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GEHRY, frank o
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08 18 28 52
biografia
corrente architet— tonica gehry house
note e fonti
CIÒ CHE GLI A TE NON VEDO NON DISTRUG LO REINVENT GO L’OVVIO, L CAPOVOLGO, LO CUOCIO E F DOGMI. IN QU LIBERO UN NU DI FORME, DA DEL VECCHIO
ALTRI SOVENONO, È CHE IO GGO L’ORDINE. TO. DISTRUGLO AGITO, LO LO RIMESTO, FRIGGO I SUOI UESTO MODO UOVO ORDINE ALLE CENERI frank o. gehry O.
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Frank O. Gehry rappresenta il nome di uno dei personaggi più discussi, iconici, famosi e più sconcertanti all'interno della scena architettonica contemporanea. Pur essendo del tutto disinteressato alla decostruzione derridiana, è forse quello che, in forma inconsapevole ed istintiva, ne ha effettuati gli esempi e le personalizzazioni più radicali e sostanziali. Al rapporto diretto concreto con la pop art ed al rifiuto di intellettualizzazioni di moda si unisce poi la particolare relazione attuata nei confronti del contesto urbano, sociale e culturale delle metropoli americane; revocando in dubbio dei concetti di ordine e stabilità convenzionali, Gehry rielabora elementi del caos e del disordine visivo delle città, anche i tratti ritenuti comunemente dimessi o volgari; questi vengono quindi elevati ad architettura attraverso una “poetica del banale” che adotta la prassi dai collage e di una sorta di ready-made. La prevalenza della componente artistica è la vera chiave di lettura dell’opera di Gehry e, come afferma lui stesso, anche la sua giustificazione, paragonandosi ad uno scultore che cerca l’immagine nella pietra.
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ephraim owen goldberg
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Ephraim Owen Goldberg nasce a Toronto, Canada nel 1929. Trasferitosi negli Stati Uniti, nel 1954 si laurea in Architettura alla University of Southern California e nello stesso anno cambia il suo cognome in Gehry. Dopo aver collaborato con molti studi di architettura, nel 1961 si trasferisce con la propria famiglia a Parigi, dove trova lavoro nello studio di André Rémondet. Il periodo qui trascorso è molto breve, tuttavia determinante: “[...] Le chiese romaniche gareggiavano nell’attirare la sua attenzione con gli edifici di Le Corbusier; nella vicina Germania, erano le chiese barocche della Franconia e della Baviera ad affascinarlo. Nessun contrasto poteva essere più estremo di quello tra il romanico francese e il rococò bavarese.” 1
Tornato a Los Angeles, già nel 1962 apre uno studio, dapprima con Greg Walsh e più tardi in proprio, ma inizialmente gli incarichi significativi sono pochi e deludenti: il suo nome è circoscritto solo all’interno della California dove realizza edifici comuni senza un particolare stile identificativo. Nel 1977 si trasferisce con la moglie in un’abitazione a Santa Monica che decide di ristrutturare con la sperimentazione di nuove tecniche architettoniche.
La svolta avviene nel 1980, con l’inaugurazione del centro commerciale della Rouse Company, il Santa Monica Place.
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LA SERA DELL’INAUGURAZIONE CENAMMO QUI A CASA, CON IL PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ, UN AVVOCATO, CHE SI GUARDÒ INTORNO E MI CHIESE: — CHE DIAVOLO HA FATTO? — BEH, MI SONO DIVERTITO A SPE RIMENTARE UN PO’ — LE PIACE? DEVE PIACERLE PER FORZA — CERTO — SE LE PIACE QUESTO NON PUÒ PIACERLE QUELLO E PUNTA IL DITO IN DIREZIONE DEL SANTA MONICA PLACE, AL CHE IO RISPONDO: — HA RAGIONE, NON MI PIACE — ALLORA PERCHÉ L’HA FATTO? — PER GUADAGNARMI DA VIVERE — FA MALE, DOVREBBE SMETTERE — HA RAGIONE IN QUEL PERIODO NEL MIO STUDIO C’ERANO 45 PERSONE CHE LAVORAVANO SOLO AI SUOI PROGETTI: CON UNA STRETTA DI MANO DECIDEMMO DI FERMARE TUTTO. EBBI L’INEBRIANTE SENSAZIONE DI UN SALTO NEL VUOTO E, MALGRADO TUTTI I GUAI CHE NE DERIVARONO, TROVAI LA FELICITÀ. 2
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La sua è una “non-architettura”, un’architettura “senza geometria”, senza piani nè assi, senza quelle strutture e particolari architettonici che sono sempre furono visti come parte integrante di quest’arte, un'architettura senza eguali, in grado di sbalordire ed interrogare...un’architettura decostruttivista.
