DIVERSE SPECIE n. 2 | magazine di Essere Animali

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anno 1 SETTEMBRE 2015 n째 2

IL MAGAZINE DI ESSERE ANIMALI

Aiutaci a farlo togliere dagli scaffali dei supermercati La campagna a seguito della nostra nuova investigazione


DIVERSE SPECIE è il magazine di Essere Animali, associazione no-profit che promuove un cambiamento culturale, sociale e politico, volto a superare tutte le forme di sfruttamento nei confronti degli animali che condividono con noi il pianeta. Vogliamo che l’abolizione di ogni sfruttamento divenga non solo una scelta personale, ma una questione di giustizia nei confronti di individui che pur appartenenti a specie differenti dalla nostra condividono con noi la gioia come il dolore.

Scopri in queste pagine il nostro impegno e le nostre attività!

s o mm a ri o

pagina 2

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Editoriale

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Foie gras, solo crudeltà

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Dentro le mura di un macello

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Le nostre campagne

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I nostri salvataggi

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Essere Animali in azione

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Scelte consapevoli

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Parole per riflettere

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Il nostro 2015 in cifre

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Essere Animali onlus

pagina 14

via Antonio Zoccoli 27

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Direttore Responsabile Domenico Marco Di Cosmo Autorizzazione del Tribunale di Bologna n° 80968


EDITORIALE

Essere Animali. Queste due parole che formano il nome della nostra associazione racchiudono per noi molte cose. Sono il mondo che desideriamo, in cui non ci sia superiorità e dominanza della nostra specie sulle altre, ma sono anche la strada che ci possa portare a questo mondo liberato, cioè quel processo in cui dovremo impegnarci a dimenticare millenni di cultura antropocentrica e ricordarci qualcosa di così semplice e banale ma allo stesso tempo capace di cambiare alla base questa società: che anche noi siamo animali tra gli altri animali. E cominciare da questo pensiero a camminare nuovamente su questo pianeta con un passo leggero. Ed è in questa prospettiva, in un momento di grandi cambiamenti, che si inserisce il nostro impegno quotidiano per gli animali. Una strada che molti prima di noi hanno iniziato a solcare e aperto con grande coraggio alcuni decenni fa, ma che necessita ancora di tanto lavoro affinché ci possa portare davvero dove gli animali desiderano più di ogni altra cosa essere: sani e salvi, liberi e sereni. Abbiamo deciso di impegnarci non tanto ad attaccare ostacoli che troviamo nel cammino verso questo mondo, ma ad allargare il selciato e fare spazio a sempre più persone, che siano pronte a mettersi in gioco una a fianco all’altra. La nostra idea è quella di aiutare a creare una massa capace di crescere esponenzialmente, per poi davvero superare e abbattere ogni ostacolo senza difficoltà. Per questo vogliamo raggiungere sempre più persone. Non migliaia, ma milioni. E lo stiamo facendo soprattutto tramite un lavoro difficile e impegnativo come quello delle investigazioni. Il team investigativo e il gruppo comunicazione di Essere Animali lavorano di continuo per far luce negli antri più bui di questa società, quei luoghi dove gli animali sono reclusi e invisibili agli occhi comuni. E la nostra recente indagine sul foie gras, mostrata ancora una volta in tv in prima e su uno dei principali media online, ha messo milioni di persone di fronte ad una pratica di tortura difficile da digerire. Trovarsi di fronte agli animali prigionieri e sofferenti non è facile per i nostri investigatori, ma è un compito che come vedi può davvero fare la differenza e aprire dibattiti importanti. Nelle seguenti pagine trovi un resoconto di questo ultimo lavoro e il modo in cui puoi aiutarci anche tu nella campagna StopFoieGras. Per il resto, che dire, non siamo mai fermi! Ci siamo allargati aprendo gruppi operativi in altre regioni e città, abbiamo partecipato a decine di festival, conferenze, presentazioni, salvato animali dagli allevamenti e lavorato costantemente a documentare questi luoghi, organizzato mostre, raggiunto diversi media nazionali con azioni e campagne. Di tutto questo e molto altro leggerete nelle prossime pagine. E molti nuovi progetti davvero importanti sono in preparazione dietro le quinte. Tutto questo è stato e sarà possibile solo grazie a ai nostri soci, a chi ha deciso di sostenerci e di seguirci e partecipare attivamente. Senza di voi queste pagine sarebbero vuote! Grazie da tutti e tutte noi.

diverse specie un solo pianeta 1


aiutACI A FARLO TOGLIERE DAGLI SCAFFALI DEI SUPERMERCATI

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DOSSIER

Si scrive ‘gavage’ si legge ‘tortura’ Siamo stati in Francia per documentare l’alimentazione forzata di anatre ed oche allo scopo di ingrassarne e ammalarne il fegato. Una pratica condannata dall’UE e vietata in Italia, dove però la vendita di foie gras è consentita.

Ecco le immagini che l’industria del foie gras non vuole mostrare Assieme a Promoviendo el Veganismo siamo stati nel paese dove viene prodotto oltre il 70% del foie gras venduto poi in tutto il mondo, anche in Italia, che nel 2014 ne ha importato circa 33 tonnellate. Le immagini non lasciano spazio a dubbi: in molti allevamenti ci sono ancora animali rinchiusi in piccole gabbie illegali, impossibilitati a compiere qualsiasi movimento. Ma anche quando le leggi sono rispettate, la produzione di foie gras comporta inevitabili sofferenze.

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Il foie gras è un cibo considerato di lusso che si ottiene dal fegato di animali sottoposti ad alimentazione forzata. Sono 44 milioni nella sola Francia le anatre uccise ogni anno, molte di più in realtà se consideriamo che i pulcini femmina, il cui fegato non è commercializzato, non sono comprese nelle statistiche e vengono uccise appena nate. Sono questi i segreti dell’industria del foie gras, che ama diffondere immagini di anatre allevate in recinti esterni e difende, sotto l’egida della tradizione, una pratica indifendibile, causa di gravissime sofferenze compiute su animali indifesi. Segreti che emergono da subito, non appena cominciamo la visita alla prima delle 6 aziende francesi dove abbiamo documentato cosa si nasconde dietro questo prodotto, venduto ancora in molti supermercati italiani. I pulcini maschi, avviati sin dai primi giorni di vita agli allevamenti, trascorrono all’aperto solo i primi due mesi di vita, fino a quando non vengono rinchiusi in gabbie per essere alimentati forzatamente.

