Nello scenario delle biomasse il metano:un’opportunità per il sistema paese?

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Nello scenario delle biomasse il metano: un’opportunità per il sistema paese?



FONDAZIONE LUIGI EINAUDI Osservatorio sulla Politica Energetica

Nello scenario delle biomasse il metano: un’opportunità per il sistema paese?

Laboratori OPEF 3 aprile 2012


Nello scenario delle biomasse il metano: un’opportunità per il sistema paese?

Fondazione Luigi Einaudi per studi di politica ed economia OPEF - Osservatorio sulla Politica Energetica della Fondazione Luigi Einaudi. “Risparmio e efficienza energetica negli edifici pubblici” QUADERNI OPEF - Laboratorio del 3 aprile 2012 Realizzazione editoriale: Fondazione Luigi Einaudi - Roma A cura di: Francesca Cusumano.

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INDICE - Saluto del presidente della Fondazione Luigi Einaudi, Mario Lupo - Introduzione di Mauro Antonetti, direttore OPEF - Il biometano in Europa tra norme ed incentivi di Sergio Piccinini - Il biometano, una bioenergia come le altre? di Arturo Lorenzoni - Il potenziale del biometano in Italia di Stefano Bozzetto - Normativa, a che punto siamo? di Sofia Mannelli INTERVENTI PROGRAMMATI - Gian Battista Zorzoli, presidente Ises (intervento di cornice) - Piero Gattoni, presidente del Consorzio Italiano Biogas (posizione aziende produttrici) - Ezio Veggia, vice presidente Confagricoltura - Marino Berton, presidente Associazione italiana energie agroforestali - Francesco Ciancaleoni, Ambiente Coldiretti - Paolo Vettori, presidente AssogasMetano - Michele Ziosi, direttore di NGV System (Fiat) - Giuseppe Alonzo,commissario straordinario CRA - Michael Niederbacher BTS (tecnologia italiana) - Vito Pignatelli, coordinatore tecnologie bio-masse e bioenergie ENEA

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L’Opef, nell’ambito di un approfondimento complessivo sull’uso energetico delle biomasse,organizza un primo Laboratorio sul tema focalizzando l’attenzione sul biogas e, più specificatamente, sul biometano. Al riguardo si pongono interrogativi a cui, in linea con l’insegnamento einaudiano, “conoscere per deliberare” si cercherà di dare risposta. Il biometano è una bioenergia come le altre?Quale potrà essere il ruolo del biometano in un sistema energetico a basse emissioni di carbonio? Quali sono eventuali criticità di impatto sull’ambiente della filiera del biometano? Quale è la situazione dell’Italia nelle tecnologie per il biometano? Quale il potenziale della produzione del biometano in Italia e come garantire una maggiore efficienza nell’uso dei suoli agricoli e nella riduzione delle emissioni di carbonio? La filiera del biometano richiede incentivazioni e a quale livello? Quale è la situazione in Europa e a che punto sono le normative di incentivazione del settore in Italia, in vista dei nuovi provvedimenti in via di definizione ? Questi e altri interrogativi al centro del dibattito promosso dall’Opef tra esperti, imprese e categorie interessate a questo vettore energetico prodotto da biomasse di varia origine.

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Intervento di saluto

Presidente Mario Lupo Innanzi tutto un cordialissimo benvenuto a tutti gli intervenuti e un grazie amichevole di cuore per aver deciso di partecipare a questo laboratorio. Sul tema dell’energia e delle politiche energetiche le mie conoscenze sono molto limitate e quindi mi accosto a questa tematica con l’attitudine di prudenza per un verso e di curiosità dall’altro che è propria del neofita. Il neofita sa che deve rispettare una disposizione fondamentale del manuale ferroviario: vietato sporgersi e non parlare, quindi, di cose di cui non si intende abbastanza e nello stesso tempo sa, che trae più giovamento dall’ascoltare, piuttosto che nel dire. La fondazione Einaudi, della quale da qualche mese ho l’onore di essere Presidente, già da qualche anno ha assunto l’iniziativa di questo Osservatorio di politica dell’energia che considera fondamentale per due ragioni: primo perché la nostra è una Fondazione di cultura economica e politica e gli economisti ci hanno insegnato che la politica energetica è un capitolo centralissimo della strategia di rilancio della competitività e della crescita del nostro paese. A questo tema, dunque, abbiamo dedicato e dedichiamo altissimo interesse e forte impegno. Seconda ragione della nostra scelta: se c’è un campo nel quale le conoscenze e le competenze sono assolutamente fondamentali per formare e incentivare correttamente è proprio quello nevralgico e tecnologicamente complesso dell’energia. Mai come in questo campo va ricordato, quindi, l’ammonimento Enaudiano di “conoscere per deliberare” mentre in Italia, purtroppo, molto spesso si trasgredisce questo imperativo, non perché gli italiani non siano intelligenti, ma perché hanno il gusto dell’improvvisazione che deriva dalla loro creatività. Si cerca l’improvvisazione anche laddove andrebbe evitata per non creare danni rilevantissimi alla nostra economia e alla nostra prospettiva avvenire. Credo che l’esempio di quel che è avvenuto con l’incentivazione del fotovoltaico sia emblematico di ciò che proprio non si sarebbe dovuto

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fare, fedeli all’ammonimento Einaudiano che testé ricordavo. So benissimo che in tema di politica energetica il capitolo specifico delle energie rinnovabili è un capitolo di importanza fondamentale. In questo campo ci sono importantissime opportunità da cogliere, delicati problemi da affrontare e da risolvere. Non a caso l’Opef ha dedicato questo suo laboratorio a un comparto delle energie rinnovabili che è quello delle bio-masse e più specificatamente del bio-gas e ancora più specificatamente del bio-metano. Come vi ho detto, so molto poco della problematica energetica e delle energie rinnovabili, del biometano, in particolare, so pochissimo; sono qui davvero con grande umiltà per ascoltare il relatore e i discussant e riceverne stimoli in modo da affiancare l’azione dell’Osservatorio nel produrre risultati di innovazione e di cambiamento in positivo nel nostro sistema normativo e di incentivazione in campo energetico. Non aggiungo altro, Mauro Antonetti farà l’intervento introduttivo. Gli passo la parola e ringrazio tutti per l’ascolto.

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Introduzione Ingegner Antonetti, direttore Opef Come si può leggere dal programma ho a disposizione un tempo breve per la mia esposizione. Infatti il programma è molto denso e ponderoso con la presenza di relazioni interessanti e assai complete, in linea con l’esigenza di approfondimento del tema che oggi trattiamo e con presenze assai qualificate che, ci si può attendere, diano un contributo alla successiva discussione. E’ peraltro noto che la nuova normativa, relativa alla incentivazione delle FER e tra queste le bio-masse (ed in specie il bio-metano), è in fase di emanazione. Gli interessati non trasmettono, come dire, reazioni particolarmente soddisfatte a questi provvedimenti, e vedremo se questo clima risulterà dalle relazioni e dalla discussione stessa. Il Laboratorio, comunque, partirà dalla descrizione delle caratteristiche del bio-metano, anche rispetto ad altri tipi di energie di origine biologica: in specie verrà evidenziato se vi sono caratteristiche particolari che possono essere considerate significativamente migliori di altre FER tali da suggerire per il biometano stesso uno sviluppo di particolare intensità e diffusione. L’altra questione che occorre porsi è sostanzialmente quanto il bio-metano possa contribuire ad uno sviluppo a bassa emissione di carbonio. In via di principio un processo in cui viene bruciato del metano, di qualunque origine, produce dei gas serra (generati dalla combustione); questi gas entrano in circolazione nell’atmosfera. E’ dunque rilevante il bilancio complessivo della differenza tra la quantità di gas serra derivante dal processo stesso e rilasciato in atmosfera, rispetto alle quantità incorporate nelle biomasse implicate nella produzione di biometano. La differenza quantifica l’impatto sul sistema complessivo del pianeta. Un altro aspetto a questo legato è quello dell’impatto complessivo che la filiera del bio-metano può avere sul sistema ambientale per il rilascio

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di altre polluzioni o reflui. Ci domandiamo, inoltre, quale sia la capacità dell’Italia come sistema industriale, come sistema paese nel suo complesso, di essere presente attivamente (manifatture, servizi connessi) su questo tipo di tecnologie e, in generale, su questo tipo di filiera. Questa domanda, in particolare, si propone prepotentemente quando si considera, lo citava il Presidente Lupo, il caso del fotovoltaico che, nonostante l’erogazione di un importante flusso di incentivi, non ha portato in Italia quello sviluppo industriale che poteva, probabilmente, essere realizzato in proporzione alle risorse impiegate.. In relazione alle potenzialità di alcune tecnologie, sono abbastanza vecchio da ricordare durante la mia attività in Enea che l’Italia, per esempio, sul settore del fotovoltaico era sicuramente all’avanguardia o almeno concretamente presente e, per la verità, anche nel settore della produzione e dell’utilizzo di gas di origine biologica. Ricordo una mia esperienza su una linea di ricerca finalizzata a trovare soluzioni per minimizzare l’impatto ambientale (specie del “calore residuo”) degli impianti nucleari ed, in generale di impianti di grandi dimensioni; in quella circostanza, si considerava l’uso del “calore residuo” per la produzione di bio-masse (e di biogas). Quindi posso testimoniare l’esistenza di una tradizione del biogas (più o meno valida o riciclabile) molto “antica” risalente a più di 30, 35 anni fa. L’Italia quindi (e i ricordi richiamati sono solo “schegge” di programmi molto vasti ed articolati) è stata pronta anche precocemente a sfruttare talune opportunità nel campo dell’energia ed in particolare delle fonti “alternative” (nucleare e rinnovabili). Alcune filiere di ricerca e sviluppo sono state, poi, abbandonate o in qualche modo sono state messe fuori gioco. La questione si pone anche in questo caso. Un altro tema in discussione è come questa filiera si possa integrare, ed in quale misura, nell’uso del territorio, in particolare di quella porzione del territorio che può ospitare anche impieghi di natura agricola o

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forestale; in questo contesto va posto anche il problema del bilancio delle emissioni in atmosfera. E arriviamo a un aspetto fondamentale della questione che riguarda il livello di incentivazione che oggi è necessario perché questa filiera possa operare. Questo aspetto, naturalmente, va valutato rispetto anche ad altri interventi di mitigazione dell’impatto ambientale e della possibile alterazione climatica. L’ultima questione, e mi sembra che uno dei relatori abbia riservato attenzione a questo aspetto, è quale situazione ci sia in Europa e a livello internazionale in questo settore e, quindi, come l’Italia si confronti con gli altri Paesi. Dagli interventi dei relatori e dei partecipanti ci si attendono risposte se non esaurienti, almeno adeguate. Ringrazio dell’attenzione e auguro buon lavoro.

