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Nicolò Barella
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“Su piccioccheddu de Casteddu” che si è preso l’Europa
Foto Claudio Villa/Getty Images
di NICOLÒ CORBINZOLU
hissà se i genitori, gli do il centrocampista tutto allenatori, gli avversari cuore e grinta che conosciamo di Nicolò Barella quan oggi all’Inter e nella nazionale do aveva cinque anni e iniziava italiana. a tirare calci al pallone, imma L’esordio con la prima squa ginavano di aver a che fare con dra del Cagliari avviene a soli chi vent’anni dopo trascinerà 17 anni in una gelida e piovosa l’Italia sul tetto d’Europa. serata invernale al Tardini di Un talento precoce, una pas Parma in una sfida di Coppa sione quella per il calcio nata Italia tra Parma e Cagliari. Il in casa seguendo le gesta di campo è fradicio e pesante, papà Luca, calciatore nel San l’avversario ostico, e mister Sperate, e da lì la voglia di Gianfranco Zola per ribaltare imitarlo che lo porta alla Scuo le sorti del match lo manda la Calcio Gigi Riva, la scuola in campo. Per Nicolò l’esordio calcio più antica d’Italia. Lì il è complicato, si mette in mo biondissimo e paffutissimo stra per lo spirito di sacrificio, Nicolò avrebbe dovuto giocare si butta su ogni pallone, s’in con gli amici sul campo in fanga senza paura contrastan terra battuta alternando qual do giocatori più anziani e che calcio a qualche castello strutturati di lui, ma alla fine di sabbia, invece il piccolo ini la squadra perde. zia a correre col pallone in collato al piede e non si fer Dopo una breve parentesi al Como in Serie B, nella stagione merà più per vent’anni. 2017/2018 torna a Cagliari, Tutti lo ricordano come un appena risalito dalla B, dove bambino vivacissimo e intel diventa titolare e contribuisce ligente, capace di palleggiare alla salvezza della squadra. con qualsiasi cosa gli capitasse Negli anni cresce fino ad as tra i piedi, e di fare subito sumere i gradi di capitano, amicizia strappando un sorriso diventando il calciatore più anche ai più grandi. E a guar precoce ad indossare la fascia darlo oggi su piccioccheddu, nella storia rossoblù, e atti come lo hanno sempre so rando l’attenzione di tutte le prannominato, non sembra big del campionato. Alla fine, essere particolarmente cam sarà l’Inter a spuntarla e per biato. Antonio Conte, Barella sarà A sette anni arriva la svolta, l’insostituibile motorino del quando ad un torneo viene centrocampo che riporterà lo notato da un osservatore del scudetto ai nerazzurri dopo Cagliari e segnalato a Gian 11 anni. franco Matteoli. Pochi anni ...CONTINUA SUL WEB dopo passerà a giocare per i ros soblù in pianta sta INQUADRA IL CODICE bile, seguendo tut QR CON IL TUO ta la trafila delle SMARTPHONE PER giovanili, per poi CONTINUARE A esordire in prima LEGGERE L'ARTICOLO squadra diventan
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S&H MAGAZINE Anno XXVI - N. 293 / AGO 2021 EDIZIONE CAGLIARI+SASSARI
Direttore Responsabile MARCO CAU Ufficio Grafico GIUSEPPINA MEDDE
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Hanno collaborato a questo numero: NICOLÒ CORBINZOLU, FRANCA FALCHI, HELEL FIORI, ALESSANDRO FRACASSI, ALBA MARINI, ERICA LUCIA NOLI, DANIELA PIRAS, RAFFAELLA PIRAS
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Redazione Sassari, Via Oriani, 5/a - tel. 079.267.50.50 Cagliari, tel. 393.81.38.38.2 mail: redazione@shmag.it
05 03 Nicolò Barella “Su piccioccheddu de Casteddu” che si è preso l’Europa
05 L’arte di Josephine Sassu Dal virus alla galassia, passando leggera sulla Terra
06 “Raixe” di Matteo Leone Da Tabarka al blues, e ritorno
07 Il MUACC di Cagliari Museo delle arti e delle culture contemporanee
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esse&acca editoria.pubblicità.grafica grafica
08 San Leonardo di Siete Fuentes Il borgo da ri-scoprire
09 Capovaccaio e Falco pescatore
Editore ESSEACCA S.r.l.s., Via Oriani, 5/a - Sassari Per la pubblicità: tel. 335.722.60.54
Il ritorno dei grandi rapaci Stampa Tipografia Gallizzi S.r.l. - Sassari
10 Esprimi un desiderio Il cielo di agosto si prepara ad ospitare lo spettacolo delle stelle cadenti
Social & Web
12 L’Isola di Tavolara
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Il regno più piccolo del Mondo
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$ www.shmag.it telegram.me/sehmagazine issuu.com/esseacca Registro Stampa: Tribunale di Sassari n. 324/96. ROC: 28798. © 2021. Tutti i diritti sono riservati. È vietato riprodurre disegni, foto e testi parzialmente e totalmente contenuti in questo numero del giornale.
