2 minute read

“Raixe” di Matteo Leone

di HELEL FIORI

Avolte capita che un avvenimento ci cambi radicalmente, segnando un “prima” e un “dopo”: a volte cominciamo “una nuova vita”, altre volte per trovarne una basta cambiare sguardo. Era la fine del Settecento quando gli abitanti di Tabarka abbandonavano la costa tunisina per fondare le odierne Carloforte e Calasetta: dopo essere emigrati da Pegli (GE) e aver vissuto per duecento anni di commercio e pesca del corallo, perdevano la loro terra e si insediavano nel Sulcis, proteggendo la loro identità tanto da vantare ancora oggi una realtà linguistica, il tabarchino, che a un orecchio poco attento potrebbe sembrare un semplice dialetto genovese, ma che, in realtà, su un tappeto genovese cinquecentesco innesta suoni francopiemontesi e infiltrazioni lessicali tunisine; dal suono morbido, musicale, con parole tronche o accentate, ad oggi non riconosciuto come lingua minoritaria ma comunque tutelato dal Piano di politica linguistica regionale sardo 20202024. Se da un viaggio scaturì una nuova realtà per quel popolo, un altro viaggio ci ha permesso di conoscerne il presente: classe 1987, Matteo Leone nasce a Calasetta (vivrà un anno in Mauritania, esperienza che lo segnerà musicalmente) e abbraccia la forte tradizione bandistica calasettana suonando le percussioni nella

Advertisement

Banda Musicale

G. Puccini, coltivando inconsapevolmente il suo grande talento. Verso i 18 anni frequenta a Bologna una scuola popolare di jazz avanguardistico restando folgorato dall’improvvisazione radicale: “Cos’è questa m***a meravigliosa?”. Tornato in Sardegna prosegue la sua formazione fino a sei anni fa, quando si avvicina al blues, senza mai abbandonare del tutto il jazz (suona attualmente nel grande progetto “Snake Platform” guidato da Daniele Ledda, dove trenta improvvisatori inseguono variazioni che a turno i musicisti stessi richiedono, investendo il “prompter” Ledda del compito di diramarle al resto dell’ensemble tramite cartelli). Il blues arriva nella vita di Matteo dopo un grande dolore che lo allontana dalla musica, ma – si dice che non si sfugga al proprio destino – è proprio lì che quel nuovo linguaggio diventa codice perfetto per esprimere ciò che sente imbracciando la chitarra (che suona da mancino senza invertire le corde). Fonda così i Don Leone con Donato Cherchi (voce) con cui si impone all’ItalianBlues Challenge del 2017, accede alle finali europee 2018 a Hell (Norvegia) e alle semifinali dell’International a Memphis. Sfiorare la finale non è un problema: “Ora inizia il vero viaggio” (documentato in “The Search”, prodotto dall’ISRE e diretto dall’etnomusicologo Diego Pani, voce dei cagliaritani King Howl). Esperienza che pianta il seme della ricerca profonda di verità: “Suono blues, ma che cosa sto raccontando? Qual è la mia storia? Ho trent’anni: nel mio passato c’è l’infanzia, c’è Calasetta, la Banda, le serenate, il mare”. È così che nasce l’album in tabarchino RAIXE. Prodotto dall’Associazione cagliaritana TiConZero e già presentato nello spazio artistico di Officine Culturali di Sennori, verrà in parte suonato questo 15 agosto al Time in Jazz a Berchidda, quando i Don Leone duetteranno con l’artista nigerino

Bombino.

MATTEO LEONE “RAIXE”

da Tabarka al blues, e ritorno

INQUADRA IL CODICE QR CON IL TUO SMARTPHONE PER CONTINUARE A LEGGERE L'ARTICOLO

...CONTINUA SUL WEB

This article is from: