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SOCIAL NETWORK? di Marco Scaramella
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nsia, agitazione e senso di perdita è ciò che provi quando non hai il tuo smartphone a portata di mano? Passi sui social più tempo di quanto tu non faccia con la tua vita reale? Devi assolutamente pubblicare ogni tuo selfie, e senti il bisogno irrefrenabile di postare la tua opinione riguardo a qualunque cosa? Potresti soffrire di una dipendenza da social media. Gli studiosi stanno ancora cercando di stabilire se questa dipendenza costituisca un disturbo mentale. Niente paura, però. Per ora possiamo condividere tranquillamente tutti i video di gattini che vogliamo, o commentare indignati le più palesi fake news, perché le istituzioni che definiscono le dipendenze, come l’Organizzazione Mondiale della Sa‐ nità e l’American Psychiatric Association, non hanno ancora accertato l’esistenza di questo disturbo. Uno degli studi più autorevoli sul tema, arriva dal dott. Mark Griffiths psicologo della Nottingham Trent University, tra i primi a fare ricerche sulle dipendenze da droga e alcool e sulle più moderne dipendenze da social network. Dai suoi studi, è emersa l’esistenza di alcuni sintomi comportamentali comuni a tutte le dipendenze: dominanza, quando la dipendenza diventa l’attività predominante nella vita di una persona; altera‐ zione dell’umore, quando si prova un senso di eccitamento sentendo la mancanza dello smartphone;
aumento della soglia di tolleranza, quando si aumenta l’attività che dà dipendenza per provare il “brivido” delle prime volte; sin‐ tomi d’astinenza, quando l’attività viene interrotta o ridotta si provano stati di malessere psichico e fisico; conflitto, quando sorgono conflitti personali o con altre persone riguardo alla dipendenza; ricaduta, riguarda la possibilità di riacquisire gli schemi comportamentali tipici della dipendenza anche dopo anni di astinenza e controllo. Si sa, le persone provano dipendenza da ciò che fanno, e da quello che provano mentre lo fanno.
Griffiths ha una risposta per tutto: sei un tipo estroverso? Usi i social per migliorare il tuo status sociale e nutrire il tuo lato narcisista. Sei una persona introversa? Usi i social come forma di… compensazione. Stacci! Una ricerca norvegese, invece, afferma con assoluta certezza che, se sei una giovane donna single, con un livello d’istruzione medio-basso, con un reddito e con un livello di autostima appiccicato sotto i piedi, allora sei tra le persone più a rischio da dipendenza da social network. Per capirci, non è
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QUANTO SEI DIPENDENTE DAI
che ora tutte quelle che corrispondono a questo identikit devono correre dallo psicologo in preda al panico. I risultati di ricerche e sondaggi, a volte, lasciano il tempo che trovano. E poi, a pensarci bene, con un basso reddito e un’autostima inesistente, il problema della dipendenza da social potrebbe non essere nemmeno quello prioritario. Un altro recente studio riguarda i selfie, croce e delizia di ogni rapporto di coppia. Immaginate la scena, so che è capitato anche a voi: state facendo una passeggiata con la vostra ragazza al tramonto. Lei vuole fare un selfie per immortalare il momento. Ti metti in posa, sorridi, lei scatta. Guarda la foto, scuote la testa. Non va bene, bisogna rifare il selfie. Nel frattempo si inventa pose improbabili e nuovi modi di tenere in equilibrio lo smartphone, per riuscire a scattare e allo stesso tempo evitare che si schianti per terra. Altro scatto, altro fiasco. Va avanti così per i successivi dieci minuti. Nel frattempo il sole è tramontato, e addio foto. Questa recente ricerca pubblicata sull’International Journal of Mental Health Addiction, individua una scala di comportamento per il mal di selfie: miglioramento dell’ambiente, competizione sociale, ricerca di attenzione, modifica dell’umore, fiducia in se stessi. Ancora una volta la ricerca indica che sono le donne a postare più selfie sui social. Di nuovo? Ma è un complotto! È vero che passare tutto il tempo a fare selfie non è il miglior svago del mondo, ma perché ciò che per qualcuno è un passatempo deve essere considerato un disturbo per un’altra, soprattutto visto e considerato che ancora non esistono nemmeno basi scientifiche?
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S&H MAGAZINE Anno XXIII - N. 258 / Marzo 2018
EDIZIONE SASSARI Direttore Responsabile MARCO CAU
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Ufficio Grafico GIUSEPPINA MEDDE Hanno collaborato a questo numero: LUIGI CANU, SARA CARDIA, DANIELE DETTORI, MANUEL DI CRISTO, ERIKA GALLIZZI, ALBA MARINI, GIUSEPPE MASSAIU, ANNALISA MURRU, MARCO SCARAMELLA, ENRICO SALIS, MANUELA STACCA, ROBERTO TRONCI
Redazione Sassari, Via Oriani, 5/a - tel. 079.267.50.50 Cagliari, tel. 393.81.38.38.2 mail: redazione@shmag.it
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editoria.pubblicità.grafica grafica
Editore ESSEACCA S.r.l.s., Via Oriani, 5/a - Sassari Per la pubblicità: tel. 335.722.60.54 Stampa Tipografia TAS S.r.l. - Sassari
Social & Web
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03 Social Network Quanto sei dipendente?
05 Artupia Una cornice sul mondo
06 Gianni Dettori Il trasformista dall'ironia sottile
08 Donna, Letteratura, Isola Il Club di Jane Austen Sardegna
10 Città perdute: Cornus La capitale della Sardegna antiromana
11 Il quieto colle di Bonaria L’eterna dimora dei defunti
12 Pallacanestro in carrozzina GSD Porto Torres: la Serie A è salva
13 Villacidro Sa bidda de is cogas
14 Simona Atzori L’arte oltre la disabilità
16 Marco Vargiu
Registro Stampa: Tribunale di Sassari n. 324/96. ROC: 28798. © 2017. Tutti i diritti sono riservati. È vietato riprodurre disegni, foto e testi parzialmente e totalmente contenuti in questo numero del giornale.
L’arte di modellare la pietra
18 HITWEETS 19 Sa Murra La morra sarda diventa un’app
20 Viaggio in Italia La Calabria
22 Il dentista risponde 23 Per la barba di Enrico Barba, moda e tattoo
24 La Dinamo torna in pista Ora si gioca la Fiba Europe Cup
26 inSardegna a Marzo 28 GUIDA AI LOCALI
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in Copertina
SIMONA ATZORI Foto di Grace Caruso
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ARTUPIA
Una cornice sul mondo di Daniele Dettori
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l mercato dell’arte ha conosciuto, negli ultimi anni, una forte ripresa registrata anche da autorevoli testate di approfondimento economico. È in questo contesto che si inserisce l’idea di un gruppo di ragazzi italiani accomunati dalla passione per l’arte e la tecnologia, aventi base operativa nella nostra isola, che permette ad artisti e collezionisti di tutto il mondo di incontrarsi sul web. L’idea si chiama Artupia e consiste in un portale di acquisto e scambio di opere d’arte contemporanea che, anche grazie ad alcune particolari e intuitive caratteristiche di fruizione, sta raccogliendo sempre maggiori consensi. Abbiamo incontrato Marco Mura, uno dei soci fondatori della startup insieme con Alberto Lina e Arturo De Giorgi, che ci ha accompagnato in un incredibile tour alla scoperta di questo affascinante mondo artistico. Tutto ha inizio con una visita agli uffici in coworking di Sassari, in via Roma 105, dove Marco ci viene incontro per fare gli onori di casa nell’accogliente giardinetto della sede e guidarci in una breve visita agli spazi condivisi presso i quali Artupia, giorno dopo giorno, viene gestita e implementata. «Una delle caratteristiche di Artupia è quella di
offrire opere d’arte a un giusto prezzo», comincia a spiegare Marco. «Le quotazioni delle opere, infatti, sulla nostra piattaforma sono calcolate attraverso un algoritmo che va a trasformare l’apprezzamento degli utenti in valore monetario. In pratica, maggiori sono i like, le visualizzazioni, gli inserimenti tra le collezioni nei profili degli utenti, maggiore sarà il valore che l’artista vedrà attribuito al suo lavoro.» Una selezione naturale, quindi, che nasce dalla ricerca di un’alternativa ai sistemi di eccessiva spinta verso alcune opere talvolta riscontrati dagli sviluppatori presso gallerie d’arte o case d’asta. Il sistema tiene inoltre conto di una serie di informazioni inserite dagli artisti: materiali impiegati, dimensione dell’opera, tempo di realizza‐ zione e così via. «Per promuovere ancora di più questo meccanismo di trasparenza abbiamo scelto, al momento, di farci carico noi, come piattaforma, dei costi di spedizione delle opere per qualunque destinazione al mondo. L’unica cosa che chiediamo all’utente in cambio di questo servizio è di condividere, attraverso i principali social, il proprio acquisto. Anche altri potranno così godere di quell’opera, conoscere quell’artista e allo stesso tempo la nostra piattaforma. Ci tengo a ri-
cordare anche l’assoluta sicurezza della transazione perché l’utente affida a noi i suoi soldi, che solo nel momento in cui riceve l’opera e tutto va per il meglio arrivano all’artista.» Cliccando su artupia.com, in effetti, si percepisce subito come il connubio tra arte e tecnologia sia un’ottima soluzione per attrarre soprattutto i collezionisti di nuova generazione, giovani e aperti al mondo e alle diverse culture. «Una delle implementazioni che abbiamo fortemente voluto riguarda la possibilità di ricorrere alla realtà aumentata per vedere dal vivo come figura l’opera nel luogo in cui pensiamo di posizionarla. Questo è possibile grazie all’applicazione iOS della Apple che, attraverso la fotocamera del proprio iPhone, permette di visualizzare il quadro che interessa come se fosse appeso alla parete della stanza, con le reali dimensioni e proporzioni di distanza. Siamo fieri del fatto che la Apple, per questo, ci abbia
inserito al primo posto nella sezione italiana dell’App Store: succede solo allo 0,5% delle App!» A proposito di quadri, pare che su Artupia si incontrino diverse tipologie di anime plasmanti l’arte contemporanea. «Molte persone raccontano il proprio essere e le proprie visioni attraverso forme indistinte, astratte, e questo da più parti del mondo. C’è una tendenza a esprimersi attraverso i colori piuttosto che attraverso le forme. Gli utenti, tuttavia, sembrano gradire di più le forme, i soggetti identificabili; cercano di vedere nell’opera qualcosa che può ricordare un oggetto, uno stato d’animo, una passione alla quale si è legati.» In lavorazione dal 2014 e lanciata a pieno regime nel 2017, Artupia ha visto in poco tempo iscriversi oltre 5000 utenti, più di 1000 artisti, e quasi 2000 opere d’arte entrare nel proprio catalogo: cifre, naturalmente, in costante evoluzione.
