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Il Chiese notizie
Pag. 4 Il mio Canossi Pag. 6 Uno scomodo ebreo a Gavardo Pag 13 Lanital o Italan
ottobbre 2011
Quadrimestrale edito dalla Pro Loco del Chiese - Gavardo
Uniti, siamo forti; se siamo forti, saremo liberi
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ueste sono le parole di Alcide De Gasperi, oggi considerato come uno dei padri della Repubblica e, insieme al francese Robert Schuman, al tedesco Konrad Adenauer e all’italiano Altiero Spinelli, dell’Unione Europea. Ed è con queste parole che la pro loco ha iniziato una ricerca sulla Democrazia Cristiana a Gavardo ed in Valle Sabbia. Non si tratta di un approfondimento storico, ma, molto più semplicemente, di una raccolta di interviste a coloro che hanno vissuto, in certi casi da protagonisti, le vicende politiche gavardesi e valligiane della Democrazia Cristiana. Gianpaolo Mora, Gianpietro Landi, Alfredo Bonomi, Andrea Barbiani, Sergio Franceschetti, Baronchelli Danilo, Andrea Codurri e molti altri ancora sono le persone che stiamo intervistando per capire cinquant’anni di vita politica gavardese. La storia, gli uomini, i congressi, le correnti, i documenti e le immagini che stiamo raccogliendo daranno – ce lo auguriamo – uno spaccato di vita della nostra comunità che, diversamente, andrebbe perduta. Dalle prime interviste emerge la concretezza di anni di lavoro e di passione, ben lontana dunque da una certa idea che alcune procure e alcuni giornali davano della DC. Non ci sono, almeno in Valle Sabbia, politici e amministratori che hanno rubato o che si sono arricchiti facendo gli amministratori o i sindaci. Insomma l’antipolitica oggi imperante anche sui nostri giornali è lontana anni luce dagli sprechi romani e dalle manette di Di Pietro. Il partito cui molti gavardesi hanno entusiasticamente aderito era fatto da seri Amministratori che hanno dato molto alla comunità. Anche oggi è facile farsi prendere da un certo clima di antipolitica, spesso dovuto a stipendi e benefit eccessivi che nulla hanno a che vedere con i nostri sindaci e le nostre Amministrazioni.
Intervista al prof. Roberto Chiarini,
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curatore scientifico del corso di Amministrazione per giovani organizzato dal Comune di Gavardo.
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rofessor Chiarini, perchè un corso di amministrazione e politica? Per la semplice ragione che si è diffusa la consapevolezza di una caduta della classe dirigente. Non serve fare nomi e cognomi anche perché le responsabilità sono diffuse ed oggi le agenzie di socializzazione (parrocchie, scuole, sindacati, partiti) o i circuiti amicali funzionano sempre meno. C’è dunque una separazione netta tra la professione, i mestieri e la dimensione civica di ognuno. È bene che sorgano iniziative per colmare questa lacuna.
Edito dalla PRO LOCO DEL CHIESE Via Vecchino, 2 - Gavardo (BS) Autorizzazione del Tribunale di Brescia n. 40/2006 Direttore responsabile Daniele Comini daniele.comini@gmail.com Hanno collaborato a questo numero Giuseppe Mazza, Presidente Andrea Codurri Michele Vezzola Piero Simoni Stampa Tipolitografia Vobarnese (BS) tel. 0365.372294
Quali sono i punti che maggiormente dovrebbero stimolare un giovane a partecipare? Deve già esserci un apprezzamento per una iniziativa del genere, intesa come volontà di rimediare ad un mancanza. Un giovane, anche senza ambizione, dovrebbe trovare in questa iniziativa un’occasione da non perdere perché è importante istituire relazioni, entrare in contatto con un mondo comunque ricco di coordinate, problemi, sensibilità. La scuola, il corso organizzato dal Comune di Gavardo, vuole dare un contributo. Non può risolvere problemi ma dare un primo avviamento a chi lo desidera. Che senso ha oggi parlare di destra\ sinistra nel panorama politico italiano? Le categorie che hanno orientato più generazioni hanno oggi perso il loro carattere di stella polare. In parte vi è stata una maturazione della destra e della sinistra che da semplice inimicizia sono
diventate categorie di competizione, confronto\scontro di idee e interessi. Ci sono interessi culturali che alimentano la politica, anche se ciò avviene con sempre
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maggiore difficoltà anche perché le divisioni sono meno nette ed i confini tra le due categorie vengono spesso attraversati in ambo i sensi. Sono comunque categorie che aiutano ed orientano mantenendo una loro attualità.
La libertà d’azione che li rende liberi di assumere decisioni fa il paio con la responsabilità politica di avere il maggior numero di contatti con la popolazione.
La sfida è quella di mettersi in contatto per dare quelle risposte operative che ai Quale è la sfida più grande - secondo Lei livelli più alti (Provincia, Regione, Stato) sono distanti e tardano a venire, minac- per i Sindaci di oggi? È una sfida grande perché oggi i sindaci ciando così la passione civica della gente, hanno una grandissima responsabilità: aumentando il senso di solitudine ed il quella di rianimare la democrazia italiana. disamore per la politica.
Roberto Chiarini è uno storico e scrittore italiano. Ultimo degli otto figli di Anita Balardi e Carlo Chiarini, fornaio del paese, dopo il liceo classico a Castiglione delle Stiviere, si iscrive all'Università degli studi di Pavia dove è allievo di Mario Bendiscioli e dove si laurea con lode nel 1966 discutendo una tesi sul politico bresciano Giuseppe Zanardelli. Prosegue poi gli studi accademici grazie ad alcune borse di studio e nel 1973 inizia l'attività didattica all'ateneo pavese. Attualmente è professore ordinario di Storia contemporanea e titolare dell’insegnamento di Storia dei partiti alla facoltà di Scienze politiche dell'Università statale di Milano. Fa parte del comitato scientifico della Fondazione Turati di Firenze e della Fondazione Lucchini di Brescia ed è presidente del Centro studi e documentazione sul periodo storico della Rsi con sede in Salò. [1] Dal dicembre 2009 è Presidente del Comitato storico-scientifico della Fondazione Craxi di Roma. I suoi studi si sono concentrati su liberalismo, socialismo, fascismo, neofascismo e destra italiana, cui ha dedicato numerosissimi saggi e articoli. Ha collaborato e collabora ad alcune riviste politiche (come MondOperaio, Il Ponte e Ideazione) e a molti quotidiani (tra cui Avanti!,l'Unità, Il Sole 24 Ore, Il Giornale, Corriere della Sera, Il Foglio, Libero, il Riformista, Giornale di Brescia e L'Eco di Bergamo). Nel 2008 ha vinto la prima edizione del premio intitolato allo storico Antonio Sema «per la riconosciuta capacità di unire l’alta qualità scientifica alla più apprezzata divulgazione, sapendo inoltre fornire interpretazioni originali rispetto ai problemi storiografici affrontati»
(la mé càsa, la mé zènt), na rizù dè avilimènt (le malìssie dèi catìv): e gaarés vulìt èn frèssa turnà a véder la mé Brèssa cón töt chèl chè ghè dè bèl. ……………………………
4 Angelo Maria Canossi
nacque a Brescia il 23 marzo 1862, primo figlio di Carlo e di Teresa Viviani. Pare che la sua famiglia potesse vantare illustri origini: il poeta ricordava arredi domestici memori di antichi decori e il probabile stemma della casata costituito da un cane rampante con in bocca un osso; forse si tratta solo di una sua fantasia, uno dei tanti pretesti per ironizzare sulla sua povertà. Ebbe tre fratelli e una sorella: il più giovane morì ad undici anni di difterite, mentre la sorella entrò nell'Ordine delle Orsoline. Seguirono anni inquieti, in cui compì molti brevi viaggi. Nel 1882 si recò a Parigi, presso uno zio paterno, e seguì assai irregolarmente un corso universitario alla Sorbona, dove sostenne degli esami, ma senza preoccupazioni sistematiche e la volontà di laurearsi. Diede lezioni di Italiano, fece qualche servizio giornalistico, guadagnò abbastanza bene e molto spesso compì viaggi in Europa. L'Angilì (è molto noto questo suo soprannome) frequentò le scuole primarie in San Barbara, poi passò al civico ginnasio e quindi al liceo di Desenzano. Allievo estroso e scontinuo, s'impegna soprattutto in ciò che gli piace. Terminato il liceo, si iscrive all'istituto superiore di lettere in Firenze, ma frequentò solo due anni, per poi ritirarsi tornando a Brescia, dove iniziò l'attività di ripetitore privato. Nel 1903 uscì la sua opera dalla stamperia Savoldi a firma di Storpiato Tasso, una cruda satira a carico di un tenore sgrammaticato: nell'ameno pseudonimo dell'autore tutta Brescia leggeva il nome del poeta; difatti se ne conoscevano già le prime poesie dialettali, certi modi inconfondibili di umore. Nell'agosto 1884 di colpo ritornò a Brescia. Riprese con poca costanza le lezioni private e iniziò una nutrita e viva attività di giornalista e pubblicista: frequentò
Il mio canossi a cura di Piero Simoni
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o amato il Canossi fin da ragazzo. Mio padre teneva gelosamente fra i suoi libri una copia di “Melodia”, l’opera del poeta bresciano, e ogni tanto lo sentivo leggere a voce alta la storia della bottegaia Coppi di Brescia. La conoscevano tutti a quei tempi. Aveva il negozio in città, al ‘cantù dèi stupì’, e vendeva un po’ di tutto: dalla cioccolata alle màndole ‘mbrüzìne, dalla farina agli stopài pèr èl vì, dal cafè fioretòne allo zucchero, dal marsala alla benzina, da l’estràt d’Olànda alle candele, dall’olio alle caramelle… E con quale grazia il Canossi sa descrivere questo tipo originale di bottegaia: Sentàda töt èl dé dedré d’ön bànc, èn d’ön streciö gremìt dè mercansìa, la sa cantà issé bé le variassiù dè sté motif dèl frànc, ché (mìga bàle !) ai frànc ghè vé le ale e i scàpa dè pèr lùr da la scarsèla e i vùla sö ‘l sò bànc! Mi piaceva tanto sentir leggere “Melodia”, che quando cominciai ad andare a scuola volli a tutti i costi imparare il dialetto bresciano, così immediato ed espressivo, anche se - come scrive il Canossi stesso - l’è issé dür chè quànd sé ‘l lès èl pàr dè sgagnà i sàs e dè spüdà! Fu un vero peccato che il libro di “Melodia” del babbo andasse perduto durante un trasloco! Per fortuna riuscii a procurarmene una seconda copia, e l’occasione si verificò dopo parecchi anni. Nel 1964, infatti, ricevetti dal Comune l’incarico di assistente della Biblioteca Civica
“Eugenio Bertuetti” di Gavardo, e un giorno mi giunse una telefonata dal sindaco dottor Franchi. Mi disse: «Devo trasferirmi con la farmacia da Via Fossa in Via Quarena, ed è necessario che mi liberi di una parte dei miei libri. Te li faccio avere e ne farai quello che vuoi. Quelli che ti interessano li puoi tenere, gli altri li darai alla biblioteca.» Quando cominciai a controllare i libri, mi capitò in mano una copia della “Melodia”: era l’occasione che aspettavo! Diedi subito un’occhiata alla copertina. Oltre al titolo - “La MeLoDia” e ALTRE POESIE DIALETTALI BRESCIANE”, Terza Edizione - c’era la data: “Officine Grafiche Lombarde, Brescia, 1930 - Anno VIII”. Sulla pagina interna, scritta a mano, si leggeva la firma di G.M. Longinotti – Badia, maggio 1937. Nelle pagine seguenti, dopo un ‘indirizzo’ ai concittadini da parte della Presidenza dell’Associazione Bresciana “Lupi”, si poteva leggere una poesia autografa in dialetto, dal titolo “Nostalgia e “MELODIA”, scritta al Canossi dal Segretario del Partito Nazionale Fascista, Augusto Turati che abitava a Roma. La lessi subito. In essa, l’autore esprimeva al poeta tutta la malinconia che provava per essere lontano da Brescia. Merita di trascrivere alcuni versi della bella poesia: L’altra sera ghìe ‘n dèl cör ‘na scaragnéra e ön fastìde ‘n dèl servèl: ………………….. la rizù? Ön pó dè töt: ön pastés dè bèl e bröt, ön pensér sèmper piö vìv
lo stesso si può dire della seconda, quella dal tedesco. Valga un confronto per chiarire questa mia affermazione: Il Pascoli, parlando del figlio che si accosta al letto della madre in agonia, scrive:
“M’accosto al suo letto: ella un poco li occhi alza; ella vede. Ella parla: Ma la pagina più divertente era quella dello “Oh! povero bimbo!…del fuoco, stesso Canossi, intitolata “Per i…Bortolini”, che ha freddo!” con la quale l’autore, dopo aver citato un Il Canossi, a sua volta, si esprime così: epigramma latino di Marziale, che diceva: Quem legis, meus est o Fidentine libellus, “Fó pèr bazàla… Oh Dio!…Pianì pianì sed male cum legeris, incipit esse tuus. la dèrf i öcc…la vèd, la pàrla: “Ah s-cèt sé tè sé mìs!…Dèl föc, dèl föc, poarì, e che tradotto significa: chè ‘ìl gaarà frèd!” Quel che leggi, o Fidentino, è un mio libro, ma se lo leggi male, comincia a diventar tuo. Non è forse meno convenzionale e più senil Canossi ne dava, in dialetto bresciano, tita questa seconda quartina? E lo stesso si può dire dell’altra poesia, anche se non ci questa esilarante versione: è possibile averne il testo originale tedesco. Eppure, non si può negare che i versi Car èl mé Burtulì, in dialetto del Canossi, riferiti alla mamma sté liber l’ho scrìt mé. che sogna il bimbo morto, siano altamente e sé té ‘l lèzet bé commoventi: mé nó ghó gnènt dè dì: ma sé té ‘l lèzet màl, “Ma èco chè ‘na nòt fiöl car, alùra pò ghè compàr èl murtì fàl pör passà pèr tò, vistìt a malapéna chè tè mé fé ‘n regàl! d’ön pó dè camizì, Ma l’autore di “Melodia” non mi piace sol- e: “Vàrda – ‘l dìs – mamìna! tanto per questo. Egli non è solo il poeta e piàns, e piàns, e piàns, scanzonato e caustico che appare in quel ca- vàrda cóza t’hé fàt”! polavoro che è “La madóna dèl dutùr”, o Ghó ‘l camizì ‘mbombàt nella raccolta che ha per titolo “Ràssega”, o dè lacrime, mamìna! ancora ne “Le Carmelitane a la Mèssa alta E có sté missulì dè S. Faüstì”; non è solo il cantore delle ge- nó pòde piö durmì!… sta gloriose dei bresciani che si battono per Nèh mìga piànzer piö?” la libertà, come ne “L’esòrdio dè lé dés zornàde”; egli è un vero maestro anche quando Sparés èl póer murtì… affronta il tema umano, quando si rifà alla La màma la piàns piö ; sofferenza e al dolore, specie di una donna la màma la sé tè e ancor più di una mamma. In “Melodia” le lacrime ‘n dèl cör, non è difficile trovare esempi al riguardo. e quànd chè ‘l cör l’è pié Alludo, in particolare, alle due poesie che ch’hàla dè fa? La mör!” vanno sotto il titolo di “Amùr dè màma”. La prima è la versione dialettale della poesia Questa è poesia nel più alto significato del “Ritorno” di Giovanni Pascoli, la seconda termine! Ed è proprio questo il Canossi che - “Èl póer murtì” - è una traduzione dal te- ammiro e amerò sempre! desco Bauernfeld. Sono convinto - e non me ne voglia il Pascoli! - che il calore umano e il pàtos che si respirano nella prima di queste due poesie, quella tradotta dal Pascoli, superano di gran lunga l’emozione suscitata dai versi italiani del poeta romagnolo! E
molto la redazione de "La 5 Sentinella bresciana" e ne divenne direttore per qualche mese; diede vita al "Guasco", primo quindicinale umoristico e poi quotidiano di informazione. Pieno di iniziative e di idee, ne sfornava a getto continuo e vi si dedicava con l'entusiasmo e il cuore tipici di un artista, ma appena il disegno appariva concluso, sembrava che l'interesse gli sbollisse tra le mani; viveva di intuizioni, si bloccava dove iniziava la volontà pratico-esecutiva, l'impegno di orario e la meccanicità di un mestiere. Tutte le sue imprese ebbero il medesimo destino: impiantò una tipografia, ma presto la cedette; fondò più tardi due importanti riviste, l'Illustrazione bresciana e Brixia, ma ne mantenne per poco la direzione. Ebbe un rapporto con una donna cantata col nome di Iole, ma alla soglia del matrimonio non seppe decidersi al gran passo. Tra il 1914 ed il 1916 il poeta si dedicò alla lirica amorosa della quale ci sono pervenuti solo due sonetti. Lui stesso, in una lettera a Iole, dichiarò di aver distrutto molti pezzi. Nel 1916 fondò l'Istituzione della Memoria: è forse l'unico suo disegno compiuto (a parte le poesie dialettali), ma in tutto degno del suo nobilissimo cuore di patriota e poeta. Nel 1925 partecipò al primo congresso dialettale a Milano, conseguendovi un successo totale. L'ultimo avvenimento importante della sua vita fu l'incarico di allestire il vocabolario bresciano, affidatogli dall'Ateneo di Brescia: per tale lavoro gli venne fissato un assegno mensile sospeso più tardi perché l'opera non si concludeva. Nel 1936 si trasferì definitivamente a Bovegno, dove trovò l'ambiente adatto alla stanchezza della sua età. Morì il 9 ottobre 1943 e fu sepolto nel cimitero locale. Le poesie dialettali di Angelo Canossi sono pubblicate in "Melodia e Congedo".
6 “Vieni e considera.
Il pensiero abissale è il principio di tutto” (Zohar)
Uno ‘scomodo’ ebreo a Gavardo La Pro Loco ha dato alle stampe il testo della conferenza che Ariel Toaff ha tenuto a Gavardo lo scorso mese di marzo. Storie, aneddoti, personaggi straordinari, gente comune, luoghi, cultura, tradizioni, fede.
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iportiamo qui la presentazione che il velano aspetti o particolari dello scrittore curatore del volume, Flavio Casali, che te lo rendono interessante o antipatico o indifferente … La fantasia del lettore vola ha scritto per i nostri lettori. fino a costruirsi un’ identità del suo “scritSeppure non sia facile capita, a volte, di co- tore” immaginaria, irreale e, in fin dei conti, superficiale. noscere persone straordinarie. La cosa migliore per evitare la mitomania è Persone che puoi dire di aver conosciuto - cimentarsi, consapevoli di un possibile falnon de visu - ma attraverso i libri che hanno limento, in quel piccolo sforzo che, a volte scritto o grazie ad articoli di giornale che, riesce davvero a trasformare la volontà in oltre a promuovere il volume di turno, ri- potenza. Così, può capitare che attraverso una semplice e-mail un invito venga accettato e possa nascere quel quid che travalica e supera gli aspetti formali e sostanziali legati alla presentazione di un libro e sfocia, nel giro di poche ore, in una stima reciproca, in voglia di conoscenza, in amicizia… A me è successo con Ariel e Yael Toaff e non è accaduto per caso. L’incontro, cercato, voluto, coltivato, desiderato… si è realizzato e in me, nella mia famiglia, negli amici che mi hanno stimolato e aiutato, anche finanziariamente, così come in quanti hanno partecipato alla presentazione gavardese e salodiana del suo libro “Il Prestigiatore di Dio”, non si cancellerà più. Ariel è ebreo, un ebreo famoso, come storico e scrittore innanzi tutto, ma anche come primogenito di Rav Elio Toaff, rabbino emerito della comunità ebraica romana. Come tutti gli altri uomini, anche l’ebreo ha più di un’identità. Appartiene alla comunità umana e pure possiede un’identità ebraica che lo rende diverso dagli altri. Ognuna di queste identità lo obbliga a doveri diversi. Un po’ come Abramo, che si presentò al popolo Cananeo dicendo: “Sono forestiero e residente fra voi” (Gen. 23:4).
