XVI legislatura
Disegno di legge A.S. n. 2156-B “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione” IL TESTO MODIFICATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI giugno 2012 n. 371
Servizio Studi Direttore: Daniele Ravenna
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Infrastrutture e trasporti Capo ufficio: F. Colucci
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Politica estera e di difesa Capo ufficio: A. Mattiello Capo ufficio: A. Sanso'
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_2057 _2135 _3696 _3567
2451
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XVI legislatura
Disegno di legge A.S. n. 2156-B “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione” IL TESTO MODIFICATO CAMERA DEI DEPUTATI giugno 2012 n. 371
Classificazione Teseo: Corruzione e concussione.
DALLA
INDICE
SINTESI DEL CONTENUTO ................................................................................ 9 SCHEDE DI LETTURA ..................................................................................... 23 Articolo 1 (Autorità nazionale anticorruzione. Piano nazionale anticorruzione) Scheda di lettura...........................................................................................25 Articolo 2 (Modifiche all’articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15) Scheda di lettura...........................................................................................45 Articolo 3 (Trasparenza dell’attività amministrativa e delega al Governo per il riordino della relativa disciplina) Scheda di lettura...........................................................................................49 Articoli 4, 5, 7 e 9 (Modificazioni della legge n. 241 del 1990) Scheda di lettura...........................................................................................75 Articolo 6 (Trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali) Scheda di lettura...........................................................................................81 Articolo 8 (Modifiche agli articoli 53 e 54 e introduzione dell'articolo 35-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) Scheda di lettura...........................................................................................83 Articolo 10 (Delega al Governo per la definizione degli illeciti e delle sanzioni disciplinari concernenti i termini dei procedimenti amministrativi) Scheda di lettura.........................................................................................101 Articolo 11 (Delega al Governo per la disciplina dei casi di non conferibilità e di incompatibilità degli incarichi dirigenziali) Scheda di lettura.........................................................................................103 Articolo 12 (Introduzione dell'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) Scheda di lettura.........................................................................................109
Articolo 13 (AttivitĂ di imprese particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa) Scheda di lettura.........................................................................................113 Articolo 14 (Modifica al codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163) Scheda di lettura.........................................................................................119 Articolo 15 (Prevenzione della corruzione nelle regioni, negli enti locali, negli enti pubblici e nei soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo) Scheda di lettura.........................................................................................121 Articolo 16 (Modifica all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20) Scheda di lettura.........................................................................................125 Articolo 17 (Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilitĂ e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi) Scheda di lettura.........................................................................................129 Articolo 18 (Norme in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili e degli avvocati e procuratori dello Stato) Scheda di lettura.........................................................................................143 Articolo 19 (Modifiche al codice penale) Scheda di lettura.........................................................................................155 Articolo 20 (Modifica all'articolo 2635 del codice civile) Scheda di lettura.........................................................................................167 Articolo 21 (Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231) Scheda di lettura.........................................................................................171 Articolo 22 (Modifiche al codice di procedura penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del medesimo codice) Scheda di lettura.........................................................................................173
Articolo 23 (Modifiche all’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356) Scheda di lettura.........................................................................................177 Articolo 24 (Modifica al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonchÊ disposizioni concernenti la revoca del segretario comunale o provinciale) Scheda di lettura.........................................................................................179 Articolo 25 (Modifica all'articolo 59 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) Scheda di lettura.........................................................................................183 Articolo 26 (Modifica alla legge 27 marzo 2001, n. 97) Scheda di lettura.........................................................................................185 Articolo 27 (Clausola di invarianza) Scheda di lettura.........................................................................................187
SINTESI DEL CONTENUTO
A.S. n. 2156-B Sintesi del contenuto
Articolo 1 (Autorità nazionale anticorruzione. Piano nazionale anticorruzione) L'articolo definisce il nuovo assetto organizzativo delle politiche di contrasto alla corruzione a livello nazionale, il quale si articola nella collaborazione tra la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche-Civit, il Dipartimento della funzione pubblica e le pubbliche amministrazioni centrali. Inoltre prevede la predisposizione di un Piano nazionale anticorruzione.
Articolo 2 (Modifiche all’articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15) L'articolo 2, inserito durante l'esame presso la Camera, destina tutti gli stanziamenti autorizzati ai sensi del comma 3 dell’articolo 4 della legge n. 15 del 2009 alla copertura degli oneri di funzionamento della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT).
Articolo 3 (Trasparenza dell’attività amministrativa e delega al Governo per il riordino della relativa disciplina) L'articolo 3 (già articolo 2 del testo approvato dal Senato) reca norme concernenti la trasparenza dell'attività amministrativa, con specifico riferimento ai procedimenti amministrativi, nonché, secondo le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati, contiene una delega legislativa al Governo per il riordino di tale materia e disposizioni in materia di arbitrato.
Articoli 4, 5 7 e 9 (Modificazioni della legge n. 241 del 1990) Gli articoli 4, 5, 7 e 9 - tutti inseriti dalla Camera - recano novelle alla legge 7 agosto 1990, n. 241, recante "Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi". Le novelle concernono: a) gli obblighi dei soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative; b) motivazione semplificata del provvedimento conclusivo del procedimento amministrativo, in alcuni casi; c) conflitto di interessi; d) motivazione degli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento.
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Articolo 6 (Trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali) L'articolo 6 - inserito anch'esso dalla Camera - persegue una sorta di censimento delle posizioni dirigenziali attribuite a persone individuate discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico, senza procedure pubbliche di selezione.
Articolo 8 (Modifiche agli articoli 53 e 54 e introduzione dell'articolo 35-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) L’articolo 8 (era l'art. 3 del testo approvato dal Senato, che la Camera ha ampiamente integrato) dispone una serie di modifiche all'articolo 53 del D.Lgs. n. 165 del 30 marzo 2001, recante "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche". L'art. 53 novellato disciplina le incompatibilità, il cumulo di impieghi e di incarichi dei dipendenti pubblici.
Articolo 10 (Delega al Governo per la definizione degli illeciti e delle sanzioni disciplinari concernenti i termini dei procedimenti amministrativi) L’articolo 10 - introdotto anch'esso dalla Camera - reca delega al Governo ad adottare, entro sei mesi, un decreto legislativo per definire gli illeciti e le relative sanzioni disciplinari correlati al superamento dei termini previsti per i procedimenti amministrativi.
Articolo 11 (Delega al Governo per la disciplina dei casi di non conferibilità e di incompatibilità degli incarichi dirigenziali) L'articolo 11 - aggiunto dalla Camera - reca una delega legislativa (da esercitare entro sei mesi) in materia di conferimento - a soggetti interni o esterni all'amministrazione - degli incarichi dirigenziali e di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati sottoposti a controllo pubblico esercitanti funzioni amministrative, produttori di beni o servizi per amministrazioni pubbliche o che gestiscono servizi pubblici.
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Articolo 12 (Introduzione dell'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) L'articolo - ampiamente integrato dalla Camera - pone una tutela per il pubblico dipendente che – fuori dei casi di responsabilità penale per calunnia o diffamazione o civile per danno ingiusto1– denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro.
Articolo 13 (Attività di imprese particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa) Il comma 1 ricollega, all'individuazione di una serie di attività d’impresa particolarmente esposte al rischio di inquinamento mafioso, l'effetto di soddisfare i requisiti per l'informazione antimafia per l'esercizio della relativa attività. Si tratta di un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, mentre il comma 2 conferma sostanzialmente l'ambito di applicazione della disposizione definito dal Senato. Per il comma 3 l’elenco delle attività può essere modificato con decreto ministeriale (adottato dal Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell’economia e delle finanze), previo parere delle commissioni parlamentari competenti. La procedura di cui al comma 4, a seguito dell'emendamento approvato dalla Camera dei deputati, precisa che è onere dell'impresa iscritta nell'elenco pena la cancellazione dell'iscrizione - comunicare alla prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali, entro trenta giorni dalla data della modifica. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 5 statuisce in ordine alle modalità per l'istituzione e l'aggiornamento dell'elenco di cui al comma 1, nonché per l'attività di verifica. Il testo è frutto dell'emendamento approvato dalla Camera, salvo la parte in cui si riconferma la clausola di invarianza finanziaria già presente al Senato. Il comma 6, infine regola il diritto transitorio, prevedendo che la normativa vigente continua ad applicarsi fino al sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 5: anche stavolta si tratta di emendamento approvato dalla Camera.
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Così l'articolo 2043 del codice civile: "Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno". Il richiamo a questo articolo del codice civile, e dunque alla fattispecie della responsabilità civile per danno ingiusto, è stato introdotto nel disegno di legge nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati.
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Articolo 14 (Modifica al codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163) L’articolo 14, introdotto dalla Camera dei deputati, modifica l’art. 135 del Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 163/2006) integrando le cause di risoluzione del contratto con l’appaltatore, con riferimento alla sentenza definitiva di condanna nei suoi confronti per gravi reati.
Articolo 15 (Prevenzione della corruzione nelle regioni, negli enti locali, negli enti pubblici e nei soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo) L'articolo 15 deriva da un emendamento del Governo (approvato alla Camera) interamente sostitutivo dell'articolo 8 nel testo approvato in sede referente alla Camera (già art. 6 del testo approvato dal Senato). Il comma 1 prescrive l'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 13 del testo in esame nella pubblica amministrazione in senso ampio che comprende, tra l'altro, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni. Il comma 2 richiede agli stessi soggetti (nonché agli enti di diritto privato sottoposti al loro controllo), adempimenti volti alla piena e sollecita attuazione delle disposizioni del testo legislativo in esame, con particolare riguardo alla definizione del piano triennale di prevenzione della corruzione, all'adozione di norme regolamentari relative all'individuazione degli incarichi vietati ai dipendenti pubblici, all'adozione del codice di comportamento. Il comma 3 richiede analoghi adempimenti attuativi con riferimento agli emanandi decreti legislativi delegati.
Articolo 16 (Modifica all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20) L’articolo 16 - modificato dalla Camera - reca disposizioni in materia di danno all’immagine della pubblica amministrazione, la cui entità viene fissata salvo prova contraria - nel doppio della somma di denaro o del valore (patrimoniale, ha precisato la Camera) di altra utilità percepiti illecitamente dal pubblico dipendente.
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Articolo 17 (Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi) L’articolo 17 - modificato dalla Camera - reca delega al Governo ad adottare, entro un anno, un testo unico per disciplinare, in caso sentenze definitive di condanna per delitti non colposi: l’incandidabilità a cariche elettive e di governo, a livello centrale, regionale e locale (la Camera ha aggiunto al Parlamento europeo). il divieto di ricoprire alcune cariche, proprie degli enti locali.
Articolo 18 (Norme in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili e degli avvocati e procuratori dello Stato) L’articolo 18, introdotto dalla Camera dei deputati, reca norme in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili e degli avvocati e procuratori dello Stato. Esso prevede, al comma 1, che i soggetti suddetti possano prestare servizio in posizione di fuori ruolo, o in un’altra analoga posizione, per non più di cinque anni consecutivi e, nel corso dell'intera carriera, per un tempo massimo complessivo di dieci anni. Si dispone, poi, che i soggetti ricollocati in ruolo non possano essere nuovamente collocati fuori ruolo se non hanno esercitato continuativamente ed effettivamente le proprie funzioni per almeno cinque anni. Si prevede, inoltre, che il collocamento fuori ruolo non possa determinare alcun pregiudizio relativo al posizionamento nei ruoli di appartenenza. Il comma 2 statuisce che il magistrato fuori ruolo mantenga, nel nuovo incarico, esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, compresa l’indennità, e che i relativi oneri rimangano a carico della stessa. Il comma 3, infine, precisa la prevalenza della nuova disciplina su ogni normativa speciale, nonché la sua applicazione agli incarichi già conferiti alla data della sua entrata in vigore.
Articolo 19 (Modifiche al codice penale) L’articolo 19, modificato dalla Camera dei deputati rispetto al testo varato dal Senato (nel quale era l'articolo 9), introduce numerose modifiche al codice penale.
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In particolare, il comma 1, lettera c), novella l'articolo 314 del codice penale, allungando da tre a quattro anni il minimo sanzionatorio della reclusione per peculato. La successiva lettera d), intervenendo sull'articolo 317 del codice penale, ridefinisce il reato di concussione, che diventa riferibile al solo pubblico ufficiale (e non più anche all’incaricato di pubblico servizio) e da cui è espunta la fattispecie per induzione (v. ultra); è previsto un aumento del minimo edittale, portato da quattro a sei anni di reclusione. La lettera f) detta una nuova formulazione dell’attuale reato di cui all’articolo 318 del codice penale (Corruzione per un atto d’ufficio), ora rubricato “Corruzione per l’esercizio della funzione”, e sanzionato più severamente con la reclusione da uno a cinque anni, anziché da sei mesi a tre anni). Con la riformulazione dell’articolo 318 (cd. 'corruzione impropria') vengono ridelimitate le diverse forme di corruzione: da una parte, la corruzione propria di cui all'articolo 319 del codice penale che rimane ancorata al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio; dall'altra, l’indebita ricezione o accettazione della promessa di denaro o altra utilità di cui al nuovo articolo 318 del codice penale, che risulta ora collegata all’esercizio delle funzioni o dei poteri del pubblico ufficiale, e non al compimento di un atto dell’ufficio. Risulta inoltre soppressa l’ipotesi più lieve per il pubblico ufficiale che riceve la retribuzione per un atto già compiuto. La disposizione si applica anche all’incaricato di pubblico servizio, ai sensi della lettera l), che novella l'articolo 320 c del codice penale. La lettera g) novella l’articolo 319 del codice penale (che continua ad applicarsi anche all’incaricato di pubblico servizio, ai sensi della medesima citata lettera l)), nel senso di aumentare la pena della reclusione prevista per la corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio da quattro ad otto anni, in luogo della reclusione da due a cinque anni attualmente prevista. La lettera h) modifica l’articolo 319-ter del codice penale aumentando da quattro a dieci anni (anziché da tre a otto anni) la pena della reclusione per la corruzione in atti giudiziari. Vengono poi introdotti nel codice penale due nuove fattispecie delittuose: l’“induzione indebita a dare o promettere utilità” (cd. 'concussione per induzione', nuovo articolo 319-quater, introdotto dalla lettera i)). La norma punisce il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che induce il privato a pagare (viene prevista la reclusione da tre a otto anni); il privato che dà o promette denaro o altra utilità è punito invece con la reclusione fino a tre anni; il “traffico di influenze illecite” (nuovo articolo 346-bis, introdotto dalla lettera r)) che, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319 e 319-ter, punisce con la reclusione da uno a tre anni chi sfrutta le sue relazioni con il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio al fine di farsi dare o promettere denaro o altro vantaggio patrimoniale come prezzo della sua mediazione illecita ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico
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servizio. La stessa pena si applica a chi dà o promette denaro o altro vantaggio. Sono previste aggravanti e attenuanti speciali. La lettera p) interviene sull'articolo 323 del codice penale nel senso di sanzionare più severamente l’abuso d’ufficio, prevedendo l'applicazione della pena della reclusione da uno a quattro anni, anziché da sei mesi a tre anni. La lettera e) modifica l’articolo 317-bis del codice penale nel senso di far conseguire l’interdizione perpetua dai pubblici uffici anche alla condanna per corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e in atti giudiziari. Ulteriori modifiche al codice penale hanno, soprattutto, natura di coordinamento essendo prevalentemente volte ad estendere l'ambito di applicazione di alcune disposizioni codicistiche mediante l'inserimento nelle medesime del rinvio alle nuove fattispecie incriminiatrici introdotte dal testo in esame. Si tratta, in particolare, delle disposizioni sull’incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione a seguito di condanna (articolo 32-quater del codice penale, novellato dalla lettera a)), sull’estinzione del rapporto di lavoro (articolo 32-quinquies, novellato dalla lettera b)), sulla fattispecie di istigazione alla corruzione (articolo 322, i cui commi 1 e 3 vengono novellati dalla lettera m)), sull’applicabilità agli organi dell’UE e di Stati esteri (articolo 322-bis, il cui comma 2 e la cui rubrica vengono novellati dalla lettera n)), sulla confisca (articolo 322-ter, il cui comma 1 viene novellato dalla lettera o)), sulla circostanza attenuante (articolo 323-bis, novellato dalla lettera q)). Infine la lettera l) - alla quale si è gia fatto riferimento - modifica il primo comma dell'articolo 320 del codice penale prevedendo che le disposizioni di cui agli articoli 318 e 319 si applichino in ogni caso all'incaricato di pubblico servizio, mentre il testo vigente di tale comma stabilisce che, nel caso dell'articolo 318, ciò avviene solo se l'incaricato di pubblico servizio riveste la qualità di pubblico impiegato.
Articolo 20 (Modifica dell'articolo 2635 del codice civile) L’articolo 20, introdotto dalla Camera dei deputati, sostituisce all’attuale fattispecie di cui all’articolo 2635 del Codice civile ('Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità') quella di 'Corruzione tra privati'. La disposizione prevede - al comma 1 - che siano puniti con la reclusione da uno a tre anni gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori che, compiendo od omettendo atti in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionano nocumento alla società. Il comma 2 dispone l'applicazione della pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al precedente comma.
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Il successivo comma 3 prevede che il soggetto che dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e secondo comma sia punito con le pene ivi previste. Il comma 4, infine, statuisce che le pene stabilite nei commi precedenti siano raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
Articolo 21 (Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231) L’articolo 21, introdotto dalla Camera dei deputati, coordina la disciplina della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche, di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 20012, con le novelle introdotte nel codice penale dal disegno di legge in esame. A tal fine, l'articolo in commento apporta le necessarie modifiche alla rubrica e al comma 3 dell'articolo 25 e all'articolo 25-ter, comma 1 (al quale aggiunge la lettera s-bis)), del predetto Decreto Legislativo n. 231 del 2001. In particolare, la citata responsabilità consegue anche per i reati: di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui al nuovo articolo 319-quater del codice penale, per il quale viene prevista la sanzione pecuniaria da 300 a 800 quote; di corruzione tra privati di cui all'articolo 2635 del codice civile, limitatamente all'ipotesi di cui al terzo comma, per il quale viene prevista la sanzione pecuniaria da 200 a 400 quote. Si segnala che il rinvio all’art. 2635, c.c., terzo comma, va verificato, in quanto probabilmente si intende far riferimento invece al quarto comma del testo dell’articolo citato, quale sostituito dall’art. 20 del disegno di legge in esame.
Articolo 22 (Modifiche al codice di procedura penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del medesimo codice) L’articolo 22, introdotto dalla Camera dei deputati, reca modifiche al codice di procedura penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del medesimo codice.
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Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante 'Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della Legge 29 settembre 2000, n. 300'.
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In particolare, il comma 1 novella l’articolo 133 delle norme di attuazione del Codice di procedura penale, prevedendo che anche il decreto che - ai sensi dell'articolo 429 del predetto codice - dispone il giudizio per il nuovo reato di cui all’articolo 319-quater del codice penale (Induzione indebita a dare o promettere utilità), introdotto dall'articolo 19 del disegno di legge in esame, sia comunicato alle amministrazioni o agli enti di appartenenza del dipendente pubblico. Il comma 2, invece, aggiunge il comma 2-bis all'articolo 308 del Codice di procedura penale, che disciplina i termini di durata massima delle misure coercitive diverse dalla custodia cautelare. L'introducendo comma prevede che, nel caso in cui si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 314 (Peculato), 316 (Peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (Malversazione a danno dello Stato), 316-ter (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato), 317 (Concussione), 318 (Corruzione per l'esercizio della funzione), 319 (Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (Corruzione in atti giudiziari), 319-quater, primo comma (Induzione indebita a dare o promettere utilità), e 320 (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale, le misure interdittive perdano efficacia decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione (in luogo dell'ordinario termine di due mesi previsto in via generale dal comma 2 dello stesso articolo 308). Si dispone, inoltre che, in ogni caso, qualora tali misure siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice possa disporne la rinnovazione anche oltre sei mesi dall'inizio dell'esecuzione, fermo restando che comunque la loro efficacia viene meno se dall'inizio della loro esecuzione sia decorso un periodo di tempo pari al triplo dei termini previsti dall'articolo 303 del codice di procedura penale (in luogo del limite del doppio dei predetti termini previsto in via generale dal comma 2 del citato articolo 308). Le richiamate misure interdittive sono quelle disciplinate dagli articoli 288, 289 e 290 del codice di procedura penale, riguardanti - rispettivamente - la 'Sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori', la 'Sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio' e il 'Divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali'.
Articolo 23 (Modifiche all’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356) L’articolo 23, introdotto dalla Camera dei deputati, novella l'articolo 12sexies del Decreto Legge n. 306 del 1992, recante 'Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa'. Il citato articolo 12-sexies disciplina la confisca obbligatoria di beni, denaro o altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza. Con le modifiche recate ai commi 1 e 2-bis) del predetto articolo 12-sexies, l'articolo in esame aggiunge la condanna per il reato di induzione indebita a dare
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o promettere utilità, introdotta dall'articolo 19 del disegno di legge in esame, tra quelle per le quali si applica la predetta confisca obbligatoria.
Articolo 24 (Modifica al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché disposizioni concernenti la revoca del segretario comunale o provinciale) L’articolo 24 (introdotto durante l'esame presso la Camera), modifica gli articoli 58 e 59 del TUEL, inserendo - comma 1 - la condanna definitiva per il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità tra le cause ostative alla candidatura alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali ovvero di impedimento a ricoprire cariche presso gli organi rappresentativi degli enti locali. Ad analoga condanna, ma non definitiva, consegue la sospensione di diritto dalle cariche rappresentative degli enti locali. Il comma 2 dell'articolo coinvolge l' Autorità anticorruzione nei procedimenti di revoca del segretario comunale (o provinciale) da parte del sindaco (o del presidente della provincia); le revoche sono sospese per trenta giorni, durante i quali l'Autorità può intervenire, se rileva una correlazione con le attività preventive della corruzione svolte dal segretario.
Articolo 25 (Modifica all'articolo 59 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) L'articolo 25 - approvato durante l'esame presso la Camera - novella l’art. 59 del TUEL prevedendo la sospensione di diritto, da una serie di cariche pubbliche, delle persone nei cui confronti l’autorità giudiziaria ha applicato la misura coercitiva del divieto di dimora, quando coincida con la sede dove si svolge il mandato elettorale.
Articolo 26 (Modifica alla legge 27 marzo 2001, n. 97) L’articolo 26, introdotto dalla Camera dei deputati, modifica la Legge n. 97 del 2001, ai fini del necessario coordinamento derivante dalla nuova fattispecie delittuosa introdotta dall'articolo 19 del provvedimento in esame (“induzione indebita a dare o promettere utilità”, cd. 'concussione per induzione', di cui al nuovo articolo 319-quater c.p.). In particolare, l'articolo in commento novella l'articolo 3, comma 1, della suddetta Legge n. 97 del 2001, che disciplina il trasferimento del pubblico dipendente a seguito di rinvio a giudizio per i reati ivi previsti, ai quali viene
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A.S. n. 2156-B Sintesi del contenuto
appunto aggiunto il nuovo reato configurato dal menzionato articolo 319-quater del codice penale.
Articolo 27 (Clausola di invarianza ) L’articolo 27 contiene la clausola di invarianza finanziaria, sÏ che la legge dovrà essere attuata senza determinare oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.
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SCHEDE DI LETTURA
A.S. n. 2156-B Articolo 1
Articolo 1 (Autorità nazionale anticorruzione. Piano nazionale anticorruzione)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——–
1. In attuazione dell’articolo 6 della Convenzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell’ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, la presente legge individua, in ambito nazionale, l’Autorità nazionale anticorruzione e gli altri organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto al fenomeno corruttivo e dell’illegalità nella pubblica amministrazione.
1. In attuazione dell’articolo 6 della Convenzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell’ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n.116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, la presente legge individua, in ambito nazionale, l’Autorità nazionale anticorruzione e gli altri organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione.
2. La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, opera quale Autorità nazionale anticorruzione, ai sensi del comma 1. In particolare, la Commissione:
2. La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche, di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150, e successive modificazioni, di seguito denominata «Commissione», opera quale Autorità nazionale anticorruzione, ai sensi del comma 1 del presente articolo. In particolare, la Commissione:
a) collabora con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti;
a) identica;
b) approva il Piano nazionale anticorruzione predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica, di cui al comma 4, lettera c);
b) identica;
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– c) analizza le cause e i fattori della corruzione e individua gli interventi che ne possono favorire la prevenzione e il contrasto; d) esprime pareri facoltativi agli organi dello Stato e a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legisaltivo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in materia di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento e ai contratti, collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico; e) esprime pareri facoltativi in materia di autorizzazioni, di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, allo svolgimento di incarichi esterni da parte dei dirigenti amministrativi dello Stato e degli enti pubblici nazionali, con particolare riferimento all’applicazione del comma 16-ter, introdotto dall’articolo 8, comma 1, lettera l), della presente legge;
c) esercita la vigilanza e il controllo sull’effettiva applicazione e sull’efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni ai sensi dei commi 4 e 5;
f) esercita la vigilanza e il controllo sull’effettiva applicazione e sull’efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni ai sensi dei commi 4 e 5 del presente articolo e sul rispetto delle regole sulla trasparenza dell’attività amministrativa previste dall’articolo 3 e dalle altre disposizioni vigenti;
d) riferisce al Parlamento, presentando una relazione entro il 31
g) riferisce al Parlamento, presentando una relazione entro il 31
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——–
dicembre di ciascun anno, sull’attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell’illegalità nella pubblica amministrazione e sull’efficacia delle disposizioni vigenti in materia.
dicembre di ciascun anno, sull’attività di contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione e sull’efficacia delle disposizioni vigenti in materia.
3. Per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera c), la Commissione può esercitare poteri ispettivi chiedendo notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e ordina la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani di cui ai commi 4 e 5.
3. Per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera f), la Commissione esercita poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e ordina l’adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani di cui ai commi 4 e 5 del presente articolo e dalle regole sulla trasparenza dell’attività amministrativa previste dall’articolo 3 e dalle altre disposizioni vigenti, ovvero la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza citati. La Commissione e le amministrazioni interessate danno notizia, nei rispettivi siti web istituzionali, dei provvedimenti adottati ai sensi del presente comma.
4. Il Dipartimento della funzione pubblica, anche secondo linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri:
4. Identico:
a) coordina l’attuazione delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale;
a)identica;
b) promuove e definisce norme e metodologie comuni per la prevenzione della corruzione, coerenti con gli
b) identica;
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——–
indirizzi, i programmi e i progetti internazionali; c) predispone sulla base dei piani delle pubbliche amministrazioni centrali di cui al comma 5 il Piano nazionale anticorruzione, anche al fine di assicurare l’attuazione coordinata delle misure di cui alla lettera a);
c) predispone il Piano nazionale anticorruzione, anche al fine di assicurare l’attuazione coordinata delle misure di cui alla lettera a);
d) definisce modelli standard delle informazioni e dei dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata.
d) identica;
e) definisce criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione e misure per evitare sovrapposizioni di funzioni e cumuli di incarichi nominativi in capo ai dirigenti pubblici, anche esterni. 5. Le pubbliche amministrazioni centrali definiscono e trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica: a) propri piani di azione che forniscono una valutazione del diverso livello di esposizione al rischio corruzione degli uffici;
5. Identico:
a) un piano di prevenzione della corruzione che fornisce una valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione e indica gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesino rischio;
b) gli interventi organizzativi per presidiare il rischio di cui alla lettera a);
soppressa
c) procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica
b) identica.
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——–
amministrazione, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari. 6. Ai fini della predisposizione del piano di prevenzione della corruzione, il prefetto, su richiesta, fornisce il necessario supporto tecnico e informativo agli enti locali, anche al fine di assicurare che i piani siano formulati e adottati nel rispetto delle linee guida contenute nel Piano nazionale approvato dalla Commissione. 7. A tal fine, l’organo di indirizzo politico individua, di norma tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio, il responsabile della prevenzione della corruzione. Negli enti locali, il responsabile della prevenzione della corruzione è individuato, di norma, nel segretario, salva diversa e motivata determinazione. 8. L’organo di indirizzo politico, su proposta del responsabile individuato ai sensi del comma 7, entro il 31 gennaio di ogni anno, adotta il piano triennale di prevenzione della corruzione, curandone la trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica. L’attività di elaborazione del piano non può essere affidata a soggetti estranei all’amministrazione. Il responsabile, entro lo stesso termine, definisce procedure appropriate per selezionare e formare, ai sensi del comma 10, i dipendenti destinati ad operare in settori
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– particolarmente esposti alla corruzione. Le attività a rischio di corruzione devono essere svolte, ove possibile, dal personale di cui al comma 11. La mancata predisposizione del piano e la mancata adozione delle procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti costituiscono elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale. 9. Il piano di cui al comma 5 risponde alle seguenti esigenze: a) individuare le attività, tra le quali quelle di cui all’articolo 3, comma 2, nell’ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione, anche raccogliendo le proposte dei dirigenti, elaborate nell’esercizio delle competenze previste dall’articolo 16, comma l, lettera a-bis), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165; b) prevedere, per le attività individuate ai sensi della lettera a), meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio di corruzione; c) prevedere, con particolare riguardo alle attività individuate ai sensi della lettera a), obblighi di informazione nei confronti del responsabile, individuato ai sensi del comma 7, chiamato a vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del piano; d) monitorare il rispetto dei termini, previsti dalla legge o dai regolamenti, per la conclusione dei
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– procedimenti; e) monitorare i rapporti tra l’amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell’amministrazione; f) individuare specifici obblighi di trasparenza ulteriori rispetto a quelli previsti da disposizioni di legge. 10. Il responsabile individuato ai sensi del comma 7 provvede anche: a) alla verifica dell’efficace attuazione del piano e della sua idoneità, nonché a proporre la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell’organizzazione o nell’attività dell’amministrazione; b) alla verifica, d’intesa con il dirigente competente, dell’effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione; c) ad individuare il personale da inserire nei programmi di formazione
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– di cui al comma 11. 11. La Scuola superiore della pubblica amministrazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e utilizzando le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, predispone percorsi, anche specifici e settoriali, di formazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni statali sui temi dell’etica e della legalità. Con cadenza periodica e d’intesa con le amministrazioni, provvede alla formazione dei dipendenti pubblici chiamati ad operare nei settori in cui è più elevato, sulla base dei piani adottati dalle singole amministrazioni, il rischio che siano commessi reati di corruzione. 12. In caso di commissione, all’interno dell’amministrazione, di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il responsabile individuato ai sensi del comma 7 del presente articolo risponde ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché sul piano disciplinare, oltre che per il danno erariale e all’immagine della pubblica amministrazione, salvo che provi tutte le seguenti circostanze: a) di avere predisposto, prima della commissione del fatto, il piano di cui al comma 5 e di aver osservato le prescrizioni di cui ai commi 9 e 10 del presente articolo; b) di aver vigilato sul funzionamento e sull’osservanza del
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– piano. 13. La sanzione disciplinare a carico del responsabile individuato ai sensi del comma 7 non può essere inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi. 14. In caso di ripetute violazioni delle misure di prevenzione previste dal piano, il responsabile individuato ai sensi del comma 7 del presente articolo risponde ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché, per omesso controllo, sul piano disciplinare. La violazione, da parte dei dipendenti dell’amministrazione, delle misure di prevenzione previste dal piano costituisce illecito disciplinare. Entro il 15 dicembre di ogni anno, il dirigente individuato ai sensi del comma 7 del presente articolo pubblica nel sito web dell’amministrazione una relazione recante i risultati dell’attività svolta e la trasmette all’organo di indirizzo politico dell’Amministrazione. Nei casi in cui l’organo di indirizzo politico lo richieda o qualora il dirigente responsabile lo ritenga opportuno, quest’ultimo riferisce sull’attività.
L'articolo definisce il nuovo assetto organizzativo delle politiche di contrasto alla corruzione a livello nazionale - il quale si articola nella collaborazione tra la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche-Civit, il Dipartimento della funzione pubblica e le pubbliche amministrazioni centrali. Inoltre prevede la predisposizione di un Piano nazionale anticorruzione.
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Il comma 1 individua nella predetta Commissione, l'Autorità nazionale competente al fine del coordinamento dell'attività di contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione. Tale individuazione si rende necessaria in ottemperanza a quanto previsto dalle Convenzioni internazionali in materia di lotta alla corruzione ed all'illegalità nella pubblica amministrazione. Ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e successive modificazioni3, tale compito è attribuito alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche. La Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale il 31 ottobre 2003 e aperta alla firma a Merida dal 9 all’11 dicembre dello stesso anno, è entrata in vigore a livello internazionale il 14 dicembre 2005. Le premesse della Convenzione affermano che la corruzione costituisce una minaccia per la stabilità e la sicurezza della società ed evidenziano i nessi esistenti tra la corruzione ed altre forme di criminalità, in particolare la criminalità organizzata e la criminalità economica, compreso il riciclaggio di denaro. La Convenzione prevede poi una serie di misure sia di carattere preventivo sia di carattere repressivo, riconoscendo particolare importanza alla cooperazione internazionale e alle misure di recupero dei beni. La ratifica della Convenzione ONU da parte dell'Italia è stata autorizzata con legge 3 agosto 2009, n. 1164. Tale legge apporta modifiche al codice penale e al codice di procedura penale; in particolare, essa estende l’ambito di applicazione del delitto di peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri, prevede la responsabilità amministrativa dell’ente in relazione alla commissione del delitto di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, interviene in materia di devoluzione allo Stato estero interessato dei beni confiscati sul territorio italiano in esecuzione di provvedimenti di confisca adottato all’estero. L’articolo 6 della Convenzione ONU prevede che ciascuno Stato Parte assicuri, conformemente ai principi fondamentali del proprio sistema giuridico, l'esistenza di uno o più organi, secondo quanto necessario, incaricati di prevenire la corruzione mediante mezzi quali: a) l'applicazione delle politiche di prevenzione della corruzione e, se necessario, la supervisione ed il coordinamento di tale applicazione; b) l'accrescimento e la diffusione delle conoscenze concernenti la prevenzione della corruzione.
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D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni. 4 Legge 3 agosto 2009, n. 116, Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 con risoluzione n. 58/4, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003, nonché norme di adeguamento interno e modifiche al codice penale e al codice di procedura penale”.