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GIANNI DETTORI Il trasformista dall'ironia sottile
di Annalisa Murru
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ar rivivere le canzoni del passato attraverso un’interpretazione dall’ironia sottile fatta di playback, abiti di scena e parrucche, uniti ad una mimica facciale e corporea di grande intensità. Questo è Gianni Dettori, il trasformista cagliaritano dalle performance caratteristiche che ha portato la sua passione prima, e lavoro poi, in giro per l’Italia e sul piccolo schermo, raccontando un’evoluzione artistica che è la somma di molteplici capacità e dell’osservazione degli artisti di una volta. Anni di carriera? Nasce tutto nel Carnevale del 1982, con uno spettacolo in un locale a Dolianova in compagnia di un ragazzo, con il quale ho poi continuato. Fin da bambino ero attratto dai clown e dall’esibizione però ero molto timido; lo sono ancora sotto certi aspetti, infatti penso che questo lavoro mi abbia aiutato a relazionarmi. A noi si aggiunsero due persone e andammo avanti per qualche anno, finché due di loro non si spostarono altrove e io rimasi con Carlotta. L’inizio dell’attività lavorativa vera e propria risale al 1987. Ci siamo ritrovati a Milano, a fare un provino in un locale in cui si facevano spettacoli “en travestì”, termine che indica gli uomini che si travestono da donna. Lei era un caso eccezionale, in quanto donna che si travestiva. Fu un trionfo che stravolse l’idea di
quel tipo di spettacolo. Sono quindi trentun anni di carriera. Carriera che ebbe una svolta nel 1990, con la vittoria del programma Gran Premio condotto da Pippo Baudo. Andammo a fare un provino con degli amici, due minuti di esibizione e il classico “Vi faremo sapere”. Partimmo per uno spettacolo in Toscana e al ritorno ci chiamarono a Roma per la conferma del provino. Ci siamo ritrovati a fare questa scelta all’improvviso, entrando nella squadra della Sardegna in veste di comici. La nostra performance era particolare, come diceva Baudo: “Siete quelli che entrano, fanno ridere e se ne vanno”. Dopo un’esperienza del genere cambiano tante cose. In quel periodo io e Carlotta siamo andati in crisi e decisi di abbandonare il duo; non sentivo più l’amore che mettevo nella mia attività e il guadagno facile tipico della TV per la quale quando piaci entri in un meccanismo ben preciso non faceva per me. La visibilità e ciò che ne derivò non erano adatti a te? Lavorare per una telecamera e non per gli occhi di qualcuno mi bloccava. Lo stesso è accaduto in parte con la partecipazione al programma dei Lapola, collaborazione iniziata nel 2009 con delle ospitate, un anno prima del mio ritorno a Cagliari. Riconquistare il pubblico
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televisivo e proporre nuovi personaggi ogni settimana non è stato facile, ma sono limiti che ho superato. In casa ho più costumi di scena che cose mie. Come nasce uno spettacolo? La canzone mi deve divertire; cerco di imparare il playback al meglio, poi pesco un abito e lo riadatto al personaggio. Non faccio mai prove davanti allo specchio, la prova avviene quando porto il personaggio in scena e ogni volta è diverso. Con gli anni ho imparato il mestiere: guardo chi c’è in sala e individuo quello con cui posso interagire e quello che si ritrae, che è fonte maggiore di gioco per me. Questo non riesco a farlo senza trucco, non sono lo stesso Gianni Dettori che salta e scherza in TV o agli spettacoli. Ti ispiri a qualcuno? Sin da ragazzino mi sono sempre guardato intorno, rimanendo affascinato da qualcosa, come ad esempio il cambio veloce di Brachetti. Nascono così i venti secondi di cambio tra un personaggio e l’altro. Non sono tanti! Dipende dal ritmo che dai. Un’altra mia caratteristica consiste nell’interpretare sia personaggi maschili che femminili e come mi diceva qualcuno “gli abiti più belli li metti per i personaggi di minore spessore”: il pubblico sarà catturato dall’estetica e non dal resto. Un personaggio al quale sei legato? Un pezzo di Gaber, “L’odore”, che insieme a “Fortunello” di Petrolini è stato il motivo per cui negli anni ‘80 decisi di usare la maschera bianca. Non mi piaceva l’idea che un personaggio maschile avesse il viso di una donna. Così la maschera è diventata neutrale. Qual è il tuo pubblico? Sicuramente gli adulti. Dal vecchietto di ottant’anni che con “Ba Ba Baciami piccina” mi bacia sulle labbra alla signora che mi confida: “Mio figlio mi dice di andare a letto ma io gli dico che finché non esce quello truccato di bianco e vestito da donna io non ci vado!”. Mi piace quando riesco a conquistare i bambini: non capiscono l’ironia del pezzo ma rimangono affascinati dal cambio, dalla parrucca... Su una nave, un’estate, nacque “Mi scappa la pipì” perché il mio spettacolo veniva dopo la baby dance e questo mi mandava in panico. Loro rimanevano incantati. Com’è guadagnarsi da vivere come artista in‐ dipendente oggi rispetto agli esordi? Milano fu fonte di guadagno; pensa che l’affitto era di 200 mila lire e si guadagnavano 80 mila lire al giorno. A quei tempi un biglietto aereo costava 500 mila lire e potevo acquistarlo, non era da tutti. Cagliari è un po’ più difficile perché in inverno si lavora meno. Ci sono periodi in cui arranchi ma son passati tanti anni e mi ritengo fortunato. Hai deciso di rimanere. C’è stato un momento in cui sarei voluto andare via ma un po’ per lavoro e un po’ per motivi familiari sono rimasto. A Cagliari mi manca il riconoscimento della stampa locale; sento che non c’è un’attenzione nei confronti dei miei trent’anni di carriera. A tal proposito, nei miei progetti c’è uno spettacolo teatrale basato sulla mia storia al quale sto lavorando con Giovanni Coda, un regista sardo. Hai anticipato la domanda sui progetti futuri. È questo: portare il racconto di vita di Gianni
in uno spazio diverso, che è quello teatrale. Che ti appartiene. Penso di essere teatrale. Ho un viso che con gli anni mi piace di più, lo trovo più maschera. Una decina di anni fa mi chiedevo quanto ancora sarei riuscito a portare avanti i miei spettacoli, con la mia fisicità che cambiava e alcuni costumi che non entravano più. Cosa rende attuale una comicità ricercata come la tua? Credo le canzoni e il racconto che c’è dietro, l’ironia di una volta. Porto personaggi visti a Milano da vecchi trasformisti che non ci sono più, adattandoli e facendoli miei. Chi è Gianni Dettori? È uno che ama il suo lavoro, che è uscito fuori dai canoni. Non è il mimo classico, non è la drag queen, non è il comico perché non sono un monologhista, non è il cantante perché faccio il playback. Qualcuno dice “Sei Gianni Dettori”, e questo per me è fantastico.
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Donna, Letteratura, Isola: Dentro “Il Club di Jane Austen Sardegna”, circolo letterario femminile di Sara Cardia Foto di Michele Ciccu
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ull’esistenza di un legame innegabile tra le donne e la letteratura non ci sono più dubbi, spazzati ormai via da fiumi di parole e cascate di premi. Lo stesso possiamo dirlo delle donne sarde, e non solo per discendenza da una matriarca letteraria leggendaria quale il premio Nobel Grazia Deledda, ma anche e soprattutto per l’audacia con cui raccontano la loro terra senza abuso di figure retoriche, tale e quale, e per la perseveranza e audacia dei loro progetti, che la promuovono da “isola” a “isola del tesoro” (letterario, ovviamente). Forte di tutti questi valori e di una passione genuina e incontenibile, è proprio una donna sarda l’ideatrice del primo circolo letterario femminile, il Club di Jane Austen. Giuditta Sireus, direttrice artistica di questo progetto esploso in tutta l’isola, non può quindi che essere l’esempio perfetto del trinomio “donna, letteratura, Isola”, la formula del suo successo.
Nato con l’idea di creare uno spazio reale e virtuale – al femminile – di condivisione e interazione in nome della comune passione per la lettura e per la produzione della celebre autrice inglese, il Club di Jane Austen non si può certo considerare un semplice gruppo di avide lettrici. Spazio, ritrovo, microcosmo, persino casa, con un numero di iscrizioni già ragguardevole (420) potremmo quasi chiamarlo un fenomeno o un movimento, e a giusto titolo visto che la sua attività non si limita solo all’organizzazione di incontri volti alla discussione di un’opera scelta, ma anche all’allestimento di eventi unici, originali e aperti a tutti, in cui le iscritte sono le prime ad avere voce in capitolo. Dagli incontri in abiti d’epoca, curati nei minimi dettagli sartoriali e storici, che hanno il potere di far rivivere le scene più belle nate dalla penna austeniana a tutte quelle che sognano un amore come quello tra Elizabeth Bennet e Mr Darcy o di vivere in un’epoca diversa dalla propria da protagoniste, alle iniziative mirate alla
promozione della lettura e degli autori, veri e propri ospiti d’onore (è il caso del “dicembre letterario”): l’attività di questo circolo/associazione è davvero senza limiti, un romanzo scritto volta per volta dalla sua ideatrice e dalle sue iscritte e che – ci auguriamo – non conosca mai la parola “The End”. Incredibile è anche quanta strada sia già stata fatta e non solo in fatto di numeri. Oltre a quello di iscrizioni, infatti, c’è quello delle sedi: da Villacidro a Sassari, poi Nuoro e infine (più di recente) Cagliari, l’espansione potrà di sicuro permettere a tutte le donne interessate di partecipare a prescindere dai punti cardinali, scoprendo che le passioni, a volte, non conoscono distanze. Estensione che fa rima non a caso con valorizzazione, un altro traguardo più che importante ottenuto, ovvero il riconoscimento e sostegno ricevuti dal Ministero dei Beni Culturali, quasi un Nobel dei circoli letterari e una sorta di orgogliosa approvazione ottenuta da chi, sarda come queste instancabili donne, quel premio l’ha già vinto.
Uno spazio di evasione, di condivisione e di libera espressione: il Club di Jane Austen è tutto ciò che la letteratura promuove o che dovrebbe promuovere. Se poi il genere grammaticale è per di più proprio quello femminile, la garanzia di efficacia sembrerebbe praticamente garantita, al pari dell’accoglienza a braccia aperte. L’adesione, infatti, è assolutamente libera e gratuita – lungi dall’elitarismo ed esclusività dei circoli di un tempo – così come è libero il contributo annuale che è possibile elargire a sostegno dell’associazione. Inoltrarla è semplice, essendo sufficiente contattare il circolo tramite la sua pagina Facebook (Il Club di Jane Austen Sardegna Circolo Letterario Femminile) o il suo indirizzo mail (clubjaneaustensardegna@gmail .com), indicando i propri recapiti e la sede di interesse. Chi dice che una storia finisce quando chiudiamo il libro, e che esista una vita sola? Si dice che chi legge ne viva più di una, e le donne, che sono così tante cose – madri, mogli, amanti – lo hanno capito subito, o forse lo hanno sempre saputo.
