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Primo Piano
from FARCORO 3-2021
by FARCORO
Polifonia a quattro voci
50 anni di AERCO nel ricordo dei presidenti
DI PUCCIO PUCCI
3.PARTE TERZA
Quali stimoli ti ha dato l’AERCO ad aggregare altri Cori nell’Associazione.
Giovanni Torre: sono stati proprio gli aspetti positivi, descritti più sopra (cfr. FarCoro 2/2021), già impostati dal mio predecessore Giorgio Vacchi e da me proseguiti e ampliati durante la mia presidenza, che hanno permesso all’AERCO di aggregare altri Cori nell’Associazione.
Pier Paolo Scattolin: l’eredità della cultura corale di Vacchi, il fondatore dell’Associazione e le idee di Giovanni Torre che si inserì validamente e con grande competenza musicale per un breve periodo nell’arco della presidenza di Giorgio, costituirono per me un entusiasmante percorso in cui avvenne un grande allargamento delle iscrizioni che cercai di fronteggiare con il contatto diretto, la presenza alle attività dei cori grazie anche al proficuo scambio di idee con il “direttivo”: la realizzazione delle proposte di questo gruppo di responsabili attraverso il concreto ausilio organizzativo di Puccio furono un impegno costante per me e faceva da collante e forte stimolo aggregativo per i cori della regione. Sulla base dei valori precedentemente descritti l’aggregazione dei cori avvenne sulla base della diffusione del “farcoro” come elemento socializzante, la ricerca come metodo di lavoro, lo scambio fra cori senza finalità e modalità mercantili. Si cercò di promuovere l’adesione all’associazione individuando, incoraggiando e promuovendo ogni progettualità che desse la possibilità a ciascun coro di evidenziare le proprie specificità e capacità, potenziali volani per nuove aggregazioni; si era attenti ad evitare sovrapposizioni con attività decise dal direttivo che potessero mettere in secondo piano quelle già esistenti. Gli stimoli aggregativi, quindi, non avevano il tramite di offerte o vantaggi di tipo amministrativo (seppure non assenti), ma le riunioni avevano per argomento soprattutto temi musicali e di crescita culturale. Quindi non la competitività capace di irradiarsi e stratificarsi con nocumento nelle attività associative, bensì la solidarietà era il principale obiettivo per diffondere il senso autentico dell’AERCO. Era l’idea che un direttore poteva crescere con consapevolezza assieme al suo coro e non l’essere il centro di un’attività valida come trampolino di lancio per una carriera personale: e anche se ciò possa essere considerato come un naturale ed eticamente giusto esito
Fedele Fantuzzi: L’associazionismo è per definizione “mettersi insieme, unire forze e idee”, perciò è stata una esigenza, una necessità cercare di raggiungere il maggior numero di realtà corali della regione. Portare a conoscenza gli obiettivi le finalità di AERCO, far sentire vicina e presente la Associazione per cercare insieme di crescere sia a livello musicale che aggregativo…
Andrea Angelini: se si vuole avere ‘forza contrattuale’ bisogna essere uniti e numerosi. Questo avviene un po’ ovunque nel mondo sociale ed associativo. Non è ovviamente un fatto solo numerico, i cori non sono ‘clienti’ ma sono i veri destinatari dei servizi che AERCO può offrire. Mi piange il cuore quando un coro decide di non rinnovare l’iscrizione, specialmente se questo è dovuto ad un fatto economico, ad una difficoltà nel pagare la quota associativa. Negli ultimi 6 anni non abbiamo mai modificato la quota se non nel ‘caricare’ il costo dell’abbonamento a Choraliter. L’essere conscio di appartenere ad una rete corale regionale, nazionale, europea, mondiale mi ha dato lo stimolo maggiore per essere continuamente alla ricerca di cori da associare. I cori non possono restare da soli, devono vivere la loro bella attività a fianco degli altri, condividerne valori ed esperienze. Quale motivazione migliore può esistere?
La tua presidenza ti ha consentito di introdurre idee innovative in AERCO atte a dare un miglioramento statutario e aggregativo?
Giovanni Torre: come accennato, fino al momento della iscrizione del mio coro (1973), la associazione veniva chiamata AERCIP. Di essa, facevano parte soltanto cori a voci maschili interessati a repertori di canti di ispirazione popolare. L’iscrizione del mio coro, a voci miste, ha comportato un cambiamento di statuto e di ragione sociale. Da allora, su nostra richiesta, l’AERCIP è diventata AERCO. Una associazione cioè, che intendeva comprendere tutte le possibili formazioni corali: dai cori a voci virili, a quelli a voci femminili, bianche e miste, con repertori che spaziavano su tutte le forme della musica vocale. In questo modo, la famiglia corale emiliano romagnola si allineava con quelle già attive nelle altre regioni d’Italia (in particolare: Veneto, Trentino, Lombardia…), avendo però cura di mantenere la specificità che l’aveva distinta fin dalla sua nascita in campo nazionale: e cioè, di essere una “Associazione a forte contenuto popolare”, legato al lavoro di ricerca musicale, svolto in regione dai suoi componenti sia sul terreno della tradizione orale che su quello della musica colta.
