Luisa Pierro
ATLANTE DI SPECTRAL OCT Guida all’interpretazione delle immagini tomografiche nelle patologie oculari
con la collaborazione di Marco Gagliardi e Marco Setaccioli
Fabiano Editore
Copyright 2009 – Fabiano Group Srl Fabiano Editore Reg. San Giovanni 40 – Canelli (AT) Tel. 0141 827801 – Fax 0141 827830 e-mail: editore@fabianoeditore.it – www.fabianoeditore.it Gli Autori e l’Editore declinano ogni responsabilità per eventuali errori contenuti nel testo. Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione totale o parziale. Grafica e stampa: Fabiano Group Srl Reg. San Giovanni 40 – Canelli (AT)
ISBN 978-88-89629-52-9 Finito di stampare: Ottobre 2009
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Ai miei straordinari genitori
Indice
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Presentazione
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Prefazione
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Capitolo 1
Concetti di base alla teoria dell’Optical Coherence Tomography
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Capitolo 2
Interpretazione di un’immagine tomografica normale
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Capitolo 3
Maculopatie
Degenerazione maculare senile 3.1 Drusen 3.2 Degenerazione maculare secca 3.3 Degenerazione maculare essudativa 3.3.1 Classica iuxtafoveale 3.3.2 Classica extrafoveale 3.3.3 Membrana neovascolare dopo trattamento con anti-VEGF 3.3.4 Membrana neovascolare occulta 3.3.5 Membrana neovascolare occulta con distacco fibrovascolare 3.3.6 Membrana neovascolare occulta con distacco sieroso dell’EPR 3.4 Vasculopatia polipoidale idiopatica della coroide (PCV) 3.5 RAP (Complesso Retinico Angiomatoso) 3.6 Degenerazione maculare disciforme 3.7 RIP – Rottura dell’epitelio pigmentato Maculopatie non legate all’età 3.8 Strie angioidi 3.9 Corioretinopatia sierosa centrale (CRSC) 3.10 Corioretinopatia sierosa centrale cronica – epiteliopatie retiniche diffuse 3.11 Maculopatia iatrogene 3.11.1 Maculopatia da radioterapia 3.11.2 Maculopatia da argon laser 3.11.3 Maculopatia da YAG laser 51
Capitolo 4
Distrofie ereditarie retiniche 4.1 Retinopatia pigmentosa 4.2 Malattia di Stargardt 4.3 Cone-Rode Dystrophy 4.4 Malattia di Best 4.5 Pattern Distrophy 4.6 Retinoschisi X-linked
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Capitolo 5
Malattie vascolari retiniche 5.1 Retinopatia diabetica 5.1.1 Stadio pre-clinico 5.1.2 Edema maculare 5.1.3 Edema da microangiopatia 5.1.4 Edema da trazione ialoidea 5.2 Occlusione della vena centrale della retina
5.3 5.4 5.5 5.6 5.7 5.8
Occlusione venosa di branca Occlusione venosa parcellare Occlusione dell’arteria centrale della retina Teleangectasie retiniche (TPI) Macroaneurismi Emorragie preretiniche
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Capitolo 6
Patologie vitreali
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Capitolo 7
Sindrome dell’interfaccia vitreo-retinica e fori maculari 7.1 Membrana epiretinica aderente 7.2 Edema intraretinico secondario a trazione vitreale 7.3 Sindrome da trazione vitreo-maculare 7.4 Foro maculare lamellare 7.5 Foro maculare a tutto spessore
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Capitolo 8
Miopia 8.1 Distacco giallo peripapillare del miope 8.2 Tilted Disc Syndrome 8.3 Membrana epiretinica del miope 8.4 Foro maculare miopico 8.5 Membrana neovascolare nel miope 8.6 Foro maculare e membrana neovascolare 8.7 Sindrome da trazione vitreomaculare con schisi retinica
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Capitolo 9
Malattie infiammatorie della corioretina 9.1 Edema maculare cistoide in uveite posteriore 9.2 Sindrome di Harada 9.3 Sarcoidosi 9.4 Coroidite serpiginosa 9.5 Coroidite multifocale tipo Birdshot 9.6 Effusione ciliocoroideale
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Capitolo 10
Tumori 10.1 Angioma coroideale 10.2 Osteoma coroideale 10.3 Nevo coroideale 10.4 Leucemia 10.5 Metastasi
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Capitolo 11
Traumi
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Capitolo 12
Patologia del nervo ottico 12.1 Nervo ottico normale 12.2 Ipertensione oculare 12.3 Ipertensione endocranica idiopatica 12.4 Coloboma del nervo ottico (PIT) 12.5 Drusen papillari 12.6 Trazione vitreale a partenza papillare 12.7 Vitreo iperplastico primitivo 12.8 Fibre mieliniche epipapillari
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Capitolo 13
Patologia post chirurgica 13.1 Sindrome di Irvine Gass 13.2 Bleb Like Syndrome
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Capitolo 14
Artefatti
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Capitolo 15
Cosa offre oggi il mercato
