La Strada per la Felicità (Linda Gray)

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collana

LIFE



LINDA GRAY


© 2015 by Linda Gray In addition to any copyright line they may be required to print to establish copyright in the actual translation. The Publisher shall not do any act or permit any act to be done which will cause Publisher’s edition to fall into the public domain in any country in which such edition shall be published or distibuted. Cover art © Robert Erdmann

© Copyright 2018 EIFIS EDITORE srl La Strada per la Felicità - Linda Gray I Edizione Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in nessuna forma senza il permesso scritto dell’Editore. Traduzione: Gabriele Bidin Editing: Paola Lorenzi Art Director: Davide Cortesi Impaginazione: Golden.Brand Communication Stampa: Elcograf S.P.A. (Verona) ISBN 88-7517-164-3 © 2018 Ottobre - EIFIS EDITORE srl Viale Malva Nord, 28 48015 Cervia (RA) - Italia www.eifis.it - segreteria@eifis.it IMAGE CREDITS Foto inserto 1–3 Di proprietà dell’autrice 4–7 © Ed Thrasher 8 © Harry Langdon 9–10 Di proprietà dell’autrice 11 Di proprietà dell’autrice (in alto); © Greg Gorman (in basso) 12 © Nancy Ellison 13 © Len Prince (in alto); Di proprietà dell’autrice (al centro; in basso) 14–15 Di proprietà dell’autrice 16 © Ryder Sloane; make-up e capelli Edgar Santos. L’Editore non si assume alcuna responsabilità per l’utilizzo delle informazioni contenute in questo libro.


Questo libro è dedicato alla mia famiglia: Jeff Thrasher, Kehly, Lance, Ryder e Jack Sloane. Sono cosÏ fiera di essere vostra madre e nonna.


Un ringraziamento speciale a Lily Tomlin, che ha detto: “La strada per il successo ha sempre lavori in corso.�


INDICE Salve....................................................................................................... 9 Come prendere una forma in 75 anni o meno........................................ 13 Ciò che ti spaventa può anche guarirti.................................................... 21 Le donne di successo non si arrendono................................................... 29 Vantati................................................................................................... 35 Ama la pelle in cui vivi........................................................................... 41 Una tarda fioritura.................................................................................. 47 Costruisci una cassetta per gli attrezzi..................................................... 53 Esplora strade sconosciute...................................................................... 59 Il paradiso dei gatti................................................................................. 69 Imparate a farvi strada da sole................................................................. 73 Severi per amore..................................................................................... 85 Stare alla guida....................................................................................... 97 Premete il grilletto.................................................................................. 107 Più grande è l’acconciatura, più si è vicini a Dio..................................... 115 Rintocco del gong.................................................................................. 125 Ridi fino a che lo champagne non ti esce dal naso.................................. 135 Non siate troppo dure con voi stesse....................................................... 139 Le deviazioni capitano............................................................................ 151 Alla guida dell’autobus........................................................................... 157 Goditi ogni corsa in bicicletta come se fosse l’ultima della tua vita.............................................................................. 165 L’effetto trampolino................................................................................ 171 Apprezza i tuoi passeggeri....................................................................... 179 Le regole del successo di Linda Gray....................................................... 187 I pericoli nello scalare la marcia.............................................................. 201 Donate................................................................................................... 207 Cambiare pelle....................................................................................... 225 Farsi belle con stile................................................................................. 231 Mettiti in mostra.................................................................................... 239 Viaggia leggera....................................................................................... 247 Taci........................................................................................................ 253 Superare gli ostacoli sul vostro cammino................................................ 257 Ampliate il vostro mondo....................................................................... 267 Uscire con qualcuno a qualsiasi età......................................................... 275 The Gray fox.......................................................................................... 281 Shine baby, shine.................................................................................... 291 Ringraziamenti....................................................................................... 297



S A LV E

La prossima settimana avrò settantacinque anni. La mia strada per la felicità è stata lunga ma, entrando in questa fase meravigliosa della mia vita credo che gli anni a venire saranno tra i migliori che ho vissuto, colmi di intuizioni, creatività e sicurezza. Non solo ho accettato il fatto che la vita continua (scagliandomi addosso sorprese di tanto in tanto), ma mi sono arresa alla sua imprevedibilità e ho imparato a destreggiarmi fra le buche, le deviazioni e gli ingorghi. Conosco le mie forze e le mie debolezze, e sono a mio agio con entrambe. La paura, il senso di colpa e il risentimento che provavo da più giovane sono svaniti. La preoccupazione, il giudizio, la critica e l’amarezza che sperimentavo anni fa hanno lasciato il posto al perdono, alla pace, alla spensieratezza e all’allegria. Sono più vecchia, più saggia e sono più divertente. Riesco a ridere, a giocare e a riprendermi. Quando sono in panne o quando vengo spinta fuori strada, mi rialzo mettendo un piede davanti all’altro. È una scelta che compio. È una scelta che anche voi potete fare. Potete continuare a muovervi oppure restare dove siete a rimuginare sui vostri problemi, e diventare scontrosi e irritabili. Potete scegliere di essere brontoloni o curiosi. Potete scegliere di imparare qualcosa di nuovo: studiare una lingua straniera, assaggiare un cibo nuovo, cambiare opinione, provare un nuovo passatempo, iniziare