CITTÀ PERDUTE:
CORNUS, LA CAPITALE DELLA SARDEGNA ANTIROMANA di Manuel Di Cristo
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a Sardegna è terra antica, ricca di storia, di cultura, di grandi uomini di un passato più o meno recente. Da nord a sud, non a caso, l’Isola è disseminata di siti archeologici di notevole interesse, alcuni dei quali – sia per rilevanza storica che per riuscite campagne di marketing territoriale – hanno una fama maggiore di altri: Thar‐ ros, Nora, Barumini, solo per citarne alcuni. Tuttavia c’è ancora tanto da portare all’attenzione di curiosi e appassionati di storia, perché alcuni siti meno noti celano un fascino e delle peculiarità che li rendono estremamente interessanti; un caso emblematico, sotto questo profilo, è la città perduta di Cornus. Situata sul Colle di Corchinas, nell’attuale territorio comunale di Cuglieri, la città fu edificata dai Cartaginesi su un preesistente insediamento di agricoltori e pa-
stori; non essendo situata immediatamente sulla costa, il suo ruolo non fu quello – tipico per molte città sarde dell’epoca – di porto e base commerciale ma di nucleo urbano espressione dell’incontro e dell’integrazione tra sardi e cartaginesi: una città che fu, dunque, punica e sarda al contempo. Il nome di Cornus è scolpito nella storia in virtù del ruolo-guida che la città ebbe nel 215 a.C., nel corso della seconda guerra punica, quando la Sardegna insorse contro l’invasore romano; fu durante questo conflitto che Am‐ psicora – un signore terriero di Cornus – si elevò a mito ed eroe della lotta per l’indipendenza sarda, per via della posizione di capo della lotta antiromana che egli assunse. Fomentare rivolte dei popoli che con Roma avevano conti in sospeso, era una strategia tipica dei Cartaginesi per irrobustire le proprie fila; i sardi, specie coloro delle zone non costiere, erano scontenti a causa delle esose imposizioni fi-
scali romane e per la perdita dello status precedente all’escalation nell’Isola dei nuovi dominatori del Mediterraneo. La scelta di Ampsicora come leader della rivolta fu quindi dettata dalla sua capacità di unire un fronte eterogeneo composto dai sardi punicizzati e dalle comunità montane autonome o semi-autonome che guardavano al Signore di Cornus come ad uno di loro. La rivolta fu sedata: alle forze di Ampsicora si unirono quelle di Asdrubale il Calvo, mandato in soccorso da Cartagine, ma i Romani uscirono nettamente vittoriosi; Ampsicora si tolse la vita mentre Cornus, base dell’insurrezione e riparo per i superstiti, fu distrutta. Non fu la fine di Cornus, la quale rinacque in età romana con una totale rottura rispetto al passato punico e senza avere quel ruolo primario che le era stato accordato in passato. Una reale – ed ultima – fioritura, la Città di Am‐ psicora la conobbe attorno al 500 d.C. A quel tempo i Vandali, che dominavano su Sardegna e Nord Africa, adottando una politica di pacificazione con cattolici e vescovi cattolici, diedero loro la possibilità di vivere in esilio in Sardegna. Fu così che alcuni religiosi provenienti dal nord Africa giunsero fino a Cornus, renden-
Foto Angelo Fadda
Foto Enrico Spanu - enricospanu.com
10 S&H MAGAZINE dola un importante centro culturale e religioso: tutto ciò è testimoniato sia dalla presenza di oggetti risalenti a quell’epoca, sia da architetture e murature in stile nordafricano. Tuttavia, dal X secolo in poi, anche la Cornus cristiana iniziò a spegnersi, in linea con una ritirata generale dalla costa verso l’interno che fece un’altra vittima illustre: Tharros. Dagli anni ‘50 del secolo scorso sono state condotte, a fasi alterne, diverse campagne di scavo, l’ultima delle quali è stata avviata nel 2014 da un team dell’Università della Tuscia coordinato dal Professor Salvatore De Vincenzo. Sono oggi visibili, in particolare, i resti di 3 basiliche: la prima risalente al IV secolo d.C., dove i fedeli più illustri della comunità venivano seppelliti in sarcofaghi in pietra, parte dei quali ancora nel sito; le altre due furono edificate attorno al V e VI secolo d.C. La più piccola delle due fu trasformata in battistero e vi fu inserito un fonte battesimale cruciforme ancora oggi ben conservato. La speranza è che l’interesse per il sito e per la storia di Cornus perduri e si intensifichi nel tempo, al fine di restituire alla Sardegna una pagina così significativa della sua storia.
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IL QUIETO COLLE DI BONARIA L’eterna dimora dei defunti
Efisino Devoto. Cappella Devoto
di Alba Marini
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n non so che di sacro circonda il colle di Bonaria nell’omonimo quartiere cagliaritano. Abbiamo a che fare con un luogo di sepolture: sepolture antichissime, i cui resti si limitano a qualche piccola nicchia scavata nella roccia, e sepolture più recenti, addobbate con statue svettanti di angeli e uomini immortali. Nel parco di Bonaria, tra gli alberi mediterranei, si possono ancora scorgere le antiche tombe fenicio-puniche risalenti al IV secolo a. C.. Nonostante il degrado di un sito che avrebbe potuto essere di forte interesse archeologico, la necropoli è ancora in piccola parte visibile, anche se è difficile immaginarla nella sua forma originaria. Piccoli solchi rievocano nicchie remote, scavate dai Punici per accogliere i loro defunti. La necropoli di Bonaria prese vita a seguito dello spostamento verso est dell’antico polo della Karaly fenicia, originariamente ruotante attorno allo stagno di Santa Gilla e alla città dei morti di Tuvixeddu.
Con la successiva occupazione romana l’area di Bonaria continuò ad essere la dimora privilegiata degli estinti. A questo periodo risalgono due cubicoli, quello di Munazio Ireneo e quello di Giona. Queste due particolari sepolture (descrivibili come tombe a camera, generalmente riservate a una sola famiglia) sono relative al periodo cristiano: nella prima fu ritrovato l’epitaffio scolpito su una pietra di un certo Munazio Ireneo, mentre nella seconda figuravano dei dipinti – ad oggi quasi scomparsi – che rappresentavano la vita del profeta Giona. I resti delle aree tombali di origine romana si trovano a ridosso del Cimitero di Bonaria, la logica prosecuzione della tradizione spettrale del luogo. Il Cimitero Monumentale di Bonaria fu costruito nel non troppo lontano 1828, a seguito dell’editto di Saint Cloud, che stabilì che i cimiteri dovessero essere costruiti al di fuori dell’area urbana. Ad oggi antiche anime sembrano volare leggere tra i verdi cipressi, tra le tombe incise, tra le statue commemorative dell’artista Sartorio. Il luogo racconta e raccoglie le più svariate storie: dai caduti della Grande Guerra agli spiriti gentili dei grandi borghesi del capoluogo; dall’eco del respiro vivace degli intellettuali ottocenteschi al dolore silenzioso di una madre. Ed è proprio quest’ultima storia, raccontata dalla scultura del piemontese Giuseppe Sartorio, ad attirare maggiormente la curiosità dei visitatori e a commuoverli a ogni sguardo. È il racconto della breve vita di Efisino Devoto, morto a soli 3 anni, che, seduto su una seggiola con le gambe incrociate e i riccioli cascanti sulla fronte, risorge dalle mani dello scultore, portando sempre con sé le parole d’amore di una mamma incredula: “Cattivo! perché non ti risvegli?!”. Il contesto malinconico e funereo ma perfettamente armonico, le statue imponenti e realistiche e i vari stili artistici che si intersecano e che si fondono contribuiscono a creare un ambiente unico, la giusta dimora di pace dei defunti. Numerosi sono i monumenti dedicati ai cagliaritani più celebri dell’epoca. Il ricordo
del pittore Giovanni Marghinotti, del sindaco Ottone Baccaredda e del canonico Spano sono affidati a steli essenziali o a più grandi monumenti autocelebrativi: viva e fedele testimonianza dei caratteri dei loro personaggi, tra riservatezza, devozione all’eleganza e paura di essere dimenticati. Il Cimitero Monumentale di Bonaria è un luogo dove i ricordi non potranno essere cancellati, dove il passato vivrà in un eterno e disteso riposo. Un angolo privilegiato da cui osservare il ciclo del mondo così come è e sarà: le pettinature, le mode e gli abiti novecenteschi si conservano intatti sulle foto di chi non c’è più, le trame dei tessuti rifioriscono sul marmo, nei vestiti delle dame e dei gentiluomini sapientemente plasmati con martello e scalpello dai grandi artisti. Un incanto di storia, vissuti, lacrime e anime che si ritrovano in un immortale armistizio. Foto: Corrado Garau ‐ www.sardegnadigitallibrary.it
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Bruno Falchi
Luca Puggioni
IL GSD PORTO TORRES
CENTRA LA SALVEZZA IN SERIE A Prosegue il cammino in Europa e si cercano fondi per far sopravvivere la società
di Erika Gallizzi
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nnata travagliata per il GSD Key Estate Porto Torres. Il sodalizio turritano, guidato dal presidente-giocatore Bruno Falchi, dopo aver disputato la finale scudetto un anno fa, in questa stagione ha dovuto, giocoforza, ridimensionare i propri obiettivi. Si doveva trovare la salvezza ed è stata centrata, con una giornata di anticipo sulla fine del campionato di Serie A di basket in carrozzina. È stata una stagione nata sotto una cattiva stella, da un’estate in cui il Gruppo Sportivo Disabili Porto Torres ha perso i giocatori più rappresentativi, a partire dalla star statunitense Matt Scott, che pur avendo un accordo ha preferito fare una nuova ed importante esperienza in Germania, per proseguire con i britannici George Bates e Philip Pratt, trattenuti in Gran Bretagna dalla propria Federazione, per prepararsi al meglio, in loco, ai Mondiali estivi. Difficile trovare dei sostituti di pari valore, in poco tempo. Così il GSD, che quest’anno ha avuto come primo sponsor l’agenzia immobiliare sassarese Key Estate di Sara Brundu, si è reinventata come ha potuto, sapendo di soffrire, ma certo di scendere in campo a dare tutto e vendere cara la pelle in ogni partita, per mantenere la massima categoria. E così è stato, con in campo Falchi ed il suo “compagno di mille battaglie” Luca Puggioni, che è anche vice-presidente della società, con la capitana Beatrice Ion ed il giovane Raimondo Canu, con il pivot “tutto sostanza” Morteza Gharibloo ed il compagno di reparto Simon Munn (che ha saltato buona parte del campionato per un infortunio occorsogli proprio alla vigilia dell’inizio del torneo, durante la disputa della Supercoppa), i play-
maker Patrik Nylander e Hussein Haidari (arrivato a metà campionato), Domenico Elia, Zymantas Bucinskas, Oscar Jimenez Gonzalez e Davide Brundu. Le sconfitte sono state tante e anche pesanti, ma il team, guidato prima da coach Tore Cherchi e poi da coach Lamine Sene, ha vinto le gare più importanti, con le dirette concorrenti nella corsa alla salvezza. E le sconfitte, inevitabilmente, sono arrivate anche nei Preliminary Rounds di Champions League, dove però sono arrivati anche quei due punti che hanno mantenuto in corsa i turritani nella Brinkmann Cup, la cui fase finale è in programma a Sheffield dal 26 al 29 aprile. Una corsa quasi disperata, tra momenti di tensione e sconforto e scariche di adrenalina, conclusa con un urlo di gioia e liberazione. Meritato, davvero meritato per tutto il lavoro che questa società svolge, che va ben al di là della mera attività sportiva, ed assume un va-
Morteza Gharibloo lore sociale e di integrazione immenso. L’urlo di gioia, però, rischia di dover essere ricacciato in gola, perché il basket in carrozzina spesso non gode delle attenzioni che meriterebbe e questo rende terribilmente difficile il reperimento di sponsor e di fondi per proseguire l’attività. Il GSD ha trovato nella Key Estate, nella NCC 4 Mori di Fabio Arzu e nella Tipografia Gallizzi i propri alleati, però non basta, perché i costi, soprattutto per le trasferte, sono elevati. Proprio per questa ragione, da sempre la società del presidente Falchi ha puntato sull’organizzazione di eventi, partecipazione con un chiosco a feste come quella di San Gavino, cene e serate con Pino e gli Anticorpi, che assicurano ormai da tempo il proprio completo sostegno, per “autofinanziarsi”. Fino al 5 marzo ci sarà anche la possibilità di dare il proprio contributo tramite il progetto di crowdfunding “OSO‐Ogni Sport Oltre” ideato e promosso da Fondazione Vodafone Italia. La donazione minima è di 5 euro, a seconda dell’importo sono previste ricompense e l’obiettivo da raggiungere è di 18.000 euro, al raggiungimento del quale Fondazione Vodafone Italia raddoppierà il contributo. Se la cifra non verrà raggiunta, i soldi verranno restituiti ai donatori. Questo il link per partecipare al progetto: http://bit.ly/2HLwGbN. Un piccolo aiuto per non vanificare gli sforzi profusi in campo ed in oltre vent’anni di attività. Non è impossibile, in tanti si può!
