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Dossier
from FARCORO 3-2021
by FARCORO
La musica è già cambiata (dove il diritto arranca)
Ricognizione sui cori multietnici in Italia
DI LUCIANA MANCA
A CLAUDIA GRIMAZ
Plurilinguismo, varietà timbriche, ritmiche e modali: il desiderio di incontrarsi fra persone di Paesi diversi diviene pretesto per creare, collettivamente, musica nuova. Così i cori multietnici amatoriali arricchiscono il panorama artistico di una parte d’Italia, con la direzione di maestri e maestre che hanno messo le proprie competenze musicali al servizio dell’idea di una società più giusta e accogliente. Si è trattato di laboratori di canto, sorti nell’ambito di associazioni culturali o dall’impegno di singole persone che, esasperate dal clima d’intolleranza diffusa, hanno cercato di dimostrare, con la collaborazione di professionisti della musica, che si può stare insieme diversamente, in modo creativo e non giudicante. Nati dal volontariato, dall’autotassazione di alcuni membri o da finanziamenti destinati ai centri di accoglienza, i cori hanno quasi sempre resistito e persino durante i lockdowns per il Covid 19 hanno rappresentato un conforto per i coristi e le coriste. Il presente lavoro è un tentativo di censire le esperienze musicali che, sul territorio italiano, possono essere considerate “cori multietnici”, preferendo questa espressione emica, a quella di cori “interculturali” o “transnazionali”, perché riprende appunto il modo in cui la maggior parte dei cori si autodefinisce nelle pagine web e nelle interviste da me condotte1. La mappatura è, allo stato attuale, in continua trasformazione, perché la ricerca
1. Sulla scelta terminologica cfr. L. Manca, Più semo e mejo stamo. Antidoto al razzismo: i cori multietnici a scuola, in Nuova Secondaria, Mensile di cultura, ricerca pedagogica e orientamenti didattici, Settembre 2021, p. 29, Edizioni Studium Srl, Roma. 2. Cfr. dati raccolti dal Progetto Open Migration, in cui si rileva che la presenza straniera nelle carceri italiane arrivava nel 2013 al 35,3 %:
è attualmente in corso. Si tratta dunque di un work in progress, più che di un elenco esaustivo. La caratteristica che accomuna tutti questi cori è la presenza, più o meno rilevante, di migranti. Sono infatti gruppi musicali nati con il preciso intento di accogliere e includere i “nuovi cittadini”. Esiste però una tipologia diversa di cori multietnici, in cui le tante provenienze geografiche dei membri, sono semplicemente lo specchio del territorio di appartenenza: è il caso di alcuni cori di voci bianche, nel contesto di scuole ad alto flusso migratorio oppure dei cori nelle carceri, che in Italia sono popolate – purtroppo - da un gran numero di detenuti stranieri2. In generale i cori multietnici concentrati prevalentemente nelle regioni dell’Italia settentrionale e a Roma, mentre ne esiste uno di donne a Bari e si ha notizia di brevi laboratori corali non più attivi a Lecce, Palermo e Cagliari. Questa distribuzione sul territorio nazionale riflette quella dei cori in generale, infatti nel Nord Italia, essi sono molto più diffusi; si pensi, ad esempio, all’antica e capillare tradizione dei cori degli Alpini. Inoltre il Nord ha accolto un numero superiore di immigrati rispetto al sud3, attratti dalle maggiori infrastrutture e opportunità lavorative in campo sia agricolo che industriale4. Un elemento comune soprattutto ai cori di vecchia data è la progressiva riduzione della presenza di immigrati. In
https://openmigration.org/idee/tutti-i-numeri-sugli-stranieri-in-carcerein-europa-e-in-italia/ 3. Cfr. Centro Studi e Ricerche IDOS, Dossier Statistico Immigrazione 2020, Roma, p.18. 4. Cfr. ISTAT sulle imprese, pagg. 511-512 al link https://www.istat.it/it/ files/2019/12/C14.pdf
Coro Romolo Balzani (Roma)
molti casi, infatti, a fronte di una maggioranza di “vecchi cittadini”, sono rimaste poche persone di altra nazionalità. Ciò avviene in quanto i migranti tendono facilmente a cambiare città, per trovare condizioni di vita migliori; non solo, i loro impegni lavorativi sono preponderanti, poiché spesso sostentano economicamente la propria famiglia nel Paese d’origine, dunque non sempre hanno il tempo di socializzare o dedicarsi ad attività ricreative, quali il coro. Allo stesso tempo, però, questa stretta connessione economica fra il proprio Paese e l’Italia, fra “qui” e “lì”, viene valorizzata a livello culturale nei cori multietnici, che permettono di diffondere la conoscenza delle musiche del mondo nel luogo di arrivo. La motivazione a partecipare a queste esperienze collettive può pertanto essere molto forte, poiché il senso di gruppo che il coro crea, diviene compensazione rispetto alla crisi di identità che l’esperienza migratoria porta con sé. Il canto diventa aggregazione e appartenenza, come afferma Maria Finica, signora moldava che frequenta il coro Voci dal Mondo, di Mestre:
Io veramente quando ho iniziato il coro, […] ho visto una performance, loro per strada, un concerto e […] il lunedì dopo sono venuta anch’io, mi è piaciuto. […] Mi è piaciuto cantare, ma di più volevo integrarmi in questo mondo, perché io sono da vent’anni qua, lavorando solo in casa con le persone anziane, non è che ho trovato subito questa accoglienza bella di gente, anzi, ho trovato tanta cattiveria anche5 .
