PARLARE AL CANCRO (Pier Mario Biava - Nader Butto - Franco Canestrari - Somchay Inthanov)

Page 1

costa

NADER BUTTO PIER MARIO BIAVA FRANCO CANESTRARI SOMCHAY INTHAVONG

“Come già si evince dall’intrigante titolo, gli autori sono riusciti ad interagire tra loro gettando le basi razionali per un modello di patologia cronica. Lo stile discorsivo semplice e diretto rende più comprensibile al lettore la logica di base della medicina integrata ed il ruolo fondamentale delle informazioni in un sistema biologico...”

NADER BUTTO A PIER MARIO BIAVA FRANCO CANESTRARI A SOMCHAY INTHAVONG “Nuovi scenari si aprono nell’ambito della meta-biologia, dove tutte le acquisizioni scientifiche più recenti convergono sinergicamente nella medicina integrata suscettibile di straordinari sviluppi di ricerca.” A Prof. Alessandro Meluzzi Psichiatra

“Questo interessante volume dal titolo significativo è una fonte di informazioni straordinarie in merito alla ‘comunicazione’ tra le cellule e come utilizzarle per ritrovare la giusta armonia. Ve lo consiglio vivamente.”

Parlare al

“Un nuovo paradigma basato sulla nozione di sistema informativo coerente, una rivoluzione epistemiologica volta al ripristino della comunicazione.” A Prof. Giuseppe O. Longo Professore Emerito di Teorie dell’Informazione, Università di Trieste

Parlare al

A Prof. Dott. Claudio Viacava Biologo, Nutrizionista, Naturopata, Psicologo, Psicoterapeuta

CANCRO

A Dr. Gino Santini Direttore Scientifico ISMO, Istituto di Studi di Medicina Omeopatica

CANCRO LA RICERCA DEL DIALOGO PER RIPROGRAMMARE LE CELLULE

€ 26,00

www.eifis.it ISBN 978-88-7517-144-5

ART DIRECTOR: DAVIDE CORTESI PROGETTO GRAFICO: GOLDEN.BRAND COMMUNICATION

9 788875 171445

EIFIS Editore



collana

BIOS



NADER BUTTO A PIER MARIO BIAVA FRANCO CANESTRARI A SOMCHAY INTHAVONG

Parlare al

CANCRO LA RICERCA DEL DIALOGO PER RIPROGRAMMARE LE CELLULE


© Copyright 2017 EIFIS EDITORE srl Parlare al Cancro - Nader Butto, Pier Mario Biava, Franco Canestrari, Somchay Inthavong I Edizione Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in nessuna forma senza il permesso scritto dell’Editore. Testi: Nader Butto, Pier Mario Biava, Franco Canestrari, Somchay Inthavong Immagini: Claudio Cerioni Editing: Paola Lorenzi Art Director: Davide Cortesi Impaginazione: Golden.Brand Communication Stampa: Elcograf S.p.a. ISBN 978 88 7517 144 5 © 2017 Settembre – EIFIS EDITORE srl Viale Malva Nord, 28 48015 Cervia (RA) - Italia www.eifis.it info@eifis.it L’Editore non si assume alcuna responsabilità per l’utilizzo delle informazioni contenute in questo libro. Prima di intraprendere una qualsiasi terapia farmacologica o meno, è consigliabile rivolgersi al vostro medico curante o ad uno specialista qualificato che potrà formulare una diagnosi ed una terapia. Le informazioni contenute in questo libro sono tratte da studi condotti dagli autori in autonomia rispetto all'Editore. FSC® è un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro creata per la promozione di una gestione responsabile delle foreste del mondo. I prodotti con il marchio FSC® sono certificati in modo indipendente per garantire ai consumatori che essi provengono da foreste gestite in modo tale da soddisfare le esigenze sociali, economiche ed ambientali delle generazioni presenti e future, e da altre fonti controllate - www.fsc.org


Indice Prefazione...........................................................................11 Introduzione.......................................................................33 I limiti del riduzionismo scientifico.....................................39 Perché dobbiamo cambiare paradigma................................43 Dove abbiamo deviato?.......................................................47 La nostra proposta...............................................................51 Dal riduzionismo alla complessità.......................................57 Scienza e tradizione.............................................................61 Dal visibile all’invisibile, tutto è vibrazione.........................69 La nuova lettura dell’uomo e della vita................................79 Informazione e disinformazione, salute e malattia...............89 Visione integrativa della salute e della malattia Il Senso e l’origine della vita................................................95 Dal microcosmo al macrocosmo.........................................99 L’ecosistema intestinale tra comunicazione e informazione..................................................................117 Medicina basata su una teoria Universale Unificante.........123 La teoria Universale Unificante e sette leggi Universali......127 La terza legge, la trinità universale.....................................133 La legge della bipolarità.....................................................137 Le Quattro fasi della vita...................................................141


La legge del modello energetico universale........................149 Codificare l’informazione Il Codice Universale e la coscienza....................................155 Una visione olistica...........................................................161 La malattia come patologia dell’informazione...................167 Malattie croniche e cancro................................................173 Nuove definizioni di salute e malattia................................179 L’informazione come regolatore delle interazioni chimiche.................................................185 La comunicazione nel vivente e la differenzazione cellulare..............................................193 Lo Stress come causa primaria di cambiamento d’informazione........................................203 Lo Stress e le Quattro fasi della vita...................................209 Energia vitale e stato immateriale......................................217 La potenza del campo magnetico come segnale della vitalità.................................................223 Trasformazioni dell’energia negli organismi viventi...........227 L’ipossia come concausa o condizione principale dello sviluppo del cancro? Fisiopatologia dell’ipossia..................................................247 Il metabolismo della cellula tumorale e l’effetto Warburg............................................................257 L’epidemia del cancro........................................................265

6 • PARLARE AL CANCRO


Lo sviluppo del cancro Oncogeni e oncosoppressori..............................................273 La causa del cancro in medicina Integrativa Unificante........................................283 Il cancro non è altro che una agglomerazione di cellule deboli...........................289 La diagnosi. Medicina integrativa Unificante....................295 La terapia. Riprogrammazione metabolica: dal DCA ai modulatori fisiologici.....................................301 La soluzione omeopatica...................................................311 L'individualizzazione in omeopatia...................................319 La terapia emozionale per ripristinare la risonanza...............................................347 Conclusioni L’ultima immagine............................................................357 Manifesto de “La Nuova Medicina”: la logica della vita..............................................................361 Il nuovo paradigma di Medicina Integrativa Unificante....................................365 Ringraziamenti..................................................................373 Curriculum autori.............................................................375

INDICE • 7



Gli autori ringraziano Gianita Bucchieri, da sempre impegnata nella ricerca e organizzazione di eventi allo scopo di crare il benessere pscicofico e l'armonia con l'ambiente, per aver creduto nella possibilità di riunire “intorno ad un tavolo” quattro esperti scientifici nel settore della medicina e della ricerca che, seppur con competenze diverse, potessero trasmettere tutti insieme il messaggio che un nuovo paradigma della Medicina è ormai già in atto.



PREFAZIONE GIUSEPPE O. LONGO

TECNOLOGIA, INFORMAZIONE, POST-UMANO “Il tempo che ho dedicato alla fisica durante la mia vita mi appare diviso in tre periodi. Nel primo, che va dagli inizi della mia carriera fino ai primi anni Cinquanta, ero tutto preso dall’idea secondo cui “Tutto è particelle”. Tentavo di costruire tutte le entità di base - neutroni, protoni, mesoni, e così via - a partire dalle particelle più fondamentali e leggere: elettroni e fotoni. Il secondo periodo si potrebbe chiamare “Tutto è campi”. Dal momento in cui m’innamorai della gravità e della relatività generale, nel 1952, fino alla mia tarda carriera perseguii la visione di un mondo fatto di campi, in cui quelle che si presentavano come particelle erano in realtà manifestazioni di campi elettrici, magnetici e gravitazionali. Ora sono tutto preso da una nuova visione: “Tutto è informazione”. Più rifletto sul mistero dei quanti e sulla nostra singolare capacità di comprendere il mondo in cui viviamo, più mi persuado che la logica e l’informazione possono avere un ruolo basilare nelle fondamenta della teoria fisica.” -john archibald wheeler


IL PRINCIPIO PRIMO Alle origini della filosofia occidentale i più acuti osservatori della natura avvertirono il bisogno di individuare un elemento unificante della realtà, un principio primo (arché) soggiacente alla vertiginosa molteplicità dei fenomeni e delle forme. Il primo a dare una risposta a questa esigenza fu Talete di Mileto (circa 640-547 a.C.) che indicò l’arché nell’acqua. Altri filosofi indicarono il principio primo nell’aria, nel fuoco, negli atomi, cioè in entità materiali, mentre altri pensatori ancora individuarono un’arché più astratta, come il numero (Pitagora) o l’essere (Parmenide). L’idea di un principio astratto fu ripresa parecchi secoli più tardi da Galileo (1564-1642), il quale nel Saggiatore affermò: “La filosofia naturale è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi, io dico l’universo, ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua e conoscer i caratteri nei quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto.” Il florido dispiegamento delle forme e degli enti in natura sembra opporsi al rasoio di Occam, quell’affilato strumento da barbitonsore introdotto dal monaco francescano Guglielmo d’Occam (1285-1347) per sopprimere tutto ciò che è superfluo e ridondante in base al principio entità non devono essere moltiplicati oltre il necessario. Ma, chiediamoci, che significa oltre il necessario? Necessario per chi o che cosa? Per l’economia delle spiegazioni? Ma questa è un’esigenza dettata forse dall’eleganza logica o dalle nostre inclinazioni psicologiche, e non è detto che corrisponda a nulla di concreto in natura: il tentativo di adagiare il mondo sul letto di Procuste 12 • PARLARE AL CANCRO


