Canovaccio: proposte per migliorare l'efficacia del copione teatrale

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Canovaccio Proposte per migliorare l’efficacia del copione teatrale

Studente Erica Volpini matricola n.1025 Relatore Leonardo Romei ISIA Urbino Tesi di Diploma Accademico di I Livello in Progettazione Grafica e Comunicazione Visiva A.A. 2012/2013

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Composizione tipografica in Gentium Basic di Victor Gaultney Chivo di Omnibus-Type Stampato presso Digital Team s.a.s. di Mariani Marco via dell’Artigianato, 1a 61032 Fano (PU), Italy


VLADIMIRO Prima di partire gli dica di cantare. POZZO A chi? VLADIMIRO A Lucky. POZZO Di cantare? VLADIMIRO SĂ­. O di pensare. O di recitare. Samuel Beckett, Aspettando Godot

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INDICE

Abstract

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Premessa

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1. Basi teoriche 1.1 la semiotica teatrale 1.2 caratteristiche semiotiche del testo teatrale 1.3 a che punto della ricerca semiotica si colloca il progetto 1.4 la progettazione secondo visioni e teorie semiotiche

5 5

2. Cos’è il copione teatrale 2.1 artefatto comunicativo 2.2 a cosa serve 2.3 pratiche coinvolte nell’uso del copione 2.4 metodologie e uso del testo per la messinscena

61 61 69 73

3. Utenti 3.1 i diversi tipi di fruitori 3.2 i bisogni e le problematiche

83 83 93

4. Progettazione 4.1 analisi delle componenti dell’elaborato 4.2 il copione usato dai fruitori 4.3 excursus storico sull’elaborato 4.4 elaborati con caratteristiche simili

109 109 119 125 143

19 27 29

79


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5. Elaborati finali 5.1 tappe della progettazione 5.2 il copione per l’attore 5.3 il copione per il regista 5.4 il copione per il tecnico 5.5 elaborati definitivi

151 151 159 171 181 189

Conclusioni

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Fonti Iconografiche

207

Bibliografia

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Sitografia

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> pag 8

vai a esempio o immagine

1.4 pag 37

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1.4 pag 37

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Abstract

ABSTRACT

Inquadrare e chiarire alcune questioni-chiave della semiotica del teatro utili nel lavoro sul particolare contesto dell’artefatto comunicativo del copione teatrale, con l’obiettivo di riconcepirne la struttura dal punto di vista dell’architettura dell’informazione, tenendo conto della metodologia sinsemica.

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Premessa

PREMESSA

L’ambito di studio della tesi è quello del “copione” (o staged text) che, in quanto pratica comunicativa e artefatto in grado di veicolare messaggi, può essere indagato come insieme di segni, ed essere analizzato secondo il metodo della semiotica. Si è quindi proceduto alla lettura di alcuni dei maggiori testi di semiotica teatrale, ripercorrendone la storia ed i dibattiti principali, con l’obiettivo d’analizzare e riconcepire l’artefatto che per eccellenza sta tra il testo drammatico e la messinscena: il copione. Solo dopo aver analizzato a fondo la storia, le funzioni e le strutture della comunicazione teatrale si è potuto riprogettare un simile strumento di lavoro e mezzo di studio (strutturale del testo, prima, col regista; e mnemonico durante le prove, poi, con gli attori), al fine di ottenere una nuova organizzazione dei contenuti che possa renderne più agevole ed efficace l’uso da parte dei fruitori (attori, registi, tecnici).

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BASI TEORICHE 1.1 LA SEMIOTICA TEATRALE

La semiotica del teatro è considerata un’area di ricerca e di sviluppo della disciplina semiotica generale, che ha come particolare ambito di studio i segni implicati nella pratica teatrale, nei testi, nella messinscena e in tutta la comunicazione che si verifica nel settore. Teatro e comunicazione Consideriamo la rappresentazione teatrale come un fatto di comunicazione: il messaggio, nel suo significato più ampio (quindi anche artistico) sarà veicolato da segni che fungono da stimolo al riconoscimento, all’apprendimento, a reazioni affettive e fisiche; attuando quindi una pratica comunicativa. Il teatro come atto comunicativo è sempre stato un prezioso contenitore di messaggi ed un evento socioculturale in cui la visione politica ed economica sono sempre stati fattori determinanti “nella costruzione dei segni, nel significato dello spettacolo” influenzando la rappresentazione teatrale. Inoltre, lo statuto primario e fondamentale dell’atto comunicativo teatrale è l’hic et nuc, il qui e ora che caratterizza tutta l’analisi e l’articolazione semiotica.

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Anne Ubersfeld, Leggere lo spettacolo, Carocci editore, Roma 2008

1.1 La semiotica teatrale

1. Basi teoriche

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Ivi, p. 25

5


Semiotica della rappresentazione Per poter studiare a fondo ciò che avviene a livello comunicativo in una messinscena occorrerebbe fare un lavoro molto complesso, Ivi, p. 26

“mettere ordine nelle forme teatrali; capire e posizionare l’elemento soggettivo estetico ed ideologico della singola rappresentazione; mostrare l’attività teatrale specifica come insieme di un sistema di segni che danno senso in rapporto tra loro; e infine costruire un insieme di significanti” da cui ci asterremo in quanto non pertinente al progetto e tantomeno nelle nostre capacità. Cercheremo invece di indagare gli elementi della comunicazione teatrale, focalizzandoci in particolare su quelli riguardanti il testo teatrale ed il “copione”.

Ibidem

Umberto Eco, Trattato di semiotica generale, Bompiani, Milano 1975, p. 71

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Il segno e la funzione segnica Nella letteratura critica teatrale, “il segno è la rappresentazione o riproduzione mimetica di una realtà altra”, quindi il segno teatrale ha innanzitutto l’attributo fondamentale di doppio. Chiarendo meglio: pensiamo alla funzione segnica di Eco, che si ha quando un’espressione è correlata ad un contenuto, creando quindi due funtivi (espressione e contenuto), che a loro volta possono entrare in correlazione con altri elementi e dare origine ad un’altra funzione segnica: il segno è quindi sempre costituito da uno o più elementi del piano dell’espressione, collegati a uno o più elementi del piano del contenuto. La funzione segnica è per l’appunto ciò che meglio ci aiuta a comprendere il comportamento del segno a teatro, dove il significato può non essere né univoco né universale prima di essere usato in scena.


1. Basi teoriche Tadeusz Kowzan Littérature et spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 210

1.1 pag 12 1.4 pag 37

1.1 La semiotica teatrale

Per riconoscere ed identificare il significato immediato del segno teatrale occorre appunto collegarlo ad altri segni per dare loro senso: pensarli secondo la funzione segnica di Eco. Il senso dato dalla funzione segnica a teatro, in conclusione, è dato da un segno che si avvale dell’attributo di doppio e che si articola con altri doppi. In quest’ottica, il ruolo del segno teatrale non è soltanto quello di comunicare delle informazioni, ma anche quello di trasmettere ad un pubblico dei valori supplementari, come l’aspetto narratologico ed emotivo; per cui possiamo dire che “la funzione estetica o emotiva può costituire la principale se non la sola ragione d’essere di alcuni segni emessi durante uno spettacolo teatrale”. Il segno a teatro si estende su dei campi semiotici estremamente vasti, occorre quindi aiutarsi con il concetto di connotazione e, di volta in volta, analizzare nello specifico i sistemi di segni particolari di uno spettacolo e dei differenti generi di spettacolo. > pag 8 Il doppio statuto del segno Il segno teatrale è doppio: convoca infatti un’assenza, gioca con l’immaginario, con una realtà finzionale che rimanda al reale scenico, ma anche al referente fuori dal teatro. Il segno necessita quindi una continua risemantizzazione da parte dello spettatore, che sa della multipla referenza di questo. > pag 10

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Un certo rumore è segno della pioggia. Quello emesso dalla lamiera che produce il suono è il significante, ma l’idea che piove è il significato. La pioggia (ovvero il significato) a teatro può essere rappresentato anche con altri mezzi: con la luce (la proiezione), con il costume (impermeabile e cappuccio), con gli accessori (l’ombrello da pioggia), con i gesti (l’attore che si copre entrando), con la capigliatura (capelli

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1. Basi teoriche 1.1 La semiotica teatrale

bagnati), con la musica e soprattutto con la parola. Ci sono quindi differenti segni simultanei o successivi, e differenti significanti, ma il significato è sempre lo stesso: piove. Senza parlare poi dei valori semiotici aggiuntivi: per esempio il tono con cui viene detta la frase “piove”.

Tadeusz Kowzan, Littérature et spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 211

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Se una sedia in scena rinvia a se stessa in quanto elemento del mondo, ma anche alla sedia dove si siede Cleopatra, la sedia scenica concreta può non avere per referente una sedia egiziana, ma essere l’icona di una sedia da bistrot.

Anne Ubersfeld, Leggere lo spettacolo, Carocci editore, Roma 2008, p. 42

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Anne Ubersfeld, Leggere lo spettacolo, Carocci editore, Roma 2008, p. 22

Il segno teatrale ha quindi se stesso come referente, ma anche un referente immaginario, ovvero ciò che è fuori dal teatro, il mondo reale concreto, l’universo di riferimento dello spettatore. Dicendo che il segno ha se stesso come referente, intendiamo concentrarci sul suo referente finzionale, quando lo si pensa dentro l’universo del teatro, nell’uso performativo e mimetico che se ne fa. “Nel testo letterario il trono di Macbeth è nello stesso tempo il lessema-trono e, nel racconto l’elemento di finzione trono-di-Macbeth; ma nella performance scenica, l’uno e l’altro hanno lo stesso referente: il trono sulla scena. Il segno “trono di Macbeth” rinvia certo al trono immaginario dove si sedeva un re chiamato Macbeth, ma anche a quella sedia reale che è il trono concreto sulla scena.”

Ivi, p. 215

1. Basi teoriche

“Il segno teatrale non ha solo due referenti, ma ne ha multipli. Infatti sappiamo che il referente del segno teatrale può essere se stesso in quanto reale, e il referente finzionale, che esiste da qualche parte al mondo, o nella mente dello spettatore.”

1.1 La semiotica teatrale

Il multiplo referente

Questa strana articolazione obbliga quindi lo spettatore ad un continuo “doppio-gioco”, tra l’hic et nunc teatrale e l’altrove reale.

11

11


Il significato a teatro Possiamo considerare il teatro come insieme significante che Anne Ubersfeld, Leggere lo spettacolo, Carocci editore, Roma 2008, p. 30

Ibidem

2.1 pag 66

Umberto Eco, Trattato di semiotica generale, Bompiani, Milano 1975, p. 82

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“libera un messaggio complesso veicolato da: parola, messaggi visuali-uditivi.” in cui il messaggio complesso “racconta una storia, mostra un gioco psicologico o politico, ha un contenuto intellettuale verbalizzabile ed è una pratica artistica presente nell’ hic et nunc” Il significato, a teatro (come in altre circostanze), non è solo l’elemento atto a comporre il segno saussuriano, ma, visto il doppio statuto del segno, che è componente primaria per la formazione di altri segni, risulta essere l’insieme di tutti gli effetti del segno. Questi ultimi sono quelli dati dal segno artistico (o estetico, per Eco): messaggio intellettuale e stimolo estetico. Connotazione, denotazione e senso Il senso a teatro può essere denotato, ovvero nominato e descritto. Nel momento in cui viene nominato però, può assumere una connotazione, sappiamo infatti da Eco che che “la connotaziozione si basa su un codice base che deve essere prima denotato, la connotazione non può essere veicolata prima che il codice precedente non venga denotato”, quindi il senso teatrale è dato da codici connotativi che possono essere definiti sotto-codice, nel senso che si basanosu un codice-base. La denotazione teatrale agisce con significanti che rinviano al loro significato nel mondo drammatico.


1. Basi teoriche

La connotazione agisce invece rinviando il segno teatrale all’universo di senso cui fa riferimento all’interno del sistema culturale. Esempio: una spada rinvia al vigore guerriero o a valori cavallereschi.

Codici e Pluricodicità Il problema della percezione e dell’interpretazione dei segni a teatro merita di essere analizzato con il metodo della teoria dell’informazione: “laddove si ha un sistema di segni deve esistere un codice”. I codici dei segni impiegati a teatro ci sono forniti dall’esperienza individuale o sociale, dall’istruzione e dalla cultura letteraria e artistica. Importanza essenziale dal punto di vista della semiotica teatrale è il problema dell’economia dei segni comunicati durante lo spettacolo: l’abbondanza o la parsimonia semiotica costituiscono i due poli opposti. Spesso occorre che i segni si moltiplichino o si ripetano sia per la loro necessità semantica ed estetica, sia per una grande quantità di segni comunicati contemporaneamente; solo in questo modo lo spettatore potrà riconoscere facilmente gli elementi più importanti e quelli indispensabili per la comprensione dell’opera rappresentata. Inoltre anche l’assenza di segni può giocare un ruolo semiotico fondamentale (il grado zero); il ruolo del silenzio nel dialogo è un problema che si lega direttamente a questa questione. > pag 14

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Tadeusz Kowzan, Littérature et spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 207

1.1 La semiotica teatrale

Denotazione e connotazione sono quindi entrambe presenti nella semiosi teatrale e la loro dialettica è fondamentale nell’evento teatrale.

4.1 pag 111

13


La mancanza di illuminazione non è una mancanza di segno, né indica necessariamente la fine della rappresentazione teatrale ma può a sua volta avere un significato preciso. Anche la questione dei ruoli del silenzio nel dialogo è un problema che si lega direttamente a questa questione.

Tadeusz Kowzan, Littérature et spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 207

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Il dibattito storico La semiotica teatrale ha sempre visto come snodo fondamentale del suo dibattito il rapporto fra testo letterario e spettacolo, in cui si contrapponevano le tesi dei “drammaturgisti” (che consideravano fonte primaria dell’evento teatrale il testo drammatico o “fabula agenda”) e gli “spettacolisti” (che, al contrario, si concentravano sulla messinscena, la “fabula acta”). Storicamente si considera la Scuola di Praga come ambiente natale della semiotica teatrale e del dibattito che, dagli anni ’50 e ’60 del Novecento, ha continuato e continua ad alimentare punti di vista, ricerche e posizioni riguardo il campo privilegiato dell’analisi semiotica del teatro: il testo drammatico o lo spettacolo?

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1. Basi teoriche Anne Ubersfeld, Leggere lo spettacolo, Carocci editore, Roma 2008, p. 35

1.1 La semiotica teatrale

Propriamente parlando non vi sono segni, ma funzioni segniche: un segno non è un’identità semiotica fissa, ma piuttosto l’incontro di due o più segni provenienti da realtà mutuamente indipendenti, provenienti da due diversi sistemi e associati da una correlazione codificante, per questo è così difficile, a teatro, articolare i segni. Inoltre i canali diversi (visuale, acustico) e le fonti diverse (luce, spazio, scenografia, attori, musica) rendono ancro più arduo analizzare i diversi codici coinvolti a teatro. Il fine della semiotica teatrale è proprio quello di districare i diversi livelli di lettura per mostrare la loro articolazione, per cui “l’analisi delle unità complesse, dei segni e dei codici spettacolari possono essere: discorsivo, o narrativo, o semico”.

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Franco Ruffini (Macerata, 1939) è un accademico, drammaturgo, regista teatrale, storico e critico teatrale.

Franco Ruffini Riguardo questa dicotomia metodologica emergono diverse voci autorevoli, tra cui quella di Ruffini, che concepisce lo spettacolo come oggetto materiale da guardare, appoggiandosi ad Eco nell’affermare

Versus: Quaderni di studi semiotici n. 21, Teatro e semiotica, Settembre-Dicembre 1978, p. 30

“ogni segno teatrale ha lo stesso statuto comunicativo di un altro segno artistico (trasmette un messaggio intellettuale, mediante uno stimolo, ed ha valore estetico)” e denota il processo che porta il testo drammatico al piano estetico del testo scenico come irreversibile. Ruffini teorizza un modello di semiotica teatrale non solo basato su segni e codici, ma che si occupi di creare una metodologia dell’indagine per cui lo studio sia focalizzato non più sullo

Ibidem

“spettacolo-oggetto-materiale-da guardare” ma sullo

Ibidem

“spettacolo-oggetto-culturale-da studiare” con l’aiuto della storia dei testi e documenti teatrali, non con quella delle rappresentazioni che, evidentemente, non esiste.

Patrice Pavis

è un professore di Studi di Teatro all’Università del Kent a Canterbury. Ha scritto ampiamente di performance teatrali, focalizzando i suoi studi soprattutto sulla semiotica del teatro.

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Patrice Pavis, Gianfranco Bettetini Affermano, con i presupposti che non è più possibile e credibile pensare ad un “codice dello spettacolo” totalizzante e specifico, né ad un linguaggio teatrale omogeneo ed unitario, di esigere un nuovo atteggiamento: concepire lo spettacolo teatrale come una combinazione (sempre diversa, perciò singolare e specifica) di codici specifici e non


“con la specificazione che quando diciamo adeguati sistemi di notazione intendiamo alludere a notazioni multiple non-verbali (almeno miste) che riescano a non appiattire lo spessore della messinscena, salvaguardando le differenze e le specificità dei materiali espressivi in gioco, come inevitabilmente fa la descrizione linguistica, per giunta costruttivamente ambigua e imprecisa”.

(Milano, 16 gennaio 1933) è un critico letterario e regista.

Ivi, p. 18

Bettetini in particolare, pur ampliando la nozione di testo letterario fino a renderlo comprensivo degli appunti di regia e di quanto altro intorno al testo canonico si aggrega nella preparazione dello spettacolo, individua alla fonte dello spettacolo sempre un materiale letterario.

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1. Basi teoriche

Gianfranco Bettetini

1.1 La semiotica teatrale

specifici, in cui i codici e le strutture testuali in cui essi si combinano gerarchizzandosi, sono costrutti teorici, oggetti ideali dell’analisi. Per gli spettacoli non contemporanei è necessario passare per la trascrizione della piece con appositi sistemi di notazione (come si vuole procedere nella ricerca progettuale sul copione),

Tadeusz Kowzan Vede nella messinscena la trasposizione di forma del testo letterario, un’impostazione che sembra essere presente in quei modelli strutturalisti che approcciano il teatro da un punto di vista narratologico (come l’analisi strutturalista della fiaba di Propp, o quella appositamente creata per il teatro, ma anacronistica, di Souriau.)

Tadeusz Kowzan

Alessandro Serpieri Individua nel testo teatrale il luogo privilegiato per un incastro di piani semiotici. Sostiene infatti che partendo dal testo scritto (solo in quanto unico

Alessandro Serpieri

(9 Novembre 192211 Novembre 2010) è stato uno storico della letteratura drammatica e semiologo di teatro.

Ivi, p. 38

(Molfetta, 1935) è un docente, traduttore e anglista italiano.

17


Ibidem

piano del sistema del quale esistano “registrazioni”) si può attuare un’analisi di una stratificazione correlata, a conferma di ciò vi è l’esempio di una serie di prove di segmentazione di frammenti drammatici in orientamenti deittico-performativi effettuata a partire dalla proposta di Serpieri, in cui il controllo delle espressioni ostensive puntava regolarmente da un lato verso indicazioni traducibili in classi di segni diversi da quelli linguistici.

Ivi, p. 16

Paola Gullì Pugliatti Vede la presenza del testo-scena entro le linee del testo-lingua; in quest’ottica la semiotica linguistico-letteraria del testo teatrale costituisce il piano espressivo di una semiotica performativa, in cui il testo è usato come linguaggio-oggetto (come metalinguaggio), e consente di definire meglio i lavori della messinscena. Il ponte tra testo e scena è quindi da riconoscere nell’incrocio tra la virtualità scenica, connotata nel testo, ed il metalinguaggio del regista,dell’attore, dello scenografo.

Ivi, p. 50

Marcello Pagnini Inquadra il testo letterario come struttura profonda dello spettacolo (che è invece la struttura superficiale), secondo la semantica strutturale.

Articolo SignificAzione, Una rubrica per ripensare la relazione tra semiotica e teatro oggi, www.cultureteatrali. org/significazione/999significazione.html, 12 Dicembre 2013

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Keir Elam Sostiene invece una relazione di tipo intertestuale tra testo drammatico e spettacolo, in quanto appartenenti a campi semiotici diversi, e autonomi tra loro. danno senso in rapporto tra loro.