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Bibliografia
Presentazione
Cari Colleghi, questo Atlante nasce dal desiderio di chiarire i dubbi interpretativi che il nuovo OCT nel Dominio dello Spettro, SDOCT, crea in chi lo usa. Le immagini tomografiche che oggi otteniamo se in molti casi sono in grado di soddisfare le nostre più ambiziose richieste diagnostiche, in altri rimangono misteriose. Il dubbio prima, la sfida interpretativa poi e il raggiungimento di sempre nuovi traguardi diagnostici sono, a mio parere, i motivi del crescente successo dello SDOCT. Un ringraziamento particolare va a: Elena Mantovani, Silvia Giatsidis, Elena Zampedri e a tutti i Colleghi, soprattutto a quelli più giovani, Gemma Tremolada, Fabrizio Scotti, Angela Malegori, Francesca Legorini, Annalisa Colucci, Lisa Melzi, Gabriella Cammarata, Umberto De Benedetto, Matteo Ghidoni, Andrea Ramoni, Federico Di Matteo, Laura Regali e Paolo Milani, che con il loro interesse e le loro curiosità hanno contribuito alla raccolta e alla selezione dei casi clinici che compongono l’Atlante. Un sentito ringraziamento va ai nostri fotografi Alessio Buzzotta e Giorgio Alto.
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Prefazione
Non esiste tecnica diagnostica oftalmologica che, nell’arco degli ultimi decenni, abbia innovato quanto l’OCT. La pratica clinica, i percorsi diagnostici ed anche i protocolli degli studi clinici multicentrici sono stati sostanzialmente modificati dall’introduzione dell’OCT. Il motivo di tale successo è facilmente individuabile nei sostanziali vantaggi che l’impiego dell’OCT consente rispetto alle altre metodiche di diagnosi retinica precedentemente disponibili. Semplicità e rapidità di esecuzione, non invasività, affidabilità, ripetibilità e quantificabilità delle misure, risultati di facile interpretazione (nella maggior parte di casi) sono alcuni dei punti di forza di questa metodica che, in breve tempo, ha fatto registrare un successo planetario. Dopo la sua introduzione e solo pochi anni addietro, l’OCT era prerogativa dei centri di alta specializzazione, ma in breve tempo è divenuto strumento necessario anche presso realtà assistenziali di primo e secondo livello. Unico punto debole: un costo relativamente elevato che, però, inizia ad essere ridimensionato sia dalla competizione tra produttori iniziata di recente, sia dalla maggiore disponibilità della tecnologia. Un tale successo rende necessario, anche da parte dei non retinologi, un bagaglio di conoscenze che, partendo dai principi base della tecnologia OCT, passi per la lettura e l’interpretazione delle immagini dei quadri clinici più frequenti e, infine, tenga in conto le differenze tra le varie apparecchiature oggi disponibili sul mercato. A Luisa Pierro, che da anni si dedica alla diagnostica delle malattie corio-retiniche con competenza e passione, spetta il merito di consegnare alle stampe con lodevole tempismo la sua terza fatica in questo settore. Si tratta di un volume ricchissimo di immagini, che coprono tutti i settori di interesse per lo specialista oftalmologo e che aiuta, anche chi non ha familiarità con la metodica, a districarsi adeguatamente tra immagini significative della varie situazioni cliniche. Sono certo che gli oculisti italiani sapranno riservare a questo libro tutto il successo che l’impegno dell’Autrice e la qualità del risultato meritano. A tutti buona lettura. Francesco Bandello
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Capitolo 1
Concetti di base alla teoria dell’Optical Coherence Tomography A cura dell’Ing. Andrea Mandelli
L’Optical Coherence Tomography è una tecnica di imaging basata sull’interferometria ottica che sta avendo un sempre maggior successo nelle applicazioni otticobiomediche e in medicina. L’OCT permette di ricostruire immagini in sezione della microstruttura interna di tessuti biologici tramite la misurazione dell’intensità di echi di luce riflessa per back scattering. La caratteristica più importante che ha decretato il successo di questa metodologia, è quella che permette di ottenere “biopsie ottiche” non invasive e in tempo reale. Questa tecnica ha avuto in pochi anni un notevole sviluppo che ha permesso di passare da una risoluzione assiale di circa 20 µm ad una attuale di soli 5 µm, con un incremento di uno o due ordini di grandezza rispetto all’altra tecnica di analisi più tradizionale, l’ecografia ad ultrasuoni. Di pari passo al miglioramento della risoluzione, vi è stato anche un incredibile aumento della velocità di scansione, passando dalle poche centinaia di vettori A-scan acquisiti in un secondo delle prime generazioni di OCT alle decine di migliaia di A-scan al secondo degli OCT più recenti (vedi figure 1.1, 1.2 e 1.3).
Figura 1.1 OCT 1 Zeiss.Meditec Anni 90
Figura 1.2 OCT 3 Zeiss.Meditec Prima metà anni 2000
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Atlante di SPECTRAL OCT
Figura 1.3 Spectral OCTSLO/Opko.Oti Seconda metà anni 2000
Questo ha permesso di minimizzare l’interpolazione nella ricostruzione delle immagini, di ridurre notevolmente gli artefatti dovuti ai movimenti involontari del paziente ed infine ha reso possibile un’analisi più completa con una rappresentazione grafica della struttura in esame non solo bidimensionale ma anche tridimensionale.
1.1_Interferometria L’interferometria è una tecnica molto efficace che permette di misurare l’intensità ed il ritardo di tempo della luce riflessa per back scattering. La figura 1.4 mostra un diagramma schematico del classico interferometro di Michelson, nel quale la fonte luminosa incidente viene suddivisa tra un raggio di riferimento Er ed uno di misurazione, detto anche raggio di segnalazione Es, che percorrono distanze diversificate nei due bracci dell’interferometro. Le tecniche di interferometria eseguono correlazioni o “interferenze” tra una luce riflessa dall’oggetto in esame e la luce riflessa da uno specchio di riferimento posto ad una distanza nota: l’interferometria misura il campo elettrico generato dalla combinazione
Figura 1.4 Interferometro di Michelson
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Concetti di base alla teoria dell’Optical Coherence Tomography
Capitolo 1
Figura 1.5 Optical Path Difference
delle luci riflesse dai due bracci ottici considerandone quindi non solo la sua intensità, ma anche il ritardo di tempo tra i due echi riflessi, ovvero il loro sfasamento. Il campo elettrico all’uscita dell’interferometro è la risultante della somma dei campi elettrici di “segnale” e di “riferimento” ed un rilevatore posto a valle ne misura l’intensità che è proporzionale al quadrato del campo elettrico totale:
I° ∼ | Er |2 + | Es |2+ 2 Er Es cos (2πΔL/λ) con ΔL = (Dobj – Dref ) Nel quale ΔL è la differenza di lunghezza tra il braccio ottico di riferimento e quello di segnale “Optical Path Difference” (vedi figura 1.5). Se la lunghezza del percorso ottico di riferimento è scansionata, verranno generate delle frange di interferenza che saranno una funzione del tempo, ovvero una funzione della posizione dello specchio di riferimento.
1.2_Interferometria a luce coerente Prima di comprendere come possa essere impiegata l’interferometria per immagini retiniche bidimensionali, facciamo un passo indietro e supponiamo che la sorgente di luce posta nell’interferometro di Michelson sia assolutamente monocromatica, ovvero che lo spettro della luce sorgente contenga esclusivamente una singola lunghezza d’onda (questo tipo di sorgente è detta a “luce coerente”). Facendo riferimento alla figura 1.6, è facile intuire che se i due cammini dell’interferometro differiscono per numeri interi di lunghezza d’onda, i due segnali riflessi torneranno perfettamente in fase, generando quindi un’interferenza “costruttiva” che produce una forte intensità del campo elettrico d’uscita. Viceversa, se la differenza dei percorsi ottici è pari ad un numero dispari di mezze lunghezze d’onda, l’interferenza sarà “distruttiva” e l’intensità del campo elettrico d’uscita sarà prossima a zero. In conclusione, lo spettro del segnale d’uscita è sempre un impulso alla stessa lunghezza d’onda che ha il segnale d’ingresso, ma la sua ampiezza (intensità) è modulata dalla scansione dello specchio di riferimento.
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Atlante di SPECTRAL OCT
Figura 1.6 Interferenza con luce coerente
Il range di differenze dei due percorsi ottici entro il quale si continua a vedere questa modulazione è teoricamente infinito. L’utilizzo di una luce coerente in un interferometro di Michelson non è quindi un buon metodo per misurare a quale profondità si trova un certo strato retinico, perché muovendo lo specchio di riferimento questo continuerebbe a generare periodicamente delle interferenze.
1.3_Interferometria a bassa coerenza L’interferometria a bassa coerenza è la tecnica di misurazione ottica su cui si basano tutti gli OCT, sia che essi siano nel “dominio del tempo”, che i più recenti nel “dominio delle frequenze”. Questa volta nell’interferometro di Michelson utilizzeremo una sorgente di luce a banda larga, per questo si parla anche di interferometria a luce bianca (vedi figura 1.7). Quando si utilizza una luce a bassa coerenza si può osservare un’interferenza costruttiva solamente nel caso in cui la lunghezza del percorso ottico di riferimento e quella del braccio di misurazione siano equiparabili all’interno di un certo range limitato che è conosciuto come la “lunghezza di coerenza” (Lc). Al di fuori di questo range si avrà sempre un’interferenza parzialmente distruttiva che mediamente produrrà una certa intensità di luce in uscita diversa da zero (Ioffset). La lunghezza di coerenza è inversamente proporzionale alla larghezza di banda dello spettro sorgente e direttamente proporzionale al quadrato della lunghezza d’onda:
Lc = 2ln(2)/π * λo2 /Δλ Questo termine, fondamentalmente, andrà a determinare la risoluzione assiale del nostro sistema. Negli attuali OCT, dove la sorgente luminosa è un Super Luminescent Diode con lunghezza d’onda centrale pari a λo = 830 ηm ed una larghezza di banda di Δλ = 75 ηm, avremo quindi una risoluzione assiale dell’ordine di Lc ~ 5 µm.
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Concetti di base alla teoria dell’Optical Coherence Tomography
Capitolo 1
Figura 1.7 Interferenza con luce a bassa coerenza
Lo spettro del segnale di uscita in questo caso non sarà più esattamente uguale allo spettro del segnale di ingresso, o meglio, sarà sostanzialmente uguale quando lo specchio di riferimento sarà al di fuori del range della lunghezza di coerenza. Viceversa, quando questi sarà al suo interno, lo spettro d’uscita subirà una certa modulazione di frequenza. Supponendo che lo specchio di riferimento e quello dell’oggetto in esame abbiano entrambi riflettività pari al 100% ed utilizzando un beam splitter tipo 50:50, la formula dello spettro di potenza in uscita si potrà approssimare alla seguente espressione:
Pout (λ,Δλ) = Pin(λ) * [ 1 + cos (2π ΔL / λ)] con ΔL = (Dobj – Dref ) Il termine coseno presente in questa formula produce una modulazione dello spettro d’uscita e la frequenza di modulazione dipende dalla differenza dei percorsi ottici ΔL. Per come appare, lo spettro d’uscita viene spesso denominato “spettro canalizzato”. Dall’equazione di cui sopra, risulta quindi evidente che maggiore è la differenza dei due percorsi ottici, più alta sarà la modulazione di frequenza dello spettro a valle dell’interferometro e viceversa (vedi figura 1.8). In conclusione, l’interferometria a bassa coerenza è un sistema perfettamente in grado di determinare a quale profondità si trovi un certo strato retinico ed è tanto più raffinato nel determinarlo quanto più è corta la lunghezza di coerenza della luce sorgente applicata. Sulla base di questo concetto teorico si sono sviluppate diverse tecniche per realizzare un OCT. La prima a diffondersi fu quella denominata “Time Domain” dove sostanzialmente si misura l’intensità del campo elettrico d’uscita in funzione dello sfasamento (cioè del ritardo di tempo) dello specchio di riferimento rispetto al tessuto in esame. Mentre più recentemente si sta imponendo la cosiddetta tecnica “Spectral/Fourier Domain” dove invece si va a misurare la forma dello spettro d’uscita poi scomposto nelle sue componenti principali tramite la trasformata di Fourier.
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