapesse meditare la sua creazione. Keplero

Anna Maria Lombardi Keplero Una biografia scientifica

Ogni brillante esperimento, come ogni grande opera d’arte, comincia da un’idea.

pp. 240, euro 21,00 ISBN 978-88-7578-092-0 In libreria dall’8 aprile

Jonah Lehrer

Barbara De Mori Che cos’è la bioetica animale Carocci editore, 2007 128 pp. 9,50 euro

Michael Hanlon Dieci domande alle quali la scienza non può (ancora) rispondere pp. 180, euro 22,00 ISBN 978-88-7578-095-1 In libreria dal 13 maggio

Sean B. Carroll Al di là di ogni ragionevole dubbio La teoria dell’evoluzione alla prova dell’esperienza

Henry Nicholls George il Solitario La vita e gli amori di un’icona della sopravvivenza

pp. 280, euro 30,00 ISBN 978-88-7578-089-0 In libreria dal 4 marzo

pp. 224, euro 22,00 ISBN 978-88-7578-094-4 In libreria dall’8 aprile

Stephen Jay Gould La teoria dell’equilibrio punteggiato pp. 400, euro 23,00 ISBN 978-88-7578-102-6 In libreria da fine giugno

Ed eccola qui. La storia di una creatura che colpisce tutti quelli che l’hanno vista o ne hanno anche solo sentito parlare; un animale la cui esistenza incarna in sé la sfida pratica, filosofica ed etica connessa alla salvezza del nostro fragile pianeta. Henry Nicholls

“Uomo, non ti esaltare al di sopra degli animali: essi sono senza peccato, mentre tu, con tutta la tua grandezza, contamini la terra”. Comincia con questo caustica frase di Fëdor Dostoevskij il libro lucido e preciso di Barbara De Mori. Parlare di bioetica animale oggi significa conoscere una realtà ormai epurata dalle favole di Esopo e di Fedro, che si servivano di immagini naturali – meglio ancora animali – per condannare i nostri vizi e lodare le nostre virtù; al contrario la società di oggi è intessuta di industria della macellazione, pet therapy, centri benessere per gli animali domestici e xenotrapianti da laboratorio. La bioetica animale, come area di studi dotata di una propria identità e autonomia, ha una storia piuttosto recente e si inserisce nel più vasto movimento di affermazione della bioetica. Interrogandosi sul significato e sul valore del mondo vivente, essa colloca l’esperienza dell’Homo sapiens nel contesto allargato della biosfera, dando origine a visioni biocentriche – al cui centro è la vita tout court e non l’uomo – in risposta a una tradizione imbevuta di antropocentrismo. Condivisibile la tesi della De Mori secondo cui “il nostro rapporto con il mondo animale è cambiato in maniera profonda e irreversibile e il bisogno di una riflessione etica sulla vita animale è divenuto sempre più urgente”.

La questione della “liberazione animale” (titolo dell’opera simbolo per la causa animale, data alle stampe da Peter Singer nel 1975) va allargata a quelli che l’autrice definisce gli addetti ai lavori: medici veterinari, giuristi, legislatori, produttori, allevatori, aziende produttrici di mangimi, ditte di distribuzione, case farmaceutiche e tutte le aziende coinvolte nella filiera. Se questo non avverrà c’è il rischio che il dibattito sedimenti nei salotti intellettuali. Questa idea di incontro tra bioetica animale e medicina veterinaria è un punto centrale su cui ruota tutto il testo. Se il paradigma darwiniano ha rappresentato una cesura con la tradizionale concezione gerarchica del creato, fornendo le premesse a una reinterpretazione del vivente all’insegna della continuità biologica e della selezione naturale, perché il cerchio morale di espanda è necessaria un’attenzione triplice: ai principi, grazie all’apporto teorico di bioetica, etologia e scienze cognitive; ai diritti, con il riconoscimento di interessi inderogabili e diritti inalienabili per gli animali; alle applicazioni pratiche, discutendo le prassi medico-veterinarie. Utili a ogni livello, conclude la De Mori, saranno la riduzione del numero di animali impiegati e la diffusione di procedure più raffinate, se non di metodi sostitutivi.

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I luoghi della scienza

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I luoghi della scienza di Laura Viviani

La Scuola internazionale superiore di studi avanzati

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La Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa) di Trieste è uno dei centri di eccellenza d’Italia, il primo a offrire programmi per il conseguimento del PhD in matematica, fisica e neuroscienze. Da anni investe nella formazione, oltre che dei futuri scienziati, dei futuri comunicatori della scienza: figure professionali che si interfacciano con i media con i quali la ricerca scientifica, in tutte le sue caratterizzazioni, interagisce per dialogare con la società. Negli ultimi quindici anni oltre 200 allievi hanno conseguito il titolo di Master in comunicazione della scienza alla Sissa, seguendo il primo e più importante corso italiano esplicitamente dedicato ai temi della comunicazione della scienza e alla preparazione di veri e propri mediatori tra la cultura scientifica e quella umanistica, in grado di comprendere la criticità dei rapporti tra le due. La percezione pubblica della scienza e della figura dello scienziato, il ruolo dei mass media nella divulgazione scientifica, la comunicazione del rischio tecnologico, l’immagine della scienza nell’arte e nella letteratura costituiscono solo alcune delle tematiche di riflessione utili a ricostruire la complessità delle relazioni tra scienza e società, e a migliorare l’interazione tra queste due realtà.

Le aree di specializzazione previste dal Master abbracciano tutti i media e le modalità di trasmissione delle informazioni e delle conoscenze: dal giornalismo scientifico all’organizzazione di eventi, dall’attività museale alla comunicazione istituzionale, dall’editoria scientifica alla visualizzazione mediatica della scienza. Carta stampata, internet, radio e televisione offrono alla scienza diverse possibilità di presentare valori e problematiche che le appartengono, in una crescente esigenza di confronto con la società moderna. La scienza e la tecnologia hanno sempre sollevato interrogativi, spesso scintilla di diatribe mai concluse, riguardo alla loro inevitabile influenza sulla società e la natura; tuttavia oggi la compenetrazione tra questi mondi diversi è ormai innegabile, ed essere consapevoli dei meccanismi che stanno alla base di questo fenomeno è fondamentale per capire come la scienza e la tecnologia possano apportare benefici vitali per l’umanità o causare alcuni dei problemi più gravi del pianeta, se e come vanno ascoltati gli scienziati, cosa significa avere fiducia nella scienza e nei suoi protagonisti. Per questo la Sissa ha attivato tre anni fa un innovativo corso di Dottorato in scienza e società, organizzato in collaborazione con l’Università degli studi di Milano e dedicato ai cosiddetti “science and technology studies”, da tempo centrali nelle scuole anglosassoni.

L’eccellenza scientifica italiana non può affermarsi senza una riflessione costante sulle implicazioni culturali, sociali ed etiche della scienza, sulle modalità di espressione dei suoi contenuti e risultati. Da questa esigenza sono nati il Laboratorio interdisciplinare di studi avanzati (Ilas) nel 1989 e, più di recente, lo spin-off Sissa Medialab; quest’ultimo riunisce professionisti della comunicazione scientifica, che per anni hanno collaborato con la Sissa, con l’obiettivo di proporre strumenti nuovi e originali per la comunicazione sia all’interno del mondo della ricerca sia verso il grande pubblico. La Sissa, inoltre, ospita il gruppo Innovations in the communication of science (Ics), impegnato in numerosi progetti europei, in particolare nell’ambito delle neuroscienze e delle nanotecnologie; l’Ics cura la pubblicazione della rivista online “Jcom – Journal of science communication”, e organizza ogni anno il Convegno nazionale sulla comunicazione della scienza, la cui sesta edizione si è tenuta a Forlì lo scorso novembre.

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Piazza dell’Unità d’Italia, Trieste.


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Future tech

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Future tech di Giorgio Gianotto

Un nuovo modo di essere

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— Tecnologia è l’ambito multidisciplinare di ricerca e sviluppo di soluzioni legate soprattutto ai processi produttivi. Il termine deriva dal greco “tekhnologhia”, letteralmente “discorso sull’arte”. La tecnologia si occupa dello sviluppo di macchine partendo dai principi della scienza, a differenza della tecnica che invece si occupa del loro funzionamento. — Ict è l’acronimo di Information and communications technology, cioè tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Tic). Con questa sigla si intende la convergenza di informatica e telematica per nuovi modi di trasmettere l’informazione. — Wikipedia è un’enciclopedia online, multilingue, a contenuto libero, redatta in modo collaborativo da volontari e sostenuta dalla Wikimedia foundation, un’organizzazione senza fine di lucro. […] È curata da volontari seguendo un modello di sviluppo di tipo wiki. — Wiki: un wiki è un sito web (o comunque una collezione di documenti ipertestuali) che permette a ciascuno dei suoi utilizzatori di aggiungere contenuti, come in un forum, ma anche di modificare i contenuti esistenti inseriti da altri utilizzatori. Il termine wiki può anche riferirsi al software collaborativo utilizzato per creare un sito web. Wiki – in base alla sua etimologia – è anche un modo di essere.

Queste definizioni sono tratte da Wikipedia, la quale si sta affermando – proprio all’interno dell’ambiente delle Ict – come paradigma collaborativo orientato alla produzione, formalizzazione e vera e propria creazione di elementi di conoscenza di svariata natura. Ciò che più importa, al di là dell’aspetto enciclopedico, è il valore metacognitivo e di processo, ovvero i processi di costruzione della conoscenza che emergono da questo contesto. La conoscenza come prodotto collaborativo, dove le fonti informative sono svariate e, collaborando fra loro, sono in grado di produrre nuova conoscenza. Questo è probabilmente uno dei motivi centrali dell’importanza dell’Ict, uno dei temi maggiormente discussi e strategici per l’intero costrutto sociale: l’Ict, infatti, espone e rappresenta una nuova semantica che nasce dalla tecnologia per ridefinire dall’interno il ruolo sociale e pubblico dei suoi destinatari, nonché – in ultimo – la definizione stessa di conoscenza. Ricordiamo, al riguardo, la definizione di wiki: un modo di essere. Grazie allo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e di internet, sta nascendo una vera e propria “internet of things” che metterà sempre più in relazione oggetti, cose e persone. Tutti indifferentemente considerati come informazioni. Perché tutto, oggi, può diventare “intelligente”, “smart”: dalle scarpe (si pensi all’iPod Sport kit prodotto da Apple in collaborazione con la Nike) alla nostra casa (con le pos-

sibilità di ridefinizione dei consumi casalinghi offerte dalla domotica), alle auto (gps, bluetooth, i diversi tipi di sensore). Un panorama in continua evoluzione che, pur partendo dalla tecnologia, attraverso la nuova e straordinaria capacità di elaborazione oggi disponibile sta producendo nuove opportunità e nuovi paradigmi, ricreando lo stesso scenario di partenza. L’economia della conoscenza, branca dell’economia che si occupa di studiare le caratteristiche della conoscenza e delle informazioni, con particolare attenzione alla natura, alla creazione, alla diffusione, alla trasformazione, al trasferimento e all’utilizzo della conoscenza in ogni sua forma, ha come presupposto di base l’osservazione che la conoscenza sia un bene pubblico. Un qualcosa, dunque, che sempre di più sarà parte effettiva non di quello che sapremo, ma del nostro stesso modo di essere.

095


English version

NUMERO VERDE

800.900.860 w w w. e n e l . i t

CONGELA IL PREZZO DI ELETTRICITÀ E GAS PER DUE ANNI.

the Mit, Fulbright fellow at Harvard

2001) and Il simbionte: prove di

biology and psycho-pharmacology.

University, and has taught at Tufts

umanità futura (Meltemi, 2003).

He is the author of about 400 sci-

University. He is the author of many

Esteemed author of fiction novels

entific publications, professional,

books, amongst which Il libero

and plays, his literary works have

educational and popular science

arbitrio (Laterza, 2004), and has

been translated into many lan-

books, amongst which Dove ci

co-edited Naturalism in question

guages. His latest essay is Il senso e

porta la scienza (Laterza, 2003)

(with David Macarthur, Harvard

la

Italia,

and, on the subject of creativity,

Giuseppe Bruzzaniti

University Press, 2004; Italian trans-

2008). He also writes for “Corriere

Come nasce un’idea (Rizzoli, 2006).

A physics graduate with a special-

lation: La mente e la natura, Fazi,

della Sera”, “Avvenire”, “Prome-

ization in science history, he is inter-

2005) and Scetticismo. Una vicen-

teo” and collaborates with the Ital-

ested in physics of the twentieth

da filosofica (with Emidio Spinelli,

ian public service broadcaster Rai.

century and especially in nuclear

Carocci, 2007).

Contributors

Professor of arabic and islamic science at Columbia University, he is the author of some eight books

Richard Ernst

A two time Guggenheim fellow, he

and more than ninety articles

lished, in Italy, La radioattività

Awarded the 1991 Nobel prize in

has received the National endow-

including, most recently, Islamic sci-

(Loescher, 1980), Dal segno al

chemistry for his contributions to

ment for the arts and the National

ence and the making of the Euro-

nucleo (Bollati Boringhieri, 1993),

the development of the methodol-

endowment for the humanities

pean Renaissance (Mit Press, 2007);

Strumenti nella fisica dell’Ottocen-

ogy of high resolution nuclear

awards, as well as the Deutscher

Rethinking the roots of modern sci-

to (Sagep, 1993), Enrico Fermi,

magnetic resonance spectroscopy,

Fotobuchpreis. His work is in the

ence: the role of Arabic manu-

il genio obbediente (Einaudi,

he is professor emeritus of the

collection of the Museum of mod-

scripts in European libraries (1999);

2007); he also was editor of the

Swiss federal institute of technolo-

ern art, the Boston Museum of fine

A history of Arabic astronomy:

Nucleus entry for Treccani’s physics

gy in Zürich, and a member of the

art and many others. He is a “street

planetary theories during the Gold-

encyclopedia.

scientific board of World knowl-

photographer” in the tradition of

en Age of Islam (NYU Press, 1994);

edge dialogue.

Henri Cartier-Bresson and Robert

Greek astronomy and the Arabic

Frank, although – as an early advo-

scientific tradition, in “American

Professor of science sociology at

Jonah Lehrer

cate of color photography in the

scientist”

the Università di Trento, he is mem-

Editor-at-large for “Seed” maga-

mid-1960s – he helped change the

translated into Spanish and German.

(July-August

2002),

ber of the Public communication of

zine, he has also written articles for

attitude toward color photography

science and technology committee

“Nature”, “New Scientist” and the

from one of resistance to nearly

and has been part of the Royal

“Mit Technology Review”. After

universal acceptance. A retrospec-

Society, National science founda-

graduating from Columbia Univer-

tive book spanning Meyerowitz’s

Franklin L. Ford professor of history

tion and European Commission

sity in 2003 with a degree in neuro-

entire 45-year career will be pub-

of science at Harvard, in 2005 he

advisory boards. He has conducted

science, he spent two years study-

lished by Phaidon Press in the fall

was awarded with Simon Schaffer

research and held seminars in vari-

ing twentieth century literature and

of 2008.

ous universities and institutions

theology at Oxford University on a

Steven Shapin

the Erasmus prize, conferred by the Prince of Orange of the Nether-

around the world, such as Zurich

Rhodes Scholarship. His first book,

Alberto Oliverio

lands for contributions to European

Polytech, London School of eco-

Proust was a neuroscientist, was

Psycho-biology professor at the

culture, society, or social science.

nomics, UC Berkeley, Swedish

published by Houghton-Mifflin in

Università “La Sapienza” in Rome,

His books include A social history

academy of sciences, and Tokyo

November 2007 and will be pub-

and director of its D. Bovet Centre

of truth: civility and science in sev-

University. Among his most recent

lished in Italy by Codice Edizioni in

for neurobiology, he is a researcher

enteenth-century England (Univer-

publications, Scegliere il mondo

May 2008.

in the field of behaviour’s biological

sity of Chicago Press, 1994); The

bases. He has worked in a number

scientific revolution (University of

noscienza (il Mulino, 2006) and,

Giuseppe Longo

of international research institutes,

Chicago Press, 1996; now translat-

with Brian Trench, Handbook of

Information theory professor at the

amongst

Stockholm’s

ed into 14 languages including Ital-

public communication of science

Faculty of engineering in Trieste, he

Karolinska, Ucla’s Brain research

ian: La rivoluzione scientifica, pub-

(Routledge, 2008).

is interested in epistemology, artifi-

institute, the Jackson laboratory in

lished by Einaudi in 2003); Weten-

cial intelligence and socio-cultural

Maine, and the Center for neurobi-

schap is cultuur (Science is culture)

Mario De Caro

consequences of technical devel-

ology of learning and memory at

with

Associate professor of Moral phi-

opment. He has published, in Italy,

the California University in Irvine;

2005). He writes regularly for the

losophy at the Università di Roma

Il nuovo Golem (Laterza, 1998),

from 1976 to 2002, he was the

“London Review of Books” and

Tre, he has been visiting scholar at

Homo technologicus (Meltemi,

director of Cnr’s Institute of psycho-

has written for “The New Yorker”.

che vogliamo. Cittadini politica tec-

Informazioni utili: per conoscere le aree dove l'offerta è attivabile puoi consultare il sito o chiamare il numero verde. Per costo dell’energia elettrica si intende quella parte dei corrispettivi che, fra quelli di riferimento definiti dall’Autorità, corrisponde al costo di acquisto dell’energia elettrica al netto degli oneri di dispacciamento, trasporto e commercializzazione. Per costo del gas si intende la componente dei corrispettivi di riferimento definiti dall’Autorità, a copertura del corrispettivo variabile relativo alla commercializzazione all’ingrosso del gas (componente CCI), al netto di tutte le altre componenti tariffarie. Il regolamento del programma Enelpremia è disponibile sul sito www.enelenergia.it. Scadenza al 30/10/2010.