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Il biometano in Europa tra norme ed incentivi Come sono state affrontate le barriere per l’accesso alla rete L’importanza dei sistemi off grid I sistemi di incentivazione di Sergio Piccinini



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Lo sviluppo del biogas in Germania

Fonte: Associazione Biogas Tedesca

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Censimento impianti biogas agro-zootecnici (CRPA 05/2011)

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Censimento impianti biogas agro-zootecnici (CRPA 05/2011)

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Censimento impianti biogas agro-zootecnici (CRPA 05/2011)

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Censimento impianti biogas agro-zootecnici (CRPA 05/2011)

Numero di impianti per Potenza elettrica installata

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Esempi di impianti biogas agrozootecnici

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Biogas in Italia

(fonte GSE al 31/12/2010, impianti IAFR)

Il PAN si pone l’obiettivo al 2020 di solo 1200 MWe installati + biometano

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DA di FORSU in Italia (dati CIC, marzo 2011): - 18 impianti operativi - circa 30 MWe installati

Gestione della FORSU in Italia: elaborazione CIC su dati ISPRA

Impianto DA ad umido Camposampiero (PD) 16.000 t FORSU/a 980 kWe installati

Impianto DA a secco di Bassano (VC) Impianto DA ad umido Camposampiero (PD) 16.000 t FORSU/a 980 kWe installati 36.000 t FORSU/a 2,1 MWe installati

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Biometano

Purificazione del biogas ed immissione nella rete del gas

300 Nm3 biometano/h

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Tecnologie up-grading

(Fonte: Paola Zitella, Environment Park, Torino )

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Confronto tecnologie up-grading

(Fonte: Paola Zitella, Environment Park, Torino )

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Il volume totale di metano immesso in rete dai 120 impianti in Europa è pari a 59.000 Nm3/h, che corrispondono a circa 510 milioni m3di CH4/anno. La produzione media degli impianti è pari a 500 Nm3/h. La potenzialità di produzione dei 155 impianti di up-grading in Europa è di circa 670 milioni m3 di CH4/anno (Stima CRPA considerando una media di 500 Nm3/h per tutti gli impianti).

Ripartizione del volume di biometano immesso in rete per tecnologia di purificazione Fonte:IEA e German Energy-Agency (DENA), 01/2012

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Biometano in Germania Diffusione degli impianti di biometano (77) in Germania a gennaio 2012 (Fonte: Dena)

Entro la fine del 2012, circa 133 impianti dovrebbero collegarsi alla rete con capacitĂ di 86.000 m3/ora di biometano, con una crescita a 147 impianti e 94.000 m3/ora alla fine del 2013. Obiettivo 2020: 6 miliardi m3/anno Obiettivo 2030: 10 miliardi m3/anno

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38 impianti di upgrading: 27 a lavaggio con acqua, 7 con tecnica PSA, 4 con lavaggio chimico. Circa il 65% del metano usato per autotrazione è biometano. Sonooperative oltre 100 stazioni di rifornimento per autoveicoli e circa 20 per camion ed autobus. La Svezia sta lavorando anche alla liquefazione del biometano.

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Nero: stazioni di rifornimento Rosso: Veicoli/000

In Europa oltre 1,2 milioni di veicoli a metano La Germania ha l’obiettivo di 1,4 milioni di veicoli a metano nel 2020

Nel 2009 circa 10,5 milioni di veicoli a metano nel mondo, che usano 32 miliardi di m3 metano (27,5 Mtep)

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Incentivi Biometano in Europa

Da 1/1/2012 per biometano: 3 c€/kWhe <700 m3/h 2 c€/kWhe <1000 m3/h 1 c€/kWhe <1400 m3/h

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Perchè produrre biometano in Italia?

Perchè è strategico produrre biometano? Perché il biometano è stoccabile “In Italia la capacità di stoccaggio di gas naturale al 31 dicembre 2010 è pari a circa 14,7 miliardi m3”

Fonte: MSE 2011

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Biometano : esempio Panda

Potenziale di alcuni tra i maggiori Paesi europei

- Dati europei desunti dalla letteratura - Potenziale italiano stime del gruppo di lavoro «Il biometano fatto bene»

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Biometano per «Cresci Italia»

Lo sviluppo del biometano non è importante solo per il settore agricolo, ma anche per la manifattura italiana , già oggi leader in molti comparti del settore: dalla componentistica, ai veicoli a gas metano, dalla cogenerazione, alla meccanizzazione agricola.

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Il biogas/biometano può aiutare in tutte le componenti energetiche previste dal PA

Elettricità da FER

Quota di energia da FER sul consumo finale lordo di = energia

Calore da FER

FER per i traspor

Consumo Finale Lordo da FER Consumo Finale Lordo totale

Riduzione dei consumi

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= 17 %


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Il biometano, una bioenergia come le altre? Quale ruolo per il biometano in un sistema energetico a basse emissioni di carbonio Il ruolo della smart gas grid tra generazione distribuita e energia di riserva. Quali i ritorni da una leadership italiana nelle tecnologie per il biometano? di Arturo Lorenzoni

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Il quadro internazionale Il settore dell’energia sta vivendo un cambiamento radicale: La riduzione delle economie di scala La diffusione di tecnologie per la conversione delle fonti rinnovabili a costi ragionevoli grazie a una dinamica tecnologica molto rapida La scelta per la contendibilità del sistema La necessità di ridurre l’impatto ambientale hanno fatto tramontare (per sempre?) il paradigma dei grandi impianti. L’Europa ha interpretato per prima questa dinamica innovativa, spingendo con decisione verso la liberalizzazione e la promozione delle fonti rinnovabili. Due obiettivi difficili da coniugare, ma sostenuti da una VISIONE di lungo periodo, premiante in termini di sostenibilità (ambientale, sociale, economica)

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Nuovi riferimenti 2030 per le FER in Europa: che cambio!

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EU Roadmap 2050: riduzione delle emissioni di CO2

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Target 2020 per l’Italia: RES e emissioni

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Il PAN italiano (fonte GSE)

L’andamento delle fonti rinnovabili

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Quanto termico!

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Onere? O Opportunità? Sebbene nella letteratura internazionale sia invalso il termine onere (burden), non è scontato che nel lungo periodo gli investimenti associati allo sviluppo delle fonti rinnovabili rappresentino un onere per le comunità locali. A nostro modo di vedere meglio sarebbe riferirsi a un “target sharing”, una ripartizione dell’obiettivo. Non è detto che si tratti di una penalizzazione investire sul territorio con il sostegno nazionale. Anzi. C’è la possibilità di coinvolgere lavoro, imprenditoria e capitale locale con una prospettiva di sviluppo

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Le rinnovabili termiche Nostre stime sulla base degli studi condotti in Italia di recente ci fanno assumere un potenziale realistico di 13 Mtep al 2020 (una penetrazione leggermente superiore al 35%), di cui 8 Mtep di biomassa, 4 di solare termico, 1 di geotermia a bassa entalpia Essi andrebbero certamente a sostituire buona parte delle 6,4 Mtep di prodotti petroliferi che ancora si consumavano nel 2005 nel settore civile italiano e per la parte rimanente gas naturale; cautamente, stimiamo la riduzione di emissioni conseguibile 2,35 t/tep come per la combustione del gas naturale, con un potenziale di riduzione dell’ordine delle 30 Mton di CO2 e costi potenzialmente nulli

Le FER termiche: una svolta culturale I target di crescita non possono essere raggiunti senza un contributo sostanziale delle fonti rinnovabili termiche (solare, biomassa, geotermia) Triplicare il contributo delle FER termiche è uno sforzo rilevante sul piano industriale, ma soprattutto sul piano dell’attitudine verso l’approvvigionamento energetico. Su un consumo di residenziale e domestico di circa 50 Mtep, significa arrivare a penetrazioni del 20%. Ma come portare gli operatori verso il nuovo paradigma? Come rendere meno dolorosa possibile la sostituzione del gas? Servono strumenti nuovi

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Il decreto 28 e l’incentivazione alle rinnovabili termiche Il ruolo primario assunto dal contributo delle RES-H ha imposto l’introduzione di meccanismi di sostegno anche per esse, ulteriori e più mirati rispetto alla detrazione del 55% Il decreto legislativo 28/2011 ha introdotto la possibilità di avere un prelievo sulla bolletta GAS per finanziare gli incentivi. Il decreto attuativo è ancora in bozza….

Decreto 3 marzo 2011 n. 28 g) «teleriscaldamento» o «teleraffrescamento»: la distribuzione di energia termica in forma di vapore, acqua calda o liquidi refrigerati, da una o più fonti di produzione verso una pluralità di edifici o siti tramite una rete, per il riscaldamento o il raffreddamento di spazi, per processi di lavorazione e per la fornitura di acqua calda sanitaria; Art. 27 (Regimi di sostegno) 1. Le misure e gli interventi di incremento dell’efficienza energetica e di produzione di energia termica da fonti rinnovabili sono incentivati: a) mediante contributi a valere sulle tariffe del gas naturale per gli interventi di piccole dimensioni di cui all’articolo 28 alle condizioni e secondo le modalità ivi previste; b) mediante il rilascio dei certificati bianchi per gli interventi che non ricadono fra quelli di cui alla lettera a), alle condizioni e secondo le modalità̀ previste dall’articolo 29.

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Decreto 28/2011 Art. 8 (Disposizioni per la promozione dell’utilizzo del biometano) 1. Al fine di favorire l’utilizzo del biometano nei trasporti, le regioni prevedono specifiche semplificazioni per il procedimento di autorizzazione alla realizzazione di nuovi impianti di distribuzione di metano e di adeguamento di quelli esistenti ai fini della distribuzione del metano. 2. Al fine di incentivare l’utilizzo del biometano nei trasporti, gli impianti di distribuzione di metano e le condotte di allacciamento che li collegano alla rete esistente dei metanodotti sono dichiarati opere di pubblica utilità e rivestono carattere di indifferibilità e di urgenza

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Gli incentivi del decreto 28/2011 Art. 20 (Collegamento degli impianti di produzione di biometano alla rete del gas naturale) Art. 21 (Incentivazione del biometano immesso nella rete del gas naturale) 1. Il biometano immesso nella rete del gas naturale alle condizioni e secondo le modalità di cui all’articolo 20 è incentivato, su richiesta del produttore, secondo una delle seguenti modalità: a) mediante il rilascio degli incentivi per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, nel caso in cui sia immesso in rete ed utilizzato, nel rispetto delle regole per il trasporto e lo stoccaggio del gas naturale, in impianti di cogenerazione ad alto rendimento; b) mediante il rilascio di certificati di immissione in consumo ai fini dell’adempimento dell’obbligo di cui all’articolo 2-quater, comma 1, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, e successive modificazioni, qualora il biometano sia immesso in rete e, nel rispetto delle regole per il trasporto e lo stoccaggio, usato per i trasporti; c) mediante l’erogazione di uno specifico incentivo di durata e valore definiti con il decreto di cui al comma 2, qualora sia immesso nella rete del gas naturale. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas definisce le modalità con le quali le risorse per l'erogazione dell'incentivo di cui alla presente lettera trovano copertura a valere sul gettito delle componenti delle tariffe del gas naturale.