Polifonia informazionale e testo lineare Fin da Platone lo scrittore di teatro spariva dietro l’attore, ma la sopravvivenza era assicurata dal canovaccio testuale (il copione), che serviva a garantire la rinascita di una rappresentazione di successo; anche perché solo nel copione compaiono (assieme ai segni linguistici del dialogo presenti in tutti i testi di teatro editi e venduti in libreria) tutti quei segni della rappresentazione e le condizioni di enunciazione che al testo drammatico mancano in quanto testo “incompleto” poiché, essendo scritto per essere rappresentato, deve lasciare spazio alle possibilità rappresentative; inoltre fin da Aristotele il piano scenico e testuale (i quali, appunto, si incontrano nel copione) sono sempre stati separati, anche se già riconosciuti come testo scritto da un lato e messinscena dall’altro. È nel copione che sono condensati tutti i codici ed i segni della messinscena e il segno a teatro è quanto di più complesso, perché “a teatro riceviamo nello stesso tempo una pluralità di informazioni, una vera polifonia informazionale” dato dal fatto che i canali, i codici, sono multipli e diversi in un solo spettacolo.

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1. Basi teoriche 1.2 Caratteristiche semiotiche del testo teatrale

1.2 CARATTERISTICHE SEMIOTICHE DEL TESTO TEATRALE

Roland Barthes, Saggi critici, G. Einaudi, Torino 2002, p. 56

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4.1 pag 110

Possiamo pensare quindi al teatro come luogo semanticamente privilegiato in quanto polifonico, ma in rapporto ad un testo drammatico che è lineare. Il tentativo di introdurre la polifonia della rappresentazione nell’artefatto “copione teatrale” ci sembra sensato in quanto, con didascalie e deissi, il copione si pone tra la linearità del testo drammatico e la pluricodicità della rappresentazione,

Étienne Souriau (Lille, 26 aprile 1892-Parigi 1979) è un filosofo francese, specializzato in estetica. Vladimir Propp (San Pietroburgo, 29 aprile 1895-Leningrado, 22 agosto 1970) è stato un linguista e antropologo russo.

Versus: Quaderni di studi semiotici n. 21, Teatro e semiotica, Settembre-Dicembre 1978, p. 90

Anne Ubersfeld, Leggere lo spettacolo, Carocci editore, Roma 2008, p. 15

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ed è quindi naturale la necessità di segmentazioni e modellizzazioni del testo scritto che siano più adeguate e specifiche di quelle drammaturgico/narratologiche tentate prima da Souriau, il quale riprese e proseguì la ricerca di Propp, proponendo a teatro il modello attanziale da quest’ultimo elaborato per le fiabe. Gli attanti sono quindi chiamati funzioni, con la ripresa dei modelli “aiutante-oppositore”, “soggetto-oggetto”, “destinatore-destinatario”. Risulta evidente come questo modello analitico non sia abbastanza per la pluricordicità teatrale, e anche Patrice Pavis riconosce come il copione sia un elaborato editoriale e comunicativo molto particolare e sui generis in quanto: “Il testo drammatico si compone di regole basate sulla lingua ed i segni linguistici, nel contesto rappresentativo, si rapportano in maniera costante ad altre tipologie di segno.” Un non genere letterario “Il teatro non è un genere letterario, è una pratica scenica.” Con questa affermazione Ubersfeld evidenzia come il considerare il testo letterario solo un fatto editoriale, un libro da acquistare in libreria, sia un’utopia: ed il copione lo dimostra.


Il teatro infatti, è un fatto molto più concreto, che ha le sue radici in un testo che, nonostante abbia caratteristiche narrative, si appoggia piuttosto alla linguistica. Il testo drammatico è sempre stato un testo estetico importante in cui sia la ricerca linguistica che quella rappresentativa, convivono e rendono il genere drammatico capace di esprimersi attraverso un testo estetico, per il quale valgono le regole individuate da Eco nel Trattato. Il testo generato da parole organizzate secondo regole precise (enunciati/discorso) del copione, a loro volta concatenate da rapporti di coerenza, trova nella semiotica teatrale una seconda ed importantissima definizione: quella di testo spettacolare, che sottolinea come la rappresentazione sia vista in quanto testo spettacolare costruito dalle regole dell’enunciato scritto, ma legato alle specificità della messinscena. Il testo teatrale infatti, da un lato contiene caratteristiche estetiche e letterarie, che possono essere individuate dall’analisi narratologica, dall’altro è dotato di quei segni extralinguistici che lo pongono in una dimensione extra-letteraria e concreta, la quale rimanda ad un sincretismo in cui interagiscono diverse forme comunicative (e la pluricodicità) che formano lo spettacolo. Messo in chiaro ciò, si ha che il testo drammatico

21

Ibidem

2.1 pag 67

1. Basi teoriche

“è impossibile considerare la rappresentazione come la traduzione di un testo che sarebbe in sé completo e di cui la rappresentazione stessa non sarebbe che il doppio.”

1.2 Caratteristiche semiotiche del testo teatrale

L’esistenza di questo artefatto al limite tra il testo drammatico e la spettacolo concreto, mette alla luce che

21


non è più da considerare un genere letterario, ma un pre-testo che si offre già come pretesto all’operazione di transcodifica in spettacolo. Consapevoli del fatto che il copione è prescelto come artefatto “a cavallo” tra testo e scena, quest’ultimo risulterà essere lo strumento dell’analisi del dramma e dovrà costituire un ponte tra il testo linguistico ed una possibile attualizzazione scenica, “tenendo conto” -afferma la PugliattiVersus: Quaderni di studi semiotici n. 21, Teatro e semiotica, Settembre-Dicembre 1978, p. 15

“delle maggiori e migliori proposte, che sono quelle di una segmentazione del testo drammatico, riprendendo la branchia della linguistica che si occupa e studia le capacità esecutive della lingua, osserviamo come la preminenza dell’enunciazione sull’enunciato carica il discorso drammatico di espressioni deitticoperformative che fanno sì che la lingua del dramma suggerisca il fare attraverso il dire: il testo drammatico dovrebbe essere letto in questa direzione, in modo tale da investigarne la sostanza linguistica ed i suoi aspetti attualizzanti.” Tale lettura dovrebbe già risultare una sorta di regia. Ruffini, è il primo adaffermare infatti che, dato che il copione si suddivide in una parte testuale -che può anche essere un’insieme vuoto- la condizione sine qua non per cui si possa parlare di testo spettacolare è che siano presenti in essi in esso codici non verbali. Il testo verbale può essere assente, quelli che non possono mancare sono i testi non verbali. Riguardo Ruffini, riportiamo anche l’affermazione:

Ibidem

22

“Non tanto è possibile quanto è utile che il testo teatrale venga codificato. Sono ben note le difficoltà relative alla segmentazione di un testo riferito a più codici e spesso non vengono analizzati singoli segni,


1.4 pag 37

1.2 Caratteristiche semiotiche del testo teatrale

La transcodifica Le ricerche semiotiche di Pavis e Gullì Pugliatti evidenziano un altro carattere specifico, peculiare del teatro e della sua articolazione segnica: a teatro si passa dal codice del testo scritto del canovaccio alla molteplicità di codici della rappresentazione. Non vedere il dramma come uno dei generi letterari ha permesso alla ricerca più recente di osservare i caratteri peculiari della lingua drammatica, che, non essendo eccessivamente legata allo schema narratologico, può essere considerata come un pre-testo per l’operazione di transcodificazione, che altro non è se non la messa in situazione del livello linguistico. Lo spettacolo è integralmente riducibile al testo letterario? In questo ci aiuterà il concetto di ritestualizzazione. La ritestualizzazione Nel copione si distinguono un testo e una parte didascalica che si ricontestualizzano in maniera diversa: il testo (inteso come parte costitutiva del copione) si ricontestualizza per trasduzione “cioè attraverso un codice che comporta il cambiamento di materia espressiva: da grafica a sonora; ma che garantisce, almeno in linea di principio, una reversibilità tra i due terminali della traduzione stessa”;

1. Basi teoriche

ma piuttosto singole situazioni, in rapporto al contenuto piuttosto che alla superficie significante del testo spettacolare. L’unica proposta di una segmentazione segnica che io conosca è quella avanzata da Kowzan”.

Versus: Quaderni di studi semiotici n. 21, Teatro e semiotica, Settembre-Dicembre 1978, p. 18

invece la parte didascalica si ritestualizza per trascrizione, con l’intervento di

23

23


Ibidem

“codici che comportano materie espressive diverse da quella grafica di partenza”. Il testo verbale di un testo spettacolare è quindi quella parte del copione che si ritestualizza per traduzione mentre i testi non verbali sono quella parte del copione (la parte didascalica) che si ritestualizza irreversibilmente per trascrizione. La conclusione è che il testo drammatico propone, nella sua determinazione linguistica, la virtualità di n transcodificazioni; per cui ogni copione è l’elaborato visivo comunicativo di una singola transcodificazione. La necessità di un oggetto concreto è manifesta dalla stessa Pugliatti nell’affermare che

Ibidem

“la riproduzione e descrizione dei testi-scena sarà dunque attività secondaria-metalinguistica e fuorviata esattamente come ogni lavoro di ricerca, anzi come ogni attività umana: come tale essa richiede l’individuazione di un metodo e un atto di fede. (…) Mentre per la descrizione ci si dovrà avvalere di un sistema convenzionale di notazione simbolica che sarà indispensabile escogitare.” Gli elementi deittici Abbiamo affermato come il fenomeno della comunicazione teatrale sia da considerare nell’ambito dell’hic et nunc, dell’immediatezza dello spettacolo, quindi. A partire da questi presupposti la semiosi teatrale è affidata agli indicatori deittici, ossia a quelle parti del discorso che hanno la funzione di indicare i reciproci rapporti tra gli attori e tra gli attori e il pubblico. A teatro infatti il senso è affidato in primis alla deissi che regola le articolazioni degli atti di discorso. Anche la retorica, come la sintassi e la grammatica afferiscono, a teatro, alla deissi,

24


25

1.1 pag 15

3.1 pag 83

1.2 Caratteristiche semiotiche del testo teatrale

In conclusione L’approccio può sembrare tener conto solo del punto di vista dei, per così dire, “drammaturgisti”, in realtà ci concentreremo su coloro che hanno a che fare maggiormente con i codici specifici del testo spettacolare: attori, registi, aiuto regista, tecnici, etc. Questi utilizzano il testo, sì, ma in una forma intermedia tra dramma e spettacolo; poiché nel copione teatrale convivono il testo originale (dramma) e le sue implicazione nella messinscena finale (spettacolo). È inevitabile quindi partire dal testo drammatico, ma non possiamo tralasciare lo spettacolo, in quanto entra a far parte del copione, che è quindi l’emblema del linguaggio specifico teatrale, un tipo di elaborato particolare per la sua fruizione, per il suo compito, per il suo fine.

1. Basi teoriche

che sussume e smista il senso veicolato dalle immagini, dai vari generi di linguaggio (prosa, poesia), dai diversi modi linguistici dei personaggi, dall’intonazione, dal ritmo, dai rapporti prossemici, dalla cinesica dei movimenti.

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Attualmente la ricerca semiotica riguardante il teatro è piuttosto inattuale e ferma. Nella ricerca, infatti, di testi e voci autorevoli, ci siamo resi conto e condividiamo l’affermazione per cui “i grandi assenti, nella storia della relazione semiotica-teatro, sono innanzitutto le analisi di spettacoli o di progetti, di contro alla relativamente prolifica elaborazione di modelli analitici”. Forse l’analisi di spettacoli o pratiche teatrali è troppo faticosa, implica l’uso di troppe risorse? Sta di fatto che se ne sono avute molto poche e anche quelle segnalate da alcuni studiosi riguardano per lo più analisi di testi drammatici, quindi l’analisi di fenomeni letterari. L’approccio più importante analitico che possa aiutare semioticamente ad analizzare il copione è quello di Tadeusz Kowzan, del 1975, perciò il progetto di tesi si può collocare all’interno di quel dibattito vivo sul teatro degli anni ‘70 ed ‘80 del Novecento, di cui si fa ampiamente portavoce la rivista italiana Versus, nel suo numero 21 del 1978.

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1. Basi teoriche di partenza Articolo SignificAzione, Una rubrica per ripensare la relazione tra semiotica e teatro oggi, www.cultureteatrali. org/significazione/999significazione. 12 Dicembre 2013

1.3 A che punto della ricerca semiotica si colloca il progetto

1.3 A CHE PUNTO DELLA RICERCA SEMIOTICA SI COLLOCA IL PROGETTO

1.4 pag 37

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1. Basi teoriche di partenza

1.4 LE TEORIE SEMIOTICHE SULLE QUALI SI È SVILUPPATO IL PROGETTO

Ubersfeld, e la rappresentazione come T+T’ “La rappresentazione è una presentazione e una produzione artistica in cui la parte del testo linguistica non è determinante, ma influiscono molte altre variabili e varianti.”

1.4 Le teorie semiotiche sulle quali si è sviluppato il progetto

Tra le voci consultate, le più autorevoli ed utili alla progettazione e riorganizzazione semantica del nuovo copione teatrale sono in particolare quella della studiosa Anne Ubersfeld e quella del polacco Tadeusz Kowzan. Analizzando e leggendo i loro testi, è emerso l’intento di pensare ad una progettazione che potesse venire alla luce dalle loro teorie, dai loro dibattiti, dalle loro visioni semiotiche. I bozzetti e gli schizzi per la progettazione del nuovo copione che compaiono in questo paragrafo, quindi, sono tutti da considerarsi un tentativo di leggere la semiotica teatrale in chiave progettuale per la realizzazione del copione.

Anne Ubersfeld, Leggere lo spettacolo, Carocci editore, Roma 2008, p. 15

Con questa prima affermazione emerge la visione secondo cui il testo scritto ha due sistemi di segni linguistici: quello didascalico e quello fonico. La

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riflessione spontanea è che il copione è lo strumento con cui (e su cui) avvengono (o non avvengono) i particolari Anne Ubersfeld Ubersfeld, Leggere lo spettacolo, Carocci editore, Roma 2008, p. 16

“processi di traduzione e illustrazione che portano il testo drammatico a divenire messinscena, e in cui, quindi, i livelli diascalici e fonici sono indispensabilmente presenti.” Per alcune parti del copione, come per quella del testo dialogato -che figura a livello fonico- non si parla infatti né del processo di traduzione né di quello di illustrazione, ciò che si legge, viene pronunciato; per le didascalie e le indicazioni sceniche, invece, si può parlare di traduzione, intesa come passaggio da un testo alla sua realizzazione, esecuzione; mentre nella lettura che si può avere singolarmente del canovaccio, si può parlare anche di illustrazione, in quanto si viene a creare un immaginario nella mente del lettore. Da qui la fondamentale questione posta dalla Ubersfeld: premesso che non può esistere una rappresentazione teatrale senza testo (anche uno spettacolo di mimo prevede un canovaccio, anche solo gestuale), si ha che

Ivi, p. 17

“Il testo teatrale muta, non è mai fisso” infatti

Ibidem

30

“ad un testo teatrale T (genotesto, visto come immutabile, persistente, tramandabile ) va aggiunto un secondo testo, T’, creato da regista attore, scenografo, aiuto regista, tecnico, etc.” > pag 31


31

1. Basi teoriche di partenza 1.4 Le teorie semiotiche sulle quali si è sviluppato il progetto

Un classico come “Le Troiane” di Euripide rimesso in scena per un pubblico del 2013, necessiterà di essere riscritto in funzione di un nuovo codice, per un pubblico del 2013 appunto, per cui al testo T originale della tragedia di Euripide, si aggiungeranno note spaziali, temporali, modifiche degli enunciati che andranno ad alimentare il T’. Il copione de “Le Troiane” di Euripide messo in scena nel 2013 da una tale compagnia sarà il risultato della somma di T+T’.

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Il copione teatrale può essere considerato quindi l’insieme di T+T’, in cui tutti gli elementi che in T erano deittici (spazio e tempo in primis) sono esplicitati al fine della corretta messinscena, poiché non è la rappresentazione a servizio del testo, ma il testo, gli staged texts, ad essere al servizio della messinscena, perché la produzione di senso si ha nel momento in cui il testo viene messo in scena, prima T(+T’) Ibidem

Umberto Eco, Trattato di semiotica generale, Bompiani, Milano 1975, p. 240

Anne Ubersfeld, Leggere lo spettacolo, Carocci editore, Roma 2008, p. 46 Ibidem

“sono enunciati, hanno significato, ma non senso.” Ubersfeld, e il sistema Tipo/Token Il senso è quindi dato nel momento in cui gli enunciati (il contenuto) vengono posti in “una determinata occorrenza concreta, creando dei tipi”. Ubersfeld analizza a proposito il sistema Tipo/ Token teatrale, in cui come Tipo intendiamo cosa viene detto, a prescindere dal chi e come e quando e dove: ovvero la frase del testo; mentre per Token intendiamo l’evento: in che condizioni viene detto l’enunciato, chi dice (l’attore), la cronistoria. Il Token è doppio: comprende la “parola immaginaria” (enunciato dell’attore quel giorno in quel teatro) e la “parola scenica” (e dal personaggio in quella scena). La stessa Ubersfeld analizza nel dettaglio come la comunicazione teatrale sia immediata ed effimera: lo spettacolo è un evento unico e irripetibile e per

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1. Basi teoriche di partenza

questo difficile -soprattutto per coloro che, nella semiotica teatrale, sono stati definiti analisti- da studiare in ogni singola parte come testo, in quanto pluricodico e irriproducibile, che si avvalora dello statuto dell’ hic et nunc. Ubersfeld, e la comunicazione teatrale Nella comunicazione teatrale non c’è infatti distanza tra emittente e destinatario, non c’è tempo di riflessione e di appello, tanto da poter essere illustrata in questo modo:

1.4 Le teorie semiotiche sulle quali si è sviluppato il progetto

Ivi, p. 22

Inserendo in “Emittente 2” l’insieme delle voci dei realizzatori (regista, scenografo, attore, etc.), per cui è legittima l’affermazione “l’attività teatrale è come insieme di un sistema di segni che danno senso in rapporto tra loro”

33

Ivi, p. 26

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Ubersfeld, e i livelli dell’analisi semiotica La rappresentazione può essere analizzata sia nella sua totalità, sia come articolazione di microtesti, perciò è necessario isolare i diversi livelli di analisi, perché, come abbiamo visto, il testo teatrale presenta una molteplicità di unità complesse, ma “su un piano isocrono”, quindi nello stesso arco temporale. Da questi diversi livelli analizzati, sono scaturite alcune ipotesi di progettazione per l’organizzazione delle informazioni e dei segni teatrali. Se prendiamo in esame la rappresentazione al Anne Ubersfeld, Leggere lo spettacolo, Carocci editore, Roma 2008, p. 37

“livello discorsivo” eseguiremo allora dei tagli verticali, per avere i segni su un piano sincronico, e poterli analizzare in sincronia. La progettazione potrebbe procedere in questa maniera:

Al contrario, se volessimo pensarlo secondo il Ivi, p. 38

“livello narrativo” dovremo pensare ad una progettazione in cui si isolino le unità (atti, quadri, sequenze), seguendo il piano diacronico. Risulterà quindi una progettazione della parte temporale con tagli orizzontali:

34


Ibidem

Quest’ipotesi risulterebbe utile ad evidenziare i sememi ed i sememi opposti, che è una delle questioni fondamentali del regista, “è preferibile cominciare da quegli insiemi testuali già costituiti, che sulla scena sono lo spazio, l’oggetto, la divisione temporale, l’attore.”