in Copertina L’ISOLA DI TAVOLARA
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Foto Stock Adobe
Autoritratto - Mi mancano le parole
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L’ARTE DI JOSEPHINE SASSU: dal virus alla galassia, passando leggera sulla Terra
di DANIELA PIRAS
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osephine Sassu nasce nella citta dina tedesca di Emsdetten, oggi vive a Banari. Fin da bambina, nell’ampio cortile casalingo nel quale trascorre la sua infanzia, ha occasione di sperimentare l’attitudine a “co struire cose” di varia natura, difficil mente identificabili e di materiali di versi. È un primitivo laboratorio arti stico, fatto di plastilina e di mattoncini Lego. «Appartengo a una delle prime generazioni di bambini non ricchi che hanno sempre avuto a disposi zione giocattoli ma anche la libertà di giocare in strada», afferma. Attribuisce a una forma di intuito in conscio la decisione d’intraprendere studi artistici. Difficile, oggi, attribuirle uno stile specifico, considerando l’eterogeneità delle produzioni arti stiche realizzate in venticinque anni. Dal punto di vista creativo, la ca ratterizza uno stato d’animo che la porta a prediligere leggerezza di pen siero e di realizzazione dei suoi lavori. I soggetti preferiti da Josephine Sassu sono temi universali carichi di meta fore e significati: la natura e gli ani mali. Il suo sguardo vira da ciò che è estremamente piccolo a ciò che ap pare incommensurabilmente grande. Un punto di vista che copre un ampio raggio d’azione e che l’artista sintetizza nella formula “dal virus alla galassia”. Un lavoro che diventa via via più in timista, passando da un’allegoria co smica a una personale: dalla ricerca dell’incontenibile ragione dell’esi
stenza del tutto a una – altrettanto incomprensibile – narrazione del suo esistere e fare. Si augura che le opere trascendano la loro dimensione materiale e che scaturiscano energia: essenziale per chi la crea e auspicabile in chi l’os serva. Un propulsore che le permette di sopravvivere alla loro ineluttabile fragilità. La maggior parte di esse è destinata a un’esistenza brevissima, come gli ultimi autoritratti dal titolo “Mi mancano le parole”. «L’opera che un artista crea è un og getto che vive e si relaziona con ciò che lo circonda: la realtà oggettiva del prodotto artistico è indiscutibile e, anche quando l’opera ha una com ponente fisica minima, è fondamen tale; basti pensare al “Cubo invisibile” di Gino De Dominici (un quadrato disegnato per terra: fa parte dell’opera “Soluzione di immortalità l’universo è immobile”, esposta a Venezia du rante la XXXVI Biennale, n.d.r.). Però, al di là della componente fisica di un lavoro che è reale – prosegue l’artista – troviamo quella metafisica, ossia la dimensione, puramente intellettua le, che quell’opera ha prodotto e in cui vive. È come se esistesse un altro luogo in cui quella forma e quel lin guaggio fossero ‘normali’. Insomma, per me l’arte è come il Cavaliere inesistente di Italo Calvino!” Josephine Sassu è un’artista concet tuale e complessa, difficilmente sche matizzabile, capace di dare vita a uni versi inquietanti e magici senza per dere la capacità di decifrare il reale.