della nostra logica potrebbe procurare ferite sanguinose alla realtà, o piuttosto sconfitte clamorose alla nostra logica. Forse tutto dipende dal livello di osservazione: può darsi che a livello delle particelle elementari valga una sorta di rasoio di Occam, ma se ci si pone al livello del rigoglio fenomenico esso certo non vale. A quale livello intermedio il rasoio cessa la sua devastante opera di potatura? Secondo Leibniz (1646-1716) “Dio ha scelto il mondo più perfetto, cioè quello che è ad un tempo il più semplice quanto ad ipotesi e il più ricco di fenomeni” e nel cammino che va dalla semplicità delle ipotesi alla ricchezza dei fenomeni il rasoio perde via via il suo filo. Per inciso, questa visione leibniziana del migliore dei mondi possibili ricorda la struttura generale della matematica: una teoria matematica è interessante se allo stesso tempo è semplice quanto ad assiomi e ricca quanto a teoremi. Se la complessità degli assiomi è paragonabile a quella dei teoremi, allora è una teoria poco o punto interessante. Ecco allora che è bene applicare il rasoio di Occam al sistema degli assiomi, ma non lo si deve affatto applicare alla rigogliosa famiglia dei teoremi. Parallelamente lo si potrebbe applicare ai costituenti elementari di base della realtà, ma non al suo florido dispiegamento fenomenico. Altrimenti la realtà sarebbe tanto impoverita da non essere più ricca dei suoi fondamenti: le due descrizioni coinciderebbero. Anche per la filosofia digitale, che assume l’informazione come arché, il rigoglio della natura deriva da un numero esiguo di algoritmi elementari soggiacenti. GREGORY BATESON E L’INFORMAZIONE Ho nominato l’informazione. Nel Novecento si manifestò un fervore crescente nell’ambito dell’ingegneria delle comunicazioni e dell’elaborazione dei dati, e furono le tecnologie dei computer e della trasmissione dei segnali a imprimere l’impulso decisivo alle considerazioni teoriche sulla natura dell’informazione, la quale cominciò ad assumere PREFAZIONE • 13


una posizione sempre più importante, tanto che nel 1948 si giunse, per opera di Claude Shannon, alla formulazione della teoria matematica dell’informazione. Ma il ricercatore che più investigò la natura profonda dell’informazione fu Gregory Bateson (1904-1980). Bateson parte dalla constatazione che accanto al mondo fisico, il mondo delle forze, delle masse e degli urti, esiste il mondo dell'informazione, della forma, dell’organizzazione, della struttura e del significato, un mondo retto da leggi diverse da quelle fisiche e talora sorprendenti. In questo mondo hanno cittadinanza concetti, come quello di ordine e di bellezza, che a lungo non sono stati presi in considerazione dai fisici, forse perché non si prestavano a una formulazione quantitativa. A Bateson si deve in particolare il riconoscimento del carattere contestuale e relativo, o meglio relazionale, dell'informazione. Egli, sulla scorta di Gustav Jung, propose di chiamare Pleroma il mondo della materia e delle forze e Creatura il mondo dell'informazione e della struttura. Nel Pleroma regna l'opacità pesante e indifferenziata della materia, mentre nella Creatura l'attività organizzatrice dell'uomo identifica e distingue le cose, assegna i nomi e introduce leggi e distinzioni. Nella Creatura ogni cosa può rappresentare ogni altra cosa e divenire perciò un simbolo, aprendo le prospettive amplissime del significato e dei codici, e consentendo ogni sorta di gioco linguistico, in un intreccio complicato di sintassi e semantica, di messaggi e metamessaggi. Il significato di una cosa non le è intrinseco, ma le è conferito dall'attività simbolica degli esseri viventi, in particolare dell'uomo. In questo senso si può dire che il linguaggio “crea” il mondo. Nella Creatura, dominio dell'informazione, non vi sono leggi di conservazione: se il numero dei partecipanti alla comunicazione aumenta, l’informazione, anziché dividersi, si moltiplica. L’assenza d'informazione può essere informazione: una risposta non data può scatenare una reazione anche violenta perché zero è diverso da uno e quindi zero può essere 14 • PARLARE AL CANCRO


una causa. Si noti che anche l’identità è una differenza, poiché l’identità è diversa dalla diversità. Ciò che conta nella Creatura sono dunque le differenze. L'informazione sta nelle differenze e l'unità d'informazione può essere definita come “la più piccola differenza capace di causare una differenza”. I canali di comunicazione sono quindi supporti che trasferiscono nel tempo o nello spazio le differenze, opportunamente trasformate e codificate. Il fenomeno tipicamente creaturale di una reazione a un’assenza di azione si spiega se si considera che la Creatura è il mondo degli organismi biologici, in particolare dell’uomo: il metabolismo consente agli esseri viventi di accumulare energia e questa energia può essere rilasciata, anche in assenza di stimolo esterno, dopo un tempo determinato oppure quando supera una certa soglia. Di solito l’azione così intrapresa dipende da un contesto che abbraccia, oltre agli organismi interessati e all’eventuale stimolo, molte altre componenti. La stessa quantità di energia sonora modulata associata a una data parola può causare reazioni assai diverse in soggetti diversi: una risposta amichevole, un’occhiata stupita, un’incomprensione assoluta oppure uno scatto d’ira, a seconda della storia precedente, prossima e remota, dell’ascoltatore, della sua relazione col parlante, del suo stato d’animo, della lingua cui appartiene la parola e così via. Se diamo un calcio a un sasso, esso compie una parabola secondo le leggi della meccanica, e non può comportarsi in modo diverso, ma se diamo un calcio a un cane, esso può attaccarci sfruttando non l’energia del calcio, bensì l’energia “collaterale” accumulata grazie al suo metabolismo. Oppure può fuggire: il suo comportamento non è determinato dal calcio; il cane ha una certa libertà di scelta, che invece il sasso non possiede. Per il calcio anche il cane può compiere una parabola, ma questo aspetto del suo comportamento non è interessante se non in casi molto particolari. Nella rilevanza del parametro “interesse” si manifesta il fondamentale relativismo dell’informazione rispetto all’osservatore: come PREFAZIONE • 15


ho detto, la “stessa” sorgente d'informazione appare in genere diversa a osservatori diversi, poiché ciascuno si ritaglia una propria “sottosorgente”. Al limite accade che sia l’insorgere dell’interesse a “creare” a un certo momento una sorgente che magari prima non era neppure percepita come tale. L’informazione non può esistere senza un supporto materiale, dal quale non si può astrarre se non con un’operazione concettuale. Ma allo stesso tempo l’informazione non è riducibile al suo supporto: questa fondamentale irriducibilità è rivelata, tra l’altro, dalla possibilità di codificare l'informazione, cioè di trasferirla da un supporto a un altro. In questo trasferimento l’informazione si mantiene (quasi) integra. L’informazione sta nella relazione tra un supporto modulato, portatore di differenze, e un osservatore capace di rilevare le modulazioni, cioè le differenze. Le differenze rilevate sono poi interpretate alla luce dell’esperienza passata dell’osservatore e infine impiegate per gli scopi dell’osservatore. L’INFORMAZIONE È OVUNQUE Ma non esiste solo l’informazione della Creatura, rilevata, interpretata e sfruttata dall’uomo e in genere dagli organismi viventi: ovunque nella realtà esistono differenze, tra qui e là, tra prima e dopo, e queste differenze si propagano, generando altre differenze. Così i complicati meccanismi della trasmissione genetica trasformano l’informazione contenuta nella doppia elica nell’informazione contenuta in proteine, organi e organismi con l’intervento determinante di altre informazioni contenute nell’ambiente. Dunque l’informazione è alla base della vita, ma prima ancora la si ritrova a livello astronomico. Così scrive Seth Lloyd: “Prima del Big Bang? Nulla. Non esisteva né il tempo né lo spazio. Nessuna energia, nessun bit (l’unità elementare d’informazione). L’informazione dell’Universo neonato era pari a zero bit, perché 16 • PARLARE AL CANCRO


non esistevano alternative possibili a quell’unico stato. Un miliardesimo di secondo dopo il Big Bang, l’Universo ne conteneva già 10 elevato alla 50, tanti bit quanti sono gli atomi che costituiscono la Terra: il Big Bang è stato anche un Bit Bang.” A livello fisico, John A. Wheeler ha coniato l’espressione it from bit, cioè la materia (discende) dall’informazione, capovolgendo la visione tradizionale che assegna la primazia alla materia. Ormai si parla di Universo informato e si adotta una visione in cui la descrizione fisica privilegia non gli oggetti bensì le relazioni tra gli oggetti, cioè un concetto eminentemente informazionale. È poi evidente che l’informazione si ritrova a livello chimico, biologico, cerebrale, linguistico, sociale, culturale... in un intreccio complesso e sorprendente. Insomma: le differenze sono ovunque, nel mondo fisico e nel mondo dell’uomo, e quindi l’informazione è ovunque. Di qui a ritenere che il principio primo della realtà sia proprio l’informazione il passo è breve e in effetti i sostenitori della cosiddetta filosofia digitale affermano che tutto, ma proprio tutto, ha natura informazionale: l’universo è un grande computer che ad ogni istante calcola senza ritardi e con precisione assoluta il proprio stato successivo. Ogni sottosistema dell’universo è a sua volta un dispositivo calcolante. Si può essere d’accordo oppure no con questa visione, resta il fatto che si tratta di un quadro che ci riporta indietro alla filosofia presocratica, improntata alla ricerca dell’arché. Del resto anche oggi i fisici sono alla ricerca del principio primo e lo dimostrano i loro sforzi per formulare la “Teoria del tutto” e per giungere alla “Grande unificazione” delle forze naturali. È proprio questo sforzo che ha condotto molti fisici, per tradizione sostenitori della primazia della materia e dell’energia, ad accostarsi alla visione informazionale (si veda la citazione di Wheeler in esergo). Bisogna tuttavia ricordare che per manifestarsi e propagarsi le informazioni PREFAZIONE • 17