L’UE ha vietato l’utilizzo delle ‘gabbie individuali’, dove gli animali sono confinati in uno spazio di circa 20 x 45 cm in cui non possono nemmeno aprire le ali, ma il governo francese ha concesso purtroppo una proroga e, come testimoniano le nostre immagini, sono ancora attualmente in uso. Ma anche quando la legge viene rispettata e gli animali posti in gabbie di gruppo (circa 15 individui in uno spazio di mt. 3 x 1) molte loro esigenze etologiche non sono rispettate. Per tutte poi il processo di ‘gavage’ è devastante: per 2 settimane vengono nutrite 2 volte al giorno con enormi razioni di mais cotto. Abbiamo visto anatre vomitare e rischiare di morire soffocate per il troppo cibo ingerito, altre che cercavano di sottrarsi all’alimentazione forzata o che non erano sopravvissute a queste condizioni di vita e giacevano morte in gabbia. Tutte le anatre vanno incontro alla morte al macello. In breve tempo il funzionamento del fegato è gravemente compromesso e, aumentando di volume, preme sui polmo-

ni, impedendo una corretta respirazione e rendendo doloroso qualsiasi movimento. In queste condizioni vengono prima appese per le zampe, poi stordite in acqua elettrificata e infine un operatore procede alla rottura del becco, per agevolare il taglio della carotide. Durante ognuna di queste fasi abbiamo visto anatre muoversi ancora e sembrare pienamente coscienti mentre morivano dissanguate. Una fine terribile per questi animali, di cui si abusa fino a renderli malati, sfruttando la loro naturale tendenza ad accumulare riserve di cibo sino a provocare in pochi giorni un’infiammazione del fegato e una conseguente lipidosi epatica, cioè un accumulo anomalo dei grassi nelle cellule epatiche. Dai cadaveri spiumati e sottoposti a scottatura viene estratto il ‘foie gras’, che può raggiungere 10 volte il peso di un organo sano e che viene sottoposto a successive lavorazioni per essere poi venduto in tutto il mondo, purtroppo anche in numerosi supermercati italiani.

PRODUZIONE DI FOIE GRAS IN EUROPA

ANATRA

25mila tonnellate FRANCIA 72,3% BULGARIA UNGHERIA SPAGNA BELGIO

90%

CINA USA CANADA

10%

44 milioni PRODUZIONE MONDIALE

OCA

da Eurofoiegras e France Agrimer

MAGGIORI CONSUMATORI DEL MONDO FRANCIA BELGIO GIAPPONE SVIZZERA HONG KONG ISRAELE da France Agrimer

animali utilizzati all’anno in Francia

98,3%

da France Agrimer

1,7%

33 tonnellate nel 2014

importazione in Italia di foie gras

41% anatra / 59% oca

47%

in Francia

supporta il divieto di alimentazione forzata per produrre foie gras da Opinion Way

PAESI CHE HANNO VIETATO LA PRODUZIONE ARGENTINA AUSTRIA CALIFORNIA (USA)* REPUBBLICA CECA DANIMARCA REGNO UNITO FINLANDIA GERMANIA OLANDA ITALIA IRLANDA ISRAELE LUSSEMBURGO NORVEGIA POLONIA SVEZIA SVIZZERA TURCHIA INDIA* da Opinion Way

*vietata anche la distribuzione 4


DOSSIER

un controsenso! Nell’UE l’alimentazione forzata è: • illegale ( Direttiva 98/58/CE); • condannata da autorevoli studi (1998 - Rapporto del Comitato Scientifico Veterinario); • ma una ‘Raccomandazione’ del 1999 consente la produzione di foie gras dove ‘pratica corrente’.

verso la fine? • Al momento solo 5 paesi nell’UE (Francia, Belgio, Ungheria, Bulgaria, Spagna) producono foie gras. • La Francia è il primo produttore e consumatore mondiale. • L’Italia ha vietato la produzione nel 2007, ma la vendita di foie gras è consentita. • L’India è la prima nazione al mondo ad aver vietato sia la produzione che la distribuzione.

la nostra campagna Con la diffusione di questa indagine vogliamo mandare un forte segnale contro queste crudeltà, abbiamo chiesto ai principali supermercati italiani che ancora distribuiscono foie gras di scegliere di cessarne la vendita, rifiutandosi così di sostenere economicamente una pratica causa di gravissime sofferenze compiute su animali indifesi.

aiutaci Firma la petizione che trovi su stopfoiegras.org Le tue scelte e le tue azioni sono importanti!

appunti di viaggio Siamo nel sud della Francia, precisamente nel dipartimento della Dordogna ma è più corretto dire che siamo nel cuore della produzione di foie gras, il ‘fegato grasso’, un cibo considerato di lusso ottenuto dall’alimentazione forzata di anatre ed oche. In questo momento l’allevatore ci sta spiegando che bisogna premere la gola per far aprire il becco degli animali. Un’anatra a fianco a noi vomita dopo essere stata ingozzata, altri animali, non ancora sottoposti al gavage, guardano nella nostre direzione e si dimenano come impazziti, l’odore di urina, misto a feci e vomito è insopportabile. … Da circa due giorni sono in Italia, dove l’alimentazione forzata è illegale. Oggi pomeriggio, mentre ero al supermercato a fare la spesa, ripensavo a ciò che ho visto pochi giorni fa negli allevamenti francesi e a quanto quelle terribili immagini sembrano ora lontane anni luce... Ma poi... eccolo lì il foie gras, sullo scaffale del supermercato. Non è poi così lontano da me.

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DENTRO LE MURA

DI UN MACELLO Il 30 marzo, a pochi giorni dalla Pasqua, abbiamo diffuso in esclusiva su il Fatto Quotidiano una nuova indagine, realizzata all’interno di un macello di agnelli. Forti immagini, ottenute sotto copertura, sono riuscite a far breccia in questi luoghi costruiti nelle periferie delle nostre città, volutamente occultati alla nostra vista. Con grande coraggio, attivisti di Essere Animali hanno filmato l’intero ciclo di macellazione di questi animali, documentando una strage che nelle settimane che precedono la Pasqua si intensifica: solo in Italia nel 2014 sono stati uccisi 400.000 agnelli e capretti. Le nostre telecamere hanno mostrato: • comportamenti rudi degli addetti, che afferrano gli agnelli per le zampe e li spostano bruscamente, causando ulteriori gravi sofferenze. • cuccioli impauriti che assistono impotenti alla morte dei loro simili, storditi e sgozzati di fronte ai loro occhi. Questi animali di pochi mesi di vita vengono uccisi in serie e incappano anche nella brutalità e nella trascuratezza degli operatori, desensibilizzati di fronte alla routine di un lavoro per definizione violento. Nell’articolo uscito su il Fatto Quotidiano scritto da Tamara Mastroiaco una dichiarazione dell’etologo Danilo Mainardi non lascia dubbi su quanto questi animali percepiscono ciò che li circonda: «Tanto più un animale è sociale – e le pecore lo sono – tanto più sarà sviluppato il suo sistema di comunicazione delle emozioni, soprattutto le più comuni: rabbia, paura, desiderio o gioia». Negli ultimi anni il settore ovicaprino, grazie alle campagne animaliste, ha registrato una forte diminuzione della richiesta di carne di capretto e di agnello. Con questa investigazione vogliamo contribuire a sensibilizzare le persone e contribuire effettivamente a fermare questa tradizione. Il video ha ottenuto un’eccezionale divulgazione ottenendo 135.000 visualizzazioni, 9.000 condivisioni su Facebook e oltre 1000 commenti generando un forte dibattito tra l’opinione pubblica.

