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architettura | edilizia | design | arredo

INTERNI

Un albergo nel cuore di Napoli ATTUALITÀ

Intervista a Luigi de Magistris ARCHITETTURA

Fuksas a Salerno

FOTOVOLTAICO & DESIGN

LA VERANDA DEL FUTURO Giugno 2014 - Numero 2

Un nido per bambini malati di Aids Un progetto di Made in Earth www.arkeda.it


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sommario editoriale 6

FOTOGRAFANDO

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COVER STORY - SELAR SYSTEM

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STRITTVIEW di Simona Capecchi

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L’INDICE SPUNTATO di Sergio Fermariello

20 7 DOMANDE RICORDANDO BRUNO ZEVI 21

CASA RANA di Ugo Carughi

28 INTERVISTA A LUIGI DE MAGISTRIS di Diego Lama

32 LUSSO CON VISTA SUL GOLFO di Donatella Bernabò Silorata

38 REGINA FACTORY di Daniela Abbrunzo

43 SALERNOEUROPA di Luigi Centola

46 FOCUS. LO STILE IN CUCINA 48 DELLA STESSA SOSTANZA DEI SOGNI di Viviana Carbonelli

52 FOCUS. ARREDARE L’ESTATE 54 UN ALTRO PARCO DIMENTICATO di Giorgia Borrelli

58 FOCUS. MATERIALI E DESIGN 62 FOCUS. IL DESIGN SI TINGE DI ARANCIO 64 IL FENOMENO WRITERS A NAPOLI di Roberto D’Alessandro

70 FOCUS. SPAZIO AL BENESSERE 72 ARKEDA, NATA GRANDE 74 D.A.F.NA HOME GALLERY 76 HANNO COLLABORATO… 77

MAPPING NAPOLI di Giuseppe Guida

79 SITE-MAP di Sergio Stenti

80 DISTRIBUZIONE 81

SETTE LUOGHI di Giancarlo Artese

82 STAZIONI, SPIGOLI E FACCIATE di Mauro Giancaspro

IN COPERTINA: una realizzazione firmata Selar System, redazionale a pag. 12

Arkeda – la mostra di design, arredamento e architettura inaugurata alla Mostra d’Oltremare a fine 2013 – è stato un grande successo mediatico e di pubblico. Ne siamo orgogliosi perché questa rivista nasce e vive grazie alle sinergie (economiche e culturali) che si generano con la fiera. L’organizzazione della prossima edizione è già in fase avanzata e il programma 2014 (28/30 novembre 2014) sarà dedicato alle eccellenze nel design. Ma la grande novità della seconda edizione riguarderà la formazione professionale, croce e delizia di tanti professionisti. Grazie al patrocinio dell’Ordine degli Architetti di Napoli e dell’Ordine degli Architetti di Caserta saranno svolti durante le giornate della mostra numerosi seminari che consentiranno l’attribuzione di crediti formativi per Architetti e Ingegneri. I professionisti potranno scegliere fra quattro eventi con crediti formativi: due dedicati al design, uno all’architettura sostenibile e uno alla deontologia. Inoltre, per quanto riguarda il design, un seminario illustrerà i nuovi materiali dell’architettura provenienti dall’innovazione e dalla ricerca. L’architettura, l’edilizia, l’arredamento sono il motore propulsivo di qualsiasi economia, oltre a essere una eccellenza del nostro paese. Anche a Napoli e in Campania bisognerebbe investire di più in questo settore per creare posti di lavoro e ricchezza. A volte invece sembra di viaggiare da soli, ignorati dalle istituzioni se non addirittura ostacolati dal sistema. Per fortuna c’è il pubblico, che premia sempre la qualità. ARKEDAMAGAZINE

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Napoli, Bagnoli. CittĂ della Scienza

4 marzo 2014, un anno dopo Fotografia di Cristina Ferraiuolo


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Napoli

Writer Fotografia di Massimo Lama

In queste pagine un catalogo di immagini che mostrano la capacità dei writer napoletani di stravolgere l’aspetto della città lavorando sul/nel degrado.


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Napoli, Pizzofalcone

Miseria e nobiltĂ Fotografia di Mariella Perruna

Villa Ebe, la splendida dimora progettata e costruita dall’architetto Lamont Young nel 1922, fu acquistata dal comune di Napoli nel 1997 e incendiata nel 2000. Ora è rifugio di senzatetto. No Comment.


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COVERSTORY

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STRITTVIEW di Simo Capecchi

Vista mare N

el basamento di un palazzo in via Serapide a Santa Lucia è incastonata una torretta circolare, forse un faro, dalla quale in passato ci si affacciava sulla spiaggia e sul golfo di Napoli. Con il Risanamento di fine Ottocento e dopo la colmata a mare di Santa Lucia, questo e gli altri edifici circostanti sono diventati il retro del nuovo quartiere residenziale umbertino. Sul basamento e alle spalle della torretta, è cresciuta una costruzione di sei, sette piani, realizzati apparentemente in tempi diversi, fino al terrazzo con stenditoio sul tetto. L’edificio a fianco si è sviluppato nello stesso modo. Tra i due palazzi si inerpica la scalinata di vico Storto Pallonetto Santa Lucia e alle loro spalle c’è la scarpata del monte Echia, culla del primo insediamento urbano della città greca. In barba a regolamenti edilizi e a qualsiasi disegno d’insieme, i due palazzi si sono contesi ogni centimetro disponibile. Un’architettura involontaria e dalla geometria azzardata, con cuspidi triangolari, terrazzi sfalsati e parti a sbalzo come ziggurat capovolti, alla ricerca del panorama perduto. www.inviaggiocoltaccuino.com

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L’INDICE SPUNTATO di Sergio Fermariello

Pulizia al potere P

er il mondo dell’arte contemporanea un nuovo spettro si aggira per l’Europa: la solerzia degli addetti alle pulizie e al buon ordine delle sale museali. Proprio quando l’arte sembra essersi riconciliata con la società, il cui potere ha cambiato forma, e dai cui aspetti violenti gli artisti si erano sempre opposti in passato, con la forza immaginifica dell’utopia, ecco prospettarsi all’orizzonte un nuovo nemico imprevisto, che rischia questa volta di mettere ordine e scompiglio alle sue idee, e già parla con la forza brillante del suo nuovo simbolo: scopa e secchiello. È successo a Bari, nella sala Murat, spazio dedicato a mostre d’arte contemporanea, quando una donna delle pulizie ha scambiato l’opera di un artista, realizzata con materiali quotidiani, per materiale di scarto da cestinare. Era già successo di recente nel Museo d’arte di Ravenna, dove un operaio della struttura aveva stuccato un muro, cancellando in questa maniera, il “finto” buco disegnato sulla parete da un giovane performer della “street art”. Già nel 1978, alla Biennale di Venezia, fece clamore il caso di un imbianchino che osò tinteggiare la “porta” di Marcel Duchamp, scambiandola per un oggetto d’arredo, creando non poco imbarazzo tra gli organizzatori della Kermesse lagunare. Visto il reiterarsi del fenomeno, e per evitare che questo si possa ripetere, qualcuno si è spinto a suggerire, non senza una certa dose d’ironia, l’obbligo di corsi serali di storia dell’arte contemporanea per gli addetti al settore delle pulizie in genere, affinché sappiano riconoscere le intenzioni e l’opus degli artisti. Questi corsi di formazione offrirebbero il vantaggio non trascurabile, di farci ritrovare in futuro un corpo specializzato di professionisti nel campo delle pulizie e della critica avanzata, in grado di spiegare agli artisti stessi, il senso di tante opere che spesso sfugge loro, riuscendo magari nell’intento di restituirgli, quel “senso della realtà” e quell’ordine delle cose, che è rimasta una prerogativa solo, dell’uomo delle pulizie. Ma, a questo punto, conviene porsi una domanda: oggi che l’arte contemporanea non deve più guardarsi dal “moralismo” della società, dal momento che la società stessa, non sa più cosa farsene di una “morale”, ha senso ancora creare disordine e non-sense? A chi conviene, visto che la rottura delle norme rischia di servire più alla speculazione che non all’umanità che aveva il compito di servire? La morale è infatti, vista come un freno, un laccio, per un potere, nella società dei consumi, desideroso di spingersi al di là di ogni limite, oltre il quale ogni mezzo diventa un fine. Se oggi l’arte con le sue pratiche trasgressive e con operazioni che vogliono fare gridare allo scandalo, non vede più la società rivolgerglisi contro, è perché il potere che la rappresenta, ha smesso di temerla, avendone assunto gli stessi paradigmi e la stessa lingua.

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Portare il “sogno al potere”, che era il famoso slogan delle avanguardie storiche del Novecento, oggi viene sognato dal potere stesso e presto si potrebbe rivelare un incubo per chi lo aveva immaginato originariamente. Ma se il potere si è dimostrato, nel dispiegamento della sua natura, profondamente anarchico e allergico a ogni forma di controllo, pronto a sponsorizzare ogni adesione al suo modello, chi ci potrà salvare? Non certo gli artisti che “stando al gioco” rispondono al vetusto “saper fare” artigianale, con il “far sapere” dell’informazione. Oggi gli artisti creano opere come “incidenti di percorso”, per poi aspettarsi “l’ingorgo” della comunicazione come premio. Artisti che fanno la pubblicità a un prodotto inesistente: geniale, ma alla terra, che serve? Compito della creazione è il restituirsi, recitava il poeta, non quando si trasforma la realtà in un reality, e l’unico legame che si mantiene con la terra è il filo inserito nella spina per assistere al proprio spettacolo. In un epoca come questa, quando di giorno è buio e si cammina con le lanterne accese, si potrebbe sospettare che Dio ci abbia lasciato definitivamente, al che verrebbe spontanea la domanda: Ma arrivati a questo punto, noi come mortali, siamo ancora in grado di compiere una buona azione? Nel frattempo che gli artisti di buona volontà si decidano per il meglio sul da farsi, annuncio: uomini e donne delle pulizie di tutto il mondo, unitevi.

Opera dell’artista Eron (Davide Salvadei)


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7 DOMANDE RICORDANDO BRUNO ZEVI di Francesco Cirillo

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Quante persone amano la musica, la pittura, la scultura, ignorando del tutto il “contenitore” di queste arti, cioè l’architettura, è un atto d’ignoranza o negligenza? Anzitutto contesto che l’architettura sia il contenitore delle altre arti; preconcetto accademico. È più facile visitare una mostra di pittura e scultura, leggere un romanzo, seguire un concerto che vedere l’architettura. La conoscenza, prima ancora della comprensione dell’architettura, esige enorme fatica, persino per un architetto. È un mezzo miracolo che tanti profani si interessino di questo campo.

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Credere, obbedire, combattere: tre ideali per l’architettura? L’architettura rifiuta qualsiasi coercizione e, tanto più, la triade mussoliniana. Obbedire si può, se si ha l’animo di un subalterno. Combattere si deve, qualora l’alternativa sia la morte. Ma credere? Questo è un atto di libertà, spontaneo, non può essere obbligatorio. Quindi, tanto per cominciare, architettiamo senza obbedire a niente e a nessuno, combattendo non per un’astratta ideologia ma per la supremazia dell’individuo. E senza credere né nella materia né nello spirito, né in Dio né nel diavolo, propugnando il disordine piuttosto che l’ordine dottrinario imposto.

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Che cosa sono per lei: forma, funzione e struttura in architettura e come sono legate fra loro. Nulla e tutto. La forma deriva dalla funzione e dalla struttura, ma la struttura dipende dalla forma della funzione, e la funzione dalla forma strutturata. Nessun legame perché sono la stessa cosa. Ogni distinzione è cervellotica, sofisticata, degna di cattedratici.

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Vale più la fantasia o la tecnica in architettura? La fantasia tecnologica.

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In un progetto lei crede che luce, spazio e forma debbano essere direttamente proporzionati tra di loro? Oppure l’una può prevalere sull’altra Lo spazio deve prevalere. La forma o è quella dello spazio, o è fuori dall’architettura. La luce non è un problema perché è congeniale allo spazio.

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Lei crede che “semplicità”, “precisione”, “organicità” e “ordine” possono ritenersi quattro virtù dell’architettura? Vorrei avere una sua opinione su ognuna di esse. Una sola è virtù, le altre tre sono preconcetti negativi: semplicità, no, specie adesso, tempo di complessità; precisione meno ancora, una caverna è splendida proprio perché totalmente imprecisa; l’ordine, per carità! è sempre quello del potere. Resta dunque una sola virtù, l’organicità, che ammette il labirintico, l’impreciso e il disordinato.

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Lei è per molti un maestro. Cosa vuol dire essere un maestro? Una figura cui si fa riferimento, avere altre responsabilità. Che immagine pensa di dare ai giovani? Giovanni Michelucci pubblicò un aureo libretto intitolato Non sono un maestro. Lo stesso potrei fare io, dimostrando che ogni mia idea, o principio o invariante, ha un riferimento storico preciso: William Morris, Loos, Olbrich, Bauhaus, L.C., Wright, ecc. Io non ho prodotto questi valori, li ho solo gestiti. Non è poco, e ne sono assai lieto. Penso di dare ai giovani la coscienza dell’eresia di fronte a tutti i vitelli d’oro del classicismo e dell’accademia, il metodo di azzerare per ricominciare sempre daccapo.

(Estratto da “CENTO DOMANDE A BRUNO ZEVI” di Francesco Cirillo, CLEAN edizioni, del 2001)

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Casa Rana Un nido per bambini malati di Aids

di Ugo Carughi Fotografie: Made in Earth

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ase, scuole, edifici comunitari, alloggi temporanei per rifugiati sono progettati e costruiti per conto di due organizzazioni umanitarie, l’indiana Terre des Hommes e la svizzera Main dans la Main, in India, nello Stato di Tamil Nadu. Non da Zaha Hadid o da Massimiliano Fuksas, da Renzo Piano o da Frank Gehry, ma da un gruppo di architetti che ha costituito Made in Earth, una ONLUS che promuove contatti tra finanziatori e organismi locali, fornendo progetti e supporti operativi: una nuova filosofia di approccio all’architettura. Il fenomeno è apparentemente simile a quello che, nell’era della globalizzazione, connota

Un progetto in India di Made in Earth ARKEDAMAGAZINE

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gli interventi degli archistar in tutto il mondo: progettisti che operano in Paesi stranieri portandovi una cultura più evoluta e realizzando organismi che dovrebbero innescare processi di miglioramento delle condizioni di vita e di crescita dell’economia in contesti arretrati rispetto agli standards europei. E invece sono fenomeni del tutto differenti. Anche da un punto di vista banalmente dimensionale, risulterebbe improponibile l’accostamento della Casa Rana, del Paul Institute, della Community Hall o della Vellore House, progettati da Made in Earth, con il centro culturale realizzato da Piano a Noumea, in Nuova Caledonia o con l’eclatante Guggenheim di Frank Ghery, che ha trasformato la piccola Bilbao. Ma l’architettura non è solo estetica, dimensione o stupore. Oltre che di muri, travi, pilastri, coperture, spazio, è fatta di economia, di sociologia, di meccanismi produttivi, di sistemi giurisdizionali e di tradizioni. Spesso un’opera importante e costosa progettata da un famoso architetto in una realtà estranea alla sua cultura e agli interessi più immediati dei committenti, rappresenta un trapianto non riuscito, del quale quotidianamente la collettività è costretta a sopportare l’inutilità, i costi di gestione, l’estraneità rispetto al sistema di valori cui era avvezza. Gli esempi sono innumerevoli, non soltanto in Paesi lontani per collocazione geografica e per cultura, ma anche nella vecchia Europa, nelle nostre stesse città. L’approccio di Made in Earth è radicalmente diverso: le soluzioni innovative passano attraverso lo studio e l’applicazione di tecniche costruttive tradizionali, intese quali caratteri della cultura locale da preservare, secondo una filosofia riconosciuta anche, ad esempio, nel campo del restauro dove non conta solo il che cosa ma anche il come si ripri22

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stina un manufatto. In quel come c’è la possibilità di conoscere il mondo di cui quel manufatto è espressione. Questa filosofia comporta, inoltre, iniziative di formazione professionale rivolte anche alle comunità locali. Insomma, un vero e proprio progetto sociale che non esclude l’innovazione e il progresso, ma lega tali aspirazioni alla riconoscibilità dei contesti cui è rivolto. L’iniziativa convince anche sotto un profilo squisitamente economico. Grandi operazioni immobiliari o importanti opere pubbliche programmate per migliorare realtà depresse in tempi più o meno brevi, fondano le possibilità di riuscita sul rapporto tra le aspettative e le probabilità intese, queste ultime, come pertinenza tra le premesse iniziali e le conclusioni dell’intervento. Il concetto keynesiano di probabilità è fondato sulla prevedibilità che, però, diventa precaria quando la scala e la natura dell’intervento sono sovradimensionate ed estranee rispetto alle consuetudini e alle convenzioni vigenti nel contesto interessato. Queste abitudini sarebbero, infatti, premesse affidabili per un progetto, ma diventano inadeguate se gli obiettivi sono sovradimensionati e troppo immediati. Spesso, poi, la scelta d’importanti architetti o artisti è legata alla scommessa degli amministratori sul ritorno d’immagine che ne deriverebbe in termini politici e turistici. Un’incognita sovrapposta alla concretezza delle esigenze da soddisfare, nello stesso modo in cui, su un piano più generale, l’economia virtuale sopravanza quella reale. È appunto a quest’ultima, ai valori e alle aspettative delle comunità, che è rivolta l’attività di Made in Earth e d’altre analoghe organizzazioni. 24

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Made in Earth nasce da un gruppo di architetti che nel 2010 ha avviato alcuni progetti in India, nello stato del Tamil Nadu, per conto di due organizzazioni umanitarie: l’indiana Terre des Hommes Core Trust e la svizzera Main dans la Main. A questo nucleo di partenza si sono poi aggiunti altri professionisti e partner specializzati soprattutto nel campo dell’ingegneria strutturale e dell’energia. Team: Giancarlo Artese, Angelo Catani, Ada Catapano, Emanuela Ciccarelli, Marialetizia Gaeta, Sebastiano Gorini, Diego Lama, Stefano Riccio, Giuliana Sandulli, Fabiana Sciarelli, Flavia Scognamillo, Alessandro Turchi. Partner tecnici: Luciano Rosati, Francesco Marmo, Livio de Santoli, Francesco Mancini. www.madeinearth.it Casa Rana – situata a Thiruvannamalai (Tamil Nadu, India) – è una residenza destinata a ospitare quindici bambini sieropositivi e una mummy che si prende cura di loro. È costata circa 70.000 euro.


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di Diego Lama

Intervista a Luigi de Magistris 11 marzo 2014, ore 15.00 Entro in Palazzo San Giacomo e attendo il sindaco Luigi de Magistris nell’anticamera che è tappezzata di coppe, medaglie, onorificenze, ritratti, sculture e doni – alcuni di pessimo gusto – per il sindaco di Napoli. A guardare questa stanza sembra che egli sia davvero molto amato dai napoletani.

Ma quanto potere ha il sindaco nella gestione di una città? Questa è una domanda complicata che non può richiedere una risposta semplice. Di sicuro un sindaco ha potere. Perché ha il potere di essere stato eletto direttamente dal popolo: un aspetto non secondario oggi. Ovviamente non ha grande possibilità di incidere, come meriterebbe un suffragio così forte. In alcune materie il sindaco ha un potere d’indirizzo politico e può dire la sua anche su una visione di città. Anche se poi si scontra con gli apparati burocratici che molto spesso creano un gap abbastanza forte tra la decisione politica e la sua rispettiva attuazione. Oggi il suo potere è molto limitato da una crisi economica che in alcuni ambiti rende assai difficoltosa l’attuazione della volontà politica. Penso al funzionamento dignitoso dei servizi pubblici essenziali che ovviamente richiedono una situazione economica che attualmente il Comune di Napoli non possiede, sia per una crisi generale ma soprattutto per un debito strutturale molto forte. Il sindaco però ha il potere di dare una visione di città.

Qual è la visione di de Magistris? La visione della mia città è innanzitutto quella di tornare a diventare una capitale mondiale, quindi una città internazionale e meno provinciale di come lo è stata sinora. Per questo è necessario riaprirsi, senza paura, al confronto tra le grandi capitali del mondo. In questi due anni e mezzo di sindaco, mi sono reso conto che il made in Naples certe volte è più conosciuto del made in Italy perché Napoli ha una forte identità. E la sua potenza mediatica non deve emergere solo per le cose negative (che fanno il giro del mondo), ma può farlo anche per le cose positive: una città che riscopre le proprie tradizioni e che attraverso le proprie radici si proietta verso il futuro; radici come l’artigianato, caratteristico di questa storia, o come le attività imprenditoriali piccole e medie, e il commercio. 28

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Nella mia visione c’è anche un progressivo recupero degli spazi urbani: quelli abbandonati, quelli semi-abbandonati e quelli che vanno valorizzati. Anche la sicurezza della nostra città passa attraverso il recupero e l’occupazione da parte dei cittadini degli spazi pubblici. Un’operazione che a Napoli può funzionare: nella nostra città a mezzanotte trovi molti locali pieni, al contrario in tante altre città d’Italia, anche più blasonate, questo non accade. Quindi è una città ricca di vita, anche perché è quella che ha il più alto numero di giovani. Quindi, in sintesi, io vedo una città di giovani, internazionale che recupera gli spazi urbani e, attraverso la sua tradizione, si proietta verso il futuro.

A proposito di spazi urbani, che cosa succederà sul lungomare? Siamo riusciti a ottenere un finanziamento di 18 milioni di euro, grazie a fondi europei, che consentono una bella, importante e storica riqualificazione del lungomare. Per la parte centrale, via Caracciolo, abbiamo deciso di fare un concorso d’idee internazionale. Sulle altre due parti abbiamo progetti già pronti che devono essere messi in gara. Perché l’area di piazza Vittoria-Molosiglio ormai ha già un suo assetto e quindi è più semplice l’attività di decoro e di riqualificazione. Ciò vale anche per la parte che va da Rotonda Diaz verso Posillipo. Per via Caracciolo, invece, è tutto più complesso perché bisogna lasciare una parte di accessibilità ai mezzi su ruota, e poi c’è la Villa Comunale (alcuni pensano a una maggiore proiezione della Villa verso il mare). Un tema importante: è giusto e opportuno aprire a un concorso di idee internazionale.

Abbiamo anche delle previsioni sui tempi? Stiamo lavorando alacremente. Bisogna raggiungere degli equilibri istituzionali perché ci sono diverse soprintendenze che devono esprimere un parere sui progetti del lungomare. Abbiamo fatto moltissimi tavoli, siamo in una fase avanzata. Ho ragione di ritenere che questa primavera partiranno tutti e tre lotti a gara. Uno per il concorso d’idee, gli altri successivamente vedremo in che modo, utilizzando un progetto preliminare. Ormai siamo pronti per la fase più importante, quella dell’aggiudicazione dei lavori.

Un altro tema scottante, che interessa molto i napoletani, è lo Stadio San Paolo. Che sta succedendo? C’è stato anche l’intervento della procura regionale della Corte dei Conti che si è occupato della materia oggetto del rapporto. Noi siamo in una fase molto avanzata, nel senso che, in quanto Comune di Napoli, abbiamo proposto alla società Calcio Napoli una proposta di transazione che è prodromica alla stipula della nuova convenzione. Siamo pronti a chiudere questo “contenzioso debito-credito” che c’è con ARKEDAMAGAZINE

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la società Calcio Napoli. Ovviamente dobbiamo contemperare gli interessi del Comune a incassare delle somme, ma anche cercare di trovare un punto d’intesa con la società Calcio Napoli. Quindi transazione e convenzione. E all’interno di quest’ultima io ho posto come condizione che lo stadio San Paolo possa essere utilizzato, come succede anche adesso, da tantissimi altri sportivi, ma anche che la società si impegni nella riqualificazione e ristrutturazione dello stadio. Io credo che siamo molto vicini a un accordo.

Una cosa molto interessante, all’inizio del suo mandato, fu la questione delle piste ciclabili che attraversavano per la prima volta da oriente a occidente la città. Che cosa è successo dopo due anni: ci siamo fermati? Assolutamente no. Ecco due dati: a maggio dovrebbero partire le prime 20 stazioni di bike sharing che saranno molto utili a perfezionare il sistema. Poi, in tutti i progetti finanziati dall’Unione Europea che stanno andando a gara, sono previste piste ciclabili. Quindi tutti i grandi assi viari che si rea30

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lizzeranno per Napoli occidentale e orientale avranno piste ciclabili. Su altre strade, invece, ci sono dei problemi oggettivi: ad esempio stiamo rifacendo via Manzoni e per diverso tempo è stato aperto il tema della pista ciclabile, ma lì ci sono dei problemi oggettivi. Si venivano a creare dei problemi e sconvolgeva degli equilibri consolidati visto che per costruirla bisognava eliminare la possibilità di parcheggiare da un parte della strada. E questo avrebbe creato un disagio notevole ai cittadini, quindi ci siamo posti il problema di farlo sul marciapiede, ma non è stato possibile per ragioni di sicurezza. Napoli è una città che poco si presta alle biciclette, però il nostro progetto va avanti e credo che una svolta forte sia proprio il bike sharing.

Ogni periodo storico ha lasciato il suo segno sulla città: dai greci al fascismo, al boom economico. Da anni, già da Bassolino, la città non acquisisce nuove tracce, nuovi pezzi, nuovi edifici (a parte le stazioni delle metro). È un segnale di decadenza?


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Penso che abbiamo delle opportunità. Napoli contiene ancora pezzi di suolo inutilizzato. Dobbiamo sottrarli alle speculazioni e metterli a disposizione dell’architettura contemporanea. Mi viene da fare un esempio, Bagnoli, perché proprio in queste ore stiamo per firmare un accordo storico che contempla la ricostruzione di Città della Scienza, da fare meglio di come è stata costruita (perché il fatto che sia bruciata in quel modo ci lascia molto perplessi). Bagnoli si presta anche a un’edilizia abitativa un po’ diversa perché in questa città non c’è mai stata un’edilizia abitativa di qualità, di tipo residenziale. Penso a diverse città europee. Su Bagnoli si può fare un buon lavoro: la città dei giovani. È una zona che rapidamente può trasformarsi in parallelo a una visione. Poi c’è l’area Orientale, sulla quale ci sono anche delle esperienze interessanti come in via Brin. È chiaro che lì uno sviluppo forte, anche di edilizia abitativa, richiede il superamento di un ostacolo che oggi è ancora forte, che è la raffineria. Non c’è dubbio che fin quando non delocalizziamo raffinerie sarà tutto molto più complicato. Però è vero che Napoli può lanciare la sfida di un’edilizia abitativa che contempli una città antica con una moderna, senza ripetere gli errori che sono stati fatti nel Centro Direzionale.