Pier Paolo Scattolin: dopo l’apertura ai cori polifonici e la rinuncia di Giorgio Vacchi alla presidenza, uno dei miei principali obiettivi fu quella di cercare un equilibrio fra la cultura musicali dei cori popolari ancora preponderanti numericamente e quelli polifonici: si trattava di adeguare l’associazione alle nuove istanze prodotte anche dall’adesione di cori gospel e vocal-pop, di cori liturgici, di voci bianche e scolastici. Le rassegne dei cori si aprivano a rappresentare e favorire l’incontro fra culture corali così diverse. Fu necessario nella pubblicistica separare il foglio delle comunicazioni sociali dagli argomenti che riguardavano gli aspetti didattici, culturali e la focalizzazione di importanti attività dei cori e associative; azione che permise di configurare in maniera decisiva l’attuale rivista “Farcoro”, che oggi grazie all’apporto dei vari responsabili che nel tempo si sono succeduti continua con merito e validità. Un ulteriore passaggio verso l’approfondimento dei temi musicali e corali fu l’iniziativa editoriale de “I quaderni di far coro” che diedero all’Associazione uno spessore culturale e musicologico. Fu dato il definitivo assetto alla rappresentanza provinciale
e al convenzionamento con l’Assessorato alla cultura della Regione Emilia-Romagna iuxta LR 13/99. Furono inoltre allargate le competenze della commissione artistica, che acquistarono un slancio propulsivo grazie alla vivacità del dibattito e dello scambio rispettoso delle opinioni che poi si traduceva in sintesi di indirizzo e di proposta di modifiche anche statutarie. Si cominciò a porsi il problema della catalogazione, iniziata da Giorgio Piombini, degli archivi musicali presenti in alcuni cori come esperienza da estendere e pianificare successivamente al resto della coralità regionale. In occasione del trentesimo anniversario dell’AERCO fu pubblicato un doppio CD dal titolo AERCO, far coro contenente registrazioni che sintetizzavano la situazione artistica dei cori associati nel 2001. Si moltiplicarono le iniziative didattiche su base provinciale in maniera che fosse diversificata la proposta didattica a secondo delle tematiche che amalgamavano in maniera costruttiva docenze esterne e interne all’associazione. Fu il creato un corso permanente denominato “Chorus” per i direttori e compositori che desse stabilità didattica e organizzazione continuativa ai precedenti laboratori che fin dall’inizio l’AERCO aveva proposto ai propri iscritti. Nelle peculiarità di questo corso c’erano tre aspetti: la presenza di molti cori laboratorio, alcune dei quali provenienti anche da fuori della regione, per dare sostanza concreta alla pratica diretta dell’attività direttoriale, la ricerca di una metodologia tale da far sì che ci fosse spazio per una disciplina rivolta ai formatori didattici e infine la creazione di un circuito di cori ospitanti i direttori sia in veste didattica che concertistica, attività oggi sviluppata e praticata in particolare negli “Sconcerti” del movimento corale Scintille solidali.
Fedele Fantuzzi: Devo confessare che non mi sono mai sentito “presidente” vero e proprio, per carattere e personalità…avevo ereditato il lavoro di Presidenti di alto profilo, altamente qualificati dal punto di vista culturale che musicale (sono sempre stato più a mio agio con la musica…), tuttavia credo di aver contribuito al miglioramento strutturale e operativo dell’associazione. Un ringraziamento speciale al grande segretario Puccio che mi ha supportato in tutto con la sua esperienza. Qualche esempio: 1) modificato lo statuto 2) attivato un corso permanente per direttori 3) la Commissione Artistica è stata ampliata, resa più operativa (anche itinerante…) come supporto ai cori associati, con maggior peso decisionale 4) reso più autonome le delegazioni provinciali sia a livello economico che organizzativo sul territorio 5) ho cercato di essere presente più possibile quando invitato dai cori…
Andrea Angelini: il mondo del volontariato ha subito un radicale cambiamento durante i primi anni della mia presidenza. Già alla fine del mandato di Fedele Fantuzzi, AERCO aveva iniziato l’iter per diventare una APS, ovvero un’Associazione di Promozione Sociale. Questo processo è diventato impellente e quanto mai complesso con l’introduzione del D.Lgs 3 Luglio 2017 n° 117, che ha introdotto il Codice del Terzo Settore: una vera rivoluzione che non si è ancora completata e che diventerà definitiva con l’avvio del RUNTS, il famigerato Registro Unico. Essere presidente di un’associazione importante come AERCO, considerata di secondo livello in quanto i suoi soci non sono persone fisiche ma altre associazioni, richiede competenze manageriali, economiche, tecniche, legislative che vanno spesso oltre alla buona volontà e al buon senso. La legge, come spesso si dice, non ammette ignoranza e quindi il tempo che è necessario dedicare ad AERCO, affinché questa navighi sicura, è pari a quello richiesto ad un imprenditore che conduce la