Dall’alto: Norton House (1984), Vitra Design Museum (1989), Dancing House (1996), Guggenheim Museum (1997), Walt Disney Concert Hall (2003).
NON C’È NULLA DI PIÙ ARCHITETTONICO DELLA DECOSTRUZIONE... MA ANCHE NULLA DI MENO ARCHITETTONICO. jacques derrida
decos— truire gehry — e non
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Quando, nel 1983, il progetto The Peak ad Hong Kong di Zaha Hadid porta il programma architettonico ad essere smontato e ad essere riassemblato originando un’architettura libera di produrre forme e contenuti in relazioni svincolate dalla tradizione moderna, la sua ribellione viene definita “decostruttivismo”. Da questo momento si parla di architettura decostruttiva, ma non intesa come operante una decostruzione della funzione in sé, bensì di un particolare rapporto fisso tra una funzione e una forma o una distribuzione tradizionali. Una decostruzione, quindi, come smembramento strutturale delle relazioni gerarchiche fra le parti e non soltanto come disarticolazione del percettibile, ovvero delle forme. Le opere esposte ripropongono in parte i valori ed i principi delle avanguardie di inizio secolo: la scomposizione costruttivista russa e quella del De-Stijl olandese, e l’integrazione espressionista secondo una rilettura che risalta la precarietà delle forme, la complessità, il contrasto e le possibili direzioni di sviluppo di ogni architettura in uno scenario privo di gerarchie o codici di orientamento.
Nel 1989 Bruno Zevi scrive a riguardo: “con il decostruttivismo ci troviamo di fronte all’ottava invariante dell’architettura contemporanea: la vulnerabilità”. L’architettura contemporanea di avanguardia è sempre vulnerabile (neoplasticismo, utopismo ecc.), e se viene giudicata ottima ciò avviene solo dopo essere stata giudicata pessima da fervidi oppositori.
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Il decostruttivismo non si occupa solo di smembrare l’oggetto e di spargerne le parti, ma anche di ricostruirlo secondo una specifica gerarchia che propone un’alternativa alle regole progettuali convenzionali. De-costruire contiene in sé quindi sia il concetto di disarticolazione che quello di ricostruzione. Pur trattando della de-strutturazione dei nessi sintattici dell’oggetto, tale termine include anche la possibilità di fornire ipotesi alternative circa la ricombinabilità delle particelle che lo compongono, strutturate su nuove gerarchie.
L’architettura decostruttivista disturba la forma dall’interno: la distorsione subita è particolarmente angosciante perché essa sembra appartenere alla forma, essere parte della stessa, sembra farne parte da sempre in maniera latente finché non viene liberata dall’architetto.
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Ciò produce un senso di inquietudine perché mette in dubbio il senso di stabilità e di coerenza che comunemente viene associato alle forme pure. E’ come se la perfezione abbia da sempre ospitato l’imperfezione e certi difetti che solo ora diventano visibili. Ciò che va chiarito è il rapporto consequenziale tra forma e contenuto in questo linguaggio. Se, come afferma Wigley, solo dopo che la forma pura viene disturbata questa sarà in grado di assumere pienamente un programma funzionale, allora si opera prima sul piano dell’espressione e poi su quello del contenuto con la tecnica dell’adattamento a posteriori. Il decostruttivismo, come il post modernismo, ripropone un approccio di contrasto contro i principi del movimento moderno arrivando ad un connubio tra espressione ed equilibrio, pur apparendo precaria come un'architettura instabile, volontà degli stessi architetti decostruttivisti. Nega tutti i principi avanzati dal movimento moderno, alludendo ad un approccio contrario, opposto a quello costruttivista (che, effettivamente costituisce la scomposizione dei principi modernisti). L’interesse dei decostruttivisti riguarda la ricerca per l’opera dei costruttivisti sovietici degli anni venti che, per primi, hanno infranto l’unità, l’equilibrio e la gerarchia della composizione classica per creare una geometria instabile con forme pure disarticolate e decomposte; così, essi, esasperano nelle loro opere un radicalismo avanguardista costruttivista.
Il decostruttivismo descrive una scena ignota ma cerca di convincere che quella qualità sconosciuta è tale solo perché non viene comunemente guardata ma è lì, presente, nelle cose. Quella qualità, quell’imperfezione sempre presente e nascosta nella perfezione (identificata talvolta con la perdita di armonia), può essere identificata con la perdita della sintonia. E’ una nuova pagina di architettura. “Per chi le compone, tali pagine risultano essere perfettamente coerenti, ma per il “lettore medio” poco comprensibili: esse assumono i caratteri di un forte segnale radiofonico o televisivo mal sintonizzato al punto da perdere quasi del tutto di significato... 3
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Apparente casualità — Contaminazione della forma pura. 23
Frammentazione e disarmonia — Rifiuto di classicità — Dinamismo e tagli diagonali.