Prime esperienze: cori di voci bianche
I primi cori multietnici nascono in Italia nel 2000 e sono due cori di bambini: il Coro multietnico Voci Bianche di Padova e Se…sta Voce di Roma. La scuola è chiaramente il luogo in cui, con la massima urgenza, i bambini e le bambine di diversi Paesi sentono il bisogno di condivisione e scambio. Le classi multietniche ponevano all’epoca, e pongono ancora oggi, questioni a cui il corpo docente cerca di rispondere, trovando nella musica uno strumento “utile e dilettevole”. Il coro svolge diverse funzioni: permette di sviluppare abilità sociali e di ascolto, facilita l’insegnamento dell’italiano L2 ed è un’attività estremamente piacevole. Il progetto di Padova nasceva da un’idea di WFWP Italia - Federazione delle Donne per la Pace nel Mondo e come scrive la fondatrice Flora Grassivaro, la finalità del coro è di “promuovere la pace, l’integrazione e la conoscenza tra le varie nazionalità presenti a Padova; infatti è gratuito e […] ha l’intento di educare i bimbi non solo alla musica ma soprattutto al rispetto dell’altro e alla solidarietà.” Anche a Roma, nel variegato quartiere di Centocelle, la proposta del maestro Attilio Di Sanza è stata lungimirante e ha dato il via ad un secondo coro, composto da ex cantanti di Se..sta Voce che, nel 2010, hanno scelto di continuare a incontrarsi, oltre la quinta elementare, chiamandosi appunto Quinta Aumentata, giocando sul nome dell’intervallo musicale. Pochi anni prima, nel medesimo contesto scolastico, era stato fondato anche il coro di adulti Romolo Balzani, diretto da Sara Modigliani, la quale dopo aver
collaborato con il coro dei piccoli, insegnando loro canti di emigrazione come “Cento giorni di nave a vapore” o “Mamma mia dammi cento lire”, era stata invitata a ripetere l’esperimento con gli adulti e in particolare con i maestri e le maestre. In seguito sono subentrate due nuove direttrici del coro, Suhmita Sultana, cantante bengalese laureata all’Università di Tagore e Roxana Ene, cantante di origini rumene che aveva scoperto la passione del canto da bambina nel coro Se..sta Voce. L’esperienza di Roxana Ene è un esempio emblematico del successo educativo di un coro multietnico, infatti lei è attualmente cantante professionista e meravigliosa interprete di musica tradizionale romana, una “Rumena romana”.6 Ancora a Roma, nello stesso quartiere, è nato nel 2016, un altro coro scolastico, Voci d’oro, che non aveva l’intento specifico di favorire l’inclusione, tuttavia è a tutti gli effetti un coro multietnico perché rispecchia la popolazione di una scuola ricca di migranti. La maestra Paula Gallardo, specializzata in didattica della musica in Argentina, ha dunque sfruttato la molteplicità culturale di alunni e alunne, per ampliare il repertorio
6. Cfr. Florina Lepadatu, Alessandro Portelli, Lavinia Stan (a c. di), Rumeni Romani, musiche rumene a Roma e nel Lazio, booklet con CD, Nota, Udine, 2018. Coro Elikya
con brani internazionali, canti di lavoro, brani didattici etc. Due cori di voci bianche più recenti sono Stelle che cantano di Bolzano, nato nel 2013 e Mille Note di Trento nel 2017, diretti entrambi dalla maestra Victoria Burneo Sanches, di origini ecuadoregne. I cori hanno partecipato a diverse attività di beneficenza ed eventi sull’inclusione sociale, cantando anche per la raccolta di fondi da destinare alle vittime del terremoto del 2017, in Perù. Inoltre si sono esibiti in Piazza San Pietro, a Roma, insieme a un coro di Shangai, composto da 38 ragazzi e ragazze cinesi affetti da autismo, nell’ambito di un significativo progetto di musicoterapia, portato avanti dal maestro Cao Peng.
Cori misti
Il più antico, fra i cori misti è Mikrokosmos – Coro Multietnico di Bologna, nato nel 2004, sul quale si trova un approfondimento nel seguito del presente articolo. Il successivo coro misto in ordine cronologico è il Coro Mediolanum, fondato a Milano nel 2005, dal maestro Carlos Verduga Rivera, originario dell’Ecuador. Il coro è affiancato da cantanti professionisti con cui viene eseguito un repertorio sacro e profano che accentua oltre alla mescolanza fra diverse culture, quella fra musica
scritta e musiche di tradizione orale internazionali. Al coro e alle voci liriche soliste si affianca l’accompagnamento di ensembles di strumenti tradizionali quali il charango, l’arpa paraguaiana, il bombo argentino; si va dunque da brani d’opera a canti tradizionali dell’America Latina e del mondo, Villancicos7, canti natalizi e musica sacra. Dopo qualche anno, nel 2008, viene fondato il coro Voci dal Mondo, a partire da un’iniziativa del comune di Venezia, per valorizzare la zona di Via Piave a Mestre, che aveva iniziato a popolarsi di stranieri, destando malumori fra la gente del luogo. Si formò dunque il Gruppo di Lavoro Piave che in assemblee pubbliche affrontava il tema del benessere della cittadinanza, così, fra le loro iniziative si pensò proprio ad un coro multietnico. Fu contattata la maestra Giuseppina Casarin, mentre gli Operatori di strada, cioè educatori assunti dal Comune, raccoglievano adesioni per il coro nella zona di Via Piave. Inizialmente furono coinvolte soprattutto alcune signore moldave, venute in Italia per lavorare come badanti. L’origine di questo coro ne ha caratterizzato tutta la storia, poiché dall’epoca ad oggi è divenuto una componente fondante nell’ambito delle politiche territoriali, partecipando ai tavoli della ASL, lavorando nell’accoglienza di persone che arrivano attraverso i corridoi umanitari8 della Caritas ecc. Oggi Voci dal Mondo è composto da circa settanta membri di tutte le provenienze e di tutte le età e i suoi concerti sono sempre molto vivaci e il pubblico partecipa ballando con gioia, grazie al coinvolgimento che nasce dal gran numero di coristi e musicisti sul palco.
Torniamo a Milano, dove nel 2011 viene fondato il Coro Elikya, che in lingala, lingua del Congo, significa “speranza” ed è diretto, appunto, da un maestro di origini congolesi, Raymond Bahati. Il repertorio scelto comprende canti cristiani internazionali e insieme al Coro Mediolanum, l’altro coro milanese, sono gli unici – allo stato attuale della ricerca - ad interpretare anche canti religiosi. Il gruppo è molto ampio, arriva a più di cinquanta elementi di diverse parti del mondo e diverse religioni. Il nucleo base ebbe origine nel COE (Associazione Centro Orientamento Educativo) dove già dagli anni ’90 venivano organizzati alcuni incontri estivi fra giovani catechisti internazionali che studiavano nelle università pontificie; in quelle occasioni nacque un nuovo modo di vivere la
7. Composizioni monodiche diffuse in Spagna e Portogallo alla fine del XV secolo.
8. Modelli di accoglienza che supportano l’arrivo legale di un certo numero di migranti vulnerabili. liturgia comunitaria, attraverso la musica dei vari popoli. Il Coro Elikya è una realtà aggregativa a tutto tondo, infatti i membri del coro viaggiano spesso tutti insieme e condividono esperienze ricreative.