un progetto nuovo, esplorare. Vi sentite vecchi e inutili, come se ormai per voi fosse troppo tardi? Vi sentite senza speranza e bloccati, e pensate: “A cosa serve provare qualcosa di nuovo? Sono troppo vecchio”. La vita è un dono che va nutrito e queste attitudini negative, con il passare del tempo, vi faranno appassire e la vostra vita diventerà arida come la pietra. Ma la scelta è vostra. La scelta tra vita e morte, gioia e paura, energia e sfinimento. Ogni scelta è tanto semplice e profonda quanto lo è decidere se svoltare a sinistra o a destra sulla strada della vita. Scegliete con saggezza. Recentemente, ho organizzato la festa per il cinquantesimo compleanno di mio figlio. Dopo mezzo secolo, tutto ciò che ricordo del nostro primo incontro è come si aprì il mio cuore, quanto amore provai per lui all’istante. Ricordo di aver detto a mio marito Ed, in sala parto: “Mi sento come se in questo momento fossimo le uniche tre persone al mondo”. I suoi cinquanta anni sono stati per me la prova di come il tempo passi velocemente, e anche un promemoria: dobbiamo onorare con l’amore ogni giorno che viviamo, e dare tutto ciò che possiamo per creare un pianeta dove tutti i bambini possano nascere in un ambiente sicuro e accogliente. Si può fare; l’amore di una persona può diffondersi in tutto il mondo. È vitale, specialmente a questa età, amare con generosità, dare tutto ciò che puoi, e onorare ogni giorno perché è una benedizione. Ora non è il momento di fare retromarcia o accostare. È nostro obbligo, in quanto abitanti del pianeta, condividere la nostra saggezza, le esperienze e la creatività. La mia è stata una vita piena. Ho imparato molte cose, ho amato e sono stata amata, conosco il valore del dare e del ricevere. Il mio obiettivo, attraverso questo libro, è di condividere alcune storie della mia vita, sul donare e sul ricevere, e sulle cose che ho appreso. Alcune lezioni di vita sono state dure, ma ognuna mi ha resa più saggia e meno spaventata. Mi aspetto che queste lezioni continuino ad arrivare. La strada per la felicità, e per la saggezza, è sempre in costruzione. Essere intrepida ed autentica è stato lo scopo della mia vita, e penso che si veda. Sono piuttosto in forma, 10 • LA STRADA PER LA FELICITÀ


non “per la mia età”, ma per qualsiasi età. Il mio sorriso, la luce nei miei occhi, e un’attitudine positiva sono il risultato di una vita ben vissuta, paure scacciate, rancori dimenticati e conflitti risolti. Guardandomi alle spalle, vedo che la mia vita si è svolta con un tempismo divino – e non senza parecchi dissuasori di velocità lungo il percorso. Ci sono tre parole sulle quali vorrei focalizzarmi: Tempo, Amore e Donare. Queste parole sono la mia bussola, definiscono chi sono e dove sto andando. Condividere le mie storie e i miei pensieri è il regalo che sto facendo a me stessa, e a voi, per celebrare il mio settantacinquesimo compleanno. Per il secondo volume, dovrete aspettare altri settantacinque anni.

SALVE • 11



COME PRENDERE UNA FORMA IN 75 ANNI O MENO

Alcuni anni fa Jeffrey Lane, che da una vita è il mio addetto alle pubbliche relazioni, mi chiamò per dirmi che la rivista People aveva chiesto di fotografarmi per il loro numero annuale della “Classifica delle Persone più Sexy” (NdT: viventi). “Credo che mi abbiano confuso con qualcun’altra”, gli dissi. “No, loro vogliono te. Beh, non proprio te. Vogliono le tue gambe”, replicò Jeffrey. Cavoli, hai detto niente. Quale settantaduenne non sarebbe compiaciuta nel sentire una frase come questa? Alla mia età, essere inclusa in quella rivista insieme a tutte quelle giovani bellezze è stato un onore inaspettato e incredibile. Nutrivo dei dubbi sulla veridicità della cosa fino al giorno dello shooting con il fotografo Robert Erdmann. Mi avvolse in una pelliccia finta, mi fece accomodare su una sedia, e poi disse: “Facci un po’ vedere queste gambe da capogiro!” Una giovane donna mi intervistò per la rivista, le raccontai la storia di un incarico da modella che feci tanti anni fa. Nel 1966 un fotografo mi


chiamò e mi disse: “Puoi venire qui per un’ora? Ci servono delle gambe.”. Mi recai nello studio dove mi fece sedere sul bordo di una sedia e infilare delle calze di seta mentre lui scattava fotografie delle mie gambe. Alcuni mesi dopo, le mie gambe diventarono un’icona grazie alla locandina del film Il laureato. Tutti immaginavano che fossero quelle di Anne Bancroft. Forse era fuori città o forse non fu nemmeno consultata riguardo alla foto della locandina. I produttori del film probabilmente dissero: “Facciamo una locandina – servono delle gambe!” e così mi chiamarono. L’immagine di Dustin Hoffman fu aggiunto successivamente in post-produzione. Io guadagnai 25 dollari. Soldi facili. La foto e l’articolo ebbero successo e portarono successo anche a me, facendomi un sacco di pubblicità. Naturalmente, i titoli dicevano qualcosa del tipo:

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“Linda Gray, anni, a gambe scoperte - e non sono orribili!” Sembravano tutti scioccati dal fatto che le mie gambe non fossero avvizzite e deformate da vene varicose, macchie cutanee, pelle cadente e rughe. Essere inclusa nella rivista è stato favoloso e ho adorato la foto (a tal punto che la potete vedere sulla copertina di questo libro). Ora però basta con lo stupore che una donna della mia età possa avere ancora “della mercanzia” di cui vantarsi. Come disse Diana Vreeland: “Aborro il narcisismo, ma approvo la vanità”. Ce l’ho, l’ho ostentata e lo rifarei. Fra tutte le parti del corpo, le mie gambe sono state particolare motivo di orgoglio - e di guadagno. Da modella, le mie gambe mettevano il cibo in tavola e mi pagavano l’affitto. Se non fosse stato per queste stanghe, Elizabeth Taylor non mi avrebbe dato il dolce soprannome “la stronza dalle gambe lunghe”. A differenza dei miei occhi – l’altro mio segno distintivo - non ho mai dato per scontate le mie gambe. Sin dall’età di cinque anni, le ho trattate con estrema cura e ringraziato Dio per il loro servizio duraturo. Sono una benedizione, che non si può apprezzare 14 • LA STRADA PER LA FELICITÀ


