Asta 190

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ARTE MODERNA Prato, 30 Novembre 2019





ASTA DI OPERE D’ARTE MODERNA PROVENIENTI DA RACCOLTE PRIVATE

ASTA N. 190 II


INFORMAZIONI PER I PARTECIPANTI Tutti i clienti non registrati, per partecipare all’asta dovranno fornire: - PERSONE FISICHE: un documento di identità valido con foto identificativa e codice fiscale. - PERSONE GIURIDICHE: visura camerale, documento valido e codice fiscale del legale rappresentante. Tali documenti dovranno essere accompagnati dai seguenti dati bancari: - Nome e indirizzo della banca - Iban - Nome e telefono della persona da contattare Per assistenza si prega di contattare: Amministrazione: Cecilia Farsetti e Maria Grazia Fucini - tel. 0574 572400

OPERAZIONI DI REGISTRAZIONE E PARTECIPAZIONE ALL’ASTA Compilando e sottoscrivendo il modulo di registrazione e di attribuzione di una paletta numerata, l’acquirente accetta le “condizioni di vendita” stampate in questo catalogo. Tutti i potenziali acquirenti devono munirsi di una paletta per le offerte prima che inizi la procedura di vendita. É possibile pre-registrarsi durante l’esposizione; nel caso l’acquirente agisca come rappresentante di una terza persona, si richiede un’autorizzazione scritta. Tutti i potenziali acquirenti devono portare con sè un valido documento di identità ai fini di consentire la registrazione. Le palette numerate possono essere utilizzate per indicare le offerte al Direttore di vendita o banditore durante l’asta. Tutti i lotti venduti saranno fatturati al nome e all’indirizzo comunicato al momento dell’assegnazione delle palette d’offerta numerate. Al termine dell’asta l’acquirente è tenuto a restituire la paletta al banco registrazioni. Ogni cliente è responsabile dell’uso del numero di paletta a lui attribuito. La paletta non è cedibile e va restituita alla fine dell’asta. In caso di smarrimento è necessario informare immediatamente l’assistente del Direttore di vendita o banditore. Questo sistema non vale per chi partecipa all’asta tramite proposta scritta.

ACQUISIZIONE DI OGGETTI E DIPINTI PER LE ASTE Per l’inserimento nelle vendite all’asta organizzate dalla Farsettiarte per conto terzi: chiunque fosse interessato alla vendita di opere d’arte moderna e contemporanea, dipinti antichi, mobili, oggetti d’arte, gioielli, argenti, tappeti, è pregato di contattare la nostra sede di Prato o le succursali di Milano e Cortina (l’ultima solo nel periodo stagionale). Per le aste della stagione autunnale è consigliabile sottoporre le eventuali proposte sin dal mese di giugno, mentre per la stagione primaverile dal mese di dicembre.

ANTICIPI SU MANDATI Si informano gli interessati che la nostra organizzazione effettua con semplici formalità, anticipi su mandati a vendere per opere d’arte moderna e contemporanea, dipinti antichi, mobili, oggetti d’arte, gioielli, argenti, tappeti, in affidamento sia per l’asta che per la tentata vendita a trattativa privata.

ACQUISTI E STIME La FARSETTIARTE effettua stime su dipinti, sculture e disegni sia antichi che moderni, mobili antichi, tappeti, gioielli, argenti o altri oggetti d’antiquariato, mettendo a disposizione il suo staff di esperti. Acquista per contanti, in proprio o per conto terzi.


ASTA PRATO Sabato 30 Novembre 2019 ore 16,00

ESPOSIZIONE MILANO dal 14 al 20 Novembre 2019 Sintesi delle opere in vendita Esposte in contemporanea: Casa del Manzoni - via Morone, 1 / Farsettiarte - Portichetto di via Manzoni Orario dalle ore 10,00 alle ore 19,30 (festivi compresi) Ultimo giorno di esposizione MercoledĂŹ 20 Novembre, fino alle ore 17,00 PRATO dal 23 al 30 Novembre 2019 Orario dalle ore 10,00 alle ore 19,30 (festivi compresi) Ultimo giorno di esposizione Sabato 30 Novembre, fino alle ore 13,00

PRATO - Viale della Repubblica (Area Museo Pecci) - Tel. 0574 572400 - Fax 0574 574132 MILANO - Portichetto di Via Manzoni (ang. Via Spiga) - Tel. 02 76013228 - Fax 02 76012706 info@farsettiarte.it www.farsettiarte.it


CONDIZIONI DI VENDITA 1) La partecipazione all’asta è consentita solo alle persone munite di regolare

paletta per l’offerta che viene consegnata al momento della registrazione. Compilando e sottoscrivendo il modulo di registrazione e di attribuzione della paletta, l’acquirente accetta e conferma le “condizioni di vendita” riportate nel catalogo. Ciascuna offerta s’intenderà maggiorativa del 10% rispetto a quella precedente, tuttavia il banditore potrà accettare anche offerte con un aumento minore.

2) Gli oggetti saranno aggiudicati dal banditore al migliore offerente, salvi i limiti

di riserva di cui al successivo punto 12. Qualora dovessero sorgere contestazioni su chi abbia diritto all’aggiudicazione, il banditore è facoltizzato a riaprire l’incanto sulla base dell’ultima offerta che ha determinato l’insorgere della contestazione, salvo le diverse, ed insindacabili, determinazioni del Direttore della vendita. È facoltà del Direttore della vendita accettare offerte trasmesse per telefono o con altro mezzo. Queste offerte, se ritenute accettabili, verranno di volta in volta rese note in sala. In caso di parità prevarrà l’offerta effettuata dalla persona presente in sala; nel caso che giungessero, per telefono o con altro mezzo, più offerte di pari importo per uno stesso lotto, verrà preferita quella pervenuta per prima, secondo quanto verrà insindacabilmente accertato dal Direttore della vendita. Le offerte telefoniche saranno accettate solo per i lotti con un prezzo di stima iniziale superiore a 500 €. La Farsettiarte non potrà essere ritenuta in alcun modo responsabile per il mancato riscontro di offerte scritte e telefoniche, o per errori e omissioni relativamente alle stesse non imputabili a sua negligenza. La Farsettiarte declina ogni responsabilità in caso di mancato contatto telefonico con il potenziale acquirente.

prendere piena, completa ed attenta visione delle loro caratteristiche, del loro stato di conservazione, delle effettive dimensioni, della loro qualità. Conseguentemente l’aggiudicatario non potrà contestare eventuali errori o inesattezze nelle indicazioni contenute nel catalogo d’asta o nelle note illustrative, o eventuali difformità fra l’immagine fotografica e quanto oggetto di esposizione e di vendita, e, quindi, la non corrispondenza (anche se relativa all’anno di esecuzione, ai riferimenti ad eventuali pubblicazioni dell’opera, alla tecnica di esecuzione ed al materiale su cui, o con cui, è realizzata) fra le caratteristiche indicate nel catalogo e quelle effettive dell’oggetto aggiudicato. I lotti posti in asta da Farsettiarte per la vendita vengono venduti nelle condizioni e nello stato di conservazione in cui si trovano; i riferimenti contenuti nelle descrizioni in catalogo non sono peraltro impegnativi o esaustivi; rapporti scritti (condition reports) sullo stato dei lotti sono disponibili su richiesta del cliente e in tal caso integreranno le descrizioni contenute nel catalogo. Qualsiasi descrizione fatta da Farsettiarte è effettuata in buona fede e costituisce mera opinione; pertanto tali descrizioni non possono considerarsi impegnative per la casa d’aste ed esaustive. La Farsettiarte invita i partecipanti all’asta a visionare personalmente ciascun lotto e a richiedere un’apposita perizia al proprio restauratore di fiducia o ad altro esperto professionale prima di presentare un’offerta di acquisto. Verranno forniti condition reports entro e non oltre due giorni precedenti la data dell’asta in oggetto ed assolutamente non dopo di essa.

12) Farsettiarte agisce in qualità di mandataria di coloro che le hanno commis-

facoltà di riunire in lotti più oggetti o di dividerli anche se nel catalogo sono stati presentati in lotti unici. La Farsettiarte si riserva il diritto di non consentire l’ingresso nei locali di svolgimento dell’asta e la partecipazione all’asta stessa a persone rivelatesi non idonee alla partecipazione all’asta.

sionato la vendita degli oggetti offerti in asta; pertanto è tenuta a rispettare i limiti di riserva imposti dai mandanti anche se non noti ai partecipanti all’asta e non potranno farle carico obblighi ulteriori e diversi da quelli connessi al mandato; ogni responsabilità ex artt. 1476 ss cod. civ. rimane in capo al proprietario-committente.

4) Prima che inizi ogni tornata d’asta, tutti coloro che vorranno partecipare sa-

13) Le opere descritte nel presente catalogo sono esattamente attribuite entro i

3) Il Direttore della vendita potrà variare l’ordine previsto nel catalogo ed avrà

ranno tenuti, ai fini della validità di un’eventuale aggiudicazione, a compilare una scheda di partecipazione inserendo i propri dati personali, le referenze bancarie, e la sottoscrizione, per approvazione, ai sensi degli artt. 1341 e 1342 C.c., di speciali clausole delle condizioni di vendita, in modo che gli stessi mediante l’assegnazione di un numero di riferimento, possano effettuare le offerte validamente.

5) La Casa d’Aste si riserva il diritto di non accettare le offerte effettuate da acquirenti non conosciuti, a meno che questi non abbiano rilasciato un deposito o una garanzia, preventivamente giudicata valida da Farsettiarte, a intera copertura del valore dei lotti desiderati. L’Aggiudicatario, al momento di provvedere a redigere la scheda per l’ottenimento del numero di partecipazione, dovrà fornire a Farsettiarte referenze bancarie esaustive e comunque controllabili; nel caso in cui vi sia incompletezza o non rispondenza dei dati indicati o inadeguatezza delle coordinate bancarie, salvo tempestiva correzione dell’aggiudicatario, Farsettiarte si riserva il diritto di annullare il contratto di vendita del lotto aggiudicato e di richiedere a ristoro dei danni subiti.

6) Il pagamento del prezzo di aggiudicazione dovrà essere effettuato entro 48

ore dall’aggiudicazione stessa, contestualmente al ritiro dell’opera, per intero. Non saranno accettati pagamenti dilazionati a meno che questi non siano stati concordati espressamente e per iscritto almeno 5 giorni prima dell’asta, restando comunque espressamente inteso e stabilito che il mancato pagamento anche di una sola rata comporterà l’automatica risoluzione dell’accordo di dilazionamento, senza necessità di diffida o messa in mora, e Farsettiarte sarà facoltizzata a pretendere per intero l’importo dovuto o a ritenere risolta l’aggiudicazione per fatto e colpa dell’aggiudicatario. In caso di pagamento dilazionato l’opera o le opere aggiudicate saranno consegnate solo contestualmente al pagamento dell’ultima rata e, dunque, al completamento dei pagamenti.

7) In caso di inadempienza l’aggiudicatario sarà comunque tenuto a corrispondere a Farsettiarte una penale pari al 20% del prezzo di aggiudicazione, salvo il maggior danno. Nella ipotesi di inadempienza la Farsettiarte è facoltizzata: - a recedere dalla vendita trattenendo la somma ricevuta a titolo di caparra; - a ritenere risolto il contratto, trattenendo a titolo di penale quanto versato per caparra, salvo il maggior danno. Farsettiarte è comunque facoltizzata a chiedere l’adempimento.

8) L’acquirente corrisponderà oltre al prezzo di aggiudicazione i seguenti diritti d’asta: I scaglione da € 0.00 a € 20.000,00 28,00 % II scaglione da € 20.000,01 a € 80.000,00 25,50 % III scaglione da € 80.000,01 a € 200.000,00 23,00 % IV scaglione da € 200.000,01 a € 350.000,00 21,00 % V scaglione oltre € 350.000 20,50 % Diritto di seguito: gli obblighi previsti dal D.lgs. 118 del 13/02/06 in attuazione della Direttiva 2001/84/CE saranno assolti da Farsettiarte.

9) Qualora per una ragione qualsiasi l’acquirente non provveda a ritirare gli

oggetti acquistati e pagati entro il termine indicato dall’Art. 6, sarà tenuto a corrispondere a Farsettiarte un diritto per la custodia e l’assicurazione, proporzionato al valore dell’oggetto. Tuttavia in caso di deperimento, danneggiamento o sottrazione del bene aggiudicato, che non sia stato ritirato nel termine di cui all’Art. 6, la Farsettiarte è esonerata da ogni responsabilità, anche ove non sia intervenuta la costituzione in mora per il ritiro dell’aggiudicatario ed anche nel caso in cui non si sia provveduto alla assicurazione.

10) La consegna all’aggiudicatario avverrà presso la sede della Farsettiarte, o nel diverso luogo dove è avvenuta l’aggiudicazione a scelta della Farsettiarte, sempre a cura ed a spese dell’aggiudicatario. 11) Al fine di consentire la visione e l’esame delle opere oggetto di vendita, queste verranno esposte prima dell’asta. Chiunque sia interessato potrà così

limiti indicati nelle singole schede. Le attribuzioni relative a oggetti e opere di antiquariato e del XIX secolo riflettono solo l’opinione della Farsettiarte e non possono assumere valore peritale. Ogni contestazione al riguardo dovrà pervenire entro il termine essenziale e perentorio di 8 giorni dall’aggiudicazione, corredata dal parere di un esperto, accettato da Farsettiarte. Trascorso tale termine cessa ogni responsabilità di Farsettiarte. Se il reclamo è fondato, Farsettiarte rimborserà solo la somma effettivamente pagata, esclusa ogni ulteriore richiesta, a qualsiasi titolo.

14) Né Farsettiarte, né, per essa, i suoi dipendenti o addetti o collaboratori, sono

responsabili per errori nella descrizione delle opere, né della genuinità o autenticità delle stesse, tenendo presente che essa esprime meri pareri in buona fede e in conformità agli standard di diligenza ragionevolmente attesi da una casa d’aste. Non viene fornita, pertanto al compratore-aggiudicatario, relativamente ai vizi sopramenzionati, alcuna garanzia implicita o esplicita relativamente ai lotti acquistati. Le opere sono vendute con le autentiche dei soggetti accreditati al momento dell’acquisto. Farsettiarte, pertanto, non risponderà in alcun modo e ad alcun titolo nel caso in cui si verifichino cambiamenti dei soggetti accreditati e deputati a rilasciare le autentiche relative alle varie opere. Qualunque contestazione, richiesta danni o azione per inadempienza del contratto di vendita per difetto o non autenticità dell’opera dovrà essere esercitata, a pena di decadenza, entro cinque anni dalla data di vendita, con la restituzione dell’opera accompagnata da una dichiarazione di un esperto accreditato attestante il difetto riscontrato.

15) La Farsettiarte indicherà sia durante l’esposizione che durante l’asta gli

eventuali oggetti notificati dallo Stato a norma del D.lgs del 20.10.2004 (c.d. Codice dei Beni Culturali), l’acquirente sarà tenuto ad osservare tutte le disposizioni legislative vigenti in materia. Tale legge (e successive modifiche) disciplina i termini di esportazione di un’opera dai confini nazionali. Per tutte le opere di artisti non viventi la cui esecuzione risalga a oltre settant’anni dovrà essere richiesto dall’acquirente ai competenti uffici esportazione presso le Soprintendenze un attestato di libera circolazione (esportazione verso paese UE) o una licenza (esportazione verso paesi extra UE). Farsettiarte non assume responsabilità nei confronti dell’acquirente per eventuale diniego al rilascio dell’attestato di libera circolazione o della licenza. Le opere la cui data di esecuzione sia inferiore ai settant’anni possono essere esportate con autocertificazione da fornire agli uffici competenti che ne attesti la data di esecuzione (per le opere infra settanta/ultra cinquant’anni potranno essere eccezionalmente applicate dagli uffici competenti delle restrizioni all’esportazione).

16) Le etichettature, i contrassegni e i bolli presenti sulle opere attestanti la proprietà e gli eventuali passaggi di proprietà delle opere vengono garantiti dalla Farsettiarte come esistenti solamente fino al momento del ritiro dell’opera da parte dell’aggiudicatario.

17) Le opere in temporanea importazione provenienti da paesi extracomunitari

segnalate in catalogo, sono soggette al pagamento dell’IVA sull’intero valore (prezzo di aggiudicazione + diritti della Casa) qualora vengano poi definitivamente importate.

18) Tutti coloro che concorrono alla vendita accettano senz’altro il presente regolamento; se si renderanno aggiudicatari di un qualsiasi oggetto, assumeranno giuridicamente le responsabilità derivanti dall’avvenuto acquisto. Per qualunque contestazione è espressamente stabilita la competenza del Foro di Prato.


GESTIONI SETTORIALI

GESTIONI ORGANIZZATIVE

ARTE MODERNA Frediano FARSETTI Franco FARSETTI

PROGRAMMAZIONE E SVILUPPO Sonia FARSETTI

ARTE CONTEMPORANEA Leonardo FARSETTI DIPINTI ANTICHI Stefano FARSETTI Marco FAGIOLI DIPINTI DEL XIX E XX SECOLO Sonia FARSETTI Leonardo GHIGLIA SCULTURE E ARREDI ANTICHI Marco FAGIOLI Stefano FARSETTI GIOIELLI E ARGENTI Rolando BERNINI

COMMISSIONI SCRITTE E TELEFONICHE Elisa MORELLO Silvia PETRIOLI Chiara STEFANI CATALOGHI E ABBONAMENTI Simona SARDI ARCHIVIO Francesco BIACCHESSI COORDINATORE SCHEDE E RICERCHE Silvia PETRIOLI UFFICIO SCHEDE E RICERCHE Elisa MORELLO Silvia PETRIOLI Chiara STEFANI CONTABILITÀ CLIENTI E COMMITTENTI Cecilia FARSETTI Maria Grazia FUCINI RESPONSABILE SUCCURSALE MILANO Gabriele CREPALDI

FOTOGRAFIA Sonia FARSETTI Leonardo FARSETTI

SPEDIZIONI Francesco BIACCHESSI SALA D’ASTE E MAGAZZINO Giancarlo CHIARINI GESTIONE MAGAZZINO Simona SARDI UFFICIO STAMPA Gabriele CREPALDI


Per la lettura del Catalogo Le misure delle opere vanno intese altezza per base. Per gli oggetti ed i mobili, salvo diverse indicazioni, vanno intese altezza per larghezza per profondità. La data dell’opera viene rilevata dal recto o dal verso dell’opera stessa o da documenti; quella fra parentesi è solo indicativa dell’epoca di esecuzione. Il prezzo di stima riportato sotto ogni scheda va inteso in EURO. La base d’asta è solitamente il 30% in meno rispetto al primo prezzo di stima indicato: è facoltà del banditore variarla.

Offerte scritte I clienti che non possono partecipare direttamente alla vendita in sala possono fare un’offerta scritta utilizzando il modulo inserito nel presente catalogo oppure compilando l’apposito form presente sul sito www.farsettiarte.it Offerte telefoniche I clienti che non possono partecipare direttamente alla vendita in sala possono chiedere di essere collegati telefonicamente. Per assicurarsi il collegamento telefonico inviare richiesta scritta via fax almeno un giorno prima dell’asta al seguente numero: 0574 574132; oppure compilare il form presente sul sito www.farsettiarte.it

Si ricorda che le offerte scritte e telefoniche saranno accettate solo se accompagnate da documento di identità valido e codice fiscale.

Ritiro con delega Qualora l’acquirente incaricasse una terza persona di ritirare i lotti già pagati, occorre che quest’ultima sia munita di delega scritta rilasciata dal compratore oltre che da ricevuta di pagamento. Pagamento Il pagamento potrà essere effettuato nelle sedi della Farsettiarte di Prato e Milano. Diritti d’asta e modalità di pagamento sono specificati in dettaglio nelle condizioni di vendita. Ritiro Dopo aver effettuato il pagamento, il ritiro dei lotti acquistati dovrà tenersi entro 15 giorni dalla vendita. I ritiri potranno effettuarsi dalle ore 10.00 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.30, sabato pomeriggio e domenica esclusi. Spedizioni locali e nazionali Il trasporto di ogni lotto acquistato sarà a totale rischio e spese dell’acquirente.


III SESSIONE DI VENDITA Sabato 30 Novembre ore 16,00 Dal lotto 501 al lotto 607



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Giorgio Morandi Bologna 1890 - 1964

Paesaggio con la ciminiera (Sobborghi di Bologna), 1926 Acquaforte su zinco, cm. 22,7x24,1 (lastra), cm. 30,5x36 (carta) Firma e data a matita sul margine in basso a destra: Morandi 1926. Storia Collezione Giancarlo Pasi, Ravenna; Collezione privata Primo stato su due; tiratura di alcuni esemplari non numerati. Bibliografia Lamberto Vitali, L’opera grafica di Giorgio Morandi, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1964, n. 27; Michele Cordaro, Morandi incisioni. Catalogo Generale, Edizioni Electa, Milano, 1991, p. 31, n. 1926 1.

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Stima E 2.500 / 3.500

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Giorgio Morandi Bologna 1890 - 1964

Natura morta con quattro oggetti, 1947 Acquaforte su rame, es. XX/XX, cm. 17,1x12,8 (lastra), cm. 25x18,9 (carta) Firma in lastra in basso al centro: Morandi 1947; firma e data a matita sul margine in basso a destra: Morandi 1947, tiratura in basso a sinistra: XX/XX. Al verso: timbro Raccolta Carozzi, Lerici; su un cartone di supporto: etichetta Raccolta di Nino Carozzi, Lerici. Tiratura di 50 esemplari, di cui 30 in numeri arabi e 20 in numeri romani per la rivista L’Immagine, n. 3, luglio - agosto 1947, e alcune prove di stampa. Bibliografia Lamberto Vitali, L’opera grafica di Giorgio Morandi, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1964, n. 114; Michele Cordaro, Morandi incisioni. Catalogo Generale, Edizioni Electa, Milano, 1991, p. 132, n. 1947 1. Stima E 12.000 / 18.000

502


503 503

Alberto Giacometti Borgonovo di Stampa 1901 - Coira 1966

Studio di nudo, 1922-24 Matita su carta, cm. 50,3x32,6

Certificato con foto Fondation Alberto et Annette Giacometti, con n. 2241; opera pubblicata nel catalogo online Alberto Giacometti Database al n. AGD 2241.