Il Coro Consonanze di Casalecchio di Reno (BO) nasce nel 2012 e si focalizza sulla comparazione fra canti del Mediterraneo, in particolare delle due sponde del Mar Adriatico. Il maestro Maurizio Mancini, attraverso un lavoro di ricerca e arrangiamento, propone a coristi e coriste canti tradizionali con una particolare attenzione alle minoranze linguistiche slave, arbëreshë e del Sud Est del Mediterraneo. Le caratteristiche esecutive, i modi e gli stili delle culture di tradizione orale emergono nella trascrizione delle partiture, mentre, allo stesso tempo, attraverso il training vocale, vengono valorizzate le diverse espressioni timbriche. In molti casi sono gli stessi coristi stranieri che ne arricchiscono il repertorio con i canti dei loro Paesi d’origine.
Il Coro Moro è nato in provincia di Torino, nelle Valli di Lanzo nel 2014 ed è l’unico ad essersi dedicato ad un repertorio specifico, cioè i canti della tradizione orale piemontese, con accompagnamento di strumenti africani, quali il talking drum dei Griot maliani. Il coro è composto da richiedenti asilo e persone del luogo, nato dopo l’arrivo di alcuni ragazzi presso un CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria), nel piccolo paesino di Ceres, abitato da circa 1000 anime. Come nel caso del quartiere di via Piave a Mestre, anche qui l’arrivo di questi giovani migranti dall’Africa Occidentale aveva destato sgomento nella popolazione, così Luca Baraldo e Laura Castelli hanno iniziato a frequentarli e hanno fondato il coro, con l’intento di far sfociare quest’esperienza in attività lavorativa per i migranti. L’obiettivo iniziale è stato in parte raggiunto, poiché il coro si è esibito in numerosi concerti retribuiti.
Nel 2016 nasce in Toscana quello che, ad oggi, è l’unico coro multietnico attivo nella regione. Si tratta del Coro ConFusion, sorto grazie ad alcuni finanziamenti di uno SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) che, come avviene – purtroppo - solitamente, aveva sede in una zona periferica attorno a un centro cittadino, la zona montana del Mugello, nei pressi di Firenze. Negli ultimi anni, in seguito al Covid 19 e alla riduzione dei fondi destinati ai centri di accoglienza, con il Decreto Salvini, la partecipazione dei migranti è diminuita. Il Coro ConFusion ha una spiccata vena contemporanea, l’intento della maestra Benedetta Manfriani è di fondere non soltanto le diverse culture, ma anche la musica folk
con quella eurocolta. Tutti i cori più “giovani” hanno risentito negativamente dell’esperienza pandemica, poiché erano stati creati poco prima del lockdown di marzo 2020, quindi hanno dovuto rimboccarsi le maniche per mantenere solido un legame appena nato, soprattutto attraverso lezioni online ed incontri virtuali. Il Coro Multispilla di Spilamberto (MO) e il Coro Canto Sconfinato di Pordenone, nascono rispettivamente nel 2017 e 2018, da un sentimento comune dei fondatori: il desiderio di contrastare il livello allarmante di xenofobia raggiunto in quel periodo, nelle loro città. Nicoletta Giugni del Coro Multispilla racconta di come, nel suo lavoro di impiegata presso un ufficio pubblico, fosse esasperata dal clima di razzismo, cosicché decise di chiedere alla futura direttrice del coro, Federica Sala, di mettere su un progetto di musica inclusiva, come forma di reazione all’odio. Allo stesso modo Carlo Mayer del Coro Canto Sconfinato, in seguito ad alcuni tafferugli durante l’apertura di una strutturadormitorio per rifugiati e richiedenti asilo, a Pordenone, sperimentò l’inutilità del dialogo su certi temi e con certi interlocutori. Provò dunque ad immaginare messaggi alternativi più efficaci delle parole, riversando le proprie speranze nella musica! Il coro, inizialmente fu diretto da Giuseppina Casarin che ha “esportato” la virtuosa idea da Mestre a Pordenone, mentre l’attuale maestra è Laura Scomparcini. Quest’esperienza giunge a coronamento di un impegno politico trentennale al fianco dei migranti nell’Associazione Immigrati Pordenone, che ha anche collaborato con le chiese pentecostali della zona. Due giovani e attivissime realtà emiliane, nate nel 2019 sono il Coro multietnico di Periferia di Bologna e il Coro Interculturale Reggio Emilia APS. Il primo è nato con il contributo del Quartiere Navile, è di natura intergenerazionale e la direttrice Maria Grazia Vincitorio, oltre a costruire un repertorio composto da brani tradizionali scelti dai coristi, cerca anche di condurre la composizione “collegiale” di brani propri. Il coro è stato costretto a incontrarsi virtualmente sulla piattaforma Zoom, essendosi costituito proprio nell’anno della pandemia e così alcune canzoni sono nate durante le prove virtuali. Dopo aver scritto collettivamente un testo in italiano, è stato tradotto in diverse lingue e ognuno si è poi sforzato di imparare a cantare una strofa in una lingua diversa dalla propria. Il Coro Interculturale Reggio Emilia APS, invece, è nato da un’idea di Alberto Simonazzi, corista gospel e volontario per l’insegnamento dell’italiano L2 in un centro di accoglienza. L’idea è fin da subito stata accolta con entusiasmo, ricevendo tante adesioni, ma si è dovuta interrompere l’attività per il Covid e ora il progetto sta ripartendo con un nuovo direttore. Secondo lo statuto dell’associazione da cui prende vita, il coro di Reggio Emilia vuole accogliere persone migranti e con disabilità. La voglia di cantare è tanta e anche quella di mettersi in rete con gli altri cori, infatti il suo fondatore ha creato una rubrica sulla pagina facebook in cui ogni settimana, viene presentato uno dei cori multietnici emersi dalla presente ricognizione in corso. Un’altra interessante iniziativa è stata quella di Carlo Mayer di Canto Sconfinato che ha creato una mappa su google maps, con le posizioni di tutti i cori, di modo che le persone immigrate che si spostano, possano facilmente trovare nuovi contesti in cui cantare9 .
