Di Spazi. città genere specie una pubblicazione di Ordine degli Architetti PPC di Ferrara redazione scientifica per Fondazione degli Architetti di Ferrara Diego Farina Sergio Fortini Cristina Chersi Maria Elena Mantellini per l’Associazione di Promozione Sociale “Basso Profilo” Maria Giovanna Govoni Silvia Tarantini Fabio Venneri per AGAF - Associazione Giovani Architetti della Provincia di Ferrara Denis Zaghi Gli articoli sono stati pubblicati all’interno della rubrica Specie di Spazi ospitata nel 2012 sulle pagine de La Nuova Ferrara e de Il Resto del Carlino Ferrara progetto grafico di Fabio Venneri testi delle sezioni tematiche di Denis Zaghi illustrazioni di Giacomo Nanni in copertina: “nuvole” di Giacomo Nanni È vietata la riproduzione totale o parziale del contenuto della pubblicazione senza l’autorizzazione dell’editore © 2013
Editore - Ferrara
www.italiatipolitografia.it
Tutti i diritti sono riservati Finito di stampare nel mese di marzo 2013 presso Italiatipolitografia - Ferrara ISBN 978 - 88 - 97282 - 05 - 01
Di Spazi. cittĂ genere specie Fondazione degli Architetti di Ferrara Associazione di Promozione Sociale Basso Profilo AGAF - Associazione Giovani Architetti della Provincia di Ferrara
nella pagina accanto, citazione tratta da PEREC Georges, Specie di Spazi, trad. Roberta Delbono, Torino, Bollati Boringheri, 1989 (Titolo originale: Espèces d’espaces, Editions Galilèe,1974, Paris)
MANCANZA DI spazio spazio LIBERO spazio CHIUSO spazio PRECLUSO POSIZIONE NELLO spazio spazio CONTATO spazio VERDE spazio VITALE spazio CRITICO SCOPERTA DELLO spazio spazio SCOPERTO spazio spazio OBLIQUO spazio VERGINE spazio EUCLIDEO spazio AEREO spazio GRIGIO spazio STORTO spazio DEL SOGNO BARRA spaziATRICE PASSEGGIATE NELLO spazio GEOMETRIA NELLO spazio SGUARDO CHE PERCORRE LO spazio spazio-TEMPO spazio MISURATO LA CONQUISTA DELLO spazio spazio MORTO spazio D’UN ISTANTE spazio CELESTE spazio IMMAGINARIO spazio NOCIVO spazio BIANCO spazio DEL DIDENTRO IL PEDONE DELLO spazio spazio SPEZZATO spazio ORDINATO spazio VISSUTO spazio MOLLE spazio DISPONIBILE spazio PERCORSO spazio PIANO spazio TIPO spazio INTORNO GIRO DELLO spazio AL LIMITAR DELLO spazio spazio DI UN MATTINO SGUARDO PERDUTO NELLO spazio I GRANDI spazi L’EVOLUZIONE DEGLI spazi spazio SONORO spazio LETTERARIO ODISSEA NELLO spazio
INDICE
INTRO
di Diego Farina e Sergio Fortini
PREFAZIONE di Diego Marani spazio /CULTURA
14
Lo spazio tra cultura contemporanea e città
18
Spazi per la produzione culturale
22
Investire sui musei: Palazzo Massari
26
Pubblico, Privato e governance culturale
30
Lo spazio pubblico aperto alla bellezza e alla cultura
di Diego Farina e Sergio Fortini di Fabio Venneri
di Maria Luisa Pacelli di Fabio Donato
di Corrado e Saltini
spazio /TEMPO
36
Dinamiche rururbane
40
Il tempo dello spazio
46
Antonioni e le arti: una scenografia narrativa
52
Lo spazio tra impresa e cultura
di Davide Bregola
di Richard Ingersoll
di Dominique Païni di Giulio Bargellini
spazio /IDENTITÀ
58
Targhe
62
Lo spazio pubblico
66
Spazio libero
70
Protestare o partecipare?
74
A ripensarci. Art Spazi informali per l’arte
di Maurizio Garuti di Giuseppe Scandurra di Denis Zaghi
di Paolo Bruschi
di Monica Pavani
PREFAZIONE Diego Marani
Un mio compaesano per spiegare l’irresistibile
“Lo sapranno i cinesi che condizionano perfino il nostro paesaggio?”
10
attrattiva che anche il più insignificante luogo può avere, chiedeva a un nuovo venuto se per caso sentisse la bicicletta come se fosse in discesa quando si avvicinava al paese. “È vero!” rispondeva lui meravigliato: “È come se tutto converga verso questo luogo!”. Ogni luogo segna e disegna, ci pervade delle sue forme e non è la stessa cosa crescere nella tundra o fra marmi cinquecenteschi. La nostra concezione del vuoto e del pieno, del bello e del brutto si costruisce su quel che ci circonda. Ma anche l’informe forma e sotto il sole del tempo ognuno di noi fa l’ombra non tanto di quel che è ma di quel che porta dentro di sé. Ferrara come ogni luogo ha la sua peculiarità e più di altri il tessuto urbano ferrarese si individua attorno a cardini da cui non si può transigere. Non sono solo definizioni urbanistiche ma vere e proprie percezioni condivise. La storia e la fama urbanistica della città le hanno consolidate fino a renderle ineluttabili. Ci intimoriscono e non consideriamo possibile contestarli. Ma la loro persistenza è rigida e morta come quella di uno scavo archeologico. Fuori la città cambia
e che lo si voglia o no questo incide anche sul suo centro. Non rimane un nucleo congelato ma suo malgrado viene risucchiato dall’informe che incombe, che brulica, rimescola e scardina gli antichi cardini. Che a Ferrara esista il Palazzo degli Specchi ha un effetto anche sul Palazzo dei Diamanti, anche se li separano molti chilometri. Che il nostro più grosso centro commerciale si chiami Castello incide anche sul castello estense perché confonde monumento e mercato portando quest’ultimo al centro della città e rimuovendo quello antico in una dimensione sospesa, un limbo anticamera dell’elisione che fa venire in mente il cestino dei nostri computer dove tutto è recuperabile ma bisogna andare a cercarlo. Cercare in questo caso è strappare a una musealità paralizzante. Troppo spesso restauriamo soffocando, per il solo fine di conservare una memoria mummificata. Forse dovremmo restaurare meno e costruire meglio. Sperare che gli affreschi di Schifanoia se li mangi una volta per tutte l’umidità è forse indicibile ma non dover più andarli a vedere sarebbe una liberazione culturale. Qualcosa dobbiamo pur dimenticare per avere qualcosa da ricordare. Troppa memoria rischia di diventare zavorra. Si parla molto oggi di paesaggio e della sua protezione. Questo ha portato inevitabilmente a cercare di definire una gerarchia dei paesaggi: non valgono tutti allo stesso modo. Così abbiamo scoperto che il nostro non ha valore, è solo distesa di terre disegnata da un’economia che si decide molto lontano da qui. È dalle sconfinate aree urbane dell’Asia o dell’America che scaturisce il nostro paesaggio. A seconda del prezzo della colza, del riso o del granoturco che milioni di persone a noi totalmente
estranee sono disposte a pagare, avremo una campagna giallo limone o verde acqua. Lo sapranno i cinesi che condizionano perfino il nostro paesaggio? Bisognerà mandar loro una cartolina. Sospinta dalla nuova etica ecologista, la coltivazione dell’equino boliviano diventa sempre più redditizia e sta raggiungendo l’Europa. Che effetto avranno le sue piumose spighe colorate sul nostro paesaggio? Un grande latifondista ferrarese recinge di rete metallica ogni terreno che compra. Possiede migliaia di ettari in tutta la provincia e le sue terre si distinguono dalla rete. Senza che ce ne accorgiamo quella rete diventa un riferimento. Ci divide, ci impedisce un virtuale accesso, chiude l’incontenibile ma segretamente traccia in noi percorsi che finiscono per segnare anche la città. Ferrara vive avulsa dal suo paesaggio, quasi assediata da un vuoto che sembra non competerle. Come la pianta del ginseng, non lascia crescere nulla attorno a sé. Ma non ne resta immune. Periodicamente quel vuoto sale come una piena e finisce per tracimare nelle sue strade sommergendola di tutto quello che aveva creduto di poter tenere fuori. Queste sono solo alcune piste di pensiero che mostrano come sia attuale una riflessione sull’architettura libera da inibizioni scolastiche e fuori dalle piste battute. La registrazione di visioni diverse della città non serve tanto a contraddire il canone, quanto ad accogliere il mutamento. Per il ferrarese moderno la pensilina di una fermata dell’autobus può avere maggiore valore emotivo della statua del Savonarola. Censire quest’altra città può solo essere benefico e contribuire a sciogliere i coaguli che oggi occludono il flusso dal vecchio al nuovo, dal dentro al fuori. 11
In quali luoghi, in quali spazi, la pratica artistica può tradursi in Atto generatore di cultura? Ci sono ambiti urbani che, più di altri, possono facilitare ed indurre tale processo al punto da divenirne “contenitori” esclusivi o l’istituzione imposta di spazi specifici demandati a questa funzione ha portato ad un progressivo sfasamento fra l’arte contemporanea e la cultura contemporanea? Il rapporto con la storia di un luogo, le sue tradizioni, sono un vincolo, un’opportunità o uno spunto per iniziare un nuovo processo di genesi culturale? In un sistema socio-politico dominato dai mercati finanziari, qual è e quale potrebbe / dovrebbe essere lo “spazio” destinato alla cultura?
spazio /CULTURA
spazio /CULTURA
LO SPAZIO TRA CULTURA CONTEMPORANEA E CITTÀ
L’INVESTIMENTO CULTURALE Diego Farina e Sergio Fortini
Ogni spazio è uno spazio politico. Le nostre
città, sono il risultato in divenire dell’influenza di diverse culture: siamo stati invasi, abbiamo ospitato, siamo stati sottomessi, abbiamo inventato, abbiamo costruito. E continuiamo, lentamente, in modo talvolta conflittuale ma ineluttabile, a costruire cultura anche in un periodo storico fortemente segnato dall’influsso dell’economia, regolatrice di limiti e opportunità in ogni società. Spesso non ce ne accorgiamo. Anzi, accade con frequenza che gli impulsi di cultura contemporanea vengano 14
individuati come forme di arte privilegiate e incomprensibili ai più, senza nessuna possibilità di lettura da parte della collettività. Siamo (quasi) tutti ignoranti? Possibile, ma non del tutto verosimile. Il punto è un altro: buona parte della produzione di cultura contemporanea si manifesta attraverso “eventi” completamente decontestualizzati rispetto al tessuto sociale che li ospita. Chi organizza solitamente punta su questo o quell’artista, non sulla ricaduta – economica e sociale - che può
spazio /CULTURA
avere nei confronti del territorio. Concetti come “investimento” e “produttività” non sono ad esclusivo appannaggio delle scienze economiche: i processi culturali sono, per propria natura, un investimento nei confronti della collettività; renderli produttivi diventa una scelta strategica. Come fare? Partendo dal basso. Gli spazi della città sono le sedi naturali di tali processi. Essi partono dalla convergenza tra un’esigenza sentita e un’opportunità anche solo sognata dai cittadini. Gli esempi ci sono, soprattutto fuori dal nostro Paese, aree incolte e dismesse che, con la partecipazione degli abitanti, vengono trasformate in orti urbani e contribuiscono a un’economia di microscala (i prodotti della terra venduti agli asili e alle scuole vicine), spazi inutilizzati e fatiscenti che diventano piccoli parchi gioco e ritrovi di quartiere, ex fabbriche trasformate in laboratori artigianali, caffè e luoghi di socialità. La stretta, ineludibile connessione tra urbano e sociale è il fondamento di una cultura (e di un’arte) che si può chiamare contemporanea. Conoscere e governare strategicamente queste connessioni significa capire quali sono le necessità e le attitudini di un territorio a
costruire con le idee i presupposti per produrre cultura. In questo modo la cultura diventa inclusiva, si pronuncia al plurale -culture- e trasforma i bisogni diffusi in possibilità, un investimento propulsivo atto a produrre altra economia e altri progetti, con ricadute tangibili sugli stessi territori e sui suoi attori sociali. Lo sviluppo sostanziale e sostenibile di un territorio, non può più prescindere da una politica contemporanea di cultura urbana. Investire in cultura non ha sicuramente un riflesso immediato nella corsa al consenso politico, ma è una delle più audaci speranze per il nostro futuro.
“i processi culturali sono un investimento nei confronti della collettività” FARINA Diego e FORTINI Sergio, “Gli ‘spazi’ degli architetti”, Il Resto del Carlino Ferrara, 27 Febbraio 2012 16
Diego Farina classe 1972. Laurea magistrale in Architettura e Master in Economia e Management dei Musei e dei servizi culturali. Socio fondatore nel 2008 e primo presidente del Centro Studi Dante Bighi, attualmente è Presidente della Fondazione degli Architetti di Ferrara e svolge la libera professione con lo studio associato UXA - Ufficio X l’Architettura, di cui è stato co-fondatore nel 2007. Si occupa di management del progetto architettonico e sviluppo di produzioni culturali... atipiche. Sergio Fortini (Ferrara, 1970). Laureato in Architettura presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (I.U.A.V) nel 1999. Co-fondatore e progettista dello studio anguillAMetrica (2000-2005); fondatore dello studio Canapè cantieri aperti, in cui opera attualmente come libero professionista, occupandosi di lavori pubblici e privati in campo architettonico e urbanistico; premiato in diversi concorsi nazionali e internazionali. Docente a contratto del corso di Storia dell’Urbanistica presso la Facoltà di Architettura di Ferrara e consigliere/segretario dell’Ordine Architetti della Provincia di Ferrara. 17
spazio /CULTURA
SPAZI PER LA PRODUZIONE CULTURALE Fabio Venneri per Basso Profilo
“Ferrara 500 anni fa era New York!” recita una
scritta apparsa qualche tempo fa sotto ai portici tra Porta Reno e la piazza. Così, in poche parole e con un paragone di immediata comprensione, Andrea Amaducci, artista ferrarese, è riuscito a fissare un concetto di importanza cruciale per le politiche culturali della città. Di quel tempo di 500 anni fa, Ferrara ha la fortuna e la sfortuna di un’eredità pesante: la fortuna di una concezione urbanistica che ne ha fatto la prima città moderna d’Europa, da cui il riconoscimento da parte dell’UNESCO 18
come “patrimonio dell’umanità” quale mirabile esempio di città progettata nel Rinascimento; la sfortuna della difficoltà di ripensarsi al di là di questa immagine cristallizzata. Le due questioni non sono affatto slegate: una città non più in grado di elaborare nuova cultura difficilmente riuscirà a valorizzare il proprio patrimonio reperendo le appropriate e necessarie risorse intellettuali ed economiche. Guardando a quel formidabile (dal latino formidàre: temere) passato, dovremmo essere in grado di porre la nostra attenzione non solo sulla produzione tangibile di quell’epoca, quanto piuttosto sul “tessuto sociale generativo” che ne ha reso possibile l’ideazione e la realizzazione, fatto della compartecipazione di tutti gli attori della società e soprattutto di una comunità di cittadini che si sentiva direttamente chiamata in causa nella vita culturale della città.
“una città non più in grado di elaborare nuova cultura difficilmente riuscirà a valorizzare il proprio patrimonio” E dovremmo pensare che, accanto ad uomini di capacità fuori dal comune come Biagio Rossetti, il Boiardo, l’Ariosto, Cosmè Tura, ce n’erano molti altri mai assurti alla gloria per la loro arte, ma che ugualmente godevano della protezione mecenatesca degli Este e partecipavano di un ambiente ricco di
spazio /CULTURA
scambi intellettuali. Insomma, l’emergere di espressioni artistiche di rilievo non è legato alla sola presenza di talenti straordinari, ma è conseguenza di un fermento che coinvolge la società tutta. C’è un altro passato non meno importante ma verso il quale si nutre molto meno timore reverenziale, forse perché più recente e meno sedimentato: è quello novecentesco del Cinema Rivoli, dei magazzini fluviali di via Darsena, dell’intero Quartiere Giardino, del Teatro di Piazzetta Verdi, dei grattacieli. Alcuni di questi spazi si rendono di nuovo disponibili una volta assolta la funzione per la quale erano stati concepiti, o perché abbandonati in favore di nuove e più funzionali strutture. Si tratta di spazi di grande potenza narrativa e ricchi di potenzialità di trasformazione, che possano andare al di là dei cliché “spazio polifunzionale” e “bar-caffetteria”. Spazi in attesa di essere riempiti di senso, di accogliere quelle energie latenti che potrebbero riattivare processi di partecipazione consapevole, attiva e motivata alla vita culturale della città da parte dei cittadini. Edifici entrati a far parte della memoria collettiva di diverse
generazioni, la riappropriazione dei quali segnerebbe un atto di riconquista di uno spazio sociale per la collettività, assolverebbe la funzione di presidio costante del territorio, porrebbe in essere possibilità inedite di investire nella propria progettualità. Potrebbe portare, soprattutto, ad uscire dalla logica dall’eccezionalità rituale della manifestazione culturale - pensiamo a Ferrara durante i grandi eventi di importanza nazionale ed internazionale, e al giorno dopo - per reinserirla all’interno di una quotidianità che sia foriera di un coinvolgimento sempre più intenso e partecipe. In un periodo in cui è sempre più difficile reperire risorse adeguate, è quasi impossibile immaginare grandi progetti di recupero in grado di agire in maniera complessiva e in un lasso di tempo definito: finché non ce ne sarà la possibilità, approfittiamo di questo tempo per cominciare a pensarci, considerando le grandi trasformazioni come la somma di microinterventi, raccontando una storia, organizzando un piccolo spettacolo, riaccendendo una luce, riaprendo una porta.
“spazi di grande potenza narrativa e ricchi di potenzialità di trasformazione” VENNERI Fabio (APS Basso Profilo), “È il momento di pensare a come riappropriarsi di spazi”, La Nuova Ferrara, 10 Aprile 2012 20
Fabio Venneri nasce nel 1986 al nord da genitori del sud e vive la gran parte della sua vita al centro, prima di trasferirsi nella bassa dove si laurea in Architettura. Ha studiato alla Technische Universität München e viaggiato in tutta l’Europa occidentale. Dal 2011 è il responsabile della comunicazione per l’A.P.S. Basso Profilo, associazione di giovani architetti, designer, paesaggisti e urbanisti - e dal 2013 ne è il Presidente. 21
spazio /CULTURA
INVESTIRE SUI MUSEI: PALAZZO MASSARI Maria Luisa Pacelli
Il
complesso di Palazzo Massari, sede delle collezioni civiche di arte moderna, è un insieme ampio e articolato di edifici che già prima del terremoto necessitava di importanti opere di messa a norma, restauro e riqualificazione. Un primo stralcio di lavori, che avrebbe interessato il tetto, la facciata, il consolidamento di alcune porzioni, la messa a norma degli impianti e l’illuminotecnica dei musei del piano nobile, sarebbe dovuto iniziare nei primi mesi del prossimo anno. Con il sisma, gli edifici hanno evidenziato le 22
loro fragilità strutturali e non a caso Palazzo Massari è oggi uno dei complessi cittadini più problematici: è, infatti, inagibile in larga misura e in parte lesionato anche per quanto riguarda gli interni e le decorazioni del piano nobile. Rispetto a quanto pianificato prima del terremoto, è mutata la quantità e la priorità degli interventi da effettuare e, sebbene questi siano ancora da identificare nel dettaglio, certamente lo stanziamento che era stato previsto (circa due milioni e mezzo di euro) è insufficiente. Oltre a ciò, il problema del Massari si inserisce oggi in un quadro che ha visto affiorare molte altre emergenze di messa in sicurezza e ripristino del patrimonio monumentale e civile cittadino. Senza sottovalutare le oggettive difficoltà che una simile situazione presenta, e mentre viene dato corso agli interventi necessari per riaprire altri luoghi cruciali per la vita della
“Con il sisma, gli edifici hanno evidenziato le loro fragilità strutturali e Palazzo Massari è uno dei complessi più problematici nostra comunità, credo sia opportuno iniziare a riflettere sul futuro dei musei d’arte moderna. Non si tratta solo di capire come rendere di nuovo fruibile in tempi ragionevoli il loro importante patrimonio artistico, ma anche di interrogarsi sull’impatto che potrebbe avere sulla città il loro restauro e la loro riqualificazione.
spazio /CULTURA
Personalmente credo che per le sue collezioni, per l’architettura, per il contesto in cui è collocato - tra il parco e il centro cittadino - Palazzo Massari potrebbe diventare un’interessante occasione di sviluppo per Ferrara, sia in ambito turistico, sia per ridisegnare mappe e strategie per il futuro della città, e questo già in fase di progettazione e di cantiere. Per rilanciare Ferrara come città d’arte e di cultura non sono necessari, o utili, investimenti in ambito museale dell’estensione e della portata di quelli che hanno cambiato il volto di centri come, ad esempio, Torino o Bilbao, per altro impensabili nell’attuale frangente economico. Forti della bellezza e dell’interesse del nostro scenario urbano e di decenni di investimenti nell’ambito degli eventi culturali, basterebbe valorizzare con intelligenza il patrimonio, progettando musei funzionali e accoglienti, aperti all’arte e alla cultura nel senso più allargato, dei luoghi in cui far dialogare le collezioni storiche e il presente, gli interni dei palazzi e ciò che gli sta intorno. Con tutte le cautele dettate da una crisi economica pesante, questa era all’incirca l’idea, condivisa con l’Amministrazione, alla base di
“basterebbe valorizzare con intelligenza il patrimonio, progettando musei funzionali e accoglienti” 24
un ripensamento delle funzioni e possibilità dei musei d’arte moderna e degli interventi che sarebbero dovuti iniziare, per stralci, con il nuovo anno. Era un progetto ambizioso prima del terremoto e tanto più lo è oggi, ma, vista la quantità di risorse comunque indispensabili per riaprire in una qualsiasi forma il Massari, ritengo che da tale idea si debba ripartire se si vuole misurare la portata e l’opportunità di un eventuale investimento.
PACELLI Maria Luisa, “Investire sui musei”, Il Resto del Carlino Ferrara, 23 Luglio 2012
Maria Luisa Pacelli è stata curatrice delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara a partire dal 1999, assumendone la direzione dal 1° luglio 2011. Oltre a sovrintendere il Museo “Giovanni Boldini”, il Museo dell’Ottocento e il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis”, collocati presso il complesso di Palazzo Massari, è responsabile del programma espositivo di Palazzo dei Diamanti. 25
a cura di
Fondazione degli Architetti di Ferrara
La Fondazione degli Architetti di Ferrara è un ente senza scopo di lucro, apolitico e non confessionale. Ha per scopo la valorizzazione della professione dell’architetto così come configurata dall’Ordinamento professionale. Realizza tale scopo attraverso l’istruzione e costante aggiornamento tecnico-scientifico e culturale dell’architetto, l’individuazione di specializzazioni all’interno della professione, la promozione e l’attuazione di ogni iniziativa diretta all’istruzione ed alla formazione professionale degli aspiranti Architetti.
80
Basso Profilo Associazione di Promozione Sociale
AGAF Associazione Giovani Architetti della Provincia di Ferrara
“Basso Profilo” nasce nel 2007 all’interno della Facoltà di Architettura di Ferrara e nel primo periodo della sua attività proprio il mondo universitario e gli studenti sono stati i suoi interlocutori privilegiati. Con il passare degli anni il respiro dell’associazione si è fatto più ampio: l’affermarsi del suo spin-off Rigenerazione Urbana -esperimento di ricognizione e ripensamento dei luoghi marginali e degli spazi pubblici della città- e di tutta una serie di progetti legati al mondo dell’espressione artistica, hanno fatto di “Basso Profilo” un punto di riferimento nel panorama culturale della città. Dal 2011 è capofila del Consorzio Wunderkammer, la cui sede operativa è da alcuni mesi uno spazio all’interno del centro polifunzionale “Palazzo Savonuzzi”, lungo la darsena del Po di Volano, nel centro storico della città di Ferrara.
AGAF nasce nel 2004 dalla volontà di alcuni giovani professionisti, formati nello stesso ambito universitario, di costituire un gruppo assolutamente indipendente, dal punto di vista intellettuale, con la finalità di promuovere attività culturali. Fra le più importanti degli ultimi anni le mostre itineranti NW (Norwegian Wood) e Architetti una Faccia (in collaborazione con AGAV di Verona), la collaborazione con Multimedia Tre e l’ente Fiera di Ferrara per il salone Habitat, il Festival annuale Semplicemente Legno e la collaborazione con GGAF (Gruppo giovani Architetti Firenze) per ospitare a Ferrara la mostra NEEDS (Architetture nei paesi in via di sviluppo). AGAF è una delle sette associazioni firmatarie e fondatrici del Coordinamento Nazionale dei Giovani Architetti Italiani (GiArch). 81
grazie a tutti gli autori degli articoli a La Nuova Ferrara e il Resto del Carlino Ferrara un ringraziamento particolare a Paolo Boldrini ed Erica Zambonelli
Consiglio Fondazione e Ordine Architetti PPC della Provincia di Ferrata Gianni Pirani, Presidente Ordine Diego Farina, Presidente Fondazione Maria Elena Mantellini, vicepresidente Ordine e Fondazione Vittorio Anselmi, tesoriere Sergio Fortini, segretario Pietro Baraldi Cristina Chersi Leonardo Monticelli Riccardo Orlandi
a cura di
BASSO PROFILO
ASSOCIAZIONE GIOVANI ARCHITETTI - FERRARA
questo volume è stato realizzato con il patrocinio di Con il patrocinio del
COMUNE DI FERRARA Città Patrimonio dell’Umanità