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SA BIDDA DE IS COGAS
di Marco Scaramella “Per secoli le donne sono state medici senza laurea, escluse dai libri e dalla scienza ufficiale: apprendevano le loro conoscenze reciprocamente, trasmettendosi le loro esperienze da vicina a vicina, da madre a figlia. La gente del popolo le chiamava «le sagge», le autorità, streghe.” - Barbara Ehrenreich: Le streghe siamo noi Il paese di Villacidro, conosciuto anche come Sa bidda de is cogas, è diventato noto per l’alone di mistero e superstizione che lo circonda da tempi ormai remoti. Ne dà prova la documentazione dell’inquisizione spagnola in Sardegna che nel XVII secolo dichiarava la presenza in paese di almeno sette donne accusate di praticare la stregoneria e poi condannate. La mag-
gior parte di queste donne, pare sia stata condannata con la generica accusa di “superstizione” mentre altre per aver causato la morte di alcuni bambini con le loro arti arcane. Bisogna precisare che, in un periodo in cui in Europa la paura del diavolo era particolarmente radicata sia nella cultura popolare che delle classi più abbienti, e in una terra come la Sardegna, dove le antiche pratiche magico-religiose erano ancora molto radicate nell’animo della gente, trovare persone da accusare di stregoneria dev’essere stato molto facile per i membri dell’inquisizione spagnola. Le streghe della tradizione, conosciute come Is Cogas, avevano delle lunghe code che tenevano nascoste dentro ampie gonne che arrivavano fino ai piedi. Solita-
mente erano raffigurate come donne dall’aspetto sgradevole e dalle unghie lunghe, ma che potevano mostrarsi bellissime a seconda della necessità di sedurre, ammaliare o piegare qualcuno alla propria volontà. Potevano trasformarsi in qualunque cosa volessero, gatti, serpenti e persino in mosche per entrare nelle case altrui. Erano esperte in malefici e nella preparazione di filtri magici ma, la cosa più inquietante, è che la tradizione le rappresenta come streghe-vampiro, attratte dal sangue umano ed in particolare dal sangue dei neonati non ancora battezzati. L’origine della coga risale alle la‐ mie dell’antica Grecia. Le lamie, considerate delle divoratrici di bambini, erano delle creature metà donna e metà bestia, che si
aggiravano di notte per rapire chiunque gli capitasse a tiro, e succhiargli il sangue. La leggenda si origina da una delle solite scappatelle amorose di Zeus, con una bellissima fanciulla. Era, come al solito, lo venne a scoprire e per gelosia rese pazza la fanciulla, inducendola ad uccidere tutti i figli nati dal suo rapporto con Zeus. Fortunatamente esistevano dei rimedi per tenere lontane le cogas: si sprangavano porte e finestre, si sigillavano le serrature con della cera per impedire alla coga di entrare in casa sotto forma di mosca, si potevano mettere degli oggetti, ad esempio un treppiede, al contrario sotto il letto del neonato, in modo da distogliere la coga dal suo intento, oppure si posizionava una falce dentata o una scopa a testa in su vicino alla porta di ingresso. La tradizione vuole, infatti, che le cogas non sapessero contare oltre il numero sette e che quindi sarebbero rimaste tutta la notte a contare le setole della scopa o i denti della falce, dimenticandosi il loro scopo. Il rimedio più potente ed efficace era però rappresentato da S. Sisinnio, il santo patrono di Villacidro che, nell’immaginario popolare, rappresentava la naturale forza in grado di opporsi ai malefici delle cogas. Non appena un neonato veniva al mondo, il padre doveva, infatti, posizionare alle porte e alle finestre un’immagine del santo, per impedire alle cogas di entrare in casa e rapire il bambino. Le storie raccontano, inoltre, di come Sisinnio abbia salvato i raccolti da invasioni di cavallette o liberato un bimbo dalle grinfie di una strega mutata in serpente. Il santo, al quale la tradizione attribuisce origini villacidresi, viene festeggiato la prima domenica di agosto in una chiesetta campestre, circondata da secolari alberi di ulivo, a lui dedicata. L’area, attrezzata con tavoli da picnic e barbecue in pietra, è l’ideale per raccontare vecchie storie e rivivere gli antichi miti della tradizione.
SIMONA ATZORI L’arte oltre la disabilità Nel 2010 nasce la sua compagnia di danza, la Simonarte Dance Company, che al momento ha all’attivo il tour di “Una stanza viola”, l’ultimo spettacolo che vede la partecipazione dei ballerini Marco Messina e Salvatore Perdichizzi del Teatro alla Scala di Milano. Con un sorriso così rassicurante e un bagaglio di vita di indubbio successo personale, non poteva che divenire anche motivatrice per grandi e piccini. Simona è alla continua scoperta di sé e la condivisione del suo messaggio di positività è un processo inarrestabile che trova sbocco in una miriade di forme espressive capaci di raggiungere chiunque per donare qualcosa di bello. In riferimento al libro “Dopo di te”, hai affermato che tua mamma ti ha insegnato ad usare tutte le tue possibilità. Quanto incide l’approccio della famiglia nella crescita di un disabile? L’approccio della famiglia è importante indipendentemente dalla forma fisica perché è l’unione tra figli e genitori a donare il vero input che con il tempo si deve trasformare in una scelta consapevole della persona. La mia famiglia ha avuto un ruolo fondamentale, ma in
particolare la mia mamma ha desiderato fin da subito che io trovassi il senso della mia vita e insinuare delle passioni nella mia anima è stato sicuramente l’approccio giusto. Cosa vedeva la Simona bambina nel suo futuro? La Simona bambina forse vedeva nel futuro ciò che sta vivendo ora. Vedeva l’arte e la voglia di godere della vita. Era una bambina molto allegra e con una visione molto positiva della vita e delle sue capacità. Parliamo di pittura: qual è stato il primo soggetto che hai rappresentato e qual è lo stato d’animo che guida i tuoi pennelli? Avevo quattro anni quando feci la prima mostra nell’oratorio del Foto Gabriele Rigon
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on ci sono limiti alla ricerca del significato della propria vita. Simona Atzori è l’esempio del fatto che qualunque sia la condizione di partenza, tutti abbiamo le risorse necessarie per creare le circostanze idonee al raggiungimento di un equilibrio interiore, attraverso l’espressione della nostra personalità. 43 anni, è nata a Milano da genitori di origine sarda con una forma di focomelia che la caratterizza per la mancanza delle braccia: una mancanza che a vederla muoversi e creare quasi scompare alla vista. Pittrice e danzatrice fin da bambina, fa parte dell’Associazione internazionale dei pittori che dipingono con la bocca o con il piede ed è laureata in Visual Arts presso l’università canadese “University of Western Ontario”. Scrittrice dal 2011, con l’uscita di “Cosa ti manca per essere felice?”, in seguito alla perdita della mamma Tonina, avvenuta nel 2013, Simona scrive il suo secondo libro intitolato “Dopo di te”, una dedica nei confronti della donna più importante della sua vita e uno sfogo da figlia per una perdita che non immaginava così vicina.
mio paese e all’età di otto sono entrata a far parte dell’Associazione internazionale dei pittori che dipingono con la bocca o con il piede. Il mio primo soggetto fu la figura umana, che disegnavo al contrario e poi giravo il foglio. Lo stato d’animo che mi accompagna quando dipingo è sempre diverso, ma spesso creo quando sono più malinconica, mi aiuta ad entrare in connessione più profonda con me stessa. “Una stanza viola” è il tuo ultimo spettacolo, basato sul tema della resilienza. La resilienza può essere la chiave per la serenità? Cosa pensi di trasmettere quando danzi? La resilienza è uno strumento sconosciuto dentro di noi che si
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Foto Paolo Genovesi
Ti capita mai di stare male per uno sguardo? Gli sguardi delle persone fanno parte della mia vita da sempre, anche se da quando ero bambina sono cambiati molto. Un po’ perché fortunatamente qualcosa cambia nella società e un po’ perché la gente ora mi guarda molto più spesso per quello che so fare piuttosto che per ciò che mi manca. La mia percezione è diversa, sono molto più forte e ho acquisito gli strumenti per fare in modo che non mi feriscano troppo.
Cosa diresti ad una persona che sente di non vivere a pieno la propria vita? Dico spesso alle persone di andare a cercare nella parte più profonda di loro per trovare il loro senso. Il sorriso aiuta molto: un po’ è parte di me e un po’ lo cerco ogni mattina quando mi sveglio; può essere il primo passo perché quando si modificano l’atteggiamento e la visione, anche le cose iniziano a cambiare. Ho aperto l’intervista citando il tuo secondo libro e la chiudo
usando il titolo del primo per farti un’ultima domanda: ti manca qualcosa per essere felice? Non potrei mai rispondere che mi manca qualcosa. Ho imparato che la felicità non è la meta ma il vero e proprio viaggio, e io mi sento in viaggio verso e dentro la felicità. Tutto ciò che mi serve è dentro di me e con ciò che ho vado alla scoperta di ciò che sento di avere bisogno. Annalisa Murru
Foto Gabriele Rigon
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manifesta nei momenti difficili. È sicuramente la chiave per affrontare le avversità e se noi lo scegliamo anche per donarci serenità. Non so cosa trasmetto al pubblico, mi auguro di donare emozioni più o meno forti e a volte anche contraddittorie, ma spero che qualcosa arrivi, perché dono me stessa. Parlando di incontri motivazionali, tra tutte le domande che ti sono state rivolte, ce n’è qualcuna che ti è rimasta impressa? Le domande sono le più disparate, soprattutto quelle dei più giovani. Mi chiedono di tutto, da come faccio le cose a domande molto intime. Un ragazzo in una scuola mi ha chiesto come facevo ad abbracciare e l’ho invitato sul palco a provare: è stato un abbraccio bellissimo, anzi, un “aggambo”, come lo chiamo io. Pensi di avere una “missione”, di essere qui per un particolare motivo? Con il tempo e le esperienze sto arrivando alla consapevolezza che la mia vita sia una missione e ne sto scoprendo il vero senso. Ma non è così solo per me, lo è per tutti. Io sto capendo che sono nata per mostrare alle persone che anche le cose più impossibili possono trasformarsi in possibili e l’arte è il mio tramite.
