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VITTORIA, QUATTRO SECOLI DI STORIA

Nel 1600, quello che oggi definiamo territorio di Vittoria era compreso nel vasto territorio di Chiaramonte, nella contea di Modica. La città di Vittoria nasce il lontano 24 Aprile 1607 per volere contessa Vittoria Colonna Henriquez Cabrera1, rimasta vedova del marito Ludovico III2, Almirante di Castiglia, duca di Medina de Rioseco e conte di Modica. Trovandosi in difficoltà economiche, decise di chiedere al Re di Spagna la concessione per la fondazione di un nuovo insediamento, questo le avrebbe consentito di risollevare il patrimonio familiare. La scelta del luogo di edificazione fu proprio quello vittoriese: Re Filippo III3, infatti, decise di stipulare un bando autorizzando la costruzione di un nuovo villaggio nella selva di Boscopiano, decidendo di nominare quel luogo come “Vittoria”, in onore della sua fondatrice. Vittoria Colonna commissionò la costruzione, in segno di ringraziamento, della chiesa S. Giovanni Battista formando il primo centro urbano, attirando così i coloni Vizzinesi, Chiaramontini, Ragusani e Comisani, offrendogli immobili già edificati a prezzi irrisori, componendo così i primi due quartieri: quello di S.Giovanni Battista e quello di S. Vito.

Nel 1610 a Vittoria abitavano circa 400 famiglie. L’aumento demografico è da attribuire all’arrivo di nuove popolazioni che decisero di colonizzare nuove terre rimaste fino a quel momento selvatiche4. Venne così a formarsi un’economia agricola composta

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1 (Marino, 10 dicembre 1558 – Medina de Rioseco, 4 gennaio 1633) 2 Detto Luigi (…- Modica, 1600) 3 (Madrid, 14 aprile 1578 – Madrid, 31 marzo 1621) ⁴ “Selvàtico (tosc. e region. salvàtico) agg. [lat. silvaticus (lat. volg. salvaticus), der. di silva «selva»] (pl. m. -ci, ant. o dial. -chi). – 1. a. Di pianta, che nasce spontaneamente e cresce e vegeta senza cure: fico, pesco, olivo s.; erbe s.; fiori s.; rose s., ecc.; per la vite s., v. vite1. Come s. m., in agraria, il soggetto sul quale viene eseguito l’innesto, qualora provenga da semi di specie spontanea: innestare sul s.; si contrappone a gentile. b. Ricoperto di selve, di piante selvatiche: un luogo s.; per estens., incolto; anche sost., un s., un terreno ricoperto da piante selvatiche, non coltivato: è nel mezzo di questo giardino un salvatico d’altissimi e folti cipressi (Vasari); talora, invece, solitario, abbandonato, deserto: s’avenne in un luogo molto salvatico della città: dove veduta una gran grotta, in quella per istarvi quella notte si mise (Boccaccio). 2. a. Di animale, che vive in libertà (contrapp. a domestico): il cervo è un animale s. (o che vive allo stato selvatico). Riferito direttamente al nome d’un animale, serve a distinguere la forma non addomesticata da quella domestica della stessa specie: coniglio s., gatto s., capra s.; asino s., l’onagro; porco s., il cinghiale. Per estens., nel linguaggio medico, di malattia trasmessa all’uomo da animali selvatici (per es., rabbia selvatica). b. Come s. m., l’odore e il sapore forte e penetrante caratteristico degli animali selvatici e della loro carne.” Vocabolario della Lingua Italiana, Treccani

da braccianti divisi in 3 categorie: jurnatari (lavoratori a giornata al lavoro dei campi), jarzuni (ingaggiati per almeno un anno addetti alle masserie) e spalaturi (lavoratori di canapa), invece le donne sono in maggioranza casalinghe. Successivamente le condizioni di vita migliorarono grazie all’aumento del reddito, incrementato grazie all’espansione agricola che andò a risanare una popolazione fino a quel momento disoccupata e oppressa dalla miseria e dai debiti. L’11 Gennaio 1693 ore 17 (corrispondenti alle ore 24 di oggi), la Sicilia Orientale venne colpita da un forte terremoto che rase al suolo tutti i centri abitati. L’epicentro venne identificato nella valle di Noto, tutte le città della Contea di Modica e della Val di Noto vennero distrutte; si trattò di un evento sismico così devastante da causare circa 60000 morti. I danni Causati a Vittoria non sono stati documentati per quanto riguarda gli edifici abitativi, a differenza delle chiese che rimasero profondamente danneggiate o completamente distrutte.