Cori di donne
Il primo coro multietnico per donne, La Tela, fu fondato a Udine, nel 2006, quando giunsero dall’Est Europa moltissime donne che furono accolte da alcune mediatrici di comunità e dalle Donne in nero, un movimento pacifista e internazionale, sorto a Gerusalemme nel 1988, contro l’occupazione israeliana. Da questa esperienza nacque così l’associazione femminile e interculturale La Tela, che proponeva attività artigianali e artistiche da svolgere insieme alle donne straniere: disegno, danza, teatro e coro. Erano previsti una decina di incontri di laboratorio corale che via via crebbero, raccogliendo l’entusiasmo delle partecipanti. Alla maestra del coro La Tela è stato dedicato questo articolo, Claudia Grimaz, prematuramente scomparsa alcune settimane fa. La presidente dell’associazione Maria Rosa Loffreda la ricorda così:
Il sogno di Claudia era quello di poter avere un repertorio che venisse dalle coriste straniere che attraverso i loro ricordi potessero trasmettere a tutte noi e a chi ci ascolta un messaggio di condivisione. […] Il coro anche senza la sua maestra, ma proprio per onorarla e non disperdere il suo insegnamento, continua a cantare.
Due anni dopo, nel 2008, è stato fondato presso la Casa delle donne di Modena, Le Chemin des Femmes, un coro transfemminista, a partire da un laboratorio vocale della maestra Meike Clarelli. Il progetto ha messo al centro
la relazione fra le coriste, fondendo tradizione e sperimentazione vocale. Oggi, dopo tredici anni di attività, la maestra sente che “l’etichetta di donne migranti inizia a stare sempre più stretta”.10 Più che coro “multietnico”, lo definisce “multidimensionale”, allo stesso modo in cui Giuseppina Casarin, a proposito del coetaneo Voci dal Mondo citato prima, parlava di come esso fosse divenuto una grande comunità, un coro “multi… qualcos’altro”. 11 Entrambe le direttrici p o n g o n o l’attenzione sui futuri sviluppi dei cori multietnici, che si evolveranno, perché la dimensione transnazionale non dovrà più essere ribadita e si spera che scompaiano anche tutte le complicazioni legate ai permessi di soggiorno, contratti di lavoro, cittadinanza etc.
Anche il Coro Mosaico di Monteveglio (BO), nasce nel 2008 grazie ad un’iniziativa della Commissione Pari Opportunità, per creare un luogo di incontro e di scambio di molteplici tradizioni culturali e musicali. È composto da sole donne di diverse provenienze, soprattutto Est Europa e Nord Africa ed è diretto dal maestro Marco Cavazza. Il coro pone particolare attenzione alla ricerca timbrica delle diverse tradizioni vocali, senza eccedere con le armonizzazioni per preservarne l’essenza. Collabora con gli altri cori femminili del territorio, organizzando ogni 25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne, un evento che prevede concerti e workshops musicali.
10. http://collettivoamigdala.com/le-chemin-des-femmes/ 11. Intervista condotta da Luciana Manca a Giuseppina Casarin - Venezia, 18.7.2021. Nel 2010 nasce a Roma, e sempre nella zona di Centocelle, il CoroIncanto, diretto dalla già citata Paula Gallardo: si tratta di un esperimento sociale incentrato sul dono dei canti da parte delle varie coriste o di persone esterne, che magari hanno assistito ai loro concerti e hanno voluto regalare un pezzo della loro musica. La direttrice insegna gli arrangiamenti attraverso un metodo pedagogico che integra Orff, Kodaly e Dalcroze e a breve sarà pubblicato un libro, in cui saranno presentate le canzoni del coro con trascrizioni e schede conoscitive e didattiche. Il libro è scritto con la collaborazione di alcune coriste e avrà l’obiettivo di diffondere la buona prassi replicabile del coro multietnico anche nelle scuole.
Coro ConFusion
Mamme del mondo, nato nel 2018 a Bari, è il più recente progetto di coro femminile ed è anche collocato più a sud degli altri. Il nome era originariamente legato ad un evento che si svolge a Bari da sei anni ed è caratterizzato da una sfilata di costumi tipici di ogni paese, cuciti dalle mamme che sfilano con i loro bambini e bambine. Il coro è nato dall’incontro fra alcune donne provenienti da diversi Paesi e impiegate prevalentemente come badanti. Hanno dunque affrontato diverse difficoltà nella gestione del tempo, dovendo coniugare un lavoro così impegnativo con le prove del coro. Il nucleo originario è nato da Maria Grancharova, bulgara, anche lei badante e maestra di coro. Pian piano il repertorio si è arricchito di brani filippini, georgiani etc, cantati anche da figli e figlie delle coriste.
Cori “non progettualmente” multietnici
Molto interessanti risultano i cori multietnici “non per scelta”, cioè quelli che, come nel caso del suddetto coro Voci d’oro di Centocelle a Roma, rispecchiano la popolazione del territorio cui appartengono. Un esempio simile è il coro non più attivo dell’Istituto Sorelle Agazzi, nel quartiere periferico Comasina di Milano, nato nell’ambito di un progetto dal titolo “La Scala fa scuola, un coro in città”. La maestra Isabella Inzaghi aveva effettuato delle audizioni per creare un coro di voci bianche e scegliendo i ragazzi più intonati, aveva casualmente selezionato molti bambini di seconda generazione. Così come le scuole ad alto flusso migratorio, anche le carceri sono luoghi - purtroppo - abitati da una grande percentuale di persone straniere. Il primo coro in carcere, il King Bible Choir di “Rebibbia” a Roma, è stato fondato da Giuseppe Puopolo nel 2003, non è più attivo dal 2016 e si è esibito in numerosi contesti con un repertorio che privilegiava opere classiche e alcuni brani di musica leggera.
Si aggiungono al precedente il Coro Papageno di Bologna, fondato nel 2011, e il Coro Canto Libero della casa di reclusione “Due Palazzi” di Padova, nato nel 2013, diretto da Giulia Prete e incentrato su un repertorio di polifonie di tradizione orale.