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di HELEL FIORI
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volte capita che un avvenimento ci cambi radicalmente, segnando un “prima” e un “dopo”: a volte cominciamo “una nuova vita”, altre volte per trovarne una basta cam biare sguardo. Era la fine del Settecento quando gli abitanti di Ta barka abbandonavano la costa tunisina per fondare le odierne Carloforte e Cala setta: dopo essere emigrati da Pegli (GE) e aver vissuto per duecento anni di com mercio e pesca del corallo, perdevano la loro terra e si insediavano nel Sulcis, pro teggendo la loro identità tanto da vantare ancora oggi una realtà linguistica, il tabarchino, che a un orec chio poco attento potrebbe sembrare un semplice dia letto genovese, ma che, in realtà, su un tappeto geno vese cinquecentesco innesta suoni francopiemontesi e infiltrazioni lessicali tuni sine; dal suono morbido, musicale, con parole tron che o accentate, ad oggi non riconosciuto come lingua minoritaria ma comunque tutelato dal Piano di politica linguistica regionale sardo 20202024. Se da un viaggio scaturì una nuova realtà per quel po
MATTEO LEONE “RAIXE” da Tabarka al blues, e ritorno
polo, un altro viaggio ci ha permesso di conoscerne il presente: classe 1987, Mat teo Leone nasce a Calasetta (vivrà un anno in Mauritania, esperienza che lo segnerà musicalmente) e abbraccia la forte tradizione bandistica calasettana suonando le per cussioni nella Banda Musicale G. Puccini, colti INQUADRA IL CODICE vando inconsape QR CON IL TUO volmente il suo grande talento. SMARTPHONE PER Verso i 18 anni CONTINUARE A frequenta a Bolo LEGGERE L'ARTICOLO gna una scuola
popolare di jazz avanguardi stico restando folgorato dall’improvvisazione radi cale: “Cos’è questa m***a meravigliosa?”. Tornato in Sardegna prosegue la sua formazione fino a sei anni fa, quando si avvicina al blues, senza mai abbandonare del tutto il jazz (suona attual mente nel grande progetto “Snake Platform” guidato da Daniele Ledda, dove trenta improvvisatori inseguono va riazioni che a turno i musici sti stessi richiedono, investendo il “prompter” Ledda del compito di dira
marle al resto dell’ensemble tramite cartelli). Il blues arriva nella vita di Matteo dopo un grande do lore che lo allontana dalla musica, ma – si dice che non si sfugga al proprio destino – è proprio lì che quel nuovo linguaggio diventa codice perfetto per esprimere ciò che sente imbracciando la chitarra (che suona da man cino senza invertire le corde). Fonda così i Don Leone con Donato Cherchi (voce) con cui si impone al l’Italian Blues Challenge del 2017, accede alle finali eu ropee 2018 a Hell (Norve gia) e alle semifinali dell’International a Mem phis. Sfiorare la finale non è un problema: “Ora inizia il vero viaggio” (documentato in “The Search”, prodotto dall’ISRE e diretto dall’etno musicologo Diego Pani, voce dei cagliaritani King Howl). Esperienza che pianta il seme della ricerca profonda di verità: “Suono blues, ma che cosa sto raccontando? Qual è la mia storia? Ho trent’anni: nel mio passato c’è l’infanzia, c’è Calasetta, la Banda, le serenate, il mare”. È così che nasce l’al bum in tabarchino RAIXE. Prodotto dall’Associazione cagliaritana TiConZero e già presentato nello spazio arti stico di Officine Culturali di Sennori, verrà in parte suo nato questo 15 agosto al Time in Jazz a Berchidda, quando i Don Leone duette ranno con l’artista nigerino Bombino. ...CONTINUA SUL WEB
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Ecco il MUACC, il nuovo Museo delle Arti e delle Culture Contemporanee di Cagliari di ALBA MARINI