(cioè le differenze) devono potersi incorporare in un supporto materiale o energetico. Quindi il principio primo potrebbe consistere in una triade: materia, energia, informazione, i cui elementi sono legati tra loro da nodi indissolubili. HOMO TECHNOLOGICUS E POST-UMANO La tecnologia concorre da sempre a foggiare l’essenza dell'uomo. Il suo sviluppo ha accompagnato lo sviluppo di “Homo sapiens”, l’ha causato e ne è stato causato, grazie a un processo di coevoluzione dinamica. L’evoluzione biologica e l’evoluzione culturale si sono strettamente intrecciate in un'evoluzione “bioculturale”, in particolare "biotecnologica", al cui centro sta Homo technologicus, un’unità evolutiva ibrida biologico-artificiale, un simbionte in via di continua trasformazione. In questa prospettiva, Homo sapiens è sempre stato il simbionte Homo technologicus. Homo technologicus non è semplicemente “Homo sapiens più tecnologia”, bensì “Homo sapiens trasformato dalla tecnologia” nelle sue caratteristiche e nelle sue potenzialità. L’esistenza e la perpetua trasformazione di questa creatura ibrida, in passato poco visibili, tanto da autorizzare, in molte filosofie e in molte religioni, una visione fissista della natura umana, oggi, per il continuo potenziamento della tecnologia, sono sempre più evidenti. Ci si rende ormai conto che da sempre il corpo umano è stato ampliato da strumenti, protesi e apparati che ne hanno esteso e moltiplicato le possibilità d'interazione col mondo, in senso sia conoscitivo sia operativo. L’avvento di Homo technologicus è da molti ormai associato o addirittura identificato con la comparsa del post-umano, di cui ora diremo. Nel processo di ibridazione tra uomo e tecnologia si possono distinguere diversi casi. Il primo contempla l’uso di strumenti esterni al corpo (computer, cellulari, ma anche occhiali e stampelle). Nel secondo caso gli strumenti 18 • PARLARE AL CANCRO


entrano nel corpo, affiancandosi o sostituendosi agli organi per rimediare a difetti o menomazioni (arti protetici, stimolatori cardiaci). Il terzo caso corrisponde a un innesto di dispositivi che rimediano a patologie del sistema nervoso centrale, senza tuttavia che la personalità del soggetto venga alterata (dispositivi per l’attenuazione dei sintomi del morbo di Parkinson). L’ultimo caso riguarda il potenziamento delle capacità cognitive mediante un’interazione tra il cervello e i dispositivi informatici (interfacce cervello-computer), e ciò può interferire con la coscienza e la personalità, rendendo anche problematica la collocazione dell’io. Se in tutti e quattro i casi si può parlare di Homo technologicus, è solo nel terzo e soprattutto nel quarto che si può parlare a pieno diritto di post-umano. Innestandosi nell’uomo, ogni nuovo apparato dà luogo a un’unità evolutiva (un simbionte) di nuovo tipo, che manifesta potenzialità umane - percettive, cognitive e attive - inedite e a volte del tutto impreviste, e di questa coevoluzione ibridativa non è possibile indicare i limiti. Le tecnologie che preparano l’avvento del postumano - dalla genomica alla robotica, dall’informatica alle nanotecnologie - si tingono di una forte coloritura emotiva derivante soprattutto dalla possibilità che l’uomo prenda in mano le redini della propria evoluzione. Come tutti i progressi tecnici, anche questo suscita entusiasmo o all’opposto viva preoccupazione: la tecnologia non è neutra, ma stimola sentimenti ed emozioni profonde e contrastanti. Se è sempre pronto a superarsi, l’uomo nutre anche l’oscuro timore che la sua audacia sia punita. La punizione non verrebbe, come in passato, da entità superiori o trascendenti, ma dall’incapacità dell’uomo di anticipare le conseguenze prossime e lontane delle sue azioni. La nostra capacità di fare ha superato di gran lunga la nostra capacità di prevedere: quindi le conseguenze dei nostri interventi potrebbero essere (e spesso sono) diverse o addirittura opposte alle attese. La ragione di questa divergenza, che è stata chiamata eterogenesi dei fini, sta nella PREFAZIONE • 19


incommensurabile complessità del reale, che ci illudiamo di sfidare e sfatare. Queste limitazioni di fatto hanno sostituito le antiche barriere, le colonne d’Ercole poste dalle divinità “acciò che l’uom più oltre non si metta”, come dice Dante a proposito di Ulisse. Oggi lo scienziato e il tecnico ignorano i divieti etici, filosofici e religiosi e considerano i limiti di fatto come ostacoli provvisori da superare. La hybris dell’uomo non ha più barriere, tanto più che, grazie allo sviluppo tecnologico, la conoscenza è diventata azione e ogni conquista teorica trapassa immediatamente in manipolazione pratica. La prospettiva del post-umano coinvolge e stravolge molti dei concetti che la tradizione ci ha consegnato. Sul piano teorico sfumano alcune distinzioni consolidate, in primo luogo quella tra naturale e artificiale, e viene messa in discussione la cosiddetta sacralità della natura. Ormai l’uomo, armato delle sue tecnologie, cessa di riprodursi secondo i meccanismi della lotteria cromosomica e comincia a prodursi in base a precise specifiche progettuali, che comprendono anche la scelta del momento in cui attuare la nascita dei figli e la scelta delle loro caratteristiche psicofisiche. Si tratta di un’ambizione che sconfina nella temerità e che coinvolge una grande responsabilità nei confronti della progenie. Mentre in passato le modifiche causate nell’uomo dalla tecnologia erano ampiamente imprevedibili e tutto sommato quasi impercettibili, oggi la potenza della tecnica le rende visibili e, inoltre, consente all’uomo di introdurre modificazioni mirate e deliberate, che sembrano consentirgli di governare la propria evoluzione. A ben vedere, tuttavia, l’uomo è sempre stato post-umano, nel senso che si è sempre trasceso, modificato, ampliato e potenziato ibridandosi con cibi, animali, batteri, piante, farmaci; quindi i post-umanisti potrebbero ribattere agli obiettori: quando, esattamente, l’umano cede o cederebbe il passo al post-umano? Insomma, il transito verso il post-umano non è forse sempre esistito nella nostra storia, graduale e progressivo (anche se sempre 20 • PARLARE AL CANCRO


più veloce) piuttosto che brusco? Siamo sicuri che esista un momento in cui (o una tecnologia per cui) si può o si potrebbe dire: qui cessa l’umano e comincia il post-umano? Questo punto di vista da una parte renderebbe meno traumatico il concetto di post-umano, inserendolo in uno sviluppo evolutivo continuo e naturale (o natural-culturale), ma dall’altra conferirebbe all’uomo, di qui in avanti, la piena responsabilità della propria evoluzione, mettendo così in luce una discontinuità, questa sì radicale: se è vero che l’uomo è sempre stato post-umano, è anche vero che oggi per la prima volta nella storia se ne rende conto, grazie alla potenza acquisita dalla tecnica. Tale nuova consapevolezza pone in tutta la sua drammaticità il problema etico. Se è vero che la tecnoscienza non si pone limiti, alcuni chiedono al tecnoscienziato di porseli: non tutto ciò che si può fare si dovrebbe fare. I post-umanisti più radicali non hanno troppi dubbi e adottano il punto di vista della continuità tra natura e tecnologia, anzi ritengono che la tecnologia sia ormai la vera natura dell’uomo. Questo era anche il punto di vista di Pierre Teilhard de Chardin, che già settant’anni fa aveva affrontato, con mirabile preveggenza, temi e problemi di questo tipo e aveva affermato perentoriamente che “il fine della Natura è la fine della Natura”. Altri ricercatori, più cauti e preoccupati, credono ancora in una sorta di sacralità e intangibilità della natura e nell’esistenza di tratti umani essenziali, scomparsi o alterati i quali l’umanità non esisterebbe più o sarebbe altra cosa. In entrambi i loro aspetti, terapeutico e migliorativo, le tecnologie che stanno alla base delle versioni presenti e prossime del post-umano, si collegano al desiderio di longevità e di sanità e potenza fisica e mentale. Questo desiderio sfocia nel miraggio insostenibile dell’immortalità: vorremmo che la pienezza della vita durasse per sempre, avviandoci - giovani, belli, vigorosi - sulle strade dell’esistenza senza fine. Ma apparteniamo al regno della biologia, dove l’immortalità non PREFAZIONE • 21


ha cittadinanza: essa resta un miraggio, che vive soltanto nei miti e nei sogni. O negli incubi. Tuttavia, molti ricercatori del post-umano teorizzano una durata illimitata della vita ottenuta con gli espedienti più vari: ibridazione con le macchine, costruzione di corpi artificiali e rinnovabili, riversamento della mente in supporti inalterabili, traduzione della personalità dell’uomo in programmi da computer, con la possibilità di potenziarli e aggiornarli continuamente e di farne più copie. Ciò naturalmente corrisponderebbe a una graduale trasformazione dell’uomo in una creatura artificiale, una macchina o robot. Nella prospettiva post-umanista è in prima linea il potenziamento dell’intelligenza e la conseguente possibilità di rispondere alle domande fondamentali della scienza (ancora una preminenza degli aspetti informazionali). Alla base di ciò sta un principio in apparenza semplice: la conoscenza è un bene, l’ignoranza è un male. È sulla base di questo principio che gli scienziati continuano a cercare risposte agli assillanti interrogativi concernenti il cosmo e l’uomo. Molto meno solleciti sono i post-umanisti dei problemi etici e sociali sollevati dall’avvento del simbionte biotecnologico segnato dal potenziamento fisico e mentale. Tra questi problemi, in primo luogo si colloca l’incipiente divisione dell’umanità in due categorie, quella a bassa tecnologia e quella ad alta tecnologia, con la prospettiva realistica che la prima sia schiavizzata dalla seconda in una società che accetterebbe senza esitazioni le pratiche eugenetiche. È forse intorno al concetto sfuggente ma ineludibile di felicità che si misura la portata rivoluzionaria del post-umano tecnologico più spinto. Un tempo si perseguiva la felicità cercando di condurre una vita buona e virtuosa e accettando i limiti dell’umano, in primo luogo la finitezza della vita terrena, e rinviando l’immortalità e la stessa felicità alla vita ultraterrena. Nella prospettiva post-umana, la felicità si perseguirebbe tramite la realizzazione completa di ciascun individuo, cioè 22 • PARLARE AL CANCRO