Nel 2016 nasce il Coro della Nave di San Vittore a Milano, diretto da Paolo Foschini, con sede nella “Nave”, un reparto di San Vittore dedicato alla cura dei detenuti con problemi di tossicodipendenze. L’attività in questo caso va a completare il piano terapeutico nel processo di
Oltre ad alcuni cori non più attivi12 esistono alcune esperienze corali che non vedono la presenza di migranti al loro interno, ma che cantano un repertorio internazionale
12. Fra i cori non più attivi ricordiamo innanzitutto il suddetto primo coro in carcere, il King Bible Choir di “Rebibbia” e altri tre cori nelle carceri: il Coro Musica Dentro di “Regina Coeli” diretto da Silvia Riccio, e due cori nella provincia di Cagliari, il Coro Buon Cammino della sezione maschile dell’omonima Casa Circondariale, diretto da Gigi Oliva e il “Coro ‘e Uta” della sezione femminile del carcere “Ettore Scalas” diretto da Elena Ledda
e Simonetta Soro. Seguono Al Frisoun, fondato intorno a una scuola per stranieri del Centro Intercultura del Comune di Nonatola (MO), con la direzione di Fabio Bonvicini; Libere Voci dal Mondo, nato a Londa (FI) nel 2017, diretto da Edoardo Materassi, sorto come risposta all’isolamento dei ragazzi di uno SPRAR e infine, il Piccolo Coro di Piazza Vittorio di Roma, del maestro Giuseppe Puopolo, coro per bambini nato in una scuola, situata nei pressi della Piazza che ha dato il nome alla prima orchestra multietnica italiana. Sarebbe utile anche poter censire tutte le esperienze in cui la musica è divenuta elemento di inclusione sociale nelle scuole e nei centri
d’accoglienza, ma si tratta di situazioni che nascono spontaneamente, senza una progettualità che le renda visibili o consultabili, in seguito, online. Un caso interessante di questa tipologia è quello dei laboratori musicali del musicista ed educatore Angelo Fusacchia nello SPRAR di Rieti. e hanno collaborato con alcuni centri di accoglienza, si tratta del Coro Farthan di Marzabotto (BO) ed il Baobab Music Ensemble di Roma, entrambi nati nel 2011.
Conclusioni
Rispetto alla world music, intesa come scelta discografica di accostare musiche del mondo, anche avulse dal loro contesto, la musica dei cori multietnici sembra rappresentare quasi l’opposto. È un’esperienza di fusion, distante da qualsiasi logica di mercato, nata direttamente dall’impegno sociale di chi ha fondato i cori e dalle relazioni fra coristi e coriste. Relazioni che fluiscono veloci e ci danno l’immagine immediata di un mondo che cambia, mentre la musica ne segue il passo, molto più “a ritmo”, in fatto di migrazioni e diritti civili in genere, rispetto alla lenta e stantia legislazione italiana.
Linkografia essenziale sui cori, nell’ordine in cui sono citati nell’articolo
Cori per bambini
Coro Multietnico Voci Bianche di Padova https://www.youtube.com/watch?v=Vlyl4zXqVKM&ab_channel=pidro1965 Coro Se…sta Voce (Roma) https://www.youtube.com/watch?v=b-RoAQinYSM&t=92s&ab_channel=CircoloGianniBosio Coro Quinta Aumentata (Roma) https://www.youtube.com/watch?v=TzbHTAeDArc&ab_channel=%40cmiruna Voci d’oro (Roma) https://www.youtube.com/watch?v=SXEyG3UwsGI&ab_channel=paulagallardo Stelle che cantano (Bolzano) (dal minuto 1:33) https://www.youtube.com/watch?v=EQOPWXz9RzY&ab_channel=VICTORIABURNEO Coro Mille note (Trento) https://www.youtube.com/watch?v=4J5mymk4woc
Coro Mikrokosmos (Bologna) https://www.youtube.com/watch?v=S4sn_6g3fFM&ab_channel=MicheleNapolitanoMicNap Coro Mediolanum (Milano) https://www.youtube.com/watch?v=o3HWnQg5yZ4&t=1105s&ab_channel=MilanoMultietnica Voci dal Mondo (Venezia) https://www.youtube.com/watch?v=NlcCdZn3DVo&ab_channel=TEDxTalks Coro Romolo Balzani (Roma) https://www.youtube.com/watch?v=UU6svc15cNg&ab_channel=bmpnc2011 Coro Elikya (Milano) https://www.youtube.com/watch?v=UKvIN-wgDYo&t=3963s&ab_channel=ComuneVimercate Coro Consonanze (Casalecchio di Reno – BO) https://www.youtube.com/watch?v=ZHl0Zfo0jVw&ab_channel=ConsonanzeAssociazione Coro Moro (Ceres – TO) https://www.youtube.com/watch?v=iGx7Jdv8K9g&ab_channel=lucabaraldo CoroConfusion (Firenze) https://www.youtube.com/watch?v=KKI9pL6CI1U&t=54s&ab_channel=MurateArtDistrict Canto Sconfinato (Pordenone) https://www.youtube.com/watch?v=WyLT8kKwqIs&ab_channel=CantoSconfinato Coro Multispilla (Spilamberto – MO) https://www.facebook.com/1918616488414500/videos/946339919487505 Coro Multietnico di Periferia (Bologna) https://www.youtube.com/watch?v=IgzNv454bsc&ab_channel=CanaleJamSession
Cori di Donne
La Tela (Udine) https://www.youtube.com/watch?v=YG1KHmSA4sU&ab_channel=AssociazioneCulturaleAltoliventina Les Chemin des Femmes (Modena) https://www.youtube.com/watch?v=xSTOrNbSgws&ab_channel=lechemindesfemmes CoroIncanto (Roma) https://www.youtube.com/watch?v=VFpzJ6yMm70&ab_channel=paulagallardo
Cori in carcere
King Bible Choir (Roma) https://www.youtube.com/watch?v=w0f-A_Rxc5I&ab_channel=giuseppepuopolo Coro Papageno (Bologna) https://www.youtube.com/watch?v=ULUgUQ80bhc&t=75s&ab_channel=Mozart14APS Coro Canto Libero (Padova) https://www.youtube.com/watch?v=u1ScW-1QvsM&t=84s&ab_channel=StefanoFerro Coro della Nave (Milano) https://www.youtube.com/watch?v=xeW59cDdqN8&ab_channel=AmiciDellaNave
Cori che hanno collaborato con SPRAR
Coro Farthan (Marzabotto – BO) https://www.youtube.com/watch?v=twF5a_vDfrc&ab_channel=CoroFarthan Baobab Music Ensemble (Roma) https://www.youtube.com/watch?v=gI4prUdbEZ4&ab_channel=ArtigianiDigitaliComunicazioneSensibile