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DOSSIER

UNA STRAGE DA FERMARE macellazione agnelli e capretti in Italia

2005 / 7 milioni 2010 / 6 milioni 2013 / 3 milioni Nel 2015 circa 400mila capretti e agnelli sono stati macellati prima della Pasqua, con un ennesimo calo di richiesta rispetto agli anni precedenti e ben il 58% degli italiani che si sono detti contrari a portare l’agnello in tavola. Secondo fonti Istat e stime Ismea, il settore è in forte crisi per vari motivi: • forte calo dei consumi, dovuto anche a una maggiore sensibilità; • scarsa redditività degli allevamenti con progressivo invecchiamento degli

allevatori e assenza di un ricambio generazionale; • competizione dell’utilizzo del suolo per colture più remunerative, come i

cereali. Pisa - 4 aprile Flash mob alla Torre di Pisa per una #PasquaSenzaSangue Sotto la Torre abbiamo ‘liberato’ un gregge di agnelli. 50 sagome, simbolo di tutti gli agnelli e capretti che ancora cuccioli vengono strappati alle loro madri per essere uccisi nei macelli. Un’azione semplice ma efficace, uscita sui media nazionali.

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LE PELLICCE NASCONO IN CAMERE A GAS A inizio anno abbiamo diffuso nuove immagini dagli allevamenti di visoni italiani. Ancora una volta, il nostro team investigativo è riuscito ad entrare con le sue telecamere in luoghi ritenuti inaccessibili, per documentare la triste realtà degli allevamenti di visoni in Italia. Questa nuova indagine segue e completa il filmato ‘Morire per una pelliccia’, diffuso nel 2013, che aveva esposto per la prima volta al grande pubblico l’esistenza di questi luoghi in Italia e denunciato la drammatica esistenza degli oltre oltre 170.000 visoni che ogni anno qui vengono fatti nascere per essere uccisi e scuoiati dopo pochi mesi di vita. Con questo nuovo breve video, frutto di settimane di appostamenti con l’utilizzo di telecamere nascoste, abbiamo voluto mostrare all’opinione pubblica in tutta la sua crudezza dove nasce davvero una pelliccia: non nelle vetrine dei negozi, né all’interno delle industrie o dei laboratori che lavorano questi indumenti ma ancor prima nelle piccole gabbie degli allevamenti, dove gli animali attendono il giorno della loro uccisione, quando saranno soffocati uno ad uno in vere e proprie camere a gas. Le immagini mostrano animali afferrati per la coda, brutalmente scrollati e anche catturati con un collare rigido a strozzo dall’addetto alla selezione, prima di essere gettati nella camera gas e uccisi per farne pellicce. Comportamenti che hanno generato ulteriori ed evitabili sofferenze ai visoni, confermate anche dal parere di medici veterinari. Per questo, abbiamo provveduto a denunciare per maltrattamento di animali (art. 544-ter c.p.) l’operatore dell’allevamento di Fiesso D’Artico (VE) filmato dalle nostre telecamere nascoste e chiesto il sequestro preventivo degli animali presenti nella struttura. Queste immagini sono state viste da milioni di persone al Tg1 e su Corriere.it. Come con tutte le nostre investigazioni, abbiamo raggiunto l‘obiettivo di ottenere la maggiore eco mediatica, per mantenere viva l’attenzione sulla campagna Visoni Liberi. Con le nostre indagini cerchiamo di sensibilizzare le persone e fare pressione per alimentare un dibattito pubblico che spinga Governo e Parlamento all’approvazione urgente di una legge che vieti questa crudele pratica, come già accaduto in 6 paesi europei (altri hanno posto restrizioni tali da costringere alla chiusura gli allevamenti presenti). Se vuoi saperne di più sulla campagna e aiutarci a diffonderla, visita il sito visoniliberi.org

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L E NO S T R E CA M PA G N E

AD ANTEGNATE PER DIRE NO ALL’ALLEVAMENTO DI VISONI Nel pomeriggio di sabato 7 febbraio in centinaia abbiamo manifestato in centinaia per dire NO ad un nuovo allevamento di visoni ad Antegnate (BG) e per chiedere l’abolizione di questa pratica su tutto il territorio nazionale. Con cartelli e striscioni, abbiamo marciato in corteo dalla cascina alla periferia di Antegnate dove sono accatastate le gabbie in cui alcune centinaia di visoni sarebbero stati rinchiusi senza alcuna autorizzazione amministrativa e nonostante l’espressa diffida del sindaco. Un progetto che sembrava essere stato ritirato lo scorso anno dopo le proteste animaliste ma che l’allevatore ha comunque deciso di portare avanti, nonostante il rifiuto da parte del Comune. Nel campo adiacente la cascina dove sorge questo allevamento abusivo, abbiamo composto con dei cartelli un’enorme sagoma di visone visibile dell’alto insieme alla scritta “VISONI LIBERI”. Una foto simbolo di come l’unione di molti possa realizzare qualcosa di veramente importante, di come attraverso una grande partecipazione raggiungeremo l’ABOLIZIONE di tutti gli allevamenti di animali da pelliccia. Ogni progetto di un nuovo allevamento di visoni viene osteggiato dalla popolazione e dalle amministrazioni locali e vi sono continue proteste per impedirne la realizzazione. Con due allevamenti proposti, la bassa bergamasca è diventata luogo simbolo di una battaglia nazionale che per risolversi dovrebbe vedere l’intervento diretto del Parlamento.

