Il Canto delle Sirene Qr code

Page 1

Gianluca Lambusta

IL CANTO DELLE SIRENE


2


L’INIZIO Dicono che ogni storia abbia un inizio. Forse è vero, ma appena hai presente una particolare

singola storia – ad esempio la mia – la cosa si fa più complicata. Ho pensato e ripensato, e sono giunto alla conclusione che, forse, non esiste un solo inizio; forse ne esistono infiniti ed è impossibile risalire a un vero punto d’origine. Proprio per questo, nel grande mare delle possibilità, ho scelto di collocare il mio in un piccolo paese della Sicilia, Galliano Castelferrato. È il secolo scorso e mio nonno, come altri compaesani, decide di lasciare la propria terra in cerca di fortuna. Non è una scelta ovvia, comporta dei rischi che oggi facciamo quasi fatica a immaginare. Ma lui in-

tuisce che il mondo sta cambiando, che molte cose stanno muovendosi e che il corso degli eventi si è ormai lasciato alle spalle quella piccola realtà immobile, identica a sé stessa fin da troppo tempo. Due guerre mondiali si sono finalmente concluse, ma

il mondo non assomiglia nemmeno lontanamente a quello che era prima. Mio nonno, però, è convinto che tutto si rimetterà presto in moto e vuole prende3


re parte alla rinascita del Paese e così, incurante di chiunque tenti di dissuaderlo, sale sulla prima nave diretta a Roma, la capitale, intenzionato a perseguire le sue ambizioni.

Trova la fortuna lungo la costa laziale, più precisamente a Ostia, dove ha l’intuizione di aprire la prima tabaccheria della zona. L’impresa si dimostra redditizia, gli anni trascorrono e la tabaccheria passa nelle mani di mio padre; come ci si potrà aspettare, ben presto mi ritrovo coinvolto io stesso nella gestione di quella che è ormai l’attività di famiglia da due generazioni. Lavorare dietro il banco segna il mio primo vero approccio con un grande quantitativo di denaro; mai, prima di allora, avevo stretto fisicamente tra le mani un simile ammontare di carta moneta, con tutte le responsabilità che ne conseguono. Far quadrare i conti, amministrare la cassa nel modo corretto non solo contribuisce a educare la mia forma mentis ma mi apre letteralmente gli occhi su quanto denaro passi

di mano in mano, in continuazione, ogni giorno: un circolo inarrestabile di scambi e transazioni. Lavorare alla tabaccheria mi fa capire quanto io e Marisa, la 4


vecchietta che ogni sera gioca sempre gli stessi numeri al superenalotto, o Fabrizio, che ogni mattina alle sette meno dieci compra un pacchetto di Diana rosse prima di andare in cantiere, o il signor Frigerio,

che fuma i Toscanelli e dirige la filiale bancaria vicino al lungomare da quasi vent’anni, siamo interconnessi… Interconnessi tra noi e con tutto un reticolato di attività e spostamenti di denaro continui e impercettibili, che ci lega in ogni direzione e a ogni altitudine, che collega in un unico sistema chiunque, che lo sappia o no. Si passa da un bambino che compra un gioco a chi quel gioco lo produce, da questi ai produttori di macchinari e di software e alle grandi banche, fino ai pochi miliardari sparsi nel mondo che, con una decisione, possono affondare un intero Stato a migliaia di kilometri di distanza, fare sorgere dal nulla una città nel mezzo del deserto o su Marte. Forse non è l’idea più rassicurante, eppure tutti noi siamo parte di una medesima rete la cui forza motri-

ce è il denaro, in ogni angolo del globo. Qualcosa di immenso e in parte anche inquietante che per me, fino a quel momento, era stato un com5


pleto mistero. E poi ho un’intuizione, la sensazione che operando la pressione giusta, premendo un certo bottone in un certo momento si possa fare qualsiasi cosa… Il punto è sapere come e quando. Due do-

mande le cui risposte, nella mia mente, iniziano ad assumere una forma ogni giorno più definita e, ciò nonostante, mi sfuggono. Il periodo trascorso in tabaccheria mi mette anche davanti a scene di profonda tristezza e miseria umana, che non mancano di impartirmi alcune inaspettate lezioni di vita. Ripenso ad esempio a un certo cliente, inizialmente molto distinto e benvestito, che era solito sprecare il proprio tempo e il proprio denaro alle slot machines. Vederlo ogni sera convertire lo stipendio in monetine da un euro per poi gettarle in quel pozzo senza fondo di ferraglia e luci colorate nella speranza di una fortuna che mai sarebbe arrivata faceva crescere in me un sentimento di compassione misto a rabbia che anche adesso trovo difficile descrivere. Certo,

ogni tanto vinceva ottanta, cento euro, ma nel giro di mezz’ora tornava a secco dopo essersi rigiocato tutto. Una volta aveva gettato al vento quasi cinquecen6


to

euro

senza

vincere

un

accidente;

in

quell’occasione ho provato a dissuaderlo dal continuare,

andando

anche

contro

gli

interessi

dell’attività di famiglia, ma lui non voleva sentire ra-

gioni. “La prossima è quella buona!” diceva. In un certo senso le sue (rare) vittorie erano la causa della sua complessiva sconfitta. La macchina è costruita per funzionare in questo modo: vincere il necessario per continuare a giocare e avanti così… Solo che, di giorno in giorno, lui aveva sempre meno. Era vestito ogni settimana peggio e la sua faccia si pietrificava un pezzetto per volta, quando un “bel” giorno pensò di avere trovato una tecnica per capire le segrete intenzioni delle macchinette e perse completamente il senno. Di lì a poco si convinse di poter calcolare il risultato dei dadi con assurdi metodi cabalistici e prevedere grazie alla “meccanica quantistica” (per come l’aveva capita lui) il numero della roulette nel 66% dei casi. Pare che, prima di finire i

suoi giorni in un ospizio, abbia fatto in tempo a sposarsi nel Principato di Monaco con una thailandese

7


fin troppo scaltra che si è presa quel poco che gli rimaneva. Eppure lui è stato solo una tra le tante vittime. Era rimasto sotto l’onda sbagliata. A essere sincero non

so se esistano dei veri e propri carnefici ma le vittime, quelle ci sono eccome. Lì, davanti a questa storia patetica, ho iniziato a capire che il mercato è come un mare inquieto e mastodontico: l’oceano Pacifico, ad esempio. È un posto a cui si deve dare un nome rassicurante – come “mercato“, appunto – per alimentare la vaga speranza di uscirne vivi. Tutto questo, però, dal punto di vista della tabaccheria era quasi impercettibile… In qualche punto il mare è calmo, piatto. Tutto sembra dover continuare come sempre. E, nel bene e nel male, così era per l’azienda della mia famiglia. Come in nave o in aereo non si percepisce la velocità, nella calma piatta del mio tran tran, lì a Ostia, le gigantesche onde che si abbattevano da qualche parte portando alcuni su al-

tri giù, distruggendo e creando su larga scala, non si percepivano nemmeno di striscio. Calma piatta, almeno fino alla crisi del 2008. 8


A quel punto il maremoto è talmente profondo e diffuso che la finanza – che dimostrava di tenere in scacco il mondo – sbuca anche nella mia esistenza. La mia onda – quella che avrei dovuto cavalcare – la

devo cercare altrove: inizia a essermi chiaro che non passerà dalla tabaccheria. Le vere onde all’orizzonte, purtroppo o per fortuna, lì non si vedono. Così comincio a pensare alla vita che conduco quasi come se fosse un’imposizione, un retaggio a cui sono condannato e che mi vincola a qualcosa che non desidero e non mi rappresenta. Intanto il mondo compie una nuova, radicale evoluzione e, con l’era della finanza e della digitalizzazione ormai più che incombente, realizzo che la tabaccheria è diventata per me quello che il piccolo paese in Sicilia era stato per mio nonno cinquant’anni prima. Se per lui Roma è stato il punto d’arrivo, per me deve essere il punto di partenza. Verso quale direzione, però? La scuola non mi ha mai dato grandi soddisfazioni e

io non ne ho mai date a essa. Certo, i numeri mi hanno sempre affascinato; hanno una logica da decifrare e nella loro sfera tutto è perfetto. Controllabile. In 9


tutto ciò lo studio della matematica fine a sé stesso, senza poter dare uno scopo ultimo a tutti quei calcoli, mi è sempre suonato vuoto e inutile. Così, da adolescente, il futuro che mi aspetto non ha

più nulla a che vedere con la tabaccheria, ma non ha ancora nulla a che fare nemmeno con l’economia. Inizio l’università controvoglia, più per assecondare le ambizioni di mio nonno che per un mio sincero interesse. Il nonno, per cui l’ascesa sociale della famiglia aveva un certo valore, aveva sempre spinto affinché mi laureassi, al punto che, quando ho rinunciato ufficialmente, ha quasi iniziato a mentire per coprire l’imbarazzante fatto che avessi mollato. Ma in fondo non è un certificato del tutto simbolico anche la laurea? Se non hai un piano rimane carta straccia. Mio padre, per accontentare questa fissa del nonno, si è laureato a quarant’anni e ha ereditato volentieri la tranquilla attività di famiglia. Io, invece, guardo in tutt’altra direzione, una direzione che mio nonno pa-

radossalmente disapproverà fino all’ultimo. In effetti la mia traiettoria non è stata ovvia e, fino a un certo momento, non l’ho capita appieno neppure io. 10


D’altra parte la mia scelta di intraprendere un percorso autonomo, integralmente individuale, ricorda davvero quel suo primo passo di andarsene da Castelferrato nel dopoguerra. Che lui lo comprenda o

no. Per un certo periodo mi convinco che la mia realizzazione personale possa compiersi nell’atletica leggera, sport che pratico fin da giovanissimo portando a casa ottimi risultati. All’atletica devo gran parte della mia formazione; mi ha insegnato a essere determinato, resistente, competitivo e mi ha spinto in più di un’occasione a superare i miei limiti… Ma, ahimè, lo stile di vita di chi pratica sport a livello professionistico, fatto di diete sane, ritmi massacranti e zero vita sociale non si addice alla mia indole e, di fronte alla concreta occasione di entrare nel corpo della Guardia di Finanza per poter gareggiare ai massimi livelli, dopo lunghe riflessioni mi trovo a rifiutare.

Le vicende della propria esistenza, al contrario dei numeri, non sono così prevedibili, tuttavia si può sempre prevedere se stessi, perlomeno entro alcuni 11


limiti. Mi proietto in quella prospettiva di vita, in quella successione interminabile di allenamenti, colazioni, pranzi e cene a base di bresaola. Però non è questo a spaventarmi davvero. L’idea di giocarmi

così gli anni più divertenti e spensierati non mi esalta ma forse potrei farcela e scommettere davvero sull’atletica. Non è questo che mi spaventa, a farmi paura è un dubbio incastrato in qualche angolo buio del cervello: potrei arrivare in alto, certo, ma quanto in alto? Ho le carte e soprattutto la volontà per arrivare al top? Come i più svegli in circolazione sanno da migliaia di anni, il più delle volte il trucco è conoscere sé stessi. Il giorno in cui mi sono risposto di no, che non era quella la via, è stato il primo giorno in cui ho capito da quale verso prendere la vita. Certo, nell’immediato è stata una completa merda. Dal punto di vista degli altri, dall’esterno, ho rinunciato al mio sogno, dalla mia prospettiva sapevo di stare soltanto preservando la possibilità che si realizzasse davvero. Non volevo fino in fondo quel sogno,

come il sogno di mio nonno che mi laureassi, non era pienamente mio – è questo il fatto – e, se tra gli infiniti fattori in campo non sei sicuro nemmeno di te, 12


puoi anche dare per scontato che non se ne farà nulla. L’unica cosa che davvero si può controllare è sé stessi e la propria sfera di interazioni. Afferrato questo concetto, metà delle ansie (del destino, delle crisi,

degli altri ecc.) non hanno più alcun significato, mentre l’altra metà si possono trasformare in obiettivi concretamente realizzabili. Più il tempo passa, più mi rendo conto di quanto in fondo la chiave di tutto sia l’autocontrollo. Se un uomo riuscisse a controllare completamente le proprie azioni – e, prima ancora, i propri pensieri – potrebbe probabilmente ottenere qualsiasi cosa. Purtroppo o per fortuna non esiste nessuno capace di farlo… Dal giorno in cui ci ho pensato, però, cerco di avvicinarmi

a

questo

modello

il

più

possibile.