Ivi, p. 39

1. Basi teoriche di partenza

“livello semico”

1.4 Le teorie semiotiche sulle quali si è sviluppato il progetto

L’ipotesi semiotica di prendere in analisi ogni singolo semema, ovvero ogni elemento-parte dell’organizzazione di senso del testo teatrale, dovremo allora isolare tutte le unità minime di significato, secondo il

ma risulterebbe molto articolata ed inutile nella progettazione, per questo non è stata presa in considerazione. Ubersfeld, e le categorie Procedere progettualmente secondo il livelli dell’analisi semiotica può essere un metodo difficile e poco chiaro; ma ci viene in aiuto la categorizza-

35

35


zione, sebbene piuttosto ampia e abbozzata, della Ubersfeld, secondo cui Ibidem

“Il principio organizzatore è il parlato”

La progettazione potrebbe concentrarsi su spazio, attore e oggetti, con la divisione temporale, in questo modo: Ibidem

“Il principio organizzatore è la fabula”

Le categorie danno poi la possibilità di distinguere e pensare a diverse tipologie di forme teatrali, le quali possono avere principi organizzatori diversi, e quindi di conseguenza, dei template ipotetici differenti. Ibidem

36

“Il principio organizzatore è l’immagine o l’articolazione tra parlato e immagine”


Ibidem

Kowzan Abbiamo visto quindi come i canali, i supporti i codici della rappresentazione teatrale e del suo testo T’ siano multipli. Riguardo ciò Ubersfeld ammette la difficoltà dell’articolare i numerosi segni teatrali, che usano canali e fonti diverse, e ripropone il tentativo di Tadeusz Kowzan di isolare un segno minimale teatrale in quello che per lui è un “testo plurale, una combinazione di testi” in cui vedere però il segno teatrale come un morfema, un sintagma nominale semplice. Per questo la classificazione di Kowzan risulta essere la migliore, la più utile e funzionale per analizzare l’articolazione segnica teatrale, capire cosa entra in gioco nel T’, nel copione, e cosa debba essere considerato nella sua progettazione.

Ivi, p. 34

1. Basi teoriche di partenza

“è necessario fare ricorso a delle procedure descrittive che tengano conto dei livelli di organizzazione dei segni della rappresentazione teatrale (...) tenendo sempre presente che c’è una circolazione tra i vari livelli”.

1.4 Le teorie semiotiche sulle quali si è sviluppato il progetto

Ubersfeld, in conclusione La procedura fondamentale, da cui non potrà prescindere la progettazione, è quella di mettere in relazione il tratto semico dello spazio in rapporto con il tratto semico dell’attore, ma per fare ciò

Kowzan, la classificazione La suddivisione in tredici sistemi di segni elaborata da Tadeusz Kowzan è ciò che di più accurato e sintetico si possa trovare nell’analisi del sistema di segni teatrale, e risulta quindi il canale privi-

37

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giato per cui far passare il nostro lavoro di ricerca e rielaborazione. > pag 39 I sistemi di segni sono: Tadeusz Kowzan, Littérature et spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 182

Ivi, p. 180

38

Espressione verbale 1. la parola 2. il tono Espressione corporale dell’attore ed elementi spazio-temporali 3. la mimica facciale 4. il gesto 5. il movimento scenico Segni che non subiscono cambiamenti nel tempo (segni stabili) 6. il trucco 7. la capigliatura 8. il costume 9. gli accessori 10. l’arredamento 11. l’illuminazione 12. la musica 13. gli effetti sonori. 1. La parola La parola è presente nella maggior parte delle rappresentazioni teatrali (a parte il mimo ed il balletto, che qui non trattiamo). I segni della parola vengono qui considerati nella loro accezione linguistica, ovvero ci occupiamo delle parole pronunciate dagli attori nel corso della rappresentazione. Noi ci limiteremo ad alcune questioni essenziali: i livelli di analisi della parola non devono essere solo semantici (dalle singole parole alle frasi più complesse) ma anche a livello fonetico, sintattico, prosodico.


La suddivisione in tredici sistemi di segni di Tadeusz Kowzan, 1975.

39

39

1.4 Le teorie semiotiche sulle quali si è sviluppato il progetto

1. Basi teoriche di partenza


Uno dei tipici problemi teatrali è il rapporto tra il soggetto parlante e la fonte fisica della parola, può infatti presentarsi anche il caso in cui la parola non venga pronunciata ma sia scritta. > pag 41 Ivi, p. 184

Ivi, p. 185

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2. Il tono La parola non è solo un segno linguistico, in quanto l’essere pronunciata le dona un valore semiotico supplementare; il tono dell’attore può cambiare il significato di ogni parola e donare sfaccettature impreviste. Quello che qui chiamiamo “il tono” è da intendersi come l’insieme di: velocità, intonazione, ritmo, intensità; ma è soprattutto l’intonazione che crea i segni più vari, grazie ai suoni e al loro timbro, con le diverse modulazioni. > pag 42 Dentro questo sistema di segni inseriremo anche l’accento (paesano, aristocratico, provinciale, straniero, etc.) visto che questo influisce a livello fonologico e sintattico, come il tono. Quindi ogni segno linguistico ha la sua forma normale (la parola in quanto tale) e la sua forma con il tono (le variazioni della parola normale). Queste variazioni (del tono) possono avere un valore puramente estetico, o un valore semiotico. > pag 43 Il potere più grande del tono fa in modo che un testo teatrale assuma comunque significato per lo spettatore anche quando la lingua è sconosciuta allo stesso. Espressione corporale dell’attore ed elementi spazio-temporali Con espressione corporale dell’attore ed elementi spazio-temporali intendiamo i segni spazio temporali creati per mezzo dell’uso del corpo dell’attore, del corpo umano. Si distinguono principalmente tre sistemi: la mimica facciale, il gesto,


1. Basi teoriche di partenza 1.4 Le teorie semiotiche sulle quali si è sviluppato il progetto

Molte consonanti sibilanti possono essere indice di malattia (come il colera in Racine); o un parlare troppo arcaico può essere indice di un epoca storica remota o di personaggio anacronistico. Le alternanze ed i cambiamenti metrici, prosodici o ritmici, possono essere cambiamenti di sentimenti o umori.

Tadeusz Kowzan, Littérature et spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 180

41

41


Come la muette del teatro parigino de La Foire, in cui la parola era scritta su cartelli, o come le marionette. Oppure un altoparlante o altre maniere in cui non è il soggetto fisico, in scena, ad emettere la parola. Si può trattaredi monologo interiore o di uno spettro o di un personaggio collettivo.

Tadeusz Kowzan, Littérature et spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 180

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1. Basi teoriche di partenza 1.4 Le teorie semiotiche sulle quali si è sviluppato il progetto

La frase “Lei è saggia” può essere pronunciata in tono (senza individuare se affermativa o interrogativa) di disapprovazione, di rassicurazione, d’ammirazione, ironico, supplichevole, gioioso…

Tadeusz Kowzan, Littérature et spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 184

43

43


il movimento scenico. Questi segni possono essere considerati cinetici, cinestetici e cinesici. Ivi, p. 187

Ivi, p. 189

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3. La mimica facciale Questo è il sistema di segni più vicino all’espressione verbale. È molto difficile distinguere tra la mimica spontanea e la mimica volontaria, artificiale, e artificiosa, prevista quindi dal copione, ed è di conseguenza difficile quindi distinguere tra i segni naturali e quelli artificiali emessi. Nel caso degli attori di teatro, la maggior parte dei segni mimici sono in funzione del testo pronunciato, e sono artificiali, per questo devono essere scritti nel copione. In conclusione, la parola a livello semantico, è accompagnata da segni artificiali, i quali possono rendere la parola stessa più significativa, o possono addirittura contraddirla. I segni muscolari del viso e della mimica possono a tal punto avere un valore espressivo così grande da rimpiazzare la parola, e con successo. 4. Il gesto Il gesto è da sempre stato il sistema per la comunicazione più sviluppato. I segni gestuali accompagnano la parola, o la sostituiscono, o indicano qualcosa che passa sulla scena o fuori dal campo visivo degli spettatori, i gesti possono rimpiazzare un elemento di decoro, un elemento del costume, un accessorio o più, gli effetti sonori. Tentativi di codificazione e notazione dei gesti ne sono stati fatti: come i codici dei gesti ad uso dei monaci di alcuni ordini medievali (come i trappisti). In alcune culture teatrali, come quelle asiatiche, i gesti siano superconvenzionali: insegnati e tramandati di generazione in generazione, solo gli iniziati li possono conoscere ed usare. > pag 46


6. Il trucco Il trucco teatrale non è il solito trucco, in quanto ha come compito quello di mettere in risalto il viso dell’attore, alcuni connotati e la mimica facciale, tenendo conto delle luci teatrali del palcoscenico. Come abbiamo già detto, la mimica facciale, grazie ai muscoli del viso, crea soprattutto dei segni mobili, mentre il trucco è in grado di creare segni più durevoli. Talvolta è applicato ad altre parti scoperte del corpo. Il trucco, con i suoi espedienti, può creare segni relativi: all’età, alla salute, alla razza, al temperamento, allo stato. Solitamente sfrutta segni naturali: pallore, rossore, linea degli occhi, delle labbra, delle sopracciglia, etc. Il trucco, come sistema di segni, è interamente dipendente dal sistema di segni della mimica

45

Ivi, p. 194

1. Basi teoriche di partenza

Ivi, p. 192

1.4 Le teorie semiotiche sulle quali si è sviluppato il progetto

5. Il movimento scenico Il terzo sistema di segni cinetici riguarda lo spostarsi dell’attore attraverso e nello spazio scenico, che spesso oltrepassa la scena. Prinicipalmente riguarda: i posti successivi occupati in rapporto agli altri attori, agli elementi di scena, agli spettatori, la diversa maniera di muoversi (lenta, precipitevole, vacillante, maestosa, a piedi, su una vettura, etc.), le entrate ed uscite di scena, i movimenti collettivi. > pag 47 Molte delle notazioni dei movimenti scenici già elaborate per la danza, potrebbero essere applicate anche all’arte teatrale e drammatica; come quello del teorico e coreografo Rudolf von Laban, ed il lavoro dei suoi continuatori A. Knust e Ph. Pollenz. Infine non possiamo tralasciare la prossemica, che è una parte della semiologia che si occupa delle distanze e dei rapporti tra le persone, tra gli attori, e dei rapporti sociali e personali. > pag 48

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John Bulwer, Chirologia or the Natural Language of the Hand, 1644.

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1. Basi teoriche di partenza 1.4 Le teorie semiotiche sulle quali si è sviluppato il progetto

Un personaggio che esce da un ristorante può esserci stato in quanto proprietario, o cliente, o cameriere, o perché doveva incontrare qualcuno. Oppure: un personaggio cammina all’indietro, forse è impaurito o si tratta di timore o riverenza. Un corpo abbandonato sulle spalle di un compagno attore può significare il trionfo o la morte. Una folla che cammina lentamente può essere segno di una minaccia. Tadeusz Kowzan, Littérature et spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 193

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47


La notazione scenica di Marcel Marceau, Berlin, 1956.

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8. Il costume A teatro, “l’abito fa il monaco”, perché il costume è la prima cosa che designa un personaggio: il sesso, l’età, una posizione gerarchica o sociale particolare, la nazionalità, la religione. Il potere semiotico del costume non si limita però a designare e definire il personaggio, ma aggiunge una quantità di segni: clima, epoca storica, stagione, tempo, l’ora del giorno. Il travestimento per molti versi somiglia al discorso fatto per il trucco e per i movimenti: fa parte della tradizione teatrale e si ripete.

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Ivi, p. 195

Ivi, p. 196

1. Basi teoriche di partenza

7. La capigliatura In quanto prodotto artigianale, la capigliatura è considerata un sistema di segni molto vicino e simile a quello del trucco, ma come dominio artistico è più vicino ai costumisti. Tuttavia, in certi specifici casi, da un punto di vista semiotico la capigliatura non appartiene né ai segni del trucco né a quelli del costume. Per questo abbiamo optato per considerarlo un sistema di segni a parte ed autonomo. La capigliatura è in grado di dare informazioni riguardo la provenienza geografica, culturale, di epoca, sociale. Parlando di capigliatura, non dimentichiamo anche i baffi e la barba. > pag 50-51

1.4 Le teorie semiotiche sulle quali si è sviluppato il progetto

facciale; questi due sistemi di segni, naturalmente, si completano e si rinforzano mutualmente: ma può anche capitare che creino ed entrino in interferenza/conflitto.

49


Nel caso de “I fisici” di Durenmatt colui che si traveste da Newton è riconoscibile dalla parrucca tipica del 1600 secolo inglese. Mentre una testa scompigliata e scapigliata può significare il disordine, l’appena sveglio, l’appena uscito dal bagno, l’appena andatosene da un amante. Tadeusz Kowzan, Littérature et spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 195

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Koldova-Sis-Vanis, Schuler des birngartens, Praga, 1956.

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1.4 Le teorie semiotiche sulle quali si è sviluppato il progetto

1. Basi teoriche di partenza


Ivi, p. 198 Ibidem

Ivi, p. 200

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9. Gli accessori “Gli accessori sono dei personaggi eccitanti/interessanti e nello stesso tempo degli strumenti dell’azione” dichiara Paul Claudel a JeanLuis Barrault. Gli accessori costituiscono, per più ragioni, un sistema autonomo di segni, che si situano al meglio tra il costume e l’arredamento, per i numerosi casi limitrofi che l’avvicinano maggiormente all’uno o all’altro. Tutti gli elementi del costume, se assumono un ruolo particolare, possono diventare un segno autonomo, un accessorio. Tuttavia talvolta il confine tra l’arredamento e gli accessori è molto labile. Un pezzo dell’arredamento se viene appena messo in rilievo, diventa subito accessorio. > pag 54 10. L’arredamento Il compito primo dell’arredamento (sistema di segni che possiamo chiamare indifferentemente: scenografia, dispositivo scenico, decorazione, arredamento), è quello di rappresentare il luogo, geografico, sociale, etc. Ma è anche in grado di definire il tempo: la stagione, l’ora del giorno, il tempo storico, determinando l’azione nello spazio e nel tempo. Le scelte possono essere le più disparate: può essere una scenografia dipinta o costruita, e di entrambe esistono altrettante tipologie: può essere ricca e dettagliata o accennata e limitata. Tutto ciò che è scrittura, ovvero immagine grafica della parola, appartiene alla scenografia. La scrittura dentro il teatro ha poi un significato peculiare: fornisce tutti i tipi di informazioni, può completare il linguaggio parlato, può essere un elemento d’arredamento, o ben rimpiazzare i dispositivi scenici (scritta che indichi il luogo dell’azione, come nel teatro elisabettiano). > pag 55


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1. Basi teoriche di partenza

Ivi, p. 201

1.4 Le teorie semiotiche sulle quali si è sviluppato il progetto

11 L’illuminazione L’illuminazione a teatro è giunta solo nel XVI secolo e, mentre Kowzan nel suo volume dice che ci si potrebbe chiedere se sia in grado di costituire un sistema autonomo di segni, oggi possiamo affermare certamente che sì, lo è. Chiamiamo il sistema di segni “illuminazione” e non “luce”, in quanto negli spettacoli teatrali che si svolgono di giorno all’aperto, e che sfruttano quindi la luce del giorno, la luce non è programmabile e non può quindi costituire un sistema autonomo di segni significativi -non ha una funzione semiotica indipendente- anche se potrebbe essere mossa obiezione, in quanto la luce del giorno può comunque essere scelta: un luogo, un orario, una stagione apposite. La funzione primaria della luce è quella di delimitare la scena, il luogo teatrale: questo effetto è ottenuto, in certa misura, per contrasto tra la sala scura e la scena dove si svolge l’azione, illuminata (si pensi ai cambi di scena, quando le luci si abbassano o si semispegnono per far capire, col solo uso della luce, che in quel momento le azioni che si svolgono sul palco non sono da considerare significative). Ma oltre al contrasto luce/buio e scena/platea, le luci di scena servono anche a evidenziare dove avviene il fulcro dell’azione, sul palco (come l’occhio di bue): può evidenziare un personaggio, un oggetto, una parte di spazio, un attore o un accessorio, donandogli un valore semiotico nuovo. Quando si riescono ad ottenere degli effetti plastici particolari con luci spot, morbide, dure, etc. si riescono a modellare anche l’attore e il suo viso e a modellare anche parti dell’arredamento. Un ruolo particolare è da riservare alle proiezioni, le quali, per le loro caratteristiche tecniche, sembrerebbero far parte dell’illuminazione, quando

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Il tessuto, ne “La tempesta” di Shakespeare, è da considerarsi un accessorio per il ruolo che assume, così come il braccialetto nel ballo mascherato di Lermontov. La cariola di “Madre coraggio” di Brecht, è accessorio o arredamento? Tadeusz Kowzan, Littérature et spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 200

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1.4 Le teorie semiotiche sulle quali si è sviluppato il progetto

Scenografia per “Madre coraggio”, di Bertold Brecht, Theater Heute, 1965.

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1. Basi teoriche di partenza


in realtà ricoprono un ruolo semiotico che supera ampiamente quello dell’illuminazione e possono sostituire o completare la scenografia. Ivi, p. 203

Ivi, p. 204

Ivi, p. 205

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12. La musica A teatro la musica è in grado di trasmettere segni di: inquietudine, serenità, ironia, allegria, tenerezza, odio, etc. Un altro caso è quello in cui la musica è il punto di partenza dello spettacolo (balletto e opera). Le associazioni ritmiche e melodiche creano degli effetti di senso diversi, evocano diverse atmosfere e ci sono numerosi casi in cui la musica accompagna l’entrata di un personaggio, definendolo già, con grande importanza semiotica. 13. Gli effetti sonori Non appartengono né alla parola né alla musica: i suoni, gli effetti sonori, i rumori. Ci sono rumori che a teatro sono la conseguenza del “mezzo” e non possono essere evitati (come i passi sulle tavole di legno del palcoscenico), e sono naturali. A noi interessano quei suoni che nella realtà possono essere naturali, ma a teatro devono essere riproposti. Ci sono diversi tipi di suoni: quelli autonomi, quelli che completano segni visivi o gestuali, quelli emessi in scena e quelli registrati, quelli che avvengono in scena o fuori scena. Solitamente non sostituiscono la parola, ma possono rimandare al linguaggio. Sottoclassificazioni dei sistemi di segni L’utilità della classificazione di Kowzan è ampiamente avvalorata dalle esperienze degli studenti del suo corso a Lyon, raccolte nel testo Analyse sémiologique du spectacle théâtral: études dirigées et présentées


Ivi, p. 210

Testo pronunciato 1. parola 2. tono Sistema corporale 3.mimica 4. gesto 5. movimento Esperienza esteriore dell’attore 6. trucco 7. capigliatura 8. costume Aspetto del luogo scenico 9. accessori 10. arredamento 11. illuminazione Effetti sonori non articolati 12. musica 13. suoni

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1.4 Le teorie semiotiche sulle quali si è sviluppato il progetto

SINTESI di Tadeusz Kowzan

1. Basi teoriche di partenza

par Tadeusz Kowzan, Centre d’études e richerche théâtrales, Université Lyon II 1975, redatto sempre da Kowzan, in cui si richiedeva di assistere ad una messinscena, concentrandosi su particolari sistemi di segni a scelta, per poter poi riportarne una descrizione dettagliata che analizzasse lo spettacolo. La versatilità di questo sistema è dato anche dalle “sotto-classificazioni” a cui si presta.

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CLASSIFICAZIONE CON DISTINZIONE TRA SEGNI UDITIVI E VISIVI

Segni uditivi 1. parola 2. tono 12. musica 13. rumori Segni visivi 3.mimica 4. gesto 5. movimento 6. trucco 7. capigliatura 8. costume 9. accessori 10. arredamento 11. illuminazione CLASSIFICAZIONE SPAZIO-TEMPO

Tempo 1. parola 2. tono 12. musica 13. rumori Spazio 6. trucco 7. capigliatura 8. costume 9. accessori Spazio e tempo 3. mimica 4. gesto 5. movimento

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1. I segni uditivi emessi dall’attore 1. parola 2. tono 2. I segni visivi collocati sull’attore 3. mimica 4. gesto 5. movimento 6. trucco 7. capigliatura 8. costume 3. I segni visivi che escono fuori dall’attore 9. accessori 10. arredamento 11. illuminazione 4. I segni uditivi fuori dall’attore 12. musica 13. rumori

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1. Basi teoriche di partenza

LE QUATTRO GRANDI CATEGORIE

1.4 Le teorie semiotiche sulle quali si è sviluppato il progetto

Nello spazio, ma comunicati nel tempo 10. arredamento 11. illuminazione

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L’unità semiotica dello spettacolo È indubbio che un lavoro sul copione teatrale non può prescindere da tali analisi ma, anzi, deve basarsi su di esse, anche perché l’applicazione della semiotica all’analisi dello spettacolo necessita l’elaborazione di alcuni principi metodologici, come quello appena visto, a cui si aggiunge (sempre ad opera di Kowzan) quello della determinazione dell’unità significativa o semiotica dello spettacolo, per cui si afferma che Kowzan Tadeusz, Littérature et spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 216

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“L’unità semiotica dello spettacolo è una fetta contenente tutti i segni emessi simultaneamente, fetta che abbia la durata uguale al segno che dura meno.” Questa classificazione tiene conto di un aspetto fondamentale del copione: che si sviluppa, tenendo conto di fabula e intreccio, per quadri e atti, privilegiando appunto l’aspetto temporale e l’ordine con cui i segni devono manifestarsi nella messinscena, secondo le unità di tempo.