George Saliba

specialist articles and has pub-

Massimiano Bucchi

del gas, con EnergiaSicura di Enel Energia: un’unica offerta di elettricità e gas a prezzo bloccato per due anni, che mette la tua casa al riparo dalle variazioni dei costi dell’energia. Costruisci insieme a noi l’offerta più adatta ai bisogni della tua famiglia, e potrai anche partecipare al programma Enelpremia. Per scegliere le offerte del mercato libero puoi visitare il nostro sito, chiamare il numero verde, venire in un negozio Enel.si o in un Punto Enel oppure ricevere i nostri incaricati commerciali.

(Springer

Joel Meyerowitz

physics. He is the author of many

UNICA OFFERTA, STESSO PREZZO FINO AL 2010. Oggi puoi congelare anche il prezzo

narrazione

which

Simon

Schaffer

(Balans,

097


oxygen

English version

03 – 04.2008

Publisher’s note

is moving: the issue of communi-

Editorial

entered tradition. Should a certain

tremendously from the knowledge

tionships, whether formal or friend-

renewed, and being together

ly. Therefore, the trait that I consid-

remains a choice and not the result

of others and the sharing of our

of inertia. To conclude my reply to

views on the same problem. I think that what has helped me

Vittorio Bo,

broad public is becoming more and

Luigi Luca Cavalli Sforza

group, it will surely spread quickly

What trait of yours do you

er most important in my profes-

president of Codice edizioni

more interesting. Popular science

How does cultural transmission

and last in time. However, if the

consider most important

sional life is the same as in my per-

your interesting cue, I would like

Scientific culture, in its continuous

has changed: it used to have a bad

work?

group is against it, its cultural

in you profession?

sonal life: it is the ability to be

to add that the ability to be

most in all of this, as a personal

and dynamic transformations, is an

reputation, but now it is recognised

In the field of epidemiology, a dis-

transmission becomes rather diffi-

And in your personal life?

amazed by simple facts.

amazed by simple facts has a cen-

trait, has been my enthusiasm. I

by Eva Filoramo

It is obvious that this is a useful

tral role in a field that is somehow

have the opportunity to live in a

characteristic in scientific research:

transversal in relation to the two

very exciting professional world,

abstract and complex subject: it

as an essential means to under-

ease or hereditary trait can pass on

cult, if not impossible. The group’s

evolves rapidly, into new, often

stand the relationship between sci-

from parents to their children, in

potentially negative action – which

unpredictable forms.

ence and society.

the case of vertical transmission, or

can be called conformism – may

Andrea Moro,

it may in fact have been the main

opposite poles that your question

which is moving fast and providing a lot of new ideas, stimulating the

spread freely amongst the popula-

significantly slow down necessary

professor of General linguistics

driving force for development in

entails: i.e. the religious dimen-

go now? First of all, it is growing

Popular science is vital both for sci-

tion even between people who are

reforms, but also entails a type of

at the Università “Vita-Salute”

this field, as shown by the great

sion, which is very important to

exchanges between scientists. I do

closer to humanistic culture, which

entists and ordinary people; it

not related, in the case of horizon-

social advantage which is of great

San Raffaele in Milan

examples of Newton or Mendel.

me. I find that my own existence,

like my work, and I hope I can pass

has always been considered the

exists in the equilibrium between

tal transmission.

value for the whole community:

There are times when the question

Of course I have not always had the

in all of its puzzling simplicity, is as

this enthusiasm onto my younger

repository of the most renowned

different forces, which can imme-

Borrowing these two definitions,

cohesion.

is more interesting than the answer,

luck to find original facts: I often go

surprising as any mystery of faith,

colleagues.

and steadfast forms of communi-

diately become destructive if they

we can distinguish two kinds of

Hence, one of the primary task

because in some way the former

down roads that have already been

and this certainly makes this trait

cation.

are not balanced wisely: on the

cultural transmission as well.

that we have – as people who love

entails an element which strongly

discovered, but the perception of

of mine evermore relevant in the

Giorgio Vallortigara,

The separation between scientific

one side we have the urge to grant

Vertical

transmission,

and want to communicate science

influences the latter. I think this is

incongruence – where most people

other aspects of my life.

neuroscientist at the Centre for

and humanistic knowledge has

access to knowledge to a growing

which works in much a similar way

so that the whole social body may

one of those questions, at least as

see something open-and-shut –

been questioned for some time

number of people – with the nec-

to genetics, has a relevant role in

partake of research’s results and

far as my answer is concerned. Ask-

and the need for an explanation

Paul Dumas,

versity in Trento

now. Much has been said about

essary simplification that this

our evolution both as single indi-

applications – is to underline

ing me to say what are the two

have been of fundamental impor-

research director at the French

I would say a certain aptitude,

the dangers posed for society by

entails, in order to extend ideas to

viduals and as a species: it is the

something that is often forgotten

most important traits in my profes-

tance to me, as motivation towards

Cnrs, and head of research in the

which sometimes seems like a real

this artificial divide between intel-

wider circles –, and on the other

source of most of what we learn

by media, specialists, communica-

sional and personal life, you are in

the discovery of new phenomena

field of infrared spectroscopy at

obsession, for thinking by images. I

lectual speculation and common

side an effort must be made to

during our hunter-gatherer life.

tors and technical experts: the

fact stating an important point of

and also as a way to keep my inter-

the Centre de Rayonnement

see and manipulate images in my

culture. In the past few years, there

avoid over-simplifying the prob-

Parents and relatives have the

importance of accord, and of the

view, a “theory” that in itself is

est alive.

Synchrotron “Soleil”

head, actual “figurines” that help

have been different attempts at

lems and concepts of scientific

chance to pass on to us their cul-

social progress which science can

worthy of great attention: that the

At the same time, in my personal

The most striking competence that

me design experiments or imagine

reconciliation

knowledge.

ture while we are young, when

help build, through its experimen-

professional and the personal life

life, the ability to feel that the per-

I believe is the most beneficial in

explanations and hypotheses. I

In which direction does it seem to 098

Q and A

novelty be easily accepted by the

cating scientific knowledge to the

“on

the

field”,

cultural

brain/mind sciences of the Uni-

through conferences and similar

If the famous Chilean neuroscien-

education and the environment in

tal method and the public sharing

are two separate things. Certainly

son who is close to me is new,

my professional life is my curiosity,

have always been struck by how

opportunities for dialogue between

tist Francisco Valera was right, at

general can leave a strong, poten-

of new knowledge.

they are, to some degree: they have

unexpected – and mysterious, all in

even for disciplines different from

paramount this type of mental

scientists, philosophers and men of

each conference you can convey

tially long-lasting mark on us. This

In this sense we should recognise

different rules, timing and hours,

all – is at the base of the strong

mine – physics. Thanks to this, I

activity is, for me, compared to any

literature, even during successful

only one concept. That single con-

is the age when we acquire lan-

the importance of any occasion for

and involve different people. How-

bonds I have with friends and fam-

have been able to bring together

written or spoken account, which I

events such as the Science Festival

cept, however, must start a virtu-

guage, which is one of the primary

dialogue, such as the one offered

ever, at least in my case, I do scien-

ily, which I consider to be some of

scientists of various fields to carry

often find unsatisfying because

in Genoa, Bergamo Science and

ous cycle: it should spark the

keys to our personality (hence the

by this magazine.

tific research with exactly the same

my greatest successes. This way,

out “non conventional” experi-

they are difficult to translate in a

the Festival in Perugia. However,

curiosity of those listening, urging

term “mother tongue”).

attitude that I have in social rela-

every relationship is constantly

ments. Thus, I have benefited

visual format.

this is still overshadowed by the

them to find out more, and it

Horizontal cultural transmission

idea that the two cultures are sep-

should highlight the interdiscipli-

happens in a different way. Its

arate and independent. It is not

nary connections between differ-

mechanism is particularly powerful

redundant to underline how new

ent cultures, promoting the cre-

and effective, allowing knowledge

scientific discoveries are changing,

ation of new knowledge.

to spread to the whole community

with increasing depth, our idea of

in a short time: with today’s means

“human being” itself: the origin

of communication, in fact, it is

and evolution of language, how

almost instant.

mind and conscience work, the fusion between technology and

However, there is a horizontal

body, brain and computer, the ori-

mechanism which counteracts this

gin of the universe, the history of

effect by hampering the transmis-

populations and diseases... The

sion of new pieces of knowledge

evermore urgent need to base our

or innovations: i.e. the social

decisions on solid scientific knowl-

group’s reaction, which is often

edge and skills is quite obvious.

less than favourable to accepting

I think we can pinpoint another

change, especially when it regards

direction in which scientific culture

shared cultural traits which have

099


oxygen

Islam and modern science: lessons from the past

the European royal houses. And

did rise in Europe, and hasten to

church provided continuity thus

say that it did rise for reasons that

giving an edge to Europe, which

with the shift in trade routes to the

were present in Europe, although

Islamic patrons challenged with

Atlantic and around the Cape of

As regards personal traits, instead, I

Guido Barbujani,

talking on the phone, and you can

would certainly say perseverance: I

professor of Genetics at the Uni-

tell. My antidote is laziness, mean-

apply myself to problems – again,

versità di Ferrara

ing the unfaltering need for the

I’m afraid, a little obsessively –

1.

Laziness. I waste a lot of time in

free time to read something that

by George Saliba

not exclusively European. Once

some success till the sixteenth cen-

Good Hope the other competing

whether they are professional or

useless – or, using a more hypo-

may have no use, let the mind rest,

Around half a century ago, the

located, those causes should yield

tury. Only then things began to tilt

civilizations were impoverished. For example, the Islamic civilization,

cratic expression, “differently use-

to think and to chat with intelligent

great historian of Chinese

similar results in any other civiliza-

in the direction of Europe, and

ful” – activities. I identify with

people. Of course this will not be

science, Joseph Needham, rai-

tion without making the other civi-

“modern science” was produced.

these verses from Valerio Magrelli’s

of any use if you plan to become

sed a very important question

lization identical to Europe.

professor of Philosophy of scien-

Rosebud:

the chief of a department, principal

that continued to defy a sati-

To illustrate from the history of

What caused that tilt?

the intersection points of almost all

ce and Cognitive economics at

I trace my target

or councillor...

sfactory answer. He asked: Why

Islamic civilization I note that

Two important events took place

the trade routes of the old world.

personal. Matteo Motterlini,

100

English version

03 – 04.2008

until the sixteenth century, sat across, and derived richness from,

the Università “Vita-Salute” San

around the object I hit,

did modern science rise in

whenever capital was expended on

immediately before the time of the

With the discovery of the New

Raffaele, and director of the

I do not hit the mark but mark

2.

There’s an Italian saying that

Europe around the sixteenth

scientific research scientific results

Renaissance. On one side of the

World it was squeezed out of circu-

Centre for research in experi-

what I hit, I cheat,

goes: “don’t bother asking the

century and not in the other

were consequently produced in

Mediterranean, the Ottoman Turks

lation. Europe reaped the benefit.

mental and applied epistemo-

I choose my centre after I’ve shot.

innkeeper if the wine is good”.

competing, and at the time

plenty. Then it makes sense to stip-

toppled the Byzantine Empire in

But European powers did some-

equivalent, Chinese and Islamic

ulate that capital expenditure

1453. On the other end, an adven-

thing more with their wealth. The

civilizations?

would produce science in whatever

turous man, called Christopher

momentum of quick “discoveries”

culture it was applied including the

Columbus, sailed out of the

made Europeans realize that the

logy (Cresa) in Milan Audacity. The will and strength,

I think that a great deal of good

Sergio Givone,

that is, to go (and put yourself)

science is born from purposeless

professor of Aesthetics at the

through non conventional paths of

chatting, from trains of thought

Università di Firenze

Max Weber, Robert Merton, and

European culture. Let us then start

Mediterranean pond, and by sheer

acquisition of wealth could be

research, defying common knowl-

that started off by chance. I think

It is strange, but thinking about

many others tried to pinpoint the

with the obvious root cause for the

luck hit upon a whole new world.

increased further by encouraging

edge and consolidated beliefs. And

that at the base of a great deal of

what I could mention as a specific

root causes that could explain the

production of science, namely, the

The two events were intimately

and funding similar expeditions of

sharing this project with other peo-

good science stands the search for

trait of mine I am tempted to point

phenomenon of modern science

capital expenditure on scientific

related. The Ottoman Empire

“discovery.” That situation quickly

ple that I feel are close to me.

intellectual pleasure, running after

out my limits, or even my inade-

by pointing to such European par-

research or what I would like to call

blocked Europe from access to

gave rise to a fierce competition

On a personal level, instead, I do

something we cannot really identi-

quacies... Could this be, in a posi-

ticularities as the Protestant Refor-

“investment in science.”

eastern trade, so it became natural

among the European scientists to

not know what trait of mine I could

fy, following our intuition and, why

tive sense, a tendency towards self-

mation, rise of capitalism, or

for Columbus to dream in 1492 of

solve the problems connected to

mention; what I aim for is the bal-

not?, even our own aesthetic taste.

criticism? I do hope so.

according to Merton the Protestant

Role of capital in the production

sailing westward in order to get to

discoveries.

ance between cognition and feel-

Laziness is, of course, a flaw.

puritan spirit.

of science and role of science in

the Eastern shores of China and

maps and globes (both terrestrial

ings, or between sense and sensi-

Or, actually, it would be in the best

The most common answers also

the production of capital

India. In the process, Columbus

and celestial), techniques of ship

bility.

of the possible worlds. But the Ital-

defined “modern science”, as

Capital by itself would not neces-

“accidentally” ran into the New

building, data gathering, mathe-

ian world of research, as we know,

resulting from the application of

sarily produce “modern science”,

World. And this had immense con-

matical geography, astronomy,

sequences.

abundance of prizes, determina-

New

instruments,

is not the best that we can imag-

concepts like the scientific method,

for it did not do so in Islamic histo-

ine, so laziness ends up being use-

the mathematization of nature, or

ry where such capital was expend-

ful. Others run around too much,

the experimental method. But

ed and no “modern science” was

First, the search for the eastern

all became of great concern to

send too many e-mails, go to too

none could answer the question

produced. Other factors must also

spices was quickly replaced by the

European scientists. Even the

many boards and committees.

why such concepts did not gener-

be taken into consideration such

“gold fever” that overtook Colum-

genius Galileo who joined the

They write articles while they are

ate a “modern science” when one

as open discussion and debate,

bus once he noticed its abundance

Accademia dei Lincei around 1609,

or more of them existed in other

and social critique of ideas as Ibn

in the Island that he called Hispan-

also spent much time building

civilizations. And as those answers

Khaldun (1332-1406) had already

iola. Few years later, silver reserves

instruments for the commercial

focused on European particularities

stipulated.