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Monumento ai caduti del 152° Fanteria
MARCO VARGIU L’arte di modellare la pietra
di Daniele Dettori
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’arte, com’è noto, si manifesta nei modi più impensabili. Forse è per questo che, visitando la casa di Marco Vargiu, si ha l’impressione di ritrovarsi calati in uno dei film di Dario Argento vecchia maniera. Ricordate le atmosfere cupe e allo stesso tempo sgargianti di Profondo Rosso, Suspiria, Inferno? Ecco, il rosso acceso sulla facciata della sua casa le ricorda parecchio e la vasta campagna circostante, dove da ogni angolo spuntano teste, braccia e corpi di manichino assemblati nella pietra, non fa che rafforzare questa impressione. Ma dalle impressioni non bisogna lasciarsi ingannare. Parlando con Marco si scopre una persona estremamente affabile che riversa sulle opere d’arte tutta la sua sensibilità e la sua voglia di modellare, di plasmare e dare forma a emozioni che non riuscirebbe a esprimere in altro modo. «Una ricerca che nasce sui banchi di scuola», ci racconta. «La prima volta che intagliai un pezzo di legno facevo le scuole medie. Quel processo mi affascinò, volevo capirne il meccanismo, riuscire a creare quello che avevo in mente. Così iniziai a esercitarmi con qualche pezzo di legno preso dalla campagna.» Da lì in poi una escalation di opere destinate a riscuotere sempre un gran successo di pubblico. «La critica, purtroppo, non è stata spesso altrettanto magnanima. Molti colleghi, soprattutto quando ero più giovane, non apprezzavano i miei lavori un po’ perché non avevo un titolo di studio, essendo io sempre stato un autodidatta, e un po’ per quella che poi ho capito essere invidia personale. Rimasi molto impressionato da alcune f ra s i
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Monumento ai caduti degli incendi in Sardegna
Monumento alla Brigata Sassari
Foto Sergio Scanu
che mi dissero e non scolpii per diverso tempo.» Ma gli anni passano e, per fortuna, l’entusiasmo ritorna. Ci sono due episodi che inorgogliscono molto Marco. «Sono fiero che la Brigata Sassari abbia selezionato il mio bozzetto per la realizzazione di un monumento che è diventato il nuovo alzabandiera. È un lavoro di impatto figurativo, scolpito su due blocchi di marmo di Orosei del peso complessivo di ventisei tonnellate dove è possibile vedere l’unica parte sopravvissuta di una casa bombardata; un soldato avvolto col manto che di solito copre le vittime; un enorme chiodo che spacca il marmo come per dire “Stop!” a tutte le guerre; un libro che vuole raccontare la storia della Brigata Sassari e un angelo avvolto nella bandiera che protegge tutti i soldati impegnati nelle missioni. E poi non tutti sanno (anche perché non è mai stata ufficialmente inaugurata) che, sempre a Sassari, i giardini di via Rockefeller ospitano una mia scultura, voluta dall’allora sindaco Giacomo Spissu, e dedicata ai caduti du‐ rante gli incendi in Sardegna.» Le opere commissionate e acquistate da enti pubblici sono numerose. Qui vogliamo ricordare ancora la scultura in legno del Cristo risorto e il monumento in trachite ai caduti di tutte le guerre, entrambi conservati a Tissi, il primo nella scuola materna e il secondo nella piazza principale del paese. Una sua nuova frontiera di esplorazione artistica riguarda attualmente l’intaglio sardo. A differenza di quello classico che viene eseguito su legno, i suoi lavori nascono però su pietra. Non è infrequente, quindi, anche tra le esposizioni per la vendita che periodicamente realizza nei centri commerciali della città, trovare piccoli cofanetti dal design antico, che ricordano i vecchi bauli e cassapanche dei nonni, realizzati in pietra e con le opportune riduzioni di grandezza. «L’ultima mostra alla quale ho partecipato è stata al Museo Andrea Parodi di Porto Torres, nel 2017, in occasione della Festa Grande. Si intitolava “Sardegna: l’evoluzione della storia – Tra intagli di pietra e intrecci di moda”. Ha registrato più di mille presenze in tre giorni e io partecipavo proprio con le mie cassapanche in pietra e con una vetrina di dolci sardi elaborati preparati da me, che nella vita lavoro come pasticcere. La mostra era incentrata anche sui bellissimi intrecci di moda degli abiti sardi e dei bottoni realizzati dalla bravissima Salvatorica Sechi.» Su Facebook potete trovare tutto quello che riguarda i caratteristici lavori di Marco Vargiu.
#cinguettii tecnologici a cura di Marco Cau
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SA MURRA La morra sarda diventa un’app grazie al talento di due giovani sardi di Manuela Stacca
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e origini del gioco della morra sono antichissime. Le prime tracce risalgono all’Antico Egitto, dai romani veniva praticato con il nome di “micatio” (da digitis micare, in riferimento al movimento delle dita) e persino nei Promessi Sposi di Manzoni si riscontra un breve accenno al gioco della “mora”. In Sardegna, meglio conosciuto con il nome di Sa Murra, si presume sia arrivato con la dominazione spagnola e da allora è diventato uno dei passatempi preferiti dei sardi, tramandato di generazione in generazione. Tanto da diventare un’app: SaMurra. L’idea è di Davide Onida: 31 anni
di Abbasanta, laureato all’Accademia delle Belle Arti di Bologna, è un front end developer che ha creato la versione digitale della morra sarda (scaricabile gratuitamente dagli store), insieme ad un altro giovanissimo, di 22 anni, lo sviluppatore Davide Mainas. Tutto nasce nel 2015, con l’idea di «diffondere il gioco tradizionale della morra rendendolo un social game divertente, attraente e accessibile a tutti», ci racconta Onida. Un’impresa non facile che ha tenuto il progetto in standby per lungo tempo prima di trovare il partner giusto che credesse in SaMurra: «il gioco è considerato da molti troppo di nicchia, per questo non riuscivo a trovare qualcuno che mi aiutasse a realizzarlo, ma io ero convinto del suo potenziale». Succede così che da un’iniziale versione Beta in HTML5 e Javascript, presentata a Sinnova (salone dell’innovazione che si tiene tutti gli anni a Cagliari), l’applicazione prende forma nel 2017 e a settembre approda finalmente nei vari Store: «Ho conosciuto Davide Mainas quando ho iniziato a lavorare per l’azienda Softfobia, e si è subito rivelata la persona giusta al momento giusto. Lui è un fuoriclasse, in pochi mesi ha sviluppato
un’app ibrida per Android e iOS con la tecnologia React, la stessa di Facebook. Io invece mi sono occupato della grafica, che ho voluto rendere più stilizzata possibile per facilitare la giocata». In breve, la morra sarda (esistono diverse varianti a seconda della regione) si gioca puntando, con una mano, un numero da uno a cinque, e subito dopo dicendo a voce alta un numero da due a dieci: per vincere, quest’ultimo dovrà coincidere con la somma tra il numero indicato con la propria mano e quella dell’avversario. La cosa più difficile per Onida è stata questa: tradurre il gioco reale in un’interfaccia grafica digitale, semplice e intuitiva. «Il mio intento, inoltre, era quello di omaggiare la Sardegna, con un social game universale che mantenesse la sua identità sarda – quindi la tradizione, unita alla modernità attraverso una grafica flat, dai colori accesi». Onida e Mainas sono riusciti davvero a travalicare i confini dell’Isola. SaMurra infatti è stata presentata ufficialmente in Catalogna al Murramundo 2017 (il torneo internazionale del gioco), ricevendo una buonissima accoglienza: «Vedere che tutti giocavano con la nostra app, grandi e piccoli, è stato davvero bello», racconta Onida. Un’altra prova importante è arrivata poi con l’uscita negli store: «All’inizio avevamo un po’ di paura perché consapevoli di esporci a potenziali critiche. Per fortuna le recensioni sono state buone». Al momento SaMurra detiene un punteggio di 4.7 su 5, con una media di 250 utenti giornalieri e oltre 5000 download totali, con un pubblico trasversale dai 14 ai 60 anni, principalmente della Sardegna ma anche del nord Italia, Spagna e Francia. Tutto ciò con un budget a costo zero: «Ci teniamo a precisare che il progetto non ha nessun rientro economico. L’app è gratuita e non abbiamo voluto sporcarla con banner pubblicitari, per noi è già un buon risultato vedere una nostra creazione farsi strada così velocemente». Da poche settimane SaMurra è stata aggiornata con un bot, un giocatore virtuale che è possibile sfidare in assenza di giocatori connessi; ma a marzo arriveranno altri nuovi aggiornamenti, come la possibilità di accedere alla classifica di gioco dei propri amici di Facebook. Prossimamente invece sono previsti l’introduzione di tornei online e di giocatori virtuali con diversi livelli di difficoltà, per potenziare il gioco offline e le dinamiche di gamification.
Benvenuti al Sud. Non siamo nel film di Luca Miniero con protagonista Claudio Bisio ma in una terra che, per storia e cultura, rappresenta una tra le sfaccettature più pittoresche di quella grande anima incarnata dal Sud Italia. Una terra resa celebre da commedie nazionalpopolari che hanno saputo rappresentarla in chiave fortemente autoironica, ma anche tristemente nota per quella “questione meridionale” che, dai secoli scorsi a oggi, si è evoluta passando dalla piaga del banditismo alla lotta contro le mafie e la criminalità organizzata. Siamo nel profondo sud, sulla punta del nostro italico stivale, nella magica Calabria. Colori, profumi, sapori: tutto, da queste parti, ci ricorda come le acque del Mediterraneo lambiscano i luoghi che attraversiamo e che, prima di noi, sono stati la culla e il teatro di civiltà come quella greca, quella romana, quella bizantina e via ancora, lungo il corso del tempo, con gli arabi e i normanni e tutte le dinastie e le
VIAGGIO IN ITALIA
CALABRIA
Tropea
di Daniele Dettori
Quel viaggio attraverso l’Europa che, nel corso dell’Ottocento, i giovani intraprendevano per conoscere il mondo, lo proponiamo qui lungo il Bel Paese, alla scoperta delle nostre Regioni d’Italia.