2. Cos’è il copione teatrale

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COS’È IL COPIONE TEATRALE 2.1 ARTEFATTO COMUNICATIVO

“Il copione, nel linguaggio teatrale e cinematografico, è l’insieme delle battute che gli attori devono recitare; ad ogni attore è assegnato un ruolo da interpretare.”

2.1 Artefatto comunicativo

Testi drammatici e copioni È bene chiarire da subito che il nostro progetto non riguarda i testi teatrali in generale, che sono sì artefatti comunicativi, ma sono editi da case editrici ed acquistabili in libreria, e per questo rivolti ad un pubblico vastissimo, universale. Il copione è una cosa diversa, un artefatto rivolto solo ad un pubblico specializzato quali attori, registi, ed operatori del settore teatrale impiegati nella realizzazione di uno spettacolo. > pag 62-63 Wikipedia: Copione, it.wikipedia.org/wiki/ Copione, 10 gennaio 2014

Come il copione cinematografico o televisivo, anche il copione teatrale, che riguarda il nostro caso, compare nella forma di foglio stampato solo fronte e rilegato nella maniera più utile agli attori, ai registi, ai tecnici, etc. per l’uso durante le prove e la realizzazione della messinscena.

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2. Cos’è il copione teatrale 2.1 Artefatto comunicativo Testo teatrale de “Ubu Roi” di Alfred Jarry, edito nel 1922 da Èugene Pasquelle Èditeur.

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2.3 pag 73 Wikipedia: Copione, it.wikipedia.org/wiki/ Copione, 10 gennaio 2014 > pag 112-117

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Risulta quindi essere uno strumento di lettura, di studio e di memorizzazione. Analisi delle informazioni contenute Generalmente le informazioni presenti in un copione sono organizzate sempre nello stesso modo: ogni battuta è separata dalle altre da una riga di spazio e la prima parola è il nome del personaggio che l’attore deve interpretare. In seguito, generalmente racchiuso tra virgolette, viene riportato ciò che il personaggio dice. È molto frequente trovare le descrizioni dell’ambiente in cui si muovono i personaggi all’inizio di ogni atto (indicazioni utili per gli scenografi), descrizioni dettagliate dei personaggi (utili per i sarti e per gli attori) e anche accurate descrizioni dei loro caratteri (utili per gli attori e per i registi). Spesso il copione presenta anche i movimenti e le emozioni vissute dai personaggi durante l’evolversi della trama, ma alcuni autori indicano con precisione questi elementi, mentre altri non se ne interessano, lasciando l’attore e il regista liberi di stabilirle. Come approfondito nel capitolo precedente, l’artefatto comunicativo “copione teatrale” presenta una polifonia informazionale che, nella pratica, si risolve con la presenza di elementi quali la designazione dello spazio o degli spazi scenici; questo è compito specifico del drammaturgo o del regista, ed è un’operazione che il più delle volte si svolge inizialmente per impostare tutta la rappresentazione. Vi sono poi anticipazioni, ritardi e stutture circolari: dialoghi, monologhi, forme antifonarie. La scansione temporale è data spesso dalle didascalie: in esse e per mezzo di esse l’autore descrive ciò che in scena va fatto (andrà fatto) da chi mette in scena il testo (attori, regista, etc.).


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2. Cos’è il copione teatrale

Articolo online 60 avvertenze per leggere e/o per costruire un testo di Luigi Gozzi www.dramma.it/dati/ monografie/avvertenze. pdf, 12 dicembre 2013 Sticomitia “Parte dialogica di dramma greco o latino in cui due attori recitano un verso per ciascuno alternativamente; era considerata come un pezzo di bravura e di concitata drammaticità.” www.treccani.it/enciclopedia/sticomitia

2.1 Artefatto comunicativo

I turn over e la sticomichia Riguardo l’alternarsi delle battute (i turni) e la regolarità del dialogo, pensando alle differenze o differenziazioni con il parlato nella realtà quotidiana rispetto alla drammaturgia, si osserva come nel secondo caso ci sia una maggiore regolarità. Basti pensare al termine greco “sticomitia” tuttora usato non solo per richiamare la pratica usuale della tragedia greca, ma anche per il ben preciso criterio di chiarezza e simmetria a cui ci si ispira. A ben guardare però il problema si pone anche nella dialogicità quotidiana: in particolare sarebbe opportuno far caso a quelle situazioni istituzionali in cui la regolarità e probabilmente anche la simmetria (diversa ogni volta) si impongono come precisa regola di comportamento verbale (udienze nei tribunali, colloqui istituzionali, etc.). Per questo si può affermare che ogni copione stabilisce autonomamente i criteri a suo giudizio più efficaci per i “turn over”, ovveroi turni nell’alternarsi a parlare in un dialogo. Di qui le indicazioni esplicite sui più vari copioni: “al pubblico”, “a parte” e di qui la necessità, ogni volta, di scoprire a chi l’attore si sta rivolgendo e da chi si vuol far vedere e sentire. Le battute del copione sono quindi sicuramente indirizzate. A chi? A un altro attore-personaggio oppure direttamente al pubblico. Non si esclude che le battute possano apparentemente non essere indirizzate a nessuno, cosa che il più delle volte dà luogo a forma di soliloquio. Anche nel cosidetto soliloquio l’attore è incoraggiato a trovare o inventarsi un interlocutore: si tratti del pubblico, di una presenza assente, dello sdoppiamento o moltiplicazione del ruolo e delle identità.

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In questi casi le battute e l’impostazione dialogica permettono all’intera comunicazione teatrale momenti di autoreferenzialità o riflessione metalinguistica. L’ostensione Lo spettacolo pratica l’ostensione, ovvero la “messa in mostra” di materiale che può avere valore iconico, indicale o simbolico. L’ostensione è inizialmente nient’altro che l’esibizione di un oggetto, ma non è escluso che altre forme comunicative facciano uso dell’ostensione. Ugo Volli in 60 avvertenze per leggere e/o per costruire un testo di Luigi Gozzi www.dramma.it/dati/ monografie/avvertenze. pdf, 12 dicembre 2013

“Ma l’ostensione riguarda specificamente lo spettacolo e anzi tra tutte le forme spettacolari, il teatro. Ora, data l’evidenza che il luogo scenico può avere e frequentissimamente ha, quale che sia la portata della raffigurazione, anche nel senso di semplice ‘messa in mostra’, diviene importantissimo il rapporto tra il luogo e l’azione o l’agente ovvero attore. Il quale attore a sua volta, insieme e in concomitanza con il drammaturgo, è fornito delle deissi e degli elementi indicali contenuti nel copione e che agganciano e per certi versi vincolano l’attore (e l’azione) a quel luogo e a quel tempo.” Semiotica del testo estetico Dal punto di vista linguistico, il testo drammatico riveste un interesse particolare per il suo carattere di testo estetico basato sulla parola. Infatti, il testo drammatico è narrativo ed estetico perché il testo teatrale si presuppone di creare una narrazione, un racconto, e di veicolare dei messaggi attraverso il racconto e la modulazione di una storia. Anche nel teatro dell’assurdo, dove regna la tenden-

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“La definizione semiotica del testo estetico provvede quindi un modello strutturale di un processo non strutturato di un’interazione comunicativa, il cui autore reale rimane indeterminato essendo talvolta l’emittente e talvolta il destinatario che collabora all’espansione semiotica.”

Umberto Eco, Trattato di semiotica generale, Bompiani, Milano 1975, p. 342

Ibidem

Infine come avverte -sempre Eco-, “i segni iconici (di cui è fatto lo spazio scenico) riproducono le condizioni di rappresentazione e di percezione e servono alla presentazione di istruzioni per la produzione di significati.”

Ibidem

2.1 Artefatto comunicativo

“Leggere un testo estetico significa fare induzioni, cioè inserire regole generali da casi singoli; e fare deduzioni: verificare se ciò che è stato ipotizzato a un certo livello determina livelli successivi. E infine fare abduzioni, cioè mettere alla prova nuovi codici attraverso ipotesi interpretative.”

2. Cos’è il copione teatrale

za ad annullare la storia, o l’intreccio, non si può prescindere dalla domanda “Cosa viene raccontato?”.

Copioni completi o aperti Può esistere copione molto scritto e copione poco scritto; ovvero un copione che contiene la regia o uno che non la contiene. “Allo stesso autore può capitare di variare le caratteristiche della scrittura; starà ai teatranti (regista, attori, etc.) interpretare anche il copione poco esplicito, che sottintende e probabilmente vuol lasciare più ampio margine al momento dello spettacolo.”

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Articolo online 60 avvertenze per leggere e/o per costruire un testo di Luigi Gozzi www.dramma.it/dati/ monografie/avvertenze. pdf, 12 dicembre 2013

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Jorge Luis Borges, Tutte le opere, a cura di D. Porzio, vol. I, Milano, Mondadori, 1984

Il testo drammatico ed il copione stesso sono soggetti quindi a modifiche testuali in corso d’opera (durante l’allestimento); e, se è vero che le procedure per la costruzione del copione possono essere le più diverse, è da considerarsi vantaggiosa la posizione e la pratica dell’autore che accetta variazioni o modifiche in corso d’opera e in particolare al momento dell’allestimento, sia perché il testo del copione viene completato e capito recitandolo (ed aggiungendovi quindi elementi che lo studio antecedente può non aver previsto), sia perché: “il concetto di testo definitivo appartiene solo alla religione o alla stanchezza.” La fabula, o tema, o soggetto è probabile infatti che contenga potenzialmente un numero abbastanza alto ma non infinito di possibilità di sviluppo: l’intreccio o gli intrecci costituiscono l’esplorazione di una certa parte o quantità di tali possibilità.

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Le sfaccettature e le utilità del copione sono molteplici; anche se potrebbe sembrare un semplice “contenitore” di battute, atto allo studio. Innanzitutto il copione serve al regista per mettere in scena un’opera teatrale (scritta ex novo o riadattata), come canovaccio in cui possa avere sott’occhio tutte le informazioni utili e possa seguire quindi l’iter della realizzazione. Così anche ai tecnici occorre il copione per sapere non tanto le battute o i movimenti, ma per seguire lo spettacolo definitivo in cui andare ad inserire gli elementi specifici (luci, movimenti di scena, musiche). E, infine, agli attori il copione serve fin dall’inizio, per leggere tutto lo spettacolo su carta in maniera critica ed analitica, e più avanti poi per passare alla fase delle prove, in cui, con lo studio, l’elaborato verrà utilizzato come appoggio alla memoria. Il copione serve a contenere tutti i segni della rappresentazione e a organizzare il lavoro della messinscena ed a fare da “scheda” di un testo teatrale in lavorazione, nel quale ogni collaboratore, ogni teatrante, sa di poter cercare e trovare le informazioni più disparate ed utili.

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2. Cos’è il copione teatrale 2.2 A cosa serve

2.2 A COSA SERVE

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Il copione non è mai definitivo (come risulta essere invece il testo teatrale, in cui mancano tutti quei livelli che si vengono a formare durante l’uso del copione) in quanto serve ad annotare, evidenziare e studiare “la propria parte”, che può essere: la parte che ha il tecnico nella realizzazione, la parte che ha il regista, o il truccatore, o lo scenografo, o l’attore.

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2. Cos’è il copione teatrale 2.2 A cosa serve Marinella Manicardi durante le prove di “Stabat mater furiosa” di Jean Pierre Siméon. (In primo piano il copione con annotazioni ed evidenziazioni).

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2. Cos’è il copione teatrale

2.3 PRATICHE COINVOLTE NELL’USO DEL COPIONE

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3.2 pag 93

2.3 pag 74

2.3 pag 75

2.3 Pratiche coinvolte nell’uso del copione

La documentazione attraverso interviste agli operatori del settore teatrale e la lettura di testi quali “Progetto grafico n. 20, Montagna Valentina, Strategie di lettura e tipografia nei libri di testo, AIAP, Luglio 2010” hanno fatto emergere che l’uso del copione implica principalmente tre pratiche: quella di lettura critica, che comprende il cercare di capire la fabula e l’intreccio, i personaggi con le loro caratteristiche e gli aspetti dello spettacolo, della messinscena; e quello di lettura specifica, in cui il lettore, a seconda del suo compito, si concentra su ciò che in particolar modo lo riguarda. Solo nella fase delle prove si avrà uno stile di lettura che potremmo quasi non chiamare più tale, in quanto a subentrare è la memorizzazione di passaggi, battute, movimenti, per cui il copione è un artefatto conosciuto a fondo, all’interno del quale il fruitore sa ben navigare, essendo divenuto un lettore esperto. Come vedremo più avanti, le pratiche coinvolte nella lettura del copione sono spesso riscontrabili in quelle adoperate nel libri di testo, in quanto elaborati creati con il fine di essere studiati, proprio come deve essere studiato il canovaccio.

2.3 pag 78

4.4 pag 144

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Progetto grafico n. 20, Montagna Valentina, Strategie di lettura e tipografia nei libri di testo, AIAP, Luglio 2010

2.3 pag 77

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Stili di lettura, la lettura critica Quando, ad inizio lavori, il regista convoca la compagnia teatrale, o gli attori, o gli altri membri implicati nella creazione dello spettacolo, la prima azione è quella della distribuzione del copione (con, solitamente, le parti già assegnate) per procedere alla prima lettura. Questo uso del copione si concentra molto su fabula ed intreccio, sulla caratterizzazione degli attori, sul messaggio che verrà dato. È un lavoro ancora molto legato al testo drammatico e meno alla messinscena, non vengono presi infatti in considerazione alcuni aspetti dello spettacolo e del palcoscenico come: luci, suoni, cambi di scena, rumori, costumi, trucco, e spesso anche le pause, i vuoti, non sono ancora ben delineati. I componenti dello spettacolo si concentrano piuttosto sulla parte fonetica: dalla battuta, al tono verbale, ai gesti, ai movimenti che caratterizzano i personaggi e le relazioni tra loro. Osservando anche lo schema, coglieremo come ad ogni stile di lettura sia collegato un obiettivo che, consequenzialmente, si raggiungerà. Dallo schema si evince come, per la prima fase, si passerà necessariamente per gli stili di lettura del “ricercare” e dello “scorrere”, ottenendo quindi risultati diversi, con attività mentali diverse. Per la fase del “ricercare” occorrerà un’attività mentale più impegnativa ed una maggiore attenzione alla linearità del testo; così come per la lettura dello “scorrere” si guarderà l’ordine scelto dall’autore per strutturare gli argomenti, con un atteggiamento simile alla ricerca che si fa dal punto di vista visivo. Riassumendo, gli obiettivi, gli stili di lettura, le caratteristiche dello stile che si assume leggendo criticamente il copione, possono essere, con similarità ai testi didattici, questi:


2. Cos’è il copione teatrale

Stile di lettura ricercare Caratteristiche dello stile •attività mentale più impegnativa •attenzione alla linearità del testo Obiettivi localizzare le informazioni generali di un argomento

Stili di lettura, la lettura specifica La lettura specifica è quella che ha luogo durante (o dopo) lo studio della parte da parte dell’attore, o durante le prove delle luci e delle musiche, quando i tecnici conoscono già la cadenza temporale dello spettacolo, e sanno bene dove e come mostrare i materiali multimediali o meccanici. Per l’attore che sta studiando la sua parte, la lettura specifica significa leggere il copione che ha tra le mani come un

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2.3 Pratiche coinvolte nell’uso del copione

Stile di lettura scorrere Caratteristiche dello stile •simile alla ricerca dal punto di vista visivo •interesse per l’ordine scelto dall’autore per strutturare gli argomenti Obiettivi •ottenere un’immagine delle caratteristiche del testo •struttura del testo •tono di voce •afferrare la struttura del testo e i concetti fondamentali espressi per pianificare una seconda lettura

Ivi

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utente ormai esperto, che ne conosce i contenuti e la loro distribuzione all’interno dell’artefatto. L’utente sa quindi navigare nell’elaborato, ha confidenza con questo e, talvolta, sfrutta anche la “memoria fotografica”, grazie alla quale ricorda mentalmente l’organizzazione e l’impaginazione di una parte del copione. Sa bene se il suo personaggio compare o meno, ma non è ancora del tutto affrancato dalla presenza del canovaccio. In questo caso, osservando lo schema, la lettura specifica è componibile in “lettura ricettiva” e “lettura creativa”, che così riassumiamo: Stile di lettura ricettiva Caratteristiche dello stile •concetti e nozioni sono organizzati e memorizzati •nessuna elaborazione critica né riflessione Obiettivi afferrare il punto di vista dell’autore sull’argomento trattato Stile di lettura reattiva Caratteristiche dello stile pensiero critico Obiettivi pensiero creativo Memorizzazione La fase di memorizzazione è quella finale, che rende il copione un elaborato atto quindi ad aiutarne l’attuazione. Memorizzare movimenti, battu-

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2. Cos’è il copione teatrale 2.3 Pratiche coinvolte nell’uso del copione Schema delle tipologie di lettura da: Progetto grafico n. 20, Montagna Valentina, Strategie di lettura e tipografia nei libri di testo, AIAP, Luglio 2010, p. 48

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te, toni, cambiamenti della scena e dei costumi è l’obiettivo, in ultimo, della fase di studio, sia degli attori, i quali hanno la responsabilità della “performance”, sia dei registi e tecnici, ai quali è spesso richiesta la memorizzazione anche se possono servirsi del copione in qualsiasi momento, anche durante la messinscena. Aggiungiamo inoltre che la memorizzazione teatrale avviene anche spontaneamente, con le prove, che sono l’unico modo per aiutare la registrazione mnemonica dei gesti e dei movimenti dell’attore, e che aiutano però anche tutti gli altri ad imparare a memoria il testo per la messinscena.

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“Presupposto quindi che la scena, lo spazio, i gesti, le emozioni sarebbero dunque già contenute nel testo drammatico, se non nelle didascalie più o meno minuziose, che sono un uso abbastanza recente e tutto sommato spurio, certamente questi elementi sono presenti nelle profondità semiotiche del dialogo scritto; il quale avrebbe questa particolarità imperativa e informativa assieme, di dettare il contesto della sua esecuzione, di indicare da sé al lettore tutto quel che bisogna sapere, vedere, conoscere, udire, per poter comprendere. Tale sarebbe il carattere specifico della scrittura drammatica, la sua specialissima forza semiologica.”

2. Cos’è il copione teatrale Articolo online: Significazione, Scrittura teatrale di Ugo Volli, www.cultureteatrali. org/images/pdf/significazione_01.pdf, 1 ottobre 2013

2.4 Metodologie e uso del testo per la messinscena

2.4 METODOLOGIE E USO DEL TESTO PER LA MESSINSCENA

L’attore mette in scena L’attore, ponendosi come primo lettore del testo drammatico e del copione, ha il compito di dar vita agli atteggiamenti, ai gesti, alle relazioni e ai toni riprendendoli e seguendo in maniera esatta le indicazioni contenute nel copione; insomma di fare e realizzare tutto quello di cui ha letto nel testo; mostrando dunque precisamente quel che è scritto e che si deve vedere, dicendo proprio ciò che il testo

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intende far sentire con i sentimenti e le emozioni e gli accenti che l’autore ha inteso fossero compresi dal secondo lettore, lo spettatore. La metodologia La ricetta per una messinscena si può spesso rintracciare nei testi teatrali, dove le didascalie servono a a fornire, insieme a molti altri indizi testuali, le indicazioni. Ma la messinscena è sempre un’altra cosa e non necessariamente il miglior spettacolo è quello che usa in maniera più letterale questi elementi. Ivi

“E neppure, come dice Pirandello, se una rappresentazione riesce migliore del dramma che attualizza, questo significa che l’opera drammatica era cattiva.” Eppure questa è la metodologia critica più spesso usata dalla tradizione teatrale: leggere il testo scritto, valutarlo come tale e allo stesso tempo farsi un progetto privato per la sua esecuzione, creando quindi un copione che verrà poi usato per la messinscena. Se la messinscena fosse già contenuta nel testo drammatico acquistato in libreria, basterebbe infatti che il potenziale spettatore leggesse il suo testo drammatico, come potrebbe fare con un romanzo.