DI MICHELE NAPOLITANO
L’esperienza del Coro Papageno
Nato da un’idea del grande direttore d’orchestra Claudio Abbado e portato avanti dalla figlia Alessandra tramite l’Associazione Mozart14 APS, il Coro Papageno inizia la sua storia precisamente il 17 ottobre del 2011, quando entrammo nella Casa Circondariale di Bologna per la nostra prima prova. I detenuti ci guardavano incuriositi, chi con occhi divertiti e chi con occhi scettici o addirittura increduli. Era il nostro primo incontro di quello che sarebbe diventato un percorso musicale, culturale umano straordinario. Come si può facilmente immaginare, fare coro in carcere è assai complicato, e ciò è stato possibile solo grazie a un grande lavoro organizzativo da parte della Associazione Mozart14, in sinergia con le diverse anime della Casa Circondariale: l’Amministrazione Penitenziaria e gli agenti di Polizia, da un lato; l’Area Pedagogica e la Scuola, dall’altro. Una collaborazione che potremmo definire, anche questa, di tipo corale. Tutti convinti che la cultura in generale e, nel nostro caso specifico, il fare musica assieme, deve essere un bene a disposizione di tutti e, forse, più che mai di chi è ai margini, per così dire, della società. È stato questo il pensiero che animava il Maestro Abbado quando ebbe l’idea di costituire un coro all’interno del Carcere di Bologna. Ed è con questo spirito, unito alla consapevolezza e alla responsabilità di quanto potesse essere preziosa una attività corale rivolta a detenuti, che ho cercato, assieme alle tante persone che hanno creduto nel progetto, di portare avanti questo sogno, divenuto presto una realtà concreta e di vero supporto psicologico per i detenuti, anche con l’intento di voler contribuire a restituire un maggiore senso di dignità a chi si trova in condizioni di detenzione.
Fino a marzo del 2020, attualmente sono sospese a causa della pandemia, il progetto era così strutturato: una prova settimanale, il lunedì, di circa un’ora e mezza con le sole voci maschili, nella prima parte della mattinata, e con le sole voci femminili, nella seconda parte. Dal punto di vista musicale e didattico, assieme a me, fanno inoltre parte del team artistico anche Stefania Martin, cantante e vocalist, nonché docente di Canto Moderno al Conservatorio di Bergamo, e Claudio Napolitano, pianista freelance di formazione jazzistica, che accompagna anche il coro alle prove e ai concerti. Il loro lavoro garantisce un secondo momento di apprendimento per i coristi, nonché una attenzione più specifica alla tecnica vocale, alla teoria musicale, al ripasso delle singole parti, e a problemi musicali particolari o di posture scorrette individuali. A questi due momenti si aggiunge, una volta al mese (il sabato mattina), la presenza di circa 25 coristi volontari esterni, che cantano in alcuni dei cori che dirigo in città. Questo terzo appuntamento è didatticamente molto importante, perché significa poter contare su coristi di maggiore esperienza, che assumono il ruolo di vere e proprie “guide” all’interno delle varie sezioni vocali in cui cantano (soprani, contralti, tenori e bassi), favorendo così un più rapido processo di apprendimento dei brani e del repertorio in genere, e facendo scoprire ai coristi detenuti come suonano i brani nella loro interezza, poiché, nelle prove del lunedì, li possono ascoltare al massimo a due voci, provando i gruppi maschile e femminile, separatamente. Ma questo appuntamento è certamente
Coro Papageno e Uri Caine Trio - Concerto all’Auditorium Manzoni Di Bologna - 4 Maggio 2019 ( © Roberto Cifarelli)
Coro Papageno - Concerto alla Casa Circondariale di Bologna - 10 Giugno 2016 ( © Gaia Degli Esposti)
prezioso anche per altri aspetti che vanno al di là del discorso prettamente musicale. Sicuramente quello umano e sociale, poiché le voci femminili incontrano le voci maschili, mettendo in relazione due realtà che, nel luogo in cui operiamo, sono due universi del tutto separati. Dall’altro, è il momento in cui chi sta dentro può venire a contatto con chi sta fuori, e viceversa. Aspetto, questo, che trovo quanto mai prezioso, poiché simbolicamente rappresenta, per i detenuti, che il fuori non si è dimenticato di loro, anzi, se ne prende cura. E del resto, anche per i coristi esterni è un’occasione per conoscere un mondo che, altrimenti, si farebbe molta fatica a immaginare.
Nel corso di questi dieci anni, il Coro Papageno ha accolto alcune centinaia di coristi detenuti. Qualcuno c’è dalla fondazione del coro. Altri, invece, sono stati con noi alcuni anni, o soltanto alcuni mesi. Nella stragrande maggioranza dei casi, le ore in cui si è fatta musica insieme, in prova o in concerto, hanno rappresentato un momento di, perdonatemi questa licenza, “evasione”. Attimi di libertà, ma contemporaneamente, anche l’opportunità per entrare in contatto con le proprie emozioni, poiché la voce ci mette in stretta connessione con noi stessi. Fare musica insieme, poi, significa aderire, più o meno consapevolmente, a tutta una serie di regole non scritte che sono insite nel lavoro di gruppo, in particolare, per quello musicale e corale: il rispetto reciproco, il sostegno tra coristi all’interno di una sezione, l’accogliere nel coro una nuova voce, l’entrare in contatto e in empatia con chi ci sta a fianco e, forse la cosa più importante, l’ascolto dell’altro.