L’autocontrollo assoluto rimane un sogno, per me come per chiunque altro, è ovvio: se qualcuno pensasse di esserci arrivato davvero starebbe solo mentendo a sé stesso o, nel peggiore dei casi, sarebbe

completamente pazzo, come quel tale delle macchinette. Eppure ogni minima cosa in più che posso instradare razionalmente, secondo un piano, consente 13


di fare un passo avanti in una direzione stabilita. Ogni movimento, se è indirizzato verso un percorso, non è uno spreco di energia ma la alimenta. Ogni mossa, ogni investimento, ogni scelta fatta secondo

un progetto consente di migliorarsi, di individuare l’onda giusta da cavalcare e il momento esatto in cui spiccare il salto. Anche se l’unica strada sensata fosse di

abbandonare

il

progetto,

come

nel

caso

dell’atletica. Forse il giorno in cui ho mollato lo sport il sogno di qualcuno si è infranto per sempre, forse ho solo iniziato a conoscere meglio me stesso e la mia meta. La tua meta, infatti, non c’entra nulla con il destino. È il progetto di una vita e richiede tutti i passi concretamente necessari a realizzarla. Gli eletti esistono solo nei film. È un mito che ci serve a rendere più tollerabile la completa arbitrarietà del caso. Non potrò mai prevedere ed evitare – ad esempio – che un giorno, camminando, dal nulla mi cada un mattone sulla testa. Se capita, capita. Potrò però allenarmi, es-

sere attento e sviluppare dei buoni riflessi per schivare meglio i pericoli.

14


Certo, ci sempre sarà sempre un mattone che ti coglierà del tutto impreparato… e però che passeggiando per il centro di Roma ti cada sulla testa un mattone è tutto sommato improbabile. È un rischio

che ogni giorno migliaia di persone si sentono di correre e fanno bene. Ci sono un sacco di rischi che si corrono senza nemmeno accorgersene e ci saranno sempre. L’autocontrollo consente di ridurre il più possibile questo margine ma non lo annulla mai, è semplicemente impossibile. Altrimenti ci troveremmo dentro un videogioco. Non a caso i soldi che vinci in un videogioco nella realtà non valgono nulla. Non implicano un vero rischio. E, se qualcuno ribattesse che oggi un gamer di successo può arrivare a guadagnare più di me, lo inviterei a provare a pagare le rate del mutuo con i soldi vinti in GTA V o a prendersi un caffè con le monete collezionate in Super Mario Bros. Molti direbbero lo stesso anche della finanza e, in questo mio breve racconto autobiografico, non mi di-

spiacerebbe riuscire a smentirli. Per come la vivo io, la finanza è a tutti gli effetti un lavoro e non c’è nessun trucco che possa sostituire il lavoro. In ogni caso, 15


chi spera che si gli riveli una formula magica per arricchirsi a rischio zero può sempre rivolgersi a una chiaroveggente. Qui nessuno ha la sfera di cristallo. Il futuro si può progettare e, entro alcuni limiti, pre-

vedere ma non si può calcolare del tutto né tantomeno si può sperare di cavarsela facendosi truffare da una fattucchiera. Lasciata l’atletica all’età di diciannove anni non mi sono mai più guardato indietro. Non ho mai più nemmeno mimato la mossa della marcia – ed ero un marciatore – e va bene così. In quel mondo sarei stato solo uno dei tanti, ormai l’avevo capito. E nel mondo dello sport essere uno dei tanti significa nove su dieci diventare un dipendente statale, magari insegnare Scienze motorie nei licei, senza volerlo davvero… Quest’esito mi avrebbe lasciato con l’amaro in bocca, quindi dal maggio 2009, dal giorno in cui ho deciso di abbandonare l’atletica, non sono più tornato indietro. Forse essere così “categorico” è un tratto del mio ca-

rattere: inizio a catalizzare le mie energie altrove perché capisco che, affinché i miei sogni non diven-

16


tino frustrazioni inutili, ho bisogno di tutte le mie forze e di un buon piano. Il piano, inutile dirlo, nell’estate del 2009 ancora mi manca.

17


18


L’OCEANO Il nuovo orizzonte che mi si apre ora è quello del trading.

Agli inizi, tuttavia, non si può dire che il mio sia stato un ingresso trionfale. Come ho già detto, non ho un piano. A essere precisi non ho ancora idea del lavoro che arriverò a fare. Sto inseguendo un’ombra. Nel frattempo il mondo comincia a cadere vistosamente a pezzi e la crisi è sui titoli di tutti i giornali. Qualcosa di simile era già successo nel 1929 e – per la cronaca – era stato un completo disastro… Tutti si aspettano il peggio e l’angoscia è palpabile a ogni livello. Ho appena capito che il mio futuro non è nello sport

e sono alla ricerca di una strada percorribile. In un certo senso ho rinunciato all’atletica non per mancanza di ambizione ma per un eccesso di ambizione e, a questo punto, non posso accomodarmi su ciò che rimane della mia quotidianità. Sarebbe una completa

sconfitta. Cerco quindi disperatamente di capire che cosa, in positivo, si possa trarre da questa situazione di per 19


sé abbastanza deprimente… E in fin dei conti è proprio qui, a questo punto, che l’idea di entrare nel mondo della finanza da completo outsider inizia ad affacciarsi tra i miei pensieri… Dico da outsider per-

ché non intendevo intraprendere il percorso ufficiale, che passa per una laurea in Economia, stage sottopagati ecc. Iniziavo a intuire che la finanza ha leggi proprie e, con le mosse giuste, si possono superare le più comuni regole del gioco per muoversi a un livello più profondo. C’è un livello superficiale anche nell’oceano, cioè quello che tutti vedono del mercato, gli uffici, i negozi, le banconote che passano di mano in mano. Ma ci sono diversi altri strati e lo strato che sta sotto influenzerà sempre quello che sta sopra per quanto, dal livello più superficiale, questo non si percepisca mai. Proprio come è accaduto nel 2008 con i mutui subprime, le banche, Lehman Brothers ecc. Quello stesso effetto domino – che ha rischiato di schiacciare

la società per come la conoscevamo – può essere sfruttato a proprio vantaggio. Il punto è soltanto capire come. 20


In parole povere, inizio a pensare che se la finanza ha dimostrato di tenere il mondo per le palle, allora per lasciare veramente un’impronta è su quel campo da gioco che bisogna disputare la propria partita.

È a quel livello, il più profondo possibile, che bisogna agire. È lì che i maremoti nascono mentre, fino a che si rimane in superficie, vedi solo l’onda accumularsi e caderti in testa. Questi però sono solo pensieri… Senza di essi non mi sarei mosso di un millimetro, certo, ma non bastano. Ci vuole una strada percorribile e, agli inizi, anche qualcuno che ti aiuti nel percorso. Mio padre ha svolto un ruolo importante in questa storia. Lui faceva qualcosa di completamente diverso dal trading per come lo intendo oggi, era più vicino alla classica figura del cassettista (che fa investimenti a lungo termine, non speculativi). I grafici tra cui si destreggiava avevano però su di me uno strano fascino, quello stesso fascino che – malgrado la scuola – ha sempre avuto la matematica.

In questa nuova dimensione che mi si apriva davanti – l’economia – competizione e controllo si univano in una forma inedita che passava non solo dal controllo 21


del corpo ma anche da quello della mente e, indirettamente, del mondo… O, in verità, di una piccola parte del mondo. Ormai so che il completo controllo è impossibile, pe-

rò non posso negare che questo sogno mi abbia in qualche modo ispirato nell’imboccare la mia strada. A prescindere da tutto, mio padre – per quanto avesse scelto per sé una vita molto più tranquilla – mi ha sostenuto fin dal primo momento e ha pure rischiato di perderci parecchio per aiutarmi. C’era poi un ostacolo iniziale ovvio, che molti dimenticano. Quando si pensa a grandi investimenti per un trader ci si immagina che una singola persona, con il suo computer di casa, possa svolgere come se nulla fosse il lavoro che enormi banche d’affari dividono tra centinaia di addetti. In un certo senso, in un mondo etereo come quello della finanza, c’è un fondo di verità in quest’idea, ma non è esattamente così. Il modo migliore di spiegarlo è forse con l’esempio

di un concerto.

22


Indipendentemente

dalle

normali

alleanze

e

dall’aiuto reciproco, un trader vuole essere un one man band. Un singolo musicista, nei fatti, non suonerà mai co-

me un’orchestra perfettamente oliata. D’altro canto, se il musicista è davvero bravo, può fare meglio di tutti i singoli membri, fare tutto lo show da solo e – perché no? – da solo riempire la platea. Magari non riempirà uno stadio, come si può fare quando si ha una major alle spalle, ma il guadagno di ogni singolo biglietto venduto alla fine tornerà a lui. Però – c’è un però – un one man band deve essere davvero, ma davvero bravo. Altrimenti è come se a un’orchestra togliessimo tutto, per lasciare uno con il

triangolo e senza senso del ritmo… Per quanto oggi mi sembri surreale, agli inizi – quando ancora non ingranava niente – mi sentivo un po’ così. Come se fossi lì con il mio triangolo, pronto per una bella pioggia di pomodori…

Poi però, giorno dopo giorno, la sala ha iniziato a riempirsi e ho capito di essere bravo. Abbastanza bravo da non invidiare mai più nessun impiegato di 23


banca e da non rimpiangere la sveglia che – alle quattro e un quarto spaccate – apre la tipica giornata in tabaccheria… con il sole, la neve, l’alluvione, l’uragano, Chernobyl, sempre: chi fuma, fuma sem-

pre, fosse pure il suo ultimo istante di vita, a maggior ragione! E io dovevo essere lì, pronto (in coma) e pulito, così che uno sventurato pendolare tra i tanti, spenta la quarta Marlboro, potesse prendere il treno delle cinque e qualcosa. Non faceva per me. Così, mollata l’università dopo sei mesi, ho iniziato a studiare trading su suggerimento di mio padre. Nel frattempo mi toccava però lavorare in tabaccheria. La strada era ancora lunga, molto più lunga e labirintica di quanto immaginassi. Da questo punto di vista la nostra generazione è rimasta troppo tempo abbagliata dal sogno americano, ne ha fatto un mantra vuoto di cui si è perso il significato. Guarda caso, poi, sono soltanto le storie di chi “ce l’ha fatta” che vengono scritte. Gli altri spariscono semplicemente dai radar. Nessuno conoscerà mai

l’esatto ammontare di tempo e soldi che hanno perso.