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Al suddetto organo deve essere assicurata l'indipendenza necessaria a permettergli di esercitare efficacemente le sue funzioni al riparo da ogni indebita influenza. Dovrebbero inoltre essere forniti le risorse materiali ed il personale necessario, nonché la formazione di cui tale personale può avere bisogno per esercitare le sue funzioni. In via del tutto analoga, l’articolo 20 della Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione stabilisce che gli Stati contraenti sono tenuti a promuovere la specializzazione delle persone o delle unità indipendenti incaricate della repressione della corruzione e a garantire che tali persone o unità dispongano dei mezzi e dell’indipendenza necessari all’adempimento dei loro compiti. Il successivo articolo 21 prevede un obbligo generale, con riserva dell’applicazione del diritto nazionale, di garantire la cooperazione delle autorità statuali e dei pubblici ufficiali con le autorità preposte alle indagini e al perseguimento di reati. Si ricorda, inoltre, che il nostro Paese ha sottoscritto anche due Convenzioni del Consiglio d'Europa in materia di corruzione: la Convenzione civile e la Convenzione penale del 1999, In particolare, la Convenzione penale definisce esigenze minime che devono essere soddisfatte nella repressione penale delle varie forme di corruzione, sia nel settore pubblico che in quello privato. Entrambe sono in attesa di ratifica5. La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche – Civit è stata istituita ex articolo 13 del già ricordato decreto legislativo 150/2009 con la funzione di indirizzare, coordinare e sovrintendere all’esercizio indipendente delle funzioni di valutazione delle amministrazioni; di garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione, di assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale. A tali attribuzioni si affianca il compito di garantire la trasparenza totale delle amministrazioni, cioè l’accessibilità dei dati inerenti al loro funzionamento. La Commissione esercita le proprie attribuzioni «in posizione di indipendenza di giudizio e di valutazione e in piena autonomia», in collaborazione con il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri6. Nell’esercizio delle competenze concernenti la salvaguardia della trasparenza, la Commissione: predispone le linee guida del Programma triennale per l'integrità e la trasparenza che deve essere adottato da ciascuna amministrazione, ne verifica l'effettiva adozione e vigila sul rispetto degli obblighi in materia di trasparenza da parte di
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Presentati presso il Senato sono due disegni di legge (A.S. n. 850 e A.S. n. 2058) di ratifica della Convenzione penale sulla corruzione (fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999). Introducendo norme di adeguamento interno, recano modifiche al codice penale, tali da ridisegnare complessivamente il quadro dei delitti contro la pubblica amministrazione. 6 La Commissione è organo collegiale composto da cinque componenti scelti tra esperti di elevata professionalità, anche estranei all'amministrazione con comprovate competenze in Italia e all'estero, sia nel settore pubblico che in quello privato in tema di servizi pubblici, management, misurazione della performance, nonché di gestione e valutazione del personale. I componenti sono nominati, tenuto conto del principio delle pari opportunità di genere, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, previo parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti. I componenti sono nominati per un periodo di sei anni e possono essere confermati una sola volta.
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ciascuna amministrazione; realizza e gestisce il portale della trasparenza che contiene i dati relativi alle amministrazioni pubbliche, in collaborazione con il Cnipa (Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione). In particolare, ai sensi del comma 8 dell’articolo 13 del d.lgs. 150, nell’ambito della Commissione è istituita la Sezione per l'integrità e la trasparenza delle amministrazioni, a cui sono assegnati, con delibera della Commissione, personale della struttura ed esperti di elevata professionalità ed esperienza sui temi della prevenzione e della lotta alla corruzione. La Sezione ha il compito di favorire la diffusione della legalità e della trasparenza nelle amministrazioni pubbliche e sviluppare interventi a favore della cultura dell'integrità.
Dell'articolo in esame, il comma 2 elenca dettagliatamente i compiti spettanti alla predetta Commissione. In particolare, l'attività della Commissione si espleta attraverso le funzioni di seguito indicate: a) la collaborazione con i paritetici organismi stranieri e con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti; b) l'approvazione del Piano nazionale anticorruzione predisposto dal Dipartimento della Funzione pubblica che assume, pertanto, le competenze in tale materia; c) l'analisi delle cause e dei fattori della corruzione e l'individuazione delle attività volte a favorirne la prevenzione ed il contrasto (lettera inserita dalla Camera dei deputati); d) l'espressione di pareri facoltativi nei confronti degli organi dello Stato e di tutte le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in materia di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento in vigore ed ai contratti collettivi o individuali che regolano il rapporto di lavoro pubblico (lettera inserita dalla Camera dei deputati). La presente lettera d) introdotta a seguito dell'esame presso la Camera, attribuisce alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, un'ulteriore compito che consiste nella formulazione di pareri, seppure facoltativi, nei confronti delle amministrazioni pubbliche ai quali si rivolgono. I pareri, ai sensi dell'articolo 16 della legge 241/1990 e successive modificazioni, sono emessi dagli organi consultivi della pubblica amministrazione e possono essere facoltativi o obbligatori. I pareri facoltativi sono quelli che l'organo attivo è libero di chiedere o meno, e, una volta che lo abbia chiesto, è tenuto a seguirlo. Ai sensi dell'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per organi dello Stato ed amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita' montane e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici
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nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.
e) l'espressione di pareri facoltativi in materia di autorizzazioni allo svolgimento di incarichi esterni da parte dei dirigenti amministrativi dello Stato e degli enti pubblici nazionali, di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni. In particolare ci si riferisce all'applicazione del comma 16-ter, introdotto dall'articolo 8, comma 1, lettera l) della presente legge (lettera inserita dalla Camera dei deputati). Ai sensi dell'articolo 53, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati. Il comma 16-ter, introdotto dall'articolo 8, comma 1, lettera l) della presente legge stabilisce che i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni».
f) l'espressione della vigilanza e del controllo sull'effettiva applicazione ed efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni. Il controllo è volto altresì - ha inserito la Camera dei deputati - a verificare il rispetto delle regole inerenti la trasparenza dell'attività amministrativa; g) riferire al Parlamento, mediante la presentazione, entro il 31 dicembre di ciascun anno, di una relazione esplicativa dell'attività di contrasto alla corruzione ed all'illegalità nella Pubblica amministrazione, e di illustrare l'efficacia delle disposizioni vigenti in materia. Il comma 3 prevede che la Commissione, al fine dell'esercizio delle funzioni ispettive, richieda di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, interessandosi, altresì, dell'esecuzione degli atti e provvedimenti previsti dai piani di cui ai successivi comma 4 e 5. L'attività della Commissione è svolta anche con riguardo alle regole di trasparenza dell'attività amministrativa previste dall'articolo 3. A tali attività si affianca la rimozione di quei comportamenti o quegli atti che possano risultare in contrasto con i piani e le regole sulla trasparenza. I provvedimenti adottati dalla Commissione e dalle amministrazioni interessate in tale ambito sono pubblicati sui rispettivi siti web istituzionali (tale periodo è stato introdotto a seguito dell'esame presso la Camera).
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Il comma 4 definisce ed elenca le attribuzioni che il Dipartimento della funzione pubblica svolge in tale ambito e stabilisce che nell'espletare tale attività, esso debba attenersi alle linee di indirizzo adottate da un Comitato interministeriale che è istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Tali funzioni sono di seguito indicate: a) coordinamento dell'attuazione delle strategie di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale ed internazionale; b) promozione e definizione di norme e metodologie comuni per la prevenzione della corruzione, che risultino coerenti con gli indirizzi,i programmi ed i progetti internazionali; c) predisposizione del Piano nazionale anticorruzione. Tale Piano consente l'attuazione coordinata delle misure previste dalla precedente lettera a); d) definizione di modelli standard delle informazioni e dei dati occorrenti al fine di conseguire gli obiettivi previsti dalla presente normativa. Tali modelli saranno utili per ottenere la gestione e l'analisi dei dati secondo procedure informatizzate; e) definizione dei criteri necessari ad assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori che sono particolarmente soggetti a forme di corruzione e definizione di misure che vietino la sovrapposizione di funzioni ed i cumuli degli incarichi nominativi in capo ai dirigenti pubblici anche, eventualmente, esterni (lettera introdotta dalla Camera dei deputati). Il comma 5 reca due lettere. La lettera a) attribuisce alle pubbliche amministrazioni centrali il compito di definire un piano di prevenzione della corruzione, in grado di fornire una valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione, indicando, altresì, gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesimo rischio. In base alla lettera b) le pubbliche amministrazioni centrali devono individuare procedure idonee alla selezione ed alla formazione, in collaborazione con la Scuola superiore della Pubblica Amministrazione, dei dipendenti che debbano svolgere la loro attività in settori particolarmente esposti al rischio di corruzione e, in tali settori, dovranno anche prevedere meccanismi di rotazione dei dirigenti e dei funzionari. Mediante il comma 6, inserito dalla Camera dei deputati, viene attribuito al prefetto un compito di supporto tecnico. Infatti, tale comma stabilisce che, il prefetto, su richiesta, è tenuto a fornire il necessario supporto tecnico e informativo agli enti locali, ai fini della predisposizione del piano di prevenzione della corruzione, anche per assicurare che i piani siano adottati tenendo presente
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le linee guida stabilite dal Piano nazionale appositamente approvato dalla Commissione. Anche il comma 7 risulta inserito dalla Camera dei deputati, e istituisce la figura del responsabile della prevenzione della corruzione. Esso stabilisce che l'organo di indirizzo politico si occupi di individuare tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio attivo, il responsabile della prevenzione della corruzione. Negli enti locali, salva diversa ed appositamente motivata decisione, il responsabile di cui sopra sarà il segretario. Il comma 8, anch'esso inserito dalla Camera dei deputati, introduce, a carico dell'organo di indirizzo politico, su proposta del responsabile indicato al comma precedente, l'onere di predisporre, entro il 31 gennaio di ogni anno, il piano triennale di prevenzione della corruzione. Tale piano dovrà poi essere trasmesso al Dipartimento della funzione pubblica. Il piano deve essere elaborato necessariamente da soggetti interni all'amministrazione. Inoltre, il responsabile, deve provvedere alla formazione dei dipendenti che opereranno in settori particolarmente esposti alla corruzione. Qualora non si ottemperi agli obblighi inerenti il piano triennale e la formazione dei dipendenti, sarà valutata la eventuale responsabilità dirigenziale. Il comma prevede anche chele attività più esposte al rischio corruzione siano svolte da soggetti appositamente formati dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, come indicato al successivo comma 11. Il comma 9, inserito dalla Camera dei deputati, evidenzia le esigenze da soddisfare mediante la formulazione del piano di prevenzione della corruzione che sono i seguenti: a) individuazione delle attività con più elevato rischio di corruzione tra le quali rientrano anche quelle di cui al successivo articolo 3, comma 2 e cioè quelle attività inerenti i procedimenti di: autorizzazione o concessione; scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta secondo le modalità previste dal Codice degli appalti (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163); concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati; concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni in carriera. Per tali attività, sussistendo un rischio di corruzione elevato, è necessario prendere in considerazione anche le proposte elaborate dai dirigenti secondo quanto previsto dall'articolo 16, comma 1, lettera a-bis) del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, "Funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali".
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A.S. n. 2156-B Articolo 1
L''articolo 16, comma 1, lettera a-bis) del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, "Funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali"(Art. 16 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 9 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 11 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 4 del D.Lgs. n. 387 del 1998) sancisce che i dirigenti di uffici dirigenziali generali, comunque denominati, nell'ambito di quanto stabilito dall'articolo 4 esercitano, fra gli altri, i poteri di proporre le risorse e i profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti dell'ufficio cui sono preposti anche al fine dell'elaborazione del documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale di cui all'articolo 6, comma 4, il quale prevede che Le variazioni delle dotazioni organiche già determinate sono approvate dall'organo di vertice delle amministrazioni in coerenza con la programmazione triennale del fabbisogno di personale.
b) Previsione dei meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni necessarie al fine di prevenire il rischio di corruzione, relativamente alle attività di cui alla precedente lettera a); c) previsione, sempre con particolare riguardo alle attività di cui alla lettera a), di obblighi di informazione verso il responsabile della corruzione che è preposto a vigilare sul funzionamento e sull'osservanza del piano di prevenzione della corruzione; d) monitoraggio del rispetto dei termini per la conclusione dei procedimenti; e) monitoraggio dei rapporti che intercorrono tra l'amministrazione pubblica ed i soggetti contraenti che stipulano con essa contratti o che risultano avere interesse ad un procedimento di autorizzazione, di concessione o di erogazione di vantaggi economici di qualsiasi genere. Tali rapporti devono essere monitorati anche con riguardo all'esistenza di eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci o i dipendenti dei menzionati soggetti contraenti ed i dirigenti e dipendenti della pubblica amministrazione; f) individuazione di obblighi di trasparenza ulteriori rispetto a quelli già previsti dalla legge. Il comma 10, introdotto anch'esso dalla Camera dei deputati, stabilisce che il responsabile della prevenzione della corruzione individuato dall'organi di indirizzo politico, deve provvedere all'espletamento delle attività di seguito elencate: a) verifica dell'efficace attuazione del piano di prevenzione alla corruzione e della sua idoneità ed eventuale procedura di modifica dello stesso nell'ipotesi in cui si accertino violazioni delle prescrizioni ovvero quando l'organizzazione o le attività dell'amministrazione subiscano delle modificazioni; b) verifica della rotazione degli incarichi negli uffici maggiormente esposti al rischio corruzione;
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c) individuazione del personale al quale far seguire i programmi di formazione presso la Scuola superiore della pubblica amministrazione, come meglio precisato nel successivo comma 11. Il comma 11, introdotto dalla Camera dei deputati, pone a carico della Scuola superiore della pubblica amministrazione il compito di predisporre corsi di formazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni statali ai fini di coinvolgerli sui temi della legalità e dell'etica. Tali attività non devono comportare l'utilizzo di risorse umane, strumentali e finanziarie ulteriori rispetto a quelle disponibili in base alla legislazione vigente. I corsi organizzati per la formazione dei dipendenti pubblici operanti in settori maggiormente esposti al rischio corruzione sono organizzati d'intesa con le rispettive amministrazioni, con cadenza periodica. La natura e le finalità nell'ambito delle quali opera la Scuola superiore della pubblica amministrazione sono ampiamente illustrate all'articolo 2 del decreto legislativo 1 dicembre 2009, n. 178 "Riorganizzazione della Scuola superiore della pubblica amministrazione (SSPA), a norma dell'articolo 24 della legge 18 giugno 2009, n. 69",secondo il quale, la Scuola è posta nell'ambito e sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri,ed e' un'istituzione di alta formazione e ricerca che ha lo scopo di sostenere e promuovere il processo di innovazione e riforma della pubblica amministrazione con l'obiettivo generale di fare della pubblica amministrazione un fattore di competitivita' del sistema economico e produttivo italiano. 2. La missione della Scuola e' quella di svolgere attivita' di formazione post-laurea di eccellenza per i dipendenti pubblici, con il supporto di attivita' di analisi e di ricerca, al fine di: a) promuovere e diffondere la cultura dell'efficacia e dell'efficienza nella pubblica amministrazione anche mediante la diffusione delle metodologie del controllo di gestione e della contabilita' economica; b) promuovere e diffondere l'innovazione tecnologica e di processo nei servizi erogati dalla pubblica amministrazione centrale; c) promuovere e diffondere le metodologie ed i processi di valutazione dei risultati nella pubblica amministrazione; d) promuovere e sostenere l'internazionalizzazione della pubblica amministrazione nella sua capacita' di interagire con le amministrazioni di altri Paesi, con le organizzazioni internazionali e sovranazionali e di governare, nei rispettivi ambiti, la partecipazione ai processi di globalizzazione; e) promuovere, coordinare e sostenere l'adozione di criteri di eccellenza in tutto il sistema della formazione diretto alla pubblica amministrazione, anche mediante un raccordo organico con le altre strutture pubbliche e private di alta formazione, italiane e straniere, secondo criteri di ricerca della qualita', dell'efficacia e dell'economicita' del sistema complessivo; f) promuovere e sostenere l'adozione di metodologie avanzate di insegnamento a distanza in base a criteri di efficienza, efficacia ed economicita'; 3. La Scuola e' dotata di autonomia organizzativa e contabile nei limiti delle proprie risorse economicofinanziarie. La Scuola e' iscritta nell'apposito schedario dell'anagrafe delle ricerche, istituito ai sensi del terzo comma dell'articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382.
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Il comma 12, introdotto dalla Camera dei deputati, stabilisce che nel caso in cui, nell'ambito dell'amministrazione, si verifichi un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il responsabile per la prevenzione della corruzione, risponde di tale reato ai sensi di quanto previsto dall'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni. Tale responsabilità è accertata anche sul piano disciplinare oltre che concernere il danno erariale provocato alla pubblica amministrazione ed alla sua immagine. L'esclusione di tale responsabilità può esservi soltanto nel caso in cui si verifichino le seguenti circostanze: a) qualora si accerti che il responsabile per la prevenzione della corruzione abbia predisposto il piano di prevenzione della corruzione prima della commissione del fatto contestato come reato e si accerti che egli abbia altresì osservato le prescrizioni di cui ai precedenti commi 9 e 10; b) qualora si accerti che il responsabile per la prevenzione alla corruzione abbia vigilato sul funzionamento e sull'osservanza del piano. Il citato articolo 21 (Art. 21, commi 1, 2 e 5 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti prima dall'art. 12 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 14 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificati dall'art. 7 del D.Lgs. n. 387 del 1998) definisce la responsabilità dirigenziale ed è di seguito riportato: 1. Il mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso le risultanze del sistema di valutazione di cui al Titolo II del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni ovvero l'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente comportano, previa contestazione e ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo, l'impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale. In relazione alla gravità dei casi, l'amministrazione può inoltre, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, revocare l'incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli di cui all'articolo 23 ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo. 1-bis. Al di fuori dei casi di cui al comma 1, al dirigente nei confronti del quale sia stata accertata, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio secondo le procedure previste dalla legge e dai contratti collettivi nazionali, la colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall'amministrazione, conformemente agli indirizzi deliberati dalla Commissione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, la retribuzione di risultato è decurtata, sentito il Comitato dei garanti, in relazione alla gravità della violazione di una quota fino all'ottanta per cento. 2. [...].
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A.S. n. 2156-B Articolo 1
3. Restano ferme le disposizioni vigenti per il personale delle qualifiche dirigenziali delle Forze di polizia, delle carriere diplomatica e prefettizia e delle Forze armate nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Il comma 13, anch'esso introdotto dalla Camera dei deputati, stabilisce che la sanzione disciplinare prevista nelle ipotesi in cui si possa contestare la commissione di un reato da parte del responsabile per la prevenzione della corruzione, non possa essere inferiore alla sospensione dal servizio ed alla connessa privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di 6 mesi. Il successivo ed ultimo comma 14, introdotto dalla Camera dei deputati, disciplina le ipotesi di ripetute violazioni alle misure di prevenzione indicate dal pieno di prevenzione alla corruzione. In tali ipotesi, il responsabile per la prevenzione alla corruzione risponde ai sensi del citato articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni e deve altresì rispondere sul piano disciplinare per omesso controllo. Ai dipendenti che violano le misure di prevenzione alla corruzione previste dal piano si imputa l'illecito disciplinare. Inoltre, i risultati dell'attività svolta in materia di prevenzione alla corruzione, vengono resi noti mediante pubblicazione sul sito web istituzionale dell'amministrazione, di una relazione recante i risultati dell'attività svolta. L'onere della pubblicazione della relazione ricade sul responsabile della prevenzione alla corruzione e viene effettuata entro il 15 dicembre di ogni anno. Tale relazione deve essere altresì trasmessa all'organo di indirizzo politico dell'amministrazione. Qualora quest'ultimo lo ritenga necessario o qualora lo stesso dirigente individuato quale responsabile lo ritenga opportuno, quest'ultimo può riferire in merito all'attività svolta ed illustrata nella relazione.
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A.S. n. 2156-B Articolo 2
Articolo 2 (Modifiche all’articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n.15)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. Dopo il comma 3 dell’articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, è inserito il seguente: «3-bis. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, tutti gli stanziamenti autorizzati ai sensi del comma 3 sono destinati, nei limiti delle risorse iscritte in bilancio a legislazione vigente, alla copertura degli oneri relativi al funzionamento della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), ivi compresi i compensi per i componenti della Commissione medesima».
L'articolo 2, inserito durante l'esame presso la Camera, destina tutti gli stanziamenti autorizzati ai sensi del comma 3 dell’articolo 4 della legge n. 15 del 2009 alla copertura degli oneri di funzionamento della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT). Più in dettaglio l'articolo 2 aggiunge un nuovo comma 3-bis all’articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 157, al fine di destinare tutti gli stanziamenti autorizzati dal precedente comma 3 alla copertura degli oneri di funzionamento della CIVIT, ivi compresi i compensi per i componenti della stessa Commissione. Siffatta destinazione degli stanziamenti opera a decorrere dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame e nei limiti delle risorse iscritte in bilancio.
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Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e alla Corte dei conti.
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A.S. n. 2156-B Articolo 2
Si ricorda che il comma 3 dell’articolo 4 della legge n. 15 del 20098 ha autorizzato le seguenti spese massime: 4 milioni di euro a decorrere dall'anno 20109 per il funzionamento della CIVIT, compresi i compensi ai componenti; 4 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010 per il finanziamento di progetti sperimentali e innovativi volti a: a) diffondere e uniformare le metodologie della valutazione tra le amministrazioni centrali e gli enti territoriali; b) sviluppare i processi di formazione del personale preposto alle funzioni di controllo e valutazione; c) sviluppare metodologie di valutazione della funzione di controllo della soddisfazione dei cittadini; d) migliorare la trasparenza delle procedure di valutazione mediante la realizzazione e lo sviluppo di un apposito sito internet.
Per effetto della disposizione recata dal testo in esame si propone pertanto di destinare la totalità degli stanziamenti suddetti a copertura degli oneri di funzionamento della CIVIT. Si ricorda che la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT) è stata istituita - in attuazione dell'articolo 4, comma 2, lettera f), della citata legge n. 15 del 2009 - dall'articolo 13 del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 15010. La CIVIT opera in posizione di indipendenza di giudizio e di valutazione e in piena autonomia, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della funzione pubblica e con il Ministero dell'economia e delle finanze Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ed eventualmente in raccordo con altri enti o istituzioni pubbliche, con il compito di indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio indipendente delle funzioni di valutazione, di garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione, di assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale, informando annualmente il Ministro per l'attuazione del programma di Governo sull'attività svolta. La CIVIT è organo collegiale composto da cinque componenti scelti tra esperti di elevata professionalità, anche estranei all'amministrazione con comprovate competenze in Italia e all'estero, sia nel settore pubblico che in quello privato in tema di servizi pubblici, management, misurazione della performance, nonché di gestione e valutazione del personale. I componenti sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, previo parere favorevole delle Commissioni parlamentari
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L'articolo 4 in questione è rubricato "Principi e criteri in materia di valutazione delle strutture e del personale delle amministrazioni pubbliche e di azione collettiva. Disposizioni sul principio di trasparenza nella amministrazioni pubbliche". 9 Per l'anno 2009 la spesa massima autorizzata era di 2 milioni di euro. 10 Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.
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A.S. n. 2156-B Articolo 2
competenti espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti. I componenti sono nominati per un periodo di sei anni e possono essere confermati una sola volta. La struttura operativa della CIVIT è diretta da un Segretario generale; con propri regolamenti la CIVIT definisce le norme concernenti il proprio funzionamento e determina i contingenti di personale di cui avvalersi entro il limite massimo di 30 unità. Alla copertura dei posti si provvede esclusivamente mediante personale di altre amministrazioni in posizione di comando o fuori ruolo, o mediante personale con contratto a tempo determinato. Nei limiti delle disponibilità di bilancio la Commissione può avvalersi di non più di 10 esperti di elevata professionalità ed esperienza sui temi della misurazione e della valutazione della performance e della prevenzione e della lotta alla corruzione, con contratti di diritto privato di collaborazione autonoma. La Commissione, previo accordo con il Presidente dell'ARAN, può altresì avvalersi del personale e delle strutture dell'ARAN. Può inoltre richiedere indagini, accertamenti e relazioni all'Ispettorato per la funzione pubblica.
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A.S. n. 2156-B Articolo 3
Articolo 3 (Trasparenza dell’attività amministrativa e delega al Governo per il riordino della relativa disciplina)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——–
1. La trasparenza dell’attività amministrativa, che costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, secondo quanto previsto all’articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150, è assicurata mediante la pubblicazione, sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d’ufficio e di protezione dei dati personali.
1. Ai fini della presente legge, la trasparenza dell’attività amministrativa, che costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, secondo quanto previsto all’articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150, è assicurata mediante la pubblicazione, nei siti web istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d’ufficio e di protezione dei dati personali. Nei siti web istituzionali delle amministrazioni pubbliche sono pubblicati anche i relativi bilanci e conti consuntivi, nonché i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini. Le informazioni sui costi sono pubblicate sulla base di uno schema tipo redatto dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che ne cura altresì la raccolta e la pubblicazione nel proprio sito web istituzionale al fine di consentirne una agevole comparazione.
2. Fermo restando quanto stabilito nell’articolo 53 del decreto legislativo 30
2. Fermo restando quanto stabilito nell’articolo 53 del decreto legislativo 30
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A.S. n. 2156-B Articolo 3
Testo approvato dal Senato ——–
marzo 2001, n.165, come modificato dall’articolo 3 della presente legge, nell’articolo 54 del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n.82, nell’articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n.69, e nell’articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150, le amministrazioni pubbliche assicurano i livelli essenziali di cui al comma 1 con particolare riferimento ai procedimenti di:
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– marzo 2001, n.165, come da ultimo modificato dall’articolo 8 della presente legge, nell’articolo 54 del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n.82, e successive modificazioni, nell’articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n.69, e successive modificazioni, e nell’articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150, le pubbliche amministrazioni assicurano i livelli essenziali di cui al comma 1 del presente articolo con particolare riferimento ai procedimenti di:
a) autorizzazione o concessione;
a)identica;
b) scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163;
b) identica;
c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;
c) identica;
d) concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale e progressioni di carriera di cui all’articolo 24 del citato decreto legislativo n.150 del 2009.
d) identica.
3. Le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costistuisce causa di esclusione dalla
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A.S. n. 2156-B Articolo 3
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– gara. 4. Ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, agli avvocati e procuratori dello Stato e ai componenti delle commissioni tributarie è vietata, pena la decadenza dagli incarichi e la nullità degli atti compiuti, la partecipazione a collegi arbitrali o l’assunzione di incarico di arbitro unico. 5. Il comma 1 dell’articolo 241 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: «1. Le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell’accordo bonario previsto dall’articolo 240, possono essere deferite ad arbitri, previa autorizzazione motivata da parte dell’organo di governo dell’amministrazione. L’inclusione della clausola compromissoria, senza preventiva autorizzazione, nel bando o nell’avviso con cui è indetta la gara ovvero, per le procedure senza banco, nell’invito, o il ricorso all’arbitrato, senza preventiva autorizzazione, sono nulli». 6. Le disposizioni relative al ricorso ad arbitri, di cui all’articolo 241, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, come
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A.S. n. 2156-B Articolo 3
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– sostituito dal comma 5 del presente articolo, si applicano anche alle controversie relative a concessioni e appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una società a partecipazione pubblica o che comunque abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate con risorse a carico dei bilanci pubblici. A tal fine, l’organo amministrativo rilascia l’autorizzazione di cui al citato comma 1 dell’articolo 241 del codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, come sostituito dal comma 5 del presente articolo. 7. La nomina degli arbitri per la risoluzione delle controversie nelle quali è parte una pubblica amministrazione avviene nel rispetto dei princìpi di pubblicità e di rotazione e secondo le modalità previste dai commi 8, 9 e 10 del presente articolo, oltre che nel rispetto delle disposizioni del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, in quanto applicabili. 8. Qualora la controversia si svolga tra due pubbliche amministrazioni, gli arbitri di parte sono individuati esclusivamente tra dirigenti pubblici. 9. Qualora la controversia abbia luogo tra una pubblica amministrazione e un privato, l’arbitro individuato dalla pubblica amministrazione è scelto preferibilmente tra i dirigenti pubblici. Qualora non risulti possibile alla pubblica amministrazione nominare un arbitro scelto tra i dirigenti pubblici, la nomina è
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A.S. n. 2156-B Articolo 3
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– disposta, con provvedimento motivato, nel rispetto delle disposizioni del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163. 10. La pubblica amministrazione stabilisce, a pena di nullità della nomina, l’importo massimo spettante al dirigente pubblico per l’attività arbitrale. L’eventuale differenza tra l’importo spettante agli arbitri nominati e l’importo massimo stabilito per il dirigente è acquisita al bilancio della pubblica amministrazione che ha indetto la gara. 11. Le disposizioni di cui ai commi 5, 6, 7, 8, 9 e 10 non si applicano agli arbitrati conferiti o autorizzati prima della data di entrata in vigore della presente legge. 12. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche ai procedimenti posti in essere in deroga alle procedure ordinarie. I soggetti che operano in deroga e che non dispongono di propri siti web istituzionali pubblicano le informazioni di cui ai citati commi 1 e 2 nei siti web istituzionali delle amministrazioni dalle quali sono nominati. 13. Le informazioni pubblicate ai sensi dei commi 1 e 2 sono trasmesse in via telematica alla Commissione.
3. Le altresì al rispetto attraverso
amministrazioni provvedono monitoraggio periodico del dei tempi procedimentali la tempestiva eliminazione
14. Le amministrazioni provvedono altresì al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali attraverso la tempestiva eliminazione
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A.S. n. 2156-B Articolo 3
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——–
delle anomalie.
delle anomalie. I risultati del monitoraggio sono consultabili nel sito web istituzionale di ciascuna amministrazione.
4. Ogni amministrazione pubblica rende noto, tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze ai sensi dell’articolo 38 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.445, e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano.
15. Ogni amministrazione pubblica rende noto, tramite il proprio sito web istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze ai sensi dell’articolo 38 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.445, e successive modificazioni, e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano.
5. Le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica di cui all’articolo 65, comma 1, del codice di cui al citato decreto legislativo n. 82 del 2005, e successive modificazioni, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.
16. Le amministrazioni, nel rispetto della disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui al capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, in materia di procedimento amministrativo, hanno l’obbligo di rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica di cui all’articolo 65, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.
6. Con uno o più decreti dei Ministri per la pubblica amministrazione e
17. Con uno o più decreti del Ministro per la pubblica
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A.S. n. 2156-B Articolo 3
Testo approvato dal Senato ——–
l’innovazione e per la semplificazione normativa, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per le materie di competenza, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, e successive modificazioni, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le informazioni rilevanti ai fini dell’applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo e le relative modalità di pubblicazione, nonché le indicazioni generali per l’applicazione dei commi 4 e 5. Restano ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal codice di cui al citato decreto legislativo n.163 del 2006.
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per le materie di competenza, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, e successive modificazioni, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le informazioni rilevanti ai fini dell’applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo e le relative modalità di pubblicazione, nonché le indicazioni generali per l’applicazione dei commi 15 e 16. Restano ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163. 18. Con riferimento ai procedimenti di cui al comma 2, lettera b), del presente articolo, le stazioni appaltanti sono in ogni caso tenute a pubblicare nei propri siti web istituzionali: la struttura proponente; l’oggetto del bando; l’elenco degli operatori invitati a presentare offerte; l’aggiudicatario; l’importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell’opera, servizio o fornitura; l’importo delle somme liquidate. Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioini, relativamente all’anno precedente, sono pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici. Le amministrazioni trasmettono in formato digitale tali informazioni all’Autorità per la vigilanza sui
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che le pubblica nel proprio sito web in una sezione liberamente consultabile da tutti i cittadini, catalogate in base alla tipologia di stazione appaltante e per regione. L’autorità individua con propria deliberazione le informazioni rilevanti e le relative modalità di trasmissione. Entro il 30 aprile di ciascun anno, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture trasmette alla Corte dei conti l’elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni di cui al presente comma in formato digitale standard aperto. Si applica l’articolo 6, comma 11, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
7. La mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni di cui al comma 6 costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n.198, ed è comunque valutata ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165. Eventuali ritardi nell’aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.
19. La mancata o incompleta pubblicazione, da parte delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni di cui al comma 17 del presente articolo costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n.198, ed è comunque valutata ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive modificazioni. Eventuali ritardi nell’aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio. 20. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– successive modificazioni, agli enti pubblici nazionali, nonché alle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche, limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea. 21. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, mediante la modifica o l’integrazione delle disposizioni vigenti, ovvero mediante la previsione di nuove forme di pubblicità, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) ricognizione e coordinamento delle disposizioni che prevedono obblighi di pubblicità a carico delle amministrazioni pubbliche; b) previsione di forme di pubblicità sia in ordine all’uso delle risorse pubbliche sia in ordine allo svolgimento e ai risultati delle funzioni amministrative; c) precisazione degli obblighi di pubblicità di dati relativi ai titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale. Le dichiarazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– di cui alla lettera a) devono concernere almeno la situazione patrimoniale complessiva del titolare al momento dell’assunzione della carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado di parentela, nonché tutti i compensi cui dà diritto l’assunzione della carica; d) ampliamento delle ipotesi di pubblicità, mediante pubblicazione nei siti web istituzionali, di informazioni relative ai titolari degli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sia con riferimento a quelli che comportano funzioni di amministrazione e gestione, sia con riferimento agli incarichi di responsabilità degli uffici di diretta collaborazione; e) definizione di categorie di informazioni che le amministrazioni devono pubblicare e delle modalità di elaborazione dei relativi formati; f) obbligo di pubblicare tutti gli atti, i documenti e le informazioni di cui al presente comma anche in formato elettronico elaborabile e in formati di dati aperti. Per formati di dati aperti si devono intendere almeno i dati resi disponibili e fruibili on line in formati non proprietari, a condizioni tali da permetterne il più ampio riutilizzo anche a fini statistici e la ridistribuzione senza ulteriori restrizioni d’uso, di riuso o di
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– diffusione diverse dall’obbligo di citare la fonte e di rispettarne l’integrità; g) individuazione, anche mediante integrazione e coordinamento della disciplina vigente, della durata e dei termini di aggiornamento per ciascuna pubblicazione obbligatoria; h) individuazione, anche mediante revisione e integrazione della disciplina vigente, delle responsabilità e delle sanzioni per il mancato, ritardato o inesatto adempimento degli obblighi di pubblicazione. 22. Le disposizioni di cui al decreto legislativo adottato ai sensi del comma 21 integrano l’individuazione del livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione, a norma dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, e costituiscono altresì esercizio della funzione di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione.
L'articolo 3 (articolo 2 del testo approvato dal Senato) reca norme concernenti la trasparenza dell'attività amministrativa, con specifico riferimento ai procedimenti amministrativi, nonché, secondo le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati, contiene una delega legislativa al Governo per il riordino di tale materia, e disposizioni in materia di arbitrato.