“La notte del 9 gennaio 1693 verso le ore quattro e mezzo vi fu per tutta l’isola una scossa di terra, la quale nel Val di Mazara fu alquanto leggera, ma nei due Valli di Noto e di Demone fu così forte e violenta che atterrì tutti gli abitanti ed arrecò grande calamità. Le tenebre della notte, come è naturale, ne accrebbero il terrore. Gli abitanti sortirono delle loro case ed andarono nelle campagne e nelle piazze per non essere seppelliti dalle fabbriche, dove ebbero a soffrire i rigori del rigido inverno, fino che fu un giorno; allora crebbe lo spavento, nel vedere le loro abitazioni aperte e vicine ad essere diroccate. Ma qual fu la loro angustia quando in capo a due giorni, cioè agli undici del detto mese, sulle ore ventuno, replicò questo flagello con maggior furia del primo, si squarciò la terra dalle sue viscere, caddero i più magnifici edifizii, così sacri che profani e si aprirono della caverne che ne inghiottirono i viventi.”5

La città dopo il terremoto viene riedificata sul pianoro delimitato dalla schiena della valle dell’Ippari6; la propagazione della città continua nella direzione opposta al margine della valle. Sintomo

⁵ G.E. Di Biasi, Storia del Regno di Sicilia, Ristampa ed Dafni, 1981, vol. III, pag. 249 ⁶ Fiume della Sicilia sud-orientale, lungo 28 chilometri. Nasce dal monte Serra di Burgio a circa 800 m, segna il confine tra i comuni di Vittoria e Ragusa. Sfocia nel Mar Mediterraneo tra Scoglitti e Punta Braccetto.

di tale tendenza è da rilevarsi, ad esempio, nel decentramento del Castello Colonna Henriquez e dalle chiese costruite in precedenza. Questa ri-progettazione della città ha portato la configurazione di nuove strade larghe e dritte, confluenti in ampie piazze per mantenere agibile la viabilità in caso di crolli, a fronte della minaccia sismica. La città viene ridisegnata come una vera e propria scacchiera le cui maglie ortogonali si rivelano utili per il tessuto urbano, nonostante la ripetitività noiosa. Questo schema probabilmente è di origine militare, anche se è più corretto ricondurlo ad un sistema classico ovvero quello della pianta Ippodamea7. Sistema già stato utilizzato nella Sicilia Greca come, ad esempio, a Kamarina. Per quanto riguarda la zona rurale, essendo le campagne di Vittoria fonte enorme di ricchezza, la riconfigurazione territoriale fu caratterizzata dalla costruzione di casaleni al di fuori della maglia cittadina, per facilitare i contadini a prendersi cura delle proprie terre in modo continuo. Questo comportò la costruzione di infrastrutture volte al collegamento di ogni singolo elemento puntiforme in questo "mare agricolo" facilitando così anche il trasporto in città dei prodotti coltivati.

Il primo Piano Regolatore, prodotto nel 1881, fu fortemente voluto dall’allora sindaco Rosario Cancellieri e dall’ ing. Eugenio Andruzzi. Nel Piano il centro storico nella parte Sud-Est rimaneva inalterato in prossimità del dirupo della Vallata dell’Ippari, mentre il resto della città si sarebbe dovuto propagare verso Ovest e Nord-Ovest, occupando lotti non edificati. L’obiettivo del sindaco era conservare l’impianto viario consolidato tra il ‘600 e l’800, prevedendo però la costruzione di opere pubbliche nonché la proibizione di costruire in periferia, solo così la città sarebbe potuta diventare compatta evitando inutili espansioni.