Quale sarà il futuro di Napoli… e anche di de Magistris? Napoli: mi auguro che un pochino alla volta riesca ad acquistare maggiore serenità e dignità nel panorama mondiale. Io lavoro per questo e mi piace scoprire che aumenta anche la partecipazione dei cittadini. Segnalo solo un dato: quando sono diventato sindaco si faceva fatica a vedere imprenditori napoletani che investissero qualcosa di significativo per attività nella nostra città. Negli ultimi tempi sta avvenendo il contrario. Faccio alcuni esempi: l’Ippodromo, lo Zoo, Edenlandia, le Terme di Agnano a breve. Sono segnali importanti perché si tratta soprattutto di imprenditori napoletani di qualità. E questo per un napoletano, oltre che per un sindaco, è un segnale molto incoraggiante. Il mio futuro: per i prossimi due anni e mezzo (se Dio vuole, perché si sprecano veramente energie psicofisiche notevolissime per fare questa attività senza risparmiarsi un secondo!) è fare il sindaco di Napoli a tempo pieno. Poi, dato che amministrare una grande città richiede un ciclo lungo per incidere davvero sul territorio, mi piacerebbe rimanere per due interi mandati, altri 7 anni e mezzo. Anche per correggere gli errori. ARKEDAMAGAZINE

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Lusso con vista sul golfo

Un albergo nel cuore di Napoli

di Donatella Bernabò Silorata Fotografie: Umberto d’Aniello

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ateriali di pregio, vetrate a tutta altezza con effetto scenico sul golfo, alta tecnologia e arredi scelti con cura spaziando tra nuovo design e modernariato d’autore, compongono questo interno d’autore. Che non è un’abitazione privata, ma la nuova Skyline suite del Romeo hotel, il cinque stelle lusso nato dalla ristrutturazione del vecchio palazzo di Achille Lauro. Le dimensioni sono quelle di un appartamento: 165 metri quadrati, concepiti per ospitare quattro persone. Lo spazio infatti ha un ampio salone living di 110 metri quadrati 32

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con finestre spalancate sul porto e la baia di Napoli e una camera da letto con sala da bagno. Alle dimensioni extra confort si aggiungono arredi, materiali e finiture di lusso. L’ebano Macassar, il marmo, la pelle, il teak e il palissandro, il granito nero assoluto, la seta sono i materiali che disegnano gli interni: predominano le tinte scure in un melange armonico di neri, gradazioni di marroni e tonalità più chiare. Il progetto è della Romeo design e porta la firma dell’architetto napoletano Ivan Russo. Siamo all’ottavo piano del Romeo e questa lussuosa Penthouse aggiunge un tassello importante all’albergo che si conferma il più innovativo e dinamico cinque stelle partenopeo, unico hotel che figura nel prestigioso network internazionale della Design hotel. Il concept creativo si allinea a quello di tutto l’albergo che è un connubio originale di architettura e design d’autore, arte, antiquariato e lusso contemporaneo. La collezione d’arte è importante: spiccano l’acquaforte di Renato Guttuso e l’olio su tela di Elio Washimps del 1962. Il camino antico che campeggia nel salone è in marmo nero Belgio


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e rosso di Francia; il tavolo con piano di cristallo nella zona pranzo è un’opera di Anacleto Spazzapan e può ospitare fino a dieci persone; le due chaise longue in palissandro e cuoio sono firmate Hermes. La cura dei dettagli è maniacale e non sorprendono le lenzuola in pura seta per il king size bed. Accanto agli ampi divani B&B Italia rivestiti di tessuti preziosi, si fa notare la collezione di arredi vintage, in primis la scrivania in ebano e pergamena degli anni Trenta con sedia Mario Botta e la coppia di poltrone in pelle e acciaio cromato degli anni Quaranta che definiscono una seconda zona soggiorno, più intima e raccolta. L’illuminazione porta la firma FontanArte e la tecnologia è di ultima generazione con due tv di firma (un videowave 55 pollici Bose home cinema nel salone e un Bang & Olufsen 32 pollici nella camera da letto), un impianto Hi-fi con filodiffusione, una Playstation 3 e telefoni firmati Jacob Jansen e Bang & Olufsen. Ma è nella sala da bagno che si esprime il concetto di lusso e di edonismo contemporaneo: in nero assoluto e calacatta macchia oro, il bagno offre una sauna finlandese e un bagno turco della Spa Starpool, una vasca Jacuzzi e una doccia emozionale.


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Il Romeo hotel nasce nel 2008 dalla radicale ristrutturazione del palazzo che fu la storica sede della compagnia marittima di Achille Lauro. Il progetto architettonico porta la firma dello studio internazionale Tange e Associati che fa capo a Paul Tange, figlio del più celebre Kenzo, già autore del Centro Direzionale di Napoli. Il restyling è stato totale, ma in qualche modo ha conservato l’aspetto originario del “palazzo di vetro”. È oggi un edificio dalla forte identità estetico-strutturale, dotato di una tecno illuminazione che ne esalta il profilo architettonico anche in notturna. La facciata completamente in vetro e acciaio ha un’altezza di 40 metri per una base di 44 metri e guarda il water front della città. Un centinaio di chilometri di cavi DMX, oltre 540 apparecchi di illuminazione e un sofisticato sistema di gestione, il Lighting Media Server, creano effetti e sequenze luminose di grande suggestione. DBS

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Regina Factory Una fabbrica d’idee a Mergellina di Daniela Abbrunzo Fotografie: Massimo Lama

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mmaginate la Factory di Andy Warhol nella Napoli del 2014. Immaginate un laboratorio grande abbastanza per creare, esporre le proprie opere e organizzare eventi. Bene, siete al cospetto della Voyage Pittoresque Factory. I proprietari sono Vincenzo e Gennaro Regina: fratelli discendenti da una famiglia di antiquari librari (il primo negozio di via Costantinopoli risale al 1860). E dopo essere nati e cresciuti tra stampe e testi d’epoca, nel 2007 decidono di allargare l’attività a quadri e oggettistica di propria produzione. E così nelle grandi vetrine di corso Vittorio Emanuele le opere esposte portano la firma di Genny. Ed è proprio il padrone di casa ad accogliermi nel suo bel loft-galleria di Mergellina. Lo spazio di 750 metri quadrati su più livelli, completamente ristrutturato nel novembre del 2012 ha mantenuto le sue 38

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sembianze industriali. “Questo posto ha sempre avuto un’anima creativa e noi abbiamo tentato di salvaguardarla, racconta. Tra i Sessanta e i Settanta qui sorgeva la sede della concessionaria di imbarcazioni Riva. Poi lo spazio è diventato la rappresentanza dei cantieri Maglietta di Pozzuoli. Per trasformarsi più tardi in un centro di fisioterapia”. Che si tratti di una fabbrica, di un posto dove ci si sporca le mani, non ci vuole poi molto a capirlo. La galleria ha un stile essenziale: pareti bianche, parquet, tubi a vista, quadri sospesi (grazie a ganci di ferro), qualche mobile vintage e un paio di divani. Oltre allo spazio di esposizione c’è lo studio dell’artista e alcune sale multifunzionali, rigorosamente minimal. Lo spazio galleria assume forme diverse, realizzando quell’idea di laboratorio desiderata dai suoi curatori. Da VP Fac-


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tory è possibile organizzare la propria festa, fare un aperitivo, assistere a una presentazione di un libro o a un meeting di lavoro. E in più due volte all’anno, ad aprile e novembre, l’atelier espone gratuitamente i lavori di giovani promesse dell’arte, selezionati rigorosamente da Gennaro e soci. A colorare il sobrio ambiente del numero 682 del Corso ci pensano i quadri di Regina. L’artista, 48 anni, ha alle spalle numerose trasformazioni. E in un’epoca di crisi, flessibilità e tagli aziendali, Gennaro è l’emblema del vero imprenditore creativo che sa stare al passo coi tempi e riconvertirsi, se necessario. Da giovane, infatti, si iscrive alla facoltà di Economia e Commercio, ma a 4 esami dalla fine lascia gli studi. “Decisi di mollare perché amavo il mio lavoro di antiquario e gli affari andavano più che bene – spiega –, ma studiare mi è servito per formare una mente manageriale”. E così lui e suo fratello Vincenzo aprono l’Antica libreria Regina, prima in via Schipa e poi, nel 1990, in via Vittoria Colonna, sede ancora attiva. Solo nel 1995 decidono di cambiar nome in Voyage Pittoresque Factory, iniziando a


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produrre anche materiale di promozione, cancelleria e oggettistica per aziende di calibro internazionale. “Voyage Pittoresque è un libro del Settecento che all’età di 16 anni ho comprato e rivenduto a un prezzo ottimo, ricorda. È stato il primo affare della mia vita”. Nel 2007 un evento fortuito cambia la vita del signor Regina: Davide, un suo amico avvocato, decide di arredare il nuovo studio con alcuni quadri realizzati da Gennaro. “Ho sempre dipinto per hobby, ma allora si verificò una cosa particolare, ricorda. Dopo quindici o venti giorni iniziarono ad arrivare clienti interessati ai miei quadri. Così decidemmo di esporli in vetrina e il risultato fu eccezionale: le opere si vendevano subito. Adesso, a distanza di 7 anni, ci sono 4 negozi VP Factory di cui 3 a Napoli e 1 a Roma. E i miei quadri sono venduti in Europa, Canada, Stati Uniti e Giappone. Il prossimo 13 marzo ho una personale a Ginevra organizzata dal consolato e dall’associazione di cultura italiana”. Le tele di Regina, nelle quali c’è un uso quasi eccessivo dei colori, hanno come tema ricorrente il paesaggio. Nelle sue opere non mancano mai all’appello gli elementi na40

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turali: c’è l’acqua, rappresentata dal mare, c’è la terra, fatta di coste, montagne e isole, c’è l’aria, il cielo azzurro di Napoli, e c’è il fuoco, riprodotto sotto forma di lava. “Sono cresciuto in mezzo all’iconografia del Settecento e Ottocento così ricca di rappresentazioni del Vesuvio in eruzione – osserva –. Sono immagini che ho dentro, quel vulcano lo disegno senza guardarlo. E poi la lava mi dà un’energia pazzesca. Forse è per questo che ogni anno torno a Stromboli per salire in cima al vulcano e ammirare lo spettacolo”. E poi aggiunge: “Cerco di rappresentare la mia città come un paradiso. Offrendo un punto di vista altro rispetto al ritratto, spesso negativo, realizzato dai media”. Ma il vulcano vero è proprio lui, così multitasking da riuscire contemporaneamente a farsi intervistare, rispondere al telefono e muoversi per la galleria in cerca di progetti nuovi e vecchi da mostrarmi. “Ora sto lavorando a questo”, mi dice indicando una grossa tela su cui sono attaccati tanti piccoli ritagli di un libro. “Sto facendo un collage con un testo dell’Ottocento su Napoli, svela. Era un libro a cui mancavano delle pagine, lo sto ritagliando per dar vita a una forma, intorno alla quale dipingerò”.

La carriera artistica di Regina inizia attraverso la scansione ad alta definizione di alcune foto, impresse su tela e poi dipinte. Opere che, oltre ai paesaggi, rappresentano anche il tema femminile ed erotico, spesso raffigurato in chiave sottile e ambigua. Come nell’acrilico su carta Cul de Sac, nel quale i veri protagonisti sono tanti sederi in bianco e nero. Oppure come in Spreadgiudicata, un collage e acrilico su legno nel quale c’è una signorina a gambe aperte incorniciata da titoli di giornale riferiti allo spread, il differenziale btp-bund tedeschi, interpretato dall’autore come una vera e propria divaricazione di cosce. Regina, che ama dipingere ascoltando la musica elettronica di Moritz von Oswald o dei Talk Talk, svela di avere un’idiosincrasia per l’antico e di preferire uno stile contemporaneo. Il suo artista preferito? Andy Warhol. “Lui faceva tutto – ribadisce –. Era disponibile a fare tutto. Ad esempio realizzava pubblicità o lavorava sul design”. E anche Regina è un Warhol dei nostri giorni, sempre alle prese con la sua fabbrica di idee. Ogni giorno, dorme 4 ore e ne lavora 20, continuando a ripetere incessantemente il suo credo: “La Factory è un posto dove si crea. Non si produce, ma si crea”.


