energie extra speciale piemonte green economy
Sir David King Mercedes Bresso Serge Latouche Andrea Bairati Roberto Burdese Guido Viale Maurizio Pallante
verso una nuova economia verde La nostra regione ha investito sulla riduzione delle emissioni più di Obama. Ma non basta. Perché il rischio catastrofe esiste, dice sir David King, e secondo Latouche la religione della crescita ci annienterà. A meno che non ripensiamo l’ambiente, le imprese e i consumi. A partire dal Piemonte
01: i quaderni di extratorino
in collaborazione con Uniamo le Energie Torino, 7 - 13 ottobre 2009 www.regione.piemonte.it/energia
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Supplemento a extratorino 10 Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, Torino n. 4/2009
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extra : energie
come eta beta Accendiamo il cervello. Dobbiamo consumare meno energia. La questione è molto seria, tanto che Sir David King – uno dei massimi esperti mondiali di riscaldamento globale – nell’intervista che ha rilasciato su queste pagine l’ha definita «la sfida più grande che l’umanità si sia trovata a fronteggiare fino a oggi». Tra poco più di trent’anni ci potremmo svegliare sapendo che una parte della flora marina è scomparsa, e con essa anche la possibilità di sfamarsi di una fetta di popolazione; che non c’è diga che possa arrestare l’oceano in continua ascesa prima che s’inghiotta le nostre città costiere; che la desertificazione ha reso invivibili fasce sempre più ampie di terra, con le conseguenti migrazioni, tanto che si calcolano in settecento milioni le persone in movimento dal sud al nord del pianeta nel 2050. Sembra un sogno apocalittico, ma potrebbe accadere se non invertiamo la rotta. Non farlo ci costerebbe molto caro, e di pagare – con questa crisi che ci pesa ancora e non ci lascia risalire – ne abbiamo tutti abbastanza. Per fortuna, il verde è un colore che sta bene all’economia, fa bene all’economia. Centomila nuovi posti di lavoro, secondo Greenpeace, ci aspettano solo nel settore dell’energia elettrica entro il 2030. Riciclo, riuso e utilizzo di energie rinnovabili non sono cosa da ricchi. Chiedetelo a Guido Viale, a Serge Latouche, a Maurizio Pallante o a Roberto Burdese, che sulle pagine di questo giornale si sono spesi per mostrarci come si possa “vivere in maniera sostenibile”, senza rimetterci. Chiedetelo alle tante aziende che in Piemonte come altrove fanno della ricerca e dell’innovazione la loro missione.
di
marco bobbio e francesca fimiani
Nel 2008 la Regione Piemonte ha chiamato tutti alle armi con Uniamo le energie. L’obiettivo: essere i primi in Italia a ridurre i consumi e le emissioni del 20% e portare al 20% il nostro approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili. A un anno di distanza, molti passi sono stati fatti – come leggerete in queste pagine, la nostra amministrazione locale investe nel rinnovabile più di Barack Obama – ma il percorso è ancora lungo. In occasione di questa seconda tornata di Uniamo le energie, Extratorino ha investito un po’ delle proprie per affondare le penne nel mare magnum del risparmio energetico, per capire, spiegare, dibattere. In questo “Extraenergie – speciale green economy” trovate proposte e soluzioni di alcuni tra i più grandi esperti locali e internazionali nel campo energetico e del rispetto dell’ambiente, ma anche una guida a quelle piccole attenzioni di ogni giorno che contribuiscono a cambiare le cose. La prima tra le tante la trovate nella pagina qui a fianco. È l’immagine di apertura del progetto Energia – Colti in flagranza di risparmio energetico, per il quale due fotografi torinesi, Ornella Orlandini e Michele d’Ottavio, sono andati a caccia di piccoli gesti “verdi” dei nostri concittadini: in sella a una bici, davanti ai cassonetti della differenziata, circondati da lampadine a basso consumo, che fanno il pieno alla pompa del metano. Piccole abitudini da 10 in ecolode. Che ci aiutano tutti a risparmiare energia e denaro. E ci stimolano a tenere acceso il cervello. Sfortunato, diceva Brecht, quel Paese che ha bisogno di eroi. Fortunato invece, diciamo noi, quel Paese che ha abbastanza virtuosi da non doverseli permettere.
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Colti in flagranza di risparmio energetico
Progetto per immagini e parole
di Michele D’Ottavio e Ornella Orlandini
SILVIO 66 anni, pensionato ore 16.43 Torino - corso Umbria, 90 Colto nell’atto di prendere l’acqua al punto Smat.
Lo faccio perché l’acqua è buona e costa meno. Quella naturale è gratuita e quella frizzante, con 5 centesimi, riempi una bottiglia da 1,5 l. Abito vicino al Po, l’acqua del rubinetto nel mio quartiere non è molto buona. Avevo visto il punto di distribuzione di Settimo dai miei nipoti. Quando ho letto sul giornale dell’apertura del nuovo punto anche a Torino, sono venuto a vedere. Ora son circa tre mesi che quando posso vengo in bicicletta a prendere l’acqua. Sei bottiglie: tre naturali per mia moglie e tre frizzanti per me.
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ANDREA BAIRATI, nato a Torino nel 1961, dal 2005 è assessore regionale a Università, ricerca, politiche per l’innovazione e l’internazionalizzazione, telecomunicazioni, e-government, industria ed energia. Dopo la laurea in Biotecnologie e studi in Analisi e valutazione dei sistemi complessi, ha curato diversi progetti nel campo dell’ingegneria dei sistemi formativi, del monitoraggio della domanda di competenze e innovazione del sistema economico-industriale e ha amministrato società di servizi e consulenza lavorando per enti locali, ministeri, associazioni di imprese, sindacati, Unione Europea. È stato collaboratore del quotidiano economico “Il Sole 24 Ore”, consigliere di amministrazione di Csea spa per conto della Città di Torino ed è stato direttore scientifico del Salone dei Mestieri 2005.
Sir DAVID KING, nato in Sud Africa nel 1939, è uno dei massimi esperti mondiali di clima e cambiamenti climatici. Dopo la laurea e un dottorato in Chimica all’Università di Witwatersrand, ha ricevuto nel 1974 il titolo di dottore in Scienza dall’Università dell’East Anglia e nel 1999 dall’Università di Cambridge. È professore di Chimica fisica e membro del Queens College dell’Università di Cambridge, dove continua la sua attività di ricerca; è stato nominato professore onorario all’Università Quindao in Cina e presidente del Collegio Carlo Alberto di Torino. Ha ricoperto la carica di consigliere scientifico capo del governo inglese dal 2000 al 2007, e attualmente è direttore dell’Ufficio di scienza e tecnologia e del dipartimento di Chimica del Downing College di Cambridge. Tra i suoi libri, Una questione scottante. Cosa possiamo fare contro il riscaldamento globale (Codice edizioni, 2008).
MERCEDES BRESSO, nata a Sanremo nel 1944, è stata eletta nel 2005 presidente della Regione Piemonte. Negli anni ha ricoperto ruoli politici di primo piano come presidente della Provincia di Torino dal 1995 al 2004 e deputato europeo dal 2004 al 2005. In ambito internazionale, ha ricoperto le cariche di presidente fondatore della Federazione mondiale città unite (Fmcu), di presidente della Conferenza transfrontaliera delle province e dipartimenti delle Alpi occidentali (Cafi) e di presidente della rete Rete delle aree metropolitane europee (Metrex). È professore di Istituzioni di economia, presso il Politecnico di Torino, e ha insegnato Economia dell’ambiente in diverse università e corsi in Italia e all’estero. È autrice di numerosi articoli e pubblicazioni a carattere scientifico, libri e saggi tra cui Per un’economia ecologica (Carocci, 1993) e Pensiero economico e ambiente (Loescher, 1982). Per il suo impegno in campo ambientale nel 1995 è stata insignita del Premio Airone d’oro.
SERGE LATOUCHE, nato nel 1940 a Vannes, in Francia, è un influente economista e filosofo. Professore emerito di Scienze economiche all’Università di Parigi XI e all’Institut d’études du devoloppement économique et social (Ieds) di Parigi, Latouche è uno dei più ferventi critici della cosiddetta «ideologia universalista», ovvero della pretesa della civiltà occidentale di imporre una serie di valori considerati validi per tutto il genere umano. Nella sua critica allo sviluppo, al consumismo, alla razionalità economica, Latouche è stato tra i primi pensatori ad approdare ai concetti della decrescita. Tra i suoi libri ricordiamo L’occidentalizzazione del mondo (Bollati Boringhieri, 1992), L’altra Africa. Tra dono e mercato (Bollati Boringhieri, 2000), Il pensiero creativo contro l’economia dell’assurdo (Emi, 2002), La fine del sogno occidentale. Saggio sull’americanizzazione del mondo (Elèuthera, 2002), La scommessa della decrescita (Feltrinelli, 2007), Breve trattato sulla decrescita serena (Bollati Boringhieri, 2008).
ROBERTO BURDESE, nato a Bra nel 1968, è entrato in Slow Food nel 1991 come obiettore di coscienza e l’anno dopo era già parte integrante della squadra. Si è occupato di vari progetti e comparti di Slow Food, dalla collaborazione con la casa editrice per le varie pubblicazioni, all’organizzazione di eventi come il Salone del Gusto, Cheese, fino a seguire a fianco di Carlin Petrini la ristrutturazione dell’Agenzia di Pollenzo, la creazione dell’Università di Scienze gastronomiche e la realizzazione del primo raduno di Terra Madre nel 2004. Dal 2006, è presidente di Slow Food Italia.
who’s who chi sono i contributors di extraenergie
MAURIZIO PALLANTE, nato a Roma nel 1947, fondatore con Mario Palazzetti e Tullio Regge nel 1988 del Comitato per l’uso razionale dell’energia (Cure), svolge attività di ricerca e di pubblicazione saggistica nel campo del risparmio energetico e delle tecnologie ambientali. Da qualche anno vive in una cascina tra i boschi e le colline del Monferrato astigiano, ha collaborato con “La Stampa”, “Il Sole 24 ore”, “Il Manifesto” e “Rinascita”, è socio fondatore del Movimento della decrescita felice ed è impegnato in prima persona nella diffusione della cultura della decrescita. Ha scritto i volumi La decrescita felice (Editori Riuniti, 2005), Un programma politico per la decrescita (Edizioni per la decrescita felice, 2008), La felicità sostenibile (Rizzoli, 2009). GUIDO VIALE, nato a Tokio nel 1943, è stato uno dei leader della protesta studentesca nel ’68 a Torino, attualmente lavora a Milano in una società di ricerche economiche e sociali e si occupa di politiche attive del lavoro in campo ambientale. Fa parte del Comitato tecnico-scientifico dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente (Anpa) ed è autore dei volumi Un mondo usa e getta. La civiltà dei rifiuti e i rifiuti della civiltà (Feltrinelli, 2000), Vita e morte dell’automobile (Bollati Boringhieri, 2007), Azzerare i rifiuti. Vecchie e nuove soluzioni per una produzione e un consumo sostenibili (Bollati Boringhieri, 2008) e Prove di un mondo diverso. Itinerari di lavoro dentro la crisi (Nda Press, 2009).
indice
ExtraENERGIE – SPECIALE GREEN ECONOMY
Ottobre 2009 Supplemento di www.extratorino.it
Registrazione al Tribunale di Torino n. 6018 del 29/10/2007
PER ACCENDERE LA MENTE – PENSIERI SULL’ENERGIA
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NUCLEARE , SOLE E CORPORATION: SARANNO LORO A SALVARCI? sir David King «Ambiente e crescita possono convivere: in Gran Bretagna, dall’introduzione del trattato di Kyoto nel 1990, le emissioni si sono ridotte del 12% e il Pil è cresciuto del 38%»
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LA RIVOLUZIONE? UN WEB DELL’ENERGIA Guido Viale «Neanche tutte le fonti rinnovabili insieme, possono sostituire la potenza dei combustibili fossili. Quindi bisogna puntare su un mix differente di fonti»
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FA’ LA CASA GIUSTA Maurizio Pallante «Il nostro assunto fondamentale è che il prodotto interno lordo in realtà non fa altro che misurare il valore delle merci scambiate per denaro nell’arco di un anno. Il problema però è che non tutte le merci prodotte e scambiate sono beni, e non tutti i beni sono merci»
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SE MANGIAR PETROLIO VI SEMBRA GIUSTO (E SANO) Roberto Burdese «Gli imballaggi costituiscono il 40% del peso e il 60% del volume dei beni che comperiamo»
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P + I + E = PIEMONTE, INNOVAZIONE, ENERGIA
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PIU’ GREEN DI BARACK Tutte le carte giocate dalla regione in ambito energetico, ne parlano Mercedes Bresso e Andrea Bairati
I POLI DEL PULITO L’innovazione paga: viaggio nel Piemonte che guarda – e investe – nel futuro
DALL’UE 140 MILIONI PER RINVERDIRE L’ENERGIA PIEMONTESE L’Unione Europea versa cospicui finanzimenti sul fronte delle energie rinnovabili. Ecco come li usiamo UTILITY
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GUIDA MINIMA AGLI ECOINCENTIVI
IL MONDO DEL VERDE SI INCONTRA A TORINO: UNIAMO LE ENERGIE
TOCCA A TE: Le buone pratiche che fanno bene all’ambiente in casa, nei trasporti, con i rifiuti
IL CREPUSCOLO DELL’ECONOMIA Serge Latouche «Questo totalitarismo dell’economia è destinato a portare, nel tempo, alla morte dell’economia, e forse dell’umanità stessa»
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YOUR CHOICE MAKES A DIFFERENT Vauban, Bolzano, Dongtan, Greensburg... Viaggio tra città e cittadini che hanno deciso di fare la differenza 1. i quaderni di
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Nucleare, sole e corporation: saranno loro a salvarci? L’inglese Sir David King è il maggior esperto planetario di global warming. «Il rischio di sommergere ventimila anni di civiltà esiste – dice – se non ci muoviamo subito.» E punta su tre ingredienti dibattuti: la fusione senza scorie, i convertitori di energia solare e le multinazionali che, sorpresa, fanno meglio dei governi di
Francesca Fimiani e Marco Bobbio
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l cambiamento climatico è la più grande sfida che la nostra civiltà abbia mai dovuto affrontare.» Ne è convinto il professor Sir David King, nato a Durham in Sud Africa nel 1939, direttore della ricerca per il Dipartimento di Chimica all’Università di Cambridge e consulente, dal 2000 al 2007, del governo britannico in campo scientifico. Nominato presidente del Collegio Carlo Alberto di Torino nel 2008, Sir David King scopre la propria passione per la chimica da giovanissimo nella fabbrica di vernici del padre, per poi laurearsi in questa materia all’Università di Johannesburg e intraprendere l’attività di ricerca. «Per affrontare questa emergenza, tutte le nazioni, tutti i popoli, nessuno escluso devono accettare la sfida del cambiamento: ed è una cosa che nell’era industriale non è mai successa.»