“[...] fu il tentativo di conservare la città ereditata dal ‘700, a fronte

⁷ "Ippòdamo di Mileto (Architetto greco (sec. 5º a. C.). Fu un teorico e uno scrittore di problemi urbanistici, e al tempo stesso uno dei precursori di Platone nell'elaborazione di teorie politiche sulla costituzione statale. Questi concetti filosofici e politici influenzarono forse le sue teorie sulla organizzazione delle città, con planimetrie regolari e sistemazioni a terrazze quando il terreno fosse scosceso: criterî che preesistevano certo a I., ma che in lui trovarono una elaborazione nuova con la suddivisione armonica delle vie (poche arterie longitudinali assai larghe, intersecate da poche arterie ortogonali; edilizia privata assai curata, ma con criterî di eguaglianza)." Vocabolario della Lingua Italiana, Treccani

di una esigenza che la città aveva di dilatarsi, perchè fosse nuova e moderna, perchè rispondesse alla crescente domanda di nuovi suoli edificabili richiesti dalla espansione demografica senza perdere il carattere originario e la memoria su cui riposavano la sua storia e la sua civiltà”8

La città continuò la sua crescita, dai 695 abitanti circa del 1616 arrivò alla fine del’700 a circa 10.000 abitanti, dotandosi di infrastrutture come ad esempio l’asse viario Vittoria-Comiso. Vittoria divenne anche molto ricca grazie alle coltivazioni. La produzione di vino divenne la maggiore fonte di guadagno grazie alla sua qualità, preannunciando l’eccellenza siciliana dei giorni nostri. La società vittoriese, ormai divenuta borghese arricchendosi, sentì il bisogno di nuovi stimoli intellettuali così, per soddisfarli, si investì nella costruzione di teatri permettendo alla cittadina sicula l’apertura al mondo dell’arte. Infatti tra la fine dell'800 e il primo trentennio del ‘900 la città cambiò lo stile architettonico introducendo la maniera Liberty. Fu così che i palazzi nobiliari vennero decorati tramite motivi floreale.

“Ma non sarà nè barocca nè tardobarocca la fisionomia urbanistica di Vittoria. Essa assumerà il suo volto preminente tra Ottocento e la prima metà del Novecento, contestualmente ad una consistente crescita economica, nè basterà la più significativa delle sue opere neoclassiche, un vero simbolo laico, il Teatro Comunale, inaugurato nel 1877, progettato dall’ing. Giuseppe di Bartolo Morselli di Gela e portato a termine dall’ing. Giuseppe Mazzarella a caratterizzare la fisionomia di Vittoria, ma occuperà l’apporto delle opere architettoniche che infiorano via Cavour e le altre vie del centro storico per garantire alla città una dignità ed una qualità architettonica urbana che, in una sintesi non comune di linguaggi, la connotano come una delle più significative della Sicilia dell’Ottocento e del primo Novecento”9

Dopo la seconda guerra mondiale, purtroppo, Vittoria si ritrova profondamente danneggiata e sotto il profilo urbanistico la città rimane bloccata. La situazione cambiò solamente tra il 1950 ed il 1980 periodo in cui si verifica una crescita incontrollata, smisurata e disordinata. Fu così che l’espansione disorganizzata e abusiva portò alla più totale anarchia: ecco la Sylva.

Kamarina, planimetria della città, Paola Pelegatti

Espansione Abitato Vittoria, Variante Generale al P.R.G., schema di massima 2017, Comune di Vittoria

Fasi di crescita del centro urbano di Vittoria, PRG di Susani, Mazzamuto, Ferrante, in Giuseppe Raniolo, la nuova terra di Vittoria dagli albori al settecento, edizioni comune di Vittoria

Fasi di crescita del centro urbano di Vittoria, PRG di Susani, Mazzamuto, Ferrante, in Giuseppe Raniolo, la nuova terra di Vittoria dagli albori al settecento, edizioni comune di Vittoria

Fasi di crescita del centro urbano di Vittoria, PRG di Susani, Mazzamuto, Ferrante, in Giuseppe Raniolo, la nuova terra di Vittoria dagli albori al settecento, edizioni comune di Vittoria

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