were also encountered in the main

navy. The Accademia dei Lincei’s

they lost the universal character of

In this brief note I can only focus on

land of Mexico then called New

earliest project was also focused on

modern science. For that reason, a

the economic factors that pro-

Spain. Portuguese circumnavigated

the exploitation of the medical

very strict Eurocentric answer, such

duced modern science and will

Africa and brought similar wealth

plants of Mexico.

as the ones that has been suggest-

leave the discussion of the other

back to Europe. More worlds were

All of these developments would

ed so far, would make modern sci-

factors to a forthcoming book. In

later “discovered” during the Age

not have made an immense differ-

ence culturally bound to Europe

traditional times science was main-

of Discovery.

ence had there not been a direct

and no longer the universal phe-

ly produced by patronization rather

In addition to precious metals slav-

connection between capital and

tion of longitude on high seas, etc,

nomenon that it truly is.

than by investing in science as was

ery was also another form of capi-

scientific production. Galileo’s own

In what follows I will attempt to

done later on. In Europe church-

tal. Native Americans were forced

discoveries, like the moons of

locate the causes that led to the

men were the main patrons while

to mine the gold and silver, and the

Jupiter, did not first sound the

rise of modern science that were

local governors and sultans did the

African slaves later farmed the

death bell of the Aristotelian

not essentialisticly European. But I

same in Islamic civilization. The dis-

plantations of the New World.

world, as they should have done,

quickly admit that modern science

tinction is that in Europe the

This abundant capital benefited

instead they were peddled for sale

101


oxygen

English version

03 – 04.2008

before they were christened as the

while. Time limits were always an

that patents could even hinder the

and assess the new discoveries. It is

famous question alluded to at the

the Islamic civilization had rather

upon in China. In Islamic civiliza-

Medici stars.

expression of this concern.

production of scientific and tech-

not accidental that most of those

beginning. After establishing the

good measurements of the size of

tion, there are statements attrib-

nological innovations instead of

multinational companies, acade-

connection between “modern sci-

the Earth, and would consider it

uted to Prophet Muhammad him-

invigorating them when patents

mies, and societies were all organ-

ence” and the economic condi-

sheer folly to attempt an “acci-

self in which he condemned

mega business companies claiming

are taken and shelved to deprive

ized around the first half of the

tions that prevailed first in Europe

dent” such as that of Columbus.

monopoly, and in certain instances

monopoly on trade, such as the

the competitors from having them.

seventeenth century. In hind sight,

the question should be nuanced a

And although the capital acquired

equated it with unbelief.

The Venetians, probably following

102

an earlier example from Florence,

Patenting was soon followed by

introduced in the year 1477 the concept of patenting new discoveries. That unwittingly initiated a

British, Dutch, French, and Spanish

In the least, they also certainly hin-

the academies could be construed

little. For now we can claim that

from the discovery of the New

More specifically, the question of

new process by which scientific

East India Companies. They were

der the flow of scientific ideas for

as veritable research institutes in

the birth of modern science in

World could have been raised by

sharing

and technological production was

the prototypes of what we now

fear of losing one’s idea to a col-

the modern sense, which could

Europe came as a result of three

other means, as was done during

monopolizing it, was strongly

knowledge,

and

not

much better connected with the

call “multinational corporations.”

league’s patent.

hope to produce commercially

critical European developments: (a)

Islamic historical times, this time

endorsed

general economic cycle of the soci-

And they slowly turned from trade

Those conditions gave birth to the

viable discoveries. These incentives

the accidental discovery of the

around

“discovery”

prophetic statements as the one

ety at large. As a result science and

to colonial enterprises, and thus

true spirit of the scientific Renais-

are still found in departments of

New World, (b) the initiation of the

enriched Europe but impoverished

that says: Whoever denies knowl-

its technological offshoots began

ushered in the age of colonialism,

sance, which can be characterized

research and development in large

process of connecting science to

the rest of the world by diverting

edge to his fellow believers will be

to yield personal profit to scientists.

that is still going on. Some of those

as combining the ability to patent

international and national industri-

commercial activities through the

the trade routes. Thus capital

brought on the Day of Judgment

But patenting is only a mild form of

companies included, among their

new scientific and technological

al corporations which are the true

patenting system, and (c) finally

became harder and harder to find,

with a bridle of fire across his

monopoly. Venetians, and all gov-

employees, the best linguists of the

discoveries and to profit from the

heirs of the East India Companies.

the organization and regularization

even if one wanted to raise it.

mouth. With that kind of moral

ernments that followed, under-

time, best anthropologists, sociolo-

wealth generated from capital

The moral and ethical implications

of those activities through such

stood patenting as such and tried

gists, as well as military strategists,

raised from discoveries that funded

of such scientific research are still

institutions as trade companies,

As for the more important connec-

would even consider asking for a

being explored in our own days.

scientific academies, and royal soci-

tion between science and commer-

patent. Knowledge was defined as

eties. The better question to ask:

cial profit, one has to also ask: Why

a public property from the very

Why didn’t the other civilizations

couldn’t those conditions material-

beginning, and thus for moral rea-

to limit its harm by fixing time lim-

and scientists all aiming at captur-

further patentable research, and

its on it. But they all willfully

ing the natural resources of the col-

further capital further raised again.

indulged in it for the sheer benefit

onized countries.

It is this very connection between

Preliminary conclusion

the

very

with

such

famous

code, no scientist in his right mind

science, technology and commer-

Although modern science became

follow the same routes since they

ize in the other civilizations as well?

sons it could not be monopolized

duction. As a result, science

Patenting or monopoly charting

cial profit that continues to charac-

motivated by profit, the very

had the technical and scientific

In my opinion that would have

or patented.

became a producer of capital

are not morally neutral. On the

terize modern science.

process of science can not avoid

know-how at the time as Needham

been the most crucial question

rather than the other way around.

contrary one can argue that profit

The next step was to organize all

producing at times theoretical

had asserted?

Needham, Weber and Merton

In Islam it was one’s duty to share

And as such it reinforced the role

for profit’s sake was always moral-

those scientific commercial activi-

results that come out of unintend-

For this alternative tripartite ques-

should have asked. Moreover, the

knowledge. But that was not easy

science played in the acquisition of

ly questionable, and in modern

ties through huge trade companies

ed challenges. But out of a group

tion, one has to admit at the outset

answer to this question does not

to adjudicate for it would seem

capital during the Age of Discovery.

times, one can even say that

such as the East India Companies

of people working on scientific

that accidents cannot be repeated

only help us understand the rise of

that in sharing knowledge freely

Patenting became an efficient sys-

patents that involve such critical

already mentioned. Those compa-

research it would be enough if one

nor planned. Thus no other civiliza-

modern science in Europe, but

the possessor of knowledge could

tem of reward for scientists, while

medicines decisive in matters of life

nies were also followed by scientif-

or two could produce profit to

tion was prepared or should be

since it has a moral and ethical

then be deprived of the fruits of

its downside is that it deprived the

and death, could even be con-

ic academies and royal societies,

cover all expenses and make profit

expected to fund an adventurer

dimension as well, it may also have

his/her work, this time intellectual

general public of the benefits of

strued as bordering on criminal

which regulated such activities and

for the whole group. On the other

that would sail west into a sea

implications for modern Islamic

work. And Islam did not want to be

the new discoveries, at least for a

activity. Some have also argued

created an environment to critique

hand, scientific research, which

whose dimensions were known to

societies, which are still governed

unfair either. The jurists had great

seems to be purely theoretical at

be enormous (if we assume the

by the same moral codes or a

concerns about such issues, and

times, ends up producing commer-

absence of the American continent

slightly modified version thereof.

for centuries debated which kind

cially viable innovations at a later

and construe the Atlantic and the

The monopolistic dimension in

of knowledge one is obliged to

time. Once the cycle is put in place,

Pacific as one big sea) and hope to

patenting or straightforward grant-

share and which kind is not. Jurists

it is hard to interrupt it. The impor-

accidentally hit upon a continent

ing of monopoly rights to compa-

were fully aware of the profit

tant point I wish to make here is

such as the American continent

nies, such as the East India Compa-

potential of new knowledge, but

that Renaissance Europe, well into

that would repay all the expenses

nies, has the moral and ethical

they apparently were not willing to

the time of the great scientific rev-

with its immense wealth. Colum-

problems attached to them that

make that moral leap and allow

olutions, discovered the most cru-

bus’s financiers must have been

we already enumerated. This very

someone to monopolize whatever

cial characteristic of modern sci-

ignorant of the real dimension of

feature of modern science would

knowledge he or she had at the

ence, namely, that science is capa-

the globe. And Columbus contin-

make its adoption by Islamic soci-

expense of depriving society from

ble of generating capital. Even sci-

ued to believe, until his dying days,

eties highly problematic since

that knowledge. In Islam too, there

entific honor could be at times

that he had indeed reached the

monopoly was strictly prohibited in

was an obligation to produce use-

construed as a form of capital as

eastern shores of India, and had no

Islamic culture. Similar attitudes

ful knowledge, but this utility was

Mario Biagioli has already asserted

idea that he still had a continent

seem to have prevailed in China as

generally interpreted to be useful

in the case of Galileo.

and a Pacific ocean to go through

well, for there are indications that

to society, not to one’s personal

This preliminary conclusion should

before reaching India. Navigators

deriving a personal profit from

enrichment. If this train of thought

allow us to answer Needham’s

and mathematical geographers of

one’s knowledge was also frowned

is carried till its logical conclusions,

of commercializing scientific pro-

103


oxygen

then in my opinion, this moral atti-

the jurists who convene regularly in

Those same western countries

tude would not have tolerated

connection with the Organization

have already weaved the commer-

Is solidarity within reason?

to find such diffidence – which is to

dynamics that are typical of indus-

who, thanks to his familiarity with

a great degree explained, as the

trialized countries, the major pro-

the local culture and his knowledge of thermodynamics, has used

the concept of monopoly that is

of Islamic Conference or such simi-

cial incentives into the very fabric

by Alberto Oliverio

survey pointed out, by the fact that

ducers of advanced technology.

embedded in the patenting system.

lar bodies have really thought out

of their science production. In so

To counter the cynicism and

researchers are part of a business

And yet there are also small,

poor materials to construct a prim-

the full moral and ethical implica-

doing one can even say that they

suspicion with which science –

that is increasingly marked by pro-

“poor” technologies, resulting

itive yet efficient refrigerator that any farmer can build on his own. It

It is only in modern times and

tions of the patenting system and

have accepted what can be justifi-

and the industry that surrounds

tagonism, the search for economic

from the needs of different realities

under the pressure of overcoming

its concomitant monopolistic impli-

ably called a moral lapse, i.e. allow

it in western countries – is

benefits, strong competitiveness

that cannot afford, or are not inter-

is composed of two vases made of

the burden of underdevelopment

cations. I would not be surprised to

the monopoly and exploitation of

viewed, a few examples of how

and, last but not least, the scien-

ested in, advanced technology

porous earthenware; the smaller

hear one day that some of those

useful knowledge. Is the rest of the

small, “poor” technologies are

tists’ recurring detachment from

because they still have to resolve

one fits inside the larger one and

unions are beginning to issue legal

who

world ready to follow suit in order

able to resolve some of the

problems which do not influence

problems that often escape our

the space between the two vases is

opinions concerning the permissi-

amount of time developing the

to develop, or will it remain forever

Third World’s problems. Here is

everyday life directly. This study’s

attention since they are so distant

filled with sand. The sand is then

bility of owning intellectual proper-

concept of Islamic banking, in

doomed to underdevelopment and

why this is the right time to

results are, paradoxically, marked

from our own world.

dampened and the mouths of the

that 104

English version

03 – 04.2008

modern

Islamic

juridical

have

spent

tremendous

two vases are covered with a damp

ty and deriving profit from it. This

order to avoid the instrument of

exploitation as it seems to be cur-

rethink the value of solidarity

by both positive expectations in sci-

development started to take place

interest, will be called upon again

rently undergoing?

in utilitarian terms.

ence and by mistrust in it; by the

In developing countries, and in par-

cloth. As the water evaporates it

only in the last couple of decades

to find the juridical strategies that

conception that scientific research

ticular in some areas of Central

radically lowers the container’s

or so. The only Islamic country I

would transform the system of

The author wishes to express his

In a world as complex as ours is

is dedicated to its “socially-respon-

Africa, one of the highest priorities

internal temperature. As can be

know of which seems to have

patenting, which is clearly tied up

gratitude to all those people who

today, traditional forms of solidari-

sible” function, i.e., it aims for the

is food. As we know, not only is

seen, this is a very simple type of

made

connection,

to modern scientific production,

shared their opinions freely with

ty often are not enough to resolve

good of humanity, but also by crit-

production often insufficient, but

technology, yet it allows farmers to

between scientific production and

into a system that is socially

him on some of the issues

or face various problems. A certain

icism for the competitiveness that,

what is produced often goes bad

conserve their produce for long

the commercial profit from patent-

responsible. While doing that I

addressed by this article, and who

logic is needed that often contrasts

today more than ever, is at the cen-

quickly because of the climate, the

periods of time. This invention

ing, is the country of Malaysia. And

hope that they would be guided

raised intelligent questions when

with more spontaneous and empa-

ter of public and private scientific

lack of electricity and, obviously,

costs almost nothing: all it involves

maybe as a result of it, and as a

by the overarching Islamic juridical

an earlier version of this piece was

thetic approaches, which are more

ventures.

the lack of refrigerators for storing

is some clay to make two vases and

result of many other concrete poli-

principle that gives top priority to

read at Rome’s Sciences Festival

in line with the human mind’s fre-

Important scientific companies that

fruit and vegetables – which rot a

then letting the evaporating water

cy decisions, Malaysia also seems

the interest of the community

in January 2008. In particular, he

quent preference for immediacy

require the competing or shared

few days after being harvested. All

do its job. This “vase within a vase”

to be quickly emerging out of

as against the interest of the indi-

is thankful to John Pratt of Surrey,

and emotion over planning and

efforts of hundreds or even thou-

this forces farmers to sell below

system is taking hold in Nigerian

underdevelopment. Malaysia has

vidual. The real challenge facing

England, and to his colleague and

rationality. These last two values

sands of researchers without a

cost in order to make at least a

villages.

also taken another crucial step

Islamic societies today is not only

friend professor Dimitri Gutas of

are at the core of how science is

doubt raises the problem of priori-

small profit, or to harvest produce

when it decided to devote serious

to catch up with modern science

Yale University.

viewed and conducted, a fact

ties: the ability to respond to the

every day and then sell it at the

But an invention or a scientific dis-

funding, around 20% of its budg-

through the integration of scien-

(Please refer to Italian version for

which makes science appear far

needs of an extremely variegated

nearest market. A typical example

covery’s consequences often go

et, for education and capital invest-

tific activities into the whole eco-

recommended reading)

removed from emotions and, thus,

world, in which the interests and

of alternative technology answer-

well beyond their specific and

ment in scientific research.

nomic cycle so that science would

from the “warmth” of traditional

the needs of industrial countries

ing to these areas’ needs has been

immediate advantages. In this par-

Malaysia even has a ministry for

become capital producing instead

solidarity. After all, as opposed to

are very different from those of

fine-tuned by a Nigerian teacher

ticular case, not only are the farm-

this

direct

science, technology and innova-

of capital spending, but also

the past, today a large portion of

developing countries. More in gen-

tion, and in the words of the head

to face the other challenge of

public opinion views science and

eral, this is an issue that involves

of this specific ministry, doctor

avoiding the pitfalls and disasters

technology in a bivalent, if not a

the relationship between science

Jamaludin Mohd Jarjis, at a Unesco

that modern science has already

downright negative, manner.

and the so-called community of

conference in August of 2007, he

generated.

urged his scientists to produce “sci-

What are the chances of success?

