e AREA Sommario PA G I N A
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itinerari
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gorè
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viaggi
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intervista
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intervista
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luxury
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architettura
12 In viaggio con Salgari 18 Grotte di Pietrasecca 20 E-wast selvaggio 24 Questa è Cuba come Audry. La ragazza con le 28 Penelope idee chiare
32 Ranzie Mensah: il canto è preghiera Island Private eco-rifugio di 36 Frégate lusso
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Vitrahaus
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arte
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design
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Van De Put: avant-garde in 40 Serge recycling
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life style
Aston-Martinn Cignet
tendenze
È green la nuova frontiera della moda
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vladi polo
Kazakhstan: un “ponte” tra Europa ed Asia
golf
La squadra europea conquista la 38ª Ryder-Cup
alimentazione
Sani si cresce… sani si diventa, prevenire è meglio che curare
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gusto
Discussioni, incontri e prodotti al meeting di ristorazione collettiva
intervista Anna Oxa
macondo
Lanterna magica e film dipinto Un uomo che dorme
teatro quirino La vedova allegra
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moleskine
Beppe Grillo is back
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F focus A CURA DI
Flaminia Colonna Bereti
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Il britannico Robert Edwards è il vincitore del Nobel per la medicina 2010. Edwards è il pioniere di una tecnica, la fecondazione in vitro, che ha avuto fortissime ricadute nella società e che a partire dal 1978, anno di nascita della prima bambina in provetta, ha fatto nascere circa 4 milioni di persone in tutto il mondo permettendo a migliaia di coppie non fertili la possibilità di avere dei figli. L’infertilità colpisce il dieci
per cento delle coppie nel mondo: grazie alla fecondazione in vitro, le loro possibilità di avere figli sono una su cinque, più o meno quante quelle del concepimento naturale. La tecnica Fivet ( fertilizzazione in vitro con embryo transfer) ha un principio relativamente semplice: si tratta di fecondare in vitro un ovulo estratto dalle tube della paziente con uno spermatozoo sano, per poi reimpiantare l’embrione così ottenuto nell’utero della donna entro 72 ore. Le possibilità di gravidanza sono pari al 18% dei cicli ovulatori femminili: tre quarti di queste gravidanze arrivano al parto. La notizia che il più prestigioso dei riconoscimenti scientifici fosse stato assegnato dall’Accademia di Svezia al professore emerito dell’Università di Cambridge, che ha da poco compiuto 85 anni, è stata accolta con entusiasmo delle comunità scientifiche e politiche del mondo. In Italia invece la situazione è diversa. La Chiesa cattolica e i rappresentanti dei movimenti per la vita hanno definito le scoperte di Edwards come “aggressioni alla vita” del tutto “inaccettabili” rispetto alle quali rimangono forti “perplessità” dal punto di vista etico. Il Vaticano accetta dalla fine del 2008 la fecondazione assistita, ma considera
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moralmente illecita la fecondazione in vitro a causa del sacrificio di un numero molto elevato di embrioni. Oggi le tecniche per la fecondazione artificiale sono numerose e consolidate in svariati paesi esteri e vi si ricorre non solo per problemi di infertilità all’interno di una coppia, ma anche per evitare la trasmissione di malattie. Luise Brown, la prima bambina a nascere grazie alla Fivet, è una normalissima madre di famiglia, Eleonora Zuncheddu, 26 anni, medico, terza bambina italiana venuta al mondo grazie alle tecniche del neo Nobel, sta per diventare pediatra. In Italia la fecondazione assistita è regolata dalla legge 40 limitandone molto l’utilizzo, non consentendo di avvalersi per intero delle potenzialità aperte dalla tecnica introdotta da Edwards. Impone l’impianto nell’utero della donna di tutti gli embrioni che sono stati fecondati in vitro, aumentando di molto la percentuale di faticose gravidanze trigemellari o bigemellari e vieta la fecondazione eterologa. L’articolo quattro sancisce in Italia il divieto assoluto, punito con multe da trecento a seicentomila euro, di diventare genitori con l’ausilio del seme di un donatore o dell’ovocita di una donatrice. Mi auguro che nel nostro paese maturi una legislazione in materia di vita aderente alle conquiste della scienza e della tecnica in grado di soddisfare le legittime aspirazioni della gente e anche per rispettare il precetto biblico del “crescete e moltiplicatevi” e non condannare nessuna donna a sentirsi inadeguata.
èArea magazine pubblicazione mensile freepress Anno 2 n° 9, novembre 2010 Direttore Responsabile: Maria Laura Cruciani Direttore Editoriale: Antonio Feliziani Progetto e Direzione Esecutiva: Alessandro Coccia Coordinamento Editoriale: Stefania Ricci Consulente: Giovanna Amato Amministrazione: Cristina Meloni Editor: 3Aadvertising Registrato presso il Tribunale di Tivoli n. 20/2008 Grafica e impaginazione: IMG.ZEROUNO srl Pubblicità: Nancy Ambroglini, Claudio Maltese, Stephanie Mayer. Referente per Abruzzo ed Emilia-Romagna Emilio Patacchiola (328 33 56 354) Direzione, Redazione e Segreteria: via Montenero, 36 -00012 Guidonia (RM), 388 1185198 – 335 6156 737 – 392 9290702 estarea@gmail.com www.estarea.it Stampa: Fotolito Moggio Hanno collaborato: Francesca Agostini, Tito Barbini, Flaminia Colonna Bereti, Claudia Bena, Federazione Italiana Golf, Giusy Ferraina, Donatella Lavizzari, Promo Press Agency Daniele Mignardi, Marta Rossi, Ufficio Comunicazione Vladi Polo, Ufficio Stampa Teatro Quirino, Dr. Raffaele Vincenti, K.S., Dario Zullo. Crediti Fotografici: astonmartin.com, Tito Barbini, fregate.com, Luigi Orru, Katerine Phair, flicker.com, google.com, secondome.eu, vitra.com
Tutto il materiale cartaceo e fotografico inviato alla redazione non verrà restituito. Tutte le collaborazioni ad articoli o servizi sono considerate a titolo gratuito. La riproduzione di testi e immagini anche parziale deve essere autorizzata dall’editore.
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F finis terrae A CURA DI Tito Barbini
in viaggio con
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Fu proprio negli anni della mia infanzia che, per la prima volta, mi imbattei nel Mekong, o meglio nel suo nome, che mi riecheggiava come un suono esotico e affascinante, come il rintocco di una secolare campana di bronzo, un suono che mi piaceva sentirmi in bocca. Se ci rifletto solo un attimo di più, so anche dove avvenne questo incontro. E dove poteva essere, per un bambino del dopoguerra, in quella preistoria senza televisione e senza internet? Non poteva che accadere sui libri di Emilio Salgari. Si intitolava La città del re lebbroso e mi pare ancora di toccare quelle pagine pulsanti di emozioni. La
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spedizione nella foresta vergine, la città morta che come tutte le città morte cela il suo segreto e magari il suo tesoro, il magnifico elefante dalle zanne bianche e lunghissime. I ricordi ormai sono confusi – perché Salgari non si rilegge, piuttosto si custodisce come cosa cara la reminiscenza della sua lettura – però mi sembra che anche qui facesse capolino la maestosa tigre del Bengala.Devo a Salgari i primi assaggi di Oriente. Istantanee scattate dall’immaginazione, come quella, inquietante, del tempio della dea Khalì. Strangolatori e avventurieri, fachiri e pirati, esploratori e assassini. Nomi di una geografia fantastica che col tempo – con malinconia direi crescendo – si sono tradotti nei nomi di paesi reali: il Siam, la Birmania, la Cambogia, la Malesia. Più volte per Carnevale mi sono mascherato da pirata
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della Malesia. Costava poco, perché bastava una benda nera sull’occhio e un cappellaccio in testa. Erano anni difficili, la guerra era finita e noi, i bambini della strada e dell’oratorio, ci sentivamo grandi e responsabili, anche nel gioco. C’era l’ombra di Salgari, che si distendeva su quei giorni di Carnevale. Ma tornando a quelle letture la cosa che ora mi fa più impressione è che Salgari riuscisse a farmi entrare nei luoghi di cui scriveva, pur non avendovi mai messo piede.Il mio amico Paolo lo racconta in un suo libro, Gli occhi di Salgari, in cui ha narrato le imprese di uno scienziatoviaggiatore fiorentino,Odoardo Beccari, un uomo che ha esplorato in lungo e in largo le foreste della Malesia e le isole dei mari del Sud, facendosi amici i tagliatori di teste del Borneo o i cannibali della Nuova Guinea.
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Salgari, al contrario, quei posti non li vide mai, al massimo si imbarcò una volta per una navigazione sull’Adriatico da cui ritornò sfinito dal mal di mare e risoluto a rimanersene con i piedi ben a terra per tutto il resto della sua vita. Si faceva chiamare «capitano di lungo corso» Salgari, ma era solo una sua fantasia o un sussulto di amor proprio. Allo stesso modo girava in bicicletta per Verona con un turbante da marajà o si inventava battute di caccia alla tigre sulle colline di Torino a uso e consumo dei suoi figli. Però Salgari ha raccontato – e in questo modo ha regalato a tutti noi – il mondo che Beccari aveva visto con i suoi occhi. Occhi, mi spiega Paolo, che sono stati indispensabili perché un ragazzino come me si ritrovasse tra le mani quel mondo fantastico eppure anche
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vero in cui si dipanano le vicende di Sandokan, di Yanez, oppure di James Brooke. Oggi se penso a Salgari lo immagino inchiodato nella sua modesta abitazione, mentre intinge il pennino nella boccetta dell’inchiostro, con un atlante spalancato davanti e una nuova avventura in testa. Lo vedo alle prese con una pila di vecchi libri che narrano di paesi e popoli distanti, cronache e resoconti di viaggio scovati nelle biblioteche pubbliche, volumi di carta ingiallita e lacerata, tenuti insieme da rilegature consumate dal tempo.Era un forzato del lavoro, Salgari (posso chiamarlo Emilio?), un uomo che è passato attraverso un’infinità di sofferenze e di umiliazioni che hanno impastato una vita quotidiana non fatta certo di avventura. Sempre che avventura non
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NON POTEVA CHE ACCADERE SUI LIBRI DI EMILIO SALGARI
Photo Tito Barbini f i n i s
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fosse anche adempiere ai tremendi obblighi contrattuali con i suoi editori, solo per sbarcare il lunario. Così aveva scritto nel 1909, all’amico pittore Gamba:«La professione dello scrittore dovrebbe essere piena di soddisfazioni morali e materiali. Io invece sono inchiodato al mio tavolo per molte ore al giorno e alcune della notte e quando riposo sono in biblioteca per documentarmi. Debbo scrivere a tutto vapore cartelle su cartelle e subito spedire agli editori senza avere avuto il tempo di rileggere e di correggere». Già, i contratti lo obbligavano a scrivere tre libri ogni anno. Diciamo in tutto un migliaio di pagine in bella copia. Tre pagine ogni giorno e se una domenica voleva riposare, o se un giorno era preso dalla febbre, all’indomani le pagine da scrivere erano
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sei. Più il lavoro di direzione di un periodico di viaggi, più le novelle. Per aiutarsi cento sigarette al giorno. E una bottiglia di marsala che beveva da mattina a sera. Dopo di che si suicidò – scegliendo la fine atroce di un samurai di un’altra epoca – fu ritrovata una lettera in cui accusava i suoi editori di averlo condannato alla miseria e chiedeva loro di restituire qualcosa, per i suoi funerali e per la sua povera famiglia. Torti dimenticati, ormai. Torno a guardare Emilio e penso che alla resa dei conti la sua vita non è stata troppo diversa da quella di Odoardo, lo scienziato che si aggirò per continenti e paesi inesplorati. Beccari, il viaggiatore in carne e ossa, l’uomo mosso dall’irrequietezza, dalla smania di conoscere popoli e continenti, dalla voglia di
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toccare con mano. Salgari, il viaggiatore della fantasia, l’uomo per cui l’avventura non ha uno spazio fisico, ma solo gli orizzonti immensi che una mente, ben foraggiata dalle letture giuste, ci può regalare. Chi dei due è andato più lontano?». A questa domanda non so dare risposta. So solo che nel corso della mia vita mi sono sentito l’uno e l’altro. Sono stato e sono Emilio che con Odoardo va a braccetto, tra una chiacchiera e un gesto di stupore.