appieno finché non si perdono. Quando nacqui, nel 1940, il presidente era Franklin Delano Roosevelt. Come il nostro impavido capo di Stato, il mio nonno paterno, Leslie Vincent Gray era rimasto paralizzato dalla poliomielite. Prima che accadesse era stato un uomo vigoroso ed atletico. A sedici anni mentì sulla sua età per lavorare nelle ferrovie, spalando carbone nei motori dei treni. Nella tarda adolescenza, dei sintomi simili all’influenza lo costrinsero a letto. Da quel momento non camminò più. Quando ero una ragazzina, pensavo che la sedia a rotelle del nonno fosse il massimo. La mia sorellina Betty e io ci arrampicavamo sul suo grembo e lui ci scarrozzava in giro per Culver City, la periferia della California meridionale dove vivevamo. Ricordo la gente che ci salutava agitando le mani, la spinta gentile delle ruote sul marciapiede, il suo torace e le sue braccia forti, il profumo di Old Spice e del tabacco da pipa. Ero la bambina più fortunata del mondo. Nonostante fosse confinato su una carrozzina, nulla mise mai i freni al nonno. Si sposò (due volte) ed ebbe tre figli. Un idealista e un’ispirazione per tutti quelli con disabilità fisiche, inventò delle aste che si attaccavano ai pedali del gas e del freno, cosicché le persone paralizzate potessero guidare l’automobile usando solamente le mani. Quando Betty e io diventammo troppo grandi per le corse in braccio al nonno, si inventò un accessorio simile a un go-kart da attaccare alla carrozzina di modo che noi (insieme ai miei cugini e qualche cane) potessimo viaggiare accanto a lui. Lo chiamammo il Congegno del Nonno. Era così pieno di vita, non l’ho mai vissuto come disabile o come se gli mancasse qualcosa. Uno dei nostri nonni camminava, e uno circolava su ruote. Le cose stavano in questi termini. Nonno Gray era un gioielliere. Lui, mio papà e mio zio John possedevano la Gray’s Jewelers a Culver City. Uno dei successi di cui mio padre si vantava era di aver fabbricato l’orologio da taschino di Clark Gable che utilizza in Via col Vento. I “Gray Boys” ricevettero altro lavoro dalla MGM e si fecero un nome ai margini dell’industria dello spettacolo. COME PRENDERE UNA FORMA IN 75 ANNI O MENO • 15



I L PA R A D I S O D E I G AT T I

Venti anni fa, il miglior amico che abbia mai avuto è entrato nella mia vita e non se ne è mai più andato. Apparve nel mio giardino, un gattino, aveva solo un paio di mesi. Lo presi in braccio e lo portai dal veterinario per farlo visitare e chiedere se qualcuno avesse denunciato la scomparsa di un gatto. Il dottore disse: “Non ho sentito nulla al riguardo, ma ti dirò una cosa, Linda. Questo piccolino ti ama.” Il gattino, che aveva il pelo che sembrava uno smoking e le quattro zampette bianche, aveva infilato la testa nella piega del mio gomito. Lo guardai e gli dissi: “Stanno così le cose, eh?” Lo battezzai Dugu ma lo chiamavo Dugie. Lo viziai in maniera sfacciata, cucinando il petto di pollo apposta per lui o comperando carne di bisonte per fargliela mangiare cruda. Si aspettava la colazione pronta per le 6 ed io, la sua umile servitrice, arrivavo per esaudire il suo volere. Era molto elegante, essendo sempre vestito con lo smoking. E sapeva che doveva alzarsi quando una signora entrava nella stanza. Abbiamo fatto anche dei bei viaggi insieme. Nel nostro appartamento a Dallas, amava guardare fuori dalla finestra, dall’alto del ventiduesimo piano. Eravamo



PREMETE IL GRILLETTO

Quando Dallas era ancora agli inizi, pianificai di conoscere Sue Ellen Ewing cominciando dall’interno. Avevo capito il suo bisogno di bere e compreso la parte del matrimonio senza amore. Ma chi era veramente? Da dove veniva? Cosa faceva quando non era impegnata a ubriacarsi o in qualche scappatella? Sentivo la necessità di arricchire il personaggio al fine di renderla più viva. Quando le riprese non erano ancora cominciate, accompagnai Ed sul set di un servizio fotografico con Dolly Parton, Linda Ronstadt e Emmylou Harris. Mentre preparava la stanza per il servizio, mi sedetti con Dolly e le raccontai di essere appena entrata nel cast di una nuova serie ambientata in Texas, ma non mi sentivo sicura riguardo al mio accento. Dolly disse: “Oh, dolcezza, basta che parli come me!” Ogni parola che usciva dalla sua bocca colava zucchero. Ma non sembrava un accento texano. “Di dove sei?” le chiesi. “Vengo dalla Georgia!” “Ah beh, sei giusto qualche migliaio di chilometri fuori strada!” Cominciai a ricercare la fonetica dell’accento texano e alla fine mi rivolsi a Robert Easton, l’insegnante di dialetti degli attori di Hollywood, affinché


diventasse il mio Henry Higgins personale (NdT: personaggio del film “My Fair Lady”, professore di fonetica). Robert era l’esperto assoluto nel campo. Se ci parlavi insieme per cinque minuti, era capace di dirti l’indirizzo di casa dove eri cresciuto. Dal punto di vista fisico faceva colpo, un omone burbero e dal torace possente, con capelli bianchi e pizzetto, una versione intellettuale del Colonnello Sanders (NdT: l’uomo che ha creato la catena fast food KFC). Lavorammo senza sosta sul mio accento, registrando su cassetta esercizi per arrotondare le vocali, mettendomi una caramella in bocca e poi facendomi ripetere “La pioggia sulle pianure del Texas si vede proprio poco” (eravamo in una scena di My Fair Lady oppure me lo sono sognato). Comunque, aiutò il mio accento ad evolvere da troppo cantilenante e bizzarro, fino a prendere la lieve inflessione di Sue Ellen. Siccome all’inizio non mi venivano date molte battute, il pessimo accento che ancora avevo non era così evidente. In quanto “giocatore di riserva” ebbi il privilegio di sviluppare il mio personaggio mentre andavo avanti con le puntate. Presi l’abitudine di andare al centro commerciale Neiman Marcus Northpark Mall per studiare dal vivo le ricche mogli di Dallas nel loro ambiente naturale. Come vestivano, camminavano, mangiavano, parlavano? Che abiti indossavano e con che tipo di borsa giravano? Queste signore spendevano regolarmente migliaia di dollari in un’ora senza battere un ciglio finto. I soldi non erano un problema per loro, e non poteva esserlo nemmeno per Sue Ellen. Frequentavo gli sfarzosi saloni di bellezza per osservare queste signore. Una volta origliai una donna dire alla sua amica: “Devo scappare. Devo andare a sprimacciare e piegare per il mio tesoro prima che ritorni a casa”. Chiesi poco dopo alla proprietaria del salone come mai quella donna dovesse correre a casa per fare il bucato, e venni a sapere che a Dallas l’espressione “sprimacciare e piegare” significava agghindarsi tutta. Era una pratica diffusa tra le mogli di Dallas di avere capelli e trucco perfetti e di vestirsi in modo impeccabile per accogliere i mariti quando tornavano a casa dal lavoro. Anche se Sue Ellen odiava J.R., presentarsi sempre al meglio era per lei 108 • LA STRADA PER LA FELICITÀ