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n via Santa Croce 63, nel cuore del quartiere Castello, è stato inaugurato a marzo 2021 il Museo delle arti e delle culture contemporanee di Cagliari (MUACC). L’occasione è stata offerta dai festeggiamenti per i 400 anni dell’Uni versità di Cagliari, ma il MUACC è molto più di una mostra celebrativa. Figlio della visione dell’ex Rettore Maria Del Zompo, il Museo delle arti e delle culture con temporanee è un’assoluta novità nel pa norama isolano. Si tratta di un luogo dove la storia più recente e le arti si in contrano e si fondono, in un contesto attento allo studio e alla ricerca. La col lezione permanente comprende le opere acquisite a partire dall’iniziativa di Corrado Maltese, docente dell’università di Cagliari dal 1957 al 1969, e finora custodite nei vari spazi dei Dipartimenti di Lettere, Lingue e Beni culturali. Il primo nucleo di opere ospitate dal MUACC è quello donato dall’artista cagliaritano Italo An tico, classe 1934, grande protagonista della scena dell’arte in Sardegna a partire dagli anni Settanta. I capolavori donati sono 49 e comprendono sculture, ma nufatti tessili e gioielli che ripercorrono il percorso artistico di Antico. Tra le altre creazioni ospitate in via Santa Croce, an che quelle di altri grandissimi artisti del l’isola, come Costantino Nivola, Maria Lai e Tonino Casula. Oltre alla collezione permanente, il nuovo spazio museale ospiterà in futuro alcune
mostre temporanee, con l’intento di rendere fruibile l’arte contemporanea non solo a docenti e studenti, ma a molteplici tipologie di pubblico. Un altro obiettivo che il museo si pone è quello di favorire una compenetrazione tra più discipline. Non solo arte, insomma, ma anche convegni, seminari e conferenze sulle materie più variegate, che verranno inglobate in un discorso multidisciplinare sul contemporaneo. Il MUACC è anche uno spazio che nasce da e per gli studenti: l’impegno didattico prevede, infatti, di coinvolgere gli universitari nella realiz zazione dei progetti espositivi, nella ma nutenzione e in tutte quelle attività utili alla gestione museale. Si spera che questa iniziativa possa contribuire alla formazione di figure specializzate nel settore turistico e dei beni culturali. Il nuovo museo non solo ospita una col lezione d’altissimo livello, che ripercorre l’arte contemporanea in Sardegna con l’esposizione delle opere dei più grandi artisti (soffermandosi sugli anni ‘60 e ‘70), ma costituisce un luogo di ritrovo importante per studenti e appassionati. Il ruolo di formazione assunto dal MUACC, oltretutto, è una novità davvero impor tante. Sono sempre più palesi, infatti, gli sforzi di Cagliari per configurarsi come una città universitaria di valore, capace di mettere al centro dei suoi progetti il potere della scuola e l’educazione. Il museo è visitabile previa prenotazione. Per informazioni è consigliato rivolgersi al numero 070.6751.
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SAN LEONARDO DI SIETE FUENTES
Il borgo da ri-scoprire di ALBA MARINI
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a poco più di 30 abitanti ed è noto per le sue sorgenti (l’acqua Siete Fuentes vi dice qualcosa?): stiamo parlando di San Leonardo, unica frazione di Santu Lussurgiu (da cui dista
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6 km), in provincia di Oristano. L’appel lativo completo di questo borgo pitto resco è San Leonardo di Siete Fuentes, un perfetto mix tra il nome della chiesa di San Leonardo (antico edificio risalente al XII secolo) e le famose sette fonti. L’abitato di San Leonardo si sviluppò proprio nel periodo pisano intorno alla chiesa omonima e ad altri due edifici molto importanti, di cui non è rimasta traccia: un monastero e un ospedale dell’Ordine di San Giovanni in Gerusa lemme. Si pensa che l’origine del borgo sia addirittura precedente a quella di Santo Lussurgiu (di cui è, appunto, fra
zione). Nei documenti più antichi il vil laggio veniva chiamato in latino Ad Sep‐ tem fontes. Durante il periodo della do minazione spagnola, poi, il nome divenne Siete Fuentes e, dal XVIII secolo, Villa delle Sette fontane. Il borgo è famoso in Sardegna per ospi tare le sorgenti Siete Fuentes (in italiano “le sette fontane”) da cui viene prelevata l’omonima acqua. Le sorgenti alimentano il laghetto e il ruscello di San Leonardo, che scorre fino ad Abbasanta, ma non sono affatto sette. Secondo alcuni studi, il nome della borgata deriverebbe da un primo insediamento di monaci del l’ordine cistercense che chiamavano spesso i loro villaggi con l’appellativo di Septem‐Fontes. Ad imbottigliare il pre zioso liquido della vita è l’azienda