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Gli incentivi per la CAR

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L’accisa sul gas: come era

L’accisa sul gas ora

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L’incentivo alla produzione di biometano Modalità di premio Possibili esborsi per piano CIB (€/mc * 7 Gmc…..) Incidenza 7/70 gmc Necessità di contenere gli esborsi. Misure non monetarie? Autoconsumo come per elettrico, con vettoriamento gas per valorizzarlo al prezzo di acquisto (inclusivo di tasse)?

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Il potenziale del biometano in Italia Il ruolo dell’impresa agricola italiana: competizione vs integrazione Le biomasse di integrazione e la crescita del PIL agricolo Come garantire una maggiore efficienza nell’uso dei suoli agricoli Il biometano e l’aumento dell’efficienza carbonica delle filiere agricole di Stefano Bozzetto

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Una crescente e progressiva utilizzo delle biomasse di integrazione , unitamente a colture dedicate coltivate su 400.000 ha permetterebbe alle aziende agricole italiane di produrre 8 Mrd di biometano equivalenti all’anno entro il 2030 a una produzione pari alla produzione italiana di gas naturale e a quella del rigassificatore di Rovigo. “Il biometano fatto bene” è il biogas prodotto in azienda agricola integrando le produzioni alimentari e foraggiere con quelle energetiche sommando le produzioni tra loro, non escludendo l’una o l’altra. La tecnologia che permette questa opzione è la codigestione tra • colture dedicate • e biomasse di integrazione Le biomasse di integrazione sono quelle matrici organiche che oggi non costituiscono fatturato per le aziende agricole ovvero la cui coltivazione non riduce il fatturato per i mercati foraggieri o alimentari (sostituzione); tra esse ricordiamo : • Le colture di secondo raccolto • I sottoprodotti agricoli • Gli effluenti zootecnici • I sottoprodotti delle agroindustrie Una crescente e progressiva utilizzo delle biomasse di integrazione , unitamente a colture dedicate coltivate su 400.000 ha permetterebbe alle aziende agricole italiane di produrre 8 Mrd di biometano equivalenti all’anno entro il 2030 una produzione pari • alla produzione italiana di gas naturale • a quella del rigassificatore di Rovigo. Questo risultato sarà possibile incrementando progressivamente la percentuale di utilizzo di tutte le biomasse di integrazione, portando

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l’efficienza nell’uso del suolo agricolo dagli attuali 120 ha/Mln di CH4 bio a 50 ha/Mln CH4 bio al 2030

“Il biometano fatto bene”si caratterizza quindi per essere una bioenergia di seconda generazione di gran lunga tra le più efficienti nell’uso del

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suolo agricolo

e potenzialmente in grado di ridurre le emissioni di CO2 sino a risultare carbon negative .

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Il raggiungimento di questo potenziale produttivo offre anche importanti opportunità da un punto di vista economico. L’effetto sul reddito agricolo delle sole biomasse di integrazione è stimabile per un importo pari a pari a un incremento della PLV agricola oltre 2 Mrd di euro /annuo, circa il 5% del PIL agricolo attuale. Se consideriamo gli effetti in termini di riduzione dei costi di fertilizzazione e di riduzione del costo di smaltimento degli effluenti zootecnci l’impatto economico sulle aziende agricole potrà essere ancora maggiore.

Lo sviluppo di una filiera italiana del biometano inoltre è in grado di contribuire a mantenere una leadership delle tecnologie made in Italy

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nella componentistica e nei veicoli a gas Da un punto di vista complessivo una produzione di 8 mrd di mc di biometano potrà far risparmiare al Paese circa 5 Mrd all’anno di importazioni di gas naturale e biocarburanti. Il biometano da matrici agricoli infine è una tecnologia ponte per un più profondo greening della rete del gas, che potrà trovare altre fonti di gas rinnovabile dalla digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti urbani , dalla gassificazione delle biomasse solide ed in futuro dalla metanazione dell’idrogeno ottenuto da sole e vento.

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Nello scenario delle biomasse il metano: un’opportunità per il sistema paese?

Normativa, a che punto siamo? di Sofia Mannelli

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Biometano?? Si inizia a parlare di biometano, nella legislazione italiana, solo nel giugno 2010, in occasione del Piano d’Azione Nazionale (PAN) previsto dalla della Direttiva UE 2009/28/CE9. PAN = (Strumento di programmazione strategica per la dimostrazione del raggiungimento degli obiettivi del 17% di rinnovabili sui consumi finali lordi di energia).

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Prima‌...riferimenti utili D. Lgs 164/2000 Recepimento della Dir. 30/1998 (Norme comuni per il mercato interno del gas naturale). Nelle norme di riferimento in materia di accesso al sistema nazionale del gas prevede che per nessun motivo possa essere rifiutato l'accesso al sistema esistente quando si tratti di gas naturale prodotto nel territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana.

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Gas naturale - Biogas L’art. 1, par. 2, della Direttiva 2003/55/CE sul mercato del gas stabilisce espressamente che le norme in materia di accesso si applicano anche al biogas e al gas da biomassa purché possano essere immessi nel sistema senza problemi tecnici o di sicurezza. La finanziaria 2008: Testo unico Accise , il biogas è equiparato al gas naturale. La Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2008 sull'agricoltura sostenibile e il biogas che riconosce: che il biogas rappresenta una risorsa energetica essenziale che contribuisce allo sviluppo economico, agricolo e rurale sostenibile e alla protezione dell'ambiente; incoraggia tanto l'Unione europea quanto i suoi Stati membri a sfruttare l'enorme potenziale del biogas creando un ambiente favorevole nonché conservando e ampliando i regimi di aiuto per incentivare gli investimenti in impianti di produzione di biogas e il loro mantenimento; sollecita la Commissione e gli Stati membri a garantire che i fondi provenienti dai programmi europei le nazionali vadano agli impianti più efficienti e sostenibili, in particolare a quelli che producono elettricità e calore, o all'installazione di strutture e sistemi per migliorare e introdurre il biogas nella rete di distribuzione del gas naturale.

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Direttiva 73/2009 Relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale

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Biometano: D. Lgs 28/2011 ART. 2 (Definizioni): ……«o) biometano: gas ottenuto a partire da fonti rinnovabili avente caratteristiche e condizioni di utilizzo corrispondenti a quelle del gas metano e idoneo alla immissione nella rete del gas naturale»; ART. 8 (Disposizioni per la promozione dell’utilizzo del biometano) Al fine di favorire l'utilizzo del biometano nei trasporti, le regioni prevedono specifiche semplificazioni per il procedimento di autorizzazione alla realizzazione di nuovi impianti di distribuzione di metano e di adeguamento di quelli esistenti ai fini della distribuzione del metano. Al fine di incentivare l'utilizzo del biometano nei trasporti, gli impianti di distribuzione di metano e le condotte di allacciamento che li collegano alla rete esistente dei metanodotti sono dichiarati opere di pubblica utilità e rivestono carattere di indifferibilità e di urgenza.

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D.Lgs 28/2011 art.20 ART. 20 (Collegamento degli impianti di produzione di biometano alla rete del gas naturale) Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, l’AEEG emana specifiche direttive relativamente alle condizioni tecniche ed economiche per l’erogazione del servizio di connessione di impianti di produzione di biometano alle reti del gas naturale i cui gestori hanno obbligo di connessione di terzi. Le direttive di cui al comma 1, nel rispetto delle esigenze di sicurezza fisica e di funzionamento del sistema: stabiliscono le caratteristiche chimiche e fisiche minime del biometano, con particolare riguardo alla qualità, l’odorizzazione e la pressione del gas, necessarie per l’immissione nella rete del gas naturale; favoriscono un ampio utilizzo del biometano, nella misura in cui il biometano possa essere iniettato e trasportato nel sistema del gas naturale senza generare problemi tecnici o di sicurezza; a tal fine l’allacciamento non discriminatorio alla rete degli impianti di produzione di biometano dovrà risultare coerente con criteri di fattibilità tecnici ed economici ed essere compatibile con le norme tecniche e le esigenze di sicurezza………;

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D.Lgs 28/2011 artt.21- 24 e 33 ART. 21 (Incentivazione del biometano immesso nella rete del gas naturale) entro 120 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo Mise di concerto con Mattm e Mipaaf doveva emanare un decreto con la definizione di un sistema di incentivi su tre diverse opzioni: una tariffa incentivante quando immesso in rete e poi utilizzato per la produzione di energia elettrica in impianti di cogenerazione ad alto rendimento; mediante il rilascio di certificati di immissione in consumo di biocarburanti qualora il biometano sia utilizzato nei trasporti; mediante l’erogazione di uno specifico incentivo qualora il biometano venga immesso nella rete del gas naturale. ART. 24 (Meccanismi di incentivazione) Si vede l’esigenza di destinare prioritariamente:….. iii. il biometano all’immissione nella rete del gas naturale e all’utilizzo nei trasporti.” ART. 33 (Disposizioni in materia di biocarburanti) Estende la normativa vigente per i biocarburanti anche al biometano

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Adeguamento normativa È necessario che la legislazione vigente in materia di biocarburanti venga adeguata per rispettare la strategia del DLgs 28/2011. La materia è attualmente regolamentata dal decreto Mipaaf di concerto con Mise, Mattm e Finanze del 29 aprile 2008, n. 110. Tale norma individua come biocarburanti e altri carburanti rinnovabili da immettere in consumo esclusivamente il biodiesel, il bioetanolo e i suoi derivati, l'ETBE e il bioidrogeno. Il biometano non vi compare. Sarà necessario ad esito della definizione degli standard tecnici del biometano idoneo alla immissione in rete aggiornare i suddetti provvedimenti legislativi , ed in particolare l’all. 1 del D.Lgs 110/2008. Problematica Vincoli di accesso I vincoli di accesso alla rete di trasporto sono legati solo alla fattibilità tecnico economica della connessione e a valutazioni relative alla sicurezza e alla capacità produttive della fonte, mentre i requisiti che il gas deve soddisfare sono determinati unicamente sulla base delle sue caratteristiche chimico-fisiche dello stesso.