motivo di orgoglio. Una sera andai ad un party al Mansion, un hotel molto elegante. Mi recai nella toilette per signore e mentre stavo mettendo il rossetto davanti allo specchio, una stupenda signora del Sud entrò e si mise accanto a me. Aprì la sua costosa borsetta di Judith Leiber e notai che all’interno c’erano un rossetto e una pistola. Dissi: “Mi scusi, quella è una pistola vera?” Lei mi guardò come se fossi una marziana, “Certo, cara. Questo è il Texas!” La mia formazione su Sue Ellen mi aveva portata in un posto strano, con consuetudini bizzarre. Dovevi essere cotonata, ingioiellata, sprimacciata, piegata, e armata in ogni momento. Imparai come truccarmi, i vezzi, il linguaggio e come comportarmi. Lentamente, il mio personaggio si evolse fino a diventare reale per me, e per i nostri fan. Io dico sempre agli attori di fare bene i compiti. Se ti documenti sul tuo personaggio, entrare nella parte diventa molto più facile e più soddisfacente. Io lo vedo un po’ come caricare l’auto di regali da portare ad un ricevimento. Non presentatevi a mani vuote altrimenti vi sentirete degli idioti. Quando arrivammo alla terza stagione di Dallas, avevo pieno controllo di Sue Ellen. Avevamo tutti preso confidenza con i rispettivi personaggi e il programma stava letteralmente decollando. Nessuno di noi all’epoca aveva una vaga idea di quanto sarebbe diventato popolare. Durante l’estate del 1980, a Dallas si bruciava. Una mortale ondata di caldo sciolse Dallas/sFort Worth e per sessantanove giorni la temperatura superò i 38 °C. In Giugno ci furono tre giorni consecutivi con il barometro a 45 °C. Potreste pensare che ogni estate in Texas faccia un caldo del diavolo. Non è vero! L’estate del 1980 mandò in frantumi tutti i record e si tenne questo infernale primato per altri trentuno anni, fino al 2011. Il picco della temperatura di 45 °C registrati dal 26 al 28 giugno 1980, resta tuttora negli annali come i tre giorni più caldi nella storia di Dallas/Fort Worth. Inoltre quello stesso mese di giugno il comico Richard Pryor si diede fuoco accidentalmente mentre si drogava. Ronald Reagan stava conducendo PREMETE IL GRILLETTO • 109



RINTOCCO DEL GONG

La mia vita seguiva una routine quotidiana. Mi svegliavo alle 4 e mezza del mattino e guidavo fino a Culver City destinazione Lorimar Studios per lavorare sul set di Dallas. Finite le riprese tornavo a casa, aiutavo i ragazzi con i compiti di scuola, studiavo la parte per il giorno dopo e poi di corsa a nanna. I miei figli adoravano dirmi che dovevo andare a letto! Per loro era il massimo dello spasso prendersi una rivincita contro di me. Ed andava al lavoro, tornava a casa e spariva nella dependance per gli ospiti accanto alla piscina, che aveva trasformato nel suo laboratorio creativo. Questo era il nostro matrimonio. Continuavo a cucinare, a pulire e così via. Sul set di Dallas, mi lamentavo della fatica che comportava essere una mamma che lavorava. Larry diceva: “Ma cosa ci sarà di così faticoso?” Facile a dirsi per lui – che aveva un matrimonio tradizionale. Mentre lui era al lavoro, sua moglie si prendeva cura della casa e cresceva i loro figli. Maj Hagman era di grande supporto ed elettrizzata per il successo del marito. Il capofamiglia a sua volta poteva contare su una fonte sicura di guadagno, adorava il suo lavoro e tornava a casa di buon umore. Io tornavo a casa esausta. Avevo assunto una governante, ma ero comunque responsabile di un milione di altre mansioni genitoriali e familiari, in aggiunta al dover lavorare per dodici ore al giorno sul set.


Anche il mio matrimonio era estenuante. In sostanza era già finito da anni, ma nessuno dei due si decideva a prendere una decisione ed andare via sul serio. La famosa canzone dei Clash “Should I stay or Should I go” (NdT: “Dovrei restare o dovrei andarmene”) uscì nel 1982, proprio all’apice della mia Guerra Fredda coniugale. I ragazzi, rispettivamente di quindici e diciassette anni, la ascoltavano senza sosta sullo stereo portatile. E pareva che fosse dappertutto: al supermercato, negli ascensori, sempre in onda alla radio in macchina. Non c’era modo di sfuggire a quella canzone e alla sua domanda cruciale.

RAGIONI PER RESTARE Non è facile mettere fine a ventidue anni di matrimonio. Abbiamo condiviso proprietà, figli, amici e una storia insieme. Le nostre vite erano intrecciate e ci sarebbero volute delle pinzette molto sottili per separarle, con molto dolore. I ragazzi erano in un’età in cui avrebbero dovuto potersi focalizzare su se stessi e sul loro futuro. Jeff stava valutando a quale college iscriversi e Kehly era in piena tempesta ormonale. Non avevano certo bisogno di un simile fulmine a ciel sereno nella loro vita familiare. I divorzi delle celebrità non venivano trattati con i guanti di velluto dai media. Con quali titoli sarebbe apparsa la notizia del mio divorzio, sulla prima pagina delle riviste scandalistiche? Non mi andava di scoprirlo. E comunque il divorzio era sempre una cosa non da poco. Al giorno d’oggi, mariti e mogli si cambiano come un guardaroba di stagione. Ma a quei tempi, il divorzio era visto come un fallimento personale e la moglie, in nove casi su dieci, era quella da biasimare. Gli spettatori rimasero scioccati dal film del 1978 Una donna tutta sola (NdT: An Unmarried Woman) con Jill Clayburgh, che parlava di una donna che, dopo essere stata piantata in asso, si ricostruisce una vita, facendo sesso ed essendo felice anche da single. Era considerato un film rivoluzionario. 126 • LA STRADA PER LA FELICITÀ


Nessuno nella mia famiglia aveva mai divorziato prima, per quanto possa ricordare. Le generazioni passate soffrivano in silenzio e sopportavano un matrimonio infelice, piuttosto che affrontare il fallimento e la disgrazia. Io mi ero abituata allo stato delle cose. Non era poi così orribile. Non avevo una vera ragione per rompere il matrimonio, non mi picchiava né mi tradiva, non si drogava neppure. Non c’era un fatto particolare sul quale io potessi puntare il dito e dire: “Ecco perché me ne sono andata”.