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I commi 1, 2, 12-22, contengono disposizioni sulla trasparenza dell’attività amministrativa. Il comma 1 ribadisce, attraverso il richiamo al d.lgs. 150/200911, che la trasparenza dell'attività amministrativa costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. La trasparenza, si prevede, è assicurata attraverso pubblicazione delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni: la Camera dei deputati ha sostituito i “siti istituzionali” con i “siti web istituzionali”, ove web è una parola inglese che in italiano può essere tradotta come “ragnatela” ad indicare il carattere di “rete” di internet. I criteri che devono essere seguiti nella pubblicazione sono: facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio e di protezione dei dati personali. La Camera dei deputati ha integrato il comma 1 con due nuovi periodi i quali dispongono che: nei siti web istituzionali delle amministrazioni pubbliche sono pubblicati anche: o i relativi bilanci e conti consuntivi; o i costi unitari: di realizzazione delle opere pubbliche; di produzione dei servizi erogati ai cittadini; le informazioni sui costi sono pubblicate sulla base di uno schema tipo redatto dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che ne cura altresì la raccolta e la pubblicazione nel proprio sito web istituzionale al fine di consentirne una agevole comparazione. Occorre preliminarmente tener presente che, la disposizione costituzionale menzionata (art. 117, secondo comma, lettera m) attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Con specifico riferimento al principio di trasparenza, la dottrina e la giurisprudenza amministrativa hanno, dapprima, individuato il nucleo di tale paradigma fondamentale dell’azione amministrativa nella immediata e facile conoscibilità e controllabilità di tutti i momenti in cui si esplica l’operato della pubblica amministrazione onde garantirne e
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Decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 “Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”.
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favorirne lo svolgimento imparziale. Il corollario basilare di tale principio impone, dunque, la pubblicità dell’azione dell’amministrazione nei confronti dei governati. Tale principio ha trovato riconoscimento legislativo nell’art. 1 della L. n. 241/1990 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), sul procedimento amministrativo, come novellata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15 e dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile). Le articolazioni più rilevanti del principio de quo, soddisfatte dalla predetta legge 241/1990, sono: - l’obbligatorietà della motivazione del provvedimento amministrativo (art. 3); - il diritto dei privati di partecipare attivamente al procedimento amministrativo (cd. principio del giusto procedimento ex artt. 7 e 10-bis della L. 241/1990). In linea generale, l’insieme delle pretese che il cittadino può vantare nei confronti della pubblica amministrazione, affinché l’operato di questa sia considerato “trasparente”, può esser ricompreso nell’alveo del diritto di accesso agli atti e ai documenti della pubblica amministrazione (cfr. anche l’art. 22 della L. 241/1990, come modificato dall’art. 10, comma 1 della L. 69/2209, ai sensi del quale l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza). Nell’ambito del variegato panorama normativo in tema di trasparenza, arricchitosi in modo significativo in virtù dei suddetti interventi legislativi, meritano particolare menzione alcuni precetti enucleati dal D.Lgs. 165/2001 (T.U. pubblico impiego) in tema di servizi di accesso e polifunzionali di cui all’art. 10, comma 2, e di relazioni con il pubblico (art. 11, comma 1). In aggiunta a quanto sopra esposto, la trasparenza costituisce obiettivo fondamentale dei più recenti interventi normativi connessi alla L. 15/2009 e al relativo decreto di attuazione D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 (cd. Riforma Brunetta), in virtù dei quali la trasparenza assurge a “livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a norma dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione" prescrivendo alle amministrazioni pubbliche l’adozione di ogni iniziativa utile a promuovere la massima trasparenza nella propria organizzazione e nella propria attività. Il citato D.Lgs. 150/2009, che dedica alla trasparenza l'art. 11, nella predisposizione degli strumenti atti a misurare e a valutare la performance organizzativa e individuale delle strutture e dei singoli dipendenti, ribadisce che il principio in commento deve configurarsi come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti internet delle pubbliche amministrazioni: delle informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni; degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali; dei risultati dell'attività di misurazione e valutazione svolta in proposito dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Il decreto legislativo n. 150/2009 stabilisce, altresì, che le amministrazioni sono tenute a porre in essere un apposito Programma triennale per la trasparenza e l'integrità con il precipuo obiettivo di governare il processo di sviluppo dell’accessibilità totale e garantire la massima trasparenza in ogni fase del ciclo della performance.
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Nella progressiva attuazione del principio in esame si colloca, inoltre, il disposto di cui all’art. 21 della L. 69/2009 (cd. Operazione Trasparenza) in virtù del quale le amministrazioni devono pubblicare, sui propri siti internet, le retribuzioni annuali, i curricula vitae e i recapiti dei dirigenti nonché i tassi di assenza e di maggiore presenza del personale. Occorre, poi, ricordare che il D.Lgs. 253/2010, recante modifiche ed integrazioni al Codice dell’amministrazione digitale, annovera tra i suoi principi portanti quello della trasparenza (applicazione concreta di tale profilo è rinvenibile nel prescritto arricchimento dei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni). Da tutto quanto esposto in precedenza, seppur per sommi capi, appare evidente come trasparenza ed efficienza della pubblica amministrazione si pongano su di un medesimo piano costituendo la prima una leva strategica per l’attuazione della seconda; ciò in quanto la trasparenza è posta alla base delle effettiva capacità delle istituzioni pubbliche di rendere conto ai propri amministrati delle attività svolte, rendicontazione volta a creare un efficace sistema di controllo nell’ambito di un complesso sistema al centro del quale si colloca il cittadino-utente. Si segnala, infine, che gli artt. 1 e 2 dell'A.C. 3209-bis-B/ter (risultanti dallo stralcio degli artt. 41 e 42 dell’AS 2243, già art. 29 dell’A.C. 3209-bis) "Delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione", nel delegare il Governo ad emanare la "Carta dei doveri delle pubbliche amministrazioni", prevedono che, in sede di attuazione della delega, il Governo debba assumere la trasparenza quale fondamentale principio cui l'attività delle amministrazioni pubbliche si uniforma attraverso l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in conformità con quanto disposto dal suddetto art. 11, comma 1, del decreto legislativo 150/2009. L’articolo 6, co. 2, lett. b), del decreto-legge 70/201112 stabilisce che, entro novanta giorni dall’entrata in vigore, le pubbliche amministrazioni pubblichino sui propri siti istituzionali, per ciascun procedimento amministrativo ad istanza di parte che rientra nelle proprie competenze, l’elenco degli atti e documenti che l’istante ha l’onere di produrre a corredo dell’istanza, tranne che in caso di atti o documenti la cui presentazione in allegato alla domanda sia prevista da norme di legge, regolamento o da (altri) atti pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale. Tale obbligo appare una specificazione di parte di quanto previsto più ampiamente dall’articolo 57 del d.lgs. 82/2005, Codice dell’amministrazione digitale (Cad), in quanto l’obbligo di rendere disponibile per via telematica l’elenco della documentazione richiesta per i singoli procedimenti pare ricomprendere quello di pubblicare sul proprio sito istituzionale l’elenco degli atti e documenti che l’istante ha l’onere di produrre nei procedimenti ad istanza di parte. Lo stesso art. 6 citato prevede che, in caso di inadempimento dell’amministrazione al suddetto obbligo di pubblicazione, l’istanza non può essere rigettata per mancata presentazione di documenti. Piuttosto, l’amministrazione procedente deve assegnare all’istante un termine congruo per integrare la domanda con la documentazione necessaria. Qualora, invece, l’amministrazione non vi provveda, rigettando l’istanza, il relativo provvedimento di diniego è nullo. Inoltre, il mancato adempimento dell’obbligo
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Decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 “Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia”.
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di pubblicazione sul sito istituzionale è valutato anche ai fini dell’attribuzione della retribuzione di risultato dei dirigenti responsabili. Specifici effetti in caso di inadempimento sono stabiliti per i procedimenti ad istanza di parte necessari all’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigiana.
Il comma 2 - cui la Camera ha apportato modifiche di drafting - richiede che le pubbliche amministrazioni assicurino i livelli essenziali di cui al comma 1 con particolare riferimento ai procedimenti di: a) autorizzazione o concessione; b) scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta secondo le modalità previste dal Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 163/200613); tale disposizione è oggetto di specificazione da parte del comma 18 dell’articolo in commento; c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati; d) concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni in carriera. Il comma in esame fa salvo quanto stabilito, in primo luogo, dall’art. 53 del D.Lgs. n. 165/2001, recante disposizioni in materia di trasparenza degli incarichi e delle consulenze (v. infra sub art. 8 del disegno di legge in esame); dall’art. 54 del D.Lgs n. 82/2005 (Codice dell'amministrazione digitale), che disciplina il contenuto dei siti delle pubbliche amministrazioni; dall’art. 21 della legge n. 69/2009, in materia di trasparenza sulle retribuzioni dei dirigenti e sui tassi di assenza e di maggiore presenza del personale; dall’art. 11 del D.Lgs. n.150/2009 in tema di trasparenza. Con particolare riferimento alla tematica connessa al processo di informatizzazione della pubblica amministrazione, nel corpo del Codice dell’amministrazione digitale, nella nuova formulazione di cui al D.Lgs. 235/2010, sono stati introdotti nuovi principi e strumenti volti a garantire trasparenza, responsabilizzazione e miglior organizzazione in termini di efficienza e efficacia dell’attività amministrativa; tra questi, in particolare, si segnala proprio l’arricchimento dei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni sulle quali incombe, tra l’altro, l’onere di pubblicare on-line tutti i moduli e formulari necessari per richiedere l’avvio dei procedimenti amministrativi. Devono, poi, essere facilmente reperibili e consultabili i dati precisati nell’art. 54 citato recante prescrizioni circa gli elementi che i predetti siti debbono contenere necessariamente (organigramma, elenco delle tipologie di procedimento svolte da ciascun ufficio di livello dirigenziale non generale, le scadenze e le modalità di adempimento dei procedimenti, l’elenco delle caselle di posta elettronica istituzionali, di tutti i bandi di gara, dei servizi forniti in rete già disponibili e di futura attivazione nonché tutti i bandi di concorso).
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Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”.
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I commi 3-11, introdotti dalla Camera dei deputati, contengono disposizioni in materia di arbitrati. Il comma 3 consente alle stazioni appaltanti di prevedere, negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito, che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara. L’articolo 179, comma 3 lettera e) del Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 163/2006) relativo all’affidamento di lavori ad un contraente generale, prevede l’adozione di protocolli di legalità che comportino clausole specifiche di impegno, da parte dell'impresa aggiudicataria, a denunciare eventuali tentativi di estorsione, con la possibilità di valutare il comportamento dell'aggiudicatario ai fini della successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante in caso di mancata osservanza di tali prescrizioni. L’articolo 5-ter (Rating di legalità delle imprese) del decreto-legge 1/201214 demanda all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, al fine di promuovere l'introduzione di principi etici nei comportamenti aziendali, il compito di segnalare al Parlamento le modifiche normative necessarie al perseguimento del sopraindicato scopo anche in rapporto alla tutela dei consumatori, nonché di procedere, in raccordo con i Ministeri della giustizia e dell'interno, alla elaborazione di un rating di legalità per le imprese operanti nel territorio nazionale; del rating attribuito si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti pubblici da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario.
Il comma 4, introdotto dalla Camera dei deputati, vieta: ai magistrati: o ordinari; o amministrativi; o contabili; o militari; agli avvocati e procuratori dello Stato; ai componenti delle commissioni tributarie: la partecipazione a collegi arbitrali o l’assunzione di incarico di arbitro unico; pena la decadenza dagli incarichi e la nullità degli atti compiuti. Il comma 5, introdotto dalla Camera dei deputati, sostituisce il comma 1 dell’articolo 241 del citato Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 163/2006) che, nell’ambito della Parte IV (Contenzioso) disciplina l’arbitrato, a cui possono essere deferite le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi a
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Decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività.”
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lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo bonario. Il nuovo testo specifica che: l’arbitrato deve essere previamente e motivatamente autorizzato dall’organo di governo dell’amministrazione; sono nulli, se non previamente autorizzati: o l’inclusione della clausola compromissoria nel bando o nell’avviso con cui è indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell’invito; o il ricorso all’arbitrato. La nullità della clausola compromissoria era contenuta nell’articolo 3, della legge 244/200715; tale disposizione è stata abrogata dall’articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 53/201016.
Il comma 6, introdotto dalla Camera dei deputati, estende l’applicabilità delle disposizioni relative al ricorso ad arbitri, di cui al citato articolo 241, comma 1, del codice, come sostituito dal comma 5 del presente articolo, alle controversie relative a concessioni e appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una società a partecipazione pubblica o che comunque abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate con risorse a carico dei bilanci pubblici. A tal fine, l’autorizzazione è rilasciata dall’organo amministrativo. Si rileva che non viene specificato qual sia l’organo amministrativo in questione. Il comma 7, introdotto dalla Camera dei deputati, prevede che la nomina degli arbitri per la risoluzione delle controversie nelle quali è parte una pubblica amministrazione avviene nel rispetto dei principi di pubblicità e di rotazione e secondo le modalità previste dai commi 8, 9 e 10 del presente articolo, oltre che nel rispetto delle disposizioni del citato Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 163/2006) in quanto applicabili. In ordine ai requisiti degli arbitri il citato articolo 241 del codice, ai commi 4 e 5, prevede un principio di rotazione, nonché quello di competenza.
Potrebbe essere opportuno adottare la tecnica della novella per la modifica del codice. Il comma 8, introdotto dalla Camera dei deputati, prevede che qualora la controversia si svolga tra due pubbliche amministrazioni, gli arbitri di parte sono individuati esclusivamente tra dirigenti pubblici.
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Legge 24 dicembre 2007, n. 244 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)”. 16 Decreto legislativo 20 marzo 2010, n. 53 “Attuazione della direttiva 2007/66/CE che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici”.
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Il comma 9, introdotto dalla Camera dei deputati, prevede che qualora la controversia abbia luogo tra una pubblica amministrazione e un privato, l’arbitro individuato dalla pubblica amministrazione è scelto preferibilmente tra i dirigenti pubblici. Qualora non risulti possibile alla pubblica amministrazione nominare un arbitro scelto tra i dirigenti pubblici, la nomina è disposta, con provvedimento motivato, nel rispetto delle disposizioni del citato Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 163/2006). Il comma 10, introdotto dalla Camera dei deputati, prevede che la pubblica amministrazione stabilisce, a pena di nullità della nomina, l’importo massimo spettante al dirigente pubblico per l’attività arbitrale. L’eventuale differenza tra l’importo spettante agli arbitri nominati e l’importo massimo stabilito per il dirigente è acquisita al bilancio della pubblica amministrazione che ha indetto la gara. Il citato articolo 241 del codice, al comma 12, demanda al collegio arbitrale la determinazione nel lodo definitivo ovvero con separata ordinanza del valore della controversia e il compenso degli arbitri con i criteri stabiliti dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 dicembre 2000, n. 398, e applica le tariffe fissate in detto decreto. I compensi minimi e massimi stabiliti dalla tariffa allegata al regolamento di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 dicembre 2000, n. 398, sono dimezzati. Sono comunque vietati incrementi dei compensi massimi legati alla particolare complessità delle questioni trattate, alle specifiche competenze utilizzate e all’effettivo lavoro svolto. Il compenso per il collegio arbitrale, comprensivo dell'eventuale compenso per il segretario, non può comunque superare l'importo di 100 mila euro, da rivalutarsi ogni tre anni con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Il comma 11, introdotto dalla Camera dei deputati, esclude l’applicabilità delle disposizioni in materia di arbitrato, contenute nei commi 5, 6, 7, 8, 9 e 10, agli arbitrati conferiti o autorizzati prima della data di entrata in vigore del disegno di legge in esame. Il comma 12, introdotto dalla Camera dei deputati, si riferisce alle disposizioni in tema di trasparenza dell’attività amministrativa, contenute nei commi 1 e 2 dell’articolo in esame, prevedendo per i soggetti che operano in deroga e che non dispongono di propri siti web istituzionali, che la pubblicazione delle informazioni di cui ai citati commi 1 e 2, avvenga nei siti web istituzionali delle amministrazioni dalle quali sono nominati. Potrebbe essere opportuno specificare quali sono i “soggetti che operano in deroga”. Il comma 13, introdotto dalla Camera dei deputati, dispone che le informazioni pubblicate in tema di trasparenza dell’attività amministrativa, ai sensi dei commi 1 e 2, dell’articolo in esame, sono trasmesse in via telematica
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alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche, di cui all’articolo 13 del citato decreto legislativo 150/2009 (CIVIT, sulla quale cfr la scheda relativa all'art. 2). Il comma 14, (già comma 3 del testo approvato dal Senato) con riferimento a tutti i procedimenti amministrativi, impone alle pubbliche amministrazioni di provvedere al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali anche al fine di evidenziare e risolvere eventuali anomalie, nonché, secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati, la pubblicazione dei risultati del monitoraggio nel sito web istituzionale di ciascuna amministrazione. Ai sensi dell’art. 2, comma 1 della L. 241/1990, è obbligo della pubbliche amministrazioni concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso ove questo consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio. Il problema dell’ individuazione del termine di conclusione del procedimento, tra i più spinosi nell’ambito del diritto amministrativo, ha trovato recente soluzione nell’art. 7 della L. 69/2009, che ha completamente riformulato il suindicato art. 2 per ridurre e conferire maggiore certezza a tale termine. A tal fine, si stabilisce che, salvo diverso termine stabilito ex lege o con diverso provvedimento, il termine generale per la conclusione di procedimenti amministrativi è di 30 giorni (art. 2, comma 2 novellato). A tale disciplina, sopra accennata, alla quale appare strettamente connessa la tematica relativa alla responsabilità del dirigente (art.2, comma 9 della L. 241/1990 come modificato dalla L. 69/2009) mancata conclusione del procedimento nei termini in ordine, rileva come abbia assunto un ruolo centrale la questione della tempistica dell’azione amministrativa e la tutela approntata in favore del cittadino danneggiato dall’inerzia della pubblica amministrazione (cfr. art. 2-bis, comma 1, della L. 241/1990 nonché artt. 30-31 del D.Lgs. 104/2010 recante il Codice del processo amministrativo).
Il comma 15 (comma 4 del testo approvato dal Senato) stabilisce che le pubbliche amministrazioni debbano rendere noto, tramite il proprio sito web istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze e dichiarazioni e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano. L'art. 38 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), citato dalla disposizione in esame, stabilisce che tutte le istanze e le dichiarazioni da presentare alla pubblica amministrazione o ai gestori o esercenti di pubblici servizi possano essere inviate anche per fax e via telematica. Le istanze e le dichiarazioni inviate per via telematica sono valide se effettuate secondo quanto previsto dall'art. 65 del Codice dell'amministrazione digitale (Istanze e dichiarazioni presentate alle pubbliche amministrazioni per via telematica). Le istanze e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà da produrre agli organi della amministrazione pubblica o ai gestori o esercenti di pubblici servizi sono sottoscritte dall'interessato in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore. La copia fotostatica del documento è inserita
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nel fascicolo. Le istanze e la copia fotostatica del documento di identità possono essere inviate per via telematica; nei procedimenti di aggiudicazione di contratti pubblici, detta facoltà è consentita nei limiti stabiliti dal regolamento di cui all'art. 15, comma 2 della legge 15 marzo 1997, n. 59. Tra i principi basilari del nuovo Codice dell’amministrazione digitale, particolare attenzione è rivolta all’implementazione delle funzioni della posta elettronica certificata (art.1, comma 1, lett. v-bis), aggiunta dal D.Lgs. 235/2010) definita come sistema di comunicazione in grado di attestare l'invio e l'avvenuta consegna di un messaggio di posta elettronica e di fornire ricevute opponibili ai terzi. La nuova formulazione dell’art. 47, comma 3 del D.Lgs. 82/2005 (ad opera dell’art. 32 del D.Lgs. 235/2010) prevede che tutte le pubbliche amministrazioni nonché le società interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico, provvedono ad istituire e pubblicare nell'Indice PA almeno una casella di posta elettronica certificata per ciascun registro di protocollo. Le pubbliche amministrazioni utilizzano per le comunicazioni tra l'amministrazione ed i propri dipendenti la posta elettronica o altri strumenti informatici di comunicazione nel rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali e previa informativa agli interessati in merito al grado di riservatezza degli strumenti utilizzati. Si ricorda, infine, che la trasmissione di un documento informatico tramite PEC equivale alla notificazione a mezzo posta, salvo che la legge disponga diversamente.
Il comma 16 (comma 5 del testo approvato dal Senato) stabilisce che le amministrazioni hanno l’obbligo (in luogo della facoltà prevista dal testo approvato dal Senato) di rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase. L’intera disciplina del procedimento amministrativo, in ossequio al principio del giusto procedimento (conforme al principio ex art. 97 Cost.), garantisce puntualmente il diritto di partecipazione degli interessati (Capo III della legge 241/1990, richiamata espressamente nel comma in esame, secondo un emendamento approvato dalla Camera dei deputati) attraverso specifiche disposizioni quali quelle relative all’obbligo dell’amministrazione di comunicare l’avvio del procedimento, al ruolo chiave svolto dal responsabile del procedimento, alla possibilità di concludere accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto del provvedimento ovvero in sostituzione di questo, alla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, sino al Capo V relativo al diritto di accesso ai documenti amministrativi. Le amministrazioni pubbliche sono tenute ad incentivare l'uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati ex art.3-bis della L. 241/1990, e artt. 54 e 57 del citato Codice dell'amministrazione digitale con riferimento al contenuto necessario dei siti delle pubbliche amministrazioni. Il comma 17 (comma 6 del testo approvato dal Senato) demanda ad uno o più decreti interministeriali, da adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore della
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presente legge, sentita la Conferenza unificata, l'individuazione delle informazioni rilevanti ai fini dell'applicazione dei suesposti commi 1 e 2; le relative modalità di pubblicazione; le indicazioni generali per l'applicazione dei commi 15 e 16 dell'articolo in esame. Restano ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal Codice degli appalti. Il comma 18, introdotto dalla Camera dei deputati, specifica il contenuto degli obblighi di pubblicazione indicati dal comma 2, lettera b), del presente articolo: scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta secondo le modalità previste dal citato Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 163/2006). Viene specificato che le stazioni appaltanti sono in ogni caso tenute a pubblicare nei propri siti web istituzionali:
la struttura proponente; l’oggetto del bando; l’elenco degli operatori invitati a presentare offerte; l’aggiudicatario; l’importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell’opera, servizio o fornitura; l’importo delle somme liquidate.
Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relativamente all’anno precedente, sono pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici. Le amministrazioni trasmettono in formato digitale tali informazioni all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che le pubblica nel proprio sito web in una sezione liberamente consultabile da tutti i cittadini, catalogate in base alla tipologia di stazione appaltante e per regione. L’autorità individua con propria deliberazione le informazioni rilevanti e le relative modalità di trasmissione. Entro il 30 aprile di ciascun anno, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture trasmette alla Corte dei conti l’elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni di cui al presente comma in formato digitale standard aperto. Si applica l’articolo 6, comma 11, del citato codice dei contratti pubblici, in base al quale con provvedimento dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, i soggetti ai quali è richiesto di fornire
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informazioni sono sottoposti alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a euro 25.822 se rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti, ovvero alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a euro 51.545 se forniscono informazioni od esibiscono documenti non veritieri. Le stesse sanzioni si applicano agli operatori economici che non ottemperano alla richiesta della stazione appaltante o dell’ente aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento, nonché agli operatori economici che forniscono dati o documenti non veritieri, circa il possesso dei requisiti di qualificazione, alle stazioni appaltanti o agli enti aggiudicatori a agli organismi di attestazione. Il comma 19 (comma 7 del testo approvato dal Senato) stabilisce che la mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni individuate dal regolamento di cui al comma 17, costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici, ai sensi dell'art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 198/2009 (Attuazione dell'articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici.) e, dunque, presupposto per intentare la c.d. class action della pubblica amministrazione. L’omissione di cui sopra è, altresì, valutata ai sensi dell'art. 21 D.Lgs. 165/2001 (in materia di responsabilità dirigenziale) così come eventuali ritardi nell'aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio. Ai sensi della citata normativa concernente la class action nel settore pubblico, i titolari di interessi giuridicamente rilevanti e omogenei per un pluralità di utenti e consumatori possono agire in giudizio, con le modalità stabilite nel presente decreto, nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento, dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero dalla violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore e, per le pubbliche amministrazioni, definiti dalle stesse in conformità alle disposizioni in materia di performance contenute nel D.Lgs. n. 150/2009, coerentemente con le linee guida definite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (v. in tal senso la Del. 24-6-2010 n. 88/2010, Linee guida per la definizione degli standard di qualità). Ad ogni modo si ricorda che il legislatore, ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. 198/2009, ha sospeso l’operatività dell’azione di cui sopra essendo testualmente stabilito che la concreta applicazione del decreto è determinata, anche progressivamente, con uno o più D.P.C.M. subordinati alla necessità di definire in via preventiva gli obblighi contenuti nelle carte di servizi e gli standard qualitativi ed economici.
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Con riferimento alla responsabilità dirigenziale ex art. 21 del T.U. del pubblico impiego, si ricorda che il pieno riconoscimento dell’autonomia gestionale ed organizzativa dei dirigenti pubblici, introdotto dalla cd. riforma Brunetta, ha operato, come naturale conseguenza, l’integrale responsabilizzazione degli stessi in relazione ai risultati complessivamente conseguiti e, in specie, all’attuazione dei progetti e dei programmi attribuiti alle loro cure. Gli artt. 41 e 42 del D.Lgs. 150/2009 hanno sostituito il dettato degli artt. 21 e 22 del D.Lgs. 165/2001, introducendo, tra l’altro, una specifica responsabilità del dirigente per colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard qualitativi e quantitativi fissati dall’amministrazione.
Il comma 20 (introdotto dalla Camera dei deputati) definisce l’ambito applicativo delle disposizioni del presente articolo: alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 165/2001 (T.U. pubblico impiego): o amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) le Agenzie di cui al decreto legislativo 300/1999, il CONI; agli enti pubblici nazionali; alle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche, limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea. Il comma 21, introdotto dalla Camera dei deputati, delega il Governo delegato ad adottare: senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge; un decreto legislativo per il riordino della disciplina riguardante: o gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, mediante: la modifica o l’integrazione delle disposizioni vigenti; la previsione di nuove forme di pubblicità, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) ricognizione e coordinamento delle disposizioni che prevedono obblighi di pubblicità a carico delle amministrazioni pubbliche;
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b) previsione di forme di pubblicità sia in ordine all’uso delle risorse pubbliche sia in ordine allo svolgimento e ai risultati delle funzioni amministrative; c) precisazione degli obblighi di pubblicità di dati relativi ai titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale. Le dichiarazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria di cui alla lettera a) devono concernere almeno la situazione patrimoniale complessiva del titolare al momento dell’assunzione della carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado di parentela, nonché tutti i compensi cui dà diritto l’assunzione della carica; d) ampliamento delle ipotesi di pubblicità, mediante pubblicazione nei siti web istituzionali, di informazioni relative ai titolari degli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 165/2001 (T.U. pubblico impiego) sia con riferimento a quelli che comportano funzioni di amministrazione e gestione, sia con riferimento agli incarichi di responsabilità degli uffici di diretta collaborazione; e) definizione di categorie di informazioni che le amministrazioni devono pubblicare e delle modalità di elaborazione dei relativi formati; f) obbligo di pubblicare tutti gli atti, i documenti e le informazioni di cui al presente comma anche in formato elettronico elaborabile e in formati di dati aperti. Per formati di dati aperti si devono intendere almeno i dati resi disponibili e fruibili on line in formati non proprietari, a condizioni tali da permetterne il più ampio riutilizzo anche a fini statistici e la ridistribuzione senza ulteriori restrizioni d’uso, di riuso o di diffusione diverse dall’obbligo di citare la fonte e di rispettarne l’integrità; g) individuazione, anche mediante integrazione e coordinamento della disciplina vigente, della durata e dei termini di aggiornamento per ciascuna pubblicazione obbligatoria; h) individuazione, anche mediante revisione e integrazione della disciplina vigente, delle responsabilità e delle sanzioni per il mancato, ritardato o inesatto adempimento degli obblighi di pubblicazione. Il comma 22, introdotto dalla Camera dei deputati, integra il disposto del comma 21, prevedendo che le disposizioni del legislatore delegato costituiscono esercizio della competenza legislativa esclusiva dello Stato in quanto: integrano l’individuazione del livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione, a norma dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione;
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costituiscono altresì esercizio della funzione di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione.
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Articoli 4, 5, 7 e 9 (Modificazioni della legge n. 241 del 1990)
Testo del approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– Art. 4. (Modifica all’articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente gli obblighi dei soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative) 1. All’articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, al comma 1-ter sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni in forza delle disposizioni di cui alla presente legge». Art. 5. (Modifica all’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente il provvedimento conclusivo del procedimento amministrativo) 1. All’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, al comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo».
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Testo del approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——–
Art. 7. (Introduzione dell’articolo 6-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, in materia di conflitto di interessi) 1. Nel capo II della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo l’articolo 6 è aggiunto il seguente: «Art. 6-bis. - (Conflitto di interessi). – 1. Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale». Art. 9. (Modifica all’articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione degli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento) 1. All’articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n.241, al comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Gli accordi di cui al presente articolo devono essere motivati ai sensi dell’articolo 3».
Gli articoli 4, 5, 7 e 9 - tutti introdotti nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati - recano novelle alla legge 7 agosto 1990, n. 241, recante com'è noto "Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi".
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L'articolo 4 novella, della legge n. 241, disposizione dell'articolo 1. Quest'ultimo esplicita i Princìpi generali dell'attività amministrativa, sancendo (al comma 1) che "l'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai princìpi dell'ordinamento comunitario". Il rispetto di siffatti criteri e principi deve essere assicurato dai soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative - aggiunge il comma 1-ter del medesimo articolo 1 della legge n. 241. Ebbene, siffatta disposizione è ora integrata con l'aggiunta che quell'obbligo debba essere adempiuto assicurando un "livello di garanzia" non inferiore a quello cui siano tenute le pubbliche amministrazioni, ai sensi della medesima legge n. 241. Dunque qui si tratta di obblighi di privati preposti all'esercizio di attività amministrativa, che si intende 'rafforzare', trascorrendo dal rispetto di criteri e princìpi all'effettuale prestazione. L'articolo 5 novella, della legge n. 241, disposizione dell'articolo 2. Quest'ultimo statuisce in materia di Conclusione del procedimento, disponendo (al comma 1) che "ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso". Siffatta disposizione è ora integrata con la previsione di una forma semplificata di redazione del provvedimento espresso di conclusione del procedimento. Si prevede infatti che siffatto provvedimento (il quale dev'essere motivato, ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 241) possa recare una motivazione formulata solo quale sintetico riferimento all'elemento (di fatto o di diritto) ritenuto risolutivo. Questo, qualora le pubbliche amministrazioni ravvisino la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda. L'articolo 7 introduce nella legge n. 241 un nuovo articolo 6-bis, in materia di conflitto di interessi. A seguire gli articoli 5 e 6 (relativi, rispettivamente, al responsabile del procedimento ed ai suoi compiti), il nuovo articolo viene a disporre un obbligo di astensione, per il responsabile del procedimento o per i titolari degli uffici competenti all'adozione dei pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale - i quali si trovino in una situazione di conflitto di interessi.
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All'obbligo di astensione, per i medesimi soggetti si affianca altresì un obbligo di segnalazione (non è specificato a quale soggetto) di tale condizione, "anche potenziale". Non è specificato un obbligo di trasmissione ad altro organo competente, ai fini del prosieguo del procedimento. Può osservarsi, in sede di commento, come l'articolo 7 del disegno di legge - al pari dell'articolo 8, comma 1, lettere b) e c), e dell'articolo 11 (v. infra) - menzioni il "conflitto di interessi", che è nozione la quale, se può dirsi sedimentata in ambito civilistico - con riferimento ai rapporti tra rappresentante e rappresentato (art. 1394 c.c.) od inerenti al nuovo diritto societario (artt. 2373, 2391, 2475-ter) o ad altri rapporti (patria potestà o tutela: artt. 320 e 347 cc.) - ed è stata, in ambito pubblicistico, oggetto della legge n. 215 del 2004 per i titolari di cariche di governo (per i parlamentari già innanzi valendo disposizioni - necessariamente di legge, ai sensi dell'articolo 65, primo comma della Costituzione - determinatrici di ineleggibilità o incompatibilità), non parrebbe essersi cristallizzata in una definizione legale in ambito amministrativistico, ancorché figuri già nel "Codice di comportamento del dipendente pubblico" recato dal decreto ministeriale 28 novembre 2000 (in G.U 10-4-2000, n. 84). L'articolo 2, comma 2 di quel codice esplicita: "Il dipendente mantiene una posizione di indipendenza, al fine di evitare di prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni, anche solo apparenti, di conflitto di interessi. Egli non svolge alcuna attività che contrasti con il corretto adempimento dei compiti d'ufficio e si impegna ad evitare situazioni e comportamenti che possano nuocere agli interessi o all'immagine della pubblica amministrazione". La nozione di conflitto di interessi pare comunque rinviare a condizioni soggettive e circostanze di fatto, tali da profilare l'anteposizione da parte del pubblico dipendente di interessi privati propri e altrui all'interesse pubblico e alla legge: talché essa non si direbbe risultare 'autonoma' rispetto ai doveri del dipendente pubblico che diverse fonti pongono (Costituzione, codice civile, contratto nazionale di lavoro, codice di comportamento, carte di servizi, ecc.). Al loro mancato adempimento, consegue una responsabilità che può essere disciplinare, patrimoniale (civile, amministrative, contabile) ed anche penale (in caso di: abuso di ufficio da parte del pubblico ufficiale e dell'incaricato del pubblico servizio; o di interesse privato in atti d'ufficio; così rispettivamente gli artt. 323 e 324 del c.p.).
L'articolo 9 novella, della legge n. 241, disposizione dell'articolo 11. In particolare, introduce un obbligo di motivazione per gli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento. Ai sensi del citato articolo della legge n. 241, infatti, l'amministrazione procedente può - in accoglimento di osservazioni e proposte presentate dai parrtecipanti al procedimento - concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo. Tali accordi (integrativi o sostitutivi) debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto (salvo che la legge disponga altrimenti). Ad essi si
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applicano, ove non diversamente previsto, i princĂŹpi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili. Ebbene, si prevede ora che gli accordi debbano essere corredati da motivazione - la quale indica i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria.
