Istituto europeo di design Sociologia (Docente: Prof. Gianluca Valle) Studente: Ernesto Venanzi
MUNARI, “ARTISTA E DESIGNER” «Il sogno dell'artista è quello di arrivare al Museo, il sogno del designer è quello di arrivare ai mercati rionali.» NATO A MILANO NEL 1907, SCOMPARSO NEL 1998. ARTISTA, GRAFICO E DESIGNER, SEGUE DA PRINCIPIO I GRUPPI FUTURISTI MILANESI E ROMANI. A PARTIRE DAL 1930 CREA LA SERIE DELLE MACCHINE INUTILI. SI ALLONTANA VIA VIA DAL FUTURISMO E SI DEDICA ALLA GRAFICA (CAMPARI) E ALL’EDITORIA CON MONDADORI, PER I CUI TIPI PUBBLICA LIBRI PER BAMBINI A PARTIRE DAL 1945. E’ TRA I FONDATORI DEL MAC (MOVIMENTO ARTE CONCRETA) NEL 1948, CONTRIBUENDO ALLA MODERNIZZAZIONE DELL’ARTE. SONO DEL 1949 I LIBRI ILLEGGIBILI; CREA GIOCATTOLI E VINCE IL COMPASSO D’ORO NEL 1954 CON ZIZÌ, SCIMMIETTA IN GOMMA PER PIGOMMA. DAL 1956 INIZIA A COLLABORARE CON DANESE (POSACENERE CUBICO 1957): NEL 1962 ORGANIZZA NELLO SHOW ROOM OLIVETTI A MILANO, L’ESPOSIZIONE ARTE PROGRAMMATA. DAL 1968 PROGETTA GIOCHI DIDATTICI PER DANESE; DEL 1970 È ABITACOLO PER ROBOTS (COMPASSO D’ORO 1979).
Artista o designer? Bruno Munari nel 1971 tenta di tracciare il profilo di queste due figure i cui confini cominciavano a confondersi. E che ora sono confusi e basta. Munari (Milano, 1907-1998), pittore, designer e sperimentatore di nuove forme d’arte ha segnato una svolta fondamentale nella storia del design in Italia e nel mondo. In questo libro affronta, con inteligenza e leggerezza, un tema di grande attualità, quello dell’individuazione dei canoni che scindono l’artista dal designer. Usando aneddoti e critiche sottili, Munari compie un viaggio colto e raffinato, non privo di sarcasmo nei confronti di certe elite, attraverso la fantasia e la creatività. E’ uno scritto più etico che tecnico che fa spesso
sorridere per la sua sincerità, la stessa che risiede in ogni prodotto firmato Munari. Un’ etica onesta che potrebbe risolvere tanti problemi ma che, troppo spesso, viene dimenticata. L’autore introduce l’argomento con una tavola rotonda immaginaria( fuori dal tempo e dallo spazio), attorno alla quale si sentono voci autentiche ed autorevoli di massimi pensatori, filosofi, scienziati e artisti di varie epoche da Toulouse Lautrec a Freud, da Picasso a Kant, dove ognuno esprime la propria opinione, lasciando così libero il lettore di trarre le sue conclusioni. Inizialmente i facoltosi partecipanti si interrogano sulla possibilità di definire la bellezza e le risposte alla questione variano da quella di Leon Battista Alberti che dice: ”La bellezza è l’armonia tra tutte le membra su un complesso di cui fanno parte, fondata su una legge precisa, in modo che non si possa aggiungere o togliere, o cambiar nulla se non in peggio”, a quella di Kant che si esprime in questi termini: “La belle zza considerata soggettivamente è ciò che piace in modo generale e necessario, senza concetto alcuno e senza utilità pratica”. L’asse della conversazione si sposta poi sulla definizione di arte dove personalità come Degas, Marinetti e Lautrec
esprimono la propria opinione a riguardo, ognuna diversa dall’altra. Munari non esprime un suo giudizio finale al termine del dibattito ma lascia al lettore il diritto di interpretare le opinioni dei partecipanti a proprio piacimento.
Munari identifica l’ elite come destinatario dell’arte, ma allo stesso tempo critca questa elite denunciando la sua scarsa educazione artistica che portò a suo tempo a disprezzare i quadri di Modigliani e ad usare dipinti di Van Gogh per chiudere squarci nei pollai e ad apprezzare i dipinti di Ary Scheffer, pittore olandese famosissimo al suo tempo, un vero e proprio divo dei suoi tempi, che però non ha lasciato alcuna traccia nella storia dell’arte. E’ una borghesia che poi paga caro i suoi errori pagando 842 milioni un quadro che prima dispezzava. Leggendo il libro spiccano con evidenza gli interrogativi che si è posto Munari nella stesura del testo: – Il designer progetta secondo l'ispirazione? È l'artista che è toccato da messaggi divini, il designer ha un metodo preciso.