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INTERVENTI PROGRAMMATI Gian Battista Zorzoli, presidente Ises (intervento di cornice) Piero Gattoni, presidente del Consorzio Italiano Biogas (posizione aziende produttrici) Ezio Veggia, vice presidente Confagricoltura Marino Berton, presidente Associazione italiana energie agroforestali Francesco Ciancaleoni, Ambiente Coldiretti Paolo Vettori, presidente AssogasMetano Michele Ziosi, direttore di NGV System (Fiat) Giuseppe Alonzo,commissario straordinario CRA Michael Niederbacher BTS (tecnologia italiana) Vito Pignatelli, coordinatore tecnologie biomasse e bioenergie ENEA

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Gian Battista Zorzoli presidente Ises L’effetto congiunto della ridotta domanda di gas e di un significativo aumento della sua offerta ( per la produzione del fotovoltaico), aumenterà l’opposizione all’inserimento nei gasdotti del biometano, obiettivo che va viceversa perseguito. L’utilizzo del biometano, però, deve essere realizzato a costi estremamente contenuti. E’ questa la carta vincente, perché, se i costi aggiuntivi saranno modesti, risulterà difficile agli interessi lesi opporsi.. Nel ringraziare per l’invito, premetto che non sono un esperto di biometano, quindi non entro nel merito delle valutazioni specifiche che sono state fatte. Mi sembra però utile una riflessione sugli ostacoli che si incontreranno quando si dovrà (perché l’Italia non può sottrarsi a questo obbligo) attuare una politica, dotata dei necessari strumenti operativi, per l’immissione in rete del biometano. Ostacoli, nella sostanza, non diversi da quelli che già oggi creano difficoltà allo sviluppo di tutte le fonti rinnovabili (non solo del fotovoltaico), come confermano le complicazioni burocratiche, presenti nella nuova normativa proposta per la generazione elettrica. Invece di semplificare le procedure, si estende il registro fino a impianti di potenza molto bassa, il che in pratica equivale a bloccare gran parte dello sviluppo delle rinnovabili, mettendo drammaticamente in discussione la possibilità di procedere in modo ordinato, senza alcuni eccessi che nel recente passato hanno caratterizzato il fotovoltaico, al fine non solo di raggiungere gli obiettivi fissati per il 2020, ma di andare oltre. Non possiamo infatti ignorare che l’Europa sta già discutendo gli obiettivi di decarbonizzazione per il 2030, che saranno molto più sfidanti. Di conseguenza, se arriviamo con slancio al 2020, ce la faremo, se viceversa ci arriviamo anchilosati, non riusciremo a procedere oltre

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con il giusto ritmo. Le medesime difficoltà, gli stessi ostacoli quasi certamente si riproporranno per il biometano, perché comuni ne sono le ragioni di fondo. Gli obiettivi delle rinnovabili termiche ed elettriche al 2020, indicati nel Piano di Azione Nazionale del 2010 - che oltre tutto saranno superati, tanto che è stato annunciato un aggiornamento del Piano con obiettivi al rialzo, porteranno infatti a consumare nel 2020 17,5 miliardi di metri cubi di gas in meno rispetto al 2010. Questo, con uno sviluppo dell’efficienza energetica, pure fissato dal Piano Nazionale, tale che la domanda globale di energia rimarrà sostanzialmente costante nel corso del decennio. I 17,5 miliardi di metri cubi in meno ridurranno quindi il consumo di gas nel 2020 all’80% di quello attuale. Non stupisce quindi che gli interessi economici che ne sarebbero colpiti, stiano cercando di ostacolare lo sviluppo delle rinnovabili, soprattutto se teniamo conto che, per aumentare la sicurezza energetica del paese, contemporaneamente, si sta pensando a nuove infrastrutture di approvvigionamento del gas. L’effetto congiunto della ridotta domanda di gas e di un significativo aumento della sua offerta, aumenterà l’opposizione all’inserimento nei gasdotti del biometano, obiettivo che va viceversa perseguito. Per questi motivi condivido appieno la conclusione di Lorenzoni, secondo il quale l’utilizzo del biometano deve essere realizzato a costi estremamente contenuti. E’ questa la carta vincente, perché, se i costi aggiuntivi saranno modesti, risulterà difficile agli interessi lesi opporsi sostenendo che essi non sono sostenibili. Le proposte che sono state illustrate oggi, sono quindi non solo ragionevoli, ma addirittura conservative. Se non esistessero ostacoli di altra natura,la stima di Piccinini (1 miliardo di metri cubi di metano all’anno) potrebbe essere agevolmente superata.

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Piero Gattoni presidente del consorzio italiano biogas. Siamo convinti che il biometano sia per le sue qualità di programmabilità ed efficienza la nuova frontiera della produzione energetica da biogas in agricoltura e per questo stiamo lavorando per poterne favorire lo sviluppo. Chiediamo cose semplici, più mercato e regole certe: quindi la possibilità di poter investire in questo futuro. Ringrazio per l’invito. L’Osservatorio della Fondazione Einaudi mi ha chiesto di portare la mia esperienza personale e lo faccio con piacere. Ho apprezzato molto l’intervento del Presidente della Fondazione, che ha dimostrato un approccio curioso e attento verso una tematica così complicata come quella delle agro-energie. Troppo spesso ci costruiamo delle “opinioni” rifiutando la fatica richiesta dal percorso della conoscenza. Il mio passato di studi umanistici mi ricorda che la “teoria della conoscenza” evidenzia sempre lo sforzo del percorso teso alla ricerca della verità, sia che si valorizzi un approccio conoscitivo empirico che uno razionale. In effetti l’idea di approfondire la possibilità data dalle agro-energie, e nello specifico dalla produzione di biogas, nasce da un percorso di ricerca volto ad immaginare la mia azienda proiettata nel futuro. Era il momento della crisi dei prezzi agricoli e della difficoltà di immaginare un futuro con l’agricoltura tradizionale. Ho sempre creduto nell’aggregazione, per questo quando ho deciso di fare, con mio padre e con la mia famiglia impresa in agricoltura, ho sentito l’esigenza di confrontarmi con altri imprenditori e per questo è nato il Consorzio Italiano Biogas. Il CIB nasce da un gruppo di imprenditori agricoli che hanno percepito che c’era un percorso di sviluppo che poteva portare il settore verso nuove opportunità. Il consorzio poi ha allargato questo tavolo di confronto, all’industria e al mondo della ricerca. Condivido con Sergio Piccinini l’emozione di essere arrivati

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qui oggi alla Fondazione per trattare le tematiche del biometano con questo livello di approfondimento dopo tanti anni di lavoro insieme. Il Consorzio ha coinvolto infine anche il mondo delle associazioni degli Enti, che in gran parte partecipano oggi alla discussione. Come imprenditore agricolo mi occupo di due aziende, conduco insieme alla mia famiglia circa 560 ettari, abbiamo 350 vacche in lattazione che producono latte da parmigiano reggiano. La scelta della produzione di biogas l’abbiamo fatta, non per cambiare l’indirizzo della nostra azienda, ma per poterlo integrare. La produzione di biogas permette di utilizzare in modo migliore gli effluenti zootecnici e ci ha portato ad utilizzare il terreno in modo più efficiente. La possibilità di utilizzare i secondi raccolti e le colture di integrazione ha permesso di aumentare la percentuale delle superfici coltivate aziendali. Questi anni sono stati faticosi, ecco perché ritengo semplicistica l’idea che questo settore sia un settore di facile speculazione, al contrario è un settore in cui gli imprenditori hanno rischiato ed hanno buttato il cuore al di là dell’ostacolo dimostrando che oggi produrre biogas è possibile. Abbiamo anche dimostrato di essere in grado di promuovere l’aggregazione e il confronto di tutta la filiera e di fare alla politica ed alle istituzioni delle proposte serie per lo sviluppo equilibrato e duraturo del settore. Siamo in un mondo in cui bisogna ragionare insieme, dobbiamo essere pronti a mettere in discussione i modelli energetici attualmente conosciuti. Penso che il nostro sforzo imprenditoriale e associativo debba essere apprezzato e testimoni come il nostro sia un settore giovane, non solamente perché ci sono persone di giovane età, ma perché è un settore composto da persone che non hanno smesso di continuare a pensare il futuro. Siamo convinti che il biometano sia per le sue qualità di programmabilità ed efficienza la nuova frontiera della produzione energetica da biogas in agricoltura e per questo stiamo lavorando per poterne favorire lo sviluppo. Per chi ha un’impresa e ha la responsabilità di diverse famiglie essere

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ottimisti è assolutamente un obbligo, non una possibilità. Penso che quello che è emerso oggi è che il biometano è un’opportunità, da Presidente del Consorzio direi che è un’opportunità per il paese, da imprenditore dico: è un’opportunità anche per la mia azienda, perché potrebbe dare uno sviluppo al mio investimenti in aggiunta alla produzione elettrica. Ho apprezzato l’intervento di Arturo Lorenzoni sul tema: cosa chiediamo? Noi chiediamo cose semplici, più mercato e regole certe quindi la possibilità di poter investire in questo futuro. Conoscere, capire e deliberare, come diceva Einaudi; attendiamo con ansia la delibera…

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Ezio Veggia

vice presidente CONFAGRICOLTURA L’impianto di bio-gas ben gestito, non solo non crea problemi di odori, ma addirittura li risolve, in quanto i reflui aziendali vengono convogliati velocemente nell’impianto di bio-gas che li trasforma in digestato che è un prodotto digerito e stabilizzato che non crea più molestie. Prendo in prestito il motto della Fondazione Einaudi che dice: “conoscere per deliberare” per consigliare ai comitati locali di “conoscere per protestare”. Voglio innanzitutto ringraziare la Fondazione per aver organizzato questa giornata sul bio-metano. In qualità di rappresentante di CONFAGRICOLTURA vorrei ricordare il breve percorso della nostra organizzazione che già dall’anno 2005 ha creduto nell’opportunità offerta dalle energie rinnovabili come possibilità di integrazione della nostra attività, non certo di sostituzione. Ci siamo trovati più volte a confrontarci al nostro interno, visto che comunque rappresentiamo tutte le branche dell’agricoltura, ad avere delle discussioni, a volte anche piuttosto accese, ma è sempre risultato che questa opportunità, se vista con gli occhi giusti, poteva essere una grande occasione di integrazione e sviluppo del nostro reddito. Il possibile pericolo è quello della competizione tra la destinazione delle nostre produzioni all’energia piuttosto che all’alimentare. Però dobbiamo dire che, anche da quello che si è visto nell’ultimo anno, faccio riferimento ad esempio alla provincia di Cremona dove si è sviluppato moltissimo il bio-gas e dove c’era il timore che la maggior parte del mais fosse destinato agli impianti di bio-gas, si è potuto constatare, alla chiusura dell’annata agraria dell’anno scorso, che la produzione del mais è stata altissima, anzi, proprio il presidente del consorzio agrario di Cremona ha comunicato che sono stati superati tutti i record nella produzione di mais in granella. Questo vuol dire che effettivamente questa competizione può esistere senza causare troppi scompensi. Il bio-gas, in questa prima fase, è stato incentivato