Anne Ubersfeld, Leggere lo spettacolo, Carocci editore, Roma 2008

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Il regista mette in scena Solitamente il regista si interpone fra il testo e l’attore, e prende su di sé la responsabilità dell’attualizzazione, anche perché spesso è il regista l’arredatore del testo, l’interprete capace di leggere in profondità le indicazioni generali di atmosfera, spazio, ritmo, clima del sentimento, che non dipendono necessariamente dal singolo attore. A questo proposito bisogna notare che una teoria


2. Cos’è il copione teatrale

riduttiva della regia come lettura e coordinamento generale è implicita nella prassi “all’antica” del teatro, e viene sempre riproposta dalle polemiche “testualiste” di critici e aspiranti autori. E infine, che ogni testo presenti necessariamente delle lacune, sia dunque aperto a un lavoro necessariamente nuovo di precisazione, di attualizzazione e di rilettura, è certo vero visto che non è la sola scrittura quella che costituisce il testo, perché gli attori (i registi, gli scenografi e gli altri esecutori) non sono mai solo relegati dalla parte dei lettori.

“Tra le figure (autore, traduttore, regista, attori e scenografi) si crea inevitabilmente una deformazione del linguaggio, ma a teatro, al contrario del telefono senza fili dove il gioco è più divertente quanto più l’informazione iniziale si modifica, non introdurre troppi errori in questo singolare processo comunicativo è la formula vincente.”

Articolo online: Significazione, Scrittura teatrale di Ugo Volli, www.cultureteatrali. org/images/pdf/significazione_01.pdf, 1 ottobre 2013

2.4 Metodologie e uso del testo per la messinscena

Metafora del processo: telefono senza fili

Nel momento in cui si mette in scena un testo, un copione, è importante pensare alla metafora del telefono senza fili, cercando di mettere in condizione tutti i realizzatori di non compiere errrori, con un copione adatto e preciso e omogeneo per tutti. Un’altra metafora: il gioco della carta piegata Nel gioco in cui si scrive su un foglietto di carta, lo si passa al proprio vicino dopo averlo coperto, per farvi scrivere ad ogni componente una riga della storia “alla cieca” in modo da leggervi, alla fine del gioco, un racconto sconclusionato, possiamo rintracciare una similitudine con il processo teatrale.

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Ibidem

“Tra le figure (autore, traduttore, regista, attori e scenografi) si crea inevitabilmente una deformazione del linguaggio, ma a teatro, al contrario del telefono senza fili dove il gioco è più divertente quanto più l’informazione iniziale si modifica, non introdurre troppi errori in questo singolare processo comunicativo è la formula vincente.” Con mesi di prove, con tecniche psicologiche e fisiche l’attore fissa la propria partitura vocale e gestuale, se ne impadronisce; alla fine è pronto a eseguirla di fronte a tutti i pubblici, adattandosi ai loro ritmi, modificandosi più o meno sensibilmente a seconda delle sale che incontra, ma impegnandosi a farla restare sempre se stessa, a dire sempre il medesimo, a non rispondere a chi eventualmente lo interrompa.

Ibidem

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“Così nel processo di utilizzo del copione per la messinscena abbiamo due scritture che in parte si sovrappongono e si confondono e si correggono, quando si tratta per esempio dei significati impliciti da attribuire a una battuta del personaggio; ma in buona parte sono parallele, autonome, indipendenti.”


3. Utenti

3

UTENTI

Attorno alla costruzione di uno spettacolo teatrale, di cui il canovaccio è più di una “testimonianza scritta”, più di un “blocco degli appunti”, sappiamo che orbitano diverse figure, con compiti ed abilità specifiche: dal regista, che spesso è creatore, fruitore e realizzatore del copione e dello spettacolo al tecnico delle luci, fino all’attore, per il quale il copione è anche strumento di studio mnemonico. Le figure su cui il progetto di tesi si concentra sono in particolare tre, le più emblematiche, interessanti, e quelle con cui ho potuto maggiormente confrontarmi durante la ricerca, riguardo i bisogni, le problematiche e le decodifiche, annotazioni, opinioni riguardo il progetto.

3.1 pag 83 3.1 pag 85

3.1 I diversi tip di fruitori

3.1 I DIVERSI TIPI DI FRUITORI

Il regista: chi è, che cosa fa “Il regista ha prima di tutto il compito di fabbricare il programma dei segni: il testo T’ a fronte del testo T testuale. Analizzare le tappe del lavoro del regista significa analizzare un processo logico poiché l’attività concreta è fatta di giri e ritorni e di una verifica aperta a seconda dei progressi delle prove.”

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Anne Ubersfeld, Leggere lo spettacolo, Carocci editore, Roma 2008, p. 53

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1.4 pag 29

Ivi, p. 55

Il regista può eleggere tra uno stock di opere esistenti lo spettacolo da realizzare, o fabbricare un testo di suo pugno, o può riscrivere un testo preesistente, nulla cambia il fatto che, usando i termini coniati nel da Anne Ubersfeld, il regista sia colui che maneggia il testo T. “A partire dal momento in cui il regista ha davanti a sé questo oggetto testuale… Il suo lavoro comincia.” Per prima cosa avviene la lettura del testo e congiuntamente la presa in conto dell’universo concreto del teatro, in questa prima fase lavorativa del regista bisogna ricostruire la fabula e intorno ad essa gli elementi testuali come lo spazio e il tempo: si può partire da un testo, più precisamente in esso da un’idea da mostrare. Dopodiché il regista deve scegliere con chi altri realizzare lo spettacolo, in particolare lo scenografo e gli attori. A questo punto inizia il lungo lavoro sul programma di fissaggio o di modificazione dei segni, un lavoro dialettico che prefigura e prepara il rapporto applicazione-performance nella rappresentazione conclusa. In conclusione, il regista teatrale è il responsabile complessivo dell’allestimento di uno spettacolo dal vivo. Guida e gestisce i lavori specializzati dei diversi collaboratori. È la figura di riferimento di ogni spettacolo teatrale.

Pagina Wikipedia Regista Teatrale, it.wikipedia.org/wiki/ Regista_teatrale, 10 gennaio 2014

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“La complessità del lavoro di regia è difficilmente esemplificabile dal punto di vista creativo, mentre è più facile comprendere l’apporto tecnico (posizione degli attori, movimenti, intenzioni, etc.). Il regista è colui che tiene in mano il filo narrante di uno spettacolo. Ha in testa durante una messinscena il concetto da esprimere e porta gli attori ad identifi-


3. Utenti

carsi in quel concetto. Si può paragonare il suo lavoro a quello dell’architetto. Egli ha carta bianca sull’organizzazione e sviluppo della progettualità artistica.” > pag 86-87 L’attore: chi è, che cosa fa Treccani: Attore Teatrale, www.treccani.it/enciclopedia/attore/ 10 gennaio 2014

Un attore, normalmente, recita un personaggio. Ma, se vogliamo ampliare il concetto, il ruolo o personaggio non sono elementi indispensabili nel lavoro dell’attore, che in molti casi può aggiungere altri importanti elementi con l’improvvisazione, facendo coincidere autore (l’attore che pensa a cosa improvvisare) ed esecutore (l’attore che improvvisa) ed eliminando il testo come elemento codificato e preesistente. L’attore può anche essere definito “un emittente multicanalizzata di messaggi a funzione poetica.”

Umberto Eco, 1973

3.1 I diversi tip di fruitori

“L’ attore è l’interprete di un’azione drammatica rappresentata scenicamente. L’attore teatrale è interprete di un testo artisticamente compiuto”

o come colui che “recitando una parte o dando vita a un personaggio, si pone al centro dell’evento teatrale: esso costituisce il legame vivente tra il testo dell’autore, le direttive di recitazione del regista e lo sguardo e l’ascolto dello spettatore.”

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Patrice Pavis, Problemes de semiologie theatrale, Les presses de l’Universite du Quebec, Montreal 1976

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Bozzetti del regista Konstantin Stanislavskij per “Othello�, 1938

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3. Utenti 3.1 I diversi tip di fruitori Il regista Luca Ronconi all’opera durante le prove de “Gli ultimi gorni dell’umanità”, 1990

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Jerzy Grotowski

(Rzeszów, 11 agosto 1933-Pontedera, 14 gennaio 1999) è stato un regista teatrale polacco, una delle figure di spicco dell’avanguardia teatrale del Novecento. Wikipedia: Attore Teatrale, it.wikipedia.org/wiki/ Attore_teatrale, 10 gennaio 2014

Nella storia teatrale l’attore è forse stata la figura su cui maggiormente si è posta l’attenzione; infatti l’attore ha ricoperto i ruoli di acrobata, saltimbanco, musico, poeta, burattinaio e a volte di regista stesso. La svolta ottocentesca ha visto poi l’attore come maggiore ed indiscusso protagonista, per passare alla visione dell’esperienza teatrale dell’attore in una ricerca più personale, come quella di Jerzy Grotowski, che si concentrò molto sull’azione fisica dell’attore, e con la sua interazione con l’ambiente ed il pubblico. In effetti l’attore è l’elemento centrale dell’evento teatrale, il punto nodale da cui si sviluppano lo spazio, il tempo e la partitura visiva, acustica e gestuale di una rappresentazione. L’elemento più importante nell’apprendimento del mestiere d’attore è quello che viene definito la presenza scenica. Tale presenza è innanzitutto lo sviluppo di abilità fisiche e ‘fisiologiche’: in particolare: la duttilità e la capacità di utilizzare il proprio corpo: l’azione dell’attore si sviluppa, collegandola all’uso della parola, con la gestualità e con la mimica, in una accurata precisione prossemica. L’uso della gestualità per integrare la verbalità, interagire con gli altri attori e enfatizzare le parole o dare loro significati simbolici.” Sappiamo quindi che l’attore deve tener conto in primo luogo delle possibilità offerte dall’utilizzo della voce: l’uso accurato dello strumento vocale per comunicare le caratteristiche del personaggio ed esprimerne le emozioni. L’attore è colui per il quale il copione teatrale è fondamentale, se non l’unico e primario elaborato attraverso il quale viene a conoscenza della storia, della fabula, dei personaggi e in seguito di ciò che

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Mejerchol’d Vsevolod, 1914

3.1 I diversi tip di fruitori

“Anche se si toglie al teatro la parola, il costume, la ribalta, le quinte, persino lo stesso edificio teatrale, finché resta l’attore e i suoi movimenti pieni di maestria, il teatro resta teatro.”

3. Utenti

dovà essere detto, fatto, e come ed in che ambito. Secondo Grotowsky e Kowzan, l’attore è la primaria fonte di segni a teatro, il produttore di segni più immediato ed istantaneo. Kowzan afferma anche, a tal proposito, che non tutti i segni, come si sarebbe tentanti a credere, sono volontari e riscontrabili nel copione, ma la presenza fisica di un tal preciso attore prevede tutto un insieme incotrollabile di segni involontari dovuti alla personalità, alla fisionomia dell’attore di teatro che, a differenza di quello di cinema o televisivo, può avvalersi sì di trucchi ed effetti, ma sicuramente meno efficaci e speciali. > pag 90 La figura dell’attore è quindi una di quelle su cui maggiormente è necessario ed imprescindibile concentrarsi nella redazione ed organizzazione del copione; focalizzandosi particolarmente sugli usi e gli stili di lettura per i quali utilizzerà l’artefatto.

Il tecnico: chi è, che cosa fa Generalmente, un ‘tecnico di scena’ è un lavoratore che fornisce supporto tecnico per realizzare uno spettacolo; dalle musiche, alle luci, ai movimenti scenici della scenografia, dei cambi di scena, e del sipario. Il canovaccio è fondamentale per la figura del tecnico che, al momento giusto, deve sapere in che preciso punto dell’azione scenica o dell’emissione fonetica ci si trova per far partire un suono, un pezzo musicale, un sottofondo; o in che preciso istante spegnere una luce ed accendere un faretto colorato, etc.

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Attori in azione nell’ “Andria” di Terenzio, dal Codex Vaticanus Latinus 3868 (Biblioteca Vaticana).

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3. Utenti 3.1 I diversi tip di fruitori Bozzetto di Mario Garbuglia per la serra di �Spettri�, 1983.

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Il tecnico produce ed è responsabile della creazione di quel sistema di segni che è al di fuori dell’attore; si potrebbe sintetizzare: il tecnico produce tutti quei segni che l’attore non è in grado di produrre. > pag 91


3. Utenti

3.2 I BISOGNI E LE PROBLEMATICHE

I bisogni del regista

3.1 pag 83

Tutti gli intervistati fanno parte della compagnia teatrale “Il Guitto”, nata nel 1978 a Fano.

3.2 I bisogni e le problematiche

Rispetto quindi alle differenti figure descritte ed ai diversi usi che fanno del copione, avremo particolari bisogni e problematiche da affrontare per i rispettivi fruitori. Per cercare di capirli abbiamo intervistato alcuni registi, aiutoregisti, attori, tecnici che hanno (quasi) quotidianamente a che fare con l’elaborato, e lo usano in maniera diversa. > pag 120

Come si comporta nel momento in cui deve preparare un copione per una sua messinscena? Dipende: ci sono copioni che sono chiusi; nel senso che prendi un testo, come per esempio “Aspettando Godot” di Becket -che io ho fatto- ed è un testo che non ha bisogno di niente. Lo devi solo mettere in scena perché è una macchina che funziona da sola.

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Fnnziona tutto nel copione? Anche le didascalie? Tutto. È tutto scritto, per cui tu lo devi solo mettere in scena, e seguire quello che il regista ha già pensato e scritto nel copione (...). Ci sono dei testi che sono invece dei pre-testi, in cui tu devi comunque rielaborare, ma non perché lo vuole l’autore, ma perché senti che ci sono tante strade da intraprendere; quindi non è un testo chiuso: ci sono i dialoghi, ci sono tutte le parti -magari scritte benissimo- però tu lo devi ripensare, lo devi rielaborare, lo devi riscrivere sulla scena. Perché il copione fondamentalmente è un testo letterario che va riscritto in scena (...). Se tu prendi un testo come l’Amleto, è stato fatto migliaia e migliaia di volte, ma ogni volta che lo vai a fare dici “Come lo faccio? Qual è il senso che devo dare? Qual è la chiave?” (...). Questi testi sono talmente importanti, talmente grandi -come Shakespeare e così tutta la tragedia classica greca- che sono sempre contemporanei perché le tematiche che affrontano sono le tematiche di sempre. (...). Quindi ogni volta c’è il tentativo di riscrivere. Le mie esperienze sono queste. E quindi, una volta elaborato il copione, come procede nel lavoro, come lo propone agli attori? Come lo usa? Di solito, quando si inizia a lavorare con delle persone, ci si mette intorno al tavolo e si sta due ore intorno al significato di una sola frase. E dici “Come? Il testo ha 200 pagine e noi stiamo due ore per spiegare una frase? Non finiamo più!”

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Quando, nel lavoro di critica che dicevi, si inizia a leggere e si cerca di capire, qual è la cosa più importante? È il testo fonetico -quello che viene detto- perché è da lì che poi vengono fuori i movimenti, i costumi, le intonazioni? O c’è da subito un forte bisogno delle didascalie? A volte si da molta importanza alle didascalie, ma in realtà, il testo già dice tutto. Ci sono testi in cui le didascalie diventano parte del testo e fondamentali (...) e quindi non puoi fare a meno di quella didascalia. In molti testi invece la didascalia è solo di servizio (...) e i silenzi sono importanti quanto e più delle parole spesso, e sono quelli che ti danno il ritmo, o che ti danno il valore a quello che stai dicendo, se non capisci questa cosa -l’importanza del silenzio, della pausa- non puoi fare teatro (...).

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3. Utenti 3.2 I bisogni e le problematiche

Però all’inizio, questa è una metodologia che si usa per far capire all’attore che non bisogna essere approssimativi, che bisogna scandagliare, bisogna andarci dentro, bisogna capire, ma non capire il senso lato della cosa, ma proprio capire in profondità, cioè farla propria, cioè capirla in maniera organica (...). Questo è un aspetto importantissimo del lavoro dell’attore e del regista.

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Quello su cui sto lavorando è proprio questo: dal testo far emergere i movimenti e le intonazioni. C’è chi ha bisogno di scriverseli, però come dici tu, se uno fa un buon lavoro critico e riesce a capire il testo, a farlo suo, poi in realtà i movimenti, queste cose, vengono da sé. Come funziona? Il movimento, c’è la tecnica chiaramente, che è importante perché ti aiuta ad accrescere la tua espressività, (...) I toni, che ti permettono di spaziare, di non essere monocorde, anche questi si imparano con la tecnica. (...) Quindi ci sono tutta una serie di accorgimenti, di piccoli trucchi che vengono usati, per aiutare l’attore. Però tutto questo succede quando tu non sai cosa devi fare. Nel momento in cui tu sai, e sai cosa fare non in senso generale, ma piccoli compiti, particolari, devo fare questo, mi concentro su questo, poi dopo aver fatto questo devo fare quest’altro, mi concentro su quest’altro, quindi è sempre un problema di concentrazione, questo. Quando un regista ha in mano un copione e deve farlo capire agli attori, come funziona? Di solito tu come fai? Li elabori tu i copioni? Io sì, di solito cerco di capire, quali sono i caratteri dei personaggi, perché questa cosa ti aiuta molto, perché tu dici: questo personaggio è un personaggio scontroso, è un personaggio che ha una storia, che storia è? Magari gliela inventi, gliela fai cercare. Allora mi capita che io dia un compito, tipo: tu sei un personaggio

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Il testo teatrale ed il copione. Si dice che il copione è quello che si usa sulla scena, che usano anche i tecnici per l’attacco delle luci, e cose quindi anche molto tecniche, il testo teatrale invece è quello che compro anche in libreria e che mi posso leggere anche da solo con un mio immaginario che mi creo poi da solo. Però poi da come ne hai parlato te, in realtà testo e copione viaggiano più o meno insieme. Arriva il momento in cui devono viaggiare insieme chiaramente. C’è il testo letterario, che tu devi conoscere e devi studiare e poi quel testo letterario diventa il copione. Perché ti deve servire per creare delle autostrade, per far camminare veloci tutti quanti anche perché poi dopo c’è un precipitato di cose che devi mettere insieme: le luci, la scena, i costumi.

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3. Utenti 3.2 I bisogni e le problematiche

che è in crisi, oppure ha una storia difficile con una donna, per cui devi andare a cercare di capire questa storia difficile; oppure dico: “Guarda, vai a farti un giro sulla spiaggia e a cercare la persona che hai smarrito, e ogni persona che incontri ti pare di incontrare la persona che stai cercando di ritrovare.” (...) Il regista deve dare gli input in questo senso. Un bravo regista deve farti capire, trovarti e darti la strada per arrivarci, insomma.

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I bisogni dell’aiutoregista Come usa, vede usare o fa usare il copione? Ha riscontrato problematiche? Se sì, quali? Io credo che ogni attore abbia un suo proprio modo personale. C’è chi preferisce sottolineare la propria parte, c’è chi invece no .(...) So che alcuni hanno cominciato ad usare anche il tablet, soprattutto se la parte non è lunghissima o comunque preferiscono non avere fogli in giro. Questa cosa del foglio da fastidio, però in generale quando un attore è nella fase dello studio della parte, ci sono degli attori che hanno proprio una fase critica nei confronti della parte che devono imparare, nel senso che vanno a sviscerare proprio tutte le cose. Quindi io credo che avere il cartaceo sotto ti permette ancora credo, meglio ancora del tablet, di prendere una qualsiasi annotazione accanto. Ora, io ti posso dire com’è un copione fatto nella vecchia maniera, imparato e fatto da tanto tempo. (...) Il testo dovrebbe ricoprire i trequarti del foglio per lasciare lo spazio alle note, che servono a tutti: al regista, all’aiuto per prendere appunti di quello che avviene sulla scena, deve scrivere qualunque cosa dai cambi di scena agli attacchi di luce alla musica, agli attori quando appunto stanno studiando che si prendono accanto le loro note. Perché appunto ci sono quelli che si prendono solo la loro parte e si preoccupano di sottolineare ed evidenziare la loro parte, ci sono quelli che sono anche appunto critici, attivi, intelligenti che proprio se lo riguardano tutto il copione,

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3. Utenti

tutti i momenti critici, gli snodi, e quindi anche loro devono prendere i loro appunti. E poi serve anche ai tecnici perché una volta che è fatto il copione, poi va anche ai tecnici che prendono le annotazioni anche dal loro punto di vista ovviamente.