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itinerari A CURA DI redazione èArea
GROTTE DI PIETRASECCA è A R E A
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Riserva Naturale Grotte di Pietrasecca c/o Comune di Carsoli Piazza della Libertà, 1 (AQ) per prenotazioni e info 320 1715968
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La Riserva Naturale delle Grotte di Pietrasecca ha un’estensione di circa 110 ettari e cela un ambiente di rara bellezza, straordinariamente affascinante, capace di suscitare forti emozioni, permettendo avventure speleologiche irripetibili, a contatto diretto con la natura ed in totale sicurezza. L’area circostante al borgo di Pietrasecca, le cui abitazioni a strapiombo sulla roccia ne denunciano l’origine difensiva, è caratterizzata da marcati fenomeni carsici superficiali che, da sempre, hanno richiamato l’interesse della comunità scientifica. Per tale motivo, nel 1992, la Regione Abruzzo, ha istituito, primo caso in Italia, una riserva
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naturale per la tutela e la valorizzazione di un ambiente carsico. La grotta del Cervo, scoperta nel 1984, ha subito animato entusiasmi e curiosità per la sua straordinaria bellezza. L’ingresso piuttosto stretto, immette in un ampia galleria lunga circa 400 metri, caratterizzata dalla presenza di straordinarie concrezioni candide di varia forma e struttura. Deve la sua importanza al ritrovamento al suo interno delle ossa di un cervo di notevole interesse paleontologico e di monete romane del IV-V sec. d.C. In questa grotta vengono attualmente condotti studi sulla paleosismicità da parte dell’Università degli Studi dell’Aquila. L’ingresso della Grotta dell’Ovito, inghiottitoio naturale che raccoglie le acque del bacino omonimo per restituirle dopo 1300 mt nella cosiddetta risorgenza della Vena Cionca a
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Pietrasecca, immette in una larga galleria, lunga 271 mt. e alta sino a 15-20 mt. Il tracciato è caratterizzato da una suggestiva serie di stretti e piccoli laghi, separati da brevi rapide e da alcune diramazioni che introducono in ambienti con stalattiti e stalagmiti . Subito dopo ha inizio l’affascinante canyon con una successione di rapide, laghetti e cascate. Dopo un salto d’acqua di 8 metri si giunge sul vasto lago sottostante, caratterizzato da una splendida cascata, alimentata dalle acque del torrente sotterraneo. La riserva merita di essere visitata soprattutto a primavera, quando la portata della cascata È piu’ forte e le faggete intorno formano un ovattato e suggestivo tappeto verde.Raggiungerla è semplice, da Roma e da Pescara uscita A24 Carsoli-Oricola direzione Carsoli, e dunque seguire le indicazioni per Pietrasecca (10 km).
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G goré A CURA DI
Francesca Agostini
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In Ghana esiste un enorme discarica a cielo aperto, che sta avvelenando tutto il Paese a causa della tossicità prodotta dai fumi pestilenziali di plastiche, fili, e schede madri. Si tratta infatti del luogo che “ospita” i vecchi computer europei, i bambini africani che non hanno mai visto un pc integro, né hanno la possibilità di usarlo, ma che ogni giorno smontano e rompono, bruciano i preziosi rifiuti alla ricerca di fili di rame, oro, argento, pezzi di alluminio e viti di acciaio. Bambini che vivono tra i rifiuti dell’era internet, infrangono gli schermi con le pietre e gettano l’elettronica tra le fiamme, che sprigionano
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fumi altamente cancerogeni: i computers dei ricchi che avvelenano i poveri del mondo. Il Ghana sta diventando una tra le destinazioni privilegiate per gli scarti inquinanti del nostro benessere, nonostante le convenzioni internazionali ne vietino l’esportazione nei paesi in via di sviluppo. Ogni mese arrivano dall’Europa e dal Nord America circa seicento container, che scaricano apparecchiature elettroniche, materiale altamente tossico che provoca pericoli ambientali seri: è qui che arriva tutto il marcio della società occidentale, marcio di cui le nostre industrie vogliono liberarsi a basso costo. Greenpeace ha diffuso il rapporto Ghana Contamination, il documento denuncia una rilevante contaminazione ambientale dovuta alle obsolete tecniche di riciclo e di smaltimento dei rifiuti. Molte delle sostanze trovate sono così tossiche che possono interferire con lo sviluppo del sistema riproduttivo dei più piccoli o alterarne il sistema nervoso. Il Dr. Kevin Brigden di Greenpeace International evidenzia che in Africa, Cina e India il lavoro minorile in questo ambito è
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tanto praticato da provocare gravi patologie ai minori. Il fenomeno non è circoscritto solo alle zone e stati africani, è anche una prerogativa dei paesi in via di sviluppo, tra i quali l’India, dove convivono sviluppo e tecnologia, degrado e miseria. I rifiuti tecnologici indiani, sommati a quelli importati dagli Stati Uniti, stanno distruggendo l’aria e l’ambiente della città di Bangalore che da anni è la capitale dell’industria del software. È una città che sta morendo per autodistruzione, causata dallo smaltimento selvaggio dei materiali elettronici. Se non si interverrà subito con una politica adeguata i prossimi cinque anni saranno fatali per Bangalore, i cui cittadini inalano sostanze venefiche che vengono liberate nell’ambiente senza alcun controllo. In un anno l’ambiente riceve 1000 tonnellate di ferro, 1000 di plastica, 350 di rame, 300 di piombo, 43 di nickel e 0,23 di mercurio – quantità in vertiginoso aumento perche privi di regole e controlli per lo smaltimento. Le conseguenze sulla salute di veleni come il berillio, il piombo e il mercurio sono gravissime: dall’infarto ai danni irreversibili al fegato il quadro è allarmante. Le previsioni non sono rosee e si prevede che entro il 2020 in Sud Africa e Cina le discariche aumenteranno dal 200% al 400% della loro portata.
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V viaggi A CURA DI K.S.
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Cuba. Particolare Cuba con la sua storia, il suo tempo fermo agli anni’50 con le macchine d’epoca, con i suoi colori caldi, come la musica allegra e ritmata. Cuba. Un luogo di contraddizioni, di limiti e compromessi. Un paese dove il paradiso è dietro l’angolo, ma l’inferno pure. Astiosa inizialmente, come se tu, turista, dovessi rubarle qualche cosa, impadronirti di una manciata di quella magia che scorre nelle strade e nelle vene di Cuba. Dolce, profumata, inebriante che ti manda su di giri, ti rende dipendente per chiederne ancora e ancora: sapore di piña colada e di Cuba. Paese immerso nel verde, circondato dall’acqua con i suoi temporali improvvisi ed un sole cocente. Isolotti sperduti in quell’acqua azzurra, dove la natura ti mostra il suo lato più genuino facendoti accompagnare da branchi di delfini e rumore di noci di cocco che cascano sulla sabbia. Perché è generosa la natura
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di Cuba. Ti offre le sue meraviglie, ti culla nel suo calore. E poi la vita, quella cubana, quella rivoluzionaria la senti, le vedi. Parole di orgoglio scritte sui muri, di un popolo che non dimentica, che spera , che lotta ancora, che non si arrende. Perché è orgogliosa Cuba, anche se vive la povertà dettata da un regime ferreo e dittatoriale. La gente con il loro libretto mensile, sei uova a testa, un po’ di carne e di riso. Tira avanti così il popolo cubano. E non sempre tutto è disponibile. E mai tutto questo basta. Ed ecco il fascino illegale di Cuba. Di sigari, di rum, di sesso ed aragoste dal sapore casereccio cucinato ai turisti per pochi spiccioli. Dollari americani rifiutati come simbolo di un mondo che non è loro che allo stesso tempo ne è desiderio e paura. Rossa come la rivoluzione, bianca come le spiagge e blu come il mare. Ed una stella, avvolta da emozioni e pragmatismo a ritmo di musica latina. Un’isola che c’è. Questa è Cuba, e se ti concedi ti ruba l’anima, ci aggiunge un goccio di rum, qualche nota di salsa e te la restituisce calda, sensuale ed affamata di vita.
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Photo Katerine Phair v i a g g i
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intervista A CURA DI Marta Rossi
PENELOPE COME AUDREY? La ragazza dalle idee chiare...