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Articolo 6 (Trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. Al fine di garantire l’esercizio imparziale delle funzioni amministrative e di rafforzare la separazione e la reciproca autonomia tra organi di indirizzo politico e organi amministrativi, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive modificazioni, nonché le aziende e le società partecipate dallo Stato e dagli altri enti pubblici, in occasione del monitoraggio posto in essere ai fini dell’articolo 36, comma 3, del medesimo decreto legislativo n.165 del 2001, e successive modificazioni, comunicano al Dipartimento della funzione pubblica, per il tramite degli organismi indipendenti di valutazione, tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone, anche esterne alle pubbliche amministrazioni, individuate discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione. I dati forniti confluiscono nella relazione annuale al Parlamento di cui al citato articolo 36, comma 3, del decreto legislativo n.165 del 2001, e successive modificazioni, e vengono trasmessi alla Commissione per le finalità di cui all’articolo 1 della presente legge.
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L'articolo 6 persegue una sorta di censimento delle posizioni dirigenziali attribuite a persone individuate discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico, senza procedure pubbliche di selezione. Conseguentemente è posto un obbligo di comunicazione, in capo a: tutte le amministrazioni pubbliche17; le aziende partecipate (dallo Stato e dagli altri enti pubblici). Esse comunicano tutti i dati utili per la rilevazione delle predette posizioni dirigenziali - nonché i titoli e curricola dei beneficiari - al Dipartimento della funzione pubblica. La comunicazione avviene tramite l'organismo indipendente di valutazione (previsto per ogni pubblica amministrazione, anche in forma associata, dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 150 del 2009: v. infra, la sintesi riferita all'articolo 8, comma 3 del disegno di legge). La comunicazione al Dipartimento è effettuata in esito al monitoraggio che le pubbliche amministrazioni conducono entro il 31 dicembre di ogni anno, redigendo un analitico rapporto informativo sulle tipologie di lavoro flessibile utilizzate, da trasmettere entro il 31 gennaio di ciascun anno all'organismo interno di valutazione nonché al Dipartimento della funzione pubblica, il quale redige una relazione annuale al Parlamento. Siffatta relazione al Parlamento deve contenere - esplicita l'articolo in commento - i dati così raccolti circa le posizioni dirigenziali. I dati sono altresì trasmessi alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche.
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La disposizione fa rinvio all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, questo recante Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Secondo quel comma: "Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI".
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Articolo 8 (Modifiche agli articoli 53 e 54 e introduzione dell'articolo 35-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165)
Testo approvato dal Senato ——–
1. All’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. All’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo il comma 3 è inserito il seguente: «3-bis. Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti emanati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con i Ministri interessati, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sono individuati, secondo criteri differenziati in rapporto alle diverse qualifiche e ruoli professionali, gli incarichi vietati ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2»; b) al comma 5 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi, che pregiudichino l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente»;
a) al comma 7, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni,
c) al comma 7 e al comma 9, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica
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Testo approvato dal Senato ——–
anche potenziali, interesse»;
di
conflitto
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– di
l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi»; d) dopo il comma 7 è inserito il seguente: «7-bis. L’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti»;
b) il comma 11 è sostituito dal seguente:
e)identica;
«11. Entro quindici giorni dall’erogazione del compenso per gli incarichi di cui al comma 6, i soggetti pubblici o privati comunicano all’amministrazione di appartenenza l’ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici»; c) al comma 12, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi, con l’indicazione dell’oggetto dell’incarico e del compenso lordo, ove previsto»;
f) al comma 12, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi, con l’indicazione dell’oggetto dell’incarico e del compenso lordo, ove previsto»; al medesimo comma 12, al secondo periodo, le parole: «L’elenco è accompagnato» sono sostituite dalle seguenti: «La comunicazione è accompagnata» e, al terzo periodo, le parole: «Nello stesso termine» sono sostituite dalle seguenti:
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– «Entro il 30 giugno di ciascun anno»; g) al comma 13, le parole: «Entro lo stesso termine di cui al comma 12» sono sostituite dalle seguenti: «Entro il 30 giugno di ciascun anno»; h) al comma 14, secondo periodo, dopo le parole: «l’oggetto, la durata e il compenso dell’incarico» sono aggiunte le seguenti: «nonché l’attestazione dell’avvenuta verifica dell’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi»; i) al comma 14, dopo il secondo periodo sono inseriti i seguenti: «Le informazioni relative a consulenze e incarichi comunicate dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica, nonché le informazioni pubblicate dalle stesse nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica ai sensi del presente articolo, sono trasmesse e pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici. Entro il 31 dicembre di ciascun anno il Dipartimento della funzione pubblica trasmette alla Corte dei conti l’elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni di cui al terzo periodo del presente comma in formato digitale standard aperto»;
d) dopo il comma 16-bis è aggiunto il seguente:
l) identico:
«16-ter. I dipendenti che, negli ultimi
«16-ter. I dipendenti che, negli ultimi
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——–
tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni».
tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni ed è prevista la restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti».
2. Le disposizioni di cui all’articolo 53, comma 16-ter, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, introdotto dal comma 1, lettera d), del presente articolo, non si applicano ai contratti già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Le disposizioni di cui all’articolo 53, comma 16-ter, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, introdotto dal comma 1, lettera l), del presente articolo, non si applicano ai contratti già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge. 3. L’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, è sostituito dal seguente: «Art. 54. (Codice di comportamento). – 1. Il Governo definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell’interesse pubblico. Il
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– codice contiene una specifica sezione dedicata ai doveri dei dirigenti, articolati in relazione alle funzioni attribuite, e comunque prevede per tutti i dipendenti pubblici il divieto di chiedere o di accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità, in connessione con l’espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati, fatti salvi i regali d’uso, purché di modico valore e nei limiti delle normali relazioni di cortesia. 2. Il codice, approvato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, previa intesa in sede di Conferenza unificata, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e consegnato al dipendente, che lo sottoscrive all’atto dell’assunzione. 3. La violazione dei doveri contenuti nel codice di comportamento, compresi quelli relativi all’attuazione del Piano di prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità disciplinare. La violazione dei doveri è altresì rilevante ai fini della responsabilità civile, amministrativa e contabile ogniqualvolta le stesse responsabilità siano collegate alla violazione di doveri, obblighi, leggi o regolamenti. Violazioni gravi o reiterate del codice comportano l’applicazione della sanzione di cui all’articolo 55-quater, comma 1. 4. Per ciascuna magistratura e per l’Avvocatura dello Stato, gli organi
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– delle associazioni di categoria adottano un codice etico a cui devono aderire gli appartenenti alla magistratura interessata. In caso di inerzia, il codice è adottato dall’organo di autogoverno. 5. Ciascuna pubblica amministrazione definisce, con procedura aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio organismo indipendente di valutazione, un proprio codice di comportamento che integra e specifica il codice di comportamento di cui al comma 1. Al codice di comportamento di cui al presente comma si applicano le disposizioni del comma 3. A tali fini, la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT) definisce criteri, linee guida e modelli uniformi per singoli settori o tipologie di amministrazione. 6. Sull’applicazione dei codici di cui al presente articolo vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici di disciplina. 7. Le pubbliche amministrazioni verificano annualmente lo stato di applicazione dei codici e organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione degli stessi». 4. I codici di cui all’articolo 54, commi 1 e 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come sostituito dal comma 3 del presente articolo, sono approvati entro sei mesi dalla data di
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– entrata in vigore della presente legge. 5. Dopo l’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, è inserito il seguente: «Art. 35-bis. - (Prevenzione del fenomeno della corruzione nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici) – 1. Coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale: a) non possono fare parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l’accesso o la selezione a pubblici impieghi; b) non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all’acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati; c) non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché per l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere. 2. La disposizione prevista al comma 1 integra le leggi e regolamenti che disciplinano la formazione di commissioni e la nomina dei relativi
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Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– segretari».
L’articolo 8, modificato nel corso dell'esame in Assemblea dalla Camera dei deputati, dispone una serie di modifiche all'articolo 53 del D. Lgs. n. 165 del 30 marzo 2001, recante "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche". L'art. 53 che qui si novella disciplina le incompatibilità, il cumulo di impieghi e di incarichi dei dipendenti pubblici. In particolare, il comma 1, lett. a) (lettera inserita dalla Camera) inserisce il nuovo comma 3-bis, relativo al divieto per le pubbliche amministrazioni di conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati. A tale riguardo la nuova disposizione prevede che a tal fine siano emanati appositi regolamenti, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con i Ministri interessati, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 40018, con i quali vengono individuati gli incarichi vietati ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2 dello stesso Decreto Legislativo n. 165. Il su citato art. 1, comma 1, definisce amministrazioni pubbliche "tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI".
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L'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante "Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri", prevede che siano adottati con decreto del Presidente della Repubblica, "previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta, i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari".
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Tale individuazione degli incarichi vietati deve avvenire secondo criteri diversificati a seconda delle differenti qualifiche e ruoli professionali. Si segnala che analoga disposizione, per specifici soggetti, è già recata dal comma 3 dell'articolo 53 che qui viene integrato, il quale infatti prevede che, ai medesimi fini, "con appositi regolamenti, da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono individuati gli incarichi consentiti e quelli vietati ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché agli avvocati e procuratori dello Stato, sentiti, per le diverse magistrature, i rispettivi istituti". Il comma 1, lett. b) (lettera anch’essa inserita dalla Camera) dell'articolo in esame modifica il comma 5 del medesimo articolo 53. Quest'ultimo dispone che, in ogni caso, il conferimento operato direttamente dall'amministrazione, nonché l'autorizzazione all'esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgono attività d'impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell'interesse del buon andamento della pubblica amministrazione. La modifica introdotta aggiunge un'ulteriore condizione al conferimento di questi incarichi, ovvero che siano esclusi anche situazioni di conflitto di interesse non solo oggettivamente individuato ma anche solo potenziale, che possa pregiudicare l'esercizio delle proprie funzioni - secondo il dovuto criterio di imparzialità - da parte del pubblico dipendente. Il comma 7 dell'art. 53 dispone che i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Analogamente il comma 9 precisa che gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Il comma 1, lett. c) (modificata dalla Camera) dell'articolo 8 in esame inserisce una disposizione dopo il primo periodo dei due suddetti commi 7 e 9, prevedendo che ai fini dell' autorizzazione l'amministrazione debba verificare l'insussistenza di situazioni anche qui, come nella precedente lett. b), anche solo potenziali - di conflitto di interesse. In caso di inosservanza del divieto di cui al comma 7, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.
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A questo riguardo il comma 1, lett. d) (inserita dalla Camera) inserisce il nuovo comma 7-bis: con la novella introdotta si dispone che l'omissione del versamento del compenso indebitamente ricevuto dal dipendente costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta quindi alla giurisdizione della Corte dei conti. La responsabilità erariale degli amministratori e dipendenti degli enti locali è regolata dalle norme stabilite per i dipendenti statali e in particolare dagli articoli 82 e 83 della legge di contabilità di Stato del 1923 n. 2440, dall'art. 52 del T.U. delle leggi sulla Corte dei conti del 1934, e dagli articoli 18 e segg. del T.U. sugli impiegati dello Stato n. 3 del 1957, oltre che da un certo numero di norme speciali che si sono aggiunte nel tempo.
Il comma 1, lett. e) (era la lettera b) del testo del Senato) novella il comma 11 dell'articolo 53 con la previsione che i soggetti pubblici o privati comunicano all'amministrazione di appartenenza l'ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici entro 15 giorni dall'erogazione del compenso per gli incarichi di cui al precedente comma 619. Nella disposizione vigente, i soggetti pubblici o privati che erogano compensi a dipendenti pubblici per gli incarichi di cui al comma 6 sono tenuti a dare comunicazione all'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi dei compensi erogati nell'anno precedente entro il 30 aprile di ciascun anno.
Il comma 1, lett. f) - integrata dalla Camera - modifica il comma 12 dell'art. 53, stabilendo che le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo, ove previsto.
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Il comma 6 stabilisce che le norme contenute nell’articolo 53 (commi 7-13) si applicano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2 del D. Lgs. n. 165/2001, nonché il personale in regime di diritto pubblico di cui all’articolo 3, precisando che sono esclusi dalle disposizioni in tema di autorizzazioni agli incarichi, i dipendenti pubblici con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno, i docenti universitari a tempo definito e le altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali. Viene inoltre specificato che per incarico retribuito si devono intendere tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso, fatta esclusione per i compensi derivanti da: collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili; utilizzazione economica da parte dell'autore o inventore di opere dell'ingegno e di invenzioni industriali; partecipazione a convegni e seminari; incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate; incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o fuori ruolo; incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita; attività di formazione rivolta ai dipendenti della P.A..
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La norma richiamata prevede attualmente che entro il 30 giugno di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi retribuiti ai propri dipendenti sono tenute a comunicare, in via telematica o su apposito supporto magnetico, al Dipartimento della funzione pubblica l'elenco degli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi nell'anno precedente, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo previsto o presunto. Inoltre, nel comma 12 vigente tale elenco viene accompagnato da una relazione contenente l’indicazione delle norme in applicazione delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o dell'autorizzazione, i criteri di scelta dei dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e la rispondenza dei medesimi ai principi di buon andamento dell'amministrazione, nonché le misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa. Allo stesso modo, entro il 30 giugno di ciascun anno, anche le amministrazioni che, nell'anno precedente, non abbiano conferito o autorizzato incarichi ai propri dipendenti devono presentare dichiarazione di non aver conferito o autorizzato incarichi.
Il comma 1, lett. g), in conseguenza della modifica apportata al comma 12, indica nel 30 giugno di ogni anno il termine entro il quale le amministrazioni di appartenenza sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su apposito supporto magnetico, per ciascuno dei propri dipendenti e distintamente per ogni incarico conferito o autorizzato, i compensi, relativi all'anno precedente, da esse erogati o della cui erogazione abbiano avuto comunicazione dai soggetti pubblici o privati di cui al comma 11. Nella attuale previsione si fa riferimento allo stesso termine di cui al comma 12, ovvero al 30 giugno di ogni anno, per cui si è reso necessario novellare questo rinvio non più valido, poiché il nuovo termine indicato da tale comma 12 è di quindici giorni. Il comma 14 prevede che al fine della verifica dell'applicazione delle norme di cui all'articolo 1, commi 123 e 127, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 ("Misure di razionalizzazione della finanza pubblica"), le amministrazioni pubbliche sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su supporto magnetico, entro il 30 giugno di ciascun anno, i compensi percepiti dai propri dipendenti anche per incarichi relativi a compiti e doveri d'ufficio; sono altresì tenute a comunicare semestralmente l'elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l'indicazione della ragione dell'incarico e dell'ammontare dei compensi corrisposti. Le amministrazioni rendono noti, mediante inserimento nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti indicando l'oggetto, la durata e il compenso dell'incarico. Il comma 1, lett. h) dell'articolo in esame interviene su questa disposizione e impongono che oltre ai suddetti elementi debbano essere resi noti con la stessa modalità anche l'attestazione dell'avvenuta verifica da parte dell'amministrazione dell'insussistenza di situazioni, anche potenziali di conflitto, che deve essere compiuto in base alle disposizioni del medesimo articolo 53.
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Il comma 123 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 su richiamata prevede che gli emolumenti, compensi, indennità percepiti dai dipendenti delle amministrazioni pubbliche per l'espletamento di incarichi affidati dall'amministrazione di appartenenza, da altre amministrazioni ovvero da società o imprese controllate direttamente o indirettamente dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque autorizzati dall'amministrazione di appartenenza "sono versati, per il 50 per cento degli importi lordi superiori a 200 milioni di lire annue, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente. Il versamento è effettuato dai soggetti che hanno conferito l'incarico all'atto della liquidazione, previa dichiarazione del dipendente circa l'avvenuto superamento del limite sopra indicato". L'altro comma richiamato della legge n. 662, (co. 127) dispone che le pubbliche amministrazioni che si avvalgono di collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza per i quali è previsto un compenso sono tenute a pubblicare sul proprio sito web i relativi provvedimenti completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell’incarico e dell’ammontare erogato. In caso di omessa pubblicazione, la liquidazione del corrispettivo per gli incarichi di collaborazione o consulenza di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale del dirigente preposto.
Le lettere g), h) e i) sono state aggiunte dalla Camera. Anche il successivo comma 1, lett. i) interviene sul comma 14, aggiungendo una norma a favore della trasparenza delle informazioni relative a consulenze e incarichi comunicate dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica e di quelle pubblicate dalle stesse sulle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica. Si dispone infatti che esse siano trasmesse e pubblicate in tabelle riassuntive, liberamente scaricabili e rielaborabili anche a fini statistici, in formato digitale standard aperto. Infine, entro il 31 dicembre di ogni anno il suddetto Dipartimento deve trasmettere alla Corte dei conti l'elenco delle amministrazioni che non hanno ottemperato, in tutto o parzialmente, all'obbligo di trasmissione e pubblicazione delle informazioni suddette. Analogamente a quanto ivi previsto, l'ultimo periodo del comma 14 che qui viene modificato, già prevede, per quanto riguarda l’elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza che - sempre entro il 31 dicembre di ciascun anno - il Dipartimento della funzione pubblica trasmetta alla Corte dei conti l’elenco delle amministrazioni che hanno omesso di effettuare la suddetta comunicazione. Il comma 1, lett. l) introduce il comma 16-ter, nel quale si dispongono alcune limitazioni per i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui al già citato articolo 1, comma 2. In particolare, tali soggetti non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri.
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Inoltre si dispone a titolo di sanzione, la nullità dei contratti conclusi e degli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal comma in esame, mentre viene fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni; la Camera ha aggiunto l’obbligo di restituzione dei compensi percepiti. Infine, al comma 2 della disposizione in esame si esclude l’applicazione delle previsioni contenute al secondo periodo del comma 16-ter sopra esposto (relativo alla nullità dei contratti conclusi e degli incarichi conferiti in violazione delle nuove limitazioni previste per i dipendenti pubblici) ai contratti già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge. Il comma 3, introdotto durante l'esame in Assemblea alla Camera dei deputati, sostituisce l'articolo 54 del D. Lgs. n. 165 del 2001, e ridefinisce contenuti e modalità di approvazione dei codici di comportamento dei dipendenti della pubblica amministrazione. In base alla norma vigente il Dipartimento della funzione pubblica, sentite le confederazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 43 (che regola la rappresentatività sindacale ai fini della contrattazione collettiva), definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, anche in relazione alle necessarie misure organizzative da adottare al fine di assicurare la qualità dei servizi che le stesse amministrazioni rendono ai cittadini. Nella nuova norma che si propone (al comma 1), il codice ha ancora il fine di assicurare la qualità dei servizi; ha inoltre il fine di prevenire i fenomeni di corruzione, e di assicurare il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell’interesse pubblico. Il codice contiene una specifica sezione dedicata ai doveri dei dirigenti, articolati in relazione alle funzioni loro attribuite, e comunque deve prevedere per tutti i dipendenti pubblici il divieto di chiedere o di accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità, in relazione con l’espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati. Sono fatti salvi i c. d. "regali d’uso", purché di modico valore e nei limiti delle normali relazioni di cortesia. In merito ai regali d’uso, si fa comunemente riferimento alle donazioni di modico valore, nelle quali la liberalità è attenuata dal motivo più specifico dell’adempimento di doveri sociali20. A titolo di esempio si possono indicare i regali fatti in occasioni di compleanni, matrimoni ed altre ricorrenze. Si ricorda inoltre che il 12 febbraio 2012 il Presidente del Consiglio ha emanato una circolare nella quale si precisa che "i dipendenti delle Strutture in indirizzo si atterranno, salvo eventuali disposizioni più restrittive già adottate, alle prescrizioni recate al riguardo dal codice etico vigente per i dipendenti del Ministero e dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato secondo cui: “I destinatari non accettano, per sé e per
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Cass. 13 maggio 1987, n. 4394, in Il Fallimento, 1987, 1150.
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altri, beni materiali, quali regali o denaro, né beni immateriali o servizi e sconti per l’acquisto di tali beni o servizi o qualsiasi altra utilità, diretta o indiretta, da soggetti (persone, Amministrazioni, Enti, Società) in qualsiasi modo interessati dall’attività del MEF che eccedano il valore di 150,00 Euro. Regali di valore superiore sono restituiti ovvero devoluti al MEF. I regali e gli omaggi ricevuti non devono comunque compromettere l’indipendenza di giudizio, la correttezza operativa, l’integrità e la reputazione del dipendente e in ogni caso devono essere tali da non poter essere interpretati, da un osservatore imparziale, come finalizzati ad acquisire vantaggi in modo improprio”.
Secondo la nuova disposizione dell'art. 54 (al comma 2) il codice viene approvato con Decreto del Presidente della Repubblica (attualmente è contenuto nel D.M. 28 novembre 200021), previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione (non più quindi dal Dipartimento per la funzione pubblica), previa intesa in Conferenza unificata. Il codice - analogamente a quanto avviene attualmente viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale e consegnato al dipendente all'atto dell'assunzione. Ai sensi del comma 3, la violazione dei doveri contenuti nel codice di comportamento, compresi quelli relativi all’attuazione del Piano di prevenzione della corruzione, adottato dalle pubbliche amministrazioni centrali sulla base dell'articolo 1, comma 5, lett. a) del disegno di legge in esame (vedi scheda di lettura), è fonte di responsabilità disciplinare, oltre che di responsabilità civile, amministrativa e contabile qualora le stesse responsabilità siano collegate alla violazione di doveri, obblighi, leggi o regolamenti. Si applica la sanzione del licenziamento disciplinare di cui all’articolo 55-quater, comma 1, del D. Lgs. n. 165 del 2001 in caso di violazioni gravi o reiterate. Si applica la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi22: a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia; b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall'amministrazione; c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall'amministrazione per motivate esigenze di servizio; d) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell'instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera;
21
Pubblicato nella Gazz. Uff. 10 aprile 2001, n. 84. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo. 22
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e) reiterazione nell'ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell'onore e della dignità personale altrui; f) condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l'estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro. Il licenziamento in sede disciplinare è disposto, altresì, nel caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non inferiore al biennio, per la quale l'amministrazione di appartenenza formula, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, una valutazione di insufficiente rendimento e questo è dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all'articolo 54.
Per quanto riguarda ciascuna magistratura e per l'Avvocatura dello Stato, il comma 4 del nuovo articolo 54 ricalca sostanzialmente quanto previsto dalla norme vigente (comma 4): gli organi delle associazioni di categoria adottano un codice etico che viene sottoposto all'adesione degli appartenenti alla magistratura interessata. In caso di inerzia il codice è adottato dall'organo di autogoverno. Il comma 5 del nuovo articolo 54 prevede che oltre al codice di comportamento approvato dal Governo ogni pubblica amministrazione debba definire con procedura aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio organismo indipendente di valutazione di cui al D. Lgs. n. 150 del 2009, un proprio codice di comportamento che integra e specifica il codice di comportamento di cui al comma 1. Il D. Lgs. 27 ottobre 2009 n. 150, recante "Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni" prevede (art. 14) che ogni amministrazione, singolarmente o in forma associata si doti di un Organismo indipendente di valutazione della performance - che sostituisce i servizi di controllo interno (Secin) di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 - e che esercita le seguenti funzioni: a) monitoraggio del funzionamento complessivo del sistema della valutazione, della trasparenza e integrità dei controlli interni ed elabora una relazione annuale sullo stato dello stesso; b) comunicazione tempestivamente delle criticità riscontrate ai competenti organi interni di governo ed amministrazione, nonché alla Corte dei conti, all'Ispettorato per la funzione pubblica e alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), prevista dall'art. 13 del Decreto Legislativo; c) validazione della Relazione sulla performance e sua pubblicazione sul sito istituzionale dell'amministrazione; d) garanzia della correttezza dei processi di misurazione e valutazione, nonché dell'utilizzo dei premi previsti dal Decreto Legislativo stesso, dai contratti collettivi nazionali, dai contratti integrativi, dai regolamenti interni all'amministrazione, nel rispetto del principio di valorizzazione del merito e della professionalità;
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e) proposta all'organo di indirizzo politico-amministrativo, della valutazione annuale dei dirigenti di vertice e l'attribuzione ad essi dei premi; f) è responsabile della corretta applicazione delle linee guida, delle metodologie e degli strumenti predisposti dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT); g) promozione e attestazione dell'assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza e all'integrità previsto dal Decreto Legislativo; h) controllo dei risultati e delle buone pratiche di promozione delle pari opportunità. L'art. 13 come si è detto istituisce la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), che opera in posizione di indipendenza di giudizio e di valutazione e in piena autonomia, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e con il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ed eventualmente in raccordo con altri enti o istituzioni pubbliche, con il compito di indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio indipendente delle funzioni di valutazione, di garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione, di assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale, informando annualmente il Ministro per l'attuazione del programma di Governo sull'attività svolta. La Commissione indirizza, coordina e sovrintende all'esercizio delle funzioni di valutazione da parte degli Organismi indipendenti di cui all'articolo 14 e delle altre Agenzie di valutazione.
Per quanto riguarda la violazione dei doveri contenuti nei codici delle singole pubbliche amministrazioni si applicano le già citate norme previste dal comma 3 del nuovo articolo 54. A tali fini, la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT) definisce criteri, linee guida e modelli uniformi per singoli settori o tipologie di amministrazione. Il comma 6 del novellato articolo 54 dispone che siano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici di disciplina che individuati da ciascuna amministrazione23, a vigilare sull'applicazione dei codici delle pubbliche amministrazioni. Il comma 7 del novellato articolo 54 infine dispone che le pubbliche amministrazioni verificano annualmente lo stato di applicazione dei codici e - in ciò riprendendo quanto ora disposto dal comma 7 del vigente articolo 54 organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione degli stessi.
23
L'art. 55-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001, che regola le forme e termini del procedimento disciplinare, prevede che ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari.
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Il comma 4 dell'articolo in esame, introdotto durante l'esame in Assemblea alla Camera dei deputati, indica in sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame in termine entro il quale devono essere approvati i suddetti codici. Infine, il comma 5, anch'esso introdotto durante l'esame in Assemblea alla Camera dei deputati, inserisce il nuovo comma 35-bis al D. Lgs. n. 165 del 2001 nell'ambito del suo Capo III (Uffici, piante organiche, mobilità e accessi). Esso disciplina la prevenzione del fenomeno della corruzione nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici, vietando (comma 1) taluni incarichi a coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, ovvero quelli compiuti dai pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione. In particolare si tratta dei seguenti reati: art. 314. Peculato. art. 316. Peculato mediante profitto dell'errore altrui. art. 316-bis. Malversazione a danno dello Stato. art. 316-ter. Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. art. 317. Concussione. art. 318. Corruzione per un atto d'ufficio. art. 319. Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio. art. 319-ter. Corruzione in atti giudiziari. art. 320. Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio. art. 322. Istigazione alla corruzione. art. 322-bis. Peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri. art. 323. Abuso d'ufficio. 324. Interesse privato in atti di ufficio. art. 325. Utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione di ufficio. art. 326. Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio. art. 327. Eccitamento al dispregio e vilipendio delle istituzioni, delle leggi o degli atti dell'autorità. art. 328. Rifiuto di atti d'ufficio. Omissione. art. 329. Rifiuto o ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della forza pubblica. art. 330. Abbandono collettivo di pubblici uffici, impieghi, servizi o lavoro. art. 331. Interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità. art. 332. Omissione di doveri di ufficio in occasione di abbandono di un pubblico ufficio o di interruzione di un pubblico servizio. art. 333. Abbandono individuale di un pubblico ufficio, servizio o lavoro. art. 334. Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa.
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art. 335. Violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa.
Coloro che hanno subito una condanna per i reati sopra elencati non possono: far parte di commissioni per l'accesso o la selezione a pubblici impieghi, anche solo con compiti di segreteria; essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alle gestione delle risorse finanziarie, all'acquisizione di beni, servizi e forniture, o preposti alla concessione o all'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti, siano essi pubblici o privati; far parte delle commissioni per la scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici di qualunque tipo. Il comma 2 del nuovo articolo 35-bis stabilisce infine che le disposizioni contenute nel comma 1 facciano parte integrante delle norme che disciplinano la formazione delle commissioni e la nomina dei relativi segretari. Tra queste norme si ricorda l'art. 35, comma 3, del D. Lgs. n. 165 del 2001, relativo al reclutamento del personale, che dispone che le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai determinati principi, tra cui "la composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali". Si cita inoltre il "Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi", recato dal D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, ed in particolare il suo art. 9 (Commissioni esaminatrici), che disciplina altresì le funzioni del segretario di commissione.
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A.S. n. 2156-B Articolo 10
Articolo 10 (Delega al Governo per la definizione degli illeciti e delle sanzioni disciplinari concernenti i termini dei procedimenti amministrativi)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la disciplina organica degli illeciti, e relative sanzioni disciplinari, correlati al superamento dei termini di definizione dei procedimenti amministrativi, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi: a) omogeneità degli illeciti connessi al ritardo, superando le logiche specifiche dei differenti settori delle pubbliche amministrazioni; b) omogeneità dei controlli da parte dei dirigenti, volti a evitare ritardi; c) omogeneità, certezza e cogenza nel sistema delle sanzioni, sempre in relazione al mancato rispetto dei termini.
L’articolo 10 reca delega al Governo ad adottare un decreto legislativo per definire gli illeciti e le sanzioni disciplinari concernenti i termini dei procedimenti amministrativi. L'articolo è stato introdotto nel corso dell'esame presso la Camera dei Deputati.
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A.S. n. 2156-B Articolo 10
L'articolo 10 pone il criterio della omogeneità nella determinazione: degli illeciti connessi ai ritardi; dei controlli dirigenziali finalizzati ad evitarli; del sistema sanzionatorio. Per quanto riguarda gli illeciti, in particolare, il decreto legislativo dovrà superare le "logiche specifiche" dei differenti settori delle pubbliche amministrazioni. Per il sistema delle sanzioni, oltre all'omogeneità è posto il criterio della certezza e cogenza. Il termine per l'adozione del decreto legislativo per la disciplina organica degli illeciti e delle sanzioni disciplinari concernenti i termini dei procedimenti amministrativi è di sei mesi dall'entrata in vigore della legge. In materia di tempi di conclusione dei procedimenti amministrativi, è intervenuto l'articolo 7 della legge n. 69/2009. L'articolo 7 (Certezza dei tempi di conclusione del provvedimento) della legge 69/2009 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), avendo novellato l'articolo 2 (Conclusione del procedimento), comma 2, della legge n. 241/1990 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), fissa un termine generale di trenta giorni per la conclusione di procedimenti amministrativi, salvo diverso termine stabilito ex lege o con diverso provvedimento. Ad integrazione di questa norma, l'articolo 2-bis aggiunto alla legge 241/1990 dalla medesima legge 69/2009, prevede che le pubbliche amministrazioni siano tenute al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. Il decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, articoli 30 e 31, regola le azioni di condanna, le azioni avverso il silenzio e l'accertamento delle nullità. L'articolo 328 (Rifiuto di atti d'ufficio. Omissione), comma 2, del codice penale, a sua volta, punisce con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 1.032 euro, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio il quale, entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse, non compia l'atto del suo ufficio e non risponda per esporre le ragioni del ritardo.
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A.S. n. 2156-B Articolo 11
Articolo 11 (Delega al Governo per la disciplina dei casi di non conferibilità e di incompatibilità degli incarichi dirigenziali)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. Ai fini della prevenzione e del contrasto della corruzione, nonché della prevenzione dei conflitti di interessi, il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a modificare la disciplina vigente in materia di attribuzione di incarichi dirigenziali e di incarichi di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive modificazioni, e negli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico esercitanti funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, da conferire a soggetti interni o esterni alle pubbliche amministrazioni, che comportano funzioni di amministrazione e gestione, nonché a modificare la disciplina vigente in materia di incompatibilità tra i detti incarichi e lo svolgimento di incarichi pubblici elettivi o la titolarità di interessi privati che possano porsi in conflitto con l’esercizio imparziale delle funzioni pubbliche affidate.
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A.S. n. 2156-B Articolo 11
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono emanati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) prevedere in modo esplicito, ai fini della prevenzione e del contrasto della corruzione, i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali, adottando in via generale il criterio della non conferibilità per coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale; b) prevedere in modo esplicito, ai fini della prevenzione e del contrasto della corruzione, i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali, adottando in via generale il criterio della non conferibilità per coloro che per un congruo periodo di tempo, non inferiore ad un anno, antecedente al conferimento abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato sottoposti a controllo o finanziati da parte dell’amministrazione che conferisce l’incarico; c) disciplinare i criteri di conferimento nonché i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali ai soggetti estranei alle amministrazioni che, per un congruo periodo di tempo, non inferiore ad un anno, antecedente al conferimento abbiano fatto parte di organi di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive. I casi di non conferibilità devono essere graduati e regolati in rapporto alla rilevanza delle cariche di carattere
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– politico ricoperte, all’ente di riferimento e al collegamento, anche territoriale, con l’amministrazione che conferisce l’incarico. È escluso in ogni caso, fatta eccezione per gli incarichi di responsabile degli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico, il conferimento di incarichi dirigenziali a coloro che presso le medesime amministrazioni abbiano svolto incarichi di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive nel periodo, comunque non inferiore ad un anno, immediatamente precedente al conferimento dell’incarico; d) comprendere tra gli incarichi oggetto della disciplina: 1) gli incarichi amministrativi di vertice nonché gli incarichi dirigenziali, anche conferiti a soggetti estranei alle pubbliche amministrazioni, che comportano l’esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione; 2) gli incarichi di direttore generale, sanitario e amministrativo delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere; 3) gli incarichi di amministratore di enti pubblici e di enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico; e) disciplinare i casi di incompatibilità tra gli incarichi di cui alla lettera d) già conferiti e lo svolgimento di attività, retribuite o no, presso enti di diritto privato sottoposti
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– a regolazione, a controllo o finanziati da parte dell’amministrazione che ha conferito l’incarico o lo svolgimento in proprio di attività professionali, se l’ente o l’attività professionale sono soggetti a regolazione o finanziati da parte dell’amministrazione; f) disciplinare i casi di incompatibilità tra gli incarichi di cui alla lettera d) già conferiti e l’esercizio di cariche negli organi di indirizzo politico.