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fortemente e questa è stata una buona cosa perché ha permesso al settore di partire. Raccontava prima Niederbacher di quanto ormai siamo avanti in Italia e di come non sia più necessario andare in Germania per fare gli impianti come accadeva fino a pochi anni fa. L’opportunità, riguarda tutta la filiera, non solo il mondo agricolo. Lo dimostra il fatto stesso che siamo partiti con la necessità di destinare circa 300 ettari per alimentare un impianto da 1 MW, e che oggi siamo arrivati sotto i 200 con la possibilità di avvicinarsi addirittura ai 100. Io stesso sono un agricoltore ed imprenditore agricolo del settore zootecnico cerealicolo: produco suini e polli, suini per il consorzio di Parma, polli per un’importante azienda a livello nazionale. La crisi che aveva colpito in questi ultimi anni il settore zootecnico in generale, mi aveva indotto a valutare con serietà la possibilità di chiudere gli allevamenti. Aver realizzato un impianto per la produzione di biogas, non senza aver accettato dei grossi rischi di investimento, mi ha invece permesso di potere consolidare l’attività zootecnica ed addirittura programmare eventualmente degli investimenti di potenziamento per il futuro. Quindi il timore che è stato sollevato in questi ultimi tempi, che lo sviluppo delle agro-energie in particolare del bio-gas o bio-metano, possa creare dei problemi di mancanza di materia prima destinata ai mangimi o all’alimentazione umana, deve essere superato. Chiaramente, le regole devono essere scritte in modo chiaro, ed il processo di sviluppo deve essere governato per evitare che si vengano a creare degli squilibri nelle realtà esistenti. Volevo anche fare alcuni cenni per quanto riguarda la gestione tecnica degli impianti bio-gas e l’utilizzazione agronomica del digestato. Prima qualcuno chiedeva chiarimenti su eventuali problematiche, come odori particolari, che potrebbero essere emanati dagli impianti, “inquinando” l’aria circostante. Posso assicurare che l’impianto di bio-gas ben gestito, non solo non crea problemi di odori, ma addirittura li risolve, in quanto i reflui aziendali vengono convogliati velocemente nell’impianto di bio-gas che li trasforma in digestato che è un prodotto digerito e stabilizzato che non crea più molestie. Ho fatto io stesso un accordo

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con un amico allevatore di suini nella mia zona, che per alcuni terreni, dislocati in vicinanza dei centri abitati, mi porta i reflui e viene a ritirare il digestato per poterlo utilizzare in quelle aree più sensibili. Naturalmente sappiamo tutti che sono nati e nascono continuamente dei comitati locali contro queste iniziative; ma, a questo punto, prendo in prestito il motto della Fondazione Einaudi che dice: “conoscere per deliberare” per consigliare ai comitati locali di “conoscere per protestare”. Il più delle volte infatti i comitati nascono spontaneamente, magari pensando di fare una cosa buona per la cittadinanza, senza però avere la minima indicazione di quello che sta succedendo, di quello che succederà. La cittadinanza, invece, deve essere coinvolta in modo propositivo su questa nuova opportunità. Per quanto riguarda il biometano, tutte le cose che oggi sono state dette sicuramente stimolano molto la necessità di approfondire l’argomento. Abbiamo visto che è una filiera che può dare un grosso contributo all’assorbimento di CO2, quindi ci auguriamo che le normative incentivino in modo adeguato questa filiera. Naturalmente noi come agricoltori cosa chiediamo? Chiediamo che le normative siano semplici, chiare, come è successo un po’ con il bio-gas. Il bio-gas è partito con un ottimo incentivo, dobbiamo riconoscerlo, d’altra parte se non si dà un’accelerata iniziale non si riesce mai a partire; ora stanno scrivendo nuove regole, a mio avviso anche troppo restrittive, io mi auguro che questo non crei un rallentamento troppo forte. Lo sviluppo deve essere governato, senza bloccarlo, però. Voglio spendere ancora una parola riguardo al rapporto tra fotovoltaico e bio-gas. Spesso si fa riferimento al fotovoltaico perché tutti oggi riconosciamo che sono stati commessi degli errori: ormai gli incentivi che stiamo pagando hanno raggiunto un’entità molto elevata. In questo momento di crisi andare a chiedere al consumatore un sacrificio di questo tipo sicuramente è una cosa molto pesante. Non vorrei però che si facesse di tutta l’erba un fascio. Il bio-gas è tutt’altra cosa. Il bio-gas e, successivamente speriamo il bio-metano, costituiscono una filiera particolarmente legata al territorio, dove tutte le risorse che

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vengono investite ritornano sul territorio. Quindi se proprio dobbiamo, in un momento difficile come questo, chiedere dei sacrifici al consumatore per stimolare la nascita e la crescita di nuove filiere, facciamolo potendolo rassicurare dicendogli : “può darsi che questo tuo sacrificio permetta di creare in futuro un nuovo posto di lavoro per tuo figlio o per un tuo nipote”. Grazie.

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Marino Berton

Presidente dell’Associazione Italiana Energie Agro-forestali. Abbiamo l’obbligo di arrivare entro il 2020 con il 10% di energia rinnovabile nei trasporti; pagheremo delle penali se non ci arriviamo. Come lo faremo se non con il bio-metano visto che i biocarburanti di prima generazione sono defunti? Nel giro di 2-3 anni saremmo in grado di decollare rapidamente in questo settore, ma oggi, ancora non lo possiamo fare, prima bisogna che vengano rimosse le barriere normative e che venga definito il sistema incentivante che porterebbe verso la grid-parity.

E’ una bella occasione, questa che ci è stata offerta dalla Fondazione Einaudi perché il modello che ci è stato proposto del laboratorio ci dà modo di fare anche degli approfondimenti. Finalmente siamo riusciti a portare a Roma sede della capitale della politica, il tema del bio-gas e del bio-metano, in un momento difficile sul fronte delle rinnovabili. Lo dobbiamo riconoscere: si spende troppo, i Ministri sono preoccupati, la bolletta cresce, e guardate, sarebbe sbagliato fare la “guerra fra le fonti”, però alcune considerazioni dobbiamo farle. Se questa discussione fosse avvenuta due anni fa, prima degli incentivi eccessivi al fotovoltaico che hanno drenato 6 miliardi di euro all’anno, che clima avremmo trovato? Se si parla di rinnovabili, infatti, si pensa al fotovoltaico ed in qualche caso alle pale eoliche. Ma non si riconosce che all’interno del settore delle rinnovabili ci sono altre fonti importanti, come il biometano e l’energia termica. Dal dibattito di oggi io ho segnato al volo alcune parole d’ordine: rete, incredibile il bio-metano è rete, una rete straordinaria che l’Italia ha, una delle più importanti reti di gas attualmente esistenti nel pianeta. Credo che nella Pianura Padana ci sia un tubo di gas più o meno ogni 500 metri.Dunque abbiamo l’infrastruttura: una pre - condizione straordinariamente importante;

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flessibilità: con il bio-metano si può fare energia elettrica, termica e per i trasporti; agricoltura-integrazione: Stefano Bozzetto ne ha già parlato a sufficienza, abbiamo chiarito che l’agricoltura si integra perfettamente con questo tipo di energia; sostenibilità-decarbonizzazione del sistema energetico: un altro argomento emerso con evidenza dalle relazioni; occupazione: abbiamo una quantità di lavoro da fare anche per realizzare i compressori, i distributori, e dio sa quanto abbiamo bisogno in questo momento di giovani che trovino un’occupazione stabile. Infine un argomento che non dipende da noi: regole ed incentivi. Se il decisore politico preoccupato per l’entità degli incentivi, ci stesse a sentire e avesse la possibilità di approfondire le sue conoscenze, cogliendo la straordinaria duttilità che ha il biometano, rispetto per esempio al pannello solare e alla pala eolica, sono sicuro che ci aprirebbe porte e finestre. Per ultimo un tema di importanza fondamentale. Dentro alla politica del 20-20-20 prevista dalla direttiva europea per il 2020 c’è un 10% che pochi a volte ricordano; abbiamo l’obbligo di arrivare entro il 2020 con il 10% di energia rinnovabile nei trasporti; pagheremo delle penali se non ci arriviamo. Allora mettiamoci d’accordo su un punto, diciamo che i bio-carburanti di prima generazione sono defunti, sono morti. Chi può pensare di fare bio-diesel di prima generazione in Italia? Ma stiamo scherzando! Non esiste. Come possiamo fare bio-etanolo di prima generazione? Allora quel 10% lì come lo faremo se non con il bio-metano? Questo è il bio-carburante tricolore italiano, nostro, lo possiamo fare rapidamente, le relazioni che ci hanno preceduto, ce lo hanno dimostrato in maniera inequivocabile: nel giro di 2-3 anni siamo in grado di decollare rapidamente in questo settore. Abbiamo 830 distributori di gas. Abbiamo il più importante parco d’Europa, il quarto del mondo, di veicoli a metano. Sulla partita dei bio-carburanti, inoltre, non graviamo sulla componente A3 della tariffa elettrica, quindi respingiamo quel dibattito che ci vorrebbe far sentire come dei banditi che rubano il pane a quelli che pagano la bolletta. Dobbiamo solo trovare degli interlocutori

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che ci ascoltino con attenzione e senza fretta… come avete fatto voi, che ci avete aperto le porte, per conoscere e “far” deliberare. Potremmo avere nel gennaio del 2014 il primo impianto un funzione, e mostrare a tutti, anche a Clini, che funziona. Ma oggi, ancora non lo possiamo fare, prima bisogna che vengano rimosse le barriere normative e che venga definito il sistema incentivante che porterebbe verso la grid-parity.