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I suoi vent’anni vengono fuori ad ogni sorriso o sguardo dolce, da quel viso tutto acqua e sapone che ben la rappresenta, ma sono anche celati da una mente che quanto a maturità è andata ben oltre la sua giovane età, che ha molto chiari gli obiettivi da raggiungere, aiutata da un carattere frizzante e determinato. Penelope Franz Landini, attrice emergente, è arrivata da Imola a Roma per “modellare” con tanta forza e determinazione il suo futuro e, grazie ad una bellezza molto particolare, alla finezza dei suoi lineamenti, alle capacità e allo studio, iniziare pian piano a percorrere la strada verso il successo. Come trascorri una semplice giornata di vita quotidiana? La mia giornata tipo è: mi alzo alle nove, la mattina vado a dei provini di cinema, moda... faccio sempre un salto nella mia agenzia, tutti i giorni, dove incontro la mia agente per parlare di lavoro, faccio le corse sulla salaria per tornare e preparare da mangiare per me e il mio fidanzato, poi sto fino alle 16 in casa a mettere a posto e di nuovo per tutto il pomeriggio sto in giro per provini e incontri con registi ecc... la sera dopo mangiato qualche volta si esce a fare delle passeggiate. Questa è la mia giornata. Quando hai capito di voler fare la modella? In realtà mi definirei più attrice che modella, perché sono una ragazza che faceva le sfilate... la modella vera è una Naomi Campbell, io sono una ragazza che faceva sfilate e cataloghi dall’età di quattordici anni però punterei molto di più sul teatro. Ho capito come funzionava la vita già a quattordici anni, litigando con tutti, con i miei genitori perché andavo contro tutte le loro regole. Io volevo fare teatro, quindi ho iniziato con i corsi e i vari stage fino ai 18 anni quando ho fatto un anno di accademia teatrale a Bologna e poi a fine del 2009 ho detto “Basta! Qui c’è bisogno di fare qualcosa per il mio futuro!” e sono venuta a vivere qui a Roma perché voglio fare l’attrice, voglio studiare ed impegnarmi. Quali sono state le tappe importanti della tua giovane carriera fin’ora? Il primo dicembre 2004 ho fatto per la prima volta uno spettacolo a teatro, una riproduzione molto amatoriale di Notre-Dame de Paris, la mia prima apparizione ufficiale su un palcoscenico, è stata un’esperienza fantastica. Da lì ho recitato in altri musical e spettacoli di prosa, perché amo anche cantare. Seconda tappa è stato l’anno di
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accademia, che mi ha formato da capo a piedi, con annesso spettacolo fine accademia, esperienza favolosa... e poi la terza tappa è stata venire a Roma dove ho fatto lo spot della “Tantum Rosa”, quello della “Philadelphia” e a Maggio del 2009 ho fatto la pubblicità della Wind con Aldo Giovanni e Giacomo. Venendo a Roma ho avuto timore di dover interrompere il contatto con il palcoscenico, con il teatro, invece sono riuscita ad entrare nella compagnia del musical “Maria di Nazareth” scritto e diretto da Maria Pia Liotta.
MI DEFINIREI PIÙ ATTRICE CHE MODELLA
Sul web si legge “modella e attrice”, abbiamo visto che ami la recitazione e la studi, che parti ti piacerebbe interpretare? Si studia sempre in questo mestiere, anche solamente guardare un film ed andare a un provino è studio. Adesso sto facendo un corso di recitazione con Saverio Deodato, corso intensivo con altre ragazze, che mi sta dando tantissimo, anche questo annesso con spettacolo di fine corso, in cui interpreterò un’attrice famosissima però malata di mente. Per quanto riguarda le parti, credo che una vale l’altra nel senso che da attrice devi essere capace di vivere qualsiasi tipo di persona, di sentimento, di emozione, altrimenti non puoi fare questo lavoro. Bisogna almeno aver provato tutte le emozioni che si possono provare...dalla paura, alla timidezza, alla vergogna... mi piacerebbe interpretare gli antagonisti, quindi i personaggi malefici, più crudeli perché sono quelli che si allontanano di più dal mio carattere quindi è un lavoro abbastanza complicato e difficile che voglio riuscire a raggiungere. Uno dei miei sogni sarebbe riuscire ad interpretare la parte di una persona malata di mente come per esempio fecero Dustin Hoffman in “Rain Man” o Leonardo Di Caprio in “Buon complenno Mr Grape” interpretando la parte di un autistico, insomma un personaggio diversamente abile, perché è difficile, sarebbe una parte che mi incuriosirebbe tantissimo. Chi è il tuo modello artisticamente parlando? Attuale e ancora in vita è Glenn Close (interprete di Crudelia De Mon in La carica dei 101) , perché è una donna non bellissima, affascinante, ma di una bravura stratosferica, un “mostro”, oggi come oggi inoltre John Malkovich, Jeremy Irons, Jack Nicholson, però il vero modello di donna, di attrice, di tutto, che mi piacerebbe almeno eguagliare è Audrey Hepburn che per me è l’esempio della femminilità, dell’eleganza, della bravura, dello stile, perché era così: com’era in foto era nella realtà! Poi il fatto che ha scelto all’età di 60 anni di lasciare spazio ai giovani attori, mettersi a fare l’ambasciatrice dell’UNICEF fino alla morte, è stato un modo molto bello per aiutare gli altri. Per me è il modello, mi
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piacerebbe seguire la sua linea di vita. Spero che sia un’opportunità. Quale caratteristica ti rende unica? Tutti siamo unici in un certo senso... mah forse l’energia che emano quando sorrido, in realtà non saprei... forse che non mi vergogno a vivere a pieno tutte le emozioni che mi capita di vivere. Non ho paura di provare vergogna, di piangere, di ridere, di provare gioia. Vivere al massimo le emozioni per poi riportarle sul personaggio da interpretare. Oggi anche ragazze molto giovani fanno ricorso alla chirurgia estetica, l’anoressia è un fenomeno in crescita tra le giovanissime, secondo te da cosa nasce questo bisogno di cambiare, soprattutto nel mondo dello spettacolo, che cosa succede? Secondo me bisogna dividere i due ambienti: mondo dello spettacolo e vita reale, perché nella realtà se una donna ricorre alla chirurgia estetica è per sentirsi meglio, naturalmente le persone che esagerano, molte sia nella realtà che nella televisione, fanno questa scelta per avere qualcosa in più da mostrare perché forse non avevano niente da far vedere... ognuno può fare le scelte che vuole. Io credo che la chirurgia estetica sia una soluzione per le persone che non si sentono bene, che hanno bisogno di sentirsi femminili, io sono favorevole finché non diventa motivo di eccesso, di esagerazione, perché di “pagliacci” ce ne sono tanti, non aggiungiamone altri! Cosa ne pensi delle “belle con poco cervello” che invadono le scene dei reality? Io abolirei i reality show dalla televisione! Per alcune persone può essere curioso vedere come si comportano le persone all’interno di una casa, perché credo che la prima edizione del “Grande Fratello” fosse anche vera: a livello psicologico era un modo di studiare i rapporti tra persone sconosciute in una stessa casa, ma quando si arriva all’esagerazione, all’esaltazione e alla finzione, non so quanto possa essere educativo, non dimentichiamo
SE NON CI ARRIVERÒ MAI AVRÒ FATTO QUELLO CHE MI PIACE.
che oggi i ragazzi crescono con i modelli della televisione...quindi cosa penso delle belle senza cervello? Penso che sono state fortunate, faranno i soldi per un anno o due anni e poi non saranno più nessuno, a meno che non si mettano a studiare. Essendo una persona che studia ed avendo visto tanta gente anche grande che ha studiato e non le è mai stata data la possibilità di arrivare e poi vedere queste tipe che sono arrivate per sola fortuna, penso che sappiamo tutti che non dureranno sempre. Tutto dipende dall’obiettivo che ognuno di noi si pone nella vita.
Cosa ci racconti dell’esperienza con i ragazzi disabili a sostegno del progetto “SUPERABILE”? Mia mamma ha lavorato tanto con i disabili negli ospedali e me l’ha sempre detto : “ Questa è un’esperienza che se la fai ti cambia la vita!”. Ho passato una giornata insieme ad altre mie colleghe modelle ad Avezzano a l’Aquila, con questi ragazzi disabili, realizzando delle fotografie, che andassero a sensibilizzare le persone e le associazioni sul progetto di costruire una casa famiglia per questi disabili orfani. Sono ragazzi dolcissimi, fantastici, che partecipano a delle attività in questo centro per disabili, come pittura, disegno, teatro. In questa occasione hanno messo su uno spettacolino e sono stati molto bravi ricordandosi tutte le battute, noi abbiamo fatto queste foto con loro, ovviamente a titolo gratuito, è stata un’esperienza magica. Come ti vedi nel futuro? Sono molto determinata, mi sono data un obiettivo e anche se dovessi arrivarci tra una vita però voglio arrivarci. Se non ci arriverò mai almeno avrò fatto quello che mi piace. Nel futuro mi vedo sposata con dei figli, la mia casa, il mio cane, i miei genitori, i miei parenti, col mio lavoro che mi soddisfa, voglio diventare attrice, come Audrey, voglio impegnarmi per arrivarci, per arrivare in alto, non mi accontento dell’Italia, per fortuna so
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bene l’inglese, lo spagnolo... io ci credo non ho fretta, l’importante in questo mestiere è non avere fretta, altrimenti si ricorre poi all’apparizione e torniamo al discorso di prima... A quale domanda ti piacerebbe rispondere durante un’intervista? La tua! Nel senso... qual è la domanda che tu vorresti fare tanto ad una persona?... A me piacerebbe molto rispondere a una domanda del tipo : “Sei felice? Come stai?” una cosa semplice, perché oggi come oggi la gente si dimentica di queste cose che secondo me sono le più importanti... la mia risposta sai qual è? Sono serena. Sei felice però? (insisto) Non lo so, la felicità è qualcosa di talmente grande che dire “sono felice” è esagerare. Sono serena, sto bene, la salute che è la cosa più importante c’è, penso che quando hai la salute, la serenità e la famiglia che ti vuole bene, le porte aperte nel mondo, quando hai voglia di vivere, di darti da fare, va tutto bene. Se dovessi definire la vita in una parola, come la definiresti? La vita è una guerra. Non negativamente, ma è una lotta, una battaglia, nel mio campo siamo in tantissimi che vogliamo arrivare a conquistare un obiettivo, tra tutti chi arriva è uno. La vita è così, che tu faccia l’avvocato, l’ingegnere, l’operaio, che il tuo obiettivo sia sopravvivere... è una guerra, bisogna soffrire per riuscire a vivere, questo è ciò che mi ha insegnato mio padre, con tutti i sacrifici che ha fatto per avermi dato questo, la vita è un salto ad ostacoli. Nella vita però non bisogna solo sopravvivere, è fatta per essere vissuta, non possiamo arrancare, bisogna VIVERE, la vita è fatta per questo. Credo che la forza di volontà sia la più forte che esista, se tu dentro vuoi qualcosa e ci credi fortemente, anche se sei solo nel deserto, prima o poi a trovare l’oasi ce la fai!