Firma e data in basso a destra: Alberto Giacometti 1922-24. Storia Impressionist / Modern Works on Paper, Christie’s, Londra, 7 febbraio 2013, lotto n. 251; Collezione privata

Esposizioni Alberto Giacometti, Paris sans fin ed altre opere grafiche, Torino, Galleria I Portici, 25 gennaio - 15 febbraio 1972. Stima E 12.000 / 18.000


504

504

Giorgio Morandi Bologna 1890 - 1964

Natura morta, 1960 Matita su carta, cm. 19x27 Firma e data in basso verso sinistra: Morandi / 1960. Al verso scritta: ProprietĂ Morandi - Bologna - Dina Morandi. Bibliografia Efrem Tavoni, Marilena Pasquali, Morandi disegni. Catalogo generale, Electa, Milano, 1994, p. 170, n. 1960 17. Stima E 14.000 / 20.000


505

Amedeo Modigliani Livorno 1884 - Parigi 1920

Hanka Zborowska seduta con le mani in grembo, 1916-19 Matita su carta applicata su cartone, cm. 45,8x30,6 Firma in basso a destra: Modigliani. Al verso della cornice: etichetta Studio Guastalla Arte Moderna e Contemporanea, con scheda dell’opera. Storia Collezione Leopold Zborowski, Parigi; Collezione privata Esposizioni Amedeo Modigliani, a cura di Palma Bucarelli e Nello Ponente, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, gennaio - febbraio 1959, cat. n. 117; Jacob, Modigliani, Picasso. Gouaches, disegni, incisioni, Milano, Studio Guastalla Arte Moderna e Contemporanea, 5 dicembre 2006 - 10 febbraio 2007, cat. p. 45, n. 27, illustrata a colori; Il tempo di Modigliani, a cura di Luciano Caprile, Pescara, Museo d’Arte Moderna “Vittoria Colonna”, 6 agosto 20 novembre 2011, cat. p. 58, n. 29, illustrata a colori; Modigliani. Legend of Montparnasse, Seoul, Hangaram Art Museum, 26 giugno - 4 ottobre 2015, cat. p. 193, illustrata a colori. Bibliografia Joseph Lanthemann, Modigliani 1884-1920. Catalogue raisonné, sa vie, son oeuvre complete, son art, Gráficas Condal, Barcellona, 1970, pp. 150, 355, n. 843 (con titolo Femme assise (les mains croisées) e data 1916); Osvaldo Patani, Modigliani. Disegni, Edizioni della Seggiola, Oggiono, 1976, n. 72 (con titolo Donna seduta e data 1918-19); Christian Parisot, Modigliani. Catalogue raisonné - dessins, aquarelles - Tomo I, Editions Graphis Arte, Livorno, 1990, p. 303, n. 44/16 (con titolo Femme assise e data 1916); Osvaldo Patani, Amedeo Modigliani catalogo generale, disegni 1906-1920, Leonardo Editore, Milano, 1994, p. 256, n. 460 (con data 1918-19). Stima E 50.000 / 70.000


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Firma in basso a destra: G. de Chirico.

Esposizioni Giorgio de Chirico Pictor Optimus. Pittura, disegno, teatro, Genova, Palazzo Ducale, 13 marzo - 30 maggio 1993, cat. p. 263, illustrata; Giorgio de Chirico. Myth and Mystery, Londra, Estorick Collection of Modern Italian Art, 15 gennaio - 19 aprile 2014, cat. pp. 90, 91, n. 31, illustrata a colori.

Storia Collezione privata, Roma; Collezione privata

Bibliografia Giorgio de Chirico. Catalogo generale, vol. 2/2015, opere dal 1910 al 1975, Maretti Editore, Falciano, 2015, p. 404, n. 858.

Certificato su foto Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, Roma, 29 aprile 1994, con n. 202/1994.

Stima E 35.000 / 55.000

Giorgio de Chirico Volos 1888 - Roma 1978

Tristezza della primavera, (1970) Tecnica mista su cartone telato, cm. 60x49,6


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507

Giorgio de Chirico Volos 1888 - Roma 1978

Il pomeriggio inquietante, 1972 Matita e tempera su cartone, cm. 59,5x50 Firma in basso verso sinistra: G. de Chirico, titolo al verso: “Pomeriggio inquietante�. Storia Collezione Giorgio e Isa de Chirico, Roma; Collezione privata Certificato su foto di Claudio Bruni Sakraischik, Roma, 30 luglio 1986, con n. 71/86.

Esposizioni Giorgio de Chirico Pictor Optimus. Pittura, disegno, teatro, Genova, Palazzo Ducale, 13 marzo - 30 maggio 1993, cat. p. 265, illustrata; Giorgio de Chirico. Myth and Mystery, Londra, Estorick Collection of Modern Italian Art, 15 gennaio - 19 aprile 2014, cat. pp. 92, 93, n. 32, illustrata a colori. Bibliografia Claudio Bruni Sakraischik, Catalogo Generale Giorgio de Chirico, volume quarto, opere dal 1951 al 1972, Electa Editrice, Milano, 1974, n. 645 (con misure errate). Stima E 35.000 / 55.000


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Giorgio de Chirico Volos 1888 - Roma 1978

La rinascita dell’aviazione, 1946 Acquerello su carta applicata su cartone, cm. 35x27 Firma in basso a destra: G. de Chirico. Al verso: etichetta e timbro Arte Centro, Milano, con n. 9556. Esposizioni Sogni di carta. Dipinti, disegni e incisioni dei maestri del ‘900, Riccione, Galleria d’arte moderna e contemporanea Villa Franceschi, 25 giugno - 11 settembre 2011, cat. p. 58; Giorgio de Chirico. Myth and Mystery, Londra, Estorick Collection of Modern Italian Art, 15 gennaio - 19 aprile 2014, cat. pp. 82, 83, n. 27, illustrato a colori. Bibliografia Claudio Bruni Sakraischik, Catalogo Generale Giorgio de Chirico, volume secondo, opere dal 1931 al 1950, Electa Editrice, Milano, 1972, n. 154. Stima E 25.000 / 35.000

Alberto Savinio, Les Anges Batailleurs, 1930


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Giacomo Balla Torino 1871 - Roma 1958

Periferia di Roma a Porta Pinciana - Villa Borghese Le nuove case dei Parioli, (1904) Pastello su carta, cm. 23,2x33,5 Firma in basso a destra: Balla; dedica al verso: A l’amico Grassi, che ci mantenga sempre in buona armonia, G. Balla; su un cartone di supporto: cartiglio con dati dell’opera e n. 36: etichetta Galleria Civica d’Arte Moderna, Torino, con n. 36: scritta di Luce Balla “Pastello di Giacomo Balla 1903”. Storia Collezione Vittorio Grassi, Roma; Collezione Liosetti, Roma; Collezione Luisa Cappelli, Roma; Collezione privata Esposizioni Giacomo Balla, Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna, aprile 1963, cat. p. 52, n. 36;

Aspetti dell’arte a Roma dal 1870 al 1914, Roma, Ente Premi, 1972, cat. p. 43, n. 66, illustrato; Balla a Villa Borghese, a cura di Elena Gigli, Roma, Museo Carlo Bilotti - Aranciera di Villa Borghese, 29 novembre 2018 - 17 febbraio 2019, cat. pp. 83, 128, 129, n. 24, illustrato a colori. Bibliografia Teresa Fiori, Archivi del Divisionismo, volume secondo, saggio introduttivo di F. Bellonzi, Officina Edizioni, Roma, 1968, p. 142, n. X.106; Maurizio Fagiolo dell’Arco, Balla pre-futurista, Bulzoni Editore, Roma, 1968, p. 43, n. 53 T; Giovanni Lista, Balla, Edizioni Galleria Fonte D’Abisso, Modena, 1982, p. 129, n. 92. Stima E 15.000 / 25.000


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Giacomo Balla Torino 1871 - Roma 1958

Campagna romana, 1902 ca. Pastello su carta applicata su cartone, cm. 26,7x36 Firma in basso a destra: Balla. Certificato su foto di Elena Gigli, Roma, 18 settembre 2004, archivio Gigli serie 2004, n. 161. Stima E 18.000 / 28.000


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Orfeo Tamburi Jesi (An) 1910 - Parigi 1994

Il poeta Sandro Penna, 1945 Olio su tela, cm. 89x279,5 Firma e data in basso a destra: Tamburi / 1945. Certificato su foto di Angela Negri Bevilacqua. Stima E 14.000 / 20.000


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René Paresce Carouge 1886 - Parigi 1937

Paesaggio, (1912)

Sigla in basso a sinistra: R.P.

Esposizioni Da de Chirico a Fontana. Gli anni d’oro di Montecatini Terme, Montecatini Terme, Terme Tamerici, 27 settembre 3 novembre 2002, cat. p. 73, illustrato (opera datata 1918).

Storia Galleria Gissi, Torino; Collezione privata

Bibliografia Rachele Ferrario, René Paresce. Catalogo ragionato delle opere, Skira editore, Milano, 2012, pp. 56, 153, n. 3/12.

Certificato su foto di Rachele Ferrario, 14 ottobre 2002.

Stima E 14.000 / 20.000

Olio su tela, cm. 51x47,5


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Filippo de Pisis Ferrara 1896 - Milano 1956

Natura morta, 1943 Olio su tavola, cm. 27x41 Firma e data in basso a sinistra: Pisis 43. Opera registrata presso l’Associazione per Filippo de Pisis, Milano, al n. 01141. Stima E 9.000 / 14.000


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Ottone Rosai Firenze 1895 - Ivrea (To) 1957

Via San Leonardo, 1955 ca. Olio su tela, cm. 65x50 Firma in basso a destra: O. Rosai; sul telaio: “Via San Leonardo” 1955: etichetta Nella Longari Antichità. Certificato su foto di Luigi Cavallo, Milano, 8 ottobre 2019. Stima E 8.000 / 14.000


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Ottone Rosai Firenze 1895 - Ivrea (To) 1957

Case con cipressi, 1956 ca. Olio su tela, cm. 65,2x50 Firma in basso a destra: O. Rosai. Al verso sulla tela: etichetta, due timbri e tre sigle Raccolta Giraldi, Livorno - Firenze; sul telaio: timbro e sigla Bruno Giraldi. Certificato su foto di Luigi Cavallo, Milano, 19 ottobre 1987. Stima E 12.000 / 18.000


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Pietro Annigoni Milano 1910 - Firenze 1988

L’incendio, 1937 Tempera grassa su tela, cm. 62x92,5 Monogramma dell’artista e data in basso a destra: XXXVII. Scheda critica di Emanuele Barletti, Museo e Archivio Pietro Annigoni, Firenze, 13-5-2019. Bibliografia Pietro Annigoni, Gonnelli, Firenze, 1945, p. 14, tav. b (particolare, con titolo Bozzetto). Stima E 55.000 / 85.000

Si tratta di un’opera pressoché sconosciuta di Annigoni del periodo giovanile. Risale, infatti, al 1937, come è indicato sotto la sigla del pittore. Un dettaglio in bianco e nero del dipinto, citato come “bozzetto”, è pubblicato nella monografia dedicata al Maestro pubblicata da Gonnelli nel 1945. La scena raffigura un gruppo di figure che cercano di mettersi in salvo attraverso i tetti nel divampare di un incendio sottostante. L’ambientazione è a Firenze con il campanile e la cupola del Duomo sullo sfondo. Annigoni probabilmente si è ispirato ad un episodio accaduto realmente e di cui deve essere stato testimone oculare dal momento che si riconosce nel dipinto, dietro le fiamme, la facciata di Palazzo Cocchi Serristori, che si trova in piazza Santa Croce dove il maestro in quegli anni aveva lo studio. Alla singolarità del soggetto si aggiunge la qualità assoluta dell’opera pertinente alla prima maturità dell’artista, non ancora trentenne, che realizza con straordinaria efficacia il dramma della fuga dinanzi al pericolo incombente, in una composizione complessa e rara. Tali caratteristiche, unitamente alle misure importanti del quadro, ci danno la chiara percezione di trovarci dinanzi ad un capolavoro giovanile, cui si aggiunge la soddisfazione della scoperta di un’opera sostanzialmente inedita nel lungo percorso di Annigoni di solito assai documentato sul piano visivo, sia per quanto concerne i dipinti più conosciuti, sia per quelli meno noti al vasto pubblico. Emanuele Barletti Curatore scientifico del Museo & Archivio Pietro Annigoni


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Pietro Annigoni Milano 1910 - Firenze 1988

Autoritratto Olio su cartone telato, cm. 39,6x29,6 Firma in basso a sinistra: Pietro Annigoni; dedica e firma al verso: ad [...] / cordialmente / Pietro Annigoni. Stima E 5.000 / 8.000


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Xavier Bueno Vera de Bidesoa 1915 - Fiesole (Fi) 1979

Natura morta, (1948) Olio su tela, cm. 48x65,7 Firma in basso a sinistra: Xavier Bueno. Certificato su foto di Raffaele Bueno, con n. XB0122019. Stima E 5.000 / 8.000


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Mario Sironi Sassari 1885 - Milano 1961

Composizione, metĂ anni Quaranta Tempera su carta, cm. 37x50 Firma in basso a sinistra: Sironi. Al verso: timbro Galleria del Milione, Milano, con n. 4345. Certificato su foto di Francesco Meloni. Stima E 8.000 / 14.000


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Mario Sironi Sassari 1885 - Milano 1961

Composizione con figure, 1940 ca. Tempera su carta, cm. 45,7x33 Firma in basso a destra: Sironi. Al verso: Galleria del Milione, Milano, con n. 4333. Certificato su foto di Francesco Meloni. Stima E 8.000 / 14.000



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Roberto Marcello (Iras) Baldessari Innsbruck 1894 - Roma 1965

Raccolta delle olive, 1918-19 Matita grassa su carta, cm. 27x20,5 Sigla in basso a destra: R.M.B. Esposizioni Baldessari, Opere 1915 - 1934, a cura di Maurizio Scudiero, Cortina d’Ampezzo, Galleria d’Arte Frediano Farsetti, 27 dicembre 2008 - 7 gennaio 2009, poi Milano, Farsettiarte, 15 gennaio - 14 febbraio 2009, cat. n. 37, illustrata a colori. Stima E 6.000 / 9.000 521 522

Roberto Marcello (Iras) Baldessari Innsbruck 1894 - Roma 1965

Dinamismo di case - 2, 1915 Matita e biacca su carta ocra, cm. 31,9x24,5 Luogo, sigla e data in basso a destra: Rovereto 6° R.M.B. 1915. Certificato con foto Archivio Unico per il Catalogo delle Opere Futuriste di Roberto Marcello Baldessari, Rovereto, 14 gennaio 2008, con n. B15 - 60. Esposizioni Baldessari, Opere 1915 - 1934, a cura di Maurizio Scudiero, Cortina d’Ampezzo, Galleria d’Arte Frediano Farsetti, 27 dicembre 2008 - 7 gennaio 2009, poi Milano, Farsettiarte, 15 gennaio - 14 febbraio 2009, cat. n. 5, illustrata a colori. Stima E 5.000 / 8.000

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Roberto Marcello (Iras) Baldessari Innsbruck 1894 - Roma 1965

Studio di figura 2, 1916 ca. Carboncino, acquerello e matita su carta, cm. 30,1x19,5 Sigla in basso a destra: R.M.B., titolo in basso al centro: Studio di figura 2. Al verso abbozzo di altra composizione a carboncino con Studio Dinamico, probabilmente della fine del 1915. Esposizioni Baldessari, Opere 1915 - 1934, a cura di Maurizio Scudiero, Cortina d’Ampezzo, Galleria d’Arte Frediano Farsetti, 27 dicembre 2008 - 7 gennaio 2009, poi Milano, Farsettiarte, 15 gennaio - 14 febbraio 2009, cat. n. 24, illustrato a colori. Stima E 7.000 / 9.000

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Roberto Marcello (Iras) Baldessari Innsbruck 1894 - Roma 1965

In trincea, 1918 ca. Olio e tempera su cartone, cm. 21x31 Sigla in basso a destra: R.M.B. Al verso: timbro La Vetrina di Chiurazzi / Al Babuino / Roma. Certificato con foto Archivio Unico per il Catalogo delle Opere Futuriste di Roberto Marcello Baldessari, Rovereto, 19 settembre 2014, con n. B18-42. Stima E 12.000 / 18.000 524

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Giacomo Balla Torino 1871 - Roma 1958

Motivo floreale per ricamo, 1918 ca. Tempera su carta applicata su tela, cm. 13,4x19,7 Firma in basso al centro: Balla. Al verso: etichetta dattiloscritta di Casa Balla: etichetta Collezione Sbath Michele Lucia. Storia Casa Balla, Roma; Galleria Marescalchi, Bologna; Collezione privata Certificato su foto di Elena Gigli, Roma, 12 aprile 2018, archivio Gigli serie 2018, n. 800. Stima E 6.000 / 9.000 525


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Giacomo Balla Torino 1871 - Roma 1958

Dramma di paesaggio, 1925-29 Tempera grassa su carta applicata su tela, cm. 24,5x34,5 Timbro in basso a destra: Balla / Futurista; in alto a sinistra: N. 49. Storia Casa Balla, Roma; Collezione privata, Milano; Collezione privata Esposizioni Giacomo Balla. La nuova maniera 19201929, a cura di Elena Gigli, Farsettiarte, Cortina d’Ampezzo, 27 dicembre 2014 - 10 gennaio 2015, poi Milano, 22 gennaio - 28 febbraio 2015, cat. n. 9, illustrata a colori.

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Stima E 15.000 / 25.000

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Giacomo Balla Torino 1871 - Roma 1958

Motivo prismatico, 1925-29 Tempera grassa su carta applicata su tela, cm. 24,5x34,5 Timbro in basso a destra: Balla / Futurista; in alto a sinistra: N. 37. Storia Casa Balla, Roma; Collezione privata, Milano; Collezione privata Esposizioni Giacomo Balla. La nuova maniera 19201929, a cura di Elena Gigli, Farsettiarte, Cortina d’Ampezzo, 27 dicembre 2014 - 10 gennaio 2015, poi Milano, 22 gennaio - 28 febbraio 2015, cat. n. 16, illustrata a colori. Stima E 15.000 / 25.000 527


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Giulio D’Anna Villarosa (En) 1908 - Messina 1978

Studio pubblicitario per L’Aeronautica Italiana, 1935-36 Tecnica mista su carta, cm. 45x60 Firma a sinistra: G. D’Anna. Certificato su foto Archivio Storico Futuristi Siciliani, Palermo. Stima E 5.000 / 8.000


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Fortunato Depero Fondo, Val di Non (Tn) 1892 - Rovereto (Tn) 1960

Tacchino (Studio-colore per arazzo), 1937 Tempera su tavola, cm. 45 ø Firma e data in basso: F. Depero / Rovereto XV. Al verso: etichetta Galleria Giraldi, Livorno: etichetta e due timbri Galleria la Polena, Genova. Storia Galleria la Polena, Genova; Galleria Giraldi, Livorno; Collezione privata

Certificato su foto di Rosetta Depero in data gennaio 1970 e di Bruno Passamani, Brescia, 7/X/1993 (in fotocopia); certificato con foto Archivio Unico per il Catalogo delle Opere Futuriste di Fortunato Depero, Rovereto, 8 aprile 2011, con n. FD-0489-DIP. Stima E 7.000 / 12.000


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Gerardo Dottori Perugia 1884 - 1977

Saltatore con l’asta, 1934 Tempera su tavola, cm. 101,5x155,5 Firma e data in basso a destra: Dottori / A XII. Al verso: etichetta XI. Olimpiade Berlino 1936 / Concorso ed Esposizione d’Arte: etichetta Unione Provinciale Fascista Professionisti ed Artisti / Sesta Mostra d’Arte / del Sind. Interprov. Fascista Belle Arti dell’Abruzzo e Molise / Chieti - MCMXXXIX - XVII E. F. Chieti: etichetta Lo Sport nell’Arte / Dallo spazio agonistico allo spazio / della tela, dal gesto atletico alla scultura / Palazzo Salmatoris - Cherasco (Cn) / 15 settembre - 16 dicembre 2012. Certificato su foto di Enrico Crispolti, Roma, 10 marzo 1987. Esposizioni IV Mostra Interprovinciale d’Arte, Perugia, Sala dei Notari, 30 settembre - 23 ottobre 1935, cat. p. 338, n. 16, illustrata; XI Olimpiade, Berlino, 1936; X Mostra Arte e Sport, Firenze, La Nuova Strozzina, Palazzo Strozzi, 18 marzo - 4 aprile 1982, cat. p. n.n., illustrata.