The idea that science is no longer

poor country with a low level of

ence that can be taken to market,”

At the moment I am not too opti-

at the center of shared values was

industry, or people suffering from a

not science to be consumed only in

mistic. For I think that in this mod-

highlighted in a recent survey that

rare disease that is attracting little

classrooms and research labs. At

ern and globalized age, modern sci-

was conducted in England by the

attention from research groups and

the same Unesco conference, a

ence has to struggle hard in order

Oxford University. The survey

pharmaceutical companies. But

member of the Malaysian Acade-

to rescue large sections of this plan-

showed that four out of five peo-

there is also another side to this

my of Sciences, professor Omar

et from poverty and underdevelop-

ple in England have little faith in

issue: in a technological world such

Abdul-Rahman, even went a step

ment. The new science of Islamic

scientists, even though they expect

as the one we now live in, we

further to make the pronounce-

societies, if it ever catches up, no

a series of positive repercussions

often expect all technology to be

ment that “Good science is not

matter how ingenious it may be,

from science. In a country in which

extremely sophisticated, the result

good enough, unless it is translat-

will still have to compete with a sys-

scientific research and technologi-

of highly-specialized know-how.

ed into market profit.”

tem that has become thoroughly

cal innovation have always enjoyed

This is because inventions reflect

But I am not sure the Malysian min-

and hegemonically globalized by

great prestige and hold an impor-

the reality in which they originated

ister, the academician of science, or

western countries.

tant place in society, it is surprising

and, thus, the mentality and the

users, be they the inhabitants of a

105


oxygen

English version

03 – 04.2008

106

107

ers no longer forced to sell their

pesticides and parasiticides. These

does it ensure yields similar to

attributed corn crop losses totaling

political “mutation” and a trans-

sure, but also the state of econom-

formation that is beginning to take

harvests below cost, but the girls

people cannot afford industrialized

those of industrialized agriculture.

roughly 10 billion dollars a year to

formation in mindset. A political

ic interdependence between rich

hold in scientific-technological

and poor countries.

fields represents an important

A moral compass for the era of globalization

and young women who walk to

agricultural technology: to a peas-

Nevertheless, it offers an alterna-

striga, a threat to the survival of

“mutation”: because politicians

village markets to sell the fruits and

ant living in Kenya, Ethiopia, India

tive for millions of small farms that

over 100 million Africans. Another

would have to invest in a program

innovation in research because it is

by Mario De Caro

vegetables, as is the tradition, can

or Kampuchea, engineered agricul-

do not have access to mechaniza-

example

Madagascar,

that does not offer any immediate,

Thus, can socially-responsible sci-

not dedicated to an abstract princi-

The premise that globalization

now make one trip per week

ture entails impossibly high costs,

tion, parasiticides, pesticides and

where a group of local agricultural

positive repercussions on their

ence be developed? Actually, if we

ple of charity or an improbable de-

poses new and difficult ethical

instead of going there every day.

knowledge that is beyond their

seeds produced by multinational

researchers

to

image and, as a consequence, on

analyze the different scientific

structuring of scientific institutions

problems is so obvious that it is

And with more free time at their

reach and, last but not least, vast

companies. Sustainable agriculture

increase rice production from 3 to

their electors. A transformation in

financing sources and programs,

in an attempt to reorient them in a

not even worth justifying. In

disposal, the girls are now going to

fields that are well beyond the vil-

is based on small stratagems linked

12 tons per hectare with just a few

mindset: because human beings

we can see that we are somehow

non-competitive sense. Socially-

fact, every day we are confront-

school, as can be seen by the

lages’ economic scales. This prob-

to scientific observation and the

modifications: transplanting fewer

tend to pay more attention to the

moving towards that end. Natural-

responsible science is possible if

ed with the difficulties that

growing percentage of schoolgirls

lem is at the center of polemics and

recovery of traditional notions that

seedlings, flooding the rice paddies

present than to the distant future.

ly, this transformation is being initi-

pressure groups make use of the

individuals, groups and popula-

at the elementary schools in the vil-

debate regarding the sustainability

were discontinued in favor of inno-

later, and using organic compost

Even as adults, we are inclined to

ated on the outside: it is promoted

same strategies and mechanisms

tions with profoundly different

lages that use the “vase within the

of traditional, as opposed to tech-

vations that are not practicable for

instead of chemical fertilizers.

value what is abstract and distant

by those financing the scientists,

used by research that, albeit with

values and traditions must face

vase” system. These unintentional

nological, agriculture. But different

farmers of small plots of land. Two

Moreover, these rice paddies are

in time less than what is real and

but the result is that fundraising

limits and distortions, has brought

in order to coexist.

consequences are one aspect that

conceptions and great economic

examples indicate how the use of a

also used to farm fish, an impor-

immediate: most adults are, in fact,

efforts on the part of private

such indisputable success to west-

Two questions illustrate the difficulties of today’s ethical scenario:

involves has

managed

most areas of technology have in

interests often disrupt the discus-

few stratagems can double har-

tant source of protein.

very receptive to the “here and

groups such as Telethon or associa-

ern science. At the moment, this

common: their general conse-

sion.

hand,

vests, which can often make the

Over 20 thousand small cultivators

now,” as demonstrated by numer-

tions of the families of people suf-

seems to be the only possible strat-

how much should we encourage

quences are often massive and, as

researchers at the University of

difference between surviving or

in Madagascar now use “de

ous studies about various sectors

fering from diabetes, multiple scle-

egy since solidarity must, at least in

tolerance and respect for ways of

On

the

other

in this case, very positive, indicating

Essex have followed a rational

dying of hunger. Ziadin Khan, a

Laulaine’s

has

of human behavior. This character-

rosis, metabolic diseases and the

part, make use of competition’s

life that are radically different from

that some small technological

approach, and have carried out an

researcher in the region around

received the seal of approval from

istic of ours is a limit, in today’s

like, are attaining substantial

mechanisms and strategies. By

ours? And, instead, when should

steps that keep local culture and

in-depth analysis of over 200 proj-

Lake Victoria in Kenya, was able to

Cornell University in Ithaca, New

complex world with its multitude

dimensions. They are orienting the

transforming

censure and force be allowed to

problems in mind can help improve

ects of sustainable agriculture in 52

achieve a 70% reduction in losses

York, and has also been adopted

of factors. In fact, whether we like

work of research groups in “social-

patrons of scientific-technological

counter practices and attitudes

people’s living conditions, and not

different countries. The data gath-

caused by the parasites that feed

in various countries in Asia, from

it or not, we depend strongly on a

ly responsible” ways, which are

projects, the associations, pressure

that we feel are ethically illicit?

idea,”

which

themselves

into

ered from their research indicates

off corn by planting a grassy plant

China to Indonesia.

culture based on forecasting, on

aimed at therapeutic goals that do

groups, and even the developing

Part of the difficulty of these ques-

that today, roughly 4 million farms,

between the rows in the fields. This

One of science’s functions is to

planning tomorrow. This orienta-

not entail patents to the benefit of

countries themselves, can orient

tions lies in the very notion of

One aspect that is central to social-

or the equivalent of 3% of the

grassy plant produces a sticky

foresee, as much as possible, the

tion calls for a reconsideration of

a few, and that thus involve free

research in a solidarity-minded

“ethics.” Can ethics have a univer-

ly-responsible science is the devel-

fields in the Third World and an

secretion which captures the para-

events that affect our environment,

the meaning of “solidarity” even in

information exchange. Various

direction that will strive to solve

sal and objective meaning? Or

opment of sustainable forms of

area almost as large as Italy, follow

sites and their larvae. Another solu-

in order to rationalize resources

utilitarian terms. A culture of fore-

projects have concentrated on

specific problems that have often

does every culture, and perhaps

agriculture and zootechnology. In

forms of sustainable agriculture

tion that many farmers in Kenya

and projects. Embracing this func-

casts and prevention could be less

grouping families, initiating group

been neglected because they are

even every individual, have person-

fact, the survival of billions of peo

and that this has produced an

and Ethiopia use today consists in

tion would result in vast benefits in

costly than the projects of “subse-

action, sparking active militancy,

not attractive in terms of immedi-

al ethics that are incommensurable

just from a material point of view.

ple depends on “primitive” forms

approximately 73% increase in

planting

of

terms of human lives and natural

quent” solidarity that western gov-

raising funds for research: all this

ate economic repercussions or

to the ethics of others, thus leav-

of agriculture that have a very low

their harvests.

desmodium, a type of weed that

resources, but an initiative of this

ernments

increasingly

demonstrates that public and pri-

because they are too distant from

ing no hope for rational media-

yield compared to agriculture

Sustainable agriculture is not the

can block the growth of another

scope would call for major expen-

induced to carry out, for reasons

vate research can play complemen-

the needs of the culture of industri-

tion? Today, these eternal ques-

based on selected seeds, fertilizers,

panacea for worldwide hunger, nor

type of weed, striga. The Fao has

ditures and would also require a

that include public opinion’s pres-

tary roles. The pro-solidarity trans-

alized nations.

tions are more relevant than ever

small

quantities

seem


oxygen

108

English version

03 – 04.2008

because of the challenges posed

cannot be definitively certain of

genetic mutations is not able to

recently made by an important

it is fairly evident that neuroscience

poser at an early age, after finding

partners of politicians, and to be

by globalization, and they are usu-

any particular theory.

explain the harmony and order of

contemporary scientist, Michael

could not be of much help, not

his late uncle’s case of leftover

able to express a well founded

ally answered in two antithetic

This formulation leads to the pos-

the natural world and, in particu-

Gazzaniga.

even in a case like this.

chemicals. This fortuitous discovery

opinion on political issues.

ways. On the one hand, there are

sibility, or better, to the necessity,

lar, of human prerogative. In fact,

However, by following Putnam’s

has lead to over forty years of work in the field of chemical research.

What do you think about the

those who often find inspiration in

of dialog between points of view

the advocates of this doctrine hold

According to Gazzaniga, neuro-

indications, we can better under-

post-modern thought and thus

that might be very distant from

that our existence can only be

science (and in particular, neu-

stand what is wrong with Gazzan-

defend ethical relativism (Richard

one another. In fact, no one can be

explained by the intervention of a

roethics, a new discipline he sup-

ica’s proposal. Actually, ethics

What is the role of science in

is more and more based on

Rorty and Gianni Vattimo are two

certain of being in the right, but

being of superior wisdom, good-

ports) might finally give us the

belong to a level of discussion that

society today, in particular with

private funding? Does this pose

famous contemporary defenders

this does not mean that it is

ness and power. But this shifts the

“moral compass” we need in

is incommensurable to natural sci-

respect to the great challenges

a problem for the freedom of

of this notion).

impossible for a certain premise to

discussion from a philosophical

order to orient ourselves among

ence, but this does not render it

that humanity must face in the

research?

On the other hand, there are the

be better or worse than another. In

and scientific level to a theological

today’s ethical complexities. He

illegitimate. In this light, only

near future?

So far, I do not see much danger in

advocates of ethical absolutism,

short, the fallibleness of our con-

one; and, naturally, the same also

believes that we will soon be able

rational discussions, arguments

The responsibility of science is

private funding. In most European

who affirm that ethics are univer-

clusions does not mean that they

applies for ethics.

to foretell the decisions and

based on reasons, can help us

great, but I would not like to single

countries, it is way below 20%.

sal, objective and eternal and

have no parameters for correct-

Actually, all it takes is a bit of sound

behavior of individuals simply by

cope with ethical problems, with

out a particular challenge. I think it

Only when it will ever be above

never fail to dispense these princi-

ness. This conception also has the

philosophical and scientific educa-

looking at their neurophysiologic

the knowledge that even if ration-

is more important that scientists

50% it might become critical. But

ples urbi et orbi. These two posi-

advantage of guaranteeing a

tion to demonstrate how mislead-

data. Naturally, this can only jolt

al harmony is now possible, in the

develop a broad view in planning a

after all, it is the mind of the scien-

tions have the advantage of intel-

fecund, but not unidirectional,

ing this method of reasoning is –

the traditional view of moral

future new reasons might always

beneficial future of mankind.

tists that must remain independ-

lectual simplicity, of resolving com-

relationship between ethical and

as many philosophers and scien-

responsibility. Moreover, neuro-

call into question the conclusions

I see the major problems not in the

ent, and this can not be hampered

plex problems in a clear-cut way;

scientific reflections. This relation-

tists who have religious beliefs well

physiology’s correlates of empathy

we have reached. But then, this,

technical realm, but much more in

by money alone.

but perhaps they do so at the

ship presupposes the neutrality of

know. One of them is the above-

and, in general, altruistic and

too, is part of our nature.

our heads and in our approaches –

fact that scientific research

human beings, the fact that we

mentioned Putnam, according to

moral behavior will be the key to

that are based on non-sustainable

What do you think about the

are rooted in the world of nature;

whom, on a cognitive level, the

dealing with ethical questions

concepts and driven by the desire

generalised shift of scientific

However, there is another position

but this does not mean that scien-

neo-Darwinian theory of evolution

fruitfully. It does, in effect, seem

to make personal gains and profits,

research centres and hubs, from

that is worth taking into consider-

tific inquiry must annul moral

is certainly one of the best theories

plausible that there is a neurologi-

instead of developing a long-term

Europe and the United States

ation, a position that does not try

inquiry. And yet this is what many

we have at the moment.

cal base to ethics, and the funda-

vision that would put the emphasis

to China, India and Asia in

to resolve complex problems in a

people would like to see happen,

This theory offers itself as an epis-

mental studies on mirror neurons

Our first concern should not be

differently.

general? How do you see the

simplistic manner. It has an illustri-

in an effort to avoid both spiritual-

temic connection to other theories

by Rizzolatti, Gallese and Fogassi,

the influence of private fun-

ous, albeit marginal, history and

istic absolutism and irrationalistic

regarding

world,

from Parma, have recently opened

ding on freedom of research,

How do you think this situation

Actually, I do not see a “shift”.

the famous American philosopher

relativism. A few examples will

including ethical theories. In this

extremely interesting horizons on

nor the Eastern world’s rapid

has evolved in the past few

That the Asian nations invest more

Hilary Putnam is most likely its

help illustrate this crucial point.

light, it would thus be irrational

this subject.

development, but our own per-

years, and what are your expec-

into research is only natural. We in

spective on science. The role

tations for the future?

Europe have also to invest more, but not only technology alone is

expense of comprehensiveness.

greatest proponent today. Accord-

the

human

to accept theories that are incom-

Interview with Richard Ernst External observers

future of research in Europe?

ing to this thesis, the absolutists

In Europe, as elsewhere, there has

patible with the naturalistic view

But the question we must ask our-

and challenges of science

Indeed, the situation worsens each

are right to believe in the objectiv-

recently been a vigorous return of

offered by the theory of evolution

selves is if, and how, the determi-

today, from the point of view

year, and there is no real indication

important: it is even more impor-

ity of ethics, but they are wrong in

an attitude that we could define

(which, on a strictly individual level

nation of the neurological corre-

of chemistry Nobel prize win-

that society and its leaders change

tant to preserve a European

ner Richard Ernst.

their attitude.

humanistic spirit, together with scination is capable of bridging gaps

their belief that they have firm

pre-Darwinian, according to which

regarding faith, does not claim

lates of empathy and moral behav-

knowledge of its principles and

human beings actually represent

that a different perspective cannot

ior – a possibility which Gazzanica

that they can impose them on oth-

an irreducible exception to the

be assumed). And this means that

believes is approaching – could

Richard Ernst was born and raised

What is the scientists’ role?

ence and technology. This combi-

ers. The relativists, in turn, are

natural order. According to this

we must not search for supernatu-

help us as a “moral compass,”

in the Swiss city of Winterthur,

Scientists, or academics in general,

and has a great future. Science in

right to believe that the plurality of

assumption, we cannot truly hope

ral shortcuts to resolve ethical

how it could help us resolve our

which he describes as “a town that

are so to say “external observers”

developing countries, so far, is

values and practices is a value, but

to explain how much is specifically

problems. Ethics, in this light, con-

moral dilemmas. For example, let

combined in a unique way artistic

who have the liberty and responsi-

more technology-oriented, copying

they are wrong to believe that

human (like rationality, language,

cern our social life to the extent

us imagine that one day, just by

and industrious activities”. In this

bility to express their well founded

the materialistic past of the West-

there is no possibility for a rational

freedom or morals) by means of

that they are part of nature. It is

looking at neurological images, we

environment he was able to try his

opinion freely and honestly.

ern world. My hope is that we our-

confrontation between differing

scientific categories. In fact, we

interesting to note, however, that

will be able to understand who is

hand at music – as an enthusiastic

While politicians and business peo-

selves will overcome this past,

ethical conceptions.

must look elsewhere in order to

a naturalist perspective like the

in favor of euthanasia and who is

cellist, during his high school years

ple do not have this option, we are

towards

Actually, according to Putnam, in

explain human nature. An obvious

one propounded by Putnam in no

against it (not that this scenario is

– as well as discover the passion for

paid for being frank and critical!

approach.

ethics, like in science, we must fol-

example illustrating this point of

way implies the reducibility of eth-

very plausible, but let us accept it

chemistry which would mark his

low the lessons of the teachers of

view is the growing influence of

ical categories to those of natural

for argument’s sake). We would

career and his life in the future.