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Ranzie Mensah, l’affascinante principessa del popolo Fanti del Ghana, è una raffinata interprete di musica gospel e soul che ha la straordinaria capacità di coinvolgere ed emozionare il pubblico con la sua voce profonda, calda e sensuale. Nei suoi concerti musica, espressività corporea e danza si mescolano armoniosamente sfiorando la pièce teatrale Grazie all’intensità delle sue performance e alla sua forte presenza scenica, Ranzie ci avvolge in una miscela preziosa di suoni e parole dalle sfumature variopinte.
intervista A CURA DI Donatella Lavizzari
Ciao Ranzie, quanto sono importanti le radici culturali per te? Le radici culturali hanno importanza per l’essere umano come le radici sono importanti per l’albero. L’albero ha bisogno delle radici per crescere ma deve anche spiegare i propri rami nella direzione opposta, verso il sole. Se l’albero dovesse “chiudersi” in se stesso, ovvero cercare di crescere nella stessa direzione delle sue radici, morirebbe. Nello stesso modo l’essere umano, pur riconoscendo le proprie radici, deve aprirsi all’altro, al mondo, all’intero universo, altrimenti la sua realtà si atrofizzerebbe e la sua cultura morirebbe. Tu hai condiviso il palco con Miriam Makeba che ha portato in giro per il mondo la storia delle sofferenze ed ingiustizie del vostro paese d’origine, che cosa ha rappresentato per te “Mama Africa”? “Mama Africa” è stata il mio mentore. A parte la sua voce e la sua musica, ciò che rappresenta per me è la capacità e il coraggio di un artista di usare la sua arte per difendere i principi dell’uguaglianza e della giustizia anche a costo di sacrificare i vantaggi della propria carriera o della propria vita. Questo è ciò che ha fatto Miriam Makeba. È stata esiliata dal proprio paese per oltre 30 anni per la sua lotta contro l’apartheid, è stata dichiarata persona non gradita in diversi paesi del mondo per le sue dichiarazioni contro l’ingiustizia che regnava nel sud Africa e la sua brillante carriera negli States è stata stroncata negli anni sessanta per la sua unione con il “black panther” Stokeley Carmichael. Miriam Makeba è morta sul palcoscenico a Castel Volturno cantando ancora una volta per la giustizia. Io vorrei seguire questo esempio nella mia vita di cantante. Durante la tua lunga carriera ti sei esibita in numerosi concerti in Africa, Europa e Nord America, qual è stato il live più emozionante?
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RANZIE MENSAH:
ILCANTO È PREGHIERA È veramente difficile dirlo perché sono stati molti i concerti emozionanti. Sicuramente ha significato molto per me cantare per i premi Nobel per la Pace all’auditorium di Santa Cecilia a Roma. La pace è un argomento che mi interessa particolarmente e ogni volta che sono chiamata a cantare per questo ideale mi sento onorata! Con la tua musica ed i tuoi progetti interculturali sei da sempre socialmente impegnata a diffondere messaggi di pace, ce ne vuoi parlare? Il mio percorso di vita è stato interculturale. Sono nata nel Ghana. All’età di 5 anni siamo andati a vivere negli Stati Uniti e poi in Inghilterra per poi trasferirci in Zambia e poi in Uganda. Frequentavo scuole internazionali dove i miei compagni provenivano dai 5 continenti. Ho viaggiato in tanti paesi ed ho voluto dedicare la mia espressione artistica all’avvicinamento dei popoli perché oltre le differenze abbiamo tante cose in comune. Nelle scuole con i bambini da 3 a 12 anni presento progetti interculturali dove racconto l’Africa attraverso le fiabe, la danza, il canto, i proverbi, le ninna nanne perché queste espressioni sono comuni a tutti popoli e culture della terra. I bambini sono il nostro futuro ed è importante prepararli a questo intreccio di culture e di popoli che ormai è un processo inarrestabile. In una scuola materna ho chiesto ai bambini che mi guardavano con tanta curiosità: “Bambini, secondo voi, perché Ranzie è nera?” Una bambina di tre anni mi ha risposto: “Perché hai mangiato troppo cioccolato!”. Questa purezza, comune a tutti i bambini del mondo, è un patrimonio, un ispirazione costante per me!
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Quanto ritieni sia importante stimolare l’interesse dei giovani alla musica ai fini di una formazione culturale e spirituale? Frederick Nietzsche diceva “Senza musica, la vita sarebbe un errore”. Io dico che sarebbe un grave errore non introdurre la musica nell’educazione giovanile. Numerosi grandi filosofi e pensatori, da Einstein a Kennedy, hanno riconosciuto che la musica va oltre il semplice intrattenimento. Secondo la cultura africana, la musica eleva e purifica lo spirito, celebra la vita, è un ringraziamento per tutto ciò che abbiamo e ci permette di raccontare la nostra storia alle generazioni future. Eric Anderson dice: “È soltanto introducendo i giovani alla grandezza della letteratura, dell’arte drammatica e della musica e all’emozione della grande scienza che possiamo offrire loro tutte le potenzialità che sono dentro lo spirito umano e permettere loro di avere visioni e di sognare”
noi. Io ero innamorata della sua musica e del suo stile inconfondibile. Dopo un suo concerto a Caracalla, é venuto a sentirmi all’anfiteatro di Asti, abbiamo cenato insieme e successivamente mi ha invitato a casa sua. Paolo Conte è un personaggio grande ed umile, con una profonda conoscenza e sensibilità per la musica.
Il fascino di un luogo influenza la rappresentazione, la nutre di contenuti e ne viene a sua volta impregnato, dove ti piacerebbe esibirti? Mi piacerebbe esibirmi all’Apollo Theater di Harlem perché è il tempio della musica dei neri che sono stati portati in America dall’Africa come schiavi, cantando le loro sofferenze e le loro speranze. È il tempio dei “negro spirituals”, del “gospel”, del “soul”, del “blues” e del “jazz”. Dice Paul Whiteman : “Il jazz è arrivato in America trecento anni fa in catene.”
Quale messaggio vorresti che fosse trasmesso attraverso la tua musica? Il grande filosofo e scrittore Leo Tolstoy diceva “La musica è la stenografia dell’emozione”. Attraverso la mia musica voglio soprattutto trasmettere l’emozione e la gioia della vita in tutte le sue sfaccettature. Vorrei essere al servizio degli altri quando canto, rimuovere i brutti pensieri, portare un briciolo di speranza, innalzare le anime, proporre un sorriso e avvicinare i popoli. Queste parole del Dr. Max Bendiner esprimono bene il concetto: “La musica potrebbe compiere la più grande di tutte le missioni: potrebbe essere il legame tra le nazioni, le razze … potrebbe unire ciò che è sconnesso e portare la pace a ciò che è ostile”. www.ranziemensah.org donatella@immaginienote.it
Paolo Conte è rimasto talmente affascinato dalla tua voce che ti ha fatto interpretare il suo brano “Don’t Break My Heart”, come è stato l’incontro con questo grande cantautore? C’è stata da subito una grande intesa tra
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Il tuo ultimo e prezioso lavoro , un album di 12 brani, “Just a Dream” , come nasce ? Il CD “Just a Dream” nasce innanzitutto con un desiderio di fare una raccolta di alcune delle più belle canzoni del repertorio gospel. Il gospel è la musica della mia anima. Con il gospel mi spoglio di ogni cosa e esprimo quello che sono veramente: sono innamorata del divino, della trascendenza (ma con i piedi per terra). “Just a Dream” è anche il lavoro della maturità e attraverso questo lavoro lascio al mondo tutto ciò che desidero esprimere.
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LA GALLERIA DEI
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A pochi passi dal centro termale di Fiuggi Fonte, in c.so Nuova Italia 14 e, nella centralissima via Aldo Moro 80 di Frosinone, la gioielleria Diego Cataldi dal 1947 è interprete e precursore, con squisito gusto ed eleganza, di tutte le tendenze della gioielleria, orologeria, argenteria, pelletteria e componenti di arredo per la casa. Entrare nello show room, infatti, è come percorrere una vera e propria galleria d’arte del lusso , in un ambiente raffinato ed elegante dove creatività, studio e ricerca sono il risultato di un’azienda protesa da sempre all’innovazione , all’originalità ma che trae costante nutrimento dalla tradizione. La scelta oculata ed attenta dei prodotti di alta gamma è rivolta oltre che alla rigorosa selezione delle migliori griffe e l’indiscussa qualità di ogni proposta, alla raffinatezza degli oggetti selezionati con cura. Il servizio altamente qualificato, la continua
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assistenza alla Clientela uniti alla serietà, passione e prodotto hanno sempre differenziato la Diego Cataldi rendendola all’avanguardia per la continua ricerca di proposte dove, la consueta professionalità che la contraddistingue e l’innovazione della nuova generazione, legata alla ricerca stilistica e creativa l’hanno resa interprete dei sentimenti più preziosi e testimone delle occasioni più importanti dei Clienti nonché meta prediletta degli appassionati di gemme, orologi e preziosi.
DIEGO CATALDI GEMME, OROLOGI E PREZIOSI
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luxury A CURA DI Redazione èArea
Frégate Island Private
eco-rifugio di lusso.
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Quattro gradi a sud dell´Equatore, 20 minuti di volo da Mahé, Frégate è un’isola privata di prorompente bellezza naturale, un´oasi di pace bucolica fatta di lussureggianti interni tropicali e natura regale, contornata da sette spiagge da sogno. Immerse tra palme e fiori tropicali le sedici ville del Frégate Island Private garantiscono silenzio e discrezione, qui’, il lusso della struttura, il comfort elevato e la protezione dell’ambiente trovano un equilibrio unico. Ubicata in modo da garantire privacy assoluta, ogni villa è costruita con mogano indigeno e rivestita in caldo teak Chamfuta africano, coniugandosi armoniosamente con l´ambiente circostante. Ciascuna abitazione è corredata di piscina privata con bordo infinito e un´ampia terrazza con “daybed” e Jacuzzi .
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L´architettura interna è semplice ed elegante. Un maggiordomo privato è assegnato ad ogni villa onde garantire servizi personalizzati per tutta la durata del soggiorno degli ospiti, soddisfacendo ogni richiesta in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo dell´isola. L’esclusivo eco-rifugio, immerso nella natura incontaminata della isole Seychelles, recentemente ha inaugurato una postazione dedicata all’osservazione astronomica. La piattaforma si trova nella parte est dell’isola: da qui, grazie all’assenza di inquinamento luminoso, gli ospiti possono puntare il telescopio verso il firmamento sotto la guida di astronomi esperti. L’osservazione di stelle e costellazioni avviene tra una portata e l’altra di una cena a tema astronomico servita sulla postazione stessa. Raggiungibile attraverso un suggestivo corridoio di roccia all´apice di un canyon di massi granitici tondeggianti e radici di banano, affiancato da riserve di acqua dolce e cascate, l´edificio della Spa
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Photo Courtesy Fregate Island Private l u x u r y
si fonde armoniosamente con il paesaggio circostante dell´isola, unico nel suo genere, abbracciando i quattro elementi naturali: terra, aria, fuoco ed acqua. La Rock Spa dispone di un proprio laboratorio, l’Apothecary, nel quale ogni giorno vengono preparati i prodotti per i trattamenti, utilizzando solo ingredienti naturali locali e di stagione. A Frégate Island vige il principio che “fresco è meglio”, e per questo anche il menu dei trattamenti cambia secondo la stagionalità di piante, frutti o erbe,
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comprendendo massaggi e impacchi a base di ingredienti come fiori di ylang ylang e di frangipane, papaya, vaniglia, latte di cocco, miele. Immune dai ritmi frenetici che pervadono la vita moderna, Frégate Island Private è un mondo a parte: non solo una via di fuga, bensì un vero e proprio ritorno alla natura che regala ai suoi ospiti un’esperienza indimenticabile.