24


Non basta avere una botta di culo per svegliarsi Rockfeller o Elon Musk, non bastano le buone intenzioni né tantomeno “volerlo”, come suggerisce il finale melenso di tante commedie. Si può solo suonare

ogni giorno meglio, mirando al momento in cui un singolo uomo, nei fatti, varrà un’intera orchestra. Queste idee iniziano a ronzarmi in testa costantemente e prendo l’opzione del trading sempre più sul serio. L’insoddisfazione per l’esistenza che vivo è palpabile. Mi va stretta, da qualunque prospettiva io la guardi. A parte questo nuovo pensiero fisso del trading, il resto non mi dà più alcuna soddisfazione. Mio padre allora, confidando che io studiassi gradualmente la teoria, decide di lanciarsi con me in queste prime giocate d’azzardo. Mi iscrivo all’istante a un corso gestito da un tale “David” – di cui, per motivi che presto saranno evidenti, ho un ricordo abbastanza amaro – e, spinto dall’entusiasmo, mi convinco rapidamente di poter iniziare a operare.

David ha un gruppo di studio su Facebook e, per prima cosa, mi vende (a caro prezzo) un manuale in formato Pdf che subito stampo, rilego e recito nem25


meno fosse un oracolo. Pensavo di avere trovato l’Eldorado. In quelle pagine tutto era meccanico, logico e lineare; l’analisi tecnica può dare quest’impressione o, meglio,

quest’illusione. Ogni esempio di David era perfetto, calzava al millimetro, sembrava l’ennesimo tassello di un puzzle fatto di numeri e calcoli perfetti. Pareva solo questione di applicare correttamente alcune leggi. In pratica il corso era progettato allo scopo di dare l’idea che, per diventare un trader professionista, bastasse imparare a memoria quelle costose scartoffie (che ancora tengo per ricordo). Così, dopo sole due settimane di studio, mio padre apre un conto… Si inizia. Semplificando molto, il genere di analisi promossa da David funziona in questo modo: si cerca di predire l’andamento futuro del prezzo utilizzando lo studio dei casi passati, modelli matematici e un supporto grafico. Fin qui nulla di strano.

Però le figure portate a sostegno della sua teoria la rispecchiavano a priori! Mi spiego meglio: nemmeno un calcolatore quantistico alto otto piani potrebbe 26


garantire che in futuro si ripetano necessariamente gli stessi andamenti del passato. Anche perché, come chiunque avrà capito sulla sua pelle, l’economia (a oggi) non è una scienza con un grado di esattezza

paragonabile alla fisica. Calcolare il movimento di una sfera su un piano è molto più semplice che calcolare quel magma di fattori che influenzano la variazione di un prezzo sul mercato: miliardi di persone, cervelli, scelte, politiche nazionali, internazionali, casualità, disposizione delle risorse ecc. David però glissava su questa enorme differenza con somma nonchalance. E io gli credevo, volevo crederci: dal mio (ingenuo) punto di vista avevo trovato il primo filone di un’immensa miniera d’oro, avevo appena imboccato la mia “autostrada per il paradiso”… Forse, prima ancora di David, a ingannarmi è stato il fatto che la mia idea, in origine, fosse proprio questa: soldi facili e veloci, proprio come prometteva lui prima di sfilarti qualche centinaio di euro in cambio dei suoi grafici e dei suoi backtest. Sbagliata la prima

mossa, è difficile fermare l’effetto domino. Io e papà, che in realtà ancora non ne capiamo nulla, pensiamo bene – nel pieno della crisi – di puntare su 27


titoli azionari bancari. A guardare i grafici sono sempre andati piuttosto bene… Ovviamente, dopo solo un paio di settimane, quel conto si è perfettamente svuotato.

I nostri diecimila euro: svaniti per sempre. È stato questo il mio “battesimo di fuoco” nel mondo del trading. Non lo nascondo. Quei grafici, le tabelle del magico David… tutto sembrava tornare e invece, calati nel mondo reale, significavano solo che avevo fatto un gran bel casino. Non potevo concepire che ciò che il mio investimento avrebbe potuto creare sparisse così di colpo in una sorta di buco nero, senza avere assolutamente nulla in cambio (se non il senso di colpa). Non era un rischio calcolato, come sono abituato a correrne ora. Era un rischio e basta. In quel momento – quando capisco che è andata, ed è andata male – mi torna in mente quel cliente abituale con la fissa delle macchinette: lui, che era un disperato cronico, ci avrebbe messo anni a buttare

diecimila euro… A me sono bastate due settimane! Non si metteva bene per niente. La tentazione di mollare tutto era già alle stelle. 28


Presagivo che fosse solo l’inizio e che, insistendo, avrei perso ancora, eppure ora non cambierei la decisione di continuare per nulla al mondo. Prima che le cose iniziassero a ingranare avrei perso

molti altri soldi. Tutto il contrario di ciò che prometteva David, con le sue deduzioni matematiche, quasi fosse il semplice risultato di un’equazione: i soldi sì, se siete capaci, arriveranno; ma non arriveranno subito né facilmente e chiunque vi dica il contrario è solo il “vostro” David, un venditore di tappeti che, se lo prendete troppo sul serio, potrebbe lasciarvi in mutande. È il prezzo dell’ingenuità e – se oggi posso dire di averlo pagato fino all’ultimo centesimo – al tempo è stato un passaggio amaro ma necessario. Alla fine, comunque, ci ho guadagnato una specie di soglia critica: non mi sono più fidato di chi sembrava voler trasformare in oro un banale calcolo algebrico ma – lo anticipo già – mi sono fatto truffare ancora, e in modo ben peggiore. Per chi la vuole capire davvero, la realtà si rivela

sempre più complicata di quanto appaia e, per individuare una mossa veramente vincente in questo casino, due settimane non bastano quasi mai. 29


Io e mio padre siamo forse stati un po’ avventati – non consiglierei a nessuno di iscriversi al corso di David e perdere diecimila euro così – ma in fin dei conti è stato un primo fondamentale passo (falso)

senza il quale non sarei mai arrivato a essere la persona (e il trader) che sono.

30


L’“UOMO” È il 2011, la crisi bancaria sembra fuori controllo, la Grecia è sull’orlo del fallimento. Io sto per compiere vent’anni. Con il morale sotto i tacchi e la consapevolezza di aver appena dilapidato una bella somma di denaro, mi vedo costretto a scendere a patti con la vita e con il mio sogno, appendendo al chiodo il mantello del trader e tornando a lavorare in tabaccheria. Il senso di colpa e ancor più l’idea di aver visto naufragare tutte le mie ambizioni mi tormentano giorno e notte; sento il bisogno di rendermi utile e rimediare al mio fallimento, di redimermi agli occhi della mia famiglia e, se questo significa tornare a lavorare in tabaccheria, allora sono disposto a farlo. Passo le mie giornate tra la tabaccheria e le uscite con gli amici, nella monotonia più totale. Quando ho tempo vado sul lungomare a riflettere. L’incresparsi delle onde grigie del mare autunnale, con quel suo

moto convulso, riporta alla memoria ricordi ancora troppo freschi e scomodi perché possa lasciarmeli scivolare addosso. Sono stato incauto e un’onda mi 31


ha travolto, trascinandomi a fondo; ho bisogno di tornare in superficie, a qualsiasi costo. Un bel giorno, poco tempo dopo, di punto in bianco vedo il display del cellulare illuminarsi: mio zio mi

sta chiamando. Al telefono taglia corto, dice di aver conosciuto una persona davvero in gamba, con un patentino da gestore, che non solo è in grado di tirarci fuori dai guai ma che può addirittura farci guadagnare cifre che non avremmo mai immaginato. Io, comprensibilmente riluttante sulle prime, inizio a cambiare idea dopo che mio zio pronuncia un certo nome: “J.P. Morgan”. Quel nome rimbomba nella mia testa con la potenza di una parola magica, di un mantra, di un passe-partout per il successo. J.P. Morgan, per chi non lo sapesse, è una delle più grandi, prestigiose, potenti banche d’investimento al mondo, il contatto di mio zio ci aveva lavorato per anni!

Cerco

di

mettere

subito

un

freno

all’entusiasmo, memore del recente insuccesso, ma mi dico che vale la pena di sentire che cos’abbia da

offrire questo misterioso “uomo delle meraviglie”. Quella sera mio zio passa a prendermi in auto perché io possa finalmente conoscere quello che, per priva32


cy, d’ora in poi chiameremo “l’Uomo”. Durante il tragitto fino al quartiere Eur di Roma, dove l’Uomo si è stabilito, mio zio mi racconta che questo player di livello gli è stato presentato da un caro amico per

il conto del quale sta già gestendo la considerevole somma di seicentomila e rotti euro. Giunti all’Eur imbocchiamo via Copenaghen e parcheggiamo di fronte a uno splendido palazzo. La zona è ricca e il profumo di soldi è nell’aria. Mio zio compone un numero sul citofono e pochi istanti dopo siamo dentro lo stabile. I nostri passi rimbombano nell’ampio androne e rimbalzano sulle pareti intarsiate da venature di marmo finché non ci fermiamo di fronte a un grande ascensore. Le porte metalliche si spalancano davanti a noi e la moquette rossa all’interno della cabina mi invita a entrare. Mentre le porte si chiudono e l’ascensore inizia a salire lancio una rapida occhiata a mio zio, che ricambia con una pacca sulla spalla; mi ritrovo poi a fissare passivamente il display luminoso che indica il numero del piano al quale ci trovia-

mo, mentre la mia mente è invasa dai pensieri. Che tipo di persona sarà mai questa? Parliamo di qualcuno che ha lavorato per una delle banche più impor33


tanti al mondo e amministra quotidianamente centinaia di migliaia di euro come se fossero noccioline. Ma, soprattutto, saprà davvero tirarci fuori dalla merda in cui ci siamo cacciati?

Sul display luminoso lampeggia il numero otto e un rapido suono elettronico segnala che l’ascensore è giunto a destinazione. Le porte si aprono e in un attimo siamo di fronte alla porta dell’Uomo, una porta anonima, color marrone scuro, senza targhette o cognomi in vista. Mio zio bussa e rimaniamo in attesa per una trentina di secondi senza che dall’interno dell’appartamento giungano segni di vita. Mi decido quindi a premere il campanello e mi accorgo che le mie mani sono leggermente sudate per l’emozione. Di lì a poco la porta si apre, rivelando la silhouette di un uomo elegantissimo. Appena si sporge leggermente sul pianerottolo riesco a vederlo con maggiore nitidezza: una cinquantina d’anni circa, completo scuro, cravatta, capelli tirati all’indietro e sorriso a trentadue denti. L’Uomo

ci invita a entrare con voce ferma ma cortese, accompagnando l’invito con un gesto della mano. Al suo polso un Rolex Oyster Perpetual emette un piccolo 34


bagliore dorato. Subito stringe la mano a mio zio e mi si presenta, invitandoci ad accomodarci su un ampio divano di pelle posto lungo la parete più esterna di un ampio soggiorno ammobiliato con gu-

sto minimal. Scambiato qualche convenevole, l’Uomo si offre di preparare del tè per me e mio zio. Sparisce qualche minuto e torna con due tazze fumanti su un vassoio tappezzato di carta di giornale. Sul momento non ci faccio particolarmente caso, anche se tra me e me riconosco che il fatto sia piuttosto bizzarro, e allungo la mano per prendere la zuccheriera. È proprio in quel momento che l’occhio mi cade su una foto riprodotta su uno dei fogli di giornale e immediatamente vi riconosco il nostro ospite. L’Uomo aveva coperto l’intero vassoio con ritagli contenenti articoli su importanti affari e trattative che lo vedevano coinvolto. In quel momento non riesco a fare altro che pensare di trovarmi dentro un film e la mia sorpresa diventa

ancora più grande quando l’Uomo ci mostra la stanza in cui, a detta sua, “avviene la magia”…

35


Un ufficio molto elegante, con una bella scrivania di design, completamente illuminato dalla luce di almeno dieci schermi a parete, pieni di grafici e numeri! La prima cosa che noto dai grafici è che l’Uomo

entra a mercato con una violenza inaudita: sugli schermi leggo “più ventimila”, “meno cinquemila”, “più trentamila”… cifre quasi da banca! Immediatamente il nostro ospite si siede alla sua postazione e, dopo aver fissato negli occhi me e mio zio, abbozza un mezzo sorrisetto e dice: “Vi do una piccola dimostrazione pratica”. Nel giro di un’ora guadagna diverse decine di migliaia di euro, in tutta naturalezza. Ricordo di aver chiesto a mio zio di darmi un pizzicotto per assicurarmi di non essere in qualche strano sogno; il nostro ospite ride compiaciuto, certo di averci fatto intendere che con lui non si scherza e che ci troviamo di fronte a un professionista serio.

36


IL GRANDE SHOW Lo show continua a cena, in un ristorante indiano di alto profilo.

L’Uomo parla di macroeconomia con la stessa naturalezza con cui un bambino chiederebbe la merenda alla nonna. È brillante, colto, parla diverse lingue e si esprime con un eloquio formidabile. Ci racconta della sua vita spesa attorno al mondo, degli anni passati in Svizzera e poi a Londra presso J.P. Morgan. Ascolto ammirato, intervenendo solo se strettamente necessario per non spezzare il flow di quella che mi sembra la narrazione più bella che possa esistere. Giunti al dessert, l’Uomo mi guarda e dice: “Gianluca, sembri proprio un ragazzo in gamba. In più sei

ambizioso, e questo è fondamentale. Che ne dici di lavorare con me? Forse c’è qualche trucchetto che posso insegnarti!”, dopodiché mi strizza l’occhio e chiede il conto al cameriere. A questo punto sono “fomentatissimo”.

L’Uomo diventa così il mio modello e non desidero altro che diventare come lui. Immediatamente spendo una considerevole cifra per comprare un nuovo 37


pc, il più potente che trovo per fare colpo sul mio mentore, e nel giro di qualche settimana prendiamo in affitto un ufficio (una vecchia casa sfitta di mio zio). Il primo giorno mi presento in ufficio con il fuoco negli occhi di chi sta per cominciare una nuova vita. L’Uomo mi stringe la mano e dice di avere un regalo per me: è a quel punto che mi consegna una copia di Trading is a business di Joe Ross, l’unico testo che sento di consigliare a chiunque voglia imbarcarsi nell’avventura del trading. Nelle settimane che seguono, dopo aver acquistato costose piattaforme per il trading, inizio a lavorare fianco a fianco con l’Uomo, passando dal campo azionario – il mio territorio di pesca fino a quel momento – a quello dei Futures. Il nostro lavoro si concentra sui Bond, titoli di Stato che, anche a causa del periodo di piena recessione, si erano fatti strumenti particolarmente volatili. “Tu entra a mercato con me

e fai esattamente quello che faccio io. È tutto di guadagnato per te, così imparerai sul campo, lavorando” queste le sue parole. 38


Eseguo alla lettera quanto mi dice, iniziando a cimentarmi in quello che in gergo viene definito “copy trading”.

L’Uomo, nel frattempo, ha modo di conoscere la mia famiglia e diventa uno di casa, al punto di ottenere la totale fiducia di mio padre che gli affida ventimila euro da farmi gestire sotto la sua supervisione e seguendo le sue direttive. “Il momento del riscatto sta finalmente arrivando.” È questo che penso nel momento in cui mio padre decide di darmi la possibilità concreta di rimediare agli errori commessi in passato, e io non ho assolutamente intenzione di deluderlo. Non più. Nei mesi che seguono mi impegno, studio e imito pedissequamente le mosse del mio maestro ma, in un tempo relativamente breve, ci troviamo in negativo e perdo tutti i ventimila euro di mio padre. La delusione cocente e il senso di frustrazione rasentano in me livelli record. Avevo fallito, deludendo tutti, an-

cora una volta…

39


Mio padre parla con l’Uomo, che imputa la perdita alla congiuntura del periodo particolarmente sfortunato a livello azionario più, soprattutto, la mia inesperienza. Io voglio solo sprofondare sotto terra; mio

padre non sa più che pesci prendere. È a questo punto che, ancora una volta, l’Uomo si propone nuovamente di tirarci fuori dai guai.

40


LO SQUALO L’Uomo viene a casa nostra, prende me e mio padre da parte e ci fa una proposta: aprire un sottoconto

diretto del suo conto personale in cui gestire, assieme a me, altri ventimila euro per andare in recupero, a patto che mio padre fosse disposto a tirarli fuori. Senza sapere più che fare, mio padre sborsa altri ventimila euro che l’Uomo carica su un suo sottoconto. Io, dal canto mio, sono veramente a terra, mi incolpo per ciò che è accaduto e accetto tutto, spinto più dal senso di colpa e dalla volontà di recuperare il denaro che altro. L’Uomo, dal canto suo, mi rassicura che in futuro andrà bene e che avremo modo di rifarci con

gli interessi. Scelgo di avere fiducia in lui, ancora una volta… Una delle scelte peggiori della mia vita, con il senno di poi. Le settimane successive non vanno certo meglio e l’Uomo si ritrova a perdere circa la metà di tutto il

denaro che aveva in gestione dai vari clienti. “Proprio un periodo sfortunato” mi ripete di continuo. La mia fiducia in lui inizia a vacillare ma ancora non 41


voglio ammetterlo a me stesso, soprattutto dopo tutto il tempo, il denaro e la fiducia investiti. Non potrò mai scordare quando una mattina l’Uomo si presenta in ufficio, si siede alla scrivania e come

sempre compie le operazioni necessarie per accedere alla piattaforma di trading, ma l’accesso al conto viene respinto. Io rimango pietrificato. Non dimenticherò mai l’espressione di stupore e imbarazzo stampata sul volto della persona che tanto stimavo. Mi dice che la cosa suona molto strana e che intende fare subito degli accertamenti, dopodiché esce dall’ufficio in tutta fretta. Poche ore dopo mi telefona comunicandomi che, per qualche ragione, il suo conto è stato congelato. Dopo la telefonata sparisce. Nei giorni successivi, nonostante le mie chiamate insistenti e i messaggi miei e di mio padre, il suo telefono risulta sempre spento, l’Uomo sembra irraggiungibile, come svanito nel nulla. Non l’ho più visto né sentito.

Quando credi di essere sul fondo rallegrati, perché il fondo non esiste, e c’è sempre spazio per scavare e sprofondare ancora di più. Siamo stati tutti truffati. 42


Truffati malamente da un uomo che si è finto nostro amico, si è insinuato nelle nostre vite, nella nostra casa e nelle nostre menti e ha conquistato la nostra fiducia plagiandoci, solo per fuggire con il malloppo.

Per mio padre la batosta è ancora più pesante che per me. “Un uomo della mia età truffato così come un bambino!” ripete incredulo giorno e notte. Prima ancora che truffati ci sentiamo umiliati nel profondo, a livello umano. Al punto che io e la mia famiglia non osiamo sporgere denuncia per la vergogna di aver aperto la porta di casa a uno squalo che non aspettava altro che predarci… e pensare che avrei voluto essere come lui! L’amarezza della vita mi investe come uno schiaffo che ha la potenza di un’onda anomala. Calcolo rapidamente che tra i ventimila iniziali, i ventimila del sottoconto e le spese per l’ufficio e le attrezzature eravamo in rosso per decine di migliaia di euro. Ripensandoci ora, l’Uomo era stato veramente abile nel vendersi e manipolarci affinché ci affidassimo to-

talmente a lui. Era stato anche subdolo nel far ricadere su di me tutta la colpa per la perdita dei primi ventimila, quando mi ero semplicemente limitato ad 43


applicare i suoi dettami alla lettera (a perdere soldi siamo stati entrambi). Sicuramente non aveva mentito sulle sue qualifiche e sul lavoro per J.P. Morgan tuttavia, come scoprirò più tardi, il trading è un altro

paio di maniche. Puoi avere tutte le lauree del mondo, ma il trading è un’altra cosa; servono skills specifiche che vanno ben oltre la mera preparazione accademica o l’aver lavorato per banche prestigiose. Nei

mesi

successivi

ho

fatto

molte

ricerche

nell’ambiente e ho scoperto che a Roma l’Uomo aveva mietuto altre vittime, “gestendo” il denaro di decine e decine di persone per poi derubarle. Scoprii più tardi che persino in Germania l’Uomo era noto per essere un truffatore. Avendolo conosciuto, credo di poter affermare che si fosse talmente immedesimato “nella parte” da crederci davvero. Si era convinto di essere un grande trader, capace di trasformare ogni cosa in oro come un moderno re Mida; poi, quando le cose si mettevano male, ritirava tutti i soldi dal proprio conto e

levava le tende. Ebbi la conferma, con le mie indagini, che i ventimila euro sul sottoconto erano stati prelevati in toto. 44


La prima volta che lo conoscemmo, l’Uomo aveva guadagnato una notevole somma davanti ai miei occhi e a quelli di mio zio; ora mi rendo conto che si trattò di mera fortuna. Dovrà esserne rimasto sorpre-

so lui stesso, immagino. Mi girano per la testa domande inutili eppure impossibili da non pormi, del tipo: “E se quel giorno non avesse fatto faville? Se avesse floppato, proprio come nei mesi successivi?”. Ebbene, forse la mia famiglia avrebbe ancora in tasca i suoi soldi, ma io non avrei imparato alcune cose fondamentali per il mio lavoro e la mia formazione in generale. Sì perché l’Uomo, con il suo fare meschino e predatorio, mi ha comunque insegnato cose fondamentali, soprattutto cose da non fare. In primis ho imparato, con il suo esempio, a riconoscere i venditori di fumo. Molti di quelli che vendono corsi di trading vendono in realtà fumo. Strategie obsolete che, nel migliore dei casi, funzionano solo nella teoria. Tuttavia, come spesso dico, il trading è

un’arma a rilascio lento e ci vogliono mesi per poter intravedere anche solo un minimo margine di reale profitto; proprio per questo motivo certi venditori 45


possono tranquillamente proporre a prezzi stellari corsi che non funzionano e defilarsi completamente nell’arco dei mesi che occorrerebbero al cliente per raggiungere i primi profitti.

Un’altra cosa che l’Uomo mi ha indirettamente insegnato è che non è saggio prendere uffici e strumentazioni costose in affitto appena si inizia a tradare. Sono spese ingenti, che sarebbe opportuno affrontare solo dopo aver visto un buon margine di profitto e, oltretutto, non sono assolutamente necessarie al fine di svolgere in modo soddisfacente l’attività. Io, ad esempio, ancora adesso mi avvalgo di piattaforme praticamente gratuite o comunque dai costi esigui. L’Uomo mi ha inoltre dato la conferma definitiva che tutte quelle teorie di analisi finanziaria con cui si riempiva la bocca valgono poco o nulla nella vita reale, quando sei a tu per tu con l’oceano tumultuoso del mercato; tuttavia, devo ammetterlo, il libro di Joe Ross che mi ha regalato rimane il testo più illuminante mai letto in materia.

Con il morale non pervenuto e l’autostima sul punto di implodere mi ritrovo punto e accapo, con una cro-

46


ce sulle spalle che sembra diventare ogni giorno più pesante.

47


48


IL FONDO Nel bene e nel male, dopo questa truffa amara e clamorosa, mi è sempre più chiaro quanto la scelta di

una carriera così poco ordinaria possa ripercuotersi sui legami più intimi, in particolare sulla mia famiglia. Questo problema è una sorta di tabù nel mondo del trading. Per quanto l’idea di fare felici amici e familiari con i propri guadagni sia ovvia, è molto più facile che agli inizi la famiglia ti si sgretoli sotto i piedi. Con il coinvolgimento di mio padre e dello zio, con le prime perdite e quel ciarlatano che si è insinuato nelle nostre vite solo per truffarci, il mio nucleo intimo era già rimasto piuttosto scottato.

Ad un certo punto tutti questi inconvenienti iniziano a moltiplicarsi e alimentarsi a vicenda, a concatenarsi come tessere di un domino. Più persone coinvolgi, più aiuto chiedi, più persone rischi di deludere. A loro volta questi coinvolgono altre persone da delude-

re e via così. Nel mezzo però ci sono amicizie, amori e affetti che, al primo errore, rischiano di esplodere in un vortice di incomprensioni. 49


Mio padre e mio zio non sono stati gli unici a condividere con me questi primi momenti cruciali e un po’ catastrofici. Un’altra persona che ha avuto un ruolo mentre ten-

tavo i miei primi passi in questo mondo è stato il fratello della mia ex ragazza, Manuel. Poiché lui era incappato in alcuni problemi fisici e non poteva più continuare con il suo solito lavoro, ho pensato di coinvolgerlo nei miei primi – non fortunatissimi – tentativi. Ho avuto fin troppe fregature, in quei primi anni. In particolare l’ultima, come ho già raccontato, è stata micidiale e Manuel ha avuto la sfortuna di iniziare a studiare insieme a me sei mesi dopo il disastro, molto prima che le cose iniziassero a funzionare realmente. Fin dai primi momenti le difficoltà hanno iniziato a moltiplicarsi. Nell’entusiasmo generale facciamo il passo più lungo della gamba e, come primissima cosa, ci pren-

diamo un bell’ufficio insieme. Lo facciamo ridipingere e mettere a nuovo. Vogliamo uno spazio autono-

50


mo, costruire un team e allontanarci da casa, e l’ufficio è la soluzione ideale. Seguono però – immancabilmente – alcuni mesi di perdite. E perdere migliaia di euro per lavoro non

suona molto promettente. Soprattutto se non hai ancora vinto quasi nulla e paghi un affitto. Giorno dopo giorno, bolletta dopo bolletta, il mio collega è sempre meno entusiasta e, automaticamente, sono sempre meno contenti anche la mia ragazza e i suoi genitori. Una bomba a orologeria. A un certo punto lui molla tutto e loro – che coinvolgono pure i miei – cercano di fare smettere anche me. A Manuel queste prime sconfitte non vanno proprio giù e, di fatto, si convince che sia del tutto impossibile guadagnarci qualcosa. Per lui è tutta un’immensa truffa e prima lo capisco anch’io meglio è. Ma io ho ormai un’idea chiara in testa e non ho intenzione di mollare, anche se la situazione inizia a diventare insostenibile… I miei suoceri mi assillano,

sono preoccupati per i loro figli. Cominciano a pensare che li stia trascinando tutti in un baratro senza rendermene conto. 51


Per fortuna scelgo nuovamente di continuare per la mia strada… I loro assilli, d’altra parte, sono preoccupazioni in parte sensate. Anch’io so che stiamo correndo dei rischi.

Con il senno di poi si sbagliavano, certo, ma come potevano saperlo? Nessuno aveva capito che cosa esattamente si dovesse fare perché il “gioco” riuscisse. Nemmeno io, e ancora pesava il fantasma di quei primi diecimila euro di mio padre che erano svaniti tra le mie mani, senza contare la ferita ancora aperta per essermi fatto ingannare e rapinare. Il senso di colpa incominciava a farsi soffocante. Anche con la mia fidanzata il rapporto inizia a incrinarsi. Forse non mi crede più, non si fida totalmente, smettiamo di capirci. Passo un altro anno nell’ufficio. Ormai sono solo e ho ancora l’impressione di non capirci un cazzo. Forse davvero ancora non ci capisco nulla e quasi tutti scommetterebbero contro di me… Pago l’affitto, onoro le spese, perdo soldi e sin-

ceramente, a posteriori, è difficile dire dove trovassi la forza per non dare forfait come il mio primo compagno d’avventura. 52


Forse è a questo punto che finalmente inizio a capire una cosa essenziale: devo accettare che le persone a me più vicine, amici, familiari, la donna al mio fianco, in fondo non mi capiscono completamente o –

almeno – non possono comprendere in profondità quel mondo di cifre e previsioni che presto diventerà il mio. È un po’ come se fossi un sub in immersione, mentre chi ho intorno vede soltanto la luce che si riflette sulle onde, se il mare è calmo… Da lì – senza inabissarsi, con tutti i pericoli che questo comporta – è impossibile riuscire a prevedere le correnti, capire dove si sposteranno i banchi di pesci, gli squali, le balene. Mentre io devo capirlo, e subito, prima che la “bombola” finisca e che si finisca tutti al verde. Oltre a me, a questo punto, nessuno può comprendere davvero che sto rischiando sì, ma ne vale la pena. Per che cosa sto rischiando esattamente? Solo per i soldi? In realtà no. A conti fatti, anche facendo un percorso tradizionale

si possono fare molti soldi e di sicuro si corre il rischio di perderne meno.

53


A vent’anni scelgo di rischiare più che altro per salvare la mia libertà individuale in un mondo in cui è sempre, costantemente, in pericolo. Perché è così nella società attuale, anche se a volte

non sembra. Basta distrarsi un attimo e ci si trova incatenati a una scrivania in un ufficio grigio, a un capo idiota, alla famiglia sbagliata, a una vita dove tutto pare quieto e soporifero e i tuoi diritti sembrano al sicuro… Se non fosse che poi, di fatto, si rivelano concessioni. Concessioni che qualcuno può accordarti o, se gli gira, toglierti. Voglio essenzialmente uscire da questo schema: creare un sistema nuovo che mi giri attorno. Se – come hanno dimostrato gli ultimi eventi – posso avere pieno controllo soltanto su me stesso, allora tutto deve dipendere da me, soprattutto il mio lavoro. Ho rischiato di perdere la possibilità di una vita ordinaria e serena. Questo è un fatto ma non è stata una vera perdita o – quanto meno – poi ho guada-

gnato qualcosa di inestimabile. Ho guadagnato la libertà totale di organizzare la mia vita senza dover

54


mai eseguire un ordine, “timbrare un cartellino” o svegliarmi alle quattro di notte. E questo per me vale più di qualche migliaio di euro dispersi sul fondo più buio del mercato. Perdere migliaia di euro, d’altro canto, non può lasciare indifferenti, a meno di essere già un mezzo Rockfeller. Ricordo ancora il volto pietrificato di Sara, la mia futura moglie, quando anni dopo, nel mio studio, guardando un grafico le salta all’occhio un numero in rosso… Di scatto mi chiede: “Che significa?”. Sullo schermo si leggeva “meno diciassettemila” e io – non posso negare di avere provato una vaga soddisfazione in quell’istante – le ho risposto: “Quello che sto perdendo in questo momento”. L’ho detto con una tranquillità che devo esserle sembrato folle. Lei ha spalancato un secondo gli occhi e non ha replicato nulla.

Poi però, quella stessa sera a cena, la vedo pensierosa.

55


“Cosa c’è?” le chiedo. E lei risponde: “Sono preoccupata per te”. A quel punto le cose andavano già meglio, per fortuna, ma ancora le persone non avevano la minima

idea di come funzionasse il mio lavoro. L’ho rassicurata – quello sì era un rischio calcolato – e, con calma, ha iniziato a capire. La cosa più incomprensibile probabilmente è che si possa lavorare senza produrre nulla. Per quanto in verità i mercanti di tutti i tempi abbiano sempre vissuto così (solo comprando e rivendendo), nel trading c’è anche una strana forma di alienazione e soprattutto la componente dell’azzardo, della scommessa. Così, di conseguenza, c’è anche la costante paura di puntare sul cavallo sbagliato. Sentirsi “il cavallo sbagliato”, detto per inciso, è una cosa che non augurerei al mio peggior nemico. Quella sera con Sara, dopo anni di delusioni e successi, ci avevo ormai fatto l’abitudine. Ero sicuro di me, avevo un metodo.

Avevo capito che – come dice il film di Woody Allen – basta che funzioni. E funziona.

56


Al contrario, quando è finita la mia prima storia importante, con la sorella di Manuel, non avevo ancora nulla a cui appigliarmi. Avevo l’impressione che il mare stesse solo deciden-

do se inghiottirmi o sputarmi fuori; niente onde su cui surfare e la bombola d’ossigeno che sembrava sul punto di abbandonarmi. Con una metafora finanziaria potremmo dire che le mie personali azioni, in quelle prime fasi, potevano sembrare carta straccia. D’altro canto – ed è qui il bello dell’imprevedibilità delle cose – se in quell’esatto istante un ipotetico (e coraggioso) investitore si fosse fidato del mio progetto e avesse scelto di puntarci tutto, oggi potrebbe dire di avere stravinto la sua scommessa. Ed è solo questo che conta. Anzi, se fosse andato tutto liscio non sarebbe nemmeno valsa la pena di scrivere un libro. Le storie troppo felici, si sa, annoiano.

57


58


L’ABISSO In questo momento, tra la truffa e il seguito, il mio livello di disillusione ha raggiunto l’apice.

Per fortuna, però, a un certo punto qualcosa è cambiato. Devo qui un ringraziamento particolare a un mio conoscente che una volta, durante una breve chiacchierata, mi ha suggerito di sfuggita la possibilità di iniziare a tradare con i volumi. Questo è avvenuto tra i primi tentativi con mio zio e altri svariati esperimenti successivi, portati avanti dopo essere entrato in contatto con alcuni formatori italiani. Tuttavia il nuovo metodo ha iniziato a dare i suoi frutti solo con il tempo, quando ho iniziato a

coglierne le piene potenzialità. Naturalmente io di volumi non ne so ancora nulla. Sono fermo all’analisi di David ma comincio a sospettare che ci sia un problema già nel metodo, non soltanto nell’applicazione che ne ho fatto.

Intuisco subito il potenziale di questa nuova strategia di trading e inizio a dedicarmi anche a queste

59


operazioni, che seguono però una logica completamente diversa da quella che avevo applicato finora. Dopo anni di tentativi, questa si rivelerà la strada giusta ma, come sempre nella vita, anche in questo

ambito pago la mia inesperienza fino all’ultimo. Decido infatti di fare una sorta di mash-up dei due metodi, creando una combinazione inedita, una combinazione che, come si sarà capito, si è rivelata presto una nuova micidiale e potentissima trappola. Però questa volta, quasi fossero esperimenti da apprendista stregone, la magia inizialmente – un po’ per miracolo – riesce. Dopo anni di perdite continue, tra la fine del 2015 e gli inizi del 2016 inizio a guadagnare. Molto. Di punto in bianco. Un mese chiuso in profitto, due, tre, quattro… La mia vita comincia a cambiare. Tutto ingrana, penso di avercela fatta; sembra che finalmente la mia volontà si stia concretizzando di

colpo. I sacrifici e le batoste potrebbero essere finiti una volta per tutte. Certezze matematiche non ne ho, ma ci 60


spero e mi godo finalmente i frutti di questo immenso casino in cui sono andato a cacciarmi. Intravedo la vita che vorrei, inizio quasi ad abituarmici!

Al sesto mese però – ancora coinvolgo gli affetti nel lavoro, e daccapo ne pagherò le conseguenze – chiedo in prestito dei soldi ad alcuni amici che avevano creduto fin dal principio nel progetto. Non posso più chiederli ai miei, hanno fatto abbastanza. Il mio piano è raccogliere un bel gruzzoletto, aprire un conto di trading e, in due parole, scalare la vetta. Mi sento forte abbastanza. Voglio cristallizzare queste prime vittorie. Crearmi un track-record, uno storico, da poter poi spendere per accedere a banche o fondi d’investimento. Forse il piano non è di per sé sbagliato – molti anni dopo l’ho in effetti realizzato – ma di nuovo si rivela un po’ avventato. La realtà è che ancora non ho le carte, nel senso che non so esattamente perché stia andando così bene né

quanto durerà: questo dettaglio passa in secondo piano. Una minima macchiolina sullo sfondo… 61


Per altri tre velocissimi mesi sembra che la mia nuova potentissima strategia di trading funzioni alla grande, senza mostrare sostanziali lacune. Non ho la minima idea di essere seduto su un vulca-

no. Continuo a guadagnare. Una striscia vincente che dura ben otto mesi. Per capirci, arrivo a guadagnare ventimila euro al mese a ventisei anni. Quasi senza rendermene conto compro macchine, orologi, status symbol vari. Inizio anche a insegnare questa mia metodologia ibrida in inglese… Fondendo i due metodi penso sinceramente di aver trovato l’America. Ma si sa, come dice la canzone, “l’America è lontana, dall’altra parte della Luna”. Passati quei mesi d’oro si spegne di colpo la luce. Blackout totale. Inizio a mangiarmi i profitti, che scendono in picchiata… Sempre più giù, sotto lo zero… di tanto.

Di botto vado vertiginosamente in perdita. Perdo così i soldi dei miei amici.

62


Un’altra Waterloo. E ancora ho deluso le persone che mi sono state vicine e hanno creduto in me. Ci sono cascato ancora, quasi non ci credo. L’oceano in cui voglio a tutti i costi avventurarmi – il

mercato – è un luogo dove inoltrarsi solo se ben attrezzati. A pensarci bene, per quanto riguarda il mare, quest’idea è impressa nell’umanità da millenni. Non avrei mai pensato che l’Odissea c’entrasse qualcosa con il trading… Però è un po’ come se prima avessi incontrato una specie di mostro marino che mi ha spolpato per svanire negli abissi e poi – quando mi sono illuso di essere finalmente diventato uno squalo – mi fossi fatto incantare dalle sirene! Tutti, nella vita, ci siamo fatti fottere dal canto delle sirene almeno una volta. Nel vuoto tutti vorremmo il doppio, il triplo, dieci, venti volte tanto quello che abbiamo: soldi, successo, persone, amore, fama, altri soldi… In realtà, però, oltre una certa soglia non riusciamo nemmeno a immaginarcelo che cosa signifi-

chi quel denaro. Un po’ come quei poliedri con mille facce che sì, puoi capire che matematicamente esi-

63


stono, ma non puoi figurarteli mentalmente lato per lato. È facile cadere in tentazione, farsi abbagliare… Scommettere un pochino, vincere, continuare, perde-

re, alzare la posta. Continuare a rovinarsi e rovinarsi fino a non avere più nulla da perdere. Per che cosa poi? Nessuno lo sa davvero. In quegli otto mesi il canto delle sirene mi ronzava continuamente in testa e io, che lo sapessi o no, correvo felicemente verso le loro braccia. Con il senno di poi avrei dovuto farmi legare alla nave, come Ulisse, e godermi in pace lo spettacolo. Invece ho preferito non farmi troppe domande e tuffarmi… “finché la barca va, lasciala andare”, no? Ci ho provato. Non è andata molto lontano. Ora mi sento al punto di partenza e devo pure rivendere la maggior parte delle stronzate che ho comprato nei mesi precedenti, sperperando denaro

senza criterio. Sono a pezzi.

64


Nella mia vita posso dire di aver attivamente perso molto più di quanto abbia mai guadagnato e non è una bella sensazione. Smetto immediatamente di insegnare, non voglio

passare per l’ennesimo venditore di tappeti, non sono né David “il formatore” né l’uomo misterioso che ci ha rapinati. C’è chi, quando gli investimenti non vanno, si lancia sull’insegnamento, ma di fatto questo significa vendere fumo. Ed è anche più umiliante di perdere altri soldi e altre speranze. I nodi – ormai l’ho capito – vengono sempre al pettine: se non funziona per me perché mai dovrebbe funzionare per gli altri? La capitolazione mi pare completa, trasparente. Nei miei sogni i riferimenti ai gratta e vinci, al fumo,

alle Marlboro e alla stazione di Ostia si fanno sempre più frequenti. A

quel

punto

però,

nel

totale

sconforto

dell’ennesimo fallimento, ho per così dire la mia il-

luminazione. Nei mesi precedenti, quando le cose sembravano andare a gonfie vele, avevo iniziato una specie di test, a 65


cui devo il mio futuro di trader più che a ogni altra operazione. Avevo aperto un piccolo conto dedicato esclusivamente ai volumi, mentre nel conto principale (il mio

gruzzoletto che andava polverizzandosi) mixavo le due strategie. Non avevo ancora realizzato del tutto che il mio amore per il “passato”, per l’analisi, era diventato tossico. Ero impegnato a non accettare di aver buttato sei anni nel cesso quando in verità questi sei anni di perdite mi avevano condotto da qualche parte. Dovevo solo accorgermene. Così, mentre vedo l’indice del mio successo avvicinarsi ogni istante di più a un valore infinitesimale, do un’occhiata al conto parallelo… e lì scopro l’informazione decisiva. Quando la luce si è spenta sul conto principale, l’altro conto – piccolo, era solo un test – ha continuato ad andare! La strategia mash-up ha portato il conto principale –

con dentro i soldi che mi hanno prestato – all’autodistruzione, mentre il “nuovo”, con la metodologia dei volumi, sembrava aver seguito un corso 66


proprio, più regolare. C’è qualche speranza, insomma. Certo, nell’immediato questo non mi avrebbe fatto recuperare le perdite né soprattutto i rapporti che si

erano rovinati. Tra i miei amici qualcuno non ha del tutto superato lo shock. Altri invece hanno continuato a credere in me, hanno capito che è stata solo una battuta d’arresto. Ho in qualche modo capito chi mi voleva veramente bene. Questa nuova speranza (tra le macerie) mi ha aperto una dimensione operativa inesplorata, una strategia più sicura, che mi avrebbe consentito presto di ripagare tutti i debiti. Il punto è che, a prescindere da tutto, quel conto è sempre rimasto stabile, in positivo. Sono a un passo dall’abbandonare per sempre il mondo del trading – inizio a temere che Manuel avesse ragione, dopotutto! – e invece quel piccolo conto è il vero e proprio inizio della mia carriera.

Allora decido che, per quanto l’idea sia insopportabile, devo abbandonare radicalmente il “vecchio”, cioè l’analisi tecnica. 67


Sono così finalmente uscito dalla logica suicida del gioco d’azzardo: ci ho speso anni e decine (se non centinaia) di migliaia di euro. Sono rimasto intrappolato in questo loop: ho investito,

ho perso denaro, tempo… Non può finire così! Invece tra me e l’analisi tecnica è finita e non ho rimpianti. Agli inizi è sin troppo facile cadere in questa trappola e farsi incantare dalle sirene di un guadagno facile. Uscirne molto meno. Bisogna attuare un ribaltamento prospettico. Superare la linea che divide il gioco d’azzardo dal trading e imparare a lasciare la presa. Bisogna individuare e seguire una logica prevedibile, a costo di doversi tappare le orecchie o legare all’albero maestro per evitare di farsi prendere la mano. Io avevo già mollato l’atletica, avevo mollato l’università… Non potevo lasciare ancora. Questo meccanismo psicologico, però, mi si è ritorto contro. Il senso di rivalsa a quel punto mi ha ingannato. Il revenge trading, l’ho capito in seguito, non paga mai.

Abbandono quindi l’analisi tecnica e mi dedico interamente ai volumi.

68


LA LOGICA DELLE CORRENTI Il 2017 è il primo anno nel quale riprendo a guadagnare sistematicamente. In modo graduale – niente

di miracoloso – ma prevedibile, controllato. Riprendo ad avere un approccio scientifico. Inizialmente non ne ricavo molto, alla fine ottengo però qualcosa di inestimabile, che vale molto più di tutti i soldi persi in precedenza: una logica. Con il nuovo metodo comprendo e sondo i movimenti di mercato, mentre prima – che lo ammettessi o no – li subivo e basta. Comincio a scandagliarne le profondità. Comincio anche a perdere con cognizione di causa, nella consapevolezza che si tratta di un momento, in una

trama più complessa. Come quando lo spostamento di una grande massa d’acqua crea un vuoto e schiaccia in un istante la superficie del mare verso il fondo, ma solo per risollevarsi un momento dopo sotto forma di un’onda o, al contrario, si solleva per poi

schiantarti giù. È essenziale saperlo! Senza afferrare il processo nella sua interezza è impossibile capire in anticipo che cosa (probabilmente) 69


accadrà e come scommettere; bisogna trasformare ogni singolo fatto nella variabile di un sistema. Prima è tutto un’incognita, un po’ come se uno volesse dedurre l’esatta posizione del relitto del Titanic

guardando lo specchio dell’acqua. Va a fortuna. Ho imparato quindi a decifrare le correnti, a correlare le cause e a muovermi con una buona consapevolezza in questa “vaschetta delle balene” che è il mercato. Sì, perché il mercato non è come un acquario vuoto, è un oceano dove ogni istante si muovono miliardi di esseri viventi; alcuni innocui, altri meno. Alcuni inquietanti e altri affascinanti e, ciò nonostante, da evitare con estrema cura. Io, che nel 2017 non sono certo ancora uno squalo, realizzo però una volta per tutte che questo immenso reticolato di azioni e reazioni non dipende da me singolarmente e, salvo casi limite, non dipende da nessun altro singolo individuo.

Il mare, come totalità, segue regole proprie e soltanto seguendo queste regole si può uscirne senza diventare una grigliata mista. 70


Abbandono insomma l’illusione di fare il mercato e ne studio movimento per movimento, cerco la sua logica sotterranea. Mi chiedo, in poche parole, dove andrà il plancton, dove andranno i polpi, gli squali,

le balene, così da sapere quali – e quante – masse liquide muoveranno spostandosi da un capo all’altro dell’oceano. Con l’analisi tecnica di David mi limitavo alla superficie, senza saperlo, mentre ora posso guardare a fondo. Mi ero sempre concentrato sul grafico, senza capire che schematizzava soltanto le luci riflesse in superficie. Dal 2017 a oggi, la logica base della mia attività di trader è rimasta essenzialmente la stessa. Trovato un metodo realmente predittivo, ho lavorato – e lavoro sempre – per affinarlo e applicarlo al meglio, ma non l’ho mai abbandonato. Quando poi, con l’esperienza (metodica), ho capito che lo padroneggiavo veramente, allora ho deciso

che avrei potuto ricominciare a insegnare, a differenza di tanti che mascherano il loro fallimento come trader con gli introiti della formazione. 71


In

questo

modo,

di

fatto,

ci

sarà

sempre

un’incongruenza tra ciò che fanno e ciò che dicono di fare. È qui, in questo dettaglio apparentemente futile, che

si capisce chi hai di fronte e non volevo essere il David di nessuno, io. Anche perché, per le stesse ragioni, il miglior truffatore del mondo sarà sempre per definizione incoerente, perciò lo si può sempre smascherare. È una vita angosciosa e misera e non volevo svoltarla passando da piccola vittima a piccolo carnefice (come molti fanno). Ho preferito cercare di “invertire il corso”. Non ho mai pensato, facendo il trader, di dover rinunciare ad addormentarmi serenamente la sera, con la coscienza a posto. Appuratone il funzionamento, voglio condividere i miei strumenti di lavoro e posso farlo senza rinunciare ai miei principi etici; è questa, in ogni caso, la strada che ho scelto una volta che le cose hanno ini-

ziato a girare. E, quanto a qualità della vita, ha pagato più di qualsiasi schema Ponzi.

72


Ora, ciò che ho afferrato sul piano operativo è che prima di fare mosse rischiatutto – alla Elon Musk – bisogna capire con maggiore precisione che cosa il mercato possa effettivamente darti alle condizioni at-

tuali e avere una lente che consenta di scandagliarne le profondità. Questa lente, però, non si può mai essere sicuri di averla individuata una volta per tutte, bisogna invece continuare a rinnovare e aggiornare la propria strategia senza darla mai per scontata. Anche perché non conta quanti anni e quanti milioni hai (o meno) da perdere, il canto delle sirene funziona sempre su tutti allo stesso modo, t’incanta e ti fotte. Se hai miliardi perdi miliardi, se hai due lire perdi quelle. Il difficile è, in sintesi, capire se e quando si ha un equipaggiamento

sufficientemente

buono

per

l’immersione che si vuole tentare. In caso contrario ci si può forse guadagnare qualche esperienza formativa ma soldi, ahimè, no. E per quanto i soldi non siano tutto, nel trading ri-

mangono lo scopo del gioco.

73


74


RIEMERSIONE Trovare la chiave di volta non è come premere un interruttore. Nel 2017 comincio a non essere più preda dei mercati ma, di fatto, sono ai miei primi passi in un abisso sconfinato. È una presa di coscienza graduale, come sono graduali i miei guadagni: sono solo i primi tasselli, una ricostruzione che – oltre all’applicazione – richiede un certo tempo, impossibile da conoscere in anticipo e non trattabile. Sta qui forse la linea di confine tra chi “ha la stoffa” e chi, dopo alcuni (ovvi) tentativi falliti, è destinato a mollare: nella disponibilità a correre questo rischio, non sapendo se e quando si riuscirà a fare il “salto”.

Nel 2017, per capirci, guadagno quanto l’anno prima ho guadagnato in un mese. Di primo acchito può sembrare un altro fallimento – dopo anni di perdite sono più o meno allo stipendio di un impiegato – ma è davvero solo un’illusione ot-

tica. La differenza – cruciale – è che il primo gennaio 2018 il mio conto trading è per la prima volta in positivo. 75


È qui che tutto inizia a schiarirsi e ho una vera e propria presa di coscienza. Il recuperò sarà esponenziale, lento, e continuerà così, graduale ma inesorabile. Ancora non lo so – ho

imparato a essere più cauto – ma ho buoni motivi per crederci e ritrovo la fiducia. So che ho cambiato radicalmente punto di vista. Ho capito una volta per tutte la differenza tra prendere un’onda fortunata e comprendere la logica delle correnti. Non sono ancora lo squalo bianco ma, almeno, ho appreso come evitare la trappola del canto delle sirene. Ed è molto, in questo mondo. Restituiti i soldi a parenti e amici decido di fare un passo ulteriore. Un grande passo. Alla radice di questa scelta, in me, si intrecciano due diversi sentimenti. Da un lato, capito che “sapere è potere”, mi sento più sicuro, voglio creare qualcosa e metterlo sotto gli occhi del mondo, in completa trasparenza; dall’altro – lo ammetto – mi voglio un po’

vendicare, vorrei strappare una volta per tutte il velo di pubblicità e raggiri in cui sono rimasto impigliato

76


come in una ragnatela; e le ragnatele non si fanno da sole… Era lì che volevo andare a colpire. Fin da subito la vendetta si è mischiata con un pensiero di fondo che, da quel momento in poi, guiderà

le mie mosse: nei limiti delle mie possibilità voglio cambiare il sistema che negli anni mi ha derubato e intrappolato, iniziando ovviamente dall’Italia e dalla formazione. Non solo per un senso di (sacrosanta) rivalsa personale ma anche per una finalità più vasta: per dare dignità a questo lavoro – che è molto più vicino all’imprenditoria che al gioco d’azzardo – e una possibilità concreta a tutte le persone che vogliano provare a scegliere questa strada. Però i miei piani non contemplano di tornare in prima persona a insegnare. Non me la sento ancora. Mi viene allora in mente una soluzione alternativa, che sarà la prima forma di Chinooky. L’idea è di creare con i guadagni (non esorbitanti ma

costanti) una piattaforma online che, nei fatti, sia un motore di ricerca per corsi di trading.

77


Ormai l’ambiente comincio a conoscerlo, capisco che una specie di “Tripadvisor del trading” potrebbe funzionare e, in effetti, nel giro di pochi mesi l’80% della formazione italiana era sulla piattaforma.

Nel caso in cui non fosse chiaro, l’aspetto (per così dire) “vendicativo” dell’operazione consisteva nel fatto che chi, come me, aveva avuto esperienze pessime potesse renderle pubbliche e si potesse fare un po’ di chiarezza, per distinguere i ciarlatani dai professionisti una volta per tutte. Per attuarla devo però fare i conti con il folle mondo della comunicazione social… Ed è una vera e propria doccia fredda. La piattaforma di per sé funziona. Anzi sembrano tutti contenti, le recensioni sono per lo più positive. Niente male, si direbbe. A guardare la mia piattaforma, i corsi proposti sembrano ottimi, un vero affare. Ovviamente in assoluto non sarebbe un problema, senonché quelle recensioni non rispecchiano affatto la realtà, e io questo lo so!

Decido così di analizzare attentamente le valutazioni di alcuni corsi che conoscevo per esperienza personale. L’esito è surreale. 78


L’esatto opposto della realtà! È tutto falsato, ancora una volta. E io, che volevo combattere questa cosa, mi sono pure fatto coinvolgere! Quasi senza accorgermene sono diventato una sorta

di ripetitore del canto delle sirene. Com’è possibile? Allora mi chiedo: se qualche anno fa la recensione l’avessero chiesta a me – la recensione del corso di David, poniamo – quante stelle avrei dato? Mi riformulo la domanda in testa e penso: quanti anni ci sono voluti perché la mia valutazione scendesse da 4 o 5 stelle a 0? La mia piattaforma permetteva di recensire il corso appena dopo il suo acquisto e, ripensandoci, anche io appena terminato il corso di David ne ero rimasto completamente affascinato. Ecco spiegato l’arcano. Fatto sta che la mia applicazione, se possibile, peggiora ancora di più le cose. Di fatto moltiplica le cazzate che volevo cancellare.

Mi si impone così un dilemma etico, e mi dà una mano a fare la cosa giusta l’orgoglio. Che cosa fare?

79


La piattaforma – lo ribadisco – funziona. In quel momento avrei potuto davvero diventare un piccolo carnefice come tanti. Quanto a soldi avrebbe pagato, probabilmente.

L’idea sul piano economico reggeva, sul piano delle mie vere finalità, però, otteneva esattamente l’effetto opposto a quello sperato. Tutte quelle recensioni a 5 stelle qualche anno dopo sarebbero diventate negative e lo benissimo… Non mi va giù. Dopo un po’ di esitazione chiudo la piattaforma, ma non Chinooky come azienda. La sua prima forma è ormai andata. Sarà pure un piccolo fallimento come imprenditore ma l’idea di diffondere recensioni-truffa è troppo umiliante e squallido. Fanculo. Troverò un altro modo. Tanto il trading continua ad andare. A metà del 2018 sulla piattaforma cade una bella pietra tombale.

80


La seconda forma di Chinooky finirà, se possibile, anche peggio. Preso atto del primo fallimento, l’idea a quel punto diventa una sorta di Netflix del trading (per farla

semplice), ovvero una piattaforma sulla quale viene caricato sempre nuovo materiale e ci si possa orientare tra contenuti prodotti da noi in collaborazione con diversi formatori oltreché opzioni strategiche trasparenti. A me piace, anni fa mi avrebbe fatto sinceramente comodo! È anche una bella esperienza girare per l’Italia. Mi reinvento produttore, ci investo molto. L’impresa però stenta a decollare. Tutto lascia presagire che sarà un altro buco nell’acqua. Forse il progetto andava strutturato in modo diverso, forse le sue potenzialità non sono state comprese o comunicate appieno. Fatto sta che a inizio 2019 abbiamo totalizzato ben tre abbonamenti…! Nel luglio dello stesso anno la piattaforma affonda e

va a raggiungere il Titanic sul fondo dell’Atlantico.

81


Così muore anche la seconda forma di Chinooky e, come sempre, a salvarmi è il trading che costante, silenzioso e metodico, inizia a essere la base sotterranea di ogni mio tentativo imprenditoriale. Una base

finalmente solida da dove avviare nuove esplorazioni e nuovi esperimenti… Fino a quello buono.

82


CHINOOKY L’esperimento riuscito. La terza forma assunta da Chinooky.

L’occasione, di per sé piuttosto angosciosa, me la offre la pandemia. Ancora malconcio per le ultime disavventure social, rifletto meglio sul fatto che almeno una cosa, di sicuro, la so fare; ed è il trading. Se quello non avesse continuato alla perfezione non avrei mai potuto né tentare né fallire o, tantomeno, riuscire nei miei intenti. Comincio a rendermi conto che so quello che faccio. Non posso creare io le correnti ma comincio a capire dove andranno e, lavorando giorno per giorno, tutto

diventa sempre più prevedibile. Affino la tecnica ma non metto più in discussione i suoi presupposti per il semplice fatto che, alle condizioni attuali, funzionano. Mi sento finalmente nella condizione di condividere

le mie conoscenze con altri. Allora, vista la situazione agli inizi del 2020, rinchiuso in casa come mezzo mondo, mi viene un’idea che 83


da un lato è molto semplice e dall’altro ha quasi destato scandalo per gli standard del mondo del trading. Decido di condividere la mia operatività di trading

in live streaming, in completa trasparenza. Documento i miei movimenti, mostro che cosa faccio, senza paraventi, passaggio per passaggio. Nessuno, che io sappia, lo aveva mai fatto. Di solito vige una certa tendenza alla riservatezza, che consente poi sempre di vendere tecniche scadenti che nemmeno applichi. I peggiori, però, sono coloro che mostrano la propria operatività solo quando gestiscono posizioni positive, confondendo e alterando ulteriormente la percezione di chi non è del mestiere e si fa abbindolare dalla chimera di facili e cospicui guadagni. Io invece ho deciso che avrei mostrato proprio tutto – perdite incluse – in live, in modo che ogni ambiguità possa venire meno. Non a caso la gente inizia a

mostrarsi interessata. Allora, per forza di cose, ho ricominciato a mettermi in gioco in prima persona. 84


Sono tornato a insegnare. Durante i miei viaggi e i contatti con alcuni formatori e colleghi italiani si è verificata un’altra coincidenza fortunata: il mio incontro con Pietro T.

Anche lui lavorava nell’ambito della finanza ed è stato proprio lui a introdurmi nel mondo delle Prop Firm. Il meccanismo delle Prop è piuttosto intuitivo: si tratta di dare in gestione del denaro a chi supera determinati test con i quali dimostra di riuscire a rispettare dei requisiti specifici. La cosa mi intriga e mi rendo conto di quanto ciò possa avere un potenziale immenso anche in rapporto all’insegnamento. Avviamo quindi una collaborazione sempre più fruttuosa tra Savius (che è di Pietro) e Chinooky, ponendo finalmente le basi per la terza forma, quella vincente. Dopo Pietro ho il piacere di aggiungere una nuova

risorsa all’azienda: Fabrizio Tocci (attuale senior coach), uno dei miei primi studenti, nonché uno dei primi tre iscritti al nostro “Netflix“ del trading. Fa85


brizio, lasciato il suo lavoro in Marina, si è dedicato interamente a quella che ormai posso chiamare la nostra impresa. Gli ho insegnato tutto, per filo e per segno, e si sta dimostrando un collaboratore ogni

giorno più prezioso, sia per me sia per gli studenti. I video riscuotono sempre più successo e i profitti che mostro in live incuriosiscono sempre più persone, decido quindi di strutturare un team vero e proprio coinvolgendo altri due venditori e un nuovo preziosissimo alleato, Claudio Sartirana, le cui skills nel campo del marketing hanno dato a Chinooky lo sprint giusto. A maggio 2020 parlando con Pietro capisco che è intenzionato a vendere Savius e gli propongo di rilevarla e rimetterla in sesto a mie spese, al fine di sfruttarne

a

pieno

il

potenziale

sul

piano

dell’insegnamento. Il problema principale della maggior parte dei trader retail, infatti, è proprio il capitale. A differenza di ciò che millantano molti colleghi non ci si può aspettare

di fare profitti consistenti con il trading se non si ha alle spalle un capitale importante. Anche per un fat-

86


tore legato a quella che è la psicologia del trading, ovvero l’emotività legata all’operatività. A settembre 2020 decido di organizzare un evento

live con i miei studenti (che ai tempi erano poco più di duecento) per annunciare l’acquisizione di Savius e del sistema di capitalizzazione. La combinazione vincente è stata questa: garantire allo studente Chinooky – attraverso Savius – un capitale da investire. In breve, gli apriamo un conto per tradare e mettere alla prova il metodo che insegniamo attraverso video-corsi e sessioni di live trading room. Questo crea una sorta di triangolo di fiducia: è ovvio che se ti do i miei soldi da gestire non posso insegnarti qualcosa che non funziona, sarebbe da suicidio. Tutte e tre le parti in gioco sono motivate a fare bene, e in effetti è andata così. Questa intuizione, finalmente lo posso dire, ha funzionato! Chinooky è esplosa, e in senso positivo, una volta

per tutte. Così il quadro inizia a essere completo, le basi sono solide e, in effetti, faccio il vero e proprio salto di 87


qualità. Ora, sì, inizio ad avere le carte in regola. Al punto che l’anno successivo, nel marzo del 2021, divento socio di Pietro anche in un fondo di investimento americano di maggiori dimensioni, Strategika.

Sono così ufficialmente registrato come CTA – che sta per “Commodity Trading Advisor“ – ovvero risulto associato a un ente regolamentato in America per gestire capitali di terzi. Lo specifico perché molto spesso mi viene chiesto dai miei studenti di gestire i loro capitali e mi trovo sempre a dover spiegare che sono abilitato per l’America (ed è ciò che faccio con Strategika), mentre in Italia agirei in maniera totalmente illegale. A oggi l’azienda è in continua evoluzione ed espansione e conta più di mille studenti e oltre venti dipendenti tra i vari reparti.

88


OLTRE I CONFINI DEL MARE Anche questa, certo, non è che una tappa: un primo tuffo nel mare senza la paura di essere sbranato. Ma

so benissimo che esistono infiniti mari da solcare, profondità oceaniche da esplorare, e che il mio viaggio non è che all’inizio. Questo pensiero mi riporta agli anni dell’atletica e mi fa capire quanto nel percorso umano ogni esperienza abbia un senso e contribuisca alla formazione e alla definizione di ciò che diventeremo un domani. Perché la vita è come una marcia e devi imparare a tenere il passo… devi allenare il fiato, i muscoli, avere l’obiettivo ben visualizzato in mente e non arrenderti mai. Certo, sicuramente capiterà che tu possa “rom-

pere il passo”, che un’auto ti investa o che qualcuno corra più veloce di te verso quello che credi essere il tuo obiettivo. Capiterà che a causa di questo tu possa abbatterti, sentirti impreparato, inadeguato, inadatto, incapace e altre brutte parole che iniziano con la

lettera “i”… ma la verità è che questa grande marcia, che è la marcia dell’uomo, è sì una marcia collettiva, ma dai contorni fortemente individuali: ognuno cor89


re la propria maratona personale, ed è una maratona contro sé stessi, contro i propri limiti e le proprie peggiori paure e insicurezze. E poco conta se ci pare che i nostri avversari stiano raggiungendo il nostro

obiettivo prima di noi, perché si tratta di una mera illusione. Anche se sembra essere una cosa per tutti simile, ogni uomo ha un proprio obiettivo, che è personale e nessun altro potrà mai raggiungerlo. Sono io a porre la mia stessa asticella e decidere a che altezza regolarla. Sono solo io il giudice finale della mia sconfitta e del mio successo; una volta compreso questo, il successo personale verrà immediatamente riconosciuto anche da tutti gli altri. Per restare sulla metafora dell’atletica, mi rendo conto che la vita sia anche come una staffetta. Ripenso a mio nonno, partito dal paesino carico di sogni e speranze e intenzionato a lasciarsi una vita di miseria alle spalle. Penso al suo coraggio, al suo spirito vitale, al suo guizzo imprenditoriale… ebbene mio nonno ha fatto tutto questo per poter dare ai propri discen-

denti un futuro migliore. Ha fatto tutto questo per dire: “Io sono arrivato fino a questo punto, ho costruito tutto questo. Figlio mio, adesso riparti e porta 90


avanti questo disegno che ho tracciato”. È proprio come un passaggio di testimone dopo una lunga corsa. E mio padre ha accettato quest’onere e proseguito nel cammino tracciato da mio nonno, generando un

grado ancora maggiore di benessere che ha consentito a suo figlio, ovvero a me, di vivere una vita ancora più agiata e prospera. Arrivato il momento che fossi io a ricevere quel famoso testimone, tuttavia, ho compreso una cosa fondamentale… Per anni mi sono sentito come se stessi tradendo tutto ciò che mio padre e mio nonno avevano costruito; come se avessi spezzato un sacro circolo, un vero e proprio lignaggio in un certo senso. Mi sono sentito egoista, ingrato e, ogni volta che sono caduto e ho fallito durante il mio tragitto, il peso è stato decuplicato dall’idea di aver tradito il disegno del nonno. “Se solo non fossi stato così pazzo, ribelle ed egoista da fare di testa mia” pensavo, “se solo avessi seguito il destino che per me era già scritto non avrei deluso nessuno”. Eppure, ora lo capisco bene, non ho tradi-

to alcun disegno. E quel testimone, che per anni ero stato convinto di aver ripudiato, invece lo avevo preso tra le mie mani. Mi ero fatto carico della respon91


sabilità della staffetta della vita senza nemmeno accorgermene. La verità è che i tempi cambiano, il mondo si modifica. Così come mio nonno partì dalla Sicilia, quel giorno di tanti anni fa, perché comprese

che il corso della Storia stava volgendo verso qualcosa di nuovo, così io ho voluto e dovuto (ora mi è chiaro) fare lo stesso. Perché le cose, molto spesso, non sono come sembrano e quella che può apparire una totale deviazione dal percorso può riportarci sulla strada maestra con rinnovato vigore. Imboccare la strada apparentemente sbagliata può rivelarsi una via funzionale verso il proprio obiettivo. Una caduta può insegnarci a rialzarci e a non cadere più o, per essere più realistici, a farci meno male quando cadremo ancora, e ancora e ancora… Adesso che sono padre mi accorgo di aver costruito qualcosa di solido per i miei figli. Qualcosa di cui un giorno andranno fieri e, voltandosi indietro a osservare il mio operato, mi diranno: “Hai fatto bene a

correre quei rischi, papà!”. Esattamente come io e mio padre diciamo la stessa cosa del nonno. Io li guarderò e risponderò loro: “Io sono arrivato fino a 92


questo punto. Continuate voi. Non abbiate limiti. Ponete da soli i vostri stessi obiettivi e perseverate, con la testa, con il cuore e con tutta la volontà di cui siete capaci. Siate ambiziosi ma umili. Folli ma non

dissennati. Aprite gli occhi e le orecchie, tendete i vostri sensi. Osservate il mondo intorno a voi e decifratene i pattern, i movimenti, i cambiamenti, i pensieri perché la corsa dell’uomo è come l’atletica, ma ricordatevi che il mondo è come il mare. Prestate attenzione alla direzione del vento, al moto delle onde, al passare delle nuvole nel cielo… Sappiate prevedere le tempeste e imparate a riconoscere quando il mare è piatto come una tavola. Sicuramente nel vostro percorso naufragherete. Eccome se naufragherete!!! Ma potreste ritrovarvi su un’isola apparentemente arida e deserta, che in realtà racchiude in sé un’enorme ricchezza. E da lì ripartirete. Prima a nuoto, poi con una zattera, poi con una barca, un motoscafo, uno yatch, un transatlantico!“. Non abbiate timore di solcare gli oceani della vita. E,

come diceva il grande Michael Jordan: “Nella mia vita ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite, ventisei volte i miei compagni mi 93


hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto”.

94


Scansiona il QR code per riscattare il tuo codice sconto del valore di 200€ su tutti i nostri percorsi e servizi. Se hai domande o dubbi non esitare a contattarci al numero verde gratuito 800.170.008

95


96


INDICE

L’INIZIO ................................................................................... 3 L’OCEANO ............................................................................ 19 L’“UOMO” ............................................................................. 31 IL GRANDE SHOW .............................................................. 37 LO SQUALO .......................................................................... 41 IL FONDO .............................................................................. 49 L’ABISSO ............................................................................... 59 LA LOGICA DELLE CORRENTI......................................... 69 RIEMERSIONE ...................................................................... 75 CHINOOKY ........................................................................... 83 OLTRE I CONFINI DEL MARE ........................................... 89

97


98


Copyright © aprile 2022 Gianluca Lambusta Editing: revisionato da Federico Avogadro e Morris Bragazzi Montabone Editore Via Cerva, 1 – 20122 Milano cittaetempo@gmail.com www.montaboneditore.it

99


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.