tramite il superamento di tutte le limitazioni, la sconfitta di tutte le patologie e, alla fine, della morte stessa. Questo percorso condurrebbe l’uomo alla vita e alla felicità perfette, prolungando così l’opera della natura o, in chiave religiosa, consentendogli di collaborare fattivamente al compimento della creazione: la Creatura aiuterebbe il Creatore, anzi ne prenderebbe il posto. LA COMPLESSITÀ E L’UTOPIA DELLA VITA ESATTA La scoperta della natura sistemica e relazionale dell’informazione, messa in luce nelle pagine precedenti, ha contribuito al passaggio da un’impostazione riduzionistica e meccanicistica della scienza a una visione olistica e integrata, in cui sono interconnessi i profili biologico, psicologico, spirituale e sociale. A questo passaggio ha contribuito potentemente il riconoscimento della complessità del corpo umano e dell’ambiente in cui si trova immerso: questa complessità pone una sfida formidabile ai metodi tradizionali della ricerca e delle sue applicazioni. Non si tratta di disconoscere le conquiste straordinarie della scienza tradizionale, in particolare della medicina, ma di andare al di là dei limiti che inevitabilmente essa riscontra. Questi limiti nascono da un’estrapolazione indebita del metodo scientifico, che dalla fisica si è voluto estendere a tutto il reale, compreso il regno per eccellenza della complessità e della differenza, la biologia. E si è voluto estendere il metodo scientifico alla vita nel suo complesso, compresi i sentimenti, la bellezza, la gratuità, il dono. È una sorta di utopia della vita esatta, che riprende aspirazioni secolari, dettate più da esigenze psicologiche di rassicurazione e di controllo che da argomentazioni rigorose. Di fronte all’incertezza siamo preda del panico epistemologico. Molti sono gli autori che in tempi recenti si sono opposti alla conquista progressiva del reale tutto da parte della matematica, della geometria e della logica: correggendo quanto PREFAZIONE • 23


affermava Galileo sull’alfabeto in cui è scritto il grande libro della Natura, cioè la matematica, si deve ormai riconoscere che questo alfabeto è molto più articolato, differenziato e impreciso. Se è vero che è il procedimento di misura a fornire l’idea che tutto sia misurabile e che il mondo della precisione stia sostituendo via via il mondo del pressapoco, è ora di riconoscere che non tutto è misurabile e che ci si avvia al tramonto dell’onniscienza. Nel 1960 il fisico Eugene Wigner scrisse un articolo dal titolo emblematico: L’irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali, in cui si chiedeva come mai la matematica, scaturita dalla nostra mente, possa descrivere tanto bene i fenomeni fisici, che non sono certo opera nostra. Ma di quale matematica e di quali fenomeni stiamo parlando? Per riscontrare l’efficacia di cui parla Wigner si deve operare una duplice approssimazione, nella matematica e nei fenomeni, mentre se si spinge la precisione oltre un certo limite l’efficacia svanisce. E resta l’utopia che tanto piaceva a Musil: il matematico come uomo del futuro e la matematica come igiene mentale utile all’individuo e alla società. In effetti, come osserva Koyré, non si possono isolare i fenomeni e non si può fare della fisica astratta alla Galileo, così come non è lecito assimilare i cristalli rinvenuti nelle miniere ai solidi platonici: si tratta sempre di volonterose approssimazioni, estrapolazioni, interpolazioni. Ma se questa è la forza della scienza è anche la sua debolezza. PARLARE AL CANCRO Come nella fisica teorica i concetti relazionali, dunque informazionali, di interazione, di rete, di campo hanno sostituito quello di particella, così anche in medicina i concetti relazionali, comunicativi e distributivi legati all’informazione stanno sostituendo i concetti riduzionistici tradizionali. E di questa transizione è testimone e corifeo il libro Parlare al cancro di Nader Butto, Pier Mario Biava, 24 • PARLARE AL CANCRO


Franco Canestrari e Somchay Inthavong, il cui sottotitolo, La ricerca del dialogo per riprogrammare le cellule, è di marca prettamente comunicativa e informazionale. L’informazione, per la sua natura pervasiva e ubiquitaria, costituisce un ponte che può ricomporre la frattura tra le cosiddette due culture, che non è affatto un luogo comune, bensì una drammatica realtà che rischia di restituirci un essere umano dimezzato, tutto proteso a travalicare ogni limite e a sviluppare una sorta di delirio di onnipotenza. Inebriato dalla prospettiva di sostituirsi alla Natura, di riprogettare il mondo e se stesso correggendone le manchevolezze e i difetti, l’uomo rischia di pagare un prezzo altissimo. Nella tradizione occidentale la scienza è considerata un’impresa collettiva tesa a fornire descrizioni sempre più complete, precise e univoche di una soggiacente “realtà,” riducendo via via l’ambiguità e la sfocatezza delle immagini non scientifiche, o prescientifiche, del mondo. In questo senso, come la filosofia avrebbe eliminato le ingenuità del mito e come la secolarizzazione avrebbe soppiantato la religione, così la nostra scienza adulta, scaltrita e disincantata avrebbe precisato, misurato e calcolato (o confutato) quanto una metafisica infantile, inquinata da affetti e da poesia e talvolta bizzarra, aveva confusamente intuito, percepito e favoleggiato. Oltre che fornirci un’immagine del mondo priva di ambiguità, l’impresa scientifica dovrebbe anche consentire previsioni esatte, permettendo il controllo dei fenomeni e la costruzione del futuro più desiderabile. La tradizione scientifica ha così legittimato una delle aspirazioni (o illusioni!) più tipiche e ossessive dell'Occidente: quella verso la razionalità perfetta e il dominio totale della natura, oggetto da asservire ai nostri fini. E, a proposito delle nefaste conseguenze di questa volontà di asservimento, si rifletta su certe pratiche troppo disinvolte e improntate al profitto nel settore degli organismi geneticamente modificati. L’illusione della conoscenza perfetta e del conseguente controllo perfetto è molto pericolosa. PREFAZIONE • 25


Si tratta in primo luogo di compiere una rivoluzione epistemologica. Come scrive Pier Mario Biava, “Bisogna tornare indietro ai filosofi presocratici per ritrovare l’agognata ricerca di verità fondamentali per il pensiero umano rivolto alla natura ed all’individuazione di un principio primo (arché) che la in-forma. Solo così, con un approccio trans-disciplinare ed integrato nello studio della natura, sarà possibile comprendere molti aspetti che ora ci sfuggono ed avere una visione di insieme che possa preservarci il più possibile dal commettere errori irrimediabili. Solo così noi potremo capire che i sistemi biologici complessi sono anzitutto dei sistemi informativi coerenti, che mantengono il loro equilibrio dinamico solo quando il flusso informativo di materia ed energia rispetta questa coerenza.” Questo libro presenta un paradigma basato sulla nozione di sistema informativo coerente: se il flusso informativo rispetta la coerenza, il sistema permane nello stato di salute, altrimenti, se la coerenza viene compromessa, s’innesca la malattia. La malattia è dunque legata a un’alterazione dei meccanismi con cui l’informazione si origina, si trasmette o viene decodificata. Più precisamente le malattie non sarebbero altro che l’espressione di qualche patologia dell’informazione, ovvero delle modalità con cui essa: 1. nasce, 2. si propaga, 3. viene recepita a livello della membrana cellulare, 4. viene trasmessa all'interno della cellula, 5. viene decodificata e interpretata nei codici semantici. Si possono così osservare malattie genetiche in cui si riscontra l’alterazione di uno o più geni; malattie, come la sindrome della mucca pazza, in cui una proteina essenziale per la salute del cervello, che è stata sintetizzata normalmente dal gene corrispondente non mutato, assume una configurazione 26 • PARLARE AL CANCRO


anomala dopo che è stata sintetizzata, così che non è più in grado di proteggere le cellule cerebrali, anzi le danneggia; malattie derivanti da alterazioni dei recettori della membrana cellulare; malattie provocate da modificazioni dei canali metabolici intracellulari. Un gran numero di malattie sono poi causate da alterazioni dei codici genetico ed epigenetico. Alla base di alcune malattie vi sono più tipi di alterazione: esempio paradigmatico è proprio il cancro, in cui di solito sono presenti alterazioni che comportano anomalie a livello sia dell’origine (alterazioni genetiche ed epigenetiche), sia della trasmissione (presenza di proteine anomale), sia della ricezione (recettori di membrana), sia della trasmissione intracellulare (alterazioni dei canali metabolici all’interno della cellula neoplastica), sia della decodificazione (alterazioni dei codici semantici) dell’informazione. Nel paziente oncologico la patologia dell'informazione è così grave, che si arriva a una vera e propria interruzione del dialogo fra l’individuo ammalato e le cellule tumorali. Anzi, queste ultime non fanno più parte dell’organismo, ma costituiscono un sottosistema in cui i codici semantici sono diversi da quelli con cui comunicano tutte le altre cellule dell’organismo. Così Pier Mario Biava descrive questi codici anomali: “Si tratta di codici legati ad una delle possibili configurazioni presenti negli stadi indifferenziati embrionari, appartenenti ad un sistema complesso adattativo (l’embrione), in cui il messaggio significativo di fondo è: ‘organizza la vita’. E così la cellula tumorale organizza la propria vita, anche se questo avviene a spese dell’intero organismo, di cui di fatto essa non fa più parte. Ci si trova di fronte alla più grave patologia dell'informazione dovuta all'incompatibilità fra codici: si tratta di un problema di semiotica, oggetto cioè della scienza che studia il modo in cui i segnali vengono recepiti e formano un senso. In questo contesto trova spiegazione il comportamento distruttivo e maligno delle cellule tumorali, molto diverso rispetto a quello delle cellule differenziate, che cooperano fra di PREFAZIONE • 27


loro ed hanno un comportamento solidale. Di fatto il cancro rappresenta un sistema complesso adattativo, che cerca di auto organizzarsi: la progressione, la formazione di nuovi vasi sanguigni, la metastatizzazione a distanza, rappresentano le tappe evolutive di un sistema complesso, che cerca di realizzare la vita in tutti i modi. Questa complessità non viene colta dal riduzionismo tuttora imperante, a cui sfuggono le relazioni fra entità di un contesto, le modalità di comunicazione nei sistemi viventi, i problemi legati all’incompatibilità fra codici. Da detta incompatibilità deriva il comportamento della cellula tumorale: non facendo più parte dell’organismo adulto, essa evolve come entità autonoma.” Si è dunque interrotta la comunicazione. Ma se così stanno le cose, un rimedio può esistere, e consiste nel ristabilire la comunicazione, mettendo la cellula tumorale a contatto con il “suo” microambiente embrionario. A livello dell’embrione vanno ricercate le reti differenziative, ovvero le “frasi significanti” che possono aprire il dialogo fra tumore ed individuo ammalato. Di qui il titolo e il sottotitolo del libro, di qui la posizione preminente dell’informazione nella terapia del cancro come pure di altre malattie, restando comunque il tumore la patologia più difficile da curare poiché presenta le alterazioni più gravi nel processo di comunicazione tra le cellule. Naturalmente non si può, in una prefazione, entrare nei particolari delle terapie informazionali: bisogna leggere questo libro, e lo dovrebbero leggere proprio coloro che meno se ne sentono attratti, coloro che sono riluttanti a passare dal riduzionismo alla complessità. La storia della scienza è ricca di esempi di emarginazione degli innovatori da parte del potere dominante, politico, religioso o scientifico: non bisogna dimenticare che la scienza è fatta dagli uomini, e gli uomini rinunciano a fatica ai loro privilegi e alle loro idee, alle quali spesso si affezionano visceralmente. La scienza dovrebbe offrire l’esempio di un operoso andirivieni tra passato, presente e futuro, senza rifiutare a priori le 28 • PARLARE AL CANCRO