IMMUNE DAI RITMI FRENETICI CHE PERVADONO LA VITA MODERNA
www.fregate.com
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A architettura A CURA DI Stefania Ricci
VITRAHAUS L Lungo una strada periferica, tra il verde della vicina Svizzera e il grigio dello skyline tedesco, a pochi chilometri da Basilea sorge il Vitra Campus.
Nato alla fine degli anni Ottanta, in seguito a un devastante incendio dei cantieri produttivi dell’azienda Vitra, fabbrica svizzera di complementi di arredo, il campus rappresenta un caso unico di connubio tra il mondo dell’architettura e quello dell’industrial design. Gli edifici che ospitano la produzione e
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l’esposizione sono stati progettati da archistar di fama internazionale: Frank Ghery, autore nel 1989 del Vitra Center, Zaha Hadid, che ha progettato la celebre stazione dei pompieri, Alvaro Siza, Tadao Ando, artefice nel 1993 del Padiglione delle Conferenze, Jean Pruvè e Nicholas Grimshaw solo per citarne alcuni. Entrare all’interno del Campus di Weil-amRhein significa compiere un vero e proprio viaggio dentro la storia del design e della progettazione contemporanea.
TRA IL VERDE
DELLA VICINA SVIZZERA E IL GRIGIO
DELLO SKYLINE TEDESCO
All’ingresso della sede dell’azienda, in una posizione di prestigio, è la prima cosa che si vede quando si arriva al Campus, la VitraHaus.
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gli spazi interni sono stati semplicemente imbiancati per fornire lo sfondo più discreto possibile agli oggetti ed arredi in esposizione. Con una lunghezza massima di 57 metri, una larghezza di 54 e un’altezza di 21,30 metri VitraHaus è l’edificio più alto del Campus. La scelta intenzionale di scartare l’ipotesi di un edificio orizzontale, tipico degli impianti manifatturieri, a favore di un edificio a sviluppo verticale su base ridotta, garantisce una visione complessiva in senso lato: da una vista sul paesaggio circostante, la collina di Tùlling, la città di Basilea e la Foresta Nera ad una panoramica – tutta “interna”- sull’intera Home Collection. Al calare delle tenebre la prospettiva si rovescia, le ampie vetrate, illuminate dall’interno diventano punti luminosi che risplendono nel Campus Vitra e nella campagna circostante portando il visitatore a guardare VitraHaus dall’esterno verso l’interno.
AL CALARE DELLE TENEBRE LA PROSPETTIVA SI ROVESCIA
Progettata dallo studio Herzog & De Meuron - lo stesso della Tate Modern di Londra e del Bird’s Nest stadium di Pechino – pensata per ospitare la Home Collection del marchio Vitra, l’edificio unisce l’elemento archetipico della casa, che si presenta nella sua forma più semplice, quasi simbolica, e quello della sovrapposizione di volumi. Il risultato finale è uno spettacolare edificio pubblico con una duplice funzione: luogo espositivo per la collezione dei prodotti aziendali dedicati alla residenza, con la capacità di ambientare gli oggetti dell’arredo in una “casa” vera e propria. A Vitra è sempre stato molto a cuore il concetto di “casa abitata” dove gli oggetti non sono semplicemente design da esporre in vetrina, ma vivono immersi nel disordine quotidiano che ogni casa ha. Questa è la radice da cui si sviluppa il concept progettuale: i prodotti in esposizione sono stati progettati principalmente per la casa e, come tali, devono essere presentati in un ambiente adatto al loro carattere ed uso. “È una sorta
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di paradosso”, spiega Jacques Herzog, autore del progetto con Pierre De Meuron. “Abbiamo usato delle forme semplici, che anche i bambini sanno disegnare, e le abbiamo accatastate e incastrate per far sì che altre forme, sorprendenti e pazze, risultassero da questo processo”. Le singole “case” che compongono il progetto sono concepite come elementi astratti; solo i terminali cuspidati sono aperti e finiti da ampie vetrate a filo, mentre i corpi longitudinali sembrano tranci di un’unica estrusione. Impilate per un totale di cinque piani, e in qualche punto vertiginosamente a sbalzo ad un’altezza di 15 metri, le 12 unità si intersecano – il pavimento dell’una a livello del frontone della successiva - creando un assemblaggio tridimensionale, una sovrapposizione di case, che di primo acchito sembra quasi caotica. L’intonaco di rivestimento esterno è dipinto uniformemente in grigio antracite, un colore che rende più materico l’edificio e contribuisce a integrarlo nel paesaggio circostante, mentre
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A arte A CURA DI
Donatella Lavizzari
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Artista unico nel suo genere, Serge Van De Put nasce in Belgio nel 1958 ed è principalmente un autodidatta. Da sempre appassionato di disegno, inizia la sua carriera ad Anversa lavorando prima come pubblicitario e poi come disegnatore di insegne luminose fino a quando non riesce ad affermarsi come scultore. Dotato di un notevole spirito ironico, senso ludico e grande creatività, Van De Put lavora con maestria un materiale mai utilizzato in maniera così originale da altri: la gomma derivata da vecchi copertoni di auto, camion e trattori che egli trasforma nelle più svariate creature. Un mondo sorprendente creato dal genio di questo affascinante artista che lavora con questa materia da diversi anni, in un modo totalmente liberatorio, rompendo con le regole tradizionali e le linee guida. Struzzi, anatre, cani, cavalli, tori, mucche volanti e molti altri personaggi, da Nelson Mandela alla Regina Madre, hanno destato molta ammirazione da parte della critica e sono già l’orgoglio di molti collezionisti d’arte contemporanea. www.sergevandeput.com donatella@immaginienote.it
ROMPENDO CON LE REGOLE TRADIZIONALI E LE LINEE GUIDA
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D design A CURA DI
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Prodottoda
Secondome
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Tradizione e innovazione si fondono nella collezione in vetro disegnata da Fabrica per la Design Gallery Secondome. This&That, una collezione di dieci campane in vetro soffiato da un’idea originale del designer americano Tak Cheung, combina dettagli provenienti dalla nostra vita quotidiana, come i manici della bicicletta, la canna fumaria di un camino o le orecchie di una mucca, con la bellezza sofisticata ed elegante del vetro soffiato. Materiali e processi produttivi diversi si fondono armonicamente per creare una nuova provocante sinergia. La collezione, prodotta da Secondome, è in edizione limitata, 30 pezzi per ogni soggetto ed è stata presentata al Contemporary New Museum-New York (Maggio 2009), Biennale di Venezia (giugnonov 2009), ToolsGalerie-Paris (nov-dic 2009), le Grand Hornu-Belgique (febbraio 2010) Suppellettili rivisitate nell’impiego e nella forma da giovani artisti/designer. Gli oggetti di Sam Baron, quelli disegnati da lui personalmente ma anche quelli realizzati insieme ai progettisti che coordina in qualità di responsabile del dipartimento di design di Fabrica. Vivaci, divertenti, inconsueti; per certi versi rassicuranti, dato che richiamano la storia e la tradizione, per altri spiazzanti, essendo sempre dotati di un dettaglio innovativo che li rende diversi, rinnovati nell’immagine e nella loro destinazione d’uso. Nella collezione in vetro disegnata per Secondome l’ironia è la chiave di lettura di oggetti ormai desueti, come il copriarrosto che assume le sembianze di un pollo o il decanter ridisegnato come un pulcino. “In ogni progetto” spiega Sam Baron “mi piace creare una sorta di cortocircuito in grado di offrire nuovi punti di vista sugli oggetti del quotidiano. Non si tratta di semplice provocazione, bensì del tentativo di evolvere il linguaggio, l’identità e il pubblico di certi marchi o di certe tipologie di prodotti ancorati magari a un’immagine molto tradizionale”. Partendo da una riflessione sia sulla qualità che sull’estetica della tecnica del vetro borosilicato soffiato, ha voluto indagarne le potenzialità esasperandole, ricercando una forma che fosse un illusione ottica. Nasce così la collezione Feel Hype 5 pezzi basati sugli effetti della proporzione, che possono avere gli usi più diversi, vaso, fruttiera, vassoio per i formaggi o cupola. Un oggetto antico come l’alzatina si evolve in forme del tutto inaspettate, s’inclina in una forma purissima nel Diagonal di Catarina Carreiras/Fabrica, o s’innalza nel Voilà di Valentina Carretta/ Fabrica, o diventa una scultura nel Tree and Gage di Jaeun Park/Fabrica.
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Secondome Design Gallery Via degli Orsini 26, Roma Tel 06 97270135 info@secondome.eu www. secondome.eu
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lifestyle A CURA DI Alessandro Coccia
ASTON MARTIN
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Il downsizing è diventata una moda tra le case automobilistiche blasonate, dopo la Mini Rolls Royce e la New Compact Bentley, presto arriverà l’Aston Martin Cygnet. La city car di lusso è il risultato di una collaborazione unica ed intelligente tra la Casa di Gaydon e Toyota ed è sostanzialmente una iQ profondamente personalizzata a livello di carrozzeria ed interni, ma immutata dal punto di vista meccanico. Sotto le lamiere si
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nasconde la stessa meccanica della piccola di casa Toyota, un motore da 1,0 litri di cilindrata e 68 cavalli di potenza. All’interno, pur conservando la plancia e le forme degli strumenti della iQ, la cura dei materiali e dei dettagli è maniacale, al pari della sportive GT top di gamma. Lussuosa pelle cucita a mano bicolor rossa e nera, strumenti di guida avanzati e l’indispensabile dock per iPhone. Il muso è molto simile a quella della DB9: un fascione paraurti molto importante incorpora la calandra tipicamente Aston Martin con listelli cromati, gli sfoghi d’aria sono in carbonio e sono piazzati sul cofano motore,
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LA CURA DEI MATERIALI E DEI DETTAGLI È MANIACALE, AL PARI DELLA SPORTIVE GT
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non mancano poi la presa d’aria inferiore e le feritoie sui passaruota anteriori. Anche le superfici laterali hanno subito un leggero ritocco con l’aggiunta di bandelle sottoporta e una bombatura superiore delle portiere. Il posteriore è arricchito da un paraurti di coda con estrattore e reso più movimentato dai gruppi ottici dal design a C, che interessano anche il portellone e le superfici vetrate posteriori. Aston Martin sostiene che la Cygnet verrà prodotta e commercializzata
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entro il 2011. Si vocifera che il prezzo sarà intorno ai 30 mila euro e va detto che questa microcar dal sangue nobile e “sottopelle” Toyota, non sarà in vendita regolarmente ma, sarà una specie di accessorio che potranno comprare solo gli acquirenti di una normale Aston Martin, una sorta di “tender” di lusso di una DB9 o una DBS insomma. Ecco spiegato il numero esiguo di unità previste, 2000 esemplari che possono essere verniciati, allestiti e configurati secondo le più disparate
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richieste dell’acquirente. Questo progetto ha diversi fini: dal punto di vista promozionale è un formidabile veicolo per promuovere il marchio Aston Martin, mentre dal punto di vista pratico consente alla casa inglese di abbattere drasticamente il livello medio di emissioni nocive tra le vetture in listino, rientrando nei parametri medi richiesti in diversi paesi del mondo.