«se entrassimo in una hotface i mari potrebbero crescere di cento metri e la temperatura alzarsi di dieci gradi centigradi. Questa è la peggiore delle ipotesi, nel caso in cui continuassimo a consumare combustibili fossili»
Professor King, il cambiamento climatico è la più grande incognita che grava sul futuro della nostra civiltà. Quali sono i rischi connessi all’innalzamento delle temperature? I rischi del riscaldamento globale sono molti. Sappiamo dai climatologi e dalla storia climatica del nostro pianeta che se entrassimo in un’altra hotface, come quella che abbiamo avuto cinquanta milioni di anni fa, i mari potrebbero crescere di cento metri e la temperatura alzarsi di dieci o dodici gradi centigradi. Questa è la peggiore delle ipotesi, nel caso in cui continuassimo a consumare combustibili fossili. Qualora dovessero avvenire tali cambiamenti climatici, le città che abbiamo costruito con cura e con costanza lungo le coste in questi secoli verrebbero sommerse. E le temperature nelle zone tropicali diventerebbero probabilmente invivibili per i grandi mammiferi, a cominciare dagli esseri umani. C’è un punto di irreversibilità che non dobbiamo avvicinare: non è possibile dire con esattezza quando arriverà e per questo è importante intervenire con programmi a breve termine. Sarebbe indice di un’enorme stupidità non prendere provvedimenti contro questo problema. Nel caso non contrastassimo tali cambiamenti, distruggeremmo molto di quello che abbiamo costruito in ventimila anni. Al G8 dell’Aquila, a luglio di quest’anno, è stato raggiunto un accordo per diminuire le emissioni di gas serra dell’80% entro il 2050. Che cosa ne pensa? È un accordo molto importante. Il governo britannico è stato il primo a sostenere, attraverso un percorso graduale, che si dovevano ridurre le emissioni dell’80%: nel 2004 ci eravamo dati l’obiettivo di far calare le nostre emissioni del 60% e adesso siamo saliti all’80%. Sono sicuro che questo obiettivo sia raggiungibile e che nel contempo sia possibile continuare a far crescere le nostre economie. In Gran Bretagna, dall’introduzione del trattato di Kyoto nel 1990, le emissioni si sono ridotte del 12% e il Pil è cresciuto del 38% circa. In ogni caso ci aspetta la più grande trasformazione che la nostra economia abbia visto in centinaia di anni, ma è una transizione che possiamo superare. Quali passi concreti si devono attuare per raggiungere quegli obiettivi? Dal punto di vista politico serve una pianificazione di lunga durata. Durante il periodo in cui ho ricoperto il ruolo di Chief scientific adviser (consigliere scientifico capo, ndr) nel governo di Tony Blair, abbiamo stilato programmi fino al 2014. È un modo di operare nato più di sessant’anni fa, quando Winston
Sir David KIng con Al Gore al World Forum on Enterprise and the Environment
«Il vostro esecutivo in questi anni non ha svolto un ruolo di primo piano per abbassare le emissioni o per sostenere comportamenti ecocompatibili. L’accordo dell’Aquila è finalmente un buon segno»
Churchill assunse un consulente scientifico durante la guerra. Altri Paesi hanno bisogno di effettuare passi più graduali. Per questo sono contento che l’accordo sia stato firmato all’Aquila, dal governo italiano: il vostro esecutivo in questi anni non ha svolto un ruolo di primo piano per abbassare le emissioni o per sostenere comportamenti ecocompatibili. L’aver firmato un accordo di tale importanza può portare il governo italiano verso quelle riforme che ancora sul territorio mancano. Quali sono, a suo avviso, le alternative più praticabili ai combustibili fossili, per quanto riguarda la produzione di energia? Molte soluzioni sono già disponibili, sia su larga sia su piccola scala. Partendo da quelle su larga scala, a mio parere, la più efficiente fonte alternativa di energia è la fusione nucleare. Sono in corso miglioramenti scientifici di grande spessore che permetteranno di avere molta energia e in sicurezza. Si riferisce alla fusione fredda? No, non credo molto nella fusione fredda, penso che sarà un fallimento. Penso alla fusione nucleare di nuova generazione. Il progetto più importante di joint technology che sia mai stato sviluppato al mondo sta iniziando in questi mesi nella centrale di Cadarache in Francia, poco distante da Marsiglia. Lo scopo è quello di costruire un reattore di grandi dimensioni in grado di convertire efficacemente il deuterio, estratto dall’acqua del mare, e il trizio, sviluppato dal litio, per trasformarli in energia su larga scala. L’unica scoria prodotta dal processo, a parte la radioattività stessa, è l’ilio, che non è un materiale inquinante. Il gruppo di nazioni coinvolte in questo progetto di enorme importanza è guidato dall’Unione Europea e ne fanno parte Stati Uniti, Russia, Giappone, Corea del Sud, India, Cina... Oltre al nucleare quali sono le fonti più promettenti? Direi i convertitori di energia solare, che attraverso enormi specchi possono riscaldare acqua, trasformarla in vapore e creare energia. È forse la più efficiente tecnologia che abbiamo attualmente per ricavare energia dal sole. Su un altro piano, ma non di minore importanza, abbiamo la microgenerazione: energia geotermica, solare termico, pannelli solari... Posso anticiparle che nei prossimi dieci anni in Gran Bretagna ci sarà un microgeneratore su ogni tetto delle nuove case, in modo che nessuno sia più obbligato ad allacciarsi alla rete elettrica nazionale e che tutti possano essere autosufficienti. È necessario che gli sforzi privati e quelli pubblici vadano nella stessa direzione, altrimenti non raggiungeremo mai l’obiettivo. 1. i quaderni di
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«Il privato si sta muovendo meglio del pubblico: le corporation stanno intraprendendo azioni che vanno oltre a quanto fatto e proposto dai politicanti negli ultimi anni»
Qual è la situazione in Europa? In questo momento il segnale migliore che vedo nel nostro continente, ma anche negli Stati Uniti, viene dal mondo aziendale. Il sistema politico si trova spesso a inseguire la leadership di alcune grandi aziende, tipo Unilever, banche come Hsbc o Ubs, consumers company come Tesco. Ebbene, queste corporation stanno intraprendendo azioni che vanno oltre a quanto fatto e proposto dai politicanti negli ultimi anni. E questo mi porta a pensare che il cambiamento sia realmente in atto: non più una questione imposta dall’alto, non importa chi detiene la leadership. La proposta di abbandonare i consumi fossili ha messo in grave difficoltà alcuni soggetti politici, ma se è la società stessa a fare passi avanti, sarà la politica a trarne le conseguenze e non viceversa. Quali politiche si possono attuare a livello locale, ad esempio in una regione come il Piemonte? È molto importante iniziare da un piccolo territorio per migliorare gli standard dell’intera nazione. È necessario che la politica nazionale si occupi dei macroproblemi, ma è altrettanto indispensabile che chi governa il territorio e anche i singoli cittadini mettano in atto buone, piccole pratiche.
ÂŤNel caso non contrastassimo tali cambiamenti, distruggeremmo molto di quello che abbiamo costruito in ventimila anniÂť 1. i quaderni di
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la rivoluzione? un web dell’energia
L’economista Guido Viale non vede scorciatoie: il nucleare è rischioso e caro, l’idrico devastante, l’eolico inadatto, il petrolio irrinunciabile. La questione è cambiare il mix e produrre tutti un poco d’energia. Per poi metterla in rete, come fosse internet Di
Marco Bobbio fotografia di
massimo pinca
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E
nergie rinnovabili, automobili, agricoltura, materie prime, rifiuti. Il mondo che uscirà dalla crisi economica più devastante del nuovo millennio dovrà fare i conti con l’ambiente e limiti che esso pone allo sviluppo. Dagli Stati Uniti all’Europa, dalla Cina al Sud America, tutti i governi cominciano a interrogarsi su come impostare un modello di crescita che garantisca il benessere delle popolazione ma che al tempo stesso sia più sostenibile per il pianeta. Non sono più discorsi da accademici con il pallino della natura o da gruppuscoli politici “verdi”; un nuovo modello di sviluppo ecosostenibile sta diventando un tema politico difficile da evitare. E contemporaneamente, si stanno cominciando ad aprire interessanti prospettive imprenditoriali per chi ha deciso di cavalcare la rivoluzione verde. Quali saranno quindi i settori trainanti delle economie mondiali con il pollice verde? Quali forme di energia alimenteranno la futura crescita? Su quali automobili ci muoveremo? E come affronteremo il problema dei rifiuti? Guido Viale, 66 anni, economista, si occupa da anni di politiche attive del lavoro in campo ambientale e ha pubblicato diversi libri sui temi dello sviluppo sostenibile, come Prove di un mondo diverso. Itinerari di lavoro dentro la crisi (Nda Press, 2009), Azzerare i rifiuti. Vecchie e nuove soluzioni per una produzione e un consumo sostenibili (Bollati Boringhieri, 2008), Vita e morte dell’automobile (Bollati Boringhieri, 2007). Viale traccia un quadro realistico: «Un nuovo modello di sviluppo è possibile, ma servono interventi pubblici, sia a livello nazionale sia a livello locale, per indirizzare la riconversione del sistema economico». Quali possono essere i settori trainanti per una crescita sostenibile?
Sicuramente la produzione di energia, da una gamma molto ampia di fonti, a partire dal sole. Quindi pannelli fotovoltaici? Sì ma non solo, anche il solare-termico e il termodinamico. I pannelli fotovoltaici in prospettiva possono essere molto vantaggiosi, hanno un costo di esercizio basso ma comportano grandi investimenti: a oggi, il fotovoltaico è sostenibile solo se incentivato dal settore pubblico, e in Italia abbiamo i finanziamenti più alti nel mondo. Nel giro di cinque o dieci anni però dovrebbe diventare competitivo. Ma gli sviluppi più promettenti riguardano il termodinamico. Ovvero? Si tratta di centrali solari che sfruttano il principio di Archimede: si puntano tanti specchi in direzione di un’unica caldaia trasparente contente un tipo particolare di sali che può raggiungere la temperatura di oltre 600°C. Attraverso uno scambiatore, il calore viene trasformato in energia. A oggi sono in fase di costruzione i primi impianti ma in Austria e Germania ci sono progetti per installare nel deserto del Sahara decine di queste centrali: c’è un consorzio pronto, l’investimento è di quattrocento miliardi di euro in dieci anni e l’obiettivo è di produrre il 15-20% del fabbisogno energetico europeo. E l’eolico? A oggi è l’unica fonte per produrre energia concorrenziale con i combustibili fossili, cioè carbone, derivati del petrolio e metano. Purtroppo l’Italia non ha grandi potenzialità da questo punto di vista: ci sono alcuni crinali ventosi in montagna ma l’ideale sono i deserti o le grandi coste oceaniche. Un’alternativa possono essere le biomasse? A certe condizioni, sì. Le centrali di questo tipo utilizzano tre tipi di combustibili: gli scarti delle coltivazioni; i residui della manutenzione dei boschi; alcune
«Neanche tutte le fonti rinnovabili insieme possono sostituire la potenza dei combustibili fossili. Quindi, realisticamente, bisogna puntare su un mix differente di fonti»
colture bioenergetiche, che però sottraggono suolo fertile e acqua alle produzioni alimentari. Quindi mi pare che possano funzionare i primi due tipi di centrali, a patto che siano di piccole dimensioni, massimo da 4 o 5 Megawatt, e che siano vicine ai luoghi di produzione del combustibile, diciamo intorno ai quaranta chilometri. Una delle prime fonti utilizzate per produrre energia è l’acqua, attraverso le centrali idroelettriche. Che futuro avranno? Le grandi strutture hanno bisogno di enormi dighe, che però hanno un impatto ambientale devastante. Si sta invece sviluppando il microidrico: l’idea è di associare una piccola turbina a ogni salto d’acqua, quindi anche a fogne, tubature, condotte urbane. Producono poca energia, ma moltiplicata per migliaia di impianti ha un senso. Su che cosa si sta concentrando la ricerca di nuove fonti? Sul moto ondoso, per sfruttare gli spostamenti d’acqua delle maree per far girare delle turbine, e sulla geotermia di profondità: in quest’ultimo caso, l’idea è di utilizzare il calore del sottosuolo, dove si raggiungono temperature di oltre 400 °C. Il problema però è portare le turbine a quattromila metri di profondità. In prospettiva poi c’ è sempre la fusione fredda, ma non se ne parla prima di cinquant’anni anni. Rimane il capitolo nucleare... A parte che non è una fonte rinnovabile, il nucleare mi pare impraticabile per diversi fattori. Innanzitutto c’è il problema della sicurezza, che non è da sottovalutare. Poi c’è il discorso delle scorie radioattive: in tutto il mondo non esiste un solo sito di stoccaggio definitivo, nemmeno quello che vogliono costruire gli americani in Nevada, a Yucca Mountain, con un investimento mostruoso, è in grado di risolvere il problema. C’è poi la questione relativa ai costi di co-
struzione: si è calcolato che per avere un kilowatt di potenza si spendono quattromila dollari, ma basta un semplice ritardo di alcuni anni per aumentare le spese in modo vertiginoso. L’unica centrale attualmente in costruzione in Europa è in Finlandia, dove a causa dei rallentamenti nei lavori hanno già speso due miliardi di euro in più del previsto. Altri impianti stanno sorgendo in India, Cina e nelle Repubbliche ex sovietiche mentre negli Stati Uniti, nonostante l’amministrazione Bush avesse varato sostanziosi incentivi, nessun progetto è avviato. La verità è che il nucleare non presenta alcun vantaggio economico, tenendo anche conto che il prezzo dell’uranio è aumentato di dieci volte negli ultimi dieci anni e che le riserve note, al tasso di consumo attuale, si potranno esaurire nei prossimi trentacinque o quarant’anni. Quindi saremo legati ancora per molti anni al petrolio? Quando, nel 2007, il prezzo del greggio ha toccato i 150 dollari al barile, molte fonti di energia rinnovabile avevano superato la soglia di competitività; però nessuna di queste, e neanche tutte insieme, possono sostituire la potenza dei combustibili fossili. Quindi, realisticamente, bisogna puntare su un mix differente di fonti, guardando alle potenzialità e ai limiti di ogni territorio. Inoltre, ci sono grossi investimenti da fare nella rete distributiva. Perché? Occorre che diventi integrata e bidirezionale, cioè che sia in grado di assorbire l’energia prodotta attraverso la microgenerazione diffusa: la rete italiana oggi può sfruttare solo il 10% di questa energia. L’approdo potrebbe essere, secondo Jeremy Rifkin, una sorta di world wide web dell’energia, un gigantesco network di piccoli produttori. Oltre all’energia, quali sono le sfide strategiche per uno sviluppo sostenibile?
«Il nucleare non presenta alcun vantaggio economico, tenendo anche conto che il prezzo dell’uranio è aumentato di dieci volte negli ultimi dieci anni e che le riserve note, al tasso di consumo attuale, si potranno esaurire nei prossimi trentacinque o quarant’anni» 1. i quaderni di
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Un discorso centrale è quello dello sfruttamento delle materie prime, quindi ridurre i consumi e aumentare la produttività delle risorse. Esiste una grande corrente di pensiero che è arrivata alla formulazione del paradigma “fattore 10 e fattore 4”, cioè fattori di riduzione dell’uso delle risorse naturali: il primo valido nei Paesi sviluppati, il secondo a livello mondiale. La base del ragionamento è che tutto il progresso tecnologico in questi anni è stato finalizzato a far crescere la produttività del lavoro dando per scontato che le risorse fossero illimitate e non rappresentassero un problema in termini di costi. Al giorno d’oggi la produttività del lavoro è difficile da aumentare mentre si può far crescere quella delle risorse, cioè produrre nuovi oggetti utilizzando meno e meglio le risorse. Per far questo si possono alleggerire il peso e il volume delle merci, riciclare i materiali e i prodotti a fine vita, miniaturizzare gli oggetti sfruttando le nanotecnologie. E infine sostituire i servizi al possesso dei beni, ad esempio nel caso delle automobili. Quindi è finita l’era della macchina di proprietà? Finita no, però un’automobile, mediamente, sta ferma per ventidue ore al giorno e già oggi con il car-sharing o i taxi collettivi si utilizza in modo più razionale un bene, in forma privata, senza averne il possesso. Il capitolo della mobilità è fondamentale per uno sviluppo sostenibile e il problema da affrontare riguarda le emissioni di CO2. Pensare di far muovere gli ottocento milioni di macchine presenti al mondo utilizzando l’elettricità non è pensabile: servirebbero l’equivalente di cinquemila centrali nucleari. Anche le fonti rinnovabili non sono praticabili: per spostare un’utilitaria di medie dimensioni servono quattrocento metri quadrati di pannelli fotovoltaici. Quindi vanno incentivate altre forme di mobilità, come il trasporto pubblico, le biciclette...
