#3 soluzione di un problema, per esempio | sulla Riparazione

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SOLUZIONE DI UN PROBLEMA, PER ESEMPIO | sulla Riparazione


#3 SOLUZIONE DI UN PROBLEMA, PER ESEMPIO Prova di laurea elaborata da Evelyn Dalmonech per la sessione d’esame 2012/13,13.1 Relatrice Emanuela De Cecco - Correlatore Steffen Kaz Libera Università di Bolzano Facoltà di Design e Arti

Carta Serimax 140 gr -Serimax 300 gr Font Grotesque MT Std



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INDICE 7

INTRODUZIONE

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TERMINOLOGIA

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LA CALZA NELLA STORIA

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usi e costumi renè gruau

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PUNTI DI VISTA

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“ho tirato un filo”

PROCESSO DI RIPARAZIONE

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esperimenti per esempio

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BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONE Questo libro raccoglie la ricerca, lo sviluppo e la risposta che ho elaborato per riparare calze e collant da donna. Seguendo il percorso che ho svolto in questi mesi ho ritenuto necessario approfondire la riparazione da un punto di vista concreto e oltre che teorico, mettendomi in prima linea e cercando una soluzione ad una rottura frequente. Questo approccio è stato suggerito dalla natura pratica della riparazione e mi è servito per indagare quali aspetti entrano in campo in questo particolare sviluppo progettuale. Ho deciso di focalizzarmi sulle calze e sui collant da donna, in quanto sono soggette a frequenti incidenti che provocano buchi o smagliature, che solitamente non trovano una riparazione idonea e permanente. Il percorso che ho seguito si può suddividere in tre parti. La prima rappresenta un’analisi e ricerca sulle caratteristiche materiali e tecniche della calza, la produzione e l’evoluzione di questo capo fino ai giorni nostri. La seconda parte indaga, attraverso interviste, i significati e le conseguenze che la calza come oggetto porta con sé: dal fatto che sia un simbolo di femminilità agli aspetti distintivi del disagio dovuti alla sua rottura. L’ultimo passaggio mostra le sperimentazioni concrete dei diversi materiali e delle possibili tecniche. L’obiettivo del mio studio è stato di trovare un metodo facile nella realizzazione così come nei materiali, che quindi non necessiti di capacità specifiche e professionali, ma che allo stesso tempo non perda di vista l’efficacia della riparazione, mantenendo l’elasticità della calza. Inoltre ho cercato una tecnica che lasci possibilità di espressione in base al tipo di rottura, alla tipologia di calza da riparare o al carattere di chi la deve indossare. Questo progetto non si propone come soluzione definitiva alla rottura delle calze da donna, ma si presenta piuttosto come esempio e come documentazione di un processo progettuale di una riparazione specifica.

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TERMINOLOGIA Autoreggenti - sono calze che si sostengono da sole aderendo alla gamba grazie a bande elasticizzate e ad una banda interna in lattice o silicone (spesso hanno una banda decorativa molto ampia in ricamo, denominata ‘balza’). Bava - unità base per realizzare il filato. Ogni filo può essere composto da una a più bave, le quali determinano la robustezza e la pesantezza del filato. Calze a rete - calze in tessuto a fili spessi con una trama dei fili aperta, che ricorda una rete da pesca. Calze a retina - calze in tessuto a fili spessi con una trama dei fili un po’ meno aperta dalle precedenti, ma che espongono la cute. Calze con la riga - sono calze prodotte alla vecchia maniera con una giunzionecucitura che corre lungo la parte posteriore della gamba. Nel passato venivano manifatturate tagliando il tessuto e successivamente cucendolo assieme per dargli la forma desiderata. Oggigiorno le calze vengono tessute automaticamente in continuo, non hanno cuciture ed una cucitura “seam” posticcia viene aggiunta nella parte posteriore per ottenere aspetto vintage. Cotone - fibra naturale che si ricava da una pianta tropicale ad arbusto. Viene utilizzato nella calzetteria con altre fibre per conferirgli elasticità. Denari - unità di misura usata per descrivere lo “spessore” (o la trasparenza) della calza: più basso è il numero di denari e più trasparente è l’indumento. Il numero di denari corrisponde al peso in grammi di 9000 metri di filo usato per la fabbricazione delle calze (ad esempio 9000 metri di filo usato per tessere una calza 20 denari pesano 20 grammi) . Le calze tessute con un alto numero di denari tendono ad essere meno trasparenti ma hanno una maggiore durata. Elastan - conosciuto anche con il nome commerciale Lycra, è una fibra a base sintetica elastomerica con forti proprietà elastiche. Impiegata inizialmente nelle calze medicali, piano piano trova posto nel campo dei costumi da bagno, abbigliamento sportive e successivamente anche nella moda, in abiti attillati ed aderenti alle forme del corpo. Fencenet - simili alle calze a rete, ma con la maglia molto più larga. Sono indossate sopra un altro paio di calze; ad esempio opache, per contrastare.