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T tendenze A CURA DI
Redazione èArea
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ÈGREEN LANUOVAFRONTIERADELLAMODA
I grandi marchi pongono sempre più attenzione alla sostenibilità ecologica dei loro prodotti, tessuti organici, scarpe vegane e abiti ecosostenibili. Dalle materie prime ai capi finiti, dalla fase di produzione fino alla vendita, materiali riciclati, fibre e tinte naturali, per dare vita a modelli originali, meravigliosi e… ecocompatibili. Nasce così la cintura biodegradabile al 100%. L’idea è di Tie-Ups, azienda veneta che ha creato una linea di cinture in «Apinat», una bioplastica riciclabile e biodegradabile. Morbida al tatto e resistente all’acqua la cintura è pensata per non lasciare traccia nell’ambiente. È il nuovo must have, una cintura dalla coscienza ecologica, antibatterica, anallergica, resistente alla trazione e alla torsione e anti metal- detector.
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Sulla scia dei prodotti eco-sostenibili, frutto di puro riciclo, le calzature Hetty Rose. Le scarpe della stilista e fondatrice del marchio, la giovane britannica Henrietta Rose Samuels, sono hand made e realizzate con le stoffe dei kimono giapponesi rimodellate su tacchi di legno e suole in cuoio riciclato o naturale. Una griffe di calzature uniche perché create su ordinazione e personalizzabili nella selezione delle stoffe kimono e nei modelli. Per ogni paia di scarpe, occorrono sei settimane di lavorazione tra taglio, cucitura e perfezionamento delle creazioni il cui prezzo si aggira intorno alle 300 sterline. La collezione si basa sulla teoria del riutilizzo e la rielaborazione di materiali vintage in modo creativo e sostenibile. I materiali sono principalmente tessuti ricavati da kimono giapponesi vintage: reliquie di un mondo che scompare, saturo di significati
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Mr.Sauat Mynbayev, Dr.ssa Vladlena B.G. Hermès e Mr. Shukeev Umirzak
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Kazakhstan un “ponte” tra Europa ed Asia
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Situato nel cuore dell’Asia Centrale, il Kazakhstan è un “ponte” tra Europa ed Asia divenuto in brevissimo tempo un importante polo strategico per il controllo della diffusione e della produzione dell’energia. Con i suoi 2,7 milioni di km², il Kazakistan è al nono posto tra i più vasti paesi del mondo e ha una superficie pari circa a quella dell’Europa Occidentale. Il suo confine con la Russia, a nord e a ovest, lungo 6846 km, è uno dei più lunghi al mondo. Ma non è solo la sua posizione strategica ad aver contribuito al rapidissimo sviluppo di questo paese. La sua fortuna è infatti cominciata in seguito alla scoperta di giacimenti che potrebbero diversificare la fornitura del petrolio dal Medio Oriente, nonché al raggiungimento del libero mercato in seguito al processo di rottura dei legami con il sistema di produzione sovietico. Questa inarrestabile crescita ha fatto sì che negli ultimi anni il Kazakistan sia diventato la meta preferita di numerosi investitori, che vedono nel futuro del paese ricchezza e prosperità pari a quelle di Dubai. Tuttavia, sebbene rimanga ancora ai margini degli itinerari turistici tipici e attiri più petrolieri che visitatori, il Kazakhstan è una terra ricca di segreti da svelare. Tra le sue immense distese e i suoi paesaggi sconfinati (si pensi che la densità della popolazione è di appena 6 persone per kmq) i viaggiatori più avventurosi potranno scoprire luoghi ancora inesplorati e venire a contatto con l’affascinante cultura locale. Se vi imbattete, per esempio, in gente a cavallo che si rincorre lanciandosi una carcassa di capra morta, non chiamate la guardia forestale, state semplicemente assistendo ad una partita di kokpar. Questo sport tradizionale kazako non è altro che un antesignano del polo, dove al posto della palla si usa, appunto, una capra. L’Associazione VLADI POLO non poteva trovare terreno più fertile per la sua mission. La fondatrice dell’Associazione, Vladlena B. G. Hermès, prima giocatrice donna di polo in Russia, ha individuato immediatamente nel Kazakhstan un valido alleato per la promozione e la diffusione di questo sport. Dopo aver incontrato le più eminenti personalità del Governo della Repubblica del Kazakistan
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e aver dato lezioni di polo ai campioni di kokpar kazaki, la dott.ssa Hermès, volendo continuare i promettenti rapporti con questo paese dalle enormi potenzialità, ha fondato la Federazione Polo Astana (capitale del paese) ed è attualmente impegnata per la fondazione della Federazione Polo Kazakhstan. Inoltre, dato il grande successo delle lezioni di polo tra gli sportivi locali sta nascendo un Polo Club di 45 ettari che vanta la presenza di due campi da Polo, di cui uno al coperto, una Club House. Insomma, presto sentiremo parlare del Kazakhstan come terra di grandi giocatori di Polo e non solo di produzione d’energia.
KAZAKHSTAN: UNA TERRA RICCA DI SEGRETI DA SVELARE.
Ufficio Comunicazione VLADI POLO Associazione Via Santa Chiara, 57- 00186 Roma Tel. +39 0697612322 Fax. +39 06 97612698 www.vladi-polo.it - ufficio.stampa@vladi-polo.it
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G golf
IN COLLABORAZIONE CON
F.I.G.
LA SQUADRA EUROPEA CONQUISTA
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La squadra europea ha vinto la 38ª edizione della Ryder Cup superando per 14,5 a 13,5 la formazione degli Stati Uniti sul percorso del Twenty Ten Course del Celtic Manor Resort, a Newport in Galles. È stato un finale molto sofferto per il team affidato allo scozzese Colin Montgomerie. L’eroe della giornata è stato l’irlandese Graeme McDowell, sul quale è gravato l’esito del torneo, dopo che il mezzo punto ottenuto da Edoardo Molinari contro Rickie Fowler aveva creato le premesse per arrivare a quei 14,5 punti necessari. E sono stati proprio i due alfieri azzurri ad essere fra i più osannati dalle 50mila persone
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presenti alla cerimonia di chiusura. L’Europa ha vinto di misura anche grazie al supporto di Francesco ed Edoardo Molinari. “Ieri sera i nostri compagni ci avevano detto che il nostro mezzo punto sarebbe stato determinante ed è quello che poi si è verificato - ha detto Francesco - e certamente è il ricordo più bello che ci porteremo dentro”. Aggiunge Edoardo: “Abbiamo avuto compagni meravigliosi che ci hanno sostenuto e aiutato, un capitano perfetto che ha cercato sempre di coinvolgerci in ogni decisione e un clima splendido in campo”. L’esperienza rimarrà indimenticabile per entrambi. Sull’incontro con Woods, Francesco è molto obbiettivo: “Sapevo che sarebbe stato un match durissimo, ho cercato di partire forte e ci sono riuscito, solo che contro il Tiger odierno non si poteva
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fare nulla: era incontenibile. Sono comunque contento di come mi sono espresso e di come ho lottato fino alla fine”. Capitan Montgomerie ha avuto belle parole per Edoardo, nonostante l’azzurro sia stato rimontato da Fowler: “Sapevo di poter fare affidamento su determinate persone nei momenti decisivi e devo dar merito a Edoardo Molinari di essere stato 3 up fino alle ultime tre buche, poi Ricky Fowler ha chiuso in modo incredibile”. Il 21enne americano ha elogiato Dodo ammettendo di aver incontrato un avversario che ha giocato in modo superbo. Tiger Woods, che ha segnato ben 7 birdie e un eagle, ha reso merito a Francesco “È partito fortissimo, ha giocato molto bene, ma io ho saputo aspettare”.
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che è il nostro sistema immunitario, in grado di rendere innocue le esposizioni a queste infezioni. Per tutti quindi è fondamentale sapere come aiutarlo.
alimentazione A CURA DI Raffaele Vincenti
Possiamo capire perché le malattie infettive colpiscono proprio quei soggetti sensibili e quindi attuare una prevenzione mirata e personalizzata? Quali sono i fattori a cui prestare attenzione? Come riconoscere i punti deboli e come aiutarli? Esistono nell’ambito della medicina biologica molti rimedi naturali
SANI SI CRESCE… SANI SI DIVENTA
PREVENIRE È MEGLIO
CHE CURARE
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Conoscere se stessi può migliorare di molto la prevenzione di molte patologie invernali.
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Tra le informazioni che possano migliorare da subito nella pratica di tutti i giorni la nostra vita c’è senz’altro la prevenzione delle patologie più comuni. Tra queste per necessità e importanza troviamo tutte le patologie invernali provocate da infezioni batteriche e virali: dai semplici raffreddori alle bronchiti e polmoniti. Esiste però una personale predisposizione che rende più sensibile una persona piuttosto che l’altra, perché le difese immunitarie individuali dipendono proprio dallo stato generale di salute di quella persona in quel momento. Invitiamo pertanto con questo articolo a coinvolgersi in prima persona per
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mantenere la propria salute attraverso un corso di “PREVENZIONE INDIVIDUALE DELLE PATOLOGIE INVERNALI” che si terrà giovedì 28 ottobre 2010 dalle ore 14.00 alle ore 16 presso sala conferenze della farmacia Rossetti di Villanova di Guidonia. Il corso, il primo di una serie di mini incontri, toccherà in modo semplice e divulgativo e alla portata di tutti, gli argomenti e i principi dai quali ricavare indicazioni e pratiche quotidiane per una prevenzione individuale naturale.
Sappiamo che ogni anno un certo numero di persone si ammaleranno di “influenza stagionale”. Ma sappiamo anche che molte altre non si ammaleranno perché in quella fase avranno delle difese immunitarie efficaci. Quindi ci saranno terreni più sensibili alle malattie invernali che possono essere sempre di natura infettiva da batteri o virus. Il nostro organismo infatti viene mantenuto in salute da importanti meccanismi di difesa
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l’uso di composti con estratti di piante ad azione fortemente immunostimolante quali echinacea, uncaria, tabebuja, astragalo (ampiamente documentate da studi scientifici) quasi giornalmente ma con piccole interruzioni (per esempio usare 3 settimane al mese) l’uso di rimedi omeopatici di immunostimolazione con frequenza settimanale per tutto il periodo per aumentare in generale le difese aspecifiche generali. per i soggetti più debilitati o a rischio l’uso dei vaccini specifici anche omeopatici disponibili ogni anno per stimolare difese specifiche contro virus influenzale dell’anno. ricordiamo l’uso preventivo e fondamentale della vitamina C (naturale e non di sintesi!) a dosaggi sicuramente più efficaci (anche 1-2 grammi) al dì. Ma anche di tutti gli antiossidanti per migliorare la vitalità del soggetto l’uso di propoli tintura madre per una rapida ed efficace azione antisettica anche locale soprattutto per la gola. per i piu’ sensibili a livello naso/gola esistono specialita’ spray come dispositivi medici di recente realizzazione ad azione protettiva / barriera delle mucose. come prevenzione anche gli oligoelementi manganese/rame in grado di correggere il terreno predisposto cioè quelle persone che ritualmente ogni anno si ammalano per le quali si raccomanda un pò tutto quanto esposto. Gli incontri saranno realizzati mensilmente presso la sala conferenze della Farmacia Rossetti Laura
Via Maremmana 300 a Villanova di Guidonia 0774/325418 Saranno realizzati, previa prenotazione. Il costo è di 10 euro, gratuito per chi esibirà il coupon.