RAGIONI PER ANDARSENE Una voce solamente per questa categoria: ero tremendamente infelice. Pensavo: Se non metto fine a questo matrimonio, morirò. Ho tentennato per mesi su questa decisione. Betty era la mia confidente e parlavamo di qualsiasi cosa. Il suo matrimonio era rimasto segnato dalla morte di Leslie, e trascorremmo molte ore insieme per discutere dei nostri problemi. Betty inoltre comprendeva quanto io fossi riservata. Temevo di rimanere incatenata in un matrimonio soffocante e privo di supporto, ma ero anche terrorizzata di andarmene e attraversare un divorzio con i riflettori puntati addosso. Betty molto saggiamente mi consigliò “La vita è breve” disse. “Quando arriverai al punto di non poter più sopportare un altro giorno così, allora sarai pronta per andare”. E questo è quanto accadde. Fu come se uno tsunami fosse cresciuto nel corso degli anni. Quando finalmente arrivò e si abbatté su di me con violenza, seppi che non sarei potuta rimanere nemmeno per un altro giorno. Era innegabile, io me ne dovevo andare. Subito. Una volta presa la decisione di andarmene, feci di tutto per risolverla il più in fretta possibile. Senza dire nulla mi rivolsi ad un agente immobiliare di Malibu ed iniziai a cercarmi casa. Ne affittai una ammobiliata, sulla spiaggia – ad un chilometro soltanto da quella di Larry e Maj. Non ne parlai con nessuno. Una volta firmato il contratto di affitto, tornai a casa e preparai un borsone con degli abiti e uno spazzolino da denti. Quando Ed tornò a casa gli dissi: “Non ce la faccio più a restare con RINTOCCO DEL GONG • 127



GODITI OGNI CORSA I N B I C I C L E T TA COME SE FOSSE L’ U LT I M A D E L L A T U A V I TA

La notte precedente al mio primo giorno da regista sul set di Dallas non riuscivo a dormire, ero tesa e stressata. Avevo quasi rischiato di perdere il lavoro per ottenere questa opportunità, ed ero disposta a tutto pur di non fallire. Me ne stavo seduta a gambe incrociate sul letto, con fogli di carta sparpagliati davanti a me, una dozzina di liste scritte sul mio fidato taccuino giallo a righe, i copioni coperti di appunti e annotazioni. Avevo controllato e ricontrollato tutte le voci di ogni lista, mi ero scritta un milione di appunti, ero praticamente pronta a tutto. Il telefono squillò. Era Betty, ci sentivamo al telefono più volte durante la settimana. “Hai chiamato per augurarmi buona fortuna?” le chiesi disinvolta. “Ma certo! In bocca al lupo domani per il tuo gran giorno” mi rispose. Ma sentivo che sotto c’era dell’altro. “Ehi, che succede?”


Betty sospirò emettendo un lieve rantolo, come se avesse pianto. “Linda, ho il cancro al seno” disse in un fiato e poi crollò. Erano passati sei anni da quando un’automobilista drogata aveva ucciso mia nipote, Leslie. Non era stato un periodo facile per Betty e per suo marito. Perdere la sua primogenita e unica figlia femmina gettò Betty in una spirale discendente. Se non fosse stato per suo figlio Mike, forse sarebbe annegata nel dolore. Ed ora era arrivata un’altra tragedia. Mi disse che era andata da un medico perché ultimamente spesso aveva problemi di stomaco. Durante la visita, il medico scoprì una massa nel suo seno sinistro e la mandò da un oncologo. Questo oncologo fu piuttosto brusco mentre la esaminava, e iniziò a farle pressione affinché si sottoponesse ad una mastectomia e iniziasse subito una chemioterapia molto aggressiva. “Mi sbraitava contro” mi confessò Betty, che era già abbastanza terrorizzata e non aveva bisogno di un “guaritore” prepotente che la intimidisse. “Mi sembra un vero coglione” le dissi. “Non fare niente fino a che non troviamo un altro medico con il quale ti senti a tuo agio”. Ero in uno stato di shock. La mia sorellina aveva il cancro. Aveva soltanto trentanove anni. Lo shock mi fu comunque d’aiuto. Se la paura e il dolore si fossero impadroniti di me, non sarei stata più in grado di rimettermi al lavoro. Spinsi tutte le carte giù dal letto. Quello che era stato un’ossessione fino a due minuti prima, adesso mi sembrava completamente insignificante. Mi armai di un nuovo taccuino e cominciai a stilare una nuova Lista Di Cose Da Fare. Punto numero uno: chiamare Nancy Brinker. Tramite alcuni amici a Dallas, avevo incontrato Nancy Brinker, una donna incredibile che nel 1982 creò una fondazione per trovare una cura per il cancro al seno, dopo che la sua unica sorella morì di questa malattia a soli trentasei anni. Il nome di sua sorella? Susan G. Komen. Negli anni a venire, la piccola fondazione di Nancy avrebbe raccolto quasi due miliardi di dollari. Lei stessa era sopravvissuta alla sua battaglia contro la malattia e nel 2009 fu premiata con la Medaglia d’Onore Presidenziale da Barack 166 • LA STRADA PER LA FELICITÀ


