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UNI VE RS I T テ.E GL I S T UDI DI CAGL I ARI I E -A :P . A . G M C F P
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ÂŤ L'ingegnere, ispirato dalla legge dell'economia e guidato dal calcolo, ci mette in comunicazione con le leggi dell'universo. Raggiunge l'armonia. Âť Charles - Edouard Jeanneret - Gris - Le Corbusier -
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INDICE INQUADRAMENTO STORICO DELL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE A CAGLIARI E IN SARDEGNA 7 INQUADRAMENTO STORICO DELL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE A CAGLIARI E IN SARDEGNA 9 INTRODUZIONE
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DAL REGNO DI SARDEGNA AL REGNO D 'ITALIA
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TRA '800 E '900, GLI ANNI DEL FERVORE CULTURALE
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CAGLIARI, CENTRO E SIMBOLO DELL'EVOLUZIONE
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LA NASCITA DI UN APPARATO PRODUTTIVO
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IL SISTEMA HENNEBIQUE E LE NUOVE COSTRUZIONI IN CEMENTO ARMATO
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L'IMPRESA PORCHEDDU ING G. A.
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CULTURA E URBANISTICA INDUSTRIALE NELLA CAGLIARI DI INIZIO '900
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LA GRANDE GUERRA E I MOVIMENTI AUTONOMISTI
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EFFETTI DEL FASCISMO SULLA SOCIETÀ SARDA
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BONIFICHE , INDUSTRIALIZZAZIONE E TRASPORTI DURANTE IL REGIME
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L'IMPORTANZA DEL SETTORE ESTRATTIVO
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CAGLIARI DURANTE IL REGIME: ESPANSIONE INDUSTRIALE E RESIDENZIALE
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LA SECONDA GUERRA, I BOMBARDAMENTI E L'ISOLAMENTO
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IL DOPOGUERRA, LA RICOSTRUZIONE E LA NUOVA INDUSTRIALIZZAZIONE
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LA NUOVA POLITICA URBANISTICA CAGLIARITANA
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ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
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DEFINIZIONE
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INQUADRAMENTO TEMPORALE E CONCETTUALE
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LA NUOVA VISIONE ARCHITETTONICA - INDUSTRIALE
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LA NUOVA EPOCA DI LE CORBUSIER ARCHITETTURA COME NUOVA INDUSTRIA I CARATTERI FONDAMENTALI LA CITTÀ INDUSTRIALE
48 48 53 57 CAPITOLO PRIMO
UNA CITTÀ PER TRE MILIONI DI ABITANTI
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WALTER GROPIUS E LA NUOVA ARCHITETTURA L'EDIFICIO MODERNO LO STANDARD SEMPLICITÀ E CHIAREZZA NELLA PUREZZA DELLE FORME
67 67 69 71
L'ARCHITETTURA INDUSTRIALE OGGI IL DEGRADO CONTEMPORANEO I LASCITI DELL'ARCHITETTURA MODERNA OGGI L'ERA POST – INDUSTRIALE CRISI DELL'INDUSTRIA E ABBANDONO DELL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
74 74 77 80 83
L'ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE STORIA DELL'ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE IMPORTANZA CULTURALE E SOCIALE DEI COMPLESSI INDUSTRIALI
84 84 87
IL RECUPERO E IL RIUSO 89 LA LOGICA FONDANTE DEL RECUPERO 89 LA KULTURBRAUEREI DI BERLINO 90 COMPRENSIONE DEI PRESUPPOSTI E DIFFICOLTÀ DELLE SCELTE NEL RECUPERO DI FABBRICATI E COMPLESSI INDUSTRIALI 93 ESEMPI DI RECUPERO DI EDIFICI INDUSTRIALI CHIUSI. SILOS E GASOMETRI
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ALCUNI RECUPERI IN EUROPA
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I GASOMETRI DI VIENNA STORIA LA RISTRUTTURAZIONE GASOMETRO A GASOMETRO B GASOMETRO C GASOMETRO D WILHELM HOLZBAUER CONCLUSIONI
98 99 100 101 102 103 104 104 104
IL GASOMETRO DI OBERHAUSEN STORIA RISTRUTTURAZIONE CONCLUSIONI
107 108 108 110
IL GEMINI RESIDENCE A COPENHAGEN STORIA RISTRUTTURAZIONE
112 113 113
GRÜERLØKKA STUDENT HOUSE A OSLO STORIA RISTRUTTURAZIONE CONCLUSIONI
116 116 117 118
IL COMPLESSO DELLA SEM E I PROGETTI PER UN CAMPUS UNIVERSITARIO
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LO STABILIMENTO DELLA SEMOLERIA ITALIANA DALLA SUA REALIZZAZIONE A OGGI STORIA DELLO STABILIMENTO DI VIALE LA PLAYA DESCRIZIONE DEL COMPLESSO PRODUTTIVO
123 123 126
IL PROGETTO EDILIA
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IL PROGETTO DI PAULO MENDES DA ROCHA
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IL PROGETTO PER IL CAMPUS UNIVERSITARIO ERSU FONDAMENTI DEL PROGRAMMA DI INTERVENTO L'EDIFICIO
135 136 137
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
143
DISPOSIZIONE NEL SITO DI PROGETTO
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GENESI E SVILUPPO DEL PROGETTO
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I SILOS E GLI ARCHIVI
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I MODULI MODULO DI BASE MODULO INTERMEDIO MODULO DI COPERTURA
154 155 157 159
IL NUOVO EDIFICIO LA COSTRUZIONE DELLA MAGLIA COMPOSITIVA DELLA PIANTA PIANO TERRA PIANTA PIANO TERRA E ALCUNE IMMAGINI DELLA HALL D'INGRESSOPIANO PRIMO PIANO PRIMO PIANO TIPO PIANO DI ACCESSO AGLI ARCHIVI
160 164 166 167 168 170 171
CONCLUSIONI
173
BIBLIOGRAFIA
178
SITOGRAFIA
181
ALLEGATI
185 CAPITOLO PRIMO
6
INQUADRAMENTO STORICO DELL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE A CAGLIARI E IN SARDEGNA
7
CAPITOLO PRIMO CAPITOLO PRIMO
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INQUADRAMENTO STORICO DELL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE A CAGLIARI E IN SARDEGNA INTRODUZIONE L’architettura tra le arti è quella che maggiormente riflette i cambiamenti - siano essi positivi o negativi - che una società mette in atto durante il suo progredire. Questo è dovuto al fatto che opera su una scala più ampia di quella delle altre arti, alterando il paesaggio urbano e naturale - in cui qualunque elemento della società è inserito modificandone la percezione soggettiva del vivere il proprio ambiente. La modifica riguarda la vita stessa di ognuno, sia esso in una città, come in un piccolo centro. Le alterazioni architettoniche di un luogo sono, quindi, quelle che maggiormente
influenzano il territorio nel quale viviamo. Se, quindi, l’architettura è il campo nel quale maggiormente notiamo i mutamenti in atto di ogni periodo storico e di ogni evoluzione culturale, possiamo facilmente capire che le sue evoluzioni abbiano ragioni strettamente legate con la cultura del luogo. Essa è quindi direttamente correlata con le vicende storiche, culturali ed economiche. L’architettura in Sardegna ha subito svariati cambiamenti dall’unità d’Italia ai giorni nostri. Attraversando fasi di sviluppo alternate a fasi di regressione e recessione. Questo è dovuto CAPITOLO PRIMO
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principalmente alle vicende politiche sociali ed economiche che hanno riguardato l’isola dal 1861 anno dell’unificazione d’Italia - ad oggi. Il periodo dei primi del novecento, gli anni in cui il movimento moderno stravolgeva le regole classiche dell’architettura in tutta Europa, gli anni delle avanguardie e della negazione dei canoni stilistici e di
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bellezza, anche in Sardegna, seppur con un leggero ritardo, come nel resto d’Italia, d’Europa e del mondo si espresse la necessità, in alcuni casi volontaria, in altri inconscia, di sviluppare nuovi modi di vedere l’architettura e di rispondere a bisogni che fino a pochi decenni prima non avevano motivo di essere tenuti in considerazione.
DAL REGNO DI SARDEGNA AL REGNO D'ITALIA Alla fine del Regno di Sardegna venne consolidata ulteriormente il ruolo subalterno e coloniale della Sardegna rispetto alle altre regioni della penisola; diventa, dapprima la riserva di legname del Piemonte e, in seguito, il granaio di Genova. Il cambiamento repentino da una condizione sociale basata su sistemi feudali, scomparsa da diversi secoli nel resto della penisola, ad una situazione politica dipendente e lontana dai centri
decisionali, allora situati in Piemonte fu la causa scatenante di una condizione di dipendenza economica e di forti contrasti sociali tra i centri di potere statale e la società sarda. Al momento dell’unificazione del regno d’Italia nel 1861 la società sarda, ancora basata su un’organizzazione di tipo feudale, si trovava in una situazione di profonda arretratezza culturale ed economica rispetto alle altre regioni. I motivi di questa arretratezza possono essere
INQUADRAMENTO STORICO DELL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE A CAGLIARI E IN SARDEGNA
attribuiti principalmente all’insularità e al conseguente isolamento. La netta separazione dal resto del territorio italiano, principale causa della difficoltà per gli spostamenti di persone e di merci dall’isola verso il “continente” e viceversa, ha portato ad una crescita economica più lenta, ma, soprattutto, ad una chiusura culturale del popolo sardo e ad una diffidenza, un complesso di inferiorità nei confronti del resto del Paese. I risultati si riflettevano nei contesti dell’economia quotidiana all’interno dei piccoli centri insediativi così come nei rapporti economici con il resto del regno. La diffidenza dei sardi nei confronti del regno d’Italia sfociò, quasi naturalmente, nei fenomeni di brigantaggio che si trascinarono fin quasi ai giorni nostri. La classe politica e dirigenziale sarda si dimostrò incapace di gestire le relazioni tra l’isola e lo stato centrale che si trovava ad affrontare i grandi problemi dell’accentramento dell’amministrazione, la modernizzazione e la costruzione di grandi ed importanti infrastrutture in
tutto il paese. In questo contesto generale la condizione sociale ed economica della Sardegna sembrava, nonostante tutto, in evoluzione positiva, ma ciò accadeva per una serie di circostanze contingenti e non per un vero e proprio disegno politico. Tra il 1870 e il 1880 alcune di queste circostanze favorirono un certo sviluppo dell’economia sarda aprendo il commercio anche con l’estero. Si trattò però di una breve parentesi positiva infatti in questo passaggio di secolo l’economia si incanala grazie al sistema di trasporti e del sistema industriale, sull’ asse di traffici commerciali Sardegna - Genova - Torino, con deviazioni occasionali verso Livorno. Ma a causa di un’economia sarda ancora prevalentemente agricola e di una legislazione Piemontese che privilegiava gli investitori continentali, l’avvio dell’era industriale in Sardegna fu stentato e avvenne prevalentemente da parte di uomini e capitali provenienti dalla penisola se non addirittura dall’estero. A ciò si devono sommare gli interessi degli industriali, per la maggior parte genovesi, che CAPITOLO PRIMO
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operavano in Sardegna, assolutamente riluttanti a rinunciare alla lavorazione dei prodotti isolani e dei commercianti sardi che, piuttosto che incentivare le produzioni locali, ricavavano maggiori profitti dall’esportazione di materie prime e dal commercio locale di manufatti d’importazione. Gli ultimi 20 anni del XIX
secolo furono, a causa di questi motivi, anni di profonda crisi per la Sardegna, vennero infatti meno tutte quelle condizioni contingenti che avevano portato ad un certo benessere economico. In questa occasione si avvertì in maniera netta la mancanza di un reale disegno politico per la Sardegna.
TRA '800 E '900, GLI ANNI DEL FERVORE 12
CULTURALE
Nonostante le difficoltà economiche e sociali dell’isola a cavallo tra il XIX e il XX secolo si poté riscontrare una indubitabile tendenza alla trasformazione della società sarda. Comparvero sulla scena nuovi intellettuali come Grazia Deledda, Sebastiano Satta, Salvatore Farina, Enrico Costa, Francesco Ciusa e molti altri che ottennero successi di livello nazionale ed internazionale. Nacquero i quotidiani “LA Nuova Sardegna” e “L’Unione Sarda”
e molti altri ne vennero fondati anche se sparirono rapidamente. In questo fervore culturale, la nascita di una nuova classe intellettuale si inserì rapidamente anche nel mondo politico. La nascita dei primi movimenti di ispirazione autonomistica che trovarono poi ragion d’essere alla fine del primo conflitto mondiale - ebbe rapide ripercussioni sulla trasformazione del territorio: vennero migliorate le vie di comunicazione: quelle interne, in particolar modo le
INQUADRAMENTO STORICO DELL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE A CAGLIARI E IN SARDEGNA
linee di trasporto su strada ferrata, permettendo una miglior circolazione delle merci sul territorio, e quelle esterne garantendo un
aumento degli scambi commerciali tra la Sardegna e il resto del paese.
CAGLIARI, CENTRO E SIMBOLO DELL'EVOLUZIONE In questo contesto Cagliari, capoluogo della regione e centro con la maggior concentrazione abitativa, rifletteva chiaramente l'evoluzione in corso della società sarda. Già dagli ultimi decenni dell’ottocento infatti la città aveva intrapreso una serie di mutazioni e di migliorie portate dall’aumento del traffico navale e dall’arrivo di una parte della popolazione dalle campagne. Grande rilievo ebbe la perdita di classificazione di roccaforte militare, che fu causa della decisione dell’abbattimento delle mura cittadine nel 1860. Questo grosso cambiamento richiese la necessità di avere un nuovo piano regolatore per la città redatto dall’architetto Gaetano Cima nel 1861. Altri progetti tra cui il concorso per il nuovo palazzo comunale del
1877, le fognature urbane del 1896 e il progetto per il nuovo quartiere di “San Pietro” del 1897 testimoniano un’attività volta a rinnovare il volto della città che maggiormente in Sardegna comunica con il “continente”. Questo processo di rinnovamento continua fino ai primi decenni del XX secolo, attraverso la prima guerra mondiale ed in piena epoca fascista. Ne sono interessate anche le vie di comunicazione interne alla città: oltre alla tranvia del campidano, inaugurata nel 1893, viene completata la tranvia del poetto, nel 1913, che collega il centro della città: quella che ora è piazza Matteotti e che allora era il giardino delle ferrovie reali, e la spiaggia del poetto. Nel 1929 viene realizzata la riorganizzazione del porto e la nuova sistemazione delle CAPITOLO PRIMO
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ferrovie dello stato e nel 1931 il piano denominato 7P.R. - di Cancellotti, Lenzi, Montuori, Piccinato, Scalpelli, Fuselli, Levagnino, Nicolasi e Valle vince il concorso per il piano regolatore della città di Cagliari; l’idea portante era quella di un’espansione secondo le due direttrici di via Roma, viale Bonaria, viale Diaz, lungomare poetto e via Sonnino, via Dante con le relative zone attrezzate di verde pubblico in una concezione familiare all’idea della nuova urbanistica espressa negli scritti, prima, di Haussman, e poi, di Le Corbousier e Wright. La parte opposta della città, cioè quella che da via Roma si sviluppa verso quella che oggi è viale Trieste, ed allora era
via san Pietro, è la zona nella quale si concentrano gli edifici produttivi della città. In questa espansione industriale nacquero alcuni edifici, alcuni dei quali ancora oggi esistenti, costruiti appositamente per accogliere le nuove attività produttive che necessitavano di nuovi spazi. In molti casi la costruzione dell’edificio a scopo produttivo era affiancato da un edificio residenziale richiesto dal committente. Questi edifici si trovavano nella zona adiacente alla nuova zona industriale della città, in certi casi, come palazzo Balletto, in viale Trieste, in altri, come la villa di Luigi Merello costruita insieme al mulino Merello, in quello che oggi si chiama appunto viale Merello.
INQUADRAMENTO STORICO DELL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE A CAGLIARI E IN SARDEGNA
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PIAZZA ARSENALE ALLA FINE DELL'800 S'AZZIADA VERSO LA TORRE DI SAN PANCRAZIO PRIMA DELLA DEMOLIZIONE DI PORTA PIO S'AZZIADA VERSO LA TORRE DI SAN PANCRAZIO DOPO LA DEMOLIZIONE DI PORTA PIO CAPITOLO PRIMO
LA NASCITA DI UN APPARATO PRODUTTIVO
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Ma come nasce la necessità di un’edilizia produttiva cosi feconda in quegli anni? La Sardegna, come visto in precedenza, stava vivendo un periodo di grande rinnovamento sociale ed economico. Alcuni grandi produttori Italiani spostarono il loro interesse sull’isola, in particolare i grandi imprenditori del grano Liguri. Le comunicazioni isolane si fecero più rapide ed efficienti grazie, principalmente, alle nuove linee ferroviarie che collegavano Cagliari con il nord e il centro della Sardegna, e si verificò lo spostamento di parte della popolazione dalle campagne circostanti alla città. Cagliari visse la sua prima fase di espansione senza le mura dal 1860 fino al 1920. In questa prima fase, che interessò principalmente le zone immediatamente limitrofi alle vecchie mura recentemente abbattute, ci furono molte sistemazioni importanti per la città, anche da un punto di vista urbanistico ragion per cui si ebbe una velocità
ridotta del consumo del territorio,. La sistemazione di piazza costituzione nel 1879 e di piazza Carmine nel 1886 mostrano come la città vivesse un periodo di rinnovamento urbanistico, portato principalmente dall’abbattimento delle mura, segno della perdita da parte della città del ruolo di piazzaforte, e dall’appartenenza al nuovo regno d’Italia. La sistemazione della stazione delle ferrovie reali, inaugurate nel 1879, sono anch’esse segnali di una città in cambiamento, e diedero inoltre spunto alla nascita di quella che sarà la zona industriale del capoluogo. Nella zona compresa tra via la Playa e viale Trieste si concentrano, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, gli edifici delle grosse produzioni industriali dell’isola. La ragione che porta proprio questa zona a svilupparsi in quella direzione è quasi naturale infatti la presenza del porto e della ferrovia, i grandi canali di comunicazione, segnano un
INQUADRAMENTO STORICO DELL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE A CAGLIARI E IN SARDEGNA
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LA LINEA FERROVIARIA CAGLIARI IGLESIAS AI PRIMI DEL '900 PASSEGGEREI SCENDONO DAL TRAM AL POETTO CAPITOLO PRIMO
crocevia importante che attira l’attenzione degli imprenditori in buona parte nazionali. La maggiore richiesta costruttiva, per siti industriali che fino ad allora, in Sardegna, erano stati di medio ridotte dimensioni,
chiamò sull’isola imprese di dimensione nazionale capaci di sfruttare le nuove tecniche costruttive che utilizzavano i nuovi materiali tra i quali il cemento armato.
IL SISTEMA HENNEBIQUE E LE NUOVE COSTRUZIONI IN CEMENTO ARMATO
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Tra il 1892 e il 1898 il francese Francois Hennebique inventa e brevetta un sistema costruttivo capace di coniugare la capacità di resistenza a compressione del cemento con quella a trazione dell’acciaio. L’innovazione stava nella disposizione dei ferri di armatura a 45 gradi, con i quali si risolvono i problemi di inversione dei momenti flettenti e degli sforzi di taglio. Egli concepisce la costruzione in termini di telaio e di elementi lineari e intuisce l’esistenza delle deformazioni plastiche - in aggiunta a quelle elastiche già conosciute -. Dal 1905 circa le strutture in cemento armato rimangono a vista, anche se
inizialmente solo nei prospetti posteriori degli edifici produttivi e non nelle facciate o negli edifici amministrativi. La manifestazione in facciata degli elementi strutturali è più tarda. Si arriverà alla scissione tra struttura, orizzontamenti e involucro esterno posteriormente, scissione che sarà organizzata concettualmente da Le Corbusier con la definizione dei 5 punti per l’architettura. La sua diffusione in campo di edilizia industriale fu particolarmente celere, grazie alle capacità di resistenza e alla velocità di esecuzione. Più lenta fu la sua diffusione nel campo dell’edilizia abitativa a causa della diffidenza nella
INQUADRAMENTO STORICO DELL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE A CAGLIARI E IN SARDEGNA
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DISEGNI TECNICI DEL SISTEMA HENNEBIQUE , IN SEZIONE SI PUÒ NOTARE L'INNOVATIVO POSIZIONAMENTO DEI FERRI A 45 GRADI CAPITOLO PRIMO
capacità del nuovo modello costruttivo di sostituire i tradizionale modelli costruttivi in legno e pietra a muratura portante. In un primo periodo si assiste alla commistione tra muratura e cemento armato, lasciando a
quest’ultimo la sola possibilità di utilizzo per gli orizzontamenti o inserendo la struttura nella muratura, ma celandola al suo interno come nell’esempio cagliaritano di Palazzo Baccaredda.
L'IMPRESA PORCHEDDU ING G. A.
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In questi anni comincia a lavorare sull’isola l’impresa Porcheddu di Giovanni Antonio Porcheddu, ingegnere nato ad Ittiri in provincia di Sassari, che dopo aver studiato ingegneria a Torino fonda la sua impresa costruttrice che divenne negli anni l’unica impresa concessionaria del brevetto Hennebique in tutta Italia. Realizzò importanti commissioni in Italia tra le quali, quelle di maggior lustro furono la costruzione delle strutture dell’impianto produttivo della fiat “il Lingotto” a Torino e la realizzazione del ponte risorgimento a Roma con la sua arcata ribassata in cemento armato di 100 metri
di luce. In Sardegna l’impresa Porcheddu lavorò principalmente ad edifici legati al settore produttivo. La costruzione con il nuovo sistema del cemento armato risultava essere più rapida ed efficace. Questo fece si che fosse preferita per la realizzazione di impianti produttivi che necessitavano di grandi dimensioni e richiedevano una maggiore velocità di realizzazione rispetto alle tradizionali tecniche costruttive. Nel 1905 l’impresa Porcheddu realizza la sua prima opera a Cagliari e in Sardegna: La SEM: l’impianto della Semoleria Italiana. Porcheddu aveva già un’ottima esperienza nella costruzione di silos granari, in
INQUADRAMENTO STORICO DELL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE A CAGLIARI E IN SARDEGNA
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DALL'ALTO: VISTA COMPLESSIVA DEL LINGOTTO A TORINO E VISTA DELLA RAMPA INTERNA DI ACCESSO ALLA PISTA SUL TETTO . PONTE RISORGIMENTO A ROMA DISEGNI DEL SILOS VECCHIO PER LA SEMOLERIA DI CAGLIARI CAPITOLO PRIMO
quanto aveva già realizzato, con il supporto dello studio della società Hennebique di Bruxelles, i silos nel porto di Genova, anche questi commissionati dalla stessa Società Anonima Semoleria Italiana. Altre
rilevanti opere nel capoluogo furono gli orizzontamenti del palazzo comunale di Cagliari, come visto in precedenza, la copertura della basilica di Bonaria e il palazzo Balletto legato al pastificio Balletto.
CULTURA E URBANISTICA INDUSTRIALE NELLA
CAGLIARI DI INIZIO '900 22
Il successo dell’attività dell’impresa Porcheddu a Cagliari conferma il fatto che la città vivesse un momento di espansione dovuta alla nuova situazione economica che, incontrando la nascita di nuovi sistemi costruttivi rispondevano alle richieste di nuovi edifici necessari alle nuove attività industriali e commerciali. Cagliari inoltre inizia a godere delle nuove politiche urbanistiche, mostrando nel suo tessuto urbano le scelte prese per i diversi quartieri. Mentre si assiste a una crescita dell’edilizia residenziale sull’asse di via Sonnino e via
Dante. Tra il porto, il nuovo centro amministrativo della città - che dopo aver abbandonato il quartiere di Castello, i cui palazzi avevano sempre avuto la funzione di centro città, si era trasferito nel moderno palazzo comunale in via Roma - e la linea ferroviaria che collegava Cagliari con altri centri produttivi della Sardegna, nasce e si sviluppa, quasi naturalmente grazie a questa relazione con il locale sistema dei trasporti e alle politiche urbaniste della città, un’area a destinazione spiccatamente mercantile, occupata da
INQUADRAMENTO STORICO DELL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE A CAGLIARI E IN SARDEGNA
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PIANTA DELLA CITTÀ DI CAGLIARI AI PRIMI DEL '900. SI POSSONO NOTARE IL NUOVO PALAZZO CIVICO , IL BASTIONE DI S AN REMY E L 'APPENA ULTIMATO MOLO DI PONENTE CAPITOLO PRIMO
magazzini, depositi e strutture produttive. All’inizio del novecento, quindi, si assistette ad uno sviluppo economico ed urbano del Capoluogo sardo. Sviluppo che testimoniava l’evoluzione di tutta la regione, passata nel giro di pochi decenni da sistemi
amministrativi e produttivi arretrati di parecchi secoli rispetto al resto del paese, ad una impostazione più moderna fino ad attingere alle contemporanee idee di riconversione dello scenario urbano europeo.
LA GRANDE GUERRA E I MOVIMENTI AUTONOMISTI
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La prima guerra mondiale fu, per la Sardegna, causa della perdita di una grossa parte della popolazione arruolata ed impiegata al fronte. Principalmente nella Brigata Sassari, ma anche in altri reparti dell’esercito, molti giovani sardi furono reclutati per combattere sul fronte Austro-Ungarico, e una buona parte di essi non fece ritorno. Allo scadere della guerra si rinnovò il sentimento sardista. Nel 1919 nacquero le prime assemblee dei combattenti sardi, che furono alla base della creazione della Federazione Sarda dell’Associazione Nazionale Combattenti. Le rivendicazioni riguardavano principalmente
la distribuzione delle terre promesse per convincere i sardi al reclutamento. Si parla nuovamente di autonomia, e in questo contesto nasce, grazie alla collaborazione dell’ambiente culturale isolano, tra Emilio Lussu, anch’esso dopo aver combattuto sul fronte alpino, Camillo Bellieni ed altri il Partito Sardo D’Azione che si farà promotore in parlamento dei temi autonomisti rivendicati in Sardegna e che arriverà nell’assemblea costituente a far riconoscere alla Sardegna lo statuto speciale. Il sentimento di diversità continua ad essere un sentimento condiviso dal popolo sardo. Benché sia in
INQUADRAMENTO STORICO DELL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE A CAGLIARI E IN SARDEGNA
moto un lavoro di omologazione al resto del regno, la lontananza dalla terra ferma, e quindi dai
centri decisionali, e l’arretratezza del sistema economico sono problemi ben lontani dall’essere risolti.
EFFETTI DEL FASCISMO SULLA SOCIETÀ SARDA Durante il ventennio fascista la Sardegna, come altre regioni italiane, sono sottoposte ad un processo di omologazione, all’interno della cultura italiana, voluto dal duce e dalla politica di propaganda. Questo processo porterà alla scomparsa di alcune tradizioni isolane e all’indebolimento del tessuto economico tipico in favore di politiche industriali nazionali. In generale il fascismo cercò di realizzare una convergenza tra alcuni temi di grande contenuto come la civiltà italiana, le sue radici nel mondo romano, la lingua e la cultura. Entro questa operazione la questione sarda divenne uno dei grandi miti propagandistici fascisti. Nella teoria propagandistica di Gioele Solari il sardismo ed il primo fascismo vennero presentati come manifestazioni di un'unica e
progressiva presa di coscienza che aveva come sbocco obbligato l'adesione consapevole all'unità d'Italia. La storia della Sardegna presentava dei vuoti in rapporto alla storia d'Europa che vennero riscritti in maniera tale che l'isola avrebbe potuto esercitare un ruolo attivo nella costruzione della cultura italiana. La riflessione sulle vicende storiche dell'isola avrebbe dovuto essere la chiave di lettura del dibattito sull'identità sarda. La posizione del regime nei confronti della "questione sarda" derivò in larga misura dal concetto di identità espresso da Solari. Tutte le manifestazioni della cultura sarda rispetto a quella nazionale furono interpretate in una chiave di omologazione progressiva, tesa a dequalificare tutto ciò che CAPITOLO PRIMO
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invece non era omologabile, riducendo così lo specifico a folclore o a esotismo da marginalizzare. L'atteggiamento del regime su questo tema fu
particolarmente incisivo sulla cultura tradizionale sarda e portò alla scomparsa di molte pratiche tradizionali, tra le quali anche pratiche costruttive.
BONIFICHE, INDUSTRIALIZZAZIONE E TRASPORTI DURANTE IL REGIME 26
Le scelte politiche di regime ebbero pesanti effetti anche sulla struttura della società sarda e sulla sua economia. L'intervento sull'isola fu massiccio ed ebbe come intento quello di trarre tutte le risorse possibili dal territorio utili per il conseguimento dei sui scopi. I settori nei quali è possibile seguire meglio questo rapporto di dipendenza tra l'economia sarda e la politica economica di regime sono sostanzialmente tre: le bonifiche, lo sviluppo della prima industrializzazione e il rilancio dell'attività mineraria. I provvedimenti in questione di bonifiche regolavano
un'attività la cui intrapresa era stata auspicata fin dall'avvio della politica delle leggi speciali e aveva dato luogo a grandi progetti. Già nel 1910 l'ingegnere Angelo Omodeo aveva avviato lo studio per il progetto per la costruzione di 16 bacini tra i quali quelli del Tirso. La realizzazione di questi bacini era di fondamentale importanza per regolamentare il regime delle acque, risolvere il problema della siccità e avviare il miglioramento dell'agricoltura. Le bonifiche degli anni furono numerose, tra le più importanti ci fu quella operata a Cagliari nel
INQUADRAMENTO STORICO DELL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE A CAGLIARI E IN SARDEGNA
comprensorio prospiciente Bonaria, anche in funzione dei piani espansivi della città già trattati precedentemente. Nonostante il fiorire di tutte queste iniziative, al 1942 risultavano bonificati solo 30000 ettari dei 90000 progettati. Per quanto tecnicamente buoni gli interventi furono solo un espediente propagandistico in quanto l'obiettivo di trasformare l'economia agricola sarda non era stato compiuto. Durante il ventennio fascista fu ripreso con vigore il processo di industrializzazione della Sardegna, sorretto dalla politica autarchica voluta dal governo. Il regime, per sostenere tutte queste imprese, favorì lo sviluppo dei trasporti e della disponibilità di energia elettrica. Il problema della disponibilità di energia elettrica era stato già affrontato fin dagli inizi del secolo e risolto solo parzialmente da una serie di iniziative private, che avevano portato ad elettrificare alcuni impianti minerari. Cagliari fu illuminata nel 1911, mentre la maggior parte dei centri abitati era ancora senza illuminazione elettrica, ma ciò che mancava in Sardegna era la disponibilità di
energia elettrica per lo sviluppo industriale. Gli studi di Angelo Omodeo avevano fatto intravedere la possibilità, attraverso gli invasi, di ottenere energia idroelettrica; così nel 1911 era stata costituita la Società Elettrica Sarda. Altri impianti furono inaugurati durante l’epoca fascista come quella del Coghinas, di Santa Gilla del 1924 o quella di Sant’Antioco del 1939. Anche il settore dei trasporti fu curato dal regime, soprattutto in rapporto all’importanza strategica che l’isola aveva nei disegni di politica estera di Mussolini. A partire dal 1928 furono aperti dei collegamenti aerei da Cagliari e Olbia verso Ostia tramite degli idrovolanti con partenze a cadenza settimanale. Una iniziativa degna di nota che però non si rivelò di grande successo. Fu proprio il settore dei trasporti quello dove si poterono notare i maggiori difetti della politica di regime per l’isola; durante il ventennio fascista furono poste le basi che portarono i gravi problemi strutturali, dei trasporti ferroviari e marittimi, che si trascinarono a lungo anche dopo il regime, e dei quali alcuni strascichi arrivano CAPITOLO PRIMO
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sin ai nostri giorni. C’è da riconoscere però che con l’avvento del fascismo il traffico ferroviario fu migliorato; vennero sostituite le rotaie permettendo il passaggio di locomotive più pesanti, ma più veloci e con capacità di traino maggiori; vennero inoltre collegati diversi rami ferroviari tra loro consentendo la formazione di tratte più lunghe sul territorio isolano. La migliore capacità di comunicazione interna ed esterna anche attraverso la fondazione della società
Tirrenia per la gestione dei collegamenti marittimi fu motivo di un nuovo sviluppo economico dell’isola. In questo contesto si registrarono in Sardegna alcune iniziative di produzione industriale sia in settori che si erano già sviluppati dalla fine dell’ottocento, come il settore cerealicolo, che in alcuni nuovi settori. Il settore più interessante fu senza dubbio quello tradizionale del sale che era gestito direttamente dallo stato.
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INQUADRAMENTO STORICO DELL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE A CAGLIARI E IN SARDEGNA
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DALL'ALTO: LA DIGA DI COGHINAS TERMINATA NEL 1927 VIADOTTO FERROVIARIO SUL "RIU FUNDUS"
IDROVOLANTI ALLO SCALO AEROPORTUALE DI ELMAS NEI PRIMI ANNI TRENTA CAPITOLO PRIMO
L'IMPORTANZA DEL SETTORE ESTRATTIVO
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A Cagliari e in altri centri si sviluppò l’attività di alcuni mulini a opera della Semoleria Italiana e dei Balletto che avviarono un pastificio in grado di produrre 200 quintali al giorno. Altri mulini appartenevano ai Faggioli, ai Merello e ad altre famiglie. Tutte queste imprese contribuirono allo sviluppo dell’industria cerealicola. Ma il settore nel quale il regime investì di più fu indubbiamente quello dell’estrazione mineraria, la cui espansione fu particolarmente curata in relazione con la politica autarchica. Le prospettive di aumento del prodotto furono
legate all’introduzione di nuovi processi tecnologici e al procedimento di separazione chimica dei minerali: la flottazione. Nello stesso periodo fu sviluppato, parallelamente alla crescita dell’attività estrattiva, un sistema di trasporti interno, sull’asse che collega l’iglesiente con Cagliari; proprio su questo asse si vide intensificarsi la realizzazione di edifici industriali, in particolare in quel triangolo compreso tra via la Playa e viale Trieste che già abbiamo visto essere stato scelto come polo industriale del capoluogo.
INQUADRAMENTO STORICO DELL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE A CAGLIARI E IN SARDEGNA
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IMMAGINI DEI SITI ESTRATTIVI DI MONTEPONI E CARBONIA NELLA PRIMA METÀ DEL '900 CAPITOLO PRIMO
CAGLIARI DURANTE IL REGIME: ESPANSIONE INDUSTRIALE E RESIDENZIALE
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Cagliari durante il ventennio fascista continua a percorrere quella strada di rinnovamento culturale ed economico che già aveva intrapreso nei decenni precedenti. Si continuò a edificare edifici produttivi con sempre maggior intensità; l’aumento della produzione agricola e l’arrivo dall’iglesiente di materie prime, che poi partivano attraverso i collegamenti marittimi con il continente, furono alla base della nuova richiesta di magazzini e edifici di stoccaggio o raffinazione delle materie prime che concorsero ad espandere il quartiere produttivo della città. Ovviamente questa richiesta di edifici produttivi si accompagnò
alla richiesta di nuovi quartieri residenziali. Si aprì la seconda fase espansiva della città, che continuò dopo la saturazione degli spazi vuoti resi disponibili dall’abbattimento delle mura cittadine. Dal 1920, fino al 1950 questa nuova fase di espansione di Cagliari fu quella della creazione delle periferie storiche: San Benedetto, San Michele, Bonaria, Sant'Avendrace e il poetto. Queste nuove parti della città si formarono secondo un disegno che traeva ispirazione dalle New Town, mentre altre parti ebbero un'espansione più caotica seguendo logiche di edilizia economica popolare con un interessamento di maggiori porzioni del territorio.
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LA SECONDA GUERRA, I BOMBARDAMENTI E L'ISOLAMENTO Nel 1939 si aprì il secondo conflitto mondiale con l’invasione della Polonia da parte della Germania. Al conflitto l’Italia prese parte nel 1940 e la Sardegna ebbe il ruolo, già definito in precedenza, di portaerei italiana. Come visto in precedenza il regime puntò molto sullo sviluppo di aeroporti militari in particolare per le missioni in nord Africa. Questo fu il motivo scatenante dei bombardamenti sull’isola che, dal febbraio al giugno del 1943, si fecero particolarmente violenti, da parte degli alleati, in particolare sulla città di Cagliari che, alla fine del conflitto, si ritrovò con il 70% del suo tessuto urbano completamente raso al suolo. I continui bombardamenti furono la causa di un progressivo abbandono della città che ebbe conseguenze gravissime per gli assetti tradizionale della società cagliaritana. Il 3 Settembre del 1943 fu firmato l'armistizio che sanciva la fine delle ostilità tra
le Nazioni Unite e l'Italia. Alla caduta di Mussolini nel luglio del 1943 la Sardegna si ritrovò in una situazione molto particolare: pur essendo palpabile la soddisfazione degli ambienti antifascisti per la caduta del regime, la situazione dell'isola rimase immutata. Mentre nel resto d'Italia si combatteva ancora e le forze partigiane si adoperavano per aiutare la risalita della penisola da parte degli alleati, i sardi attendevano uno sbarco anche in Sardegna, analogamente a quanto era accaduto in Sicilia, ma ben presto fu chiaro che la direttiva strategica degli alleati, dopo la conquista della Sicilia, non prevedeva uno sbarco in Sardegna. L'isola fu sottoposta ad un blocco aeronavale che portò ad un isolamento quasi completo. In questa situazione di isolamento divenne sempre più difficile recuperare generi di prima necessità. Nel frattempo, mentre il comando militare italiano non aveva dato disposizioni alle truppe CAPITOLO PRIMO
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sull'isola, il comando tedesco aveva predisposto un graduale ritiro delle truppe in Corsica. Si trovò un accordo tra il comandante tedesco e il generale dell'isola che permise l'evacuazione delle truppe tedesche senza particolari scontri. Mentre sul territorio della penisola ancora si
combatteva per liberare il paese dalle truppe tedesche la Sardegna continuò a rimanere isolata fino al 17 settembre del 1944 quando nel devastato porto di Cagliari gli alleati trasferirono alcuni reparti che avevano precedentemente operato in nord Africa.
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DUE IMMAGINI DI CAGLIARI ALL'INDOMANI DEI BOMBARDAMENTI DEL 1943. NELLA SECONDA IMMAGINE SI PUÒ RICONOSCERE, SULLO SFONDO, LA CHIESA DI SANT'ANNA IN UNO SVENTRATO QUARTIERE DI STAMPACE CAPITOLO PRIMO
IL DOPOGUERRA, LA RICOSTRUZIONE E LA NUOVA INDUSTRIALIZZAZIONE
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Dalla guerra la Sardegna usciva in una situazione particolarmente disagiata. Il modesto sistema industriale aveva subito dei danni gravissimi, gli snodi ferroviari ed i porti erano semidistrutti. La produzione del sale, che aveva rappresentato uno dei modelli di sviluppo durante l'epoca fascista, fu bloccata quasi del tutto a causa della difficoltà dei trasporti, così come ebbe un grave rallentamento il commercio e la lavorazione dei cereali. Finita la guerra si aprì in Italia il periodo della repubblica e con esso arrivarono gli anni della ricostruzione. Gli anni sessanta segnarono l'arrivo in Sardegna dell'industria chimica che modificò gli assetti dell'economia regionale. Molti settori dell'opinione pubblica e alcuni delle forze politiche regionali erano convinti della necessità di favorire l'industrializzazione pesante ritenendola capace di promuovere la creazione di
altre attività imprenditoriali ad essa connesse. L'ipotesi prevedeva l'impianto di grandi complessi per la lavorazione del petrolio greggio di importazione, la sua trasformazione e l'utilizzazione dei prodotti della raffinazione come materia prima per far funzionare altri complessi industriali, dislocati sul territorio dell'isola. Si sarebbe così creato un complesso sistema di poli industriali, capace di risolvere il problema della disoccupazione e di avviare una trasformazione dell'economia isolana. Questa scelta politica, particolarmente consapevole e voluta al tempo, si dimostrò assolutamente inefficace e destinata ad un clamoroso fallimento. La scelta di una politica industriale di questo tipo era contrapposta a quella che era stata intrapresa nei decenni precedenti alla guerra. La formazione di diversi poli industriali distribuiti sull'intera isola, infatti, era contraria a
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quello che si era fatto precedentemente nel cercare di concentrare commercio e produzioni industriali a Cagliari. Tutto ciò si accompagnò alla crisi del settore minerario dell'iglesiente che fu causa della diminuzione del traffico commerciale nel porto di Cagliari. Venendo a mancare quei presupposti che erano stati alla base della formazione del polo produttivo Cagliaritano, in prossimità del porto e lungo la linea ferroviaria, questo venne progressivamente abbandonato, con un processo ininterrotto che andò dagli anni sessanta fino agli anni novanta, lasciando sul territorio una serie di manufatti edili a scopo produttivo abbandonati che da quel momento in poi non avrebbero più trovato modo di
utilizzo. Inoltre le scelte industriali orientate verso l'industria chimica pesante fecero si che perse importanza la produzione e la lavorazione dei cereali. Molti dei pastifici e dei molini edificati a Cagliari nella prima metà del novecento, trovandosi ad essere non più competitivi sul mercato, anche a causa dell'arrivo delle produzioni cerealicole nord africane in Italia, furono costretti a chiudere per poi essere demoliti. Di tutto questo impianto produttivo del grano rimangono ancora oggi i silos della Semoleria Italiana in viale la Playa. La semoleria cessò la sua attività a Cagliari nel 1994 e buona parte degli edifici vennero demoliti nel 2003.
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DALL'ALTO: VISTA AEREA DELLA RAFFINERIA DELLA SARAS A SARROCH IL MERCATO DI SAN BENEDETTO, IN UN QUARTIERE ANCORA SEMI VUOTO, NEL GIORNO DELLA SUA INAUGURAZIONE DEL 1957
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LA NUOVA POLITICA URBANISTICA CAGLIARITANA Dal 1950 fino ai giorni nostri la produzione edile Cagliaritana si è evoluta pressappoco sempre nella stessa direzione: si sono formate dagli anni settanta in poi le nuove periferie della città tra le quali spicca il caso di Sant'Elia che è stata creata, consapevolmente, isolata dal resto della città creando una sorta di ghettizzazione della popolazione che la abita dando luogo a problemi che si trascinano fino ai nostri giorni. In questa terza fase di espansione del tessuto urbanistico della città di Cagliari si assiste alla nascita dei nuovi quartieri di Monte Mixi, La Palma, Quartiere del sole, Mulinu Becciu e Barracca Manna. Tutti questi quartieri si sviluppano seguendo le indicazioni del decreto Floris, e molti di questi hanno in comune gli stessi problemi derivanti dallo stesso tipo di funzionalismo urbanistico che porta ad una separazione troppo netta delle funzioni. Le
nuove periferie sono isolate e soffrono di una dipendenza, soprattutto amministrativa, dal centro città. Negli ultimissimi anni si è assistito alla nascita di nuove lottizzazioni residenziali nei centri che fanno parte dell'hinterland di Cagliari. La popolazione si sta spostando sempre più verso i centri che si trovano nell'area metropolitana della città, questo fenomeno è dovuto anche alla stagnazione del mercato immobiliare causata dalla crisi economica. Spesso le nuove costruzioni periferiche mancano completamente di una loro qualità architettonica. Inoltre la mancanza di servizi e collegamenti efficienti denota anche una carenza evidente di una sensata pianificazione urbanistica. Molti edifici nascono caoticamente, spesso abusivi e poi sanati, rendendo difficili possibili attività di intervento successive. La mancanza di una pianificazione razionale del CAPITOLO PRIMO
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costruito e delle nuove lottizzazioni porta quindi, da una parte alla nascita di centri marginali, spesso mal collegati e mal concepiti; dall'altra si assiste allo svuotamento del centro della città, con una grande quantità di edifici sfitti che potrebbero essere recuperati e riutilizzati in svariati modi, restituendo servizi e residenze alla città stessa. In definitiva si può asserire che in passato la città di Cagliari ha avuto un tentativo di pianificazione e ammodernamento, in alcuni casi con effettivi risultati positivi sul tessuto urbano e quindi sulla qualità di vita dei
cittadini. In molti casi questa pianificazione è venuta a mancare anche a causa della precarietà dell'economia isolana che non permette un azione a lungo termine. L'insegnamento più grande che si può trarre dal passato è che gli effetti più positivi della pianificazione si ottengono quando questa è pensata in larga scala, agendo quindi su diversi livelli e facendo in modo che all'interno di una stessa azione di progetto siano interessate più parti possibile della città, che deve essere pensata come un unico organismo le cui parti sono collegate e dipendenti tra loro.
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ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
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ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE DEFINIZIONE Secondo il dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica, diretto da Paolo Portoghesi, per architettura industriale si intende la tipologia architettonica riguardante quegli edifici destinati a contenere un
impianto di produzione. Si tratta quindi di manufatti edilizi realizzati per racchiudere aree di lavoro e quindi pensati in funzione della logistica, dello stoccaggio e delle esigenze produttive.
INQUADRAMENTO TEMPORALE E CONCETTUALE Quando si parla di architettura industriale ci si riferisce all'architettura di edifici costruiti dal XX Secolo in poi, questo perchĂŠ i primi fabbricati industriali
ottocenteschi non possono essere considerati come vere e proprie opere architettoniche; questi venivano infatti progettati come spazi destinati ad accogliere macchine che, CAPITOLO SECONDO
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nella concezione del periodo, erano ritenute come l'antitesi dell'arte. Così il fabbricato industriale, destinato al lavoro o alla produzione delle macchine, era considerato fuori dall'architettura, anzi quasi come una contrapposizione all'architettura. Quest'ultima era infatti ancora legata ai canoni estetici e stilistici classici: si intendeva per architettura, principalmente, gli ornamenti che caratterizzavano la parete esterna degli edifici, ornamenti che erano legati a schemi presupposti dettati dalla tradizione, era quindi difficile pensare a riscontrare una vera e propria bellezza architettonica in un manufatto che non avesse una destinazione residenziale o amministrativa. In rari casi ci fu il tentativo di dare al fabbricato industriale una veste architettonica, ma questo veniva tentato utilizzando i medesimi schemi e le medesimi forme in uso per l'architettura civile, cercando di trovare un compromesso tra utilità e bellezza, sacrificando spesso ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
una per l'altra ed in alcuni casi sacrificandole entrambe. Fu agli inizi del XX Secolo, quando la produzione industriale vedeva accresce progressivamente il riconoscimento della funzione sociale del lavoro e dell'importanza che sul lavoro stesso esercitano le condizioni dell'ambiente, che si cominciò ad attribuire agli edifici industriali una maggiore importanza. Quando poi, la rilevanza sociale e culturale dell'industria e delle attività derivanti da questo fenomeno fece in modo che si riconoscesse, nel lavoro delle officine uno degli aspetti caratteristici della nuova civiltà, si cominciò a pensare che proprio quei fabbricati, fino ad allora esclusi dalla comune concezione di manufatto architettonico, potessero invece offrire l'occasione di disegnare nuove forme che sarebbero state successivamente le forme tipiche della nuova architettura. Era proprio l'unione tra pilastri, travature, elementi in acciaio e
grandi vetrate, torri, ciminiere ed edifici scaturiti dalle nuove necessità di calcolo che gettarono le basi per una nuova estetica legata maggiormente alla funzione che non alla mera forma, fino a sintetizzare il concetto razionale che la seconda fosse subordinata alla prima. Al fianco della necessità di avere nuovi spazi destinati ad accogliere le nuove attività, grande rilievo ebbe lo sviluppo e l'utilizzo dei nuovi materiali che dalla fine del XIX secolo iniziavano a sostituire, gradualmente, i materiali comunemente utilizzati - pietra e legno - e con essi gli schemi costruttivi tradizionali. Nella pratica i più recenti sistemi costruttivi, tra i quali il cemento armato, rappresentavano la possibilità di maggiori rese strutturali offrendo la possibilità di avere sistemi portanti puntuali e non più
perimetrali; concettualmente invece la novità stava nel fatto che, pur dovendo sottostare a rigidi sistemi di calcolo, non si dovesse rinunciare al concetto di "bello" lasciando ampio spazio alla possibilità di arbitrio, da parte del progettista, e alla creazione. Ne venne così fuori un'arte sempre più legata alla struttura del fabbricato - che negli anni continuava a perdere i suoi ornamenti disegnati da sempre con l'intento di nascondere - ed in questa veniva ricercata la ragione di bellezza. In questa nuova concezione dell'arte architettonica cemento e ferro offrirono un nuovo senso della statica e una nuova conformazione volumetrica la cui importanza può essere comparata con quella che ebbe la volta nell'architettura romana.
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LA NUOVA VISIONE ARCHITETTONICA INDUSTRIALE
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In questo contesto avvenne il processo inverso a quanto era accaduto in precedenza con l'architettura tradizionale, infatti i grandi maestri dell'epoca, esponenti del movimento moderno, arrivarono a negare e rigettare le antiche concezioni e gli stili classici che con le loro regole avevano segnato la storia dell'Architettura. I nuovi principi generali dell'architettura industriale offrirono agli architetti un campo d'una vastità e d'una varietà che non aveva mai avuto riscontro in nessuna altra branca della costruzione. Tale infatti era la diversità delle esigenze e delle condizioni di ubicazione e lavorazione che a quasi ogni fabbricato l'architetto poteva dare una fisionomia inconfondibile, anche se a determinati tipi di industrie corrispondevano ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
determinati schemi e determinate volumetrie. Le esigenze interne erano espresse sinceramente all'esterno, tutto ciò che rappresentava la simulazione o la sovrapposizione e che quindi avrebbe potuto falsare l'essenza della costruzione veniva abolito, nasceva una tendenza alla semplicità e all'economia dei mezzi espressivi, l'effetto non veniva più ricercato nel particolare decorativo, ma nel ritmo delle forme ripetute o nel contrasto violento dei volumi. Si spostò la concentrazione dall'interesse per il valore architettonico a quello per il valore edilizio, trasferendo l'attenzione allo studio d'insieme dei fabbricati e al loro rapporto con l'ambiente circostante. La rivoluzione industriale ha, inequivocabilmente, mutato la società e la cultura dando
vita a fenomeni su larga scala, quale la migrazione della popolazione dalle campagne alle città, che hanno condizionato le attitudini di vita della popolazione, l'uso e l'aspetto del territorio. Il movimento moderno, in architettura, come nelle altre arti, si pone l'obiettivo di riscrivere il rapporto tra l'uomo e le sue esigenze di vita ed in particolare i modi di concepire gli spazi. Così come negli edifici residenziali, con Le Corbusier, si inizia a pensare alla qualità di vita degli ambienti abitativi e la possibilità di convogliare più attività all'interno dello stesso edificio dando maggiore importanza al tempo libero e alla qualità della vita in generale. Analogo discorso si applica agli ambienti lavorativi dove la progettazione non si basa solo sul ciclo produttivo, ma anche alla qualità dell'ambiente dei lavoratori. La rivoluzione concettuale portata dall'avvento della nuova
architettura non si applica unicamente ai singoli edifici, questa rivoluzione, che ha radici molto profonde, non è un cambiamento superficiale, è dettato dall'evoluzione di una società ed in particolar modo dai tempi di questa evoluzione. Le macchine dettano i ritmi della produzione che si velocizza, e con essi detta anche i tempi della modifica della società. Parallelamente ai tempi produttivi si accorciano i tempi di viaggio: l'avvento del motore a scoppio, l'invenzione dell'automobile e dell'aereo segnano un'epoca dove la velocità è un nuovo paradigma da seguire. Così come nelle arti raffigurative le avanguardie studiano e incorporano questo elemento - basti pensare a tutto il movimento futurista anche nell'architettura la velocità di esecuzione degli edifici diventa uno degli elementi caratterizzanti la nuova progettazione.
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LA NUOVA EPOCA DI LE CORBUSIER ARCHITETTURA COME NUOVA INDUSTRIA
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Proprio le Corbusier, in particolare in "Maniera di intendere l'Urbanistica" tratta il tema della costruzione delle nuove unità abitative richieste per la moltitudine di lavoratori che trovano impiego nelle moderne industrie. Parla in particolar modo della costruzione tramite elementi
prefabbricati sottolineando l'importanza del costruire in rapidità senza però sacrificare la fruibilità degli ambienti, anzi dando a quest'ultima un'importanza fondamentale che sta alla base di tutto il processo di progettazione, e al costruire in economia. Proprio sulle case in serie egli scrive:
"Una grande epoca è cominciata. Esiste uno spirito nuovo. L'industria, irrompente come un fiume che scorre verso il proprio destino, ci porta gli strumenti nuovi adatti a quest'epoca animata da un nuovo spirito. La legge dell'Economia amministra in modo imperativo i nostri atti e le nostre concezioni non sono realizzabili che per suo tramite. Il problema della casa è un problema del nostro tempo. L'equilibrio della società oggi dipende da questo L'architettura ha come primo compito, in un'epoca di
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AUTOMOBILI, LOCOMOTIVE E AEROPLANI, ESEMPI DI TECNOLOGIA CHE LE CORBUSIER PRENDERÀ COME ESEMPI DI INNOVAZIONE NEL TRATTATO "VERSO UNA ARCHITETTURA"
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rinnovamento, quello di operare la revisione dei valori, la revisione degli elementi costitutivi della casa. La serie è basata sull'analisi e sulla sperimentazione. La grande industria deve occuparsi della costruzione e produrre in serie gli elementi della casa. Occorre creare lo spirito della produzione in serie, lo spirito di abitare le case in serie, lo spirito di concepire le case in serie. Se si sradicano dal proprio cuore e dalla propria mente i concetti sorpassati della casa e si esamina la questione da un punto di vista critico e oggettivo, si arriverà alla casastrumento, casa in serie, sana (anche moralmente) e bella dell'estetica degli strumenti di lavoro che accompagnano la nostra esistenza. Bella anche di tutta l'animazione che il senso artistico può apportare ad organi rigorosi e puri."
Quello che traspare chiaramente dai suoi scritti è la continua ricerca di nuovi paradigmi e concetti che egli riscontra in molte attività umane dell'epoca moderna. Nel suo trattato più famoso, "Verso un'architettura" , studia i nuovi prodigi della scienza moderna come i battelli a vapore, gli aeroplani e l'automobile. L'insegnamento, che trae dall'analisi di queste nuove componenti della vita quotidiana, lo porta a sintetizzare il concetto che in ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
un mondo in evoluzione, dove i tempi dell'evoluzione si sono ridotti drasticamente, l'Architettura non può continuare a seguire le linee guida tracciate in precedenza in quanto appaiono in netto contrasto con la vita moderna. Da questo passaggio nasce la negazione degli stili e dei loro canoni che diventano anacronistici in quanto frutto di una società antica, con abitudini differenti da quelle moderne, e la base di un nuovo modo di intendere
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DISEGNO DI LE CORBUSIER SULL'EVOLUZIONE DELLA TECNOLOGIA CAPITOLO SECONDO
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l'Architettura. Questo concetto è presente nella maggioranza dei trattati d'architettura del tempo. L'aspetto importante da sottolineare in questa questione è che la contrapposizione con gli stili non è una contrapposizione fine a se stessa. Non vengono negati gli stili in quanto tali, ma il loro rapporto con i nuovi ritmi della vita moderna. La rigidità stilistica delle epoche classiche aveva motivo di esistere al suo tempo, in quanto frutto dell'esperienza e sintesi di una società con impostazioni diverse da quella moderna. Il perseguire l'uso forzato di questi stili, frutto di una tradizione architettonica dettata dalle accademie, diventa anacronistico e fuori dai nuovi paradigmi della nuova società. La scomparsa degli ornamenti architettonici e delle regole classiche non è quindi una imposizione dettata unicamente dalla ricerca di nuove forme, ma il naturale sviluppo di una logica nuova e separata dalla continuità storica
ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
della costruzione. Per certi versi c'è addirittura un ritorno a forme arcaiche, a volumi puri, che ripuliti dagli ornamenti decorativi possono meglio rappresentare il sentimento dell'architetto. Questo è un elemento tipico delle avanguardie moderne, anche nelle arti figurative si andava nella stessa direzione, basti pensare al cubismo e alla ricerca Picassiana nelle forme e nella tradizione artistica africana, libera dai concetti di bellezza classica profondamente radicata in occidente. L'architettura cambia perché cambiano i presupposti che ne richiedono la sua esistenza, cambiano gli scopi per cui l'Architettura ha motivo di esistere e, soprattutto, cambia il punto di vista da cui si progetta. Il fuoco del progettista è maggiormente incentrato sull'uomo e sul suo rapporto con l'ambiente che abita. Questo si trasferisce anche nella pratica della progettazione; a tal proposito ancora in "Verso una
Architettura" Le Corbusier
scrive
"La pianta procede da dentro a fuori: l'esterno è il risultato di un interno. Gli elementi architettonici sono la luce, l'ombra, il muro e lo spazio. L'ordine è la gerarchia degli scopi, la classificazione delle intenzioni. L'uomo vede le cose dell'Architettura con i propri occhi che sono a un metro e settanta dal suolo. Non possiamo prendere in considerazione altro che scopi concretizzabili in immagini, che intenzioni traducibili in elementi dell'architettura. Se ci si affida a intenzioni che non sono proprie del linguaggio dell'architettura, si finisce nell'illusione delle piante, si trasgrediscono le regole della pianta per errore o per inclinazione alla vanità."
I CARATTERI FONDAMENTALI Come si può facilmente notare, quindi, il progresso e il processo di industrializzazione portano a profondi cambiamenti in tutta la civiltà moderna. L'architettura industriale segna le città sia attivamente con la produzione di manufatti dalle dimensioni importanti che cambiano il volto delle città e il loro tessuto urbano - si iniziano infatti a riservare parti della città con la
sola funzione produttiva - che passivamente, portando alla formazione di nuovi complessi residenziali richiesti per dare posto alla popolazione che abbandona le campagne alla ricerca di impiego nelle fabbriche. Inoltre la produzione di edilizia industriale ha un fortissimo impatto sui trasposti: le fabbriche richiedono una possibilità di trasporto di materie prime, al loro interno, e
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EDIFICI RESIDENZIALI E INDUSTRIALI IN ALCUNI SCHIZZI TRATTI DA "MANIERA DI PENSARE L'URBANISTICA"
ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
uno spostamento, verso l'esterno dei prodotti finiti. Non è un caso se i quartieri industriali sorgono nelle vicinanze di porti o sulle direttrici delle linee ferroviarie e stradali, anzi molto spesso lo sviluppo dei quartieri corre di pari passo con lo sviluppo delle grandi arterie di comunicazione e viceversa. I caratteri fondamentali dell'architettura industriale dunque sono la capacità di rispondere alle esigenze di spazio richieste dai macchinari produttivi e dalle aree di arrivo e partenza delle merci e di stoccaggio. La vicinanza a sistemi di comunicazione garantisce così la capacità di restare inseriti nella rete mercantile che si traduce nella capacità economica dell'azienda. Da un punto di vista prettamente estetico l'architettura si alleggerisce notevolmente, perdono importanza gli ornamenti decorativi in facciata fino alla loro completa scomparsa; gli elementi strutturali prendono il sopravvento fino ad essere
visibilmente dichiarati nelle facciate degli edifici. Le possibilità garantite dai nuovi sistemi costruttivi, in particolare quelli in cemento armato, grazie alle strutture portanti per punti, permettono l'apertura delle piante che non devono quindi più sottostare alla rigidezza progettuale portata dalla muratura portante. Gli spazi si aprono arrivando ad avere grandi ambienti senza soluzione di continuità che presentano numerosi vantaggi soprattutto per la produzione a catena di montaggio. Così come si liberano le piante anche i prospetti non sono più obbligati a aprirsi in pochi punti con luci ridotte: lo scheletro portante permette di avere la facciata libera utilizzando aperture maggiori che concedono una migliore qualità della vita lavorativa agli operai permettendo l'ingresso della luce all'interno degli edifici, negando quella separazione netta tra vita quotidiana e vita lavorativa che fino ad allora era stata tipica degli edifici CAPITOLO SECONDO
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produttivi. Tutte queste innovazione che hanno caratterizzato e fondato la nuova architettura a partire dai primi del novecento, se hanno grande importanza nei settori della costruzione abitativa, diventano addirittura
fondamentali nell'Architettura industriale e la frase simbolo del razionalismo "la forma segue la funzione" ha ancora più senso di essere in applicazione a quella branca dell'architettura che interessa la vita produttiva della società.
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LA LINEA DI PRODUZIONE A CATENA DI MONTAGGIO DELLA FORD MODEL T, ESEMPIO DI MASSIMA INNOVAZIONE TECNOLOGICA INDUSTRIALE
ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
LA CITTÀ INDUSTRIALE La trasformazione è talmente profonda che si comincia a parlare di città industriale, cioè una città segnata principalmente dalla presenza degli impianti industriali attorno ai quali girano molte delle considerazioni da fare nel modificare un territorio. Le Corbusier nei suoi trattati di urbanistica parla della città industriale tenendo però sempre in considerazione la qualità di vita degli abitanti; egli scrive in "Maniera di pensare l'Architettura: "Il problema, ricordiamolo, riguarda le condizioni di esistenza: si mira ad instaurare condizioni di vita migliori" dice questo parlando delle vie di comunicazione della città industriale, specificando la loro importanza strategica nel contesto di una città provvista
di apparati produttivi, asserendo che "La loro posizione naturale è quella più vicina alle vie di transito delle materie prime e delle merci" mettendo così l'accento sulla questione fondamentale del rapporto tra edifici e vie di comunicazione. Il nuovo modello di città sostituisce, in tutto il mondo, il vecchio modello. In questo processo di rinnovamento Le Corbusier sente l'esigenza di analizzare i punti forti dello stravolgimento avviato dalle industrie, ma anche i punti deboli che possono portare condizioni di disagio, prendendo coscienza della mancata pianificazione in molte città d'Europa che ha condotto a condizioni di vita difficoltose. Riconosce quelle che definisce le
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"attuali condizioni negative dell'ambiente industriale; a) disordine tumultuoso; b) mancanza assoluta delle condizioni di natura; c) avvilente lontananza delle zone residenziali (trasporti meccanici quotidiani, onerosi per l'utente e in definitiva rovinosi per la collettivitĂ ); d) a causa delle odierne cittĂ concentrico - radiali industrializzate, abbondanza di mano d'opera sul mercato e, di conseguenza instabilitĂ e nomadismo delle popolazioni operaie; e) abbandono delle campagne" ed a queste contrappone delle "condizioni positive da instaurare nell'ambiente industriale: 58
a) ordine e pulizia; b) ricostituzione delle condizioni di natura c) vicinanza dei luoghi di abitazione e soppressione dei lunghi trasporti quotidiani di trasporto; d) eliminazione del nomadismo mediante l'impianto dei coerenti dispositivi della cittĂ industriale lineare; e) istituzione di contatti reali e armoniosi con la vita contadina;
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LA CITTÀ INDUSTRIALE LINEARE SECONDO LE CORBUSIER CAPITOLO SECONDO
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Grazie a questi punti la città industriale verrebbe trasformata da un luogo di squallore e disordine ad una sede propizia per un lavoro animato dall'ottimismo, arriva a parlare di fabbriche verdi, anticipando di parecchi decenni il discorso della sostenibilità ambientale degli insediamenti produttivi, pur sempre ragionando sulla scala della qualità di vita del singolo. Individua il nocciolo della questione urbanistica proprio sull'industria, egli infatti asserisce che questa si deve sviluppare su una direttrice, coincidente con una via di trasporto - sia essa un corso d'acqua, una strada o una ferrovia - ed è proprio grazie a questa disposizione dell'industria che anche il problema dell'abitazione trova la sua soluzione ottimale. Questi tracciati, inoltre, non possono avere delle dimensioni
ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
indefinite, ma devono avere dei rapporti con lo spazio e con il tempo. A tal proposito indica nei tracciati storici la sede naturale delle città industriali lineari "giacché le strade della storia non sono che dei prodotti della geografia" Quello che porta ad una profonda riflessione sul ragionamento di Le Corbusier al riguardo della città industriale, non sono tanto la numerosa serie di esempi e lavori che compie nel suo studio, quanto la profonda coscienza di quello che essi rappresentano e di quanto la loro evoluzione arrivi ad influenzare la vita quotidiana di ognuno. Inoltre la spiccata sensibilità per quanto riguarda la qualità di vita dei cittadini, degli utenti e dei lavoratori ha una modernità che anticipa di quasi un secolo numerose questioni ancora aperte ai nostri giorni.
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CROCEVIA NELLE CITTÀ INDUSTRIALI SECONDO LE CORBUSIER IN "MANIERA DI PENSARE L'URBANISTICA"
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UNA CITTÀ PER TRE MILIONI DI ABITANTI
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La profonda consapevolezza del tema che riguarda la città industriale ed i suoi quartieri appare ancora più marcata in un trattato precedente di vent'anni: "Urbanistica"; benché quest'ultimo risulti essere più utopico rispetto agli scritti posteriori. Spiegando il progetto per una città da 3 milioni di abitanti, presentato a Parigi al "Salon d'Automne" nel 1922 L.C. affronta la questione della città moderna che suscita, nella sua interpretazione, violento sdegno per la totale mancanza di mezze misure. Arriva a formulare i principi
base per un'urbanistica moderna. Grossa rilevanza viene data al terreno, in particolare suggerendo la strada del terreno piano considerato ideale, e alla popolazione che viene suddivisa in tre fasce: abitanti urbani, suburbani e misti. Grande attenzione viene riservata proprio agli abitanti suburbani, cioè quelli che lavorano nelle periferie, nelle industrie, e che risiedono nelle città giardino. Questa classificazione delle diverse parti della popolazione porta all'individuazione di tre parti distinte della città:
il centro amministrativo la città industriale la città giardino
queste diverse parti devono essere particolarmente ben collegate e tra esse devono sorgere le zone verdi, dimensionate in proporzione alla densità di popolazione che ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
va incrementata per garantire la riduzione dei tempi di percorrenza dei collegamenti. Da questo presupposto si sviluppa quella che, in definitiva, risulta essere la
quarta parte della città: le vie di comunicazione. Anche queste vengono classificate in base alla
loro funzione definita dal tipo di traffico che ne usufruirà. I veicoli si distinguono in:
veicoli pesanti veicoli per brevi spostamenti veicoli rapidi
A questi veicoli corrispondono nell'ordine:
le vie di comunicazione del sottosuolo dove i veicoli pesanti possono caricare e scaricare nei grandi spazi lasciati liberi nei piani sotterranei degli edifici grazie al sistema strutturale di plinti e pilastri; le vie di comunicazione al livello del piano del terreno riservate ai veicoli per brevi spostamenti, che garantisce il collegamento nel raggio breve; le vie di comunicazione sulle direttrici nord-sud ed estovest destinate ai veicoli rapidi e che consentono, grazie a congiungimenti con le altre vie di comunicazione ogni 800 metri, di spostarsi dal centro alle periferie rapidamente;
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ANCORA LA CITTÀ LINEARE INDUSTRIALE ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
Lo studio che Le Corbusier riserva alla città industriale, e quindi all'architettura industriale, non è meno attento che non alle altre zone della città; queste sono ugualmente importanti per la vita stessa della città. L'industria rappresenta una parte fondamentale e per questo la sua Architettura deve rispondere agli stessi canoni qualitativi che si ricercano nell'Architettura del centro amministrativo e delle città
giardino. L'industria è entrata a fare parte a tutti gli effetti della città moderna e con essa i suoi manufatti. Ed è proprio in questi manufatti che L.C. vede il modello da seguire fino al punto di far coincidere la produzione industriale con quella edilizia che deve essere vista nella stessa ottica. Al riguardo in "Verso una Architettura" scrive:
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"In tutti i campi dell'industria si sono posti dei problemi nuovi, creando strumenti capaci di risolverli. Se si confronta questo fatto col passato, c'è rivoluzione. Nell'edilizia si è cominciato a forgiare il pezzo in serie; a partire dalle nuove necessità economiche si sono creati elementi particolari e di insieme; realizzazioni positive di particolare e di insieme. Se ci si pone di fronte al passato, si vede una rivoluzione nei metodi e nell'ampiezza delle iniziative. Mentre la storia dell'architettura si svolge lentamente attraverso i secoli, su stereotipi strutturali e decorativi, in cinquant'anni il ferro e il cemento hanno apportato acquisizioni che sono indice di una grande potenza di costruzione e di un'architettura dal codice rivoluzionato. Se ci si mette di fronte al passato, ci si rende conto che gli "stili" non esistono più per noi, che si è elaborato uno stile contemporaneo, c'è stata una rivoluzione". CAPITOLO SECONDO
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CASE IN SERIE, PRODOTTE SECONDO UNO SCHEMA PRODUTTIVO INDUSTRIALE, PER I LAVORATORI DELL'INDUSTRIA IN ALCUNI DISEGNI DI LE CORBUSIER
ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
WALTER GROPIUS E LA NUOVA ARCHITETTURA
L'EDIFICIO MODERNO E' chiaro che l'avvento delle industrie ha stravolto l'ambiente urbano rispetto a quello conosciuto fino a quel momento. Questo tema ovviamente colpisce e viene sviscerato da una lunga serie di architetti. La presa di coscienza non riguarda solamente il riconoscimento di un nuovo modello edile e urbano, dalle dimensioni importanti e dal grande impatto economico, ma riguarda il riconoscimento della fine di un epoca segnata dai suoi stili, e l'inizio di una nuova era nella quale velocità e semplicità sono le strade da seguire. Walter Gropius, esponente primario della scuola tedesca del Bauhaus, tratta nel suo scritto "la Nuova Architettura e il Bauhaus" il tema dell'edifico moderno,
dando le indicazioni che sono i fondamenti del pensiero razionalista. Egli da grande rilevanza al tema dell'industria che differenzia dall'artigianato, e con esso tratta l'edificio industriale, sintetizza lo spirito che porta alla concezione della funzionalità per un edificio industriale. L'esercizio di Gropius non è solo teorico, ma pratico. Nelle officine e nei laboratori della scuola del Bauhaus a Dessau possiamo riconoscere i tratti caratteristici del razionalismo industriale. La nuova componente industriale della civiltà moderna ha un impatto tanto forte sul suo pensiero che arriva ad organizzare la scuola del Bauhaus con quello stesso paradigma che sta alla base della cultura industriale.
CAPITOLO SECONDO
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VISTE DELL'EDIFICIO DELLA SCUOLA DEL BAUHAUS DI DESSAU, DISEGNATA DA WALTER GROPIUS. LE FOTO IN BASSO MOSTRANO I GRANDI SPAZI INTERNI DEI LABORATORI
ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
Gropius è, come molti altri suoi colleghi dell'epoca, affascinato dalle potenzialità dei nuovi materiali e delle nuove tecniche costruttive. Nella sua visione il sistema industriale non rappresenta solamente un aspetto da tenere in considerazione; non è soltanto il progressivo sviluppo delle aree industriali, inteso come sviluppo spaziale all'interno del tessuto urbano, e lo stravolgimento che esso
comporta ed esercita sui sistemi abitativi e di trasporti che affascinano e spingono l'architetto a pensare e progettare in maniera innovativa. Il sistema industriale per Gropius rappresenta un paradigma, un modello da seguire e sul quale ripensare i tradizionali sistemi della civiltà. Tra questi, ovviamente, il primo modello da rivedere è quello edilizio.
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LO STANDARD All'industria egli contrappone l'artigianato, questa contrapposizione è motivata più dalla diversa natura degli strumenti utilizzati, al diverso tipo di organizzazione del lavoro nei due ambiti: da una parte la completa suddivisione del lavoro, mentre dall'altra il controllo dell'intero ciclo di lavorazione da parte del singolo artigiano. Descrive industria ed artigianato come
due polarità opposte, ma in graduale avvicinamento; nella sua visione l'artigianato, nel tempo, si interesserà di produrre modelli e prototipi che saranno forme tipo sperimentali per la produzione di massa. In questo discorso grande importanza è ricoperta dallo standard. L'adozione dello standard è l'adozione della forma tipo. Nell'esistenza dei modelli standard vede la regola di una società evoluta e CAPITOLO SECONDO
ben ordinata; la ripetizione delle stesse forme per le stesse funzioni esercita un'influenza ordinatrice e civilizzante sulle menti umane. Questa reiterazione non è nuova, ma anzi la si può riscontrare nelle
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più ammirate città del passato, ed è proprio in questa reiterazione che si trova la dignità civica e la coerenza della città stessa.
"La standardizzazione non è un ostacolo allo sviluppo della civiltà, bensì una delle sue condizioni preliminari. Un modello standard può essere definito come quell'esemplare pratico e semplificato di un qualsiasi oggetto di uso comune riassumente in sé, come in una fusione, il meglio delle sue forme precedenti, purificate dal contenuto personale dei loro designer e da ogni caratteristica non essenziale. Tale standard impersonale viene chiamato «norma», parola che deriva dalla squadra del falegname". Quello di cui parla Gropius per l'edilizia è quindi uno standard, o una serie di standard che caratterizza la nuova architettura. Ancora una volta c'è una presa di distanza dagli
stili classici, ed anzi, in generale nega la definizione stessa di stile; questa non può essere alla base del pensiero architettonico moderno.
"Uno stile Bauhaus sarebbe equivalso all'ammissione di una sconfitta, a un ritorno a quella stagnazione, a quella mancanza di vitalità contro cui, fin dall'inizio, mi ero scagliato".
ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
SEMPLICITÀ E CHIAREZZA NELLA PUREZZA DELLE FORME
Ciò che più si mette in evidenza non è solo la netta volontà di separazione, e di marcare fortemente questa separazione, dalla tradizione architettonica, ma il motivo di tale determinazione nella negazione. L'industria, il sistema industriale, la cultura e la civiltà industriale sono una rivoluzione di tale portata che diventano la base e il modello ispiratore della nuova visione architettonica. In un contesto come questo, inizialmente, appare quasi strano non faccia un riferimento specifico all'edificio industriale. Non ne tratta i caratteri in maniera particolare, come fatto invece da altri architetti. Questo però risulta un ragionamento quasi naturale inserito nel discorso di standardizzazione fatto da Gropius. L'edificio industriale segue la medesima logica di qualunque altro edificio, ma troverà il suo naturale compimento grazie ad una
forma che sarà espressione della funzione soddisfatta al suo interno. In generale i caratteri fondamentali di questa nuova architettura sono dettati dalle innumerevoli possibilità legate all'utilizzo dei nuovi materiali. La pianta libera, le facciate non portanti da cui derivano le finestre a nastro, l'utilizzo del vetro, la costruzione attraverso l'uso di volumi puri, il tetto a terrazza. Sono tutti caratteri tipici di una composizione architettonica semplice e libera dagli abbellimenti ornamentali che hanno saturato le architetture precedenti e che non hanno più motivo d'essere. Le forme diventano chiare, limpide ed essenziali e sono l'evoluzione dalle stravaganze del mero capriccio architettonico ai dettami della logica strutturale. L'obiettivo non è più perseguibile seguendo gli ordini classici, ma si ritrova nel grande edificio, nel quale la CAPITOLO SECONDO
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vecchia linea di separazione tra elementi monumentali ed elementi decorativi sarebbe scomparsa per sempre. Molte delle idee di Gropius sono utopiche e spinte dall'euforia dello strabiliante progresso del periodo. Alcune di queste sue idee vedono la concretizzazione nelle sue opere, in particolare negli edifici della scuola di Dessau. Ma ancor più che negli edifici la loro concretizzazione si realizza nell'organizzazione dei corsi di studi che mirano a dare allo studente una competenza tecnica, teorica e pratica universale nella materia. La scuola si divide tra lezioni
ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
teoriche, laboratori artigianali ed industriali. Il razionalismo è la corrente architettonica che meglio si adatta all'edificio industriale. La forma che è libera espressione della funziona di un edificio - caso simbolo si può considerare la facciata della fabbrica di turbine AEG, disegnata da Peter Behrens, dove vetrata e timpano sembrano richiamare la forma di una vite o di un chiodo e nella quale si precisa dunque la straordinaria corrispondenza tra forma e funzione - è una forma semplice e lineare ed è studiata per chi ne usufruisce, cioè per i lavoratori.
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L'OPIFICIO FAGUS PROGETTATO DA WALTER GROPIUS E ADOLF MEYER FACCIATA PRINCIPALE DELLA FABBRICA PER TURBINE AEG DI BERLINO DISEGNATA DA PETER BEHRENS CAPITOLO SECONDO
L'ARCHITETTURA INDUSTRIALE OGGI
IL DEGRADO CONTEMPORANEO
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E ovvio rilevare che queste fossero linee guida tracciate da grandi pensatori ed in molti casi si rivelarono delle pure utopie. Nella realtà dei fatti il tema dell'abitare e dell'abitabilità dello spazio e della fruizione delle condizioni ambientali dei lavoratori non è, purtroppo, sempre centrale rispetto al progetto più spesso condizionato dalle esigenze delle macchine cui l'edificio deve consentire il funzionamento. Analogamente, salvo rari casi, la fabbrica si mostra indifferente rispetto al paesaggio, nonostante la sua imponente componente volumetrica, si sviluppa in complessi di edifici anonimi e dalla scarsa, se non
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completamente assente, qualità architettonica. Questi complessi, che nella maggior parte dei casi palesano l'anonimato più deludente e squalificante per l'ambiente circostante fino ad essere una vera minaccia per le emissioni e per l'utilizzo delle risorse. Il rischio che si corre con la immensa richiesta di edifici produttivi è quello di avere dei contenitori privi di qualunque qualità architettonica con la sola funzione di separare l'interno dall'esterno, proteggendo le macchine e i processi produttivi dagli agenti atmosferici. Viceversa è proprio per l'impatto territoriale e geografico che l'architettura industriale dovrebbe essere esempio del
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DALL'ALTO: CAPANNONI INDUSTRIALI NELLA ZONA ADIACENTE LA STAZIONE DEI TRENI A CAGLIARI. IN BASSO SI PUÒ NOTARE IL SITO DELLA EXSEM EDIFICI INDUSTRIALI ABBANDONATI NELLA ZONA DI SASSARI
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grado di sviluppo di un paese e dell'intera società di cui è parte integrante nel ciclo dei consumi e quindi dei costumi. Nella progettazione dovrebbe essere tenuta in grande considerazione una cura ed un'attenzione superiore a quella riservata a qualsiasi altro manufatto con la coscienza che questo abbia un ruolo di condizionamento esercitato sul contesto. Va tuttavia tenuto in considerazione che, rispetto ad altre tipologie edilizie, il fabbricato industriale abbia una storia recente nei paese occidentali, se non recentissima in paesi ancora in via di sviluppo. Conseguentemente va sottolineato che un'attenta riflessione sull'idea di fabbrica deve essere ancora portata a compimento e, probabilmente, se compresa nella sua dimensione di interazione con il paesaggio, produrre effetti di estremo interesse in relazione al territorio che la accoglie. Nell'attualità assistiamo alla costruzione di contenitori ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
anonimi, definiti appunto capannoni; volumi dispersi nel territorio in modo utilitaristico e privo di qualunque considerazione architettonica. Il fabbricato industriale subisce lo stesso destino riservato all'idea stessa di lavoro e di lavoratore a cui viene negato lo status di persona e quindi dell'idea stessa di abitare nell'uniformazione dell'attività umana nella logica utilitaristica della produzione di beni. Analogamente l'edificio che accoglie questa produzione cessa di essere un luogo abitabile, per diventare un semplice contenitore dei processi produttivi in esso contenuti. In questo contesto anche il quartiere industriale, pensato inizialmente come centro produttivo delle città, perde la sua prima concezione di parte fondante del tessuto urbano e vengono quindi meno tutti i propositi qualitativi ad esso correlati.
I LASCITI DELL'ARCHITETTURA MODERNA OGGI
La visione riservata a questi manufatti all'inizio del secolo scorso, in una concezione ingenua ed utopica in particolare con l'esperienza del futurismo - basti pensare alle sperimentazioni di Sant'Elia o alle rappresentazioni grafiche di Boccioni - sfocia però in esempi di grande valore tra i quali il caso della fabbrica della FIAT "Il Lingotto" di Torino. Sono questi casi di tale impatto sulla civiltà dell'epoca da rappresentare dei paradigmi di riferimento che vanno a condizionare l'intera produzione architettonica del tempo. L'edificio industriale d'altronde, come dimostra il caso della fabbrica di turbine dell'AEG progettata da Peter Behrens o dell'opificio Fagus ad Alfeld an der Leine, in Germania, progettata da Walter Gropius e Hannes Mayer in quegli stessi anni intorno al 1910 - aveva già
rappresentato compiutamente il proprio potere demiurgico e mediatico divenendo icona del moderno e di quella etica ed estetica del funzionalismo che guida e conquista completamente le ipotesi teoriche e pratiche delle avanguardie storiche. A quell'eroica e poetica visione del lavoro fanno seguito pochissimi esempi d'eccezione come la sede della Johnson Wax a Rancine di Frank LLoyd Wright del 1936 - si tratta però solo del corpo uffici - o il complesso industriale di Ivrea di Adriano Olivetti in cui, attraverso progetti manifesto, lavorano le menti più lucide del periodo che va dagli anni '20 al dopoguerra. Nel reale sviluppo della produzione edilizia industriale non vengono realizzati quegli auspicati effetti generali sulla costruzione dell'edificio per il lavoro che nella maggioranza dei casi subisce la logica CAPITOLO SECONDO
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economica di semplice strumento funzionale al ciclo produttivo. La quasi totalità dei complessi industriali insediati ai margini urbani nella prima metà del '900 sono soprafatti dallo sviluppo della città, che li ingloba e ne trasforma immediatamente le condizioni d'uso originali rendendole incongrue rispetto al tessuto circostante. Il fabbricato industriale diventa un edificio
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ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
storico di seconda generazione e si trasforma in luoghi complessi e destinati a funzioni diversificate compatibili con le grandi dimensioni quando l'edificio mantiene la dignità e la memoria del lavoro, mentre viene destinato alla demolizione quando, perdendo i presupposti architettonici, si riduce alla considerazione di semplice contenitore.
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IMMAGINI DELLO STABILIMENTO DELLA OLIVETTI A IVREA, DISEGNATO DA LUIGI FIGINI E GINO POLLINI. LA SEDE DELLA JOHNSON WAX A RANCINE DI FRANK LLOYD WRIGHT DEL 1936 CAPITOLO SECONDO
L'ERA POST – INDUSTRIALE
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Nella seconda fase, che può essere definita come fase post-industriale, l'edificio viene espulso dalla città e confinato in aree industriali periferiche dove la costruzione viene effettuata a basso costo e con bassissimi contenuti culturali che portano quindi ad avere impatti ambientali molto elevati. Questa condizione porta ad una ulteriore evoluzione della tipologia del fabbricato industriale e si realizzano così edifici di terza e quarta generazione che, coerentemente con le necessità imposte da una condizione sociale e di mercato dominata dal potere dell'informazione, ricercano nell'immagine architettonica l'opportunità per comunicare all'esterno un'auspicata qualità che si estende dal prodotto ai luoghi di produzione. Poiché la comunicazione ha assunto un peso assolutamente preponderante rispetto al passato nel decretare successi o insuccessi di un determinato ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
oggetto di consumo, i luoghi e i modi di produzione sono entrati al pari del design, del comfort e del packaging, nel circuito della qualità percepita dall'utente. Per questo oltre alla consistenza fisica e qualitativa dell'oggetto o del bene prodotto, hanno assunto costantemente importanza la filosofia aziendale, il benessere dei lavoratori nel loro ambiente lavorativo e la salvaguardia dell'ambiente inteso come utilizzo dei materiale e controllo delle emissioni. Questo fenomeno di miglioramento costante del fabbricato industriale si mostra in rapidissima espansione. La fabbrica contemporanea si caratterizza pertanto quale strumento funzionale all'affermazione del marchio attraverso un'orgogliosa esibizione dell'eccezionalità raggiunta attraverso la realizzazione del proprio luogo di produzione. Sempre più spesso infatti le nuove configurazione dei
luoghi di produzione si mostrano come veri e propri spazi della rappresentazione. Se ci si sofferma ad analizzare piante e sezione delle più moderne fabbriche contemporanee ci si rende conto di come gli spazi della produzione si affermino come dei veri e propri teatri del ciclo produttivo. Ovviamente nelle facciate e nei fronti all'esterno e il rapporto tra l'interno ed il contesto urbano risultano essere gli elementi più sollecitati in questa opera di ripensamento. Al contrario invece l'aspetto planimetrico costituisce un'invariante che difficilmente riesce a prescindere da forme dettate dall'estrema razionalità. La copertura è, nella maggioranza delle applicazioni sempre più uno strumento di diffusione della luce, mentre su un piano costruttivo spinge costantemente verso
l'allargamento delle campate strutturali e la limitazione dei sostegni verticali negli esempi più significanti manca una marcata separazione tra i corpi uffici e la zona produttiva tentando una necessaria integrazione tra pensiero ed azione, tra forma e funzione. Ritorna quindi quella formula, già tipica del ragionamento razionalista del primo novecento e che ha caratterizzato la nascita dell'architettura industriale, la ricerca di una forma che sia lo specchio della funzione, ma con l'accezione che Gropius sottolineava nella rinnegazione degli stili. Se la funzione cambia dunque cambia anche la forma che assume il compito di rappresentarla. Negli anni sono sempre andate crescendo le commesse e molti sono stati gli architetti che si sono cimentati con la progettazione di tali edifici.
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ALCUNI ESEMPI DI STABILIMENTI INDUSTRIALI CONTEMPORANEI: LO STABILIMENTO DELLA GH GENHELIX DELLO STUDIO ACOSTA - FOURNIER IN SPAGNA, NELLA FACCIATA È VISIBILE IL BRAND DELLA DITTA. L'AREA VISITE NELLO STABILIMENTO DELLA NESTLÈ IN BRASILE. AUTORE DEL PROGETTO LO STUDIO METRO ARQUITETOS ASSOCIADOS LO STABILIMENTO DELLA PERFETTI A LINATE DELLO STUDIO ARCHEA ASSOCIATI ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
CRISI DELL'INDUSTRIA E ABBANDONO DELL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE La produzione e l'utilizzo di fabbricati industriali è strettamente legata ai fenomeni economici. Quando un determinato sistema economico va in crisi l'industria è uno dei campi nei quali si possono notare gli effetti. Lo spostamento di una produzione o l'abbandono della produzione fa si che un fabbricato, nato appositamente per la produzione, si ritrovi
abbandonato e privato della funzione per la quale è stato progettato. Questo fenomeno ha fatto si che molte città si siano ritrovate con grandi manufatti inutilizzati ed abbandonati a se stessi causando il degrado dello scenario urbano. In molti casi non si tratta solamente di isolati edifici, ma di intere aree a destinazione produttive rimaste vuote ed inattive.
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L'ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE
STORIA DELL'ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE
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Da questa situazione nasce l'archeologia industriale che si pone l'obiettivo di studiare le cause della nascita di un impianto industriale, e del suo abbandono. In successione si pone poi il grande problema del come recuperare e riutilizzare un fabbricato, nato per scopi produttivi, per altri fini. Nella seconda metà del settecento l'Inghilterra era stata tra le prime nazioni coinvolte nella rivoluzione industriale, e fin dalla seconda metà dell'Ottocento ebbe modo di svilupparsi, in numerosi ambienti culturali, una notevole attenzione per alcuni caratteri dell'industrializzazione. Nel 1851, a Londra, questa sensibilità ebbe modo di ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
affermarsi; a ciò fece seguito la creazione del museo della scienza di Kensigton. Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento fiorirono una moltitudine di appassionati che avevano come scopo la conservazione di alcuni manufatti industriali. Tra questi grande importanza ebbe la Cornish Engine Presevation Society nata con lo scopo di preservare i mulini ad acqua sorti nelle campagne inglesi. In seguito alla seconda Guerra Mondiale le principali città del Regno Unito furono coinvolte in una grande opera di ricostruzione che portò alla distruzione di diversi edifici che avevano avuto una importanza strategica nel Settecento e nell'Ottocento per lo sviluppo economico industriale, ma che
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ALCUNI ESEMPI DI ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE IN SARDEGNA IL CEMENTIFICIO ABBANDONATA A SCALA DI GIOCCA NEI PRESSI DI SASSARI E LA CENTRALE ELETTRICA DI SANTA CATERINA NEL SULCIS IGLESIENTE CAPITOLO SECONDO
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alla fine degli anni quaranta, in uno scenario completamente diverso e stravolto dalla guerra, non avevano più l'importanza della quale avevano beneficiato grazie alla loro utilità. La loro demolizione vide l'opposizione di molte associazioni di cittadini che vedevano in questi fabbricati una traccia del loro passato e dalla loro cultura. Nel 1962, in particolare, l'attenzione dell'opinione pubblica si catalizzo sulla Euston Station, una delle più importanti stazioni ferroviarie londinesi e sul portico di colonne dorico che la precedeva: lo Euston Arch. Nonostante le vive proteste dei comitati e della comunità internazionale non fu possibile evitare la demolizione che però fu causa di un vivo risentimento. L'insuccesso di questa operazione portò, l'anno seguente, a dichiarare l'Ironbridge, un grande ponte in metallo sul fiume Seven nel Galles, monumento nazionale. Il patrimonio di archeologia industriale veniva così ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
ufficialmente riconosciuto della sua importanza culturale dalle autorità anglosassoni. Fin dal suo nascere quindi l'archeologia industriale insiste su un contesto che colloca i processi e i mezzi di produzione, tradizionalmente facenti parte dell'ambito della storia della tecnica, in una realtà di luoghi e di territori di fabbriche e di case dove si muovevano gli uomini che rendevano produttive e funzionali tali strutture. Non si tratta semplicemente della storia economica e sociale di un determinato ambito geografico. Partendo da qualche documento materiale, nel corso di una ricerca archeologica, si ritrovano le circostanze materiali e tecnologiche che hanno consentito l'originarsi della fabbricazione di una macchina, di un o congegno o di uno stabilimento industriale ed allo stesso tempo si identificano le conseguenze che tali avvenimenti hanno avuto sull'intero ambiente, naturale e umano.
IMPORTANZA CULTURALE E SOCIALE DEI COMPLESSI INDUSTRIALI
L'archeologia industriale cerca quindi di elaborare gli strumenti di indagine che, a partire da «elementi concreti» consentano la ricostruzione dello spazio materiale e umano che «circonda» la società. Attraverso questo esame si mette in risalto la struttura storica del territorio, definito come cultural landscape, e cioè l'insieme delle trasformazioni imposte dall'uomo al suo ambiente; con al centro di una rete multifunzionale di case, strade e strutture terziarie, l'impianto manifatturiero. In Italia l'archeologia industriale è una disciplina che ha cominciato a conoscere un certo sviluppo solamente verso la fine degli anni settanta. Dopo questa prima fase pioneristica i decenni successivi hanno visto la crescita istituzionale della disciplina, con un collegamento
sempre maggiore con gli organi internazionali e la presentazione e la realizzazione di grandi progetti di recupero e di riuso delle aree industriali dismesse. Per quanto concerne il dibattito teorico italiano intorno ai metodi e alla definizione delle competenze dell'archeologia industriale, è opportuno ritenere che il fine ultimo di questa disciplina è la ricostruzione della civiltà e della cultura industriale, attraverso lo studio di documenti materiali. L'analisi dell'organizzazione dell'industriale nel territorio e le sue articolate relazioni con le diverse realtà economiche e sociali. Questa analisi ha la funzione di comprendere quali siano i motivi che hanno portato al nascere di un insediamento produttivo che collocato nel territorio ha CAPITOLO SECONDO
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prodotto dei profondi cambiamenti sociali e culturali, che spesso hanno influito talmente tanto sulla civiltà da divenirne, nel tempo, parte integrante. La materia riserva in se la domanda del perché sia importante salvare queste strutture. La fine del XX secolo segna la fine dell'era cominciata con la rivoluzione industriale e l'inizio dell'epoca post industriale contraddistinta da una sempre più evidente presenza dell'informatica. Ciò sta portando a cambiamenti profondi nei processi industriali. In questo contesto l'abbandono di opifici, rimasti attivi per secoli ed arrivati fin ai nostri giorni praticamente invariati causati da motivi antieconomici, sta segnando molti luoghi di interesse. L'incontro quindi tra il riconoscimento di una
ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
importanza culturale, nella società contemporanea, e l'abbondanza di aree di grandi dimensioni prive di uno scopo e quindi inutilizzate impone il tema del recupero e del riuso di questi impianti. Se la loro dignità architettonica si può riscontrare nella loro funzione produttiva è logico continuare a riservare ad essi lo stesso indirizzo culturale. Se nel passato hanno avuto una funzione produttiva che si è attesta nella cultura, si può ipotizzare per questi fabbricati una funzione produttiva nel campo della cultura. Assorbiti nel tessuto urbano delle città, con le loro grandi dimensioni possono essere ripensati per assumere un ruolo attivo nella vita culturale di una comunità.
IL RECUPERO E IL RIUSO LA LOGICA FONDANTE DEL RECUPERO E' partendo da questo presupposto che negli ultimi decenni sono state riscoperte, restaurate e rivalutate in modo da divenire contenitori per centri di studio e poli museali, centri espositivi. Uno degli esempi più interessanti che ritroviamo in Italia, ma con risonanza internazione, è quello della storica fabbrica torinese della FIAT: il lingotto, che rappresenta un esempio di riqualificazione a scopo museale. Il recupero di un edificio industriale, o di una intera area produttiva è un processo che deve affrontare numerosi problemi, ma che offre allo stesso tempo una importante occasione per la rivalorizzazione di aree che hanno perso la loro vocazione primaria. Gli edifici industriali,
per la loro natura di contenere grandi processi produttivi, dispongono di grandi spazi che quindi offrono diverse possibilità di riutilizzo. Il loro riutilizzo deve essere pensato come un intervento che abbia una ricaduta in termini culturali ed economici sulla popolazione del territorio nel quale sono inseriti. Il loro recupero ha un valore, in primo piano, estetico, in quanto le loro dimensioni influenzano in maniera visibile la qualità visiva. In secondo piano è importante che il recupero di queste strutture sia l'occasione per rendere alla città spazi inutilizzati che possono invece accogliere attività che hanno una ricaduta positiva sulla popolazione. Proprio per queste disposizioni sono molti i casi in cui tali CAPITOLO SECONDO
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edifici vengono riconvertiti come spazi atti ad accogliere allestimenti museali o mostre. Numerosi sono i casi nei quali invece questi spazi vengono restituiti alla comunità nella
forma di luoghi nei quali trovano spazio attività, spesso legate al mondo dell'arte, che non avrebbero altrimenti modo di esprimersi.
LA KULTURBRAUEREI DI BERLINO
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Caso esempio di recupero è la Kulturbrauerei a Berlino. Questa ex fabbrica di birra, localizzata a nord di Alexander Platz su shonehauser Allee, fu il più grande birrificio del mondo. La superficie totale del complesso è di circa 20000 mq e si articola attorno ad un grande isolato chiuso, che forma al centro un'ampia corte dove si collocano edifici di diverse dimensioni. Si trova nel quartiere di Pranzlauer Berg, oggetto negli ultimi anni di un processo di riqualificazione che, attraverso grandi e piccoli interventi, ha spinto per la riscoperta da un punto di vista turistico, rendendolo uno dei luoghi più rinomati per la vita culturale Berlinese. Il birrificio ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
venne chiuso nel 1967, e venne utilizzato come magazzino per un certo tempo per essere poi totalmente abbandonato al degrado. Occupato ed utilizzato come laboratorio da diversi artisti diventando il centro propulsore di diverse iniziative culturali che rivitalizzarono l'edificio. Dopo la riunificazione delle due Germanie l'intero complesso venne acquistato dall'impresa immobiliare TLG che inizio la ristrutturazione nel 1998 con il vincolo di mantenere il carattere originale degli edifici storici e impegnandosi a prevedere funzioni che valorizzassero l'archeologia industriale. L'ex birrificio è una chiara prova di come la
possibilità di costruire lo
sviluppo e la riqualificazione di
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ALCUNE IMMAGINI DELLA KULTURBRAUEREI DI BERLINO DOPO IL RECUPERO
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un quartiere a partire dalla promozione culturale e dall'attrazione turistica attraverso il presidio del territorio e la fruizione collettiva di uno spazio che appartiene alla memoria storica della città. La Kulturbrauerei, grazie al progetto di recupero, oggi rappresenta uno dei luoghi più rinomati per la vita culturale e ricreativa di Berlino, grazie alla scelta progettuale di integrare diverse funzioni e di voler rispondere alle diverse esigenze che combinano diverse popolazioni in modo combinato. L'ex birreria mette a disposizione spazi per concerti e per festival di vario genere, offre rassegne teatrali, incontri sulla letteratura e sulla cultura, dibattiti politici e sociali, oltre a contenere cinema, negozi, ristoranti, studi ed uffici. La caratteristica e forza principale della Kulturbrauerei è stata quella di saper trasformare un vincolo in una opportunità, in particolare la scommessa è stata quella di identificare nelle ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
caratteristiche dell'archeologia industriale dell'edificio il veicolo per rendere attraente il nuovo centro e per inserire il progetto in un quadro complessivo di rinnovo e sviluppo dell'intero quartiere di Prenzlauer Berg. Dal punto di vista del riuso degli spazi industriali rappresenta una novità in quanto questi vengono valorizzati in fatto di architettura industriale come fattore di attrazione non in un'ottica museale, integrando gli spazi compatibili con la struttura per il divertimento, spazi commerciali e culturali. L'insieme di queste attività culturali e commerciali ha generato diverse economie che hanno permesso una gestione della struttura sostenibile nel tempo, Dal punto di vista organizzativo l'idea di fondo è stata quella di moltiplicare gli usi degli spazi e di differenziare la tipologia dell'offerta in modo da potenziare le attività commerciali presenti nella struttura.
COMPRENSIONE DEI PRESUPPOSTI E DIFFICOLTÀ DELLE SCELTE NEL RECUPERO DI FABBRICATI E COMPLESSI INDUSTRIALI
Sebbene il recupero dei fabbricati produttivi in disuso offre lo spunto per la rivalorizzazione di intere aree e sviluppo di quei luoghi che, avendo perso la loro funzione originaria, non hanno più un compito nella città, può in certi casi rappresentare delle difficoltà progettuali, già a partire dal cambiamento di funzione al quali vengono destinati. La progettazione originaria, che aveva come presupposti l'alloggio di impianti produttivi, è stata concepita appositamente per la produzione; gli spazi, le aperture, i percorsi e quindi piante e sezioni sono state disegnate e realizzate con un obiettivo specifico. Il compito della riqualificazione e del recupero è quello di identificare una nuova ragione
di utilizzo che sia compatibile con le dimensioni e le forme dell'edificio già esistente. Diventa molto problematico riuscire a riconvertire a nuove funzioni edifici come magazzini o silos che erano adibiti allo stoccaggio di materie prime o materie lavorate. In particolare silos e gasometri per la loro forma cilindrica, l'assenza di orizzontamenti interni e la loro struttura portante sono fabbricati che hanno una grande complessità di riprogettazione. La prima difficoltà per queste strutture, essendo state pensate per il contenimento di materiali o, nel caso dei gasometri di gas, offrono ben poche possibilità di apertura verso l'esterno. In molti casi queste strutture sono realizzate o in cemento armato o in acciaio; nel caso di CAPITOLO SECONDO
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strutture in acciaio, molto spesso utilizzate nella costruzione dei contenitori di gas cittadini dalla metà dell'Ottocento, il recupero è più semplice in quanto la struttura portante in travi d'acciaio è separata dal rivestimento in pannelli metallici, questo permette lo smantellamento, anche completo del rivestimento metallico lasciando la completa possibilità di recupero utilizzando a questo fine la sola struttura portante. Diversa considerazione bisogna fare per le strutture in cemento armato o in muratura, in questi casi, come per i gasometri di Vienna, non è possibile creare deliberatamente aperture verso l'esterno per motivi strutturali. Caso ancora più complesso risulta essere il recupero di silos, solitamente adibiti a depositi granari e di cereali. I silos, costruiti solitamente in cemento armato, hanno un diametro ridotto rispetto a quello dei gasometri, per questo motivo, e per la struttura portante in ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
cemento armato, risulta particolarmente complicato riuscire ad ottenere delle aperture significative. Lo spazio interno, nel caso dei silos, deve essere pensato in maniera da poter utilizzare più di uno di questi contemporaneamente per un unico spazio. Il loro diametro ridotto infatti non consente di ottenere, all'interno di uno solo, uno spazio significativo utile per un ambiente, abitativo o lavorativo. Solitamente si preferisce, quindi, assegnare ai silos una funzione di magazzino, di contenitore, come è stato pensato per loro nella prima progettazione ed utilizzazione, ma contestualizzata al recupero dell'edificio intero, possono essere quindi adibiti a magazzino per un museo o per una biblioteca, valorizzando quindi quegli aspetti della loro conformazione come l'assenza di luce naturale, o la possibilità di controllare in maniera efficace l'umidità dell'aria in essi contenuta.
ESEMPI DI RECUPERO DI EDIFICI INDUSTRIALI CHIUSI. SILOS E GASOMETRI
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CAPITOLO TERZO CAPITOLO TERZO
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ANALISI SULL'ARCHITETTURA INDUSTRIALE
ESEMPI DI RECUPERO DI EDIFICI INDUSTRIALI CHIUSI. SILOS E GASOMETRI ALCUNI RECUPERI IN EUROPA 97
Ai fini di comprendere meglio come un edificio industriale con queste caratteristiche, e che presenta quindi delle difficoltà di progettazione notevoli, faremo alcuni esempi di restauro e recupero di fabbricati come gasometri e silos, che hanno affrontato queste difficoltà, riuscendo a risolverle, diventando paradigmi della materia e riqualificando, con la loro nuova funzione, interi quartieri diventando, essi stessi, centri di attrazione turistica e culturale oltre ad
essere dei chiari esempi di recupero architettonico riuscito, sia nella sua concezione concettuale che nella sua estetica, riconferendo dignità ad edifici che da sempre hanno avuto un ruolo importante per le città. Questi sono esempi di recupero di silos granari per funzioni completamente diverse da quelle originarie: è il caso dei Gasometri di Vienna che, una volta recuperati, hanno riqualificato un intero quartiere restituendo una funzione essenziale a questa
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parte della capitale austriaca; sia come fonte di servizi che come attrazione turistica e culturale. Altro caso emblematico di recupero di un edificio industriale di forma cilindrica è il gasometro di Oberhausen, cittadina tedesca situata a circa 30 chilometri da Düsseldorf, che è stato recuperato alla fine degli anni novanta e che ora accoglie mostre, temporanee ed eventi culturali che danno grande risalto alla città. L'esempio quelli del Gemini Residence a Copenhagen mostra come un edificio nato con la funzione di
conservazione di granaglie possa avere nuova vita trasformandosi in un centro residenziale dalle grandi qualità abitative, mentre il Grünerløkka Student House di Oslo, un complesso di silos granari situati in un quartiere industriale della città, che agli inizi degli anni 2000 sono stati recuperati e riconvertiti in uno studentato con 226 unità abitative, dimostra l'importanza che un intervento di recupero può avere nella fornitura di servizi ad una intera città.
I GASOMETRI DI VIENNA I gasometri di Vienna sorgono nel Simmering, un distretto di carattere prettamente industriale dovuto alle sue antiche fabbriche e stabilimenti, che è stato oggetto, a partire dagli anni novanta, di un esperimento di recupero architettonico: quattro gasometri aventi 102 anni
l'uno sono stati trasformati da quattro equipe di architetti in un quartiere completamente nuovo. Per comprendere meglio le dimensioni enormi di questo progetto basti pensare che ciascuno di questi quattro gasometri, alti 75 metri, potrebbe ospitare la ruota panoramica della città.
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STORIA I Gasometri nascono per una decisione della giunta comunale del 5 giugno del 1892 che approvava il programma per la costruzione di diverse stazioni urbane che rispondessero alla domanda crescente di fornitura di gas alla città; a quel tempo infatti la domanda di gas, utilizzato in particolare per l'illuminazione della città e per il riscaldamento degli edifici, era in forte crescita. Questo programma contribuì all'abbassamento dei prezzi per l'illuminazione stradale della città di Vienna e per la fornitura di gas domestico a prezzi accessibili. L'ingegnere Theodor Hermann fu nominato consulente tecnico per gli affari riguardanti il gas della città. Il suo compito era quello di sviluppare il progetto e guidare un grippo di esperti incaricati della realizzazione di un nuovo impianto a gas che servisse l'intera utenza cittadina. Il 4 Luglio del 1893 una giuria, che
ebbe il compito di giudicare i due progetti che parteciparono alla gara, assegnò il primo premio all'ingegnere Shimming di Berlino. Il progetto vincitore prevedeva l'insediamento di due stazioni di benzina, una situata a Nußdorferstraße e l'altra a Kaiserebersdorf (11° distretto). Entrambe le stazioni dovevano avere una produzione annuale di circa 51 milioni di metri cubi. Nel Febbraio del 1893 il consiglio comunale viennese decise di acquisire il Simmering (11° distretto) per la costruzione della stazione di servizio urbana. L'ingegnere consulente tecnico per le questioni relative al gas della città, Theodor Hermann, lavorò sulla base del progetto vincitore al piano dettagliato per la realizzazione delle grandi officine viennesi del gas. L'impianto era stato dimensionato per una fornitura annuale di circa 100 milioni di metri cubi, e tutto il resto dell'impianto era dimensionato in base a questa fornitura. Il primo gasometro venne dimensionato per una fornitura giornaliera di 432.000 CAPITOLO TERZO
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metri cubi ed una produzione annua di 86 milioni di metri cubi. Secondo il progetto iniziale le stazioni erano disposte in due punti della città: la prima nel nord-ovest e la seconda nella zona sud-est. Il progetto venne riprogrammato, a causa della scarsa disponibilità di spazio nella città, per essere convogliato in un unico impianto di grandi dimensioni nel quartiere nordovest, mentre nella zona sud-est l'impianto, di dimensioni ridotte, avrebbe avuto la sola funzione di controllo tecnico. La realizzazione di tale impianto, che prevedeva una grande disponibilità economica: circa 30 milioni di fiorini, per essere autorizzata richiese una commissione giudicatrice formata da 81 consigli
locali della bassa Austria. L'autorizzazione a costruire fu concessa nel 1896 dopo diversi giorni di dibattiti. I gasometri sono quattro e vennero realizzati tra il 1896 e il 1899 nel distretto viennese del Simmering. Il progetto fu il più grande di tutta Europa. Sono stati dismessi nel 1984 in seguito alla scoperta di nuove tecnologie per la fornitura di gas e alla conversione del gasi di città e del gas di carbone al gas naturale. Il gas infatti viene ora immagazzinato sotto terra in moderni contenitori di stoccaggio a pressioni molto più elevate e quindi con volumi molto minori rispetto ai vecchi grandi gasometri. Nel 1978 sono stati dichiarati protetti come importanti riferimenti storici.
LA RISTRUTTURAZIONE La città di Vienna ha intrapreso una ristrutturazione e rivitalizzazione dei monumenti nel 1995 affidando la riprogettazione per il nuovo uso delle strutture a 4 studi di architetti, uno per ogni gasometro. I progetti furono affidati a Jean Nouvel (Gasometro
A), Coop Himmelblau (Gasometro B), Manfred Wehdorm (Gasometro C) e Wilhelm Holzbauer (Gasometro D) e la loro realizzazione è stata completata tra il 1999 e il 2001. Ognuno di questi edifici è stato suddiviso in diverse zone funzionali:
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appartamenti nella parte superiore, uffici nei piani intermedi e una parte riservata all'intrattenimento e allo shopping nei centri commerciali ai pianterreno. Lo storico muro in mattoni esterno è stato conservato. L'opera conta 615 appartamenti, una sala eventi con la capienza di 3500 persone, un
cinema center, un centro commerciale, una casa dello studente, l'archivio comunale della città di Vienna, gli uffici della società austriaca di telecomunicazioni, un asilo, alcune scuole e altri uffici distribuiti in tutti e quattro i gasometri.
GASOMETRO A JEAN NOUVEL Nouvel ha mantenuto l'involucro esterno intatto come testimonianza storica dell'importanza della struttura per la città. Ha progettato una serie di segmenti - 18 in una prima ideazione, 9 nella effettiva realizzazione - che ospitano appartamenti su 14 livelli. Questi segmenti sono leggermente distanziati dalla struttura esterna originale in modo da consentire degli accessi verticali. Il centro commerciale che collega i quattro fabbricati è qui coperto con una cupola di vetro e circondato da aiuole d'erba. Lo spazio interno si rispecchia chiaramente nella facciata originaria. Ogni segmento
ha, infatti, accesso alla vista esterna attraverso delle aperture nel muro di mattoni, o indirettamente grazie allo spazio interno che si è creato tra il muro e la nuova costruzione. Il rivestimento interno dei segmenti in vetro prevede una serie di riflessioni che accentua l'effetto di leggerezza data dal materiale. Nuovel aveva pensato di utilizzare la strutture esistente come supporto per la cupola superiore e come appoggio per gli impianti bio-climatici, questo però non è stato realizzato per motivi economici e così la cupola superiore rimane un semplice elemento ornamentale.
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GASOMETRO B COOP HIMMELBLAU
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L'idea di Coop Himmelblau, per il recupero del Gasometro B, prevede tre nuovi volumi che si aggiungono alla struttura storica esistente: un cilindro all'interno del gasometro, una sorta di scudo visibile dall'esterno, e la grande sala multifunzionale alla base del fabbricato. All'interno del cilindro e dello scudo sono disposti appartamenti ed uffici. L'illuminazione di questi spazi interni è fornita da delle corti interne coniche che attraversano la parete storica dell'edificio. Mentre l'illuminazione generale è garantita grazie ad un'ampia facciata di vetro orientata verso nord. I 330 appartamenti qui situati offrono diverse tipologie abitative, che vanno dal trilocale fino ai loft o agli appartamenti più piccoli destinati agli studenti. Grazie a questa commistione di appartamenti ed uffici è garantito un nuovo modo di vivere e lavorare. Il Gasometro è accessibile, per gli abitanti o per i visitatori, dalla strada o
direttamente dalla stazione metropolitana attraverso il centro commerciale che collega i quattro edifici al piano terra. Nel Gasometro B tra la sala eventi e la zona residenziale si crea un grande ambiente di collegamento funzionale che intensifica la comunicazione interna, Lo "Sky hall" al 6° piano crea uno spazio dedicato alla socializzazione degli abitanti, ed altri spazi ancora hanno la funzione di spazi comuni. Il foyer della sala eventi è collegato direttamente con la stazione metropolitana, Il "Night Mall" ospita anche altri spazi comuni, diventando una zona di transito per chi arriva o lascia la sala eventi.
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GASOMETRO C MANFRED WEHDORM Il concetto degli Architetti Wehdorn si basa su un chiaro ordine delle nuove funzioni, sulla creazione di una ottima qualità abitativa e su un semplice linguaggio architettonico delle forme. Progetto e realizzazione rispecchiano la filosofia degli Architetti Wehdorn: la poesia della semplicità. Come per gli altri fabbricati viene mantenuta la storica facciata esterna in mattoni, a cui viene affiancata internamente una struttura che accoglie gli appartamenti e gli uffici. La copertura della struttura è una cupola in acciaio e vetro che permette quindi l'illuminazione dall'alto, illuminazione che arriva agli ambienti interni anche tramite le aperture in facciata direttamente collegata all'interno dell'edificio. Al centro del gasometro troviamo una corte nella quale
una seconda cupola fornisce l'illuminazione al centro commerciale comune sottostante, su questa corte si affacciano le strutture che ospitano residenze ed uffici. Questa conformazione crea una sorta di separazione concettuale tra lo spazio comune, che si identifica nello shopping center, e uno spazio semipubblico e cioè accessibile solo da chi usufruisce delle abitazioni o degli uffici. Il Gasometro C è stato reinventato come un edificio a corte centrale nel quale la facciata storica rappresenta una netta separazione con l'esterno. Questa conformazione presenta 3 tipologie di spazio: uno spazio pubblico sotto il gasometro, uno semipubblico nella corte e uno privato all'interno degli uffici e delle abitazioni.
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GASOMETRO D WILHELM HOLZBAUER
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La scelta progettuale di Wilhelm Holzbauer si differenzia sostanzialmente dalle altre 3. Esso rappresenta l'unico caso di assenza di spazio interno. L'asse centrale del gasometro è occupato dagli impianti di trasferimento verticale: corpo ascensori e scale. Il risultato di questa scelta è un blocco centrale suddiviso in tre sezioni
compatte tra le quali sono situati altrettanti giardini. Si mantiene la facciata originale esterna che però, in questo caso, risulta essere separata dall'edificio interno, che comprende appartamenti e uffici, mentre al piano terra si mantiene la continuità con il resto del complesso rappresentata dal centro commerciale.
CONCLUSIONI I quattro progetti, che si differenziano tra loro per le scelte progettuali e dei materiali, hanno però una continuità sostanziale garantita dal vincolo di dover tenere le facciate esistenti dei fabbricati, simbolo della memoria storica dell'importanza che, per la città di Vienna, ha rappresentato l'impianto di
contenimento e distribuzione del gas. Il recupero del complesso industriale dei gasometri viennesi dimostra come, attraverso una riprogettazione funzionale e spaziale, si possa recuperare un manufatto dalle importanti dimensioni restituendo ad un intero quartiere una rilevanza essenziale per la città.
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VISTA D'INSIEME DEI GASOMETRI DUE IMMAGINI INTERNE DEL GASOMETRO A PROGETTATO DA JEAN NOUVEL VISTA DELLA GRANDE STECCA CHE AFFIANCA IL GASOMETRO B DISEGNATA DALLO STUDIO COOP HIMMELBLAU
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ALCUNE IMMAGINI DEI GASOMETRI DI VIENNA I GASOMETRI SONO STATI RECUPERATI DA DIVERSI STUDI, MA TUTTI ALL'INTERNO DI UN PROGETTO DI RIUSO COMUNE
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IL GASOMETRO DI OBERHAUSEN Altro esempio di come un recupero industriale, anche in questo caso di un Gasometro, possa restituire dignità ad un edificio dismesso, seppure con scelte progettuali e concettuali completamente differenti da quelle esercitate nel progetto di Vienna, è il caso del fabbricato di Oberhausen, cittadina extracircondariale tedesca, situata nella Land della Renania Settentrionale, Vestfalia, a 30 chilometri a nord di Dusseldorf. Situata nel cuore della Ruhr, regione che durante la rivoluzione industriale fu fortemente sviluppata grazie ai bacini minerari, la sua storia inizia nel XIX secolo quando inizio nella zona un processo di
sfruttamento industriale che portò ad'una intensa attività estrattiva del carbone legata alla produzione di ferro e acciaio. Nacquero così imponenti strutture estrattive e siderurgiche che hanno segnato fortemente la storia e il paesaggio influendo sulla forma degli insediamenti in funzione della fabbrica, fulcro spaziale e sociale delle comunità. Fu in questo contesto che, negli anni 20 del Novecento, venne costruito il grande serbatoio per il gas, alto 117 metri e con un diametro di 68, il più grande d'Europa. Venne realizzato per accumulare i gas di altoforno per le industrie vicine.
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STORIA
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La sua realizzazione venne iniziata nel febbraio del 1927 e conclusa dopo circa due anni; il progetto ebbe un costo di circa1,74 milioni di marchi, ma si rivelò particolarmente azzeccato, infatti l'investimento iniziale fu recuperato dopo il primo anno di attività. Durante la seconda guerra mondiale fu colpito più volte dai bombardamenti, ma venne chiuso solamente poco prima della guerra. Prese fuoco durante i lavori di riparazione e
nel 1946 si decise di demolirlo completamente fino alle fondamenta. Fu invece ricostruito, i lavori durarono fino al 1949, infatti molti elementi strutturali, compreso il tetto, erano in grado di essere utilizzati. Dopo la chiusura della cokeria di Oberhausen è stato utilizzato, sempre maggiormente, come contenitore di gas naturale fino al 1988, anno del suo smantellamento.
RISTRUTTURAZIONE Il gasometro era un contenitore di gas della tipologia a disco. Funzionava secondo un principio sviluppato a Gustavsburg nel 1915: il gas che doveva essere conservato veniva iniettato dal basso nella camera interna e portato poi nella camera
superiore. Il piano terra formato sostenuto da 24 travi a doppio T, di 8,80 metri di lunghezza e con uno spessore di 81 centimetri, sosteneva 5 piatti rivettati. Se il gasometro era pieno il disco di compressione stava a 95 metri di altezza, altezza ancora oggi
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riconoscibile nella zona superiore dell'edificio. Poiché il peso del disco non era sufficiente a raggiungere la pressione necessaria per il contenimento del gas furono aggiunti ulteriori blocchi di calcestruzzo aumentando il peso del disco stesso dal 600 tonnellate a 1200 tonnellate. Oggi il disco di compressione è fermo, e i blocchi di calcestruzzo sono stati rimossi. Il disco era calpestabile già al periodo di funzionamento del gasometro in quanto quest'ultimo era a tenuta stagna, questa impermeabilità era garantita da una miscela di olio e catrame che correva permanentemente lungo le pareti del fabbricato; questa miscela è stata raccolta sul fondo, e pompata all'esterno. Dopo il suo smantellamento nel 1988 il futuro del gasometro risultava incerto, ma probabilmente destinato al suo definitivo smantellamento. Fu per volere dei cittadini di Oberhausen, del consiglio comunale e della Emscher Park International
Exhibition Building che il gasometro è stato finalmente riconvertito in quello splendido spazio espositivo che è oggi, punto di riferimento per la città. La conversione avvenne tra il 1994 e il 1995, su progetto degli architetti Heinrich Boll e Hans Krabel, dalla Deutsche Babcock AG. Il disco venne fissato ad una altezza di 4,50 metri. Il pistone, sostenuto da due corone di pilastri, è stato parzialmente spogliato delle lamiere che lo chiudevano, ed è stato conservato lo scheletro dell'armatura. Sopra questo piano è possibile ammirare il suggestivo vuoto illuminato dalla luce naturale che proviene dalla lanterna sommitale, sotto di esso ora si apre ai visitatori una stanza circolare con una superficie di circa 3000 metri quadrati. Due scale in acciaio conducono sopra il disco al centro del quale è installato un palco rialzato di 20 metri di diametro. Parte della struttura portante è occupata da uno sala con 550 posti a sedere. Il CAPITOLO TERZO
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Gasometro può quindi contare una superficie totale di 7000 metri quadrati. Un ascensore panoramico in vetro offre la possibilità di arrivare ad un livello poco sotto la copertura, mentre un secondo ascensore conduce sopra la copertura, che può anche essere raggiunta dall'esterno da una scala di 592 gradini. Da qui è possibile avere una vista panoramica che spazia su tutta la regione della Ruhr. La funzione scelta, per il riuso del gasometro, non è stata imposta dalla committenza ma
è stata suggerita dallo spazio da riempire sovvertendo la pratica che vede slegata la scelta della funzione da quella degli spazi. Proprio questo principio ha fatto sorgere la necessità di aprire il gasometro solo nei mesi estivi, essendo impossibile oltre che antieconomico, il riscaldamento degli spazi interni. Questa scelta ha ridotto l'intervento di adeguamento a poche opere, lasciando l'edificio sostanzialmente intatto.
CONCLUSIONI Il Gasometro è molto più di un semplice monumento industriale. Dal momento della sua dismissione, è diventato, sempre più, un centro di interesse della cittadina, un punto di riferimento e segno di identificazione di una intera regione essendo un imponente ricordo dell'industria pesante che per più di un secolo ha
caratterizzato la regione della Ruhr. Questo è stato il motivo per cui non è stato possibile trascurare questo manufatto e da questa considerazione è nata l'idea di un suo recupero. Il riconoscimento dei risultati tecnici di industrializzazione si mescola con il fascino dell'esperienza dato dallo spazio unico di questo enorme
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manufatto. Oggi il gasometro fornisce una cornice unica per esperienze culturali di vario genere: mostre, rappresentazioni teatrali e musicali in un luogo che ha
ispirato artisti di rilevanza internazionale. In questo modo il gasometro assume una importanza di rilevanza sovra regionale.
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IMMAGINI DEL GASOMETRO RECUPERATO DI OBERHAUSEN. NELLA FOTO IN BASSO SI NOTA IL GRANDE AMBIENTE ESPOSITIVO INTERNO
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IL GEMINI RESIDENCE A COPENHAGEN
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Il Gemini residence è un edificio residenziale che sorge sull'Island Brygge, quartiere situato nella costa nord occidentale della città di Copenhagen. Il quartiere è noto principalmente per il parco Havneparken situato sul lungomare. E' stato realizzato tramite una serie di bonifiche a partire dal 1880 e ha una vocazione sia residenziale che industriale. Dalla metà del ventesimo secolo ha avuto una reputazione negativa a causa della zona industriale trascurata, ma dal 2000 è stato
oggetto di una massiccia riqualificazione fino a diventare centro della moda e dell'intrattenimento. E' caratterizzato dall'incontro tra edifici storici e architettura moderna, con una lunga serie di vecchie strutture rimodernate e recuperate che ne hanno radicalmente cambiato il volto. A questa lunga serie appartiene il Gemini Residence. Il fabbricato prende il nome dalla sua forma caratterizzata da due torri affiancate ed appunto gemelle.
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STORIA Il complesso produttivo era un impianto di lavorazione della soia stabilitosi nella zona di Island Brygge nel 1909. L'impianto produceva olio e alimenti per animali, avendo una importanza economica sempre maggiore fino agli anni '50, quando dava lavoro a 1200 tra impiegati ed operai. I due silos, ora riconvertiti ad edificio residenziale sono stati costruiti
nel 1993. Dopo la chiusura dell'impianto, nel 1990, l'intera area è stata riqualificata in un nuovo quartiere adibito a residenze e uffici. Questa conversione è avvenuta tra il 2002 e il 2005. I silos gemelli erano due cilindri puri, di 42 metri di altezza e 25 di diametro. 113
RISTRUTTURAZIONE Le anime cave dei silos sono state utilizzate per il blocco di comunicazione verticale: scale, ascensori e corridoi. Tramite questo spazio interno gli abitanti dell'edificio hanno la possibilità di comunicare con i vari livelli. I due fabbricati sono collegati ad ogni piano, ciò fa assumere all'edificio, visto in pianta, una conformazione che richiama il
simbolo di infinito: ∞. Le due torri sono state ricoperte con un tetto di Texlon che garantisce una illuminazione naturale, creando un atrio che ha l'altezza dell'edificio stesso; proprio questo ambiente permette che residenti e visitatori si possano muovere in su e in giù. Gli appartamenti sono disposti all'esterno dei silos, che vengono utilizzati CAPITOLO TERZO
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come sostegno strutturale. Dispongono di ampie vetrate e balconi lungo tutta la loro lunghezza. Alla base dell'edificio, invece, il cemento armato è stato lasciato a vista come immagine a memoria della storia della struttura. Questo contrasto tra la zona appartamenti e la base crea un forte sbalzo verticale sopra la banchina, mentre la voragine alla base crea un passaggio tra banchina e la strada sull'altro lato. La riconversione dei Seed Silos è uno degli esempi esempio della riconversione di architettura industriale effettuata nel porto della capitale danese. Il progetto è parte integrante dello sviluppo radicale dell'intera zona. Il progetto vincitore del concorso per la riconversione dell'area è stato pensato e realizzato dallo studio di architettura olandese MVRDV e dalla JJW arkitekters. La sfida del recupero sta nella nudità della struttura. E' questo
un fattore limitante in quanto rende difficile la realizzazione di aperture. Questo fattore limitante è stato però spunto per l'idea del progetto. Costruendo dei piani residenziali si ha la necessità di aprire la visione verso l'esterno e non di limitarla all'interno. La soluzione di utilizzare la struttura esistente come supporto strutturale permette, da un lato di aprire la vista degli appartamenti verso l'esterno, dall'altro, grazie alla copertura in Texlon da la possibilità all'atrio di diventare il centro e il cuore dell'intero progetto. Lo spazio interno inoltre permette il collegamento ad ogni livello. Questo progetto è parte di un'opera di rinnovamento più ampia e che interessa un intero quartiere, dimostrando come la riconversione di aree industriali dismesse possa essere una occasione di rinnovamento di una intera città.
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VISTA D'INSIEME E PARTICOLARI DEL GEMINI RESIDENCE A COPENHAGEN CAPITOLO TERZO
GRÜERLØKKA STUDENT HOUSE A OSLO Il Grünerløkka Student House a Oslo è un altro esempio della riconversione di una serie di silos. Questo fabbricato che dal 1953 ha avuto la funzione di accogliere grossi quantitativi di mais è stato dismesso nel 1990 ed oggi ospita un importante studentato nel quale trovano
alloggio spazio 226 unità residenziali disposte su 16 piani. Il progetto ha voluto tenere intatta la struttura originale e i materiali per quanto fosse possibile contrastando la concretezza estetica dei silos con l'utilizzo marcato di vetri colorati.
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STORIA Il fabbricato è stato costruito nel 1953 su richiesta della azienda agricola Nedrefoss Mill di Oslo ed è stato in funzione sino al 1990. L'edificio si trova sulla riva del fiume Akerselva che scorre attraverso Oslo e più precisamente nel quartiere di Grünerløkka. Venuta meno la
funzione dell'edificio questo è rimasto vuoto per circa un decennio. Nel 1993 il governo della capitale norvegese ha approvato un progetto di riuso con lo scopo di trasformare l'opera in uno student house. Nel 2001 è stato inaugurato con la sua nuova funzione di alloggio per studenti.
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RISTRUTTURAZIONE La struttura è composta di 3 file di sette silos ciascuna per un totale di 21 e con un'altezza di 53 metri. Il progetto dello studio HRTB Arkitekter con il supporto di Lykke Frydenlund e Ingrid Løvstad che hanno fornito un aiuto per l'aspetto artistico e l'interior design, ha vinto il concorso di idee negli anni '80 quando si programmava di trasformare il fabbricato in hotel. Nel 1992 il consiglio comunale programmava la demolizione del silos, ma l'anno successivo si prese la decisione, anche grazie alla forte opposizione locale, di riconvertirlo in alloggio per studenti. I silos sono stati suddivisi in 16 piani e suoi lati sono state aperte, attraverso il cemento armato, le finestre decorate con l'uso di vetri colorati, in contrapposizione con il colore grigio della struttura che richiama quello dei tram che trasportavano il mais ai mulini della zona. L'ingresso principale
si trova in una delle facciate laterali, mentre su una delle due facciate corte in un corpo aggiuntivo e aggettante trovano posto il corpo ascensori e le scale. Nella facciata corta opposta, all'interno di una delle torri, è stata inserita una scala antincendio. La scelta di mantenere intatta la struttura originale, sistemando gli alloggi all'interno dei silos stessi, ha reso obbligatoria la progettazione di mobili e infissi su misura per le stanze cilindriche. Dall'edificio si gode di una splendida vista che spazia su tutta la città, gli appartamenti sono per la maggioranza monolocali. Questo edificio è diventato un'icona della città e ha vinto, nel 2002, il premio di Architettura della città di Oslo. Questo premio è stato assegnato in questa occasione per la prima volta e il tema era : "il riutilizzo e la trasformazione". La
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motivazione per l'assegnazione di questo premio è: «L'edificio trasformato si erge come un monumento ed un'icona nel paesaggio urbano. Evidenzia e riassume attraverso la sua presenza nel processo di trasformazione del fiume Aker la recente rivitalizzazione del quartiere.»
CONCLUSIONI La conversione è costata 118
poco meno di 30 milioni, ma ha avuto dei problemi nei suoi primi anni a causa di alcune perdite da delle cisterne
che hanno comportato degli accumuli di muffa, causando dei lavori di riparazione per un costo di circa 5 milioni.
PIANTA DEL DORMITORIO NELLA STUDENT HOUSE DI OSLO
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VISTE DELL'ESTERNO DELLA STUDENT HOUSE DI OSLO, E SCHEMA DELLA DISPOSIZIONE INTERNA DI UNA STANZA
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COMPLESSO DELLA SEM E I PROGETTI PER UN CAMPUS UNIVERSITARIO
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CAPITOLO QUARTO CAPITOLO QUARTO
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IL COMPLESSO DELLA SEM E I PROGETTI PER UN CAMPUS UNIVERSITARIO LO STABILIMENTO DELLA SEMOLERIA ITALIANA DALLA SUA REALIZZAZIONE A OGGI
STORIA DELLO STABILIMENTO DI VIALE LA PLAYA Lo stabilimento molitorio della Società Anonima Semoleria Italiana situato in Viale La Playa è il primo edificio di Cagliari realizzato in cemento armato. Esso costituisce la prima realizzazione sarda della società Porcheddu Ing. G. A.. Venne progettato nel 1904 dall'ingegner Carlo Bagnasco,
che fu anche progettista dei silos granari di Genova, costruiti per la stessa Società Anonima Semoleria Italiana, appena 5 anni prima; e costruita dall'impresa Colombo - Ventini Martino & C. con sede a Milano e Genova. Questa realizzazione, con i suoi 4 ettari, è anche la più grande ed CAPITOLO QUARTO
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articolata realizzazione sarda della società Porcheddu. Essa comprendeva infatti: i silos per la conservazione delle granaglie, i frantoi per la macinazione, i magazzini per i cereali in ingresso e quelli per le merci lavorate in uscita, oltre ai locali per la centrale elettrica interna, che alimentava il ciclo produttivo, i locali per gli uffici ed una palazzina che ospitava gli operai con le loro famiglie. Il mulino venne inaugurato il 21 febbraio del 1905, fu questo all'epoca uno degli stabilimenti più grandi del regno, e la società che lo possedeva era la maggior industria del settore molitorio a livello nazionale. Lo stabilimento è situato in un'area compresa tra le banchine del porto e la stazione ferroviaria del capoluogo e sarà, anche grazie a questo complesso industriale, un'area a destinazione spiccatamente mercantile, occupata da magazzini, depositi e strutture produttive. L'impianto molitorio di Cagliari era, all'epoca, considerato particolarmente avanzato ed era alimentato da
una centrale elettrica interna alimentata a carbone. Esso si innestava direttamente nella rete ferroviaria tramite un binario secondario, sulla linea ferroviaria interna alla stazione. Grazie a questo sistema di trasporto su strada ferrata e alla vicinanza con i moli del porto, la semoleria aveva facile accesso al sistema di comunicazione isolano, tramite la ferrovia, e nazionale tramite il trasporto navale. Questo stabilimento ricalca un altra realizzazione della società Porcheddu, e cioè quello dello stabilimento molitorio di Genova, anche questo costruito in prossimità di un braccio ferroviario e all'interno del porto di Genova. Gli elementi di somiglianza tra le due strutture si possono riscontrare oltre che nella medesima società committente e nelle stesse figure di progettazione architettonica, progettazione strutturale e impresa realizzatrice anche nella disposizione funzionale e in alcuni, seppur ridotti, elementi decorativi. Il cantiere fu, per
IL COMPLESSO DELLA SEM E I PROGETTI PER UN CAMPUS UNIVERSITARIO
molti aspetti, innovativo e con i suoi 400 operai impiegati quotidianamente suscitò l'interesse della cittadinanza. L'aspetto più importante del complesso della SEM è che , pur rappresentando l'esordio nell'isola della tecnica costruttiva del cemento armato, godeva già dell'esperienza nella progettazione dell'ingegner Porcheddu che utilizzo il sistema del telaio in maniera assolutamente moderna. Questo permise di ottenere grandi spazi per lo stoccaggio e la lavorazione che ottenevano un'adeguata illuminazione dai lucernai a soffitto ai quali corrispondevano ariosi prospetti ampiamente vetrati, tipici dell'architettura industriale moderna. La muratura tradizionale continua
venne utilizzata solo per alcuni degli edifici più bassi, comunque coperti da orizzontamenti in cemento armato. I locali adibiti alla conservazione dei sacchi di grano raggiungevano un'altezza pari a 5 piani e costruiti con lo scheletro portante mentre gli ambienti destinati ad ospitare la centrale elettrica erano realizzati con muratura perimetrale spessa 50 centimetri, ma non portante irrigidita da pilastri annegati che completavano i telai insieme ai pilastri isolati delle campate intermedie. Tutti i solai erano del tipo Hennebique e, nella struttura ancora esistente, è possibile riconoscere i tipici angoli smussati di questo sistema costruttivo.
IMMAGINE STORICA DELLO STABILIMENTO DI VIALE LA PLAYA
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DESCRIZIONE DEL COMPLESSO PRODUTTIVO
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Il particolare distintivo del complesso della SEM sono sicuramente i 10 silos adibiti alla conservazione delle granaglie alti quasi 15 metri; questi sono realizzati con cilindri di muratura piena, listata da cordoli di cerchiatura di cemento armato in corrispondenza dei solai. Le celle , disposte su 2 file da 5 silos ciascuna e collegate tra loro da setti perimetrali e in concorso con i solai piani di copertura e le tramogge inferiori agiscono da contenimento per tutto il sistema. Per la copertura l'idea iniziale era quella di utilizzare un sistema con travi reticolari e lamiera, per poi preferire dei solai in cemento armato che permettesse l'installazione di un sistema di nastri trasportatori per il riempimento dei silos dall'alto. Il sistema Hennebique era applicato con cura metodologica, essendo Porcheddu concessionario per il brevetto nell'alto Italia, e,
grazie alla testimonianza di alcuni fogli di calcolo, sappiamo che vennero utilizzati ferri tondi e semitondi per aumentare l'aderenza del cemento sul ferro; questo era un brevetto dello stesso Porcheddu. I solai sono a doppia orditura con le nervature in vista, com'era tipico vedere per i locali industriali. Le fondazioni, anch'esse in cemento armato, sono su plinti per i pilastri e continue per le murature. Le scale dei locali per gli uffici sono incassate tra la curvature di due celle dei silos e un sistema di muratura, al quale sono appoggiate le travi di sostegno dei pianerottoli e delle rampe, che formano insieme un perimetro mistilineo. Non esistevano elementi aggettanti fatta eccezione per due balconi nell'edificio del mulino ottenuti prolungando a sbalzo le travi portanti del solaio. Essendo un complesso industriale non c'erano delle evidenti decorazioni che era indirettamente espressa nelle
IL COMPLESSO DELLA SEM E I PROGETTI PER UN CAMPUS UNIVERSITARIO
cornici di coronamento dei prospetti che, insieme alle strutture verticali richiamano un classicismo strutturale di Perret riconoscibile nell'abbinamento di pilastri molto grandi e dalle sovrastanti trabeazioni in cemento armato. Qualche altro accenno decorativo si può riscontrare nei prospetti del silos, necessariamente ciechi, le cui rientranze strutturali sono definite da modanature che richiamano lo stile liberty, che al periodo stava avendo un discreto successo nella città anche a causa del nuovo palazzo comunale in costruzione. Il portale d'ingresso, che si può tuttora ammirare in viale la Playa, è decorato con dei fregi art nouveau e dei fasci di grano che richiamano la connotazione agricola della funzione del complesso. Un ampliamento di questa struttura complessa avvenne appena due anni dopo la stesura del primo progetto con la creazione di ulteriori spazi di deposito e la realizzazione della casa operaia;
negli anni cinquanta venne realizzato l'ultimo ampliamento che consiste nell'edificio di quello che viene denominato silos nuovo, mentre il silos storico con le sue 10 celle prese da allora il nome di silos vecchio, posizionato sul lato corto del vecchio silos; il silos nuovo ha un'altezza maggiore rispetto al resto degli edifici e risultava per questo motivo essere un elemento quasi estraneo al complesso. L'intero complesso è realizzato in uno stile razionale e funzionale, gli edifici sono progettati con lo scopo di assolvere lo scopo produttivo e la loro estetica rispecchia pienamente questa loro funzione. Gli elementi strutturali erano in gran parte lasciati a vista. L'alternanza tra elementi strutturali e le grandi vetrate, così come l'uso del cemento armato in grande quantità da a tutto il complesso industriale un aspetto razionale nel quale le decorazioni non trovano posto se non per piccoli particolari che trovano
CAPITOLO QUARTO
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posto unicamente nel fabbricato del silos vecchio.
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DALL'ALTO: CARTOLINA DI INIZIO '900 RAFFIGURANTE LO STABILIMENTO DELLA SEM IMMAGINE DEL SILOS VECCHIO OGGI, DEMOLIZIONE DELLO STABILIMENTO DISEGNI DELL'IMPRESA PORCHEDDU IL COMPLESSO DELLA SEM E I PROGETTI PER UN CAMPUS UNIVERSITARIO
IL PROGETTO EDILIA Per quasi un secolo la SEM è stata una delle grandi industrie della città di Cagliari e il suo monumentale complesso di edifici ha caratterizzato il quartiere industriale di viale la Playa. Nel 1994 l'attività cessò ed il complesso rimase vuoto ed inattivo da allora. Il comparto che era classificato come zona D1 venne diviso in 2 porzioni: in una di queste fu costruito un supermercato mentre la restante parte rimase inutilizzata ed occupata dai vecchi edifici industriali in disuso. Nel 1998 nacque l'impresa EDILIA creata appositamente per valorizzare il patrimonio immobiliare della SEM. Dopo la dismissione del complesso industriale della SEM nel 1994 la società Stipar, che aveva acquistato il complesso industriale dalla famiglia Merello nel 1975, nel 1998 crea l'impresa EDILIA con lo scopo di valorizzare il patrimonio immobiliare della SEM e quindi di dare una nuova
funzione all'area situata in viale la Playa. Il progetto edilia parte con l'intenzione assegnare al compendio una destinazione di zona G, e quindi di servizi generali, in modo da consentire una riconversione dell'area per poter realizzare un campus universitario, una struttura di ricezione alberghiera e degli uffici, oltre che una zona destinata a parcheggi. Nel 2000 viene riproposta al comune di Cagliari l'idea della creazione di un campus universitario e di una serie di strutture adibite a servizi per gli studenti. La localizzazione strategica, per la vicinanza dei terminal di accesso alla città anche in previsione della realizzazione della linea metropolitana di collegamento tra la stazione ferroviaria e la cittadella di Monserrato sono dei presupposti fondamentali alla realizzazione dell'opera. Nel progetto si delinea la possibilità di accorpare un grosso numero di posti letto, circa 500, e la collocazione di diverse CAPITOLO QUARTO
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attrezzature di servizio per gli studenti che sono invece disseminati in maniera casuale in tutta la città. La proposta
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progettuale di Edilia riguarda un totale di 81 mila metri cubi e si compone di:
2 studentati per un totale di 692 posti letto la demolizione e la ricostruzione dell'edificio chiamato silos nuovo, mantenendone la cubatura, por adibire la nuova costruzione a struttura ricettiva ristrutturazione del silos vecchio, mantenendo quindi una continuità storica con il complesso industriale preesistente e adibire questo fabbricato ad archivio storico della città di Cagliari realizzazione di parcheggi interrati e di un autosilo a totale copertura degli standard di parcheggi richiesti
Il progetto segue uno schema della casa dello studente di vecchia concezione, senza quindi dei
servizi aggiuntivi ma con l'idea di un complesso di edifici con la sola funzione di dormitorio.
IL COMPLESSO DELLA SEM E I PROGETTI PER UN CAMPUS UNIVERSITARIO
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PROSPETTI E PIANTA PIANO TIPO DELLO STUDENTATO NEL PROGETTO DI EDILIA CAPITOLO QUARTO
IL PROGETTO DI PAULO MENDES DA ROCHA
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Nel 2004, il commissariato straordinario dell'ERSU blocca gli accordi con Edilia e firma una delibera esecutiva per la realizzazione di una casa dello studente in via is Maglias, nei terreni della società coimpresa, all'interno della lottizzazione dei colli di Tuvixeddu e Tuvumannu, ma nel 2005 il consiglio di amministrazione dell'ERSU esprime un parere negativo per questa operazione dato il costo elevato di circa 20 milioni di euro e il numero ridotto di posti letto. Nel maggio dello stesso anno la società Edilia ottiene la concessione edilizia per la realizzazione di 900 posti letto nell'area dell'ex semoleria. Nel luglio del 2006 l'ERSU acquisisce la totalità delle aree della società Edilia, con una transazione e nell'agosto dello stesso anno si sottoscrive un protocollo d'intesa tra il Comune di
Cagliari e la Regione Sardegna per la costruzione nell'area della ex semoleria di un campus in cui entrambe le amministrazioni si impegnano alla sua realizzazione. Nell'aprile del 2007 una delibera della giunta regionale dà il via libera alla sua costruzione con un progetto firmato dall'architetto brasiliano Paulo Mendes Da Rocha, vincitore del premio Pritzker nel 2006. Il progetto integra e sostituisce il precedente progetto Edilia ed aggiunge al campus, oltre ai posti letto, altri servizi agli studenti tra i quali auditorium, mensa e biblioteca. Questo progetto ha la peculiarità di inserirsi nel contesto urbano di viale la Playa e di dialogare con le funzioni urbane adiacenti come il porto, l'aeroporto, la stazione dei treni e dei pullman. Il progetto Da Rocha colpisce per la vastità
IL COMPLESSO DELLA SEM E I PROGETTI PER UN CAMPUS UNIVERSITARIO
dell'intervento, a differenza del progetto Edilia, chi si limitava ad agire nel solo spazio della ex semoleria, l'idea di Mendes da Rocha è quella di collegare il campus studenti con il resto del territorio. Il campus si inserisce in un progetto più ampio che prevede delle torri cilindriche posizionate sulla via Roma e due grandi stecche, una posizionata sui moli del porto che crea una sorta di collegamento tra terraferma e acqua e l'altra che trova posto nell'are dell'ex SEM e nella quale è posizionato lo studentato. Quest'ultimo è diviso in due corpi di fabbrica: una stecca a base rettangolare con la funzione di dormitorio ed un edificio adiacente nel quale sono alloggiati i servizi agli studenti. uesti due corpi sono collegati al piano terra e in corrispondenza del quinto piano del dormitorio tramite una passerella che collega la stecca con la copertura dell'edificio che ospita i servizi. Esteticamente il progetto si presenta estremamente razionale e semplice, con una
pianta che si ripete uguale a tutti i livelli, fatta eccezione per il piano terra, che è un piano pilotis e lasciato libero al passaggio. l quinto piano, che è lasciato volontariamente vuoto e viene inteso come un livello panoramico e di collegamento e Il sesto piano che ospita delle zone comuni, come la mensa e locali adibiti alla ristorazione e alla socializzazione. La pianta degli altri piani, e cioè quelli che ospitano il vero e proprio dormitorio, rispecchia la semplicità dell'idea dell'intero intervento infatti le camere si sviluppano simmetricamente intorno ad un corridoio centrale. La ripetizione delle stanze è modulare: ognuna di esse si sviluppa simmetricamente in maniera specchiata rispetto ad un'altra e questa continuità è interrotta solamente dai corpi scala e dal corpo ascensori sistemati anche questi in maniera simmetrica sui due lati del corridoio centrale. Il secondo corpo, quello che ospita i servizi agli studenti, si divide in due fabbricati, anche questi a CAPITOLO QUARTO
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pianta rettangolare. Il primo ospita l'auditorium e all'ultimo piano accoglie la mensa in un ambiente completamente vetrato affacciato sul porto
della città; il secondo, più piccolo, accoglie il sistema di collegamento verticale consente una visuale a 360 gradi.
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MODELLINO ESPLICATIVO E SEZIONI DEL PROGETTO DI PAULO MENDES DA ROCHA PER LO STUDENTATO DELL'ERSU A CAGLIARI
IL COMPLESSO DELLA SEM E I PROGETTI PER UN CAMPUS UNIVERSITARIO
IL PROGETTO PER IL CAMPUS UNIVERSITARIO
ERSU Il 30 novembre 2011 l'Università di Cagliari e L'ERSU hanno avviato una collaborazione per la realizzazione del campus universitario di viale la Playa. Il Rettore, Giovanni Melis e la Presidente dell'ERSU, Daniela Noli, hanno firmato un protocollo d'intesa che prevede che le due istituzioni "collaborino allo svolgimento delle attività di analisi e studio necessarie alla realizzazione della bozza definitiva del progetto, alla verifica collegiale della stessa e all'acquisizione dei prescritti pareri preventivi, nonché alla definizione degli aspetti tecnici di maggiore dettaglio necessari alla
redazione degli elaborati grafici, delle relazioni, del quadro economico e del capitolato tecnico prestazionale finale, inerenti la realizzazione del campus, opera di comune interesse". Nell'iniziativa sono stati coinvolti, per la parte universitaria, i dipartimenti di Architettura, di Ingegneria elettrica ed elettronica e quello di Ingegneria del territorio. I responsabili delle attività sono stati, per l'ERSU, la responsabile dell'ufficio tecnico e di progettazione, Alessandra Ottelli, per l'ateneo i docenti Giovanni Marco Chiri, Fabrizio Polo e Corrado Zoppi.
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FONDAMENTI DEL PROGRAMMA DI INTERVENTO
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Le motivazioni che portano alla decisione della realizzazione dell'intervento sono essenzialmente due: la strategicità della localizzazione dal punto di vista dell'accessibilità, si tratta infatti di posizionare i servizi connessi alla residenza degli studenti universitari in un comparto edilizio caratterizzato dalla vicinanza dei principali terminale di accesso alla città, dalla presenza di un ampio parcheggio e dalla presenza della principale viabilità di svincolo da tutte le infrastrutture viarie, che saranno poi rafforzate dalla costruzione della metropolitana leggera che permetterà un rapido collegamento con tra la stazione ferroviaria e il polo universitario di Monserrato. L'accentramento in un unico comparto di un notevole numero di posti letto.
Attraverso la realizzazione del Campus diventerebbe possibile raccogliere in un'unica sede un considerevole numero di posti letto; inoltre la disponibilità di ulteriori volumetrie permetterebbe di programmare la crescita del campus, collocando in esso tutte quelle attrezzature di servizio alla popolazione studentesca attualmente disseminate in modo casuale nell'ambito cittadino.
IL COMPLESSO DELLA SEM E I PROGETTI PER UN CAMPUS UNIVERSITARIO
L'EDIFICIO Il piano complessivo di sviluppo dell'area prende il nome di EEUR (ERSU EXSEM UNDERGRADUATE RESIDENCE) e prevede la demolizione di una buona parte degli edifici della volumetria dismessa, ad eccezione dell'edificio del Silos Vecchio. I diversi fabbricati che compongono il progetto sono da considerarsi come unità edilizie distinte, ma con caratteristiche tipologiche, architettoniche e tecnologiche identiche, dando vita a un insieme organico attraverso la disposizione planimetrica e la facciata continua. Lo sviluppo dell'edificio è lineare ed è distribuito da un corridoio centrale sul quale si aprono dei grandi ambienti di disimpegno, spazi di socializzazione e studio e servizi comuni al piano. Il corridoio è illuminato e prende aria da delle ampie vetrate che permettono alla vista di spaziare sulla città. La disposizione planimetrica è ripetuta negli otto piani che accolgono gli alloggi degli studenti. Le stanze sono di due tipologie: stanze doppie con il bagno adattato all'uso delle
persone con disabilità, spazio studio e angolo cottura, e le stanze singole con bagno, spazio studio e angolo cottura. La disposizione degli spazi delle stanze doppie è pensata per garantire il massimo livello di privacy possibile agli ospiti. Il corpo scala ha una pianta circolare con un diametro di circa sei metri, questo configura un cilindro, parzialmente riportato in facciata, che crea una relazione formale con l'edificio del silos vecchio. In facciata il progetto prevede la proiezione di un reticolo strutturale che rimanda all'immagine storica del mangimificio demolito nel 2004. Al piano terra trovano posto una parte dei servizi necessari al funzionamento dello studentato : sale letture, sale proiezioni, sale studio, locali tecnici, uffici amministrativi etc. etc. La terrazza di copertura, praticabile, è destinata ad accogliere, oltre a locali tecnici, luoghi di svago e piattaforme di belvedere.
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IL COMPLESSO DELLA SEM E I PROGETTI PER UN CAMPUS UNIVERSITARIO
PROSPETTO, PIANTA PIANO TERRA E ALCUNE VISTE PROSPETTICHE DEL PROGETTO DELL'UNIVERSITÀ DI CAGLIARI PER LO STUDENTATO ERSU
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IMMAGINI COMPLESSIVE DEL PROGETTO DELL'UNIVERSITÀ DI CAGLIARI PER LO STUDENTATO DELL'ERSU CAPITOLO QUARTO
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IL COMPLESSO DELLA SEM E I PROGETTI PER UN CAMPUS UNIVERSITARIO
IL PROGETTO
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IL COMPLESSO DELLA SEM E I PROGETTI PER UN CAMPUS UNIVERSITARIO
IL PROGETTO INQUADRAMENTO TERRITORIALE
Il sito di progetto si trova a Cagliari nel quartiere di La Playa che si trova tra il porto e la stazione dei treni. L'ingresso del lotto si trova in viale La Playa e ci si affaccia tramite il portale storico della semoleria italiana. L'edificio è disposto secondo un asse sud est - nord ovest, riprendendo la disposizione dei vecchi stabili dell'impianto di lavorazione dei cereali. Il terreno si sviluppa parallelamente ai binari della stazione dei treni che si trova a fianco. Il sito di progetto è collocato vicino alle grandi vie di comunicazione della città: oltre alla stazione delle ferrovie di stato a breve distanza si
trova il porto di Cagliari, mentre viale La Playa, strada sulla quale si affaccia l'ingresso al lotto, sbocca sugli svincoli che collegano la città di Cagliari con le grandi arterie di comunicazione su gomma della Sardegna in direzione del sulcis iglesiente, di Pula e collegandosi inoltre alla strada statale 131 che attraversa tutta la Sardegna. Nella direzione opposta viale La Playa raggiunge piazza Matteotti, centro del capoluogo sardo, allacciandosi direttamente sulla via Roma, la grande arteria di comunicazione che fiancheggiando il porto attraversa il centro della città.
CAPITOLO QUINTO
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INQUADRAMENTO TERRITORIALE DEL SITO DI PROGETTO
IL PROGETTO
DISPOSIZIONE NEL SITO DI PROGETTO Il Silos vecchio della semoleria italiana si trova nella porzione di terreno vicina a viale La Playa, esattamente sulla destra immediatamente dopo l'ingresso. I'edificio ha il suo lato lungo disposto parallelamente al lato lungo del lotto. La progettazione dell'intero complesso riprende l'orientamento originario del complesso produttivo. Su questo asse è disposto anche il primo dei due edifici che ospitano il dormitorio dello studentato, il secondo è disposto invece perpendicolarmente rispetto all'asse principale. Nella corte centrale, compresa all'interno della L formata dall'archivio del silos vecchio e dalla stecca lunga del dormitorio (nel lato lungo) e dal secondo edificio che ospita il dormitorio ( nel lato corto) trovano posto le strutture dei servizi allo .
studentato: la mensa e gli spazi per lo sport. Le vie di collegamento ai vari edifici corrono intorno al perimetro esterno e collegano il lotto a viale La Playa tramite il portale storico, mentre una strada affianca la stazione dei treni creando un collegamento al parcheggio in previsione del collegamento previsto verso piazza Matteotti della linea di metropolitana leggera di Cagliari. L'edificio che affianca il Silos Vecchio si troverà quindi sullo spazio che era precedentemente occupato dalle superfetazioni al Silos Vecchio costruite posteriormente rispetto alla prima edificazione della Semoleria e sulla parte occupata dal Silos Nuovo, anche quest'ultimo costruito in epoca successiva, che verrà demolito per intero
CAPITOLO QUINTO
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PLANIMETRIA GENERALE DEL SITO DI PROGETTO IL PROGETTO
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CAPITOLO QUINTO
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PROSPETTO DELLO STUDENTATO E DEL SILOS VECCHIO RECUPERATO IL PROGETTO
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CAPITOLO QUINTO
GENESI E SVILUPPO DEL PROGETTO
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La realizzazione del campus universitario dell'ERSU nel terreno del vecchio impianto della SEM prevede, oltre alla realizzazione degli alloggi per gli studenti, anche la realizzazione di strutture di servizio tra le quali una biblioteca con sala lettura che saranno inserite nell'edificio del silos vecchio. Obbiettivo del progetto è quindi recuperare l'edificio del silos vecchio, prima costruzione in cemento armato di Cagliari risalente al 1905, per trasformarlo in una biblioteca con sala lettura fruibile dagli studenti e dai cittadini. Secondo quanto studiato dalle teorie di recupero e riuso degli edifici industriali, il primo passo nel recupero dell'edificio è trovare il modo di riutilizzare quest'ultimo senza stravolgere la dignità architettonica data dalla sua funzione produttiva. Nel caso del silos vecchio la sua funzione originaria era quella di IL PROGETTO
stoccaggio delle granaglie; la costruzione aveva quindi la funzione di conservare la materia prima arrivata nello stabilimento in attesa che venisse lavorata. Seguendo la prima funzione dell'edificio, e cioè la funzione di stoccaggio, ma rapportata alla nuova funzione che il silos dovrà avere in seguito al suo recupero, si è deciso di progettare un archivio storico, bibliografico, archeologico e della biodiversità marina e terrestre della Sardegna nel quale i silos continuano ad avere la funzione di stoccaggio e deposito, non più delle granaglie, ma deposito della conoscenza alla quale sarà possibile accedere per consultare ciò che viene conservato all'interno. Si è quindi deciso di tenere, della vecchia costruzione, solo i silos demolendo quindi le parti circostanti, costruite in un secondo momento e l'edificio
del silos nuovo, situato nella parte sud del lotto. I silos verranno lasciati completamente intatti sia all'interno che all'esterno, l'unica parte che sarà modificata è la parte superiore nella quale sarà predisposto l'accesso agli archivi. La decisione di accedere agli archivi solo dalla parte superiore dei silos è portata dalla scelta di non intervenire con aperture nella struttura dei silos stessi: questi sono realizzati in cemento armato portante, le aperture sarebbero quindi state limitate e dalle ridotte dimensioni oltre che dalla difficile realizzazione. Ai silos contenenti gli archivi si aggiungerà un edificio di nuova fattura che avrà la funzione di contenere gli ambienti di servizio agli archivi. In questo modo il progetto si divide in due parti: i silos che contengono gli archivi e l'edificio nuovo che contiene gli ambienti di servizio (uffici amministrativi e aule didattiche) e quelli nei quali sarà possibile fruire di ciò che è
contenuto all'interno degli archivi (sala lettura e aree di consultazione dei documenti). La differenza tra le due parti dell'edificio sarà anche visibile dall'esterno: mentre i silos saranno lasciati integri anche nelle loro decorazioni esterne tipiche del loro periodo di costruzione, il nuovo edificio sarà formato da volumi puri e lineari completamente mancanti di decorazioni. La scelta del materiale ricade, quasi automaticamente sul cemento armato; con il materiale si crea una continuità tra edificio vecchio e edificio nuovo. La scelta del cemento non è causata solo dalla volontà di creare continuità tra passato e futuro dell'edificio, ma anche dall'importanza che il cemento ha per questa costruzione; si tratta infatti del recupero del primo edificio in cemento armato della città di Cagliari e della prima opera realizzata dall'impresa Porcheddu nel capoluogo sardo. Il materiale in questo caso, ancora più della forma dell'edificio, alla quale si è deciso di dare minor CAPITOLO QUINTO
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risonanza possibile, acquista un valore simbolico che deve
diventare anche carattere distintivo dell'edificio stesso.
I SILOS E GLI ARCHIVI
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All'interno dei vecchi silos sono quindi contenuti gli archivi, il centro del progetto e il punto di partenza dal quale poi verrà sviluppato tutto l'edificio. I silos, che saranno strutturalmente lasciati integri, dovranno contenere al loro interno una struttura secondaria che sarà montata senza modificare la struttura originale. La struttura secondaria deve rispondere a determinati requisiti per soddisfare determinate richieste progettuali. Devono essere inseriti all'interno dei silos dall'alto, in quanto non sono previste aperture nella struttura in cemento armato, devono essere quindi degli elementi modulari prefabbricati calati all'interno dei silos e assemblati in opera. Le tipologie degli archivi progettati sono due. IL PROGETTO
La prima non prevede l'accesso all'interno degli archivi, se non per la manutenzione; questa tipologia è destinata ad accogliere gli archivi di consultazione generale, l'archivio di libri storici, gli archivi della biodiversità marina e terrestre, l'archivio delle carte storiche e l'archivio universitario. I moduli che compongono questi archivi hanno al centro un braccio automatizzato che percorre la struttura in tutta la sua altezza e che grazie ad un sistema robotizzato permetterà di estrarre dall'alto il documento richiesto. Il sistema infatti permetterà di recuperare automaticamente un qualunque documento contenuto in uno degli scomparti del silos, ad ogni scomparto sarà associato un codice grazie al quale il
meccanismo robotizzato sarà in grado di riconoscere il documento cercato prelevarlo dal suo scomparto e portarlo nella postazione di ricerca e prelievo situata in cima al silos. Ogni modulo sarà quindi prefabbricato e formato da una struttura portante che si appoggerà a quella sottostante e da una scaffalatura centrale che conterrà i vari scomparti. La seconda tipologia prevede invece l'accesso all'interno dei silos ed è la tipologia destinata a contenere gli archivi archeologici. Questa seconda tipologia modulare richiede di spazi maggiori per accogliere oggetti che possono avere dimensioni maggiori rispetto a libri e documenti; a differenza della prima non c'è un sistema automatizzato per recuperare gli oggetti in essa contenuti. Nella parte centrale dei moduli non c'è quindi il braccio che supporta il meccanismo di recupero, ma un scala a chiocciola che permette di raggiungere i vari livelli dell'archivio archeologico. Anche in questo caso i moduli
sono prefabbricati e assemblati in opera e la scala centrale fa parte del modulo ed è progettata per incastrarsi con il modulo sottostante. I moduli prefabbricati sono in acciaio zincato e sono progettati per essere calati dall'alato all'interno dei silos ed essere poi saldati gli uni agli altri. I moduli saranno costruiti con profilati in acciaio e lamiera d'acciaio. Questi verranno prefabbricati, assemblati in opera e calati poi all'interno dei silos dove saranno semplicemente saldati. Tutti moduli sono progettati affinché il pezzo superiore si incastri all'interno del pezzo sottostante, questo per fare in modo che le operazioni all'interno dei silos siano le minori possibile e saranno quindi ridotte semplicemente al posizionamento e alla saldatura. Ogni modulo è completo anche di uno strato di isolante termico di 5 centimetri, che servirà a controllare la temperatura interna degli archivi e uno strato di 20 centimetri di vetro CAPITOLO QUINTO
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cellulare. Questo materiale è stato scelto per la sua capacità di fornire una barriera quasi assoluta all'umidità, trattandosi infatti di archivi che conterranno documenti storici e archeologici una delle necessità è quella di avere un'umidità costantemente controllata. Questi materiali sono assemblati insieme agli elementi in acciaio che compongono i moduli e come questi progettati in maniera tale da incastrarsi con i pannelli
del modulo sottostante. All'interno dei pannelli in vetro cellulare sono predisposte delle canalette nelle quali saranno poi disposti gli impianti di controllo dell'aria e della temperatura e l'impianto elettrico. Queste canalette saranno collegate poi nella parte sottostante gli archivi dove verrà predisposto il locale tecnico per il controllo delle condizioni dell'aria all'interno degli archivi.
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I MODULI Le tipologie degli archivi sono due e per ogni tipologia ci sono 3 tipi di moduli: un primo modulo di base, che avrà la funzione di scaricare il peso sulla struttura in cemento armato e di sostenere i moduli superiori; un secondo modulo intermedio che costituirà il vero e proprio archivio, e che viene ripetuto sei volte fino a coprire tutta l'altezza del silos; IL PROGETTO
un terzo modulo, il modulo di copertura, che garantisce l'accesso ai silos ed è quindi il modulo di collegamento con l'esterno. Ognuno di questi moduli è costituito da profilati in acciaio saldati tra loro e progettati in maniera tale da essere complementari agli altri moduli ai quali verranno saldati una volta inseriti nel silos.
MODULO DI BASE Il modulo di base è unico per le due tipologie di archivio, tranne che nella parte centrale per l'archivio storico dove è predisposto l'alloggio per la base della scala a chiocciola. Questo modulo è costituito da una orditura di travi HEA 200 saldate perpendicolarmente tra loro. Nel punto di incrocio delle travi è saldato un tubolare in acciaio del diametro di 30 centimetri a cui è bullonata una cerniera che scaricherà il peso su una piastra in acciaio ancorata tramite dei ferri inseriti in buchi praticati nella struttura in cemento armato e riempiti poi con resina ad espansione che garantisce una continuità strutturale tra il cemento armato e la piastra in acciaio. La scelta della cerniera come appoggio è dovuta all'irregolarità della base interna del silos e dalla difficoltà della posa in opera causata dagli spazi ristretti. La cerniera permette infatti un
miglio adattamento della struttura ad appoggi irregolari. Sopra l'orditura di travi HEA sono disposte 2 travi IPE 200 piegate che costituiscono il bordo sul quale scaricheranno il peso i moduli superiori e che, a loro volta, scaricheranno sulle travi inferiori e sulle cerniere. Sopra questa travi sono soldate una serie di travi T 80 poste in verticale e alle quali sono saldate delle mensole che sono poi unite alla parte opposta a due travi IPE 100, anche queste piegate a formare un anello di scarico centrale, sul quale si appoggiano un totale di 12 mensole, una ogni 30 gradi, che sono l'appoggio per il piano di calpestio o gli scaffali dei moduli. Al di sopra delle travi T 80 verticali saranno saldate due travi a C, anche queste piegate in modo da trovarsi sul bordo circolare del modulo. Le due travi sono una trave C 100 e una trave C 50 rispettivamente all'esterno e all'interno del bordo del silos. Queste travi CAPITOLO QUINTO
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hanno questa differenza di 5 centimetri in maniera tale da permettere al modulo successivo, che avrĂ nella sua parte inferiore le stesse travi,
ma invertite tra esterno ed interno, di incastrarsi perfettamente.
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SEZIONE DEL MODULO DI BASE E ATTACCO A TERRA DELLE CERNIERE IL PROGETTO
MODULO INTERMEDIO Il modulo intermedio differisce tra le due tipologie solo nella parte centrale: per la prima tipologia nella parte centrale c'è un canale che percorre l'archivio in tutta la sua altezza circondato da scaffali, mentre nella parte centrale della seconda tipologia trova posto la scala a chiocciola che permette il raggiungimento di tutti i livelli del silos. Il modulo comincia nella sua parte inferiore con le due travi a C invertite rispetto a quelle della parte superiore del modulo sottostante. Questa sistemazione permette al modulo di incastrarsi perfettamente all'interno del modulo sotto di esso. Questo permette una certa facilità di assemblaggio all'interno del
silos. Per semplificare ancora di più l'assemblaggio è possibile riscaldare il modulo inferiore dilatando il metallo e facilitando quindi l'incastro del modulo successivo. Sopra le due travi a C è disposto lo stesso sistema di trave T 80, mensole e anello di scarico del modulo di base, con l'unica differenza delle lunghezza della trave a T che arriva a misurare 2500 centimetri. All'anello di scarico centrale sono fissati gli scaffali nella prima tipologia e le scale nella seconda. All'interno del silos sono necessari 6 moduli intermedi per coprire l'intera altezza ed arrivare alla parte superiore del silos e al punto di accesso.
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SEZIONE E PIANTA DELLA STRUTTURA DEL MODULO INTERMEDIO IL PROGETTO
MODULO DI COPERTURA Il modulo di copertura è quello che più si differenzia tra le due tipologie di archivio: questo per il fatto che nel caso della prima tipologia l'accesso è previsto solo per la manutenzione, mentre nel caso della seconda tipologia l'accesso è previsto per la fruizione dell'archivio stesso. Anche questi moduli si incastrano nel modulo sottostante con lo stesso sistema di travi a C curvate, ma si appoggiano anche alla struttura in cemento armato tramite delle travi T 40 disposte anche queste una ogni 30 gradi. Nel caso della prima tipologia il modulo di copertura termina con un cilindro alto un
metro nel quale trova posto il motore del sistema robotizzato che ha la funzione di recuperare i documenti contenuti nel silos e l'interfacci attraverso la quale si possono ricercare e richiedere i documenti. Nel caso della seconda tipologia invece al centro del modulo di copertura è previsto un foro della dimensione dell'anello di scarico centrale, dove poggiano le mensole che sostengono il piano di calpestio, al quale sono saldati i primi gradini che si ricollegano alla scala centrale dei moduli intermedi sottostanti, e che consentono l'accesso all'archivio contenuto nel silos.
SEZIONE DEL MODULO DI COPERTURA CAPITOLO QUINTO
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IL NUOVO EDIFICIO
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Per svolgere le funzioni di servizio agli archivi storici il progetto prevede la creazione di un nuovo edificio che avrà il ruolo di accogliere al suo interno tutti gli spazi funzionali della biblioteca: vengono previste quindi una zona tecnica per il controllo degli impianti necessari al funzionamento degli archivi, una zona di ingresso con caffetteria e ufficio informazioni e dalla quale partono i percorsi diretti alle altre funzioni dell'edificio, una zona dedicata agli uffici amministrativi della biblioteca e degli archivi, una zona che conterrà gli spazi didattici (aule, sale conferenze, sale proiezioni e sale studio), una zona dedicata alla sala lettura e alla consultazione dei documenti contenuti negli archivi e una zona di accesso agli archivi che sarà anche il punto di collegamento tra l'edificio storico e l'edificio di nuova costruzione. IL PROGETTO
La scelta progettuale per l'edificio nuovo, che ha una funzione di servizio rispetto al silos, fulcro dell'intera costruzione, è quella di rendere evidente la differenza tra le funzioni anche visivamente dall'esterno. Il nuovo edificio, quindi, avrà un disegno molto neutro e lineare in aperto contrasto con il design liberty industriale del silos vecchio. Questo permette anche la differenziazione evidente tra i corpi di fabbrica di diversa epoca di costruzione; si potrà riconoscere a primo impatto l'edificio storico restaurato e l'edificio nuovo. La scelta di utilizzare solo volumi puri permette inoltre di avere solo degli angoli di 90 gradi, così da avere più facilità nella disposizione degli spazi interni. Concettualmente l'edificio nuovo è un espositore nel quale viene dato massimo risalto al silos vecchio, che invece diventa un forziere nel
quale sono contenuti le ricchezze, culturali, della cittĂ di Cagliari. Il silos resta quindi in primo piano mentre il nuovo
edificio ha una funzione di cornice e di protezione del silos stesso.
COMPOSIZIONE DEI VOLUMI Le funzioni contenute all'interno del nuovo edificio possono essere suddivise in 4 categorie: funzione amministrativa, funzione didattica, funzione di servizio diretto all'archivio, funzione di accesso agli archivi nei silos. A queste funzioni corrispondono 3 volumi che compongono il nuovo edificio. Il primo volume si sviluppa orizzontalmente e circonda l'edificio storico, questo volume assume il ruolo di basamento e circonda il silos proteggendolo dall'esterno. Per questo motivo i lati del volume sono quasi completamente chiusi verso l'esterno, questa scelta conferisce a questa parte dell'edificio monumentalitĂ e rafforza l'idea di separazione tra l'interno e l'esterno. Le aperture laterali sono
effettuate tramite dei tagli orizzontali che percorrono i lati del volume. Questi tagli sono fitti, ma sottili in modo da far si che ci sia continuitĂ nella superficie esterna seppur lasciando entrare la luce all'interno. L'unica apertura, vera e propria, si trova nel prospetto sud in corrispondenza della testata dell'edificio storico e qui si trova l'unico accesso all'edificio. Il volume di base contiene quindi la base del silos e una corte interna che circonda tutto l'edificio storico. Nel basamento trovano posto le funzioni amministrative e didattiche poste rispettivamente sule due stecche che percorrono i lati lunghi del volume di base. Il secondo volume accoglie invece la funzione di servizio diretto al silos: la sala lettura e le sale della biblioteca CAPITOLO QUINTO
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a scaffale aperto. Questo volume si sviluppa verticalmente e non orizzontalmente come il primo. Contenendo funzioni diverse di è deciso di scegliere indirizzi diversi anche nella progettazione dei diversi volumi; da questo presupposto si parte per lo sviluppo in verticale e non in orizzontale della sala lettura. La scelta progettuale tra i due volumi è diversa anche per quanto riguarda le superfici esterne. Nel secondo volume le aperture sono abbondanti e di grandi dimensioni, anche se sono presenti solo nei due lati lunghi del volume. Queste aperture permettono la vista attraverso l'edificio e rendono possibile vedere l'edificio storico attraverso quello nuovo. Nei due lati lunghi del volume verticale si è deciso di lasciare in vista la struttura dell'edificio, questo è un chiaro riferimento all'architettura industriale dei primi del novecento, ed in particolare agli edifici originari della semoleria italiana, ora distrutti, IL PROGETTO
dove erano stati lasciati in vista gli orizzontamenti. La grigia quadrata formata dalla struttura dell'edificio incornicia le grandi vetrate, anch'esse quadrate, protette da brise solail verticali. La differenziazione tra i due volumi, oltre che formale è anche cromatica: mentre il volume di base è in cemento a vista bianco, il volume verticale è sempre in cemento a vista, ma di colore più scuro. Questa differenza di colore si ottiene grazie a degli additivi aggiunti al cemento. Un terzo volume è posto invece sulla parte superiore dei silos. Questo volume, che contiene l'accesso agli archivi e la zona di collegamento tra l'edificio storico e il nuovo edificio, è formalmente concepito come un proseguimento dell'edificio storico che si inserisce all'interno del volume verticale. Anche in questo caso il volume si differenzia dagli altri due cromaticamente oltre che formalmente, infatti questa parte dell'edificio riprende il
colore dell'edificio storico per rafforzare ulteriormente l'idea di essere un proseguimento dei silos. Anche le aperture riprendono le cornici ornamentali poste sul lato dei silos. La scelta di utilizzare solamente volumi puri nel disegno del nuovo edificio è sia dovuta alla volontà di dare alla parte nuova dell'edificio
l'aspetto più neutro possibile e lasciar emergere la forma del silos storico, che una decisione consapevole che richiama il razionalismo industriale tipico dell'architettura industriale moderna dei primi decenni del novecento, e quindi contemporanea alla costruzione dell'edifico storico del silos vecchio.
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COMPOSIZIONE DEI VOLUMI DEL NUOVO EDIFICIO INTORNO AL SILOS VECCHIO E VISTA PROSPETTICA FINALE
CAPITOLO QUINTO
LA COSTRUZIONE DELLA MAGLIA COMPOSITIVA DELLA PIANTA
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Per costruire la pianta del basamento e di conseguenza tutte le piante del nuovo edificio si è deciso di utilizzare la composizione attraverso una maglia regolare ottenuta tramite la distanza tra gli interassi dei silos. Questa distanza è di 6,6 metri sia nel senso longitudinale che trasversale. Attraverso l'interasse dei silo si ottiene una maglia con moduli quadrati che hanno come lato la distanza tra l'asse verticale di un silos e quello del silos adiacente. Nello spigolo di ogni quadrato è posizionato un pilastro; la struttura portante
IL PROGETTO
puntuale è quindi regolare e la presenza di luci non troppo grandi permette di utilizzare elementi in cemento armato relativamente esili. La maglia quadrata oltre che per il posizionamento della struttura influisce anche nella disposizione degli ambienti interni. Il quadrato oltre che nella pianta è un elemento ben distinguibile anche nel prospetto sud e nel prospetto nord dell'edificio. Anche questa scelta è coerente con il richiamo al razionalismo industriale moderno.
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COSTRUZIONE DELLA MAGLIA COMPOSITIVA DELLA PIANTA PARTENDO DALL'INTERASSE DEI SILOS CAPITOLO QUINTO
PIANO TERRA
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Il piano terra si sviluppa su una pianta rettangolare definita dalla maglia ottenuta dall'interasse dei silos. La base dell'edificio comprende una corte centrale che circonda la costruzione del silos vecchio ed intorno a questa sono posizionati gli spazi amministrativi e didattici. Al piano terra dell'edificio si accede tramite l'ingresso. Una volta superato l'ingresso ci si trova nella hall d'entrata che si sviluppa per un primo tratto a doppia altezza, questo rafforza il concetto dell'entrata unica, è infatti l'unica parte a doppia altezza dell'edificio. Nella Hall d'ingresso sono situate delle zone disponibili per la lettura, la socializzazione servite da una linea wi fi. Nella Hall rispettivamente a destra e a sinistra trovano posto la caffetteria e il punto informazioni. Dall'ingresso si snodano poi i percorsi verso le altre zone dell'edificio: continuando dritti si accede alla corte interna IL PROGETTO
adiacente al silos vecchio, sulla sinistra si accede alla zona degli uffici amministrativi e a destra si accede alla zona delle aule didattiche e al blocco di collegamento verticale: scale ed ascensore. La zona amministrativa e quella didattica sono situate nei due lati lunghi del piano terra e costeggiano la corte centrale. Gli spazi in queste due stecche sono suddivisi in maniera quasi specchiata e collegati tra loro da un corridoio centrale completamente vetrato verso l'interno della corte. Il ritmo all'interno del corridoio è dato dalla successione di vetrate e porte. Alla fine dei due corridoi trovano posto i servizi e i collegamenti verticali del volume di base. Nel lato amministrativo permettono di salire al primo piano, mentre nel lato didattico permettono di scendere al livello interrato dell'edificio. Dalla corte interna si accede ad una scala esterna, posta nella testata dell'edificio
del silos vecchio che permette di arrivare al piano interrato. Il piano interrato ospita i locali tecnici che contengono
gli impianti di servizio agli archivi e una parte delle aule didattiche della stecca superiore.
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PIANTA PIANO TERRA E ALCUNE IMMAGINI DELLA HALL D'INGRESSO CAPITOLO QUINTO
PIANO PRIMO
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Al primo piano dell'edificio si accede tramite il blocco di collegamenti verticali situato nella destra della hall d'ingresso, o dalle scale della zona amministrativa. Arrivati al primo piano si ha una vista sulla hall a doppia altezza e sull'ingresso. Nella parte dell'ascensore e delle scale si accede alla copisteria, messa a disposizione degli utenti dell'archivio, e alla sala lettura all'aperto. La sala lettura all'aperto è concepita per concedere uno spazio di studio allietato dal clima mite tipico della città di Cagliari e si apre sulla corte interna all'edificio e quindi sull'edificio storico del silos vecchio. L'idea che ha portato alla realizzazione di una corte interna prende spunto dagli edifici rinascimentali con il tipico schema del chiostro quali la Certorsa di Pavia; da questa
IL PROGETTO
prende spunto anche la disposizione a scacchiera degli spazi interni dove la sistemazione delle sale è regolare e schematica. Questa disposizione è facilitata anche dallo schema a maglia modulare della costruzione della pianta. Nella parte opposta alla sala lettura trovano posto ancora gli uffici ed una sala relax creata per garantire la massima qualità degli spazi lavorativi. Come nel piano terra anche nel primo piano i lati interni dell'edificio si affacciano sulla corte interna attraverso le vetrate continue dal piano inferiore. Nell'ambiente antecedente gli uffici trova posto una sala d'attesa e l'ufficio di restituzione libri che serve tutta la sala lettura superiore.
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PIANTA PIANO PRIMO. NELLE IMMAGINI SI VEDE IL VUOTO SULLA HALL D'INGRESSO E LA SALA LETTURA ALL'APERTO AL PIANO PRIMO CAPITOLO QUINTO
PIANO TIPO
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La pianta del piano tipo si ripete uguale per tutti i piani della sala lettura in verticale, eccezion fatta per il piano di accesso agli archivi. La pianta si sviluppa su un rettangolo, aperto sui lati lunghi e chiuso sui lati corti. Da una parte troviamo i collegamenti verticali, la scala e l'ascensore (affiancato da un locale tecnico) mentre nella parte opposta sono situati i servizi. La lunghezza totale della stecca è occupata da una sala lettura e dagli spazi della biblioteca a scaffale aperto. La sala lettura si apre, attraverso le grandi vetrate, da una parte sulla corte interna dell'edificio, e quindi sull'edificio del silos vecchio, e dall'altra parte verso il porto. L'idea progettuale della stecca della sala lettura verticale è quella di uno spazio interno, ma che abbia la luce e la vista di uno spazio aperto. Per tutta la sua lunghezza,
IL PROGETTO
infatti, la sala è vetrata. Le grandi vetrate, protette dal sole da un sistema di brise solail verticali (la scelta dei brise solail verticali deriva dall'esposizione dell'edificio: i prospetti sono esposti infatti a sud est e a nord ovest e i brise solail verticali garantiscono una migliore schermatura in questa disposizione rispetto a quelli orizzontali), sono disegnate per ricoprire due piani della sala lettura. Questa conformazione permette all'esterno di avere un prospetto regolare che richiama alla forma del quadrato presente in tutte le piante dell'edificio, e all'interno un'illuminazione naturale costante.
PIANO DI ACCESSO AGLI ARCHIVI La pianta di accesso agli archivi si sviluppa sulla base della pianta del piano tipo. Si differenzia infatti da quest'ultima solo per la mancanza della biblioteca a scaffale aperto, sostituita dalla zona di consultazione dei documenti e per il collegamento con la parte superiore dei silos. Nella zona di collegamento trova posto un ambiente di consultazione dove è possibile ricercare i documenti presenti all'interno degli archivi. Il piano di acceso agli archivi presenta una zona nella quale l'accesso è possibile anche al pubblico ed una parte nella quale l'accesso è possibile solo per gli addetti ai lavori. Dalla stecca verticale si passa alla parte superiore del silos vecchio dalla quale è possibile accedere ai silos contenenti l'archivio archeologico o ricercare i documenti attraverso il sistema
automatizzato di recupero dei documenti. Il modulo di copertura degli archivi, in acciaio zincato, rimane a vista. In questa parte dell'edificio si è scelto di marcare il più possibile la differenza con il resto della struttura. Anche la luce arriva all'interno in maniera completamente diversa dagli altri volumi: nel volume di base la luce entra attraverso delle fessure continue sui lati esterni dell'edificio ed in maniera continua dalla corte interna sulla quale si aprono le grandi vetrate, nel volume della sala lettura la luce entra, invece, dalle grandi vetrate che si aprono sulla corte interna e verso viale la Playa e il porto di Cagliari; nel volume posto sulla sommità dei silos la luce entra invece da piccole aperture che riprendono il tema ornamentale del rivestimento del silos vecchio. Questo minore ingresso di luce, simbolicamente, rappresenta anche la possibilità CAPITOLO QUINTO
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di accesso limitata ai soli addetti alla manutenzione degli
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PIANTA DEL PIANO TIPO E DEL PIANO DI ACCESSO AGLI ARCHIVI IL PROGETTO
archivi.
CONCLUSIONI L'idea di progetto nasce alla fine del 2011 durante la collaborazione con il professor Giovanni Marco Chiri per il progetto preliminare del campus universitario dell'ERSU che verrà realizzato nel terreno dell'EXSEM di Cagliari. Il progetto, che prevede la realizzazione di un archivio storico con una biblioteca annessa, è stato ispirato dallo studio dell'architettura industriale e dalle infinite possibilità che il recupero di queste architetture offre al progettista. La sfida più grande nell'affrontare questo tipo di progettazione è quella di restituire a un edificio, che in passato ha avuto la sua ragione d'essere nello scopo produttivo, la propria dignità nello svolgimento di una nuova funzione. Lo scopo finale del progetto è quindi quello di restituire alla città un manufatto che con la sua importanza ha servito la
cittadinanza in maniera tale che possa riprendere la sua funzione nella città anche svolgendo un nuovo ruolo. La composizione architettonica non può prescindere dal contesto nel quale un edificio si trova, per questo prima di affrontare la fase di progettazione è stata necessaria una fase di studio dello sviluppo dell'urbanistica della città e della situazione sociale ed economica della Sardegna intera. Da questi presupposti e dalla conoscenza fisica del luogo è partita l'idea di progetto che si è poi evoluta nel rispetto delle norme tecniche e funzionali dell'architettura stessa. A tutto ciò si aggiunge la sensibilità del progettista stesso che è, ovviamente, influenzato dalle sue preferenze architettoniche e da coloro che prima di lui hanno espresso, attraverso il disegno e la realizzazione di edifici e strutture, i temi della corrente CAPITOLO QUINTO
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architettonica a cui sono appartenuti. Nel caso specifico grande influenza ha avuto l'architettura moderna dei primi del novecento, a cui appartiene la prima architettura industriale propriamente detta, e i maestri che di questa corrente sono stati i grandi protagonisti. Questi sono stati, con il dovuto rispetto e proporzioni, gli ispiratori della forma e della funzione di questo progetto. Ciò che più è rappresentativo di questa corrente architettonica, non è da ricercare tanto nelle forme o negli schemi progettuali, ma nella concezione di ciò che è l'Architettura. A partire da quel periodo storico l'Architettura non è più un'arte al di sopra degli uomini, ma un'arte a disposizione degli uomini. Obiettivo della progettazione è quello di creare ambienti e spazi che svolgano al meglio la funzione alla quale sono destinati, semplificando e migliorando la qualità di vita di chi ne usufruirà. Tutto questo IL PROGETTO
fatto attraverso l'utilizzo di forme e volumi puri, che danno agli edifici una qualità estetica generata dalla geometria delle forme a delle proporzioni. Nel caso dell'architettura industriale questo discorso assume, in quel periodo, un valore aggiunto in quanto si pone come obbiettivo quello di migliorare una parte della vita fino ad allora trascurata: la vita lavorativa. Per questi motivi il progetto del recupero del silos vecchio dell'EXSEM trova la ragione stessa della sua ideazione nel razionalismo industriale: per un tributo al periodo di innovazione culturale ed architettonica dell'epoca moderna, per un richiamo visibile alla collocazione storica del manufatto originale alle sue funzioni primordiali e per la sensibilità soggettiva del progettista particolarmente affascinato da quella rivoluzionaria concezione dell'Architettura.
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PROSPETTI SUD E OVEST E ALCUNE VISTE PROSPETTICHE DEL PROGETTO. IN BASSO A SINISTRA SI PUÒ NOTARE LA CORTE INTERNA CON LA VETRATA DELLA PARTE AMMINISTRATIVA VERSO IL SILOS VECCHIO
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SEZIONI A E C E ALCUNE VISTE PROSPETTICHE D'INSIEME DEL PROGETTO IL PROGETTO
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