Fonti di San Leonardo de Siete Fuentes, che opera nello stabilimento lungo la via principale di San Leonardo. L’impresa – che fa parte del gruppo SAM (Sarda Ac que Minerali), responsabile anche del l’imbottigliamento dell’acqua San Giorgio ha quasi 100 anni: nacque nel 1928 come società di bibite gassate, per poi cambiare nome nel 1968. Nelle belle giornate primaverili, il rumore dell’acqua che scorre e i suoni della na tura accompagnano i picnic delle famiglie del luogo e dei turisti, che si godono il verde nel parco del villaggio. Le sette fontane, la chiesetta, gli alberi secolari, i tavolini… Tutto a San Leonardo trasuda relax e spensieratezza, tanto che il borgo è molto amato per le scampagnate della domenica. Le “fontane” non sono l’unica particolarità degna di nota del villaggio. A essere pro tagonista, in qualche modo, è ancora la natura: il borgo di San Leonardo, infatti, appare come incastonato tra i boschi di lecci e le querce da sughero. In mezzo al verde, si trovano laghetti e ruscelli. Dal 1906, inoltre, ospita la Fiera regionale del cavallo, un evento dove natura e tradizioni si fondono ogni anno durante i primi giorni del mese di giugno. ...CONTINUA SUL WEB
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Capovaccaio e Falco pescatore Il ritorno dei grandi rapaci di FRANCA FALCHI
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l più grande nemico della natura è l’uomo, unico essere capace di di struggere il suo stesso habitat e di arrecare danno alle altre specie pur non essendo in diretta competizione con esse. Ne sono un esempio eclatante il Capo vaccaio e il Falco pescatore, entrambi assenti in Sardegna da diverso tempo, che hanno approfittato della minor presenza dell’uomo e delle maggiori disposizioni di tutela ambientale per fare ritorno nella nostra isola o appa rirci per la prima volta. La comparsa del Capovaccaio è databile al 2019, anno in cui per la prima volta a memo ria d’uomo si è schiuso con successo un suo uovo, frutto di timidi tentativi osservati già nel 2018. Inserito nella lista rossa IUCN come specie a rischio critico di estinzione, questo avvoltoio dal capo giallo, ha scelto come areale la zona già interes sata da misure di tutela per il progetto Life sul Grifone. Le prime segnalazioni sono infatti dalle fototrappole al car naio di Capo Caccia, rifornito costante mente di carcasse. Pur essendo un avvoltoio, esso si di stingue per la sua capacità di cattura in volo di insetti e piccole prede come uccellini, rettili e roditori e l’utilizzo di utensili come i sassi per rompere le uova di altri uccelli o rametti per avvol gere la lana nella costruzione del nido. Il Capovaccaio ha confermato la sua presenza anche in questi ultimi due
anni e ad esso si è unito il Falco pesca tore che nel 2021 ha registrato la sua seconda nidificazione nel medesimo areale. Il Falco pescatore, in realtà, è sempre stato presente in Sardegna, anche se la sua frequentazione era mirata all’ap provvigionamento di cibo dalla vicina Corsica dove nidifica regolarmente. Molti di noi si sono sicuramente soffer mati ad osservarlo nelle zone umide o salmastre durante una sua battuta di pesca, affascinati dall’eleganza nella cattura dei pesci, sua unica fonte di cibo. Sul ritorno di questo maestoso rapace, la cui ultima nidificazione risale alla fine degli anni ’60, si sono fatti diversi progetti, con la realizzazione anche di nidi artificiali in diverse zone dell’isola. Molto diffidente per natura, ha scelto di costruire il nido nelle nostre sco gliere solo nel 2020, in pieno lockdown da Covid19 a dimostrazione della sua esigenza di tranquillità per la deposi zione. Il suo declino è infatti in gran parte im putabile al disturbo antropico, dato dai furti di uova e pulcini per il collezioni smo e dal costante passaggio ravvici nato dei natanti sotto costa dove predilige nidificare. Estinto in tutta Ita lia, ha iniziato a farvi ritorno nel 2011 e a tutt’oggi si contano tra 5/6 coppie totali compresa quella sarda. Storie, dunque, su cui riflettere per modificare le abitudini e limitare al mi nimo l’impatto che le nostre attività producono sulla fauna selvatica.