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Salerneurope Eden Park di Massimiliano Fuksas

di Luigi Centola Fotografie: Rosanna Rago

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a Lungo Irno, la nuova strada/parco d’ingresso a Salerno – una delle più importanti proposte urbanistiche realizzate a partire dal masterplan di Oriol Bohigas – si arricchisce ogni anno di episodi architettonici e paesaggistici contemporanei di particolare interesse. La cittadella giudiziaria di David Chipperfield, il parco Pinocchio, il recupero della ex area Salid, il Teatro Ghirelli e una serie di comparti privati con residenze, uffici e spazi pubblici tra i quali il complesso Eden Park 2 progettato da Massimiliano Fuksas, hanno cambiato il volto di questa anonima parte di città che costeggia il fiume. L’elegante quartiere residenziale Eden Park è in via di ultimazione. Esso è costituito da circa 100 appartamenti distribuiti in tre edifici. In un secondo momento sarà realizzata anche una corte aperta verso la strada con gallerie commerciali e uffici vetrati sopraelevati sulla piazza centrale. Si tratta di un polo servizi di qualità con parcheggi e spazi pubblici, particolarmente attrattivo per il popoloso e denso quartiere di Fratte, a pochi passi dalla bella chiesa di Paolo Portoghesi e Vittorio Gigliotti. ARKEDAMAGAZINE

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In queste pagine: uno schizzo di Massimiliano Fuksas, alcuni rendering e foto di cantiere

Il progetto, tecnologicamente innovativo ma anche inusuale nella disposizione dei volumi, è stato ingegnerizzato e realizzato dalla Finprogit (ingegneri Di Martino e Marra), recuperando un’area strategica di margine della città dove prima sorgeva una fonderia. Il progetto nell’area ricadente nel Comune di Salerno prevede circa 7.000 mc di edificato che costeggia la LungoIrno, un’area di verde attrezzato e un parcheggio con accesso da Via dei Casali. Il fabbricato principale è articolato su sette livelli per un’altezza complessiva di 22,30 metri, con destinazione d’uso commerciale per il piano terra e il primo piano, al secondo piano è situato un piano libero e i restanti 4 livelli hanno destinazione d’uso residenziale. Gli edifici residenziali, con appartamenti in classe A, sono rivestiti da una pelle in ceramica ventilata verde con toni diversi, ispirata al tipico colore ramino di Vietri sul Mare che ritroviamo anche sui vasi annegati in facciata della fabbrica di ceramiche Solimene di Paolo Soleri e in tanti prodotti dell’artigianato locale. Il progetto architettonico presenta un calibrato mix di tradizione e sperimentazione, completato dall’utilizzo di sistemi interni montati a secco con materiali ecocompatibili che gli conferiscono un interesse particolare nel campo della costruzione sostenibile. Un esempio virtuoso per migliorare il 44

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livello tecnico e prestazionale dell’edilizia ancora troppo arretrata che si realizza comunemente nel Mezzogiorno. In definitiva si tratta di un ulteriore tassello che si completa per contribuire alla rigenerazione urbana e all’attrattività della città di Salerno. info@centolaassociati.com ARKEDAMAGAZINE

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lo stile in cucina Poltrona Taffee di Riva 1920 Design Carlo Leonardo Rosa. Poltrona ottenuta dalla lavorazione di un unico tronco di cedro. Caratterizzata da una stravagante forma a tazza diventa una comoda seduta grazie al cuscino in pelle e allo schienale avvolgente in legno massello. www.riva1920.it

Blocco ardesia di Mod’Art La bellezza e unicità della pietra naturale, si apprezza pienamente in questo blocco di Ardesia con finitura a spacco con lavello scavato. www.modartcucine.it

Cavatappi Emotion di Farmitaly

Sgabello Cheese di Riva 1920

Sono tante e tutte da collezionare le texture che vestono questo strumento professionale dedicato agli amanti della moda e del buon vino. www.farmitaly.com

Design Simone Capello. Sgabello in cedro di legno massello, caratterizzato dalla tipica forma a gruyere, vuole essere uno sgabello adatto sia per interni che per esterni (non a cielo aperto). www.riva1920.it

A_traverso di Mod’Art Design Arch. Roberto Cappelli. Credenza bifacciale con elemento orizzontale scorrevole in Castagno Antico massello e sostegni in legno effetto Cemento. Un pezzo veramente unico. www.modartcucine.it

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Evolution di Mod’Art Dettaglio penisola laccata Ecrù opaco Delight, piano Mhp Cemento con vasca integrata e tavolo scorrevole in Olivo Vecchio. Da collezione Essentia. www.modartcucine.it

Cambusa Cook di Riva 1920 Design Giuliano Cappelletti. Mobile contenitore multifunzione, versatile in diversi contesti dalla cucina, alla sala da pranzo dal salone all’ufficio. Disponibile nelle essenze a catalogo. www.riva1920.it

La Cantinetta di Mod’Art Esclusiva cantinetta attrezzata, interno in Rovere Stylish, con luci led a sensore, porta bicchieri, porta bottiglie e cantina per vino refrigerata. Da collezione Opera Prima, Linea Evolution. www.modartcucine.it

Tivolì di Dada

Only_One Cucina di Riva 1920

Tivolì è il mobile - cucina disegnato da Dante Banuccelli. Le ante a libro si aprono e spariscono all’interno della struttura e poi si richiudono per nascondere tutti i segreti dello chef. www.dada-kitchens.com

Design Terry Dwan e Claudia Caponnetto. Unica non solo nel nome, ogni elemento è pensato, progettato e prodotto su misura in base alle esigenze di chi la utilizza. www.riva1920.it

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Della stessa sostanza dei sogni Una casa a Posillipo

di Viviana Carbonelli Fotografie: Mariella Perruna

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arola d’ordine: contaminazione di stili, epoche, citazioni. Questa casa rappresenta la capacità di esprimersi attraverso le collezioni del passato, mescolando arredi di design, pop e minimal, rendendo gli ambienti affascinanti e carichi di versatilità. Gli architetti Giuliano Andrea Dell’Uva e Francesca Faraone hanno trasformato questo banale contenitore in uno spazio unico ed esclusivo pieno di personalità; hanno lavorato in perfetta sintonia con la committenza coniugando un’apertura degli spazi, abolendo i corridoi, inglobando la cucina al salone di modo che tutti, non solo i padroni di casa, possano ammirare, la splendida vista che si gode affacciandosi dal promontorio di Posillipo. 48

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I materiali utilizzati, il parquet wengè, la resina e la pietra, sono un simposio di gradazioni che sfumano dal nero al grigio e terminano nel bianco caratterizzando gli ambienti per renderli davvero pregiati ed eleganti. La distribuzione degli spazi è fatta in maniera originale; adiacente alla zona livingcucina-salone c’è la stanza libreria dedicata al relax, dove si può leggere comodamente seduti su un divano, sulle note di una melodia musicale, sempre godendo la prospettiva del mare. Le camere dei ragazzi sono particolari; la versione femminile ha un letto a baldacchino in ferro bianco e una scrivania a parete; la versione maschile ha uno divertente parato bianco e nero con una scritta e al centro dischi di vinile anni ‘70, a testimoniare la passione dei proprietari per la musica. Ma l’emblema della ricerca dell’appartamento è la camera


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da letto di Paolo e Paola: un’alcova inaccessibile agli estranei. Rigorosamente bianche sia le pareti, sia la resina dei pavimenti, controcorrente rispetto alle linee guida del nero e del grigio di tutta la casa, come a voler dire che dove c’è il bianco ci si può riposare. Ad avvalorare questa tesi una tenda di Mastro Raphael con una scritta di pregnante significato: “siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”. Il bagno è costituito da una grande doccia e una vasca-guscio di pietra; come divisione dalla camera da letto una parete di vetro trasparente che fa filtrare la luce in tutta la stanza. Nessuna paura di sperimentare, come a dire che anime diverse di una famiglia possono coesistere, tanto a uniformare ci pensa l’eccellenza della progettazione.

In queste pagine alcune immagini della casa di Paolo e Paola. Si possono distinguere alcuni pezzi di arredo: blocco cucina Binova, lampadario Tom Dixon, vetrata Rimadesio, fruttiera Saleno, tavolo Porro Synapsis, divano Moroso, sedie vintage, oltre a una collezioni di quadri d’epoca.

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arredare l’estate Banjooli collection di Moroso Design Sebastian Herkner. Un’esplosione di colori, una collezione di sedute per l’esterno che comunica tutta la forza espressiva dell’Africa. L’intreccio sulla struttura in acciaio è realizzato a mano in Senegal con fili da pesca colorati, ogni prodotto è un pezzo unico. Su richiesta, sono disponibili colori e intrecci di tipo diverso. www.moroso.it

Shan by Shadelab di Corradi ®

Vincitrice del Red Dot Design Award 2010, Shan by Shadelab è lo stato dell’arte delle tende a cassonetto. Un oggetto di arredamento che abbina estetica e prestazioni. www.corradi.eu

Forkola di Riva 1920 Design Karim Rashid. Forkola, la panca di Karim Rashid formata dalle briccole ha due elementi a goccia uno schiacciato che serve da schienale e l’altro ricrea la superficie di un tavolo con una briccola che riempie lo spazio fra i due. www.riva1920.it

Dondolina di Del Fabbro Sdraio a dondolo oscillante e pieghevole dal design giocoso. Realizzato in faggio massello è ideale per creare un angolo di relax in casa o all’aperto. www.delfabbro.org

Cap Ferrat di Unopiù La pergola autoportante Cap Ferrat disegnata da Ferruccio Laviani, è un sistema dotato di un modulo base ampliabile con una o due estensioni scorrevoli, dei pannelli-persiana laterali e un telo di copertura. La struttura, è ricca di accessori e può essere personalizzata con i colori della linea Unopiù Color. www.unopiu.it

Pannelli di Fakro Volti alla conversione delle radiazioni solari in energia termica, i collettori solari Fakro possono essere installati, grazie al loro peculiare design e all’innovativa tecnologia di raccordi di montaggio, sia su nuove costruzioni che su abitazioni preesistenti. www.fakro.it

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Panarea di Unopiù Il lettino Panarea è realizzato con un tessuto innovativo che unisce alla resistenza del pvc la morbidezza della ciniglia di poliestere in trama. Impilabile, la struttura è in alluminio ed i colori sono bianco con tessuto light grey, bronzo con tessuto deep grey. www.unopiu.it

Paddy di Unopiù

Faituttotu di Serralunga

La chaise-longue Paddy, dallo spirito giocoso e informale, accoglie il corpo assecondando i suoi movimenti. Il rivestimento è in tessuto plastico per il colore beige e tessuto acrilico 100% Tempotest per la versione in colore blu navy. L’imbottitura è in polistirolo. www.unopiu.it

Design Ettore Sottsass. Sistema composto da moduli di diverse forme e dimensioni con cui si possono comporre vari oggetti: vasi, sedute, tavolini, portaombrelli, ecc. Il carattere unico di questo oggetto risiede nei pochi moduli che contrastano i prodotti infiniti e diversi che possono essere creati. www.serralunga.com

Kabin di Serralunga Design Luisa Bocchietto. Reinterpretazione del tradizionale cache-pot. Questa fioriera di Luisa Bocchietto è un oggetto versatile e minimale che introduce nell’ambiente un segno di raffinata eleganza. Disponibile in più dimensioni: Small, Medium, Large, high, maxi, extra. www.serralunga.com

Terre&Mare di Corradi

Venice di Riva 1920 Design Claudio Bellini. Il designer Claudio Bellini recupera i pali di quercia dismessi della Laguna di Venezia e li trasforma in un oggetto di design dal fascino puro. www.riva1920.it

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Forme semplici, linee pulite e resistenza in esterno in una linea che si compone di sedute, sdrai e lettini per creare isole di relax in outdoor. Fresca e raffinata, Terra&Mare impiega come tessuto il Batyline® ed è proposta con telaio in alluminio anodizzato. Un mood classico dal restyling contemporaneo. www.corradi.eu

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Bagnoli Un altro parco dimenticato

di Giorgia Borrelli Fotografie: Pica Ciamarra Associati

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Napoli, a Bagnoli per la precisione in via Leonardi Cattolica c’è un parco. C’è perché lo vediamo tutti percorrendo la discesa di Coroglio e se ci sporgiamo dalle terrazze del Virgiliano. Ma in realtà questa macchia verde dal disegno accattivante è una visione di un futuro che dovrà essere, un’altra occasione mancata offerta alla nostra città che non ha saputo ancora cogliere. Nato dal progetto del raggruppamento temporaneo Ferrara Associati, Gnosis Architettura s.r.l., Interprogetti s.r.l., Itaca S.P.A., Claudio Troisi, Vincenzo Cotecchia con capogruppo lo studio Pica Ciamarra Associati International, il Parco dello Sport, nei suoi 35 ettari raggruppati in 3 grandi crateri che ri54

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prendono la storia geologica dei luoghi, ospita campi di calcetto e calciotto, basket, tennis e pallavolo, piste ciclabili, piste di pattinaggio, sketeboard e hockey, aree per il tiro con l’arco e per il gioco dei bambini e finanche un’area per il camping e un biolago. La sfida che i progettisti hanno portato avanti è stata quella di creare un nuovo segno forte in questa parte della città che oggi ci appare sopita, in attesa di progetti che le permettano di ritrovare la sua naturale vitalità. Un segno nuovo che allo stesso tempo dialogasse con l’esistente e che ben s’integrasse con la natura che lo circonda: il costone tufaceo di Posillipo, il parco Virgiliano e la piana di Bagnoli. Si è intervenuti, quindi, con il presupposto che ogni nuovo progetto del territorio deve cercare di trarre maggior vantaggio possibile da ciò che esiste, mettendo a sistema gli elementi a contorno. Il cantiere del parco dello Sport è stato aperto nel 2007 e chiuso nel 2010 perché la Regione ha interrotto l’erogazione dei finanziamenti. Ma la vegetazione che costituisce il parco dello sport non si è fermata, non ha interrotto la sua crescita. Al contrario avanza, si infittisce e, anche senza manutenzione alcuna, rie-


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sce a sopravvivere creando un paesaggio altro, non disegnato, non progettato ma che ha una grande forza vitale. E noi stiamo a guardare impotenti mentre dovremmo prendere parte ed essere protagonisti con la natura di questo continuo divenire degli spazi dedicati al gioco, alla socialità, allo svago. “La qualità del paesaggio e dell’ambiente non è un lusso, è una necessità, è il miglior investimento sul nostro futuro” dice Salvatore Settis*, ma noi stiamo ancora aspettando. Da gennaio 2013 le aree sono state assegnate alla Bagnolifutura. A ottobre dello stesso anno il sito è stato visitato dalla Commissione europea che ha auspicato la ripresa dei lavori e la loro conclusione entro dicembre 2015. Incrociamo le dita.

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Nel Parco dello Sport si potranno praticare attività sportive a basso impatto ambientale. Nel cratere est: 4 campi per il calcetto in erba sintetica; 2 campi per il calciotto in erba sintetica. Nel cratere centrale: 2 campi per la pallavolo in mateco; 2 campi da basket in mateco; 4 campi per il tennis in terra rossa; 2 campi per il calcetto in erba sintetica; 1 pista per la corsa a 6 corsie; 1 pedana per il salto in lungo; 1 pedana per il salto in alto; 1 pedana per il salto con l’asta. Nel cratere ovest: 2 campi per il calcetto in erba sintetica; 1 pista per hockey-pattinaggio. Nell’area a monte: 2 piste per il tiro con l’arco; 1 pista di pattinaggio. Nell’area ludico-ricreativa: 1 pista roller blade; 1 skate park; 1 specchio d’acqua per il modellismo nautico; 2 campi per il gioco delle bocce; 3 aree giochi per bambini; 3 aree parcheggio per 216 posti auto e 180 posti moto; 2 piazze; 1 chiosco bar.