Obama. Nel 1985, quando a Betty fu diagnosticato il tumore, la fondazione era ancora agli inizi, ma se qualcuno poteva aiutare Betty a trovare un bravo oncologo che le fosse di supporto, quella persona era Nancy. Betty riuscì a parlare con il dottore che seguiva Nancy, che per combinazione si trovava a Dallas, e si trovò bene con lui. Alla data in cui venne fissato l’intervento, io ero già tornata a Los Angeles. Tornai in Texas il giorno dell’operazione per starle vicina, ma non potei rimanere a Dallas per il suo primo ciclo di chemioterapia. Ero contenta che le piacesse il suo dottore, ma essere così lontana da casa rese le cose più difficili per Betty. I nostri genitori erano tornati a Palm Springs, suo marito e suo figlio erano a Los Angeles; sono sicura che avremmo potuto trovare un dottore più vicino al suo team di supporto, ma Betty fece quello che ritenne più giusto per lei. Quando non potevamo stare insieme, ci tenevamo costantemente in contatto. Le spedivo ogni settimana dei pacchi con tute comode e carine, cibo che riusciva a mandare giù senza star male, e parrucche; ma era comunque molto dura per lei non averci tutti vicino. Mio cognato, Tim, reagì alla notizia del cancro di Betty iniziando ad allenarsi per una maratona. Nel senso che fuggì letteralmente dalla realtà. Dire che ero arrabbiata con lui è un eufemismo, ma Tim non sapeva cosa fare o come poter essere di aiuto. Gli uomini hanno bisogno di essere educati su come affrontare le conseguenze pratiche ed emotive dell’avere una moglie ammalata di cancro. Quando ad una donna viene tolto il seno, teme di aver perso la sua femminilità. Un marito che la sapesse rassicurare sarebbe stato incredibilmente d’aiuto per Betty e tutta la famiglia. In breve tempo il cancro entrò in remissione. Dopo due cicli di chemioterapia, trascorse un paio di mesi di salute relativamente buona. Mi ricordo la telefonata che mi fece il giorno del suo quarantesimo compleanno per dirmi che era uscita a fare un magnifico giro in bicicletta. Il solo fatto di sentirsi bene abbastanza da poter uscire di casa e godersi l’aria fresca era un trionfo. E quella fu la sua ultima corsa. Quando il cancro ritornò, provò tutta una serie di trattamenti, alternando periodi di speranza ad altri di scoraggiamento, periodi dentro e fuori dagli ospedali, GODITI OGNI CORSA IN BICICLETTA COME SE FOSSE L'ULTIMA DELLA TUA VITA • 167



I PERICOLI NELLO SCALARE LA MARCIA

Uno dei tanti miti riguardo il diventare anziani è che devi rallentare i ritmi. La metafora è la seguente: sfrecci attraverso la gioventù tenendo la quinta e poi gradualmente scali la marcia man mano che l’età avanza, fino a che praticamente ti muovi strisciando mentre le auto dietro di te hanno la mano fissa sul clacson. Questa non è mai stata la mia attitudine. Ho continuato a lavorare, sebbene l’età ufficiale per il pensionamento a sessantacinque anni sia passata da un pezzo, e mi sono cimentata in quasi ogni campo possibile della recitazione. Ho fatto parte di una compagnia teatrale itinerante in Europa, viaggiando in lungo e in largo a bordo di un pullman, passando dalle piazze di paese fino a portare in scena Il Laureato nel West End di Londra. Ho lavorato in un’infinità di film per la TV, ho recitato dei cameo in diverse serie TV, ho fatto cortometraggi e film veri e propri. Ho anche fatto teatro di improvvisazione e persino un periodo come attrice di soap opera con un ruolo stabile in Beautiful. (E lasciatemi dire che è stata una vera scuola, considerando il mazzo che mi sono fatta. Dovevo


memorizzare venti pagine di dialogo al giorno per dieci episodi. Tanto di cappello e massimo rispetto per gli attori delle soap. Sono le menti più veloci e i lavoratori più infaticabili nello show business). Io considero la recitazione un processo educativo continuo. Ho avuto la fortuna di incontrare nel corso della vita molte persone di talento dedite al nostro mestiere, e ho potuto imparare da ogni esperienza, apprezzando tutti quei momenti con profonda gratitudine. Non ho nessuna intenzione di rallentare, professionalmente o intellettualmente. Conosco tanti sessantenni e settantenni che hanno letteralmente scalato la marcia. Per prima cosa, sono andati in pensione. Poi si sono trasferiti in Florida. Dopodiché hanno smesso di fare attività fisica, di viaggiare, e di divertirsi in compagnia degli amici, fino al punto che tutto quello che fanno è starsene rinchiusi nei loro residence a guardare la TV e lamentarsi dei vicini. Una signora di mia conoscenza non fa assolutamente nulla: ha una domestica che le tiene la casa pulita, ordina i pasti al ristorante e se li fa consegnare, ha una persona che va a sistemarle periodicamente gli armadi. Fa acquisti online invece di uscire e andare per negozi, e quelle poche volte che si avventura fuori casa lo fa solo in auto. Abita nel Sud, in un complesso residenziale per anziani, e prende l’auto anche per spostarsi dal suo appartamento alla piscina, a tre isolati di distanza. La sua attitudine le fa dire: “Ho abbastanza soldi per pagare le persone e farle lavorare al posto mio. Non sono obbligata a camminare se non ne ho voglia; quindi perché dovrei farlo?”. Ha settantacinque anni e se ne va in giro scricchiolando e cigolando come se ne avesse novanta. Ogni giorno che passa affonda sempre più nel divano, aspettando che qualcuno arrivi ed esegua le mansioni che lei gli affiderà. Questa donna ha scalato le marce nella sua vita fino a fermarsi completamente. Intendiamoci, nemmeno io sono una patita del pulire i pavimenti. Ma se vi rifiutate di fare anche le cose più semplici, finite con il diventare ciò che più vi spaventa della vecchiaia – dipendenti dagli altri, deboli e incapaci. Se vi preparate da sole la cena e vi pulite il bagno senza l’aiuto di 202 • LA STRADA PER LA FELICITÀ