Fotogramma da Olympia di Leni Riefenstahl, 1938

Bibliografia Il Legionario, 16 giugno 1934, n. 24; Gerardo Dottori pittore perugino, testo di U. Moretti, Istituto Statale d’Arte, Perugia, 1957, p. n.n.; Gerardo Dottori Futurista, Arte Moderna Italiana n. 55, All’Insegna del Pesce d’Oro, Milano, 1968, tav. 42; Tancredi Loreti, Guido Ballo, Dottori, aereopittore futurista, Editalia, Roma, 1970, n. 141; Anna Caterina Toni, Futuristi nelle Marche, De Luca, Roma, 1982, n. 98; Massimo Duranti, Gerardo Dottori. Catalogo generale ragionato, 2 volumi, Effe Fabrizio Fabbri Editore, 2006, vol. II, p. 504, n. 293-1176. Opera dichiarata di interesse storico-artistico con decreto ministeriale in data 11/10/2012. Stima E 100.000 / 160.000


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Gino Severini Cortona (Ar) 1883 - Parigi 1966

Arlecchino con mandolino, 1943 Olio su cartone, cm. 39,6x30 Firma in basso a destra: G. Severini. Storia Collezione Severini, Roma; Collezione privata, Roma; Galleria Toninelli, Milano; Collezione privata Bibliografia Catalogo delle Edizioni d’Arte De Luca, De Luca, Roma, 1961, copertina; Maurizio Fagiolo dell’Arco, Gino Severini prima e dopo l’opera. Documenti, opere ed immagini, Electa Editrice, Milano, 1983, p. 69; Daniela Fonti, Gino Severini. Catalogo ragionato, Mondadori Daverio, Milano, 1988, p. 484, n. 698. Stima E 35.000 / 55.000

Gino Severini, affreschi del Castello di Montegufoni, 1920


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Fillia Revello (Cn) 1904 - Torino 1936

Senza titolo Olio su tela, cm. 60x58 Firma in basso a destra: Fillia. Stima E 27.000 / 37.000

Fillia, Comunicazioni marittime, mosaico, La Spezia, Palazzo delle Poste


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L'arte italiana tra le due guerre


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Felice Casorati Novara 1883 - Torino 1963

Natura morta con la maschera rossa, 1943 Olio su tela, cm. 46x37,5 Firma in basso a destra: F. Casorati. Al verso sul telaio: timbro Galleria d’Arte R. Rotta, Genova; sulla cornice: etichetta Centro Matteucci per l’Arte Moderna / Viareggio / 7 luglio 2017 - 5 novembre 2017. Bibliografia Giorgina Bertolino, Francesco Poli, Felice Casorati Catalogo Generale. I dipinti (1904-1963), 2 volumi, Umberto Allemandi e C., Torino, 1995, vol. I, p. 383, n. 731, vol. II, fig. 731. Stima E 30.000 / 40.000

Mosaico con maschere sceniche, II sec. d.C., Roma, Musei Capitolini


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Carlo Carrà Quargnento (Al) 1881 - Milano 1966

Case sul lago (Paesaggio lacustre), 1927 Olio su tela, cm. 70x90 Firma e data in basso a destra: C. Carrà 927. Al verso sulla tela: etichetta e timbro Galleria dell’Annunciata, Milano, con n. 3635: etichetta Galleria Gissi, Torino, “Omaggio a Carrà”, cat. 7: etichetta “Il paesaggio di Carrà”, Acqui Terme, Palazzo Liceo Saracco, 13 luglio - 8 settembre 1996, n. 17: etichetta Rizziero Arte, Teramo, con n. 1102; sul telaio: etichetta Galleria Annunciata, Milano, con n. 2460: timbro Galleria del Milione, Milano, con n. 3214: timbro Il Milione, Milano: etichetta e timbro Studio d’Arte Campaiola, Roma. Storia Collezione A. Masciotta, Torino; Collezione privata, Torino; Collezione privata Esposizioni Omaggio a Carrà, Torino, Galleria Gissi, novembre 1969, cat. n. 7, illustrato a colori; Il paesaggio di Carrà, Acqui Terme, Palazzo Liceo Saracco, 13 luglio - 8 settembre 1996, cat. p. 48, n. 17, illustrato a colori; Omaggio a Carrà, Roma, Studio d’Arte Campaiola, 25 ottobre - 16 dicembre 2001, cat. n. 29, illustrato a colori;

Paul Cézanne, Lac d’Annecy, 1896, Londra, The Courtauld Gallery

Galleria Bonaparte, Milano, ottobre 2005; Le avventure della forma. Dall’espressività di Viani, Sironi, Rosai, alla realtà allucinata di Ligabue. Transavanguardia e oltre, a cura di Enrico Dei e Marco Moretti, Seravezza, Palazzo Mediceo, 1 luglio - 9 settembre 2012, cat. p. 81, illustrato a colori; Ardengo Soffici. Giornate di paesaggio, 50 opere a cinquant’anni dalla scomparsa e 15 paesaggi di pittori italiani, a cura di Luigi Cavallo, Poggio a Caiano, Scuderie Medicee, Museo Soffici e del ‘900 italiano, 26 aprile - 27 luglio 2014, cat. pp. 108, 109, illustrato a colori. Bibliografia Massimo Carrà, Carrà, tutta l’opera pittorica volume I, 19001930, L’Annunciata / La Conchiglia, Milano, 1967, pp. 487, 593, n. 20/27; Massimo Carrà, Piero Bigongiari, L’opera completa di Carrà, dal futurismo alla metafisica e al realismo mitico 1910-1930, apparati critici e filologici di Massimo Carrà, Classici dell’arte, Rizzoli, Milano, 1970, n. 177. Stima E 65.000 / 95.000


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Tre capolavori di Ottone Rosai tra 1919 e 1922 “Non ricordo da ragazzo di aver mai fatto strabiliare nessuno per le mie qualità disegnative. Anzi, in quell’età, ora che ci ripenso, non ho mai fatto un disegno. Neanche di quelli che tutti i ragazzi fanno sui muri o sui fogli e cioè gli omini con un tondo per testa, un rigo pel corpo, due righi per bracci, altri due per le gambe e le mani e i piedi a forchetta. No, neanche uno. E, quando giocavo al lupo e le pecore, lasciavo fare al compagno il tracciato del gioco. La mia prima giovinezza è stata un deserto d’idee per quanto concernesse il mio avvenire. È a dodici anni, finite l’elementari, che il problema mi vien posto innanzi dai miei genitori: o seguiti negli studi – mi fu detto – o scegli un mestiere. E più come scusa che con convinzione dissi loro che sarei voluto andare in una scuola di disegno. Non mi fecero difficoltà, dato che mio padre sarebbe stato ambizioso che avessi imparato il disegno e avessi così potuto continuare la sua piccola industria di mobili, e fui iscritto perciò all’Istituto di Arti Decorative allora esistente in piazza S. Croce. Ma tutto quel mondo scolastico non era per me e le formule e i catechismi fecero crollare quelle mia finta volontà e bene presto mi trovai messo fuori di scuola col titolo d’inadempiente. Non mi persi di coraggio e persuasi mio padre a iscrivermi alla R. Accademia di Belle Arti. In questa non cambiarono di molto le cose e infatti era di tutti i giorni l’umiliazione davanti ai professori per il mio non saper ritrarre né dalle teste di gesso né dai pannelli e formelle decorative che davano a copiare” (Ottone Rosai, Taccuini, in Id., Scritti dispersi. Edizione postuma dalle carte di Carlo Cordiè, a cura di Giuseppe Nicoletti, Polistampa, Firenze, 2018, p. 417). Comincia così, più “come scusa che con convinzione”, la carriera di uno dei maggiori protagonisti dell’arte italiana del Novecento; già da questa ricostruzione dei suoi esordi artistici avvenuti quasi per caso si riescono a tratteggiare alcune costanti del suo temperamento: la coscienza del lavoro, con la figura centrale del padre, piccolo mobiliere, l’insofferenza verso i canoni accademici tradizionali e il carattere ribelle, che non lo abbandonerà mai. Nonostante questo disorientamento iniziale, la pittura diverrà ben presto per Ottone una vera e propria vocazione perseguita con tenacia per tutta la vita, nonostante insuccessi, difficoltà e incomprensioni: “Mettiti bene in testa, io sono un povero diavolo che à la religione della pittura, sola e unica mia fede che sento di non poter mai raggiungere e di mancarle tutti i giorni di più” (Lettera alla moglie Francesca, 1 ottobre 1922). Avviene alla fine del 1913 il primo scatto decisivo del suo percorso: nel novembre - dicembre in un locale di via Cavour a Firenze espone per la prima volta le sue opere, dal sapore decadente, quasi maudit, nate dalle suggestioni della poesia francese; nella stessa via, contemporaneamente, aveva luogo la mostra dei Futuristi di Lacerba. È Giovanni Papini a portare il gruppo a vedere le opere dell’esordiente, esse piacciono e Rosai è subito invitato a far parte del movimento, a cui il giovane, dal carattere tumultuoso così affine alle idee e ai comportamenti irriverenti e antiperbenisti dell’avanguardia italiana, aderisce con entusiasmo e convinzione. In quest’occasione avviene anche l’incontro fatidico con la figura di Ardengo Soffici, con cui si lega da subito di profonda amicizia e che sarà il suo vero e proprio mentore; Rosai lo considererà sempre, anche successivamente al deterioramento dei loro rapporti, un “fratello maggiore”. Sarà Soffici a fargli conoscere la pittura francese senza la necessità di recarsi in Francia, e sempre lui gli farà vedere con occhi nuovi l’arte italiana del Trecento e del Quattrocento. Sono nel segno del cubofuturismo di Soffici i dipinti futuristi di Rosai: egli si accosta all’avanguardia in modo non intellettualistico come il suo maestro, ma già da subito sviluppando un rapporto viscerale con le cose, che la scomposizione e la semplificazione cubista gli consente di approfondire senza gli obblighi e gli orpelli del descrittivismo accademico. In piena sintonia con il movimento, insieme al quale esporrà a Roma da Sprovieri nel 1914, il giovane pittore partecipa attivamente alle manifestazioni interventiste: allo scoppio del primo conflitto mondiale arruolarsi è un passaggio naturale. L’esperienza della guerra, per Rosai come per

Ottone Rosai, Saliera e ciliegia, 1919, già Collezione Gonnelli, Firenze

Giorgio Morandi, Natura morta, 1918, Milano, Pinacoteca Nazionale di Brera


moltissimi intellettuali e artisti della sua generazione, sarà determinante: egli partecipa a numerose azioni e viene ferito, fa domanda per entrare nel battaglione d’assalto degli Arditi e, nuovamente ferito sul Monte Grappa, è decorato al valor militare; nel 1919 uscirà alle stampe un colorito diario degli anni trascorsi da soldato, il Libro di un teppista: “La guerra oltre ad aver sconvolto la faccia delle cose aveva sconvolto anche i nostri animi e i nostri cervelli fino a metterli davanti a una nuova realtà tutta diversa da quella fino allora vissuta” (Ottone Rosai, Il Nuovo Corriere, 31 dicembre 1953). Al suo ritorno a Firenze, riprendendo il lavoro di mobiliere a fianco del padre nella bottega di via Toscanella, nell’Oltrarno fiorentino, il linguaggio futurista lentamente si distilla in una nuova urgenza espressiva, sia stilistica che tematica. Nel 1919 un’altra avanguardia si era affermata in Italia, di tono opposto al chiassoso e dinamico movimento futurista: la Metafisica di Giorgio de Chirico e Carlo Carrà. Uno dei due protagonisti, Carrà, condivideva con Rosai lo stesso passato di militanza nel gruppo di Boccioni e Marinetti, ma sentiva proprio in questi anni il Ottone Rosai, Concertino, (1924), già Collezione Jesi, Milano richiamo verso una pittura distante dalla rappresentazione della modernità, della velocità e del tumulto degli stati d’animo, che tornasse alla chiarezza espressiva e sintattica dei Primitivi Italiani. Anche Soffici nello stesso periodo teorizzava la necessità dell’abbandono del cubofuturismo in favore di un “ritorno all’ordine”, sperimentando il nuovo linguaggio attraverso la realizzazione di nature morte. Rosai, mediante il filtro di Soffici, sceglie dunque di dedicarsi a questo genere per depurare la sua sintassi compositiva, e dà vita a un gruppo celebre di opere che inaugurano la fase forse più felice di tutta la sua produzione, in cui egli riesce a definire la sua identità poetica. Similmente alle ricerche coeve di Carrà, de Chirico e Morandi negli stessi cruciali mesi, gli oggetti che Rosai descrive sono semplicemente posti su un piano astratto, nessun elemento sul fondo o sulla superficie d’appoggio suggerisce l’esistenza di un luogo o di un tempo specifici, l’aneddoto è totalmente escluso dalla rappresentazione. Ma se i pittori metafisici infondevano agli oggetti di uso comune un carattere straniante, operando accostamenti enigmatici di forme che suggerivano nella pittura l’esistenza di una dimensione altra, al di là del reale, le nature morte di Rosai sono profondamente calate nell’esistenza fisica del suo autore, che depura sì le forme, ma le descrive con una lingua brusca, scabra, elementare. Un amico dell’artista, Remo Chiti, racconta nel 1920 che Rosai gli disse: “Vo’ vedere, che ti fo i’ llegno com’è, e ssopra, una saliera co’ grani di ssale a uno a uno?”; è quest’urgenza di ricostruire il reale risalendo allo stadio primo dell’esistenza, quello essenziale e ruvido dei Primitivi, che muove Rosai nel realizzare questo ciclo di opere, di cui Bottiglia e ciotola, il primo dei tre capolavori realizzati tra 1919 e 1922 presentati in catalogo, fa parte. Se l’aneddoto raccontato da Chiti può attendibilmente riferirsi al piano di legno reso quasi virtuosisticamente in Saliera e ciliegia, 1919, già Collezione Gonnelli, Firenze, nel nostro dipinto il piano su cui Rosai dispone la bottiglia dal collo allungato e il portacipria globulare è di un marmo lattiginoso, intervallato da sottili venature grigiastre. Nessuno stacco tra piano e sfondo che possa alludere a una spazialità prospetticamente definita, egli lascia che l’appoggio “si espanda e si dilati in modo uniforme, ponendo sul bianco appena striato […] i due oggetti nella loro nuda, umile semplicità. Il punto di vista si mantiene e si fissa in modo costante, ed è questo l’angolo con cui l’artista guarderà in seguito i suoi interni, i suoi paesi, le sue vie. Scompaiono anche le ombre perché la bottiglia e la ciotola si isolano nella nettezza della loro forma” (Pier Carlo Santini, Rosai, Vallecchi, Firenze, 1960, pp. 144, 145). Così come le forme, anche i colori subiscono questo processo di depurazione: Rosai riduce la tavolozza a tre toni primari, il verde acqueo, prezioso, del vetro della ciotola e della bottiglia e il rosso dell’etichetta, che si stagliano violenti e accesi, accrescendo la prepotente presenza dei volumi, sulla pura superficie, di un chiaro quasi abbagliante, del fondale marmoreo.


Ottone Rosai, Via Toscanella, 1922, già Collezione Enrico Vallecchi, Firenze

Beato Angelico, Giudizio Universale, 1431 ca., Firenze, Museo Nazionale di San Marco (part.)

Trovati attraverso lo studio di queste forme primarie gli elementi distintivi della sua nuova lingua, Rosai è finalmente pronto a uscire dallo studio e a tornare a ritrarre i soggetti a lui più intimamente connessi, quelli con cui arriverà a identificarsi tutta la sua parabola creativa e umana: gli abitanti e i paesaggi della sua città e del suo contado. Osservatore instancabile della gente del quartiere in cui vive e lavora, l’Oltrarno di Santo Spirito e San Frediano, e dei personaggi che incontra durante le sue giornate, egli passerà alla storia come il ‘pittore degli omini’. Tra questi, un posto d’elezione lo riserva ai personaggi che egli osservava nelle lunghe mattine e nelle serate trascorse nei caffè di Firenze, soprattutto il Caffè Paszkowski, affollati a ogni ora del giorno di tavolate di uomini intenti a leggere, conversare anche in toni accesi, giocare a carte o ascoltare la musica delle orchestrine. Così Romano Bilenchi lo descrive seduto a uno dei tavolini del caffè: “Rosai era allora un uomo giovane, taciturno, che interveniva raramente nel discorso che gli si svolgeva intorno se questo non riguardava la pittura oppure se non c’era da difendere qualcuno che avesse patito un’ingiustizia. […] A un tratto voltava la testa verso una delle porte: uno, due, tre, quattro uomini stavano entrando nel caffè. Rosai, con gli occhi subito accesi, li fissava, li seguiva osservando il loro modo di camminare finché non si erano seduti, li scrutava ancora a lungo, poi, tirato fuori di tasca un blocco da appunti, si metteva a ritrarre uno di essi che beveva il caffè o leggeva il giornale, o due uomini che, accanto, o l’uno dinanzi all’altro, ragionavano calmi. Anche Rosai era tranquillo, quasi più immobile di prima, dava rarissime rapide occhiate verso il tavolo dei suoi soggetti, poi disegnava a lungo, spesso ripetendo il disegno su tre, quattro fogli. […] Guardava con immensa meraviglia gli uomini che disegnava come a confrontarli con immagini che avesse nella memoria, ma subito quella meraviglia si tramutava in ansia, in tensione. E si capiva che quest’ansia, questa tensione, erano fatte di un’immensa certezza” (Romano Bilenchi, I silenzi di Rosai, Firenze, 1971, p. 15). Da queste lunghe osservazioni nasce un piccolo gioiello come Concertino, realizzato nel 1920 o 1921 sulla base compositiva di un disegno datato 1920; la piccola tela è da considerarsi il prototipo per dipinti successivi di più ampio respiro ma di analogo impianto, già nelle collezioni Mazzotta e Jesi. Rispetto al disegno, Rosai nella tela epura tutti gli elementi architettonici per concentrarsi sulle sole figure che creano un gruppo unico, architettonicamente serrato, con le diverse inclinazioni delle teste che sembrano seguire il ritmo della musica; la tavolozza scura delle giacche, delle sedie e degli strumenti è rischiarata dalla luce artificiale del caffè che illumina i volti di profilo dei musicanti. Di nuovo Rosai riesce, anche in questi incunaboli, a restituirci lo spirito dell’umanità che popolava i locali notturni della Firenze del primo dopoguerra senza mai scivolare nella retorica o nell’aneddoto, regalandoci uno scorcio fresco e immediato, volutamente sgrammaticato e popolare nel senso più autentico del termine, della realtà a lui contemporanea. Questo spirito troverà il suo massimo punto di arrivo nei dipinti dell’anno successivo, il cruciale 1922, di cui Incontro in Via Toscanella è uno degli esempi più emblematici. Nel febbraio 1922 un evento tragico scuote la vita del pittore: l’amato padre, oppresso dai debiti, si suicida buttandosi in Arno; Ottone


Ottone Rosai, Via Toscanella, 1922, già Collezione Piccioli-Zavagli, Firenze

Masaccio, San Pietro che risana con l’ombra, 1424-28, Firenze, Cappella Brancacci

deve farsi carico della bottega, e comincia a lavorare a tempo pieno nella falegnameria di via Toscanella. Proprio questa strada diviene la protagonista di tre dei suoi quadri più celebri, le due versioni in cui è protagonista la strada, già nelle collezioni Vallecchi e Zavagli, e il dipinto presentato in catalogo, dove l’inquadratura si restringe e, come in un close-up, emerge prepotente un gruppo composto da tre figure di donna in conversazione. Appartengono alla comunità delle borgate del centro fiorentino, a quel sottoproletariato che vive di lavori umili e di espedienti descritto nei romanzi dell’amico Pratolini: “La nostra vita erano le strade e piazze del Quartiere, fiorentini di antica razza, di “antico pelo” dicevamo scherzando. Si stava agli angoli delle vie, sotto la Volta ove fu trafitto Corso Donati, e ci si stava senza alcun sospetto di tutto questo, “popolo minuto” sempre, fatto ignaro ormai, ciompi da se stessi traditi” (Vasco Pratolini, Il quartiere, 1944). Di questi ultimi Rosai, senza retorica né pietismo, diverrà il vero poeta, ricongiungendosi idealmente, per poter cantare le loro gesta, allo spirito dei grandi fiorentini del Trecento e del Quattrocento, gli amatissimi Giotto, Beato Angelico e Masaccio su tutti. “Come un ragazzo discolo si è intrufolata insieme a altri lazzaroncelli tra Via Maggio e Via Guicciardini riuscendo a tenere il primo posto, il posto di comando, al centro della zona. I pochi borghesi che più per errore che per volontà si trovano a passarvi si trovano in grande disagio e più d’una volta qualcuno di questi ha affacciato idee di sventramento, in verità meriterebbero di essere sventrati loro. Via Toscanella campa del suo, e non ha bisogno né di aiuti, né di riguardi, Ogni casa è una storia e tutte insieme un poema epico ispirato a tempi grandiosi. Ogni finestra spalanca la sua bocca nera sulla strada maledicendo la mediocrità. […] Generalmente sono muraglie antichissime parte in pietra e parte in mattoni e calcina. Una ha sposato l’altra fino a raggiungere un insieme giallastro che predomina accanto a delle chiazzate rosa e nere che in qua e là affiorano come note d’amore in un inno alla guerra, infatti quest’ammasso di cubi, di rettangoli sovrapposti e appoggiati l’uno all’altro dall’aspetto quasi ferrigno hanno l’aria di vecchi guerrieri superstiti di mille battaglie. Gli abitanti sono gente attaccata alla razza; asciutti, scaltri e ancora ricordanti i fiorentini della prima cerchia. […] Piaccia o non piaccia questa è la nostra repubblica, e una volta qua dentro ognuno si sente un po’ Presidente” (Ottone Rosai, Via Toscanella, 1930). Così il pittore descrive a parole l’incanto di questa via, che nel dipinto si chiude sul fondo come un fondale teatrale, con i suoi muri ocra intervallati dal ritmo cadenzato delle fessure nere delle finestre, sbarrando l’orizzonte alla vista. Le tre donne sono monumentali e ieratiche come le figure descritte tra le strade della città cinque secoli prima da Masaccio nella Cappella Brancacci: solide, immobili, fissate in un momento di conversazione fuggevole nella realtà, per tornare quasi subito ognuna alle proprie faccende, ma nel dipinto reso solenne e potenzialmente eterno. Rosai stabilisce una sorta di equivalenza tra gli abitanti della strada e i suoi muri, come se entrambi fossero lì da sempre: sta alla pittura testimoniare la loro presenza. Chiara Stefani


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Ottone Rosai Firenze 1895 - Ivrea (To) 1957

Bottiglia e ciotola (Natura morta; Il portacipria), 1919 Olio su tela, cm. 30,2x40,4 Firma in basso a destra: O. Rosai; titolo al verso sul telaio: Bottiglia e ciotola: etichetta Museum of Modern Art / Loan 49.1651 / Poli: etichetta Esposizione d’Arte Contemporanea Italiana - Museo d’Arte Moderna New York: due etichette XXVI Esposizione Biennale Internazionale d’Arte di Venezia - 1952, di cui una con n. 215: etichetta e timbro Galleria del Milione, Milano, con n. 1565. Storia Collezione Mentasti, Venezia; Galleria del Milione, Milano; Collezione Camillo Poli, Milano; Galleria Vismara, Milano; Collezione privata Esposizioni Ottone Rosai, Firenze, Palazzo Capponi, 27 novembre 17 dicembre 1920, cat n. 6; Ottone Rosai, prefazione di Ardengo Soffici, Roma, Casa d’Arte Bragaglia, dal 16 novembre 1922, cat. n. 2;

Twentieth-Century Italian Art, a cura di James Thrall Soby e Alfred H. Barr Jr., New York, The Museum of Modern Art, 1949, cat. n. 84, illustrato; XXVI Biennale Internazionale d’Arte,Venezia, 1952, fuori catalogo; Mostra dell’opera di Ottone Rosai, a cura di Pier Carlo Santini, Firenze, Palazzo Strozzi, maggio - giugno 1960, cat. p. 12, n. 19, tav. 10, illustrato. Bibliografia Michelangelo Masciotta, Ottone Rosai, Edizioni Parenti, Firenze, 1940, p. 45, tav. IV (con titolo Natura morta col portacipria e misure errate); Raffaello Franchi, Rosai, in Incontro, 25 luglio 1940; Raffaello Franchi, Ottone Rosai, in Lettere ed Arti, Venezia, novembre - dicembre 1946, p. 14; Alessandro Parronchi, Preistoria di Rosai (1911-1919), in Paragone, n. 25, Firenze, gennaio 1952, p. 39, cit.; Giorgio Castelfranco, Marco Valsecchi, Pittura e scultura italiana dal 1910 al 1930, De Luca, Roma, 1956, p. 51; Pier Carlo Santini, Rosai, Vallecchi Editore, Firenze, 1960, p. 145, n. 60, tav. 60; Giovanni Faccenda, Catalogo Generale Ragionato delle Opere di Ottone Rosai. Primo Volume, Editoriale Giorgio Mondadori, Milano, 2018, p. 305, n. 16. Stima E 90.000 / 130.000

Bottiglia e ciotola (lotto n. 535), esposto alla mostra Twentieth Century Italian Art, New York, Museum of Modern Art, 1949


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Ottone Rosai Firenze 1895 - Ivrea (To) 1957

Concertino (Orchestrina), (1920 o 1921) Olio su tela, cm. 32,2x27,2 Firma in basso a destra: O. Rosai; firma e titolo al verso sul telaio: O. Rosai - Orchestrina - Studio; sulla tela: etichetta Onoranze a Ottone Rosai / Mostra dell’Opera di Ottone Rosai / Firenze - Palazzo Strozzi / Maggio - Giugno 1960, con n. 42.

Faccenda, collaborazione di Luigi Cavallo, Arezzo, Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea, 13 marzo 26 giugno 2005, cat. p. 79, illustrato a colori.