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(Prima) Dall’alto: Ampliamento Casa Nicholson (Gehry) Royal Ontario Museum (Libeskind). (A fianco) Dall’alto: Stazione dei Pompieri (Hadid) Guggenheim Museum (Gehry) Seattle Central Library (Koolhaas).
Il decostruttivismo attua una “dislocazione” intesa nel rapporto con il contesto in cui s’inserisce l’architettura stessa, si attua una “distorsione tipologica” tramite lo straniamento e lo spiazzamento dei materiali e con la messa in questione dell’opposizione interno/esterno. Tale approccio si oppone alla purezza e alle regole del moderno, cercando di scuotere le certezze estetiche e strutturali dell’architettura attraverso un linguaggio che accetta complessità e contraddizioni. Non si assiste più alla coincidenza tra funzione e forma in quanto quest’ultima si offre in una continua diversità di espressioni e deformazioni.
La forma sta prima della funzione e coincide con ciò che un edificio esige di essere, sarà poi la progettazione a trasformare quella forma, quel modello ideale, attraverso il design nell’architettura concreta. E, inoltre, si tratta di in una creazione che dura per sempre, che non è dedicata solo al tempo presente, al contemporaneo, al moderno, all’eternità, proprio come aveva voluto fare l’architettura del passato. 4
Gehry, inserito in pieno all'interno di questa corrente, ne rappresenta senza dubbio, il fautore delle decostruzioni più radicali e sostanziali, con lavori spesso caratterizzati dal tema del “non-finito” o da “perturbazioni” della statica e della tettonica tradizionali (come le stesse nozioni di verticale e orizzontale); mai monotono nè minuzioso nell’organizzazione delle piante, non segue un progetto, perchè “il progetto è sempre in progresso”. L’architettura deve infondere piacere e non essere interpretata come un volere da cercare in qualità di equilibrio o di armonia; con queste intenzioni agiscono gli architetti decostruttivisti, Gehry in primis, ma pure Zaha Hadid e Daniel Libeskind — con il quale, Gehry, condivide l’abitudine di uscire dalle consuete abitudini dell’occhio, come simmetrie e rispetto implicito della forza di gravità e delle paradigmatiche regole costruttive.
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casa o collage ?
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Emblematica di questa sua poetica è la decostruzione — materiale e non — apportata alla casa, che, pubblicata nel 1980 sulla copertina di Progressive Architecture, gli ha dato la notorietà (oltre che una residenza); usando i materiali poveri tipici della sua architettura (compensato marino, rete zincata, lamiera ondulata) Gehry ha trasformato il banale cottage appena acquistato attraverso un gioco complesso di compenetrazioni, disgiunzioni, sovrapposizioni, squarci ed estrusioni, che decostruiscono radicalmente la dialettica interno/esterno. Iniziata nel 1978 e protrattasi per un decennio, questa trasformazione si pone come rappresentazione della processualità infinita delle reinterpretazioni e delle risignificazioni dell’architettura.
È una casa che non lascia dubbi sull’identità del suo abitante — ne riflette i sogni e le ossessioni. Gehry ha avvolto la vecchia costruzione, su tre lati, con una nuova “scatola” angolosa e con un alto recinto. La vecchia casa sbircia attraverso le nuove aggiunte. Ha usato un collage di comuni pezzi di casa per raccontarci di sé e della natura del costruire. Ama l’estetica del procedimento di costruzione, la qualità del cambiamento. La sua casa sembra sbucciata, si vedono i chiodi, i listelli di legno, i materiali di isolamento. Elementi dell’esterno sono portati all’interno, e viceversa. Lo scontro del vecchio col nuovo, la vista dell’uno dall’altro le immagini “incorniciate” dalle pareti bucate — sollecitano alla messa in discussione dell’idea di architettura [...] dall’esterno, un grosso cubo in vetro, rinforzato da rete, penetra fracassando una parete perimetrale? Cosa sta succedendo? Per la prima volta, forse, la trasformazione della casa di un architetto la si ammira perché non moderna, non “finita”, non, a prima vista, “disegnata”. Nè eclettica. È vecchia e nuova, e totalmente diversa. Bisogna guardarla come un oggetto a sé stante. 5
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Bungalow originale (1920 ca).
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Dal 1977, data dell’acquisto, l’immobile subisce profonde trasformazioni fino al 1994. Inizialmente è un comune bungalow rosa datato 1920 circa, costruito su due piani, con tetto a mansarda e un piccolo giardino; l’obbiettivo di Gehry è di racchiudere l’edificio in un involucro attraverso il quale è comunque possibile vedere la vecchia casa, in modo tale che "il nuovo e l’antico possano dialogare e arricchirsi a vicenda.”2 Con un forte riferimento al cubismo e agli schizzi in legno delle case di Wagner, Familian e Gunther, l’intenzione è di utilizzare materiali consueti attribuendo loro nuove funzioni. Lasciando la facciata posteriore e quella a sud praticamente intatte, comincia a rivestire la facciata nord e quella est con lamiere di metallo ondulato; volendo preservare l’ambiente originale e ricevere quanta più luce naturale possibile, crea una struttura composta da reticolato metallico e inserisce enormi vetrate che, nonostante le dimensioni, non compromettono la privacy della famiglia.