Al Coro Papageno possono partecipare tutti i detenuti che ne fanno richiesta, o meglio, tutti quelli reputati - dall’Area Pedagogica del carcere - compatibili con una attività di gruppo, a seconda anche del reato commesso. Non ci sono selezioni dal punto di vista vocale o musicale, proprio perché convinti che ogni essere umano debba avere la possibilità di esprimersi vocalmente e di vivere la propria musicalità. La voce è un mezzo d’espressione privilegiato del proprio patrimonio culturale ed emozionale. Tutti possono in qualche modo contribuire al risultato finale, e partecipare attivamente al processo di costruzione di esso, ognuno con le sue qualità e i suoi limiti. Ed è per questo che fanno parte del coro persone che amano cantare o che hanno studiato musica quando erano bambini, o semplici appassionati di musica in generale, e allo stesso tempo, nella maggior parte dei casi, fanno parte del coro persone che non hanno mai fatto musica nella loro vita e che, proprio grazie al coro, scoprono la loro voce e il fascino irresistibile del costruire assieme, prova dopo prova, con impegno e dedizione, momenti di bellezza.
Il coro, quindi, si configura, più che mai in una realtà come quella del carcere, come un microcosmo di relazioni, la cui idea costitutiva è la socializzazione, in un comune obiettivo di crescita del gruppo, non solo musicale, ma anche, da tanti altri punti vista.
Primariamente, quindi, il nostro fare musica è soprattutto volto a una musica intesa alla comunicazione di emozioni, più che all’esibizione fine a se stessa. Ma, nel corso di questi anni, ci sono stati anche i concerti. Ogni anno il coro ne ha tenuti due. Il primo, che tra noi che lavoriamo al progetto, chiamiamo “il concerto interno”, è una specie di saggio, rivolto ai compagni detenuti non facenti parte del coro. Si svolge tra marzo e aprile, in un periodo dell’anno, cioè, in cui il gruppo si riesce ad assestare dal punto di vista dell’organico e del repertorio. Si deve pensare, infatti, che per la natura stessa del gruppo, alla ripresa delle attività dopo la pausa estiva, molti coristi non sono più gli stessi: chi, a fine pena, è uscito; chi, a inizio pena o in attesa di giudizio, è appena entrato. Solo i coristi detenuti veterani e i coristi volontari esterni, che sono sostanzialmente sempre gli stessi da tanti anni, sono il nucleo stabile del coro, quello che ci garantisce di non dover ripartire da zero ogni anno. Il secondo concerto è il “concerto aperto al pubblico”. Un vero e proprio concerto in cui i cittadini possono assistere al lavoro svolto durante l’anno. Questo concerto è solitamente arricchito dalla presenza del Quartetto d’Archi Mirus, che accompagna il coro in alcuni brani, con degli arrangiamenti creati ad hoc.
Il repertorio del coro spazia da brani classici a quelli popolari, con una certa predilezione verso la musica etnica, che si è rivelata particolarmente adatta vista la connotazione fortemente interculturale del Coro Papageno. I coristi cantano in moltissime lingue e ciò serve non solo a scoprire paesaggi sonori sconosciuti e lontani, spesso molto affascinanti, ma educa anche a condividere aspetti culturali e, talvolta, religiosi, diversi dal proprio, in un’ottica di conoscenza reciproca, di rispetto, di condivisione. E la musica (o forse, dovremmo dire “le musiche”), lo sappiamo, sono linguaggio universale per eccellenza, capace di avvicinare persone e far vibrare anche i cuori più distanti.
Nel corso degli anni, ci sono poi stati anche importanti eventi che hanno portato il Coro Papageno a cantare fuori dal carcere. Nel 2016, per ben due volte: la prima, nell’Aula del Senato della Repubblica per la Festa Europea della Musica, su invito del Presidente del Senato Pietro Grasso; la seconda, in Vaticano, in occasione del Giubileo dei Carcerati, alla presenza di Papa Francesco. Nel 2017 è stato prodotto il docufilm “Shalom! La musica viene da dentro. Viaggio nel Coro Papageno”, regia di Enza Negroni, produzione Proposta Video di Valeria Consolo in collaborazione con Associazione Mozart14 e Film Commission Emilia-Romagna. Ultimo in ordine di tempo, nel 2019, con un grande concerto al Teatro Manzoni di Bologna, in cui il Coro Papageno ha avuto il privilegio di cantare accompagnato da un trio d’eccezione, il Trio del famoso jazzista Uri Caine. Da ricordare, inoltre, quando venne a trovarci in carcere la popstar Mika, nel 2016, per registrare con noi l’Ave Verum Corpus di Mozart, andato poi in onda nel programma “Stasera Casa Mika” su RaiDue. Certamente, questi momenti sono stati tutti particolarmente intensi, e hanno lasciato un grande segno dentro di noi e dentro ai coristi. Tanto quanto lo hanno fatto, però, anche gli sguardi di gioia e gratitudine dei detenuti, i loro piccoli gesti, le lettere di ringraziamento, i pensieri e persino qualche dono (non potrò mai dimenticare la bacchetta da direttore d’orchestra, in legno, fattami da un detenuto che si cimentava nella falegnameria del carcere). E ancora, gli abbracci, le lacrime di gioia alla fine dei concerti, alle ultime prove prima della pausa estiva, quando ci si separa per un po’ di tempo, e tutte le emozioni vissute, tante quante sono state le note che abbiamo cantato e che speriamo di poter cantare ancora in futuro.
Ad oggi il progetto è temporaneamente sospeso e l’Associazione Mozart14 ha purtroppo dovuto chiudere le sue attività, colpita come tante altre realtà che operano nel sociale, per mancanza di fondi. Prima della sua chiusura, si è però impegnata per mettere in sicurezza i suoi progetti, e per individuare enti e realtà del territorio che possano far tornare a vivere il Coro Papageno.
A settembre del 2021 il Coro Papageno ha ricevuto la “Turrita di Bronzo” da parte del Sindaco di Bologna Virginio Merola, un importante riconoscimento della città di Bologna nei confronti del progetto. E le sue parole sono state: “un’esperienza unica, che deve continuare con il sostegno delle istituzioni e dei cittadini. Un augurio da parte mia, che per voi sia un nuovo inizio. Mi avete insegnato che la chiave per giudicare un paese è la condizione carceraria e credo che questo sia oggi ancora più valido”. Sono proprio le sue parole e questo riconoscimento recente che riaccendono in noi la speranza e l’ottimismo che il Coro Papageno possa nuovamente tornare a cantare e a creare, ancora, i suoi momenti di infinita bellezza.