Storia Collezione Andreina Barton Materassi, Firenze; Collezione privata

Bibliografia Pier Carlo Santini, Rosai, Vallecchi Editore, Firenze, 1960, pp. 153, 154, n. 221; Giovanni Faccenda, Catalogo Generale Ragionato delle Opere di Ottone Rosai. Primo Volume, Editoriale Giorgio Mondadori, Milano, 2018, p. 320, n. 31.

Esposizioni XXVI Biennale di Venezia, 1952, sala X, cat. p. 85, n. 14 (con titolo Orchestrina e data 1920); Mostra dell’Opera di Ottone Rosai, a cura di Pier Carlo Santini, Firenze, Palazzo Strozzi, maggio - giugno 1960, cat. p. 23, n. 42; Toscana del ‘900. La Toscana dell’Arte, a cura di Giovanni

Ottone Rosai, Concertino, 1920

Restauri. Stima E 25.000 / 35.000


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Ottone Rosai Firenze 1895 - Ivrea (To) 1957

Incontro in via Toscanella, 1922 Olio su tela, cm. 75x37 Firma in basso a sinistra: O. Rosai. Al verso sulla tela: etichetta The Institute of Contemporary Art / Boston / Exhibition of / Contemporary Italian Paintings / with the collaboration of / The Galleria del Cavallino of Venice: timbro Galleria Annunciata; sul telaio: etichetta Galleria d’Arte Cairola, Milano, con n. 5: timbro Vittorio E. Barbaroux Galleria d’Arte, Milano: cartiglio manoscritto con dati dell’opera e n. 4: etichetta Arte Moderna in Italia / 1915 - 1935 / Mostra in Palazzo Strozzi / Firenze / Novembre 1966 - Febbraio 1967, con n. 1525: etichetta Opera Esposta alla Mostra / dei / Cinquant’Anni di Pittura Italiana / a cura di Ettore Gian Ferrari / Salsomaggiore, maggio - giugno 1949: etichetta Premio Nazionale di Pittura e Scultura / “Città di Milano” 1948: etichetta Mostra Nazionale di Pittura Premio “Golfo della Spezia” / organizzata in Lerici dall’Ente Provinciale per il Turismo della Spezia: due etichette, di cui una con n. 215, XXVI Esposizione Biennale Internazionale d’Arte - Venezia 1952 / Artisti Invitati: etichetta Ottone Rosai / nel Centenario della nascita / Dal 18 marzo al 15 giugno 1995 / Galleria Pananti, Firenze: etichetta 5° Premio di Pittura “F. P. Michetti” / Francavilla a Mare - agosto - settembre 1951: etichetta Ottone Rosai / opere dal 1911 al 1957 / Circolo degli Artisti / Torino - Aprile / Maggio 1983, con n. 15: etichetta Comune di Arezzo / Galleria Comunale d’Arte Moderna / Ottone Rosai / Umanità: pittura e segno / Palazzo Chianini - Vincenzi / Sala di Sant’Ignazio / 9 novembre 2001 - 20 gennaio 2002: timbro Opera Esposta alla Galleria del Naviglio di Milano dal 10/50, con n. 1262: etichetta Mostra d’Arte Italiana / in Svizzera: etichetta e due timbri Galleria dell’Annunciata, Milano: etichetta e due timbri, di cui uno con n. 1262, Galleria del Naviglio, Milano. Storia Collezione Carlo Cardazzo, Venezia; Collezione Blanc, Milano; Collezione privata Esposizioni XXVI Biennale di Venezia, 1952, sala X, cat. p. 85, n. 29; Arte Moderna in Italia 1915-1935, a cura di Carlo Ludovico Ragghianti, Firenze, Palazzo Strozzi, 26 febbraio - 28 maggio 1967, cat. p. 238, n. 1289, illustrato; Ottone Rosai. Opere dal 1911 al 1957, a cura di Pier Carlo Santini, Torino, Palazzo Graneri, aprile - maggio 1983, cat. p. 60, n. 15, illustrato; Ottone Rosai. Opere dal 1911 al 1957, a cura di Pier Carlo Santini, Roma, Galleria Nazionale di Arte Moderna, 20 luglio 18 settembre 1983, cat. p. 70, n. 19, illustrato; Ottone Rosai. Opere dal 1911 al 1957, a cura di Pier Carlo Santini, Firenze, Palazzo Strozzi, 13 novembre - 18 dicembre 1983, cat. p. 70, n. 19, illustrato;

Ottone Rosai nel Centenario della nascita. Opere dal 1919 al 1957, Firenze, Galleria Pananti, 18 marzo - 15 giugno 1995, cat. n. 12, illustrato; Rosai. Umanità: pittura e segno, a cura di Luigi Cavallo, collaborazione di Giovanni Faccenda, Arezzo, Galleria Comunale d’Arte Moderna, Sala Sant’Ignazio e Palazzo Chianini Vincenzi, 9 novembre 2001 - 20 gennaio 2002, cat. pp. 6, 67, 241, n. 17, illustrato a colori; Cézanne a Firenze. Due collezionisti e la mostra dell’Impressionismo del 1910, a cura di Francesca Bardazzi e Carlo Sisi, Firenze, Palazzo Strozzi, 2 marzo - 29 luglio 2007, cat. p. 231, illustrato a colori; Cinquanta dipinti di Ottone Rosai a 50 anni dalla scomparsa, a cura di Luigi Cavallo, Firenze, Palazzo Medici Riccardi, 27 gennaio - 20 marzo 2008, cat. pp. 65, 182, 183, 184, n. 12, illustrato a colori; Toscana ‘900. Da Rosai a Burri. Percorsi inediti tra le collezioni fiorentine, Firenze, Villa Bardini, 3 ottobre 2015 - 10 gennaio 2016, cat. p. 167, illustrato a colori. Bibliografia Stefano Cairola, Arte italiana del nostro tempo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, Bergamo, 1946, tav. CCXXIX (con data e misure errate); Alessandro Parronchi, Rosai, Arnaud Editore, Firenze, 1947, tav. IX (opera datata 1927); Francesco Arcangeli, La peinture italienne en 1920, in Un demi-siècle d’art italien, Cahiers d’Art, I, Parigi, 1950, p. 214 (con titolo Trois femmes rue Toscanella e data 1929); L. Piccioni, Oggi inaugura la XXVI Biennale di Venezia, in Il Lavoro Nuovo, Genova, 14 giugno 1952; Carlo Volpe, Rosai e i premi della Biennale, in Il Nuovo Corriere, Firenze, 22 giugno 1952; Gian Luigi Giovanola, Gli italiani alla XXVI Biennale di Venezia, in Il Pisanello, luglio - agosto 1952, p. 10; Pier Carlo Santini, O. Rosai, catalogo della mostra, Centro Culturale Olivetti, Ivrea, 1957, pp. 7, 29, fig. 1 e fig. 7; Rinascita, anno XIV, n. 5, maggio 1957, p. 243 (con titolo Incontro di donne in via Toscanella e data errata); Ragguagli d’Italia, dicembre 1957; R. Cantini, Il pittore degli “omini”, in Colloqui, Milano, giugno 1957; Giuseppe Mazzariol, Pittura italiana contemporanea, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, Bergamo, 1958, p. 51; Pier Carlo Santini, Rosai, Vallecchi Editore, Firenze, 1960, pp. 47, 160, n. 18; La rappresentazione della città nella pittura italiana, a cura di Pierluigi De Vecchi e Graziano Alfredo Vergani, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2004, p. 337; Giovanni Faccenda, Catalogo Generale Ragionato delle Opere di Ottone Rosai. Primo Volume, Editoriale Giorgio Mondadori, Milano, 2018, p. 330, n. 42. Stima E 90.000 / 140.000


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Virgilio Guidi Roma 1891 - Venezia 1984

San Giorgio, 1927-28 Olio su tela, cm. 62,5x74,6 Firma in basso a destra: Guidi; dichiarazione di autenticitĂ al verso sulla tela: Autenticato / il 15 gennaio 1972 / Guidi. Storia Collezione Attilio Melo, Milano; Collezione privata

Bibliografia Toni Toniato, Dino Marangon, Franca Bizzotto, Virgilio Guidi. Catalogo generale dei dipinti. Volume primo, Electa, Milano, 1998, p. 154, n. 1927-1928 12. Stima E 15.000 / 25.000


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Carlo Carrà Quargnento (Al) 1881 - Milano 1966

Capanni in riva al mare, 1940 Olio su cartone telato, cm. 40x50 Firma e data in basso a sinistra: C. Carrà 940. Al verso: etichetta e due timbri Galleria dell’Annunciata, Milano, con n. 3695: etichetta 100 Opere / di Carlo Carrà / Prato - 15 maggio - 19 giugno 1971 / Riprodotto nel volume a tav. LXXI. Storia Collezione privata, Firenze; Collezione privata

Esposizioni 100 Opere di Carlo Carrà, Prato, Galleria Farsetti, 15 maggio 19 giugno 1971, cat. tav. LXXI, illustrato a colori. Bibliografia Massimo Carrà, Carrà, tutta l’opera pittorica volume II, 19311950, L’Annunciata / La Conchiglia, Milano, 1968, pp. 351, 694, n. 10/40. Stima E 30.000 / 40.000


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Filippo de Pisis Ferrara 1896 - Milano 1956

La Cupola degli Invalidi con la Torre Eiffel, 1926 Olio su tela, cm. 64,9x49,9 Firma e data in basso a destra: De / Pisis / 26. Al verso sulla tela: ritaglio di giornale con foto dell’opera e scritta: Peintures / 4 toiles par F. de Pisis - 2 toiles par Ch. Camoin / toiles par J. Jansem / Carzou et Lurcat. Certificato di Enrico Piceni, in data 1971; certificato di Giuseppe Marchiori, Venezia, 14 dicembre 1971; opera archiviata presso l’Associazione per Filippo de Pisis, Milano, 18 giugno 2019, con n. 05133. Esposizioni Tableaux Modernes Hotel des Chevau-Léger, a cura di J.P. Chantelle, P. Perrin, D. Fromantin e M.J.C. Bellier, Versailles, dicembre 1970, cat. tav. 10, illustrato. Bibliografia La raccolta Sergio Saleri 1954 - 2005, a cura di Marilena Pasquali, Sergio Saleri, Lumezzane, 2005, pp. 34, 35. Stima E 30.000 / 40.000

Filippo de Pisis a Parigi nel 1925


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I Dioscuri: trionfo del Pictor Classicissimus I gruppi equestri dei Dioscuri del Campidoglio o quelli di Piazza del Quirinale, che cosa non insegnarono a de Chirico? La pietra dei cavalli si dissolse in carne, ed ora essi si avventano contro alle onde dalla solitudine di malinconiche spiagge, inseguiti dai domatori. Giuseppe Ungaretti, 1946 I Dioscuri è forse la più calzante raffigurazione di quella fusione tra classicismo e modernità, epica e biografia a cui Giorgio de Chirico avrebbe aspirato fin dall’elaborazione della Metafisica, inaugurata negli anni della Prima Guerra Mondiale a Ferrara insieme al fratello Alberto Savinio, a Carlo Carrà, Filippo de Pisis e Giorgio Morandi. La nascita a Volos, in Tessaglia, e gli studi giovanili compiuti ad Atene legheranno indissolubilmente Giorgio de Chirico al mito dell’antichità classica, che da quest’ultimo sarà intesa come un’epoca primigenia e intoccata da cui trarre invenzioni fantastiche incrociando arte letteraria, epica, e arti figurative. All’intero repertorio culturale e artistico di quella civiltà, e alle sue mutuazioni di epoca romana, l’artista avrebbe fatto ricorso in pittura utilizzandone volta per volta strumentalmente le vestigia in chiave moderna creando rispecchiamenti e ribaltamenti, assimilazioni e contrasti, generati dalle dimensioni psicologiche del sogno e della memoria. È per questo tramite che il tema degli eroi Argonauti partiti alla ricerca del Vello d’Oro si appunta sulle figure gemellari di Castore e Polluce, i Dioscuri, protettori dei naviganti e della poesia, salpati, secondo la leggenda, proprio dalla Tessaglia, dov’era nato Giorgio de Chirico. Il connubio tra il mito dei Castori e quello dei fratelli de Chirico sarà una costante nell’opera di entrambi: presente in controluce attraverso le pagine scritte, per poi essere elevato a protagonista in pittura da Alberto Savinio ne Les Dioscures del 1929, asse Giorgio de Chirico e la moglie Raissa posano accanto a Gli Archeologi, 1929 portante nell’accezione del doppio fin dalle opere della stagione della Metafisica. Giorgio de Chirico si era formato prima ad Atene, poi a Monaco di Baviera, dove si trasferisce nell’ottobre del 1906, al seguito della madre, rimasta improvvisamente vedova poco prima. Qui prosegue la prima educazione artistica conseguita al Politecnico ateniese iscrivendosi all’Accademia di Belle Arti e scoprendo, a latere del perdurante successo della pittura della Secessione, la produzione del simbolista Arnold Böcklin (1827-1901) e quella di Max Klinger (1857-1920): due artisti destinati ad avere un impatto duraturo sulla sua opera. Tanto che, riguardo allo scadere del primo decennio del Novecento, de Chirico ricorda “Io dipingevo quadri di sapore böckliniano” mentre, riguardo a suo fratello minore che studiava composizione musicale, spiega “continuava a comporre e a scrivere libretti” e tra questi, quasi un ideale precorrimento di quel rapporto con i Dioscuri, il Poema fantastico, un melodramma costituito da una serie di episodi musicati e cantati ispirato al mito degli Argonauti, e all’infanzia dei due de Chirico in Tessaglia. Lasciata Monaco, dove i fratelli allargano i propri orizzonti alla cultura mitteleuropea, la famiglia risiede per un breve periodo in Italia. A Firenze, dove l’artista ricorda di aver avuto l’intuizione da cui deriva L’enigma di un pomeriggio di autunno, ritenuto il primo dei suoi quadri metafisici, e a Torino, i cui profili architettonici e urbani squadrati, le serie di portici e la Mole Antonelliana sarebbero entrati anch’essi nel vocabolario immaginativo della pittura metafisica successiva. Le peregrinazioni della famiglia vedono ancora una volta Giorgio de Chirico trasferirsi dall’Italia per raggiungere il fratello a Parigi tra il 1911 e il 1912. Qui, come avrebbe ricordato egli stesso nelle Memorie della mia vita, “solo nel mio squallido atelier della Rue Campagne-Première, cominciavo a scorgere i fantasmi di un’arte più completa, più profonda, più complicata e, per dirlo in una parola a rischio però di far venire le coliche epatiche a un critico francese: più metafisica. Nuove terre apparvero all’orizzonte […]”. Si trattava di “terre” inesplorate, destinate a orizzonti pittorici e intellettuali a lungo raggio, avviati durante la Grande Guerra in un sanatorio ferrarese, e poi mutati nel 1919 quando l’interesse per la pittura antica e l’assidua frequentazione dei musei ne sembrano giustificare la ferma presa di posizione rispetto alle avanguardie, dichiarata fin dal titolo del contributo, sulle pagine della rivista ‘Valori Plastici’. Nell’invocare il “Ritorno al mestiere” de Chirico spiega che, per questo tramite, “quelli che ci sono già arrivati potranno lavorare con le mani più libere e le loro opere potranno essere meglio apprezzate e ricompensate”, aggiungendo, “Per mio conto sono tranquillo, e mi fregio di tre parole che voglio siano il suggello d’ogni mia opera: pictor classicus sum”. Un carattere classico che l’artista esprime per un verso nelle sperimentazioni operate studiando le composizioni e mescolando fisicamente i pigmenti utili alle stesure pittoriche, per l’altro nel novero di copie dai grandi del passato, da Michelangelo a Rubens eseguite negli anni, e infine, aspetto che ci riguarda da vicino per I Dioscuri, nella ricapitolazione dei temi strettamente attinenti all’universo greco e romano che caratterizza la sua produzione nel corso degli anni Trenta. Un processo di approfondimento del mondo dell’antichità a cui non fu sicuramente estraneo l’incontro con Raisa Samojlovna Gurevič (1894 - 1979), ballerina prima, eminente archeologa poi, divenuta la prima moglie di Giorgio de Chirico nel 1930. Con il nome d’arte di Raissa Lork, quest’ultima incontrò per la prima volta l’artista nel 1925, mentre interpretava da protagonista La morte di Niobe musicata da Alberto Savinio al Teatro Odescalchi di Roma nel 1925. Pochi mesi dopo la coppia si trasferì a Parigi, dove Raisa Gurevič lasciò il teatro per dedicarsi agli studi dell’archeologia classica sotto la guida di Charles Picard alla Sorbona. Tali studi non potevano escludere l’accesso a fonti della


classicità che, non più solo evocate come parte di un immaginario atavico a cui Giorgio de Chirico aveva già attinto, traevano ora spunto da analisi più sistematiche ed estese, come quelle condotte sulle illustrazioni dei due nutriti volumi del Répertoire de la statuaire grecque et romaine di Salomon Reinach editi solo due decenni prima. Allo scadere del terzo decennio del Novecento da quelle fonti, e dalla collaborazione con il gallerista Paul Guillaume e con Léonce Rosenberg che dirigeva il Bulletin de l’Effort Moderne, deriva un’intera serie di opere dedicate a soggetti antichi. Simulacri della civiltà antica, rovine dei templi e degli acquedotti, le colonne spezzate e i fortilizi che accompagnano i cavalli sulle spiagge, i manichini-archeologi, il cui addome reca veri e propri trionfi di vestigia classiche e poi i gladiatori, fissati nella lotta come si trattasse di metope scolpite oppure disposti come in un fregio continuo, al pari di quelli che correvano lungo l’imposta dei templi, divengono il repertorio iconografico dominante di questi anni. Antonio Lafreri, Speculum Romanae Magnificentiae, 1546 ca. Un repertorio che è premessa essenziale al dipinto qui presentato, nel quale l’immagine dei Dioscuri dialoga con precedenti che a rilievi di età adrianea raffiguranti i due fratelli della mitologia accompagnati dai cavalli unisce l’esperienza visiva diretta, e quasi quotidiana, con opere come le due imponenti statue dei gemelli Castore e Polluce, copie di età romana di originali greci, poste all’ingresso della Piazza del Campidoglio e tradotti in incisione fin dallo Speculum Romanae Magnificentiae. Divisi dal lento degradare della scala che sale verso la piazza progettata nel Cinquecento da Michelangelo, in un gioco fantasmagorico di sdoppiamento e recupero della memoria simbolica di uno dei luoghi più rappresentativi della storia di Roma, i Castori raffigurati da Giorgio de Chirico in questa versione dei I Dioscuri ne rievocano l’immagine, sebbene si affrontino solo per abbeverare i cavalli, vicini ma sempre separati, ciascuno su una delle due sponde del fiume che taglia in diagonale la composizione del quadro. Sulla collina a destra, quasi fosse a loro protezione, si erge una rielaborazione semplificata dell’antico piccolo tempio greco detto Tesoro dei Cnidi, lo stesso che figura già nel quadro intitolato L’enigma di un pomeriggio d’autunno del 1909. Così come avviene in quel caposaldo dell’opera di Giorgio de Chirico, l’abbagliante biancore di uno dei simboli della Grecia classica contribuisce a creare un’atmosfera temporale sospesa ed estraniante dovuta alla luce cristallina, ai colori smaglianti e alla naturalezza dei cavalli che accompagnano le pose ieratiche dei Castori. Per quanto affermasse “li metto perché stanno bene e sono decorativi”, negando che le rovine e gli eroi mitologici al centro di questa produzione avessero un rapporto diretto con la sua nascita a Volos, il rilievo dato da Giorgio de Chirico all’intenso rapporto intellettuale con il fratello, e alla memoria dell’infanzia, alla feconda energia vitale che in essa risiede e all’accesso diretto alla civiltà antica attraverso la biografia personale, avrebbero trasformato l’aridità dell’archeologia in un universo vivo e palpitante, denso di una carica fantastica analoga all’immaginario che caratterizza l’età infantile. A questo riguardo Maurizio Fagiolo dell’Arco scrive che “La storia della sua infanzia e adolescenza è un breviario occulto della sua pittura che è, notoriamente, Ars Memoriae” (2004, p. 18). Una tecnica che, secondo quanto sostiene nel testo lirico che apre la sezione Réves, nel primo numero della rivista La Révolution surréaliste nel dicembre del 1924, per Giorgio de Chirico risiede, senza soluzioni di continuità, nella combinazione tra l’attività ludica e quella onirica. Negli anni seguiti alla sua rottura con il movimento surrealista, mediante un procedimento di vero e proprio scavo, la stessa Ars Memoriae a cui fa riferimento Fagiolo dell’Arco permette a Giorgio de Chirico di formulare un universo diverso da quello delle opere realizzate fin dagli anni della Metafisica solo per i soggetti. Le opere del Pictor Classicus acquisiscono un afflato poetico che ne caratterizza la complessità tecnica e iconografica fornendo, proprio nel corso degli anni Trenta e Quaranta, materia per i poeti e tra questi, proprio in relazione ai dipinti con i cavalli, anche Giuseppe Ungaretti che nell’Amaro accordo evoca proprio “I cavalli dei Dioscuri,” come l’immagine stupefacente “Alle cui zampe estatico / S’era fermato un bimbo,” (Il dolore, 1937-46). Le opere dei primi anni Trenta del Novecento si pongono in linea con l’“eterno ritorno” derivato dalle precoci letture filosofiche di Nietzsche da parte di Giorgio de Chirico, e avviano quel processo ciclico, di cui I Dioscuri è parte esemplare, che vede l’assommare, ai temi propri del movimento che fece di Giorgio de Chirico un protagonista indiscusso dell’avanguardia europea, le meditazioni che più tardi avrebbero dato origine al Surrealismo, all’estesa fortuna goduta dall’artista negli Stati Uniti, al successivo periodo etichettato come “barocco”, alla Neo Metafisica e infine al più ravvicinato impatto avuto dalla sua figura sulla cultura Post Moderna. È infatti Paolo Baldacci a spiegare come, per de Chirico, la Metafisica “non [sia] legata a un determinato stile o modo di espressione […]”, quindi associabile ad un unico momento cronologico, ma sia un’“idea […] correlata a un certo sentimento delle cose e del tempo: mira[ta] a creare la sorpresa suscitando misteriose spettralità degli oggetti, evocandone aspetti imprevisti attraverso gli accostamenti o lo spaesamento, ponendo quesiti riguardo al significato delle apparenze e ai meccanismi della percezione intuitiva e logica”; un’idea che “ha come scopo ultimo quello di annullare il sentimento del tempo” facendo di ogni figurazione un “archetipo” sempre nuovo e carico di mistero (1997, p. 418). Francesca Marini Veduta della scalinata verso la Piazza del Campidoglio a Roma


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Giorgio de Chirico Volos 1888 - Roma 1978