What should be the relation

pragmatism, who conjugated the

the argument known as “intelli-

science. To understand the mean-

then have to ask ourselves, “How

According to one anecdote he

between science and politics?

idea of the objectivity of knowl-

gent design,” according to which

ing of this affirmation, it is helpful

can so much neuroscientific knowl-

often tells, the developer of mod-

Scientists should become more

edge with the thesis of its fallible-

the neo-Darwinian conception

to take into consideration an

edge help us resolve the moral

ern nuclear magnetic resonance

interested in political issues in order

ness, or rather, the theory that we

that places evolution within casual

authoritative proposal that was

dilemma of euthanasia?” Actually,

realised he would not be a com-

to have the possibility to be real

a

more

integrated


oxygen

110

English version

03 – 04.2008

Science and the modern world

tion complained about the low

and all the final appeal is by com-

recoloured our mentality so that

[...] and more too than Newton”

the size of the scientific enterprise.

standing of science in official cul-

mon consent taken to the scientist.

modes of thought which in former

(Gillispie, 1960). Science, Sarton

By any measure, almost everything

ture, but he was presiding not at a

The solution offered by the scien-

times were exceptional, are now

(1948) wrote, “is the most precious

to do with science was burgeon-

by Steven Shapin

funeral but at a christening. In just

tist is decisive,” unless it is super-

broadly spread through the edu-

patrimony of mankind. It is immor-

ing: in the early 1960s, it was said

Science made the modern

that very broad sense, the “science

seded by new science.

cated world.” Science “has altered

tal. It is inalienable.” When, toward

that 90% of all the scientists who

world, and it is science that

wars” have long been over and sci-

“Modern common sense holds

the metaphysical presuppositions

the middle of the just-past century,

had ever lived were then alive and

shapes modern culture. That

ence is the winner. In the 1870s,

that the scientist’s answer is the

and the imaginative contents of

the scientific revolution was given

that a similar proportion of all the

is a sentiment that gained cur-

Andrew Dickson White, then presi-

only ultimately true one.” It is mat-

our minds [...]” Born in Europe in

its proper name, it was, at the

scientific literature ever published

rency in the latter part of the

dent of Cornell, wrote about the

ter-of-fact science that “gives

the sixteenth and seventeenth cen-

same time, pointed to as the

had been published in the past

nineteenth century and the

great warfare between science and

tone” to modern culture (Veblen,

turies, its home is now “the whole

moment modernity came to be. [...]

decade. Expenditures on scientific

early twentieth century – a sen-

what he called “dogmatic theolo-

1906). This is not an injunction

world.” Science, that is to say, trav-

Sixty years after Hiroshima, and

research were going up and up,

These responses are not quite the

published in “Science” shows that,

timent that seemed almost too

gy” that was being inexorably won

about how modern people ought

els with unique efficiency: it is

over a century after General Elec-

and, if these trends continued –

same thing as the “public igno-

when asked the same question,

obvious to articulate then and

by science. In 1918, Max Weber

to think and speak but Veblen’s

“transferable from country to

tric founded the first industrial

which in the nature of things they

rance of science” (or “public mis-

Americans yielded the second-low-

whose obviousness has,

announced the “disenchantment

description of how we do think

country, and from race to race,

research laboratory, it is almost too

could not – every man, woman,

understanding of science”) so fre-

est rate of acceptance (now 40%)

if anything, become even

of the world,” conceding only that

and speak.

wherever there is a rational socie-

obvious to be pointed out that it is

child, and dog in the United States

quently bemoaned by leaders of

of all 34 countries polled – above

more pronounced over time.

“certain big children” still harbored

In 1925, Alfred North Whitehead’s

ty” (Whitehead, 1946).

the natural sciences that are now

would be a scientist and every dol-

the scientific community. For that,

only Turkey (Miller et al., 2006). If

reservations about the triumph

Science and the modern world

so closely integrated into the struc-

lar of the gross domestic product

you will want statistics on public

you believe the Gallup pollsters,

Science continues to make the

of amoral science (Weber, 1991).

introduced the historical episode

The founder of the academic

tures of power and wealth, and

would be spent on the support of

beliefs about things like species

then in 2005 the percentage of

modern world. Whatever names

Some years earlier, writing from

that “made modernity,” which had

discipline called the history of sci-

not their poorer intellectual cousins

science (Price, 1968). [...]

change or the Copernican system.

Americans who agreed with the

we want to give to the leading

the

Chicago,

not yet been baptized as “the sci-

ence – Harvard’s George Sarton –

[i.e., the human sciences]. It is sci-

Do we live in a scientific world?

Such figures are available: 57% of

more specific and loaded state-

edges of change – globalization,

Thorstein Veblen described the

entific revolution”: it was “the

announced in 1936 that science

ence that has the capacity to deliv-

Assuming that we could agree on

Americans say they believe in psy-

ment that “Man has developed

the networked society, the knowl-

essential mark of modern civiliza-

most intimate change in outlook

was

“truly

er the goods wanted by the mili-

what such a statement might

chic phenomena, such as extra-

over millions of years from less

edge economy – it is science that is

tion as its “matter of fact” charac-

which the human race had yet

cumulative and progressive” activi-

tary and by industry, and not soci-

mean, there is quite a lot of evi-

sensorial power and telepathy, that

advanced forms of life [and] no

University

of

humankind’s

only

understood to be their motive

ter, its “hard headed apprehension

encountered [...] Since a babe was

ty, so if you wanted to understand

ology or history, though some obvi-

dence that we do not now and

cannot be explained by “normal

God participated in this process”

force. It is science that drives the

of facts.” “This characteristic of

born in a manger, it may be doubt-

progress towards modernity, the

ous qualifications need to be made

never have. In 2003, a Harris poll

means.”

was 12%, encouragingly up from

economy and, more pervasively, it

western civilization comes to a

ed whether so great a thing has

history of science was the only

– not all the natural sciences do

revealed that 90% of American

Americans are often said to be

9% in 1999. [...]

is science that shapes our culture.

head in modern science,” and it is

happened with so little stir.” What

place to look (Sarton, 1936). The

this – and there was a period, early

adults believe in God, a belief that,

more credulous than Europeans,

It seems that if we want to talk

We think in scientific terms.

the possession of science that

started as the possession of an

great

scientific

in the post-world war II world,

of course, is not now, and never

but comparative statistics point to

about the authority of science in

To think any other way is to think

guarantees the triumph of the

embattled few had reconstituted

progress was – as was later said

when there were visions of how

was, in any necessary conflict with

a more patchy state of affairs. Forty

the Modern World, we cannot sen-

inadequately, illegitimately, non-

West over “barbarism.” The scien-

our collective view of the world

and often repeated – that “the

the human sciences might make

whatever might be meant by a sci-

percent of Americans said astrolo-

sibly talk about our culture’s knowl-

sensically. In 1959, C.P. Snow’s Two

tist rules: “On any large question

and the way to know it; the

average college freshman knows

major contributions to problems of

entific mentality. But 82% believe

gy is “very” or “sort of” scientific,

edge of scientific beliefs or our

cultures and the scientific revolu-

which is to be disposed of for good

“growth of science has practically

more physics than Galileo knew

conflict, deviance, strategic war-

in a physical Heaven – a belief that

while 53% of Europeans that it

grasp of some notion of method.

gaming, the rational conduct of

is – perhaps predictably, just

was “rather scientific.” Americans

What seems to be essential is not

military operations and weapons

because Heaven is so much more

did somewhat better than Euro-

knowing science but knowing

thing

about

development, and the global

pleasant than The Other Place –

peans in grasping that the Earth

where to look for it, knowing who

extension of benign American

13% more popular than a belief in

revolves around the Sun and not

are the relevant authorities, know-

power. Few observers disagree

Hell; 84% believe in the survival of

the other way: 24% of Americans

ing that we can and should assent

when it is said that science has

an immaterial soul after death, and

got that wrong compared with

to what they said, that we can and

changed much about the way we

51% in the reality of ghosts. The

32% of Europeans, and only 48%

should trust them in their proper

live now and are likely to live in the

triumph of science over religion

of Americans believed that antibi-

domains. Pragmatically, there is a

future: how we communicate,

trumpeted in the late nineteenth

otics killed viruses compared with

lot to recommend this state of

how long we are likely to live and

century crucially centered on the

59% of Europeans. Unsurprisingly,

affairs: it is unfortunate that the

how well, whether any of the cru-

question of whether or not super-

the “Darwin question” is flunked

ideas of both Darwinian evolution

cial global problems we now con-

natural spiritual agencies could

by more Americans than Euro-

and the heliocentric system have

front – from global warming to our

intervene in the course of nature,

peans: 69% of Europeans, but only

not taken better root in our cul-

ability to feed ourselves – are likely

that is to say, whether such things

52% of Americans, agreed that

ture, but, in general, no one can

to be solved – indeed, what it will

as miracles existed. By that criteri-

“Human beings developed from

know very much of science, and so

mean to be human.

on, 84% of American adults are

earlier species of animals” (Nation-

knowing who the relevant experts

Some time about the middle of the

unmarked by the triumph of sci-

al Science Foundation, 2001; Euro-

are is sufficient in the great majori-

just-past

ence over religion that supposedly

pean Commission, 2001). A still

ty of cases. This applies to scientists

happened over a century ago.

more recent transnational survey

as well as the laity: even plant

century,

sociologists

noted an exponential increase in

111


112

physiologists are likely to have a

preserve. As Edward Teller (1950)

the down-curve of scientists’

above other men” (quoted in Hall,

entific with the “vulgar” or “ordi-

respondents wanted any of their

wealth, health, and power. During

form of culture and as its distinct

deficient knowledge of astro-

put it, it was the scientist’s job to

acknowledged moral authority.

1962).

nary crude” mind: the scientist

tax dollars used to support basic

the course of the twentieth centu-

master authority. It is not so easy

physics, and a cardiologist is going

discover the laws of nature, not to

Who are they, such that we can

It is a tension that remains unre-

alone properly appreciated that

research (Pion and Lipsey, 1981).

ry, the enterprise called science was

now. And one reason it is not so

to go to a neurologist if she has

pronounce on whether the laws

trust them – not just to know more

solved: science is our most power-

“There is no such thing as absolute

What difference does it make to

effectively enfolded in the institu-

easy is that our ability to recognize

persistent headaches. Expertise is

permitting nuclear fusion ought to

about their specialized bits of the

ful form of knowledge; it is scien-

truth and absolute falsehood.” By

the public authority of science if

tions dedicated to the production

relevant experts, and to recognize

not considered to be fungible: it

be mobilized for the construction

world but to do the right thing?

tists – or at least those pretending

the 1920s, Albert Einstein (1954)

scientific knowledge is just what

of wealth and the projection of

their independent authority, is

comes in various special flavors.

of a hydrogen bomb. You would

“The scientist is not a priest.” That

to be scientists – that are turned to

was reminding the general reader

works and if the scientist is under-

power. That is where we started,

harder and harder to do. The suc-

And so knowing where to look for

think that Oppenheimer would

is another way of identifying the

when we want an account of how

that “It is difficult even to attach a

stood as an aid to the technolo-

and that is one way of describing

cess of science has created its suc-

the relevant experts has to involve

have disagreed with such a senti-

limited authority of the modern sci-

matters stand in the natural world.

precise meaning to the term ‘scien-

gist? First, at one time it was

the success of science in moderni-

cessor problem. That problem – the

some notion of relevant expertise,

ment, but on this point he was at

entist, and the nonpriestly status of

But, however esoteric their knowl-

tific truth,’” its semantics varying

believed that a world saturated

ty. But one of the conditions of that

problem

of relevant authority.

one with Teller (see, for example,

the scientist was much insisted on

edge is, it is not scientists who

radically according to context of

with technology would not only be

success is, at the same time, a

authority of science in our modern

When we say that our task is rec-

Oppenheimer, 1965).

ognizing the experts in their proper

of

the

independent

throughout the twentieth century

decide what ought to be done. For

use. And C.P. Snow (1961) surely

a modernized world but a secular-

problem for the authority of sci-

world – may be a problem for sci-

by scientists themselves. At the

those decisions – and there are an

spoke for most scientists when he

ized world. That turned out to be

ence in the modern world.

ence, but, more importantly, it is a

domains, what are those domains?

Scientists – it was widely insisted by

same time, and perhaps respond-

increasing number of them that are

bumptiously stipulated that “By

spectacularly untrue. The mere

Modern scientists are not priests.

problem in our modern order of

Putting the question that way iden-

modern scientists themselves –

ing to what was seen as the

potentially world-changing – it is

truth, I don’t intend anything com-

presence of advanced technology

Their expertises are not fungible –

things. The place of science in the

tifies a sense in which scientific

possessed no particular moral

increasing cultural authority of sci-

politics as usual. [...]

plicated [...] I am using the word as

in a society seems to have little or

either one form of technical

modern world is just the problem

authority is now not greater but

authority. It was once assumed

ence during the course of the cen-

a scientist uses it. We all know that

nothing to do with how people

expertise into another or technical

of describing the way we live now:

clearly much less than it once was.

they did; now it was not. If moral

tury, the scientific community was

At least from the early twentieth

the philosophical examination of

think and what they value: some of

expertise into moral authority.

what to believe, whom to trust,

Consider what philosophers – fol-

authority is what you want, you

accused of becoming “the new

century, very many scientists –

the concept of empirical truth gets

the world’s Web wizards are

What the modern scientist may

what to do.

lowing G.E. Moore in the first years

should go to some other sort of

priesthood” and scientists as “the

physicists, of course, but not just

us into some curious complexities,

jihadis, and there seems to be no

have left as a basis of authority is a

of the twentieth century – call “the

person, and that is why the late

new brahmins” (e.g., Lapp, 1965;

physicists – publicly asserted that

but most scientists really don’t

conflict between computer skill

kind of independence and a result-

This article in an excerpt from

naturalistic fallacy.” That fallacy is

Stephen Jay Gould (1997) referred

Klaw, 1968). An essay in the Bul-

they were not, so to speak, in the

care.” The scientist was properly to

and religious fundamentalism. We

ing notion of integrity. Yet the

Hackett E.J., Amsterdamska O.,

believing something that is impos-

to science and religion as “non-

letin of the Atomic Scientists about

Truth Business. Their task, it was

be understood not on the model of

should be clear about another

enfolding of science into the insti-

Lynch M.E. and Wajcman J. (edi-

sible, moving logically from an “is-

overlapping magisteria.” That divi-

immediate postwar Congressional

insisted, was not metaphysics; it

the philosopher but on the model

thing: engineers seem to include as

tutions of wealth-making and

tors), The handbook of science and

statement” – a description of how

sion of labor between natural

engagements with science noted

was not discovering ultimate reali-

of the engineer and technician.

many morally admirable people as

power-projecting makes that inde-

technology studies, thirt edition, pp.

things are in the world – to an

experts and ethical experts is now

that, after Hiroshima, “[S]cientists

ties. It was, rather, finding out

Our culture used to insist on mas-

any other group of professionals;

pendence harder to recognize and

433-448 © 2007 Massachusetts in-

“ought-statement” – a prescrip-

institutionalized, accepted almost

became charismatic figures of a

what “works”: what picture of

sive differences between science

some are more admirable than

acknowledge. And when scientific

stitute of technology, by permis-

tion of how things should be. Put

as a matter of course. Yet it leads

new era, if not a new world, in

nature was maximally coherent,

and technology and between the

some scientists I know. But it is the

knowledge becomes patentable

sion of the Mit Press.

another way, science is one thing,

to a pervasive awkwardness in con-

which science was the new religion

with existing theories and evi-

role of the scientist and that of the

institutions we are talking about

property, then the independence

(Please refer to Italian version for

morality another; and you should

temporary culture. Just as so many

and scientists the new prophets [...]