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A MILANO LA PRIMA VIDEO.MOB PER DIRE STOP PELLICCE Un pomeriggio di fine novembre 2014 nel centro di Milano si sono illuminati 50 tablet in contemporanea, a mostrare in diversi punti del centro il dramma vissuto ogni giorno dagli animali uccisi per farne pellicce. Si è trattato della prima video-mob in Italia, in difesa dei visoni (e non solo), organizzata per fare informazione e per chiedere ancora una volta la chiusura di tutti gli allevamenti italiani, dove proprio in quei giorni oltre 170.000 animali attendevano la morte. Un’iniziativa che ha svelato il dolore che si nasconde dietro le quinte di questo indumento, oggi proposto spesso anche sotto forma di “inserto” in giubbotti e altri capi d’abbigliamento o accessori. Molta la curiosità dei passanti, con più di 2.000 volantini distribuiti in meno di un’ora. L’azione è inoltre stata diffusa online da La Repubblica e Quotidiano.net dove ha avuto migliaia di visualizzazioni. Le immagini diffuse sui tablet degli attivisti mostravano i visoni rinchiusi nei pochi allevamenti rimasti attivi in Italia e sono tratte dal documentario “Morire per una pelliccia”, diffuso nel 2013. Grazie a un lavoro durato oltre 18 mesi che ha richiesto telecamere nascoste e infiltrati, abbiamo mostrato al pubblico italiano per la prima volta la vita in gabbia e la morte nelle camere a gas dei piccoli mustelidi. L’iniziativa è stata ripetuta un mese dopo anche a Bologna, registrando anche in quel caso grande interesse tra il pubblico e attenzione sui media.

DEPOSITATE OLTRE 130.000 FIRME IN PARLAMENTO Il 17 giugno abbiamo consegnato alle commissioni di Camera e Senato del Parlamento italiano le firme per chiedere la discussione di una delle tre proposte di legge che vietano l’allevamento di animali da pelliccia nel nostro paese così come avvenuto in altri stati europei. Divieto al quale è favorevole oltre il 90% degli italiani (vedi box Rapporto Eurispes 2015). 132.437 persone hanno firmato questa petizione, sia online che ai nostri tavoli informativi allestiti in tutta Italia, chiedendo con noi di rendere illegale questa crudele pratica. Già nel novembre 2013 avevamo depositato altre 70.000 firme, raccolte in pochi mesi dopo la pubblicazione dell’investigazione “Morire per una pelliccia”. Ci auguriamo che adesso il Governo scelga di ascoltare le oltre 130.000 persone che hanno sottoscritto la nostra richiesta, piuttosto che continuare a voler fare gli interessi di pochi allevatori. Ringraziamo tutte le persone che hanno firmato, diffuso la petizione online e organizzato i tavoli di raccolta firme nelle loro città. La consegna delle firme è stata solo una tappa della campagna Visoni Liberi, che adesso prosegue: continueremo a protestare, a far conoscere la verità e a metterci in campo in prima linea finché il massacro di oltre 170.000 animali ogni anno sarà abolito.

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L E NO S T R E CA M PA G N E IL RAPPORTO EURISPES 2015 CERTIFICA L’EFFICACIA DEL NOSTRO ATTIVISMO Ogni anno il Rapporto Italia dell’Eurispes fotografa le visioni degli italiani su molti temi di economia, politica, attualità ed etica. Per quanto riguarda gli animali, il documento del 2015 evidenzia due segnali particolarmente positivi legati alle campagne nazionali che stiamo portando avanti. Un aumento di ben il 13% degli italiani che chiedono di equiparare gli equidi agli animali d’affezione e vietarne la macellazione rispetto al dato del 2014, risultato che arriva dopo la diffusione sui principali media italiani della nostra investigazione Viaggi Senza Ritorno e le seguenti iniziative di sensibilizzazione. Ma anche il raggiungimento di un davvero significativo 90,7% di persone che vorrebbero la chiusura degli allevamenti di visoni (+ 5,2%). Questi risultati sono chiari segnali che le immagini diffuse sui media attraverso le nostre investigazioni e tutte le numerose iniziative correlate stanno sortendo un effetto notevole. In aumento anche gli italiani contrari alla sperimentazione animale (87%), alla caccia (78,8%), all’utilizzo di animali nei circhi (68,3%) e negli zoo (53.3%). Tirando le somme, i temi dei diritti animali trovano sempre più sostenitori e il lavoro nostro e di altre associazioni sta creando un concreto cambiamento sociale, da cui non può che derivare anche un cambiamento nelle scelte personali e, c’è da sperarlo, in quelle istituzionali.

BOLOGNA, 1 MARZO - Con un’eclatante protesta abbiamo simulato la morte per soffocamento dei visoni allevati per la loro pelliccia, uccisi nelle camere a gas dopo essere stati rinchiusi tutta la vita in piccole gabbie. Con questa azione, realizzata sotto le Due Torri, abbiamo dato nuova spinta al messaggio #IOSTOCONIVISONI a pochi giorni dalla pubblicazione della nuova investigazione sul drammatico momento della loro uccisione negli allevamenti italiani. Il video di questa azione è stato pubblicato sul Corriere.it e ha raggiunto quasi 600.000 visualizzazioni su facebook.

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Insieme a LAV e Basta Delfinari stiamo lottando per far chiudere questa prigione Il Delfinario di Rimini ha aperto nuovamente al pubblico a fine marzo con 3 leoni marini chiamati ad esibirsi in spettacoli che crediamo non abbiano più ragione d’esistere. Si tratta della seconda stagione con questi animali, dopo il sequestro dei 4 delfini nel settembre 2013 e dopo che il Ministero ha definitivamente negato alla struttura la licenza necessaria per poter detenere i tursiopi. La proprietà del Delfinario afferma che è tutto in regola, perché le vasche dove vivono i leoni marini sono considerate come acquario con licenza di “spettacolo viaggiante” concessa da Comune e ASL e solo per i delfini è richiesta la licenza di “giardino zoologico” negata dal Ministero. Un escamotage, insomma. Noi non ci stiamo e per questo ci siamo mobilitati assieme a Basta Delfinari e LAV organizzando ben tre proteste contro

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il delfinario, la prima proprio nel giorno dell’inaugurazione. Con le mani blu abbiamo rappresentato il colore del mare, unica vera casa per gli animali che sono rinchiusi nelle piccole vasche del Delfinario: La loro casa è il mare non certo un luogo artificiale in cui non potranno mai soddisfare pienamente le loro esigenze etologiche, esibiti in spettacoli che non hanno nulla di didattico, criticati da numerosi esperti perché diseducativi. Sabato 9 maggio abbiamo manifestato ancora una volta, a pochi giorni dal processo al legale rappresentante della società che gestisce la struttura, esponendo gigantografie raffiguranti questi animali liberi nel loro habitat naturale. Inoltre, abbiamo utilizzato alcuni risciò per rendere itinerante il messaggio #NODELFINARIO in tutto il lungomare riminese. L’ultima protesta si è svolta sabato 8 agosto. Questa ultima volta abbiamo scelto di parlare con i tanti turisti, ma anche con i cittadini riminesi, per informarli di cosa si cela dietro gli spettacoli con animali, lanciando il messaggio che gli animali non

sono i nostri clown e non dovrebbero essere utilizzati in questi spettacoli. In natura, i leoni marini raggiungono i 40 km/h e cacciano anche per 30 ore consecutive. Anche se nati in cattività, questi animali sono condannati a vivere in piccoli spazi artificiali, considerati come dei pagliacci da addestrare per una discutibile forma di divertimento che invece veicola un messaggio sbagliato, perché disconosce le privazioni inferte a questi animali. Animali sottoposti a dure sessioni di addestramento con il metodo della deprivazione alimentare (l’animale viene nutrito solo se esegue l’esercizio) e privati della dignità, esposti a rumori assordanti, stimoli e costrizioni che mai subirebbero nel loro habitat naturale. Si tratta di spettacoli diseducativi che anche un numero crescente di psicologi ed educatori per l’infanzia considerano nocivi, che invece di incentivare il rispetto verso le altre specie veicolano un messaggio di negazione della sofferenza altrui. Proprio per questo, abbiamo la certezza che presto saranno definitivamente aboliti e ci battiamo per accelerare questo momento.