In fase di prove il copione subisce molte variazioni proprio perché tra l’azione del regista e l’azione degli attori, molte cose vengono modificate. (...) Solitamente si prepara il copione iniziale, quando deve iniziare delle prove, che andrebbe distribuito a tutti perché altrimenti non si può lavorare. Poi ci sono le prove e, prima di andare in allestimento a teatro, il copione deve essere sistemato, perché i tecnici non hanno seguito tutte le prove, e non sono a conoscenza di tutte le modifiche, per questo si rende utile un’ultima edizione del copione, che è poi il copione che va in archivio, in modo che se si riprende lo spettacolo in futuro uno ha il copione ultima edizione e quindi su quello si tiene quello da conto.

3.2 I bisogni e le problematiche

Cosa succede?

E questa metodologia funziona sempre? Avevamo avuto un problema con “Memorie di Adriano” di Maurizio Scaparro, di cui non esisteva la copia digitale, perché era stato scritto a macchina e nessuno l’aveva mai copiato. Ogni volta che si riprendeva lo spettacolo si facevano le fotocopie, ma era tutto pieno di appunti

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accanto, dell’assistente, del regista, delle cose; è stata necessaria una digitalizzazione. Prima parlavi del copione su tablet, cosa ne pensi? Io del tablet non saprei che farmene, un po’ perché non lo uso, non ho questa dimestichezza, probabilmente è una questione di abitudine (...). Alcuni, soprattutto quelli più tecnologici, quelli a cui piace, lo usano, ma gli attori vecchio stampo difficilmente li vedrai con il tablet. Anche perché comunque, quando depositi il testo tu lo depositi cartaceo alla SIAE. Internet o il computer è ancora più da consultazione che una cosa di studio, perché anche uno quando studia un libro per un esame, che devi prendere appunti, sottolineare si preferisce il cartaceo. Se per lo studio delle battute si usa lo stesso metodo dei libri scolastici, per i movimenti invece? Ci sono le didascalie di solito. Poi per l’attore scatta la memoria fisica, che si ricorda che a una determinata cosa che diceva ci lega un determinato gesto. (...) È difficile quando il regista, che ha in mente di lavorare allo spettacolo comincia a lavorare sul testo, qualcuno lo deve battere al computer anzitutto, quindi tu magari lavori sul testo che compri in libreria, ma poi deve essere portato sul file altrimenti non puoi stamparlo. Quando si va a fare il copione generalmente molte didascalie si tolgono.

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3. Utenti 3.2 I bisogni e le problematiche

Anche perché spesso ci sono le didascalie sulla scenografia, che però sono funzionali, “per questo testo servono un divano, due letti e una cosa”, ma poi è lo scenografo che pensa a come mettere il divano, i due letti, oppure dice: “No, li togliamo perché facciamo altro tipo di messa in scena”, quindi è difficile che si mantenga proprio tutto nel dettaglio. Poi può essere utile, quando tu riscrivi il copione, che ha subito tante modifiche durante le prove allora tu fai una versione finale, se ci sono proprio dei movimenti, delle cose che sono già state stabilite e saranno così per sempre, allora uno le può pure scrivere sul copione: può essere utile al tecnico, può essere utile all’attore quando lo riprenderà in mano, però insomma più che altro rimangono degli appunti. Poi devi stare attento quando lo impagini che la battuta non rimanga metà in una pagina metà in un’altra, o che rimanga il nome del personaggio di qua e la battuta nella pagina accanto, sto attenta a queste piccolezze qua; perché è importante per un attore anche dal punto di vista visivo. Esistono delle norme a riguardo? In realtà non sono stabilite, vanno un po’ a senso, un po’ a logica, vanno a buon senso, tu cerchi di aiutare gli attori. (...) O si scrive il nome del personaggio e sotto la battuta, però molto spesso è tutto nella stessa riga per un’immediatezza. (...) L’importante è che ci sia dello spazio per scrivere e annotare, per dirti proprio come serve il cartaceo.

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Potrebbe essere utile avere dei file già predisposti, tipo template? Ah, come no! Certo! Solo la sceneggiatura cinematografica ha delle norme, perché la sceneggiatura corrisponde proprio al testo, la sceneggiatura è sempre ex novo. Se ci fosse un foglio già predisposto perché no, perché di solito lo impagino io, di solito chiudo il righello e comincio a scrivere così. (...). Perché sì, ci vuole sempre un attimo di tempo per capire come impaginarlo. Può essere utile se ci fosse già una cosa prestabilita. Secondo me la cosa più utile è l’impaginazione del copione. Perché il copione più è ordinato quando tu provi... Avere una cosa tutta appiccicata, i nomi del personaggio poi attaccato alla battuta che deve dire, oppure le battute di più personaggi troppo attaccate, oppure che non è ordinato, che cambia carattere, crea confusione. Più una cosa è ordinata, pulita, più appunto ha senso. Tutto il discorso finisce in una pagina, si va a capo si comincia un’altra cosa, questo aiuta, quindi se ci fosse, appunto un formato predisposto, come c’è l’excel per i conti, che ti dice che di qua va il nome del personaggio, di qua va la battuta, nome del personaggio/battuta, si può inserire la notazione, didascalie, con un altro riquadro, quello può darsi che può essere utile. Però al momento anche con le tecniche Word e di Open Office, benomale alla fine uno le fa. Perché tu o metti la colonna, o metti o chiudi il righello. Dopo il problema si pone sempre quando lo passi da un computer all’altro che non si sa perché ti si spagina sempre ogni volta.

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Mi sono trovato sempre abbastanza bene, certo, quando ci sono dei testi lunghi, cerco di memorizzarli e di non pensare più al copione. (...) Mi faccio nella testa una serie di scene scansionate di quello che deve succedere, collego le parole con degli oggetti così, e cerco di memorizzare in questo modo. Quando leggiamo il copione, va già bene così, però poi in fase d’opera si è costretti a volte a cambiare proprio delle battute, i tempi, le pause, a volte dobbiamo proprio cambiare, alternare le battute, alcune vanno dette prima, poi dopo.

3. Utenti

Hai mai riscontrato problemi particolari nell’utilizzo di questo strumento (il copione)? Come problemi di memorizzazione, righe troppo lunghe, poco spazio per le note, difficoltà nel ritrovarsi nel testo? O è sempre stato uno strumento con cui ti sei trovato bene o molto bene per memorizzare e per recitare?

3.2 I bisogni e le problematiche

I bisogni degli attori

Io lo sottolineo molto, lo evidenzio, e ci scrivo anche le note dei movimenti, e memorizzo così meglio. Poi me lo porto dietro fino alla sera della prima, deve essere un oggetto che non mi deve assolutamente mancare, poi durante le repliche riesco senza, riesco assolutamente a far senza, però fino a quel momento è un oggetto molto forte, che mi aiuta psicologicamente più che altro.

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Sì, quando ci sono le battute lunghe magari, tipo ci sono certe volte dei pezzi lunghi dove c’è la battutona, e lì non ce la fai magari a mettere le note. Devi scrivere a fianco, tutto storto, o mettere un asterisco, poi è più scomodo per provare. Sì, un po’ più di spazio forse, è scritto piccolo, per come lo danno a noi per lo meno. Fa anche confusione quando devi cancellare le battute. Oppure quando c’è un copione che non si sa che copione è, perché noi siamo partiti che anche i nomi dei personaggi erano sbagliati. Oppure una volta sono state aumentate anche la pagine, e allora non sai più dove devi andare, non sai più l’impaginazione. E poi nell’utilizzo cosa fai? Sottolinei, metti delle note? No, in genere lo lascio così. Non lo sottolineo. Io lo leggo una volta sola all’inizio poi basta. Io lo leggo durante le prove. Mi serve di più, perché memorizzo meglio le battute. Se lo leggessi da sola e cercassi di impararlo a memoria, io per lo meno, personalmente non riesco. So invece che qualcuno se lo studia. Io lo studio durante le prove. Io preferisco impararlo durante le prove, solo se ho dei pezzi da sola, allora quando vado in macchina me li provo, provo a immaginare come posso creare la situazione, ma le battute le imparo durante le prove con gli altri.

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Sì, sì, però a volte è difficile. Si cerca a volte di personalizzarlo il più possibile, mettendoci qualcosa di proprio.

3. Utenti

Colleghi subito parole e movimenti?

Accoppiarla ai movimenti è più utile sì, lo memorizzi meglio.

Da tecnico, come usi il copione teatrale? Come fai a sapere quando devi attaccare la luce o le musiche? Adesso vado a memoria, se no all’inizio seguivo il copione. Ti dai degli attacchi a matita? Sì, a matita oppure quando ho il copione a computer scrivo proprio lì, e dal computer poi lo stampo.

3.2 I bisogni e le problematiche

I bisogni dei tecnici

Quindi ti fai dare il file del copione per riscrivere poi tu? Quando riesco sì, a volte non si riesce. Per averlo sempre lì, senza note a matita, che lo capisci.

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Ti fai un definitivo praticamente? Sì, un definitivo solo per me. Però vai a memoria dopo un po’, dopo le repliche vai a memoria. Hai avuto mai problemi che non ti riuscivi a trovare nel copione perché c’erano righe troppo lunghe, poco spazio o altro? Sì, ho avuto problemi perché gli artisti non seguono mai il copione (le battute del copione) e quindi, devi per forza guardare lo spettacolo. Devi stare attento. Se ci fosse un iPad che vada a pari passo automaticamente con le battute loro, che ti sottolinei come il karaoke, le battute.

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3. Utenti 3.2 I bisogni e le problematiche

In conclusione del capitolo I bisogni e le richieste che sono emerse sono soprattutto legate a: la trascrizione dal testo letterario al copione; alla mancanza di norme o di template di riferimento per una visualizzazione piĂš immediata di didascalie, testo fonetico e quant’altro; ad un elaborato che è considerato un supporto per lo studio ma che non possiede caratteristiche che aiutino nelle varie fasi, dalla lettura critica iniziale alla memorizzazione; e infine la possibilitĂ , per ogni fruitore coinvolto nella realizzazione, di avere una propria copia personalizzata (a seconda del ruolo nello spettacolo e delle personali necessitĂ ) da poter editare durante le prove o con lo spettacolo definitivo, alla fine del processo.

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PROGETTAZIONE DEL NUOVO COPIONE 4.1 ANALISI DELLE COMPONENTI DELL’ELABORATO

La parola: battute e nomi “Il teatro è parola, intendendo per parola ogni segno emesso a teatro, perché, linguistici o no, i segni teatrali sono una parola: ovvero la manifestazione concreta e pragmatica del linguaggio. Ogni enunciato è preceduto da una formula implicita ed esplicita che indica il suo attaccamento al mondo concreto in cui è pronunciato, con le sue condizioni di enunciazione.”

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4.1 Analisi delle componenti dell’elaborato

Potrebbe sembrare strano ma, nonostante l’attributo di “elaborato a cavallo tra testo drammatico e messinscena”, il copione teatrale non ha mai mostrato, nella sua organizzazione delle informazioni, un’architettura particolarmente complessa, che tenga conto della polifonia segnica che lo contraddistingue. Il copione teatrale infatti ha fondamentalmente 4 elementi: i nomi dei personaggi, le battute da recitare, le didascalie, i bianchi. > pag 116

4. Progettazione del nuovo copione

4

Francois Rècanati, citato in Ubersfeld Anne, Leggere lo spettacolo, Carocci editore, Roma 2008, p. 46

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Wikipedia: Copione, it.wikipedia.org/wiki/ Copione, 10 gennaio 2014

> pag 112

Articolo online: rebstein.wordpress. com/category/teatro/ page/2/, 25 ottobre 2013

> pag 114

Articolo online: rebstein.wordpress. com/category/teatro/ page/2/, 25 ottobre 2013

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Generalmente la parola, nel copione, compare come battuta da recitare con uno stile più o meno omogeneo, poco differenziato da copione a copione: ogni battuta ha come prima parola il nome del personaggio che l’attore deve interpretare, e di seguito viene riportato ciò che il personaggio dice. Le varianti a riguardo sono quasi inesistenti. Le didascalie Tutto ciò che non riguarda l’apparato fonetico, solitamente, viene detto ed inserito nelle “didascalie”, da sempre fondamentali e parte della storia dei copioni teatrali (o dei testi). Ad esempio Shakespeare scriveva solo “Enter” (Entra) ed “Exit” (Esce) e nient’altro: nessun accenno al tono di una battuta, ad un movimento del personaggio, ad un evento scenico. Salvo rarissime eccezioni, i toni delle battute, erano di per sé automatici, ogni interprete sapeva come recitare; mancavano quindi importanti apparati segnici (come i suoni o i rumori che sappiamo essere riprodotti). Nel ’700 le didascalie venivano di solito scritte o segnate sulla parte sinistra della pagina secondo una struttura a gradini (la cosiddetta scaletta, che ancora oggi è in uso). Le didascalie si rivelano, poco alla volta, utili, necessarie se non indispensabili, e anche i grandi attori ne tengono conto, per poi venire nuovamente accantonate all’inizio del ’900: già Pirandello non le usava quasi più, o solo in pochissime situazioni come protasi e nell’illustrazione dell’ambiente. “La didascalia ha una doppia vita: è pregiudiziale e tassativa al momento della lettura seduti ma quando si va in piedi -quando, cioè, si recita a memoria- o è stata metabolizzata o definitivamente disattesa. La didascalia fa sentire, ancora oggi, la sua valenza


4. Progettazione del nuovo copione

di artificio tecnico e la sua pregnanza di strumento semantico, e compare spesso scritta in corsivo e collocata fra parentesi e sembrerebbe facile da definire: in essa e per mezzo di essa l’autore descrive ciò che in scena va fatto (andrà fatto).” Le didascalie sono quindi buona parte del copione, e di tipologie diverse: temporale, spaziale, verbale, gestuale, etc. > pag 117

4.1 Analisi delle componenti dell’elaborato

Le pause Le pause e la loro trascrizione nel copione sono divenute questioni importanti soprattutto a partire dal lavoro del teatro dell’assurdo (Beckett, Ionesco, etc.) e nel teatro contemporaneo e moderno è uno nodo che continua a presentarsi. Si pensi a questo estratto da “La cantatrice calva” di Eugène Ionesco: “SIGNOR MARTIN: Siamo tutti raffreddati. Silenzio. SIGNOR SMITH Eppure non fa freddo. Silenzio. SIGNORA SMITH Non ci sono correnti d’aria. Silenzio. SIGNOR MARTIN Oh no, per fortuna! Silenzio.” “La didascalia opera qui come una forza preposta a richiamare il rimosso. Il verbale, pur modesto, è smascherato già come verboso. Il poco è già troppo.”

Articolo online: rebstein.wordpress. com/category/teatro/ page/2/, 25 ottobre 2013

Allo stesso modo, i “Silenzio.” e i “Lungo silenzio.” disseminati attraverso le didascalie di “Aspettando Godot. Possono forse “infastidire” ed allungare il copione tali annotazioni, utili ma ingombranti? È un interrogativo in più, che cercheremo di riconcepire.

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Didascalia “Exeunt.” “Escono”

4. Progettazione del nuovo copione 4.1 Analisi delle componenti dell’elaborato

Didascalia “Enter (...).” “Entra (...).”

Fotografia di una copia de “Il mercante di Venezia” di William Shakespeare, 1600.

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4. Progettazione del nuovo copione 4.1 Analisi delle componenti dell’elaborato

Didascalia “Anna si affaccia all’uscio comune in fondo”.

Fotografia dalla copia anastatica de “L’Epilogo” di Luigi Pirandello, 1898.

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Nome del personaggio

Battuta

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4. Progettazione del nuovo copione

Didascalia spaziale

4.1 Analisi delle componenti dell’elaborato

Didascalia gestuale

Didascalia dell’aspetto estetico del personaggio e gestuale

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Per la progettazione si sono analizzate le strutture generali del copione, e come i diversi utenti, generalmente, lo utilizzino, intervenendo quindi sulla struttura a partire dai loro bisogni, ed evidenziandone talvolta le mancanze, talvolta le difficoltà o i rallentamenti nell’uso del testo. > pag 120-123 Sono stati presi in considerazione alcuni copioni di attori ed alcuni di tecnici, poi, dopo le interviste, si è scelto di proporre in analisi i più emblematici.

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4. Progettazione del nuovo copione 3.2 pag 93

4.2 Il copione usato dai fruitori

4.2 IL COPIONE USATO DAI FRUITORI

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Sottolineature del personaggio da interpretare

Annotazioni e appunti al testo

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4. Progettazione del nuovo copione 4.2 Il copione usato dai fruitori

Sottolineature delle battute da recitare

Un esempio di copione di attore.

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Annotazioni sulle luci di scena

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Tentativo di creazione di una notazione per ordinare gli interventi tecnici

4. Progettazione del nuovo copione 4.2 Il copione usato dai fruitori

Annotazioni sui movimenti scenici

Un esempio di copione di tecnico.

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4. Progettazione del nuovo copione

Abbiamo visto come il copione si presenta oggi, con quali elementi, e come viene usato oggi, quali notazioni vengono aggiunte. Ma, storicamente, il copione ha avuto una sua “evoluzione”, che, possiamo dire, è dipesa soprattutto dall’avvento e dall’uso diffuso delle nuove tecnologie. “Nel ‘700 l’attore leggeva quanto era di sua competenza sulla parte destra della pagina (cioè le battute) e dava solo un brevissimo colpo d’occhio alle righe di compendio scenico che erano state annotate sulla semi-facciata sinistra del foglio; e la didascalia faceva parte del copione di lettura ma defilata.”

Articolo online: rebstein.wordpress. com/category/teatro/ page/2/, 25 ottobre 2013

4.3 Excursus storico sull’elaborato

4.3 EXCURSUS STORICO SULL’ELABORATO

Il copione teatrale, poi, in generale è sempre stato appesantito da interventi e annotazioni, in passato in maniera anche maggiore (non mancavano cancellature, pagine strappate, segni e simboli, macchie, revisioni e rimandi oscuri). Con Goldoni e con i comici dei Teatri di Corte ci fu poi il tentativo di puntualizzare toni, movimenti, eventi, introducendo addirittura l’opera con una scheda che esemplificasse il tempo e il luogo dell’azione scenica; informazioni, queste, inglobate poi dalle didascalie.

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Ibidem

Cesare Rossi (Fano 1829-Bari 1898) Primattore, maestro di una generazione d’attori, allestì spettacoli impeccabili e animò la semistabile “Città di Torino”.

“Nei primi del ’900 il drammaturgo assolveva nel suo testo scritto anche il compito del regista, emarginando lo stesso regista al ruolo di direttore di scena. Il drammaturgo era anche il regista di se stesso e non aveva più bisogno di indicare o suggerire: indicava e orchestrava da sé la messinscena. Quando poi il drammaturgo era anche il finissimo attore di se stesso o il capocomico, si fondevano mirabilmente insieme talento letterario e sapienza scenica, accuratezza e profondità, arte e mestiere (Ruggero Ruggeri, Molière, Eduardo De Filippo, etc.).” Manoscritti Molti dei copioni scritti a mano presentano delle caratteristiche dovute appunto alla tecnica di realizzazione. A volte i nomi dei personaggi sono abbreviati, a volte no, a seconda del bisogno; le didascalie riportano indicazioni di tempo, spazio e movimento e sono sottolineate; presenza dei numeri di pagina; suddivisione in scene titolate; cancellature e “toppe” (pezzi di pagine attaccate sopra). In particolare nei testi manoscritti del capocomico, attore e regista Cesare Rossi, possiamo notare degli elementi “moderni” come le didascalie in viola (un tentativo di introdurre la variabile del colore per differenziare il testo); i titoli delle scene scritte con pennino diverso; presenza di sottolineature varie: linee rette, ondulate, a puntini; annotazioni infratestuali; in un lungo monologo, presenza di parti cerchiate; nella presentazione dei personaggi, talvolta è indicato il rapporto che vi intercorre. > pag 128-133

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> pag 134-139

Avvento del computer, oggi Nonostante i nuovi software di editing di testi, il copione teatrale ha mantenuto sempre la sua organizzazione standard. In particolare, la formattazione che il testo aveva nella sua versione dattiloscritta, non ha subito pressoché variazioni, rimanendovi molto simile, ma evitando di assorbire norme anacronistiche quali quelle per le sceneggiature cinematografiche (utilizzo del Courier a corpo 12 giustificato), rimanendo sempre un elaborato “libero”, le cui caratteristiche vengono decise di volta in volta, a discrezione del regista, o di chi si occupa della trascrizione teatrale del copione. > pag

4. Progettazione del nuovo copione

Ruggero Ruggeri (Fano, 14 novembre 1871-Milano, 20 luglio 1953) è stato un attore teatrale e attore cinematografico italiano, uno dei più “aristocratici”, tra fine Ottocento e inizio Novecento.