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casate che, avvicendandosi, hanno costruito e distrutto; plasmando pianure e colline e lasciandoci testimonianze di un passato tutto da scoprire. Affacciata sullo Stretto di Messina, poco lontano dalla sede delle terribili minacce marine di Scilla e Cariddi di omerica memoria, Reggio Calabria accoglie i visitatori nel suo salotto buono, Corso Garibaldi, la via panoramica e isola pedonale per eccellenza che ha ospitato generazioni di passeggiatori di tutte le età, con i suoi negozi storici e i mercatini per lo shopping. A pochi isolati di distanza si può imboccare il lungomare Italo Falcomatà (intitolato alla memoria di un sindaco molto amato) e definito come “il chilometro più bello d’Italia” per la visuale e le attrattive di svago che offre. Ma si può visitare la città senza andare a vedere dal vivo i Bronzi di Riace? Queste statue, rinvenute sul fondale di Riace Marina il 16 agosto 1972, sono uno degli esempi meglio conservati di arte statuaria greca. Diventati in breve tempo uno dei simboli di Reggio
Calabria, sono oggi conservati all’interno del Museo nazionale della Magna Grecia. Lasciamo Reggio per spostarci verso il Parco Nazionale del Pollino. Istituito nel 1988, è oggi il Parco più grande d’Italia e si estende attraverso due Regioni: Calabria e Basilicata. Numerose sono le specie animali e vegetali tutelate al suo interno. Volpi, ricci, ma anche picchi, ghiri e lontre si muovono tra fiori, piante officinali e alberi secolari: particolarmente famoso e unico nel suo genere è il Pino Loricato, resistentissimo alle basse temperature e alle altitudini elevate. Tropea, anch’essa città costiera, è famosa per le sue case sopra la roccia a picco sul mare, le spiagge assolate e ambita meta turistica, e il Santuario di Santa Maria dell’Isola che sorge sul promontorio della scogliera fin dal Medioevo. È anche nota per le sue gustose cipolle rosse, ricche di proprietà benefiche e che vi consigliamo vivamente di provare, magari in accompagnamento alla pasta o alla pizza. Ancora, vi consigliamo di fare tappa in quel di Cosenza,
Crotone e Catanzaro: città ricche di musei, teatri, edifici storici e stradine dal sapore retrò, che vi porteranno indietro nel tempo in un’Italia anni Settanta, Sessanta e perfino Cinquanta; un’Italia da dopoguerra e da boom economico vissuta da nonni e genitori, della quale oggi sembra spesso rimanere solo uno sbiadito ricordo. Ancora un paio di suggerimenti. Se passate da Scalea potreste imbattervi nelle splendide miss del concorso che qui ha sede: La Bella d’Italia, che ogni anno elegge le sue regine nelle varianti nazionale, invernale ed europea. A Lamezia Terme, invece, le Terme di Caronte offrono la possibilità di fare bagni e fanghi nella bellissima acqua che viene fuori dalla terra, riscaldata a circa 39°. A tavola. Parlare di ‘Nduja, melanzane e aringhe come piatti tipici calabresi sembra scontato? Provate allora a sedervi al tavolo di uno dei tanti ristorantini che si affacciano sulla costa per provare di persona le infinite varianti di condimenti e cotture alle quali tutto si presta. Ne riparleremo.
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Il dentista risponde
Il Dott. Giuseppe Massaiu è un professionista di riferi‐ mento e opinion leader in tema di Odontoiatria Naturale e Biologica, insegna in corsi frontali e on‐line argomenti clinici ed extra‐clinici legati al mondo della Odontoiatria e della Medicina Naturale, Posturale e Olistica oltre che del Management e del Marketing Odontoiatrico.
Curiosità sul mondo odontoiatrico
Come funziona e come si combatte l’alito cattivo?
danneggia oltretutto il lato dell’interazione sociale,
diventando nei casi peggiori motivo di imbarazzo e blocco nel confronto con gli altri. In quanto alle cause, l’alitosi può dipendere da diverse condizioni, ma la maggior di queste – quasi il 90% dei casi - sono legate al cavo orale. Le più diffuse sono la patina linguale, le gengiviti o la parodontite. Solo in una ristretta percentuale residua trova invece origine nel campo otorino-laringoiatrico, gastrointestinale o di altre malattie. Questo dato ci indica chiaramente che la credenza che afferma che l’alito cattivo dipende soprattutto da disturbi gastro-intestinali è in buona parte infondata. La maggior parte delle volte il problema - e quindi anche la sua soluzione - riguarda l’ambito
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L’alitosi è un problema che colpisce, in vari gradi di intensità, quasi il 50% della popolazione, senza particolari varianti di sesso ed età, con la sola precisazione che tende generalmente ad accentuarsi con l’avanzare dell’età. Questo disturbo, che si manifesta con un odore sgradevole che si emette durante la respirazione, non ha solo effetti sulla salute fisica, ma
di competenza odontoiatrico. La cattiva gestione della propria igiene orale è la causa primaria (il 90% dei casi, in media). Non basta però effettuare una detartrasi ogni tanto, perché il primo, vero presidio, è la cura che deve essere predisposta quotidianamente a casa. Oltre all’adozione della giusta modalità di spazzolamento, che comprende non solo i denti ma anche la lingua (su questo argomento vi consiglierà al meglio il vostro dentista e/o igienista di fiducia), è bene abbinare l’utilizzo di filo interdentale – ancora meglio uno scovolino – per pulire anche gli spazi tra dente e dente, dove le setole dello spazzolino non riescono ad arrivare. In tal modo eviterete quegli accumuli di placca che sono focolaio perfetto per la diffusione dei batteri che provocano da un lato infiammazioni o carie e dall’altro il cattivo odore.
Altro aspetto da tenere in conto è il tipo di alimentazione o di abitudini vitali. Ad esempio alcuni alimenti come zucchero, cipolle, aglio, alcool, caffè e latticini pos‐ sono in parte aumentare l’inci‐ denza del problema, come anche alcuni tipi di farmaci. Sempre parlando di comportamenti scorretti, anche la respirazione orale – invece di quella nasale – può determinare l’insorgere o l’accentuazione del fenomeno. In questi casi, dopo opportuna valutazione del caso con il vostro specialista di riferimento, l’eliminazione o la riduzione di queste abitudini comporterà l’attenuamento e/o la scomparsa del fenomeno. Ancora, l’uso di collutori può essere una buona integrazione alla strategia per risolvere il problema, visti i loro effetti antibatterici. Un interessante soluzione può essere quella dei collutori composti da oli essenziali naturali, che rispettano meglio la biochimica del corpo ed esercitano un’efficacia pari a quelli chimici. Ad ogni buon conto, come mio personale consiglio spassionato, una volta risolta la “questione alitosi” progettate con il vostro dentista un piano di visite di controllo e di igiene perlomeno annuale, in modo da mettervi al sicuro da recrudescenze del problema. Ogni mese il Dott. Massaiu risponderà ad uno di voi. Inviate le vostre curiosità all’email dott.massaiu@shmag.it.
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Per la barba di Enrico
Enrico Salis alias Henry Beard è un social media in‐ fluencer, blogger, modello barbuto e personal shop‐ per, testimonial di molti brand importanti. Un esteta esperto di stile e di tutto ciò che riguarda il lifestyle del gentleman.
a cura di Henry Beard
Mai e poi mai avrei pensato, tantomeno mi sarei aspettato, che un trend potesse creare uno stile di vita. Circa 5 anni fa esplode la tendenza del barbuto, #beardedmen, un impatto mondiale totalmente inaspettato, che ha generato una vera rivoluzione dell’immagine dell’uomo mo‐ derno, fagocitando settori vari, quali cosmesi, barberia, tattoo e moda. Dalla pelle liscia e pulita si è decisamente passati a quella rude e barbuta, un ritorno alle origini dell’uomo, che lo vede cestinare i rasoi e la schiuma da barba per apprezzare, curare e mostrare i caratteri forti di un tempo. Si sa, le tendenze vanno e vengono da sempre ma, forse in questo caso si può affermare ad alta voce che la cosa è sfuggita di mano e gli uomini sono letteralmente impazziti, come dei bambini che scoprono ciò che madre natura mostra loro sin dalla pubertà, la Barba. Mora, rossa, bionda e bianca, un arcobaleno di peli che avvolgono il volto, consumando specchi e vetrine, irsuti in ogni dove. La barba diventa sinonimo di vanità. Nei social network mille e più volti si mostrano tra un selfie e l’altro, gruppi di amanti ed amatori dello stile #bearded nascono con l’intento di condividere segreti, confrontarsi e scambiarsi pareri sui migliori oli e balsami, taluni ottengono un certo seguito iniziando ad influenzare le masse con tagli di capelli che si sposano perfettamente con la folta chioma che circonda il mento. Rasature old school, contest di barbieri in tutta Italia enfatizzano soltanto ciò che oramai è incontenibile. I barber shop accolgono a braccia aperte chiun-
IL TREND DELLA VANITÀ Barba, moda e tattoo
I modelli Gianluca Di Sotto e Aiden Shaw (a destra)
que desideri esser coccolato, come erano soliti fare in passato, offrendo servizi di altissima qualità come massaggi rilassanti e panni caldi. Il trend non si ferma al mero curar del pelo bensì si estende a tutto tondo; torna in voga lo stile hipster degli anni ‘40, anche se del vero hipster vi è ben poco o forse nulla, pochi, rari o del tutto assenti gli amanti del bebop e hot jazz in stile bohémien, limi-
tandosi ad indossare capi eccentrici, larghi e succinti, scarpe da tennis o mocassini col fodero in pelliccia. Parola d’ordine strava‐ ganza, esibizione e manifestazione di un egocentrismo che non si riscontrava da anni. La moda in tutto il suo fascino cavalca l’onda, creando capi ad hoc per render sempre più esclusivo l’uomo irsuto. Più si è stravaganti, maggiore è l’impatto visivo del soggetto nei
media e più è richiesto dagli stilisti. In una società sempre più metropolitana, dove i tempi e i ritmi sono scanditi dalla frenesia, dalla corsa al like in ogni singolo smartphone presente sulla faccia della terra, notare giovani, e meno giovani, dai caratteri forti ed originali è un gioco da ragazzi. I modelli barbuti prendono così piede, tatuati di ancore e fari, timoni e velieri capitanati da sapienti capitan Findus creano dei disegni originalissimi tappezzando il loro corpo dove anche la tartaruga ha difficoltà a mostrarsi. Sono figure dal potenziale mediatico incredibile, attualmente richiestissimi nel fashion marketing. Stilisti del calibro di Alexander McQueen, Dries Van Noten, Etro, John Richmond, Tagliatore son solo alcuni che hanno capito quanto potesse essere innovativo ed originale sfruttare tale connotato per dar spessore ai loro capi durante le varie fashion week di questi anni. Particolarmente richiesti si son manifestati quelli dalla barba rossa ed ancor di più dai capelli bianchi e barba bianca. Su questi ultimi il web è impazzito, tantissimi blog recensivano i migliori modelli bianchi, comunicando il messaggio che l’uomo seppur non più giovane ha sempre un fascino incredibile. Insomma cari amici, da barbuto posso dirvi, in totale consapevolezza, che a distanza di oramai 5 anni e più dal suo “esordio” il barbuto non smette di affascinare il mondo come fosse un Re. Potete seguire il blog di Enrico su perlabarbadienrico.com