– L'artista ha la fantasia, e il designer? Ha la creatività che è qualcosa di diverso. – L'artista ha uno stile personale, mentre il designer non ha stile alcuno, le forme che progetta sono il risultato di un metodo oggettivo. – Ma insomma cosa crede di essere questo designer? – Un designer, non un artista.
«Mentre l'artista, se deve progettare un oggetto d'uso lo fa nel suo stile, il designer non ha stile alcuno e la forma finale dei suoi oggetti è il risultato logico di una progettazione che si propone di risolvere nel modo ottimale tutte le componenti di un problema progettuale: sceglie le materie più adatte, le tecniche più giuste, sperimenta le possibilità di entrambe, tiene conto della componente psicologica, del costo, di ogni funzione». Con questa definizione Munari segna perfettamente un canone distintivo frea arte e design, focalizzandosi sul ruolo del designer nella società. Mentre l’atre realizza pezzi unici di alto costo e quindi necessariamente acquistabili solamente dall’elite, il design si prefigge di produrre nel modo migliore anche ogetti comunissimi di largo consumo e la forma finale è il risultato logico di una progettazione che si propone di risolvere nel modo ottimale tutte le componenti del problema progettuale, mentre l’artista se vuole fare il designer opera sempre in modo soggettivo conservando la sua artisticità. L’oggeto del designer, quindi, conserva o inventa la sua funzione insieme ad un aspetto stilistico coerente ad essa da dove nasce quella che Munari definisce “l’estetica della logica”. “Il designer, contrariamente all'artista e allo stilista, non ha uno stile personale col quale risolvere formalmente qualunque problema. (...) le forme che verranno saranno il risultato di una soluzione ottimale di ogni elemento che concorre a formare l'oggetto”. Munari sottolinea anche come la creatività del designer possa essere utile in fase di progettazione del prodotto; molte aziende, infatti fanno l’errore di contattare il designer solo per produrre una scocca o una carrozzeria dell’oggetto gia progettato, mentre si potrebbero proporre modifiche, quando è possibile, allo scopo di rendere più logica ed evidente la forma finale. Munari identifica molto precisamente le cause del disprezzo reciproco che molto spesso si presenta tra artista e pubblico: “L’artista, d’altra parte, (...)secondo la sua epoca, sarò sempre fuori dalla mentalità comune e quindi non sarà capito subito poichè la cattiva educazione scolastica avrà creato nel pubblico quelle cristallizzazioni di formule artistiche percui il pubblico non riconsce come arte ciò che fa un artista innovatore e lo considera pazzo.” L’artista però non si
preoccupa del pubblico che osserverà la sua opera, la sua unica preoccupazione è di dare forma alla sua idea idea. Il pubblico capirà in seguito, mentre il designer deve progettare in modo che l’oggetto e il suo principio formatore siano chiari allo spettatore. Questo non significa assecondare il pubblico, ma capire il suo linguaggio e comunicare così le idee innovative che il pubblico ancora non conosce. Il designer deve fare le cose perchè il target al quale si riferisce le capisca in maniera facile e senza sforzo. L’artista e il designer operano in maniera completamente diversa e agiscono diversamente nelle stesse situazioni. Mentre il primo usa la fantasia per creare il suo quadro o la sua scultura, il designer agisce usando la sua creatività per risolvere i problemi legati alla progettazione. Le definizioni di Munari sulla fantasia e sulla creatività fanno capire come sia diverso il “metodo” che hanno le due figure. “La fantasia è una facoltà dello spirito capace di inventare immagini mentali divertse dalla realtà nei particolari o nell’insieme; immagini che possono anche essere irrealizzabili praticamente” “La creatività è una capacità produttiva dove fantasia e ragione sono collegate percui il risultato che si ottiene è sempre realizzabile praticamente” Se da bambino mi ingengno per trovare una soluzione per far funzionare il mio giocattolo o per cercare di divertirmi quando non c’è niente per farlo allora forse posso essere un designer, se invece trovo il bello nelle cose che mi circondano e le vedo in un modo mio tutto particolare sono sicuramente una persona più artistica.