nessuno, riuscirete a cucinarvi i pasti e strofinare le piastrelle della doccia per molti altri anni a venire, anni felici e in buona salute. Anche le faccende domestiche possono diventare esercizi di potenziamento, dei semplici modi per rinforzare i muscoli e tenere la mente lucida. Lavare e affettare le verdure ogni sera suona come una gran rottura di palle. Ma nel corso degli anni svilupperete una dimestichezza eccezionale con il coltello. Se invece le comperate già lavate, pulite e tagliate, non ci guadagnate niente. Lasciarsi andare riduce in polvere la vostre passione, la vostra energia. Non smettete mai di provare a fare nuove esperienze, o dedicarvi a piccole incombenze, seppure di poco conto – e sappiate apprezzare la vostra capacità nel riuscirci. Altrimenti, la vita diventa nient’altro che una lunga attesa, ma non per il treno o per andare ad un appuntamento. Quello che vi aspetta è il niente, il vuoto. Per evitare tutto questo, chiedetevi: “Che cosa sto aspettando?”, alzatevi e fate qualcosa, qualsiasi cosa che vi tenga in movimento e ancora attivi nel mondo. Non è necessario che sappiate dove state andando. A dire il vero, è meglio se non lo sapete. Vi sarà capitato di viaggiare in una città sconosciuta e di perdervi mentre vi recate al ristorante tanto raccomandato dalla guida. Invece “inciampate” in un tesoro nascosto che si scopre essere più divertente e memorabile del posto in cui eravate diretti. Oppure entrate in un negozio per acquistare un vestito e finite per trovare un maglione così comodo che lo conserverete per tutta la vita. Ho imparato ad essere aperta all’inaspettato. La Serendipità, il fato, sono magie che si manifestano quotidianamente. E potete aiutarle con il giusto spirito di avventura. Non si può mai sapere in quali gemme nascoste o scoperte importanti potreste incappare. Quel minuscolo bistrot potrebbe servire il cibo più buono che avete mai assaggiato. La signora di nome Gerry che gestisce il negozio di cibo biologico potrebbe essere la vostra fata madrina. Siate aperti. Non restate rinchiusi in una situazione. Quando vi I PERICOLI NELLO SCALARE LA MARCIA • 203



CAMBIARE PELLE

Girammo l’episodio finale della terza stagione di Dallas 2.0 nell’aprile del 2014, e poco dopo venimmo informati che c’era stato un cambio di guardia alla TNT, la rete per cui lavoravamo. Il nuovo vertice si insediò e non era sicuro di riportare sugli schermi Dallas per la quarta stagione. Io e il mio Dugie ritornammo nella nostra casa in California, ad oziare ed andare in paranoia per un po’. Siccome ero sotto contratto, non ero libera di accettare un altro lavoro fino a quando non veniva presa una decisione definitiva. Nessuno di noi poteva. L’intero cast e i tecnici aspettarono sulle spine per sei mesi senza salario, con la frustrazione ed un senso di impotenza che crescevano ogni giorno di più. Finché, in ottobre, degli sconosciuti ci telefonarono e senza troppe spiegazioni ci licenziarono tutti. Eravamo diventati una famiglia, ed i nuovi padroni della rete ci avevano fatti a pezzi. Questa è la parte triste della storia. Per altri versi, ero furiosa. Come avevano potuto trattarci con tanta mancanza di rispetto e negarci la possibilità di accettare altri lavori per sei mesi? Avevano tenuto ingiustamente in sospeso noi e i nostri fan. Posso capire che quando subentra una nuova dirigenza si vuole ricominciare da capo. Ma avevamo lasciato così tante storie aperte alla fine della terza stagione, così tante domande senza una risposta. Il cast fece pressioni alla rete affinché si


potesse ritornare per un’ultima stagione, per concludere e dare un senso a tutto. Ricevemmo oltre un milione di tweets sull’hashtag #savedallas, ma sembrò che alla TNT non gliene importasse poi tanto. Avevamo chiuso. Oltre alla mia ira, mi era rimasto anche un problema di ordine pratico. Avevo un appartamento pieno di roba a Dallas, di cui dovevo occuparmi. Mi sono preparata in casa la maggior parte dei pasti mentre ero lì e avevo attrezzato la cucina completamente. Ora, tra Dallas e Los Angeles, avevo il doppione di ogni cosa. Due spremi aglio, due macina caffè, due frullatori. L’idea di inscatolare tutta quella roba mi ripugnava, così continuai a pagare l’affitto, nella speranza che lo show venisse miracolosamente salvato dalle fauci della sconfitta per opera di un altro network. Ma, trascorsi alcuni mesi, dovetti prendere atto che non sarebbe mai successo. Avevo già un magazzino pieno di vecchi mobili e la soffitta della dependance stava scoppiando di scatoloni. Il garage era così zeppo che non poteva entrarci l’auto. Avevo vissuto nella stessa casa per quarant’anni e non avevo mai avuto l’opportunità di mettermi seriamente a buttare via qualcosa. Non solo non me ne liberavo, ma ne aggiungevo altra, inclusi i trenta faldoni di documenti contabili che mi erano stati recapitati dal mio commercialista. Aveva deciso di mandare via tutti i clienti al di sotto una certa soglia di reddito. Ed io ero una di questi. Mi organizzai affinché tutto ciò che era rimasto nel condominio di Dallas venisse imballato e spedito a Los Angeles, e poi stipai tutto nella stanza degli ospiti. Montagne di scatole che arrivavano al soffitto. L’idea di passarle in rassegna era troppo scoraggiante, per cui chiusi la porta e le ignorai. Poco tempo dopo, mentre stavo lavorando in giardino, chiedendomi che diavolo avrei dovuto farne di una vita intera di roba accumulata, la parola shed (NdT: uno dei significati di questa parola è “capanno per gli attrezzi”) mi attraversò la mente. In effetti avevo un ripostiglio che al momento era pieno di attrezzi, terriccio, ceppi di legna per il camino. Forse potevo infilarci le scatole provenienti da Dallas, e spostare gli incartamenti del commercialista dal deposito al garage, da cui avrei tolto gli scatoloni 226 • LA STRADA PER LA FELICITÀ