I Dioscuri che abbeverano i loro cavalli, 1934 ca. Olio su tela, cm. 81x103,5 Firma in basso a destra: G. de Chirico. Al verso sul telaio: etichetta e timbro Città di Molfetta / Mostra «Pittura Fantastica, Oggi» / Sala dei Templari - febbraio / marzo 1979: etichetta de Chirico / Gli anni Trenta / Verona / Galleria dello Scudo / Museo di Castelvecchio / 13 dicembre 1998 28 febbraio 1999 / Opera Esposta. Storia Collezione privata, New York; Galleria Internazionale, Milano; Collezione Malipiero, Bologna; Collezione privata Opera in fase di archiviazione presso la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, Roma. Esposizioni Seconda Quadriennale d’Arte Nazionale, Roma, Palazzo delle Esposizioni, 5 febbraio - 31 luglio 1935, cat. p. 93, n. 42; Omaggio a Giorgio de Chirico, Cortina d’Ampezzo, Galleria Farsetti, 26 dicembre 1978 - 8 gennaio 1979, cat. tav. 10, illustrato; Giorgio de Chirico, Galleria Farsetti, Cortina d’Ampezzo, 26 dicembre 1981 - 8 gennaio 1982, poi Prato, 16 - 30 gennaio 1982, cat. tav. IV, illustrato;

Alberto Savinio, Les Dioscures, 1929

Aria d’Europa, de Chirico de Pisis, a cura di Luigi Cavallo, Galleria Farsetti, Milano, Focette, Cortina d’Ampezzo e Prato, giugno - settembre 1987, cat. p. 47, tav. X, illustrato a colori; De Chirico, gli anni Trenta, a cura di Maurizio Fagiolo Dell’Arco, Verona, Galleria dello Scudo, Museo di Castelvecchio, 13 dicembre 1998 - 28 febbraio 1999, cat. pp. 50, 51, n. 6, illustrato a colori; Le poetiche del nudo. Mutazioni tra Ottocento e Novecento, Seravezza, Palazzo Mediceo, 12 luglio - 5 ottobre 2003, cat. p. 146, illustrato a colori; I tesori del mare. Suggestioni, miti, trasparenze, Livorno, I Granai di Villa Mimbelli, Museo Civico Giovanni Fattori, 29 aprile - 25 luglio 2004, cat. n. 104, illustrato a colori. Bibliografia Giuseppe M. Lo Duca, Giorgio de Chirico. Arte Moderna Italiana n. 10, Ulrico Hoepli Editore, Milano, 1936, tav. XXXV; Massimo Carrà, Ewald Rathke, Patrick Waldberg, Metafisica, Mazzotta, Milano, 1968, p. 226, n. 176; Massimo Carrà, Ewald Rathke, Patrick Waldberg, Metaphysical Art, Praeger Publishers, New York, 1971, p. 132, n. 176; Domenico Porzio, Isabella Far de Chirico, Conoscere de Chirico, la vita e l’opera dell’inventore della pittura metafisica, A. Mondadori Editore, Milano, 1979, p. 56, n. 4; Mario Penelope, Pittura fantastica oggi, Dedalo Libri, Bari, 1979, pp. 36, 38, n. 6; Maurizio Fagiolo dell’Arco, I Bagni Misteriosi, de Chirico negli anni Trenta: Parigi, Italia, New York, Berenice, Milano, 1991, p. 181, n. 9; Maurizio Fagiolo dell’Arco, Giorgio de Chirico. Gli anni Trenta, Seconda edizione, Skira editore, Milano, 1995, p. 181, n. 9. Stima E 380.000 / 580.000


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Massimo Campigli Berlino 1895 - St.Tropez 1971

Le Amazzoni, 1942 Olio su tela, cm. 31,3x40 Firma e data in basso a destra: Campigli 42. Storia Galleria del Cavallino, Verona; Collezione privata, Verona; Collezione privata Esposizioni Massimo Campigli, Venezia, Galleria del Cavallino, 28 agosto 22 settembre 1942, cat. n. 31; III Mostra del Cavallino. Mostra collettiva con opere di CarrĂ , Campigli, Casorati, de Pisis e altri, Venezia, Galleria del Cavallino, 16 giugno - 15 luglio 1942, cat. n. 2. Bibliografia Giampiero Giani, Massimo Campigli, Edizioni La Conchiglia, Milano, 1943, n. 58; Nicola Campigli, Eva Weiss, Marcus Weiss, Campigli, catalogue raisonnĂŠ, vol. II, Silvana Editoriale, Milano, 2013, p. 520, n. 42-020. Stima E 30.000 / 40.000

Tomba di Ramose, Luxor, dipinti parietali


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Carlo Carrà, Vigilia di Pasqua, 1929-37

Carlo Carrà, Le figlie di Loth, 1919

Carlo Carrà, Estate, 1930

Nel 1921 Carlo Carrà dipinge Pino sul mare, opera che segna l’inizio di una nuova fase espressiva, destinata a guidare il suo lavoro da questo momento in poi, tesa, come spiega l’artista, a “una rappresentazione mitica della natura”, una visione “nata da una lunga gestazione” che “significava per me l’albeggiare di una grande verità pittorica. […] Questo dipinto segna un distacco dalla mia produzione precedente e in esso è impresso quel tanto di ordine nuovo che era andato maturando con studi sulla realtà naturale […]. Mettendomi a dipingere questa tela mi pareva ormai di sapere con chiarezza quello che alla natura io potessi chiedere” (in Carrà, Milano, 1987, p. 56). Dal 1919 Carrà inizia a collaborare con la rivista Valori Plastici e scrive, in questo periodo di profonda meditazione intellettuale, numerosi articoli e testi critici essenziali per giungere alla consapevolezza teorica da cui nasceranno le illuminazioni formali della successiva e rinnovata poetica. Dagli anni Venti, dopo essere stato uno dei maggiori esponenti del movimento futurista e della pittura metafisica, Carrà intraprende un percorso solitario verso un linguaggio evocativo che affonda le proprie radici nella pittura tre-quattrocentesca italiana, di cui ammira il profondo rigore compositivo e la potente forza astrattiva, per creare uno stretto rapporto tra arcaismo e modernità. Attraverso una profonda semplicità formale il pittore coglie l’essenza del dato naturale, sottraendolo alle contingenze del reale per giungere a un grado di purificazione e astrazione che possa elevarlo a valore assoluto, e crea un’immagine classico-arcaica, mistica in senso laico e moderno, vicina a una visione mitica. Nella poetica di questo periodo Carrà ricerca una sintesi tra idea e natura, derivata da una visione tutta mentale dell’arte, che trova le sue origini nell’esperienza metafisica sviluppando alcuni concetti già trattati in precedenza, come il recupero della tradizione e il legame indissolubile tra l’uomo e le cose ordinarie. Questa continuità di pensiero testimonia la difficoltà di definire una netta separazione tra i vari momenti della sua opera, che non rinnega le esperienze passate ma arricchisce con il tempo il proprio linguaggio di nuove idee e ispirazioni. Da questo momento Carrà cerca di fermare sulla tela la commozione provocata nel suo animo dalla contemplazione delle cose naturali che suggerisce profondi rapporti pittorici in cui ritmi di forme, linee e colori s’intrecciano in armonie strutturali e compositive, dove il colore diviene emozione pura. Il tema principe di questa ricerca è il paesaggio, ma Carrà riesce come pochi legare a questo soggetto la figura umana che dagli anni Trenta appare con più frequenza sulle tele. Il rinnovamento pittorico di questa terza stagione creativa coinvolge la figura a iniziare dai sintetici volumi e dai rigorosi ritmi compositivi delle Figlie di Loth, 1919, di derivazione giottesca, per passare, negli anni Venti, alla forza costruttiva e alle atmosfere enigmatiche e sospese di derivazione metafisica che avvolgono la natura e le figure solitarie, in opere come L’Attesa, 1926, dove emerge un


senso di “serenità della tragedia”. Negli anni Trenta la figura acquisisce una grave monumentalità, ispirata a Masaccio, e diviene emblema di un’umanità arcaica, dimessa e titanica insieme, di cui Carrà coglie l’essenza esaltando il legame tra spirito e natura. Sono esempi di queste figure primordiali le donne rappresentate nell’opera Estate, 1930, silenziose creature chiuse in una profonda solitudine esistenziale, eternate nel loro movimento, e i personaggi umili, dall’atteggiamento fiero e dignitoso, di Ritorno dai campi, 1937, dove convivono natura e lavoro dell’uomo in un essenziale ordine plastico che eleva la quotidianità a mito. Negli anni Quaranta le figure di Carrà si avviano verso una visione più lirica e una sintesi formale che arriva in certe opere al limite dell’astrazione, senza mai perdere la solida struttura compositiva che le sostiene. Ogni opera è il risultato di ampie riflessioni, di continui ripensamenti e di un lavoro attento che parte dalla natura per affidarsi completamente all’immaginazione. Le soluzioni formali arrivano compiendo percorsi articolati e imprevedibili, come spiega l’artista: “Quasi tutti i miei dipinti nascono da un lavoro oscuro e lento; in genere la trovata risolutiva non mi viene che dopo lunghe ricerche, e magari dopo anni”(Carlo Carrà, Rinnovamento delle arti in Italia, 1944). Le variazioni compiute da Carrà, che riguardino piccoli dettagli oppure l’impostazione generale delle opere, tendono a semplificare le forme e a eliminare superflui elementi narrativi per giungere a una severa e complessa sintesi formale. Nel 1929 Carrà inizia a dipingere Vigilia di Pasqua, della quale è presente negli Archivi Carlo Carrà una foto precedente la stesura finale in cui si può notare una diversa impostazione compositiva, che testimonia la lenta ricerca per giungere al perfetto equilibrio finale. La scena, che rappresenta il momento in cui vengono coperte le icone religiose in preparazione alla Pasqua, è una delle rare immagini a soggetto sacro realizzate dall’artista. Sulla tela le diverse azioni delle figure e il gruppo della donna con il bambino, che occupano lo spazio alternandosi trasversalmente seguendo il ritmo serrato dei piani, rivelano una dimensione narrativa, quasi episodica, dell’opera. L’uso di direttrici diagonali, esasperato dall’asta in primo piano, crea un profondo dinamismo delle masse, conferendo movimento generale alla struttura e vitalità espressiva alla composizione. Lo spoglio ambiente familiare e il solido plasticismo dei corpi, derivato dalla pittura dei Primitivi toscani, sono descritti con un linguaggio chiaro e da un limpido cromatismo, accentuato dall’effetto quasi smaltato della superficie pittorica e dalla densità e dalla ricchezza della materia stesa a velature. L’apparente semplicità compositiva, la sintesi formale e la riduzione al minimo degli elementi esaltano la componente mentale dell’opera, mentre la potente forza espressiva e il lirismo panico aiutano a cogliere l’umanità del soggetto e il rapporto palese o nascosto tra la natura e l’uomo. Elisa Morello

Carlo Carrà mentre lavora a Vigilia di Pasqua nello studio di Forte dei Marmi, 1936, Milano, Archivio Carrà

Giotto, Il Bacio di Giuda, 1303-05 ca., Padova, Cappella degli Scrovegni


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Carlo Carrà Quargnento (Al) 1881 - Milano 1966

Vigilia di Pasqua, 1929-37 Olio su tela, cm. 129x85 Firma e data in basso a sinistra: C. Carrà / 937; firma e titolo al verso sul telaio, entro cartiglio autografo: Carrà - “Vigilia di Pasqua”: etichetta 100 Opere di Carlo Carrà / Prato - 15 maggio - 18 giugno 1971 / Galleria d’Arte Moderna Farsetti Prato / Riprodotto nel volume a tav. LX: etichetta parzialmente abrasa e timbro Galleria Michaud, Firenze / Mostra dal 15/2 al 13/3 [....]: etichetta Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea / 1796/1996 Bergamo 200 anni dell’Accademia Carrara / Carlo Carrà / La matita e il pennello / 24 marzo - 9 giugno 1996 / N. Catalogo VIII, 2: etichetta Museo Nacional de Bellas Artes MNBA: etichetta Museo di San Pietro, Assisi: etichetta IVAM Centre Julio González, Valencia / Exposición El Realismo Mágico / de 19 Junio a 31 Agosto 1997. Esposizioni XXII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, Venezia, 1940, sala 32, cat. p. 131, n. 14; Carrà, Milano, Galleria V. E. Barbaroux, 1941; Mostra di Carrà, Milano, Pinacoteca di Brera, 26 maggio 29 giugno 1942, cat. p. 5, n. 8; 80mo compleanno di Carrà, Milano, Galleria Annunciata, 11 febbraio - 9 marzo 1961; 25 anni di pittura di Carrà (1940-1964), Milano, Galleria Annunciata, 18 novembre - 8 dicembre 1964; Carlo Carrà dai Valori Plastici al 1965, Firenze, Galleria Michaud, 15 febbraio - 13 marzo 1968, cat. n. 12; 100 opere di Carlo Carrà, Prato, Galleria Farsetti, 15 maggio 18 giugno 1971, cat. tav. LX; Carlo Carrà, Roma, Galleria d’Arte Lo Scalino, 22 novembre 12 dicembre 1975, cat. p. 23; Carlo Carrà, Acqui Terme, Palazzo Liceo Saracco, 28 luglio 5 settembre 1979, fuori catalogo; Carlo Carrà, Aachen, Suermont-Ludwig Museum, 4 novembre - 30 dicembre 1979, cat. p. 46; Carlo Carrà, Colonia, Italianisches Kulturinstitut Museum Ludwig, 8 gennaio - 8 febbraio 1980, cat. p. 46; Carlo Carrà, Berlino, Neuer Berliner Kunstverein, 16 febbraio 15 marzo 1980, cat. p. 46; Carlo Carrà (1881-1966). Mostra del Centenario, Quargnento, Palazzo delle Scuole, 3 - 18 ottobre 1981, cat. p. 24; Carlo Carrà. Mostra Antologica nel Centenario della nascita, Verona, Galleria dello Scudo, 21 novembre 1981 - 16 gennaio 1982, fuori catalogo; Carlo Carrà. Mostra Antologica, Milano, Palazzo Reale, 8 aprile - 28 giugno 1987, cat. pp. 156, 256, n. 93; Carlo Carrà. Retrospektive, Baden Baden, Staatliche Kunsthalle,

4 ottobre - 6 dicembre 1987, cat. pp. 180, 280, n. 93; Carlo Carrà. La matita e il pennello, Bergamo, Accademia Carrara, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, 24 marzo - 9 giugno 1996, cat. p. 311, n. VIII, 2; Realismo Magico, Franz Roh y la pintura europea (1917-1936), Valencia, Instituto Valenciano d’Arte Moderna, 19 giugno 31 agosto 1997, poi Madrid, Fundación Caja de Madrid, 17 settembre - 9 novembre 1997, poi Las Palmas, Centro Atlántico de Arte Moderno, 2 dicembre 1997 - 1 febbraio 1998; Carlo Carrà. Dall’avanguardia al mito, Mosca, Museo Pushkin, 16 marzo - 2 aprile 1999, poi San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage, 26 maggio - 1 agosto 1999, poi Riga, Palazzo d’Italia, 1 - 29 febbraio 2000, cat. p. 126; Carlo Carrà. Von der Avantgarde zum Mythos, Salisburgo, Rupertinum, Museum für Moderne und Zeitgenössische Kunst, 10 giugno - 16 luglio 2000, cat. p. 126; Carlo Carrà. Las Mutaciones del espíritu, Buenos Aires, Museo Nacional de Bellas Artes, 15 marzo - 23 aprile 2001, poi Santiago del Cile, Institut Cultural de Providencia, 14 giugno 16 luglio 2001, poi Cordoba, Museo E. Caraffa, 7 - 30 agosto 2001, cat. p. 92; Carlo Carrà. La strada di casa. Il Poeta della Metafisica, Alessandria, Gallerie d’Arte di Palazzo Guasco, 1 dicembre 2002 - 13 gennaio 2003, cat. pp. 90, 91; Carlo Carrà. La geometria del quotidiano: realtà, mito, classicità, concretezza, Chieti, Museo Archeologico Nazionale, 26 giugno - 26 settembre 2004, cat. pp. 101, 102, n. 42; Carlo Carrà. Antologica, Assisi, Museo di San Pietro, 24 marzo - 10 ottobre 2005, cat. p. 77; Carlo Carrà, Milano, Palazzo Reale, 4 ottobre 2018 3 febbraio 2019, cat. p. 232, 233, n. 107. Bibliografia G. Miligi, Carlo Carrà, in Pro Famiglia, 29 dicembre 1940; Sergio Solmi, Carrà alla Galleria Barbaroux, in Le Arti, a. III, n. 4, aprile - maggio 1941; Guglielmo Pacchioni, Carlo Carrà pittore, seconda edizione rinnovata, Edizioni del Milione, Milano, 1959, p. 88; Marziano Bernardi, Carrà è diventato un uomo tranquillo, in Le Vie d’Italia, febbraio 1965; Massimo Carrà, Carrà, tutta l’opera pittorica volume II, 19311950, L’Annunciata / La Conchiglia, Milano, 1968, pp. 257, 691, n. 21/37; Massimo Carrà, Piero Bigongiari, L’opera completa di Carrà, dal futurismo alla metafisica e al realismo mitico 1910-1930, apparati critici e filologici di Massimo Carrà, Classici dell’arte, Rizzoli, Milano, 1970, p. 102, n. 297; Massimo Carrà, Carlo Carrà, tutti gli scritti, Feltrinelli Editore, Milano, 1978, p. 496; L. Serravalli, L’incredibile Carrà, in L’Adige, 6 dicembre 1978; Carlo Carrà 1881-1966, Electa, Milano, 1994, p. 147. Stima E 140.000 / 240.000


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Arturo Martini Treviso 1889 - Milano 1947

Trilogia dei Re (Sposalizio dei Principi), (1926-27) Scultura in terracotta, cm. 90 h. Firma sulla base: Martini. Storia Eredi Martini, Vado Ligure; Collezione privata Certificato con foto di Maria Martini, Vado Ligure, 15-5-69. Bibliografia Guido Perocco, Arturo Martini. Catalogo delle sculture e delle ceramiche, Neri Pozza Editore, Vicenza, 1966, n. 184. Stima E 30.000 / 40.000

Arturo Martini


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Filippo de Pisis Ferrara 1896 - Milano 1956

La piazza di San Nazzaro in Brolo a Milano, 1940 Olio su tela, cm. 65,5x50 Firma e data sul lato destro: Pisis / 40. Al verso sulla tela: etichetta Centro di Cultura di Palazzo Grassi / Venezia; sul telaio: etichetta Galleria dello Scudo, Verona. Storia Collezione V. Brosio, Roma; Galleria dello Scudo, Verona; Galleria Tega, Milano; Collezione privata Certificato con foto Galleria Tega, Milano. Esposizioni De Pisis, a cura di Giuliano Briganti, Venezia, Palazzo Grassi, 3 settembre - 20 novembre 1983, cat. n. 122, illustrato. Bibliografia Giuliano Briganti, De Pisis. Catalogo generale, tomo secondo, opere 1939-1953, con la collaborazione di D. De Angelis, Electa, Milano, 1991, p. 486, n. 1940 28. Stima E 40.000 / 60.000

Milano, piazza di San Nazzaro in Brolo, foto d’epoca


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Due paesaggi di Ottone Rosai degli anni Trenta Per un pittore, per esempio, raggiungere il suo sogno sarà l’arrivare a dipingere l’Universo in una foglia. Ottone Rosai, 1937

Piero della Francesca, Esaltazione della Croce, 1452-66, Arezzo, Basilica di San Francesco (part.)

Mario Tinti, L’architettura delle case coloniche in Toscana, con trentadue disegni di Ottone Rosai, edizioni Rinascimento del Libro, Firenze, 1935

Il primo disegno noto di Ottone Rosai, datato 1906 (l’artista aveva undici anni), è un paesaggio: un muro di case in primo piano, dietro a queste una fila di cipressi, e le colline sullo sfondo. Si tratta di una tipica vista di campagna toscana, un paesaggio tutto forgiato nel corso dei secoli dalla mano dell’uomo. Questo è il mondo dove il pittore nasce, nella Firenze di via Cimabue, allora quasi al limitare dei campi, e in questo contado passeggerà per tutta la vita, indagandolo strenuamente in tutti i suoi cambi di pendenza, i suoi declivi, i suoi colli, le sue radure, percorrendo le sue strade che s’inerpicano in salita, fiancheggiate dai muriccioli bassi caratteristici dei dintorni fiorentini. Come nei dipinti di figura, il punto di partenza dei quadri di paesaggio di Rosai è ancora una volta il disegno, un disegno che dalla fine degli anni Venti diventa limpido, quasi perentorio nel tratto: testimonianza di questa raggiunta maturità compositiva sono le sue illustrazioni per il volume di Mario Tinti L’architettura delle case coloniche in Toscana, edito nel 1935. Rosai studia dal vero le architetture che punteggiano le campagne, i casali, i poderi, i rustici, con un segno potente e abile: i blocchi delle costruzioni assumono valori di spazialità pura, quasi restituiti alla visione cubica di Giotto e Masaccio. Nel corso degli anni Venti Rosai attraversa una difficile crisi creativa: con l’impegno a tempo pieno del lavoro nella bottega del padre, accompagnato dagli insuccessi di vendita, medita di abbandonare la pittura, ma sul finire del decennio l’inizio della collaborazione con la rivista Il Selvaggio di Maccari lo fa riprendere a dipingere. È l’avvio di una nuova fase di felicità espressiva, inaugurata dalla grande tela dei Giocatori di toppa oggi nella Collezione del Monte dei Paschi di Siena, in cui, mentre nei dipinti di figura egli riprende tematiche e composizioni già affrontate, nel paesaggio si apre a nuove, più chiare e distese visioni. Nel 1931 riesce ad abbandonare l’attività di falegname per dedicarsi esclusivamente all’arte, seppur con grandi difficoltà economiche; adatta a studio un casotto del dazio all’Anconella, nella periferia sud della città, sulla strada di Villamagna: “Era quello uno dei luoghi più belli che avessi mai visto: il fiume prima di inoltrarsi nella città si appiattisce e si slarga, per un buon tratto fiancheggiato da larghe prode erbose che terminano contro una fitta alberaia. Tutto, quel giorno, era verde, pulito e lucido di sole. Paesaggio più campestre che cittadino. […] Il fatto che un vero pittore si fosse stabilito nel casotto del dazio e dipingesse i palazzi circostanti e gli uomini che gli capitavano a tiro, quadri acquistati talvolta da signori eleganti che arrivavano fin là in automobile, quadri il cui prezzo veniva contrattato nel mezzo di strada, aveva suscitato una grande curiosità e non c’era abitante dei dintorni che non si fosse recato a dare un’occhiata a quel giovane alto e ossuto, vestito come un operaio o un contadino, che lavorava dinanzi al cavalletto posto vicino alla porta, o se ne stava a meditare sdraiato sugli scalini del casotto guardando i campi che, colmi di viti, cominciavano di là dalla strada per raggiungere i borghi della pianura e le lontane colline […] Fra la pace dei campi consumava il primo periodo di chiarificazione delle propria coscienza e della propria arte. Riusciva a giorni a trovarsi a suo agio dinanzi ai valori lirici della natura e li esaltava con poche tracce ben calcolate di colore. Molti dei quadri di quel periodo, che apparvero quasi tutti nella grande mostra di Palazzo Ferroni, sembravano infatti quasi acquerellati” (Romano Bilenchi, I silenzi di Rosai, Firenze, 1971, pp. 24-26).


Strada di Bagno a Ripoli, 1932, è proprio uno dei dipinti descritti da Bilenchi come presenti nella personale allestita nello stesso anno a Palazzo Ferroni di Firenze, comprendente più di cento opere tra oli e disegni. Quest’anno segna l’inizio di un nuovo approccio al paesaggio, che si distende sia nelle linee, che divengono sempre più costruttive e sicure, con i contorni netti che delimitano i muri delle case, i tetti, il profilo degli alberi, le curve della strada, sia nel colore, all’improvviso più chiaro e liquido, a tratti trasparente, abbandonando la pastosità del fare precedente. Si tratta di una pittura finalmente serena, veloce, quasi compendiaria, illuminata da una luce chiara, pulita, che si apre all’incanto del paesaggio dei dintorni del suo studio ma che mantiene contemporaneamente intatto il rigoroso equilibrio compositivo, con lo slancio scattante della curva della strada che si chiude sull’orizzonte, e crea un arco incastonato nel suo cerchio più ampio dai volumi verticali degli alberi e da quelli orizzontali della casetta e del muro, che serrano e chiudono la visione. Una testimonianza felice dunque del periodo di Villamagna, che dona al pittore una nuova spontaneità creativa. Lo studio dell’Anconella sarà lasciato dopo poco, nel 1933; il nuovo locale dove trasferirà il suo lavoro è uno dei più celebri luoghi rosaiani, più e più volte motivo prediletto dei suoi dipinti, quella via San Leonardo che “inizia dal Viale dei Colli, davanti al Caffè Fontana, e termina alla Porta San Giorgio; è stretta e serpeggiante, con il fondo di pietra, chiusa da ambedue i lati da muri alti e massicci dai quali si affacciano ulivi, glicini, aranci selvatici, rosi, grosse piante di rosmarino. Poche ville con magnifici giardini fiancheggiano la strada e sono tra le più belle dei colli che circondano Firenze: allora, erano quasi tutte di proprietà di inglesi”. Ancora una volta egli sceglie di lavorare sul confine tra città e campagna, lontano ma non troppo dal frastuono dei vicoli a lui tanto cari in gioventù: “In un primo tempo gli abitanti di Via San Leonardo quando incontravano Rosai davano segni di disagio. Molti si saranno domandati che ci facesse tra loro quell’uomo alto e trasandato, con la barba quasi sempre lunga, con lo sguardo di solito cupo e minaccioso e la faccia spesso sconvolta. Rispondevano al suo saluto in modo freddo e obbligato. Poi, con il passare del tempo, i proprietari delle ville cominciarono a salutarlo per primi con grande simpatia e cordialità. Gli si creò così d’intorno un’atmosfera piacevole che con il passare dei giorni contribuì a rendergli la vita un po’ più serena. Forse avevano saputo che il loro vicino di casa era un pittore importante” (Ibidem, pp. 39, 61). È in questo clima che Rosai nel 1938 realizza una delle versioni più celebri di questo tratto di via, oggi presentato sul mercato per la prima volta dopo molti anni di presenza in una collezione privata fiorentina. Il dipinto è definito da Pier Carlo Santini, che ne dà una descrizione puntuale e attenta, “uno dei capolavori della maturità dell’artista”. La curva della strada, chiusa sulla sinistra dal muricciolo basso ormai quasi oscurato dal digradare della luce nel tramonto rosaceo, dietro il quale campeggiano le masse verdi, oscure di due alberi, è delimitata a destra da uno scorcio di casa. Tutti gli elementi della composizione sembrano concorrere ancora una volta a serrare la scena, che assume tono monumentale a plastico: la pittura di Rosai è ormai divenuta la lingua, nuova e classica insieme, della tradizione fiorentina. “Il quadro è ricchissimo di episodi, ma ognuno di essi riesce ad avere una precisa funzione, tanto che la lettura non può prescindere da nessuna tra le occasioni che incontra, non c’è un pleonasmo, non qualche cosa in meno o in più. Tutto ha una sua proprietà fuori di ogni schema o modulo acquisito. […] Tutto questo sistema di pesi e contrappesi si realizza naturalmente anche attraverso l’incidenza del colore ricchissimo di echi, di riprese, di scarti improvvisi [...] Perfino quello scurirsi dell’azzurro al sommo del cielo sembra liberamente concludere e chiudere la visione” (Pier Carlo Santini, Rosai, Vallecchi, Firenze, 1960, p. 199). Si tratta dunque di una delle vette più alte raggiunte da Rosai nella pittura di paesaggio, un paesaggio che egli tratta allo stesso modo con cui tratta gli uomini, spogliato da ogni orpello superficiale, da ogni indugio descrittivo, nel solco di quel rigore e di quella purezza compositiva dei maestri antichi che riescono ad arrivare alla radice degli uomini e delle cose; così egli descriverà il mestiere del pittore sulle pagine del Frontespizio nel 1937: “Nel riprodurre un albero, una casa, un uomo, lo preoccuperà soprattutto il dare di ognuna di queste cose il loro intimo dramma, che infine è il suo e quello di tutti”. Chiara Stefani Ottone Rosai in via San Leonardo


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Ottone Rosai Firenze 1895 - Ivrea (To) 1957

Strada di Bagno a Ripoli, 1932 Olio su tela, cm. 71x55,5 Firma e data in basso a sinistra: O. Rosai / 32; titolo al verso sul telaio: Strada del Bagno a Ripoli: numero 63; sulla tela: etichetta Onoranze a / Ottone Rosai / Mostra dell’Opera di Ottone Rosai / Firenze - Palazzo Strozzi / Maggio - Giugno 1960, con n. 125. Storia Collezione Carlo Donzelli, Firenze; Collezione privata Esposizioni Mostra Rosai, Firenze, Galleria di Palazzo Ferroni, 6 - 21 ottobre 1932, cat. n. 63; Mostra dell’Opera di Ottone Rosai 1911-1957, a cura di Pier Carlo Santini, Firenze, Palazzo Strozzi, maggio - giugno 1960, cat. n. 125.

Ottone Rosai, Strada di Bagno a Ripoli, 1932

Bibliografia G. Picchi, Un artista fiorentinissimo: Ottone Rosai, in Il Giornale d’Italia, 9 ottobre 1932; Vasco Pratolini, La mostra di Ottone Rosai a Palazzo Ferroni, in Il Popolo Toscano, 15 ottobre 1932; Giorgio Bertolini, Per una mostra di Ottone Rosai, in Gazzetta Artistica, settembre - ottobre 1932; Pier Carlo Santini, Rosai, Vallecchi Editore, Firenze, 1960, pp. 92, 184, n. 36. Stima E 35.000 / 55.000


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Ottone Rosai Firenze 1895 - Ivrea (To) 1957

Via San Leonardo, 1938 Olio su tavola, cm. 75x55 Firma e data in basso a destra: O. Rosai / XVI. Al verso: etichetta Onoranze a / Ottone Rosai / Mostra dell’Opera di Ottone Rosai / Firenze - Palazzo Strozzi / Maggio - Giugno 1960, con n. 172: etichetta Ottone Rosai / nel Centenario della nascita / Dal 18 marzo al 15 giugno 1995 / Galleria Pananti, Firenze: etichetta Collezione Vincenzo Lapiccirella. Storia Collezione Vincenzo Lapiccirella, Firenze; Collezione privata Esposizioni Omaggio a Rosai, La Strozzina, Firenze, aprile - maggio 1953, cat. n. 54; Mostra dell’Opera di Ottone Rosai 1911-1957, a cura di Pier Carlo Santini, Firenze, Palazzo Strozzi, maggio - giugno 1960, cat. n. 172, tav. 67, illustrato;

Ottone Rosai, Via San Leonardo, 1936

Ottone Rosai nel Centenario della nascita. Opere dal 1919 al 1957, Firenze, Galleria Pananti, 18 marzo - 15 giugno 1995, cat. n. 49 e copertina, illustrato a colori; Cinquanta dipinti di Ottone Rosai a 50 anni dalla scomparsa, a cura di Luigi Cavallo, Firenze, Palazzo Medici Riccardi, 27 gennaio - 20 marzo 2008, cat. pp. 112, 113, 230, 231, n. 36, illustrato a colori. Bibliografia Alfonso Gatto, Ottone Rosai, Vallecchi Editore, Firenze, 1941, p. 95; Alessandro Parronchi, Ottone Rosai, Arte moderna italiana n. 21, Ulrico Hoepli Editore, Milano, 1941, tav. XXIX; La Nazione, Firenze, 15 maggio 1960; Pier Carlo Santini, Rosai, Vallecchi Editore, Firenze, 1960, pp. 118, 199, n. 47. Stima E 35.000 / 55.000


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Carlo Carrà Quargnento (Al) 1881 - Milano 1966

Porticciolo, 1941 Olio su cartone telato, cm. 39,5x49,8 Firma e data in basso a sinistra: C. Carrà 941. Al verso: etichetta con n. 3678 e timbro Galleria dell’Annunciata, Milano: etichetta 100 Opere / di Carlo Carrà / Prato 15 maggio - 19 giugno 1971 / Riprodotto nel volume a tav. LXXV: etichetta e timbro con n. 1972 Galleria Gissi, Torino / Maestri del ‘900 - Settembre 1965. Storia Collezione U. Ferraris, Valenza Po: Collezione privata Esposizioni 100 Opere di Carlo Carrà, Prato, Galleria Farsetti, 15 maggio 19 giugno 1971, cat. tav. LXXV, illustrato a colori. Bibliografia Massimo Carrà, Carrà, tutta l’opera pittorica volume II, 19311950, L’Annunciata / La Conchiglia, Milano, 1968, pp. 445, 696, n. 5/41. Stima E 35.000 / 55.000

Carlo Carrà sul mare


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Giorgio de Chirico Volos 1888 - Roma 1978

Nudo di donna, 1930 Olio su tela, cm. 92,5x73 Firma in alto a destra: G. de Chirico; titolo e firma al verso sulla tela: “Donna nuda” / Giorgio de Chirico: dichiarazione di autenticità del notaio Diego Gandolfo, Roma, 10 giugno 1964. Storia Galerie L’Effort Moderne di Léonce Rosenberg, Parigi (archivi n. 1327); Galerie Île de France, Parigi; Collezione privata Bibliografia Claudio Bruni Sakraischik, Catalogo Generale Giorgio de Chirico, volume quarto, opere dal 1908 al 1930, Electa Editrice, Milano, 1974, n. 296;

Pierre-Auguste Renoir, Dopo il bagno, 1888

Domenico Porzio, Isabella Far de Chirico, Conoscere de Chirico, la vita e l’opera dell’inventore della pittura metafisica, A. Mondadori Editore, Milano, 1979, p. 293, n. 158; Jean Clair, William Rubin, Wieland Schmied, Giorgio de Chirico, catalogo della mostra, Haus der Kunst, Monaco, Centre Georges Pompidou, Parigi, 1982 - 1983, p. 129, n. 52; Maurizio Fagiolo dell’Arco, I Bagni Misteriosi, de Chirico negli anni Trenta: Parigi, Italia, New York, Berenice, Milano, 1991, p. 75, n. 26 (con titolo Femme brune); Maurizio Fagiolo dell’Arco, Giorgio de Chirico. Gli anni Trenta, Seconda edizione, Skira editore, Milano, 1995, p. 75, n. 26; Maurizio Fagiolo dell’Arco, De Chirico gli anni Trenta, Mazzotta, Milano, 1998, p. 70, tav. b. Stima E 70.000 / 120.000


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Filippo de Pisis Ferrara 1896 - Milano 1956

Venezia, 1930 Olio su cartone, cm. 72,7x50,4 Firma, data e luogo in basso a destra: De Pisis / 30 / Venezia. Al verso: etichetta Galleria Milano, Milano. Storia Collezione Francesco Anfuso, Roma; Collezione privata Esposizioni Prima Quadriennale d’Arte Nazionale, Roma, Palazzo delle Esposizioni, gennaio - giugno 1931, sala 29, cat. n. 14; Filippo de Pisis, Ente Premi, Roma, Palazzo Barberini, maggio 1958, cat. n. 41 e copertina; 100 Opere di Filippo de Pisis, Prato, Galleria Farsetti, 19 maggio - 19 giugno 1973, cat. tav. XLI, illustrato a colori.

Vincent Van Gogh, Fiori in un vaso blu, 1887

Bibliografia Sergio Solmi, Filippo De Pisis, Arte Moderna Italiana n. 31, Ulrico Hoepli, Milano, 1931, tav. n.n. (con titolo Fiori a Venezia); Sergio Solmi, Filippo de Pisis, Arte Moderna Italiana n. 19, seconda edizione, Ulrico Hoepli, Milano, 1941, tav. XX; Giuliano Briganti, De Pisis, gli anni di Parigi 1925/1939, Mazzotta, Milano, 1987, p. 126; Giuliano Briganti, De Pisis. Catalogo generale, tomo primo, opere 1908-1938, con la collaborazione di D. De Angelis, Electa, Milano, 1991, p. 230, n. 1930 31 (con supporto errato). Stima E 40.000 / 60.000


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Antonio Zoran Music Gorizia 1909 - Venezia 2005

Nel paesaggio il vuoto, 1960 Olio su tela, cm. 50x66 Firma e data in basso al centro: Music / 1960; firma e data al verso sulla tela: Music / 1960: etichetta III Premio Scipione Nazionale di Pittura / Macerata settembre ottobre 1964; sul telaio: etichetta III Premio Scipione Nazionale di Pittura / Macerata settembre ottobre 1964 / Retrospettiva di Osvaldo Licini. Certificato su foto Galleria d’Arte Contini, con n 60/010-o. Stima E 15.000 / 25.000


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Renato Birolli Verona 1905 - Milano 1959

Alberi sul verde, 1957 Olio su tela, cm. 115x89 Firma e data in basso a destra: Birolli 1957; firma, luogo e data al verso sulla tela: Renato Birolli / Aversa / 1957; sul telaio: etichetta Galleria d’Arte “La Medusa”, Roma. Storia Collezione A. Buticchi, Milano; Collezione privata Certificato su foto Archivio Renato Birolli. Milano, 10-3-2008. Bibliografia Zeno Birolli, Renato Birolli, Feltrinelli Editore, Milano, 1978, p. 316, n. 1957.64 (782). Stima E 45.000 / 65.000

Renato Birolli nel suo studio, 1959


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Antonio Zoran Music Gorizia 1909 - Venezia 2005

Ombres sur le Carso, 1958 Olio su tela, cm. 114x146 Firma e data in basso al centro: Music / 1958; firma e titolo al verso sulla tela: Music / Ombres sur le Carso / C 15. Certificato su foto Galleria d’Arte Contini in data 27/03/1991, con n. 0065-58/003 (in fotocopia). Esposizioni Omaggio a Zoran Music, opere dal 1944 al 1984, Galleria d’Arte Contini, Asiago, 25 luglio - 18 settembre 1987, poi Mestre, 26 settembre - 29 ottobre 1987, cat. p. 83, n. 35, illustrato a colori. Bibliografia Claudio Cerritelli, Paolo Fossati, L’arte del paesaggio, pittura in Italia dal divisionismo all’informale, Edizioni Essegi, Ravenna, 1991, p. 219. Stima E 30.000 / 50.000

Altopiano del Grostè, Carso


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Alberto Burri, Combustione Plastica, 1957

Alberto Burri è considerato uno dei maestri dell’Informale, corrente che ha dominato la scena artistica internazionale negli anni Quaranta e Cinquanta, ma la sua ricerca travalica i limiti di tale movimento, differenziandosi da quella degli artisti europei come Fautrier, Dubuffet, Wols e anche dagli americani Pollock, De Kooning, Kline e Rothko; Burri partecipa al clima culturale del suo tempo, ma di fatto rimane isolato, un grande fuoriclasse solitario. Nato il 12 marzo 1915, agli albori dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, padre commerciante e madre maestra d’asilo, si laurea in Medicina a Perugia nel 1940 e viene inviato in Africa in qualità di medico militare; nel 1943 viene fatto prigioniero in Tunisia ed è trasferito in Texas nel campo di Hereford. È negli Stati Uniti, in una situazione precaria e drammatica, che inizia a dipingere, un po’ per evadere da tale situazione, un po’ perché la pittura lo ha sempre affascinato, tanto che racconterà: “Quando andavo al ginnasio, dove il disegno era materia di insegnamento, mia madre per assecondare questa mia passione, faceva venire a casa un insegnante privato per seguirmi. Ricordo che per alcuni mesi non fece altro che farmi disegnare dei calchi di gesso, una noia mortale, così la voglia venne un po’ meno… Alla fine del ginnasio cominciai a studiare storia dell’arte, a conoscere gli affreschi dei grandi maestri e a divertirmi a riprodurli. Ma ho comunque sempre disegnato pochissimo, anche se la mano per disegnare si vedeva che c’era, eccome…” (Alberto Burri in Vittorio Brandi Rubio, Alberto Burri, 2015, p. 69). Del periodo passato a Hereford Burri ricorderà: “C’erano architetti, storici. Studiavamo, divisi in gruppi. Io ero laureato in medicina

Alberto Burri fotografato da Ugo Mulas, Roma, Grottarossa, 1962


[…] mi volevo specializzare in malattie tropicali. Sognavo l’Africa, l’etnologia, la caccia grossa. Invece ero finito prigioniero […] E poi avevo scoperto la pittura: avevo capito che quella era la mia vocazione e che avrei voluto dedicarle tutta la vita. Volevo fare il pittore a tempo pieno, non l’artista della domenica” (Ibidem, p. 70). Ritornato a Roma nel 1946, ospite del cugino Annibale Bucchi, entra in contatto con l’ambiente intellettuale e artistico, e fin dall’inizio avvia la sua ricerca in termini di grande originalità. Maurizio Calvesi descrive così lo stato d’animo di Burri in questo decisivo momento: “Burri non ha vissuto il 25 luglio, l’occupazione tedesca, la resistenza: ma la prigionia. Il suo stato d’animo è più di rivalsa che di colpa. L’Italia che trova al rimpatrio, non gli appare come un Paese liberato, ma semplicemente in disfatta, ambiguamente soccorso. Un Paese irriconoscibilmente povero, in soggezione e inferiorità; esaminato con amarezza da un occhio orgoglioso”, parallelamente Enrico Crispolti nota che “Quelle offerteci da Burri sono forse le immagini di più radicale rifiuto che contro la misura di sfacelo morale del mondo contemporaneo siano sorte dalla situazione italiana: negli ultimi anni del sopruso politico, dell’impero del sottogoverno, dell’opportunismo politico irrefrenato Burri getta sul tappeto la condizione dell’esistenza nella nudità della sua primaria questione ontologica” (Enrico Crispolti, Burri, Milano, 1961). L’arte dunque come riscatto; è vero che Burri non aveva in un certo senso una cultura specifica, ma quello che poteva essere uno svantaggio lo tramuta in un privilegio. Tra i tanti pittori a lui coetanei ce ne sono alcuni già affermati che si trovano a dubitare del proprio passato e a rinnegarlo, altri che invece, imbevuti di cultura, sembrano incanalati in percorsi troppo “accademici”; il vantaggio di Burri sta dunque nell’approfondire questa cultura strada facendo, ricevendone l’utilità senza subirne deterioramenti. La sua prima mostra nel 1947 alla Galleria La Margherita di Roma viene presentata dai poeti De Libero e Sinisgalli, vi sono esposte opere figurative talmente semplificate e ridotte che già tendono all’astrazione, con elementi ritmici e forme semplici come asterischi e costruzioni labirintiche che si ritroveranno nei primi dipinti decisamente astratti. Quello che Burri cerca è una composizione che, per quanto astratta, abbia la stessa forza e solidità del terreno, e questa forza Burri la trova nella materia; per arrivare a dare ad una composizione una resistenza “fisica” egli abbandona gli strumenti abituali della pittura escogitando nuovi mezzi ed usando materiali estranei fino ad allora alla storia dell’arte.

Alberto Burri fotografato da Ugo Mulas, Roma, Grottarossa, 1962


C’è una determinazione totalizzante nel lavoro di Burri circa la materia, e lui stesso chiarisce le ragioni di tale atteggiamento: “Al di là delle mille associazioni che può fare il cervello umano, io rivendico la “necessità” di utilizzare il materiale. Anche in prigionia, quando mancavano i colori, se mancava il bianco si utilizzava il dentifricio […] Io ho sempre usato il materiale che avevo sottomano, consapevole del fatto che con tutto potevo esprimere la mia arte” (Alberto Burri, in Stefano Zorzi, Parola di Burri, Torino, 1995). Del 1948-49 sono i Catrami, i primi esperimenti di superficie con spessori e grumi, seguiti nel 1950-51 dalle Muffe e dai Gobbi, questi ultimi decisamente innovativi perché la superfice della tela, grazie all’inserimento al verso di tiranti lignei, forza la bidimensionalità attraverso escrescenze, mentre i primi Sacchi fanno la loro apparizione nel 1952 e segnano una vera e propria rivoluzione. La tela di vecchi sacchi di iuta grezza con strappi, cuciture, nodi e buchi, acquista valenza organica e allo stesso tempo si trasforma in elemento di espressione formale, strettamente connesso e contrapposto a delle parti di superficie dipinta di nero, rosso o bianco, così che forma e materia arrivano a coincidere connotando queste opere di un fascino inquietante e aggressivo ma al contempo raffinato e accurato. Combustione plastica è un’opera realizzata nel 1957, anno in cui Burri inizia a lavorare al ciclo chiamato appunto Combustioni. Qualsiasi altro artista, dopo quella che Cesare Brandi ha definito “la grande stagione dei Sacchi”, si sarebbe attenuto a quella scoperta, ma Burri decide di sospendere quell’esperienza per dedicarsi alle combustioni di legni, ferri e plastiche: tutti questi materiali sono portatori di quel potere di rigenerazione fantastica che l’artista aveva già mostrato con i Sacchi, e che ora prosegue in modo stupefacente, ricreando nuove modalità espressive. Ogni materia si impone dunque come una “ridefinizione” di se stessa, e quindi il fuoco viene utilizzato come principio che dialetticamente la distrugge e insieme la ricrea. Nelle plastiche il colore arriva a confondersi o incarnarsi nella materia, dando luogo ad una contrapposizione con la superficie dipinta: in opere come Combustione Plastica, esposta anche al MoMA di New York, Burri ha reso il fuoco un elemento fondante della sua pratica creativa, sfruttando la sua energia e la sua violenza per realizzare una superfice drammaticamente fusa e carbonizzata, ma al contempo portatrice di bellezza grezza in cui la plastica forma delle sorti di crateri (motivo che appare anche nei primi lavori dell’artista) che la dilaniano. Brandendo una fiamma ossidrica al posto di un pennello, Burri scrive un nuovo capitolo della storia dell’arte: ben presto egli diviene un esperto nel manipolare materiali combustibili, arrivando a creare complesse composizioni e non lasciando nulla al caso, tamponando o sollecitando legni, ferri e plastiche per assicurarsi che prendano fuoco solo nella misura desiderata. Questa accuratezza tecnica è ben evidente in Combustione Plastica dove crateri dai bordi ispessiti mettono a nudo le cicatrici del fuoco che li ha creati e che contrastano con il candore del fondo bianco della tela, e gli sfarfallamenti marroni della fiamma registrano i movimenti dell’artista, aggiungendo ulteriori macchie di colore alla composizione, accentuandone il dinamismo. Combustione Plastica unisce quindi uno dei media preferiti di Burri, la plastica, ad una delle sue tecniche predilette, il fuoco: Burri inizia ad usare il fuoco già dal 195455 esplorando i cambiamenti cromatici e di consistenza che si evidenziavano sulla carta, sul legno e sul metallo, in breve tempo il fuoco diviene una delle tecniche Alberto Burri fotografato da Aurelio Amendola, Città di Castello, Casenove di Morra, 1976


chiave, che egli applica alla plastica riscaldandola fino a che non si drappeggia, si allunga, si coagula e si brucia, lasciando filamenti e grandi buchi aperti sulla superficie sottostante. Burri non è sicuramente il primo né l’unico artista ad aver usato il fuoco nella creazione delle proprie opere, si pensi a Piene, a Klein, a Rauschenberg (che vorrà conoscere Burri a Roma nel 1953), ma certo egli è colui che in epoca contemporanea ha assegnato alla combustione una dimensione estetico-poetica, caricandola di aspetti che ne hanno fatto una modalità linguistica. Vi sono numerosi fotografi e moltissime fotografie che testimoniano l’attenzione e l’amore che Burri metteva in questa sua “gestualità del fuoco”. Ugo Mulas lo ritrae nel 1962 a Roma, nello studio di Grottarossa mentre realizza una grande plastica trasparente: l’artista lavora con la fiamma dietro all’opera in modo che questa e la sua sagoma si confondano nell’opacità e nelle pieghe del materiale combusto, il gesto documentato richiama quasi quello di un rito arcaico. Anche Aurelio Amendola ha ritratto Burri nel 1976 a Città di Castello, Casenove di Morra, mentre realizza delle combustioni plastiche; nei suoi scatti si osservano sia le sue “carezze” alle superfici ancora fiammeggianti, sia la terribile forza del loro ardere. Egli accompagna e guida quel divampare della materia e ne controlla gli effetti, sembra che non voglia lasciare niente al caso, se non una parte esigua. Racconterà Amendola a proposito di Burri e delle sue Combustioni: “Non conoscevo il suo lavoro e a cosa si riferisse con quella definizione ‘combustione’. Fino a quel momento, mi ero occupato di scultori e pittori che operavano con mezzi tradizionalmente riferibili a queste due discipline e non potevo immaginare cosa mi aspettasse. A Casenove mi fermai, su decisione dell’artista, cinque o sei giorni. Conobbi altri amici di Burri, compagni di vita: Beppe Volpi addetto alla cucina, Roberto Mancini tuttofare, e Giacomo Di Sabbatino, detto ‘Jack scintilla’. Un giorno per acclimatarsi e poi il lavoro cominciò. Mi trovai di fronte ad una situazione a dir poco sconcertante: Mancini e Jack scintilla issavano al soffitto un enorme foglio di cellophane, ben cinque metri per cinque, dopo averlo assicurato al pavimento con dei pesi. Finita l’operazione di allestimento della grande plastica, Burri, con una fiamma ossidrica in mano, disse: “Bene, io comincio a lavorare con questa!”. Disorientato e un po’ intimorito, mi chiedevo cosa stesse per accadere. Utilizzavo, e lo faccio ancora, pellicole tradizionali, quindi non avevo a disposizione più di dodici pose. Come Burri accese la fiamma sparai tutti gli scatti che costituiscono la famosa sequenza! Chiese subito che cosa fossi riuscito a fare; replicai che lo avrei saputo dopo lo sviluppo delle foto. […] Stampai il tutto e lo raggiunsi: di fronte all’intera sequenza si commosse, ed io con lui. Da allora diventai il fotografo di Burri e amico fino alla sua morte” (intervista di Chiara Sarteanesi ad Aurelio Amendola in Obiettivi su Burri. Fotografi e fotoritratti di Alberto Burri dal 1954 al 1993, Città di Castello, 2019, pp. 31, 32). Guardando un’opera come Combustione plastica, si potrebbe ipotizzare che Burri stesse distruggendo la plastica, in realtà, come scrive James Johnson Sweeney “Out of a wound, beauty puors forth [Fuori da una ferita, la bellezza scaturisce]” (J. J. Sweeney in C. Christov-Bakargiev, Burri 1915-1995, Roma, 1996, p. 265). Silvia Petrioli Alberto Burri fotografato da Aurelio Amendola, Città di Castello, Casenove di Morra, 1976


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Alberto Burri Città di Castello (Pg) 1915 - Nizza 1995

Combustione Plastica, 1957 Plastica, combustione su tela, cm. 100x86 Firma, data e titolo al verso: Burri / 57 / Combustione; su un cartone di supporto: etichetta E. P. T. Bari / Pinacoteca Provinciale / Mostra Internazionale “Aspetti dell’Informale”: etichetta The Museum of Modern Art / New York / Burri Fontana C/E 65-6, con n. 66.1083. Storia Galleria Blu, Milano; Collezione privata Esposizioni Burri, Bruxelles, Palais des Beaux-Arts, 11 - 22 aprile 1959, cat. n. 15; Alberto Burri, Krefeld, Museum Haus Lange, maggio - giugno 1959, poi Dortmund, Museum am Ostwall, luglio - agosto 1959, cat. n. 13; Burri. Plastiche, Milano, Galleria Blu, dal 9 marzo 1964, cat. n. 3, illustrata; Alberto Burri e Lucio Fontana, mostra itinerante negli Stati Uniti, 1966 - 1968, cat. n. 11; Guttuso, Burri, Vespignani e altri, Roma, Galleria Il Grafo, 1969, cat. p. 9, illustrata; Aspetti dell’Informale, Bari, Pinacoteca Provinciale, gennaio marzo 1971, cat. p. 65, n. 8, illustrata a colori;

Yves Klein mentre realizza una pittura di fuoco

Aspetti dell’Informale, Milano, Palazzo Reale, maggio - giugno 1971, cat. p. 25, illustrata; Aspetti di erotismo nell’arte astratta, Milano, Galleria Blu, marzo - aprile 1977, cat. p. n.n., illustrata. Bibliografia Raffaele Carrieri, Pittura e scultura d’avanguardia in Italia 1890-1960, Giani Editore, Milano, 1960, p. n.n.; Vittorio Rubiu, Cesare Brandi, Burri, Editalia, Roma, 1963, p. 207, n. 223; Burri, contributi al catalogo sistematico, Fondazione Palazzo Albizzini, Petruzzi Editore, Città di Castello, 1990, p. 114, n. 460 (riprodotto capovolto, con supporto errato); Alberto Burri. Catalogo generale, tomo I, Pittura 1945-1957, a cura di Bruno Corà, Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Città di Castello, 2015, p. 271, n. 643 (riprodotto capovolto, con supporto errato); Alberto Burri. Catalogo generale, tomo VI, Repertorio cronologico 1945-1994, Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Città di Castello, 2015, p. 113, n. i.5727 (riprodotto capovolto, con supporto errato). Stima E 1.500.000 / 2.500.000


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Agostino Bonalumi Vimercate (Mi) 1935 - Milano 2013

Rosso, 1976 Tela estroflessa e tempera vinilica, cm. 160x120 Firma e data al verso sulla tela: Bonalumi / 76; sul telaio: etichetta e due timbri Galleria Fumagalli, Bergamo. Foto autenticata dall’artista in data ‘04 con etichetta Archivio Bonalumi con n. 76-001 (con misure errate); certificato su foto Archivio Bonalumi, Milano, 2016, con rettifica delle misure. Bibliografia Agostino Bonalumi. Catalogo ragionato, a cura di Fabrizio Bonalumi e Marco Meneguzzo, Skira Editore, Milano, 2015, p. 480, n. 664 (con misure errate). Stima E 100.000 / 150.000


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Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1959 Non ci può essere una pittura o una scultura spaziale, ma solo un concetto spaziale dell’arte Lucio Fontana

“Oggi dopo vent’anni posso dire che i «concetti spaziali», dichiarati nel «Manifesto blanco» del 1946, non erano delle utopie, ma l’annuncio dell’evoluzione dell’uomo alla civiltà spaziale” e della sua “nuova dimensione nel cosmo”. Con queste parole Lucio Fontana nel 1966, in occasione della ristampa, ricorda il manifesto scritto insieme agli allievi dell’Accademia di Altamíra a Buenos Aires, in cui si definiscono per la prima volta le idee spazialiste. La ricerca artistica e concettuale di Fontana si sviluppa sull’idea che sia conclusa una fase creativa e, in accordo con le moderne tecnologie e grazie alle scoperte scientifiche, si debbano trovare nuovi spazi figurativi e rinnovare il linguaggio attraverso un’arte “valida per se stessa”, fondata su nuovi valori.


Nel 1951, durante il convegno alla Triennale di Milano, egli sottolinea la volontà del movimento spazialista di abbandonare le forme conosciute per sviluppare “un’arte basata sull’unità del tempo e dello spazio. Gli spaziali creeranno negli spazi e attraverso gli spazi le nuove fantasie dell’arte. Concepiamo l’arte come una somma di elementi fisici, colore, suono, movimento, tempo, spazio, concependo un’unità fisico-psichica, colore l’elemento dello spazio, suono l’elemento del tempo, e il movimento che si sviluppa nel tempo e nello spazio. Sono le forme fondamentali dell’arte spaziale”. Le premesse di questa nuova poetica si possono trovare già nelle sculture degli anni Trenta, in cui Fontana cerca un legame tra plasticismo e cromatismo, aprendo la forma chiusa della scultura all’aria e alla luce che la circondano: “Dall’Uomo nero 1929 [ma in realtà 1930] il problema di fare arte istintivamente si chiarisce in me, né pittura né scultura, non linee delimitate nello spazio, ma continuità dello spazio nella materia” (in E. Crispolti, Carriera barocca di Fontana, Skira, Milano, 2004, p. 111). Attraverso il I Manifesto Spaziale, 1947, il II Manifesto Spaziale, 1948 e il Manifesto tecnico, 1951, si definiscono i principi teorici del movimento, che identifica lo spazio come l’elemento dove si compie il puro gesto creativo, che, eseguito anche in un solo attimo, si imprime nell’animo umano divenendo eterno e superando la corruttibilità della materia. Si sviluppa così una componente dinamica, da cui scaturisce il concetto di dinamismo spaziale. Grazie alla conquista dello spazio, come lo sbarco sulla Luna, l’uomo si è staccato dalla linea d’orizzonte della Terra, che per secoli ha condizionato la sua estetica e la sua prospettiva, e ha potuto sviluppare un nuovo punto di vista, così anche l’arte adesso supera i limiti del supporto tradizionale per raggiungere la quarta dimensione, quella dell’architettura, e divenire “una espressione d’arte aerea”. La massima estensione della poetica spaziale è raggiunta da Fontana con l’Ambiente spaziale a luce nera, realizzato alla Galleria del Naviglio a Milano nel 1949, compiendo il primo tentativo di liberarsi da una forma plastica statica, in cui lo spettatore non è influenzato dalla visione di oggetti imposti ma, isolato nello spazio scuro, reagisce in base allo stato d’animo del momento, una sperimentazione dinamica che modella lo spazio abitabile e che va oltre l’architettura. La trasposizione del concetto spaziale sulla tela avviene compiendo un processo di sintesi gestuale che trova soluzione nel buco, non un segno grafico ma un elemento fisico che rompe la superficie, creando un vuoto che lascia penetrare quello che vi è al di là per raggiungere una dimensione corrispondente a quella infinita del cosmo: “E, allora, ecco che: primo, secondo e terzo piano… per andar più in là cosa devo fare […] io buco, passa l’infinito di lì, passa la luce, non c’è bisogno di dipingere […] tutti han creduto che io volessi distruggere, ma non è vero, io ho costruito, non distrutto, è lì la cosa” (in C. Lonzi, Autoritratto, De Donato, Bari, 1969, pp. 169-71). Nel 1958 Guido Ballo si reca nello studio di Fontana dove sono presenti varie opere con i buchi destinate a una mostra presso la Galleria del Naviglio, ma il giorno dell’inaugurazione sulle tele al posto dei buchi ci sono dei tagli. È questa la prima occasione in cui appaiono i nuovi Concetti spaziali, presentati poi ufficialmente con la personale alla Galleria Stadler di Parigi, nel 1959. I tagli sono inseriti inizialmente negli inchiostri paesaggistici, per passare alle opere in anilina e in particolare alle carte-tela, distribuiti in composizioni corali e definiti con segni corsivi derivati dal disegno, divenendo poi protagonisti di piccoli dipinti poligonali monocromi, creati in sequenze o gruppi e che possono essere liberamente accostati tra loro, chiamati quanta, e di versioni più mature e monumentali, come quelle esposte nel 1960, nella mostra Monochrome Malerei a Leverkusen. L’opera di Fontana, con il buco e poi con il taglio non “è più propriamente pittura; è semmai una manifestazione di arte plastica […]. Un gesto di rottura oltre i limiti imposti dall’abitudine, dal costume, dalla tradizione […] maturata nella onesta conoscenza della tradizione, nell’uso accademico dello scalpello, della matita, del pennello, del colore” (L. Fontana, Difendo i miei tagli, in La Nazione, 24 giugno 1966, p. 21). Il taglio nasce dall’idea del buco ma ne perde la fisicità per acquisire una profonda componente mentale, una sorta di gesto purificato con cui Fontana riesce a esprimere in modo tangibile una contemplazione quasi metafisica, elevando a valore assoluto le idee spazialiste. Come egli spiega in un’intervista su Vanità del 1962, i tagli sono un’espressione principalmente filosofica, “un atto di fede nell’infinito, un’affermazione di spiritualità”, e la loro contemplazione distende lo spirito, libera l’uomo “dalla schiavitù della materia” e lo rende parte integrante della vastità del presente e del futuro. La ricerca sviluppata attraverso il taglio raggiunge il suo vertice con Ambiente ovale bianco, una sala realizzata nel 1966 alla XXXIII Biennale di Venezia, dove in una stanza ovale bianca grandi tele monocrome bianche, incise con tagli unici, si aprono allo spazio non solo attraverso gli squarci sulle superfici ma diventano esse stesse parti integranti dell’ambiente, pure presenze immerse in un rigore cosmico, identificandosi con l’idea di arte totale. In Concetto spaziale, Attese, 1959, attraverso un gesto deciso Fontana fende la tela con tre tagli obliqui che permettono di unire lo spazio d’azione dell’uomo e l’infinito oltre la superficie pittorica, così l’atto irreversibile del tagliare rende il movimento la componente fondamentale dell’opera, elemento di continuità tra materia e spazio attraverso il tempo. I tagli, i cui lembi esaltano gli effetti di ombra e luce, non corrompono l’unità assoluta della superficie monocroma ma la caricano di tensione, accentuando l’equilibrio tra la vitalità delle linee e l’immobilità delle zone non intaccate dal gesto, mentre il colore scuro diventa il tramite dialettico tra la pittura e la luce. In questa tela si ritrova tutta la vitale dinamicità con cui Fontana interviene sull’opera quando esegue i tagli, netti, assoluti, definiti con un gesto rapido e preciso, un attimo in cui non sono ammessi errori, compiuto con profonda concentrazione e solo dopo una lunga contemplazione della tela. Il momento che precede l’azione, quando “il taglio non è ancora cominciato” e “l’elaborazione concettuale è invece già tutta chiarita”, è l’attimo più importante e potrebbe essere per “questa concentrazione e aspettativa” che l’artista ha chiamato i quadri con i tagli «attese»” (U. Mulas, La fotografia, Torino, 1973). Elisa Morello


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Lucio Fontana Rosario Santa Fè 1899 - Varese 1968

Concetto spaziale, Attese, 1959 Idropittura su tela, grigio scuro, cm. 65,5x50,5 Firma, titolo e data al verso sulla tela: l Fontana / “Attese” / 1957 / 2010: numero 0003/73; su un pannello di supporto: etichetta Galleria Civica / di Arte Contemporanea / Trento. Storia Collezione Teresita Rasini Fontana; Galleria Levi, Milano; Collezione G. Colavito, Milano; Collazione Luigi Corradini, Trento; Collezione privata Bibliografia Enrico Crispolti, Lucio Fontana. Catalogue raisonné des peintures, sculptures et environnements spatiaux, vol. II, La Connaissance, Bruxelles, 1974, pp. 82-83, n. 59 T 41; Enrico Crispolti, Fontana. Catalogo generale volume primo, Electa, Milano, 1986, p. 285, n. 59 T 41; Enrico Crispolti, Lucio Fontana. Catalogo ragionato di sculture, dipinti, ambientazioni, tomo I, con la collaborazione di Nini Ardemagni Laurini, Valeria Ernesti, Skira editore, Milano, 2006, p. 451, n. 59 T 41. Stima E 280.000 / 380.000

Mark Rothko, Untitled (Black on Grey), 1969-70, New York, Solomon R. Guggenheim Museum


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Alberto Burri, dal Gruppo Origine al Cretto di Gibellina Nel gennaio del 1951 Alberto Burri firma il Manifesto del Gruppo Origine; con questo termine, che individua il gruppo formatosi nel novembre 1950 insieme a Giuseppe Capogrossi, Ettore Colla e Mario Ballocco, la critica degli anni Cinquanta ha voluto sottolineare l’urgenza esistenziale di quegli artisti che identificano il gesto della pittura con una presa di possesso della realtà, come un passaggio dalla parzialità del quotidiano alla totalità del gesto artistico. Burri ha sempre minimizzato l’importanza di Origine (scioltosi già nell’aprile 1951): “Capogrossi e Colla ci tenevano molto a costituire questo Gruppo Origine e vollero me perché, soprattutto con Colla eravamo buoni amici… Da parte mia non ho mai dato valore a queste dichiarazioni” (Alberto Burri, in Cesare Alberto Burri, Roma, Fondazione Origine, 18 - 30 aprile 1953, invito della mostra Brandi, Burri, Roma, 1963). Eppure a suo tempo il gruppo ebbe una sua funzione di emancipazione dalla situazione corrente; gli artisti firmatari, pur essendo caratterialmente diversi tra loro, erano uniti dall’essere tutti degli astrattisti, convinti che per rinnovare il movimento vi fosse la necessità di dimenticarne la storia, auspicando un ritorno alle origini (da cui il nome), riscoprendolo al di fuori di ogni formalismo neoplastico o costruttivista. Nessuno dei firmatari era però un teorico, né pretendeva di esserlo, in più artisti come Burri e Capogrossi avevano personalità talmente spiccate che male si accordavano all’interno di un gruppo, così Origine si tramutò in una Fondazione con una sua galleria e una sua rivista, nelle cui pagine apparve la prima poesia dedicata ad Alberto Burri: “Nostra dimessa cosmogonia, elegiaca, esterrefatta, composita / […] Alberto Burri coltiva come in vitro, anzi come in lino / queste contratte anatomie di organismi inespressi” (Emilio Villa, in Arti visive, 1951). È in tale clima che si pone Muffa, realizzata nel 1951: opere come questa rappresentano una delle prime cruciali espressioni del linguaggio di Alberto Burri. In essa gli strati di pittura sono fossilizzati in una serie di segni e sedimenti, la trama della tela e i segni del pennello sono assenti e la superficie appare impenetrabile, assimilabile a quella di una pietra. Sebbene i diversi livelli pittorici sembrino tracciare delle forme astratte, ciò che domina la composizione è la materia del quadro che trasforma il dipinto in un fenomeno fisico. In Muffa Burri introduce un elemento fondamentale per rendere la fisicità dell’opera: il colore ad olio è mescolato con della pietra pomice, così la fluidità viene distrutta e la sua proprietà fisica mutata. La pittura ad olio è ancora presente nelle opere di questo periodo, ma è contaminata, modificata e indurita dalla pietra pomice; alla luce di ciò opere come Muffa appaiono tra le più sovversive, proprio perché prodromi di un cammino innovativo che si concluderà solo con la morte dell’artista circa cinquant’anni dopo. Il ciclo delle Muffe è realizzato subito a seguire, o comunque in concomitanza, delle serie dei Nero e dei Catrami; soltanto 27 esemplari di Muffe appaiono nel catalogo generale dell’artista, sono quindi assai rare, ma nella loro rarità segnano un momento fondamentale del percorso di Burri; sarebbe difficile comprendere le serie dei Sacchi, dei Legni, dei Ferri e delle Combustioni senza tener presente questo ciclo così raffinato. È una materia che genera altra materia: in Muffa certe concrezioni biomorfe sono ritagliate con forza, ed è come se subissero un ulteriore processo di sedimentazione all’interno stesso del dipinto; quello che ne traspare è una superficie arida e leggermente rigata, con dei colori che non sono colori ma piuttosto differenziazioni della materia; a contatto con queste visioni i ricordi della pittura astratta si allontanano, non perché non ci siano, ma perché cambiano natura. Nasce dunque un’arte di materie oscure e sgradevoli, dalle superfici mosse e ribollenti come lava, dai crateri aridi come quelli della luna e dei deserti. All’aridità della terra richiama anche Cretto (1976): Burri inizia a lavorare ai Cretti a partire dalla fine degli anni Cinquanta, superfici bianche o nere costituite da uno strato di materia composto da bianco di zinco o terre mescolate a vinavil che seccandosi danno vita ad una texture di crepe, come quelle del fango inaridito. L’ispirazione originale risale precisamente al 1958 quando, durante una visita in California per trovare l’amico Afro, Burri rimane incantato dal fondo del deserto della Death Valley: “L’idea [dei Cretti] è nata da lì, ma poi nel dipinto è diventata qualcos’altro. Volevo solo dimostrare


l’energia di una superficie” (Alberto Burri, in G. Serafini, Burri: the Measure and the Phenomenon, Milano, 1999, p. 209). Burri esplora l’uso della vernice screpolata fin dagli anni Quaranta, ma è solo a partire dalla serie dei Cretti degli anni Settanta che la craquelure diviene la principale forza creatrice del dipinto. Il grado di distruzione, invasione, alterazione e cambiamento del crack è comunque sempre controllato dall’artista e le dimensioni di ogni Cretto sono influenzate dalla quantità di vernice acrilica diluita e dallo spessore della sua applicazione, nonché dall’esperienza del tocco del Maestro. In composizioni come Cretto prende definitivamente forma quella serie in cui spaccature e screpolature, con ritmo e profondità variati, interessano tutta la superficie o solo parte di essa. Evento memorabile è il Grande Cretto Nero realizzato nel 1978 per la mostra al Museo di Capodimonte di Napoli, una costruzione colossale di settecento pezzi di ceramica lunga quasi quindici metri in cui sembra di assistere alla disgregazione della materia, e invece si produce la sublimazione della stessa. L’apice dei cretti è raggiunto con la realizzazione del Cretto per Gibellina; sulle rovine della città distrutta dal sisma del 1968, Burri progetta un gigantesco monumento che ripercorre le vie e i vicoli: esso infatti sorge nello stesso luogo dove una volta vi erano le macerie, attualmente cementificate. Dall’alto l’opera appare come una serie di fratture di cemento sul terreno, ogni fenditura è larga dai due ai tre metri, mentre i blocchi sono alti circa un metro e sessanta e la superficie è di circa 80.000 metri quadrati. Impiegando un vocabolario artistico minimo per esporre la natura primaria della materia, Burri si colloca tra gli artisti più radicali che emergono Piero Manzoni, Achrome, 1957-58 dall’Europa del dopoguerra; il suo lavoro − contemporaneamente alle ricerche coeve di Lucio Fontana e agli Achromes di Piero Manzoni − funge da ponte concettuale ed estetico tra l’Informale degli anni Quaranta e Cinquanta e l’Arte Povera che alla fine degli anni Sessanta inizia a sperimentare materiali di uso quotidiano con processi non convenzionali, anticipando ed ispirando i lavori di quegli artisti alla ricerca di una totale dematerializzazione dell’opera come Castellani, Scheggi e Bonalumi. Certo “L’epicità della pittura di Burri consiste proprio nell’accettare lo scontro tra l’urgenza della materia, del caos, e la sua sistemazione nel luogo colto e storicizzato della pittura. […] Le opere si succedono alle opere, alle prime materie succedono i legni, i catrami, le plastiche, fino ad arrivare ai cretti e ai cellotex. Eppure tali opere sembrano conservare il movimento e la proliferazione, i materiali continuano a modificarsi, ma sempre dentro la soglia del quadro: questo è il destino, l’unico possibile” (Achille Bonito Oliva, Alberto Burri. La misura della materia, Roma, 1979, p. 6). Silvia Petrioli