L'articolo 11 - introdotto presso la Camera dei deputati - reca una delega legislativa in materia di conferimento - a soggetti interni o esterni all'amministrazione - degli incarichi dirigenziali e di responsabilità amministrativa di vertice. Il termine di esercizio della delega è di sei mesi (dall'entrata in vigore della legge). Duplice è la sua finalità: prevenzione e contrasto della corruzione; prevenzione dei conflitti di interesse. E duplice è il suo contenuto. Le future modifiche apportate alla normativa vigente dal legislatore delegato si prevede infatti che investano: la disciplina dell'attribuzione di incarichi dirigenziali nonché di incarichi di responsabilità amministrativa di vertice; la disciplina delle incompatibilità di quegli incarichi con lo svolgimento di incarichi pubblici elettivi o la titolarità di potenziali conflitti di interessi ("interessi privati che possano porsi in conflitto con l'esercizio imparziale delle unzioni pubbliche affidate"). Ad essere coinvolti sono i conferimenti di incarichi entro: tutte le amministrazioni pubbliche24;
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La disposizione fa rinvio all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, questo recante Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Secondo quel comma: "Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità
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gli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico, se aventi uno dei seguenti caratteri: o esercitino funzioni amministrative; o svolgano attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche; o gestiscano servizi pubblici. Così prevede il comma 1. Il comma 2 reca princìpi e criteri direttivi della delega. Le lettere a) e b) dispongono la non conferibilità degli incarichi, rispettivamente per: i condannati (anche con sentenza non passata in giudicato) per delitti previsti dal libro II, titolo II, capo I del codice penale. Si tratta dei delitti contro la pubblica amministrazione, quali peculato, malversazione, concussione, corruzione, ecc. (per l'elenco completo si veda supra, la sintesi riferita all'articolo 8, comma 5 del disegno di legge). coloro che abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato sottoposti a controllo o finanziati dall'amministrazione conferente, per un periodo di tempo significativo (non inferiore ad un anno) antecedente il conferimento. La lettera c) concerne incarichi conferiti a soggetti esterni alle amministrazioni conferenti. Si affida, per essi, al legislatore delegato la determinazione dei criteri di conferimento degli incarichi nonché dei casi di non conferibilità, in caso di loro partecipazione a organi di indirizzo politico o di assunzione di cariche pubbliche elettive (si intende, per un periodo di tempo significativo - comunque non inferiore ad un anno - antecedente al conferimento). Quale criterio di delega, figura una commisurazione dei casi di non conferibilità, a: la rilevanza della carica di carattere politico ricoperta; l'ente di riferimento; il collegamento, anche territoriale, con l'amministrazione conferente. Si ha comunque non conferibilità dell'incarico per chi abbia svolto incarichi di indirizzo politico o ricoperto cariche pubbliche elettive per un anno almeno immediatamente antecedente. E', questa, l'unica previsione espressa circa una immediata antecedenza del periodo di svolgimento dell'attività, rispetto al conferimento dell'incarico. La non conferibilità sopra in ultimo ricordata fruisce di una deroga (talché essa non si applica), se l'attività svolta sia consistita nell'assunzione di un
montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI".
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incarico di responsabile degli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico. La lettera d) ha per oggetto gli incarichi da ricomprendere nella disciplina oggetto di legislazione delegata. L'elencazione non ha carattere esclusivo, ossia non pare doversi circoscrivere a questi incarichi l'intervento del legislatore delegato - tenuto, questo sì, a ricomprendere nella disciplina che esso appronti, gli incarichi: che comportino "l'esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione"; di direttore generale, sanitario e amministrativo delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere; di amministratore di enti pubblici e di enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico. Per gli incarichi or ricordati, se già conferiti, le lettere e) ed f) demandano al legislatore delegato la disciplina delle incompatibilità, rispettivamente verso: attività svolte (anche gratuitamente) presso enti di diritto privato sottoposti a regolazione o a controllo ovvero finanziati da parte dell'amministrazione conferente l'incarico; attività professionale in proprio, se l'ente fruitore o l'attività professionale siano regolati o finanziati dall'amministrazione; l'esercizio di cariche negli organi di indirizzo politico. In materia di attribuzione di incarichi dirigenziali e di conflitto di interessi entro il procedimento amministrativo, disposizioni sono altresì recate dagli articoli 6, 7 e 8 del disegno di legge.
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A.S. n. 2156-B Articolo 12
Articolo 12 (Introduzione dell'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. Dopo l’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, è inserito il seguente:
1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, il pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.
«Art. 54-bis. - (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti). – 1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all’autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.
2. Salvi gli obblighi di denuncia previsti dalla legge, l’identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, fino alla contestazione dell’addebito disciplinare.
2. Nell’ambito del procedimento disciplinare, l’identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l’identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato.
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 3. L’adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dipartimento della funzione pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall’interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell’amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere. 4. La denuncia è sottratta all’accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni».
La norma - che la Camera ha integrato e riscritto in forma di articolo aggiuntivo al decreto legislativo n. 165 del 200125 - mira a tutelare il pubblico dipendente che - fuori dei casi di responsabilità penale per calunnia o diffamazione26 o civile per danno ingiusto27 - denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro (comma 1).
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Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. La calunnia è il reato di colui che, con denuncia, querela o istanza (calunnia diretta o formale)anche se anonima o sotto falso nome – diretta all’autorità giudiziaria (o altra autorità che a quella debba poi riferirne) incolpa di un reato qualcuno che sa essere innocente ovvero simula a suo carico tracce di un reato che questi non ha commesso (calunnia indiretta o materiale); la pena prevista è la reclusione da 2 a 6 anni, aumentata ove il reato attribuito preveda pene superiori a 5 anni ovvero l’ergastolo (art. 368 c.p.). Il reato di diffamazione, di cui all’art. 595 c.p., a differenza della calunnia – reato contro la P.A. - rientra nella categoria dei delitti contro l’onore e consiste nel fatto di chiunque, fuori dai casi di ingiuria di cui all’articolo 594, comunicando con più persone offende l’altrui reputazione. Oltre a tale elemento, il reato è caratterizzato altresì dall’assenza dell’offeso (tale caratteristica distingue il delitto in esame da quello dell’ingiuria di cui all’articolo 594), vale a dire che occorre che questi non sia presente al momento della condotta criminosa e che non si verifichino quei fatti che la legge equipara alla presenza (comunicazioni telefoniche, telegrafiche, scritti o disegni diretti alla persona offesa), nonché dalla comunicazione con più persone ovvero dalla presa di contatto (mediante parole, scritti, disegni e gesti) con soggetti diversi dall’offeso al fine di renderli partecipi di fatti lesivi della reputazione di costui. La pena-base prevista dal codice consiste nella reclusione fino ad un anno o nella multa fino a 1.032 euro; circostanze aggravanti del reato di diffamazione sussistono se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico o, ancora, se l’offesa è diretta ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio. 27 Così l'articolo 2043 del codice civile: "Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno". Il richiamo a questo articolo 26
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A.S. n. 2156-B Articolo 12
L’espressione “condotte illecite” pare riferibile sia a reati sia ad illeciti disciplinari. Il comma 1 del nuovo articolo dispone che il segnalante non può esser licenziato, o sottoposto a misure discriminatorie aventi effetto sulle condizioni di lavoro, per motivi anche indirettamente collegati alla denuncia o segnalazione. Questo, se la denuncia sia presentata all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, o la segnalazione sia al proprio superiore gerarchico. Tale aggiunta è stata inserita, entro il comma 1, nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati. Disposizione a tutela del dipendente pubblico è contenuta nell’articolo 9 della Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999, ed attualmente in corso di ratifica parlamentare (AC 3737, approvato dal Senato in prima lettura il 29 settembre 2010). In quell'articolo si prevede che ciascuna Parte disponga nel suo diritto interno "un'adeguata tutela contro ogni ingiustificata sanzione nei confronti di dipendenti i quali, in buona fede, denuncino alle persone o autorità competenti fatti di corruzione di cui abbiano giusti motivi di sospetto".
Il comma 2 - riscritto nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati ed il comma 4 - colà introdotto - mirano a tutelare il pubblico dipendente nella riservatezza. Talché la sua denuncia si sottrae al diritto di accesso degli interessati, sancito dalla legge n. 241 del 1990 (così il comma 4, il quale configura una fattispecie che va ad aggiungersi a quelle enumerate dall'articolo 24 della legge n. 241, di esclusione dal diritto di accesso). E nel procedimento disciplinare che si avvii verso l'autore dell'illecito segnalato, l'identità del dipendente segnalatore non può essere rivelata, senza il suo consenso. Questo, se la contestazione dell'addebito muova sulla scorta di elementi altri rispetto alla segnalazione. Se quest'ultima assuma invece un rilievo fondante ai fini della contestazione, l'identità del dipendente può essere rivelata (a tutela stavolta del soggetto cui sia mosso l'addebito), a condizione che tale rivelazione sia "assolutamente indispensabile" per la difesa. Così il comma 2. Il comma 3 - anch'esso introdotto presso la Camera dei deputati - ammette la segnalazione - da parte dell'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative - di misure discriminatorie che siano state emesse verso il pubblico dipendente. Tale segnalazione è rivolta al Dipartimento della funzione pubblica, "per i provvedimenti di competenza".
del codice civile, e dunque alla fattispecie della responsabilità civile per danno ingiusto, è stato introdotto nel disegno di legge nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati.
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A.S. n. 2156-B Articolo 12
Può valere ricordare come il Garante della Privacy (Segnalazione al Parlamento e al Governo del 10 dicembre 2009) ebbe modo di prospettare, trattando di materia analoga, l'opportunità di una disciplina quale quella relativa alla segnalazione di presunti illeciti commessi da soggetti operanti nell'ambito di un'organizzazione aziendale (cd. whistleblowing).
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A.S. n. 2156-B Articolo 13
Articolo 13 (Attività di imprese particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa)
Testo approvato dal Senato ——–
1. Ai fini dell’applicazione delle norme vigenti in materia di controlli antimafia in relazione alle attività d’impresa, mediante gli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a rischio d’inquinamento mafioso, sono definite come particolarmente esposte a tale rischio le seguenti attività:
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. Per l’efficacia dei controlli antimafia nelle attività imprenditoriali di cui al comma 2, presso ogni prefettura è istituito l’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori. L’iscrizione negli elenchi della prefettura della provincia in cui l’impresa ha sede soddisfa i requisiti per l’informazione antimafia per l’esercizio della relativa attività. La prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell’impresa dall’elenco. 2. Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività:
a) trasporto di materiali a discarica conto terzi;
a) trasporto di materiali a discarica per conto di terzi;
b) trasporto e smaltimento di rifiuti a conto terzi;
b) trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi;
c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;
c) identica;
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A.S. n. 2156-B Articolo 13
Testo approvato dal Senato ——–
d) confezionamento, fornitura trasporto di calcestruzzo e di bitume;
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– e
d) identica;
e) noli a freddo di macchinari;
e) identica;
f) fornitura di ferro lavorato;
f) identica;
g) noli a caldo, qualora il relativo contratto non sia assimilabile al subappalto, ai sensi dell’articolo 118, comma 11, del codice di cui al citato decreto legislativo n. 163 del 2006;
g) noli a caldo;
h) autotrasporti conto terzi;
h) autotrasporti per conto di terzi;
i) guardianìa dei cantieri.
i) identica.
2. L’indicazione delle attività di cui al comma 1 può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministro dell’interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell’economia e delle finanze. 3. I decreti di cui al comma 2 sono adottati previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione alle Camere dei relativi schemi. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, i decreti possono essere comunque adottati.
3. L’indicazione delle attività di cui al comma 2 può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministro dell’interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell’economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione del relativo schema alle Camere. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, il decreto può essere comunque adottato.
Soppresso
4. Dall’applicazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
4. L’impresa iscritta nell’elenco di cui al comma 1 comunica alla prefettura competente qualsiasi modifica dell’assetto proprietario e dei
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A.S. n. 2156-B Articolo 13
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– propri organi sociali, entro trenta giorni dalla data della modifica. Le società di capitali quotate in mercati regolamentati comunicano le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. La mancata comunicazione comporta la cancellazione dell’iscrizione. 5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dell’interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l’istituzione e l’aggiornamento, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell’elenco di cui al comma 1, nonché per l’attività di verifica. 6. Fino al sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 5 continua ad applicarsi la normativa vigente alla data di entrata in vigore della presente legge.
Il comma 1 precisa l'effetto dell'individuazione di una serie di attività d’impresa particolarmente esposte al rischio di inquinamento mafioso, tipizzata al comma 2: essa "soddisfa i requisiti per l'informazione antimafia per l'esercizio della relativa attività". Si tratta di un effetto che, rispetto al testo iniziale del Senato, è - grazie ad un emendamento approvato dalla Camera dei deputati più congruamente ricollegato all'istituzione, presso ogni prefettura in cui l'impresa ha sede, di un "elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di
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A.S. n. 2156-B Articolo 13
lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori". Il riferimento è alle cc.dd. white list, già previste dall’art. 4, comma 13, del D.L. n. 70/2011 convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106: già vi si prevedeva l’elenco, presso le prefetture, di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, cui possono rivolgersi gli esecutori dei lavori, servizi e forniture per i subappalti e subcontratti successivi ai contratti pubblici. In particolare, l’art. 4, comma 13, DL 70/2011 prevede che, per l’efficacia dei controlli antimafia nei subappalti e subcontratti successivi ai contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, presso ogni prefettura è istituito l’elenco di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, ai quali possono rivolgersi gli esecutori dei lavori, servizi e forniture. La prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell’impresa dall’elenco. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione, per la semplificazione normativa, dell’interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, sono definite le modalità per l’istituzione e l’aggiornamento, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell’elenco in questione, nonché per l’attività di verifica.
Per tali liste, quindi, si pone un'esigenza di coordinamento testuale con la normativa già vigente. La norma impatta inoltre, sia pure parzialmente, sull'ambito teleologico di applicazione dell'articolo 5-ter del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, ove si fa carico all'Autorità garante della concorrenza e del mercato "di procedere, in raccordo con i Ministeri della giustizia e dell'interno, alla elaborazione ed all'attribuzione, su istanza di parte, di un rating di legalità per le imprese operanti nel territorio nazionale che raggiungano un fatturato minimo di due milioni di euro, riferito alla singola impresa o al gruppo di appartenenza". In quel caso, del rating attribuito si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario. Il comma 2 conferma sostanzialmente l'ambito di applicazione della disposizione definito dal Senato; tuttavia, la Camera dei deputati ha con emendamento incluso - nel trasporto e smaltimento di rifiuti per conto terzi, di cui alla lettera b) - anche quello transfrontaliero; inoltre, alla lettera g), i noli a caldo sono tutti ricompresi (e non più soltanto qualora il relativo contratto non sia assimilabile al subappalto, com'era in prima lettura). Per il comma 3 l’elenco delle attività può essere modificato con decreto ministeriale (adottato dal Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell’economia e delle finanze), previo parere delle commissioni parlamentari competenti.
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A.S. n. 2156-B Articolo 13
La procedura di cui al comma 4 completa la disciplina del comma 1 in ordine all'iscrizione negli elenchi della Prefettura, che è investita dell'effettuazione di verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco. Infatti, a seguito dell'emendamento approvato dalla Camera dei deputati, è onere dell'impresa iscritta nell'elenco - pena la cancellazione dell'iscrizione comunicare alla prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali, entro trenta giorni dalla data della modifica. Se poi si tratta di società di capitali quotate, l'onere comunicativo si estende a tutte le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria). Il Ministero dello sviluppo economico è compartecipato nel potere di proposta del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 5 (unitamente ai Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dell'interno, della giustizia e delle infrastrutture) in ordine alle modalità per l'istituzione e l'aggiornamento dell'elenco di cui al comma 1, nonché per l'attività di verifica. Il testo è frutto dell'emendamento approvato dalla Camera, salvo la parte in cui si riconferma la clausola di invarianza finanziaria già presente al Senato. Il comma 6, infine - pur non contenendo l'auspicabile clausola di abrogazione espressa della disciplina previgente incompatibile con quella introdotta con l'articolo in commento - regola il diritto transitorio, prevedendo che la normativa vigente continua ad applicarsi fino al sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 5: anche stavolta si tratta di emendamento approvato dalla Camera.
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A.S. n. 2156-B Articolo 14
Articolo 14 (Modifica al codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. All’articolo 135, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, dopo le parole: «passata in giudicato» sono inserite le seguenti: «per i delitti previsti dall’articolo 51, commi 3-bis e 3quater, del codice di procedura penale, dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter, 319quater e 320 del codice penale, nonché».
L’articolo 14, introdotto dalla Camera dei deputati, modifica l’art. 135 del Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 163/200628) al fine di inserire tra le cause di risoluzione del contratto con l’appaltatore anche la sentenza definitiva di condanna nei confronti di quest’ultimo per i gravi reati di cui all’art. 51, commi 3-bis (ad es. associazione mafiosa, sequestro di persona a scopo di estorsione, tratta di persone, riduzione in schiavitù) e 3-quater (delitti con finalità di terrorismo), per il reato di peculato, peculato mediante profitto dell’errore altrui, malversazione a danno dello Stato, concussione, corruzione per l’esercizio della funzione (v. ultra articolo 19 del disegno di legge in esame) e per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari e corruzione di incaricato di un pubblico servizio.
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Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”.
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A.S. n. 2156-B Articolo 15
Articolo 15 (Prevenzione della corruzione nelle regioni, negli enti locali, negli enti pubblici e nei soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo)
Testo approvato dal Senato ——–
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche per quanto concerne i propri enti e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, nonché gli enti locali adeguano, compatibilmente con le disposizioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione in materia, i propri ordinamenti alle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 5 della presente legge.
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. Le disposizioni di prevenzione della corruzione di cui agli articoli da 1 a 13 della presente legge, di diretta attuazione del principio di imparzialità di cui all’articolo 97 della Costituzione, sono applicate in tutte le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
2. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, attraverso intese in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, si definiscono gli adempimenti, con l’indicazione dei relativi termini, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali, nonché degli enti pubblici e dei soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo, volti alla piena e sollecita attuazione delle disposizioni della presente legge, con particolare riguardo: a) alla definizione, da parte di ciascuna amministrazione, del piano triennale di prevenzione della corruzione, a partire da quello relativo agli anni 2013-2015, e alla sua
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A.S. n. 2156-B Articolo 15
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– trasmissione alla regione interessata e al Dipartimento della funzione pubblica; b) all’adozione, da parte di ciascuna amministrazione, di norme regolamentari relative all’individuazione degli incarichi vietati ai dipendenti pubblici di cui all’articolo 53, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, introdotto dall’articolo 8 della presente legge, ferma restando la disposizione del comma 4 dello stesso articolo 53; c) all’adozione, da parte di ciascuna amministrazione, del codice di comportamento di cui all’articolo 54, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, come sostituito dall’articolo 8 della presente legge. 3. Attraverso intese in sede di Conferenza unificata sono altresì definiti gli adempimenti attuativi delle disposizioni dei decreti legislativi previsti dalla presente legge da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali, nonché degli enti pubblici e dei soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo.
L'articolo 15 deriva da un emendamento del Governo (approvato alla Camera nella seduta del 5 giugno) interamente sostitutivo dell'articolo 8 nel testo approvato in sede referente alla Camera (già art. 6 del testo approvato dal Senato). Il comma 1 prescrive l'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 13 in tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
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A.S. n. 2156-B Articolo 15
Si tratta della nozione di pubblica amministrazione in senso ampio che comprende tutti i soggetti (e segnatamente le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni) cui si fa riferimento nei commi successivi di stesso articolo qui in esame, tranne - si potrebbe ritenere - i soggetti di diritto privato controllati ( inclusi nel comma 2 - cfr. - e non nel comma in esame). In effetti, questa parte dispositiva supera l'ambito descrittivo della rubrica, riferita solo alle autonomie territoriali. Tali prescrizioni sono (auto)qualificate come di diretta attuazione del principio di imparzialità di cui all'articolo 97 della Costituzione. Non sembra di univoca evidenza il valore giuridico di tale definizione; in linea di massima alle autoqualificazioni di rango legislativo non viene riconosciuto dal Giudice delle leggi un rango superlegislativo, solo in virtù di un riferimento testuale a norme costituzionali. Potrebbe, al riguardo, ritenersi che la norma intenda limitare l'applicazione delle sole disposizioni di diretta attuazione e non quelle che richiedono un'attuazione mediata. Il comma 2 richiede - con formulazione impersonale (‟si definiscono”) adempimenti attuativi ai seguenti soggetti : Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, enti locali, enti pubblici e soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo. Gli adempimenti sono volti alla piena e sollecita attuazione delle disposizioni della legge (non più dunque, con riferimento ai soli artt. da 1 a 13). Devono essere previsti specifici termini per detto adempimento. Lo strumento attraverso cui sembra doversi realizzare l'adempimento è l'intesa in sede di Conferenza Unificata (che diviene, verosimilmente, soggetto onerato dell'adempimento). Termine per addivenire all'intesa è quello - massimo - di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del testo legislativo in esame. Particolare riguardo è fatto dalla norma a tre aspetti, elencati nelle lettere da a) a c), e tutti riferibili all'ambito di articoli precedenti del d.d.l. in esame: a) la definizione, da parte di ciascuna amministrazione, del piano triennale di prevenzione della corruzione, a partire da quello relativo agli anni 2013-2015 e alla sua trasmissione alla Regione interessata e al Dipartimento della funzione
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A.S. n. 2156-B Articolo 15
pubblica. Il piano triennale di prevenzione è previsto dall'art. 1, comma 8 (cfr.) del d.d.l. in esame. b) l'adozione, da parte di ciascuna amministrazione, di norme regolamentari relative all'individuazione degli incarichi che il nuovo articolo 53, comma 3-bis, del d. l.vo 165 citato - introdotto dall'art. 8 (cfr.) del d.d.l. in esame - vieta ai dipendenti pubblici, ferma restando la disposizione del comma 4 dello stesso articolo 53, a norma del quale - se i regolamenti di cui al comma 3 non sono stati emanati - l'attribuzione degli incarichi è consentita nei soli casi espressamente previsti dalla legge o da altre fonti normative. c) l'adozione, da parte di ciascuna amministrazione, del codice di comportamento di cui all'art. 54, comma 5 del d. l.vo 176 citato, nel testo modificato dallo stesso art. 8 (cfr.) del d.d.l. in esame - 165. Il comma 3 richiede, agli stessi soggetti di cui al comma 2, adempimenti attuativi dei decreti legislativi delegati conseguenti all'attuazione del testo normativo in esame, con disposizione del tutto analoga - ma senza previsione di un termine temporale - a quella contenuta nel comma 2 in riferimento alla legge in sÊ.
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A.S. n. 2156-B Articolo 16
Articolo 16 (Modifica all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——–
1. All’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n.20, dopo il comma 1quinquies sono inseriti i seguenti:
1. Identico:
«1-sexies. Nel giudizio di responsabilità, l’entità del danno all’immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente.
«1-sexies. Nel giudizio di responsabilità, l’entità del danno all’immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salva prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente.
1-septies. Nei giudizi di responsabilità aventi ad oggetto atti o fatti di cui al comma 1-sexies, il sequestro conservativo di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, è concesso in tutti i casi di probabile attenuazione della garanzia del credito erariale».
1-septies. Nei giudizi di responsabilità aventi ad oggetto atti o fatti di cui al comma 1-sexies, il sequestro conservativo di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, è concesso in tutti i casi di fondato timore di attenuazione della garanzia del credito erariale».
L’articolo 16 reca disposizioni in materia di danno all’immagine della pubblica amministrazione, mediante novella dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 2029, che disciplina il giudizio di responsabilità amministrativa.
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L. 14 gennaio 1994, n. 20, Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti.
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A.S. n. 2156-B Articolo 16
Il danno all’immagine della pubblica amministrazione è istituto che trae origine dalla giurisprudenza, in specie contabile, formata per contrastare condotte che danneggiano l’immagine e la reputazione di un’amministrazione nella quale si è consumato un reato di corruzione. Fondamentale nella enucleazione del contenuto del danno all’immagine è la pronuncia della Corte dei Conti, sez. riunite, n. 10/2003/QM del 23 aprile 2003, in base alla quale nella responsabilità amministrativa rientra anche la tutela di interessi ulteriori rispetto all'integrità patrimoniale: fra questi vi è la tutela dell’immagine delle pubbliche amministrazioni, ossia la tutela della propria identità, buon nome, reputazione e credibilità, nonché l’interesse che le competenze individuate siano rispettate, le funzioni assegnate siano esercitate, le responsabilità dei funzionari siano attivate. Ogni azione del pubblico dipendente che leda tali interessi si traduce in un'immagine negativa della P.A. Secondo la Corte, il danno all’immagine di una amministrazione è una fattispecie di danno esistenziale. L’art. 1, comma 1, del D.L. 103/200930, prevede che le procure della Corte dei conti esercitano l'azione per il risarcimento del danno all'immagine nei soli casi e nei modi previsti dall'articolo 7 dalla legge 27 marzo 2001, n. 97, ossia solo in caso di sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti del dipendente pubblico per delitti contro la pubblica amministrazione31. L’art. 7 L 97/2001 prevede che la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti indicati nell'articolo 3 per i delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale è comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti affinché promuova entro trenta giorni l'eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato. Con riferimento a tale azione, è prevista inoltre la sospensione del termine di prescrizione di cinque anni (previsto dall’art. 1, comma 2, L 20/199432): il termine non decorre infatti in pendenza del procedimento penale nei confronti dell’autore dell’atto o comportamento da cui sia derivato il danno all’immagine. Con sentenza n. 355 del 2010, la Corte costituzionale, in sede di rigetto di una q.l.c. avente ad oggetto la disposizione l’art. 17, co. 30-ter, come modificato, ha chiarito che
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D.L. 3 agosto 2009, n. 103, convertito dalla legge 3 ottobre 2009, n. 141, che ha modificato l’art. 17, comma 30-ter del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78. 31 Vale a dire quelli di peculato (art. 314 e 316), malversazione a danno dello Stato (art. 316 bis), indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316 ter), concussione (art. 317), corruzione per un atto d’ufficio (art. 318), corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319), corruzione in atti giudiziari (art. 319 ter), corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320), istigazione alla corruzione (art. 322), peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri (art. 322 bis), abuso d’ufficio (art. 323), utilizzazione d’invenzioni o scoperte conosciute per ragioni di ufficio (art. 325), rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio (art. 326), rifiuto di atti d’ufficio. Omissione (art. 328), rifiuto o ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della forza pubblica (art. 329), interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità (art. 331), sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa (art. 334), violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa (art. 335). 32 In particolare, l'art. 1, comma 2, L 20/94 prevede che il diritto al risarcimento del danno si prescriva in ogni caso in 5 anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta.
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«(l)a norma deve essere univocamente interpretata nel senso che, al di fuori delle ipotesi tassativamente previste di responsabilità per danni all’immagine dell’ente pubblico di appartenenza, non è configurabile siffatto tipo di tutela risarcitoria»33. Più di recente, con la sentenza n. 1 del 18 gennaio 2011, le Sezioni riunite della Corte dei Conti sono intervenute nuovamente sulla configurazione del danno all’immagine, confermando per un verso l’orientamento consolidato ex sentenza n. 10/2003. Per altro, hanno precisato, di fronte ad alcune ricostruzioni del danno all’immagine in termini di “danno conseguenza” da parte dei giudici della Corte di cassazione, che «il danno all’immagine della Pubblica amministrazione (“non patrimoniale”), anche se inteso come “danno c.d. conseguenza”, è costituito “dalla lesione” all’immagine dell’ente, “conseguente” ai fatti lesivi produttivi della lesione stessa (compimento di reati o altri specifici casi), da non confondersi con “le spese necessarie al ripristino”, che costituiscono solo uno dei possibili parametri della quantificazione equitativa del risarcimento».
In particolare, il comma 1 prevede due nuovi commi 1-sexies e 1-septies all’articolo 1 della L. 20/1994. Con il primo, è introdotta una presunzione relativa sulla quantificazione del danno all’immagine della p.a.. Si dispone, infatti, che, qualora sia stato commesso un reato contro la pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato, l’entità del danno all’immagine della amministrazione derivante da tale reato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro del valore di altra utilità "patrimoniale" (aggiunta, questa, introdotta presso la Camera dei deputati) che sia stata indebitamente percepita dal dipendente. La disposizione in questione incide sulla quantificazione del danno all’immagine della pubblica amministrazione. In particolare, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza contabile, a cui si è già fatto riferimento, il danno all’immagine è, fra i danni non patrimoniali, un danno-evento e non un danno-conseguenza: oggetto del risarcimento, che prescinde dalla dimostrazione di perdite patrimoniali, è una perdita causata dalla lesione di una situazione giuridica soggettiva. Secondo la giurisprudenza sopra citata, per la quantificazione del danno all’immagine si possono considerare le spese di ripristino dell'immagine sostenute e ancora da sostenere, nonché parametri diversi: tra essi non vi sono la minore acquisizione di entrate collegabile con i comportamenti censurati né il disservizio, mentre rientrano le spese promozionali in bilancio, con valore di prova presuntiva od indiziaria. L’importo della tangente ad un amministratore o dipendente pubblico non
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Segnatamente, la Corte afferma che «non vi è dubbio che la formulazione della disposizione non consente di ritenere che, in presenza di fattispecie distinte da quelle espressamente contemplate dalla norma impugnata, la domanda di risarcimento del danno per lesione dell'immagine dell'amministrazione possa essere proposta innanzi ad un organo giurisdizionale diverso dalla Corte dei conti, adita in sede di giudizio per responsabilità amministrativa ai sensi dell'art. 103 Cost. Deve, quindi, ritenersi che il legislatore non abbia inteso prevedere una limitazione della giurisdizione contabile a favore di altra giurisdizione, e segnatamente di quella ordinaria, bensì circoscrivere oggettivamente i casi in cui è possibile, sul piano sostanziale e processuale, chiedere il risarcimento del danno in presenza della lesione dell'immagine dell'amministrazione imputabile a un dipendente di questa».
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rileva automaticamente per la quantificazione del danno all’immagine, ma può concorrervi con altri elementi, quali ad es. il ruolo del percettore nell'apparato pubblico.
Con la seconda novella, che introduce il comma 1-septies dell’art. 1, L. 20/1994, si prevede che nei giudizi di responsabilità amministrativa per il danno all’immagine - nell’ipotesi di "fondato timore" di attenuazione della garanzia patrimoniale del credito erariale - su richiesta del procuratore regionale, sia sempre concesso dal presidente della sezione della Corte dei conti competente sul merito del giudizio, il sequestro conservativo di beni mobili e immobili del convenuto, comprese somme e cose allo stesso dovute. Il testo licenziato dal Senato recava, in luogo della espressione: “fondato timore di attenuazione”, l'altra: “probabile attenuazione”. La nuova formulazione, introdotta nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, corrisponde a quella contenuta nell'articolo 671 c.p.c. sul sequestro conservativo. Il sequestro conservativo (art. 671 c.p.c.) è una misura cautelare avente la funzione di conservare la garanzia patrimoniale del creditore per soddisfare la sua posizione di diritto sostanziale identificata con il diritto di credito da garantire. Il giudice, infatti, “su istanza del creditore che ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può autorizzare il sequestro conservativo di beni mobili o immobili del debitore o delle somme e cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne pretende il pignoramento”. L’istanza di sequestro va proposta con ricorso al giudice competente a conoscere del procedimento pendente nel merito, se il sequestro è proposto in corso di causa, ovvero al giudice che sarebbe competente sulla domanda per l’azione di merito a cognizione piena, quando il sequestro è proposto ante causam. Ai fini della concessione del sequestro conservativo, oltre all'elemento del "fumus boni iuris", è richiesto l'elemento del "periculum in mora", costituito, da una parte, dal timore del creditore istante di un possibile danno futuro ed eventuale per il suo diritto di credito, dall'altra, da una reale situazione di pericolo, determinata dalle effettive condizioni in cui sia venuto a trovarsi il debitore, e la cui esistenza può essere desunta sia da elementi obiettivi, come la consistenza qualitativa e quantitativa del patrimonio, anche in rapporto all'ammontare del credito tutelabile, sia da elementi subiettivi, come il comportamento processuale o extraprocessuale del debitore, che possa far pensare alla possibilità di un depauperamento del suo patrimonio; deve, pertanto, ritenersi esistente il suddetto elemento allorché, sotto il profilo soggettivo, il debitore sia risultato inadempiente ai suoi obblighi e non abbia svolto alcuna tesi difensiva convincente circa eventuali cause giustificative del suo comportamento, e, sotto il profilo oggettivo, nel patrimonio del debitore non vi siano altri beni, al di fuori di quelli sottoposti a sequestro, che possano garantire la soddisfazione del credito (Corte dei conti, Sez. Giur. Reg. Sicilia, sent. 9 maggio 1995, n. 102) .
Il provvedimento cautelare è assunto con decreto motivato che il giudice, può - con ordinanza - confermare, modificare o revocare alla successiva udienza di comparizione. Contro l’ordinanza è ammesso reclamo ai sensi dell’art. 669terdecies del codice di procedura civile davanti alla sezione giurisdizionale della Corte di conti.
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Articolo 17 (Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi)
Testo approvato dal Senato ——–
1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo contenente un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all’articolo 114 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane.
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e di componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, di presidente e di componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, di consigliere di amministrazione e di presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all’articolo 114 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, e successive modificazioni, di presidente e di componente degli organi esecutivi delle comunità montane.
2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 provvede al riordino e all’armonizzazione della vigente normativa ed è adottato secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:
2. Identico:
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——–
a) ferme restando le disposizioni del codice penale in materia di interdizione perpetua dai pubblici uffici, prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dall’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale; b) in aggiunta a quanto previsto nella lettera a), prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti nel libro II, titolo II, capo I, del codice penale e, se del caso, per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni;
a)identica;
b) in aggiunta a quanto previsto nella lettera a), prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti nel libro secondo, titolo II, capo I, del codice penale ovvero per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni;
c) prevedere la durata dell’incandidabilità di cui alle lettere a) e b);
c) identica;
d) prevedere che l’incandidabilità operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale;
d) identica;
e) coordinare le disposizioni relative all’incandidabilità con le vigenti norme in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all’esercizio del diritto di elettorato attivo;
e) identica;
f) prevedere che le condizioni di incandidabilità alla carica di deputato e di senatore siano applicate altresì
f) identica;
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——–
all’assunzione delle cariche di governo; g) operare una completa ricognizione della normativa vigente in materia di incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all’articolo 114 del testo unico di cui al citato decreto legislativo n. 267 del 2000, presidente e componente degli organi delle comunità montane, determinata da sentenze definitive di condanna; h) valutare per le cariche di cui alla lettera g), in coerenza con le scelte operate in attuazione della lettera a) e della lettera i), l’introduzione di ulteriori ipotesi di incandidabilità determinate da delitti di grave allarme sociale;
g) identica;
h) valutare per le cariche di cui alla lettera g), in coerenza con le scelte operate in attuazione delle lettere a) e i), l’introduzione di ulteriori ipotesi di incandidabilità determinate da sentenze definitive di condanna per delitti di grave allarme sociale;
i) individuare, fatta salva la competenza legislativa regionale sul sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali, le ipotesi di incandidabilità alle elezioni regionali e di divieto di ricoprire cariche negli organi politici di vertice delle regioni, conseguenti a sentenze definitive di condanna;
i) identica;
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——–
l) prevedere l’abrogazione espressa della normativa incompatibile con le disposizioni del decreto legislativo di cui al comma 1;
l) identica;
m) disciplinare le ipotesi di sospensione e decadenza di diritto dalle cariche di cui al comma 1 in caso di sentenza definitiva di condanna per delitti non colposi successiva alla candidatura o all’affidamento della carica.
m) identica.