“VORREI CHE TUTTI COMPRENDESSERO CHE POSSONO CONTARE SU SE STESSI, CHE CIASCUNO E’ RESPONSABILE DELLA PROPRIA PERSONA, CHE IL CORPO DI CUI SI DISPONE VA AMMINISTRATO COME QUALUNQUE ALTRO BENE”
(Caterina Kousmine Medico, nutrizionista famosa per aver introdotto il metodo Kousmine di nutriterapia) Dr. Raffaele Vincenti Farmacista specializzato in Scienze e Tecnologia Olistiche Metodologia Omeopatica e Biotipologia Docente e membro dell’Associazione Internazionale di Clinica e Terapia Olistica
Photo L’Étranger a l i m e n t a z i o n e
G gusto A CURA DI
Giusy Ferraina
DISCUSSIONI,
INCONTRI E
PRODOTTI
AL MEETING DI RISTORAZIONE
COLLETTIVA è A R E A
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La ristorazione collettiva torna a essere protagonista con Professione inMensa, due giornate di incontri e di proposte - il 20 e il 21 novembre 2010 presso il CAR di Guidonia (Rm) - con aziende, chef, nutrizionisti, insegnanti fino ai suoi utenti finali. L’idea di Fabio Campoli e del suo Circolo dei Buongustai di dar voce e valore a un settore spesso ritenuto di serie b attraverso il Campionato di Ristorazione Collettiva ha ottenuto, nel corso di questi cinque anni, un riconoscimento progressivo da parte degli operatori e dei media, tale da portare alla naturale trasformazione da semplice gara in un percorso più complesso di discussione e confronto, che prende il nome di Meeting della Ristorazione Collettiva. Quest’anno partner importante dell’iniziativa sarà la Orogel che ha deciso di premiare i partecipanti delle due originali gare in programma. Si tratta de “La Ricetta d’Oro.. Gel”, in cui “casalinghe e mamme” si sfideranno ai fornelli con una loro ricetta pensata per la ristorazione scolastica e giudicate dagli chef e, a seguire, un’altra gara in cui saranno gli chef a presentare i loro menù ideali per una “giornata in mensa”. A tutto questo si è disegnato un contorno necessario di discussione, attraverso una tavola rotonda, con personaggi del mondo della scienza, della medicina, del marketing e di aziende leader con le loro case-history e i loro prodotti e/o servizi. Il Meeting della Ristorazione Collettiva si propone l’intento specifico di mettere sotto la lente d’ingrandimento le professionalità che operano all’interno del comparto di ristorazione collettiva, focalizzare le potenzialità del settore e delle persone che ci lavorano, il talento, e soprattutto la “qualità percepita” dall’utente finale, attraverso un confronto allargato e costruttivo delle aziende e dei tanti operatori, è un momento pensato per discutere e analizzare le problematiche, conoscere le novità del settore, fare il punto della situazione per ricominciare con nuove iniziative e nuovi entusiasmi. Obiettivo principe è diffondere la “cultura della formazione” nel mestiere del ristoratore, che al giorno d’oggi diventa un’esigenza vera e propria da cui è difficile prescindere, in quanto è dalla sua preparazione che deriva poi la soddisfazione del cliente. Quest’anno si è pensato a una gara capace di mettere al centro dell’attenzione tutti quei cuochi lontani dai “riflettori” dell’alta
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ristorazione - attenzione di cui hanno bisogno, come sottolineano gli organizzatori – ma coinvolgendoli sempre di più in momenti di discussione e di aggiornamento. Tutto ciò per dimostrare che anche le “cucine dai grandissimi numeri” possono offrire un servizio di alta qualità.Formare un cuoco per la ristorazione collettiva vuol dire fornire gli elementi e gli strumenti per una cucina sana e salutare, più che di gusto. Il gusto non deve essere, come si continua a dire, il problema principale di chi mangia in mensa. Le persone “obbligate”, per diversi motivi, a mangiare a mensa ogni giorno, hanno bisogno di mangiare salutare, di mangiare cibi sani, trattati e cucinati in modo che non disperdano le loro proprietà nutritive e che non facciano star male. Dopo il successo della scorsa edizione, svoltasi sempre presso il CAR di Guidonia, con centinaia di persone che hanno assistito alla gara fra i 50 cuochi iscritti e una giuria che ha proposto nomi del mondo della scienza, della gastronomia, dello sport e della televisione come Elisa Isoardi della Prova del Cuoco, madrina dell’intera manifestazione, Eva Crosetta direttamente da Linea Verde, Silvana Giacobini, il regista Giuseppe Sciacca e il campione Nino Benvenuti, l’appuntamento si rinnova puntuale, sabato 20 e domenica 21 novembre, con un nuovo parterre di ospiti noti, tutti amici del Circolo dei Buongustai, pronti a condividere due giornate di discussioni e gare gastronomiche. “Con il Meeting abbiamo scommesso tutto sul concetto di cultura della formazione, necessaria per operare in modo etico e responsabile nella cucina dei grandissimi numeri. Quello che più mi sta a cuore il concetto di una cucina sana, che non fa male, con un’attenzione particolare alla selezione degli alimenti e alle tecniche di cottura. Ogni giorno e per lungo tempo milioni di persone sono obbligati a mangiare fuori casa, è necessario aver presente, che la salute passa da quello che mangiamo. Ecco perché mi piacerebbe una cucina in mensa che somigli alla cucina di casa.” ha dichiarato lo chef Fabio Campoli
OBIETTIVO PRINCIPE È DIFFONDERE LA “CULTURA DELLA FORMAZIONE” NEL MESTIERE DEL RISTORATORE,
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Vicolo della Renella, 94 00153 | Roma (Trastevere) 06 58.18.840 vizicapitali.com
Vizi capitali,piccolo e accogliente locale nel cuore di trastevere a pochi passi da piazza Trilussa, gestito con cura dallo chef e proprietario Fabio Di Felice,insieme a sua moglie Maria, direttrice di sala. La forza del locale è la qualità ,la freschezza e l’essenzialità della cucina;solo pesce fresco del golfo di terracina cucinato con semplicità e passione da Fabio. Tra i piatti più richiesti ricordiamo i crudi freschissimi, a seguire tra i primi piatti paccheri ai crostacei, gnocchetti gambero rosso e pecorino e zuppa di pesce, e poi i secondi che variano a seconda del pescato del giorno e della fantasia dello chef, spigola, dentice, scorfani e molte altre varietà pregiate che arrivano quotidianamente.Per finire dolci preparati da Maria ,ormai famoso il tiramisu’,la torta cocco e nutella o i biscotti secchi serviti a fine pasto con passito o limoncello. Non manca una discreta cantina con piu’ di 250 etichette.
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Il Caffè Universale situato nella caratteristica via delle Coppelle, poco distante dal Pantheon, incanta per la sua atmosfera particolare e suggestiva. La cura nell’arredamento rende l’atmosfera piacevole e raffinata, l’attenzione e la maestria degli chef in cucina offrono la giusta sintesi di tradizione, creatività e qualità degli ingredienti. Il ristorante offre ai suoi clienti prodotti pregiati e ricercati,unici nella loro vera ‘essenza’ per valorizzarne ancora di più il naturale sapore. Il Caffè Universale accompagna il proprio ospite non soltanto per il pranzo o la cena ma durante tutta la giornata partendo dalla colazione con pregiati caffè, profumate cioccolate o nettari di frutta biologici, passando per sfiziosi aperitivi e concludendo con un dopocena assaporando spiriti provenienti da tutto il mondo. E per chi lo desidera, la possibilità di immergersi in un sogno senza tempo per esaltare il proprio benessere, grazie ad una SPA che offre ogni sorta di trattamento.
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Via delle Coppelle, 16° Roma 06 68392065 universalecaffe.it
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M musica A CURA DI Marta Rossi
ANNA
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Poteva essere un sabato pomeriggio come tanti quello del due ottobre al centro commerciale Porta di Roma, dove tantissime persone si aggiravano tra i
negozi… Presso la FNAC però non passava inosservato quel particolarissimo volto troneggiante sulle schermate delle vetrine: il volto di Anna Oxa, che dopo quattro anni di “silenzio” in occasione del ritorno sulle scene con il nuovo album “Proxima”, ha incontrato i fan nella rinomata location, riuscendo a catturare con il magnetismo che la caratterizza l’attenzione di molti curiosi. L’atmosfera di fibrillazione era percepibile soprattutto tra le prime file, dove i fan che da sempre la seguono si sono raccolti per toccare con mano il sogno di parlare con la cantante. È proprio questo che la FNAC regala attraverso i suoi incontri: un’atmosfera suggestiva in cui le persone possono dialogare con i propri idoli, porgendo loro le domande giuste, quelle che sicuramente un artista vorrebbe sentirsi porre perché probabilmente le più “sentite” emotivamente da coloro che a lungo ne hanno
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studiato l’essenza della creatività e possono comunicargli tutto il proprio affetto. In questa sinergia tra pubblico e cantante, Anna ha spiegato il contenuto e le forme sonore del nuovo album “Proxima” che “riporta in se un contenuto di pensieri, di evoluzione, di eventi, è qualcosa che guarda al passato, lo risolve e si proietta in un futuro guardandosi attorno”. “Proxima è modo etico di essere con voi, vicino a voi” con queste parole la cantante ha espresso la vicinanza ai fan, ricordando l’importanza del tour live che si terrà nei teatri per essere ancora più vicina a loro: “Il live sarà espressione del passaggio da una profonda comprensione del passato con la ripresa di brani datati fino ad arrivare a Proxima, le cui radici risiedono in quegli stessi brani”. Primo singolo estratto dall’album è “Tutto l’amore intorno” scritto da Ivano Fossati con cui la cantante si è ritrovata dopo trentadue anni per capire “se le stesse cose potevano coesistere in quel momento” come lei stessa ha precisato. L’album è ricco di altre importanti collaborazioni tra cui Pacifico e Bianconi con i quali c’è stato un continuo adattamento delle melodie, si è lavorato in una continua evoluzione per arrivare dritti all’anima di chi ascolta. Tra i brani più emotivamente sentiti
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c’è “La tigre” di Bianconi: questo animale selvaggio che vive in piena solitudine e viene ingabbiato rimanda alla concezione dell’uomo che secondo Anna Oxa “è ingabbiato ma pensa di essere estremamente libero” e ancora la “Ghost Truck” definita da lei stessa “ viaggio meditativo della durata di undici minuti di suoni creati da elementi del pianeta, da cornamuse, dall’acqua, dal canto delle sirene...”. L’incredibile evoluzione musicale di “Proxima” è percepibile ad ogni sonorità che, come la cantante ha specificato, crea dall’uso più svariato della sua voce e persino dal contatto con la pelle. “Il gesto più grande d’amore verso di voi è potervi dare un prodotto così e poter dare a voi l’evoluzione, la comprensione, facendovi vivere qualcosa che io faccio quotidianamente, perché sono l’evoluzione, sono colei che non è stata ferma!” è con queste parole che Anna ha espresso la sua emozione di fronte all’affetto dimostratole dal pubblico, lasciando riflettere a lungo su quella che è una grande lezione di vita: “Bisogna essere vivi, lottare dentro, cambiare, divenire qualcosa, darsi da fare, diventare esseri umani consapevoli”.