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di RAFFAELLA PIRAS
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gosto è, per eccellenza, il mese dei cacciatori di stelle cadenti, con una data simbolica, la notte di San Lorenzo, che per tradizione è individuata come notte più propizia per poterle osservare ed esprimere poi un desiderio. Non si tratta di vere e proprie stelle in realtà, secondo una teoria dell’astro nomo piemontese Giovanni Virgilio Schiaparelli, poi rivelatasi esatta, si tratta piuttosto di un fenomeno atmo sferico, singole meteore o sciami me teorici derivanti da comete, corpi celesti presenti nello spazio, conside rate dagli astronomi come palle di neve sporca che si formano ai confini del nostro Sistema Solare. Le comete, avvicinandosi al sole, evaporano e as sumono una forma allungata, con una
chioma e una coda di gas e polveri che lasciano dietro di sé numerosi detriti i quali, entrando in contatto con l’atmo sfera terrestre ad altissima velocità, fino a 50 km/secondo, bruciano per il forte attrito e il surriscaldamento e, sgretolandosi, emanano una scia lumi nosa dando così vita alle meteore. Un appuntamento da non perdere du rante i mesi estivi, quando è più facile restare di notte ad osservare il cielo, specie se ci troviamo lontano dalle città e da zone con inquinamento lumi noso, è quello con le Perseidi. Sono le cosiddette stelle cadenti di agosto, quelle più famose, uno sciame meteo rico composto da ghiaccio e polveri provenienti dalla cometa SwiftTuttle, una cometa periodica del Sistema So lare scoperta nel 1862. Il nostro pia neta, nel corso del suo moto orbitale, attraversa questo sciame ogni anno, a
partire dalla fine del mese di luglio, e il fenomeno si protrae poi per quasi tutto il mese di agosto. Il nome “Per seidi” deriva dalla costellazione di Per seo, è proprio lì infatti che si trova il radiante e di conseguenza il punto da cui, in prospettiva, sembrano prove nire le scie luminose. Lo spettacolo delle stelle cadenti si ce lebra, per convenzione, il 10 agosto, giorno in cui ricorre la festività religiosa di San Lorenzo, ecco perché sono co nosciute anche come “lacrime di San Lorenzo”. Lorenzo era uno dei sette diaconi di Roma, perseguitato e ucciso nel 258 d. C., quattro giorni dopo la de capitazione di Papa Sisto II, insieme ad altri vescovi, presbiteri e diaconi per volontà dell’Imperatore romano Vale riano. Il suo martirio divenne un vero e proprio culto per la Chiesa Cattolica e da lì si diffuse la credenza popolare che
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lo sciame delle Perseidi evochi in realtà le lacrime che il Santo versò durante il suo martirio sui carboni ardenti. Cre denza riportata anche nei versi della poesia “X agosto” di Giovanni Pascoli: «San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l’aria tranquilla arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla...». Da questa interpretazione religiosa nacque la leggenda per cui se si esprime un desiderio nel momento in cui si vede passare una stella cadente nel cielo, quel desiderio dovrebbe av verarsi grazie ad un’intercessione del Santo. Proprio per questo motivo San Lorenzo viene anche definito il santo protettore dei sogni. Ma ci sono almeno altre tre leggende che ruotano attorno alla tradizione di esprimere un desiderio durante le notti delle stelle cadenti. Innanzitutto, un’interpretazione etimologica, il ter mine desiderio deriva dal latino “de sidus” che letteralmente significa “as senza di stella” e che può essere inter pretato come “cessare di contemplare le stelle a scopo augurale”. Un’altra in terpretazione riconduce al termine de siderio la parola “desiderantes” utilizzata da Gaio Giulio Cesare nel De Bello Gallico per indicare i soldati che, alla fine delle battaglie, aspettavano sotto le stelle i compagni dispersi con la speranza di vederli tornare sani e salvi. Infine, l’ultima interpretazione è quella legata all’importanza che i mari nai davano alle stelle, considerandole come un punto di riferimento per tro vare la rotta e riuscire a tornare sulla terraferma. Anno dopo anno, la notte di San Lo renzo non perde il suo misterioso fa