dence, and what picture of nature

engineer. It is a distinction that

here, and what virtues and author-

of science from civic institutions

recommended reading)

not think of deducing what is good

social

decisions

Scientists appeared to [politicians]

would allow scientists most power-

now makes less and less sense: we

ity are associated with the institu-

becomes finally invisible. We have

from what is. But the naturalistic

increasingly come to draw on mas-

as superior beings who had gone

fully to predict and control. Prag-

are all engineers now, and the

tions. The technologist supplies

gone some way in these directions

fallacy is not just about a philoso-

sive amounts of specialized expert-

far ahead of the rest of the human

matism was one version of such a

authority of science is increasingly

what society wants; the scientist

– but not yet all the way, so it is not

pher’s boundary; during the course

ise – even to understand what they

race in knowledge and power [...]

sensibility, but so were those posi-

based not on what scientists know

used to give society what it did not

a bad moment to reflect on where

and

political

of the twentieth century, very

are about – so it is accepted that

Congressmen perceived scientists

tions called operationalism, con-

but on what they can help make

know it wanted. That is a simplifi-

we have come from and where we

many scientists publicly insisted

those who know most should

as being in touch with a supernat-

ventionalism, and phenomenalism.

happen. It is a distinction that

cation, but, I think, a useful one:

might be going.

that they possessed no special

accept radical restrictions on hav-

ural world of mysterious and awe-

In 1899, the Johns Hopkins physi-

increasingly resonates in the public

corporations, governments, and

moral authority and that questions

ing consequential opinions about

some forces whose terrible power

cist Henry Rowland (1899), making

culture: an Nsf survey in 1976

the military enlist experts in the

I started by recalling how easy it

of what ought to be done – for

what ought to be done. Here, the

they alone could control. Their

no allusions to pragmatism or to

revealed that government funding

natural world overwhelmingly on

once was to talk about science as

example, about the consequences

up-curve of the reach of science in

exclusive knowledge set scientists

any other formal philosophy of sci-

of science was overwhelmingly

the condition that they can assist

an independent cause of moderni-

of their own work – were not their

our social and political life meets

apart and made them tower far

ence, explicitly contrasted the sci-

popular but that only 9% of the

them in achieving useful goals –

ty, as modernity’s characteristic

113


oxygen

English version

03 – 04.2008

From via Panisperna to Los Alamos, lights and shadows of physics at war

114

codename for a huge operation

relativity was about to enter the

In 1926, the first Italian theoretical

or “the grand inquisitor”. The

main reason he moved to the Unit-

to the American president, on

world of Italian experimental

physics professorship was institut-

“father god” was, obviously, Orso

ed States was the lack of adequate

August 2nd 1939, which would

which quickly involved companies,

physics. The author was Enrico

ed thanks to Orso Mario Corbino –

Mario Corbino himself.

funding frustrating his effort to

famously make him the representa-

laboratories and thousand of men

Fermi: a young physicist born in

senator, professor of experimental

The “via Panisperna boys” wrote

maintain Rome’s first place in the

tive of those requesting Roosvelt’s

– all, surprisingly, in complete

Rome in 1901, who had graduated

physics and director of Rome’s Uni-

one of the most important pages in

field of neutrons’ physics.

intervention.

secret. Robert Oppenheimer, pro-

by Giuseppe Bruzzaniti

from Pisa in 1922.

versity’s Physics institute. Corbino

the history of twentieth century

In December 1938, while Fermi

The response was immediate: two

fessor of theoretical physics and

There are two possible outco-

Fermi had been admitted to the

saw Fermi’s potential, and assigned

physics: on the morning of March

was in Sweden for the Nobel prize

different funders support the “Ura-

man of vast culture, was appointed

mes: if the result confirms the

Scuola Normale in Pisa in 1918,

him the professorship, marking

22nd 1934, the “pope” discovered

ceremony, Otto Hahn and Fritz

nium project” meant to build the

director of the laboratory. Fermi

hypothesis, then you’ve made a

having greatly impressed the exam-

both its prestige and a new begin-

that slowing down neutrons with

Strassmann, in Berlin, bombarded

first atomic pile. Since the pile

was assigned responsibility over

measurement. If the result is

ination board with the unbeliev-

ning for physics in Italy. His goal

paraffin could make them more

uranium with neutrons and discov-

would be able to produce plutoni-

section F, where “final perfecting”

contrary to the hypothesis,

able depth of his extraordinary

was to create a school in Rome

effective in producing radioactivity

er neutron-induced fission. The

um, used as nuclear explosive, the

took place – that is, where all the problems that nobody else was

then you’ve made a discovery.

knowledge. In 1922, his scientific

which could compete on interna-

in other substances. For this discov-

news of this sensational discovery

American government sees the

(Enrico Fermi)

career immediately took off. Each

tional level. Franco Rasetti, from

ery, Fermi was awarded the Nobel

immediately bounced to and from

project as its first effort towards

able to solve were solved.

success was followed by more

Florence, joined Fermi on Corbino’s

prize. It was also the first step

every laboratory, but could not

building the bomb. Fermi builds

On August 6th and 9th 1945, the

Starting out: the pope, the holy

accomplishments, and Fermi’s dis-

request; the young Emilio Segrè,

toward the atomic bomb.

reach Fermi, who had embarked

the pile and starts it up on Decem-

tragic events of Hiroshima and

ghost and the abbots

coveries soon brought Italian

Edoardo Amaldi and Ettore Majo-

At the same time, the socio-politi-

with his family on the “Franconia”

ber 2nd 1942, but sees it mainly as

Nagasaki put an end to the second

on December 24th.

In 1923, Hoepli published I fonda-

physics at the level of international

rana would soon become part of

cal context gradually worsened in

menti della relatività einsteiniana

research. The Fermi-Dirac statistic,

the group as well.

Europe, and in Italy in particular.

an instrument for physics’ research.

world war. The aftermath was

This is the light in which one must

bleak: hundreds of thousand were killed in few minutes, and just as

(“The foundations of Einstein’s rel-

the theory of beta-decay, the dis-

The Physics institute was in via

Nazists believed that their people

Sin: from “little boy” and “fat

interpret one of the darkest

ativity”) by August Kopff. This was

covery of slow neutrons, the first

Panisperna 89a, hence the famous

were superior and had the right to

man” to the plague of Thebes

moments of Enrico Fermi’s career:

many would die in following days,

the translation of a German manu-

atomic battery ever built: each one

nickname “via Panisperna boys”

guide the whole continent, and

The discovery of uranium’s fission

his suggestion to poisen German

months and years.

al from 1921, but also included a

was a milestone in twentieth cen-

for the young scientists working

dreamt of making Europe a ser-

in

food and water with one of the

Everything changed after Los

number of contributions by Italian

tury physics, worthy in itself of the

there. Nicknames became a habit

vant to Germany. This led to dra-

research centers’ rarefied atmos-

pile’s highly radioactive products,

Alamos, and after Hiroshima and

authors, showcasing how the aca-

Nobel prize.

also among the components of the

matic repressive measures which

phere seemed to anticipate practi-

strontium-90, can in fact be seen

Nagasaki. The concepts of war and

demic world perceived the theory

Together, they revealed a complex

group: Enrico Fermi was the

reverberated in Italy with the 1938

cal uses of extraordinary impor-

as his attempt to secure funding

peace changed, and so did the per-

physics

laboratories’

and

of relativity. Reactions ranged from

and articulate scientific personality,

“pope”, because of his infallible

racial laws.

tance. Leo Szilard, a promising

for the atomic pile, after a problem

ception of science’s role and the

cautiousness to firm hostility: only

marked by a particular research

conclusions. Franco Rasetti was the

This folly forced tens of scientists to

Hungarian physicist who had taken

– later solved – about the effective-

way research was done. Los Alam-

four articles were in favor of the

style holding theory and experi-

“cardinal-vicar”. Enrico Persico the

emigrate, shifting the center of

refuge in the United States, was

ness of plutonium as a nuclear

os’s legacy is today’s “big science”:

theory, only one being penned by a

ence in perfect symmetry: as math-

“cardinal for the propagation of

gravity of scientific research from

one of the first to foresee the huge

explosive had threatened it.

instead of single scientist working

physicist.

ematics are linked to cognitive

the faith”. The “abbots” were the

Europe to the United States.

potential the process held, espe-

“Little boy” and “fat man” are the

in places quite similar to work-

The title of that particular article

needs in the phenomenic field,

youngest of the group: Edoardo

Fermi’s wife, Laura Capon, was

cially for the military field.

nicknames of two bombs which

shops, large research groups started to operate with the support of

was The masses in the theory of

empiric data gains further meaning

Amaldi and Emilio Segrè. Ettore

Jewish, and this undoubtedly had a

It is thanks to Szilard and Wiger,

were built in the Los Alamos labo-

relativity, and its inclusion in the

when inserted in a theoretical

Majorana had not one, but two

part in his decision to leave Italy.

another great Hungarian physicist,

ratory, in the final phase of the

exorbitant funding, operating mas-

manual meant that the theory of

framework legitimating it.

nicknames: either the “holy ghost”

However, it is quite likely that the

that Albert Einstein wrote the letter

“Manhattan project”. This was the

sive machinery inside vast and

115


oxygen

laboratories.

Italy for a short stay, on his second

Physicists, as Oppenheimer would

trip to the country since 1938, dur-

strictly

116

English version

03 – 04.2008

organized

Uninformed anti-scientists and optimistic critics

research and its institutions, and

Italians’ scientific literacy is not

penalized by politics’ excessive

most common in less educated and

izations. Six out of ten are female,

focus on specific scientific and

excellent, but is close to the Euro-

leverage is even more widespread.

older people, and characterizes

and their level of education is not

26,8% of the Italian population.

particularly high. We cannot help cal types represent over 70% of

later say, had “known sin”, and

ing which he famously gave a

technological fields.

pean average: three out of four

On different levels, Italians are ask-

what followed was not repen-

series of lectures in Varenna. By

by Massimiano Bucchi

So what does the picture of Italy

correctly identify dna as a charac-

ing to participate more in the fields

tance, but a frenetic arms race.

that time he had already been

Italians have faith in science,

look like? Is it really as bad as we

teristic of living beings, but four out

of science and technology: 81%

The informed scientist is both inter-

The United States immediately

awarded all the most important

but want more transparency

often hear? How does it fit in with

of ten think the Sun is a planet.

think that citizens should be more

ested and trusting in science. He or

the total: in other words, although

jump-started a project to build the

international prizes, and was at the

and involvement: these are the

the general situation of research

Science generally has a positive

involved, and 43% state that “all

she often watches programs or

on quite different bases, seven Ital-

but notice that the two most criti-

first thermonuclear bomb, also

height of his maturity and intellec-

results of the first report on

and innovation in our country?

image: most of the people inter-

citizens” should have a say in

reads articles about science, and

ians out of ten criticize at least

called the H bomb or superbomb,

tual energy. He was one of the

science, technology and public

Gli italiani e la scienza. Primo rap-

viewed recognize its beneficial

defining the priorities of research.

visits science museums and partici-

some aspects of scientific research

opinion in Italy.

porto su scienza, tecnologia e

effects and its central role in eco-

According to the report, many Ital-

pates in science-related events reg-

and technological innovation.

opinione pubblica in Italia (“Italians

nomic development. Scientists are

ians seem to expect an effort on

ularly. According to the report,

and science. First report on science,

considered the most reliable inter-

behalf of researchers to inform

13,6% of the Italian population fall

which would be incomparably

most representative characters of

more powerful and destructive

pre-war physics, and was ready to

than the atomic bomb. It is not just

become one of the protagonists of

In the past few years, awareness

a weapon of mass destruction. As

post-war physics as well. Unfortu-

about public perception and citi-

technology and public opinion in

locutors whenever science and

citizens about the results of their

into this type, which is mostly

the optimistic critic, compared to

Fermi and Rabi write in a report, it

nately, he did not have the time

zens’ involvement in scientific and

Italy”), published by Observa – Sci-

technology become relevant to

work. Scientific research should be

made up of young, male, well-edu-

the anti-scientist, counteracts to

cated people.

some degree the stereotypical idea ed and uninformed about science:

117

However, the preponderance of

“goes far beyond any military

to complete the journey of his

technological issues has grown,

ence in Society, with the support of

society, followed by environmental-

a priority for public investment

objective, and enters the range of

career: upon his return to Chicago

making them relevant aspects of

Compagnia di San Paolo, offers

ists and civic associations, while

according to one Italian out of six:

very great natural catastrophes. By

he was diagnosed with an inopera-

research and innovation policies

some useful “food for thought”.

politicians seem to suffer from a

it places behind healthcare, educa-

The informed pragmatist (15,8%)

great lack of trust.

tion and the fight against crime,

has an utilitarian vision of science,

a large part of the population, in

but much ahead of transport and

and appreciates mostly its practical

fact, finds fault in the opacity of the research field but, at the same

that Italians are cynical, uninterest-

its very nature it cannot be con-

ble stomach cancer, which proved

around the world. More specifical-

The report highlights that Italians

fined to a military objective, but

fatal to him on the morning of

ly, political institutions and scientif-

show a certain interest in science,

becomes a weapon which in prac-

Nobember 28th 1954.

ic associations – spanning from the

especially when presented on tele-

There are some ambiguities, how-

road conditions. The focus is most-

implications. Like the informed sci-

tical effect is almost one of geno-

(Please refer to Italian version for

European Commission to the Royal

vision or newspapers: two thirds

ever, in particular on aspects such

ly on the fields of science relating

entist, he or she keeps up with sci-

time, would be willing to partici-

cide. It is clear that the use of such

recommended reading)

Society – have explicitly stated

read articles about science on daily

as those relating to how the

to the environment: renewable

entific progress through the media,

pate in science’s decision making

a weapon cannot be justified on

that a constructive relationship

newspapers at least sporadically;

research field is organized: quite a

sources and climate mutations col-

and by visiting museums or partici-

process, and promptly recognises

any ethical ground which gives a

between science and society is nec-

80% watch programs about sci-

few Italians are critical about the

lect over 60% of replies, with an

pating in scientific events. Like the

the positive implications of science

human being a certain individuality

essary in order to develop effective

ence on television, and over one in

influence of economic interests, as

impressive increase since 2005.

previous type, informed pragma-

and technology.

and dignity even if he happens to

research and innovation policies.

two reads a popular science maga-

well as about the transparency of

All in all, Italians’ attitude toward

tists are mostly young (one fifth of

be a resident of an enemy coun-

On the one hand, this has lead to a

zine once in a while.

the recruit process.

science can be summed up in four

them is concentrated in the 20-29

try.” Obviously, Fermi was against

number of communication and

Only about one in four Italians vis-

Over half of the respondents

prevailing types.

age group), but their level of edu-

building the H bomb. However, he

awareness-raising initiatives in the

its museums, scientific expositions,

(55%) think that “researchers now

obeyed the government’s post-war

field of scientific culture. On the

science fairs or other public events

think only about making money”.

The uninformed anti-scientist is

requests and became an active par-

other, although at a slower pace,

revolving around science.

Almost two thirds of them (64%)

uninterested in scientific issues, but

ticipant in the project which would

various organizations have started

However, one in two Italians would

say that “only people with friends

remains generally skeptical about

Finally, the optimistic critic (43,8%)

lead to what Oppenheimer would

collecting data which can help

like to have more opportunities to

in high places can have a success-

science, underestimating its posi-

is optimistic about the implications

later call the “plague of Thebes”.

monitor variables such as scientific

have contact with scientists and

ful career in the science field”.

tive consequences and overempha-

of science, but undecided about

In 1954 Enrico Fermi returned to

skills’ level, attitudes towards

their world.