*Salvatore Settis, Paesaggio Costituzione Cemento, Einaudi 2010

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materiali & design Sedia Anywhere di Moroso Design Tord Boontje. La sedia Anywhere ovvero Ovunque, è un oggetto mobile ed adatto a qualunque ambiente. Facilmente maneggevole, tutta in alluminio ha lo schienale basso per scivolare sotto il piano del tavolo, conferendo una sensazione di pulizia visiva. www.moroso.it

(Love me) Tender di Moroso Design Patricia Urquiola. Un sistema modulare nuovo per forma e costruzione. Telaio in alluminio, gambe arrotondate di legno, cuscini abbondanti con rivestimento in jersey di lana, tavolini e superfici orizzontali. Pochi componenti, facilmente assemblabili e intercambiabili. www.moroso.it

Torre Lignea di Riva 1920

Diatom di Moroso Design Ross Lovegrove. Poltroncina impilabile in alluminio presso-formato per ridurre il peso e i costi di produttività dei sedili; assicura così la massima leggerezza sostituendo, a parità di prestazioni, l’utilizzo dell’acciaio. www.moroso.it

Design Michele de Lucchi. Libreria in legno di cedro massello, caratterizzata da numerosi vani e tagli verticali Torre Lignea è una vera opera d’arte, ogni volta unica perché ricavata da un tronco di legno di caratteristiche e dimensioni diverse. Disponibile con base rotante e in varie altezze. www.riva1920.it

Twist&Light di Natevo Design Marcello Ziliani. Twist&Light è un capiente contenitore verticale in lamiera per libri, oggetti, piante. Solido, stabile, modulabile, è allo stesso tempo una potente piantana in plexiglass opalino a led a bassissimo consumo con elevata resa cromatica e temperatura colore. www.natevo.com

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Gentleman di Natevo Design Carlo Colombo. Portasigari in legno curvato esternamente rivestito in pelle, interno in ebano con finitura opaca, top in ebano. Vano superiore per l’alloggiamento dei sigari in cedro spanish è illuminato da un faretto a batteria e dotato di termometro-igrometro per il corretto controllo dell’umidità. La parte superiore è chiusa da un’anta in vetro temperato con telaio in alluminio anodizzato; antine rivestite in pelle come le maniglie. www.natevo.com

Absolute Steel di Ikona Scala realizzata con cosciali e parapetti in acciaio inox Aisi 304 e pedate in cristallo temperato triplo strato extrachiaro, contraddistinta da un’estrema pulizia visiva, conferita dalla totale assenza di saldature meccaniche. www.ikonascale.it.

Poltroncina Monolith di Moroso Design Ross Lovegrove. Monolith è una poltrona la cui forma sembra scavata da un blocco scultoreo solido a cui si inizia a dare una forma, quasi un archetipo. Le varianti di colore e le versioni metallizzate ne enfatizzano il forte carattere. www.moroso.it

Laguna di Riva 1920 Design Paolo Piva. Tavolo salotto con piano rettangolare in vetro e base in vetro e briccole. Laguna è il nome del progetto di Paolo Piva per l’iniziativa Riva1920 che intende recuperare la poesia di queste Briccole e di isolare nel vetro questa presenza silenzionsa. www.riva1920.it

22nd Floor di Moroso Design Tord Boontje. Il divano 22nd Floor di Moroso è stato progettato per ambienti arredati in modo minimal. La sua linea, leggera ed elegante, rimanda all’essenzialità dei fabbricati industriali. Pannelli di alluminio e profili in acciaio, ferro, marmo. Il piano può essere in marmo, vetro, legno o Corian stampato. www.moroso.it

Odyssee di Former Odyssee di Pinuccio Borgonovo è sedia, declinabile in poltroncina, sinuosa ed eterea con le curve del massello di frassino, che sia esso naturale o tinto nei vari toni cromatici, a sottolinearne la preziosa unicità. La seduta è impagliata a mano come da tradizione o rivestita in tessuto o in pelle. www.former.it

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IL DESIGN NEGLI SPAZI PROFESSIONALI Stile e funzionalità per ogni ambiente di lavoro

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Professione Design Universal Selecta presenta la parete Sthreep: eleganza, versatitlità e prestazioni In occasione del Salone del Mobile 2014 (durante l’evento “Dialogo e Materia” in collaborazione con lo Studio di architettura 5+1AA) Universal Selecta ha presentato il nuovo sistema Sthreep che garantisce ottime prestazioni di isolamento acustico ad una elegante leggerezza formale. Il profilo in alluminio di Sthreep può contenere da uno a tre vetri insonorizzati, trasparenti od opacizzati, accessoriati con illuminazione a led oppure oscurabili con tende alla veneziana elettrificate, pannelli ciechi attrezzati o liberi. Il tutto è dotato di porte dalle ottime prestazioni ed eleganza formale. Universal Selecta con un unico profilo consente di modellare e rimodellare un intero ambiente diversificandolo per zone e funzioni. L’azienda è da sempre all’avanguardia nello sviluppo di nuovi sistemi di partizione per interni: qualità garantita dalle certificazioni (Marcatura CE ai sensi del Regolamento UE n. 305/2011) e dai tantissimi clienti che ne apprezzano la qualità in tutto il mondo. www.universal-selecta.it L’agente di Universal Selecta per la Campania è Mario Bancale (M. 335 8235801 - email: mariobancale@libero.it)

Vogue, bello e raffinato Vogue è il nuovo direzionale realizzato con innovativa struttura con profilo a T a vista, con finitura brillantata. Alla essenzialità delle linee, abbina la versatilità di rivestimenti realizzabili in pannelli di diverso materiale (legno, melaminico, vetro) inseriti a sandwich. Il telaio così rivestito consente di essere internamente cablato, una sintesi eccellente di estetica e tecnologia. Pannelli e piani sono anche disponibili in tante finiture e in diverse tonalità laccate, per creare atmosfere nuove e facilmente adattabile a qualsiasi progetto. I rivestimenti in cuoio di prima qualità, con cui è possibile creare inserti, aggiungono calore e valore a questo meraviglioso direzionale. Disponibile anche con piano dattilo integrato collocabile a scelta su entrambi i lati. www.sineticaindustries.com L’agente di Sinetica per la Campania è Mario Bancale (M. 335 8235801 - email: mariobancale@libero.it)

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il design si tinge di a Divano letto OZ di Molteni

Glove di Molteni

Design Nicola Gallizia. OZ è un divano che si trasforma con estrema facilità in un comodo letto, grazie ad un meccanismo brevettato di nuova concezione che fa scomparire i braccioli sotto la struttura. Il rivestimento tessile è completamente sfoderabile, disponibile in due misure. www.molteni.it

Design Patricia Urquiola. Seduta composta da una struttura metallica completamente rivestita in tessuto, pelle o microfibra. I rivestimenti sono completamente sfoderabili. www.molteni.it

Teceloop di Tece Placca di comando dal design minimalista in cristallo, è in grado di combinare 13 cover con 8 pulsanti per un totale di 104 differenti soluzioni. www.tece.it

Pouf Remy di Flou

Tavolo Sospeso di Crassevig

Piccoli pouf di forma tonda o a mezza luna facilmente inseribili in ambienti di gusto sia classico che contemporaneo. Possono essere rivestiti in tessuto o pelle, totalmente sfoderabili. www.flou.it

Design Ludovica e Roberto Palomba. Tavolo tondo con piani in multistrati di faggio. Gambe in tubo ellittico impiallacciato faggio e tiranti in acciaio cromato. www.crassevig.com

MiniBar anni ’50 di Smeg Il mini-frigo FAB5, piccolo nelle dimensioni, grande nel carattere. Un elettrodomestico di ultima generazione con funzionalità moderne e design old-fashioned che trae ispirazione dal passato. www.smeg.it

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di arancio Too Gether di Corradi Design dinamico e contemporaneo. Serie di tavoli e sedute in acciaio e durawood progettati per formare un unico volume, una volta ricomposti. Linee che s’intersecano in un gioco simmetrico per sedute originali e di forte impatto emotivo. www.corradi.eu

Coordinati letto Tahiti di Flou Con Flou è possibile scegliere fra più di 140 tessuti, tinte unite e fantasie per i coordinati letto componibili, disponibili in una vasta gamma di colori. www.flou.it

Comfy Ball di Miliboo Pouf dall’aria pop e intrigante in lucido ABS. La pienezza del colore e della forma ingannano l’occhio e lo portano a vedere un oggetto geometrico perfetto. La seduta è ricavata intaccando leggermente la superficie del solido ed è percepibile più all’uso che alla vista. www.miliboo.it

Lou Read di Driade Design Philippe Starck e Eugeni Quitllet 2010. Una poltrona personaggio dalle curve scultoree deve il suo nome dall’incontro tra Philippe Starck e l’artista Lou Reed. Elegante e maestosa, è formata da uno scheletro in fibra di vetro sul quale è stato direttamente fissato il rivestimento in pelle. www.driade.com

Stone di Quartet Il divano Stone è un’esplosione di nuance aranciate, caratterizzato da un design moderno e da una comoda seduta e schienale rivestiti in cotone stretch che asseconda perfettamente le spigolosità del modello. Il tutto sorretto da una particolare struttura in acciaio. www.quartetsalotti.it

Scala Direct di Ikona È qui proposta con cosciale in acciaio, pedate in cristallo temperato triplo strato e moduli decorativi appartenenti alla collezione Colours, in tonalità arancio. Sistema brevettato Locking Module System, tecnologia d’avanguardia grazie alla quale moduli decorativi proposti nelle più diverse finiture si ancorano ad eleganti cosciali in acciaio. www.ikonascale.it

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L’arte non appartiene più ai musei e alle gallerie. Sta fuori e appartiene a tutti Il fenomeno dei writers a Napoli di Roberto D’Alessandro Fotografie: Massimo Lama

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ome ha scritto Renoir “senza i tubetti di colore non ci sarebbero stati Cézanne, Monet, Sisley o Pissarro, niente di ciò che i giornalisti avrebbero chiamato Impressionismo“.A determinare il futuro dell’arte non sono sempre le leggi di mercato. A incidere sul destino degli artisti non sono per forza i capricci o le infatuazioni dei mecenate di turno (che adesso parlano prevalentemente Russo). A scombinare le carte ci sono anche dei fattori tecnici, piccole invenzioni, spesso sottovalutate, ma che hanno dimostrato di avere una carica rivoluzionaria. Pensiamo a quella del pennello con la ghiera piatta in ottone, nel XVIII secolo, o il tubetto di pittura in metallo leggero, brevettato il secolo successivo. Il pennello piatto, più solido, sottile e longevo, ha fornito delle potenzialità in più al tocco (tache) e alla fantasia dell’artista, dando un grosso contribuito alla nascita della pittura impressionista e post-impressionista. I tubetti di stagno invece, hanno sostituito i pacchetti di vescica di maiale, dove, fino ad allora venivano conservati i colori ad olio, dando così la possibilità agli artisti non solo di poter sperimentare nuove gamme di colori, ma anche di poter stare più ARKEDAMAGAZINE

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tempo all’aperto senza che i colori si seccassero. Questi due avvenimenti, apparentemente banali, sono stati invece dei momenti fondamentali per la nascita dell’arte moderna. Una forma di espressione nata anch’essa da un’evoluzione tecnica del modo di usare e conservare i colori (anche se destinata per scopi diversi), è quella dei writers. Agli inizi degli anni Settanta infatti, si è sviluppato, soprattutto nei grossi centri urbani, il fenomeno del Graffiti Writing e della Street Art: l’idea cioè usare la città come se fosse una grossa tela, un palcoscenico vivente. Ma tutto questo non sarebbe mai potuto accadere senza la bomboletta spray. Se con l’impressionismo gli artisti hanno iniziato a dipingere all’aria aperta, con le produzioni dell’ Arte Urbana ci si è spinti oltre, lasciando anche le opere, ovviamente, all’aperto. Questo fenomeno, già a partire dagli anni Ottanta, ha influenzato il mondo dell’abbigliamento, del design e quello delle tecniche pubblicitarie, e col passare del tempo è diventato una vero e proprio fenomeno culturale legandosi al mondo della breakdance e dell’Hip-Hop. Che siano in molti a considerare l’Arte Urbana molto prossima al vandalismo, non ci deve sorprendere. Del resto i fenomeni artistici più interessanti spesso tendono a rompere le regole, a provocare, a far discutere. La storia è piena di artisti (molti dei quali diventati famosi postumi) che sono vissuti poveri ed emarginati. Per citarne uno: Van Gogh. Purtroppo a molti graffitari spesso tocca lo stesso destino. Ma ci sono anche diverse eccezioni. Uno, il cui talento è stato abbastanza velocemente 66