innovazioni, pena l’instaurazione di un ipse dixit riveduto e aggiornato, questo sì portatore di oscurantismo dogmatico: non dimentichiamo che la scienza moderna si affermò nel Seicento contro il dogmatismo aristotelico. Speriamo che i nuovi sentieri della ricerca improntati alla nozione di informazione non debbano soffrire più del necessario per portare sollievo alla nostra condizione umana. PER CONCLUDERE Di fronte alle prospettive aperte dalle tecnologie del postumano, entusiasmanti per alcuni e sconvolgenti per altri, come dobbiamo comportarci? Dobbiamo lasciare che la tecnologia si sviluppi senza limiti, senza interferenze e senza guida, seguendo quella che sembra una vera e propria volontà di dominio? Dobbiamo lasciare mano libera alla genomica, alla robotica, all’intelligenza artificiale, all’informatica e a tutte le loro emanazioni, gemmazioni e ramificazioni, anzi agevolando il loro sviluppo e lasciando che prima o poi le nostre creature ci superino e ci sostituiscano? Oppure dobbiamo far sì che questi strumenti ci aiutino e sorreggano nelle nostre attività pratiche e cognitive senza sopraffare la nostra umanità? Insomma, l’uomo deve farsi estromettere dalle macchine o deve restare al centro della scena, inaugurando un’epoca di tecnologia umanistica? Molte sono le voci, anche di scienziati illustri, che in tempi recenti si sono levate a difendere quest’ultima alternativa che sembra molto più attraente, meno irta di incognite. Già troppi sono i problemi che la nostra attività ha creato alla Terra, al Bios e all’Umanità stessa: bisogna riconquistare una saggezza sistemica che si sostituisca all’etilismo tecnologico di cui siamo preda, bisogna, come scrisse Alexander Pope, entrare con cautela nel territorio “dove gli Angeli esitano a posare i piedi e dove gli stolti si precipitano”. E ricordare, come ha ripetutamente osservato Gregory Bateson, che ogni variabile, anche la più benefica, oltre un certo limite diventa tossica. PREFAZIONE • 29


Alla luce di queste sommarie considerazioni, come possiamo figurarci il mondo che verrà? Alcuni pronosticano l’avvento di una creatura planetaria, costituita dalla connessione in rete di tutte le intelligenze naturali e artificiali, come aveva preconizzato Teilhard de Chardin. Divenuti cellule di questa creatura, gli individui umani potrebbero perdere la loro soggettività, oppure moltiplicarla per superare i confini della dotazione naturale, superando le limitazioni e i difetti intrinseci della condizione umana così com’è stata modellata dalla storia biologica e psichica. La seduzione di questa prospettiva è immensa, come immensi sono i finanziamenti posti al suo servizio: sarebbe sconfitta la vergogna prometeica di cui parla Günther Anders, cioè il senso di inadeguatezza, anzi di colpa che l’uomo prova di fronte alle macchine che ha costruito, tanto più potenti, veloci e precise del loro creatore. La natura umana, di fronte a queste vertiginose prospettive, avverte la propria imperfezione e caducità come peccato e aspira all’estasi dell’infinito e dell’immortalità tramite una fusione totale con le macchine. La forza dell’artificiale ci porta a disprezzare la lentezza della riflessione e contemplazione umana, la gratuità del sogno e dell'immaginazione, lo sperpero in apparenza inutile di sensazioni e affetti. Ma se non accettiamo l’umana fragilità - le sue contraddizioni, ambivalenze, storture, brutture - se continuiamo a tormentarci nel tentativo di acquisire le prerogative degli dèi, come faremo a ritrovare serenità e pace, amore e bellezza? Quale canto possiamo intonare, quale narrazione possiamo intraprendere se non ascoltiamo la voce dell’umana follia, il suo silenzio, le sue consonanze e dissonanze? Se non ritroviamo nel tempo, nell'arte, nella cultura, nella natura i nostri antenati e i nostri compagni di viaggio, se non cerchiamo lo spirito dei defunti nella storia, nei miti, nelle divinità ancestrali, quale passato e futuro possono accompagnare e sostenere senza disperazione la nostra fine, la morte? E poiché 30 • PARLARE AL CANCRO


fatti non fummo “a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza” (Dante, Inferno, Canto XXVI), fino a che punto possiamo migliorare il retaggio della condizione umana senza diventare altro da noi? Dilemmi insolvibili, che fanno parte della condizione umana, fragile e sublime come la canna di Pascal, immersa in una complessità irremeabile. Vorrei concludere queste note con due citazioni, una di Konrad Lorenz: “Credere che faccia parte del patrimonio stabile dell'umanità soltanto ciò che è comprensibile per via razionale o addirittura soltanto ciò che è dimostrabile scientificamente, è un errore che comporta conseguenze disastrose e che induce a gettare a mare l'ingente tesoro di conoscenze e di saggezza contenuto nelle tradizioni di tutte le antiche culture e nelle dottrine delle grandi religioni universali e a vivere nella convinzione che la scienza sia in grado di dar vita dal nulla, unicamente per via razionale, a una intera cultura, con tutto ciò che essa comporta.” e l’altra di Martin Heidegger: “L'interiore e l'invisibile del dominio del cuore non solo è più interiore che il 'dentro' della rappresentazione calcolativa e perciò più invisibile, ma abbraccia una regione più ampia di quella degli oggetti semplicemente producibili. Nell'invisibile ultrainteriorità del cuore, l'uomo è prima di tutto sospinto verso ciò che dev'essere amato: gli avi, i morti, l'infanzia, i nascituri.” Gorizia, giugno 2017

PREFAZIONE • 31



INTRODUZIONE

L

a moderna medicina è basata su un modello biomedicale, un modello scientifico rigoroso, un paradigma basato sullo studio diretto o indiretto della realtà sensibile, che si suppone usi un linguaggio che non si presta mai a equivoci e doppi sensi, dove tutti i fenomeni vengono valutati in termini matematici e statistici, e che si basa su ipotesi dimostrate attraverso esperienze invariabilmente ripetibili, da cui si procede a generalizzazioni sempre più ampie, cioè leggi, per elaborare alla fine teorie che diano una spiegazione razionale a fenomeni differenti. Tale modello ha portato la medicina occidentale a vivere un’epoca di trionfi che sembrava non avere più limiti: i progressi della medicina hanno quasi cancellato la mortalità infantile; gli antibiotici e i vaccini hanno sconfitto le epidemie del passato; l’insulina ha ridato la vita ai diabetici; la terapia trombolitica ha prolungato la vita ai coronaropatici, mentre coronarografia e angioplastica coronarica ne hanno elevato la qualità di vita; la chirurgia corregge difetti un tempo ritenuti incurabili; le tecniche rianimative hanno trasformato alcuni casi di morte in semplici eventi tecnicamente controllabili; i trapianti di organi sono diventati di pratica quotidiana e gli organi artificiali sono in una fase di realizzazione avanzatissima. Siamo arrivati persino all’ingegneria biologica, alla manipolazione delle leggi


e delle strutture della vita a scopo terapeutico, industriale e addirittura bellico. La medicina tradizionale riconosce lo stato di salute dell’individuo in presenza di valori normali di certi parametri misurabili, quali la temperatura corporea, la frequenza delle pulsazioni, il ritmo respiratorio, la pressione sanguigna, ecc. La salute, quindi, secondo la medicina ufficiale, viene misurata prevalentemente sulla base di elementi statistico-quantitativi. L’approccio frammentario riduzionista della medicina al corpo umano conduce a una sub-specializzazione medica, concentrando l’attenzione sugli organi “separati” e arretrando sempre di più dall’ammalato in quanto unità psico-spirituale. Si adotta un intervento di tipo aggressivo nel trattamento della malattia e ci si rivolge con termini duri e forti nei confronti delle varie patologie e dei relativi trattamenti (la “guerra” contro il cancro, ecc.), predisponendo così il paziente a un atteggiamento negativo nei confronti del suo problema e dell’eventuale possibile risoluzione. È supertecnologica e ha un’impostazione per cui il medico si allontana sempre di più dal malato, “celandosi” dietro i suoi sofisticati strumenti. I punti di forza della medicina convenzionale sono la chirurgia, la chemioterapia, tutto il settore della radiologia e della farmacoterapia, assoggettati a precise regole e a protocolli severi di approccio e di intervento terapeutico proposti dai sistemi di ricerca e di studio delle università. Questo determina un approccio schematico al paziente basato su interventi standardizzati per ogni individuo, disconoscendo la peculiarità e la particolarità del singolo paziente e del modo in cui ogni individuo esprime e manifesta la propria patologia. Il risultato di questo approccio è che l’incidenza delle malattie è in continuo aumento, come anche la prevalenza delle malattie croniche e, di conseguenza, ha portato ad una diminuzione della qualità di vita e dell’abilità funzionale a livello individuale, e un sovraccarico emotivo a livello economico-sociale. 34 • PARLARE AL CANCRO