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24 S&H MAGAZINE
UNA DINAMO RIPOSATA TORNA IN PISTA TRA CAMPIONATO E COPPA
Dopo l’eliminazione dalla Champions, ora si gioca la Fiba Europe Cup di Erika Gallizzi. Foto: Luigi Canu
M
ese di febbraio cortissimo per la Dinamo Banco di Sardegna Sassari. La squadra di coach Federico Pasquini, infatti, non qualificata per la Final Eight di Coppa Italia, ha avuto modo di riposare, allenarsi e, complice anche la finestra dedicata ai Fiba World Cup Qualifiers delle squadre Nazionali, viaggiare in Qatar per un’operazione di promozione della Sardegna, in collaborazione con la Regione. Le gare disputate dei biancoblù sono state solo tre. In campionato capitan Devecchi e compagni hanno trovato la sconfitta a Reggio Emilia e battuto, tra le mura amiche la Virtus Bologna. In mezzo alle due gare di Serie A, c’è stato il saluto ufficiale alla Fiba Basketball Champions League, nel match di chiusura con il Krasnoyarsk. A Reggio Emilia la Dinamo è incappata in una sconfitta dopo essere stata, per lunghi tratti, avanti nel punteggio (anche +11 nel corso del terzo quarto). Si è sciolta nell’ultimo periodo e, come troppo spesso è successo quest’anno, nel finale punto a punto, risolto a fil di sirena da Ame‐ deo Della Valle (63-65). La vittoria, ininfluente ai fini della classifica della competizione, contro l’Enisey Krasnoyarsk, ha visto il rientro di Rok Stipcevic dopo l’intervento chirurgico subito ad una mano e ha tenuto tutti con il fiato sospeso per una brutta caduta, sotto canestro, di cui è stato vittima Shawn Jones (fortunatamente senza conseguenze). Fuga del Banco negli ultimi minuti del terzo quarto e brivido a 40” dalla fine del match, con i siberiani tornati sotto di
sole 5 lunghezze. Ma stavolta i sassaresi non hanno ceduto. Infine la vittoria interna con Bologna, in una partita che ha fatto registrare l’espulsione di coach Pasquini per doppio tecnico a metà terzo quarto, con la squadra che è stata dunque guidata da coach Baioni. Prima parte di gara con Bologna ispiratissima, andata anche sul +16, poi la trasformazione dei biancoblù, con Tavernari fondamentale, insieme a Jones, nei primi, decisivi minuti dell’ultima frazione. E proprio Tavernari, esploso a suon di triple non appena gli è stata data fiducia ed ha potuto mettere piede in campo, ha avuto il giusto riconoscimento nel prolungamento del suo contratto. Dalle voci di una sua richiesta di andar via alla conferma per l’anno prossimo, è bastato poco tempo ed il parquet a ribaltare la situazione. Inoltre, ha esordito l’ultimo acquisto Josh Bostic che, dopo una prima partita senza infamia e senza lode, ha mostrato cose interessanti ed è partito Levi Randolph. Nel suo viaggio in Qatar, la Dinamo ha partecipato ai Sardinia Days, in collaborazione con la Regione Sardegna nell’ottica di sviluppo e valorizzazione dell’isola dei 4 Mori. L’iniziativa è stata inoltre sostenuta dalla Fip e dalla Quatar Basketball Federation. La Dinamo ha disputato una gara amichevole con la formazione dell’Al Wakrah, squadra emergente del basket locale e si è poi dedicata agli incontri istituzionali. Dopo che il vicepresidente biancoblù, Gian Mario Dettori, aveva incontrato ad Olbia l’ambasciatore straordinario e plenipotenziario del Qatar Abdulaziz Ahmed Al‐
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Da sinistra: Josh Bostic, Achille Polonara e Jonathan Tavernari Malki, a Doha è stata la volta del presidente Sardara, che ha incontrato il dottor Sakis Batsilas, Executive Director Tournaments Operations & Planning del Supreme Committee for Delivery & Legacy e Chief Operating Officer del Local Organizing Committee Qatar 2022, e il dottor Ahmed Abdul Rahman H. Al‐Muftah, Presidente della Qatar Basketball Federation e Director of Finance Department della Qatar Football Association. C’è stato poi tempo per un giro turistico e per le passeggiate in groppa ai cammelli. Per quanto riguarda le qualificazioni ai Mondiali, il Banco ha “ceduto” alle proprie Nazionali cinque atleti: Achille Polonara (ovviamente) all’Italia, Dyshawn Pierre al Canada per gli American Qualifiers, Shawn Jones al Kosovo, Rok Stipcevic e Darko Plani‐ nic alla Croazia. Polonara, però, pur partecipando al raduno di Treviso della Nazionale Azzurra, non è poi stato selezionato da coach Sacchetti tra i 12 per la gara con l’Olanda. Ma vediamo cosa riserverà ai biancoblù il mese di marzo. Si torna sul parquet a pieno ritmo, tra campionato e Coppa. In Europa, la Dinamo disputerà il Round of 16 di Fiba Eu‐ rope Cup. Previste gare di andata e ritorno, con eliminazione diretta. Partecipano le prime due classificate dei quattro gironi di Fiba Europe Cup più le quinte e seste dei gironi di Basketball Champions League. Nel sorteggio, la Dinamo ha pescato la formazione francese dell’Essm Le Portel, attualmente a metà classifica nel campionato francese e che ha perso una sola partita su tredici, quest’anno, nella regular season della seconda competizione europea Fiba, inanellando una striscia di 12 vittorie consecutive. La gara di andata si giocherà al PalaSerradimigni mercoledì 7 marzo alle ore 20:30, mentre quella di ritorno è in programma in Francia il 14. La vincente del doppio scontro accede ai Quarti di finale, che prevedono
sempre uno scontro con gare di andata e ritorno, che si disputeranno il 21 e 28 marzo. Il 4 marzo, invece, riprende il campionato e subito col botto: la Dinamo, infatti, sarà ospite dell’Olimpia Milano per la ventesima giornata. E sarà un mese ricco di insidie per la squadra di coach Pasquini, tra avversarie di alta classifica, media e (quasi) bassa, quindi con lotte per l’accesso ai playoff o migliore posizione in griglia e salvezza. Il cammino in campionato proseguirà poi con il ritorno a Sassari di coach Sacchetti e dei cu‐ gini Diener (per Travis sarà la prima volta) con la loro Cremona, semifinalista di Coppa Italia, poi si andrà a Capo d’Orlando, si riapriranno le porte del PalaSerradimigni per accogliere l’Openjobmetis Varese e, per concludere il mese, si volerà, per il turno prepasquale a Brindisi.
I PROSSIMI INCONTRI DI CAMPIONATO 20a Giornata - 4 marzo ore 17:00 EA7 Emporio Armani MI - Banco di Sardegna SS 21a Giornata - 11 marzo ore 18:15 Banco di Sardegna SS - Vanoli Cremona 22a Giornata - 18 marzo ore 18:15 Betaland Capo D'Orlando - Banco di Sardegna SS 23a Giornata - 25 marzo ore 18:15 Banco di Sardegna SS - Openjobmetis VA 24a Giornata - 31 marzo ore 20:30 Happy Casa BR - Banco di Sardegna SS I PROSSIMI INCONTRI DI FIBA EUROPE CUP
Round of 16. Game 1 - 7 marzo ore 20:30 Banco di Sardegna SS - Essm Le Portel Round of 16. Game 2 - 14 marzo ore 20:30 Essm Le Portel - Banco di Sardegna SS
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inSardegna... I migliori eventi di Marzo
3-5 MARZO. “Uno, Nessuno, Centomila”, con Enrico Lo Verso
15-17-18 MARZO. “La verità rende single”, con Marco Bazzoni
1° MARZO: Macomer alle Ex Caserme Mura, ore 21:00. Stagione di Prosa, Musica e Danza 2017/2018: “New Magic People Show”, dall’opera di Giuseppe Montesano, con Enrico Ianniello, Tony Laudadio, Andrea Renzi.
e con Gabriella Greison, regia Emilio Russo. Ca‐ gliari al Fabrik Club, ore 21:00. Concerto The Turkey Necks. Arzachena all’Auditorium Comunale , ore 21:00. Stagione di Prosa e Musica 2017/2018: “Dentro le parole”, concerto dei Tazenda. Cagliari al Bflat Jazz Club, ore 22:00. Concerto Matteo Passante quintet.
Dal 1° al 3 MARZO: Cagliari al Teatro Massimo, ore 21:00. “MacbettU”, tratto da: Macbeth di William Shakespeare, regia, scene, luci, costumi di Alessandro Serra. 2 MARZO: Sassari al Teatro Verdi, ore 21:00. VIII edizione “I Grandi Interpreti della Musica”: Trio di Parma, Guglielmo Pellarin corno. Ca‐ gliari al Fabrik Club, ore 21:00. Frah Quintale in concerto. Palau al Cine Teatro Montiggia, ore 21:00. Stagione di Prosa 2017/2018: “Separazione”, di Tom Kempinski, con Marina Thovez e Mario Zucca, regia e traduzione Marina Thovez. Cagliari al Bflat Jazz Club, ore 20:30-22:30. Concerto di Piero Marras. 3 MARZO: Sassari al Teatro Comunale, ore 21:00. “Uno, Nessuno, Centomila”, di Luigi Pirandello, con Enrico Lo Verso, adattamento e regia Alessandra Pizzi. 4 MARZO: Sassari al Teatro Ferroviario, ore 18:00. XXVIII Stagione di teatro per ragazzi: “I tre porcellini”, Actores Alidos (CA), (4-13 anni). Cagliari al Teatro Massimo, ore 19:00. “MacbettU”, tratto da: Macbeth di William Shakespeare, regia, scene, luci, costumi di Alessandro Serra. 5 MARZO: Cagliari all’Auditorium Comunale, ore 21:00. “Uno, Nessuno, Centomila”, di Luigi Pirandello, con Enrico Lo Verso, adattamento e regia Alessandra Pizzi.
10 MARZO: Cagliari al Fabrik Club, ore 21:00. Concerto di Dargen D’Amico.
21 MARZO: Ozieri al Teatro Civico Oriana Fallaci, ore 21:00. Stagione di Prosa e Danza 2017/2018: “Il Misantropo di Molière - Una commedia sulla tragedia di vivere insieme”, traduzione, adattamento e regia Marco Lorenzi. Dal 21 al 25 MARZO: Cagliari al Teatro Massimo. Stagione di Prosa 2017/2018: “Calendar Girls”, di Tim Firth, con Angela Finocchiaro e Laura Curino, regia Cristina Pezzoli.
10‐11 MARZO: Cagliari all’Auditorium del Conservatorio "G. Pierluigi da Palestrina". Stagione di Danza 2017/2018: “Don Chisciotte”, balletto in tre atti, musica Ludwig Minkus, coreografie Marius Petipa, Alexander Gorsky, Vakhtang Chabukiani.
22 MARZO: Cagliari al Teatro Alkestis, ore 21:00. “Sound Around the Island 2018 - Teatrabili”: "Il mio amico Giorgio Gaber", di e con Gian Piero Alloisio.
11 MARZO: Cagliari in piazza Yenne, ore 9:00. IV edizione “Solo Women Run”. Sassari al Teatro Ferroviario, ore 18:00. XXVIII Stagione di teatro per ragazzi: “Filastrocche in cielo, in terra e in mare”, La Botte e il Cilindro (SS), (3-8 anni).
24 MARZO: Sassari al Teatro Verdi, ore 21:00. VIII edizione “I Grandi Interpreti della Musica”: Roby Lakatos ensemble. Alghero nella Chiesa di San Michele, ore 21:00. Rassegna “JazzAlguer - música per tots”: Enrico Pieranunzi piano solo “Unlimited”.
12 MARZO: Sassari al Teatro Verdi, ore 21:00. VIII edizione “I Grandi Interpreti della Musica”: Pietro De Maria pianoforte, Orchestra del conservatorio L. Canepa di Sassari, direttore U. Benedetti Michelangeli. 14 MARZO: Arzachena all’Auditorium Comunale, ore 21:00. Stagione di Prosa e Musica 2017/2018: “La Bottega del Caffè”, di Carlo Goldoni, regia Antonio Zavatteri.
7 MARZO: Sassari al Teatro Comunale, ore 21:00. Stagione di Prosa 2017/2018: “MacbettU”, tratto da: Macbeth di William Shakespeare, regia, scene, luci, costumi di Alessandro Serra.