scino, continuando ad appassionare il grande pubblico. Dagli osservatori astronomici che organizzano eventi con esperti pronti a spiegare scientifi camente il fenomeno agli appassionati di astronomia, alle famiglie che si re cano in montagna per cercare di inter cettare almeno una stella lontani dalle luci artificiali della città, ai gruppi di amici che organizzano gite notturne in spiaggia per ammirare lo spettacolo degli sciami meteorici direttamente in riva al mare. Non sempre, tuttavia, le notti delle stelle cadenti soddisfano le aspetta tive, difatti le condizioni meteorologi che possono variare di anno in anno. Mentre nel 2019 e nel 2020 la pre senza della luna ha interferito negati vamente sulla visibilità delle meteore, il cielo del 2021 fa ben sperare. Quest’anno fortunatamente si prean nunciano delle condizioni ottimali per osservare le Perseidi, con una luna che tramonterà poco dopo il tramonto e che non inciderà sulla possibilità di contemplare le stelle cadenti. Si pre vede che il picco massimo si verifi cherà nella notte tra l’11 e il 12 agosto, anche se si potranno osservare durante tutto il mese e ad ogni ora della notte, ma è nella sua seconda parte che gli sciami meteorici sono più frequenti e luminosi, soprattutto poco prima dell’alba. Tutti pronti dunque a puntare lo sguardo verso nordest, dove si trova la costellazione di Perseo, preferibil mente ad occhio nudo, e a trascorrere delle speciali e magiche serate estive con il naso all’insù sognando che i pro pri desideri possano finalmente diven tare realtà.
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L’ISOLA DI TAVOLARA, IL REGNO PIÙ PICCOLO DEL MONDO di FRANCA FALCHI
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e questa storia si tro vasse in un libro per bambini, potremmo pensare ad una bella favola, di quelle veramente magi che con tutti gli elementi al posto giusto. C’è un piccolo regno lungo appena sei chi lometri, un re senza trono né castello ma con una montagna dalla quale domi nare il mare circostante, un paesaggio mozzafiato e ani mali e piante rari ed esclu sivi e, a completare il tutto, una storia unica e ricca di mistero. Siamo nell’Isola di Tavolara, il regno più pic colo del mondo.
Sembra frutto di una fer vente immaginazione ma corrisponde a realtà. L’isola di Tavolara è davvero un regno con un re, anche se per gli attuali eredi è difficile da dimostrare. Tutto ebbe inizio nel 1806, quando Giu seppe Bertoleoni, di origini corsogenovesi, un po’ pa store, un po’ contrabban diere, si stabilì nell’isola dopo un anno trascorso a La Maddalena con le sue due mogli. A Tavolara fu dedito all’alle vamento delle capre selvati che, dette “dai denti d’oro” probabilmente per l’alimen tazione a base del giallo eli criso. L’isola al tempo era
disabitata e lui, dotandola di tutti i confort, si autopro clamò proprietario e so vrano con tanto di stemma e bandiera, tanto che quando Carlo Alberto di Sa voia, re di Sardegna, incurio sito dalla sua storia andò sull’isola per conoscerlo, si presentò come suo pari ac cogliendolo in quel piccolo regno. Tra i due si stabilì una sincera amicizia e dopo giorni dediti alla caccia, alla sua partenza, Carlo Alberto ufficializzò regno e sovrano in una pergamena andata perduta nel tempo. I Bertoleoni però non lascia rono mai l’isola. Erede e at tuale abitante, almeno nei
mesi estivi, è Tonino Berto leoni proprietario del punto ristoro situato a Spalmatore di terra, unica piccola lingua di terra pianeggiante (dove è situato anche il cimitero con la sepoltura del suo avo sovrano) ed è lui che spesso accoglie studiosi e visitatori di questo prezioso regno. Ma la vera ricchezza di Ta volara, oltre alla particola rità della sua storia, sta nelle peculiarità faunistiche e botaniche che la rendono davvero un luogo esclusivo e magico ad iniziare dall’of ferta cromatica del suo pae saggio dove spicca il verde delle essenze vegetali tra l’azzurro cristallino delle sue