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Di notte i vetri, non essendo ortogonali danno vita ad un gioco di specchi: così stando seduti qui si vedono passare le macchine, si vede la luna nel posto sbagliato, magari è là ma si riflette qui, e non capisci più dove sei. 2
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Sebbene nessun progetto si possa definire uguale agli altri, in alcuni di loro si ritrovano caratteristiche ricorrenti ed in special modo similari a quelle della sua stessa casa:
GEOMETRIE
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Da sinistra: Kellerman House (1983), Loyola Law School (1991), Cai Guo-Qiang House (2012).
(A sinistra) Dall'alto: Cabrillo Marine Museum (1981) Edgemar Retail Complex (1984) Fishdance Restaurant (1987).
(A fianco) Dall'alto: Davis Studio & Residence (1972) Spiller Residence (1980) Norton House (1984).
RETE ZINCATA LAMIERA ONDULATA 39
Gehry ha usato un collage di comuni pezzi di casa per raccontarci di sé e della natura del costruire [...] qui, nella sua casa, Gehry non solo distorce la prospettiva, ma ci presenta l’architettura come somma delle sue parti. Ci è impossibile cogliere l’insieme, perché i nostri occhi continuano a spostarsi da una superficie all’altra. 5
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1978 — 1994
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Nel corso degli anni, gli interni cosÏ come gli esterni, subiscono un ammontare considerevole di cambiamenti su entrambi i livelli della struttura. Sempre forte è però il desiderio di mantenere evidente il richiamo al bungalow, e per questo in alcune zone i rivestimenti sono eliminati per rivelarne la composizione sottostante e quindi mettendo in mostra travi, listelli di legno e finiture originali.
Penso che nel caso della mia casa la gente si sia seccata perchè ero ligio [...] quello che gli ha dato fastidio è che si sono sentiti obbligati a metterci il naso dentro. Io non volevo fargli mettere il naso dentro e offenderli. Stavo cercando di trovare il modo di adattarmi a quel contesto, di usare il linguaggio di quel contesto, di vivere con quegli elementi borghesi. 6
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Gehry rappresenta senza dubbio uno dei più originali ed innovativi architetti dei tempi nostri. Sconvolge l’architettura con una concezione completamente nuova ed inusuale dissolvendo il volume compatto e le gerarchie compositive per generare più punti di interesse negli edifici, offrendo una nuova prospettiva e visione dell’architettura e dell’ambiente allo spettatore. Gehry offre un’esperienza completamente nuova.
L’ESPRESSION TONICA È SOG GOLE E DOVR VERSI ENTRO RI? AL DIAVO SENSO: IO VOG EL CHE FACCI DELLE MIE CA POI NON VA DIRE CHE IL BOCCERÀ.
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NE ARCHITETGGETTA A REREBBE MUOO CERTI BINAOLO, NON HA GLIO FARE QUIO AL MEGLIO APACITÀ... SE BENE VORRÀ MERCATO LO frank o. gehry
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NOTE
1 Frank O. Gehry, Tutte le Opere (F. Dal Co, W. Foster, S. Arnold) 2 Frank O. Gehry—Creatore di Sogni (S. Pollack) 3 Tesi (R. Lenci) 4 Dal Neoplasticismo al Postmodern (L. Kanh) 5 Domus n#599—Ottobre 1979 (B. Goldstein) 6 Gehry Residence (AIA 25th Year Recipient Award)
SITO— GRAFIA
www.ncmodernist.org www.artonfile.com www.domus.it www.professionearchitetto.it www.tribenet.it www.arcspace.com www.ivarhagendoorn.com
BIBLIO— GRAFIA
Frank O. Gehry, Tutte le Opere (F. Dal Co, W. Foster, S. Arnold) Dal Neoplasticismo al Postmodern (L. Kanh) Decostruzione e Decostruttivismo—Pensiero e Forma dell’Architettura (C. Rossetti) Tecniche di Invenzione in Architettura—Gli Anni del Decostruttivismo (M. Zambelli) Domus Italia—Ottobre 1979 Architectural Digest—Settembre 1987 Frank Gehry, Buidings and Projects (P. Arnell, T. Bickford) Frank O. Gehry, Edited and Photographed by Fukio Futagawa (M. Stern)
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design
PAOLO FABBRI www.ppauloff.com