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Fissaggio - operazione che consiste nel distendere il collant su un supporto metallico a forma di gamba e nel sottoporlo a brevi vampate di calore in una camera di vaporizzazione o in un forno a secco. I collant semi-fissati sono lisci e appiattiti, ma senza la conformazione della gamba e del piede. I collant non fissati hanno invece un aspetto informe e raggrinzito: l’elasticità e la durata del collant è la stessa, ma l’aspetto è decisamente meno attraente. Gambaletti - sono calze che terminano sotto il ginocchio, coprendo il polpaccio ed il piede. Giarrettiera - indumento di biancheria intima formato da un laccio o una striscia di stoffa e utilizzato per sostenere le calze. Alte in genere pochi centimetri, le giarrettiere possono essere di cuoio o di tessuto, e decorate con fiocchi o pizzi. L’avvento dell’elastico ne ha reso obsoleto l’uso. Nylon - fibra sintetica derivata dal petrolio, è largamente il filato più utilizzato nella produzione attuale di calze e collant. Il primo paio di calze in nylon fu presentato dall’azienda americana DuPont nel 1939 all’Esposizione Internazionale di San Francisco. Opache - calze costituite da una trama spessa e scura che dà loro un’apparenza opaca (solitamente 40 denari o maggiore). Parigine - calze che arrivano a ricoprire non oltre il ginocchio. Seamless - calze senza cuciture, fabbricate in un solo passaggio su macchine circolari (operazione continua su un solo lungo filo) e che dunque non richiedono la cucitura “seaming” nella parte posteriore. Seta - fibra naturale prodotta dal bozzolo del ‘filugello’ direttamente sotto forma di filamento. Esistono circa trecento varietà di bachi che danno un prodotto qualitativamente diverso. È da sempre usata nella calzetteria femminile di lusso ma solo in combinazione con altri filati per la sua limitata elasticità. Testurizzazione - processo che serve a dare volume e elasticità al filo. Per la calzetteria, vengono utilizzati due metodi di testurizzazione: falsa torsione o air jet o torsione completa. Con la falsa torsione si ottiene un prodotto di elevato volume ed elasticità, ma dalla scarsa trasparenza. La testurizzazione mediante torsione da’ un volume ridotto e una minore elasticità, ma un’elevata trasparenza. 10


Velate - calze che in generale hanno una fibra sottile che va dai 15 ai 20 denari. Velatissime - una fibra finissima di pochi denari che offre il massimo nella trasparenza. Solitamente la fibra è sotto i 15 denari.

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LA CALZA NELLA STORIA Grazie alla ricerca che ho effettuato sulle calze mi sono resa conto di quanto questo oggetto sia legato all’industria ed all’innovazione e sia portavoce del mutamento della femminilità rispetto alla realtà sociale. La storia della calza dimostra come frequentemente moda e tecnologia procedano di pari passo, come elementi che portano significati specifici siano in realtà frutto di rivoluzioni tecniche o processi di produzione e come alcuni cambiamenti sociali siano manifestati anche attraverso questo indumento. Le origini della calza sono antichissime: da quando l’uomo ha iniziato a vestirsi anche le gambe sono state coperte. Certo è che la nascita della calza, così come viene intesa oggi, risale al Medioevo. La seta veniva lavorata per produrre delle calze che erano però indossate solo dagli uomini. Solo dal momento in cui alle donne fu concesso di mostrare le gambe, le calze divennero parte dell’abbigliamento femminile, fino a diventarne il simbolo. Ovviamente all’inizio del Novecento le calze rappresentavano un oggetto di lusso, dato l’alto costo della seta, ma dagli anni Venti, con l’invenzione del rayon, divennero accessibili ad una fascia maggiore di popolazione. In questi anni le calze venivano prodotte con il sistema della maglia sagomata e cucita. La cucitura che correva per tutta la lunghezza posteriore della gamba era dovuta a dei procedimenti tecnici dell’epoca ma è diventata sinonimo di sensualità e seduzione. Nel 1938 si ha la più importante rivoluzione nel campo della maglieria grazie al lancio della prima fibra sintetica da parte dell’azienda chimica Dupont: il nylon. Fu una delle prime occasioni in cui il mondo della chimica molecolare fu messa a disposizione della moda femminile. Il nylon veniva definito “resistente come l’acciaio e delicato come una ragnatela”. Vi fu una vera e propria strategia di marketing che fece alzare il livello d’interesse e generò una forte domanda ancora prima dell’inizio della distribuzione che avvenne il 15 Maggio 1940, definito ‘N’ Day. Inizialmente le calze in nylon vennero vendute in pochi negozi di Wilmington (Delaware, America), dove l’azienda DuPont aveva sede, ma data la grande richiesta la distribuzione venne avviata subito in tutto il Paese. Il nylon divenne un forte simbolo delle capacità tecniche americane. La nuova fibra risultava, a confronto con la seta, stabile sia rispetto alla fornitura che al costo e creò un clima in cui il design era incoraggiato a sperimentare. Con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale la produzione di nylon venne diretta verso scopi bellici, i rifornimenti di calze furono bruscamente interrotti. L’unico modo per procurarsi delle calze di nylon fu il mercato nero che le offriva a prezzi esorbitanti. In tempi di crisi l’ingegno si acuisce, e le donne in risposta alla mancanza di calze si disegnavano con la matita per occhi una linea che simulava la cucitura delle calze. Alla fine del conflitto riapparvero in commercio, e fu subito delirio: lunghe code di fronte ai negozi, disordini ed esaurimento delle scorte in poche ore. 13