Nonostante le nuove scoperte nei campi della fisica, biologia, la psichiatria, epigenetica, neuroscienze, psicologia e psicosomatica, non si è fatta una vera integrazione e rimangono, nella loro interpretazione, troppo ancorate a un sistema logico-deduttivo e deterministico basato sull’analisi dell’oggetto di studio, senza poter vedere il quadro intero in maniera integrativa olistica. È giunto il momento dell'integrazione per presentare un modello olistico sistemico, dove molteplici fattori biologici, psicologici, spirituali e sociali sono visti come interconnessi. Per fare ciò ci siamo uniti per raccogliere diversi aspetti studiati da diversi scienziati in un modello integrativo unico partendo dal Dr. Franco Canestrari che ci presenta il meccanismo biochimico informato e non solo meccanicistico, che quindi riceve informazioni sia esogene che endogene, le elabora e le trasferisce a tutti i distretti corporei, ossia a tutte le cellule del sistema organismo umano; passando dalla scienza moderna presentata dal Dr. Pier Mario Biava basata sui principi quali complessità, informazione, coerenza e analogia. Non dimentichiamo che a fianco della medicina convenzionale occidentale, esistono altre terapie che hanno dimostrato la loro efficacia come l'omeopatia in Occidente, la medicina tradizionale cinese in Oriente, entrambe provenienti da ambienti culturali e spirituali specifici e che saranno presentate dal Dr. Somchay Inthavong, e per concludere il Dr. Nader Butto presenterà una visione integrata basata su leggi universali che prende in considerazione l’essere umano come una integrazione fra corpo, psiche e anima, per poi proporre con questa ottica di olismo integrativo che unisce corpo, psiche, anima, ambiente e società, una nuova visione per la definizione e la cura del cancro. È giunto il momento dell'unione, è necessario mettere tutta l’informazione frammentaria in un contesto sistemico olistico, per capire meglio lo scopo della nostra vita e migliorane la qualità. Dall’inizio fino alla fine l’essere umano è venuto al mondo per vivere un processo di INTRODUZIONE • 35


aggiornamento, la vita quindi non fine a se stessa ma solamente un'opportunità per fare cambiamenti, crescere ed evolvere. La nostra vera essenza e quantica spirituale, proviene dal campo primordiale, la luce Divina e vorrebbe tornare alla sua origine. Per fare questo ci rendiamo conto che la ricerca, lo studio, i problemi ed ostacoli nella vita sono come una leva che ci permette di crescere ed evolvere per poter, alla fine di questo viaggio, arrivare all’Illuminazione. Nader Butto

36 • PARLARE AL CANCRO




I LIMITI DEL RIDUZIONISMO SCIENTIFICO PIER MARIO BIAVA

I

l riduzionismo scientifico, che basa la conoscenza solo sullo studio dei meccanismi puntuali, non riesce a vedere questi aspetti della complessità del vivente e diventa in questa fase storica di sviluppo scientifico molto avanzato, da una parte, elemento di freno allo sviluppo scientifico stesso, dall’altra un elemento di rischio e di pericolo per le possibili conseguenze a livello delle ricadute tecnologiche. Infatti la presunzione scientifica che sia vero solo ciò che è oggettivabile attraverso l’evidenza sperimentale basata sulla raccolta di elementi puntuali, che rappresentano un aspetto infimo della realtà, senza portare a sintesi tutte le informazioni, rappresenta un atto di superbia intellettuale, che ormai fa parte di posizioni storicamente superate e che dunque dovrebbe essere a questo punto definitivamente abbandonata. In questa fase storica il pericolo maggiore, se non si abbandona questa visione limitata e parziale della realtà, risiede nella pretesa portata avanti dagli uomini rappresentanti dello scientismo riduzionista, di procedere ad applicazioni tecnologiche, come le manipolazioni genetiche, la clonazione, la modificazione delle reti biologiche, le cui conseguenze pratiche sono tuttora imprevedibili. Se la scienza infatti si fa guidare solo dalla possibilità tecnologica, ovvero dal puro potere tecnico amorale, può condurci a situazioni


catastrofiche. Questo è il vero problema legato alla supponenza del riduzionismo scientifico, dovuto solo alla sua posizione di potere dominante che fino ad ora ha ricoperto: chi non si ritrova a condividere quel punto di vista si trova emarginato, bollato come oscurantista, contrario alla ragione pura e luminosa della scienza e pertanto degno di essere messo al bando. In fondo la storia si ripete sempre uguale a se stessa: nel seicento erano stati messi al bando proprio coloro che volevano uno sviluppo della scienza basato sulla razionalità e sull’evidenza sperimentale. Ora che i sostenitori del razionalismo scientifico sono in posizione dominante, nel momento in cui emergono a livello scientifico nuove realtà sia a livello di fisica quantistica, sia di biologia e medicina della complessità, questi stessi razionalisti, pretendono di fermare, da un lato, lo sviluppo della scienza e la formulazione di nuovi paradigmi scientifici e, dall’altro, di procedere verso applicazioni tecnologiche su basi di conoscenze molto parziali, le cui ricadute a livello dell’equilibrio della salute e della convivenza umana, così come a livello delle reti eco-sistemiche, sono largamente ignote. A differenza dei periodi precedenti in cui le conseguenze del potere dominante si riflettevano in modo pesantemente distruttivo sui singoli individui, ovvero direttamente sugli uomini di scienza, oltre che naturalmente sul rallentamento della conoscenza scientifica, ora le ricadute di certe posizioni di riduzionismo cieco, rischiano di avere conseguenze pesanti su tutta la collettività. Ciò non significa sminuire la portata storica degli eventi che hanno determinato il rallentamento del progresso scientifico e sofferenze e drammi umani terribili in epoche passate, ma sottolineare che oggi il problema rappresentato da una visione limitata e parziale della scienza, che vuole però essere egemone e dettare le regole del progresso e dello sviluppo scientifico e tecnologico, senza avere le capacità di comporne e gestirne la complessità, rischia di porsi su basi ancora più drammatiche. Ciò che va sanata a questo punto è la frattura fra scienze umane e scienze della natura e superare 40 • PARLARE AL CANCRO


questa dicotomia di cui ancora oggi stiamo pagando il prezzo. Bisogna tornare indietro ai filosofi presocratici per ritrovare l’agognata ricerca di verità fondamentali per il pensiero umano rivolto alla natura ed all’individuazione di un principio primo (arché) che la in-forma. Solo così, con un approccio trans-disciplinare ed integrato nello studio della natura, sarà possibile comprendere molti aspetti che ora ci sfuggono ed avere una visione di insieme che possa preservarci il più possibile dal commettere errori irrimediabili. Solo così noi potremo capire che i sistemi biologici complessi sono anzitutto dei sistemi informativi coerenti, che mantengono il loro equilibrio dinamico solo quando il flusso informativo di materia ed energia rispetta questa coerenza.

I LIMITI DEL RIDUZIONISMO SCIENTIFICO • 41



PERCHÉ DOBBIAMO CAMBIARE PARADIGMA NADER BUTTO

L

e ricerche scientifiche sono basate sul paradigma materiale-meccanicistico. Secondo tale paradigma, noi viviamo in un universo obiettivo, in cui solo ciò fisicamente osservabile è reale, dove con lo studio analitico si può arrivare a conoscere praticamente tutto, dove ogni causa produce il suo effetto, e dove abbiamo appreso che la mente è divisa dal corpo e ha il compito superfluo di controllarlo. È proprio questo il modello sul quale si fonda la nostra medicina occidentale: un modello scientifico rigoroso, basato sul metodo induttivo-sperimentale di Galilei, e su quello deduttivo-matematico di Cartesio, sviluppato in un ambiente culturale legato alla logica greco-latina, essenzialmente sperimentale. Un paradigma basato sullo studio diretto o indiretto della realtà sensibile, che si suppone usi un linguaggio che non si presta mai a equivoci e doppi sensi, dove tutti i fenomeni vengono valutati in termini matematici e statistici, e che si basa su ipotesi dimostrate attraverso esperienze invariabilmente ripetibili, da cui si procede a generalizzazioni sempre più ampie, cioè leggi per elaborare alla fine teorie che diano una spiegazione razionale a fenomeni differenti. Analogamente, il mondo esterno, in base a questo modello, è visto come un insieme di oggetti e di eventi separati; l’ambiente naturale si considera costituito da molteplici frammenti che


possono essere sfruttati a piacimento dai singoli gruppi di interesse. E i risultati sono evidenti: contaminazione dell’aria, dell’acqua e degli alimenti dovuta alle sostanze chimicoradioattive, contaminazione della mente indotta da rumori ed eccesso di informazione, contaminazione delle emozioni dovuta alla solitudine e alla perdita del senso della famiglia, focolare di affetto e amore che un tempo riusciva a offrire un valido sostegno emozionale, mentale e morale, che consentiva di superare quei conflitti che oggi costituiscono la vera base delle malattie sociali e individuali. Tale visione non unitaria, prima applicata all’uomo e quindi generalizzata alla società, che risulta pertanto divisa in differenti nazioni, razze, gruppi religiosi e politici, ci porta alla convinzione che tutti questi frammenti siano realmente separati e che forse è lì che occorre ricercare la causa principale di tutte le crisi politiche, sociali, ecologiche e culturali che attualmente vive la nostra società. Nessuno può mettere il dubbio laddove ci sono segni di successo, per esempio è indiscutibile la riduzione della mortalità dall’infarto dal 23% 40 anni fa al 5% dei nostri giorni. Ma se guardiamo la statistica del cancro ci rendiamo conto dell’urgenza di cambiare paradigma. Il cancro, la seconda causa di morte nel mondo dopo le malattie cardiovascolari è un'epidemia in aumento. Ogni giorno in Italia si scoprono 1.000 nuovi casi di cancro. Le cifre presentate dall’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) fotografano una malattia socialmente importante. Si stima che in Italia vi siano state nel corso dell’anno 2015, 363.300 nuove diagnosi di tumore (esclusi i carcinomi della cute), circa 194.400 (54%) fra gli uomini e circa 168.900 (46%) fra le donne. I decessi dovuti a tumori maligni sono stati, secondo l’ISTAT, quasi 177.000 nell’anno 2012 (99.000 fra gli uomini e 77.000 fra le donne). La frequenza dei decessi causati dai tumori è in media ogni anno di circa 3,5 decessi ogni 1.000 44 • PARLARE AL CANCRO


residenti uomini e circa 2,5 ogni 1.000 donne. Nel corso della vita circa un uomo su 2 e una donna su 3 si ammalerà di tumore. In media, un uomo ogni 3 e una donna ogni 6 muoiono a causa di un tumore nel corso della loro vita. A livello mondiale secondo la statistica dell’organizzazione della sanità, la mortalità nel 2012 è stata del 62% negli uomini e 53% nelle donne, sicuramente risultati deludenti visto che dal 1.971, 2 trilioni di dollari sono stati spesi per la ricerca e trattamento del cancro. Considerando tutti i progressi della tecnologia, della ricerca, delle procedure chirurgiche e di prodotti farmaceutici, i dati dell’esito finale del cancro sono deludenti. Il risultato negli ultimi 50 anni, è stato un calo del solo 5% del tasso di mortalità nei pazienti oncologici. La chemioterapia è “l’arma” forte della medicina convenzionale ma il pubblico non ha questa percezione del grande successo della chemioterapia. Per valutare il contributo della chemioterapia alla sopravvivenza è stato fatto uno studio importantissimo pubblicato nel 2004 sulla rivista Clinical Oncology fatto a Sydney in Australia1. In una meta-analisi, dal titolo “Il contributo della chemioterapia citotossica convenzionale di sopravvivenza a 5 anni nei tumori nell’adulto” condotto dall’associazione medica, si proponeva di misurare con precisione e valutare il vantaggio reale della chemioterapia nel trattamento degli adulti con i più comuni tipi di cancro. Il risultato di questo studio ha dimostrato che in 22 tipi di cancro il contributo della chemioterapia, per la sopravvivenza a 5 anni negli adulti è del 2,3% in Australia, e del 2,1% negli Stati Uniti. I ricercatori sono arrivati alla conclusione che per giustificare gli investimenti e l’uso dei farmaci citotossici è necessaria una rigorosa valutazione costo-beneficio oltre che una attenta valutazione dell’influenza della chemioterapia sulla qualità della vita. 1

Morgan, G et al. Clinical Oncology (2004) 16: 549-560

PERCHÉ DOBBIAMO CAMBIARE PARADIGMA • 45



SCIENZA E TRADIZIONE SOMCHAY INTHAVONG

ENERGIA: OMEOPATIA E TRADIZIONE Da 6.000 anni non si parla di “salute - regolazione”, né di “malattia/disregolazione (squilibrio funzionale)”. In altri termini, nella Tradizione, la salute era ed è in relazione con la quantità e la qualità dell’energia nelle sue differenti forme: in eccesso, in carenza, o disturbata da fattori esterni come i fattori ambientali (clima, inquinamento, pensieri inquinanti, …). Ricordiamo così l’eccesso di energia da disperdere, le carenze di energia da tonificare, vale a dire raccogliere e fare circolare. La transmutazione dell’energia era quindi conosciuta dalla Tradizione e la componente energetica era determinante nelle terapie. La Tradizione ci offre 5 elementi fondamentali che costituiscono l’uomo. Tali elementi fondamentali sono: • ARIA 1 Respirazione, ossigenazione; • ACQUA 1 Idratazione; • LEGNO 1 Movimento (prodotto dal metabolismo); • TERRA/METALLO 1 Alimentazione; • FUOCO 1 Energia vitale. Quando teniamo un nocciolo di frutto nel palmo della mano,


ci rendiamo conto di tenere in mano un albero potenziale? Fermiamoci un istante sull’elemento Fuoco. È in effetti l’energia del Fuoco che permette tutto: è l’energia originale, la sorgente di tutta la vita, quello che permette i cambiamenti di stato. È l’energia che permette la nascita, la crescita, la maturità, la pienezza della realizzazione. Nella medicina cinese e in altre tradizioni, l’elemento fuoco nella sua realtà somatica è il fuoco che fa bollire l’acqua, ma è anche l’energia dei diversi metabolismi, degli scambi di membrana, l’energia elettrica e elettromagnetica presenti nella fisiologia. L’elemento Fuoco evoca anche le vibrazioni, le onde, la luce e quindi l’informazione. Data la complessità, la pratica esige una semplificazione per essere utilizzabile quotidianamente da tutti. L’atto terapeutico e i suoi risultati cancellano la complessità della lunga riflessione. Una “mind map” rende più facile la comprensione (vedere schemi 1 e 2).

4

99,9%

5 6 7

0,1%

Schema 1

0.1% : campo materiale (forze elettromagnetiche). 99.9% : campo immateriale (onde elettromagnetiche, onde scalari,…).

Mettiamo questi 5 elementi in un cerchio che rappresenta l’aspetto dinamico del quadrato in movimento. Questo quadrato è il simbolo della Terra e del corpo - materia. Il cerchio rappresenta il movimento quindi l’energia, il metabolismo. Il 62 • PARLARE AL CANCRO


movimento del cerchio nelle diverse direzioni descrive la sfera. La sfera simbolizza il mentale, la natura dello spirito. Questi differenti aspetti sono nella stessa unità e obbediscono alla legge di interconnessione, di interrelazione e di interdipendenza nello stesso tempo e nello stesso luogo. Qual è il senso di questa realtà? CORPI SOTTILI Ossigenazione: entusiasmo

Alimentazione: pensieri positivi

5

Idratazione: scambio

Eliminazione: selezione scarti: pensieri negativi

Ossigenazione: respirazione interna ATP respirazione esterna Alimentazione: macro molecole: proteine lipidi glucidi Elementi tracce: oligo elementi vitamine minerali

7

Idratazione: H2O

Eliminazione: sudorazione feci urine mestruazioni Schema 2

SCIENZA E TRADIZIONE • 63


L’ENERGIA: OMEOPATIA E SCIENZE CONTEMPORANEE Cosa significa dunque il termine “energia”, oggi per le scienze contemporanee alla luce delle nuove scoperte della scienza fisica e in particolare a riguardo della fisica ondulatoria? In senso generale, per “energia” si intende la sua manifestazione sotto diverse forme: • energia calorica; • energia meccanica; • energia sonora; • energia elettrica; • energia chimica; • energia libera (neutrini, radiazioni Tesla); • energia mentale. Le differenti forme di energia si trasformano l’una nell’altra. La Tradizione l’aveva intuito senza analizzarlo e spiegarlo. Abbiamo ritrovato questa energia vitale, detta anche “Qi” nella medicina cinese o energia informazionale negli studi del Pr. Fritz-Albert Popp relativi all’energia trasmessa da un irraggiamento ultra debole di fotoni che chiamerà “biofotoni”. Egli mise in evidenza che l’informazione ricevuta dal corpo si trasmetteva all’interno di questo tramite le cellule che servivano da relé. Vi lascio il piacere di leggere la sua opera “Biologie de la Lumière” (Coll. Résurgence). Il Prof. Popp si è a sua volta ispirato alle ricerche di Alexandre Gurvitch il quale ha dimostrato che un corpo può emettere verso un altro corpo un irraggiamento energetico chiamato “mitogenetico”. Questo irraggiamento, ho potuto metterlo in evidenza in più occasioni con l’apparecchio di Antoine Prioré e l’apparecchio di moraterapia. Da ricordare anche i lavori del Dr. Tsiang che hanno stabilito l’esistenza di queste trasmissioni energetiche e informazionali. 64 • PARLARE AL CANCRO


Il Dr. Tsiang ricorda in modo particolare che il DNA è portatore di un’informazione genetica di natura vibratoria che può essere trasmessa. È così che in omeopatia l’Arnica Montana in alte, medie e basse diluzioni-dinamizzazioni può trasmettere un’energia informazionale al soggetto. A differenza però degli autori citati, che hanno utilizzato apparecchi per ricevere e trasmettere l’informazione al soggetto, il rimedio omeopatico ha un effetto terapeutico che è trasmesso senza mediazione di apparecchiature. Parlerei di trasmissione diretta del rimedio omeopatico con o senza supporto. Aggiungerei che il terapeuta e il paziente possono comunicare direttamente grazie al potere telepatico esistente tra tutti gli esseri viventi. Il processo di fotosintesi con cui la luce produce della materia o ancora la sintesi della vitamina D per mezzo dei raggi solari sono due meravigliosi esempi che ci offre la natura. L’energia della vita è una luce, la luce solare. Oggi ci è permesso di comprendere che questa luce si trasforma. Ricordiamoci che l’energia crea la materia. Dalla materia più densa all’energia più sottile, tutto è trasformazione, tutto cambia d’aspetto. Tramite i cambiamenti di stato, la stessa materia sviluppa nuove proprietà. Per ottenere questi cambiamenti di stato, i ricercatori hanno utilizzato delle energie caloriche ad alta temperatura. Il nostro corpo crea a bassa temperatura ciò che gli alchimisti hanno creato ad alta temperatura. Così, il corpo umano a 37 °C può trasformare il calcio in silicio e il silicio in calcio1. Conserviamo questa informazione di trasformazione e di reversibilità. L’informazione specifica che re-informa permette la trasformazione, la ricostruzione e la rigenerazione tissulare. Certi pesci, come il pesce zebra, hanno questa capacità. 1 Lavori di Corentin Louis Kervran (1901-1983) sulla transmutazione biologica degli elementi chimici negli esseri viventi, detta trasmutazione nucleare a freddo o “Effetto Kervran”.

SCIENZA E TRADIZIONE • 65


In conclusione vorrei proporre questi due contributi: • il primo di Satprem (1923-2007) ricercatore dei mondi a venire, consacrato a Sri Aurobindo ed a La Madre, che ha scritto nel suo libro “La Mente delle Cellule”: “Il movimento ondulatorio è il costituente e il fondamento dinamico della realtà fisica. Che si tratti di campi elettromagnetici o gravitazionali o di interazione atomica, nel cuore dell’atomo come ai confini dell’universo, tutto si muove o si propaga secondo un movimento ondulatorio: il movimento ondulatorio è il movimento della vita”; • il secondo del mio amico, Pier Mario Biava: “L’origine della vita è un’informazione precisa che si esprime secondo un’equazione matematica”. Una nuova consapevolezza dell’essere umano sta per sorgere. Una medicina diversa si posiziona così nella continuità della Tradizione, nel rispetto per l’uomo e per il suo ambiente. “L’uomo è in unità con il cielo e la terra, con tutti gli esseri di tutti i tempi, perché la legge dell’universo è unica, regge tutti gli esseri e li caratterizza secondo il proprio grado di sviluppo” -chao yong Sotto la nuova luce della scienza, la Tradizione diventa indispensabile per la salute dell’uomo. Da quale parte si posiziona la medicina di oggi e di domani? La Tradizione è sempre stata dalla parte dell’uomo e della natura. La scienza ha il dovere, secondo me, di servirla. Non è forse il fondamento del nuovo paradigma medico?