15 MARZO: Cagliari al Teatro delle Saline, ore 21:00. “La verità rende single”, di e con Marco Bazzoni. Cagliari al Teatro Alkestis, ore 21:00. “Sound Around the Island 2018 - Teatrabili”: "Bertas: Cambia il mondo - interferenze di Marco Noce". Olbia al Cine Teatro Olbia, ore 21:00. Stagione di Prosa 2017/2018: “La Moglie - Viaggio alla scoperta di un segreto”, di e con Cinzia Spanò, regia Rosario Tedesco.
Dal 7 all’11 MARZO: Cagliari al Teatro Massimo. Stagione di Prosa 2017/2018: “Dieci piccoli indiani… e non rimase nessuno”, due atti di Agatha Christie, regia Ricard Reguant.
16 MARZO: Alghero al Teatro Civico, ore 21:00. Stagione di Prosa e Danza 2017/2018: “La Bottega del Caffè”, di Carlo Goldoni, regia Antonio Zavatteri.
8 MARZO: Cagliari al Teatro Alkestis, ore 21:00. “Sound Around the Island 2018 - Teatrabili”: "Anima di piccola taglia", con Silvia Corda, Sabrina Mascia, Carla Onni. Cagliari al Bflat Jazz Club, ore 21:30. “Il grande jazz italiano”, concerto di Enrico Pieranunzi e Emanuele Cisi.
17 MARZO: Sassari al Teatro Verdi, ore 21:00. “La verità rende single”, di e con Marco Bazzoni. Cagliari all’Auditorium del Conservatorio "G. Pierluigi da Palestrina", ore 21:00. Concerto di IoSonounCane e Paolo Angeli. Cagliari al Bflat Jazz Club, ore 22:00. Concerto Tony Bungaro Quartet.
9 MARZO: Sassari al Teatro Comunale, ore 21:00. Stagione di Danza 2017/2018: “Don Chisciotte”, balletto in tre atti, musica Ludwig Minkus, coreografie Marius Petipa, Alexander Gorsky, Vakhtang Chabukiani. Alghero al Teatro Civico, ore 21:00. Stagione di Prosa e Danza 2017/2018: “1927 - Monologo Quantistico”, di
28 MARZO. “Caravaggio” di e con Vittorio Sgarbi
17‐18 MARZO: Sassari al Teatro Ferroviario, ore 18:00. XXVIII Stagione di teatro per ragazzi: “Baba Jaga”, La Botte e il Cilindro, (5-14 anni). 18 MARZO: Nuoro al Teatro Eliseo, ore 21:00. “La verità rende single”, di e con Marco Bazzoni.
22‐23 MARZO: Cagliari al Bflat Jazz Club, ore 22:00. Concerto Hector Costita Quintet.
25 MARZO: Sassari al Teatro Ferroviario, ore 18:00. XXVIII Stagione di teatro per ragazzi: “Camminando sotto il filo”, Nadia Imperio (SS), (5-99 anni). 28 MARZO: Cagliari all’Auditorium del Conservatorio "G. Pierluigi da Palestrina", ore 21:00. “Caravaggio” di e con Vittorio Sgarbi. 29 MARZO: Cagliari al Bflat Jazz Club, ore 22:00. “Le mie stagioni colorate”, concerto Alberto Massidda.
Mostre Dal 9 MARZO al 10 GIUGNO: Nuoro al MAN, ore 10:00-13:00 - 15:00-19:00, chiuso lunedì. “L’elica e la luce. Le futuriste. 1912_1944”, mostra dedicata al futurismo e le donne. Fino all’11 MARZO: Cagliari alla Galleria Comunale d'Arte, ore 10:00-18:00, chiuso lunedì. Mostra “Modigliani: Opera sola”. Fino al 18 MARZO: Collinas al Museo Naturalistico del Territorio “G. Pusceddu”, ore 9:0019:00, chiuso lunedì. Mostra “Avventura tra i ghiacci. Pole Position”. Fino al 13 MAGGIO: Cagliari a Palazzo di Città, ore 10:00-18:00, chiuso lunedì. Mostra "La matrice e il segno", restrospettiva dell'artista nuorese Giovanni Nonnis.
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Hopera
Ristorante.Pizzeria.Snack Bar
Piazza Civica, 23. 079/4804011. Nessuno Ristorante.Pizzeria
Via IV Novembre, 63. 079/281255. Mar. Consegna domicilio La Pinta
Ristorante
Vicolo Adami, 47. 079/9731126. Nessuno
S.S. S.M. La Palma - Fertilia. 079/930098. Nessuno
Via Enrico Costa, 16. 079/233528 La Perla Rosa
A LG HER O
Cohiba
Corso Angioy, 6. 079/230448. Nessuno
Il Posto
Ristorante.Pizzeria
Via Asproni, 2. 079/274052. Nessuno
Al Refettorio Ristorante.Pizzeria
Gusto Veg
Tritus
Ristorante.Pizzeria
Via Saffi, 27. 079/236903. Martedì. Consegna domicilio
Il Capricorno
Pizzeria.Paninoteca
Via Diez, 60. 079/986225. Mer. Consegna domicilio Il Corallo
Ristorante.Pizzeria
Via Kennedy, 20. 079/982772 - 328/8054588. Martedì Il Pavone
Ristorante
Piazza Sulis, 3. 079/979584 La Lepanto
Ristorante
Via Carlo Alberto, 135. 079/979116. Nessuno Le Nouveau Gourmand
Tavola Calda.Gastronomia
Via Asfodelo, 43. 079/9739506 Lo Smeraldo
Pizzeria
Via Carbonia, 36. 079/5907611. Consegna domicilio
BAR . TAVOLA CALDA RICEVITORIA .................................................................
Miques De Mirall
q 079 262519
Uragano Pizzeria
Via Caniga, 1 . Sassari
Ristorante.Pizzeria.Lounge Bar
Via Manno, 14. 079/977991 - 347/5844475. Martedì Sergio’s
Pizzeria.Ristorante
Via XX settembre, 41/a. 079/983434. Consegna domicilio Via S. Satta, 72/a. 392/4316141. Nessuno
Pizzeria
Chiusura Informazioni aggiuntive
30 S&H MAGAZINE
P ORTO TORRES Il Drago
Pizzeria.Paninoteca.Cucina Vegana
Via Ponte Romano, 54. 328/5639782. Lunedì Pizza Loca
Pizzeria.Paninoteca
Via Veneto, 7. 079/5042012. Nessuno. Consegna domicilio Speedy Gonzales
Pizzeria.Paninoteca
Via Libio, 75. 079/5047066. Consegna domicilio
SEN N ORI & SORSO Arte Pizza
Pizzeria
Via Fiorentina, 42 - Sorso. 079/350502 C’è Pizza per Te Il Vagabondo
Fainè Genovese
Faineria
Via Sassari, 100. 360/911924. Nessuno Il Corallo 2
Ristorante.Pizzeria
Via Benedetto Croce, 2. 079/9401201 - 339/5640157. Lun La Rosa Dei Venti
Ristorante.Pizzeria
Via Ettore Sacchi, 20. 079/502590. Nessuno Li Lioni
Cucina Tipica Sarda
S.S. 131 km 224,4. 079/502286 - 340/5226468. Mercoledì Pepito Pizza
Pizzeria.Paninoteca
C.so V. Emanuele, 158. 079/5048034 - 392/1880422. Mar
Central Pub
Pizzeria
Via Perantoni Satta, 1. 079/271939. Lun. Consegna domicilio Il Veliero
Pizzeria
Via Ciriaco Carru, 2. 079/240443. Lun. Consegna domicilio La Divina
Ristorante.Pub
La Scacchiera
Pizzeria
Via Giagu, 17. 079/2829023. Lun. Consegna domicilio Mela Mangio
Ristorante
Loc. Badde Cossos - Sennori. 079/360245. Lunedì La Cantera
Ristorante.Pub
Via Roma, 145 - Sennori. 349/3018347. Martedì Ristorante.Pizzeria
Via Roma, 197 - Sennori. 079/361036
Harley Pizza
Pizzeria
Via Roma, 159 - Sennori. 079/362346 Pizzeria 2000
Pizzeria
Via Roma Inferiore, 60 - Sennori. 079/362271. Lunedì
Pizzeria.Paninoteca
Qualcosa di dolce?
Corso Angioy, 5. 345/3383330. Nessuno On The Road
SASSARI
Gastronomia.Paninoteca
Gelateria Bosisio Pizzeria
Via Attilio Deffenu, 5/b. 079/2006777. Consegna domicilio Pizzeria Cocco
Da Vito
Pizzeria
Pizzeria.Paninoteca.Gastronomia
Via Chiarini, 1. 389/4512350 - 324/0815157. Consegna domicilio
Pianeta Pizza
Via Roma, 158 - Sennori. 327/7625970
Felix
Via Fiorentina, 73 - Sorso. 079/350193. Nessuno
Via Mazzini, 13/a. 079/235296. Domenica
S E NN O R I & S O R S O
Zanzibar 2
Pizzeria.Paninoteca
Via Napoli, 6/b. 079/2826049. Consegna domicilio
PO R T O T O R R ES
Pizzeria al Taglio.Fainè
Emiciclo Garibaldi, 7. 079/234240. Nessuno Via Rosello, 25. 079/238052. Domenica
Gelateria
Via Brigata Sassari, 71. 079/232406. Nessuno Pagoda
Pasticceria
Via degli Astronauti, 2/b. 079/291272. Lunedì Pasticceria Sias
Pasticceria
Via Baldinca, 67 - Li Punti. 079/399310 - 393/9242341. Lun
Pizzeria Luna e Sole
Pizzeria
Via De Andrè, 19. 079/299930. Consegna domicilio Refral Da Renato
ALGH ERO
Paninoteca
Via Roma, 118. 079/2670032. Nessuno
Ciro
Pasticceria
Via Sassari, 35/b. 079/979960. Lunedì
A LG HER O
Take away o domicilio
Big Pizza
Pizzeria al metro.Paninoteca
Via Mazzini, 83. 339/5754542. Consegna domicilio Da Bakery
SASSARI Al Caminetto
Il Capriccio Focacceria
Via Mazzini, 29. 320/8659778. Domenica Pizzeria
Via Mastino, 23. 079/280727. Dom. Consegna domicilio
El Davalito
Pizzeria.Paninoteca.Gastronomia
Via Maiorca, 33. 079/980057 I Gemelli
Pizzeria
Via Marconi, 132. 079/952309. Martedì. Consegna domicilio Ichnos Express
Pizzeria.Paninoteca
Via Don Minzoni, 102. 079/6011160. Pizze senza glutine La Nuova Delizia
Pizzeria
Via Goceano, 15. 079/985082. Lun. Consegna domicilio La Perla Nera
Pizzeria.Gastronomia
Via Oristano, 13/15. 079/9739132. Consegna domicilio Luna Rossa
Pizzeria.Paninoteca
Via Cagliari, 28. 079/982359 - 329/2478074. Nessuno Pata Pizza
Pizzeria.Paninoteca
Piazza Ginnasio. 079/975177. Mer. Consegna domicilio Tria Street Food
Via Misericordia, 23. 347/5992956
P ORTO TORRES
Gastronomia
Gelateria
C.so V. Emanuele, 114. 340/1844835. Nessuno
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