Gli anni Cinquanta vedono un’altra grande rivoluzione firmata Dupont: le calze senza cucitura. Grazie alle macchine circolari si poteva produrre un tubo continuo che veniva poi tagliato e cucito sulla punta del piede. In questi anni i progressi tecnologici rendono il nylon meno costoso e più accessibile, le calze si arricchiscono di nuove velature e nuovi colori. È in questi anni infatti che le consumatrici iniziano a prendere confidenza con le denarature e sempre più spesso sulle confezioni viene citato il numero di aghi, in riferimento alla finezza delle macchine. Sempre grazie alla ricerca Dupont negli anni Sessanta si vede il lancio sul mercato della Lycra, detta anche Elastam o Spandex, che inizialmente viene impiegata per calze medicali, perché la lavorazione permetteva solo titoli molto alti, solo più tardi verrà adottata nel confezionamento di costumi da bagno, tute da sci e lingerie. Sempre in questo decennio fanno la comparsa le minigonne accompagnate dalla nascita dei collant, calze velate di nylon con una mutandina coprente attaccata che rivoluziona il modo di muoversi delle donne, non più con il timore di mostrare la biancheria per un movimento azzardato. L’indipendenza della donna di questo decennio viene colta perfettamente nelle illustrazioni pubblicitarie di Rene Gruau, che la dipinge con uno stile essenziale. La minigonna individuò le gambe come nuova zona erogena, che veniva vestita da collant coprenti che, grazie ad un nuovo processo chiamato testurizzazione, risultavano più elastici ed aderenti. All’inizio degli anni Settanta si verificò l’avvento delle calze in pizzo, mentre verso la fine del decennio il movimento punk prese i collant a rete strappati e bucati come simbolo di rottura con tutto ciò che aveva a che fare con la vecchia generazione. Gli anni Ottanta trovarono nella calza un simbolo di edonismo e sensualità, ed i collant vennero pubblicizzati dall’eroina del cartone animato Jessica Rabbit, che mostrava l’articolo dal provocante spacco del suo abito. Negli anni Novanta invece si passò a testimonial in carne ed ossa, da attrici di caratura internazionale alle ragazze di Miss Italia. Nel nuovo millennio l’immagine che viene data tramite la pubblicità è sempre più legata alla funzionalità e alla performance del prodotto, per cui si parla di calze dall’effetto abbronzatura, di collant contenitivi ed igienici. Ai giorni nostri si punta sul benessere ed il comfort che il collant può offrire alla consumatrice nella sua quotidianità, la quale non deve preoccuparsi di smagliature, dell’allentamento dell’elasticità o di fastidiosi pruriti. La calza è oggi un indumento che segue la vita impegnata ed in movimento della donna emancipata che non rinuncia ad essere femminile.