propria azienda. Non è un qualcosa di cui è possibile occuparsene a tempo perso, nei ritagli di tempo, ma un compito che ti segue sempre e dovunque, domeniche incluse. Poiché la domanda mi chiede di parlare delle ‘idee innovative’ che ho introdotto, sono orgoglioso di rispondere che, sì, ho creato un team-working più simile ad un’azienda che all’idea ‘romantica’ dell’associazione. Non perché non ami questa visione molto sociale ma perché altrimenti non sarei sopravvissuto al cambio di marcia del mondo associativo. Da questo ne deriva l’impossibilità del fare ‘tutto da solo’ per carenza di tempo e di competenze. L’innovazione si è concretizzata nella definizione di ruoli e responsabilità: un Project Manager che possa seguire le varie attività artistiche, un Direttore Generale che funzioni da raccordo tra il Consiglio Direttivo e i soci, un PR che segua la parte web, grafica e pubblicitaria, un Segretario per la consulenza amministrativa e fiscale, un Delegato per ogni provincia (coadiuvato da un gruppo territoriale) in grado di seguire localmente gli associati, di capirne le necessità e di favorirne lo sviluppo, una Commissione Artistica per il brain-storming progettuale, un Comitato di Redazione al quale affidare la Rivista. E poi, ovviamente e grazie al lavoro di squadra, i contenuti artistici creati negli ultimi anni: le Rassegne regionali ‘Voci nei Chiostri’, ‘Fiumi di Voci’, il Festival
‘CantaBO’, l’Accademia Corale AERCO’, il Festival e Concorso per la Coralità Giovanile ‘Corinfesta’, ‘Cori@ Mo’, i ‘Concerti del Te’, il ‘Festival dei Cori Piacentini’, la partecipazione a ‘Soli Dei Gloria’, i concerti del World Choral Day, i corsi delle delegazioni provinciali (in presenza e online), il Concorso Internazionale per Direttori di Coro ‘Romano Gandolfi’, il Concorso Nazionale Video, il Concorso Internazionale di Composizione ‘AERCO, i miei primi 50 anni’, i contributi erogati ai cori per corsi ed eventi, il ‘Coro Giovanile Regionale’ e la ‘Schola Gregoriana Ecce’. Spero di non aver dimenticato nulla. Lasciatemi, infine essere anche orgoglioso della modernizzazione informatica della segreteria e della responsabilizzazione del suo addetto, della vivacità social-media…
Quale pensi sia oggi il ruolo di una Associazione Corale Regionale?
Giovanni Torre: nel 1983, in qualità di Presidente AERCO e insieme a pochi altri Presidenti regionali, sono stato uno dei fondatori della Federazione Nazionale Italiana delle Associazioni Regionali Corali (FENIARCO). Si completava così il processo di diffusione a livello nazionale delle realtà associative, iniziato anni prima da alcuni di noi. Lo scopo, allora, era quello di dare maggiore visibilità e forza contrattuale al lavoro che i cori svolgevano per diffondere l’associazionismo musicale amatoriale nelle singole regioni d’Italia. In realtà, questo lavoro non era ancora riconosciuto appieno dal governo nazionale. Le cose sono cambiate quando, un anno dopo (1984), ho avuto l’opportunità di incontrare l’allora ministro del Turismo e dello Spettacolo, on. Lelio Lagorio, in occasione di un convegno organizzato dal sindaco del mio paese sulle attività musicali e teatrali. Fu un incontro particolarmente fortunato perché mi permise di illustrare il ruolo svolto dai cori italiani e dall’associazionismo musicale amatoriale a un ministro che stava in quegli anni istituendo per legge il “Fondo Nazionale per lo Spettacolo”, con cui si assicurava l’attività delle istituzioni della musica, del cinema e del teatro. Ed è da quell’incontro che anche i cori della FENIARCO poterono utilizzare dei vantaggi che offriva per le loro attività il suddetto Fondo. A maggior ragione, di questi vantaggi poterono cominciare ad usufruirne anche le Associazioni Regionali, nella loro funzione di raccordo fra le esigenze dei singoli cori e le offerte della Federazione tutta. Questo raccordo mi pare che sia oggi ben oliato in tutte le regioni, anche se, per aver presieduto una regione che rivolgeva la sua primaria ragione di esistenza al recupero e al mantenimento del suo patrimonio culturale, non posso non dirmi preoccupato per il proliferare in essa di cori che sviluppano la loro attività in tutt’altro settore. E cioè, solo su repertori e programmi cosiddetti etnici, contribuendo così alla lenta scomparsa e perdita di secoli di arte vocale che ha reso l’Italia grande nel mondo. Ma tant’è. Come si dice in Emilia: “Piutôst che gninta, l’è méi piutôst”.
Fedele Fantuzzi: sinceramente ho perso quell’entusiasmo che avevo agli inizi, ovviamente a causa dei tempi che stiamo vivendo, della luce in fondo al tunnel che ancora non vedo, della lontananza che indebolisce la passione, lo sconforto generale… oggi però una associazione corale regionale se gestita bene, se attenta ai valori veri, se non si risparmia negli aiuti anche economici ad ogni associato, può e deve essere l’unica possibilità della rinascita “corale” ciò che può far brillare la fiammella della passione del “cantare in coro”; ne sono certo!