3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1, corredato di relazione tecnica, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è trasmesso alle Camere ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere comunque adottato.
3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1, corredato di relazione tecnica, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, è trasmesso alle Camere ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere comunque adottato.
L’articolo 17 reca delega al Governo ad adottare un testo unico per disciplinare, in caso sentenze definitive di condanna per delitti non colposi: l’incandidabilità a cariche elettive e di governo, a livello centrale, regionale e locale; il divieto di ricoprire alcune cariche, proprie degli enti locali. Il comma 1 contiene la disposizione di delega, l’oggetto e il termine di adozione. Il comma 2 reca i criteri e principi direttivi per l’attuazione della delega. Il comma 3 disciplina il procedimento relativo all’acquisizione del parere parlamentare.
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Si noti come qui si tratti di incandidabilità. Le cause di incandidabilità incidono sulla capacità elettorale passiva, precludendo la facoltà del cittadino di candidarsi. E' nozione distinta dalla ineleggibilità. Le cause di ineleggibilità comportano un impedimento giuridico a divenire soggetto passivo del rapporto elettorale e costituiscono fattispecie limitative del diritto di elettorato passivo. Esse non escludono (anzi presuppongono) la capacità elettorale del cittadino, impedendogli tuttavia di divenire soggetto passivo del rapporto elettorale. La ratio prevalente delle norme sulle ineleggibilità è quella di impedire che alcuni candidati, in virtù della carica ricoperta o dell’attività esercitata al momento dell’elezione, possano godere nella pratica di una posizione privilegiata nel corso della campagna elettorale ed esercitare pressioni in grado di condizionare la libera scelta degli elettori. Le cause di incandidabilità, previste dalla disciplina vigente solo per le elezioni regionali ed amministrative, hanno invece l’obiettivo di vietare l’accesso alle cariche pubbliche di soggetti condannati in via definitiva per gravi reati – compresi, in particolare, quelli contro la pubblica amministrazione – o sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive. Da ciò discende una saliente differenza tra i due istituti: le cause di ineleggibilità per lo più possono essere rimosse entro un termine predefinito; le cause di incandidabilità precludono la possibilità di esercitare il diritto di elettorato passivo. L’oggetto della delega (comma 1) Il comma 1 reca l’oggetto della delega, ossia l’adozione di un testo unico in materia di incandidabilità a cariche elettive e il divieto di assunzione di alcune cariche elettive e di governo. In entrambi i casi, le disposizioni riguardano soggetti per i quali siano state pronunciate sentenze definitive di condanna. Tale specificazione non è contenuta nel comma 1 ma si evince dal contenuto del comma 2, recante i principi e i criteri direttivi della delega.
L’incandidabilità - la quale è temporanea - riguarda le seguenti elezioni: politiche; parlamentari europee; regionali; provinciali; comunali; circoscrizionali.
Il divieto riguarda le seguenti cariche: presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi; presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni;
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consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (D.Lgs. 267/2000); presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane. L’oggetto della delega non si esaurisce nel comma 1, perché alcune disposizioni relative all’oggetto si rinvengono anche nelle disposizioni - entro il comma 2 - che definiscono i principi e criteri direttivi. Ne è riprova il fatto che fattispecie ulteriori di divieto all’assunzione di cariche siano previste ai sensi della lettera g) del comma 2 - quali quelle riguardanti assessori e consiglieri comunali e provinciali, presidente e componenti dei consigli circoscrizionali. E' a tale lettera del comma 2 che occorre riferirsi, per il divieto di assunzione delle seguenti cariche degli enti locali: presidente di provincia; sindaco; assessore provinciale e comunale. Il divieto non sembrerebbe riguardare il presidente della circoscrizione, né i membri della (laddove istituita) giunta circoscrizionale (la lettera g) del comma 2 si riferisce a presidente e componente del consiglio circoscrizionale). Del pari, figura in una lettera del comma 2 - la lettera f) - la previsione che le cause di incandidabilità per deputati e senatori si applichino anche per l’assunzione delle cariche di governo (Presidente del Consiglio dei ministri, Ministri, Viceministri e Sottosegretari). Si noti che l’alinea del comma 2 individua la finalità del testo unico nel riordino e armonizzazione della normativa vigente. Si rammenta che i principi e criteri direttivi di cui al comma 2 pongono previsioni talora innovative rispetto alla normativa vigente. Tale è il caso, in particolare, delle lettere da a) a f), le quali introducono l’incandidabilità per deputati e senatori. Il termine della delega è fissato in un anno dalla data di entrata in vigore della legge. Infine, il comma 1 prevede che dall’esercizio della delega non debbano derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. L’incandidabilità parlamentare (comma 2, lettere a)-e)) Il comma 2 reca, come accennato, i principi e criteri direttivi della delega. Le prime lettere del comma 2 riguardano la disciplina dell’incandidabilità parlamentare (per le elezioni nazionali: non è esplicitato il riferimento all'elezione a parlamentare europeo, non è chiaro se per volontà normativa o per
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mancato coordinamento con il dettato del comma 1, nel quale la Camera ha introdotto la previsione - che era assente nel testo licenziato in prima lettura dal Senato - all'elezione parlamentare europea, quale ricompresa nella disciplina recata dal presente articolo). Siffatta incandidabilità configura un istituto nuovo, non contemplato dalla normativa vigente, la quale prevede esclusivamente cause di ineleggibilità e di incompatibilità alla carica di deputato e senatore. L’articolo 65 della Costituzione rinvia alla legge ordinaria la determinazione dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità (primo comma) e pone, direttamente, una causa di incompatibilità (stabilendo che nessuno possa appartenere contemporaneamente ad entrambe le Camere: secondo comma). Invero, la Costituzione pone implicitamente altresì alcuni casi di incandidabilità, ossia di condizioni la cui presenza rende impossibile la candidatura alle elezioni politiche. Tali condizioni si ricavano a contrario, esaminando i requisiti richiesti per l’elettorato passivo di cui all’art. 56 e art. 58 Cost. e cioè: la condizione di elettore (diritto all’elettorato attivo); l’aver raggiunto una determinata età anagrafica (25 anni per la Camera e 40 per il Senato). Da tale disposizione si ricava che non sono candidabili coloro che non siano nella condizione di elettore e non abbiano raggiunto l’età anagrafica consentita. Per quanto riguarda l’elettorato attivo, esso è disciplinato dall’art. 48 Cost. che fissa in generale i requisiti per il suo esercizio validi per tutti i tipi di consultazione elettorale. Essi sono: il possesso della cittadinanza italiana; il raggiungimento della maggiore età; l’assenza di alcune condizioni, indicate dalla legge, determinate da alcune cause tassativamente indicate in costituzione: incapacità civile, condanna penale irrevocabile e indegnità morale. L’art. 48, dunque, permette di individuare, anche qui a contrario, altre cause di incandidabilità, ossia il possesso della (sola) cittadinanza straniera o l’apolidia e l’essere stato escluso dall’elettorato attivo per le cause di cui sopra. Il meccanismo costituzionale sopra sintetizzato sembra costituire un sistema “chiuso”, per cui l’introduzione di ulteriori cause di incandidabilità comporterebbe necessariamente una modifica costituzionale. Ad una diversa conclusione si giunge se si riconosce la incandidabilità come una sottospecie di incompatibilità, con la conseguenza che la legge ordinaria possa introdurre cause di incandidabilità ai sensi del citato art. 65 Cost. Nell’ordinamento si rinvengono almeno altre due cause di incandidabilità, introdotte con legge ordinaria: quella derivante dall’obbligo di residenza per la presentazione della candidatura nella circoscrizione Estero; quella prevista, in via transitoria, per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia per assicurare le c.d. 'quote rosa'. Tuttavia, alla base di entrambe potrebbero ravvisarsi disposizioni recanti una 'copertura' costituzionale: l’art. 56 e l’art. 57 Cost., che prevedono l’elezione di 12 deputati e di 6 senatori nella circoscrizione Estero, e l’art. 48 Cost, che affida alla legge la definizione di stabilire le modalità per assicurare l’effettività del diritto di voto
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all’estero; l’art. 51 Cost., come modificato nel 2003, il quale stabilisce la promozione, con appositi provvedimenti, delle pari opportunità tra donne e uomini nel’accesso alle cariche elettive. La legge per il voto dei cittadini all’estero prevede che possano candidarsi per l’elezione dei senatori e dei deputati da eleggere all’estero esclusivamente i cittadini che siano residenti ed elettori in una delle ripartizioni della circoscrizione Estero (L. 459/2001, art. 8, comma 1, lett. b). L’articolo 56 del citato Codice delle pari opportunità reca una norma, di attuazione dell’art. 51 Cost., volta a promuovere l’accesso delle donne alla carica di membro del Parlamento europeo, allo scopo di incrementare il tasso di partecipazione femminile alla vita politica e istituzionale del Paese. La disposizione sulle 'quote rosa' è stata introdotta nell’ordinamento dall’art. 3 della L. 90/2004, che ha modificato in più punti la disciplina concernente l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, ed è stata in seguito trasfusa nel Codice delle pari opportunità (D.Lgs. 198/2006). La norma stabilisce che, nelle liste di candidati presentate per dette elezioni, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati presenti nella lista. La misura ha trovato applicazione limitatamente alle prime due elezioni del Parlamento europeo successive alla data di entrata in vigore della L. 90/2004: ossia quelle del 2004 e del 2009. Anche a livello regionale, a seguito della modifica degli articoli 122 e 123 della Costituzione (L.Cost. 1/1999) che ha dato avvio al processo di elaborazione di nuovi statuti regionali e di leggi per l’elezione dei consigli nelle regioni a statuto ordinario, si registrano disposizioni volte a favorire l’accesso femminile alle candidature.
Si ricorda che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, le condizioni di ineleggibilità alle cariche elettive – rappresentando una deroga al diritto di elettorato passivo – devono essere espressamente determinate dalla legge e sono da interpretarsi in senso restrittivo. Tale assunto è stato ribadito nella sent. n. 25 del 2008, dove viene ricordato che l’art. 51 Cost. assicura, in via generale, il diritto di elettorato passivo senza porre discriminazioni sostanziali tra cittadini (cfr. sent. 288/2007 e 235/1988). Pertanto, le restrizioni del contenuto di tale diritto sono ammissibili solo in presenza di situazioni peculiari ed in ogni caso per motivi adeguati e ragionevoli, finalizzati alla tutela di un interesse generale. Di conseguenza, le cause di ineleggibilità sono di stretta interpretazione e devono essere contenute entro i limiti rigorosamente necessari al soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse, connesse alla funzione elettorale, cui sono di volta in volta preordinate (cfr. sen. 306/ 2003 e 132/2001). La questione dell’incandidabilità è stata esaminata dalla Camera dei deputati nel corso della scorsa XV legislatura presso la Commissione affari costituzionali. L' 8 gennaio 2008 vi si svolse una audizione di esperti di diritto costituzionale, avente ad oggetto tale problematica (cfr. resoconto stenografico dell'indagine conoscitiva nell'ambito della proposta di legge C. 1451 e abbinate, recanti disposizioni in materia di ineleggibilità e incandidabilità). Si osservò che la Corte costituzionale ha in più occasioni affermato che l'incandidabilità costituisce una particolarissima causa di ineleggibilità (sentenze nn.
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407 del 1992 e 141 del 1996). Fu però anche obiettato che l'incandidabilità differisce dalla ineleggibilità, in quanto mentre le cause di ineleggibilità possono essere sempre rimosse dallo stesso interessato, ciò non può accadere per le cause di incandidabilità attualmente previste dalla legge, che quindi potrebbero più correttamente essere equiparate a circostanze che incidono sulla capacità elettorale.
La Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 141 del 1996, ha affermato che le restrizioni del contenuto di un diritto inviolabile - quale è il diritto di elettorato passivo, secondo la giurisprudenza della stessa Corte - sono ammissibili solo nei limiti indispensabili alla tutela di altri interessi di rango costituzionale in base alla regola della necessarietà e della ragionevole proporzionalità di tale limitazione. Si deve dunque accertare se la non candidabilità: sia indispensabile per assicurare la salvaguardia dei valori cui è preordinata (che, con riferimento alle cause di incandidabilità attualmente previste, sono il buon andamento e la trasparenza della pubblica amministrazione, l'ordine e la sicurezza, la libera determinazione degli organi elettivi); sia misura proporzionata al fine perseguito; non alteri i meccanismi di partecipazione dei cittadini alla vita politica, delineati dal Titolo IV, parte I, della Carta costituzionale, comprimendo un diritto inviolabile senza adeguata giustificazione di rilievo costituzionale. Nel compiere tale verifica, non bisogna dimenticare - rilevava la Corte - che "l'eleggibilità è la regola e l'ineleggibilità l'eccezione": le norme che derogano al principio della generalità del diritto elettorale passivo sono di stretta interpretazione e devono contenersi entro i limiti di quanto è necessario a soddisfare le esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate. Le due prime lettere del comma 2 introducono alcune cause temporanee di incandidabilità a deputato e senatore. La lettera a) dispone la non candidabilità (temporanea) alla carica di deputato o senatore di coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dall’art. 51, commi 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale. L'articolo 51, comma 3-bis a sua volta rinvia ad un novero di articoli del codice penale o di testi unici. Le fattispecie così ricomprese sono: associazione per delinquere (art. 416 c.p.); associazione di tipo mafioso, anche straniera (art. 416-bis); contraffazione, alterazione o uso di marchio, segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni (art. 473 c.p.); introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.); riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù, acquisto o alienazione di schiavi (artt. 600 e 602 c.p.); tratta di persone (art. 601 c.p.); sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (art. 630 c.p.); associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti (art. 74 TU stupefacenti); associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291-quater TU materia doganale); attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260 dlgs. n. 152 del 2006)
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L'articolo 51, comma 3-quater del c.p.c. concerne i delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo. La disposizione recata dalla citata lettera a) prevede che l’incandidabilità sia temporanea. Essa fa salve le norme penalistiche relative all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. L’interdizione dai pubblici uffici è una pena accessoria disciplinata dagli artt. 28 e seguenti del codice penale. L'art. 29 c.p. prevede in via generale: - l'interdizione perpetua dai pubblici uffici a seguito di condanna all'ergastolo e di condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a 5 anni (si rammenta che il massimo della pena detentiva prevista per il nuovo reato introdotto dal disegno di legge in esame è di 5 anni); - l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di 5 anni in caso di condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a 3 anni. L'art. 317-bis c.p. prevede l'interdizione perpetua in caso di condanna per i reati di cui agli artt. 314 (peculato) e 317 (concussione) c.p.. Se, tuttavia, per circostanze attenuanti viene inflitta la reclusione per un tempo inferiore a tre anni, la condanna importa l'interdizione temporanea. Ai sensi del’art. 28 c.p. l’interdizione comporta la privazione, tra gli altri, del diritto di elettorato o di eleggibilità in qualsiasi elezione e di ogni altro diritto politico.
La lettera b) prevede l’incandidabilità per coloro che sono stati condannati in via definitiva, con una pena di almeno 2 anni, per i delitti previsti dal libro II, titolo II, capo I del codice penale. Si tratta dei delitti contro la pubblica amministrazione, quali peculato, malversazione, concussione, corruzione, ecc. (per l'elenco completo si veda supra, la sintesi riferita all'articolo 8, comma 5 del disegno di legge). La medesima lettera b) prevede altresì l’incandidabilità per “altri delitti” per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore, nel massimo, a 3 anni. E' rimesso al legislatore delegato l'individuazione puntuale di siffatte fattispecie. La lettera c) prevede che sia il legislatore delegato a determinare il termine di durata dell’incandidabilità - la quale, si è ricordato, è temporanea. La lettera d) stabilisce che l’incandidabilità operi anche nel caso di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (patteggiamento). Non è prevista analoga disposizione per il divieto di assunzione di cariche di cui al comma 1 e al comma 2, lettera g). La lettera e) individua tra le finalità del testo unico il coordinamento delle norme sull’incandidabilità con quelle in materia di interdizione dai pubblici
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uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all’esercizio del diritto di voto attivo. Per quanto riguarda la riabilitazione: l’art. 178 c.p. prevede che la riabilitazione estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga diversamente.
Il divieto di ricoprire cariche di Governo (comma 2, lettera f)) La lettera f) prevede che le cause di incandidabilità a deputato e senatore si applicano anche ai fini della assunzione delle cariche di Governo (Presidente del Consiglio dei ministri, Ministri, Viceministri e Sottosegretari), alle medesime condizioni. Per i membri del Governo, la incandidabilità si tramuta in divieto di ricoprire cariche di governo. L’incandidabilità a livello locale (comma 2, lettere g)-h)) La lettera g) prevede che il testo unico operi una completa ricognizione delle disposizioni vigenti in materia di: incandidabilità alle seguenti elezioni di enti locali: - provinciali; - comunali; - circoscrizionali; divieto a ricoprire le seguenti cariche: - presidente della provincia; - sindaco; - assessore provinciale e comunale; - consigliere provinciale e comunale; - presidente e componente del consiglio circoscrizionale; - presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi; - presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni; - consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico degli enti locali (D.Lgs. 267/2000); - presidente e componente degli organi delle comunità montane. A differenza dell’incandidabilità parlamentare, istituto completamente nuovo, l’ordinamento vigente già prevede alcune cause ostative alla candidatura negli enti locali derivanti da condanna definitiva. Si ricorda che l'art. 58 del testo unico degli enti locali (d.lgs. 267/2000) prevede che non possono essere candidati alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali, e non
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possono comunque ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'art. 114 TU, presidente e componente degli organi delle comunità montane coloro che hanno riportato una condanna definitiva per uno dei seguenti delitti: associazione di tipo mafioso o associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti; delitto concernente l’importazione, l’esportazione, la produzione, la vendita di armi; delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a tali reati; peculato, malversazione a danno dello Stato, concussione, corruzione per un atto d’ufficio, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari, corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio; delitti, diversi da quelli di cui al punto precedente, commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio per i quali sia stata comminata definitivamente la pena della reclusione non inferiore a sei mesi; delitti non colposi per i quali sai stata inflitta una pena della reclusione non inferiore a due anni. Le medesime condizioni di non candidabilità sussistono anche per coloro nei confronti dei quali sia stata applicata, con provvedimento definitivo, una misura di prevenzione, in quanto indiziati di appartenere ad una associazione di stampo mafioso. L'eventuale elezione di coloro che si trovano nelle condizioni descritte è nulla. L'organo che ha convalidato l'elezione è tenuto a revocarla non appena viene a conoscenza della loro esistenza. In caso di sentenza non definitiva si applica la sospensione dalle carica e con il passaggio in giudicato della sentenza di condanna è prevista la decadenza di diritto (art. 59 TUEL). Il testo attuale della disposizione suddetta è stato introdotto dall'art. 1 della legge 13 dicembre 1999, n. 475, per conformare il testo alla sentenza della Corte costituzionale n. 141 del 1996 che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale della precedente formulazione (che ancorava la situazione ostativa anche a decisioni non irrevocabili). La Corte ha affermato che l'incandidabilità va considerata come una particolarissima causa di ineleggibilità che va valutata alla luce del diritto di elettorato passivo, che l'art. 51 Cost. assicura in via generale. Secondo la Corte, solo una sentenza irrevocabile può giustificare l'esclusione dei cittadini che intendono concorrere alle cariche elettive; né vale obiettare che si tratta di elezioni amministrative, e non di quelle politiche generali, perché pure in questo caso è in gioco il principio democratico, assistito dal riconoscimento costituzionale delle autonomie locali.
Oltre a disporre la ricognizione delle norme vigenti, si prevede (lettera h) la possibilità per il legislatore delegato di introdurre ulteriori ipotesi di incandidabilità, in coerenza con quanto previsto per le incandidabilità dei parlamentari (di cui alla lett. a)) e per le elezioni regionali (vedi oltre lett. i)). Per questo riguardo: laddove per le incandidabilità parlamentari sono indicati espressamente i delitti sui quali fondare le cause ostative alla candidatura, per gli enti locali il criterio di delega fa riferimento a condanne (definitive) per delitti di
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grave allarme sociale, rimettendo la puntuale individuazione di questi al legislatore delegato. La lettera h) fa riferimento solo alle ipotesi di cui alla lettera a), non anche a quelle della lettera b), relativa ai delitti contro la pubblica amministrazione. L’incandidabilità regionale (comma 2, lettera i)) Anche per le incandidabilità regionali, come per quelle locali, il provvedimento in esame (lettera i) non individua specifiche cause ostative, affidando al legislatore delegato il compito di individuare, in presenza di sentenze definitive di condanna, le ipotesi di: incandidabilità alle elezioni regionali; divieto di ricoprire cariche negli “organi politici di vertice delle regioni” (il riferimento è presumibilmente agli organi esecutivi). La disposizione fa salva la competenza legislativa regionale sul sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali. L'incandidabilità era originariamente disciplinata congiuntamente per le elezioni regionali e locali dall'art. 15 della legge 19 marzo 1990, n. 552, come modificato dalla legge 18 gennaio 1992, n. 16. Tuttavia, l'art. 274 del Testo unico degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 ha abrogato il suddetto art. 15 "salvo per quanto riguarda gli amministratori e i componenti degli organi comunque denominati delle aziende sanitarie locali e ospedaliere, i consiglieri regionali". Una disciplina analoga è stata inserita, come si è detto sopra negli artt. 58 e 59 dello stesso TUEL. L'incandidabilità ha dunque oggi due fonti normative diverse, a seconda che si tratti di elezioni regionali o di elezioni locali, anche se la portata è analoga L’art. 15 riguarda la non candidatura alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e il divieto a ricoprire le cariche di presidente della giunta regionale, assessore e consigliere regionale, presidente della giunta provinciale, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni, amministratore e componente degli organi comunque denominati delle unità sanitarie locali, presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane. L’incandidabilità e il divieto di cui sopra scatta per coloro che hanno riportato una sentenza definitiva per gli stessi delitti indicati dal’art. 58 TUEL, sopra esaminato. L'art. 122, primo comma, Cost. (come sostituito dalla legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1) stabilisce che i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale, nonchè dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi. La legge 2 luglio 2004, n. 165, recante le disposizioni di attuazione del suddetto art. 122, primo comma, Cost., fa salve le disposizioni legislative statali in materia di
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incandidabilità per coloro che hanno riportato sentenze di condanna o nei cui confronti sono state applicate misure di prevenzione (art. 2).
Disposizioni comuni (comma 2, lettere l) e m)) Il comma in esame reca alcuni principi e criteri direttivi di carattere generale. Il primo (lettera l) prevede, in ossequio alle disposizioni relative alla redazione tecnica degli atti normativi, l’abrogazione espressa delle disposizioni incompatibili con quelle recate dal testo unico. Il secondo (lettera m) disciplina l’ipotesi di incandidabilità sopravvenuta, ossia il caso in cui la condanna definitiva per delitti non colposi, sopraggiunga in un momento successivo alla candidatura (in caso di cariche elettive) o all’affidamento della carica (in caso di cariche non elettive). Il principio di delega prevede che in questi casi si procede alla sospensione o alla decadenza di diritto dalla carica. La disposizione non fornisce ulteriori dettagli in ordine ai casi in cui si applica l’una o l’altre delle due fattispecie, anche se parrebbe plausibile l’applicazione della sospensione in caso di cariche elettive (anche in relazione alla temporaneità dell’incandidabilità prevista dalle lettere a) e b) e della decadenza per le cariche non elettive (di governo). E' peraltro da tener presente, ai fini dell’applicazione della sospensione e della decadenza dei parlamentari, che l’articolo 66 della Costituzione prevede la competenza delle due Camere per il giudizio, oltre che dei titoli di ammissione dei propri componenti, delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.
Il parere parlamentare (comma 3) Il comma 3 disciplina il procedimento relativo al parere parlamentare come segue: lo schema di testo unico è corredato della relazione tecnica (art. 17, co. 3, L. 196/2009); è trasmesso alle Camere che esprimono il parere attraverso le competenti commissioni per materia e per i profili finanziari entro 60 giorni; decorso tale termine il testo unico può essere comunque emanato anche in assenza dei predetti pareri.
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Articolo 18 (Norme in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili e degli avvocati e procuratori dello Stato)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. Il servizio in posizione di fuori ruolo, o in un’altra analoga posizione, svolto dai magistrati ordinari, amministrativi e contabili e dagli avvocati e procuratori dello Stato, previsto dagli ordinamenti di appartenenza, non può essere prestato per più di cinque anni consecutivi. I magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato non possono in nessun caso essere collocati fuori ruolo per un tempo che, nell’arco del loro servizio, superi complessivamente dieci anni. I magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato che sono stati ricollocati in ruolo non possono essere nuovamente collocati fuori ruolo se non hanno esercitato continuativamente ed effettivamente le proprie funzioni per almeno cinque anni. Le predette posizioni in ogni caso non possono determinare alcun pregiudizio relativo al posizionamento nei ruoli di appartenenza. 2. Il personale collocato fuori ruolo di cui al comma 1 mantiene esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell’amministrazione di appartenenza, compresa l’indennità, e i relativi oneri
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– rimangono a carico della stessa. 3. Le disposizioni del presente articolo prevalgono su ogni altra norma, anche di natura speciale, e si applicano anche agli incarichi già conferiti alla data della sua entrata in vigore.
L’articolo 18, introdotto dalla Camera dei deputati, reca norme in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili e degli avvocati e procuratori dello Stato. Esso prevede, al comma 1, che i soggetti suddetti possano prestare servizio in posizione di fuori ruolo, o in un’altra analoga posizione, per non più di cinque anni consecutivi e, nel corso dell'intera carriera, per un tempo massimo complessivo di dieci anni. Si dispone, poi, che i soggetti ricollocati in ruolo non possano essere nuovamente collocati fuori ruolo se non hanno esercitato continuativamente ed effettivamente le proprie funzioni per almeno cinque anni. Si prevede, inoltre, che il collocamento fuori ruolo non possa determinare alcun pregiudizio relativo al posizionamento nei ruoli di appartenenza. Il comma 2 statuisce che il magistrato fuori ruolo mantenga, nel nuovo incarico, esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, compresa l’indennità, e che i relativi oneri rimangano a carico della stessa. Il comma 3, infine, precisa la prevalenza della nuova disciplina su ogni normativa speciale, nonché la sua applicazione agli incarichi già conferiti alla data della sua entrata in vigore. L'esame delle previsioni introdotte con l'articolo in commento richiede in via preliminare di procedere ad una breve ricostruzione della normativa vigente in materia di collocamento fuori ruolo, con particolare riguardo alle categorie di dipendenti pubblici ai quali l'articolo medesimo fa riferimento. Per quanto concerne le norme di diritto comune, la disciplina del collocamento fuori ruolo del pubblico impiegato è contenuta negli 58 e 59 del relativo testo unico (D.P.R. 10 gennaio 1957 n.3), i quali rinviano al regolamento di attuazione per la determinazione dei singoli casi. Le norme di esecuzione adottate con D.P.R. 30 aprile 1958 n. 571, disciplinano il collocamento fuori ruolo in termini generali, mediante tabelle che prospettano i
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limiti numerici e di qualifica, e mediante disposizioni particolari che concernono il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica (art. 2), le Regioni a statuto speciale e le Province di Trento e Bolzano (art. 3), le delegazioni italiane in seno ad organismi internazionali (art. 4), la segreteria del Comitato interministeriale prezzi (art. 5), la Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 8), gli uffici della Corte Costituzionale (art. 9). Passando alle disposizioni relative al personale della magistratura ordinaria, il collocamento fuori del ruolo organico è disciplinato da alcune norme dell’ordinamento giudiziario (R.D. 30 gennaio 1941 n. 12) e dall’articolo 15 delle norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura (legge 24 marzo 1958 n. 195). In tale contesto normativo assumono rilevanza specificamente gli articoli 68, 196, 203 e 210 dell'Ordinamento giudiziario, i quali prevedono il collocamento fuori ruolo come effetto di determinate vicende interessanti il singolo magistrato. Peraltro, poiché l’articolo 203 prevede un collocamento fuori ruolo collegato in modo del tutto automatico all’aspettativa concessa per motivi di famiglia, di salute o di servizio militare, mentre l’articolo 68 si riconduce espressamente alla previsione dell’articolo 210, anche le due norme anzidette possono essere trascurate, e la materia finisce con l’essere regolata nella parte che qui interessa essenzialmente dai citati articoli 196 e 210. L’articolo 196 nella sua stesura originaria contempla una destinazione dei magistrati ad esercitare funzioni amministrative nel Ministero di grazia e giustizia, con conseguente collocamento fuori ruolo durante tale esercizio. La destinazione è effettuata direttamente dal Ministro; non incontra altri vincoli se non la conformità alle norme dell’ordinamento del Ministero; e produce automaticamente l’effetto del collocamento fuori ruolo. Il servizio presso il Ministero è parificato ad ogni effetto a quello prestato negli uffici giudiziari (art. 199). L’articolo 210 prevede invece un collocamento fuori ruolo dei magistrati ai quali vengono conferiti “incarichi non previsti da leggi o da regolamenti”: i c.d. incarichi speciali. Il conferente è ancora, di regola, il Ministro (la norma, ipotizzando alternativamente il suo consenso accanto al suo diretto intervento, lascia intendere che il conferente l’incarico può essere anche altra istituzione, peraltro non specificata). Trattandosi di incarico non disciplinato da norme, la potestà di cui sopra è del tutto libera, salvo il limite numerico complessivo di tali incarichi (che attualmente è stato ridotto a sei)34. Sempre con riferimento ai collocamenti fuori ruolo di magistrati ordinari presso il Ministero della giustizia, va ancora ricordato che sulla materia è intervenuto
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Altre disposizioni rinvenibili in norme speciali disciplinano invece la possibilità di talune amministrazioni di avvalersi dell’opera di magistrati, collocati fuori del ruolo (v. la legge 1766/1927 sui Commissari per la liquidazione degli usi civici; la legge 1078/1930 sui Commissari aggiunti; la legge 146/1980 sul Servizio centrale degli Ispettori tributari; la legge 536/1984 sul Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri; il regolamento generale della Corte Costituzionale, approvato il 20 gennaio 1966, e successive modifiche).
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più recentemente il decreto legislativo n. 300 del 199935. Ai sensi degli articoli 16 e 19 di tale decreto il numero massimo dei magistrati collocati fuori dal ruolo organico della magistratura e destinati al Ministero non deve superare le 65 unità, alle quali si aggiungono i 21 magistrati dell'Ispettorato generale del Ministero di cui alla legge della legge 12 agosto 1962, n. 131136. Come è ovvio, la portata delle disposizioni dell’ordinamento giudiziario è risultata profondamente modificata per effetto della previsione costituzionale di un organo di autogoverno della magistratura. In proposito viene in rilievo specificamente la disposizione di cui all’articolo 15 della legge n. 195 del 1958 che prevede ancora due tipi fondamentali di collocamento fuori ruolo: nel primo comma esso considera “la destinazione dei magistrati al Ministero di Grazia e Giustizia”; nel terzo comma (che richiama la disciplina del primo) si occupa del “conferimento a magistrati, giusta le norme vigenti, di incarichi estranei alle loro funzioni”. Si ricava dalla disposizione in esame che la destinazione non è più un atto di volontà del Ministro, ma una semplice richiesta alla quale devono accedere l’assenso del magistrato interessato, il limite dei posti assegnati al ministero ovvero la previsione dell’incarico da parte di una norma vigente, la delibera da parte del C.S.M., alla quale soltanto consegue l’effetto del collocamento fuori ruolo. Ne discende ulteriormente che la deliberazione del C.S.M. rientra formalmente tra le “attribuzioni” fondamentali del Consiglio: non vi è collocamento fuori ruolo se non come effetto di una delibera del C.S.M., riconducibile alla nozione di autorizzazione in senso lato. Detta autorizzazione ha come parametro le “gravi esigenze di servizio”, che individuano l’interesse primario con il quale devono confrontarsi e misurarsi le esigenze di tutte le altre istituzioni. Poiché l’art. 42 della legge n. 195 del 1958 stabilisce che “le norme dell’ordinamento giudiziario... continuano ad osservarsi in quanto siano compatibili con le norme della presente legge”; e poiché non è dato ravvisare un’incompatibilità tra la legge n. 195 e l'articolo 210 sopra ricordato (se non nel senso che anche in queste situazioni atipiche è ormai necessaria la corrispondente deliberazione del C.S.M.): si deve concludere che, accanto alle forme di collocamento fuori ruolo considerate dall’articolo 15 della legge n. 195, continua ad operare anche il collocamento atipico di cui all’aricolo 210, il quale prescinde da ogni previsione normativa, ricade necessariamente pur esso sotto la potestà autorizzatoria del C.S.M., ed incontra il solo limite numerico complessivo di sei unità. Il Consiglio superiore della magistratura è poi intervenuto ripetutamente sulla materia in questione, dettando diverse disposizioni attuative della normativa di rango primario. Il primo significativo intervento consiliare risale al 1994, altri interventi seguiranno poi nel 2000, nel 2003, nel 2004 e nel 2008. Fra questi va
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Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 recante "Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59" 36 Organizzazione e funzionamento dell'Ispettorato generale presso il Ministero di grazia e giustizia.