L E NO S T R E CA M PA G N E

UN MESSAGGIO IN MEZZO AL MARE A metà luglio, nel pieno della stagione turistica, abbiamo realizzato un’azione innovativa per protestare contro gli spettacoli con animali che ancora vengono realizzati al Delfinario di Rimini. Solo 150 metri separano il mare dalle tre otarie rinchiuse al Delfinario. Le immagini, riprese dall’alto con l’aiuto di un drone, mostrano le ridicole dimensioni delle vasche in confronto alla vastità del mare proprio lì di fronte, dove a qualche decina di metri di distanza dalla riva abbiamo posizionato dei cartelli con il messaggio LA LORO CASA È IL MARE – NO DELFINARIO. Poco importa se l’Adriatico non è l’habitat di questi mammiferi marini: ciò che vogliamo denunciare è il ‘non senso’ di questi spettacoli che causano costrizioni e sofferenza agli animali, nati per essere liberi ed invece rinchiusi a vita in piccole vasche come quella del delfinario di Rimini. Costringere un animale, anche se nato in cattività, a vivere per sempre in pochi metri quadrati in un ambiente artificiale è una forma di crudeltà. I delfinari e circhi d’acqua causano sofferenze invisibili ai nostri occhi e, dietro alla maschera di strutture scientifiche e didattiche, alimentano un business che giova solo ai proprietari di queste strutture.

IL PROCESSO AL DELFINARIO DI RIMINI Il 7 maggio è iniziato il processo al legale rappresentante della società che gestisce il delfinario di Rimini e alla veterinaria responsabile della custodia e della somministrazione dei farmaci con l’accusa di maltrattamento di animali, ai sensi degli articoli 544 ter, comma I e II, e 727 del Codice Penale. La vicenda giudiziaria è conseguente al sequestro di quattro delfini dal naso di bottiglia nel settembre 2013, un’operazione attuata per la prima volta in Europa, confermata anche dalla Cassazione e dovuta alle numerose criticità riscontrate nella struttura, in particolare l’assenza di riparo dal sole e dalla vista del pubblico, la carenza di un adeguato sistema di raffreddamento e di pulizia dell’acqua, nonché l’utilizzo di vecchie vasche di contenimento irregolari, non adatte a consentire un adeguato movimento dei tursiopi e a garantirne la salute fisica e psichica, costringendoli ad una convivenza coatta nel gruppo sociale dove erano inseriti. Il decreto di citazione a giudizio riporta che gli imputati sottoponevano i 4 delfini sequestrati a comportamenti insopportabili per le loro caratteristiche etologiche e quindi incompatibili per la loro natura, anche sottoponendoli a trattamenti idonei a procurare un danno alla salute degli stessi con conseguenti gravi sofferenze. Siamo stati presenti alla prima udienza, richiedendo di essere ammessi come parte civile in virtù del nostro impegno nel seguire la vicenda. A causa di un vizio procedurale, il giudice ha dovuto rinviare l’apertura del dibattimento a fine gennaio 2016. 13


FUORI DALLE GABBIE Salvare alcuni animali dagli allevamenti intensivi in cui sono prigionieri pone fine alle loro sofferenze e dà loro possibilità di vivere appieno la propria vita. Ma non solo, ogni animale che viene salvato diventa ambasciatore di tutti gli altri e portavoce della loro condizione di sfruttamento. Ognuno di loro è una realizzazione del mondo libero che vogliamo costruire. Per questo abbiamo deciso di compiere e rivendicare pubblicamente alcune liberazioni. Noi le consideriamo un gesto di disobbedienza civile, che speriamo possa contribuire ad un dibattito etico e politico, perché va contro leggi ingiuste che considerano esseri viventi solo come una proprietà, senza diritti, senza possibilità di scelta. Diamo a tutti loro un nome. Questo è un modo diretto per dimostrare che non sono più numeri o parte di una anonima moltitudine, ma individui, ognuno con la sua personalità e la propria storia a lieto fine da raccontare. Degli animali che liberiamo ci prendiamo cura e li manteniamo presso strutture adeguate. Ne seguiamo la crescita e condividiamo la loro gioia di essere lontano dalle gabbie e dal macello, ormai tristi ricordi o minacce sventate e mai conosciute. I loro sguardi e la loro gioia di vivere ci danno la carica per continuare a lottare per tutti gli altri, quelli che non abbiamo potuto aiutare e quelli che non abbiamo mai incontrato. Vuoi aiutarci nel mantenimento di questi animali e a salvarne molti altri? Puoi farlo diventando socio di Essere Animali. Senza il vostro contributo niente di tutto questo è possibile!

Palla e Lana due agnelline fortunate Quest’anno abbiamo deciso di festeggiare la Pasqua in un modo speciale: dando la libertà a due piccoli agnelli. Poco prima del periodo della macellazione siamo entrati di notte in una stalla dove erano stipate centinaia di pecore e abbiamo preso con noi due cucciole: Palla e Lana.

Palla

Lana

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Lana era molto magra e debole. Probabilmente nata da un parto gemellare. Se non l’avessimo presa e curata forse sarebbe finita come i piccoli che abbiamo trovato morti in quella buia stalla. Abbiamo spesso temuto per la sua possibilità di resistere, ma con l’aiuto prezioso di veterinari e tutto il nostro impegno siamo riusciti a farla rinascere e diventare grande, allegra e forte, con un carattere da vera rompiscatole. Possiamo davvero dire di averla salvata due volte! Palla invece fin da subito è stata in salute, ma un po’ più riservata e pacata. Un carattere da “sorella” maggiore insomma. Adesso Palla e Lana dividono un bellissimo terreno e ricevono amorose cure. Ogni loro momento di gioco è per noi fonte di gioia, ma ci ricorda anche ciò da cui sono scampate e l’impegno necessario per fermare la tradizione violenta di uccidere agnelli a Pasqua.