Pier Paolo Scattolin: allargando lo sguardo alla situazione italiana, penso che una risposta concretamente costruttiva ed efficace richiederebbe un’analisi che senza enfatizzazioni retoriche e autocelebrative descriva quanto in questi anni le associazioni regionali nell’attuazione degli obiettivi statutari originari e dei successivi necessari
Nella foto: in questa pagina e nelle precedenti: Immagini dalla Terza Assemblea Generale AERCIP – Pavullo – 25 febbraio 1973
adeguamenti, abbiano concretizzato o eluso o addirittura distorto i valori che sono il fondamento e la ragione dello sviluppo consortile dei cori. Analisi necessaria affinché ogni associazione regionale possa procedere a ri-conoscere e ri-dare significato anche per il futuro alle ragioni dell’investimento emotivo e partecipativo che ogni singolo coro è chiamato a dare come contributo morale e umano. Mi permetto di esprimere al riguardo alcune opinioni e qualche suggerimento per quello che può valere la mia esperienza nella coralità italiana. Attualmente la pandemia ha accelerato l’esplosione di problemi che si erano già palesati e accumulati nel tempo indipendentemente dalla buona volontà dei responsabili nella ricerca dell’azione e della sua efficacia: mi sembra in particolare che l’attuale ramificazione e moltiplicazione delle associazioni corali siano lo specchio di una crisi dell’associazionismo derivata prevalentemente dal progressivo distacco delle iniziative rispetto ai reali problemi dei cori: per esempio l’investimento di risorse quasi esclusivamente nel premiare i percorsi performanti, nella esasperazione di una prassi competitiva fine a se stessa e nello stimolazione eccessiva dello sviluppo culturale del talent con il conseguente sgretolamento della unitarietà di indirizzo del coro hanno permeato gran parte degli obiettivi e delle scelte che non paiono aver favorito la diffusione della cultura corale e l’idea della aggregazione unitaria del coro, idea che ha consentito a molti cori italiani una propria identificazione e il raggiungimento di traguardi sociali e artistici duraturi nel tempo. I progetti, pur nella pregevolezza delle proposte, oggi diremmo di livello avanzato, molto spesso sono calati dall’alto senza il requisito di complementarietà rispetto alla coralità che tout court potremmo definire “di base”. La distanza rispetto al mondo corale “reale” si è ulteriormente manifestata in questo periodo nell’assenza di efficaci provvedimenti atti ad aiutare i cori in questo periodo di chiusura dell’attività. Tuttavia, oggi sicuramente nei passi decisivi che sono stati fatti nell’azione di inserimento nella didattica della scuola primaria e secondaria il ruolo delle associazioni si è mostrato invece molto efficace e interessante per il futuro: il medesimo buon esito va notato nel campo dell’editoria musicale della composizione per coro. Un aspetto invece in cui mi sembra poco interessato attualmente l’associazionismo italiano è la ricerca “scientifica”, che ha per sua natura la trasmissione del sapere e la traduzione in termini divulgativi dei patrimoni antichi e moderni della cultura musicale vocale e corale: in particolare il patrimonio italiano ha una grande ricchezza ancora inesplorata e sia quello “storico” che quello etnico hanno un’enorme influenza nella divulgazione di carattere pedagogicodidattico. In questo settore il ruolo dell’associazionismo sarebbe fondamentale nella ridistribuzione di risorse pubbliche alle quali i singoli cori non possono accedere. Il ruolo attuale dell’associazionismo potrebbe essere quello di ripercorrere la strada della valorizzazione e dell’attività partecipativa di ogni coro che va messo al centro dell’essenza esistenziale dell’unione dei cori. Il regionalismo ha senso per me solo se si torna a fare la politica del territorio, del contatto diretto della dirigenza con la coralità, nello stimolare le competenze nella composizione, nella didattica e nella direzione. Altrimenti ogni coro, anche se associato, si vedrà costretto a portare avanti i propri progetti che non riescono ad incrociarsi con i bandi amministrativi dell’associazione: prescindendone si crea così un corto circuito che rischia di non alimentare la qualità artistica dell’Associazione e la partecipazione viva e reale degli associati.