The idea that research in Italy is

sizing the negative. This attitude is

the logic applied in research organ-

cation is lower: 75% does not have a college degree.


oxygen

English version

03 – 04.2008

The energy of myths and the myth of energy

118

this sense, the myths of science

passed that of logos, to the point

non-rational position is considered

and technology are typical in that,

that he intertwines the two types

a myth. Absolute convictions, even

through deformation, they trans-

of discourse in his works, adopting

when rational, are defined as

by Giuseppe Longo

figure and accentuate a nucleus

an imaginative, imprecise and

myths, as opposed to a problemat-

Can one dare imagine that

that is actually meant to be ration-

ambiguous style and giving myths

ic and relativistic conception of rea-

one day energy will assume

al and ascetic. The myths of

an important place in philosophy.

son and reality.

the sacred character of a beni-

technoscience represent a power-

By overcoming the limitations of

Yet, despite this belittlement, it

gn and fraternal divinity?

ful constellation of suggestions

reason when confronted with

would seem that a need for the

The birth, or the rebirth, of this

that influence culture, society and

truths of a higher order, myths

absolute is part of human nature,

myth would let us reintegrate

philosophy

assume an indispensable logical

for myths are constantly regenerat-

ourselves into the grand cycle

impact, and more than just its

function. Moreover, they are capa-

ed in ever new forms, adapting

of the sun and, perhaps,

practical impact.

ble of enchanting the spirit and

themselves to the changing cultur-

let us reacquire the wisdom

Myths resist over the centuries;

attaining higher truths, which can

al conditions. In fact, it would seem

of moderation.

they survive the interpretations of

only be captured by images and to

that the history of human thought

by

amplifying

its

scholars and the criticism of

which logical thought must per-

oscillates continuously between

A myth (from the Greek word

philosophers and scientists who

force surrender.

myth and skepticism, or between

mythos: story, word) is a type of

would like to establish their value

The initial value of myths was above

irrationality and reason.

narration that is more or less imag-

in cognitive terms. This explains the

all religious, but they have also

119

inative, fantastic and transfigura-

staying power of the Homeric

been studied in relation to their

Myths in modern times

tive; it is a way to bring order and

myths, that helped form the reli-

gnoseological function. They are

The Platonic conception of myths is

meaning to the world, to explain

gious culture of Greece, Rome and

also present in non-religious areas:

similar to a modern-day position,

an event, to illuminate a truth or

the Western hemisphere. Myths

there are poetic myths; grand lay

according to which myths, rather

gence of myths. This re-equilibrium

ever since the beginning of time.

the inexplicable. As it came out of a

namic dimension to encompass all

justify a need of the spirit. Thus, it

often present multiple versions that

ideals, in particular political ideals;

than being the opposite of rational

occurs through the evocation of

They give ideal strength to our

substratum of truth it had in turn

forms of energy, from the domes-

is neither a legend based on a his-

are sometimes even contradictory,

magnificent utopias. The complex

explanation, are actually insepara-

olden times, or better, it reinte-

impulses, permit us to overcome

to end in the inexplicable.

tic, smoky form of burning logs

torical fact, nor is it an invented

as well as logical, scientific and his-

tie between myths and rites, fables

ble from it because of the symbolic

grates man in ahistorical times.

daily contingencies that are locked

(Franz Kafka)

upon which a pot is simmering, to

novel or a fable with a moral or

torical absurdities. Thus, they are

and magic is evident.

nature of human thought, even

Myths abolish history since they are

within economic and practical rea-

agreeable purpose.

not on the same level as rational

Today, as we mentioned, myths

though myths give greater impor-

based on an exemplary form of

sons. We need myths.

Prometheus (“the provident”), a

a locomotive or the silent and

the mechanical energy released by

Today, the term “myth” is often

truth, but their nuclei resist despite

represent important undertakings

tance to the artistic and creative

narration in which a society, within

demigod who was the son of Iape-

secretly menacing energy impris-

used to indicate certain deforma-

attempts to purify them in logos,

and rational activity. At the same

aspect than to the theoretical and

its own horizons of time and space,

The myth of Prometheus

tus and Clymene, was the most

oned in nuclear reactors. It is no

tions of reality, almost always in an

that is, in rational and argumenta-

time, their overpowering force is a

enunciative element. The excess of

recognizes and experiments with

There are four legends concerning

famous of the Titans. Originally a

surprise, therefore, that fire has

augmentative

brought

tive discussion. Plato respected

cause for apprehension, to the

rationalism that characterizes mod-

permanence or, at most, with eter-

Prometheus: according to the first

wily trickster and superb crafts-

always sparked the fantasy and

about for emotional reasons or

myths, which he felt contained

point that they can also generate

ern times thus finds a point of re-

nity. To quote Mircea Eliade, “Man,

he was clamped to a rock in the

man, he is associated with fire and

stimulated a bent for storytelling.

through irrational suggestion. In

knowledge that sometimes sur-

negative reactions. Sometimes, a

equilibrium in the explicit resur-

even if he were able to escape

Caucasus for betraying the secrets

the creation of man. According to

As mentioned, technoscience has always been at the center of indus-

sense,

from everything else, is irreducibly

of the gods to men, and the gods

Hesiodus

a prisoner of his archetypical intu-

sent eagles to feed on his liver, whi-

Theogony, Prometheus stole fire

in

his

epic

poem

trious myths (like Prometheus, for

itions that were created the

ch was perpetually renewed. Accor-

from the gods to give it to humans.

example, but also Daedalus and

moment he realized his place with-

ding to the second, Prometheus,

In revenge, Zeus chained him to a

Thalo) and today it has rekindled

in the Cosmos. The nostalgia for

goaded by the pain of the tearing

mountain and sent an eagle to

the flame along horizons that open

Paradise reveals itself in the most

beaks, pressed himself deeper and

devour his liver. But, since it was

onto the future but that also carry

banal actions of modern man. The

deeper into the rock until he beca-

immortal like the rest of his body, it

the seeds of a long-ago past.

absolute cannot be extirpated, it is

me one with it. According to the

would grow back at night, thus

Myths, thus, take on the meaning

only liable to degradation.” Myths

third his treachery was forgotten in

perpetuating his torment.

of an ultimate, and perhaps

manifest the profound order that

the course of thousands of years,

Prometheus suffered this torture

unreachable goal, an asymptotic

lies below the chaotic appearance

forgotten by the gods, the eagles,

until he was freed by Hercules.

and overwhelming utopia that

of daily life. They indicate a way to

forgotten by himself. According to

The fire that Prometheus gave man

points in a daring and perhaps risky

escape our fear of the future, a

the fourth everyone grew weary of

is not just a literal symbol; it also

direction.

way that leads toward a different

the meaningless affair. The gods

has a powerful metaphorical value.

time. They supply an explanation

grew weary, the eagles grew weary,

On the one hand, fire has dream-

of our origins, a justification for pri-

the wound closed wearily. There re-

like and visionary elements, sexual

I would like to mention a few of

mordial forces, a description of

mained the inexplicable mass of

and oedipal drives; on the other, it

these myths. The myth of omnis-

things that are present yet hidden,

rock. The legend tried to explain

extends its physical and thermody-

cience and, through it, of omnipo-

The myth of Prometheus


oxygen

English version

03 – 04.2008

tence. This myth is fed (and sym-

emotions and even his conscious-

cohabitation that is tinged with

bolized) by the “machines of the

ness, pose disturbing questions.

consanguinity and fraternity. It

mind” – the computer and the

The growing diffusion of robots in

would exclude the fear and the

web above all – endless sources of

every sector of society forces us to

risks that derive from the high con-

data and information into which

consider the relationship between

centration of energy in power sta-

we can dip to acquire incommen-

man and machine in new terms

tions in preference of more wide-

surate

that involve ethics first of all. It is

spread forms that are typical of

omniscience remains an unachiev-

imperative that these problems be

biological nature. This would liber-

able goal because the cognitive

faced.

ate us from the slavery and uncer-

knowledge.

Naturally,

capacity of the individual human 120

tainty of energy supplies, the result

being is limited. Moreover, the

A myth about energy?

of unequal distribution of fossil

knowledge of humans must be

Therefore, on the one hand there is

resources. Can one hope that this

structured.

are

the myth of omniscience and

myth will come to be? Can one

ordered by criteria of practicality,

omnipotence; on the other, there is

dare imagine that one day energy

based on alphabetical order or ref-

the myth of artificial man. It is odd

will assume the sacred character of

erenced according to affinity or fre-

that energy, as opposed to infor-

a benign and fraternal divinity? The

quency

But

mation and biology, still struggles

birth, or the rebirth, of this myth

humans, in the structuring of their

to find a contemporary version of

would let us reintegrate ourselves

knowledge, cannot do without

its myth. There is no energy equiv-

into the grand cycle of the sun and,

semantics, association by contigui-

alent of the world wide web or

perhaps, let us reacquire the wis-

ty or by hidden, subconscious cor-

robots. Or better, only the scary

dom of moderation.

Encyclopedias

of

consultation.

121

Flow of consciousness and synapses: the mystery of the human mind

cubist paintings. According to one

It’s hard to believe that a work of

of Bohr’s friends, the Danish

abstract art might have actually

painter Mogens Andersen, Bohr

affected the history of science.

was “vitally interested in the new

Cubism seems to have nothing in

respondence that is often based on

part of this myth has been recuper-

In one of his masterly writings,

by Jonah Lehrer

ground so swiftly broken by mod-

common with modern physics.

emotions or synesthetic aspects

ated; it was awoken by the terrible

Kafka tells us that a dying Emperor

In order to overcome its limits,

ern painting during his lifetime.”

When we think about the scientific process, a specific vocabulary

that are difficult to clarify. There-

accident at Chernobyl. What is

sent a final message to a faraway

science needs the arts: a novel

As the intellectual historian Arthur

fore, omniscience is thwarted by

missing is the myth’s positive and

subject. Despite the goodwill of

or a painting are still the best

Miller notes, he later filled his study

comes to mind: objectivity, experi-

quantitative reasons (the profound

benign part that could be kindled

the messenger, the long and diffi-

means to represent the human

with abstract still lives and enjoyed

ments, facts. In the passive tense of

disparity of the quantity of data)

by the use of renewable sources of

cult journey prolonged the time

being and its world, with all of

explaining his interpretation of the

the scientific paper, we imagine a

and qualitative reasons (structuring

energy. The recovery of the benev-

the subject had to wait. But never-

the mysterious contradictions

art to visitors. For Bohr, the allure

perfect reflection of the real world.

of the data that is essentially differ-

olent version of the energy myth

theless, every evening the subject

they entail.

of cubism was that it shattered the

Paintings can be profound, but

ent). Only the cognitive symbiont

would have more than just scholar-

dreamt of receiving the message.

certainty of the object. The art

they are always pretend.

“man+web,” could, in principle,

ly and philological value. In view of

Like the subject, we, too, await the

In the 1920s, Niels Bohr was strug-

revealed the fissures in everything.

This view of science as the sole

aspire to omniscience. Thus, tech-

the problems assailing us today, it

word of the Emperor, a bearer of

gling to reimagine the structure of

It turned the solidity of matter into

mediator of everything depends upon one unstated assumption:

nology not only inspires and main-

would also have a strong practical

wisdom, perhaps of salvation. Per-

matter. Previous generations of

a surreal blur.

tains the myth, it also transforms it

value. It would offset (or at least

haps the myth will knock at our

physicists had thought the inner

Bohr’s profound insight was that

while art cycles with the fashions,

into a promise.

parallel) the spiritual and symbolic

doors and make us more mature

space of an atom looked like a

the invisible world of the electron

scientific knowledge is a linear

Another myth proposed by mod-

power of the energy myth, which

and responsible.

miniature solar system: the atomic

was essentially a cubist world. Ein-

ascent. The history of science is

ern technology is that of creation:

seems to be the prevalent view

(Please refer to Italian version for

nucleus was the sun and the

stein and others had already deter-

supposed to obey a simple equa-

like God or the gods, creators of

today. The myth would thus

recommended reading)

whirring electrons were like plan-

mined that electrons could exist as

tion: Time plus data equals under-

men and women, modern demi-

assume emotional connotations

ets in orbit. This was the classical

either particles or waves. What

standing. One day, we believe, sci-

urges try to give life to a new prog-

and not just rational ones. One can

model.

Bohr discovered was that the form

ence will solve everything.

eny. After all, what is robotics if not

love one’s house that has been

But Bohr had spent time analyzing

they took depended on how you

But the trajectory of science has

the attempt to construct an artifi-

built following ecological norms;

the radiation emitted by electrons,

looked at them. Their very nature

proven to be a little more compli-

cial man? Robots, a union of syn-

one can love the solar panel that

and he realized that science need-

was a consequence of our observa-

cated. The more we know about

thetic mind and synthetic body,

provides hot water for free and the

ed a new metaphor. The behavior

tion. This meant that electrons

reality

represent the most recent version

photovoltaic panel that turns on

of electrons seemed to defy every

weren’t like little planets. Instead,

mechanics and neural origins – the

about

palpable

its its

quantum

of our age-old attempt to replicate

the light bulbs at home without

conventional explanation.

they were like one of Picasso’s

more

an artificial human. The increasing-

polluting the atmosphere.

As Bohr said, “When it comes to

deconstructed guitars, a blur of

become. As Vladimir Nabokov, the

paradoxes

ly bold similarity between robot

This affective connotation could

atoms, language can be used only

brushstrokes that only made sense

novelist and lepidopterist, once put

and man, that now extends to his

also compensate the greater initial

as in poetry.” Ordinary words

once you stared at it. The art that

it, “The greater one’s science, the

cognitive capacity, his independ-

cost of veering toward a more inti-

couldn’t capture the data.

cooked so strange was actually

deeper the sense of mystery.”

ence and perhaps someday to his

mate cohabitation with energy, a

Bohr had long been fascinated by

telling the truth.

Consider, for example, the history


oxygen

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03 – 04.2008

122

of physics. Once upon a time, and

oscillations in the cerebral cortex to

novel, James tried to shift the sub-

Your head contains 100 billion

mysterious aspects of the mind.

electrical cells, but not one of them

They have constructed elegant

ject of psychology. He disavowed

is you, or knows or cares about

models of human consciousness

any scientific method that tried

you. In fact, you don’t even exist.

that manage to express the texture

to dissect the mind into a set of

The brain is nothing but an infinite

of our experience, distilling the

elemental units, be it sensations or

regress of matter, reducible to the

details of real life into prose and

synapses. Such a reductionist view

callous laws of physics.

plot. That’s why their novels have

is the opposite of science, James

The problem with this method is

endured: because they feel true.

argued, since it ignores our actual

that it denies the very mystery it

And they feel true because they

reality.

needs to solve. Neuroscience excels

capture a layer of reality that

Modern science didn’t follow

at unraveling the mind from the

reductionism cannot.

James’ lead. In the years after his

bottom-up. But our self-conscious-

By taking these artistic explorations

textbook was published, a “new psychology” was born, and this

ness seems to require a top-down

seriously, neuroscientists can better

approach. As the novelist Richard

understand the holistic properties

rigorous science had no need for

Powers wrote, “If we knew the

they are trying to parse. Before you

Jamesian vagueness. It wanted

world only through synapses, how

break something apart, it helps to

to purge itself of anything that

could we know the synapse?” The

know how it hangs together. In this

couldn’t be measured. The study of

paradox of neuroscience is that its

sense, the arts are an incredibly rich

experience was banished from the

astonishing progress has exposed

data set, providing science with a

laboratory.

fundamental sciences, like physics

then we will need to bridge our

the limitations of its paradigm, as

glimpse into its blind spots. If neu-

more than once, physicists thought

quantum coherence in micro-

and neuroscience. Physicists study

cultural divide. By heeding the wis-

reductionism has failed to solve our

roscience is ever going to discover

But artists continued creating their

they had the universe solved. Some

tubules. These were the biological

the fabric of reality, the invisible

dom of the arts, science can gain

emergent mind. Much of our expe-

the neural correlates of conscious-

complex simulations of conscious-

obscure details remained, but the

processes that supposedly turned

laws and particles that define the

the kinds of new insights and per-

riences remain outside its range.

ness, or find the source of

ness. They never gave up on the

basic structure of the cosmos was

the water of the brain into the

material world.

spectives that are the seeds of sci-

This world of human experience is

the self, or locate the cells of sub-

ineffable, or detoured around

entific progress.

the world of the arts. The novelist

jectivity – if it’s ever going to get

experience because it was too diffi-

and the painter and the poet

beyond a glossary of our cortical

cult. They plunged straight into the

embrace those ephemeral aspects

parts – then it has to develop an

pandemonium. No one demon-

understood. Out of this naiveté,

wine of the mind.