I NO S T R I S A LVA T A G G I

Altair, Deneb e Albireo - tre polletti n libertà Era una fredda sera di maggio ed eravamo impegnati in un’investigazione all’interno di un allevamento intensivo di polli. Decine di migliaia in ogni capannone, a formare una enorme distesa di corpi bianchi. Cercavamo di farci strada scavalcando gli animali ed è stato lì che abbiamo trovato Altair, sdraiato e immobile come fosse morto. Solo dopo un po’ ci siamo accorti che respirava, anche se a fatica. L’abbiamo preso con noi, per dargli una possibilità di salvarsi. E verso la libertà se ne sono venuti anche due fratelli, che sono usciti con noi da quel luogo senza tempo e dall’aria irrespirabile. Altair con le giuste cure si è ripreso e con i suoi due fratelli Deneb e Albireo ha iniziato una nuova vita. Sono diventati grandi e forti e hanno condiviso un bel prato con gatti e conigli. Gli abbiamo dato i nomi di tre stelle, perché la libertà ha dato loro modo di brillare, come dovrebbe essere per ogni animale. Purtroppo dopo qualche settimana Altair ci ha lasciati. Il suo fragile corpo, creato come gli altri da incroci e selezioni, non era adatto a vivere a lungo.

5 polli salvati in extremis! Sono molto frequenti gli incidenti stradali che coinvolgono i camion per il trasporto di animali. Molti di loro muoiono schiacciati. Ma ci sono dei casi in cui la tragedia si trasforma in speranza. È successo a luglio su una superstrada della Vallesina, in provincia di Ancona. Un camion di polli si ribalta, viene chiusa la superstrada e la notizia gira subito sui giornali locali. Appena saputo siamo corsi a vedere. Nessuna traccia dei polli, solo tante piccole piume ai lati della carreggiata. Ma quattro giorni dopo decidiamo di tornare. Stavolta riusciamo a raggiungere il punto preciso dell’incidente. E tra i corpi straziati e i cadaveri già ricoperti di vermi notiamo subito 3 polletti ancora vivi, stretti gli uni agli altri. Inermi, feriti, affamati. Raggiungerli tra rovi e canneti è difficilissimo, ma alla fine ci riusciamo. Li prendiamo in braccio e li portiamo in macchina. Poi sentiamo ancora pigolare e ne vediamo un altro. Si fa buio, dobbiamo andarcene. Il giorno dopo torniamo e riusciamo a trovarne ancora un altro in vita, l’ultimo. Questi 5 piccoli sopravvissuti che hanno resistito ad un incidente e a giorni senza acqua e cibo adesso si meritano davvero una vita serena e felice!

Corro per gli animali Il nostro amico Manuel Comandini è un vegan runner che ha deciso di correre, pedalare e nuotare per 326 km in due degli eventi sportivi più impegnativi del 2015 e di farlo a sostegno proprio di tutti gli animali da noi salvati. Con il sostegno di molti tra voi Manuel ce l’ha fatta e siamo riusciti a raccogliere la cifra di 3260 euro! «Vorrei ringraziare di cuore chiunque abbia contribuito al raggiungimento di questo fantastico traguardo. Personalmente ho dato tutto me stesso per raggiungere i miei obiettivi sportivi, ho messo cuore e corpo per avverare i miei sogni. Sono orgoglioso di aver aiutato attivamente queste sei anime animali finalmente libere e serene. Grazie ancora di cuore a tutti, siete stati la mia forza!» Un applauso a Manuel per il suo straordinario risultato, sportivo e umano! 15


Expo 2015 In azione a Milano per dire che il futuro è vegan Expo2015 si è presentato come un momento di riflessione sul cibo del futuro, ma questo è impossibile senza ripensare completamente il modo in cui oggi viene prodotto questo cibo e senza ripensare soprattutto il rapporto che abbiamo con le altre specie animali, considerate come oggetti e trattate in modo ingiustificabile negli allevamenti e nei macelli. Per attirare l’attenzione sul problema dello sfruttamento degli animali e sui gravi danni causati all’ambiente dagli allevamenti intensivi, siamo entrati in azione nel pieno centro di Milano. Grazie a un potente proiettore, abbiamo scritto sul Duomo, sul Castello Sforzesco e sul Pirellone “Per nutrire il pianeta il futuro è vegan“. Tre dei principali simboli della città hanno fatto da sfondo ad un messaggio che nella sua semplicità può davvero cambiare il mondo e la società. Expo parla infatti di nutrire il pianeta e di energie per la vita, ma non mette minimamente in discussione un sistema di produzione di cibo che ogni anno costa la vita a 50 miliardi di animali e che ha un impatto sull’ambiente fino a undici volte maggiore rispetto ad una dieta a base vegetale. La sofferenza e l’uccisione degli animali, lo spreco di risorse, di acqua o di suolo sono una diretta conseguenza della produzione di carne e degli allevamenti. In un mondo che affronta scarsità di acqua, deforestazione avanzata, inquinamento, perdita di biodiversità, fame e povertà, scegliere di alimentarsi e vivere nel modo che ha un impatto minore non è più una scelta personale, ma diventa un dovere collettivo. Non è un caso che eminenti scienziati e perfino organizzazioni come la FAO invitino a scegliere un’alimentazione priva di prodotti animali per ridurre l’impatto sul pianeta. Sempre più persone nel mondo si stanno avvicinando alla scelta di una alimentazione che è ormai considerata anche dai nutrizionisti come altamente salutare. Il cibo del futuro, se vogliamo che davvero sia sostenibile ed etico, può solamente essere quello vegan.

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IL NOSTRO IMPEGNO PER SALVARE GLI ANIMALI DI GORGONA Con noi migliaia di cittadini e personalità del mondo giuridico, della cultura e dello spettacolo. Gorgona è una piccola isola dell’arcipelago toscano che ospita un istituto penitenziario negli ultimi anni oggetto di un importante luogo di sperimentazione. Qui infatti, grazie al veterinario omeopata Marco Verdone, è iniziato un progetto di cui hanno beneficiato sia i detenuti, che vivono all’aperto molte ore al giorno e lavorano in un’azienda agricola, sia gli animali allevati. Un esempio? La stesura di una ‘Carta dei Diritti degli Animali di Gorgona’ e, una su tutte, la storia della maialina Bruna, salvata in punto di morte dal macello grazie ai bimbi di una scuola per l’infanzia di Livorno, curata e poi ospitata sull’isola con tanto di simbolico ‘provvedimento di grazia’ che la salva dalla macellazione, emanato dal direttore del carcere di Gorgona. Ma la recente decisione dell’Amministrazione Penitenziaria di bandire una gara per esternalizzare le attività produttive, dando così in gestione a un soggetto privato anche gli animali, mette a rischio non solo la vita di Bruna, ma tutto il ‘Progetto Gorgona’, un’esperienza che lo stesso Governo si è impegnato a valorizzare. Così ci siamo subito attivati e assieme a LAV abbiamo prima lanciato una petizione diretta al Ministro della Giustizia, firmata in pochi giorni da oltre 6000 persone e poi diffuso un’importante Appello indirizzato alle massime cariche dello Stato e sottoscritto da Stefano Rodotà, Licia Colò, Sveva Sagramola, Susanna Tamaro, Erri De Luca ed altri professionisti operanti in diversi ambiti, ma uniti nel chiedere con noi di proseguire in questo percorso e sospendere le uccisioni di tutti gli animali di Gorgona.