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usi e costumi La pagina precedente presenta delle gambe che portano delle calze bucate e pi첫 volte riparate, espressione delle dure condizioni durante la Depressione (Dorothea Lange, 1934 San Francisco). Nella pagina a fianco si vede una donna che disegna una riga nera lungo la parte posteriore della gamba, per simulare la cucitura delle calze che scarseggiavano durante il Secondo Conflitto Mondiale (Emily Rampton, 1940). Per lo stesso motivo, sopra, delle donne si lasciano dipingere le gambe per imitare il colore delle calze (1941). 17


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renÊ gruau (1909-2004) Illustratore italiano di origini francesi, ha raccontato tramite i suoi disegni l’evolversi del gusto nella moda ed il mondo femminile per sei decadi. Nella pagina a fianco, sviluppo di una pubblicità per Les Bas Christian Dior (1953). Sopra, manifesto pubblicitario per le calze Ortalion, Bemberg (1964).

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PUNTI DI VISTA Credo sia necessario per riparare un oggetto in maniera coerente e giusta comprendere ed analizzare i vari significati che porta con sé e i diversi valori che gli vengono attribuiti. Riguardo la calza è fondamentale capire il punto di vista di chi le indossa, quale simbolo ricoprono nell’immaginario comune e i significati che la rottura arreca. Per queste ragioni ho intervistato tre ragazze che, con caratteri differenti, indossano collant o altre tipologie di calze. Il collant è indubbiamente sinonimo di femminilità e sensualità, ma come qualsiasi altro capo può cambiare accezione, in base alla tipologia o all’accostamento con cui lo si indossa. La percezione di chi lo porta è di essere coperto. Nonostante la calza per le sue caratteristiche evidenzi le forme e metta in risalto le curve, può aiutare l’autostima perché dà la sensazione di contenere i piccoli difetti. Rispetto alle ragazze con cui ho avuto modo di parlare dell’argomento, ho riscontrato una visione delle calze più come accessorio che come indumento, nel senso che si azzarda di più con colori e fantasie rispetto magari ad un pantalone o ad una maglia. Spesso la calza viene scelta per dare un carattere specifico ad un vestito, che può quindi essere reinventato indossando diverse tipologie o stili di collant. Riguardo alla rottura accidentale tutte le ragazze, chi in maniera più forte chi meno, dicono di trovarsi a disagio se l’incidente accade in pubblico e non è possibile rimediare subito. C’è chi cerca subito una soluzione per sostituire la calza rotta con una nuova, magari tenendone un paio di ricambio in borsa, chi invece ci passa sopra, ma ha la sensazione che le altre persone notino la smagliatura o il buco e che la giudichino in maniera negativa. Questo tipo di rottura mette a disagio in quanto sfugge al nostro controllo e cambia l’immagine che noi vogliamo comunicare di noi stessi. La smagliatura o il buco nel collant sono incidenti che non si possono evitare con dei semplici accorgimenti, in quanto la fragilità è una caratteristica propria di questo materiale elastico. La rottura della calza rimanda immediatamente ad un sentimento di trasandatezza. Ci sono pochi casi in cui il collant bucato viene riparato, più spesso viene gettato o al massimo viene indossato solo se la rottura rimane nascosta dalla gonna. La riparazione tradizionale viene fatta con ago e filo, ma risulta evidente ed anti-estetica. È stato interessante sentire come, trovandosi dall’altra parte, quindi dal punto di vista di chi ‘nota la smagliatura’, ci sia una sorta di solidarietà verso la persona a cui è accaduto l’imprevisto, nonostante non si possa fare a meno di prestarci attenzione. Di seguito vengono riportate integralmente le interviste, per dare la possibilità di trovare altre riflessioni o spunti rispetto a quelli su cui io mi sono concentrata. Inoltre questa modalità permette di capire il contesto in cui una certa affermazione è stata dichiarata. I dialoghi sono aperti al confronto e presentano dei tratti molto personali e intimi delle persone intervistate, per questo non vogliono essere presentati come dati statistici ma piuttosto come esperienze. 21


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“ho tirato un filo� Mail ricevuta 18.01.2012 ore 20.34