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riconosciuto, è Keith Haring, le cui opere sono ben presto state valutate molto bene, e anzi, dopo la sua prematura scomparsa avvenuta nel 1990, hanno addirittura raggiunto quotazioni superiori ai 2.5 milioni di euro. Anche l’inglese Banksy ha subito avuto successo. Un suo lavoro rimosso da un muro di un pub di Brighton è stato battuto all’asta per 420.000 euro. Non poco. Specialmente se consideriamo che, per riprendere l’esempio di Van Gogh, l’unico quadro che ha venduto in vita, Il vigneto rosso, ha fruttato all’artista olandese più o meno l’equivalente di 1.600 euro! A Napoli Banksy ha lasciato due segni. Il primo, una riproduzione della Santa Teresa del Bernini (in via Benedetto Croce), parzialmente ricoperto da un altro disegno. Mentre l’altro, una Madonna (a piazza dei Gerolomini), è ancora più o meno intatto. Un’altra artista rimasta affascinata dalle bellezze e dall’energia che trasmette il golfo di Napoli è la francese Zilda. Le sue opere, prevalentemente fatte su posters, hanno spesso come soggetto figure e angeli rinascimentali, e si trovano sia tra i vicoli del centro storico che in periferia. In vico Santa Maria dell’aiuto, ad esempio c’è un suggestivo Angelo con bambino che ricorda Botticelli. Tra tra i tags (cioè lo pseudonimo con cui si firmano) made in Naples che incontriamo di sovente, troviamo Diego Miedo, Cyop&Kaf, Aria, Eno, Zolta, KTMcrew, Kripoe, il gruppo Hardcore Crew (Koso, Wuk, Diky, Pheno, attivi soprattutto a Bagnoli), Cyda, Zeus 40 e Labo, e mi scuso per tutti quelli che non ho citato. Basta girare per i vicoli del centro storico, oppure fra Ponticelli, Bagnoli, Gianturco, Poggioreale, sotto i ponti delle periferie degradate, per trovare i loro lavori. Tutte opere


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che si innestano sui muri della città come un puzzle nelle forme del degrado. Solidi, fantasiosi, pieni di suggestioni, rabbia e ironia: il contenuto, la vena rivoluzionaria dei writers è chiaramente legata al mezzo espressivo da loro scelto. Attraverso le loro opere comunicano un senso di disagio, di protesta e di sofferenza nei confronti di una società che non li capisce e di cui non riconoscono i valori, perché ipocrita o troppo materialista. E su questi temi poi si innestano anche i problemi legati al contesto cittadino. Sebbene con tecniche e linguaggi differenti fra loro, alcuni writers napoletani (mi vengono in mente soprattutto Miedo, Cyop&Kaf ed Eno) trasmettono un senso di disperazione e rassegnazione che a Napoli ben conosciamo. Le loro immagini, i loro personaggi grotteschi e deformati ci ricordano qualcosa. Qualcosa che rimanda a noi stessi. Ma mutati, trasformati dal nostro mal di vivere, dalle continue e distruttive radiazioni emotive a cui siamo sottoposti tutti i giorni. Altri come Zeus, Hardcore e Kripoe hanno invece nei segni solidi, densi e vivaci la loro forza comunicatrice. La prossima volta che vi capita di passare vicino a un graffito, o un poster, o uno stencil in bella evidenza, provate a pensare che non è solo un segno sporco su un muro degradato, provate a fermarvi e cercate di cogliere l’emozione del momento. Potreste non rivederlo più. Ed è questa la vera magia, nell’epoca digitale della riproduzione tecnica. tattva@mail.com


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spazio al benessere Ergo di Galassia Design Antonio Pascale. Ergo è una linea dove la natura si fonde con l’abitare, due mondi lontani ma legati da un’indissolubile trama. Si possono trovare lavabi, sanitari, mobili, specchi e una serie di accessori in legno massello di Iroko. www.ceramicagalassia.it

Mini di Glass Design Design Marco Pisati. Un nuovo modo di interpretare il bagno contemporaneo, una vera fusione tra un box doccia ed una mini vasca. Minimale, concentrato di contemporaneità e purezza formale. Materiale: fibra di vetro e VetroFreddo® Light. www.glassdesign.it

Flower Style di Glass Design Design Marco Pisati. Massimo comfort nel nuovo concetto della vasca Flower Style, ispirata alla forma di un fiore dalle linee morbide ed innovative.Le sue pareti molto alte permettono al corpo di essere accolto e sostenuto offrendo un piacevole relax e il massimo confort. Materiale: fibra di vetro e VetroFreddo® Light. www.glassdesign.it

Piatto doccia Piana di Galassia Piana è disponibile in due finiture e in quattro colorazioni. Si tratta di piatti doccia extrasottili, solo 3 cm di spessore, e personalizzabili. Tutti i modelli sono realizzati in Mineral Stone®, un materiale composto da polveri di marmi, pietre naturali e resine. www.ceramicagalassia.it

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Esperanto di Rexa Design Monica Graffeo. Ispirazioni dal passato e rilassatezza dei gesti per una collezione bagno contemporanea che offre soluzioni pratiche ed emozionali alle esigenze quotidiane. Esperanto comprende contenitori modulari laccati o resinati ed è completa di piani attrezzati in DuPont™ Corian®, lavabi, specchi, accessori e ciotole da appoggio. www.rexadesign.it

AXI di Atlas Concorde

Ergo-nomic di Rexa

Il carattere intenso e naturale del legno vissuto rivive in una soluzione resistente, pratica e sicura, dalle eccellenti potenzialità progettuali e dalla personalità contemporanea. La materia ceramica riscopre con un realismo sorprendente, tutta la bellezza di venature irregolari dal forte impatto visivo. www.atlasconcorde.it

Design Giulio Gianturco. Sistema bagno in cui l’ergonomia è al centro del progetto. Tutto è a portata di mano e di semplice utilizzo. Realizzato con la tecno-superficie DuPont™ Corian® Ergonomic comprende vasche, lavabi, docce, mobili, specchi, mensole porta oggetti, e molteplici accessori utili per l’ambiente bagno. www.rexadesign.it

Luna di Glass Design Design Arius Studio. La pietra come fonte di ispirazione. Questo decoro è costituito da una struttura in vetro che ne definisce la forma ed una finitura esterna a bassorilievo realizzata con spatolature di cemento, che essiccando diventano un corpo unico con il lavandino di vetro. Materiale: Cristallo e cemento. www.glassdesign.it

Minipool di Kos Design Ludovica e Roberto Palomba. Minipool è la prima minipiscina a sfioro pensata anche per l’outdoor, dotata di una seduta circolare capace di ospitare fino a 5 persone. Idromassaggio, idrocolore a faro subacqueo a led, sistema di riscaldamento dell’acqua, garantiscono un benessere totale per i sensi. www.zucchettikos.com

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NATA GRANDE! Con grande entusiasmo desideriamo condividere anche con i lettori del Magazine il successo della prima edizione di Arkeda, la Mostra Convegno dell'Architettura, Edilizia, Design, Arredo. “Nata grande” è il commento fatto dagli specialisti del settore che hanno definito Arkeda il nuovo punto di riferimento del Centro Sud. Grazie anche a tutti quelli che hanno creduto in questa manifestazione abbiamo realizzato una grande iniziativa che è partita bene e migliorerà sempre, sin dalla prossima edizione. Gli spazi degli espositori del 2013 sono in via di riconferma e tante aziende nuove sono interessate alla partecipazione alla seconda edizione, che si terrà il 28, 29 e 30 novembre 2014. Di seguito riportiamo le valutazioni tecniche dell’Architetto Roberto Cappelli. TIRIAMO LE SOMME. Conclusa la Mostra, spenti i microfoni, di solito si fanno i bilanci, si tirano le somme per vedere se i conti tornano... i conti sono pari! Questa esperienza, con i difetti caratteristici degli esordi, ha il merito di aver tracciato una via, aver indicato una delle possibili strade per formare una classe professionale più aggiornata ed avere un mercato legato all’architettura più reattivo e proficuo. La strada è quella dell’informazione e della formazione. Un' informazione che aggiorni costantemente su cosa accade nella ricerca, nella scoperta di nuove tecnologie e nuovi materiali, ed una formazione, che si innesti su quella Umanistica e fondativa fatta dalle Accademie e dalle specializzazioni Universitarie e che, facendo “sporcare le mani” con la realtà ai tecnici, li affondi nelle tematiche pratiche, nell’uso delle tecniche e dei materiali, dandogli possibilità di conoscenze aggiuntive che consentano la “scelta” adeguata alla risoluzione dei problemi. 72

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Il programma è stato, forse, anche troppo ambizioso, ma si è voluto osare per sottolineare le differenze con le altre fiere e le grandi esposizioni internazionali che coinvolgono i grandi mercati esteri e aprono nuovi sbocchi commerciali, che presentano le aziende a tutto tondo, in materia enciclopedica, ma che impongono costi esorbitanti ed hanno bisogno di molto spazio e tempo. In queste manifestazioni, c’è sempre meno spazio per il professionista, che invece ha bisogno di una interlocuzione più lenta e didattica per poter capire e poi riproporre alla committenza le giuste soluzioni. ARKEDA vuol coprire questa esigenza, vuole essere il corollario del Salone di Milano, del Cersaie e del Made, delle fiere illuminotecniche o del’outdoor, di tutti i settori del design, ed ancora di più, vuole sviluppare la ricerca critica, indagare le tendenze dell’abitare in generale e lo vuole fare attraverso incontri e seminari (ricordate l’esperienza delle prime edizioni


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di Abitare il Tempo di Verona?). Nella I° edizione abbiamo presentato 100 relazioni, un numero enorme di interventi divisi tra Istituzioni, accademici, architetti, tecnici, designers, aziende, ecc per approfondire il tema scelto in questa edizione dal comitato scientifico di Arkeda: “I NUOVI SCENARI DELL’ABITARE”, tema che vuole approfondire il cambiamento dell’abitare, inteso in senso ampio del termine, abitare la città, un’architettura, uno spazio aperto, un appartamento e perfino un oggetto. Cambiamenti accelerati da molti fattori, che abbiamo racchiuso in nove capitoli specifici ognuno presentato in una sala tematica ad hoc da relatori ed aziende che hanno illustrato la propria soluzione o punto di vista. I nove capitoli affrontati sono i seguenti: nuove soluzioni per l’architettura, il progetto responsabile, nuovi materiali per l’architettura, il design per il cibo, il design tra prototipazione autoproduzione ed imprese creative, la nuova casa o la casa nuova, light designer, lo spazio benessere, materiali ed innovazione. Questi temi, in appena due giorni, con un ritmo frenetico e serrato hanno visto i 100 relatori alternarsi con filmati, relazioni e materiali e rivolgersi ad una platea di professionisti, che anche visivamente volevano conoscere e capire le novità e gli esempi di lavori ed esperienze di altri colleghi. La parte espositiva presentava materialmente ciò di cui l’azienda o il designer relazionava, rimandando immediatamente la teoria alla pratica. Quello che potremmo migliorare probabilmente è l’organizzazione degli interventi; per renderli più fluidi potremmo dividerli in tre giorni e non in due come è stato fatto.

Inoltre potremmo dividere gli spazi espositivi in due padiglioni distinti per aree tematiche distinte. Per far crescere la nostra Kermesse avremo bisogno di spazi più ampi per rendere le aree tematiche dell’esposizione più coerenti, di più sale congressuali per non far accavallare temi e relatori e di un valido supporto di stampa ed associazioni, presenti con un proprio spazio espositivo. Concludo dicendo che possiamo migliorare molto, abbiamo un margine di miglioramento molto ampio! Penso che anche con l’aiuto di chi non ha partecipato, di chi non ci ha creduto, non avendoci compreso, possiamo migliorare molto. ARKEDA può essere una grande spinta propositiva per gli architetti, le aziende e per tutto il mondo legato all’Architettura. L’organizzazione della prossima edizione è già in fase avanzata: il programma di Arkeda 2014 (28/30 novembre 2014) verterà sull’Eccellenza nel Design. Analizzeremo e mostreremo le eccellenze nel Design da diversi punti di vista: quello geografico con riferimento alla tradizione Europea e con approfondimenti sulle eccellenze italiane, quello tipologico con riferimento ai materiali, alle nuove tecnologie, nuove estetiche e nuove funzioni e quello umano ed emozionale con riferimento ai nuovi designer. Contattateci per partecipare e dare il Vostro contributo al successo della prossima edizione! Un cordiale saluto Roberto Cappelli

Via Vannella Gaetani, 15 - 80121 Napoli, Italy - tel. +39 081 7640032 - fax +39 081 2451769 - info@arkeda.it - www.arkeda.it

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Una mostra di fotografia e d’architettura

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Ana Gloria Salvia alla D.A.F.NA Home Gallery

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na Gloria Salva nasce nel 1973 e frequenta la Scuola Nazionale di Arte al L’Avana. Nel 1994 parte per Vienna e sette anni più tardi si trasferisce a Parigi. In queste pagine pubblichiamo cinque immagini tratte dalla mostra svoltasi alla D.A.F.NA Home Gallery nel mese di marzo 2014. Edifici all’Avana realizzati tra il 1940 e il 1960.

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1. Hotel Habana Riviera 2, 1957, Polevitzky, Johnson And Ass., Asoc. Manuel Carrera 2. Edificio Solimar, 1944, Manuel Copado 3. Retiro Odontologico, 1953, Antonio Quintana Simonetti, Quintana, Rubio Y Perez Beato 4. Focsa O L’Envers De Bach, 1954-56, Ernesto Gomez Sampera, Martin Dominguez 5. Edificio Lidefonsa Someillan, 1950, Max Borges Recio

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hanno collaborato i nostri autori Daniela Abbrunzo Giornalista praticante della scuola di giornalismo di Napoli. Nel 2011 prende la laurea magistrale in “Editoria multimediale” a La Sapienza di Roma. È stata in stage a La Repubblica, Radio 24 e Matrix di Canale 5. Ha lavorato come redattrice per Rai Due e nell’ufficio stampa del Ravello Festival. Ha iniziato a scrivere nel 2007 per Napolipi. Mirella Armiero Responsabile della pagina culturale del Corriere del Mezzogiorno, edizione campana del Corriere della Sera. Cura l’inchiesta finale del master della scuola di giornalismo del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato al Manifesto, Io Donna, Alias. Ha curato un numero monografico della rivista Ventre. Giancarlo Artese È nato a Napoli nel 1965, architetto e designer. Partner di Altromodo Architects, ha costruito oltre 60 edifici e ville in Italia e all’estero. Ha collaborato con riviste di architettura e di design. Con Diego Lama e Sebastiano Gorini ha realizzato il progetto Sevenhits.com.