E S S E R E AN I M A L I I N A Z I ON E

Organizziamo in maniera continua azioni comunicative, proteste, conferenze ed altri eventi. Dai più semplici presidi informativi, passando per cortei, azioni dimostrative e fino ad arrivare alle liberazioni di animali e alla disobbedienza civile, utilizziamo

P R I M A E D I Z I ON E D E L P R E M I O F E L I C E Hanno vinto i bambini e gli animali

Prima edizione di un concorso che abbiamo organizzato per inaugurare un’attività formativa rivolta ai più piccoli e allo stesso tempo aiutare i rifugi che ospitano animali salvati. Sono 100 i bambini e i ragazzi che da tutta Italia hanno inviato racconti con a tema gli animali, grazie a tutte le scuole e le famiglie che hanno contribuito a diffondere questo progetto. Ma chi è Felice e in cosa consiste questo concorso? Felice è un cane di 13 anni adottato da Sergio, Daniela e dalla loro bambina Linda da uno dei peggiori canili dell’Emilia Romagna. Impossibile descrivere in poche parole ciò che ha passato questo cagnolino spelacchiato e l’incredibile storia, densa di amore, comprensione e pazienza che lo ha portato oggi ad essere veramente Felice, di nome e di fatto. E’ il riscatto da un destino che sembrava già segnato e che ci fa sperare che un simile lieto fine sia un giorno alla portata di tutti gli animali maltrattati e sfruttati. I vincitori del Premio Felice 2015: Valerio Bertini (3 anni e mezzo) e Daria Langella e Morena Langella (10 e 7 anni). Puoi leggere i racconti su: essereanimali.org/2015/09/vincitori-del-PremioFelice Il 26 settembre, in occasione di una visita guidata abbiamo donato 1.500 euro al santuario PorciKomodi gestito dall’associazione Vitadacani Onlus. Ai piccoli vincitori oltre all’occasione di visitare il rifugio abbiamo donato un kit di materiale di Essere Animali, il libro ‘Senza parole’ di Roger Olmos e una selezione di libri per bambini di Edizioni Sonda.

ogni modo che possa scalfire il silenzio nel quale gli animali vengono ridotti a prigionieri e uccisi. In queste pagine c’è solo una piccola parte del nostro attivismo condotto negli ultimi mesi.

PARTECIPA CON NOI Sapere delle nostre iniziative è molto facile, iscriviti alla newsletter dal nostro sito: essereanimali.org/newsletter I NOSTRI GRUPPI Milano milano@essereanimali.org Bologna bologna@essereanimali.org Ancona ancona@essereanimali.org Bari bari@essereanimali.org Brescia brescia@essereanimali.org

VIVERE VEGAN: LA SCELTA

Firenze firenze@essereanimali.org

A Firenze, un grande evento in collaborazione con Progetto Vivere Vegan Dal 14 al 28 aprile una bellissima e toccante mostra è stata allestita in un luogo prestigioso come la Galleria delle Carrozze di Palazzo Medici Riccardi. Buona parte di questa mostra era formata dalle immagini scattate dal nostro team investigativo dentro allevamenti e macelli italiani. L’iniziativa, che ha visto anche molti eventi collaterali tra conferenze e proiezioni, ha avuto per due settimane un costante e notevole flusso di pubblico, creato dibattito sui media e raggiunto migliaia di persone con immagini, stimoli e informazioni. Avevamo delle buone aspettative, ma il successo è andato ben oltre, dimostrando ancora una volta che la questione animale e la scelta vegan non sono più argomenti di nicchia, ma uno dei grandi temi sociali che l’umanità dovrà affrontare in questo secolo. 17


S C E L T E CON S AP E V O L I Biscotti integrali al cacao e nocciole UNA RICETTA DA SETTIMANAVEG

2015

I NUMERI DIETRO UN GRANDE SUCCESSO La Settimana Veg 2015, giunta quest’anno alla seconda edizione, ha riscosso un successo oltre ogni aspettativa: ben 13.500 le persone che si sono cimentate con un menù settimanale curato in esclusiva per Essere Animali da 7 noti chef e food-blogger, contenente ricette semplici e gustose senza crudeltà, perché prive di ingredienti di origine animale. Grande risultato anche sui social network per l’hashtag #SettimanaVeg2015 e tasso di soddisfazione tra i partecipanti che ha addirittura toccato il 93%!

220 gr di farina tipo 2 30 gr di cacao amaro 70 gr di nocciole 70 gr di zucchero mascobado 1 c di lievito vegan per dolci (cremor tartaro) 140 ml di olio EVO 80 ml di latte di riso 1 pizzico di sale Frulla le nocciole in un robot da cucina fino a renderle una polvere. Versa tutti gli ingredienti secchi in una ciotola e mescola bene con una frusta. Aggiungi gli ingredienti liquidi e impasta fino ad ottenere un impasto morbido e fragile. Avvolgi l’impasto in pellicola da cucina e lascia riposare per almeno 40 minuti. Stendi l’impasto alto circa 1/2 cm e ritaglia dei biscotti. Puoi aiutarti con una forchetta per decorare la parte superiore di ogni biscotto (vedi foto). Metti i biscotti su una teglia coperta da carta da forno e cuoci in forno ventilato a 160° per 20 minuti circa. Lascia raffreddare completamente i biscotti su una griglia. IL CUOCO: MANUEL MARCUCCIO