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PROCESSO DI RIPARAZIONE

Mi capita spesso che indossando dei collant questi si impiglino, si lacerino per lo sfregamento con la punta delle scarpe, si tiri un piccolo filo dando origine a smagliature e buchi che nel giro di poco tempo sono ingestibili o comunque non più utilizzabili. Per riparare questo tipo di articolo esiste il metodo, per così dire, ‘tradizionale’ che consiste nel chiudere la rottura con filo o, per le più esperte, richiede la capacità di ricreare con pazienza la trama della calza. In alternativa esiste un metodo più veloce ma meno efficace, che è quello di contenere la smagliatura utilizzando dello smalto da unghie. Nel primo caso vengono richieste delle capacità particolari ed il risultato è poco gradevole all’occhio, nel secondo caso invece non è necessario alcun prerequisito ma effettivamente la rottura rimane contenuta, ma non viene riparata, ed inoltre asciugandosi lo smalto non mantiene l’elasticità della calza. Entrambi questi metodi producono dei risultati che non sono apprezzati. Con il mio sviluppo di riparazione ho cercato di ottenere una soluzione che mantenesse l’elasticità della calza, non richiedesse particolari competenze ed offrisse al contempo la possibilità di espressione attraverso varie forme, pattern e colori. Ho fin da subito indirizzato la mia sperimentazione verso materiali elastici, come il silicone, il lattice e le resine. Ho sfruttato la fluidità dei materiali bicomponenti, inserendone una goccia sopra la rottura e pressandoli fra due lastre. Ho sperimentato l’utilizzo di una superficie non liscia per far si che si imprimesse la texture sulla riparazione. Questo procedimento escludeva materiali, come il lattice, che si asciugano a contatto con l’aria. Il tentativo di imprimere un disegno in rilievo risultava poco efficace in quanto il materiale non riempiva in maniera precisa i solchi del disegno. Ho provato quindi a lavorare con la calza al rovescio, inserendo la lastrina con la texture in rilievo all’interno della ‘gamba’ e aggiungendo il materiale dall’esterno con un tampone. Ho cercando, grazie alla fluidità di questi materiali, di far passare il prodotto oltre la trama del tessuto, andando a riempire quindi i solchi del disegno. In questo modo la texture risultava pù definita e precisa, ma i contorni non erano definiti. Il passo successivo, determinata a trovare una soluzione che mi permettesse di tracciare dei contorni precisi, è stato l’utilizzo dello stencil. Lo stencil è una pratica conosciuta, veloce ed economica, che consiste nel realizzare una maschera del disegno che si desidera eseguire tramite il taglio del negativo su di un supporto come cartoncino, foglio di acetato o, come in questo procedimento un adesivo. Applicando un prodotto colorato sulla maschera, nel mio caso lattice, la forma ritagliata verrà impressa sul supporto retrostante lo stencil, quindi la calza. Il lattice penetra automaticamente nella trama del tessuto e riempie la mancanza del buco o della smagliatura, creando così una superficie chiusa e attaccata al resto del collant. Questo processo permette di definire delle forme precise e di avere infinite possibilità di disegno e colori, non necessità di particolari capacità e prerequisiti. 43


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esperimenti Prove di materiali: lattice naturale (primo esempio),resina bicomponente (secondo esempio) e silicone (ultimo esempio). Tentativo di realizzare una texture tramite la pressione di un foglio con disegni in rilievo durante la fase di asciugatura del materiale.

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Prove di materiali: resina bicomponente (primo esempio), lattice naturale (secondo esempio) e prodotto colorato a base di lattice, utilizzato generalmente nel bricolage per decorare vari tipo di superfici (ultimo esempio). Tentativo di realizzare una texture, lavorando con la calza al contrario ed inserendo all’interno un foglio con disegni in rilievo, in questo modo il materiale, aggiunto dall’esterno, va a riempire ogni incavo della texture realizzando un disegno con meno imperfezioni.

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Prove di materiali: lattice naturale (primo ed ultimo esempio) e prodotto colorato a base di lattice (secondo esempio). Tentativo di realizzare una forma definita grazie ad uno stencil, maschera che delinea i contorni del disegno. Il primo esempio mostra il risultato di uno stencil lavorato su una calza al rovescio, i due successivi su una calza lavorata dritta.

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per esempio Sopra, processo di riparazione: inserire una lastra di un materiale polietilenico oppure un supporto ricoperto con pellicola alimentare. Attaccare lo stencil adesivo alla calza, centrando il buco nel disegno. Distribuire il prodotto a base di lattice tramite un tampone. Lasciare asciugare. Ripetere l’applicazione del prodotto se necessario. Al termine togliere lo stencil dalla calza. Nelle pagine seguenti, risultati di tre riparazioni effettuate con il processo sopra descritto. 49


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BIBLIOGRAFIA

Harriet Worsley 100 Idee che hanno vestito la moda Logos, 2011 Modena José Warmund Chronologie der Eitelkeiten Schwabe Verlag, Basel Claudia Piras, Bernhard Roetzel Die Lady: Handbuch der klassischen Damenmode DuMont Monte Verlag, 2002 Köln François Baudot Gruau Franco Cantini Editore, 1998 Firenze Susannah Handley Nylon: The story of a Fashion revolution. A celebration of design from silk to nylon and thinking fibbers John Hopkins University Press, 1999 Maryland

SITOGRAFIA

www.calze.com

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