E per quanto riguarda il settore agricolo? È un altro argomento centrale. Bisogna tenere presente che l’agricoltura rappresenta la voce più alta nei consumi idrici, in Italia arriva al 70%. Il problema dell’agricoltura è che gran parte della produzione è alimentata dal petrolio, basti pensare ai fertilizzanti azotati, ai pesticidi, alla motorizzazione della produzione, ai trasporti intercontinentali delle merci su barche e aerei, alla catena del freddo per il congelamento e il surgelamento. L’agroalimentare rappresenta intorno al 25% dei consumi mondiali di petrolio, e quindi di emissioni di CO2, ed è uno dei principali responsabili della deforestazione. L’obiettivo è quindi tornare a colture di prossimità, all’agricoltura a chilometri zero, e utilizzare meno fertilizzanti che uccidono l’ humus e impoveriscono il terreno. C’è infine la questione dei rifiuti... La scelta dovrebbe essere quella di potenziare la raccolta differenziata, finalizzata al riciclaggio. In Germania esistono impianti di trattamento meccanico dei rifiuti che permettono di recuperare parti dei prodotti da riutilizzare. L’Italia invece ha deciso di puntare sui termovalorizzatori, o inceneritori come sono chiamati in tutto il resto del mondo, ma se la raccolta differenziata funziona bene, intorno al 60% del volume totale, da bruciare rimane ben poco. Che cosa può fare un singolo cittadino per ridurre, giorno per giorno, il proprio impatto ambientale? Da solo uno non può fare i miracoli. È utile iscriversi ai Gas (Gruppi di acquisto solidale), ridurre gli imballaggi, rinunciare ai prodotti agricoli esotici, fare la raccolta differenziata. Ma dal mio punto di vista, la cosa più importante è promuovere organismi consultivi a livello territoriale per incidere sulle scelte politiche e amministrative. Perché posso anche fare la raccolta differenziata ma se nessuno me la viene a raccogliere a cosa serve?
«Pensare di far muovere gli ottocento milioni di macchine presenti al mondo utilizzando l’elettricità non è pensabile: servirebbero l’equivalente di cinquemila centrali nucleari»
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Colti in flagranza di risparmio energetico
maria 62 anni, imprenditrice ore 19.10 Rivoli - via Pavia Colta nell’atto di comprare lampadine a risparmio energetico.
di Michele D’Ottavio e Ornella Orlandini
Lo faccio perché c’è un risparmio economico prima di tutto e poi perché bisogna imparare a consumare di meno. Mio marito ed io abbiamo cambiato tutte le lampadine di casa e del giardino già da diverso tempo. Negli ultimi 10 anni si è fatta più informazione e ci si è attivati maggiormente su questo tema. È certo che bisognerebbe fare un’informazione a tappeto, per far conoscere il risparmio energetico e soprattutto economico alle persone di tutte le classi sociali. Bisogna spiegare come quantificare il risparmio e come calcolarlo. A primo impatto sembra sia un lusso comprare lampadine a risparmio energetico, perché si spendono anche più di 10 euro a pezzo. Ma bisogna capire quanto consuma in realtà. A conti fatti, con questo tipo di lampadine, è facile che i kilowatt necessari per il fabbisogno della propria abitazione si dimezzino, e di conseguenza diminuisce in proporzione anche il costo della bolletta. Bisogna imparare a farsi i conti. Il risparmio non è sull’acquisto iniziale, ma sulla somma dei consumi. Così siamo attenti anche per gli elettrodomestici. Ora c’è la classe A o A+ ecc, costano di più, ma nell’utilizzo si risparmia di molto.
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fa’ la casa giusta Maurizio Pallante è il fondatore del movimento per la “decrescita felice”. Siamo andati a trovarlo nella sua cascina a basso consumo per farci spiegare come si fa a risparmiare energia, salvare il pianeta e viver contenti
di
Marco Bobbio fotografie di
Massimo Pinca
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he differenza c’è tra la decrescita e la recessione? La stessa che esiste tra chi mangia di meno perché decide di fare una dieta e chi invece non ha abbastanza di cui cibarsi. È questo un buon esempio per cercare di capire che cosa siano e a che cosa si ispirino i movimenti e i circoli che in Italia, ma anche all’estero, provano a sfatare il mito della crescita e dello sviluppo economico infinito per progettare una società che poggi su altre basi. Maurizio Pallante, 62 anni, dopo aver vissuto a lungo in città, ha deciso di trasferirsi in campagna, a Passerano Marmorito nell’astigiano, in una vecchia casa liberty che dalla cima di un cucuzzolo offre la vista delle valli circostanti e dell’arco alpino. È il fondatore del Movimento per la decrescita felice, ne dirige le edizioni e ha recentemente pubblicato il volume Felicità sostenibile (Rizzoli, 2009): «Spesso si ritiene che la decrescita sia legata alla riduzione dei consumi, al pauperismo, ma sono tutte balle», spiega. «Il nostro è un discorso che parte dall’ambito economico e diventa una concezione del mondo e ha a che fare con l’uso più intelligente e razionale delle risorse.» Un pensiero a tutto campo che va dalla politica economica alle scelte individuali, fino ad arrivare ai consigli pratici su comportamenti di consumo e gestione della casa in modo da ridurre la propria impronta ambientale. Da quali presupposti teorici muove la teoria della decrescita? L’assunto fondamentale è che il prodotto interno lordo, che è utilizzato come un indicatore di benessere, in realtà non fa altro che misurare il valore delle merci scambiate per denaro nell’arco di un anno. Il problema però è che non tutte le merci prodotte e scambiate sono beni, e non tutti i beni sono merci: le merci sono oggetti e servizi che si scambiano per denaro, i beni sono oggetti e servizi che rispondono a un bisogno. La decrescita è quindi la diminuzione della produzione e del consumo di merci che non sono beni, e l’aumento della produzione e del consumo di beni che non sono merci. Quali beni, ad esempio, non sono merci? In primis, tutti i beni relazionali, come l’amicizia o l’amore: non si possono comprare. E poi tutta una serie di beni autoprodotti, come le verdure dell’orto o lo yogurt fatto in casa: fanno decrescere il Pil perché riducono la spesa alimentare, ma sono beni perché rispondono a un bisogno. E quali merci non sono beni? Se uno passa due ore in macchina imbottigliato in un ingorgo consuma un sacco di benzina: è una merce, fa aumentare il Pil, ma non è un bene. È uno spreco. Quali sono le strategie che suggerite per avviarsi verso una “decrescita felice”? Ci sono due livelli su cui si può agire: da un lato quello politicoamministrativo per indirizzare le decisioni economiche e dall’altro quello delle scelte esistenziali individuali. In entrambi casi, la decrescita è la via migliore per uscire e per parare le botte della crisi.
In che senso la decrescita aiuta a superare la recessione? Intanto, la crisi che stiamo attraversando è dovuta alla sovrapproduzione, più che alle speculazioni finanziarie. I famigerati mutui sub-prime americani in realtà non sono altro che un modo per sostenere la domanda di case, consentendo di acquistare un’abitazione anche a chi non se lo può permettere. Di fronte a una crisi di sovrapproduzione, una società fondata sulla crescita non ha altro mezzo che sostenere la domanda. La crescita dell’economia, dal dopoguerra a oggi, è stata stimolata soprattutto dai settori dell’edilizia e dell’automobile, ma rispetto agli anni Sessanta è cambiato tutto. Il mercato dell’auto oramai è saturo? Negli anni Sessanta in Italia circolavano 1 milione e 800 mila macchine, meno di quante ne sono state vendute lo scorso anno, e nel 2008 35 milioni. Se quarant’anni fa era prevedibile un’espansione del settore, oggi non lo è più. E le auto verdi non sono una buona soluzione per ridurre il consumo di carburante? Dal mio punto di vista, no. Possono inquinare meno, ma la sostanza non cambia, l’auto cosiddetta verde si iscrive nello stesso paradigma culturale della crescita. Come si risolve però il problema del milione di persone circa che in Italia lavora nell’industria dell’autoveicolo? So che dicendo una cosa del genere rischio di essere preso a bullonate, ma dal punto di vista teorico non è un problema. Non si può creare occupazione per costruire oggetti dannosi, a quel punto perché non potenziare la produzione di armi e droga? L’occupazione è importante se diamo un senso al lavoro. E l’edilizia? Anche qui, le cifre parlano chiaro: a Roma, una casa su sette è vuota, a Torino sono cinquantamila gli appartamenti non utilizzati e a Milano ci sono uffici liberi per una volumetria pari a trenta grattacieli Pirelli! È una follia pensare di rilanciare l’economia puntando su questi settori. Ma c’è di più... Ovvero? Questa recessione è più grave rispetto a quella del 1929, perché oltre al crollo dell’economia e della finanza, c’è una crisi ambientale, ecologica ed energetica. E quali sono gli oggetti più energivori che esistono? Macchine e case, che insieme consumano due terzi delle fonti fossili. Quindi per tornare alle possibili soluzioni, cosa proponete? Per esempio, invece del piano-casa, si dovrebbe promuovere una legge per obbligare la costruzione e la ristrutturazione di abitazioni a basso consumo energetico: in questo modo si rilancia l’occupazione, si contrasta l’effetto serra e si abbatte la spesa dei cittadini per il riscaldamento. Passando alle scelte individuali, quali sono gli interventi che un singolo cittadino può effettuare per rendere una casa ecoefficiente?
«Se uno passa due ore in macchina imbottigliato in un ingorgo consuma un sacco di benzina: è una merce, fa aumentare il Pil, ma non è un bene. È uno spreco»
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Innanzitutto, una buona coibentazione dei soffitti, in alcuni casi dei pavimenti, e soprattutto dei muri esterni. Esistono dei veri e propri “cappotti” di materiali naturali o sintetici, di uno spessore che va dagli otto ai quaranta centimetri, con cui si può bloccare il freddo prima che arrivi a contatto con le pareti. Per quanto riguarda gli infissi? Bisognerebbe installare tripli vetri o doppi vetri evoluti. Questi ultimi nell’intercapedine tra uno strato e l’altro hanno un gas raro, tipo l’argon o il kripton, che aumenta il potere isolante; inoltre nella facciata che dà all’interno dell’abitazione viene applicata una sottilissima colata di metallo che fa passare le radiazioni solari in entrata ma non permette al calore della casa di uscire. Questi vetri hanno un potere di coibentazione superiore a quello dei muri. Che cos’altro si può fare? L’ultimo elemento sono i sistemi di ricambio d’aria con recupero di calore, che permettono di aerare i locali senza bisogno di aprire le finestre, evitando così di abbassare la temperatura interna dell’abitazione. Questi sistemi però si possono sistemare solo nelle case di nuova fabbricazione. In alternativa, esiste una sorta di davanzale ecologico, progettato da Mario Palazzetti, che è stato per quindici anni direttore del centro ricerche Fiat. Si tratta di una scatola, da applicare davanti alle finestre, con dentro due ventole, una che aspira l’aria dall’esterno e la porta dentro casa, e l’altra che svolge il processo inverso. Dentro la scatola poi c’è un filtro, che purifica l’aria e la insonorizza, e uno scambiatore di calore, per mantenere costante la temperatura dell’aria in entrata e in uscita. Quanto si può risparmiare in questo modo? Per riscaldare una casa, normalmente, servono venti litri di gasolio (o venti metri di cubi di metano) per metro quadrato l’anno: in Alto Adige consentono solo la costruzione di case che non ne consumano più di sette. Le migliori, dette “classe oro” o “case passive”, bruciano solo un litro e mezzo per metro quadro, non hanno bisogno di un impianto di riscaldamento e mantengono una temperatura di venti gradi anche quando fuori ce ne sono venti sotto zero. Che cos’altro si può fare per ridurre la propria impronta ambientale? Noi indichiamo tre filoni. Il primo è riscoprire la sobrietà nei comportamenti di acquisto, il che vuol dire far durare gli oggetti, ripararli quando si rompono, non comperare più del necessario, resistere, ad esempio, alle sirene della moda che ci impone di rinnovare il guardaroba ogni stagione, riciclare e riutilizzare prodotti vecchi. Fino a una decina di anni fa, era pieno di negozi che riparavano elettrodomestici, oggi non se ne vedono più; una volta era normale passare i vestiti dal fratello maggiore al minore, oggi una cosa del genere sembra da pezzente. Perché la virtù della sobrietà è stata trasformata nel vizio della taccagneria.
Evitare, quindi, al massimo gli sprechi... Certo. Poi è utile non comprare cibi imballati o acqua in bottiglie, per ridurre i rifiuti; cercare di usare un po’ di meno l’automobile, basti pensare che il mantenimento di una macchina, tra assicurazione, bollo, benzina, ammortamento costa all’anno circa cinque mesi di stipendio; diminuire il consumo di carne, dato che per ogni chilo di proteine animali si consumano sedici litri di combustibili fossili e almeno quindicimila litri d’acqua. E il secondo filone? È quello dell’autoproduzione, perché tutto quello che si può fare in casa è più buono ed economico: l’esempio più classico è quello dello yogurt. Ogni vasetto che acquisto, prima di arrivare alla mia tavola, percorre almeno millecinquecento chilometri; inoltre, produco tre tipi di rifiuti: la plastica del vasetto stesso, l’alluminio del coperchio e il cartone delle confezioni; lo yogurt industriale spesso non ha fermenti lattici ed è povero dal punto di vista organolettico; infine, costa 4,5 euro al litro. Per autoprodurlo, basta mettere uno yogurt già fatto in un litro di latte, e la mattina dopo è pronto: è più buono e più ricco dal punto di vista alimentare, costa solo 1,5 euro, non percorre neanche un metro e infine non si generano rifiuti. A quali altri casi si può estendere questo ragionamento? Più di quanti non si immagini: il pane, la pasta, i biscotti, le marmellate, i sottolio. Le aziende che producono macchine per la pasta non riescono a stare dietro agli ordini. In questo periodo, ad esempio, mangio quasi esclusivamente verdure cresciute nel mio orto: adesso stanno maturando tantissimi pomodori, con quelli in eccesso faccio le conserve per l’inverno. Come Movimento per la decrescita abbiamo organizzato un’università del saper fare, per riscoprire la capacità di produrre da soli alcuni beni. C’è ancora una tipologia di comportamenti consigliati? La riscoperta degli scambi economici non monetari, basati sul dono e sulla reciprocità. Ad esempio, ci si può iscrivere a un Gas, gruppo di acquisto solidale: non solo si instaurano legami sociali tra i partecipanti, ma si reintroduce una relazione di reciprocità anche tra venditore e acquirente. Nella stessa direzione si muovono le banche del tempo, in cui si scambiano competenze, relazioni, capacità, e il co-housing. Faccio notare che la Coop ha commissionato una ricerca per capire come erano cambiati i comportamenti di consumo per via della crisi. Ebbene, le parole che ricorrevano più sovente erano formate da cinque prefissi: de-, e quindi decrescita; ri-, come riciclo; self-, che sta per autoproduzione; co-, nel senso di collaborazione; tele-, cioè in generale innovazioni tecnologiche finalizzate a spostare le informazioni e non le persone. E come si intitola questa ricerca? L’hanno chiamata Futuro-Presente. Quindi i cambiamenti che anche noi proponiamo sono già in corso.
