Dossier
La musica è già cambiata (dove il diritto arranca) Ricognizione sui cori multietnici in Italia DI LUCIANA MANCA
A CLAUDIA GRIMAZ Plurilinguismo, varietà timbriche, ritmiche e modali: il desiderio di incontrarsi fra persone di Paesi diversi diviene pretesto per creare, collettivamente, musica nuova. Così i cori multietnici amatoriali arricchiscono il panorama artistico di una parte d’Italia, con la direzione di maestri e maestre che hanno messo le proprie competenze musicali al servizio dell’idea di una società più giusta e accogliente. Si è trattato di laboratori di canto, sorti nell’ambito di associazioni culturali o dall’impegno di singole persone che, esasperate dal clima d’intolleranza diffusa, hanno cercato di dimostrare, con la collaborazione di professionisti della musica, che si può stare insieme diversamente, in modo creativo e non giudicante. Nati dal volontariato, dall’autotassazione di alcuni membri o da finanziamenti destinati ai centri di accoglienza, i cori hanno quasi sempre resistito e persino durante i lockdowns per il Covid 19 hanno rappresentato un conforto per i coristi e le coriste. Il presente lavoro è un tentativo di censire le esperienze musicali che, sul territorio italiano, possono essere considerate “cori multietnici”, preferendo questa espressione emica, a quella di cori “interculturali” o “transnazionali”, perché riprende appunto il modo in cui la maggior parte dei cori si autodefinisce nelle pagine web e nelle interviste da me condotte1. La mappatura è, allo stato attuale, in continua trasformazione, perché la ricerca
è attualmente in corso. Si tratta dunque di un work in progress, più che di un elenco esaustivo. La caratteristica che accomuna tutti questi cori è la presenza, più o meno rilevante, di migranti. Sono infatti gruppi musicali nati con il preciso intento di accogliere e includere i “nuovi cittadini”. Esiste però una tipologia diversa di cori multietnici, in cui le tante provenienze geografiche dei membri, sono semplicemente lo specchio del territorio di appartenenza: è il caso di alcuni cori di voci bianche, nel contesto di scuole ad alto flusso migratorio oppure dei cori nelle carceri, che in Italia sono popolate – purtroppo - da un gran numero di detenuti stranieri2. In generale i cori multietnici concentrati prevalentemente nelle regioni dell’Italia settentrionale e a Roma, mentre ne esiste uno di donne a Bari e si ha notizia di brevi laboratori corali non più attivi a Lecce, Palermo e Cagliari. Questa distribuzione sul territorio nazionale riflette quella dei cori in generale, infatti nel Nord Italia, essi sono molto più diffusi; si pensi, ad esempio, all’antica e capillare tradizione dei cori degli Alpini. Inoltre il Nord ha accolto un numero superiore di immigrati rispetto al sud3, attratti dalle maggiori infrastrutture e opportunità lavorative in campo sia agricolo che industriale4. Un elemento comune soprattutto ai cori di vecchia data è la progressiva riduzione della presenza di immigrati. In 2. Cfr. dati raccolti dal Progetto Open Migration, in cui si rileva che la presenza straniera nelle carceri italiane arrivava nel 2013 al 35,3 %: https://openmigration.org/idee/tutti-i-numeri-sugli-stranieri-in-carcerein-europa-e-in-italia/
1. Sulla scelta terminologica cfr. L. Manca, Più semo e mejo stamo. Antidoto
3. Cfr. Centro Studi e Ricerche IDOS, Dossier Statistico Immigrazione 2020,
al razzismo: i cori multietnici a scuola, in Nuova Secondaria, Mensile di
Roma, p.18.
cultura, ricerca pedagogica e orientamenti didattici, Settembre 2021, p. 29,
4. Cfr. ISTAT sulle imprese, pagg. 511-512 al link https://www.istat.it/it/
Edizioni Studium Srl, Roma.
files/2019/12/C14.pdf
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