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acque e il bianco sfavillante del suo lembo di spiaggia. Situata nel golfo di Olbia, nella costa nord orientale della Sardegna, proprio di fronte a Loiri Porto San Paolo, l’Isola di Tavolara è una montagna calcarea e granitica, alta 560 metri e di forma rettangolare, che spunta in mezzo al mare con le sue rocce impervie e ri pide. Nonostante le sue pic cole dimensioni, è un’ambita meta turistica sia per gli escursionisti che per gli amanti del relax in barca, nel diving e nello snorkeling, peculiarità che le sono valse l’inclusione nel 1997 nel l’Area Marina Protetta di Tavolara e Punta di Coda Cavallo e nel 2007 il ricono scimento come Area Spe cialmente Protetta d’Importanza Mediterranea (ASPIM). Le sue acque sono uno spet tacolo magnifico, offerto da una vasta prateria di Posido nia oceanica, pianta marina protetta dalla Direttiva Habi
tat 92/43 CEE, fondamen tale per tutto l’ecosistema marino del Mediterraneo in quanto paragonabile a un bosco terreste sia per pro duttività che protezione. La sua abbondanza è stato uno dei motori che ha spinto verso l’istituzione dell’Area Marina Protetta. Popolata da dentici, casta gnole, cernie e murene, offre ospitalità anche a nu merose specie di nudibran chi che fluttuano sia tra le sue fronde che tra la foresta verticale delle gorgonie. Da segnalare la cospicua pre senza di nacchere, di Patella ferruginea e di cicale ormai a rischio di estinzione al trove. Poi barracuda, sara ghi, cospicui banchi di pesci confidenti, cetacei tra i quali delfini costieri, tursiopi, grampi e capodogli. Diverse sono le osservazioni dell’in nocuo e maestoso Squalo elefante. Nelle immersioni in profondità è facile perdersi nell’incanto dei relitti som mersi, tra i quali una moto
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nave da carico, un pesche reccio e la Chrisso inabissata di recente dopo esser stata abbandonata intera a se guito del suo incendio. La fauna di Tavolara ha una straordinaria varietà sia in mare che in terra. Punto di collegamento sono le nume rose specie di uccelli marini tutelati dalla direttiva comu nitaria per le ZPS (Zone a Protezione Speciale) come la Berta minore, il Maran gone dal ciuffo o specie che la scelgono per nidificare come la sterna, il fraticello e il raro Gabbiano corso, esclusivo del Mediterraneo. Sulla cima di Tavolara (unica piccola isola del mediterra neo) nidifica l’Aquila reale, mentre è presente anche qualche coppia di Falco pel legrino. Tra i limicoli invece troviamo garzette e aironi mentre nella macchia sono abbondanti le piccole specie stanziali e migratrici. Nei sentieri del trekking di montagna non è raro incon
trare i mufloni, abili scala tori e equilibristi tra le rocce. Sulla terra ferma domina il paesaggio della macchia con ginepri secolari, rosmarino, elicriso e lentisco che confe riscono colori e profumi ine brianti. Sono circa 500 le specie vegetali, alcune delle quali esclusive di questa piccola isola come il raris simo fiordaliso, ibrido tra la Centaurea filiformis e la Centaurea horrida che solo in questo territorio si tro vano a contatto diretto o l’Asperula deficiens (Stellina di Tavolara), pianta in asso luto più rara dell’isola che si trova a vegetare solo sulle sue rupi del versante setten trionale. Di notevole inte resse sono anche l’Alyssum tavolarae, identificato qua per la prima volta, il Limo nium hermaeum, la Campa nula forsythii. Se non fosse già un regno, sembrerebbe un paradiso. www.studiomassaiu.it
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Sassari | Via Alghero 22 Nuoro | Via Corsica, 15 079 273825 | 339 7209756 Informazione sanitaria a carattere informativo non promozionale e non suggestivo secondo il comma 282 della legge 248 del 04/08/2006 - Direttore Sanitario Andrea Massaiu Odontoiatra, Iscr. Albo Odontoiatri di Sassari n° 623
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