Luigi Centola Editore del portale interattivo newitalianblood.com con il quale ha realizzato 15 concorsi internazionali e dal 2013 organizza a Salerno gli Incontri Internazionali NIB ARCTEC Architettura|Territorio|Economia. Roberto D’Alessandro Nato a Napoli, è appassionato di tecniche del linguaggio televisivo e dei nuovi media, ha lavorato come giornalista ed è stato fra i primi autori di Un Posto al Sole. Oggi continua a scrivere sceneggiature per la televisione e per i videogame. Sergio Fermariello Nasce a Napoli nel 1961. Dall’età di vent’anni decide di dedicarsi esclusivamente all’attività artistica. Nel 1989 espone per la prima volta in una personale alla Galleria Lucio Amelio con la quale intraprende una lunga collaborazione di lavoro. Le sue opere sono esposte in tutto il mondo.

Donatella Bernabò Silorata Giornalista free lance, scrive per lo più di costume, turismo e life-style. Dal 2000 collabora assiduamente con La Repubblica e con il mensile Dove. Nel 2008 ha pubblicato il libro Le case di Napoli (Iredon Edizioni) seguito da un secondo volume nel 2010, in cui svela interni partenopei e nuovi stili dell’abitare contemporaneo sotto il Vesuvio.

Mauro Giancaspro Nato a Napoli. Bibliotecario dal 1977, ha diretto la Biblioteca Nazionale di Cosenza dal 1986 al 1995. Dal 1995 dirige la Biblioteca Nazionale di Napoli; ha diretto ad interim la Biblioteca Nazionale di Bari. Da giugno del 2012 è anche direttore della Biblioteca dei Girolamini. Alcuni sui libri: Leggere Nuoce gravemente alla salute e Il morbo di Gutenberg (L’Ancora del Mediterraneo), E l’ottavo giorno creò il libro (Cargo), L’importanza di essere un libro (Liberilibri), L’odore dei libri e Un libro per piacere (Grimaldi).

Giorgia Borrelli Architetto laureata nel 2009 all’università Federico II di Napoli ha conseguito il master ‘Territorio ed architettura sostenibile’ al Politecnico di Milano. Dopo 3 anni di esperienza nello studio LAND di Andreas Kipar torna a Napoli dove si occupa di progettazione urbana e paesaggistica.

Giuseppe Guida Architetto e docente di Urbanistica al Dipartimento di Architettura della Seconda Università di Napoli. È autore di numerosi saggi e volumi sul rapporto tra urbanistica, architettura, paesaggio. È opinionista de La Repubblica/Napoli e membro del Direttivo dell’Istituto Nazionale di Architettura.

Simonetta Capecchi Si è laureata in Architettura a Venezia e vive a Napoli dal 1993. Lavora come illustratrice e tiene workshop di disegno in Italia e all’estero. Ha esposto e pubblicato pagine dai suoi taccuini di viaggio in occasione di numerose mostre collettive. Fa parte di “Urban Sketchers”, associazione internazionale dedicata a promuovere il valore narrativo del disegno come reportage urbano. www.inviaggiocoltaccuino.com - www.urbansketchers.org

Diego Lama Architetto, è autore di Cemento Romano (2010, Clean Edizioni), Storie di cemento (2007, Clean Edizioni). Ha fondato e diretto la rivista nazionale di architettura Ventre (2004, Cronopio Edizioni), è editorialista per il Corriere del Mezzogiorno, è autore del blog Byte di Cemento, è corrispondente dalla Campania per il Giornale dell’Architettura (Allemandi).

Salvatore Carbone Co-fondatore di sa.und.sa, laureato alla Federico II. Titolare di dottorato in Progettazione Urbana. Ha partecipato al progetto “Obus Incertum” (capogruppo Beniamino Servino) esposto all’XI Biennale di Venezia. Organizza workshop sperimentali di autocostrizione e progettazione partecipata. Veronica Viviana Carbonelli Vive a Napoli dove ha conseguito il master in mediazione familiare sistema relazionale. È esperta di pittura dell’800, ha collaborato con Casa Mia Decor.

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Andrea Nastri Architetto, giornalista e studioso dell’architettura contemporanea, collabora con diverse riviste di settore. Ha pubblicato i saggi Edwin Cerio e la casa caprese (Clean, 2008), La Chiesa di S. Michele ad Anacapri (con M. F. Cretella, Arte’m, 2010), CapriGuida (Clean, 2011) e Reima Pietila. Dallo schizzo all'architettura (Aracne, 2012). Sergio Stenti Insegna architettura alla Università di Napoli. Studioso della città moderna ha pubblicato su Napoli: Napoli Guida, itinerari di architettura moderna, Clean, 2010.

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MAPPING NAPOLI di Giuseppe Guida

Il verde, una mappa di quello che non c’è N

apoli è la città dei parchi pubblici. Quelli disegnati ovviamente. Se si mappassero i parchi e le aree pubbliche attrezzate progettate per la città e mai realizzate o rese veramente fruibili, filtrerebbe dal tessuto urbano denso e caotico una rete di verde che sarebbe patrimonio fondamentale. Il Parco della Marinella, lungo via Marina, bel progetto di Aldo Loris Rossi di quasi dieci anni fa, sempre sul punto di partire, la cui area è un grumo di degrado ed incuria. Oppure il Parco De Filippo a Ponticelli, questa volta realizzato secondo forme geometriche anni Ottanta, inaugurato varie volte, ma lungi dall’essere utilizzato per problemi tecnici e legati alla sicurezza. Così come il più grande parco della città quello di Scampia, nel cuore del quartiere 167, reale spazio pubblico soltanto la domenica mattina, ma privo di vita il resto della settimana e la sera. Oppure la vicina cosiddetta Piazza della Socialità, un grande spazio pubblico in costruzione da quasi dieci anni, che di sociale ha molto poco. Ancora l’altra scommessa perduta dell’area est di Napoli, con il grande parco tecnologico-residenziale dell’ex-area Q8, progettato da quasi dieci anni e ancora lungi dall’essere realizzato, nonostante i possibili cospicui investimenti privati. Infine, ma ce ne sarebbero ancora tanti altri, il super-parco di Bagnoli, progettato per anni: dal piano rego-

latore, dagli architetti di Bagnolifutura, dai consulenti di Bagnolifutura, da un grande concorso internazionale di progettazione: anni e anni di soldi e progetti finiti nel nulla, assieme ai cento ettari di verde attrezzato previsti. Realizzati e messi in connessione questi parchi rappresenterebbero un network di verde senza soluzione di continuità che, sommati al grande Parco delle Colline a nord, al verde residuo di Posillipo e alla sempre più precaria Villa Comunale sul lungomare, rappresenterebbero una risorsa verde unica e un inedito landscape di Napoli. Al contrario, però, il verde pubblico pianificato e progettato è, e lo rimarrà forse per molto tempo, l’ectoplasma di un’altra Napoli. Un nirvana possibile, non realizzato forse per mancanza di soldi, ma più probabilmente per poca convinzione e scarsa qualità del decisore politico e tecnico.

Parco de Filippo a Ponticelli

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Superfici A Napoli nel suggestivo complesso monumentale San Domenico Maggiore i professionisti dell’architettura parlano di superfici “L’architettura è il gioco sapiente, vigoroso e magnifico dei volumi sotto la luce “ (L.C.) I Volumi sono composti da superfici, le superfici sono l’essenza dell’Architettura. Con questo assioma ho voluto inaugurare il convegno tenutosi a Napoli il 14 marzo scorso nel suggestivo convento di San Domenico Maggiore. La formula dell’incontro è stata quella sperimentata con successo in ARKEDA la mostra-convegno dell’Architettura, Edilizia, Design ed Arredo che si svolge annualmente a Napoli, prossima edizione dal 30 al novembre alla Mostra d’Oltremare. Un tema di carattere generale proposto da esperti del settore, in questo caso le superfici, viene sviluppato ed articolato da importanti aziende del settore che presentano le proprie proposte e soluzioni dando origine così ad un seminario di massimo interesse. Anche questo evento, organizzato in collaborazione con la DAL.MIR.srl, ha riscosso un grande successo di pubblico e di critica, tantissimi i professionisti presenti. Il tema delle superfici in Architettura si inserisce perfettamente nel contesto del Convento di San Domenico appena restaurato e sede della Mostra Impossibile, che esalta proprio le grandi superfici pittoriche dei maestri Caravaggio, Leonardo e Michelangelo in fantastiche riproduzioni retro illuminate. L’apertura del convegno è stata affidata, dopo i saluti di rito, all’architetto Alberto Calderoni, che nel suo intervento l’altra faccia dell’Architettura ha mostrato e spiegato il modo di trattare le superfici da parte di maestri dell’Architettura Contemporanea quali P. Zumthor e A.S. Viera. Il convegno è proseguito con il contributo dei rappresentanti dell’azienda Akzo Nobel che hanno presentato la ricerca sul trattamento delle superfici interne quali pareti, pavimenti e soffitti evidenziando due prodotti innovativi del marchio di punta SIKKENS: le resine Epossidiche della linea Wapex e la pittura murale Alpha Lumimax. Le resine Wapex possono rendere continue le superfici interne, donano un carattere estraniante agli ambienti e caratterizzano in modo innovativo lo spazio. La pittura murale ALPHA LUMIMAX ha il potere di far aumentare le riflessioni luminose delle superfici trattate, potenziando la luminosità della luce naturale e diminuendo così il consumo di energia elettrica necessaria ad illuminare l’ambiente. 78

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Le caratteristiche di questi prodotti presentati dai consulenti SIKKENS Ciro Zangaro e Giuseppe Fischetti hanno come comune denominatore la Eco Sostenibilità, caratteristica fondamentale nel settore ricerca dell’azienda. Infine il dibattito è stato brillantemente concluso dal prof. arch. Salvatore Cozzolino, presidente regionale A.D.I. Campania, che con il suo intervento Skin Design ha spiegato come le superfici possono essere caratterizzate da uno spessore decorativo, da una pelle materia, da una tridimensionalità, che ne contraddistinguono l’effetto al tatto, la riflessione, e trasformano l’intero sistema percettivo dello spazio. Queste riflessioni ed indicazioni proposte alla platea, attenta e recettiva, sicuramente potranno essere fonte d’ispirazione per i professionisti intervenuti e costituire un arricchimento del proprio bagaglio culturale. Arrivederci al prossimo incontro! Architetto Roberto Cappelli


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SITE-MAP di Sergio Stenti

Un pergolato a piazza Garibaldi

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no dei motivi principali a base del progetto della stazione delle FF.SS. a Piazza Garibaldi costruita nel 1959, mi raccontava Luigi Piccinato, era stata la scelta di alleggerire l’impatto dell’edificio con la piazza e realizzare una bassa pensilina che consentiva lo sguardo del Vesuvio: l’unica cosa bella della piazza. Quel vuoto, occupato solo dalle auto e dagli autobus, è durato cinquant’anni e sta ora riducendosi parecchio, sotto la pressione commerciale e d’immagine, che va a braccetto con gli interventi pubblici sulla mobilità. Non c’è stazione ferroviaria o Metro che non sia già diventata o stia diventando uno shopping mall a uso dei viaggiatori. Un mondo del consumo che pesca laddove passano grandi numeri. Nella nuova Piazza Garibaldi sono previsti 150.000 passaggi giornalieri così come, per fare un paragone, a Parigi nel Forum des Halles ne sono previsti 700.000. Ma le risposte nostre e dei nostri cugini alla sfida urbana della mobilità sono molto dissimili e non solo per quantità. Parigi sta ristrutturando il suo hub urbano, un orribile buco realizzato al posto degli storici mercati generali di Baltard, con un’imponente tenda vetrata che copre interamente l’ex buco. Anche Napoli realizza il suo buco urbano per la mobilità, impegnando mezza piazza Garibaldi e progettandolo come una galleria commerciale scoperta, delicatamente ombreggiata come un pergolato. La cosa curiosa è che il progetto napoletano è fatto da un’archistar francese Domenique Perrault che non segue ciò che fanno a Parigi. La nostra galleria commerciale, infatti, costruita intorno alla stazione

Metro, è coperta da leggere tende triangolari appese a una foresta di possenti alberi e rami di acciaio. Le tende daranno ombra in estate allo spazio della galleria; ma non proteggeranno dalla pioggia che a Napoli cade per circa 125 giorni per anno, più di quanto piove a Parigi (600 mm/anno a Parigi contro 1000 mm/anno a Napoli). A me pare una scelta astrusa, un capriccio architettonico di rilevante impegno e impatto, ma di poca utilità per gli scopi di una galleria commerciale che deve attrarre clienti. Anche un bar, a Napoli, mette sedie e tavoli al coperto, al riparo dalla pioggia. Credo che sia chiaro a molti che la scelta di bucare le piazze da parte della Metro, non è una scelta che favorisce né la circolazione ipogea né lo spazio collettivo. Ma solo un senso di spettacolarità e di marketing che è diventato il segno degli interventi di riqualificazione dello spazio pubblico. A piazza S. M. degli Angeli e a piazza N. Amore, le nuove costruzioni della Metro ingombrano inutilmente i luoghi storici; a piazza Garibaldi, in assenza di storicità significativa, si costruisce una struttura da ombra, un pergolato grande quasi quanto due campi di calcio, che ha un impatto visivo, ma paradossalmente non la funzione, di una imponente costruzione emersa come un fungo metallico nel mezzo della piazza. Forse non è troppo tardi per rimediare agli errori e sono sicuro che, se qualcuno glielo chiedesse, l’archistar francese sarebbe in grado di progettare una bella copertura vetrata che copra senza chiudere il nostro buco urbano a piazza Garibaldi.