Al termine, abbiamo proposto a chi aveva scaricato il ricettario un sondaggio, per capire quanti avessero portato a termine l’impegno per l’intera settimana e per comprendere le motivazioni che li avevano spinti ad avvicinarsi a questa esperienza. È emerso che un terzo dei partecipanti seguivano un’alimentazione vegetariana e in tantissimi già erano interessati ad eliminare la sofferenza animale dalla propria dieta. Dopo aver sperimentato una settimana 100% vegan, il 90% degli intervistati ha dichiarato che intende impegnarsi ad eliminare i derivati animali dalla propria alimentazione o almeno a ridurli e la maggioranza assoluta ha indicato la sofferenza degli animali come motivazione prevalente. Chi per il momento non intende cambiare indica nella praticità l’ostacolo principale (41%), seguita dalla pressione sociale (24%) e scelta economica (20%). Interessante osservare che la salute è vista come preoccupazione prevalente da appena il 14% degli intervistati, segno che l’informazione di qualità ha scardinato i falsi miti intorno all’alimentazione vegan, facendo emergere le problematiche più concrete, come la praticità di reperire alternative vegan e le pressioni sociali. Nel complesso, cogliamo da questi dati l’esistenza di un interesse sincero verso la scelta vegan, che ci spingerà a replicare la SettimanaVeg anche nei prossimi anni, per dare un aiuto in più a superare lo scoglio del come cambiare alimentazione, che purtroppo frena molti dopo aver scoperto il

perché farlo. 18

Manuel Marcuccio è autore e ideatore del blog di ricette UNO cookbook unocookbook.com


PA R O L E P E R R I F L E T T E R E

C arnismo : l ’ ideologia del mangiare animali di Melanie Joy

Il Carnismo è l’invisibile sistema di opinioni, o ideologia, che ci condiziona a mangiare certi animali. Il Carnismo è l’opposto del veganismo, tendiamo a pensare che solo i vegani (e i vegetariani) portino le loro opinioni a tavola, ma quando mangiare animali non è una necessità, come è il caso oggi nella maggior parte del mondo, allora diventa una scelta - e le scelte nascono sempre da opinioni. L’unica ragione per cui la maggior parte di noi mangia maiali e non cani è perché quando si tratta di mangiare animali noi seguiamo un sistema di valori. Però, la maggior parte di noi non si accorge che quando mangiamo animali stiamo in effetti facendo una scelta. Quando cresciamo, formando la nostra identità e in nostri valori, nessuno ci chiede se vogliamo mangiare animali, come ci sentiamo a mangiarli, se crediamo nel mangiare animali. Mangiare animali viene dato per scontato; è il modo in cui le cose stanno. E siccome il carnismo opera al di fuori della consapevolezza, ci deruba della possibilità di fare scelte liberamente - perché senza consapevolezza, non c’è alcuna libera scelta. Il Carnismo è un’ideologia violenta; la carne non può essere prodotta senza uccidere e la produzione di uova e latticini infliggono incredibile dolore agli animali. E il Carnismo va controcorrente rispetto ai valori centrali dell’umanità, come compassione e giustizia. Così il Carnismo, come altre ideologie violente, deve usare una serie di meccanismi di difesa sociali e psicologici che distorcono i nostri pensieri e anestetizzano i nostri sentimenti, in modo da farci agire contro i nostri valori senza farci realizzare completamente cosa stiamo facendo. In breve, siccome proviamo naturalmente empatia verso gli animali e non vogliamo che soffrano, ma nonostante questo li mangiamo, il carnismo ci deve fornire una serie di strumenti per scavalcare la nostra coscienza e farci sostenere un sistema violento a cui altrimenti ci opporremmo. La difesa primaria del carnismo è la negazione: se come prima cosa neghiamo che esista un problema, non dovremo far nulla per risolverlo. E la negazione viene espressa attraverso l’invisibilità; il carnismo rimane invisibile non venendo mai nominato di modo che mangiare animali venga visto come dovuto e non come una scelta, un atto imparziale e non una pratica ideologica.

Di più, le vittime del sistema vengono tenute lontano dalla vista e quindi comodamente fuori dalla coscienza pubblica. Un’altra difesa del Carnismo è la giustificazione; quando l’invisibilità cessa di funzionare dobbiamo avere a disposizione buone ragioni per continuare a mangiare esseri viventi. Il Carnismo ci insegna quindi a giustificare il mangiare animali insegnandoci a credere che i miti della carne, uova e latticini sono i fatti riguardo carne, uova e latticini. Questi miti vengono espressi di solito con quelle che io chiamo le tre N della giustificazione: mangiare animali è normale, naturale e necessario. E questi stessi miti sono stati utilizzati per giustificare comportamenti violenti e ideologie attraverso tutta la storia umana, dalla guerra alla schiavitù fino a tutte le forme di bigottismo contro altri umani (ad es. misoginia, omofobia etc). Il Carnismo usa inoltre una serie di difese cognitive che distorgono la nostra percezione di chi paga il peso delle nostre scelte. Queste difese agiscono come meccanismo di distanziamento psicologico ed emotivo. Per esempio, il Carnismo ci porta a vedere certi animali come oggetti, così che ci riferiamo al pollo nel nostro piatto come a un qualcosa piuttosto che un qualcuno. Il Carnismo inoltre ci insegna a vedere gli animali come astrazioni, mancanti di qualunque individualità o personalità propria: un maiale è un maiale e tutti i maiali sono uguali. E come per altre vittime di ideologie violente, diamo loro dei numeri invece che dei nomi. E il carnismo ci fa mettere gli animali in rigide categorie mentali in modo da avere diverse emozioni e diverse reazioni rispetto a diverse specie: cani e gatti fanno parte della famiglia, polli e mucche sono cibo. Ma la buona notizia è che quando si diventa coscienti delle difese carniste, esse perdono molto del loro potere su di noi. Semplicemente con la consapevolezza, possiamo uscire dal sistema e fare delle scelte che riflettano autenticamente cosa proviamo e pensiamo, piuttosto che ciò che ci è stato insegnato a provare e pensare. Puoi leggere di più sul Carnismo e il lavoro di Melanie Joy sul libro Perché amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche edito da Sonda. 19


I L NO S T R O 2 0 1 5 I N C I F R E

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persone c h e h anno interagito con i post della nostra pagina faceboo k spettatori raggiunti tramite il T g 1 con la nostra ultima investiga z ione sui visoni visuali z z a z ioni del video di una nostra a z ione contro le camere a gas per i visoni firme consegnate per c h iedere la c h iusura degli allevamenti di animali da pelliccia volantini e pieg h evoli sullo sfruttamento degli animali distribuiti

persone h anno scaricato il ricettario della S ettimanaV eg dal nostro sito

a z ioni e attivit à informative svolte in diverse regioni italiane autobus h anno circolato per un mese a G enova con all’ esterno una nostra campagna sulla scelta vegan diverse citt à coinvolte in un solo fine settimana di tavoli informativi contro pellicce e allevamenti di visoni animali c h e abbiamo salvato da morte certa e di cui ci stiamo prendendo cura q uesto sei tu ! tutto q uesto lo abbiamo fatto e possiamo continuare a farlo solo gra z ie a te e al tuo sostegno

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Le abbiamo i ncontrate in una orribile stalla piena di cadaveri, la settimana prima di Pasqua. Grazie al nostro inter vento si sono salvate dalla morte in un macello. P A L L A e L A N A ora sono libere e f elici!


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