Neuroscientists study our percep-

relativity theory emerged, funda-

But scientists don’t talk about

tions of this world; they dissect the

mentally altering classical notions

these kinds of bridging principles

brain in order to understand the

about the relationship of time and

anymore. While neuroscience con-

human animal.

relevant for modern neuroscience.

of the mind that cannot be

intimate understanding of these

strates this better than James

space. Then came Heisenberg’s

tinues

Together, these two sciences seek

Since its inception in the early

reduced, or dissected, or translated

higher-order mental events. This is

Joyce. In Ulysses, Joyce attempted

to

make

astonishing

The insights of artists are especially

uncertainty principle and the surre-

progress in learning about the

to solve the most ancient and epic

twentieth century, neuroscience

into the activity of an acronym.

where the current methods of sci-

to capture the mind’s present

al revelations of quantum physics.

details of the brain – we are a

of unknowns: What is everything?

has succeeded in becoming inti-

They strive to capture life as it’s

ence reach their limit.

tense. Everything in the novel is

String theorists, in their attempts to

strange loop of kinase enzymes

And who are we?

reconcile ever widening theoretical

and synaptic chemistry – these

gaps, started talking about eleven

details only highlight our enduring

dimensions.

still

mate with the brain. Scientists

lived. As Virginia Woolf put it, the

What neuroscience needs is a new

seen not from the omniscient per-

have reduced our sensations to a

task of the novelist is to “examine

method, one that’s able to con-

spective of the author, but through

But before we can unravel these

set of discrete circuits. They have

for a moment an ordinary mind on

struct complex representations of

the concave lenses of his imaginary

enigma, which is that we don’t

mysteries, our sciences must get

imaged our cortex as it thinks

an ordinary day ... [tracing] the pat-

the mind that aren’t built from the

characters. We eavesdrop on their

makes no sense. Modern physics

experience these cellular details. It

past their present limitations. How

about itself, and calculated the

tern, however disconnected and

bottom-up. Sometimes, the whole

internal soliloquies, as Bloom, Stephen, and Molly think about

Dark

matter

knows so much more about the

is ironic, but true: the one reality

can we make this happen? My

shape of ion channels, which are

incoherent in appearance, which

is best understood in terms of the

universe, but there is still so much

science cannot reduce is the only

answer is simple: science needs the

machined to subatomic specifica-

each sight or incident scores upon

whole. William James, as usual,

beauty, and death, and eggs in

it doesn’t understand. For the first

reality we will ever know.

arts. We need to find a place for

tions.

the consciousness.” She tried to

realized this first. The eight chap-

bed, and the number eight. This,

time, some scientists are openly

The point is that modern science

the artist within the experimental

And yet, despite this vast material

describe the mind from the inside.

wondering if we are incapable of

has made little progress towards

process, to rediscover what Bohr

knowledge, we remain strangely

figuring out the cosmos.

any unified understanding of

discovered when he looked at

ignorant of what our matter cre-

Or look at neuroscience. Only a

everything. Our unknowns have

those cubist paintings. The current

few decades ago, scientists were

not receded or diminished. In many

putting forth confident conjectures

ters that begin his epic 1890 text-

Joyce says, is the broth of thought,

book, The principles of psychology,

the mind before punctuation, the

Neuroscience has yet to capture

describe the mind in the conven-

stream of consciousness rendered

ates. We know the synapse, but

this first-person perspective. Its

tional third-person terms of the

on the page. Ulysses begins where

constraints of science make it clear

don’t know ourselves. In fact, the

reductionist approach has no place

experimental psychologist. Every-

William James left off.

instances, the opposite has hap-

that the breach between our two

logic of reductionism implies that

for the “I” at the center of every-

thing changes, however, with

Similarly, Samuel Taylor Coleridge,

about “the bridging principle,” the

pened, so that our most funda-

cultures is not merely an academic

our self-consciousness is really an

thing. It struggles with the ques-

chapter nine. James starts this sec-

enchanted with opium, was writ-

neural event that would explain

mental sciences are bracketed by

problem that stifles conversation at

elaborate illusion, an epiphenome-

tion of qualia. Artists like Woolf,

tion, The stream of thought, with a

ing poetry about the “the mind’s

how the activity of our brain cells

utter mystery. It’s not that we don’t

cocktail parties. Rather, it is a prac-

non generated by some electrical

however, have been studying such

warning: “We now begin our

self-experience in the act of think-

creates the subjective experience of

have all the answers. It’s that we

tical problem, and it holds back sci-

shudder in the frontal cortex. There

emergent phenomena for cen-

study of the mind from within.”

ing” long before there was even a

consciousness. All sorts of bridges

don’t even know the question.

ence’s theories. If we want answers

is no ghost in the machine; there is

turies, and have amassed a large

With that single sentence, as radi-

science of the mind. Or look at the

were proposed, from 40 hertz

This is particularly true for our most

to our most essential questions,

only the vibration of the machinery.

body of knowledge about such

cal in sentiment as the modernist

world of visual art. As the neurosci-

123


oxygen

124

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Viewpoints

producers of animal feed, distribu-

entist Semir Zeki notes, “Artists

tant new scientific answers. Until

[painters] are in some sense neurol-

science sees the brain from a more

ogists, studying the brain with

holistic perspective – and such a

Che cos’è la bioetica animale

companies and all the other busi-

techniques that are unique to

perspective might require the artis-

by Davide Coero Borga

ness people involved in the chain If this does not happen, the debate

tion companies, pharmaceutical

of production.

them.” Monet’s haystacks appeal

tic imagination – our scientific the-

to us, in part, because he had a

ories will be detached from the

“Man, do not exalt yourself above

practical understanding of color

way we see ourselves.

the animals: they are without sin,

perception.

Neuroscience, of course, believes

whereas

you,

with

all

your

runs the risk of becoming simply another topic of discussion at intel-

The drip paintings of Jackson Pol-

that it has no inherent limitations.

grandeur, contaminate the earth.”

lectual gatherings.

lock resonate precisely because

One day, a team of scientists may

Barbara De Mori begins her lucid

The idea of an interface between

they excite some peculiar circuit of

explain human consciousness. The

and clear-cut book with this caustic

animal bioethics and veterinary

cells in the visual cortex. These

bridging principle will be solved.

quote from Fyodor Dostoevsky.

medicine is a central point around

painters reverse-engineered the

The mystery of experience will turn

To talk about animal bioethics

which the entire book revolves.

brain, discovering the laws of see-

out to be another trick of matter.

today means to understand a reali-

Darwin’s paradigm represented a

ing in order to captivate the eye.

Such scientific optimism might be

ty that has been purged of the

caesura with the traditional hierar-

Of course, the standard response

right. Only time will tell. (It’s worth

Aesop’s and Fedro’s fables, which

chical concept of creation by set-

of science is that such art is too

noting that not every scientist is

used natural images – or better yet,

ting forth the conditions for a rein-

incoherent and imprecise for the

quite so optimistic. Noam Chom-

animals – to condemn our vices

terpretation of the living world in a

scientific process. Beauty isn’t

sky, for example, has declared that

and praise our virtues. Instead,

vision of biological continuity and

truth; Monet got lucky. The novel is

“It is quite possible – overwhelm-

today’s society has a plethora of

natural selection. Thus, if the moral

just a work of fiction, which is the

ingly probable, one might guess –

industries dedicated to butchery,

circle is to expand, attention must

opposite of experimental fact. If it

that we will always learn more

pet therapy, household pets’ well-

be paid to three aspects: to its prin-

can’t be plotted on a line graph or

about human life and personality

ness, and laboratory xenotrans-

ciples, thanks to the theoretical

condensed into variables, then it’s

from novels than from scientific

plants. Animal bioethics, in the

contributions of bioethics, etholo-

not worth taking into account. But

psychology.”) Regardless, it’s clear

sense of an area of study with its

gy and cognitive science; to animal

isn’t such incoherence an essential

that solving the deepest mysteries

own identity and autonomy, is a

rights, by recognizing the indissolu-

aspect of the human mind? Isn’t

of the brain – what the philosopher

fairly recent reality and is part of

ble interests and the inalienable

our inner experience full of gaps

David Chalmers calls “the hard

the wider bioethics movement. By

rights of animals; to practical appli-

and non-sequiturs and inexplicable

questions of consciousness” – will

questioning the meaning and the

cations, by discussing medical-vet-

feelings? In this sense, the messi-

require a new scientific approach,

value of the living world, it places

erinary practices.

ness of the novel and the abstrac-

one that is able to incorporate the

the experience of Homo sapiens

De Mori concludes that, at every

tion of the painting is actually a

wisdom of the arts. We are such

within the larger context of the

level, it would be useful to reduce

mirror. As the poetry critic Randall

stuff as dreams are made on, but

biosphere, giving rise to biocentric

the number of animals involved and

Jarrell put it, “It is the contradic-

we are also just stuff. Neither truth,

visions – whose core is life tout

encourage more sophisticated pro-

tions in works of art which make

when seen alone, is our solution,

court and not man – in response to

cedures, or alternative methods.

them able to represent us – as log-

for our reality exists in plural.

a tradition saturated in anthro-

ical and methodical generalizations

pocentricism.

Barbara De Mori

cannot – our world and our selves,

One can agree with De Mori’s the-

Che cos’è la bioetica animale

which are also full of contradic-

sis that “our relationship with the

Carocci editore, 2007

tions.”

animal world has changed deeply

128 pp. 9,50 euro

and irreversibly, and the need for No scientific model of the mind will

an ethical reflection on animal life

be wholly complete unless it

has become increasingly urgent.”

includes what can’t be reduced.

The question of “animal libera-

Science rightfully adheres to a strict

tion” (the title of a book that

methodology, relying on experi-

became a symbol for animal rights,

mental data and testability, but this

published by Peter Singer in 1975)

method could benefit from an

must be widened to include what

additional set of inputs. The cultur-

the author defines as insiders of

al hypotheses of artists can inspire

the field: veterinary doctors, jurists,

the questions that stimulate impor-

lawmakers, producers, breeders,

125


oxygen

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126

127

Science’s sites

Future tech

tists’ image, the role of the mass

nisms which are at the base of this

of proposing new and original

media in popular science, the way

phenomenon appears essential to

ways to communicate both within

to communicate technological risk,

understand how science and tech-

the world of science research and

A new way of being

for advanced studies

the image that science has in art

nology can produce vital advances

toward the large public.

by Giorgio Gianotto

by Laura Viviani

and literature – these are just some

for humanity rather than some of

On top of this, Sissa houses the

The International school

various types of sensors). A

— Wikipedia is a multilingual,

Knowledge thus becomes a collab-

web-based, free content encyclo-

orative product with countless

panorama in continuous evolution

pedia project. The name Wikipedia

informative sources which, by col-

that, although it starts with tech-

is a portmanteau of the words

laborating with each other, are

nology, ranges throughout this

“wiki” (a type of collaborative

able to produce new knowledge.

new and extraordinary capacity to process information that is produc-

of the issues upon which we

the

problems,

Innovations in the communication

— Technology […] is a conse-

website) and “encyclopedia”. […]

This is probably one of the main

for

should reflect in order to recon-

whether we should listen to scien-

of science (Ics) group, which is

quence of science and engineer-

Wikipedia is written collaboratively

reasons Ict is so important, and it is

ing new opportunities and new

advanced studies (Sissa) in Trieste is

struct the complexity of the rela-

tists and why, what it means to

involved in various European proj-

ing, although several technological

by volunteers from all around the

also one of the most discussed and

paradigms, recreating the starting

world.

most strategic themes for the

scenario all over again.

entire social construct. In fact, Ict

The economics of knowledge, a branch of economics that studies

The

International

school

planet’s

worst

one of Italy’s centers of excellence,

tion between science and society,

have faith in science and its main

ects, most importantly in the fields

advances predate the two con-

and the first school to offer PhD

and to improve the interaction

characters. For this reason, the

of neuroscience and nanotech-

cepts. Technology is a term with

programs in mathematics, physics

between these two.

Sissa and Milan’s Univerità degli

nologies; the Ics publishes the

origins in the Greek “technologia”.

— A wiki is computer software

represents a new semantic that has

and neuroscience in the country.

The areas in which the Master pro-

studi started an innovative Doctor-

online journal “Jcom – Journal of

However, a strict definition is elu-

that allows users to easily create,

been generated by technology to

the characteristics of knowledge

For years it has invested in the edu-

gram specializes encompass all the

ate in science and society program

science

and

sive; “technology” can refer to

edit and link web pages. Wikis are

redefine the entire social and pub-

and information with particular

cation not only of future scientists,

different media and ways in which

three years ago: a course which

organizes the yearly National con-

material objects of use to humani-

often used to create collaborative

lic role of its beneficiaries, not to

emphasis on the nature, creation,

but also of future science commu-

information and knowledge can

focuses especially on the science

vention on science communication,

ty, such as machines, hardware or

websites […].

mention – ultimately – the very

diffusion, transformation and use

nicators: those who will channel

circulate: from scientific journalism

and technology studies that have

having held its sixth edition, in

utensils, but can also encompass

scientific news and information

to event planning, from museums

been at the core of the English-

Forlì, last November.

broader themes, including systems,

These definitions are borrowed

towards the media, the interface

to public institutions, from science

speaking school system for quite

methods of organization, and

from Wikipedia, which is gaining

Thanks to the development of

knowledge is a public good. Rather

between research, in all of its

publishing to documentaries.

some time.

techniques.

ground – in the world of Ict – as a

information technology and the

than being part of what we know,

aspects, and society.

Books, internet, radio and televi-

Italian scientific excellence cannot

collaborative paradigm for the pro-

internet, a true “internet of

it will become an increasingly

In the past fifteen years, over 200

sion are all opportunities for sci-

prove

constant

— Ict stands for Information and

duction, formalization and actual

things” is burgeoning and is

effective part of how we are.

students have achieved a Master in

ence to present its values and

reflection on the cultural, social,

communications technology, a

creation of different types of ele-

increasingly

itself

without

communication”,

definition of knowledge itself.

of knowledge in its every form, is

A wiki is also a way of being.

based on the observation that

bringing

together

science communication at the

issues, in the context of the grow-

and ethical implications of science,

broad subject concerned with

ments of knowledge. Above and

objects, things and people. All of

Sissa, completing the first and

ing dialogue it is building with

and on the ways in which its con-

technology and other aspects of

beyond Wikipedia’s encyclopedic

which are indiscriminately consid-

most important program in the

modern society.

tents and results are expressed. For

managing and processing informa-

nature, what emerges from this

ered information. Because today,

country to be focused on the issues

Science and technology have

this purpose the Interdisciplinary

tion.

context is its value as a meta-cog-

everything can become “intelli-

of science communication and on

always raised questions, often the

laboratory for advanced studies

nitive vehicle and a process, or

gent” or “smart”: from shoes (for

the preparation of true mediators

spark of persistent debates, about

(Ilas) was founded in 1989, fol-

rather, processes that construct

example, the iPod Sport kit pro-

between science and the humani-

their inevitable influence on society

lowed by the spin-off Sissa Medial-

knowledge.

duced by Apple in collaboration

ties, who will be able to under-

and nature. However, the recipro-

ab, which brings together a num-

with Nike) and our homes (thanks

stand the critical relationship

cal merging of these different

ber of science communication pro-

to the potential for redefining

amongst the two. The public per-

worlds has become undeniable,

fessionals which have worked at

household consumption offered by

ception of science and of the scien

and awareness about the mecha

Sissa for years, with the objective

domotics), to cars (gps, bluetooth,


Oxygen è stampata su carta UPM Fine 120 gsm, certificarta EU Flower.

Il marchio EU Flower garantisce che l’intero ciclo di vita del prodotto ha un impatto ambientale limitato, a partire dalla scelta delle materie prime fino alla lavorazione, e dal dispendio energetico allo smaltimento dei rifiuti.

Per le riproduzioni grafiche e fotografiche appartenenti alla proprietà di terzi inserite in quest’opera, l’Editore è a disposizione degli aventi diritto, nonché per eventuali non volute omissioni e/o errori di attribuzione nei riferimenti bibliografici.

I testi sono composti in Arnhem © OurType, 2002. Tutti i diritti sono riservati. Frutiger © 1988 Adobe Systems Incorporated. Tutti i diritti sono riservati. Frutiger è un marchio registrato di Linotype AG e/o delle sue sussidiarie.


Testata registrata presso il Tribunale di Torino autorizzazione n. 76 del 16 luglio 2007

ISSN: 1972-1668


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