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Francesco Ciancaleoni Area Ambiente e Territorio Coldiretti

In termini di capacità di abbattimento delle emissioni la tecnologia della produzione di biogas in cogenerazione ed ottenuta da reflui zootecnici, è quella in assoluto più conveniente. Una taglia di impianto ridotta, stabilita in base all’effettiva disponibilità di biomassa locale, in generale, comporta, inoltre, una migliore gestione degli impianti da parte dell’impresa agricola, sia per la maggiore facilità di collocazione dell’energia termica, sia per il minore ricorso all’approvvigionamento di terreni esterni all’azienda e per una maggiore facilità di smaltimento/impiego del digestato specie nelle aree vulnerabili all’inquinamento da nitrati Buonasera a tutti. Ringrazio per l’invito e per l’interessante opportunità di approfondimento sul tema del biometano e delle sue prospettive, anche in relazione al ruolo e al contributo che potranno avere in questo settore le imprese agricole. Proprio rispetto alle prospettive di questo combustibile, una prima riflessione ci impone di fare un passo indietro nel tempo e vedere che cosa è successo e sta succedendo nell’ambito del biogas, che poi rappresenta la filiera di partenza per la produzione del biometano. A riguardo delle rinnovabili in generale, e del biogas in particolare, così come per il grande eolico e il fotovoltaico a terra, Coldiretti si è sempre contraddistinta per un approccio caratterizzato da una particolare attenzione ai criteri di bilanciamento fra produzione energetica e sostenibilità ambientale e territoriale, esprimendo, in sostanza, preoccupazioni nei confronti della diffusione, in alcune aree, di impianti di grossa taglia, scollegati dalle attività zootecniche. Il problema, infatti, è legato alla necessità di tutelare gli investimenti di quegli operatori agricoli che, in un ambito normativo non privo di incertezze e contraddizioni, hanno iniziato a produrre energia rinnovabile svolgendo una importantissima funzione pionieristica, coniugando però anche la necessità di creare prospettive di sviluppo per una filiera

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che vede ancora grandi potenzialità inespresse, legate soprattutto alla diffusione di impianti di piccola e media taglia, legati strettamente al tessuto agrozootecnico. Questo approccio considera anche la necessità di tutelare chi, di fatto, sta pagando di propria tasca gli incentivi delle rinnovabili elettriche, e cioè i consumatori, attraverso la tariffa A3 della bolletta elettrica, facendo in modo che le iniziative energetiche abbiano un effettivo ritorno sul piano della sostenibilità ambientale, sociale e territoriale. In Italia, specie nelle zone ad alta concentrazione zootecnica, come la pianura padana, vorremmo, allora, che il biogas si potesse produrre utilizzando prioritariamente i reflui zootecnici. Riteniamo, infatti, che soprattutto dal punto di vista ambientale, vada attribuito un valore particolare al fatto che, in termini di capacità di abbattimento delle emissioni, come confermano numerosi studi, la tecnologia della produzione di biogas, in cogenerazione ed ottenuta da reflui zootecnici, sia quella in assoluto più conveniente. Questa impostazione è conseguente anche ai problemi generati dalla diffusione di modalità di produzione del biogas che, a seguito di una non corretta determinazione del livello incentivante (più che altro della mancanza di una differenziazione in termini di dimensioni e di tipologia di biomassa utilizzata), ha portato alla scelta del megawatt come taglia di riferimento e dall’impiego di mais come biomassa principale. C’è da chiedersi, allora, se questa impostazione sia effettivamente rispondente alle esigenze e alle dimensioni medie delle imprese agrozootecniche nazionali. Coldiretti ritiene, invece, che debbano comunque essere maggiormente premiati gli impianti di taglia ridotta (con potenze nettamente inferiori al megawatt), sia in pianura padana, dove l’impiego dei reflui zootecnici deve mantenere la sua centralità (anche in funzione della necessità di associare la produzione energetica ad obiettivi di abbattimento dell’azoto e al contenimento dell’inquinamento da nitrati), sia al sud, dove, magari, le biomasse di partenza possono essere diverse, come gli scarti agroalimentari e/o colture dedicate non irrigue e non in competizione con quelle alimentari.

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Una taglia di impianto ridotta, stabilita in base all’effettiva disponibilità di biomassa locale, in generale, comporta, inoltre, una migliore gestione degli impianti da parte dell’impresa agricola, sia per la maggiore facilità di collocazione dell’energia termica, sia per il minore ricorso all’approvvigionamento di terreni esterni all’azienda e per una maggiore facilità di smaltimento/impiego del digestato (specie nelle aree vulnerabili all’inquinamento da nitrati). Ecco che, rispetto a queste riflessioni, anche quando parliamo di biometano, in un momento in cui la tematica tecnica si sta trasferendo al livello del decisore politico e si comincia a parlare di incentivi e della loro modalità di applicazione, non vorremmo che si ripetessero gli errori del passato, causati da una eccessiva indifferenziazione, che, nel biogas, ha comportato a problemi importanti anche dal punto di vista della sostenibilità ambientale, con effetti negativi anche sul piano dell’accettabilità sociale degli impianti a fonti rinnovabili. Certo, pensare allo sviluppo di una filiera come quella del biometano centrata sulla generazione diffusa e cioè puntando a valorizzare, attraverso ulteriori tecnologie, il biogas prodotto da numerosi impianti di piccola e media taglia, gestiti dalle imprese agrozotecniche, può comportare dei problemi. Oltre alle analisi di sostenibilità economica, bisogna infatti considerare gli aspetti tecnologici e quelli logistici, specie per quanto riguarda la reale possibilità di connessione alla rete del metano da parte delle aziende agricole. Ecco, da questo punto di vista, pur considerando il biometano in termini di prospettiva assolutamente interessante, riteniamo che lo sviluppo di questa filiera vada attuato interrogandosi sin dall’inizio sulle modalità di produzione e di accesso alla rete, stabilendo opportune priorità di accesso agli incentivi. Quali saranno, effettivamente, i settori in grado di giocare un ruolo da protagonisti di questa produzione? Allo stato attuale delle tecnologie, la sensazione è che il biometano rappresenti una grande opportunità per il settore dei rifiuti, mentre resti una opportunità meno alla portata delle piccole e medie imprese agricole che,

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oltre ai problemi di accesso alla rete, potrebbero incontrare qualche difficoltà anche per affacciarsi a anche che sembra essere l’interessantissima prospettiva dell’utilizzo del biometano come biocarburante. Ci tengo a precisare che queste riflessioni non intendono tradursi esclusivamente in un approccio frenante rispetto al biometano; è indubbio, infatti, che si stia parlando di una filiera assolutamente interessante e che il biometano rappresenti effettivamente l’unico biocarburante producibile nel nostro Paese. Tuttavia, ritengo sia giusto sottolineare l’importanza di non ripetere gli errori che hanno caratterizzato la prima fase di diffusione del biogas, puntando, invece, a definire, sin dall’inizio, modalità di sviluppo sostenibili e compatibili con la necessità di garantire la centralità del ruolo delle imprese agro-zootecniche anche nella filiera del biometano. Grazie a tutti per l’attenzione.

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Paolo Vettori presidente ASSOGASMETANO Non si può pretendere, che fatti i debiti rapporti, un bambino di un anno possa partecipare a una gara atletica con un adulto. Dove il bambino e’ la rete distributiva del metano per auto, che gareggia con l’adulto che si identifica con la rete già consolidata dei carburanti, che in Italia vuol dire 23.500 punti di vendita e 36 milioni di veicoli già a disposizione per il rifornimento. Noi siamo “quelli del gas-metano”, ci sono “quelli del calcio”, noi siamo quelli del gas-metano, del gas naturale. Siamo stati coinvolti in questo progetto del bio-metano dagli amici Stefano Bozzetto e Marino Berton. Sulla riflessione che ha fatto ora Giovambattista Zorzoli, premetto che ci conosciamo dagli anni ’70, quando io ero un ragazzo e lui era già uno scienziato di fama, vorrei sottolineare che sono molto importanti; e credo che gli amici del bio-metano le debbano tenere in grande considerazione. E’ chiaro che una sinergia con il bio-metano per noi sarebbe molto importante; vorrebbe dire avere già una rete distributiva che lo puo’ utilizzare, vorrebbe dire migliorare le emissioni dei veicoli paragonabili a quelli elettrici. Però ci sono altri due aspetti da considerare: mi riferisco alle regole necessarie per poter immettere il biometano in rete: un decreto andato in Gazzetta il 29 marzo scorso dà disposizioni che entro 90 giorni, e speriamo che questa volta siano effettivamente 90 giorni, dovranno essere licenziate le norme per il gas metano utilizzato nei trasporti, inserendo anche quelle per il bio-metano. Questa è la grossa novità. Il secondo aspetto da sottolineare è un decreto che era sfuggito agli amici del bio-metano, dell’anno scorso, in base al quale il bio-metano è già trasportabile su carri bombolai e anche questo può essere un plus all’utilizzo di questo prodotto. Ma ci sono due variabili delle quali occorre tenere conto e potrebbero creare seri problemi:le

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accise a livello europeo e adesso è spuntata anche la carbontax. La cosa che ci preoccupa è che a livello di Bruxelles, ragionano nella logica dei grandi numeri. Ragionando con questa logica e riferimenti non si tiene conto che quella del metano e quella del bio-metano sono realtà tutte italiane e si differenziano rispetto agli altri carburanti. L’accisa per i carburanti è stata pensata per benzina e gasolio che ad esempio in Italia riforniscono 36 milioni di veicoli, che dispongono di 23 mila punti di vendita, quindi significa che se il livello di accisa per quei carburanti può voler dire risparmio e minori emissioni, ma il mercato si sostiene con i volumi di erogato, per quanto riguarda il metano, con l’applicazione di una accisa elevata può diventare veramente molto difficile sopravvivere. Stiamo operando a livello dei ministeri interessati italiani che ci stanno dando una mano in questo senso, però bisognerebbe che a livello europeo si tenesse conto che non si può parlare di struttura distributiva di metano in Europa ma bisogna parlare di struttura distributiva solo italiana del metano. Per questo uso metafora: non si può pretendere, che fatti i debiti rapporti, un bambino di un anno possa partecipare a una gara atletica con un adulto. Il bambino e’ la rete distributiva del metano per auto, che gareggia con l’adulto che si identifica con la rete già consolidata dei carburanti, che in Italia vuol dire 23 mila 500 punti di vendita, vuol dire 36 milioni di veicoli già a disposizione per potersi rifornire. Se l’Europa tenesse conto di questo, l’accisa sul metano per auto che è stata proposta dovrebbe, come già verificato all’inizio degli 90 essere ridotta o mantenuta all’attuale livello per consentirne lo sviluppo e l’incentivazione. Riteniamo che questi obiettivi, questi targets siano ancora validi dal punto di vista energetico, dal punto di vista ambientale, e quindi dovremmo tutti lavorare in questo senso: il biometano ci può dare una mano in questo caso, facendo una politica con noi. Grazie.