Maurizio Pallante nascosto dietro il suo ultimo libro, La felicità sostenibile, edito da Rizzoli
«Per riscaldare una casa, normalmente, servono venti litri di gasolio per metro quadrato l’anno: in Alto Adige consentono solo la costruzione di case che non ne consumano più di sette. Le migliori, dette “classe oro” o “case passive”, bruciano solo un litro e mezzo per metro quadro» 1. i quaderni di
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Se mangiar petrolio vi sembra giusto D (e sano) Con il greggio si fanno i fertilizzanti, i pesticidi, gli aromi, si confezionano e si trasportano gli alimenti. Insomma: quando mangiate industriale, consumate energia fossile. Roberto Burdese , presidente di Slow Food Italia, ci racconta come, in dieci piccole mosse, si può cambiar la tavola. E il mondo di
Roberto Burdese foto
courtesy slow food editore
all’epoca della rivoluzione industriale in poi il sistema cibo e il sistema energia hanno acquisito una sempre crescente quantità di caratteri comuni e sovente si sono incrociati sul medesimo percorso. Il sistema alimentare che domina la nostra epoca è di stampo strettamente industriale (tanto che si parla di agroindustria, un ossimoro!) ed è fondato sull’economia del petrolio e dello stesso segue i destini anche in termini di quotazioni di mercato e prospettive future. Il petrolio serve a produrre fertilizzanti e pesticidi chimici di cui si fa un larghissimo uso per sostenere le monocolture intensive, da cui si ricava la quasi totalità delle materie prime utilizzate dalle industrie alimentari che hanno come fine la produzione di cibo in grande quantità, a basso costo, di sempre più facile trasporto, conservazione, preparazione e consumo. Dagli idrocarburi si ricavano anche alcune delle sostanze di sintesi che diventano ingredienti (perfettamente legali, come gli aromi chimici) dei nostri cibi. Il petrolio, poi, è fondamentale per garantire l’economicità dei trasporti con cui le materie prime e i prodotti finiti percorrono migliaia di chilometri prima di arrivare sulla nostra tavola. Il cibo stesso, d’altronde, è energia: per qualcuno è solo quello, per fortuna per altri è anche una passione e comunque per molti è un piacere. Ippocrate auspicava che fosse la nostra medicina mentre per Feuerbach coincideva addirittura con la nostra identità (Man ist, was man ißt). D’altro canto l’agricoltura – nonostante la sfrenata deriva industrialista e l’accelerazione impressa dal-
Per produrre un chilo di carne di manzo si consuma l’energia sufficiente per tenere accesa una lampadina da 100 watt per venti giorni la società dei consumi negli ultimi cinquant’anni e dalla globalizzazione negli ultimi quindici – è l’unico settore dell’attività umana che ha sempre funzionato grazie alle energie rinnovabili, come ha ricordato Carlo Petrini in apertura di Terra Madre 2008: attraverso la fotosintesi le piante verdi sono in grado di trasformare l’energia solare in energia edibile (il glucosio) per l’uomo e gli animali. Pertanto, se è vero che “mangiare è un atto agricolo” come sostiene Wendell Berry (intellettuale contadino statunitense, grande ispiratore di Slow Food), ovvero che le nostre scelte alimentari determinano il tipo di agricoltura che si pratica sul pianeta, ecco che anche un bambino sarebbe in grado di capire come i nostri comportamenti individuali siano in grado di giocare un ruolo determinante nel futuro energetico e ambientale del pianeta. Tralasciamo, per esigenze di spazio, alcune considerazioni fondamentali (almeno per Slow Food) quali il fatto che la qualità alimentare non è un’opzione ma un diritto, e il piacere e la conoscenza devono viaggiare a braccetto. Chiedo fiducia al lettore anche sul fatto che tutti i suggerimenti che seguono non impoveriscono la nostra dieta ma anzi la rendono più ricca, gustosa, salubre. Ci possiamo così concentrare su alcune proposte pratiche, attuabili nel quotidiano, accennando anche alle positive ricadute che si possono ottenere sul bilancio energetico. Consumare quanto più possibile cibi freschi; rispettare la stagionalità e privilegiare le produzioni locali. Questo permette di ridurre il consumo di energia legato alla produzione, alla conservazione e al tra1. i quaderni di
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Il decalogo dello Slow Eater - Consumate quanto più possibile cibi freschi - Rispettate la stagionalità - Privilegiate le produzioni locali - Mangiate meno e meglio - Mangiate meno carne - Riducete gli sprechi - Producete meno rifiuti - Cucinate voi stessi - Ricercate e coltivate il piacere - Rispettate la Terra Madre
Gli imballaggi costituiscono il 40% del peso e il 60% del volume dei beni che comperiamo sporto di derrate delocalizzate e destagionalizzate, favorendo un modello di agricoltura multifunzionale e di prossimità, che può trovare un proprio equilibrio economico anche in piccole aziende familiari. Mangiare meno e meglio, soprattutto mangiare meno carne; ridurre gli sprechi, produrre meno rifiuti. Comperiamo più di quello che ci serve, lasciamo che il cibo scada o si deteriori, e assimiliamo troppe calorie rispetto al nostro effettivo fabbisogno. Una giusta misura, nel comperare, utilizzare e consumare, è una pratica di rispetto per noi stessi e per l’ambiente, che ha come immediata conseguenza una contrazione delle produzioni e dei trasporti, con notevoli risparmi energetici e significativa riduzione delle esternalità. Discorso a parte per la carne: non è il caso di diventare vegetariani, ma sapendo che per produrre un chilo di carne di manzo si consuma l’energia sufficiente per tenere accesa una lampadina da 100 watt per venti giorni, non è forse consigliabile mangiarla solo due volte la settimana e comperarla più buona? Attenti anche agli imballaggi (in eccesso o del tutto inutili: costituiscono il 40% del peso e il 60% del volume dei beni che comperiamo) che aumentano i costi dei trasporti e che paghiamo due volte: al momento dell’acquisto e quando versiamo la tassa sui rifiuti! Il condimento alle semplici regole sopra esposte sta in pochi suggerimenti finali: cucinate voi stessi i vostri cibi, allenate i sensi, ricercate e coltivate il piacere, imparate a conoscere il cibo e chi lo produce. E rispettate la Terra Madre.
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Colti in flagranza di risparmio energetico
di Michele D’Ottavio e Ornella Orlandini
lino e angela 63 e 60 anni, pensionati ore 10.20 Torino - corso Botticelli
Ho sempre usato l’auto aziendale per spostarmi. Quando mi sono comprato la mia macchina ho deciso di prenderla a metano per inquinare il meno possibile. Non prendo i mezzi perché sono scomodi per gli spostamenti che devo fare. L’auto è un mezzo di trasporto, per me ha solo questo uso. Dicono che non sia potente o che non vada veloce, io la uso in città e in autostrada. Spendo la metà di prima. Costa un po’ di più all’acquisto, un 15-20% in più di una a benzina, ma non mi interessa perché non inquina. Sono pochi i distributori di metano, ma esiste una guida per sapere in ogni zona d’Italia dove ti puoi rifornire. Il serbatoio ha un’autonomia di 260 km e non sono mai rimasto a piedi, in casi estremi puoi fare benzina: l’iniezione funziona ancora così. Quando vado a rifornirmi, devo avere le monete. Il pieno è circa 8 euro.
Colti nell’atto di rifornirsi di metano.
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il crepuscolo dell’ economia Solo una società conviviale, plurale e liberata dalla religione della crescita potrà salvarci. Lo afferma l’antropologo Serge Latouche di cui pubblichiamo – in anteprima ed esclusiva, grazie all’editore Bollati Boringhieri – le conclusioni del nuovo volume “L’invenzione dell’economia”, in uscita a gennaio 2010
di
Serge Latouche
L
e parole nascono, vivono e muoiono come gli uomini e le civiltà che le hanno create. Abbiamo assistito alla nascita delle nozioni e dei concetti, significanti e significati, che costruiscono il discorso economico in rapporto con l’emergere del mercato autoregolatore, della moneta e dell’economia capitalistica. Abbiamo cercato di mostrare come, all’interno del magma del sociale e soprattutto del morale e del politico, si è autonomizzata una pratica economica; mentre al tempo stesso si generava un vocabolario tecnico e teorico specifico. Hanno fatto la loro apparizione significazioni immaginarie sociali, portatrici dei discorsi e delle pratiche della modernità. Tutto ciò non è avvenuto dall’oggi al domani. Abbiamo anche proposto un arco di tempo approssimativo, ma non arbitrario, tra Aristotele e Adam Smith: un batter d’occhio sulla scala dell’orologio cosmico ma comunque una buona ventina di secoli sulla nostra scala temporale! L’aurora è stata ampiamente più lunga dell’intera giornata, se il sole è sorto, come si è visto nel quadro che abbiamo tracciato, soltanto nel XVIII secolo, per tramontare alla fine del XX. Indubbiamente viviamo ancora i tempi dell’apoteosi dell’era economica. Postmodernità per alcuni, e più precisamente ipermodernità, sovramodernità o tarda modernità per la maggior parte degli analisti. Non siamo più nell’età dei Lumi, ma essenzialmente continuiamo a essere immersi nello stesso universo di senso. Il sistema capitalistico è sempre lì, e ben solido. Il mondo moderno che, a quanto Marx ci diceva, si stava annunciando con un’immensa accumulazione di merci, è presente più che mai, con i suoi corollari del mercato e della moneta. Occupa praticamente l’intero pianeta. La lotta di classe è finita ed è il capitale ad averla vinta. Ha arraffato praticamente tutta la posta e abbiamo assistito impotenti, o indifferen-
La lotta di classe è finita ed è il capitale ad averla vinta. Ha arraffato praticamente tutta la posta e abbiamo assistito impotenti, o indifferenti, agli ultimi giorni della classe operaia occidentale
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Gli oggetti di consumo di massa non sono più lo strumento e l’obiettivo di un’arte di vivere, ma il combustibile di una pulsione ossessiva di cui diventiamo tossicodipendenti
ti, agli ultimi giorni della classe operaia occidentale. Viviamo l’acme della onnimercificazione del mondo. L’economia non solo si è emancipata dalla politica e dalla morale, ma le ha letteralmente fagocitate. Occupa la totalità dello spazio. E lo stesso vale per la sfera della rappresentazione. Un pensiero unico monopolizza lo spazio della creatività e colonizza le menti. La razionalità trionfa dappertutto e il calcolo costi-benefici si insinua negli angoli più reconditi dell’immaginario, mentre i rapporti mercantili si impadroniscono della vita privata e dell’intimità. Il discorso pubblicitario, che invade tutto, diffonde la visione paneconomica del mondo e la spinge fino all’assurdo de realizzandola. Pretendendo di dare un senso alla vita, ne rivela la mancanza di senso. Le parole servono soltanto a far vendere. Quando, nell’universo dei media, vogliono farci sognare, non è certo per immergerci nell’euforia poetica ma per sprofondarci nel delirio consumistico. Gli oggetti di consumo di massa non sono più lo strumento e l’obiettivo di un’arte di vivere, ma il combustibile di una pulsione ossessiva di cui diventiamo tossicodipendenti. La razionalità svela la sua fondamentale irrazionalità. È altrettanto irrazionale essere razionali (ad esempio perdere la vita per guadagnarsela) che razionale essere irrazionali (ad esempio spendere insensatamente). La razionalità era razionale soltanto finché esisteva un mondo irrazionale o al di fuori della razionalità. La religione, l’arte, la politica, la vita privata, cioè l’essenziale della cultura in senso forte, sfuggivano alla camicia di forza del calcolo economico, dandogli al tempo stesso un senso. Si potevano fare delle economie per realizzare obiettivi estranei al calcolo economico. Distinguere fini e mezzi. Quando l’economia invade tutte queste altre sfere, niente può più dare senso al calcolo. L’unico senso è fare sempre più denaro, o fare denaro con il denaro, senza limiti. È quello che viene proposto a tutti e che pochi possono realizza-
re, senza comunque che venga colmata l’anima né dei pochi né dei molti. Forse la cosa aiuta i vincenti a dimenticare la morte, anche se la morte di milioni di perdenti sta lì a ricordare in ogni momento la vanità dell’operazione. Questo totalitarismo dell’economia è destinato a portare, nel tempo, alla morte dell’economia, e forse dell’umanità stessa. L’assurdità di una vita di cui l’economia è il mezzo e il fine si smaschera, e con ciò si smaschera il vuoto fondamentale della vita. Tanto vale suicidarsi e farla finita subito. È quello che fa un numero sempre maggiore di giovani destinati a essere dei vincenti. Ultimo e risibile omaggio all’eros perduto, tentano, in un ultimo soprassalto, di rompere navigando su Internet la solitudine di un mondo disincantato e decomposto. Il vuoto ontologico della nostra presenza sulla Terra si sostiene soltanto con l’illusione del senso. I pregiudizi della morale e della religione, i fantasmi della potenza, il miraggio della bellezza e le seduzioni dell’impero dei sensi possono sfuggire alla vanità denunciata dal saggio disincantato, istallato sul suo trono soltanto grazie all’incanto tessuto dalla loro compenetrazione complessa e sottile. La vita vale solo se la moneta è impotente a stabilirne il prezzo. La monetizzazione di tutto e di ogni cosa alla quale oggi assistiamo provoca il collasso delle significazioni. Le significazioni che abbiamo visto costituirsi laboriosamente, nella sfera autoreferenziale in cui si iscriveva la triade dei presupposti antropologico, sociologico e psicotecnico della vita e del discorso economico, crollano. Lo abbiamo visto per la significazione economica centrale che è il lavoro. Abbiamo ampiamente mostrato in altri scritti questo processo per quanto riguarda lo sviluppo e la crescita. Altri hanno fatto lo stesso riguardo ai concetti di ricchezza e di povertà. E lo stesso si potrebbe fare facilmente per la produzione, il consumo, il bisogno, la scarsità. Il sole della modernità e dell’economia ha raggiunto
il suo occidente, cioè il luogo del suo tramonto. Ma la luce abbagliante del tramonto, che ancora continua, ci impedisce di accorgercene. Questo giorno è durato tra i tre e i quattro secoli, durante i quali il tempo è rimasto da un certo punto di vista come sospeso. Per tutto questo periodo le significazioni sembrano essersi congelate. Questa apparente sospensione del tempo conferisce qualche credibilità all’illusione realistica. Si è potuto dissertare sull’essenza e la sostanza dell’economia, del lavoro, della produzione, della ricchezza, dei bisogni, della scarsità ecc. Affermare dogmaticamente il loro status di elementi invarianti e la loro universalità ontologica. Questo perché, malgrado la storia e il continuo cambiamento dei contenuti e delle esperienze, il campo semantico dell’economia rimaneva praticamente immutabile. Le cose certamente si muovevano, ma le parole rimanevano le stesse. Ogni cultura ha questa tendenza a considerarsi come la natura delle cose. Questa invarianza dei concetti si rispecchiava d’altra parte sulla dinamica delle cose, frenandone il movimento. La storia stessa sembra risultarne rallentata, come se trattenesse il respiro. In effetti le formulazioni originarie dell’immaginario economico oggi raggiungono le vette audaci della globalizzazione ultra-liberale e delle posizioni “libertarie”. L’imperialismo dell’economico appare totale fin dalle sue origini. È già definito come tale dai fisiocratici, anzi dai mercantilisti, in un momento in cui lo zoccolo duro della società ancora gli sfugge ampiamente e in cui l’Occidente comprende soltanto una porzione minima della vecchia Europa. Abbiamo indicato in Adam Smith il punto di partenza e al tempo stesso il compimento della costruzione semantica dell’economia. Tutto quello che segue è soltanto una rielaborazione sempre più sottile, ma anche sempre più sterile, dell’opera smithiana. Basti vedere come le facoltà di economia si sono trasformate in business schools dalle quali è bandito l’insegnamento della storia del pensiero. I dizionari tec1. i quaderni di
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Quelle in queste pagine sono le conclusioni de L’invenzione dell’economia, l’ultimo saggio di Serge Latouche in uscita il prossimo gennaio per Bollati Boringhieri
Il sole della modernità e dell’economia ha raggiunto il suo occidente, cioè il luogo del suo tramonto. Ma la luce abbagliante del tramonto, che ancora continua, ci impedisce di accorgercene
© 2009 Bollati Boringhieri Editore
nici e i textbooks ignorano i grandi classici e danno importanza soltanto all’effimero e all’insignificante, che affermano sempre di più la loro dittatura. Questa situazione paradossale si deve alla grande e inquietante particolarità del senso messa in evidenza da Ferdinand de Saussure: il significato è una massa (un foglio di carta) che ogni lingua, ogni cultura, ogni epoca ritaglia a proprio modo e a proprio uso ricavandone le unità significanti e pensando che questo modo di ritagliare sia naturale e valido per l’eternità. Nel frattempo, il referente prosegue la sua vita con più o meno autonomia, finché ci si accorge che le parole si sono, come si dice, svuotate di senso. In Occidente il senso economico, condizione dell’ecomicizzazione del mondo, si è affermato con i Lumi. Realizzando il proprio fantasma del mercato totale, l’economia ha cominciato a distruggere lo zoccolo stesso che le permetteva di esistere. La perdita del referente, del mondo reale, svuota a sua volta il significato di ogni pertinenza. Il gioco dei significanti prosegue dunque soltanto come un vano rituale e un vuoto vaniloquio. Questo crepuscolo vedrà il volo della civetta di Minerva che annuncia un mondo della post-economia e del post-sviluppo, e cioè di un’autentica post modernità? È ritornato il tempo dei profeti. Uno, Michel Maffesoli, annuncia il ritorno delle “tribù” e forme orgiastiche di microsocialità giubilante. Un altro, Alain Touraine, pronostica una forma di reincastonatura dell’economia nel sociale per effetto stesso dell’abolizione della loro separazione, con un ritorno allo zoccolo “culturale”. Altri ancora (e noi siamo tra questi) si augurano la costruzione di una società conviviale plurale liberata dalla religione della crescita e dell’economia. Tutto ciò è possibile, e forse anche auspicabile, per poter celebrare di nuovo la gioia di vivere e riscoprire la bellezza dell’universo, ma questa comunque è un’altra storia.