66 • PARLARE AL CANCRO




INFORMAZIONE E DISINFORMAZIONE, SALUTE E MALATTIA FRANCO CANESTRARI

L

a nostra vita e quindi quella delle nostre cellule, si svolge in un equilibrio costante che possiamo definire “omeostasi”, pur in presenza di un essenziale dinamismo per il princìpio di termodinamica chimica, detto di Le ChatelierBraun, secondo il quale “ogni sistema tende a reagire ad una modifica impostagli dall’esterno minimizzandone gli effetti”. È altresì vero che quando la risposta di adattamento per esempio allo stress è eccessiva, si crea un carico allostatico1 che può accumularsi nel tempo e produrre malattia. Analizzeremo di seguito gli elementi base ed essenziali per preservare il nostro benessere. Abbiamo fondamentalmente bisogno di ossigeno, dell’aria che respiriamo, dell’acqua e dei nutrienti del cibo che mangiamo per produrre l’energia essenziale per il mantenimento delle funzioni vitali. Le informazioni sia endogene sia esogene necessarie al corretto funzionamento, vengono trasmesse secondo le logiche dell’organismo vivente, mediante molecole quali: neurotrasmettitori, ormoni, citochine, ossido nitrico e tante altre. Queste informazioni vengono poi decodificate a distanza dalla sede dell’emissione e cioè a livello cellulare. Tenuto conto che noi siamo individui informati che 1

Francesco Bottaccioli - Psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI) - RED Edizioni (2010)


a loro volta ritrasmettono informazioni, queste possono arrivare da più lontano, essere quindi ereditate anche se non scritte stabilmente nel codice genetico come il caso di quelle transgenerazionali (vedi fig.1), che oggi si spiegano in termini di “informazioni epigenetiche” o “memoria epigenetica”2, trasmesse quindi per via parentale senza come detto che sia avvenuta una modifica stabile della struttura del DNA. Basti pensare alla sindrome da stress “post-traumatico” cronico da olocausto, come è stato dimostrato da alcuni studi condotti sulla progenie di figli dei genitori ebrei coinvolti. Il gruppo di ricercatori guidati dalla Dott.ssa Rachel Yehuda del Mount Sinai Hospital di New York, ha condotto una serie di studi sul DNA di figli di uomini e donne che avevano subito forti traumi da stress: campi di concentramento, torture e vessazioni di ogni tipo, identificando delle peculiarità specifiche identificabili come “targhette chimiche”, rispetto ai gruppi di controllo, quali la metilazione del DNA, in particolare del gene che controlla la produzione di cortisolo, i cui livelli sono risultati alterati3-4. Lo studio rappresenta una dimostrazione della trasmissione epigenetica di informazioni di sollecitazioni stressogene, precedenti al concepimento, con cambiamenti epigenetici avvenuti sia nei genitori sia nei figli (vedi figura1 inserto a colori). Oggi questi studi sono sempre più attuali, e tra qualche anno i ricercatori potrebbero identificare tracce simili nel DNA di profughi dei conflitti moderni che giungono in Europa in condizioni tragiche! Riportiamo di seguito la definizione di epigenetica introdotta nel 1942 da Conrad Waddington: “la serie di modificazioni al materiale genetico che cambia il modo in cui i geni vengono accesi o spenti, ma non altera i geni in Sé.” 5 2 3 4 5

Francesco Bottaccioli - Epigenetica e PNEI - EDRA Edizioni (2014) Neather N. Bader, Yehuda R, et al. - Frontiers in Endocrinology: 5,103,1-8 (2014) Yehuda R. et al.: Neuropsychopharmacology Agosto 2015 Dawson Church: Medicina Epigenetica - Mediterranee Edizioni (2008)

90 • PARLARE AL CANCRO


A tale proposito si è introdotto il termine “epigenoma” 6: se è vero che tutte le cellule di un organismo hanno lo stesso genoma, tuttavia possono esservi differenze tra l’una e l’altra per la presenza di un diverso “epigenoma”. Quando parliamo di informazioni, si deve subito pensare al ruolo delle disinformazioni che possono pervenire alle cellule, ed essere causa di gravi patologie cronico-degenerative come ad esempio il cancro, uno dei casi eclatanti in cui una popolazione di cellule sfugge ai sistemi di controllo, mantenendo uno stato permanente ed anarchico di proliferazione. Nel caso della patologia neoplastica, non potendo indentificare eziologie esclusive, di tipo genetico salvo casi ristretti, piuttosto che infettive, metaboliche o altro viene coniato il fatidico termine “malattia multifattoriale”. Senza dimenticare le importanti acquisizioni della ricerca nell’identificare le strategie terapeutiche, sempre più di grande aiuto ai malati, pur con i limiti spesso legati alle percentuali di “non risposta”, sento oggi da biochimico, la necessità di riprendere in considerazione gli studi di biologia e biochimica sulla cellula tumorale, pionieristicamente iniziati dal Prof. Prodi e dal suo “staff” di ricerca. Il Prof. Prodi ha osservato e studiato biochimicamente il comportamento delle cellule neoplastiche, rilevando differenze metaboliche rispetto alle sane come riportato nel suo volume7. Le sue osservazioni complementari a quelle dei citologi e istologi, sottolineano quanto le modificazioni a livello molecolare, precedano nella cellula quelle microscopicamente e macroscopicamente visibili. Negli anni successivi si sono accumulati risultati scientifici, evidenze e conferme che hanno recentemente introdotto il termine di “fenotipo glicolitico”, sul quale torneremo nei prossimi paragrafi ma che comunque sottolinea una differenza sostanziale. Con il termine di “fenotipo glicolitico”, intendo anticipare la discussione su 6 7

Dike et al.: Genome Biology 16:142 (2015) Prodi G. et al.: La cellula neoplastica - Casa Editrice Ambrosiana Milano (1986)

INFORMAZIONE E DISINFORMAZIONE, SALUTE E MALATTIA • 91


quello che è lecito definire “errore di programma delle cellule neoplastiche”, ovvero la perdita da parte delle cellule tumorali del programma metabolico presente fisiologicamente nelle altre cellule dell’organismo/comunità. Il noto fenomeno della perdita della programmazione da parte di un certo numero di cellule avviene quotidianamente ma permane un meccanismo di controllo e di eliminazione delle cellule alterate. Ci si domanda tuttavia se il fenomeno accade in un certo momento della nostra vita per un errore casuale o per la mancata osservazione dei segnali che il nostro corpo ci manda, che realizzi una condizione favorevole alla disregolazione cellulare. Passando ad un dettaglio importante e sorprendente, sappiamo oggi, grazie all’intuito e al lavoro di scienziati che ci hanno preceduto, tra i quali primeggia in questo aspetto scientifico la figura di Otto Warburg sul quale ritorneremo varie volte nel testo, che pur avendo a disposizione l’ossigeno, elemento base della vita, le cellule neoplastiche preferiscono utilizzare a scopi energetici la glicolisi, che è una modalità di metabolizzare il glucosio a livello del “citosol” cellulare, senza ricorrere ai mitocondri, la sede della vera respirazione cellulare che sfrutta proprio l’ossigeno. Ecco il termine fenotipo glicolitico. Questo è in realtà un “grande enigma”, solo in parte spiegato nei lavori scientifici pur numerosi, dal momento che non ci troviamo in condizioni di ipossia, da cui si parla di “glicolisi aerobica”. La minore resa energetica (ATP adenosintrifosfato) in condizioni di ipossia, aumenta il bisogno di glucosio delle cellule neoplastiche con conseguente maggior produzione di acido lattico, che acidificherà il microambiente. Paradossalmente queste cellule finiscono per sfruttare maggiormente altre molecole rispetto al glucosio come fonte di carbonio e di azoto per la sintesi delle macromolecole, come ad esempio la glutamina. Si parla pertanto di “disregolazione dell’energetica cellulare” come caratteristica del cancro. Questa osservazione fatta da 92 • PARLARE AL CANCRO


Warburg e definita appunto “effetto Warburg”, ha aperto la strada a molti studi scientifici, impegnando una moltitudine di ricercatori, indirizzando tutti gli sforzi attuali oltre che al miglioramento delle terapie, anche alla “riprogrammazione” cellulare. Ad esempio se ad una persona si consiglia di cambiare gli stili di vita che possono essere stati una concausa della sua malattia alla cellula tumorale pur con un linguaggio diverso, si dovrà far capire che deve ritrovare il programma metabolico originario che è quello di tutte le altre cellule. Parleremo di elementi base quali ossigeno, acqua, nutrienti indispensabili all’ottenimento di energia ma anche di “probiotici” cioè quei batteri commensali amici del nostro intestino che tante informazioni possono fornire all’intero organismo scambiando queste tra cervello ed intestino in tutte e due le direzioni, di formidabili molecole portatrici di informazione come la serotonina metabolicamente collegata alla melatonina e di vitamina D che è stata inserita tra le vitamine ma che sarebbe scientificamente più corretto oggi metterla tra gli ormoni.

INFORMAZIONE E DISINFORMAZIONE, SALUTE E MALATTIA • 93


www.eifis.it



costa

NADER BUTTO PIER MARIO BIAVA FRANCO CANESTRARI SOMCHAY INTHAVONG

“Come già si evince dall’intrigante titolo, gli autori sono riusciti ad interagire tra loro gettando le basi razionali per un modello di patologia cronica. Lo stile discorsivo semplice e diretto rende più comprensibile al lettore la logica di base della medicina integrata ed il ruolo fondamentale delle informazioni in un sistema biologico...”

NADER BUTTO A PIER MARIO BIAVA FRANCO CANESTRARI A SOMCHAY INTHAVONG “Nuovi scenari si aprono nell’ambito della meta-biologia, dove tutte le acquisizioni scientifiche più recenti convergono sinergicamente nella medicina integrata suscettibile di straordinari sviluppi di ricerca.” A Prof. Alessandro Meluzzi Psichiatra

“Questo interessante volume dal titolo significativo è una fonte di informazioni straordinarie in merito alla ‘comunicazione’ tra le cellule e come utilizzarle per ritrovare la giusta armonia. Ve lo consiglio vivamente.”

Parlare al

“Un nuovo paradigma basato sulla nozione di sistema informativo coerente, una rivoluzione epistemiologica volta al ripristino della comunicazione.” A Prof. Giuseppe O. Longo Professore Emerito di Teorie dell’Informazione, Università di Trieste

Parlare al

A Prof. Dott. Claudio Viacava Biologo, Nutrizionista, Naturopata, Psicologo, Psicoterapeuta

CANCRO

A Dr. Gino Santini Direttore Scientifico ISMO, Istituto di Studi di Medicina Omeopatica

CANCRO LA RICERCA DEL DIALOGO PER RIPROGRAMMARE LE CELLULE

€ 26,00

www.eifis.it ISBN 978-88-7517-144-5

ART DIRECTOR: DAVIDE CORTESI PROGETTO GRAFICO: GOLDEN.BRAND COMMUNICATION

9 788875 171445

EIFIS Editore


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.