4.3 Excursus storico sull’elaborato

Dattiloscritti Con l’avvento delle macchine da scrivere il copione si trasforma, ma alcune caratteristiche non cambiano; come la presenza di correzioni e di notazioni talvolta indecifrabili (come i “punto e linea”, che quasi sembrano un rimando da una battuta ad un altra, con ciò che sta in mezzo inteso da tralasciare); le cancellature e le annotazioni e le pagine aggiunte. In particolare, nei “casi-studio” dei copioni dattiloscritti di Ruggero Ruggeri, notiamo delle sottolineature (forse interventi degli attori) e i nomi degli attori a matita a fianco alle parti assegnate.

140-141

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Annotazioni sulle battute a bordo pagina

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4. Progettazione del nuovo copione 4.3 Excursus storico sull’elaborato

Sottolineature a linea continua

129

Sottolineature a linea tratteggiata

129


“Toppa� (pezzo di pagina attaccata sopra)

130


Cancellature e correzioni

131

131

4.3 Excursus storico sull’elaborato

4. Progettazione del nuovo copione


Notazioni didascaliche sul tono verbale

132


4. Progettazione del nuovo copione 4.3 Excursus storico sull’elaborato

Didascalie con variabile cromatica diversa 133

Scene e scansioni temporali con pennino diverso

133


Maiuscolo per differenziare le didascalie nel testo 134

Didascalie con variabile cromatica diversa


Errori di battitura compensati a penna

135

Cancellature e correzioni

135

4.3 Excursus storico sull’elaborato

4. Progettazione del nuovo copione


136


4. Progettazione del nuovo copione 4.3 Excursus storico sull’elaborato

Notazioni particolari (un rimando) 137

Didascalie sottolineate

Parti cerchiate

137


Didascalie o battute aggiunte a penna

138


Pagine sciolte aggiunte

139

139

4.3 Excursus storico sull’elaborato

4. Progettazione del nuovo copione


Parti evidenziate e cancellate 140

Didascalie tra parentesi e in corsivo

Numeri di pagina


4. Progettazione del nuovo copione 4.3 Excursus storico sull’elaborato

Posizione diversa per le didascalie dei silenzi 141

Didascalie tra parentesi 141



4. Progettazione del nuovo copione

Riflettendo sui copioni, sulle loro funzioni e usi nel tempo, sono emerse molte caratteristiche comuni anche ad elaborati simili, come i libri di testo (soprattutto per la funzione) ed i salteri (per il tipo di organizzazione visiva delle informazioni). Alcuni principi e caratteristiche, infatti, sono gli stessi: “(...) Principio di accessibilità totale dei contenuti. (...) Complesso sistema di strutture sintattiche e tipografiche. (...) Il lettore inesperto riconosce differenti funzioni delle diverse parti di un testo sulla base dei segni tipografici utilizzati, mentre il lettore esperto effettua una lettura selettiva e non lineare (come nella fase di memorizzazione, quando si conosce il testo e la materia). (...) Funzioni metacognitive delle componenti testuali tipografiche che suggeriscono la strategia di lettura, in cui sono importanti le scelte tipografiche e le ancore testuali.”

Progetto grafico n.20, Montagna Valentina, Strategie di lettura e tipografia nei libri di testo, AIAP, Luglio 2010, p. 47-51

4.4 Elaborati con caratteristiche simili

4.4 ELABORATI CON CARATTERISTICHE SIMILI

Già nella didattica, ma in generale in tutti gli elaborati editoriali, tutti i principi citati sono resi con elementi più o meno fissi, codificati e assodati, come quelli elencati da Riccardo Falcinelli:

143

143


Riccardo Falcinelli, Guardare, pensare, progettare: neuroscienze per il design, Stampa alternativa Nuovi Equilibri, Viterbo 2011, p. 203

2.3 pag 73 Progetto grafico n.20, Montagna Valentina, Strategie di lettura e tipografia nei libri di testo, AIAP, Luglio 2010, p. 51

“(...) Segni che non hanno a che vedere col parlato ma indicano la struttura logica. (...) La lingua scritta ha i suoi mezzi per esprimere pause, esitazioni, interruzioni, enfasi. (...) Convenzioni del testo scritto come punteggiatura, rientri, corsivi e grassetti, note, esponenti. (...) Modelli spaziali. (...) Posizione dei segni che ha un preciso valore semantico e veicola infomazioni precise.” Libri di testo Tornando all’esempio dei libri di testo, anche nel copione il principio di accessibilità totale dei contenuti deve essere un vincolo da rispettare nonostante sia un elaborato composto di un “complesso sistema di strutture sintattiche e tipografiche” e, come abbiamo visto, per leggere questo sistema dobbiamo appoggiarci ed avvalerci della distinzione tra lettore inesperto ed esperto che attua diversi stili di lettura. “Il lettore esperto attua una lettura selettiva, non lineare (...) il lettore inesperto, senza buoni schemi, riconosce diverse funzioni delle diverse parti di un testo sulla base dei segni tipografici utilizzati (...) dalle diverse componenti testuali tipografiche e metacongitive che aiutano a suggerire la strategia di lettura” > pag 146-148

Salteri L’analisi sinsemica effettuata su due diversi tipi di salteri ha ispirato le precedenti analisi sui copioni ed ha fornito un metodo per far emergere alcuni aspetti che, altrimenti, non sarebbero potutti essere resi evidenti.

144


sono state utili per dare un metodo alla maniera di riconcepire il copione, e per prendere in considerazione un approccio sinsemico alla riprogettazione, aiutando a pensare come e perché rendere alcune informazioni spazialmente, quali variabili e notazioni usare o tralasciare. > pag 149

145

Salterium brunoris in Sinsemia synsemia org/2010/11/18/ salterium-brunonis/, 10 gennaio 2014

4. Progettazione del nuovo copione

“(...) Nell’edizione del 1494 i commenti sono collegati al testo principale attraverso un sistema di note. Un’informazione che era resa spazialmente nell’edizione del 1485 (legame tra testo principale e commento) è stata trasformata in segni grafici.”

4.4 Elaborati con caratteristiche simili

Inoltre, anche per i copioni alcune considerazioni, tipo la seguente

145


Schema delle tipologie di lettura da: Progetto grafico n. 20, Montagna V., Strategie di lettura e tipografia nei libri di testo, AIAP, Luglio 2010.

146


4. Progettazione del nuovo copione 4.4 Elaborati con caratteristiche simili Delle pagine di Libri di testo per la didattica, con caratteristiche che hanno ispirato il nuovo copione, da: Progetto grafico n. 20, Montagna V., Strategie di lettura e tipografia nei libri di testo, AIAP, Luglio 2010.

147

147


La caratteristica utile della navigazione a rubrica di alcuni libri di testo ed utile al copione, da: Progetto grafico n. 20, Montagna V., Strategie di lettura e tipografia nei libri di testo, AIAP, Luglio 2010.

148


4. Progettazione del nuovo copione 4.4 Elaborati con caratteristiche simili Schermata parziale dell’analisi sinsemica di due Salterium Brunoris, da sinsemia.files. wordpress.com/2010/11/brunonis.pdf, 10 gennaio 2014.

149

149



5.1 TAPPE DELLA PROGETTAZIONE

Gli elaborati finali sono tre nuove organizzazioni strutturali del copione: una per l’attore, una per il regista ed una per il tecnico di luci, suoni e movimenti scenografici. I copioni sono stati progettati contemporaneamente, ed hanno quindi attraversato le stesse tappe di progettazione negli stessi momenti, in modo da avere sempre una visione completa dell’avanzamento di “riconcepimento” del testo teatrale. Mostreremo così in ordine cronologico la progettazione di ogni singola tipologia di elaborato, ed i problemi a cui si è dovuto far fronte, seguendo i vari “step” progettuali susseguitesi. Gli step sono quattro, e li illustreremo qui di seguito in questo capitolo, subito dopo aver presentato delle considerazioni che sono alla base del progetto.

151

5. Elaborati finali

ELABORATI FINALI

5.1 Tappe della progettazione

5

151


Considerazoni preliminari L’importanza della scrittura non lineare è ormai considerata in ogni ambito ed è uno dei modelli spaziali, come afferma Riccardo Falcinelli, infatti, Riccardo Falcinelli, Guardare, pensare, progettare: neuroscienze per il design, Stampa alternativa Nuovi Equilibri, Viterbo 2011, p. 270

Luciano Perondi, Sinsemie: scritture nello spazio, Stampa alternativa Nuovi Equilibri, Viterbo 2012

“nella maggior parte dei casi la posizione dei segni ha un preciso valore semantico, veicola informazioni precise.” Si pensi infatti agli scontrini o agli orari di autobus o treni, dove la posizione di ogni elemento ne indica una funzione; oppure alle poesie o ai fumetti, che, scritti in maniera lineare (“prosaica”) verrebbero snaturati. Nei copioni progettati, le posizioni saranno fondamentali, così come lo saranno l’insieme di “segni figurativi più segni scrittori e grafici” secondo la definizione di scrittura di Roy Harris e secondo la metodologia sinsemica per cui il mescolarsi di scritture, figure, notazioni è la norma. Questa è una delle possibilità previste. Inoltre, aiutandoci con le considerazioni di Gerard Unger, si è pensato di fare uso di quegli elementi di

Gerard Unger, Il gioco della lettura, Stampa alternativa Nuovi Equilibri, Viterbo 2006 p. 140

152

“(...) innotazione, ovvero sottolineature, parentesi, virgolette, corsivo, neretto, rientri, etc.” che possono risultare utili ai fruitori, in modo da avere ben differenziate e riconoscibili le parti e le loro funzioni nel copione e nella recitazione.


2. Prove di decodifica La progettazione degli elaborati è proceduta di pari passo alla continua verifica con attori e registi e tecnici della compagnia teatrale “Il Guitto”, i quali, di fronte ad ogni elaborato sottoposto, erano stimolati da domande specifiche a fare presenti eventuali punti di forza o punti deboli dell’organizzazione del copione, e ad esternare eventuali considerazioni (sia negative che positive) riguardo l’elaborato. Le prove di decodifica seguono uno schema preciso, che prevede la scelta di un “lettore modello” (i nostri fruitori), un’area di interesse, domande principali e secondarie. Le prove di decodifica degli elaborati sono sempre state fatte di persona, a mezzo intervista.

153

www.ilguitto.org

5.1 pag 156

5. Elaborati finali

1.4 pag 37

5.1 Tappe della progettazione

1. Livelli Dalla suddivisione in tredici sistemi di segni di Kowzan si è preso spunto per iniziare la progettazione, facendo di ogni sistema di segni un livello del copione e, letteralmente, un livello del file di Adobe Illustrator su cui si è operato. > pag 155 In questo modo, come vedremo nei capitolo successivi, si è ben riuscito a distinguere quali sistemi di segni/livelli necessitano di comparire per essere usati dal fruitore a cui è diretto l’elaborato (o attore, o regista, o tecnico) ed a inserirli o meno nella struttura del copione.

153


5.5 pag 189

risultati test pag 170-

conclusioni pag 157

154

3. Test su scala > pag 157 Le prove di decodifica tengono conto di quello che è stato detto al momento dai fruitori intervistati. Con il test su scala, poi, si sono messi i fruitori in condizione di capire e usare concretamente gli elaborati, chiedendo cosa ne pensavano delle questioni di usabilità, chiarezza ed efficacia, dopo una prova effettiva di utilizzo. Si sono stabiliti allora cinque criteri (tipo: “Facilità d’uso”) a cui, dopo aver consegnato un plico con il rispettivo copione ed il foglio per il test, ogni fruitore doveva attribuire un punteggio mettendo una croce sul numero della “scala di efficacia”. Il test presentava anche un campo libero per eventuali commenti o annotazioni aggiuntive, e ognuno era invitato ad usare il copione. Gli attori hanno provato a recitare con i copioni forniti, il regista ed i tecnici ad usarlo per il loro lavoro. Il campione preso in considerazione è composto dai trenta teatranti della compagnia teatrale “Il Guitto”, tra attori, tecnici, regista e aiuto regista, dei cui risultati descriveremo nello specifico le reazioni ed i risultati nelle sezioni seguenti. 4. Approdo Alla fine di ogni sezione, dopo aver illustrato il procedimento progettuale, è presente l’elaborato a cui, infine, si è giunti; e che è soggetto degli argomenti della conclusione.


5. Elaborati finali 5.1 Tappe della progettazione Dalla suddivisione in tredici sistemi di segni di Kowzan si è preso spunto per iniziare la progettazione, facendo di ogni sistema di segni un livello del copione e, letteralmente, un livello del file di Adobe Illustrator su cui si è operato.

155

155


Schema di organizzazione delle prove di decodifica, realizzato con CmapTools.

156


Il questionario.

157

157

5.1 Tappe della progettazione

5. Elaborati finali


158


1. Livelli Inizialmente nel copione i livelli dei sistemi di segni erano tutti attivi, per avere una visione completa degli elementi che entrano in gioco e di quelli che quindi devono essere presi in considerazione (anche se accorpati, in alcuni casi). Il trucco e la capigliatura erano insieme, il costume a parte; poi vi erano: illuminazione, musica e suoni, arredamento e accessori, il movimento scenico (scenografico), i segni della sfera “corporale” come gesto e mimica, i segni relativi al tempo, i silenzi e le pause ed infine i segni del verbale (parola e tono). > pag 161 In definitiva i livelli possono essere ridotti a cinque: i due segni verbali di tono e parola, il gesto e la mimica in un solo livello, i silenzi e le pause, ed i segni del tempo. Sono questi cinque, infatti, i sistemi di segni di cui l’attore si preoccupa nel suo lavoro. Ad ogni livello corrisponde una peculiare organizzazione nell’architettura del copione.

159

5. Elaborati finali 5.2 Copione per l’attore

5.2 IL COPIONE PER L’ATTORE

159


Bozzetto di ipotetica organizzazione dei segni teatrali all’interno del copione.

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5. Elaborati finali 5.2 Copione per l’attore I livelli (in Adobe Illustrator) di progettazione. Gli insiemi di segni erano inizialmente tutti, anche se accorpati, in alcuni casi; ma in definitiva sono cinque (escluso quello per i numeri di pagina).

161

161


5.1 pag 153 1.4 pag 34-36

Da qui è iniziata la progettazione, che è avanzata poi, per gradi, con gli esiti delle prove di decodifica. Sicuramente però, gran parte dell’organizzazione dei segni, ha seguito l’idea -avuta durante lo studio della Ubersfeld- di suddivisione verticale a colonne delle informazioni. > pag 160 La prima soluzione proposta era una pagina (non A4 ma di formato dovuto all’organizzazione delle colonne e dei segni), in cui la parte verbale della “parola da recitare” è in nero per tutti gli attori. L’attore che deve interpretare “Estragone”, ha la sua parte in evidenza perché senza rientro a sinistra. Il tono col quale pronunicare la battuta è indicato a sinistra del testo fonetico, in grigio e tra parentesi, per entrambi i personaggi. Per i gesti e la mimica, tutti nella colonna di destra, l’idea è stata quella di collegarli al punto del testo fonetico in cui devono essere fatti, evidenziando di volta in volta una lettera, in caso di azione puntuale, o un’intera battuta, in caso di azione contemporanea alla recitazione della battuta stessa; mentre le pause sono le linee vuote e grigie in mezzo al testo fonetico. Per calcolare i tempi delle pause si è pensato di regolare la misura della colonna del testo fonetico cronometrando il tempo medio necessario a pronunciare una riga di battuta contenuta nella colonna. Il tempo è risultato di circa 2 secondi e mezzo, per cui, nel caso di tre righe di pausa, in cui ogni riga di pausa sarebbe dovuta durare tre secondi, avremmo dovuto calcolare: 3 secondi x 3 = 9 secondi di pausa. Gli atti e tutte le informazioni sono riportate in alto a sinistra. La font scelta è il Karla, di Jonny Pinhorn, per il suo kerning piuttosto largo, chiarezza e leggibilità.

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5. Elaborati finali 5.2 Copione per l’attore La prima prova di copione per attori.

163

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2. Prove di decodifica Riguardo l’elaborato della pagina precedente, le annotazioni e osservazioni della decodifica sono state le seguenti: > pag 163 Gli esaminati leggono per prima cosa l’ambientazione in alto a destra. Risulta a tutti chiaro e pulito. Distinguono bene le proprie parti e battute. Non capiscono le righe delle pause e le prendono per righe predisposte per le note. Qualcuno di solito le note le appone a destra, quindi pensa che vada bene perché vi è spazio disponibile, che non è in realtà spazio per le note, ma è per le didascalie per il movimento ed i gesti. Riguardo lo spazio per le note personali molti preferiscono del bianco libero, mentre uno spazio predisposto sarebbe troppo schematico. È meglio evidenziare la parte del tono visto che sono poche righe, e l’attore ha bisogno di vederle subito. A questo punto è stato proposto il secondo possibile copione, con le dovute correzioni: > pag 166 non più linee per le pause, ma aree grigie; i livelli in cui vi erano ciò che doveva essere recitato dall’attore e con quale tono sono stati “accesi”, mentre quelli riguardanti altri personaggi sono stati “spenti” con variabili cromatiche e di peso della font. I segni riguardanti la temporalità (come gli atti) sono stati posizionati a rubrica sul lato destro in modo da scorrere. Per le azioni e la mimica, si è pensato di creare un elemento particolare da inserire nel testo fonetico al momento dell’attacco di un’azione puntuale. È poi seguita la seconda prova di decodifica.

164


Va bene, capiscono tutto, leggono tutto bene ed è chiaro. Prevedere però, nella parte temporale, un attacco per le scene. Inoltre solitamente l’attore sfoglia solo sul fronte e piega l’elaborato, formato A4, che si stampa facilmente ed è abbastanza grosso. Rivedere quindi anche i margini, adatti a rilegature molto diverse (dal punto metallico, alla spirale, etc.). Le pause non sono ancora chiare. Con il terzo tentativo si è pensato di utilizzare per tutti i sistemi di segni l’organizzazione “acceso/ spento”, con la quale l’attore è messo in condizione di riconoscere velocemente, quasi immediatamente, le proprie battute, i toni con cui dirle ed i gesti da compiere durante la recitazione, o puntualmente, a parte. L’unico cromatismo presente è quello del rosso per i gesti ed il mimo, che possiedono anche un segno di cesura per rendere più immediata la fine del gesto. Le variabili spaziali sono state gestite in maniera ottimale ed adattate al formato A4. > pag 167 Quest’ultima prova di decodifica non ha avuto nessuna critica da parte degli attori, se non la questione irrisolta delle pause, che risulta districata nel copione definitivo, in cui le ultime modifiche hanno riguardato: > pag 168-169 La microtipografia del tono (allineamento, grandezza dei rettangoli, non più parentesi) Per l’attore a cui è destinato il copione: non c’è bisogno del nome del personaggio ripetuto. Indicatori di secondi per le pause: puntini in verticale per scandirle bene mentalmente. Aggiungere una variabile numerica ai quadratini delle azioni, in cui la sola variabile cromatica non basta.

165

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La seconda prova di copione per att

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5. Elaborati finali 5.2 Copione per l’attore La terza prova di copione per attori.

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Due pagine della struttura definitiva del nuovo copione per attori.

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1.1 5.2LaCopione semiotica perteatrale l’attore

1. Basi teoriche 5. Elaborati di partenza finali


3. Test su scala Il test, effettuato considerando solo il copione definitivo delle pagine precedenti, è risultato molto positivo, dichiarando quindi l’elaborato efficace. I punteggi sono stati, in media, per ogni punto: Facilità d’uso: 4.1 Leggibilità: 4.6 Chiarezza: 4.3 Riconoscimento: 4.4 Aiuto allo studio: 4.4 Suggerimenti e note: occorrono una decina di minuti di prove mentali per entrare nell’ottica dell’organizzazione del nuovo copione, ma poi è tutto molto chiaro, ordinato e utile. Punteggio efficacia copione attori: 4,36 4. Approdo In conclusione, la nuova organizzazione del copione per gli attori risulta essere efficace ed apprezzata; anche se occorre una legenda e, a detta degli attori, un minimo di tempo per abituarsi all’uso dell’elaborato.