ottobre-novembre 2009
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n. CHE TEMPO CHE FAZIO
La Rai, l’Italia e gli italiani secondo fab Fabio, l’uomo che ha portato al pubblico tipi difficili come Salman Rushdie, Gillo Dorfles, Guido Ceronetti e Gustavo Zagrebelsky. E che dice: è l’ora di uscire da un’ossessione che ci attanaglia da quindici anni. Indovinate qual è.
indeep QUEL CHE RESTA DEL PORNO
storie ASCANIO CELESTINI EMMA DANTE GIANCARLO DROCCO ANGELO GAJA ROBERTO GIACOBBO GIAN PAOLO ORMEZZANO GIACOMO MORRA LUCA RASTELLO JURAJ VALČUHA
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In edicola 1. i quaderni di
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e c i o h c r u yo kes a : ma ferent à citt f i d tra extra : energie
viaggio deciso cittadini e hanno che di fare la differenza Case che si riscaldano e si raffreddano da sole, auto in condivisione, rifiuti come materiali da costruzione e pure energia dalle toilette: ecco a voi sette amministrazioni – dall’Italia agli USA, dagli Emirati alla Cina – che le hanno pensate tutte per far la propria parte di
Luigi Citriniti
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a parola d’ordine è autosufficienza. Tra esperienze commoventi, piani faraonici e investimenti miliardari, da ogni parte del mondo vengono segnalati progetti per ottenere la sopravvivenza energetica nel futuro, con l’obiettivo più ambizioso di costituire un modello da far seguire all’intero pianeta. Il punto di partenza nell’ottica della razionalizzazione delle risorse è rappresentato dalle quattro mura di casa, piazzate al vertice nella classifica degli sprechi e indicate come vere e proprie divoratrici energetiche. La formula ideale per un’abitazione ecosostenibile è la “passività”, un termine coniato dapprima in Svezia e poi in tutto il Nord Europa per indicare una casa che riesca a scaldarsi e a produrre energia senza alcun impianto, ma semplicemente con i raggi del sole e con il calore umano degli occupanti. Nella regione austriaca del Vorarlberg le case passive, dopo una prima sperimentazione, sono divenute obbligatorie dal gennaio 2007 e vengono costruite attraverso un isolamento termico che consente loro di essere autosufficienti e con un fabbisogno sempre inferiore ai 15 kWh per metro quadro. Al di sopra di questa soglia non è consentito definirle “passive”. Il modello ha passato la frontiera alpina e già da quattro anni, a Bolzano, esiste la certificazione KlimHaus ovvero “Casa Clima”. Si tratta di un’etichetta rilasciata da un’agenzia indipendente e sulla base della normativa della provincia autonoma altoatesina, secondo la quale è possibile “promuovere” gli edifici esistenti e quelli ancora da costruire sulla base di determinati requisiti di fabbisogno energetico. Il principio è simile a quello della casa passiva: se le necessità energetiche vengono soddisfatte utilizzando meno di 70 kWh annui al metro quadro si ottiene l’ambizioso titolo, in proporzione alle risorse consumate. Le più virtuose possono anche aspirare alla classe “oro”, quella delle abitazioni che non superano i 10 kWh al metro quadro annui. Tutti gli edifici in costruzione della provincia di Bolzano devono almeno rientrare in una delle categorie indicate nella certificazione. Dalla casa alla strada il passo è breve, ma le possibilità di risparmio generalizzate devono in questo caso trovare l’intesa comune e una spiccata forma di senso di appartenenza. Di sicuro lo hanno ben maturato a Vauban, periferia
A Vauban, periferia di Friburgo, Germania, sono riusciti a togliere quasi completamente dalla circolazione le automobili. Nella strada principale passa solo il tram, per il resto il 70% delle famiglie non ha alcun veicolo e si muove solo in bici e a piedi
Nella pagina a fianco, veduta della Camera di Commercio di Bolzano, Casa Clima A+. A destra, un blocco abitativo a Vauban, nei pressi di Friburgo; una facciata rivestita di pannelli solari sempre a Friburgo, Germania
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di Friburgo, Germania, dove sono riusciti a togliere quasi completamente dalla circolazione le automobili. Nella strada principale passa solo il tram, per il resto il 70% delle famiglie non ha alcun veicolo e si muove solo in bici e a piedi. Quei pochi che osano possedere un mezzo a quattro ruote, magari per farsi perdonare dagli altri concittadini, possono mettere la propria automobile a disposizione degli altri abitanti, attraverso uno speciale servizio via internet messo a punto nel quartiere. Insomma, un’isola felice che esiste da metà anni Novanta per 5000 fortunati abitanti. Ciò che invece deve ancora sorgere, ma che si prospetta già come straordinario, è la nuova Manhattan verde in costruzione sull’isola cinese di Chongming, nei pressi di Shanghai. Si chiama Dongtan ed è una nuova ecocity orientale: autosufficienza energetica attraverso sole e rifiuti, mezzi di trasporto a emissioni zero, estesi corridoi verdi, agricoltura biologica. A quest’ultima ci lavorano proprio i ricercatori torinesi del centro Agroinnova, coordinato dalla professoressa Lodovica Gullino, che hanno già dimostrato come le tecnologie agrarie innovative (ed ecosostenibili) hanno incrementato il raccolto del 6,8% rispetto ai metodi tradizionali. Dontgang le avrà proprio tutte, ma in questa corsa a chi riesce a stupire di più è già partita negli Emirati Arabi la risposta di Masdar City, la città sorgente ovvero la zero-carbon city. La firma, in questo caso, sarà dello studio di architettura londinese Foster and Partners, incaricato di costruire una vera e propria città verde nel deserto attorno ad Abu Dhabi. Il progetto è stato avviato nel 2006 e si prevede il suo completamento entro il 2016. Quasi superfluo sottolineare che la nuova città sarà anche in questo caso completamente autosufficiente, l’energia non verrà mai sprecata perché tutto sarà riutilizzato e non ci sarà alcuna auto in circolazione, con fermate di mezzi pubblici ogni duecento metri e metropolitana a batteria su rotaia magnetizzata. Tornando al presente, non mancano anche ottimi modelli di ecosostenibilità come conseguenza di evento tragico. A Greensburg, cittadina statunitense del Kansas di 1500 abitanti, hanno trovato il modo migliore per risollevare le sorti del centro urbano dopo un devastante uragano che aveva spazzato via ogni cosa. Gli abitanti hanno colto l’occasione per ricominciare tutto da capo, costruendo le case con i tetti bianchi per aumentare il riflesso della luce del sole e con pareti di contenimento del calore. Inoltre, hanno usato l’acqua
Da quattro anni a Bolzano esiste la certificazione KlimHaus ovvero “Casa Clima”. Tutti gli edifici in costruzione della provincia devono rientrare nella certificazione Qui sotto, il municipio di Bolzano, Casa Clima A+. A destra, esempi di Casa Clima per uso abitativo in provincia di Bolzano (courtesy APA - Associazione Provinciale dell’Artigianato di Bolzano)
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dell’alluvione per l’esecuzione dei lavori, nonché i numerosi alberi che erano stati sradicati dal vento come materiale di cantiere. Oggi Greensburg, sulla cui rinascita pure Leonardo Di Caprio ha prodotto un reality show, è una risposta concreta al global warming: auto a biocarburanti, centinaia di turbine eoliche e pannelli solari, utilizzo dell’energia geotermica, architettura sostenibile. Da queste parti la filosofia del riciclo muove ogni attività. Ma in Svezia sono riusciti anche a fare di più, in un tripudio di efficienza e originalità. Siamo ad Hammarby Sjostad, appena a sud di Stoccolma. Il concetto qui è che ciascuna cosa, persona o animale fa parte dell’ecociclo, per cui bisogna lavorare affinché il consumatore di energia diventi automaticamente anche un produttore. Letteralmente Hammarby Sjostad significa città d’acqua, proprio perché l’acqua rappresenta la principale fonte energetica e questo quartiere svedese che è già attivo da qualche anno e che andrà a pieno regime nel 2015, dovrà diventare entro il 2050 il modello da applicare sull’intera scala nazionale. Le abitazioni di Hammarby Sjostad, a parte i “soliti” criteri di autosufficienza energetica sfruttando la luce solare e il contenimento termico, presentano caratteristiche uniche. Quando gli svedesi espletano la proprie funzioni vitali viene prodotta energia: tutti gli scarichi domestici finiscono infatti nelle cisterne del sottosuolo dove, attraverso appositi trattamenti, i liquami formano biogas che gli stessi edifici riutilizzano immediatamente dopo nell’alimentazione delle cucine, mentre i residui solidi vengono prelevati e trasformati in concime. Lo slogan è «Your choice makes a different». Persino quando vai al gabinetto.
Dongtan è una nuova ecocity orientale: autosufficienza energetica attraverso sole e rifiuti, mezzi di trasporto a emissioni zero, estesi corridoi verdi, agricoltura biologica
Dongtan, progetto della città verde
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Colti in flagranza di risparmio energetico
maurizio 38 anni, impiegato ore 17.51 Torino, via Lagrange Colto nell’atto di spostarsi in bicicletta.
di Michele D’Ottavio e Ornella Orlandini
È da diciotto anni che uso solo la bici. Prima usavo anche l’automobile, quando vivevo con i miei genitori; da quando vivo per conto mio, ho deciso di non comprarla e di farne a meno. Se mi capita di averne bisogno per andare ad esempio all’Ikea, o aspetto che vada qualche amico o semplicemente non ci vado. Rinuncio. Uso la bici tutto l’anno, se piove prendo i mezzi. Porto il casco da quando mi hanno investito. È pericoloso girare in città, a parte qualche pista ciclabile, altre s’interrompono improvvisamente oppure semplicemente non ci sono. Anche ora sono in una via credo pedonale, in cui non potrei andare, ma per strada è peggio.
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«S
ulla “green economy”, per ora, abbiamo messo più soldi di Obama.» Mercedes Bresso rivendica con orgoglio l’impegno del Piemonte sulle energie rinnovabili, sulla riduzione delle emissioni, sulla mobilità sostenibile. «Siamo partiti con due o tre anni di anticipo rispetto alla nuova amministrazione americana, all’inizio non ci credevano neanche i nostri dirigenti. Però è una scelta vincente: il futuro dell’economia e dell’ambiente passa da qui.» E Andrea Bairati, assessore regionale all’Innovazione, all’industria e alla ricerca, aggiunge: «Il nostro obiettivo è creare una filiera produttiva, nei vari settori, che agganci il treno della ripresa e faccia crescere il nostro territorio». In effetti la Regione, finora, ha messo sul piatto oltre trecento milioni di euro, tra incentivi e sovvenzioni, per la riconversione energetica di edifici pubblici, per l’av-
più green di barack
Energia, mobilità, edilizia, chimica, rifiuti: Mercedes Bresso e Andrea Bairati raccontano cosa la Regione ha fatto e farà per la “green economy” piemontese («Abbiamo messo più soldi di Obama»). E, a sorpresa, la presidente al nucleare dice sì. Ma a quello del futuro di
Marco Bobbio
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viamento di filiere produttive sulle energie rinnovabili, per lo studio e la ricerca nei diversi ambiti dell’economia ecosostenibile. Molto è stato fatto. Molto è ancora da fare. Quali sono le linee di intervento per il prossimo futuro? Quali gli obiettivi, economici e ambientali, da raggiungere? E soprattutto, quale idea di sviluppo e di crescita si vuole realizzare?
L’energia non è un settore Per capire in che modo si è mossa la giunta regionale in questi anni, bisogna partire da un presupposto, spiega Bairati: «L’energia è la materia più plasmabile del mondo ma, a livello economico, non è un settore: è un grappolo di attività al cui interno c’è di tutto. Investire nelle energie rinnovabili vuol dire sostenere un insieme eterogeneo di attività che vanno dagli infissi alle vernici fonoassorbenti, dalla termomeccanica alle valvole, dall’impiantistica ai laterizi, ai pavimenti, ecc... In sostanza, ci muoviamo lungo tre direttrici: diminuire i consumi, installare potenza da energie rinnovabili e sviluppare tecnologie.» In una Regione, poi, che per anni ha vissuto di industria, e in particolare sul settore dell’automotive, il discorso incrocia direttamente il futuro dell’auto e della mobilità.
Automotive La via piemontese alla nuova auto passa attraverso la collaborazione tra enti pubblici e aziende private: «Abbiamo proposto un piano da novecento milioni di euro», spiega Mercedes Bresso. «Un terzo sarebbe a carico delle dieci Regioni in cui sono presenti stabilimenti legati all’automotive, un terzo spetterebbe allo Stato, l’ultima parte ai produttori.» Bairati entra nel dettaglio: «Detto che gli incentivi alla rottamazione hanno dato una mano a un settore in grande sofferenza, la proposta che abbiamo fatto al governo guarda più al futuro. Gli investimenti che abbiamo proposto devono servire per progettare la futura auto-verde all’italiana, con tecnologie nostre e prodotta sul nostro territorio. La politica deve fissare gli standard per le emissioni, i produttori e i tecnici decidere su quale piattaforma lavorare: elettrico, ibrido, idrogeno, efficienza dei propulsori...» Intanto, i progetti sulle auto verdi non mancano. «La Pininfarina, insieme con Bollorè, sta lavorando sulla macchina elettrica», ricorda Bairati. «Ha tutta una serie di componenti tecnologiche interessanti.» Accanto a questa prospettiva industriale, la Regione ha promosso in proprio investimenti sull’idrogeno, come dimostra il prototipo del veicolo Phylla (che sfrutta l’energia del sole), ma non solo: «Presto avremo una flotta pubblica di dieci auto a idrogeno, prodotte con General Motors», spiega Bresso. Nel frattempo, all’Environment Park verrà installato il primo distributore di questo nuovo carburante e l’idea
è studiare forme di trasporto collettivo. Inoltre, nuovi progetti sono rivolti alla gestione intelligente del traffico: «Ad esempio, i Gps potrebbero guidare gli automobilisti attraverso percorsi meno congestionati, consentendo un risparmio di tempo e di carburante». Lo sviluppo di una mobilità sostenibile passa anche, o soprattutto, dalla crescita e dall’efficienza del trasporto pubblico: «Per questo – aggiunge Bresso – continuano gli investimenti nel metrò e nel passante ferroviario di Torino, che una volta ultimato consentirà la creazione di un sistema di trasporto integrato su rotaia».