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Michele Ziosi

NGV System Italia - Consorzio italiano del gas naturale per i trasporti “Riteniamo che il biometano sia una delle soluzioni possibili e strategiche per un mix energetico del paese, ma necessario svecchiare la regolamentazione che ‘governa’ il mondo del metano per autotrazione, sia per quanto riguarda i veicoli, sia per quanto riguarda la rete infrastrutturale di distribuzione”. Buonasera a tutti; e grazie dell’invito di quest’oggi. NGV System è l’associazione che rappresenta la filiera industriale del metano per autotrazione, ovvero rappresenta i componentisti, i produttori di auto di fabbrica ed aftermarket ed anche alcuni trader di gas. Dal punto di vista numerico NGV System ITALIA rappresenta circa 9000 mila addetti, ha un giro di affari di 1,4 miliardi di euro ed investe in ricerca e sviluppo circa il 4%, che è una cifra piuttosto rilevante rispetto alla media normale. L’associazione, nata ormai più di dieci anni fa, ritiene che il biometano sia una delle soluzioni possibili e strategiche per un mix energetico del paese che tenga conto della Comunicazione sui veicoli verdi licenziata dalla UE la quale delimita il perimetro entro il quale si devono muovere le azioni e le politiche dei trasporti per la mobilità sostenibile. La comunicazione europea si basa su tre pilastri fondamentali: 1)migliorare l’efficienza dei combustibili tradizionali (benzina e diesel); 2)puntare verso i combustibili alternativi (metano e biometano; 3)puntare sull’auto elettrica ed ibrida, fermo restando che le prospettive 2020-2030 per le auto elettriche si attestano sul 2-3% del totale dei veicoli venduti. Perché ho fatto questa premessa sul metano prima di parlare di bio-metano? Appare chiaro ed è evidente che affinchè il bio-metano sia una realtà nel breve-medio lungo periodo, è fondamentale sviluppare il prodotto metano, sia dal punto di vista del prodotto veicolare, che dal punto di vista delle infrastrutture. Forse è stato sottointeso, ma è importante sottolineare la compatibilità che esiste fra

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le infrastrutture ed i veicoli a metano con i veicoli ‘futuri’ a bio-metano. Ovverosia il bio-gas, opportunamente depurato, è compatibile con i motori di fabbrica che vanno a metano. Spingere oggi il metano, in sostanza, diventa fondamentale per diffondere domani il bio-metano. Le politiche nazionali italiane hanno pensato che il metano fosse una risorsa per il Paese già diversi anni fa, attraverso politiche di sostegno; quello che si chiede oggi, che l’associazione chiede, e’ che vengano prodotti i decreti attuativi previsti dal Decreto sulle fonti rinnovabili e di svecchiare la regolamentazione che ‘governa’ il mondo del metano per autotrazione, sia per quanto riguarda i veicoli, sia per quanto riguarda la rete infrastrutturale di distribuzione. Concludendo NGV system Italia vede nel bio-metano una concreta possibilità di sviluppo economico e uno strumento che potrebbe evitare al nostro paese di sostenere i costi legati alla non ottemperanza dei vincoli e degli obiettivi comunitari. Grazie.

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Giuseppe Alonzo

commissario straordinario del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in agricoltura. La sperimentazione in campo, su impianti veri, è stata tutta a carico degli imprenditori agricoli che hanno rischiato i propri capitali con il miraggio degli incentivi dati dal Governo. In mancanza di un piano nazionale concreto e serio che voglia raggiungere obbiettivi precisi, i decreti attuativi restano provvedimenti mutevoli che non rassicurano gli imprenditori che si accingono a programmare investimenti a lungo termine. Ringrazio per l’invito sia la Fondazione Einaudi che l’amica Sofia Mannelli la quale teneva molto a che io fossi qui, così ho fatto le mie tre ore di lezione e poi mi sono fiondato in aereo arrivando in tempo per un breve intervento. Dopo tanto parlare di biometano, vorrei offrire a questo tavolo uno spunto di riflessione su una realtà che vivo particolarmente da vicino. L’assenza totale della produzione di biometano al Sud. La Sicilia, da dove provengo, è infatti l’unica regione italiana senza biodigestori. Alcuni imprenditori agricoli sarebbero interessati a costruire gli impianti, ma temono di fallire nella messa a punto e nel funzionamento del biodigestore che, oltre ad operare in un clima diverso rispetto a quello consueto al nord e per il quale vi è ormai consolidata esperienza, dovrebbe utilizzare prevalentemente materiale vegetale. Inoltre, le banche non si fidano di imprenditori che non siano supportati da competenze diffuse sul territorio e sono restie a finanziare le iniziative sul biogas. Mi è stato detto che in Sicilia i biodigestori trovano nella sulla un materiale idoneo per la loro alimentazione. Ma chiedo: qualcuno ha mai fatto un bio-digestore a sulla? Ci sono delle informazioni? C’è della ricerca in materia? Io sono certo che le temperature elevate che qualche volta raggiungono tranquillamente i 40-45 gradi nelle campagne interne, il mix batterico che sicuramente sarà di tipo diverso ecc., i substrati che sono peculiari, tutte queste “scelte”

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dipendono da ricerche che devono essere approfondite. D’altra parte, se riflettiamo sulle conoscenze acquisite nel campo della bio-digestione, si vede come gli studi sui processi che avvengono in un biodigestore sono stati inizialmente studiati nei laboratori universitari e degli enti di ricerca ma, la sperimentazione in campo, su impianti veri, è stata tutta a carico degli imprenditori agricoli che hanno rischiato i propri capitali con il miraggio degli incentivi dati dal Governo. E’ un po’ come se lo Stato avesse utilizzato gli incentivi per finanziare la ricerca sul funzionamento e sulla ottimizzazione dei processi di biodigestione in impianti realmente produttivi. Al Nord la vera ricerca l’hanno fatta gli imprenditori, rischiando in proprio. Lo Stato, attraverso gli incentivi, ha pagato chi quella ricerca se l’è caricata sulle spalle e l’ha portata avanti con successo, con determinazione, e anche rischiando in proprio. Se sommiamo gli incentivi per le rinnovabili ai finanziamenti per la ricerca, scopriamo che lo Stato finanzia la ricerca di più di quanto effettivamente non traspaia dai numeri. Ma, se veramente il vettore metano, come io credo insieme a voi, può essere di rilevanza e di importanza nazionale, allora noi lo dobbiamo diffondere su tutto il territorio. Sapendo, però, che il bio-metano ha comunque un punto debole: che ognuno può fabbricarselo in casa e questo, da un punto di vista di economia globale, sarà contrastato da chi, detenendo il monopolio del petrolio non gradirà che si passi al bio-carburante “libero”. Ma devo dire che io sono un po’ stanco di vivere in un Paese che non ha una prospettiva chiara; noi abbiamo detto no al nucleare, diverse volte, ma a fronte di questo no al nucleare, non c’è stata una presa di coscienza di ciò che vogliamo veramente. Siamo andati come un’armata Brancaleone a ricoprire parti del territorio di fotovoltaico e di pale eoliche perché c’era l’angoscia di non arrivare in tempo con adeguata potenza elettrica installata alla scadenza del 2020. In Sicilia si è scoperto, poi, che l’energia prodotta in eccesso con le rinnovabili, non riesce a passare lo Stretto perché il cavo che collega la

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Sicilia con il continente non è in grado di trasferire l’energia elettrica in eccesso rispetto al fabbisogno dell’isola. Tutto il processo, dunque, è stato portato avanti senza programmazione. Perché mettere un’altra pala eolica se non ho dove portare quell’energia elettrica prodotta? Ed è questa stessa mancanza di capacità di programmare che io noto nella difficoltà di far uscire i decreti attuativi per gli incentivi alle rinnovabili. In mancanza di un piano nazionale concreto e serio che voglia raggiungere obbiettivi precisi, restano provvedimenti mutevoli che non rassicurano gli imprenditori che si accingono a programmare investimenti a lungo termine. Grazie.

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Michael Niederbacher general manager BTS Italia Srl

Se si togliesse l’accisa potremmo lavorare avendo il prezzo giusto per poter produrre il biometano. Da due-tre anni i tedeschi, un tempo leader assoluti dell’impiantistica, vengono in Italia a vedere i nostri. Inghilesi: Voglio fare una domanda a Michael Niederbacher: i produttori di biometano in Germania e i consumatori, pagano tasse, accise oppure no? Niederbacher: No. Le faccio un esempio di un’azienda agricola in Austria, vicino all’aeroporto di Vienna, dove hanno un impianto di biogas di 800 kW e loro non pagano niente e hanno anche un distributore, vuol dire che forniscono il biometano per circa 200 macchine. Ma la sua è una domanda molto importante, ne abbiamo discusso anche prima con Zorzoli: se si togliesse l’accisa potremmo lavorare avendo il prezzo giusto per poter produrre il biometano. Ma ora mi presento, sono nel consiglio del CIB (Consorzio Italiano Biogas), e rappresento due aziende italiane del SudTirolo. Lavoriamo solo ed esclusivamente nel biogas, con la tecnologia che viene dalla Germania, ma che poi abbiamo perfezionato e sviluppato ulteriormente in Italia. Da due-tre anni i tedeschi, ormai, vengono in Italia per vedere gli impianti, e questo è già un successo molto grande, perché anche se i tedeschi sono bravi nella tecnologia, l’imprenditore migliore sicuramente è l’italiano perché la sicurezza che c’è in Germania non c’è in Italia, dove non sappiamo di che morte dobbiamo morire… . Quello che voglio dire è che il settore si è sviluppato molto bene nel biogas: l’impianto di biogas è confrontabile a un’enorme vacca artificiale, perché con le deiezioni delle vacche si alimentano batteri, e allo stesso modo si fa con l’impianto di biogas. Sono tecnologie che da 50 anni stiamo sviluppando noi italiani con gli americani, gli israeliani (sicuramente non con i tedeschi).