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1. Livelli Anche in questo caso i livelli dei sistemi di segni erano inizialmente tutti attivi e sono stati accorpati e trattati per ciò che concerne l’attività del regista ed i suoi bisogni. > pag 172 In definitiva il regista è colui che si occupa di tutti i sistemi di segni, nessuno escluso; questo non lascia altra scelta se non quella di lavorare con dieci livelli diversi, attribuendo a ciascuno variabili visive ed organizzazioni spaziali diverse. I segni organizzati sono: quelli verbali (parola e tono), le pause, il gesto e la mimica, il tempo, la scenografia ed i suoi movimenti, l’illuminazione, la musica ed i suoni ed infine gli elementi estetici quali costume, trucco, capigliatura. La prima soluzione proposta è risultata, analogamente all’attore, una pagina (non A4 ma di formato dovuto all’organizzazione), in cui la parte del “verbale-parola da recitare” è in nero per tutti gli attori,ma l’alternanza delle battute è data dai rientri a sinistra. Il tono col quale pronunicare la battuta è indicato a sinistra del testo fonetico, in grigio e tra parentesi, per tutti i personaggi. > pag 173

171

5. Elaborati finali 5.3 Il copione per il regista

5.3 IL COPIONE PER IL REGISTA

171


172

I livelli (da Adobe Illustrator) all’inizi della progettazione del copione per registi e quelli effettivamente us


5. Elaborati finali 5.3 Il copione per il regista La prima proposta di copione per i registi.

173

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I gesti e la mimica, tutti nella colonna di destra, si presentano tutti in rosso, con il rimando nel punto giusto del testo fonetico (la forma quadrata). Anche per il regista è importante sapere se si tratta di un’azione puntale o contemporanea al testo recitato, che è quindi evidenziato di rosso, a prescindere dal personaggio. Le pause sono state inizialmente cercate di rendere con i semplici bianchi, per non aggiungere altre notazioni. Infatti, sul lato sinistro, del foglio, sono posizionati tutti i segni estetici, scenografici, uditivi e luminosi che il regista deve controllare, e che trovano il loro “attacco” nel testo fonetico per mezzo di linee continue, o tratteggiate, o con la sola variabile spaziale. Per il costume e trucco dei personaggi, questo è suggerito dal fumetto che si ricollega al nome del personaggio, in quanto elemento che può permettersi di essere ingombrante, poiché si tratta di un’informazione che non ricorre spesso. Anche in questo caso la larghezza della colonna che contiene la battuta è calcolata sui tre secondi. 2. Prove di decodifica Riguardo la prima organizzazione del copione, la prima decodifica è stata: > pag 173 Va bene, ma prevedere lo spazio per le scene. Racconta tutto e sarebbe molto comodo per il regista. Importante lo spazio per i cambiamenti e annotazioni perché l’opera non è mai definitiva. È importante il formato A4. A questo punto, vista al risposta positiva, si è modificato il primo elaborato aggiungendo le scene nella scansione temporale a rubrica, facendo attenzione al formato, e iniziando a

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5. Elaborati finali

lavorare su elementi tipografici importanti da aggiustare, dopodiché la seconda prova è stata necessaria solo a far fronte ad alcune “sovrabbondanze di variabili” che potevano confondere, anche se questioni microtipografiche. > pag 177

Il copione per il regista, definitivo, presenta molti elementi, ma cerca di essere il più possibile vicino, coerente, con quello dell’attore, di cui assume molti aspetti utili ed immediati. > pag 178-179 3. Test su scala Il test, effettuato considerando solo il copione definitivo, ha prodotto questi punteggi:

5.3 Il copione per il regista

Non si capisce come mai, nella parte gestuale, talvolta il testo è in Italic, talvolta in Regular; meglio optare per una sola variante. La sillabazione infastidisce nel tono. I quadratini rossi delle azioni sono da numerare perché la variabile visiva del rosso è diversa, ha intensità diversa e non basta.

Facilità d’uso: 4 Leggibilità: 5 Chiarezza: 4.5 Riconoscimento: 4.5 Aiuto allo studio: 4.5

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Suggerimenti e note: occorre un po’ di pratica per saper usare bene un copione così, ma c’è veramente tutto, non manca nulla, ed un regista non dovrebbe più chiedere in giro a truccatori, tecnici, scenografi, etc. i dati specifici, perché avrebbe tutto lì. Punteggio efficacia copione registi: 4,5 4. Approdo Nonostante la complessità dell’organizzare visivamente, in maniera organica e chiara, una simile mole di segni, il punteggio dell’efficacia fa pensare ad un buon approdo anche in questo caso.

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5. Elaborati finali 5.3 Il copione per il regista 177

L’organizzazione del copione del regista dopo la prima prova di decodifica.

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5. Elaborati finali 5.3 Il copione per il regista 179

Due pagine della struttura definitiva del nuovo copione per registi.

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1. Livelli Per i tecnici i livelli usati sono molto legati alla temporalità, ed infatti gli elementi dell’organizzazione del nuovo copione si sviluppano molto in verticale, seguendo l’andamento della linea temporale. I sistemi di segni presi in considerazione sono quindi il tempo, l’illuminazione, la musica ed i suoni, la scenografia con i suoi accessori e, infine, il verbale; quest’ultimo si combina, in questo caso, con il gestuale, in quanto il tecnico è colui che ha bisogno di avere lo spettacolo completo, definitivo, di movimenti e parole, in cui attaccare gradualmente tutti quegli elementi mediali diversi. > pag 182 I livelli sono quindi sette, ottenendo anche in questo caso un copione ricco di elementi da organizzare. L’idea iniziale di progettazione, ed il primissimo risultato, prevedeva, inizialmente, la notazione temporale in alto a sinistra, ben in vista e con corpo molto grande, mentre il resto dello spazio verticale era organizzato in tre colonne: la prima a sinistra per le tracce musicali ed i suoni e, a destra del testo fonetico, una colonna per i movimenti scenografici

181

5. Elaborati finali 5.4 Il copione per il tecnico

5.4 IL COPIONE PER IL TECNICO

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I livelli (da Adobe Illustrator) all’inizio della progettazione del copione per i tecnici e quelli effettivamente usati.

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La prima prova di copione per i tecnici.

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5.4 Il copione per il tecnico

5. Elaborati finali


e, infine, una per le luci. Gli attacchi erano dati dalla variabile spaziale, per cui ogni elemento era posto all’altezza del testo o dei movimenti da fare in quel momento. Sono state usate diverse variabili cormatiche (scala di grigi) e non c’era una precisa notazione per le pause. > pag 183 2. Prove di decodifica Le prime annotazioni sono state: La trovata delle colonne sia per le luci che per le musiche è stata definita molto utile. Le colonne per le musiche, le luci e le scene devono stare vicine, se non fare una unica colonna. Un copione così lo userebbero, hanno affermato i tecnici. Un copione così lo userebbero, e sarebbe utile sopratutto per le le colonne divise. È stato allora ripensato in maniera da dare ancora più importanza agli elementi di cui il tecnico si deve occupare (luci, musica, movimenti scenografici); e a differenziarli adeguatamente a seconda delle colonne. > pag 186 Va bene, meglio ancora delle colonne, gli attacchi con le linee di durata. capisce tutto, legge tutto bene ed è chiaro. prevedere attacco scene, formato A4 e il fatto che lo spazio può essere molto, o poco, quindi meglio optare per stampa solo fronte. Colonne più strette per prevedere simultaneità. Dove la musica va a sfumare, sfuma la colonna. Segno d’inizio e segno di fine, altrimenti sembra una parte del testo evidenziata.

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5. Elaborati finali

Dopo queste accortezze, si è giunti all’elaborato finale, che possiede elementi coerenti (anche solo lo stesso metodo progettuale) con i due precedenti, ma si differenzia molto, in quanto, il tipo di lavoro sul copione, compiuto da un tecnico, è molto diverso da quello compiuto da attori e registi. Il copione per il tecnico, definitivo, presenta molti elementi, ma cerca di essere il più possibile vicino, coerente, con quello dell’attore, di cui assume molti aspetti utili ed immediati. > pag 187

Facilità d’uso: 4.5 Leggibilità: 5 Chiarezza: 3.5 Riconoscimento: 4.5

5.4 Il copione per il tecnico

3. Test su scala Il test, ha ottenuto questi risultati:

Aiuto allo studio: 4.5 Suggerimenti e note: n.p. Punteggio efficacia copione tecnici: 4,4 4. Approdo Il compito del tecnico non è facile, ma l’elaborato così concepito tenta di essere il più preciso ed utile possibile, cercando di fornire uno strumento sufficientemente dettagliato cosa che, per l’approdo temporaneo, sembrerebbe.

185

185


La seconda prova di copione per i tecnici.

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5. Elaborati finali 5.4 Il copione per il tecnico 187

L’elaborato copione definitivo per i tecnici.

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Mostriamo ora, per esteso, i nuovi copioni teatrali così come sono stati riconcepiti, con la rispettiva legenda, per agevolare l’inizio dell’uso del copione. Nell’ordine: per gli attori per i registi per i tecnici

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5. Elaborati finali 5.5 Elaborati definitivi

5.5 ELABORATI DEFINITIVI

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201



203



Conclusioni

CONCLUSIONI

Il progetto di riconcepimento del copione teatrale ha portato ad avere un tipo di organizzazione degli elementi all’interno dell’elaborato più chiara ed immediata. Alle caratteristiche di leggibilità ed efficacia generale si aggiunge, grazie agli studi preliminari sulla semiotica del teatro e del testo teatrale, una completezza delle informazioni presentate tale da non tralasciare alcuna informazione di cui il copione si fa carico. Molti operatori del settore a cui è stato mostrato l’elaborato hanno dimostrato entusiasmo e coinvolgimento, che ha reso gratificante il lavorare ad un progetto utile, che può essere portato avanti. Una delle proposte, a proposito, è stata avanzata non solo dalla sottoscritta, ma anche dai registi stessi: realizzare un software di editing di testi teatrali che adotti l’architettura proposta, e che dia la possibilità di creare copioni completi di tutte le parti della comunicazione, con un minimo dispendio di energie. Esistono infatti dei software che permettono la creazione di copioni teatrali e sceneggiature cinematografiche (come Celtx e Trelby), ma, a tuttoggi, non

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propongono la totalità di informazioni che, invece, si può raggiungere adottando questo approccio. Grazie alle basi teoriche e di analisi, infatti, la comunicazione che si attua a teatro è resa esplicita, cercando di dare una forma al testo drammatico che possa aiutare coloro che devono rendere il testo una messinscena. Il testo organizzato nel nuovo copione proposto non è da considerarsi un testo statico, ma piuttosto come un testo taggato in XML, quindi dinamico, che può diventare altro; che può piegarsi alle esigenze di chi si trova in condizione di mettere in pagina un ipotetico copione. È per questo che la realizzazione di un software, o di un plug-in per programmi già esistenti (Microsoft Office Word, Adobe Indesign, etc.) può rendere accessibile a tutti questo nuovo modo di concepire il copione, dando la possibilità ad ogni attore, regista, tecnico, di sceglierne le caratteristiche, di editarlo velocemente e nella maniera più completa possibile e di individuare rapidamente gli elementi che lo compogono, rendendo agevoli tutte quelle operazioni che sarebbero altrimenti problematiche sia in fase di lettura, che di studio.


207

p. 39, 46, 48, 51, 55

Scansioni da: Kowzan, Tadeusz, Littérature et spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975

p. 62-63

Fotografie personali presso la Biblioteca della Fondazione Carlo e Marise Bo, Urbino (PU)

p. 71

Teatro Casalecchio www.teatrocasalecchio.it/ home/stabat-mater-furiosa/

p. 86

Public Domain Review publicdomainreview. org/2013/01/17/sketches-by-konstantinstanislavski-for-his-production-of-othello-1930/

p. 87

Luca Ronconi www.lucaronconi.it/ mostraronconi_scheda.asp?num=82

p. 113

British Library special-1.bl.uk/treasures/ SiqDiscovery/ui/record.aspx?Source=text&LHC opy=33&LHPage=8&RHCopy=33&RHPage=9

p. 115

Fotografia personale presso la Biblioteca Federiciana, Fano (PU)

p. 117, 121, 140

Scansioni del copione “T’arcordi el varietà”, per gentile concessione della compagnia “Il Guitto”

da p. 128 a p. 139

Fotografia personale presso la Biblioteca Federiciana, Fano (PU)

p. 141

Screenshot da docs.google.com/file/ d/0B_6sWr8540sIRTY3aVBIQmRlOTQ/ edit?pli=1

Indice iconografico

Fonti Iconografiche

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Bibliografia

Bibliografia Volumi Barthes, Roland, Saggi critici, Einaudi, Torino 2002 Eco, Umberto, Come si fa una tesi di laurea, Bompiani, Milano 1977 Eco, Umberto, Mnemotecniche e rebus: lectures on memory, Guaraldi San Marino University Press, Rimini 2013 Eco, Umberto, Semiotica e filosofia del linguaggio, Einaudi editore, Torino 1956 Eco, Umberto, Trattato di semiotica generale, Bompiani, Milano 1958 Falcinelli, Riccardo, Guardare, pensare, progettare: neuroscienze per il design, Stampa alternativa Nuovi Equilibri, Viterbo 2011 Kowzan, Tadeusz, Analyse sémiologique du spectacle théâtral: études dirigées et présentées par Tadeusz Kowzan, Centre d’études e richerche théâtrales, Université Lyon II 1975 Kowzan, Tadeusz, Littérature et spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975 Lussu, Giovanni, La lettera uccide: storie di grafica, Stampa alternativa Nuovi Equilibri, Viterbo 1999

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Greimas, Algirdas Julien, La semantica strutturale: ricerca di metodo, Rizzoli, Milano 1968 Grotowski, Jerzy, Per un teatro povero, Mario Bulzoni Editore, 1970 Pavis, Patrice, Dizionario del teatro, edizioni Zanichelli, Bologna 1998. Pavis, Patrice, L’analisi degli spettacoli, Lindau, 2004 Pavis, Patrice, Problemes de semiologie theatrale, Les presses de l’Universite du Quebec, Montreal 1976 Pavis, Patrice, Problemes d’une semiologie du geste theatral, Presses de l’Universite de Lille 1981 Polidoro, Pietro, Che cos’è la semiotica visiva, Carocci editore, Roma 2008 Perondi, Luciano, Sinsemie: scritture nello spazio, Stampa alternativa Nuovi Equilibri, Viterbo 2012 Propp, Vladimir Ja., Morfologia della fiaba: le radici storiche dei racconti di magia, Newton Compton, Roma 1928 Ubersfeld, Anne, Leggere lo spettacolo, Carocci editore, Roma 2008 Unger, Gerard, Il gioco della lettura, Stampa alternativa Nuovi Equilibri, Viterbo 2006 Wolff, Laetitia, Massin, Phaidon, 2007

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Versus: Quaderni di studi semiotici

Bibliografia

Articoli

AA. VV., Teatro e semiotica, Dibattito sulla semiotica del teatro, n. 21, Settembre-Dicembre 1978 De Marinis, Marco, Lo spettacolo come testo, parte I, n. 21, Settembre-Dicembre 1978 De Marinis Marco, Lo spettacolo come testo, parte II, n. 22, Gennaio-Aprile 1979 Progetto Grafico Lussu, Giovanni, Teatri di poesia semantica: Stefan Themerson e la giustificazione interna verticale, n. 4/5, AIAP, Febbraio 2005 Lussu, Giovanni; Perri, Antonio, Piccoli libri dalla biblioteca di Babele, n. 6, AIAP, Giugno 2005 Lussu Giovanni, Theatres of semantic poetry, n. 19, AIAP, Marzo 2011 Montagna, Valentina, Strategie di lettura e tipografia nei libri di testo, n. 20, AIAP, Luglio 2010 Follo, Valter, Gi첫 dalla scena, nella sala, n. 14/15, AIAP, Giugno 2009 Falcinelli, Riccardo, La cantatrice calva secondo Massin, n. 14/15, AIAP, Giugno 2009

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Goria, Clara; Virdis Maria, Immagine del teatro, n. 14/15, AIAP, Giugno 2009 Goria, Clara, A teatro con i libri, n. 14/15, AIAP, Giugno 2009 Sfligiotti, Silvia, Il piccolo teatro di Milano, n. 14/15, AIAP, Giugno 2009 Hervy, Ăˆtienne, Il teatro va in cittĂ , n. 14/15, AIAP, Giugno 2009 Sfligiotti, Silvia, Progetti europei per il teatro, n. 14/15, AIAP, Giugno 2009 Lenarduzzi, Paola, Grafica senza grafici, n. 14/15, AIAP, Giugno 2009 Il Verri Bonini Lessing, Emanuela, Notazioni sinsemiche di processi interattivi, n. 43, Giugno 2010

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Sitografia

Sitografia Articoli online Significazione, una rubrica per ripensare la relazione tra semiotica e teatro oggi Baffi Giulio, Critica Cronaca Di Tommaso Luca, La parola ed il suo doppio: l’elogio del silenzio Valentini Valentina, Significazione Volli Ugo, Lingue teatrali Volli Ugo, Scrittura teatrale Volli Ugo, Il problema del teatro è l’enunciazione www.cultureteatrali.org/significazione Gozzi Luigi, 60 avvertenze per leggere e/o per costruire un testo - come si dice quando è stampato o pubblicato, un copione - come si dice quando viene usato in scena, e per capire che sono la stessa cosa. www.dramma.it/dati/monografie/avvertenze.pdf Pignedoli Damiano, Short latitudes: Drammaturghi al lavoro fra Italia e UK www.dramma.it Annali Online di Ferrara - Lettere Vol. 1 (2007) 262/272 De Marinis Marco, Teoria, pratica e storia: problemi metodologici degli studi teatrali. eprints.unife.it/177/1/demarinis.pdf

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Siti internet Significazione www.cultureteatrali.org/significazione/999-significazione Storia delle didascalie rebstein.wordpress.com/2011/08/06/come-da-copione Wikipedia Copione it.wikipedia.org/wiki/Copione Wikipedia Sceneggiatura it.wikipedia.org/wiki/Sceneggiatura Treccani Attore teatrale www.treccani.it/enciclopedia/attore/ Wikipedia Regista teatrale it.wikipedia.org/wiki/Regista_teatrale Synsemia synsemia.org/2010/11/18/salterium-brunonis Synsemia Salterium Brunoris docs.google.com/viewer?url=http%3A%2F%2Fsinsemia.files. wordpress.com%2F2010%2F11%2Fbrunonis.pdf Treccani Trascrizione Fonetica www.treccani.it/enciclopedia/trascrizione-fonetica_ (Enciclopedia_dell’Italiano)

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Sitografia

Copioni digitali www.gttempo.it/Copioni_B Aspettando Godot docs.google.com/file/ d/0B_6sWr8540sIRTY3aVBIQmRlOTQ/edit?pli=1 Software Celtx www.celtx.com Software Trelby www.trelby.org Treccani http://www.treccani.it/

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Grazie A mio padre, che nel 1978 ha iniziato a scrivere copioni e nel 1991 a leggermi libri. A mia madre, che non mi ha mai fatto mancare i frutti dell’orto e tutti i migliori Nutrimenti. A mia sorella, che sa come si usa un mascara e una sorella maggiore. A Davide, che è allergico a tutto ma non a me. Al Guitto, che si è reso disponibile a prendermi sul serio, ridendo. Agli amici di Fano, che ci si vede poco, ma si sta insieme da una vita. Ai tre di Casarcobaleno, che anche senza Alfio, ce la cavavamo benissimo. Alle quattro di Stallacce, che preparavamo gli esami (e la tesi), ma mai troppo. Agli amici ad Urbino, che non c’è mai niente da fare, ma si fa sempre tardi. Alle colleghe del Ciotola, che stavo troppo seduta al computer e mi hanno fatta camminare. Ai bibliotecari, che mi hanno sempre sorriso, e ormai mi chiamano per nome. A Merlino e la Peggy, che se l’Eri fa la tesi, allora possiamo miagolabbaiare.

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