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ricordata in particolare la circolare consiliare n. 15672 del 20 luglio 2000 che stabilì, tra l'altro, un limite massimo di dieci anni fuori ruolo nell’arco dell’intera carriera e un limite di cinque anni continuativi – con alcune eccezioni – che tuttavia potevano essere superati nel caso in cui due collocamenti fuori ruolo si susseguissero senza soluzione di continuità, fermo restando il limite decennale invalicabile. La stessa circolare individuava poi, quanto ai limiti numerici massimi, alcune categorie di magistrati destinati a funzioni fuori ruolo svincolate dal computo, mentre stabiliva, per tutte le altre categorie, il divieto di collocamento fuori ruolo quando già si trovassero fuori ruolo un numero di magistrati non inferiore allo 0.3% della pianta organica. Quest’ultima disposizione non venne mai applicata perché superata dall’entrata in vigore della legge 13 febbraio 2001 n. 4837, che all’articolo 3 istituiva 200 posti di magistrati fuori ruolo. Tale disposizione per la prima volta ha fissato una pianta organica dei magistrati fuori ruolo, determinando così l’effetto della non incidenza del collocamento fuori ruolo sull’organico degli uffici giudiziari, e ha individuato, all'interno del ruolo della magistratura, una "posta" fissa, comprendente il numero dei magistrati fuori ruolo presso il Consiglio superiore della magistratura ed il Ministero della giustizia, nonché il numero dei magistrati collocabili fuori ruolo sulla base di espressa previsione legislativa da adibire alla Corte costituzionale, alla Presidenza della Repubblica, al Gabinetto del Ministro della giustizia e presso altre amministrazioni, organismi o autorità per le quali fosse consentita la presenza di un magistrato ordinario. La richiamata disciplina contenuta nei commi 1 e 3 legge n. 48 del 2001 è stata successivamente abrogata dalla legge n. 111 del 200738 (si veda l'articolo 4, comma 20, della citata legge n. 111) e poi sostanzialmente reintrodotta, con le varianti su cui ci si soffermerà più avanti, dall'articolo 1-bis, comma 3, del decreto-legge n. 143 del 200839. Il richiamato comma 3 ha fissato in duecento unità il numero massimo di magistrati collocabili fuori ruolo ed, inoltre, ha stabilito che l’arco temporale massimo di permanenza fuori ruolo, fissato in dieci anni, può essere anche consecutivo. Il comma 3 dell’articolo 1-bis prevede infatti testualmente che: “Fermo restando quanto previsto dall'articolo 13 del decreto-legge 12 giugno 2001, n. 21740 la destinazione alle funzioni di cui alla
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Aumento del ruolo organico e disciplina dell'accesso in magistratura. Modifiche alle norme sull'ordinamento giudiziario. 39 Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario. 40 1 Si riporta qui di seguito il testo del richiamato articolo 13 del decreto legge n. 217 del 2001: "1. Gli incarichi di diretta collaborazione con il Presidente del Consiglio dei Ministri e con il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Segretario del Consiglio dei Ministri o con i singoli Ministri, anche senza portafoglio, possono essere attribuiti anche a dipendenti di ogni ordine, grado e qualifica delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel rispetto dell'autonomia statutaria degli enti territoriali e di quelli dotati di autonomia funzionale. In tal caso essi, su richiesta degli organi interessati, sono collocati, con il loro consenso, in posizione di fuori ruolo o di aspettativa retribuita, per l'intera durata dell'incarico, anche in deroga ai limiti di carattere temporale previsti dai rispettivi ordinamenti di appartenenza e in ogni caso non oltre il limite di cinque anni consecutivi, senza oneri a carico degli enti di appartenenza qualora non si tratti di amministrazioni dello Stato. 2. Nelle ipotesi indicate al comma 1, gli attuali contingenti 38
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lettera M della tabella di cui all'allegato 1 del presente decreto non può superare gli anni dieci anche continuativi, fatto salvo il maggior termine stabilito per gli incarichi la cui durata è prevista da specifiche disposizioni di legge”. La richiamata tabella di cui all’allegato 1 del citato decreto legge n. 143 del 2008 descrive il ruolo organico della magistratura ordinaria” ed alla lettera “M” determina in 200 il numero dei “Magistrati destinati a funzioni non giudiziarie”. A seguito di tale intervento normativo, il Consiglio superiore della magistratura è nuovamente intervenuto adottando la Circolare del 25 novembre 2008 (P. n. 29777/2008) che contiene, a livello di disposizioni di rango secondario, l'attuale sistemazione della materia41. numerici eventualmente previsti dai rispettivi ordinamenti di appartenenza dei collocamento fuori ruolo o in aspettativa retribuita sono aumentati fino al 30 per cento e, comunque, non oltre il massimo di trenta unità aggiuntive per ciascun ordinamento. 3. Per i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e per gli avvocati e procuratori dello Stato, nonché per il personale di livello dirigenziale o comunque apicale delle regioni, delle province, delle città metropolitane e dei comuni, gli organi competenti deliberano il collocamento fuori ruolo o in aspettativa retribuita, ai sensi di quanto disposto dai commi precedenti, fatta salva per i medesimi la facoltà di valutare motivate e specifiche ragioni ostative al suo accoglimento. 4. All'attuazione del presente articolo si provvede nel rispetto di quanto previsto, dall'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, in materia di programmazione delle assunzioni del personale delle amministrazioni pubbliche.". 41 Si riporta qui di seguito il testo della richiamata circolare: "(Nuova circolare sui collocamenti fuori ruolo ai sensi del D.L. 143/2008 convertito con modificazioni nella L. n. 181/2008) 1. La circolare si applica ai collocamenti fuori ruolo relativi all'attribuzione di compiti e funzioni extra-giudiziari ed extragiurisdizionali. 2. I collocamenti fuori ruolo sono consentiti soltanto nei casi in cui i compiti e le funzioni di riferimento siano previsti dalla legge o da norme dell'Unione Europea, da trattati internazionali, da altre norme primarie o dalle c.d. "azioni comuni". In ogni caso il Consiglio potrà respingere la richiesta di collocamento fuori ruolo nelle ipotesi in cui l’incarico da conferire al magistrato non corrisponda ad un interesse dell’amministrazione della giustizia. 3. I collocamenti fuori ruolo non possono essere autorizzati prima del conseguimento della seconda valutazione di professionalità, ad eccezione degli incarichi presso gli organismi internazionali per i quali è sufficiente la prima valutazione di professionalità. Prima di essere autorizzato ad un nuovo collocamento fuori ruolo, il magistrato deve rimanere in ruolo per almeno cinque anni; se il periodo trascorso fuori ruolo è inferiore ai cinque anni, il magistrato deve rimanere in ruolo un periodo almeno pari a quello trascorso fuori ruolo, e comunque non inferiore a tre anni. 4. La limitazione temporale di cui al §3, oltre che nei casi previsti dagli artt. 13 D.L. 217/2001 convertito con modificazioni nella L. 217/2001 e 9 comma 5 bis D. Lgs. 303/1999, non si applica: e) per i magistrati destinati a funzioni non giudiziarie presso la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale, il Consiglio superiore della magistratura e agli incarichi elettivi; f) per compiti e funzioni da svolgere presso organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e uffici consolari all’estero ovvero nell’ambito di programmi di assistenza o scambio con amministrazioni pubbliche di altri Stati o con organismi internazionali; g) per gli incarichi di Capo di dipartimento presso il Ministero della Giustizia, h) per i magistrati investiti di funzioni al vertice di organismi statali o autorità La durata complessiva del periodo fuori ruolo non può, comunque, superare il periodo massimo complessivo di dieci anni, nell'arco del servizio, con esclusione del periodo di aspettativa previsto dalla legge per l’assunzione di cariche elettive o di mandato al Consiglio Superiore della magistratura. 5. Il periodo trascorso fuori ruolo antecedentemente alla data del 31 luglio 2007 (data dell’entrata in vigore della L. 30 luglio 2007 n. 111) non è computato ai fini della determinazione della durata massima del periodo fuori ruolo consentito nell’arco della carriera. 6. Il magistrato destinato a funzioni diverse da quelle giudiziarie è tenuto a trasmettere al Consiglio superiore della magistratura entro il 31 luglio di ogni anno una relazione scritta sull'attività svolta che verrà inserita nel fascicolo personale ed utilizzata in occasione delle valutazioni di professionalità; detta relazione costituirà inoltre elemento di valutazione ai fini della decisione del Consiglio in caso di richiesta di proroga dell'incarico fuori ruolo o di prosecuzione dell'incarico fuori ruolo presso altra istituzione o ente o con funzioni diverse. 7. La competente Commissione del Consiglio comunica ai magistrati interessati ed alle istituzioni e gli enti presso i quali si svolge l’incarico la scadenza dei collocamenti fuori ruolo con almeno sei mesi di
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Per quel che concerne la magistratura amministrativa, la disciplina del collocamento fuori ruolo del relativo personale è rinvenibile, a livello primario, innanzitutto nelle disposizioni della legge n. 186 del 198242. Al riguardo viene in rilievo, in particolare, il disposto dell'articolo 29 della legge citata il quale stabilisce, al primo comma, che il collocamento fuori ruolo può essere disposto soltanto per i magistrati che abbiano svolto funzioni di istituto per almeno quattro anni. Il successivo secondo comma prevede poi che, fermo restando il disposto di cui al quinto comma dell'articolo 2 della legge 21 dicembre 1950, n. 1018 (ai sensi del quale sono considerati, di diritto, collocati fuori ruolo i magistrati nominati Ministri Sottosegretari di Stato o Alti Commissari) 43, la anticipo rispetto al termine entro il quale deve avvenire il rientro. Il magistrato interessato dovrà far pervenire al Consiglio le proprie indicazioni in ordine all’ufficio giudiziario al quale chiede di essere destinato. 8. Non può essere autorizzato il collocamento fuori ruolo di un magistrato che sia impegnato nella trattazione di procedimenti, processi o affari tali che il suo allontanamento possa nuocere al regolare funzionamento dell'ufficio, ovvero quando quest'ultimo presenti un indice di scopertura dell'organico superiore al 20% . 9. Si applicano le seguenti norme procedimentali: a) il magistrato può essere collocato fuori ruolo solamente se ha comunicato al CSM il suo assenso con atto scritto. L'assenso è revocabile, con la stessa forma, sino a che non sia avvenuta l'immissione in possesso nell'ufficio. In tale caso, il collocamento fuori ruolo si considera ad ogni effetto come mai avvenuto; b) ogni richiesta di collocamento fuori ruolo, avanzata da un soggetto diverso dal Ministro della Giustizia, qualora non sia stata comunicata a quest'ultimo dall'Amministrazione richiedente, deve essergli trasmessa dal Consiglio superiore della magistratura insieme alla documentazione rilevante, per le sue eventuali osservazioni; c) il magistrato deve allegare all'atto di assenso la seguente documentazione dalla quale risultino: caratteristiche, durata e luogo di svolgimento dell'attività; - compensi, indennità o remunerazioni previsti sotto qualsiasi forma o titolo; - eventuali procedimenti o processi da lui trattati o in corso di trattazione, nei quali sia stato o sia parte l'ente o il soggetto che ha formulato la richiesta; - incarichi extra-giudiziari da lui espletati nell'ultimo biennio; - certificazione della cancelleria relativa al lavoro svolto nell'ultimo biennio, comparato con quello svolto dagli altri magistrati addetti alla medesima sezione o ufficio; - parere del dirigente dell'ufficio, che deve comprendere l’indicazione motivata delle circostanze ostative di cui al §8 qualora sussistenti; - parere del Consiglio giudiziario. Nella delibera di collocamento fuori ruolo il Consiglio superiore della magistratura deve indicare specificamente l'attività alla quale il magistrato è chiamato, il soggetto o l'autorità in favore dei quali l'attività verrà svolta, la durata dell'incarico e la durata del collocamento fuori ruolo. A tal fine, l'Amministrazione richiedente deve specificare quali incarichi verranno affidati al magistrato nell'ambito della stessa. Al magistrato ricollocato in ruolo (su sua domanda, o per effetto di messa a disposizione, o di richiamo da parte del Consiglio superiore della magistratura), si applicano le disposizioni di legge vigenti e quelle dettate dal Consiglio superiore della magistratura per l'assegnazione della sede. 10. Il Consiglio, con separata delibera adottata all’esito della consultazione degli enti richiedenti, determinerà i criteri numerici e di priorità per la valutazione delle richieste di collocamento fuori ruolo. 11. Le presenti disposizioni abrogano la circolare n. 2766 del 6 febbraio 2008.". 42 Legge 27 aprile 1982, n. 186, recante "Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali". 43 Si riporta il testo del secondo comma della citata legge n. 1018 del 1950: " 2. I magistrati del Consiglio di Stato ai quali con il loro consenso, siano affidati incarichi di carattere continuativo che non consentano il regolare esercizio delle funzioni di istituto, possono essere collocati fuori ruolo con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro per il tesoro, sentito il Consiglio dei Ministri, previo parere del Consiglio di Presidenza del Consiglio di Stato. Non possono essere collocati fuori ruolo i magistrati che non abbiano effettivamente esercitate inizialmente almeno per un triennio le funzioni di istituto. La posizione di fuori ruolo non può avere la durata superiore a tre anni consecutivi. Non è consentito il ricollocamento fuori ruolo se non sia decorso almeno un anno di effettivo servizio al Consiglio di Stato dalla cessazione del precedente incarico. Il numero dei magistrati del Consiglio di Stato che possono essere collocati fuori ruolo ai sensi del R.D.L. 15 ottobre 1925, n. 1791 già previsto in 18 unità dal R.D. 5 maggio 1948, n. 642, è ridotto a 12.
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permanenza fuori ruolo non può avere durata superiore a tre anni consecutivi e non è consentito, dopo il triennio, un nuovo collocamento fuori ruolo se non dopo due anni di effettivo esercizio delle funzioni di istituto. Il terzo comma dell'articolo 29 dispone quindi che il collocamento fuori ruolo è consentito solo per lo svolgimento di funzioni giuridico-amministrative presso le amministrazioni dello Stato, ovvero enti od organismi internazionali ai sensi della legge 27 luglio 1962. n. 111444 . Infine il quarto comma del citato articolo 29 stabilisce che in nessun caso è consentito il collocamento fuori ruolo dei magistrati oltre le 20 unità. L'articolo 13 della medesima legge n. 186 del 1982 attribuisce al Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa la competenza a deliberare il collocamento fuori ruolo dei magistrati amministrativi, prevedendo che il relativo provvedimento venga adottato con decreto del Presidente del consiglio dei ministri. Anche relativamente ai magistrati amministrativi la portata della disciplina sopra sinteticamente richiamata deve essere valutata tenendo conto delle disposizioni di cui al citato articolo 13 del decreto-legge n. 217 del 2001. Per quanto riguarda i magistrati contabili, l'articolo 8 della legge 21 marzo 1953 n. 16145 ha introdotto la durata massima per il collocamento fuori ruolo pari a tre anni consecutivi, nonché il numero massimo, pari a dodici, di magistrati fuori ruolo. Lo stesso articolo preclude il fuori ruolo ai magistrati che non abbiano effettivamente esercitato le funzioni d'istituto almeno per un triennio. Inoltre, non è consentito il ricollocamento fuori ruolo se dalla cessazione del precedente incarico non sia decorso almeno un biennio di effettivo servizio alla Corte dei conti. Infine sono considerati di diritto collocati fuori ruolo i magistrati nominati Ministri, Sottosegretari di Stato o Alti Commissari. Per tali categorie non trovano applicazione le disposizioni richiamate sopra. Il collocamento fuori ruolo è conferito mediante decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro per il tesoro, sentito il Consiglio dei Ministri, previo parere del Consiglio di presidenza della Corte dei conti. L'articolo 8 citato fa salva l'eventuale disciplina dettata da leggi speciali. Il decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 1995 n. 388 - recante Norme sugli incarichi dei magistrati della Corte dei conti - ha introdotto disposizioni relative al divieto di cumulo, alla pubblicità degli incarichi e ai relativi obblighi di comunicazione46. L'articolo 3 del citato decreto n. 388 Oltreché nei casi previsti da altre leggi, sono considerati, di diritto, collocati fuori ruolo i magistrati nominati Ministri Sottosegretari di Stato o Alti Commissari. Ad essi non si applicano le disposizioni dei precedenti commi. Si osservano del resto, in quanto applicabili, le disposizioni del R.D. 30 dicembre 1923, n. 2958 e successive modificazioni. È abrogato l'ultimo comma dell'art. 1 del citato decreto 30 dicembre 1923, n. 2958, modificato dall'art. 17 del R.D.L. 10 gennaio 1926, n. 46.". 44 legge 27 luglio 1962, n. 1114 recante "Disciplina della posizione giuridica ed economica dei dipendenti statali autorizzati ad assumere un impiego presso Enti od organismi internazionali o ad esercitare funzioni presso Stati esteri". 45 Modificazioni al testo unico delle leggi sulla Corte dei conti. 46 Tali norme sono dettate in relazione a quanto disposto dall'articolo 53, dedicato a "Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi", del testo unico sui dipendenti pubblici, Norme generali sull'ordinamento
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introduce una lista di incarichi consentiti e di incarichi vietati. L'articolo 7, sulla disciplina del fuori ruolo, pone in capo al Consiglio di presidenza della Corte dei conti l'obbligo di determinare criteri integrativi per il collocamento fuori ruolo dei magistrati, anche al fine di evitare il cumulo degli incarichi. Inoltre esso prevede esplicitamente che implicano il collocamento fuori ruolo "le cariche ricoperte presso autorità indipendenti o di alta amministrazione e garanzia, e gli incarichi di Segretario generale presso la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Corte costituzionale, di capo dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e di capo di gabinetto presso i Ministeri, di direttore della Scuola superiore della pubblica amministrazione" nonché "attività di insegnamento, studio e ricerca" previa autorizzazione del Consiglio di presidenza. L'articolo 3 del regio decreto 13 gennaio 1941 n. 12047 detta le disposizioni fondamentali sul collocamento fuori ruolo degli avvocati dello Stato. Esso stabilisce che gli avvocati dello Stato fuori ruolo - o in soprannumero formatisi in seguito a riassorbimento in ruolo di magistrati - "non possono superare contemporaneamente il numero di venti". Il collocamento fuori ruolo è disposto con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dell'avvocato generale dello Stato, previo parere del Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato, ai sensi dell'articolo 23 della legge n. 103 del 1979. Anche relativamente ai magistrati contabili e agli avvocati e procuratori dello Stato, si ricorda che la portata della disciplina sopra richiamata deve essere valutata tenendo conto delle disposizioni di cui al citato articolo 13 del decreto legge n. 217 del 2001. *** Come già evidenziato la disposizione introdotta dall'articolo in commento prevede, al comma 1, che i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, nonché gli avvocati e procuratori dello Stato, possano prestare servizio in posizione di fuori ruolo, o in un’altra analoga posizione, per non più di cinque anni consecutivi e, nel corso dell'intera carriera, per un tempo massimo complessivo di dieci anni. Il confronto con il quadro normativo vigente - che si è provato a riassumere in precedenza - permette di evidenziare come i limiti temporali in questione vengano previsti in modo assoluto senza lasciare spazio ad alcuna ipotesi di deroga. Tale conclusione è ulteriormente confermata dal del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, approvato con decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165. Il suddetto articolo corrisponde all'articolo 58 del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29, recante Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego. 47 Modificazioni all'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato. L'articolo 3 qui richiamato è stato modificato dal decreto luogotenenziale 8 marzo 1945, n. 102, successivamente dalla legge 20 giugno 1955, n. 519 e infine dalla legge 3 aprile 1979, n. 103, recante Modifiche all'ordinamento dell'avvocatura dello Stato.
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disposto del successivo comma 3, ai sensi del quale le disposizioni dell' articolo in esame prevalgono su ogni altra norma, anche di natura speciale, e si applicano anche agli incarichi già conferiti alla data della sua entrata in vigore. La disposizione fa riferimento al "servizio in posizione di fuori ruolo", nonché in "un’altra analoga posizione" utilizzando una formulazione che ricomprende senza dubbio la maggior parte delle ipotesi di collocamento fuori ruolo sopra richiamate. Non vi rientrano invece, per la magistratura ordinaria, le ipotesi di collocamento fuori ruolo collegato in modo del tutto automatico all’aspettativa concessa per motivi di famiglia, di salute o di servizio militare ai sensi dell'articolo 203 dell'Ordinamento giudiziario, trattandosi di un collocamento fuori ruolo non finalizzato allo svolgimento del "servizio". Anche per quanto riguarda i collocamenti in aspettativa per lo svolgimento di cariche elettive48, nonostante la generalissima formulazione della previsione in esame, sembra doversi escludere che tali ipotesi possano rientrare nell'ambito di applicazione della medesima. Depone in questo senso in primo luogo il dato letterale - in quanto in questi casi la legge non parla mai di collocamento fuori ruolo, ma di aspettativa - nonché, sul piano sistematico il fatto che questi collocamenti in aspettativa hanno natura "automatica", non essendo rinvenibile in essi il carattere discrezionale legato al bilanciamento fra le esigenze dell'amministrazione di appartenenza e dell'amministrazione di destinazione che è propria dei provvedimenti che dispongono i collocamenti fuori ruolo in via ordinaria (o altri provvedimenti analoghi come, ad esempio, il comando). Appare invece problematico stabilire se nell'ambito di applicazione della nuova previsione possano essere ricondotti altri casi quali, ad esempio, i provvedimenti di collocamento fuori ruolo previsti dall'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 916 del 195849 per i magistrati componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura ovvero le previsioni di cui alla legge n. 1018 del 195050 e alla legge n. 161 del 195351, ai sensi delle quali sono considerati di diritto collocati fuori ruolo i magistrati amministrativi e contabili nominati Ministri, Sottosegretari di Stato o Alti Commissari. A quest'ultimo proposito deve, tra l'altro, tenersi conto che la disposizione che regola tale fattispecie per la generalità dei pubblici dipendenti - e che in mancanza di disposizioni speciali risulta applicarsi anche ai magistrati ordinari e agli avvocati e procuratori dello Stato - è rappresentata dall'articolo 2 della legge n.
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Si vedano in particolare l'articolo 88 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 per quanto riguarda il mandato di parlamentare nazionale, l'articolo 52 della legge n. 19 del 1979 per quanto riguarda il mandato di parlamentare europeo, l'articolo 81 del decreto legislativo n. 267 del 2000 per quanto riguarda gli enti locali e l'articolo 2 della legge n. 154 del 1981 per quanto riguarda i consiglieri regionali. 49 Disposizioni di attuazione e di coordinamento della L. 24 marzo 1958, n. 195, concernente la costituzione e il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura e disposizioni transitorie. 50 Modificazioni al testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato. 51 Modificazioni al testo unico delle leggi sulla Corte dei conti.
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215 del 200452. In particolare il comma 5 di tale articolo stabilisce che i dipendenti pubblici e privati sono collocati in aspettativa, o nell'analoga posizione prevista dagli ordinamenti di provenienza e secondo le medesime norme, con decorrenza dal giorno del giuramento e comunque dall'effettiva assunzione della carica. In altri termini, per quanto riguarda lo svolgimento di incarichi di governo, la normativa vigente non usa una terminologia univoca, impiegando a volte l'espressione "collocamento fuori ruolo" e altre volte invece quella di "collocamento in aspettativa". Peraltro, come già evidenziato, il comma 1 dell'articolo in commento non fa riferimento solo al servizio prestato in posizione di fuori ruolo, ma anche a quello prestato in analoga posizione, con una formulazione di portata estremamente generale. Sotto un diverso punto di vista deve rilevarsi però come i provvedimenti di collocamento in aspettativa o fuori ruolo per l'assunzione di cariche di governo, per la loro natura "automatica", sono assimilabili ai collocamenti in aspettativa per lo svolgimento di cariche elettive ai quali si è prima accennato, non essendo rinvenibile neppure in essi il carattere discrezionale legato al bilanciamento fra le esigenze dell'amministrazione di appartenenza e di quella di destinazione che è proprio dei provvedimenti che dispongono i collocamenti fuori ruolo in via ordinaria. Sotto un profilo ancora ulteriore va evidenziato il carattere innovativo della disposizione di cui al comma 2 dell'articolo in commento, nel prevedere che il personale collocato fuori ruolo di cui al comma 1 mantiene esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell’amministrazione di appartenenza, compresa l’indennità, e i relativi oneri rimangono a carico della stessa. Ai sensi del comma 3, anche questa disposizione prevarrà su ogni altra norma, anche di natura speciale, e si applicherà anche agli incarichi già conferiti alla data della sua entrata in vigore. Con effetto da tale data dovrà quindi cessare la corresponsione di tutti gli emolumenti aggiuntivi che vengono attualmente erogati al personale fuori ruolo dall'amministrazione di destinazione. I rilievi sopra esposti, sulla base di una prima lettura della disposizione in esame, non hanno ovviamente alcuna pretesa di esaustività, ma dagli stessi sembrerebbe emergere l'opportunità di approfondimenti ulteriori sulle implicazioni della disposizione medesima, inserendosi la stessa in un contesto normativo estremamente articolato e complesso avente ad oggetto situazioni fra loro talvolta fortemente differenziate e in mancanza di (auspicabili) abrogazioni espresse.
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legge 20 luglio 2004, n. 215 recante "Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi".
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Articolo 19 (Modifiche al codice penale)
Testo approvato dal Senato ——–
1. Al libro II, titolo II, del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 32-quater, dopo le parole: «319-bis,» sono inserite le seguenti: «319-quater,»; b) all’articolo 32-quinquies, dopo le parole: «319-ter» sono inserite le seguenti: «, 319-quater, primo comma,»; a) all’articolo 314, primo comma, la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «quattro»;
c) al primo comma dell’articolo 314, la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «quattro»;
b) all’articolo 316, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;
soppressa
c) all’articolo 316-bis, le parole: «da sei mesi a quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a cinque anni»;
soppressa
d) all’articolo 316-ter, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;
soppressa
d) l’articolo 317 è sostituito dal seguente: «Art. 317. - (Concussione). – Il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da sei a dodici anni»; e) all’articolo 317-bis, le parole: «314 e 317» sono sostituite dalle seguenti: «314, 317, 319 e 319-ter»;
e) all’articolo 318, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»; f) all’articolo 318, secondo comma, le parole: «fino a un anno» sono sostituite dalle seguenti: «fino a un anno e sei mesi»;
f) l’articolo 318 è sostituito dal seguente: «Art. 318. - (Corruzione per l’esercizio della funzione). – Il pubblico ufficiale che, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sè o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa è punito con la reclusione da uno a cinque anni»;
g) all’articolo 319, le parole: «da due a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da tre a sei anni»;
g) all’articolo 319, le parole: «da due a cinque» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a otto»;
h) all’articolo 319-ter, primo comma, le parole: «da tre a otto anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a otto anni»;
h) all’articolo 319-ter sono apportate le seguenti modificazioni: 1) nel primo comma, le parole: «da tre a otto» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a dieci»; 2) nel secondo comma, la parola: «quattro» è sostituita dalla seguente: «cinque»;
i) nel capo I, dopo l’articolo 335-bis, è aggiunto il seguente:
i) dopo l’articolo 319-ter è inserito il seguente:
«Art. 335-ter. (Circostanze aggravanti). – Per i delitti previsti dal presente capo, le pene per il solo pubblico ufficiale sono aumentate in caso di atti particolarmente lesivi per la
«Art. 319-quater. - (Induzione indebita a dare o promettere utilità). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che,
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——–
pubblica amministrazione ovvero commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee»;
abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da tre a otto anni.
l) all’articolo 354, le parole: «sino a sei mesi o con la multa fino a euro 516» sono sostituite dalle seguenti: «fino a un anno»;
l) all’articolo 320, il primo comma è sostituito dal seguente:
m) all’articolo 356, primo comma, le parole: «da uno a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da due a sei anni».
m) all’articolo 322 sono apportate le seguenti modificazioni:
Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni»;
«Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all’incaricato di un pubblico servizio»;
1) nel primo comma, le parole: «che riveste la qualità di pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio» sono sostituite dalle seguenti: «, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri»; 2) il terzo comma è sostituito dal seguente: «La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri»; n) all’articolo 322-bis sono apportate le seguenti modificazioni: 1) nel secondo comma, dopo le parole: «Le disposizioni degli articoli» sono inserite le seguenti: «319-quater,
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– secondo comma,»; 2) nella rubrica, dopo la parola: «concussione,» sono inserite le seguenti: «induzione indebita a dare o promettere utilità,»; o) all’articolo 322-ter, primo comma, dopo le parole: «a tale prezzo» sono aggiunte le seguenti: «o profitto»; p) all’articolo 323, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»; q) all’articolo 323-bis, dopo la parola: «319,» sono inserite le seguenti: «319-quater,»; r) dopo l’articolo 346 è inserito il seguente: «Art. 346-bis. - (Traffico di influenze illecite). – Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita, ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, è punito con la reclusione da uno a tre anni. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale.
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Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie. Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita».
L’articolo 19, modificato dalla Camera dei deputati rispetto al testo varato dal Senato (nel quale era l'articolo 9), introduce numerose modifiche al codice penale. In particolare, il comma 1, lettera c), novella l'articolo 314 del codice penale, allungando da tre a quattro anni il minimo sanzionatorio della reclusione per peculato. La successiva lettera d), intervenendo sull'articolo 317 del codice penale, ridefinisce il reato di concussione, che diventa riferibile al solo pubblico ufficiale (e non più anche all’incaricato di pubblico servizio) e da cui è espunta la fattispecie per induzione (v. ultra); è previsto un aumento del minimo edittale, portato da quattro a sei anni di reclusione. La lettera f) detta una nuova formulazione dell’attuale reato di cui all’articolo 318 del codice penale (Corruzione per un atto d’ufficio), ora rubricato “Corruzione per l’esercizio della funzione”, e sanzionato più severamente con la reclusione da uno a cinque anni, anziché da sei mesi a tre anni). Con la riformulazione dell’articolo 318 (cd. 'corruzione impropria') vengono ridelimitate le diverse forme di corruzione: da una parte, la corruzione propria di cui all'articolo 319 del codice penale che rimane ancorata al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio; dall'altra, l’indebita ricezione o accettazione della promessa di denaro o altra utilità di cui al nuovo articolo 318 del codice penale, che risulta ora collegata all’esercizio delle funzioni o dei poteri del pubblico ufficiale, e non al compimento di un atto dell’ufficio. Risulta inoltre soppressa l’ipotesi più lieve per il pubblico ufficiale che riceve la retribuzione per un atto già compiuto. La disposizione si applica anche all’incaricato di pubblico servizio, ai sensi della lettera l), che novella l'articolo 320 del codice penale.
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La lettera g) novella l’articolo 319 del codice penale (che continua ad applicarsi anche all’incaricato di pubblico servizio, ai sensi della medesima citata lettera l)), nel senso di aumentare la pena della reclusione prevista per la corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio da quattro ad otto anni, in luogo della reclusione da due a cinque anni attualmente prevista. La lettera h) modifica l’articolo 319-ter del codice penale aumentando da quattro a dieci anni (anziché da tre a otto anni) la pena della reclusione per la corruzione in atti giudiziari. Vengono poi introdotti nel codice penale due nuove fattispecie delittuose: l’“induzione indebita a dare o promettere utilità” (cd. 'concussione per induzione', nuovo articolo 319-quater, introdotto dalla lettera i)). La norma punisce il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che induce il privato a pagare (viene prevista la reclusione da tre a otto anni); il privato che dà o promette denaro o altra utilità è punito invece con la reclusione fino a tre anni; il “traffico di influenze illecite” (nuovo articolo 346-bis, introdotto dalla lettera r)) che, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319 e 319-ter, punisce con la reclusione da uno a tre anni chi sfrutta le sue relazioni con il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio al fine di farsi dare o promettere denaro o altro vantaggio patrimoniale come prezzo della sua mediazione illecita ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. La stessa pena si applica a chi dà o promette denaro o altro vantaggio. Sono previste aggravanti e attenuanti speciali53. La lettera p) interviene sull'articolo 323 del codice penale nel senso di sanzionare più severamente l’abuso d’ufficio, prevedendo l'applicazione della pena della reclusione da uno a quattro anni, anziché da sei mesi a tre anni. La lettera e) modifica l’articolo 317-bis del codice penale nel senso di far conseguire l’interdizione perpetua dai pubblici uffici anche alla condanna per corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e in atti giudiziari. Ulteriori modifiche al codice penale hanno, soprattutto, natura di coordinamento essendo prevalentemente volte ad estendere l'ambito di applicazione di alcune disposizioni codicistiche mediante l'inserimento nelle medesime del rinvio alle nuove fattispecie incriminatrici introdotte dal testo in esame. Si tratta, in particolare, delle disposizioni sull’incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione a seguito di condanna (articolo 32-quater del codice penale, novellato dalla lettera a)), sull’estinzione del rapporto di lavoro (articolo 32-quinquies, novellato dalla lettera b)), sulla fattispecie di istigazione alla corruzione (articolo 322, i cui commi 1 e 3 vengono novellati dalla lettera
53
In particolare si prevede che la pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio, nonché se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie. Si stabilisce invece che la pena è diminuita se i fatti sono di particolare tenuità.
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m)), sull’applicabilità agli organi dell’UE e di Stati esteri (articolo 322-bis, il cui comma 2 e la cui rubrica vengono novellati dalla lettera n)), sulla confisca (articolo 322-ter, il cui comma 1 viene novellato dalla lettera o)), sulla circostanza attenuante (articolo 323-bis, novellato dalla lettera q)). Infine la lettera l) - alla quale si è gia fatto riferimento - modifica il primo comma dell'articolo 320 del codice penale prevedendo che le disposizioni di cui agli articoli 318 e 319 si applichino in ogni caso all'incaricato di pubblico servizio, mentre il testo vigente di tale comma stabilisce che, nel caso dell'articolo 318, ciò avviene solo se l'incaricato di pubblico servizio riveste la qualità di pubblico impiegato.
***
In relazione all'ipotesi di cui al nuovo articolo 319-quater del codice penale introdotto dalla lettera i) del comma 1 dell'articolo in commento - si ritiene di dover richiamare l'attenzione sulla previsione per il pubblico ufficiale di una pena detentiva avente un minimo edittale (tre anni) inferiore al minimo edittale previsto per la corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio (quattro anni) per effetto delle modifiche apportate all'articolo 319 del codice penale dalla precedente lettera g). Nell'ipotesi dell'induzione indebita a dare o promettere utilità - ipotesi che corrisponde, quanto alla condotta considerata, all'attuale concussione per induzione - il comportamento del pubblico ufficiale è stato tradizionalmente ritenuto più grave del comportamento del medesimo nel caso della corruzione, anche per atto contrario ai doveri d'ufficio. Infatti nel caso della concussione per induzione - e quindi in quello della nuova fattispecie di induzione indebita a dare o promettere utilità - la giurisprudenza ha costantemente evidenziato che il privato versa in stato di soggezione di fronte alla condotta del pubblico ufficiale, mentre nella corruzione i due soggetti vengono a trovarsi in posizione di sostanziale parità. Il fatto che la volontà del privato non sia libera di determinarsi per effetto di questo stato di soggezione spiega perché nel vigente assetto normativo il concusso vada esente da pena, mentre nel nuovo continuerebbe ad essere esente da pena nell'ipotesi di concussione (che per effetto delle modifiche apportate all'articolo 317 del codice penale risulta limitata alla sola ipotesi della attuale concussione per costrizione), mentre risulterebbe soggetto ad una pena relativamente contenuta nell'ipotesi dell'induzione (reclusione fino a tre anni). Ma lo stato di soggezione indotto nel privato mediante l'abuso della qualità o dei poteri del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio vale altresì a qualificare come avente maggiore gravità la condotta del pubblico ufficiale rispetto a tutte le ipotesi di corruzione. In particolare va sottolineato che l'abuso della qualità o dei poteri propri del pubblico ufficiale - che sussistono anche nella fattispecie più ristretta dell'atto contrario ai doveri d'ufficio - determinano, nell'ipotesi
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dell'induzione, un ulteriore nocumento rappresentato dalla lesione della libertà di autodeterminazione del privato con conseguente maggiore possibilità di danno per la pubblica amministrazione. In questa prospettiva la previsione per il caso dell'induzione di un minimo edittale inferiore a quello previsto per la corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio sembrerebbe - ad una prima lettura - presentare possibili profili di incompatibilità con il principio di ragionevolezza, anche alla luce delle indicazioni che emergono dalla giurisprudenza costituzionale in materia. Si ricorda in proposito che la Corte costituzionale si è pronunciata diverse volte in merito alla proporzionalità della sanzione rispetto ai contenuti delle fattispecie incriminatrici, sotto il duplice profilo della esistenza di una proporzione tra fatto commesso e sanzione e della uguaglianza di trattamento tra fattispecie simili. Fondamentale al riguardo è la sentenza n. 409 del 1989, secondo la quale "il principio d'uguaglianza, di cui all'art. 3, primo comma, Cost., esige che la pena sia proporzionata al disvalore del fatto illecito commesso, in modo che il sistema sanzionatorio adempia, nel contempo, alla funzione di difesa sociale ed a quella di tutela delle posizioni individuali; … le valutazioni all'uopo necessarie rientrano nell'ambito del potere discrezionale del legislatore, il cui esercizio può essere censurato, sotto il profilo della legittimità costituzionale, soltanto nei casi in cui non sia stato rispettato il limite della ragionevolezza" (nello stesso senso cfr. anche sentenze nn. 343 e 422 del 1993). Questa sentenza è richiamata nella sentenza n. 341 del 199454, in cui il principio di proporzione tra offesa e sanzione è collegato anche al principio della finalità rieducativa della pena, sancito dall’articolo 27, terzo comma, della Costituzione. Nello stesso senso la sentenza n. 394 del 2006 ha rilevato come "gli «apprezzamenti in ordine alla “meritevolezza” ed al “bisogno di pena” – dunque sull'opportunità del ricorso alla tutela penale e sui livelli ottimali della stessa – sono …, per loro natura, tipicamente politici: con la conseguenza che un sindacato sul merito delle scelte legislative è possibile solo ove esse trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio..., come avviene allorquando la sperequazione normativa tra fattispecie omogenee assuma aspetti e dimensioni tali da non potersi considerare sorretta da alcuna ragionevole giustificazione.".