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Oggi riusciamo ad esportare questa nostra tecnologia e creiamo posti di lavoro: noi stessi alla BTS abbiamo 100 dipendenti e altri 500 rappresentano l’indotto dei fornitori e subappaltatori. Facendo i calcoli dovremmo utilizzare per 1 MW di energia prodotta da biometano circa 300 ettari; già al momento siamo sotto i 200 e lo sviluppo va avanti perché stiamo perfezionando nuove tecnologie. Io ho fatto anche una scommessa all’interno del Consorzio di riuscire a produrre 1MW con 150 ettari facendo doppio raccolto, ed in futuro sicuramente arriveremo sotto i 100 ettari per 1 MW. Ma il problema adesso è l’incertezza. Abbiamo appena acquistato un grosso capannone, perché noi crediamo ovviamente in questa tecnologia ma questa incertezza ci fa un po’ soffrire, perché le ditte non sono un rubinetto che puoi aprire e chiudere. Al contrario abbiamo bisogno di poter pianificare i programmi almeno un anno prima e sarebbe molto importante avere gli incentivi sul biometano per poter lavorare serenamente. La Germania è molto avanti, però i tedeschi al momento hanno un grosso problema perché anche lì la legge è complicatissima. Loro vorrebbero produrre 6 miliardi di metri cubi ma non riescono perché anche lì non ci sono incentivi molto precisi.

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Vito Pignatelli

coordinatore Tecnologie Biomasse e Bioenergie Unità Tecnica Fonti Rinnovabili Enea La produzione di energia da fonte rinnovabile sotto qualsiasi forma, diretta o via bio-carburante, deve essere una produzione efficiente il più possibile; cioè ci si devono mettere meno soldi e meno energia possibile e tirare fuori più soldi e più energia eco-compatibile che sia possibile.

Grazie per l’invito e grazie per avermi affidato, di fatto, la chiusura del convegno. Cerchiamo, allora, di fissare alcuni punti, di fare emergere una sintesi di quanto è stato detto integrandola con alcuni elementi relativi alla ricerca che vorrei porre all’attenzione di tutti. Il Prof. Lorenzoni ha detto: io ho l’impressione che non sia stata fatta ricerca. Io vorrei dire che in realtà in Italia per un lunghissimo lasso di tempo non è più stata fatta ricerca per quello che noi intendiamo della ricerca, cioè una ricerca pubblica finalizzata ad una maggiore conoscenza scientifica e direttamente allo sviluppo di una tecnologia. Dico questo perché il bio-gas è stato anche questo, è stato detto più volte, però noi non dobbiamo dimenticare che l’Italia nella prima metà degli anni ’80 era leader nelle tecnologie del bio-gas, lo sa bene Piccinini, lo sa bene il Prof. Zorzoli che era Consigliere di Amministrazione autonomia quando io sono entrato all’ENEA come geometra ricercatore. Ed a parte questo, era un momento in cui in Italia si investiva sulle rinnovabili; molti ricordano il progetto finalizzato Energetica 2, gestito da me al C.N.R. che poneva l’accento sullo sviluppo di fonti di energie rinnovabili. Molti dei termini che si usano oggi prima non esistevano, bio-metano esisteva, ma non esisteva bio-diesel, neanche bio-carburante, si parlava solo di etanolo. In realtà se noi oggi parliamo di poter produrre il bio-metano, è perché disponiamo di affidabili tecnologie per la produzione di bio-gas, tecnologie che

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nascono da una serie di studi e poi giustamente nascono dallo sviluppo che è stato fatto direttamente da chi ha investito in questo settore. Oggi quindi abbiamo una maturità che fa sì che il bio-gas non sia quello che era all’inizio; all’inizio il bio-gas era un bidone, una scatola nera dove uno buttava dentro qualcosa, aspettava un po’ di tempo, si collegava e tirava fuori il gas accendendo una fiamma, era quello. Se il bio-gas è diventato una fonte energetica, se è diventato una tecnologia matura e possiamo parlare di bio-metano, è perché è stata fatta molta ricerca. Dal pubblico fino ad un certo punto, dal privato, dall’imprenditoria privata fino ad un altro punto. Allora, che cosa resta da fare? E’ solo una questione di dosare bene gli incentivi? E’ solo una questione di sviluppare delle quote normative? No, è anche una questione di tecnologia. Ed è una questione di tecnologia perché noi tutti siamo consapevoli del fatto che lo sviluppo delle rinnovabili vada incentivato, ma che l’incentivo non deve essere un sussidio, il che vuol dire che la produzione di energia da fonte rinnovabile sotto qualsiasi forma, diretta o via biocarburante, deve essere una produzione efficiente il più possibile; cioè ci si devono mettere meno soldi e meno energia possibile e tirare fuori più soldi e più energia eco-compatibile che sia possibile. Quando si dice che i bio-carburanti li può fare chiunque, che la bio-energia la può fare chiunque, non è vero, nel senso che qualcuno può provare a fare del bio-carburante o l’energia per usarla a casa sua, ma se poco poco si esce dal cortile di casa, il bio-carburante deve andare in un motore, il biocarburante deve essere immesso in una rete ed il bio-carburante, quale che sia, deve rispettare degli standard. Il motivo per cui è fallita, ed è fallita, la produzione del bio-diesel su piccola scala in Austria dall’inizio degli anni ‘90, quando la gente si faceva gli impiantini a livello di azienda agricola, è proprio questo, io mi produco il mio bio-diesel lo uso nel mio trattore, ma fuori dal mio trattore fuori dalla mia azienda, non posso perché non risponde a determinati requisiti. Il bio-metano è un carburante fungibile come si dice: io prendo il bio-gas, gli tolgo l’anidride carbonica, gli tolgo le impurità e produco il

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bio-metano, d’altronde è quello che succede pure nei pozzi petroliferi, non è che quando si trivella e si tira fuori il metano viene fuori il metano puro. Viene fuori il metano con l’anidride carbonica e impurità che deve essere “pulito”; solo che in quel caso si fa su larga scala, il costo viene direttamente scaricato sul metano che viene venduto e nessuno ne parla, eppure ci sono giacimenti metaniferi dove l’anidride carbonica è molto elevata. Allora, che dobbiamo fare noi, diciamo come ricerca, per produrre un buon bio-gas che serva ad ottenere un buon bio-metano? Per fare un buon bio-metano noi dobbiamo avere un bio-gas ad alto tenore di metano e dobbiamo avere un bio-gas pulito, questo vuol dire conoscere bene il processo, questo vuol dire lasciare gli spazi per un’attività di ricerca che consenta di ottimizzare la conoscenza della microbiologia, il controllo del processo, in modo da avere la maggiore produzione del bio-gas. Tutti quanti devono essere consapevoli del fatto che scendere giù di livello e costruire impianti di bio-gas sempre più piccoli, vuol dire andare incontro a sempre maggiori difficoltà. Questo perché non è che se io dimezzo la taglia di un impianto dimezzo il costo di un impianto; e questo naturalmente su un impianto piccolo che produce poco vuol dire minori introiti, più lunghi tempi di ammortamento e quindi una maggiore criticità da un punto di vista economico. Dall’altro punto di vista, un impianto piccolo è più difficile da gestire, perché qualunque cosa succeda nell’alimentazione della materia prima, a meno che non lo si alimenti sempre con la stessa materia prima, (ma abbiamo visto che la maggior parte degli impianti sono alimentati da un mix di materie prime), se io cambio qualcosa o altero qualcosa nel mix della materia prima, più l’impianto è piccolo è più sarà sensibile a questo. La storia del bio-gas italiano è piena di tanti impianti che agli inizi partivano poi si fermavano, non producevano, producevano male, funzionavano male: nati male e finiti peggio. Quello che manca è una ricerca che strettamente colleghi il mondo della ricerca e del mondo industriale, finalizzata ad ampliare la gamma delle materie prime, perché noi abbiamo un problema di colture, perché noi abbiano il problema

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di integrare la produzione del bio-gas. A qualcuno potrà anche non piacere, ma la produzione del bio-gas, derivante dalla materia prima agricola e dalla frazione organica dei rifiuti urbani (se la raccolta differenziata dei rifiuti urbani si amplierà), crescerà enormemente ed è la cosa migliore da fare con questa rifrazione organica, produrre bio-gas, certo in una filiera diversa e parallela a quella agricola. Quindi ricerca sulle colture, perché anche lì non possiamo pensare che in Italia produrremmo bio-carburanti da materie prime agricole di prima generazione; nella migliore delle ipotesi, facendo due conti, viene fuori che fra biodiesel e bio-etanolo di prima generazione in Italia nel 2020 dovremmo produrre quasi un milione e mezzo di tonnellate annue di prodotto. Con che le produciamo, dove le produciamo? Se siamo consapevoli del fatto che per produrre bio-carburanti non si possono usare solo materie prime residuali, dovremo comunque ricorrere a delle colture, e a quali colture ricorrere? Qui sta lo sforzo, l’immaginazione, l’inventiva, il coraggio di sperimentare colture diverse da impiantare su terreni che l’agricoltura ha in Italia, perché in Italia ci sono terreni agricoli abbandonati da anni, sui quali non conviene più coltivare il grano, sui quali non conviene più coltivare nulla a destinazione alimentare. La competizione non è fra un campo coltivato a destinazione alimentare ed un campo coltivato a bio-carburanti; il problema non va posto in quei termini, casomai la competizione corretta è fra un campo coltivato a bio-carburanti ed un campo abbandonato, perché è lì che è la chiave del discorso. Di ricerche avanzate sul discorso del bio-gas, bio-metano, del resto, ce ne sono tantissime. Dalla tecnologia di up-grading che oggi funziona benissimo, alle scale più grandi (poi si scende di scala e cominciano ad esserci problemi di costo e di resa), al discorso importantissimo di sviluppare bio-gas dai processi fermentativi indirizzati alla produzione di miscele di gas che contengano anche idrogeno, cosiddetti processi a doppio stadio; qui si arriva a quello che si chiama idro-metano, cioè una miscela di bio-gas arricchita di idrogeno, che è ovviamente un vettore energetico più prezioso (come è stato descritto dal professor

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Chiaramonti nel suo intervento) cioè metano ottenuto sempre a partire da bio-masse ma per vie bio-sintetiche e questa è l’ultima particolarità che riguarda la ricerca. Tutti sanno che c’è stato negli ultimi anni un boom di interesse sul discorso delle micro-alghe, delle produzioni di micro-alghe a fini energetici che ha un suo fascino. La coltivazione di micro-alghe non mi ruba terreno, ha in teoria una elevatissima resa di conversione, può utilizzare anidride carbonica, può utilizzare reflui, quindi vale la pena di seguire nuove tecnologie per produrre, nuovi tipi di gas ed il discorso dell’integrazione delle micro-alghe fatte crescere utilizzando proprio quei nutrienti, per esempio degli effluenti chimici, della digestione. Questo soltanto per dire quanti altri nuovi temi possono essere suscettibili di sviluppo. Tutto questo ci porta a dire che il bio-metano fatto da un buon bio-gas, rappresenta realmente forse l’unica possibilità di sviluppare in Italia dei bio-carburanti con nostre risorse, con nostre energie per raggiungere e possibilmente superare gli obiettivi che il nostro Paese si è posto. Grazie.

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