Andrea Angelini: ancora lo ribadisco: il ruolo principale è quello di creare la consapevolezza di appartenere ad una rete corale. Mi sono accorto che è questo il lato più difficile del nostro lavoro… All’inizio l’approccio con un nuovo coro avviene, nella norma, a causa dei vantaggi immediati che l’associazione può offrire: gli sconti SIAE, la possibilità di un’assicurazione a costo conveniente, i prezzi ridotti sui corsi e poi, via via, la Rivista, l’essere inseriti in una rassegna, un festival. Poi finalmente i cori si accorgono che, grazie a tutto questo, si crea un fil rouge con gli altri cori, che quello che viene offerto è per certi versi un fine ma anche un mezzo per sentirsi parte del sistema corale Italia. Voglio rendere merito di questo a FENIARCO, la Federazione che riunisce le Associazioni Corali Regionali, il cui lavoro è stato proprio quello di farsi portatrice del messaggio culturale corale. A prescindere da tutto questo, compiti importanti di un’Associazione Corale Regionale sono quelli di lavorare a stretto contatto con le istituzioni al fine di veicolare nel modo migliore possibile la nostra attività e di riceverne il giusto supporto economico. Cantare in coro è il modo più semplice per fare musica, a basso costo, senza limitazioni di età, di capacità e con grande soddisfazione. Vorrei che i cori ci vedessero così…
50 anni tra memorie e desideri nel convegno dell’AERCO
Dal Canto Ritrovato…
DI SANDRO BERGAMO
Com’era il mondo cinquant’anni fa? Come si viveva in Italia? Riandando indietro con la memoria, grazie anche ai racconti di chi ha vissuto quei momenti, capiamo come l’incessante trasformazione delle cose ci abbia portati, in cinquant’anni, molto lontani dal punto di partenza. Era un’Italia sospesa tra il vecchio e il nuovo, l’antico e il moderno: meno scolarizzata (la scuola media unica e obbligatoria, aveva meno di dieci anni, nel 1971); industrializzata sì, ma ancora memore di un passato agricolo che molti ricordavano per averlo vissuto; ormai addentrata nell’economia dei consumi, che unifica i gusti e amalgama gli usi, ma con una cultura popolare segnata da forti identità regionali; il consumo culturale è ancora segnato dalla socialità: e cantare in coro è uno dei modi di vivere questa socialità. Il Coro Leone, che assieme a pochi altri fondò nel 1971 l’associazione regionale, era nato quattro anni prima con queste caratteristiche ‘spontanee’. Gli esordi li racconta, nella prima giornata del Convegno per il 50° dell’AERCO, Lucio Strazziari, che ricorda l’entusiasmo di quei giovani nel primo approccio al canto: un entusiasmo subito indirizzato a strutturarsi più stabilmente grazie ai consigli di Giorgio Vacchi, che suggerì anche un direttore stabile e musicalmente preparato all’entusiasta brigata. Il repertorio è inizialmente quello tradizionale ‘di montagna’, modellato sulla SAT. Pier Luigi Piazzi, che dirige il coro a partire dalla metà degli anni Ottanta, trova appunto questa situazione, come spiega nel suo intervento. Si pone il problema di come mantenere in attività e in buona salute un coro che ha ormai una storia lunga, ma che non deve perdere l’entusiasmo. La strada è quella di trovare nuovi canti, cercandoli in ambiti diversi, viaggiando in tradizioni anche lontane, dando a questi canti forme nuove, sposandoli al suono degli strumenti: dapprima il pianoforte, poi via via l’aggiunta di altri. Non solo un canto ritrovato, ma un canto reiventato, maturando strade e gusti autonomi. Era in fondo il problema posto da Giorgio Vacchi fin dagli esordi della sua attività, permeando la natura stessa dell’associazione regionale che si andava costituendo. Silvia Vacchi, nella relazione che per prima ha aperto il convegno, ricorda i termini del dibattito di quegli anni, riassunto in un memorabile convegno svoltosi a Cortina nel 1970: quali sono i confini del canto popolare? Quale rapporto c’è tra la melodia originale e il canto elaborato per coro? Armonizzazione o
elaborazione? E può ancora dirsi popolare una melodia che abbia percorso questa trafila? C’è solo il canto di montagna nel panorama popolare? Fu, in quegli anni, un dibattito stimolante, nel quale Giorgio Vacchi ebbe un ruolo rilevante, offrendo soluzioni e proposte di cui la stessa Silvia, alla testa del Coro Stelutis, ha dato conto in serata, aprendo il concerto con una serie di elaborazioni di canti emiliano-romagnoli opera del padre.