Fonti rinnovabili Il mix di fonti da cui il Piemonte trae energia è dominato dai combustibili fossili (circa il 75% del totale), con una quota rilevante di idroelettrico (intorno al 20%), le cui potenzialità sono sfruttate quasi al massimo, e un 3% circa di altre fonti rinnovabili. Il territorio piemontese ha però buone opportunità di sviluppo in almeno due filiere: quella delle biomasse e quella del solare. Spiega Bairati: «Le potenzialità sulle biomasse sono gigantesche. Intanto perché abbiamo una massa boschiva molto rilevante e vecchia: gli alberi hanno un tempo di vita medio definito, dopo un po’ non sono più fotosintetici, conviene tagliarli e produrre energia. A Vercelli si sta lavorando sulla paglia di riso e in generale tutti i cascami vegetali rappresentano un’opportunità. Abbiamo scritto un atto che finanzia centrali a biomasse sui fondi agricoli, sotto il megawatt, e sui fondi industriali, superiori al megawatt, ma sempre con la filiera corta, che quindi prevede lo scambio di materiali entro un raggio di settanta chilometri dalla centrale stessa». Un’altra fonte di biomasse rinnovabili è rappresentata dalle deiezioni animali: «Stanno per partire cinquanta impianti che sfruttano questi residui, e in questo modo si risolve anche il problema del loro smaltimento», aggiunge Bresso. Sul fotovoltaico, poi, il Piemonte non ha nulla da invidiare a regioni che sembrerebbero favorite dalla collocazione geografica: «La zona che va dal cuneese all’alessandrino ha lo stesso livello di esposizione della Campania e della Puglia, per via di un’atmosfera leggermente più sottile e rarefatta che fa filtrare meglio i raggi solari. Quindi stiamo cercando, in accordo con i grandi gruppi internazionali, superfici dove montare produzione di energia da fotovoltaico. Sono zone di nostra proprietà, come ad esempio discariche e interporti, ma anche superfici di privati i cui proprietari decidono di aderire a questi progetti». Sulla partita nucleare, il no a nuovi insediamenti è netto: «A oggi non ha senso», incalza Bresso. «Con i soldi per una centrale potremmo completare il riassestamento energetico di tutta la Regione. Quindi siamo contrari al nucleare di vecchia generazione, importato dalla Francia, che non produce ricadute positive
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Colti in flagranza di risparmio energetico
di Michele D’Ottavio e Ornella Orlandini
marilena 35 anni, barista ore 14.48 Torino - via Gaidano Colta nell’atto di differenziare i rifiuti.
Lo faccio per mia figlia e per un futuro migliore. C’è una cosa che non capisco: io faccio un lavoro a differenziare e mi costa di più. Per incentivare la gente, l’immondizia dovrebbe incominciare a costare di meno. Poi quando vedo i servizi di Striscia la notizia in cui i rifiuti differenziati sono buttati tutti insieme, mi passa la voglia. Recentemente ho scoperto che la chiave dei bidoni è un passepartout: apre anche i bidoni del condominio e di altri posti. E poi al mattino trovo roba non mia.
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sull’economia del territorio: in Italia sono state smantellate tutte le conoscenze, non ci sono più aziende certificate, la ricerca è al palo. Se invece si cominciassero a riaprire i corsi di ingegneria, si puntasse a ricreare una filiera e si partisse con le sperimentazioni su un isotopo dell’Uranio, il trizio, che produce scorie che hanno un tempo di decadimento di trecento anni, allora se ne potrebbe parlare.»
Edilizia sostenibile Oltre ai grandi “dimostratori”, dall’ospedale di Bra al cappotto isolante per Palazzo Nuovo, e ai primi interventi sugli edifici pubblici, l’impegno della Regione per ridurre l’impatto ambientale delle abitazioni si sta indirizzando verso l’edilizia privata: «Abbiamo accettato la sfida del piano casa varato dal governo – puntualizza Bresso – ma in chiave di ecoefficienza, di riduzione delle emissioni, di edilizia sostenibile. Le nostre imprese si stanno muovendo per adattare le tecnologie con innovazioni di prodotto che rispondano alle esigenze dei clienti». E Bairati precisa: «La legge 13 sugli edifici impone standard energetici di “classe A”, quindi tutto ciò che verrà costruito oggi rispecchierà questi criteri ecologici». Ma oltre alla riconversione dei singoli edifici, a marzo di quest’anno è stato varato un piano da cento milioni di euro per la rigenerazione urbana: in particolare nella zona di Torino Nord verranno investiti venticinque milioni per l’ecoefficienza, come spiega Bairati: «L’idea è prendere l’edilizia popolare, che è stata edificata in anni in cui l’energia era una variabile indipendente, e convertirla secondo quei criteri di risparmio energetico. L’intenzione è quella di iniziare ad agire su Torino Nord perché socialmente e urbanisticamente è la zona più dolorante, difficoltosa. Sapendo che, secondo me, le riqualificazioni urbane di edifici produce effetti sociali positivi». Il risultato di questa serie di interventi dovrebbe essere un circolo virtuoso di efficienza ambientale e crescita economica, «un volano che muove dal geometra agli architetti che progettano, dal manutentore che certifica e installa all’impresa che costruisce, passando per i produttori di materiali, per raggiungere quel cambiamento globale che tutti auspicano», asserisce Bairati.
La nuova chimica Un altro progetto ambizioso è quello che riguarda la chimica verde. Ovvero, produrre materie plastiche partendo da cellulosa e non da petrolio. Il punto di partenza è che la petrolchimica europea, secondo Bairati, è destinata a ridimensionarsi sempre più, dato che i Paesi Arabi hanno cominciato a installare attività di trasformazione di materie plastiche accanto ai pozzi, riducendo notevolmente i costi di produzione. «Già ora, il differenziale è di 40 euro per tonnellata, ed è destinato ad au-
mentare», analizza Bairati. Che fare dunque? I progetti sostenuti dalla Regione puntano da un lato, a Novara, a sviluppare la produzione di plastica a partire dalla cellulosa, dall’altro, a Tortona, alla raffinazione di benzina sempre da materie vegetali. Nel 2010 dovrebbe partire la produzione di carburante verde, con la possibilità per gli enti pubblici di avere un ritorno economico: «Abbiamo messo 30 milioni di euro, circa un quarto del capitale di rischio di partenza. – dice Bairati – Se l’attività va sul mercato, alla Regione arriverà per ogni litro prodotto una frazione di centesimo di euro, e quei soldi verranno reinvestiti nella ricerca e nella sperimentazione sulle energie verdi. In questo modo, i grandi investimenti strategici possono produrre un’economia di ritorno». Ma dove possono portare questi progetti? Pensare in grande non costa nulla: «L’obiettivo – azzarda Bairati – è rimettere in moto la chimica italiana».
Rifiuti La plastica biodegradabile sarebbe anche uno scacco matto nei confronti del problema rifiuti: «Se gran parte dell’immondizia invece di andare in discarica può diventare compost o essere trasformata in energia il problema rifiuti è risolto alla radice», afferma Bairati. Intanto, per ora, la Regione si è mossa lungo due direttrici: ridurre gli imballaggi e sostenere la raccolta differenziata. «Nel primo caso abbiamo promosso diverse campagne, anche con i supermercati, per sostenere ad esempio l’acquisto di detersivi o di latte alla spina», aggiunge Bresso. «Puntiamo anche all’acquisto, in campo alimentare, di prodotti freschi, provenienti da una filiera corta. Per quanto riguarda la differenziata, l’obiettivo è raggiungere il 60%, ma per la quota restante di rifiuti non riciclati serve un piano di termovalorizzatori, che brucino gli scarti e producano energia.»
Change we need Ma come reagiscono i cittadini a questa serie di interventi? A sentire Bairati, le indicazioni sono confortanti: «Faccio due esempi. Il 70% di nuove imprese create da giovani sono sulla green economy; e poi tutti i nostri bandi sono andati in overbooking. Certo, per ora il movimento è ancora un po’ caotico, non tutto quello che ci viene proposto è valido, alcuni progetti sono velleitari, altri irrealizzabili, per altri ancora non ci sono soldi sufficienti. L’importante è che pian piano che le realtà che già esistono facciano sistema». All’orizzonte, poi, serve un grande cambiamento (come direbbe Obama...) non solo per le imprese ma anche per la popolazione: «Serve creare una coscienza ecologica sul lungo periodo, in modo che diventi un elemento strutturale della vita del Paese a livello economico, comportamentale, culturale, organizzativo e poi alla fine i risultati si vedono».
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i poli del pulito Da Torino a Novara, da Tortona a Vercelli, da Alessandria a Verbania: in tutto il territorio regionale sono nati cluster per pensare l’energia di domani. Perché non c’è miglior investimento dell’innovazione di
Alessandro Barbiero
U
n disegno strategico ampio, distribuito su tutto il territorio del Piemonte. Con lo sguardo a un futuro più verde, ma ugualmente produttivo e di crescita economica. È il progetto della Regione Piemonte focalizzato sui Poli di innovazione: laboratori di ricerca collocati nelle varie province, con l’obiettivo di realizzare oggi le tecnologie che nell’immediato futuro saranno in grado di accrescere la sostenibilità ambientale del sistema produttivo, migliorare la produttività delle imprese e, in definitiva, aumentare la loro competitività. Sono finanziati con 60 milioni di euro, ma l’effetto volano previsto, con la spinta degli investimenti privati, dovrebbe arrivare a oltre 300 milioni. Su questo tema il Piemonte allunga il passo nonostante la recessione in atto. In attesa degli appuntamenti di metà ottobre con “Uniamo le energie 2”, il World Political Forum e la Biennale dell’energia all’Environment Park, che servirà per tirare parte delle somme della politica ambientale-tecnologica del Piemonte, ai piedi delle Alpi i progetti stanno partendo. Riguardano la chimica sostenibile, la produzione di biocarburanti, l’impiantistica ecocompatibile, fino alla produzione di energia pulita dal sole, dal vento e dall’acqua.
A Torino pulsa il cuore della ricerca piemontese sulle energie pulite e si diramano le sinapsi che governano i processi di ricerca. È un meccanismo che coinvolge pubblico e privato, come nel caso dell’Environment Park (www.envipark.com), al cui interno opera HySy Lab (Hydrogen System Laboratory), il laboratorio diventato uno dei centri di eccellenza italiana sulle tecnologie dell’idrogeno. HySy Lab è stato concepito come centro di aggregazione del Sistema Piemonte Idrogeno, come laboratorio di supporto alle piccole e medie imprese e come centro di formazione per futuri tecnici operanti nel settore della ricerca applicata. Tra i progetti realizzati, il laboratorio annovera Hysyrider, primo scooter italiano alimentato completamente a idrogeno. Sempre a Torino è nata Phylla, la vettura totalmente riciclabile che integra il solare e l’idrogeno. Phylla nasce dalla sintesi di più forze e competenze. Hanno partecipato, insieme alla Regione Piemonte, che ha sponsorizzato e finanziato il progetto, e all’Environment Park, che ha contribuito a definire e selezionare le tecnologie innovative per l’ambiente, il Centro Ricerche Fiat e il Politecnico di Torino. Flessibile nell’uso e nella personalizzazione, in grado di soddisfare i bisogni di mobilità nel contesto urbano e suburbano, il mezzo consente vari allestimenti, dal trasporto passeggeri al pick-up. Anche il Centro Ricerche Fiat (www.fiatgroup.com/it-it/ innovation/crf) è attivo da anni sul fronte della mobilità sostenibile. L’attività è iniziata nel 1978 a Orbassano, a pochi chilometri da Torino. Nel Centro sono state ideate le tecnologie che hanno permesso al Lingotto di consolidarsi nel mondo come produttore di auto poco assetate di carburante. Nel corso degli anni il Centro Ricerche Fiat ha raggiunto risultati significativi, come testimoniano le 51 nuove domande di brevetto depositate nel 2008, che portano a oltre 2300 il numero totale di brevetti registrati, con più di 600 domande pendenti. Con i Poli di ricerca e sviluppo ideati dalla Regione, la vocazione piemontese all’innovazione nel settore energetico si allarga sul territorio. A Novara, seconda città del Piemonte, è stata assegnata la chimica verde. Il Polo riunisce diciotto imprese oltre agli enti pubblici: Provincia, Regione, Università del Piemonte orientale. A questi si aggiungono gli enti di ricerca e le istituzioni scientifiche. Si tratterà di un grande laboratorio, con aziende all’avanguardia nella ricerca, capace di sviluppare un fatturato annuo di circa 250 milioni di euro e di occupare circa 1 700 dipendenti.
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La ricerca sui biocarburanti e sull’energia fotovoltaica sarà sviluppata a Tortona. Il Parco scientifico e tecnologico cambierà nome, diventando Polo regionale di innovazione sui biocarburanti, ma manterrà la sede: centomila metri quadrati destinati all’insediamento delle aziende. A partire da quest’anno, l’offerta di servizi sarà concentrata e messa a disposizione delle imprese, con l’obiettivo di sostituire i carburanti fossili. Il Pst da tempo è sede di riferimento per la realizzazione del bioetanolo di seconda e terza generazione, di provenienza organica, ma “no food”. A giugno è stato inaugurato, presso la sede di Alessandria del Politecnico di Torino, il nuovo laboratorio di ricerca BioSolar Lab. È un centro ricerche per lo sviluppo di sistemi per la conversione biochimica dell’energia solare. Le attività di ricerca del BioSolar Lab verteranno principalmente sullo studio del Fotosistema II, un complesso enzimatico presente in natura nelle membrane fotosintetiche delle piante. L’obiettivo è poterne “mimare” artificialmente la capacità di produrre idrogeno, attraverso lo sviluppo di una “foglia artificiale”. Vercelli ha ottenuto in dote tre differenti progetti. Il primo sarà basato sulla componentistica per impianti che sfruttino le energie rinnovabili. Il secondo sullo sviluppo di sistemi integrati (solare, termico e fotovoltaico) per incrementare l’efficienza elettrica e il recupero di energia termica. Il terzo progetto prevede la valorizzazione energetica delle biomasse (nello specifico i sottoprodotti dell’agricoltura e le coltivazioni sperimentali) per la produzione di energia. Il Tecnoparco Lago Maggiore, che si trova a Verbania, si occuperà infine dell’impiantistica, dei sistemi e della componentistica per le energie rinnovabili. Il Polo avrà il compito di progettare e realizzare programmi di sviluppo condivisi dalle ventidue aziende che ne fanno parte con la collaborazione di Università e Politecnico di Torino e con l’Università del Piemonte orientale. Cinque le aree di intervento: sviluppo del know how per le macchine a fluido, valorizzazione delle biomasse boschive, sviluppo di prodotti per l’energia sostenibile, sviluppo di processi a basso consumo per la produzione della carta, cogenerazione e teleriscaldamento. A destra la Phylla, auto che integra solare e idrogeno, made in Torino. Sopra, il simulatore di guida
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dall’ue 140 milioni per rinverdire l’energia piemontese Nessuno in Europa ha fatto meglio del Piemonte : siamo la regione che ha utilizzato la quota maggiore di risorse messe a disposizione dall’Unione. È uno di quei casi in cui vale il vecchio adagio: chi più spende, meno spende (e meno inquina) di
Alessandro Barbiero
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l Piemonte è la regione che in Europa ha impiegato la quota maggiore di risorse a disposizione a favore delle energie rinnovabili. Un terzo dei fondi messi a disposizione dall’Ue nell’ambito dei programmi di investimento per gli anni 2007-2013, pari a 140 milioni di euro, finiranno nel circuito degli investimenti delle imprese piemontesi decise a puntare sulle energie pulite. Gli interventi sono articolati in tre ambiti e sono indirizzati a ridurre l’uso intensivo delle fonti energetiche tradizionali attraverso l’incremento della produzione energetica da fonti rinnovabili, promuovendo nel contempo l’efficienza nella produzione e il risparmio nel consumo di energia.