Si ritiene altresì di dover richiamare l'attenzione sulle possibili implicazioni connesse con l'eliminazione del riferimento alla figura dell'incaricato di pubblico servizio nel nuovo testo dell'articolo 317 del codice penale, come introdotto dalla lettera d) del comma 1 dell'articolo in commento. A tale questione è stato fatto riferimento, nel corso dell'esame del disegno di legge presso l'altro del Parlamento, nella seduta delle Commissioni riunite I e II del 22 maggio 2012. Sul punto è intervenuto, in risposta ad alcune richieste di
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Si ricorda, in particolare, che sia nella sentenza n. 409 del 1989, sia nella sentenza n. 341 del 1994, la Corte costituzionale dichiarò l'illegittimità costituzionale di previsioni sanzionatorie che contemplavano un minimo edittale eccessivo.
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chiarimenti, il Ministro della giustizia che ha evidenziato come la scelta di non prevedere più l'incaricato di pubblico servizio quale autore del reato trovi la propria giustificazione nella considerazione che questi non ha poteri tali da essere in grado di costringere il soggetto passivo del reato, mentre è in grado di indurlo indebitamente a dare o promettere delle utilità. Il Ministro ha proseguito osservando poi come, in sostanza, la nuova formulazione dei reati di concussione, corruzione per l'esercizio della funzione e induzione indebita a dare o promettere utilità tenga conto, per quanto attiene al soggetto attivo del reato, della diversa forza coercitiva del pubblico ufficiale e dell'incaricato di pubblico servizio. L'eliminazione del riferimento alla figura dell'incaricato di pubblico servizio ripristina sul punto il testo dell'articolo 317 del codice penale vigente anteriormente alla riforma effettuata con la legge n. 86 del 199055. L'impostazione originaria del codice penale infatti non contemplava gli incaricati di pubblico servizio fra i soggetti attivi del delitto di concussione, limitando l'ambito di applicazione dello stesso ai soli pubblici ufficiali. La novella del 1990 ritenne invece necessaria un'estensione in tal senso del predetto ambito di applicazione e modificò conseguentemente il disposto dell'articolo 317. In proposito deve ricordarsi che l'estensione dell'applicabilità della fattispecie di concussione all'incaricato di pubblico servizio era già contenuta nel disegno di legge governativo A.C. n. 2844 della IX legislatura, che essa venne riproposta nel disegno di legge A.C. n. 2441 presentato dal Governo nella X legislatura, e che confluì infine nel testo approvato dalla Camera in prima lettura (A.S. n. 2078 della X legislatura) e quindi nel testo definitivamente approvato che divenne la legge n. 86 del 1990 già citata. Nel corso dell'esame parlamentare venne rilevato come l'estensione dell'applicabilità della concussione all'incaricato di pubblico servizio fosse volta a tener conto del notevole rilievo assunto, a livello sociale, dalla figura dell'incaricato di pubblico servizio che quotidianamente entra in contatto con il cittadino utente (si veda a titolo esemplificativo il resoconto stenografico della seduta della Commissione giustizia del Senato del 15 marzo 1990). La relazione predisposta per l'esame in Assemblea (si rammenta che il testo dell'A.S. n. 2078 inizialmente assegnato in sede deliberante venne successivamente rimesso in sede referente) dà conto della definitiva scelta a favore dell'estensione in parola, che sarebbe rimasta poi nel testo divenuto legge. La modifica proposta sul punto dal testo in esame segnerebbe quindi un ritorno, con specifico riferimento all'articolo 317, alla formulazione originaria del codice penale, ma la stessa deve essere valutata anche alla luce dell'introduzione dell'ipotesi delittuosa di cui al nuovo articolo 319-quater che si riferisce anche all'incaricato di pubblico servizio e che ricomprende tutte le ipotesi che sarebbero oggi punite come concussione per induzione. Da questo
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Modifiche in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.
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punto di vista il richiamato intervento del Ministro della giustizia farebbe propendere - nei limiti di quanto emerge dal resoconto di seduta - che il Governo sostanzialmente ritiene non ipotizzabile che ipotesi di concussione per costrizione possano essere poste in essere da un incaricato di pubblico servizio. Quindi l'introduzione del nuovo articolo 319-quater eviterebbe il rischio di vuoti normativi al riguardo. Si tratta di una conclusione che, ad una prima valutazione, parrebbe meritare un ulteriore approfondimento. Una sommaria disamina della giurisprudenza in materia - pur nei limiti derivanti dal fatto che l'attuale formulazione dell'articolo 317 pone sullo stesso piano costrizione e induzione - lascia infatti sussistere dubbi e incertezze su tale profilo56. Ove invece si ritenesse che l'incaricato di pubblico servizio possa in concreto porre in essere una condotta consistente nel costringere, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, allora l' eliminazione del riferimento a questa figura nel nuovo testo dell'articolo 317 del codice penale porrebbe, sul piano interpretativo, il problema di stabilire se esista e quale sia la norma penale da applicare qualora la condotta considerata sia riferibile appunto ad un incaricato di pubblico servizio. Al riguardo la prima ipotesi formulabile è quella di ritenere che l'eliminazione del riferimento alla figura dell'incaricato di pubblico servizio nel nuovo testo dell'articolo 317 del codice penale implichi la non rilevanza penale di una simile condotta. Si tratta di un esito interpretativo che sembrerebbe da escludersi in quanto in contrasto con l'intenzione del legislatore, che, nella definizione del nuovo assetto normativo dei reati contro la pubblica amministrazione, appare chiaramente ispirato dalla volontà di inasprire il trattamento sanzionatorio degli stessi. Inoltre tale esito interpretativo sarebbe palesemente irragionevole a fronte del fatto che continuerebbero ad avere rilevanza penale le condotte di induzione poste in essere dall'incaricato di pubblico servizio ai sensi del nuovo articolo 319-quater del codice penale. Poiché queste si differenziano dalla concussione solo per un minor grado di coazione della volontà del privato, sarebbe difficilmente giustificabile che continuassero ad avere rilevanza penale le prime e non l'avessero invece le seconde. Dovrebbe allora individuarsi quale sia la norma incriminatrice da applicarsi nel caso di commissione delle condotte in questione. In proposito una prima ipotesi potrebbe essere quella di ritenere applicabile l'articolo 629, primo comma, del codice penale, sanzionando quindi il fatto a titolo di estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 61, n. 9 del codice penale - ove ricorrano tutti gli elementi costitutivi di questa fattispecie incriminatrice57. Il sistema dei reati contro la pubblica amministrazione costituisce però tendenzialmente un sistema
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Si vedano a titolo esemplificativo Cass. pen. Sez. VI, sent. n. 3403 del 11-04-1997; Cass. pen. Sez. VI, sent. n. 11480 del 15-12-1997; Cass. pen. Sez. VI, sent. n. 15742 del 03-04-2003; Cass. pen. Sez. VI, Sent. n. 8907 del 03-12-2007. 57 Sui rapporti fra concussione e estorsione, nel vigente assetto normativo, si veda a titolo esemplificativo Cass. pen. Sez. VI, sent. n. 5569 del 13 maggio 1998.
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chiuso, per cui risulterebbe quantomeno inconsueta l'applicabilità di una fattispecie incriminatrice come quella relativa all'estorsione estranea a tale sistema. Da questo punto di vista potrebbe considerarsi un'opzione preferibile quella di ricondurre i casi in cui la condotta concussiva viene posta in essere da un incaricato di pubblico servizio alla fattispecie incriminatrice di cui al citato articolo 319-quater del codice penale. L'ipotesi dell' induzione indebita a dare o promettere utilità si riferisce - come già evidenziato - anche all'incaricato di pubblico servizio e la condotta dell'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe - invece di indurre semplicemente taluno a dare o a promettere indebitamente, all'autore della condotta medesima ovvero a un terzo, denaro o altra utilità potrebbe essere ricondotta a tale fattispecie come un'ipotesi speciale di induzione58. Questa soluzione interpretativa potrebbe essere preferita alla precedente anche perché la stessa implica un trattamento sanzionatorio più lieve. Un aspetto questo che - come sempre nel caso dell'interpretazione di norme penali - non potrebbe non essere preso in considerazione dall'interprete. Di converso dovrebbe però osservarsi che questo stesso esito non risulterebbe presumibilmente coerente con la finalità di un rafforzamento del trattamento sanzionatorio generalmente previsto per i reati contro la pubblica amministrazione. Infatti, poiché il nuovo articolo 319quater prevede l'applicabilità della pena della reclusione da tre a otto anni, la conseguenza sarebbe che le condotte di concussione per costrizione poste in essere dall'incaricato di pubblico servizio verrebbero in futuro punite meno severamente di quanto non sia accaduto fino ad oggi (ai sensi del vigente articolo 317 tali condotte sono infatti attualmente punite con la reclusione da quattro a dodici anni). Anche con riferimento a questi profili - che peraltro verrebbero in rilievo, come già osservato, solo ove non si condividesse quella che sembra essere la posizione del Governo in merito alle modifiche apportate all'articolo 317 del codice penale - appare conclusivamente auspicabile che l'esame parlamentare consenta un'ulteriore riflessione, al fine di evitare il rischio di eventuali incertezze e difficoltà in sede applicativa.
58
Per un precedente normativo che potrebbe deporre in questo senso - cioè in quello di considerare la costrizione un 'ipotesi speciale di induzione - si vedano ad esempio gli articoli 3 e 4 della legge n. 75 del 1958.
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A.S. n. 2156-B Articolo 20
Articolo 20 (Modifica all'articolo 2635 del codice civile)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. L’articolo 2635 del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 2635. - (Corruzione tra privati). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma. Chi dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e nel secondo comma è punito con le pene ivi previste. Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura
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A.S. n. 2156-B Articolo 20
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58, e successive modificazioni».
L’articolo 20, introdotto dalla Camera dei deputati, sostituisce all’attuale fattispecie di cui all’articolo 2635 del Codice civile ('Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità') quella di 'Corruzione tra privati'. La disposizione prevede - al comma 1 - che siano puniti con la reclusione da uno a tre anni gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori che, compiendo od omettendo atti in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionano nocumento alla società. Il comma 2 dispone l'applicazione della pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al precedente comma. Il successivo comma 3 prevede che il soggetto che dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e secondo comma sia punito con le pene ivi previste. Il comma 4, infine, statuisce che le pene stabilite nei commi precedenti siano raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Rispetto al testo vigente dell'articolo 2635 del codice civile, le principali novità sono rappresentate dall'innalzamento ad un anno del minimo edittale nell'ipotesi del primo comma, dall'introduzione di un nuovo secondo comma relativo all'ipotesi in cui il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma e, infine, dalla soppressione del vigente ultimo comma che prevede la procedibilità a querela della persona offesa. Con riferimento in particolare alla soppressione della previsione relativa alla procedibilità a querela del reato previsto dall'articolo 2635 del codice civile, va
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A.S. n. 2156-B Articolo 20
rammentato che, a seguito della riforma effettuata con il decreto legislativo n. 61 del 200259, l'impostazione delle disposizioni del titolo XI del libro V del codice civile - comprendente gli articoli da 2621 a 2642 che recano le disposizioni penali in materia di società e di consorzi - è nel senso di stabilire la procedibilità a querela per tutti i reati di danno, in linea di principio, prevedendo talvolta la procedibilità di ufficio quando si tratta, ad esempio, di fatto commesso in danno dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee ovvero nel caso di società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del ricordato testo unico in materia di intermediazione finanziaria, ovvero ancora di società o altri soggetti qualificati dall'applicabilità di specifiche disposizioni60. La procedibilità d'ufficio è invece prevista per le fattispecie delittuose configurate come reati di pericolo, nonché naturalmente per tutte le ipotesi contravvenzionali (aventi peraltro anch'esse la struttura di reati di pericolo). Alla luce delle considerazioni che precedono, la modifica apportata dall'articolo in commento al regime della procedibilità in ordine al reato di cui al citato articolo 2635 potrebbe non apparire, a prima lettura, coerente con il quadro sistematico sopra delineato. Ove tale ipotizzata incoerenza sussistesse in effetto, essa potrebbe risolversi in un profilo di irragionevolezza della disciplina proposta, suscettibile di rilievo anche sul piano della legittimità costituzionale. Appare quindi opportuno un ulteriore approfondimento degli aspetti problematici segnalati.
59
Disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commerciali, a norma dell'articolo 11 della L. 3 ottobre 2001, n. 366. 60 Si veda ad esempio la previsione di cui all'articolo 2629-bis del codice civile.
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A.S. n. 2156-B Articolo 21
Articolo 21 (Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n.231, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 25: 1) al comma 3, dopo le parole: «319-ter, comma 2,» sono inserite le seguenti: «319-quater»; 2) nella rubrica, dopo la parola: «Concussione» sono inserite le seguenti: «, induzione indebita a dare o promettere utilità»; b) all’articolo 25-ter, comma 1, dopo la lettera s) è aggiunta la seguente: «s-bis) per il delitto di corruzione tra privati, nei casi previsti dal terzo comma dell’articolo 2635 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote».
L’articolo 21, introdotto dalla Camera dei deputati, coordina la disciplina della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche, di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 200161, con le novelle introdotte nel codice penale dal disegno di legge in esame.
61
Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante 'Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della Legge 29 settembre 2000, n. 300'.
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A.S. n. 2156-B Articolo 21
A tal fine, l'articolo in commento apporta le necessarie modifiche alla rubrica e al comma 3 dell'articolo 25 e all'articolo 25-ter, comma 1 (al quale aggiunge la lettera s-bis)), del predetto Decreto Legislativo n. 231 del 2001. In particolare, la citata responsabilità consegue anche per i reati: di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui al nuovo articolo 319-quater del codice penale, per il quale viene prevista la sanzione pecuniaria da 300 a 800 quote; di corruzione tra privati di cui all'articolo 2635 del codice civile, limitatamente all'ipotesi di cui al terzo comma, per il quale viene prevista la sanzione pecuniaria da 200 a 400 quote. Si segnala che la disposizione, relativamente al reato di cui all'articolo 2635 del codice civile, fa rinvio all'ipotesi di cui al terzo comma del medesimo. A prima vista sembrerebbe trattarsi di un errore. E' infatti presumibile che il legislatore abbia voluto prevedere l'applicabilità delle disposizioni del decreto legislativo n. 231 del 2001 per il caso di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58, e successive modificazioni, trattandosi anche delle ipotesi punite più severamente. A tal fine sarebbe però necessario fare rinvio al quarto comma del nuovo testo dell'articolo 2635 (che corrisponde al terzo comma vigente), in quanto nella nuova formulazione dell'articolo il terzo comma ha invece ad oggetto la previsione in base alla quale chi dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e nel secondo comma è punito con le pene ivi previste (previsione oggi contenuta nel vigente secondo comma).
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A.S. n. 2156-B Articolo 22
Articolo 22 (Modifiche al codice di procedura penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del medesimo codice)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. All’articolo 133, comma 1-bis, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271, dopo le parole: «319-ter» sono inserite le seguenti: «, 319-quater». 2. Dopo il comma 2 dell’articolo 308 del codice di procedura penale è inserito il seguente: «2-bis. Nel caso si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, e 320 del codice penale, le misure interdittive perdono efficacia decorsi sei mesi dall’inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche oltre sei mesi dall’inizio dell’esecuzione, fermo restando che comunque la loro efficacia viene meno se dall’inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al triplo dei termini previsti dall’articolo 303».
L’articolo 22, introdotto dalla Camera dei deputati, reca modifiche al codice di procedura penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del medesimo codice.
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A.S. n. 2156-B Articolo 22
In particolare, il comma 1 novella l’articolo 133 delle norme di attuazione del Codice di procedura penale, prevedendo che anche il decreto che - ai sensi dell'articolo 429 del predetto codice - dispone il giudizio per il nuovo reato di cui all’articolo 319-quater del codice penale (Induzione indebita a dare o promettere utilità), introdotto dall'articolo 19 del disegno di legge in esame, sia comunicato alle amministrazioni o agli enti di appartenenza del dipendente pubblico. Il comma 2, invece, aggiunge il comma 2-bis all'articolo 308 del Codice di procedura penale62, che disciplina i termini di durata massima delle misure coercitive diverse dalla custodia cautelare63. L'introducendo comma prevede che, nel caso in cui si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 314 (Peculato), 316 (Peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (Malversazione a danno dello Stato), 316-ter (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato), 317 (Concussione), 318 (Corruzione per l'esercizio della funzione), 319 (Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (Corruzione in atti giudiziari), 319-quater, primo comma (Induzione indebita a dare o promettere utilità), e 320 (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale, le misure interdittive64 perdano efficacia decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione (in luogo dell'ordinario termine di due mesi previsto in via generale dal comma 2 dello stesso articolo 308). Si dispone, inoltre che, in ogni caso, qualora tali misure siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice possa disporne la rinnovazione anche oltre sei mesi dall'inizio dell'esecuzione, fermo restando che comunque la loro efficacia viene meno se dall'inizio della loro esecuzione sia decorso un periodo di tempo pari al triplo dei termini previsti dall'articolo 303 del codice di procedura penale (in luogo del limite del doppio dei predetti termini previsto in via generale dal comma 2 del citato articolo 308)65. 62
Il richiamato art. 308 c.p.p. così recita: '1. Le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare perdono efficacia quando dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al doppio dei termini previsti dall'articolo 303. 2. Le misure interdittive perdono efficacia quando sono decorsi due mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche al di là di due mesi dall'inizio dell'esecuzione, osservati i limiti previsti dal comma 1. 3. L'estinzione delle misure non pregiudica l'esercizio dei poteri che la legge attribuisce al giudice penale o ad altre autorità nell'applicazione di pene accessorie o di altre misure interdittive'. 63 Di cui agli articoli 281, 282 e 283 c.p.p. (divieto di espatrio, obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, divieto e obbligo di dimora). 64 L'art. 287 del codice di procedura penale, nel disciplinare le Condizioni di applicabilità delle misure interdittive, prevede che - salvo quanto previsto da disposizioni particolari - esse possano essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo di tre anni. Peraltro, nel caso di delitti contro la pubblica amministrazione, la misura interdittiva di cui all'articolo 289 del codice medesimo può essere disposta anche al di fuori dei limiti di cui al citato articolo 287. 65 Il richiamato articolo 303 c.p.p. disciplina i Termini di durata massima della custodia cautelare e così recita: '1. La custodia cautelare perde efficacia quando: a) dall'inizio della sua esecuzione sono decorsi i seguenti termini senza che sia stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio o l'ordinanza con cui il giudice dispone il giudizio abbreviato ai sensi dell'articolo 438, ovvero senza che sia stata pronunciata la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti;
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A.S. n. 2156-B Articolo 22
1) tre mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni; 2) sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni, salvo quanto previsto dal numero 3); 3) un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione non inferiore nel massimo a venti anni ovvero per uno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), sempre che per lo stesso la legge preveda la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni; b) dall'emissione del provvedimento che dispone il giudizio o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna di primo grado: 1) sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni; 2) un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto dal numero 1); 3) un anno e sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione superiore nel massimo a venti anni; 3-bis) qualora si proceda per i delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), i termini di cui ai numeri 1), 2) e 3) sono aumentati fino a sei mesi. Tale termine è imputato a quello della fase precedente ove non completamente utilizzato, ovvero ai termini di cui alla lettera d) per la parte eventualmente residua. In quest'ultimo caso i termini di cui alla lettera d) sono proporzionalmente ridotti; b-bis) dall'emissione dell'ordinanza con cui il giudice dispone il giudizio abbreviato o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna ai sensi dell'articolo 442: 1) tre mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni; 2) sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto nel numero 1; 3) nove mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione superiore nel massimo a venti anni; c) dalla pronuncia della sentenza di condanna di primo grado o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna in grado di appello: 1) nove mesi, se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a tre anni; 2) un anno, se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a dieci anni; 3) un anno e sei mesi, se vi è stata condanna alla pena dell'ergastolo o della reclusione superiore a dieci anni; d) dalla pronuncia della sentenza di condanna in grado di appello o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi gli stessi termini previsti dalla lettera c) senza che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, salve le ipotesi di cui alla lettera b), numero 3-bis). Tuttavia, se vi è stata condanna in primo grado, ovvero se la impugnazione è stata proposta esclusivamente dal pubblico ministero, si applica soltanto la disposizione del comma 4. 2. Nel caso in cui, a seguito di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione o per altra causa, il procedimento regredisca a una fase o a un grado di giudizio diversi ovvero sia rinviato ad altro giudice, dalla data del procedimento che dispone il regresso o il rinvio ovvero dalla sopravvenuta esecuzione della custodia cautelare decorrono di nuovo i termini previsti dal comma 1 relativamente a ciascuno stato e grado del procedimento. 3. Nel caso di evasione dell'imputato sottoposto a custodia cautelare, i termini previsti dal comma 1 decorrono di nuovo, relativamente a ciascuno stato e grado del procedimento, dal momento in cui venga ripristinata la custodia cautelare. 4. La durata complessiva della custodia cautelare, considerate anche le proroghe previste dall'articolo 305, non può superare i seguenti termini: a) due anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni; b) quattro anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto dalla lettera a);
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A.S. n. 2156-B Articolo 22
Le richiamate misure interdittive sono quelle disciplinate dagli articoli 288, 289 e 290 del codice di procedura penale, riguardanti - rispettivamente - la 'Sospensione dall'esercizio della potestĂ dei genitori', la 'Sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio' e il 'Divieto temporaneo di esercitare determinate attivitĂ professionali o imprenditoriali'.
c) sei anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a venti anni.
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A.S. n. 2156-B Articolo 23
Articolo 23 (Modifiche all’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. All’articolo 12-sexies del decretolegge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, dopo le parole: «319-ter,» sono inserite le seguenti: «319-quater,»; b) al comma 2-bis, dopo parole:«319-ter,» sono inserite seguenti: «319-quater,».
le le
L’articolo 23, introdotto dalla Camera dei deputati, novella l'articolo 12sexies del Decreto Legge n. 306 del 199266, recante 'Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa'. Il citato articolo 12-sexies disciplina la confisca obbligatoria di beni, denaro o altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza. Con le modifiche recate ai commi 1 e 2-bis) del predetto articolo 12-sexies, l'articolo in esame aggiunge la condanna per il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità, introdotta dall'articolo 19 del disegno di legge in esame, tra quelle per le quali si applica la predetta confisca obbligatoria67.
66
Decreto Legge 8 giugno 1992, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 1992, n. 356. L'articolo 12-sexies del citato D.L. n. 306 del 1992 disciplina le Ipotesi particolari di confisca. In particolare, il comma 1 così recita: 'Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma 67
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A.S. n. 2156-B Articolo 23
dell' art. 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis, 325, 416, sesto comma, 416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 473, 474, 517-ter e 517-quater, 416-bis, 600, 601, 602, 629, 630, 644, 644-bis, 648, esclusa la fattispecie di cui al secondo comma, 648-bis, 648-ter del codice penale, nonché dall'art. 12-quinquies, comma 1, del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 1992, n. 356, ovvero per taluno dei delitti previsti dagli articoli 73, esclusa la fattispecie di cui al comma 5, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica. Le disposizioni indicate nel periodo precedente si applicano anche in caso di condanna e di applicazione della pena su richiesta, a norma dell' art. 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale'. Il comma 2-bis così recita: 'In caso di confisca di beni per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis e 325 del codice penale, si applicano le disposizioni degli articoli 2-novies, 2-decies e 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni'.
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A.S. n. 2156-B Articolo 24
Articolo 24 (Modifica al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché disposizioni concernenti la revoca del segretario comunale o provinciale)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. Al testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 58, comma 1, lettera b), le parole: «(corruzione per un atto d’ufficio)» sono sostituite dalle seguenti: «(corruzione per l’esercizio della funzione)» e dopo le parole: «319-ter (corruzione in atti giudiziari),» sono inserite le seguenti: «319-quater, primo comma (induzione indebita a dare o promettere utilità),»; b) all’articolo 59, comma 1, lettera a), dopo le parole: «319-ter» sono inserite le seguenti: «, 319-quater». 2. Il provvedimento di revoca di cui all’articolo 100, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, è comunicato dal prefetto all’Autorità nazionale anticorruzione, di cui all’articolo 1 della presente legge, che si esprime entro trenta giorni. Decorso tale termine, la revoca diventa efficace, salvo che l’Autorità rilevi che la stessa sia correlata alle attività svolte dal segretario in materia di prevenzione della corruzione.
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A.S. n. 2156-B Articolo 24
L’articolo 24 (introdotto durante l'esame presso la Camera), modifica gli articoli 58 e 59 del TUEL68, inserendo - comma 1 - la condanna definitiva per il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità tra le cause ostative alla candidatura alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali ovvero di impedimento a ricoprire cariche presso gli organi rappresentativi degli enti locali. Ad analoga condanna, ma non definitiva, consegue la sospensione di diritto dalle cariche rappresentative degli enti locali. Il comma 2 dell'articolo coinvolge l' Autorità anticorruzione nei procedimenti di revoca del segretario comunale (o provinciale) da parte del sindaco (o del presidente della provincia); le revoche sono sospese per trenta giorni, durante i quali l'Autorità può intervenire, se rileva una correlazione con le attività preventive della corruzione svolte dal segretario. L'art. 24 - già art. 18 del testo approvato in sede referente alla Camera - consta di due commi. Con il comma 1 vengono apportate modifiche al TUEL, in particolare agli articoli 58 e 59. Per quanto riguarda l'art. 58, la lettera a) del comma 1 inserisce anche la nuova fattispecie penale di cui all'art. 319-quater, primo comma (induzione indebita a dare o promettere utilità) - introdotto dall'art. 19, comma 1, lett. i) (cfr.)- tra le ipotesi di condanna definitiva che hanno come conseguenza: 1) l'incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e 2) il non poter ricoprire le cariche di: presidente della provincia; sindaco; assessore; consigliere provinciale e comunale; presidente e componente del consiglio circoscrizionale; presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi; presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni; consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'art. 114 del TUEL (aziende speciali ed istituzioni); presidente e componente degli organi delle comunità montane. Inoltre, l'esistente rubrica «corruzione per un atto d’ufficio» è sostituita da quella introdotta con il d.d.l. in esame: «corruzione per l’esercizio della
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Testo unico per gli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
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A.S. n. 2156-B Articolo 24
funzione», nuova rubrica (del nuovo testo di un preesistente articolo), introdotta dall'art. 19, comma 1, lett. f). Analogamente (lettera b) viene modificato l’articolo 59, comma 1, lettera a), inserendo l'ipotesi di cui all'art. 319-quater tra quelle per cui alla condanna non definitiva consegue la sospensione dalle cariche sopra indicate. Il comma 2 prescrive che il provvedimento di revoca del segretario comunale o provinciale sia comunicato dal prefetto all’Autorità nazionale anticorruzione (prevista dall’art. 1 del testo in esame; cfr.). L'Autorità ha trenta giorni per esprimersi, passati i quali, la revoca diventa efficace. L'efficacia sembra poter venir meno (‟salvo che”) nel caso in cui l’Autorità rilevi che la revoca del segretario (che avviene da parte del Sindaco o del Presidente della Provincia) sia correlata alle attività svolte dal segretario stesso in materia di prevenzione della corruzione. Il provvedimento di revoca è previsto dall’articolo 100, comma 1, del TUEL, a norma del quale il segretario può essere revocato con provvedimento motivato del sindaco o del presidente della provincia, previa deliberazione della giunta, per violazione dei doveri d'ufficio.
181
A.S. n. 2156-B Articolo 25
Articolo 25 (Modifica all'articolo 59 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. All’articolo 59, comma 1, lettera c), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, dopo le parole: «misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di procedura penale» sono aggiunte le seguenti: «nonché di cui all’articolo 283, comma 1, del codice di procedura penale, quando il divieto di dimora riguarda la sede dove si svolge il mandato elettorale».
L'articolo 25 - approvato durante l'esame presso la Camera - novella l’art. 59 del TUEL69 prevedendo la sospensione di diritto, da una serie di cariche pubbliche, delle persone nei cui confronti l’autorità giudiziaria ha applicato la misura coercitiva del divieto di dimora, quando coincida con la sede dove si svolge il mandato elettorale. L'articolo 25 - già art. 11 del testo approvato in sede referente alla Camera aggiunge la fattispecie di cui all'articolo 283, comma 1, del codice di procedura penale (divieto di dimora) alle misure coercitive cui consegue la sospensione di diritto dalle cariche pubbliche di carattere locale di cui all'art. 59 del TUEL ( su cui cfr. anche art. 24), purché il divieto di dimora riguardi la sede dove si svolge il mandato elettorale. L'ipotesi è aggiunta all'articolo 59, comma 1, lettera c), del TUEL, che fa attualmente riferimento alle misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di procedura penale.
69
Testo unico per gli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
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A.S. n. 2156-B Articolo 25
Potrebbe essere osservato che diverse tra le cariche previste dall'art. 58 del TUEL (cui rinvia l'art. 59) non necessariamente hanno a che fare con lo svolgimento di un â€&#x;mandato elettoraleâ€?, ma bensĂŹ con una nomina (come nel caso di un assessore). In tali casi non sembra potersi escludere l'eventualitĂ di incertezze interpretative.
184
A.S. n. 2156-B Articolo 26
Articolo 26 (Modifica alla legge 27 marzo 2001, n. 97)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——– 1. All’articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n.97, dopo le parole: «319-ter» sono inserite le seguenti: «, 319-quater».
L’articolo 26, introdotto dalla Camera dei deputati, modifica la Legge n. 97 del 200170, ai fini del necessario coordinamento derivante dalla nuova fattispecie delittuosa introdotta dall'articolo 19 del provvedimento in esame (“induzione indebita a dare o promettere utilità”, cd. 'concussione per induzione', di cui al nuovo articolo 319-quater c.p.). In particolare, l'articolo in commento novella l'articolo 3, comma 1, della suddetta Legge n. 97 del 200171, che disciplina il trasferimento del pubblico
70
L. 27 marzo 2001, n. 97, recante 'Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche'. 71 L'articolo 3 della L. n. 97 del 2001, nel disciplinare il Trasferimento a seguito di rinvio a giudizio, così recita: '1. Salva l'applicazione della sospensione dal servizio in conformità a quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, quando nei confronti di un dipendente di amministrazioni o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica è disposto il giudizio per alcuni dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma , 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale e dall'articolo 3 della legge 9 dicembre 1941, n. 1383, l'amministrazione di appartenenza lo trasferisce ad un ufficio diverso da quello in cui prestava servizio al momento del fatto, con attribuzione di funzioni corrispondenti, per inquadramento, mansioni e prospettive di carriera, a quelle svolte in precedenza. L'amministrazione di appartenenza, in relazione alla propria organizzazione, può procedere al trasferimento di sede, o alla attribuzione di un incarico differente da quello già svolto dal dipendente, in presenza di evidenti motivi di opportunità circa la permanenza del dipendente nell'ufficio in considerazione del discredito che l'amministrazione stessa può ricevere da tale permanenza. 2. Qualora, in ragione della qualifica rivestita, ovvero per obiettivi motivi organizzativi, non sia possibile attuare il trasferimento di ufficio, il dipendente è posto in posizione di aspettativa o di disponibilità, con diritto al trattamento economico in godimento salvo che per gli emolumenti strettamente connessi alle presenze in servizio, in base alle disposizioni dell'ordinamento dell'amministrazione di appartenenza. 3. Salvo che il dipendente chieda di rimanere presso il nuovo ufficio o di continuare ad esercitare le nuove funzioni, i provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 perdono efficacia se per il fatto è pronunciata sentenza di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva e, in ogni caso, decorsi cinque anni dalla loro adozione, sempre che non sia intervenuta sentenza di condanna definitiva. In caso di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva, l'amministrazione, sentito l'interessato, adotta i provvedimenti consequenziali nei dieci giorni successivi
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A.S. n. 2156-B Articolo 26
dipendente a seguito di rinvio a giudizio per i reati ivi previsti, ai quali viene appunto aggiunto il nuovo reato configurato dal menzionato articolo 319-quater del codice penale.
alla comunicazione della sentenza, anche a cura dell'interessato. 4. Nei casi previsti nel comma 3, in presenza di obiettive e motivate ragioni per le quali la riassegnazione all'ufficio originariamente coperto sia di pregiudizio alla funzionalità di quest'ultimo, l'amministrazione di appartenenza può non dare corso al rientro. 5. ... (Aggiunge il comma 1-bis all' art. 133 delle norme di attuazione del codice di procedura penale, approvate con D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271)'.
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A.S. n. 2156-B Articolo 27
Articolo 27 (Clausola di invarianza)
Testo approvato dal Senato ——–
Testo comprendente le modificazioni apportate dalla Camera dei deputati ——–
1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Identico.
2. Le amministrazioni competenti provvedono allo svolgimento delle attività previste dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
L’articolo 27 contiene la clausola di invarianza finanziaria. Pertanto, per le attività previste dalle disposizioni del disegno di legge in esame, le competenti amministrazioni possono utilizzare unicamente le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
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