“BISOGNA ESSERE VIVI, LOTTARE DENTRO, CAMBIARE, DIVENIRE QUALCOSA, DARSI DA FARE, DIVENTARE ESSERI UMANI CONSAPEVOLI”
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Photo Luigi Orru m u s i c a
M macondo
IN COLLABORAZIONE CON
Libreria Altroquando
fino all’avvento del cinematografo. I due autori organizzano il materiale in tre capitoli, all’interno dei quali intrecciano le spiegazioni sul funzionamento del dispositivo alla narrazione dei temi prediletti dai lanternisti e dal loro pubblico: religione, erotismo, viaggi, etc…Il tutto arricchito da più di 500 foto a colori che da sole valgono il prezzo del libro. Buona lettura! A cura di Dario Zullo Lanterna magica e film dipinto. 400 anni di cinema di L. Mannoni e D. Pesenti Campagnoni Il Castoro euro 40
LANTERNA MAGICA
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Chiunque abbia avuto la fortuna di visitare la Cinémathèque française di Parigi sarà sicuramente rimasto a bocca aperta davanti alle lanterne magiche, ai vetri dipinti, agli zootropi e alle altre meraviglie esposte nelle sale dedicate al precinema.Negli anni seguenti all’invenzione dei Lumière (1895) sono stati numerosi gli studiosi e cineasti che nelle loro opere hanno reso omaggio a tali dispositivi. Oltre a Ingmar Bergman potremmo citare Francis Ford Coppola. Il quale, collezionista folgorato da una visita proprio alla Cinémathèque, in Dracula di Bram Stoker (1992, ambientato alla fine dell’800) ci regala una delle sequenze più formidabili della storia del cinema. Il conte Vlad – Gary Oldman, appena sbarcato a Londra, vaga per le strade della metropoli alla ricerca di Mina – Winona Ryder (immagine reincarnata della defunta moglie del conte). Finalmente la trova, attirandola a sé, e la seduzione avrà il suo iniziale culmine proprio davanti, e dietro, ad uno schermo dove sono proiettate alcune immagini in movimento erotiche, ultima meraviglia della scienza.Ed è proprio Coppola a firmare l’introduzione al volume che vi presentiamo, Lanterna magica e film dipinto. 400 anni di cinema, di Laurent Mannoni e Donata Pesenti Campagnoni, Il Castoro. Il libro, originariamente pubblicato in occasione della mostra tenutasi alla Cinémathèque française (e che si potrà ammirare anche alla Venaria Reale di Torino a partire dal 22 luglio), ripercorre la storia della lanterna magica
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E FILM DIPINTO.
di non agire più, di subire l’esistenza senza le tragiche conseguenze delle scelte. Non diventare nessuno, non cedere al desiderio di autoaffermazione che corrompe la società contemporanea, lasciare che l’indifferenza invada la tua vita. Infilarti nel labirinto della propria infelicità e misurarla passo dopo passo, dietro ogni angolo, minuziosamente, per poi scoprire che la porta è aperta. Non agire per non soffrire porta solo ad una sofferenza maggiore. La solitudine non insegna niente, l’indifferenza non insegna niente, e non ti renderà differente. In poco più di cento pagine si analizza e si affronta il male che affligge buona parte della popolazione mondiale che può permetterselo: la depressione. La sofferenza ed il dolore sono dietro ogni angolo e sono inesorabili. Una volta raggiunta questa consapevolezza, il soffrirne è l’ennesima forma di autolesionismo. Con partecipe lucidità Perec descrive il mondo in cui vive, il passaggio dall’interiorità all’esteriorità che avviene nel secolo scorso, aiutandoci a congiungere le singole parti insensate fino ad ottenere un’immagine omogenea che rappresenta il nostro presente. Dal suo primo romanzo “le cose” del 1965 fino al suo capolavoro del 1978 “la vita istruzioni per l’uso”, i temi affrontati sono quelli cui non si guarda neanche più, perché “si è o si crede di esservi fin troppo abituati”, come la paura della vita. Ma un uomo che dorme è comunque vittima del proprio inconscio e non smetterà lo stesso di temere la vita. Bisogna solo prendere coscienza che questo timore è normale e, forse, anche necessario. A cura di Claudia Bena Un uomo che dorme Georges Perec edizioni Quodlibet euro 12,50
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Svegliarti una mattina e decidere che non serve a niente vivere. Il dover essere, il dover fare, l’azione, il progresso, il successo, l’università, l’amicizia, tutto inutile. Mangiare è una semplice necessità, come dormire e respirare. Quante volte hai pensato all’inutilità di arrampicarsi in cima, quando alla fine devi comunque riscendere? Di fronte all’infelicità inevitabile dell’essere umano, per cui la sofferenza è già scritta in ogni passaggio della vita, decidi
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UOMO CHE DORME
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T LAVEDOVA
teatro quirino
IN COLLABORAZIONE CON
Ufficio Stampa Quirino
ALLEGRA
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Centocinquanta anni fa, nel 1861, il commediografo e librettista francese Henri Meilhac (lo stesso della Carmen di Bizet), scrisse un piacevole vaudeville che però divenne famosissimo solo molti anni dopo, nel 1905, grazie alla musica di Franz Lèhar: era nata La Vedova Allegra. “Non si offenda , ma questa non è musica”. Questa frase, dettata dallo stesso Lèhar, apparve incisa sulle medaglie omaggio che la direzione del Teatro An der Wien offrì in occasione della trecentesima replica de La Vedova Allegra: una rivincita che il musicista volle concedersi nei confronti della direzione del teatro stesso e dei critici, che la sera della prima gli avevano rivolto quello scettico e non lungimirante apprezzamento. Ma forse avevano ragione. La Vedova Allegra non è musica, è molto di piu: è una emozione, una esperienza sensitiva che si stampa a lungo nella memoria di chi l’ascolta. La Vedova Allegra è un capolavoro di genuina ispirazione dove i protagonisti sono coinvolti in un vorticoso e divertente scambio di coppie, di promesse, di sospetti e di rivelazioni. Un parapiglia che, come è naturale che sia in una operetta, al termine si ricompone nel migliore
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dei modi con il matrimonio fra la bella vedova Anna Glavari e l’aitante diplomatico Danilo. Così, nel finale, tutti cantano la celeberrima marcetta “È scabroso le donne studiar!” in una Parigi elegante e spensierata, come elegante e spensierata vuole essere questa edizione de La Vedova Allegra, dove si va da Maxim (ancora oggi simbolo mondanoturistico parigino), si danno nomi capricciosi alle donnine che allietano le serate piccanti dei diplomatici, si cantano valzer pervasi da un erotismo scintillante, si ballano indemoniati can-can e si ama con assoluta gaiezza in una atmosfera spensierata e contagiosa che assimila attori e pubblico. Ed è in questa sinergia che l’operetta vola sulle ali del canto, della danza, della prosa, della maschera, del gesto facendosi teatro perfetto o, in modo meno presuntuoso, perfettamente teatrale. E dopo 150 anni la storia della Vedova Allegra è ancora qui fra di noi ed è ancora oggi uno degli spettacoli più rappresentati al mondo; cosa è dunque successo? Nulla nella partitura di Lèhar, molto in chi capisce che si può tranquillamente accettare la dimensione intellettuale della nostalgia che rende più sereni.....e chi, di questi tempi, non ne ha bisogno? Corrado Abbati
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26 ottobre 14 novembre Compagnia Corrado Abbati
LA VEDOVA ALLEGRA (Die Lustige Widwe) libretto Victor Leon e Leo Stein da un soggetto di Henri Meilhac musica Franz Lehàr scene Stefano Maccarini costumi Artemio Cabassi coreografie Giada Bardelli direzione musicale Marco Fiorini adattamento e regia Corrado Abbati
“È SCABROSO LE DONNE STUDIAR!”
Ufficio stampa Teatro Quirino Paola Rotunno responsabile 339.3429716 Francesca Melucci Tel 06/6790616 Fax 06/6791346 paolasilvia.rotunno@fastwebnet.it stampa@teatroquirino.it
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M BEPPE GRILLO moleskine
IN COLLABORAZIONE CON
Promo Press Agency Daniele Mignardi
IS BACK TOUR 2010/2011
LUNEDI 15 NOVEMBRE, ore 21 GRAN TEATRO DI ROMA Viale Tor di Quinto Informazioni sulle prevendite: Tel. 800.907080 - 010.5221001 – 06.33270050 info@grandieventi.it
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BEPPE GRILLO IS BACK… un annuncio, una minaccia e il titolo del nuovo, comicissimo, provocatorio spettacolo che porta l’artista genovese davanti alle platee italiane. Dopo sette lunghi anni, torna nei teatri la satira senza freni di Beppe Grillo in un nuovo lavoro. Lunedì 15 novembre la tournèe arriverà a Roma (al “Gran Teatro” di Viale Tor di Quinto), dopo essere partita da lontano: Londra, Parigi, le altre grandi capitali europee, che Beppe Grillo
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ha toccato con successo. Ora è attesissimo dal pubblico italiano. Com’è nel suo stile, Grillo non proporrà una comicità disimpegnata: anzi, attendiamoci il suo linguaggio pungente, la linea incisiva del pensiero, i temi su cui riflettere tratti da quello che ci gira attorno... Chi frequenta il blog del comico lo sa bene, ormai la satira e la verve sono strumenti per sviscerare argomenti di ben altra portata: la prima pagina del suo blog enumera un elenco di “battaglie” da far impallidire generali veterani! I fatti che suscitano discussione a livello nazionale, internazionale, ma anche cittadino (Grillo è sempre informatissimo!).
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