Era il settembre del 2004 quando, assieme a un piccolo gruppo di tre coristi, Dariush, Malika e Claudia (rispettivamente un musicista iraniano, una giovane marocchina e una entusiasta signora di origini romagnole), mi incontrai per la nostra prima prova. L’idea era quella di formare un coro che, attraverso la musica corale, riunisse italiani e stranieri in un progetto musicale dalla forte componente umana e sociale, con l’obiettivo di mettere in relazione e comunicazione persone di provenienze culturali, linguistiche e religiose diverse.
Non sappiamo se sia stato per l’idea in sé del “coro interculturale”, o per il clima gioioso e pieno di energia che si respirava durante le prove musicali, ma sta di fatto che al secondo incontro i coristi erano diventati sette, al terzo otto, e al quarto quindici. Fu proprio in quel momento che ci rendemmo conto che stava realmente nascendo il coro e che, assieme, stavamo costruendo qualcosa di importante per la città di Bologna, qualcosa che non era ancora molto comune in Italia, a quei tempi, e di cui, forse, si sentiva la mancanza. Il coro continuò le sue prove, crescendo sia musicalmente, sia numericamente. Dopo qualche mese, ci fu il primo intervento con qualche brano a più voci, interamente a cappella, cantato durante una delle riunioni delle associazioni del Centro Interculturale “M. Zonarelli”, un Centro del Comune di Bologna che si occupa di promuovere la partecipazione dei nuovi cittadini e cittadine alla vita pubblica locale, sostenendo l’associazionismo migrante e interculturale, con l’intento di valorizzare le culture dei Paesi di origine e di promuovere occasioni di socializzazione. Nei mesi successivi arrivarono altri concerti, tra cui diverse collaborazioni con il Quartiere San Donato di Bologna, che ci aveva sostenuto fino a quel momento, oltre che con le Associazioni del territorio e il Comune di Bologna.
Oggi il coro è formato da circa sessanta coristi, una parte di italiani e diversi stranieri, proprio come un piccolo mondo rappresentativo della nostra società. Da qui, infatti, il nome Mikrokosmos, un vero e proprio “piccolo mondo” sonoro cittadino, con anche un voluto omaggio alla famosa raccolta omonima composta da Béla Bartók, un capolavoro di composizione e di pedagogia, i cui 153 brani musicali, ordinati progressivamente per difficoltà, sono intrisi di melodie e ritmi tratti e ispirati alla musica popolare del suo paese, e non solo.
Tra gli stranieri (termine che su cui personalmente ho sempre avuto più di qualche riserva…perché stranieri rispetto a chi? Ma è giusto per farmi capire…), ci sono coloro che sono già inseriti nel tessuto sociale della città, con un lavoro stabile o una famiglia, ma c’è anche chi è arrivato da poco, magari in cerca di lavoro e di una rete di amicizie e, in alcuni casi, qualche studente Erasmus di passaggio a Bologna.
In questi diciassette anni di vita, negli oltre centosettanta concerti fatti per rassegne, festival ed eventi culturali, ci siamo sempre proposti sempre come luogo di cooperazione, rispetto reciproco e buona convivenza sociale, convinti dell’arricchimento che avviene quando culture diverse si incontrano, con l’obiettivo di realizzare, seppur in piccolo, l’idea della pace.
Uno degli arricchimenti più preziosi, ad esempio, è stato quello del repertorio, poiché l’avere tra i coristi anche degli stranieri ci ha permesso di poter imparare brani in lingua lingala (cantatoci da un corista congolese), in persiano (grazie a una corista iraniana), in lingua araba (insegnatoci da una corista della Giordania), e altri in polacco, svedese, ceco, spagnolo, tedesco, francese, inglese, portoghese, ungherese, rumeno, serbo, turco, peruviano, camerunense. Tutti questi, appresi grazie alla preziosa presenza di almeno un corista di quella provenienza culturale. Questo ha fatto sì che, negli anni, Mikrokosmos potesse raccogliere e imparare un repertorio molto variegato, in un certo senso originale, poiché molti di quei brani non sono editi e sono stati arrangiati ed elaborati appositamente per il coro, e soprattutto, con una forte identità legata ai coristi del coro stesso.
Nel 2005 abbiamo poi deciso di costituirci in Associazione Culturale e, dal quel momento, abbiamo tenuto laboratori didattici di musica e intercultura, curato rassegne musicali - come MikrokosmInFesta, la Rassegna di Primavera - e BolognaCanta - I° Festival dei
Mikrokosmos - Coro Multietnico di Bologna (© Piero Gatto)
Cori a Bologna, in collaborazione con il Settore Cultura del Comune di Bologna, riuscendo a coinvolgere dodici cori in cinque serate presso il chiostro della Basilica di S. Stefano (luglio 2010), e proposto il consueto Concerto Corale di Natale (per diversi anni, ovviamente prima della pandemia…), in cui venivano riuniti circa un centinaio di coristi di ogni età e provenienza, pensato anche come un momento di incontro tra diverse generazioni e culture, con anche gemellaggi tra cori e momenti d’insieme a cori uniti.
A gennaio 2007 l’associazione ha deciso di fondare anche Mikrokosmos dei Piccoli, nato con gli stessi obiettivi della formazione degli adulti e che, in tempi più recenti, si è diviso in due formazioni: Mikrokosmos dei Piccoli (bambini tra i 6 e i 10 anni) e Mikrokosmos dei Giovani (ragazzi dagli 11 ai 16 anni). A luglio del 2007 il progetto Mikrokosmos - Coro Multietnico di Bologna ha ricevuto il Premio Nazionale “Interculture Map” per le migliori pratiche interculturali - Sezione Arti e comunicazione, promosso dall’Associazione Africa e Mediterraneo in collaborazione con la Fondazione “Giovanni Agnelli” di Torino e, nel 2011, è stato riconosciuto dal Comune di Bologna come gruppo di “interesse comunale per la sua funzione altamente educativa”.
Da settembre 2018, infine, l’associazione si è arricchita di una ulteriore formazione corale, rivolta a coristi tra i 20 e i 35 anni, col nome di Coro Ad Maiora.