Ci si può chiedere se non esista una contraddizione in termini, apparentemente opposti. La realtà è che l’ebreo è “residente” al pari degli altri “Cananei” allorché partecipa con loro negli sforzi per il bene della società. Pur tuttavia, dal punto di vista spirituale, l’ebreo è uno straniero, la sua fede è unica, immutata e immutabile da sempre, come il suo modo di vivere basato su idee, verità e comportamenti che lo hanno reso un diverso dalla società circostante. Sotto questo aspetto Abramo e i suoi discendenti rimarranno stranieri per sempre.
loro talenti creativi. E’ il testamento di Giacobbe, particolarmente rilevante ai giorni nostri. La riconciliazione con Esaù è vicina. Basta volerla. Ci sembra di udire le stesse domande: “Di chi sei?, dove stai andando?, di chi sono queste cose davanti a te?”. La nostra storia comune, “nuova” di millenni, esige di affrontare queste sfide con coraggio e di dare la medesima risposta che era stata comunicata dai messaggeri di Giacobbe migliaia di anni fa.
Ariel Toaff è un ebreo aperto al mondo, un – spero di non offenderlo – “riformista”, in grado di rappresentare l’ebraismo in termini universali, smitizzando i tanti luoghi comuni o gli stereotipi di cui tutti (i non ebrei) si riempiono la bocca. Eppure mentre Ariel proclama ad alta voce la propria identità comune a tutti gli uomini, negando ogni settorialismo, il mondo continua imperterrito a considerare tutti gli ebrei membri di una comunità separata intenta a perseguire propri specifici interessi a discapito dell’umanità intera. Per secoli il mondo, cristianizzato e non, ha abbassato gli ebrei a ruolo di semplici parassiti e li ha esclusi da una vera parità di diritti e di opportunità, considerandoli, fino a tempi non molto recenti, esseri privi di nobili sentimenti e di abilità creative. Eppure – ed è la storia raccontata da Ariel che restituisce a due personaggi ebrei, Abramo Colorni e Maggino Gabrielli, il giusto ritratto di benefattori dell’umanità – una volta che furono loro concesse, non dico “uguali” ma perlomeno “sufficienti” opportunità, si resero immediatamente disponibili a seguire l’imperativo divino di “riempire la terra e di svilupparla”(Gen. 1:28).
E’ evidente allora che incontri – come quelli organizzati a Gavardo – tra comunità appartenenti a fedi diverse sono non solo possibili ma diventano indispensabili. Piena libertà religiosa e confronto democratico non tollerano alcuna sottomissione alla logica dell’auto giustificazione verso la comunità maggioritaria. Quest’ultima, mentre ancora discute se assolvere o no la comunità ebraica da alcune colpe mitiche – deicidio, rituali di sangue (si ricordi, fra tutte, la vicenda del piccolo Simonino da Trento) – ignora per lo più completamente le proprie responsabilità storiche per le sofferenze ed il martirio inflitti alle minoranze, ai deboli, ai perseguitati. Inoltre, l’ebraismo non deve essere visto come qualcosa che acquista una sua dignità storica per il solo fatto di essere precursore di altre fedi. I riti religiosi – celebrati con grande enfasi liturgica dai Principi Prevosti – non hanno alcun valore se le leggi e i principi della giustizia umana vengono calpestati e immolati sull’altare della propria caparbia presunzione.
Colorni e Maggino – ma la schiera di benefattori ebrei è molto più lunga – hanno dimostrato di aver contribuito al benessere generale in misura molto maggiore di quanto ci si potesse aspettare in proporzione alla componente ebraica della popolazione. Colorni e Maggino ieri, Ariel Toaff e Amos Oz, Luciano Caro e Riccardo Di Segni oggi, così come tutti gli ebrei del mondo sono determinati a partecipare ad ogni impresa civile, scientifica e politica che migliori l’umanità. Si sentono obbligati – e per noi non dovrebbe essere diverso, anche se lo diamo troppo per scontato – ad arricchire la società con i
Alla fine, la radice unica e ultima di ogni bisogno umano è sempre e soltanto il bisogno dell’immanenza divina, di conoscere, vedere ed unirsi a Dio. Ariel Toaff ce lo fa capire attraverso i suoi personaggi, attraverso il suo studio di storico e scrittore, attraverso la sua appassionata testimonianza. Lo storico è parte della storia….lo siamo anche noi. Ciò che Ariel ci vuol far cogliere è di più, è un divenire…. Baruch Ha-Shem! (Benedetto il Signore)
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La Pro Loco difende Gavardo ed i gava rdesi dagli articoli che gettano fango sul nostro paese 22
GARDA E VALSABBIA
GIOVEDÌ 8 SETTEMBRE 2011 GIORNALE DI BRESCIA
L’INCHIESTA
IL POSTO
■ Incominciamo oggi una serie di articoli dedicati ai paesi bresciani, alle capitali rinnovate e alle capitali decadute, ai piccoli paesi messi in discussione giorno sì e giorno no di cui non si conosce, a fondo, il destino.
■ Gavardo e l’isola del Chiese. In superficie è una cosa bella. Poi, ci raccontano molti gavardesi, verso sera, si concentrano migranti senza lavoro sui vicoletti che scendono al fiume. È un colpevole via vai...