Napoli, stazione della Metropolitana di Piazza Garibaldi. Progetto di Dominique Perrault

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distribuzione

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Dove trovare la rivista Arkeda

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Altedo Sud via Torre della Catena 225, Benevento | Anhelo Caffè Bistrot via Bisignano 3, Napoli | Arredamenti Galotti viale Michelangelo 83c, Napoli | Arredamenti Lo Stile via Winspeare 4, Napoli - via Filangieri 16, Napoli | Bar Di Lorenzo via Pasquale Scura 3, Napoli | Bar Seccia via Monteoliveto 29, Napoli | BEN via dei Mulini, Benevento | Bordese Design via Torrione 145, Salerno | Bottega Ferrante via Ferrante 26, Caserta | Cap’Alice via Bausan 28, Napoli | Circolo Nazionale dell’Unione Napoli, via San Carlo 99, Napoli | Colorado Design via Carlo Poerio, 18/A, Napoli | Concessionarie Autorally via Gianturco, 109, Napoli; via Reggia di Portici 49, Napoli | Cuccaro Contract corso Trieste 224, Caserta | Deca Mobili via Torre della Catena, Benevento | De Luca Design via Cisterna dell’Olio 5b, 80134 Napoli | De Luca Parati via Cisterna dell’Olio 5, Napoli | Grimaldi via Capitano Salvatore Rampone 32,

ARKEDA Trimestrale di architettura, edilizia, design e arredo Numero 2 • giugno 2014 Registrazione presso il Tribunale di Napoli autorizzazione n° 68 del 5/11/2013 Editore: Progecta srl Direzione, redazione e amministrazione Via Vannella Gaetani, 15 - 80121 Napoli tel. +39 081 7640032 fax +39 081 2451769 arkeda@progecta.org Direttore responsabile: Diego Lama

Benevento | Hartè via Monteoliveto 76, Napoli; via Crispi 130, Napoli | Ioarredo via del Pomerio 53, Benevento | Jap One via Cappella Vecchia 30i, Napoli | Les Etoiles via Vittoria Colonna 8/A/B, Napoli | Libreria CLEAN via Diodato Lioy 19, Napoli | Libreria Colonnese via San Pietro a Majella 7, Napoli | Libreria Dante & Descartes piazza del Gesù, Napoli | Libreria Feltrinelli corso Trieste 154-156, Caserta | Libreria Feltrinelli corso Vittorio Emanuele I 230, Salerno | Libreria Feltrinelli, via Santa Caterina a Chiaia 23, Napoli | Libreria Feltrinelli via S. Tommaso D’Aquino 70-76, Napoli | Libreria Fiorentino calata Trinità Maggiore 36, Napoli | Libreria Neapolis via S. Gregorio Armeno 4, Napoli | Libreria Renato Pisanti corso Umberto I 38/40, Napoli | Mobili Filomeno via Silvio Baratta 83, Salerno | Novelli Arredamenti via Vetriera 20, 80132 Napoli; via San Leonardo 178, Salerno | Officine Grafiche Francesco Giannini & Figli via Cisterna dell’Olio 6/B, Napoli | On Site Architettura e Design via Salvatore de Renzi 68, Avellino | Ordine degli Architetti Napoli piazzetta Matilde Serao

Redazione: Mirella Armiero, Donatella Bernabò Silorata, Salvatore Carbone, Luigi Centola, Giuseppe Guida, Andrea Nastri Si ringrazia per le immagini: Massimo Lama, Massimo Cavuoto, Barbara Jodice, Roberto Pierucci, Sergio Riccio, Marinella Paolini, Ana Gloria Salvia, Aldo di Chio, Filippo Vinardi, Mimmo Capurso, Studio Badini, Thorsten Greve, Bruno Sorrentino Progetto editoriale e redazione grafica Progecta srl: Giuliana Gargano gargano@progecta.org Simona Postelli postelli@progecta.org Stampa: Officine Grafiche Francesco Giannini & Figli s.p.a. Via Cisterna dell’Olio n. 6/B - 80134 Napoli www.gianninispa.it direzione@gianninispa.it Pubblicità Progecta srl: Natalia Frangipane frangipane@progecta.org

7, Napoli | Petrillo Arredi via Renato De Martino 15, Caserta | Showroom Ferrari via Mario Fiore 33, Napoli | Showroom Ferrari via Miguel Cervantes 60, Napoli | Spazio NEA via Costantinopoli 53, Napoli | Tender Sushi Bar via Cappella Vecchia 5, Napoli | The Wellness Center via Cappella Vecchia 26, Napoli | Unopiù piazza Rodinò 19/20, Napoli | Vineria Belledonne vico Belledonne a Chiaia 18, Napoli | 2CM via Vittorio Colonna 45, Napoli

la rivista si può trovare anche in edicola 80

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edizioni


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SETTE LUOGHI PER LA GRANDE BELLEZZA A NAPOLI di Giancarlo Artese Questo è un gioco. Ispirato da un gran bel film. Roma e Napoli sono città molto diverse: ad esempio, a Napoli non è possibile rintracciare un corpo integro di memorie, che possa essere fatto risalire ad una sorta di sua epoca d’oro, come nella Roma barocca. La Storia qui si è fatta più frammentata, fluida, a volte accavallandosi e cancellando sé stessa. Ma per questo il gioco è più divertente.

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La Mostra d’Oltremare

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Fellini era affascinato dall’EUR, per quella sua aura metafisica, da quadro dechirichiano. La Mostra ha quello stesso tipo di atmosfera, aumentato dalla presenza della natura, dalla sua stessa decadenza. Così se ci si va quando c’è poca gente, inoltrandosi nelle zone più silenziose, prende piede un forte, inspiegabile senso di nostalgia.

6 S. Maria della Sanità

Qui, il riferimento è quello del rapporto tra la chiesa di sopra con quella di sotto, come accadeva nel film con S. Pietro in Montorio. Nella basilica napoletana il presbiterio seicentesco si innalza sulle catacombe di oltre mille anni prima. Ma tanto era raffinata e cerebrale la concezione del Bramante a Roma, quanto cruda, fisica, grandguignolesca quella della Sanità: dal florilegio dei marmi policromi della parte superiore alla macabra ostentazione dei crani incassati nei muri (i cadaveri messi a scolare) della parte sotterranea.

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5 Real Bosco di Capodimonte

Il confronto del giardino all’inglese della reggia napoletana con quelli formali (o all’italiana) della Roma di Jep, come Villa Medici, ad esempio, sembra un po’ forzato: per la diversità delle epoche, ad esempio. E però il sentimento pre-romantico del Parco ben si accoppia all’indole poco razionale (o ragionevole) della città. Che poi, a dire il vero, il carattere selvaggio non era nient’altro che l’artificio di abili paesaggisti. Insomma, un trucco da napoletani.

4 Mausoleo di Matteo Schilizzi

Matteo Schilizzi era un banchiere livornese che si era trasferito a Napoli. Aveva chiesto ad Alfonso Guerra di progettare una tomba per la sua famiglia. Questi lo realizzò tra il 1881 ed il 1889, in una sorta di stile neo-egizio. Nel 1921 però Il Comune decise di acquistare il Mausoleo per ospitare i caduti della I Guerra Mondiale. A questi si aggiunsero poi quelli della II Guerra Mondiale e delle Quattro giornate. È un edificio misterioso, che fa una certa impressione: forse il giardino fitto e ombroso, o le statue egizie all’ingresso… poi tradisce la sua reale grandezza, apparendo molto più imponente di quello che è. È l’archetipo del monumento, nel senso letterale del termine.

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3 San Giovanni a Carbonara

La carrellata al lume di lanterna, che nel film fonde in una passeggiata silenziosa palazzi e musei, potrebbe essere concentrata qui, in questa chiesa che fu iniziata nel Trecento, poi ampliata il secolo dopo, ed ancora nel Cinquecento, fino alla realizzazione della scenografica scalinata settecentesca del Sanfelice. Gotico, rinascimentale, barocco non si accavallano, ma si susseguono come in un racconto.

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2 Parco del Pausilypon

Pollione veniva da una famiglia di liberti, era riuscito ad accumulare grandi ricchezze, ad entrare a far parte degli equites. Aveva scelto di venire a trascorrere qui, nel posto dove si abbandonano gli affanni, gli ultimi anni della sua vita, come altri notabili romani. Aveva costruito una villa magnifica a picco sul mare, con un teatro grande ed uno piccolo, un’odeion. Arrivare qui attraverso la grotta di Cocceio, una galleria scavata nel tufo lunga oltre 700 metri, con l’oscurità che cede il posto ad un’esplosione di luce, è come nascere una seconda volta.

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Palazzo Donn’Anna

Se a Roma la casa di Jep si affacciava sul Colosseo, qui la memoria della città è il mare: perciò sarebbe giusto che la sua casa fosse qui, nel Palazzo che sarebbe dovuto essere di Anna Carafa, ma che il più grande architetto napoletano del Seicento, Cosimo Fanzago, non poté completare. E questo suo essere a metà tra un’opera incompiuta e una rovina, architettura e scoglio - perché fatto della stessa materia - che s’abbandona e lascia fare al mare, che entra ed esce dai suoi archi, come a volte questa città sembra aver fatto con la Storia, ne fa uno dei suoi simboli più veri. (Sette luoghi è tratto dal sito: www.sevenhits.com/giancarlo/sette-luoghi-per-la-grande-bellezza-a-napoli)

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di Mauro Giancaspro

Stazioni, spigoli e facciate N ella mia famiglia sono l’unico napoletano: padre pugliese e madre abruzzese s’incontrano a Roma nel periodo della guerra, si innamorano, si sposano e hanno una bellissima bambina. Io nasco a Napoli, prima che i miei decidano di stabilirvisi definitivamente per una di quelle complicazioni familiari, mai del tutto chiare anche a me, provocate dalla confusione del dopoguerra. Con questi ascendenti è fatale che nella formazione della mia prima infanzia la ferrovia abbia avuto un ruolo fondamentale per i frequenti spostamenti dal luogo natio alle rispettive città dei nonni di Molfetta e di Pescara. Così, quando disegnavo la stazione ferroviaria, l’idea fondamentale che governava la mia ispirazione di fecondo disegnatore in erba non erano i treni, i binari o i viaggiatori, ma le arcate. Ne bastavano cinque o sei a rappresentare, in sbrigativa sintesi, le tredici della stazione che fronteggiavano il monumento di Garibaldi. A partire eravamo in tre, madre e figli; mio padre, che restava, ci accompagnava fin sul binario di Napoli Centrale se si andava a Molfetta o di Piazza Garibaldi se la meta era Pescara. Chi veniva allora per la prima volta a Napoli non poteva ricavare dagli orari ferroviari – ricordate il leggendario Pozzorario? – che le due stazioni, con denominazioni differenti, erano una sopra all’altra. Quello della partenza era un rito reso indimenticabile dal fascino della vacanza. Dall’arcata centrale si accedeva alla biglietteria, un grande salone con un soffitto che fingeva il cielo. L’accompagnatore doveva fare un biglietto d’ingresso che si otteneva con un procedimento complesso: acquisto di un gettone dal giornalaio e inserimento dello stesso in una grossa macchina a manovella che dispensava fragorosamente lo scontrino. Usciti dalla biglietteria, se la destinazione era l’Abruzzo, si scendeva alla stazione inferiore che ai tempi della mia infanzia era completamente scoperta. Se la destinazione era la Puglia per raggiungere i binari del terminale superiore bisognava percorrere, sempre di corsa in lotta col tempo, un lunghissimo colonnato che per noi piccoli appariva interminabile. Poi, la storia la conoscete, la bellissima stazione fu demolita; quella inferiore, finì sotto la piazza e diventò sotterranea, cupa, tetra e malinconica; quella superiore fu arretrata all’altezza del terminale. Il colonnato fu demolito e i fusti furono buttati, in attesa di un riutilizzo che non venne mai, in un posto panoramico lontanissimo dai binari e dal centro cittadino. Le partenze e gli arrivi non si arrestarono durante i lavori: si attraversavano i cantieri con percorsi tortuosi e com82

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plicati. Ricordo che mi posi una domanda. Avevo notato il filobus con la cassettina postale messa accanto alla porta anteriore mentre fermava davanti alla stazione; nel breve tempo della sosta un addetto in camice color cachi saltava fuori da una delle arcate e scaricava nel sacco le lettere. In quell’occasione avevo scoperto qual era stato il destino della busta che anch’io avevo imbucato, proprio come un adulto, in una via del Vomero. “Come faranno adesso – mi chiesi – in mezzo alla confusione del cantiere, a scaricare la posta?” Era quello della cassetta postale attaccata ai mezzi pubblici che transitavano per la stazione un servizio semplice e intelligente. Guardatevi in rete le foto di quel tempo. Ora mi dico che un sistema del genere non sarebbe più possibile, perché nessuno scrive più lettere; perché, se qualcuno volesse provarci, troverebbe probabilmente la cassetta vandalizzata dal solito cretino, e se anche riuscisse a imbucare la sua missiva, non avrebbe nessuna certezza del suo discarico nel sacco postale, perché la nostra modernissima stazione, spigolosa e appuntita com’è, non ha più una facciata lungo la quale potersi accostare.

Disegno di Mauro Giancaspro


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