di ciarpame e gli avrei trovato dello spazio in solaio… E in quell’istante il mio inconscio mi tirò un calcio nel sedere e mi disse: “Non intendevo questo. Ho detto «shed» (NdT: gioco di omonimia, un altro significato di questo termine può essere «liberare», «rinnovare», «lasciar cadere», poiché il suo significato principale è quello di fare la muta come un rettile). La risposta al mio problema di accumulo era disfarmene, come un pelle morta che non mi serve più. Avrei fatto come un serpente e avrei venduto o regalato tutto quello che proveniva dalla casa di Dallas. Quello che non potevo dare via, tipo tutti i miei vecchi documenti fiscali, li avrei triturati. Non mi servivano. Non li volevo. Me ne sarei liberata. L’idea di liberarmi di tanta della roba che avevo conservato mi fece sentire bene, correvo su e giù per la casa e dovunque guardassi, trovavo qualcosa che non vedevo l’ora di buttare. Quando hai venti o trent’anni, tutto ruota intorno alle aspirazioni. Si sogna in grande e si immaginano le cose e i ricordi che avremo in un giorno lontano. Nella fase dei quaranta, cinquanta e sessant’anni si accumula e ci si riempie la vita di beni ed oggetti che rinforzano il nostro status e sono una prova dei traguardi raggiunti. Quando arrivi ai settanta, la vita è soprattutto incentrata sulla valutazione. Guardi ogni oggetto, emozione e relazioni e ti chiedi: “Ma mi serve davvero?”. Se la risposta è “no”, te ne liberi in men che non si dica. Non è una questione di essere troppo vecchi o deboli per portarsi dietro tutta quella roba. Semplicemente non vedi a che scopo trascinarsi ancora in giro ‘sti gran mucchi di merda. È peso morto. Iniziai a stilare i miei elenchi, sui soliti taccuini a fogli gialli rigati, di stanze da ripulire e di cose che avevo accumulato nel corso di una vita intera. La lista diventò interminabile, per cui la misi da parte e mi misi all’opera. Per prima cosa andai verso il mio armadio, che conteneva centinaia di capi indossati solo una volta – pantaloni che non mi andavano più, magliette che ho odiato sin dal loro acquisto nel 1995, abiti che erano di CAMBIARE PELLE • 227



RINGRAZIAMENTI

Scrivere un libro può metterti a dura prova – e questo è un dato di fatto. E siccome questo è il mio primo libro, sono stata accompagnata ad ogni singolo passo da gente straordinaria. Avevo conosciuto Jan Miller negli anni ‘80 durante le riprese di Dallas. Siamo rimaste amiche per tutti questi anni e quando ci siamo incontrate a cena una sera di due anni fa, mentre stavamo girando il nuovo Dallas, le raccontai che ero stata contattata con la proposta di scrivere un libro e chies un suo parere. Nel frattempo lei era diventata l’agente letterario numero uno sul mercato, aveva lanciato centinaia di libri entrati nella classifica dei best seller del New York Times. Jan si appoggiò allo schienale della sedia, mi rivolse uno sguardo che non aveva nulla da invidiare a quello di Sue Ellen, e mi disse: “Non puoi scrivere un libro senza di me!” Io ero al settimo cielo ed ebbi la sensazione che sarei stata in ottime mani con lei al timone di questa nuova avventura. Continuava a chiedermi: “Qual è il messaggio che vuoi trasmettere?” Le sarò grata in eterno per la sua amorevole guida. Mi indirizzò a Nena Madonia, che volli adottare immediatamente! È in gamba, sagace, con l’energia di un colibrì ed è totalmente dedicata al dare ad un libro la sua forma migliore. Come avrei potuto farcela senza Jeffrey Lane nella mia vita? Jeffrey è


il mio addetto stampa e abbiamo lavorato insieme per venticinque anni! Ci parliamo ogni mattina, puntuali come due orologi svizzeri, e mi è stato costantemente di supporto sia nei momenti buoni che in quelli brutti. Che tu sia benedetto e grazie per esserti preso cura di me così magnificamente Jeffrey. Quando incontrai Judith Regan a New York per la prima volta, mi sentii trasportata verso di lei come un’amica ritrovata dopo tanto tempo. Dopo soli cinque minuti mi sembrava di conoscerla da sempre. Eravamo due donne adulte che potevano discutere di argomenti nei quali i giovani non potevano riconoscersi. Quando acconsentì a pubblicare il mio libro ne fui entusiasta. Le ultime parole che mi rivolse furono: “Sii audace”. Valerie Frankel… una scrittrice straordinaria. A causa degli orari folli sul set di Dallas, spedivo a Val le mie bozze sui miei fidati fogliettini gialli rigati, e lei miracolosamente li rendeva comprensibili. Venne a casa da me per incontrarmi di persona, e da quella volta in poi i nostri appuntamenti si tennero su Skype, specialmente nel periodo in cui lavoravo a Londra. Un grazie non sarà mai abbastanza per dirti quanto ti sono grata per il tuo continuo supporto. Alexis Gargagliano è un angelo. Ci incontrammo a New York nell’ufficio di Judith, dove lei se ne stava seduta con parecchie annotazioni su Post-it che spuntavano dal manoscritto. Correzioni, domande, cancellature e tutte le altre cose che un editor molto competente fa, Alexis le fa molto bene. Il mio terrore si trasformò in calma nel momento in cui iniziò il suo lavoro insieme a me. È chiara, tranquilla e premurosa! Insomma tutto quello che potevo desiderare in un editor! Grazie, mia cara Alexis. Ci sono tante altre persone alla Regan Arts, ricche di talento e creatività, che hanno contribuito a questo progetto: Kurt Andrews, George Bick, Tracy Brickman, Lynne Ciccaglione, Richard Ljoenes e Nancy Singer. Ho apprezzato profondamente l’attenzione che avete riposto su ogni singolo dettaglio di questo libro. Avete fatto in modo che dall’istante in cui vi ho consegnato la mia “creatura”, questa venisse accudita e protetta fino ad opera compiuta. 298 • LA STRADA PER LA FELICITÀ


Benedico tutte le persone che ho nominato nel libro, poiché è grazie a loro che ho vissuto queste avventure. E benedico gli uomini che sono comparsi nella mia vita per le lezioni che ho appreso su come vivere le relazioni. Ecco cosa è stata per me questa esperienza. Un’avventura che mi ha trascinato controvoglia in angoli della mia mente che pensavo di aver rimosso. Spero che Jan Miller abbia trovato il messaggio che andava cercando, e spero di essere stata abbastanza audace per Judith Regan. Con profonda gratitudine a tutti voi per aver reso memorabile il mio settantacinquesimo compleanno.

RINGRAZIAMENTI • 299


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