Chi si rinnova e chi no
Piange l’integrazione e il pachistano paga in nero
L’Isola del Chiese
Gavardo Storia di una capitale che è in declino «Vendesi» e «affittasi» nel centro, crisi delle fabbriche. La frattura sociale GAVARDO Anche la vecchia capino, cristianamente - vale evocare la tale della Valsabbia è in vendita. Dacristianitàoppure no? - nostri fratelvanti al municipio e lungo i portici li. Al netto della delinquenza e della di Gavardo, risaltano i «vendesi» e clandestinità delinquenziale, migli «affittasi». Il paese è pulito, il paegrante e stanziale, che quando c’è se è deserto. va spazzata via. Ora, non ci verrete a «La strategia della "sceriffizzaziodire che le panchine sono state scane", portata avanti dal sindaco vate via perchè girano 300 delinspiega una donna del volontariato quenti extracomunitari? valsabbino - ha ridotto la maggior Intanto, alle scuole elementari e suparte di extracomunitari di là dal periori, i figli dei gavardesi vanno a ponte e gli altri di qua. Se ne sono scuola con i figli degli extracomunifatte di tutti i colori per cacciare gli tari e si fanno amici. Non è che si sta extracomunitari dal centro. Si sopredisponendo una rottura generano cavate le panchine e così, il povezionale tra padri e figli, tra una decina di anni, con i figli che contestano ro gavardese anziano, il Losi, per aipadridi esserestatiassurdineltraesempio, non esce di casa perchè durre i rapporti con i fratelli lontani? non sa dove sedersi». A proposito delle panQuella della panchine che sradicate: il consistrappate per far sparire gliere comunale, Paola gli extracomunitari ci è INCREDIBILE Pasini, riferisce di un sisempre apparsa come Panchine gnore che si siede vicino una leggenda, un gioco alla chiesa, portandosi fasullo per screditare il sradicate una seggiolina da casa, sindaco. per non dopo che le panche soSiamo venuti a Gavardo consentire nostateportate via. Siaanche con questa curioai migranti mo al monumento dei sità, per studiare il come Caduti della guerra. Si e il quando la verosimidi potersi prendeva fresco e si parglianza o la falsità si fa sedere lava coi vicini. Adesso leggenda e passa di bocnonc’èpiù nulla.Vicinaca in bocca. to addio. Invece no, è vera come «Negli ultimi tempi anche i leghisti la perdita di fascino complessivo sono più corretti del sindaco - dice della Gavardo capitale, ormai carica Paola Pasini -. Non c’è una minima di problemi occupazionali, divisa collaborazione e questo fa male a socialmente e deserta nella rappreGavardo. Da mesi non si fa una consentazionedirelazioniciviliedemoferenza di capigruppo». cratiche. Fisicamente deserta, alle Controlliamo il sito del Comune: il 11 di mattina non ci sono più di 10 sindaco, c’è scritto, riceve il pubblipersone in giro dentro tutta l’area co il lunedì dalle 16 alle 18,30 previo della piazza e dei portici. Brutto seappuntamento da fissare presso la gno. segreteria. Eppure, i tanti extracomunitari non Scherziamo. Uncittadinodevepreabitano nelle case dei giapponesi, notarsi per parlare col sindaco? Vopaganol’affitto aigavardesi, prendogliamoscherzare. Il sindacohail dino pane e latte, frutta e verdura nelritto e il dovere di segnarsi i tempi di le botteghe e nei market di Gavardo, ricevimento e in quell’arco di temfanno demografia, lavorano, finchè po riceve chi arriva. Come si è semc’èstatoil lavoro,nelle fabbrichedopre fatto. O no? Il resto è aziendalive molti dei nostri non vanno più. smo di quarta segata. «Sono figli di una terra disperata - ci Tonino Zana dice la donna del volontariato - e so-
Nel cuore del paese ■ Nella fotografia qui sopra una bella veduta aerea del centro storico di Gavardo, che si sviluppa lungo il fiume Chiese. Qui a sinistra la facciata del palazzo municipale. Nella foto qua sotto, infine, uno scorcio di piazza De Medici, dalla quale nei mesi scorsi, su decisione dell’Amministrazione comunale, sono state rimosse le panchine: il provvedimento non mancò di far discutere i cittadini gavardesi e non solo
GAVARDO C’è scontento anche per quel parcheggio a pagamento all’ospedale. Poi, i fedelissimi del primo cittadino, c’e sempre una sfranta di pretoriani al mercato delle ruffianeria, riferirà al sindaco che la gente è felice e incaricherà qualcuno, ancora più pretoriano, di scrivere una lettera di indignazione. Invece lei, caro sindaco, rifletta da solo, come in un confessionale, sul tema della comunità integrata, della difesa dei diritti e dei doveri. E insieme della difesa dell’integrazione, che è un diritto naturale oltre che costituzionale e vedrà che chi ha affittato in nero al pachistano magari è anche chi lo ha votato. E allora, quando prende l’affitto, da mano a mano, in nero e sveltamente, cosa dice, viva il sindaco o viva il pachistano? Sarà bene che tutti diventiamo uguali e che incominciamo a pagare le tasse e a pagare in bianco. zana
Così il paese sta perdendo la centralità GAVARDO I paesi intorno, come Villanuova, per esempio, che fino a pochi anni fa sono confluiti su Gavardo, ora giocano una partita autonoma e culturalmente più elevata. «I monocolori hanno invecchiato Gavardo - spiega lo storico Marcello Zane - il ruolo di capitale è decaduto e altre realtà appaiono intorno. Vallio, Paitone, Prevalle, Muscoline e Villanuova non gravitano più su Gavardo, trovano un’autonomia e qualche volta ci battono nell’offerta dei servizi sociali e culturali». Qualcosa di veramente interessante e raffinato, anche noi l’abbiamo visto andarsene da Gavardo. Ricordiamo la stagione delle mostre mercato dell’antiquariato che grazie ad alcuni volenterosi, ricordiamo, per esempio, Luigi Trentini di Gazzane di Preseglie, si effettuavano in un lungo fine settimana e che portavano stand di cultura e migliaia di curiosi. Erano mostre nella mostra. Peccato! t. z.
Idro Domenica il «Motoringraziamento»
Riportiamo qui a lato la pagina che nei giorni scorsi “Il Giornale di Brescia” ha dedicato a Gavardo. Una visione molto parziale che non fa onore a chi l’ha scritta e ancor meno a chi ci abita. Nell’articolo vengono ‘intervistati’ anche la signora Paola Pasini e Marcello Zane che concordano sul declino gavardese. La Pro Loco di Gavardo difende invece Gavardo ed i suoi abitanti e dubita di questi articoli scritti evidentemente con scopi politici ben precisi. Ultimamente è sempre più difficile essere visibili sui giornali e sui telegiornali locali ed anche le belle iniziative che la pro loco organizza non riescono a ottenere il giusto riconoscimento dalla stampa. Il Giornale di Brescia non parla della bella Festa delle Associazioni, del Corso di Politica e Amministrazione, del corso di Ebraico, delle conferenze con Magdi Allam e di tante positività che Gavardo ospita. E non pubblica una lettera che il presidente della Pro Loco ha scritto al direttore del Giornale subito dopo la pubblicazione del brutto articolo. Eccola.