Questi temi, fortemente sentiti dal fondatore, si trasferiscono alla neonata associazione, l’AERCIP, che riunisce i Cori di Ispirazione Popolare, e la orientano fin da subito alla ricerca etnomusicologica. Al canto alpino di ispirazione satiana si affianca un nuovo repertorio formato da canti regionali, frutto di ricerca sul campo e successiva elaborazione. La coralità emiliano romagnola può così darsi una identità più definita e può rafforzarla costituendosi in associazione regionale: affrancamento da modelli esterni e costituzione di una associazione sono, nel pensiero di Giorgio Vacchi, due soluzioni per lo stesso problema. Sul solco delle intuizioni di Giorgio Vacchi si collocano gli interventi di Giacomo Monica e di Daniele Venturi che in modi, tempi e luoghi diversi si sono confrontati con la tradizione popolare emiliano romagnola, percorrendo tutte le tappe della filiera. La ricerca sul campo, sviluppata da Monica nell’Appennino Parmense a partire dagli anni ‘70, da Venturi nell’Appennino Emiliano tra 1987 e 2000; la trascrizione di questi materiali, affrontando i mille problemi posti nel passaggio dalla fluidità di una tradizione orale alla fissità di quella scritta; e poi l’elaborazione del materiale così raccolto, tesi fra il rispetto della tradizione, il desiderio di esprimere la propria personalità di compositori e le diverse possibilità offerte da una tipologia corale che negli anni si è ampliata ai cori misti, femminili, giovanili, di voci bianche, scolastici: tutti strumenti diversi da trattare in modo appropriato. Ma l’evoluzione del mondo corale va al di là dell’ambito popolare. Nell’Emilia Romagna esisteva già una ricca tradizione di cori orfeonici, come ricorda Pier Paolo Scattolin nel suo intervento: uno di questi il Coro Rossini, è tra i fondatori dell’AERCIP e in serata, partecipando al concerto, ha eseguito non solo cori d’opera, ma si è affacciato anche alle composizioni sacre degli operisti, come nel caso del Requiem di Puccini. Il repertorio è soprattutto quello lirico, con qualche escursione nel liederistico o in composizioni sinfonico-corali. Alcuni, dal lirico, passano al polifonico, con le difficoltà che ci potevano essere all’epoca, in cui scarseggiavano le fonti e ci si poteva rifare al massimo ai lavori di Pratella. Nel concerto s e r a l e , l’ Accademia Corale Vittore Veneziani ha presentato non solo brani della liturgia romana, ma ha ampliato lo sguardo su altre tradizioni religiose, con un interessante silloge di canti spirituali ebraici. Il Coro Euridice, invece, dopo aver spaziato dal barocco bachiano al Novecento passando per il romanticismo di Mendelsshon, si è cimentato con i versi di Emily Dickinson e Giuseppe Ungaretti, nelle composizioni del suo stesso direttore. Comunque sia, il panorama corale si allarga, nell’associazione entrano nuovi soggetti e si amplia il repertorio. Il nuovo nome, Associazione Emiliano Romagnola Cori (AERCO) è la presa d’atto di questa nuova realtà. Scattolin elenca molte ragioni che lo attrassero verso un’associazione dove ancora non si trovavano cori come il suo Euridice: il radicamento sul territorio, la trasversalità, la solidarietà fra cori e direttori (il ‘soccorso corale’ di Giorgio Vaccchi). Ma l’aspetto che prevalse fu l’idea di formazione che permeava
già l’AERCIP: formazione a tutti i livelli, da quello base all’eccellenza e che è rimasto un tratto caratteristico dell’associazione regionale fino ad oggi. Un tratto che ha consentito non solo molte attività di formazione interna, ma anche una vasta collaborazione col mondo della scuola, testimoniato anche dalla presenza di Annalisa Spadolini, coordinatrice del Nucleo Operativo del Comitato Nazionale per l’apprendimento pratico della musica presso il Ministero dell’Istruzione: presenza significativa, che ha sottolineato il buono stato di salute della coralità nella scuola: 2.800 i cori scolastici, in una statistica redatta una decina d’anni fa, e circa i 40% delle attività musicali nelle scuole sono ad indirizzo corale. Sono dati preCovid, e si dovrà vedere come la pandemia avrà inciso, quando tutto riprenderà; e anche la diversa qualità delle singole esperienze richiede un continuo lavoro formativo: ma anche in questo si misura il valore del lavoro compiuto dall’associazionismo corale, dove l’AERCO esercito un ruolo importante e attivo. Un ruolo che si gioca guardando oltre i confini regionali, incanalando questo enorme lavoro a favore della coralità all’interno del movimento corale italiano. La presenza di Ettore Galvani, presidente di FENIARCO, e il suo intervento in apertura del convegno, sono serviti a sottolineare questo aspetto non secondario della vocazione di AERCO: il suo far parte di un movimento corale che riunisce tutte le regioni italiane in un’unica grande federazione.
Questa prima giornata - l’aveva premesso Elide Melchioni, che ha guidato il comitato organizzatore del convegno - è stata dedicata alla parte storica, rivivendo gli entusiasmi e gli ideali degli anni iniziali, ripercorrendo le tappe attraverso la voce dei testimoni, verificando come si è giunti all’AERCO di oggi attraverso il contributo di tante persone. Spetterà poi alla seconda analizzare la situazione odierna, le aperture a nuove realtà musicali e a nuove esperienze formative. La realtà della coralità è una continua evoluzione e oggi si pongono problemi diversi da quelli che furono affrontati dai fondatori. Andrea Angelini, nel trarre le conclusioni di questa prima giornata, delinea una coralità diversa da quella sociale di cinquant’anni fa: oggi cantare è più una scelta culturale, o più strettamente musicale. Cantare non è patrimonio comune di ogni individuo, ma frutto di un apprendimento, come avviene per lo strumento musicale. E anche la complessità del mondo in cui viviamo si riflette nella complessità della vita dei cori e della loro associazione. Lo sforzo dell’AERCO è stato rispondere adeguatamente a questa complessità, dotandosi di risorse adeguate e strutture solide, compreso uno staff professionale che possa intervenire laddove il volontariato non basta più, che di fronte a un’urgenza non debba rispondere ‘oggi non posso’ a causa di altri impegni, perché quello è il suo impegno di lavoro. Quello che emerge da questa prima giornata è un’AERCO che si muove in sintonia col proprio passato con un progetto per il proprio futuro. Agostino, nell’XI libro delle Confessioni, si interroga sul tempo: posto che il presente, semplice linea di separazione tra passato e futuro non ha dimensione e quindi non esiste, che il passato non c’è più e il futuro non c’è ancora, come può esistere, il tempo? E la risposta è che il tempo passato esiste nella nostra memoria, il futuro nei nostri desideri. Forte della sua memoria, animata dal desiderio di mille progetti, AERCO vive un presente carico di speranza e di promesse per il futuro.