La Misura 1, finanziata con 50 milioni di euro, rivolta alle imprese, ha come obiettivo la razionalizzazione dei consumi energetici e l’incentivazione all’uso di fonti di energia rinnovabile negli insediamenti produttivi. I soggetti destinatari dell’intervento sono le aziende singole o associate, con unità operativa in Piemonte, che esercitino attività diretta alla produzione di beni o servizi nell’ambito dei settori individuati dal bando pubblicato dalla Regione. Il finanziamento, che deve essere compreso in una forbice da 50 mila a 2,5 milioni di euro, è destinato ad esempio alla costruzione di impianti fotovoltaici, eolici, a idrogeno, ma anche al miglioramento energetico degli stabili già esistenti attraverso opere di riqualificazione. Per le piccole imprese le agevolazioni prevedono la copertura del fabbisogno finanziario al 100%, con una ripartizione del 75% con fondi regionali a tasso zero e il 25% con fondi bancari alle migliori condizioni di mercato. Le misure previste per le medie e le grandi imprese, sempre a copertura del 100% dell’investimento, sono ripartite al 50% tra fondi regionali e finanziamenti bancari. La Misura 2, con una dotazione finanziaria di 40 milioni di euro, è volta all’insediamento di nuovi impianti e nuove linee di produzione di sistemi e componenti
dedicati allo sfruttamento di energie rinnovabili e vettori energetici, all’efficienza energetica, all’innovazione di prodotto nell’ambito delle tecnologie in campo energetico. L’idea è di promuovere la creazione e l’insediamento di nuovi impianti e nuove linee di produzione di sistemi legati alle fonti rinnovabili e all’efficienza: dalla creazione di nuovi stabilimenti, all’ampliamento, ristrutturazione o riconversione innovativa di un impianto produttivo esistente. Rientrano in questo ambito, ad esempio, la produzione di generatori di calore ad alto rendimento, mircoturbine, caldaie a biomassa, sistemi fotovoltaici o solari termici, sistemi per la produzione, lo stoccaggio e l’utilizzo dell’idrogeno come vettore energetico. Sono invece esclusi gli interventi di pura sostituzione del parco macchine di cui le aziende sono già dotate. Anche in questo caso, il contributo è destinato a progetti con un investimento compreso tra 50 mila euro e 2,5 milioni. Come per la Misura 1, il contributo della Regione Piemonte è differenziato a seconda delle dimensioni delle imprese. Per le Pmi, la ripartizione tra contributi regionali a tasso zero e finanziamenti bancari è del 75% dell’intera somma investita per i primi e del 25% per i secondi. Nella Misura 2 sono escluse le grandi aziende, mentre le medie imprese potranno beneficiare di un trattamento suddiviso al 50% tra finanziamenti regionali a tasso zero e prestiti bancari. Infine, la Misura 3, attuata solo parzialmente, è destinata a imprese ed enti pubblici, con una dotazione complessiva di 50 milioni di euro, ripartita in 10 milioni di euro per la realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonte solare su discariche esaurite e 13 milioni e 800 mila euro per la realizzazione dei primi interventi di efficienza energetica nel settore ospedaliero, presso gli istituti universitari e le strutture pubbliche. In particolare i primi interventi riguarderanno la riqualificazione energetica dell’ospedale di Alba-Bra, di Palazzo Nuovo a Torino, sede dell’Università, e l’utilizzo di un impianto fotovoltaico sul Palaolimpico Isozaki.
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Il Piemonte è la regione che in Europa ha impiegato la quota maggiore di risorse a disposizione a favore delle energie rinnovabili
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Colti in flagranza di risparmio energetico
marisa pensionata ore 12.34 – Collegno corso Francia Colta nell’atto di comprare detersivo alla spina.
di Michele D’Ottavio e Ornella Orlandini
Lo faccio per evitare di pagare un sovrapprezzo sul prodotto determinato dalla pubblicità delle varie marche e per ridurre l’inquinamento della plastica. Per lo stesso motivo a casa mia si beve l’acqua del rubinetto. Si parla molto di risparmio energetico e di ridurre l’inquinamento. Sembra che si risolva il problema con la raccolta differenziata, ma sarebbe meglio produrne di meno, non tanto riciclarla a posteriori. Non capisco ad esempio la necessità di involucri diversi e difficili da differenziare. È chiaramente un interesse pubblicitario. Però se davvero non si volesse inquinare, bisognerebbe eliminare tutto ciò che ricopre la merce o almeno dare delle indicazioni e limitazioni. Anche per le medicine: chi ha la necessità di prenderne, ogni settimana si ritrova a buttar via una borsata di scatolette di carta e di plastica. A volte non capisco. Probabilmente diventeremo come i gabbiani, che sono felici di cibarsi dall’immondizia.
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iccole centrali elettriche, coibentazione di tetti e edifici, riconversione di caldaie e impianti termici. Sono tanti gli strumenti normativi che il singolo cittadino ha a disposizione per ridurre l’impatto ambientale della propria abitazione e del proprio stile di vita. Tra bandi regionali, sgravi fiscali, fondi statali, finanziamenti europei, ecco una piccola guida per districarsi nella giungla dell’ecoincentivo.
: i v a i t im n n e i cm n i a o d c i e u g
Detrazione fiscale del 55% sulle spese di riqualificazione energetica
Bando per la riqualificazione energetica di edifici esistenti (Legge regionale 23/2002)
Lo Stato consente di detrarre dalle tasse (sia sull’Irpef sia sull’Ires) il 55% delle spese sostenute per gli interventi di riqualificazione energetica di fabbricati esistenti, a qualsiasi categoria catastale appartengano (da quelli rurali a quelli strumentali). Possono usufruirne sia le persone fisiche sia le imprese e valgono per le spese di coibentazione termica (strutture opache verticali e orizzontali) e sostituzione finestre e infissi (strutture trasparenti); sostituzione di caldaie e impianti di riscaldamento; installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda sanitaria e per il riscaldamento degli ambienti; sostituzione frigoriferi e congelatori. Info:
Anche la Regione Piemonte ha messo in campo strumenti finanziari per sostenere la riconversione ecoefficiente degli immobili. In particolare, questo bando offre contributi per interventi di miglioramento delle prestazioni energetiche dell’involucro edilizio; ristrutturazione o installazione di impianti termici; installazione di pannelli solari termici e/o pompe di calore; installazione di sistemi automatizzati di termoregolazione e contabilizzazione del calore; installazione di sistemi di cogenerazione. Il bando è rivolto proprietari di immobili, amministratori di condominio, società di gestione energetica. I contributi regionali però non sono cumulabili con le detrazioni fiscali dello Stato. Info:
www.regione.piemonte.it/energia
www.finpiemonte.it Conto energia
Impianti fotovoltaici
Con questo strumento lo Stato paga l’energia elettrica prodotta da impianto fotovoltaico privato e immessa nella rete. All’energia elettrica è applicata una tariffa incentivante che varia a seconda della potenza e delle caratteristiche dell’impianto fotovoltaico e viene erogata per un periodo di vent’anni, a decorrere dalla data di entrata in esercizio dell’impianto. Possono richiedere l’incentivo sia singoli proprietari sia condomini. Info:
Il Comune di Torino ha attivato un bando che finanzia l’installazione di impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica con una potenza installata non inferiore a 3 kWp e non superiore i 20 kWp. Possono richiedere i contributi tutte le persone proprietarie di un immobile residenziale nell’area cittadina. Le domande possono essere presentate fino al 31 dicembre 2009, salvo l’esaurimento dei fondi disponibili (200 000 euro). I contributi in conto capitale sono erogati nella misura di 500 euro per ogni KWp installato, per un massimo di 20 Kwp. I contributi saranno erogati in base alla graduatoria stilata per data di presentazione della domanda. Info:
www.regione.piemonte.it/energia
www.comune.torino.it/ambiente/news/ bando-incentivi-impianti-fotovoltaici.shtml
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energy saving: extra : energie
Uniamo le energie Giunta alla seconda edizione, Uniamo le energie è la manifestazione promossa dalla Regione Piemonte per fare il punto sulla situazione ambientale nel nostro territorio, una sorta di Stati generali dell’ecologia. Da mercoledì 7 ottobre a martedì 13 ottobre, si svolgeranno in città due forum internazionali, dieci convegni, oltre trenta workshop e meeting, che occuperanno 7000 metri quadri di spazi espositivi, con un ricco corollario di iniziative culturali e di intrattenimento. In particolare, venerdì 9 ottobre si svolge il Forum sull’energia, per tracciare un primo bilancio sulla situazione del Piemonte rispetto agli obiettivi 20-20-20, ovvero il raggiungimento del 20% della produzione energetica da fonti rinnovabili, il miglioramento del 20% dell’efficienza e un taglio del 20% nelle emissioni di anidride carbonica, attraverso un focus su strategie e indirizzi dell’amministrazione, ma anche con esempi concreti di interventi realizzati. Durante la settimana sono poi previsti una serie di convegni e workshop tematici che affronteranno nel dettaglio i vari ambiti di ecointervento nei quali la Regione ha investito: il teleriscaldamento, le politiche e gli interventi in materia di bioedilizia fino all’efficienza energetica nelle strutture sanitarie. Completa il quadro una tavola rotonda sulla mobilità sostenibile con lo scopo di presentare una serie di iniziative strategiche lanciate sul territorio dalle istituzioni, dall’industria e dal mondo della ricerca per l’innovazione e la ricerca nel campo dell’automotive e in particolare per quanto riguarda le tecnologie ecoefficienti (motori a basso consumo e trazioni alternative). La manifestazione si conclude nel fine settimana con Futura: dialoghi intorno all’uomo e al Pianeta, cinque incontri su
economia, ecologia, energia, clima, tecnologia attraverso la voce di dieci testimoni illustri. Nell’ambito di Uniamo le energie rientrano poi diversi eventi collaterali. Flor09, da venerdì 9 a domenica 11 ottobre al parco del Valentino, comprende una mostra mercato di giardinaggio dei più importanti vivaisti nazionali, un convegno internazionale di orticoltura urbana, organizzato in collaborazione con Slow Food, e un workshop sul movimento Guerrilla Gardening. Rivoluzione Vegetale è un work in progress che prendendo avvio dall’idea di documentario utopico e fantascientifico legato alle tematiche dell’ambiente e dell’habitat urbano delinea un ideale mondo futuro. Experimenta e il museo A come Ambiente organizzano la mostra Divulgare l’energia, L’Energia sotto il naso e L’auto del futuro. L’Architettura cambia il mondo è invece un percorso espositivo che si articola in due tappe: la mostra +Qualità - Energia propone una lettura dell’interazione tra sensibilità architettonica e sostenibilità tecnologica; Sostenibilità secondo Aedas Visconti & Partners vuole presentare l’integrazione del laboratorio creativo torinese Visconti & Partners ed il gruppo di progettazione Aedas diffuso in tutto il mondo, di cui fanno parte più di 4000 architetti. Infine, Energethica, da mercoledì 7 a domenica 11 ottobre a Torino Esposizioni, è una manifestazione fieristica locale in cui saranno presenti gli stand e i desk di privati e aziende coinvolte in produzione, distribuzione, contenimento e risparmio di risorse energetiche e idriche. info: www.regione.piemonte.it/energia/ uniamo-le-energie-2009.html
il mondo del verde s’incontra a torino Cinemambiente
Biennale dell’ecoefficienza
World Political Forum
La difesa dell’ambiente e i problemi del pianeta Terra sono al centro della dodicesima edizione di Cinemambiente, rassegna di documentari, cortometraggi, video dedicata alle tematiche ambientali. La kermesse va in scena da giovedì 8 a martedì 13 ottobre; si svolgeranno le proiezioni del Concorso internazionale documentari, del Concorso documentari italiani e del nuovo Concorso internazionale cortometraggi. Il cartellone prevede anche la sezione di approfondimento Panorama; pellicole fuori concorso; una riflessione su Ambiente e Diritti Umani, che da quest’anno anno con il contributo dell’Inail finanzierà cinque film che rappresentino buone pratiche di sicurezza sul lavoro; e infine Ecokids, che porta il cinema ambientalista nelle scuole elementari, medie e superiori dei comuni piemontesi. Le pellicole affrontano i temi dell’energia, toccando aspetti controversi come il nucleare o curiosi come l’utilizzo di carburanti vegetali, della mobilità, dell’amianto, dell’intreccio tra crisi economica e l’ambiente, e della bioetica attraverso tre prime visioni nazionali: Suicide Tourist, sull’eutanasia, Live extended, che documenta e ridicolizza la tendenza a voler prolungare la giovinezza, e Mechanical love, che invece mostra la necessità senile di ricevere affetto, anche se attraverso un animale robot. Tra i giurati del festival spiccano Siusy Bladi e Patrizio Roversi mentre sono attesi come ospiti Giovanni Lindo Ferretti, Ascanio Celestini e Isabella Rossellini. Oltre al cinema Massimo, il festival raggiungerà altri luoghi della città con workshop, approfondimenti e aperitivi letterari: la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo nel week-end ospiterà video d’arte a tematica ambientale curati da Silvia Cirelli, mentre a Torino Esposizioni saranno proiettati film sul tema dell’energia in occasione di Uniamo le Energie.
Sarà la “città sostenibile” il tema della quinta edizione della Biennale dell’ecoefficienza, la rassegna di incontri e convegni che si svolge a Torino Esposizioni da mercoledì 7 a domenica 11 ottobre. La sostenibilità degli insediamenti urbani è un argomento al centro delle attenzioni della comunità internazionale come dimostrano gli obiettivi delle Nazioni Unite espressi nell’Agenda Habitat, nella Green Cities Declaration a nella Millenium Declaration. L’idea è di affrontare i problemi relativi alla crescita urbana, ai consumi energetici e all’emissione di gas serra, alla riduzione dei rifiuti, all’impatto dei trasporti, al depauperamento delle risorse idriche, alla salute pubblica per rendere le città luoghi più vivibili per i propri abitanti e più rispettosi dell’ambiente e del futuro del pianeta. Nell’ambito della biennale, è poi previsto Hysydays 2009, il terzo congresso mondiale dei giovani scienziati che studiano le applicazioni energetiche dell’idrogeno, e Bioedilizia Italia, la conferenza che riunisce i principali attori del settore delle costruzioni (associazioni di categoria, università, istituti di ricerca, enti pubblici, ordini professionali, artigiani ecc...) con l’obiettivo di verificare dello stato dell’arte della bioedilizia in Italia e di definire gli scenari del prossimo futuro.
Energia per un futuro sostenibile: è questo il titolo dell’evento organizzato dal World Politcal Forum, nell’ambito di Uniamo le energie, giovedì 8 ottobre, a Torino Esposizioni. L’incontro vuole essere un’occasione per fare il punto sulle strategie europee riguardo agli obiettivi del 20-20-20 e sugli investimenti nelle energie rinnovabili; allo stesso tempo però si cercherà di tracciare i possibili scenari aperti dall’attuale crisi economica e dal nuovo approccio ambientale inaugurato dall’amministrazione di Obama negli Usa. Obiettivo della conferenza è anche promuovere un dialogo tra Europa e Stati Uniti, in vista del meeting dell’Onu a Copenhagen in dicembre, e il recente accordo tra Fiat e Chrysler, che ha come elemento qualificante la produzione di auto ecocompatibili, rende Torino il luogo simbolico ideale per una discussione simile. All’incontro, presieduto dal premio Nobel Michail Gorbacˇëv, parteciperanno Steven Chu, segretario Usa per l’Energia, Martin Lees, segretario generale del Club di Roma, Ruud Lubbers, presidente dell’Energy Research Institute della Tilburg University e fondatore della Earth Charter Initiative, Gunter Pauli, fondatore della Zeri Foundation, e Wolfgang Sachs, direttore di Globalisation and Sustainability del Wuppertal Institute. Questa iniziativa porta avanti il filone di riflessioni del World Political Forum relativo all’ambiente, ricollegandosi ai temi toccati nel convegno dello scorso anno Da allarme globale a politica globale, e alle iniziative sull’informazione rispetto al problema ecologico (Venezia, ottobre 2008) e sull’acqua come elemento di vita ma anche di conflitti politici e sociali (Bruxelles, febbraio 2009).
info: www.envipark.com/eeb09
info: www.theworldpoliticalforum.net
info: www.cinemambiente.it 1. i quaderni di
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Efficienza e isolamento sono le parole d’ordine per una casa “comme il faut”. La vostra è così?