Egregio Direttore, gradirei che pubblicasse questa lettera, che è l’altra faccia della pagina di giovedì 8 settembre dedicata a ”GAVARDO storia di un paese in DECLINO”. Peccato che gli intervistati da Tonino Zana siano solo quelli che fino a ieri hanno condiviso la gestione amministrativa e hanno lasciato che Gavardo avesse quel declino da loro tanto evidenziato. Le cose positive sono state lasciate in disparte dal Suo giornalista, proprio per far vedere il bicchiere mezzo vuoto. Gli articoli non mettono in rilievo nessuna delle positività della Gavardo che funziona, ce ne sono parecchie, e basterebbe intervistare qualche persona diversa, oppure pubblicare le interviste positive raccolte dal giornalista e dal fotografo che lo accompagnava. Comunque mi dispiace per quelle persone che devono per forza essere arrabbiate, (chi con il Sindaco chi con i suoi collaboratori definiti ”sfranta di pretoriani al mercato della ruffianeria“). Quando Sindaco non era Vezzola Emanuele anche gli altri Sindaci avevano i loro amici, tutti nei posti giusti, e con questo io sono d’accordo che chi deve amministrare si circondi di gente di cui si fida e condivida il programma amministrativo. Alla scadenza del mandato, se ha fatto bene per il suo paese, il Sindaco verrà rieletto e resterà seduto sulla poltrona. Io vecchio abitante di Gavardo, a memoria, non ricordo di gente che puntualmente getta discredito sul proprio paese prendendo a spunto le seppure “importanti” panchine, e altre cose che nulla hanno a vedere con l’economia che ogni amministrazione sia di sinistra che di destra è chiamata a sviluppare nel proprio territorio per permettere e mantenere i servizi ai propri cittadini Ma questi fatti (anche se positivi) sono come le fognature, nessuno le vuole vedere, e dunque vale il pettegolezzo da bar di chi vede sempre il bicchiere mezzo vuoto. Giuseppe Mazza
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Il libro
Addio a Mino Martinazzoli Ci ha lasciati ad inizio settembre Mino Martinazzoli, forse il più noto politico bresciano che ha ricoperto incarichi di prestigio sin dalla giovane età: Assessore alla Cultura del comune di Orzinuovi, Presidente dell'amministrazione provinciale di Brescia (1970-72), Consigliere comunale e capogruppo della DC al comune di Brescia (1975-80), Presidente della Commissione inquirente per i procedimenti d'accusa (1976-79), Ministro della Giustizia (1983-86), Ministro della Difesa (1989-90), Ministro delle Riforme istituzionali e degli Affari regionali (1991-92), Presidente dei deputati democristiani (1986-89), Segretario della Democrazia Cristiana (1992-94), Fondatore e primo segretario del Partito Popolare Italiano (1994),Sindaco di Brescia (1994-98), Consigliere della Regione Lombardia (2000-2005), Componente della commissione consiliare Affari istituzionali e della Commissione speciale per lo statuto, Presidente dell'Alleanza Popolare-UDEUR (2004-2005). Riportiamo l’omelia del vescovo in Duomo a Brescia
Mino Martinazzoli e il Maestro Piero Simoni all’inaugurazione alla Fiera di Gavardo (1983?)
È difficile pensare che la visione della Gerusalemme celeste con cui si chiude la rivelazione della Bibbia possa diventare un progetto politico: asciugare ogni lacrima dal volto dell’uomo, cancellare la morte per sempre, risolvere le situazioni di lutto, di lamento e di affanno è un programma troppo ampio; la politica deve accontentarsi di molto meno. E tuttavia è impossibile che un buon politico rimanga indifferente davanti a queste parole: Dio abiterà con gli uomini e gli uomini saranno suoi popoli ed Egli sarà il Dio con loro. C’è in queste parole il senso vivo della dignità dell’uomo, l’esigenza che l’uomo viva e che la sua vita sia crescita di libertà e di pienezza. Un politico vero deve sentire queste parole come un appello; non, come dicevo, un appello a realizzare il paradiso in terra; ma a desiderare il paradiso perché l’ordine, sulla terra, ne sia un segno, una prefigurazione, una preparazione. Un politico deve patire, come fossero proprie, le ingiustizie patite dagli altri; deve desiderare il bene per tutti, se vuole riuscire a fare qualcosa per qualcuno. Paolo VI insegnava che la politica è una forma esigente di amore; e intendeva dire che l’impulso sano a occuparsi di politica può nascere solo in un cuore che sappia amare, che desideri sinceramente migliorare la condizione degli altri e che, per questo obiettivo, sia disposto a pagare un prezzo personale, anche elevato; altre motivazioni sarebbero improprie e finirebbero per creare ambiguità e danni. In questo rito di esequie salutiamo un cristiano sincero, Mino Martinazzoli, che ha trovato la sua vocazione nell’impegno politico, che ha speso le sue energie per il bene della nostra città come sindaco e del nostro paese come ministro e come uomo di partito. Lasciando naturalmente ad altri le valutazioni sul significato e il valore della sua
attività politica, vorrei ricordare la sua testimonianza sulle righe del vangelo che abbiamo ascoltato: il messaggio delle beatitudini; una parola che Martinazzoli conosceva bene, che ha mosso e illuminato la sua attività. Viene subito spontanea l’obiezione: le beatitudini sono belle, ma sono parole ideali, astratte; la concretezza della vita le uccide prima ancora che nascano; se vogliamo fare poesia, recitiamole pure; ma se intendiamo parlare di politica, ci aiuta più Machiavelli che il vangelo. Non mi azzardo a discutere e in ogni modo non sarebbe questa la sede. Ma voglio parlare di umanità, di un uomo degno della sua intelligenza, della sua libertà e delle sue aspirazioni; e sono convinto che questo uomo si riflette meglio nella semplicità delle beatitudini che nella tortuosità della furbizia politica. Un bambino diventa moralmente adulto quando impara a distinguere il bene dal male, ciò che è realmente bene da ciò che è solo gradevole; e diventa moralmente buono quando impara a scegliere il bene anche quando costa sacrificio, a rifiutare il male anche quando è attraente e appare gratificante. Nello stesso modo un politico diventa politico autentico quando impara a distinguere il bene di tutti dal bene personale e dal vantaggio della sua parte politica; e diventa politico buono quando sa scegliere ciò che è bene per il paese anche se questo va contro la convenienza personale e del suo partito. Che non sia cosa facile, lo si può ammettere facilmente: l’interesse personale o di gruppo, il successo personale o di gruppo possiedono una grande forza di attrazione che agisce a livello di impulsi e di sentimenti, che impedisce talvolta di vedere la realtà com’è
e la deforma più o meno consapevolmente. Bisogna percorrere un cammino interiore di conversione e di purificazione per individuare tutte le ambiguità del cuore, confessarle a noi stessi con dolore e vergogna, e combatterle con decisione. Non è facile; ma nessuno ha mai detto che essere pienamente umani sia cosa facile. Bisogna passare inevitabilmente dalle beatitudini: “Beati i miti… quelli che hanno fame e sete della giustizia… i puri di cuore… gli operatori di pace…” Le beatitudini non compongono un quadro sereno e idilliaco; ci collocano piuttosto nell’ambito del dramma e della possibile tragedia. La vita di Gesù e soprattutto la sua morte ne sono la dimostrazione più evidente. Chi si pone nella via della mitezza – e non semplicemente perché non ha forza, ma perché sa che è cosa meschina usare la forza per prevalere su chi è debole; chi non rinuncia mai a perseguire la giustizia perchè un mondo ingiusto gli pare indegno dell’uomo; chi allontana dal suo cuore ogni doppiezza rinunciando così a irretire i semplici; chi pone la riconciliazione e la pace come valori superiori rispetto alla vittoria di parte… chi agisce così non ha garanzia di riuscita mondana; al contrario deve mettere in conto che le opposizioni ci saranno e saranno dure; detto in termini cristiani: che la croce è un destino possibile e forse anche probabile. Ma sa anche che solo superando questa prova la sua coscienza esce pulita. Non è facile vivere costantemente all’altezza della propria umanità; come non è facile essere con coerenza un buon politico. Non è facile per le conoscenze e le competenze che si debbono acquisire – la politica è un’arte complessa e
LANITAL o ITALAN
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un articolo del Giornale di Brescia ricorda il Ferretti di Gavardo inventore della la lana nata dal latte raffinata; non è facile per il disinteresse che si deve creare dentro di sé – la politica mette a contatto coi soldi e col potere e finisce per costituire una continua tentazione; non è facile per la speranza che bisogna mantenere salda in mezzo alle delusioni e davanti allo spettacolo desolante dell’egoismo privato e di gruppo. Difficile, quindi; ma necessaria. Abbiamo parlato della città promessa da Dio, delle beatitudini che dirigono l’uomo verso questa promessa, della vocazione alta al servizio politico. Abbiamo parlato di Martinazzoli? Sono convinto di sì; ma ciascuno di voi, che lo avete conosciuto e stimato, può ritrovare nella sua memoria il segno che Martinazzoli ha lasciato e verificare questo segno sulla pagina di vangelo che abbiamo ascoltato. A me sembra che la parola di Dio, parlando dell’integrità dell’uomo, dello stile del cristiano, dell’amore come motivazione suprema di un credente abbia fatto il ritratto più bello di Martinazzoli. Non l’ho conosciuto molto. L’ho incontrato soprattutto in occasione di confronti con giovani, quando gli veniva chiesto di rendere la testimonianza di chi alla politica aveva dedicato molto di sé. Colpiva la sua schiettezza, l’ampiezza della sua cultura, la solidità delle sue riflessioni, la libertà di fronte ai luoghi comuni, ai giudizi del politically correct. Quanto a me, sono stato colpito soprattutto dal suo desiderio di coinvolgere i giovani in un cammino di impegno politico o, più ampiamente, di responsabilità sociale. Forse è questo l’aspetto in cui sentiremo maggiormente la sua mancanza. Intuiamo che siamo di fronte a mutamenti epocali; che non bastano aggiustamenti più o meno furbi; che deve cambiare il modo stesso di pensare alla convivenza umana; che dobbiamo diventare responsabili verso le generazioni future, cosa che non abbiamo certamente fatto negli ultimi decenni. C’è una sfida complessa che i giovani debbono affrontare; per questo loro, i giovani, hanno bisogno di persone credibili che
li stimolino, che facciano loro intravedere la possibilità e la bellezza di una politica fatta di intelligenza, di sincerità, di coerenza, di passione per l’uomo. Nessuno di noi possiede tutte le risposte utili. Non sono più in commercio visioni di società perfette da comporre pezzo per pezzo. Questo tipo di certezza ci è negato. Abbiamo invece sempre più chiara la consapevolezza che un futuro degno dell’uomo potrà essere costruito solo attraverso le scelte di persone umane autentiche: sagge e non stupide; moralmente responsabili e non infantili; capaci di riflessione critica e di autocritica; appassionate del bene delle persone concrete e disponibili ai sacrifici necessari per costruire una civiltà degna dell’uomo, quella che Paolo VI chiamava: la civiltà dell’amore. Celebrando le esequie la comunità cristiana vuole consegnare all’amore e alla misericordia di Cristo la vita dei suoi membri. Con fiducia e speranza grande la Chiesa bresciana affida al Signore la vita di un suo figlio, Mino Martinazzoli: unito a Cristo nel battesimo e nella cresima, nutrito continuamente col cibo dell’eucaristia e cioè con l’amore oblativo di Cristo egli ha percorso l’arco della sua esistenza terrena; ha conosciuto momenti di successo, ha conosciuto anche momenti di sofferenza e di croce. Credo di poter dire che ha cercato e ha vissuto con lealtà la sua vocazione nel servizio politico per il bene di tutti. Il Signore gli dia la ricompensa dei servi fedeli, secondo la promessa. “Udii una voce dal cielo che diceva: Scrivi: d’ora in poi beati i morti che muoiono nel Signore. Sì – dice lo Spirito – essi riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono.” Quanto a noi, benediciamo il Signore per quanto di bello ci è stato insegnato e testimoniato. Ci viene lasciata un’eredità nobile; Dio ci conceda di conservarla e arricchirla.
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talan? Che cos’è? Lana ricavata dal... latte. Ma no! Meraviglia? Allora eccone un’altra: l’Italan è stata inventata dall’ing. Antonio Ferretti di Gavardo, e brevettata il 28 agosto 1935. Un altro dei grandi personaggi bresciani che i bresciani non conoscono. Antonio nasce a Gavardo il 16 novembre 1889, primo di dieci figli. Suo padre, Giovanni, titolare d’una fornace per calce e laterizi, fu a lungo sindaco di Gavardo. Antonio, a 11 anni, terminate le elementari, ammalatosi il padre, entra in fabbrica, ne assume presto la direzione, senza smettere gli studi fino alla laurea in ingegneria. A 21 anni è chiamato a dirigere la fornace di Bovezzo che trasforma in Ceramiche bresciane Ferretti & c. La Grande Guerra paralizza le due aziende e allora trasforma quella di Bovezzo
per produrre granate e bombe Stokes. Nel 1919 sposa Maria Clara Rampinelli e si trasferisce a Milano, dove fonda la società Industrie Meccaniche Ferretti & C, specializzata in mobili per ufficio. Intanto attua un intenso import-export di bestiame, foraggi e prodotti agricoli dalla Svizzera. Entra nella società Incisa di Lissone (legno compensato) la riorganizza e ne diviene presidente. Nel 1921 è direttore e presidente del Cappellificio Scotti, di Monza. Acquisisce anche una piccola azienda produttrice di pelo per cappellifici (la Gemo di Lesmo) che gli dà l’idea di riciclare l’enorme massa di cascami di pelle che, rigenerata, dà origine alla «salpa», ovviamente brevettata e passata poi alla Pirelli. Nel 1924 si dedica alla ricerca per ottenere lana sintetica dalla caseina con la quale
(grezza) si produceva già la galatite, materia plastica della consistenza dell’avorio. Nasce l’Italan che propone al presidente della Snia Viscosa, Marinotti. Nel 1935 inizia la produzione nello stabilimento di Cesano Boscone, rifatto e tutto destinato alla nuova filatura. Erano gli anni dell’embargo contro l’Italia di Mussolini. Da 100 litri di latte - ve n’era in abbondanza perché non si poteva più esportare - si ottenevano 3,1 chili di caseina. La nuova fibra, nel 1940, raggiunge le 14mila tonnellate di produzione. Nel 1968, le fibre ricavate a basso costo dal petrolio faranno «morire» l’Italan. Ferretti si spense a Milano il 4 novembre 1955. Oggi la lana grezza si butta e non s’affaccia un altro Ferretti di fantasia e capacità fervide ad evitarne il colpevole spreco. Egidio Bonomi
da Wikipedia Con il nome di Lanital, tra il 1937 e la fine della guerra, fu commercializzata una fibra autarchica tratta dalla caseina, la proteina del latte. L'industrializzazione era opera della Snia Viscosa, che dava applicazione a una scoperta del 1935, ad opera dell'italiano Antonio Ferretti (Gavardo, BS). In piena epoca di sanzioni economiche, dopo la guerra d'Etiopia, il regime fascista diede grande risonanza al prodotto con un'opera di propaganda sull'autosufficienza dell'Italia. Nel frattempo negli Stati Uniti la Atlantic Research Associates Inc. produsse una fibra simile. La Lanital viene classificata come una fibra proteinica ed ha una struttura molecolare molto simile alla lana, con risultati vicini anche per calore, morbidezza e mano tessile. Presenta anche il vantaggio di essere poco attaccabile dalle tarme. Nel dopoguerra la SNIA tentò di migliorare il prodotto e di rilanciarlo con il nome commerciale di Merinova, ma nel frattempo lo sviluppo delle fibre chimiche, in primo luogo dell'acrilico, fece uscire dal mercato le fibre caseiniche.
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ricorrenze
FONDAZIONE LA MEMORIA 80° DELLA FONDAZIONE C.D.R. LA MEMORIA 80 ANNI DI ACCOGLIENZA E ASSISTENZA
MAGDI ALLAM OSPITE A GAVARDO PER RICORDARE L’11 SETTEMBRE E’ stato Magdi Cristiano Allam,
Sapienza di Roma in sociologia, rium “C. Zane” con la proiezione
già vice direttore del Corriere del-
ha svolto per 35 anni la professio- del film “viaggio a Kandahar” del
la Sera, la figura di spicco delle
ne giornalistica, nei più importanti regista iraniano Mohsen Makh-
SABATO 29 OTTOBRE
celebrazioni a ricordo della stra-
quotidiani italiani. Ha abbandona-
malbaf. Ai presenti è stato omag-
ORE 15,30 S.MESSA SOLENNE ACCOMPAGNATA DAL CORO LA FAITA
ge dell’11 settembre 2001, a Ga-
to questa attività nel 2008 quando
giato il libro di Oriana Fallaci “La
ESPOSIZIONE ELABORATI DEI BAMBINI DELLE CLASSI 4° E 5° DELLA SCUOLA DON BOSCO
vardo, in occasione del decimo ha preferito dedicarsi alla vita po-
forza della Ragione”. “Ricordare
DI GAVARDO ALL’INTERNO DEL PROGETTO “OTTANTANNI INSIEME”
anniversario dell’evento: incontro
litica del Paese, attraverso la cre-
quei giorni drammatici”, ha spie-
APERITIVO IN Casa Di Riposo
promosso
azione di un proprio movimento. gato il sindaco, “è un dovere istitu-
80 ANNI AL SERVIZIO DELL’ANZIANO
dall’Amministrazione
comunale e organizzato dalla Pro
Candidato come indipendente, è
zionale e morale. Quegli attentati
Loco del Chiese.
stato eletto parlamentare europeo
hanno cambiato il mondo e la sto-
Venerdì 9 settembre alle 21,
nelle consultazioni del 2009. Il ria, hanno ridisegnato gli equilibri
nell’auditorium Cecilia Zane (bi-
tema affrontato, con le domande
internazionali, nessuno di noi può
blioteca comunale) il professor
del pubblico e del professor Chia-
far finta che questo non sia succes-
POMERIGGIO INTRATTENIMENTO LUDICO A SORPRESA CON AMIMAZIONE
Roberto Chiarini, di fronte ad un
rini è stato di ampio respiro “L’11
so, anche se sono passati 10 anni.
ASTA PRO “PET TERAPY” ATTUAZIONE DI UN PROGETTO CHE CONSENTA AGLI OSPITI
folto pubblico, ha intervistato
settembre ci ha cambiati? Un bi-
Per questo qualche mese fa abbia-
UNA RELAZIONE POSITIVA CON UN ANIMALE
l’eminente giornalista di origini
lancio a 10 anni dalla caduta delle
mo anche intitolato una via del no-
GLI OSPITI DELLA CASA Di Riposo PROCLAMERANNO IL QUADRO VINCITORE
egiziane, che durante la Veglia pa-
Torri gemelle”. Il saluto alla platea
stro comune a quell’evento, quale
DELLA MOSTRA ALLESTITA ALL’INTERNO DELLA STRUTTURA.
squale del 2008 è stato battezzato
è stato dato dal Sindaco e promo- monito al rispetto di tutte le cultu-
dal Santo Padre, convertendosi al
tore dell’iniziativa, Emanuele Vez-
re, di tutte le libertà e delle regole
cattolicesimo.
zola.
del vivere civile democratico”
Una vita e una carriera emblema-
Molto seguita anche la serata suc-
ORE 21,00 SPETTACOLO TEATRALE PRESSO SALONE PIO XII DI GAVARDO “I NOSTRI PASSI” GRUPPO TEATRALE “OSSIGENO TEATRO”
DOMENICA 30 OTTOBRE ORE 12,00 PRANZO CON OSPITI FAMILIARI E SIMPATIZZANTI DELLA CASA DI RIPOSO
UNA GIURA D’ESPERTI E PRESENTI ALLA MANIFESTAZIONE VOTERÀ L’ELABORATO DEI BAMBINI CHE MEGLIO RAPPRESENTATA LO SPIRITO DELLA FESTA.
tiche: Magdi Allam, laureato alla cessiva, sempre presso l’audito-
GIPA/LO/0074/2011