… al Canto Rinnovato
DI SILVIA VACCHI
La seconda giornata di convegno di Dal Canto Ritrovato al Canto Rinnovato si è aperta alle 10 nello splendido spazio della Piazza Coperta di Sala Borsa, nel centro storico di Bologna. Dopo il breve saluto di Elide Melchioni ascoltiamo Gabriella Corsaro (vicepresidente AERCO) che nella sua relazione affronta con decisione e trasporto il fondamentale tema della motivazione del corista nella scelta del coro. La relatrice è certa di toccare un punto nevralgico per la coralità amatoriale, mai come ora alla ricerca di un ricambio generazionale tra i propri cantori. In questo 2021 ancora fortemente limitato dall’emergenza Covid l’attività corale si configura come il modo per far musica d’assieme più inclusivo e democratico al mondo, in netto contrasto con la competitività imperante e, quindi, anche solo per questo decisamente rivoluzionario. Tra i tanti fattori che possono influenzare la scelta di un coro piuttosto che un altro alcuni sono decisamente imponderabili come la “grinta” del direttore o la consapevolezza dei cantori rispetto ai contenuti del proprio repertorio. Con ardita sintesi la professoressa Corsaro riassume: si dice “cercasi coro” ma si dovrebbe dire “cercasi identità”. L’intervento del professor Luigi Giacomoni, presidente della commissione artistica dell’AERCO, si è invece svolto sul tema della programmazione e della redazione di progetti. Un argomento assai tecnico ma sempre più vitale per la gestione di un gruppo corale. A fronte delle tante possibilità di finanziamento messe a disposizione da AERCO diventa importante evitare una serie di errori, purtroppo assai diffusi, che possono influenzare negativamente la commissione giudicante anche in presenza di proposte interessanti. La raccomandazione è quella di evitare i toni generici descrivendo i propri progetti con precisione e tenendo realisticamente conto dei loro punti di forza sia a livello di contenuti che di modalità di realizzazione. Silvia Biasini, membro della commissione artistica, dopo aver storicamente inquadrato la figura del direttore di coro ci illustra le strategie recentemente messe in atto da AERCO nell’ambito della formazione. Tre sono stati gli strumenti principali con cui l’associazione ha offerto formazione ai propri membri: 1. i corsi per maestri di cori scolastici, 2. i corsi di alfabetizzazione, 3. AERCO Academy, diretta a maestri, cantori e presidenti di coro perché, oltre a offrire preparazione musicale a vari livelli, prevede anche corsi di management. Tutte le lezioni possono essere seguite sia in presenza che a distanza e sono concentrate nei fine settimana. L’argomento proposto dalla professoressa Maria Luce Monari, docente presso il conservatorio di Parma e direttrice del Coro Lirico San Rocco, è quello dei cori lirici. Dopo un breve excursus storico si presentano alcuni interessanti dati che fanno ben sperare per il futuro di queste formazioni: attualmente i cori lirici in regione sono ben trentadue. Per loro stessa natura questi gruppi tendono a realizzarsi completamente quando hanno modo di cantare il repertorio operistico in vere e proprie messe in scena. La professoressa sottolinea come il corista migliori le proprie capacità interpretative e mnemoniche proprio in virtù della maggior complessità che l’azione drammatica comporta. Richiama anche l’attenzione sui problemi che attualmente affliggono il teatro (a ben vedere, già ben prima dell’emergenza Covid). La crisi degli ultimi due anni ha messo in ginocchio i cori meno numerosi e le piccole produzioni: occorre solidarietà tra i cori. È poi la volta di Fabio Pecci, direttore del coro “Le allegre note” di Rimini e membro della Commissione Artistica dell’AERCO, il quale ricorda a tutti i presenti la necessità di promuovere con decisione la coralità infantile: senza di essa la musica corale non può avere un futuro, da qui nasceranno i coristi e il pubblico di domani. Riassume le principali iniziative messe in campo da AERCO per promuovere questo tipo di attività:
Corinfesta. Il concorso di composizione per cori di voci bianche è attivo dal 2017; Concorso città di Riccione. Questa manifestazione per cori di voci bianche era arrivata, prima del Covid, ad avere una media di 14 cori partecipanti. Rassegna di cori scolastici. Corso per maestri di cori scolastici. L’iniziativa, già citata da Silvia Biasini, ha avuto molto seguito e si è avvalsa di ospiti di gran nome come Basilio Astulez e Voicu Popescu. Il maestro Pecci ribadisce l’impatto disastroso che l’emergenza Covid ha avuto su tutta la coralità ma specialmente su quella scolastica e chiede che, a livello nazionale, si ridimensionino i protocolli di sicurezza e la “pericolosità” (a suo parere da verificare) del canto corale. La professoressa Elide Melchioni (membro della commissione artistica di AERCO e direttrice del coro Farthan), propone un interessante intervento sul repertorio popolare e sui vari modi per approcciarlo. Dopo un breve excursus sui concetti di “etnico”, “folk” e “popolare” la direttrice del coro Farthan spiega come sia più appropriato utilizzare l’espressione “musica tradizionale” in luogo della più imprecisa etichetta di “musica popolare”. Il meccanismo della trasmissione orale è, infatti, quello che caratterizza questo repertorio e che innesca l’apporto creativo da parte dell’interprete. La relatrice ha poi proposto al pubblico alcuni incisivi ascolti tratti da storiche campagne di ricerca etnomusicologica sottolineandone l’arcaicità, da un lato, e l’estrema modernità dall’altro. Da queste e da altre considerazioni nasce lo stile interpretativo del coro Farthan che si prefigge di rivitalizzare il canto tradizionale evidenziandone i tratti arcaici (amensuralità, assenza di temperamento) e liberandone le potenzialità timbriche e espressive grazie ad un costante lavoro di approfondimento dei testi e di immedesimazione. L’ultima relazione della mattinata è stata presentata da Massimo Orlandini, direttore del gruppo vocale Voxtone di Pavullo nel Frignano. Il percorso da lui delineato è partito da una lucida osservazione del repertorio vocal pop, dei motivi del suo successo
ma anche dei suoi limiti. Ecco allora emergere nelle parole del relatore le motivazioni che hanno portato all’attuale repertorio del gruppo in nome di una ricerca dell’originalità orgogliosamente rivendicata. Alcuni ascolti dal repertorio dei Voxtone hanno chiarito le loro recenti scelte musicali. Il loro comune denominatore è la tradizione orale la cui autenticità permette di riunire in uno stesso programma da concerto suggestive elaborazioni a cappella di ninne nanne dell’appennino modenese e antiche ballate irlandesi. I lavori del convegno si sono conclusi con il saluto del Presidente Angelini che, dopo aver ricordato l’importanza dei principali valori di etica corale che animano l’AERCO, si è rallegrato della varietà e qualità delle relazioni ascoltate ritenendole un sintomo di buona salute della coralità emiliano romagnola. Nel pomeriggio, presso la Basilica di San Martino, ho anche avuto il piacere di assistere al concerto Il Canto Rinnovato, evento conclusivo della due giorni dedicata ai cinquant’anni dell’AERCO. Abbiamo visto in azione alcuni dei relatori ascoltati in mattinata con le loro formazioni corali come le voci bianche Le Allegre Note di Riccione (dirette da Fabio Pecci e accompagnate da Ilaria Cavalca al pianoforte) che hanno aperto il concerto con una selezione di brani
Puccio Pucci
tratti dalla pubblicazione di Giacomo Monica Canti dall’Appennino parmense. Sulla polifonia del ‘500 era invece incentrato il programma proposto dal Coro della Cappella Musicale San Francesco da Paola diretto da Silvia Perucchetti che ha eseguito anche musiche inedite di autori reggiani, frutto di ricerche effettuate dalla stessa direttrice. Il loro programma si è concluso con un applauditissimo Sicut cervus di G.P. Da Palestrina. Si sono poi succeduti in scena i Voxtone, diretti da Massimo Orlandini, che hanno proposto tre rarefatte ed eleganti elaborazioni di canti tradizionali del Frignano tratte dallo storico repertorio dei Viulàn seguite da tre grandi classici della musica tradizionale irlandese. La chiusura è poi toccata al Coro Farthan diretto da Elide Melchioni. Le elaborazioni di melodie tradizionali, firmate dalla stessa direttrice, sono state proposte nell’inconfondibile stile incisivo e teatrale a cui la formazione di Marzabotto ci ha piacevolmente abituato negli ultimi anni. A conclusione della giornata la tentazione di scivolare nella retorica della “ripartenza corale” è forte ma cerco di mantenere un po’ di lucidità. È stato veramente bello vedere tante formazioni corali tornare a cantare in pubblico a un buon livello nonostante ciò che è successo nell’ultimo anno e mezzo ed è stato interessante vedere come il trait d’union proposto dall’associazione (Dal Canto Ritrovato al Canto Rinnovato) è stato interpretato con disinvoltura e pertinenza. Spero davvero che occasioni di concerto importanti come quelle proposte da AERCO tornino ad essere non più l’eccezione ma la regola: i cori hanno bisogno di cantare in pubblico.