Elettrodomestici Occhio al consumo. L’Unione Europea ha stabilito una classificazione degli elettrodomestici (lavatrici, lavapiatti, frigoriferi, congelatori, condizionatori e forni elettrici), recepita dal governo italiano, sulla base del consumo di energia: si va dalla lettera “G”, che indica il livello di consumi più elevato, alla “A”, per i prodotti meno energivori. I risparmi sulla bolletta, tra i due estremi, sono circa del 50%, con rilevanti benefici economici e ambientali. Coibentazione Il riscaldamento delle case è una delle principali fonti di emissioni di CO2 e di spesa per le famiglie. Con alcuni accorgimenti si possono però abbattere entrambe le voci. Intanto, attraverso la “coibentazione”, cioè l’isolamento termico, di pareti, soffitti e pavimenti. Ad esempio, a un tetto in tegole è possibile applicare pannelli preformati in polistirene o altri materiali, con spessore minimo di almeno 5 cm, che svolgono anche la funzione di guaina e di sistema di ventilazione. Oppure, se il problema principale è il caldo, una semplice mano di vernice bianca o argento (ne esistono di speciali e apposite) riduce moltissimo il calore assorbito (e poi ritrasmesso all’interno). Provare per credere. Più costosi e complessi sono invece gli interventi su pareti e pavimenti. Info sulla coibentazione del tetto e gli incentivi pubblici: http://www.regione.piemonte.it/energia/coibentazionedel-tetto.html Per i costi e i vantaggi: http://www.lavorincasa.it/cercaincasa/art/5786.php Per la coibentazione di pavimenti e muri: http://www.manualino.com/coibentazione-isolarepavimenti-e-muri-106/ Un elenco di ditte si trova sui siti: www.paginesi.it e www.paginegialle.it mettendo come parola chiave per la ricerca “coibentazione”. Infissi L’altra tipologia di interventi per aumentare l’efficienza energetica della casa è quella relativa agli infissi, in particolare le finestre, che costituiscono giganteschi dispersori di calore. In questo caso, l’ideale sarebbe sostituire i vetri normali con doppi vetri evoluti o tripli vetri e i vecchi infissi in legno con nuovi in alluminio. Lo Stato incentiva questo tipo di lavori attraverso il meccanismo delle detrazioni fiscali: http://condominiale.lavorincasa.it/?p=13 Per consigli pratici e installatori: http://www.guidaacquisti.net/casa/doppi-vetri.html
LA CASA
Teleriscaldamento Oltre a diminuire la dispersione di calore della propria abitazione, si può intervenire a monte per aumentare l’efficienza e l’ecosostenibilità nella produzione del riscaldamento. Circa il 40% della città di Torino è allacciata al teleriscaldamento, un sistema centralizzato che sostituisce le caldaie condominiali, e nel prossimo futuro si punta al raddoppio della rete, collegando anche alcuni comuni della provincia. Per la situazione nella regione: http://www.regione.piemonte.it/energia/ teleriscaldamento.html Cogenerazione Esistono caldaie che consentono notevoli risparmi economici, nonché una drastica riduzione di consumi ed emissioni. Si tratta delle caldaie a cosiddetta “cogenerazione”, che bruciano un combustibile per produrre insieme energia e calore e raggiungono rendimenti fino al 95%. Info: http://www.rinnovabili.it/cogenerazione Per costi e incentivi: http://www.casasoleil.it/015/HTML/efficienzaenergetica/micro-cogenerazione.htm Esistono poi normali caldaie che usano combustibili verdi, come biomasse: per info, modelli, costi e preventivi: http://www.caldaieabiomassa.it/ Contacalorie e termostati Una soluzione per chi invece ha un appartamento all’interno di un condominio e non è allacciato al teleriscaldamento è quella di installare nella propria abitazione contacalorie e termostati. Le prime sono valvole da applicare ai termosifoni che consentono di conteggiare in modo preciso la quantità di riscaldamento utilizzata; con i termostati si ha invece la possibilità di regolare la temperatura. Per quanto abbastanza costose, queste apparecchiature permettono di pagare il riscaldamento sulla base del consumo effettivo e non della cubatura dell’appartamento e quindi, sul lungo periodo, di risparmiare. Acqua Il primo passo per ridurre il consumo di questa risorsa sempre più scarsa è, banalmente, chiudere i rubinetti e interrompere il flusso dell’acqua quando non è strettamente necessario. Esistono poi i “rompigetto aereo”, da applicare proprio ai rubinetti, che miscelano l’acqua con l’aria e consentono una riduzione dei consumi del 50%: la Provincia di Torino ad esempio, all’interno del progetto TVB Ti voglio bere (www.tvb-tivogliobere.it), ha preparato un kit per il risparmio idrico. Un altro suggerimento è di non comprare acqua in bottiglie di plastica o al limite di scegliere quella proveniente da sorgenti a chilometri zero. Per gli amanti dell’acqua frizzante, la Smat (www.smatorino.it) ha poi installato un punto di distribuzione in corso Umbria 90 dove per 5 centesimi si può riempire una bottiglia da 1,5 litri proveniente dall’acquedotto torinese.
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i rifiuti Differenziare Il primo passo per ridurre la quantità di rifiuti destinati alla discarica e quindi non recuperabili è la raccolta differenziata. A Torino, l’Amiat raccoglie cinque tipi diversi di scarti: vetro e lattine; plastica; organico; carta; generico, dove finiscono tutti i prodotti non compresi nelle prime quattro tipologie. Per ognuno di questi, esistono cassonetti appositi. Le pile e le batterie a secco vanno portate ai punti raccolta convenzionati, presenti in scuole, rivenditori, sedi delle circoscrizioni, mentre i farmaci scaduti possono essere riconsegnati in farmacia, dove esistono contenitori appositi. Info al numero verde 800 - 017277 sul sito: http://www.amiat.it/pagine.cfm?SEZ_ID=4 si può scaricare il vademecum esplicativo. Ridurre gli imballaggi È il passaggio decisivo per abbattere all’origine il volume dei rifiuti. Per questo è meglio scegliere prodotti senza imballaggi o quanto meno con imballaggi di un unico materiale. Ad esempio, per quanto riguarda frutta e verdura, il problema si può aggirare scegliendo merci fresche e vendute al dettaglio invece che surgelate e confezionate in buste. Esistono poi distributori alla spina di latte e di detersivo che consentono, oltre all’eliminazione degli imballaggi, anche un discreto risparmio sul prezzo al litro. Per sapere dove si trovano: www.helpconsumatori.it/news.php?id=17318 www.ecoblog.it/post/2439/detersivi-alla-spina-a-torino Riparare Altro consiglio, apparentemente banale, è quello di far durare gli oggetti, ed evitare di buttarli. Se per un telefonino che si rompe è quasi inevitabile andarne a comprare un altro, diverso è il caso di elettrodomestici come frigoriferi, televisioni, lavatrici, che si possono riparare con spese non eccessive senza ricorrere all’acquisto di analoghi prodotti nuovi. Un elenco di professionisti e artigiani del settore: www.prontoimprese.it/piemonte/torino/torino/ elettrodomestici-riparazione.html http://torino.paginegialle.it/piemonte/torino/ riparazione_elettrodomestici.html
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Prima cosa, produrne meno; seconda cosa, metterli nel posto giusto: i rifiuti sono un ottimo esempio di come ognuno possa fare la propria parte
Gas, Gruppi di acquisto solidale I Gas sono gruppi di persone che decidono di incontrarsi per acquistare all’ingrosso prodotti alimentari o di uso comune, da ridistribuire tra loro. I beni vengono normalmente comperati da produttori locali, in modo da garantire la freschezza e la genuinità, sostenere l’economia rurale locale e ridurre le emissioni di CO2 dovute ai viaggi di migliaia di chilometri che spesso compiono la frutta e la verdura prima di arrivare sulla nostra tavola. Inoltre si ricavano altri due vantaggi: si spende di meno, e si eliminano gli imballaggi. Un elenco dei Gas si trova nel sito: http://www.retegas.org/index. php?module=pagesetter&tid=3 Espedienti quotidiani Con una buona dotazione di barattoli e bottiglie di vetro, che si possono comodamente lavare e riutilizzare, si risolve il problema di immagazzinare cibi e bevande. Ad esempio, il vino comprato in damigiana, e poi travasato in bottiglia, è più buono ed economico di quello che si trova al supermercato. Lo stesso vale per l’olio, che si trova in latte da cinque o dieci litri. Inoltre, è bene evitare le promozioni 3x2 sugli alimentari, in quanto spesso si comprano prodotti in più che poi vengono buttati. Per diminuire il consumo di carta invece basta riutilizzare i fogli già stampati, sfruttando la facciata rimasta bianca ed evitare di stampare email inutili. Per mobili e vestiti, vale la pena bazzicare mercatini dell’usato: http://www.agendaonline.it/mercatini/piemonte.htm o negozi vintage e innescare così una spirale virtuosa del recupero e del riutilizzo.
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Negli anni Sessanta in Italia c’erano meno di due milioni di automobili. Oggi sono quasi quaranta. Forse è giunto il momento di pensare un’alternativa, no?
la mobilità
Bicicletta È uno dei mezzi di trasporto più antichi del mondo eppure continua a rimanere uno dei più efficaci. Il rapporto tra comodità e sacrifici va tutto a vantaggio dei primi: con la congestione del traffico, soprattutto in centro, la bici consente tempi di spostamento sensibilmente più rapidi rispetto alle auto, evita la grana di dover cercare (e pagare...) il parcheggio, non conosce restrizioni per zone traffico limitato, targhe alterne e domeniche dei pedoni. Senza dimenticare gli effetti benefici sul fisico. Il Comune, per sostenere i cicloamatori, ha realizzato una ragnatela di 170 chilometri di piste ciclabili che attraversano la città (sul sito www.piste-ciclabili.com/ comune-torino si può vedere la piantina e i percorsi) mentre rimane ancora lontano l’avvio del servizio di bike sharing, già presente in altre città italiane come ad esempio Roma e Milano. Car sharing Il servizio pubblico di auto in condivisione consente numerosi vantaggi, a cominciare dal prezzo rispetto alla macchina di proprietà. L’abbonamento annuale costa 179 euro, poi si paga l’utilizzo della vettura con una tariffa variabile che tiene conto del tempo e del numero di chilometri percorsi. Un confronto con i costi di un’auto privata si può effettuare sul sito www.carcityclub.it/conviene.html. Inoltre, gli utenti del car sharing possono circolare nelle zone a traffico limitato, nelle corsie preferenziali per autobus e taxi, durante i giorni di targhe alterne, non pagano parcheggio e benzina. Mezzi pubblici Tra metrò, linee star, pullman e tram, il servizio di trasporto pubblico torinese offre soluzioni integrate per le diverse esigenze di spostamento. Accanto al costo del biglietto normale, di 1 euro, esistono abbonamenti flessibili per le diverse esigenze: www.comune.torino.it/gtt/urbana/tariffe06/index.shtml
Rottamazione Il governo italiano ha messo degli incentivi, che scadono il 31 dicembre 2009, per chi volesse sostituire una vecchia automobile, immatricolata entro il 1999, con una più nuova e meno inquinante. In particolare, è concesso un bonus di 1500 euro per la sostituzione di autovetture di categoria Euro 0, Euro 1, Euro 2 con vetture di categoria Euro 4 o Euro 5. In caso di acquisto di automobili alimentate a metano, elettricità o idrogeno, è invece stato stanziato un contributo di 3500 euro per veicoli con immissioni inferiori ai 120 gr di CO2 per km e di 1500 euro negli altri casi. Info: www.aduc.it/dyn/sosonline/schedapratica/sche_mostra. php?Scheda=250202 Altri mezzi Gli incentivi per la rottamazione valgono anche per motorini e scooter, che costituiscono una valida e comoda alternativa alle auto. Esistono poi mezzi di trasporto efficienti e poco inquinanti ma ancora poco diffusi: ad esempio la biga elettrica (www.segway.com) o il Puma, una sorta di biga a motore prodotta da General Motors e Segway. Non mancano infine monopattini, risciò e biciclette che sfruttano l’alimentazione elettrica. Per gli amanti del fitness infine rimangono sempre pattini, skateboard e roller blade che aumentano la velocità negli spostamenti e sono a impatto zero. PUMS A luglio scorso il Comune di Torino ha approvato le linee guida del nuovo Piano urbano della mobilità sostenibile, con l’obiettivo di «indurre un riequilibrio della domanda di trasporto tra collettivo e individuale, in modo da ridurre la congestione e migliorare l’accessibilità alle diverse funzioni urbane». Il piano si svilupperà lungo sette direttrici: garantire e migliorare l’accessibilità al territorio; garantire e migliorare l’accessibilità delle persone; migliorare la qualità dell’aria e dell’ambiente urbano; aumentare l’efficacia del trasporto pubblico; garantire efficienza e sicurezza al sistema della viabilità e dei trasporti; governare la mobilità attraverso tecnologie innovative e l’infomobilità; definire il sistema di governo del Piano. Per scaricare il documento completo: www.ecodallecitta.it/notizie.php?id=9847
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Colti in flagranza di risparmio energetico di Michele D’Ottavio e Ornella Orlandini
Allegato a Extratorino n. 10 Registrazione al Tribunale di Torino n. 6018 del 29/10/2007 a cura di
Marco Bobbio, Francesca Fimiani Direttore responsabile
Luca Iaccarino Caporedattore
Francesca Fimiani In redazione
Daniele Silva, Laura Nozza Hanno collaborato a questo numero
Alessandro Barbiero, Luigi Citriniti, Michele d’Ottavio, Ornella Orlandini, Massimo Pinca Archivi fotografici
Slow Food Editore, APA Associazione Provinciale dell’Artigianato di Bolzano, Bollati Boringhieri editore redazione
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Sosteniamo il futuro. 7-11 ottobre 2009 Torino Esposizioni
Flor09 « Energethica « Cinemambiente « Rivoluzione vegetale « World Political Forum « Biennale dell’Eco-efficienza 2009 « Experimenta - Museo A come Ambiente « L'Architettura cambia il Mondo « EVA - ElectroVideoAmbiente « FUTURA Dialoghi intorno all'uomo e al Pianeta « Cofinanziato con FESR:
In collaborazione
La più importante iniziativa in Italia dedicata alla sostenibilità ambientale: 5 giorni in cui si concentrano 10 manifestazioni-evento, 2 forum internazionali, 10 convegni, oltre 30 workshop e meeting. Settemila metri quadri di spazi espositivi con le soluzioni tecnologiche più innovative, i progetti più significativi, i risultati delle politiche energetiche della Regione Piemonte. Inoltre aree per la didattica e l’educazione ambientale, serate con musica elettronica, spettacoli con Marco Paolini e Ascanio Celestini, incontri con personaggi come Sergio Marchionne, Michael Gorbachev, Gunter Pauli, Wolfgang Sachs. Un evento internazionale a impatto zero. Tutti i cittadini sono invitati a partecipare alla mobilitazione energetica. L’ingresso a Torino Esposizioni è gratuito, fino a esaurimento dei posti disponibili. Consulta il programma aggiornato su: www.regione.piemonte.it/energia; segui le interviste, i filmati e le dirette live su www.wipietv.eu Sostieni il futuro con noi, uniamo le energie. CONSUMI DI ENERGIA
EMISSIONI DI GAS SERRA
ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI