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Introduzione

Tutti i problemi dell’umanità nascono dall’incapacità dell’essere umano di sedersi tranquillo da solo in una stanza.

-BLAISE PASCAL

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Ora è il momento giusto

È così difficile.

Non ho tempo.

Non sono dell’umore giusto.

Non ho davvero bisogno della meditazione.

La farò, quando ne avrò bisogno e alle mie condizioni.

Non riesco a stare seduto a lungo.

Mi piace l’idea, ma mi manca la voglia.

Io mi rilasso dipingendo.

La mia mente è troppo indaffarata.

Questi sono alcuni dei pretesti più comuni che ero solito utilizzare per non impegnarmi in una pratica di meditazione regolare, quotidiana e non dinamica. Ti suonano familiari? Il mio primo passo nella meditazione risale a vent’anni fa,

ma credo di poter confessare che la stragrande maggioranza dei miei tentativi erano, nel migliore dei casi, mediocri e, nel peggiore dei casi, un esercizio futile - e, quando parlo di primi tentativi, mi riferisco ai primi anni in cui per me la meditazione era un diletto. Fui ispirato per la prima volta a provare la meditazione dai miei insegnanti durante le lezioni di yoga, i quali sostenevano che il solo scopo delle asana fosse quello di preparare il corpo alla meditazione da seduti. Anche nei numerosi libri di spiritualità che leggevo a quel tempo traspariva l’importanza della meditazione quale percorso ideale per sperimentare la pace interiore, o nirvana, un’esperienza interiore di una tale profondità da far dimenticare completamente ogni preoccupazione, dubbio e paura, immergendoti in una sensazione di totale unione. Chi potrebbe resistere ad una promessa del genere? Non ebbi più bisogno di convincermi ulteriormente che la meditazione era quello di cui avevo bisogno, tuttavia nutrivo ancora il timore di non essere in grado di portare la mia mente nello stato necessario per poter raggiungere tale esperienza. Vivevo a quel tempo a New York e proprio nei pressi del mio appartamento avevo scoperto un corso settimanale (era richiesta una donazione di cinque dollari) che si teneva nella torre campanaria della storica chiesa di Riverside. Martha, il facilitatore, esordì raccontandoci la storia del suo maestro di meditazione, uno snowboarder professionista e produttore musicale che aveva ricevuto l’illuminazione sulla cima di un monte innevato in Nepal dopo un miracoloso incontro con un monaco Buddista. Aveva insegnato meditazione e tecniche

di spiritualità per molti anni e aveva lasciato il corpo fisico verso i quarantanni (Martha rimase sempre sul vago riguardo le circostanze del suo decesso, ma successivamente ebbi modo di scoprire che si era suicidato), lasciando in eredità un intero archivio di musica New Age di sua produzione, che i suoi studenti avrebbero utilizzato per meditare. Martha ci chiese di sederci in modo corretto (con la schiena eretta, che non toccasse lo schienale della sedia), di chiudere gli occhi e concentrarci completamente su una delle tracce musicali composte dal suddetto insegnante di meditazione. Durante l’ascolto, ci stimolava ad ascoltare le sensazioni del nostro corpo e della mente, e contemporaneamente di immergerci nel suono e nelle vibrazioni della musica. Se la nostra mente si distraeva e cominciava a vagare, dovevamo cercare di lasciar andare quel pensiero e riportare l’attenzione al suono della musica New Age, che poteva somigliare ad un mix di smooth jazz e lirica. Questo non era decisamente quello che mi sarei aspettato. Nonostante ciò rimasi, cercando di restare aperto alla possibilità di riuscire ad avere l’esperienza meditativa del maestro. Magari il monaco mi sarebbe apparso durante la meditazione, pensavo tra me e me - in un tono tra il sarcastico e l’ottimistico. Alla fine dei soliti quattro minuti, io non provavo altro che frustrazione. Una volta terminata la musica, Martha ci chiedeva di riaprire gli occhi e condividere le esperienze. Una signora raccontò di aver sentito i suoni sottili celati nella canzone. Il ragazzo seduto accanto a me descrisse la dolce sensazione di formicolio avvertita alle mani e ai piedi.

IMPARARE A MEDITARE DA UN LIBRO?

Sebbene io sia insegnante di meditazione vedica, non è mia intenzione insegnarti questa tecnica in questo libro, poiché, a voler essere sinceri, la meditazione vedica non può essere insegnata in modo appropriato attraverso un libro. Come la meditazione trascendentale, quella vedica è una tecnica che può essere trasmessa solo in presenza, dato che l’intero processo formativo richiede una certa connessione con l’insegnante, il quale ti insegna di persona e ti supporta durante la pratica, andando ben al di là delle prime lezioni base. Per poter praticare la meditazione vedica devi essere ‘iniziato’ alla tradizione vedica spirituale, frequentando una cerimonia sacra chiamata puja, la quale viene officiata dal maestro in lingua sanscrita. Dopodiché, l’insegnante ti sussurra all’orecchio un mantra personalizzato, che dovrai utilizzare esclusivamente durante la tua sessione di meditazione vedica; per ottenere i risultati migliori, il mantra dovrebbe essere ascoltato in forma sussurrata e mai letto in un libro, né messo per iscritto dal praticante. Quello che apprenderai non sarà la tecnica utilizzata nella meditazione vedica, questo è vero, ma ti

assicuro che la meditazione E.A.S.Y., unita al “Suono stabilizzante” (un mantra di uso generico, che ti illustrerò nel capitolo 3), sarà più che sufficiente per aiutarti a comprendere il lavoro interiore richiesto dalla meditazione ed assisterti nei primi passi della tua pratica meditativa o migliorare la tua pratica già consolidata. Le informazioni contenute in questo libro probabilmente ti appariranno estremamente controintuitive - spesso ti sembreranno l’esatto opposto di quello che i tuoi precedenti istruttori ti hanno detto durante le lezioni di yoga, nei gruppi di meditazione o in altri luoghi comunemente adibiti alla pratica della meditazione. Ti consiglio, per questo motivo, di tenere la mente aperta e di essere disposto a testare tutto quello che ti proporrò, prima di trarre una conclusione, o di fare paragoni con quello che hai sperimentato in passato.

prima parte

COME MEDITARE DIVERTENDOSI La tecnica

METTITI COMODO 1

Per diversi anni ho abitato a Venezia, a circa dieci minuti di cammino dalla spiaggia, un luogo ideale per attività quali lo yoga, la meditazione e il surf. A differenza delle prime due, il surf non è mai stata la mia passione. Mi vergogno ad ammettere che ho provato a fare surf solo qualche rara volta. Il surf in passato appariva regolarmente nella mia lista di buoni propositi per l’anno nuovo - tuttavia non sono mai stato un fan di quelle attività che prevedono immersioni in acque gelide e tenebrose (per non parlare poi degli squali). Per di più, non mi sembra affatto uno sport facile per un principiante - penso che forse un insegnante con la pazienza di Giobbe potrebbe farcela con me. A parte le mie idee ostili verso questa disciplina, il surf è di fatto un’attività di tutto rispetto in questa parte del pianeta, in un certo senso una religione. Se io andassi dai miei vicini di casa a lamentarmi di come “il surf faccia schifo” (essenzialmente

perché non sono bravo nel praticarlo), nel giro di pochi secondi, credetemi, mi ritroverei con due nemici in più. Il numero di persone che semplicemente amano fare surf sono davvero troppe da contare - molte di loro addirittura considerano il surf la loro meditazione quotidiana - e non si arrendono mai nel cercare di convincermi ad unirmi a loro; ogni santa mattina in cui si immergono nel loro santuario di acqua salata ci provano. Purtroppo però non mi sono ancora deciso a investire tempo ed energie per imparare a praticarlo in modo corretto, quindi per me allo stato attuale delle cose, fare surf non risulta divertente. In fondo in fondo, so bene di essere testardo e ignorante. Tuttavia, porto rispetto anche nei confronti del fatto che il surf necessiti ben più di un qualche misero e fiacco tentativo. Non credo che fare surf sia solo presentarsi in spiaggia con indosso una bella muta e una tavola da surf. Qualsiasi esperto surfista ti direbbe che c’è molto di più nel surf. Se hai intenzione di imparare, sai che occorre sapere quanto deve essere lunga la tavola, in base alla tua altezza e livello di pratica? E che lo spessore della muta da indossare dipende dalla temperatura dell’acqua? E che bisogna entrare in acqua con la tavola in modo che le onde non la facciano rovesciare sbattendotela sulla testa, rischiando di farti davvero male? E che bisogna sapere come salire sulla tavola in modo corretto e pagaiare fino a superare il punto di rottura senza cadere in acqua prima ancora di cominciare? E come girare correttamente? E in quale punto della tavola devi sederti, in modo da essere pronto ad acchiappare un’onda? O come alzarti in piedi? E, da sapere

assolutamente, cosa fare se ti scappa la pipì mentre cavalchi le onde? (Spoiler: te la fai addosso. Forse è proprio questa la ragione per cui non mi sono ancora lanciato nel surf). Il punto è, se non sei a conoscenza di tutti questi dettagli e sottigliezze, fare surf finirà per diventare un’esperienza veramente infelice, e, come me, non ti darà mai quella carica che ci vuole affinché tu decida di trasformarlo in un rituale quotidiano. A molte persone succede la stessa cosa con la meditazione, poiché (come ho fatto io nei primi anni) si convincono che per meditare basta sedersi su un cuscino, chiudere gli occhi e ascoltare il proprio respiro. Voilà - sei entrato nella parte, ora puoi meditare. In altre parole, iniziano a meditare senza comprendere esattamente nel dettaglio i fondamenti della pratica. Quale posizione assumere per ottenere i risultati migliori? Quanto tempo rimanere seduti a meditare? Qual è il tempo minimo per una sessione? Qual è il tempo massimo? Come gestire una mente indaffarata? Cosa fare se ci si addormenta? Cosa fare se il cane ti salta in braccio o se suona il campanello? Cosa fare se scappa la pipì proprio mentre stai meditando? (Non preoccuparti, non dovrai fare come nel surf). Cosa significa se ti viene da piangere durante la meditazione, o se improvvisamente ti senti depresso, o cominci ad avvertire vampate di calore nel tuo corpo? Qual è il modo migliore per cronometrare la sessione? Come registrare i progressi? Come fare per accorgersi quando ci si sta sforzando eccessivamente? Come puoi ispirare altre persone ad unirti a te nella meditazione, senza ottenere l’effetto contrario e farle scappare il più lontano possibile?

AUTORE

LIGHT WATKINS pratica e insegna meditazione dalla seconda metà degli anni novanta. Oltre ad insegnare a decine di migliaia di persone – in sede sia privata che pubblica e online – si diverte a produrre materiale da utilizzare per la meditazione, collaborando, ad esempio, con mindbodygreen e Wanderlust. Light è anche fondatore dello Shine Movement, un famoso programma che tratta temi quali meditazione, musica, film, sceneggiature stimolanti e filantropia, presentando eventi da tutto il mondo. Attualmente Watkins è conferenziere e conduce ritiri e corsi internazionali di meditazione.

Blissmore.co lightwatkins.com theshinemovement.org Facebook.com/lightw1 Twitter: @LightWatkins Instagram: @lightwatkins

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