Death Valley, California


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Alberto Burri Città di Castello (Pg) 1915 - Nizza 1995

Muffa, 1951 Pietra pomice, olio, vinavil su tela, cm. 44x57 Firma e data al verso sulla tela: Burri 51; sul telaio: etichetta Burri Cagli Fontana Guttuso Moreni Morlotti / Sei pittori italiani dagli anni Quaranta ad oggi / Arezzo - Galleria Comunale d’Arte Contemporanea / Mag. Giu. 1967: etichetta Burri Cagli Fontana Guttuso Moreni Morlotti / Sei pittori italiani dagli anni Quaranta ad oggi / Istituto Italo Latino Americano / Roma 28 giugno - 26 luglio 1967. Certificato su foto Fondazione Palazzo Albizzini, Collezione Burri, Città di Castello, con n. 51.59. Esposizioni Burri Cagli Fontana Guttuso Moreni Morlotti. Sei pittori italiani dagli anni Quaranta ad oggi, a cura di Enrico Crispolti

Robert Rauschenberg, Untitled (Black Painting with Portal Form), 1952–53

e Antonio Del Guercio, Arezzo, Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, 6 maggio - 11 giugno 1967, poi Roma, Istituto Italo-Latino Americano, 28 giugno - 26 luglio 1967, cat. pp. 283, VIII, illustrato. Bibliografia Alberto Burri. Catalogo generale, tomo I, Pittura 1945-1957, a cura di Bruno Corà, Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Città di Castello, 2015, p. 82, n. 138; Alberto Burri. Catalogo generale, tomo VI, Repertorio cronologico 1945-1994, Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Città di Castello, 2015, p. 52, n. i5159. Stima E 380.000 / 480.000


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Alberto Burri Città di Castello (Pg) 1915 - Nizza 1995

Cretto, (1976) Acrovinilico su cellotex, cm. 16,5x25 Storia Galleria Mazzoleni, Torino; Collezione privata, Milano; Collezione privata Esposizioni Collezionare. Artisti del Novecento e Contemporanei, Reggio Emilia, 2000 & Novecento Galleria d’Arte, dal 4 dicembre 2003. Bibliografia Burri, contributi al catalogo sistematico, Fondazione Palazzo Albizzini, Petruzzi Editore, Città di Castello, 1990, n. 1021; Alberto Burri. Catalogo generale, tomo II, Pittura 1958-1978, a cura di Bruno Corà, Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Città di Castello, 2015, p. 321, tav. 1462; Alberto Burri. Catalogo generale, tomo VI, Repertorio cronologico 1945-1994, Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Città di Castello, 2015, p. 211, n. i.7612. Stima E 330.000 / 430.000

Alberto Burri, Cretto di Gibellina


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Mauro Reggiani Nonantola (Mo) 1897 - Milano 1980

Composizione, 1959 Olio su tela, cm. 129,5x161,5 Firma in basso a sinistra: M. Reggiani. Storia Galleria del Grattacielo, Milano; Galleria Toninelli, Milano; Collezione privata, Milano; Collezione privata Esposizioni Mauro Reggiani, Verona, Galleria d’Arte Ferrari, dal 15 aprile 1961, cat. p. n.n., illustrato;

Maestri della Generazione di mezzo, Milano, Eidac, 8 giugno 8 luglio 1961, cat. p. n.n., illustrato. Bibliografia Luciano Caramel, Reggiani. Catalogo generale delle pitture, Electa, Milano, 1990, p. 159, n. 1959 12. Stima E 15.000 / 25.000


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Atanasio Soldati Parma 1896 - 1953

Geometrie, 1950-51 Olio su tela, cm. 92,4x60,2 Firma in basso a destra: Soldati. Al verso sulla tela: timbro Augusto Garau, Milano: timbro Rinaldo Rotta, Genova: timbro Galleria Bergamini, Milano, con n. 10/2045/60 e firma G. Bergamini: cartiglio Atanasio Soldati / Opera VII° Composizione / Milano: 1950/51 / Maria Soldati: tre timbri Opere Inventariate di Atanasio Soldati; sul telaio: timbro Opere Catalogate di Augusto Garau: timbro Superficie Anomala Galleria d’Arte, Milano: timbro Brera Galleria d’Arte, Milano: timbro Opere Inventariate di Atanasio Soldati.

Certificato su foto di R. Rotta, con timbro Galleria d’Arte Rotta Farinelli, Genova; certificato su foto Opere Catalogate di Augusto Garau, Milano, 10/5/2002, con n. 1160/A. Esposizioni Collettiva della Galleria Roberto Rotta Farinelli, Genova, 2006, cat. p. n.n., illustrato a colori; Reggiani e Soldati, due grandi astrattisti italiani, Cortina d’Ampezzo, Galleria Frediano Farsetti, 26 dicembre 2007 7 gennaio 2008, poi Milano, Farsettiarte, 16 gennaio 13 febbraio 2008, cat. n. 19, illustrato a colori. Stima E 25.000 / 35.000


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Arnaldo Pomodoro Morciano di Romagna (Fc) 1926

Studio n. 1, 1957 Bassorilievo in bronzo, es. 1/2, cm. 25x36 (bassorilievo), cm. 36,5x47,5x2,5 (con cornice in bronzo) Firma, data e tiratura sulla cornice: Arnaldo Pomodoro ‘57 - 1/2. Foto autenticata dall’artista, Milano ‘73. Tiratura di 2 esemplari e 1 prova d’artista. Bibliografia Flaminio Gualdoni, Arnaldo Pomodoro. Catalogo ragionato della scultura, tomo II, Skira Editore, Ginevra - Milano, 2007, p. 397, n. 60. Stima E 16.000 / 26.000


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Alberto Magnelli Firenze 1888 - Meudon 1971

Fantômes (Formes harmoniques), 1946 Olio su tela, cm. 100x73 Firma e data in basso a sinistra: Magnelli / 46. Storia Collezione Sapone, Nizza; Collezione privata Esposizioni Omaggio a Magnelli, Cortina d’Ampezzo, Galleria Farsetti, 5 - 31 agosto 1974, cat. tav. IX, illustrato;

Alberto Magnelli, Bologna, Galleria d’Arte Stivani, 12 ottobre 4 novembre 1974, cat. tav. 8, illustrato; Amici del Quarto Platano, a cura di Massimo Carrà, Focette, Galleria Farsetti, 6 agosto - 11 settembre 1977, cat. tav. 32, illustrato. Bibliografia Anne Maisonnier, Alberto Magnelli. L’oeuvre peint, catalogue raisonné, XXe siècle, Parigi, 1975, p. 131, n. 578; Umberto Baldini, Pittori toscani del Novecento, Nardini Editore - Banca Toscana, Firenze, 1978, p. 145. Stima E 35.000 / 55.000


Cavalli e Cavalieri nell'opera di Marino Marini Nel 1934 Marino Marini compie un viaggio in Germania e visita la Cattedrale di Bamberga dove ammira una scultura raffigurante un cavaliere, realizzata da un maestro bavarese nel XIII secolo. Lo spirito mediterraneo di Marino viene profondamente colpito da questa esperienza visiva, come egli stesso ricorda: “Io avevo sentito di andare verso il Nord […] che è il punto positivo per me in quanto, impregnato di sud, essendo impregnato dei nostri valori italici, ho bisogno di un contrasto. Viaggiando per l’Italia […], non mi ero mai impressionato alla vista di monumenti equestri”, mentre quello tedesco “mi fece una grande impressione, forse perché nasce in un mondo di fiaba, lontano da noi, in un angolo sperduto” (in Omaggio a Marino Marini, Milano, 1974, p. n.n.). La visione dell’immagine archetipica e leggendaria del cavaliere gotico, dell’uomo di virtù che solitario e allucinato percorre un cammino in un luogo lontano e sconosciuto, avvolto da un’atmosfera fiabesca, sembra trovare affinità con il concetto di immagine mitologica che Marino sente dentro di sé, dettato dal profondo legame, percepito fin da giovane, con le civiltà primitive, greche, etrusche, villanoviane ed egizie. L’immagine del cavaliere, originariamente ispirata anche ai monumenti funebri medioevali italiani, lontana dalle contingenze del reale e da qualsiasi riferimento naturalistico, diventa l’espressione formale più adatta a interpretare il suo tempo e il nuovo mito dell’uomo. Questo soggetto si carica presto di simbologie e si adatta alle esigenze formali e alle sollecitazioni del mondo esterno che influenzano le emozioni, il pensiero e la vita dell’artista. La realtà, elemento di partenza fondante della poetica mariniana, è interpretata come un insieme di valori universali, assoluti e eterni, che portano a un'intuizione mitica dell’essere, e il tema del cavaliere, dal forte potere evocativo, ripetuto continuamente, diventa frammento di una poetica superiore che partendo da una terrena concretezza riporta a un ideale senza tempo. Il tema raffigurante l’antico legame tra l’uomo e l’animale è sviluppato dall’artista a partire dal 1937. Nel corso degli anni Marino modula spazialmente e plasticamente il soggetto esaltandone le infinite potenzialità espressive per raccontare la sua visione della vita e della storia che, in risposta ai tragici eventi della seconda guerra mondiale, si fa sempre più drammatica, quasi apocalittica. Nella prima serie di gruppi equestri il linguaggio sintetico, privo di elementi narrativi, definisce, attraverso l’alternarsi di forme morbide e squadrate, figure possenti, calibrate e salde, sospese e tese nello spazio in un gioco di contrasti tra elementi verticali e orizzontali che esaltano l’equilibrio tra la mobilità del cavaliere e la stabilità dell’animale. Dalla seconda metà degli anni Quaranta emerge una maggiore tensione compositiva, l’uomo appare incapace di domare il cavallo, e questo perde la calma, tende il collo, ma invece di impennarsi si irrigidisce contenendo tutta la sua angoscia selvaggia. Dopo il conflitto mondiale, durante il quale Marino interrompe l’attività scultorea e affronta

Cavaliere di Bamberga, XIII secolo, Bamberga, Cattedrale

Bonino da Campione, Arca di Bernabò Visconti, 136085/86 ca., Milano, Castello Sforzesco


un periodo di crisi fecondo però di invenzioni poetiche sviluppate negli anni successivi, i cavalieri, come egli spiega nel 1972, esprimono “il tormento causato dagli avvenimenti di questo secolo. L’inquietudine del mio cavallo aumenta a ogni nuova opera, il cavaliere è sempre più stremato, ha perduto il dominio della bestia e le catastrofi alle quali soccombe somigliano a quelle che distrussero Sodoma e Pompei. Io aspiro a rendere visibile l’ultimo stadio della dissoluzione di un mito, del mito dell’individualismo eroico e vittorioso, dell’uomo di virtù degli umanisti” (Ibidem, p. n.n.), e la sua opera, col tempo, diviene esclusivamente tragica. Cavallo e cavaliere si piegano a un destino incontrollabile e le composizioni si fanno sempre più drammatiche: il cavaliere inizia a oscillare sul destriero fino a quando l’animale cade a terra e lui cade all’indietro con esso. Il tema del cavaliere disarcionato, originale invenzione mariniana, trova la massima espressione nella serie dei Miracoli, immagini più liriche ispirate da una folgorante rivelazione poetica originata da un’intensa esperienza interiore, in cui, come spiega l’artista, i soggetti “si distruggono, diventano elemento bruciato… [il cavaliere] non sta più bene sulla terra, vuol bucare la crosta terrestre, sforare nel cosmo. Non gli è consentito di stare tra gli uomini che tranquilli non sono più. Il cavallo cade e il cavaliere si perde” (Marino Marini, in Giovanni Carandente, Marino Marini. Catalogo ragionato delle sculture, Milano, 1988, Marino Marini, Cavaliere, 1947 p. 14). In Miracolo, 1957, presente in catalogo, esempio di questo innovativo soggetto, la verticalità esasperata della composizione accentua la drammaticità dell’attimo che precede la definitiva disfatta dell’eroe, quando il cavallo imbizzarrito si innalza con estrema tensione verso l’infinito e rimane sospeso nello spazio in un momento di eternità, prima di cadere spinto da un’inesorabile forza distruttiva, mentre il cavaliere, sbalzato all’indietro, rimane attaccato al destriero ma diviene un elemento estraneo a esso, spezzando così il legame antico e vitale tra uomo e animale e giungendo al totale annientamento fisico e morale. La tensione tragica dei Miracoli si accresce e sviluppa nei successivi gruppi intitolati Guerriero, mossi da una visione tragica e passionale senza possibilità di riscatto e definiti con particolare attenzione strutturale e architettonica, e nella serie di sculture chiamate Grido, in cui il braccio alzato del cavaliere in segno di pericolo serve a lanciare un allarme, sottolineando la desolazione dei sentimenti che porta a una estrema lacerazione espressiva della caduta e del disfacimento. Il tema del cavaliere e del cavallo è sviluppato ampiamente anche in pittura, linguaggio su cui si fonda tutta l’opera mariniana e da cui, attraverso la ricerca sul colore, grazie al quale la mente si apre a nuove ispirazioni, l’artista coglie l’essenza delle forme che diverranno poi volumi plastici, dipinti in alcuni casi appunto per definirne la costruzione spaziale. Con la pittura egli non può illustrare il crollo apocalittico dell’uomo in maniera inesorabile e tangibile come nelle sculture, anche se riesce a esprimere tragicità e tensione con la violenza espressiva di colori, graffi e rigature sulla superficie piana, ma può liberare la fantasia e compiere una ricerca svincolata da qualsiasi limite spaziale. Nel corso della sua esperienza creativa, in pittura come in scultura, Marino abbandona in alcuni casi il soggetto mitico per sviluppare una versione più giocosa e ironica del tema dell’uomo a cavallo, creando i giocolieri. Queste figure inizialmente esili e slanciate, ispirate ai saltimbanchi e agli Arlecchini di Picasso e agli spettacoli popolareschi del circo, diventano con il tempo corpi solidi e plastici per poi caricarsi di drammaticità e divenire solenni e disperate maschere. In Giocoliere rosso a cavallo, 1970, il vivo contrasto cromatico tra il rosso e il nero, accordati secondo un perfetto equilibrio accentuato dalla scala di grigi, crea uno stretto legame tra figura e cavallo e suggerisce un’immediata e profonda emozione, caricando l’immagine di lirismo. Il giocoliere, descritto sinteticamente con poche linee e semplici geometrie, lontano da qualsiasi riferimento narrativo, è colto nel suo solitario e silenzioso gioco d’equilibrio, sospeso in uno spazio indefinito che lo trasporta in una dimensione ulteriore e mentale, superando la caducità esistenziale per farlo divenire simbolo e caricarlo di un valore assoluto che aspira all’eternità. Elisa Morello


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Marino Marini Pistoia 1901 - Viareggio (Lu) 1980

Miracolo, 1957 Scultura in bronzo, cm. 115 h. (con base) In basso e sulla base: punzone MM. Opera realizzata in quattro esemplari. Bibliografia Gualtieri di San Lazzaro, Patrick Waldberg, Herbert Read, L’Oeuvre complète de Marino Marini, Ed. XX° Siècle, Parigi 1970, p. 249 c.s.n. 349; Carlo Pirovano, Marino Marini. Scultore, Electa, Milano, 1972, c.s.n. 355; Marino Marini, Ed. C.S.C., Giappone, 1978, fig. 173; Marco Meneguzzo, Marino Marini. Cavalli e Cavalieri, Skira Editore, Milano, 1997, p. 230, n. 100; Maria Teresa Tosi, Marino Marini. Catalogo ragionato della scultura, Skira Editore, Milano, 1998, p. 301, n. 432. Stima E 280.000 / 480.000

Marino Marini a Querceta nei laboratori Henraux


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Marino Marini Pistoia 1901 - Viareggio (Lu) 1980

Giocoliere rosso a cavallo, 1970 Olio, gouache, acquerello e collage su carta, cm. 52x39,5 Firma e data in basso al centro: Marino / 1970. Al verso su un cartone di supporto: due timbri Dominion Gallery, Montreal: etichetta Galerie Claude Lafitte, Montreal. Storia Dominion Gallery, Montreal; Galerie Claude Lafitte, Montreal; Collezione privata Bibliografia Erich Steingräber, Lorenzo Papi, Marino Marini pittore, Priuli & Verlucca Editori, Ivrea, 1987, pp. 282, 304, n. 510. Stima E 65.000 / 95.000

Marino Marini


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Renato Guttuso nello studio di Roma



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Renato Guttuso Bagheria (Pa) 1912 - Roma 1987

Palermo: case al Monte San Pellegrino, 1966 Olio su tela, cm. 105,5x125,5 Firma in basso al centro e al verso sulla tela: Guttuso: etichetta e due timbri Galleria d’Arte Mentana, Firenze: etichetta e timbro Galleria Annunciata, Milano, con n. 27006. Storia Collezione Gildo Dal Cin, Milano; Galleria Giulio Cesare, Rimini; Collezione Remo Bianco, Milano; Galleria Mentana, Firenze; Galleria Medea, Milano; Collezione privata, Carpi; Collezione privata Esposizioni Bruno Cassinari, Renato Guttuso, Ennio Morlotti, Milano, Galleria Medea, 10 maggio - 3 giugno 1973, cat. tav. 7, illustrato; Renato Guttuso, Biella, Galleria Mercurio, 10 marzo - 5 aprile 1973, cat. p. n.n., illustrato. Bibliografia Antonio Del Guercio, Renato Guttuso, Club Amici Centro Arte Annunciata, Milano, 1971, fig. 36; Enrico Crispolti, Catalogo ragionato generale dei dipinti di Renato Guttuso, vol. 3, Giorgio Mondadori, Milano, 1985, p. 12, n. 66/27. Stima E 70.000 / 100.000


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Renato Guttuso Bagheria (Pa) 1912 - Roma 1987

Le damigiane, 1959 Olio su tela, cm. 116x89 Firma in basso a destra: Guttuso (poco leggibile); firma e data al verso sulla tela: Guttuso ‘59; sul telaio: timbro Galleria Gissi, Torino, con n. 5773. Storia Galleria Gissi, Torino; Collezione privata, Viareggio; Collezione privata Foto autenticata dall’artista, Roma, 2-4-1981 (in fotocopia). Stima E 35.000 / 55.000


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Renato Guttuso Bagheria (Pa) 1912 - Roma 1987

Donna che riposa, 1959-60 Olio su tela, cm. 92x73,5 Firma in basso al centro: Guttuso; data e firma al verso sulla tela: ‘60 / Guttuso. etichetta e timbro con n. 8546 Galleria del Milione, Milano: timbro Galleria Gissi, con n. 1415. Storia Galleria del Milione, Milano; Collezione Mario De Ponti, Milano; Collezione Orfeo Pianelli, Torino; Collezione privata Esposizioni Tele e disegni di Renato Guttuso, Torino, Galleria Gissi, maggio 1964, cat. n. 2, illustrato a colori (con nota “Opera richiesta per la riproduzione nel volume Arte Figurativa dal ‘900 ad oggi, a cura di G. Giani”). Bibliografia Ezio Gribaudo, Renato Guttuso, Fratelli Fabbri Editori, Milano, 1976, fig. 90; Enrico Crispolti, Catalogo ragionato generale dei dipinti di Renato Guttuso, vol. 2, Giorgio Mondadori, Milano, 1984, p. 156, n. 59/49. Stima E 40.000 / 60.000


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Franco Gentilini Faenza (Ra) 1909 - Roma 1981

Isabella, Rosetta e Signor Graziano, 1977 Olio su cartone sabbiato applicato su tela, cm. 26,5x38,5 Firma in basso a sinistra: Gentilini. Storia Collezione G. Cesari, Argenta; Collezione privata Foto autenticata dall’artista, Roma, 5 dicembre 1979.

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L’opera è il bozzetto per la terza acquaforte-acquatinta del terzo gruppo della cartella Le Maschere di Gentilini, Roma, 1977. Bibliografia Luciana Gentilini, Giuseppe Appella, Gentilini. Catalogo generale dei dipinti 1923-1981, Edizioni De Luca, Roma, 2000, p. 679, n. 1582. Stima E 7.000 / 12.000

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Mario Mafai Roma 1902 - 1965

Il corteo con bandiere, 1950 Olio su tavola, cm. 67,5x50 Firma in alto a sinistra: Mafai. Al verso: timbro Galleria d’Arte Moderna Medea: timbro Milanarte Galleria, Ravenna: firma e data Giulia Mafai / Roma 20 Novembre / 1969. Storia Collezione privata, Firenze; Collezione privata Certificato su foto di Giulia Mafai, Roma, 5 maggio 2011.

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Stima E 8.000 / 12.000


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Franco Gentilini Faenza (Ra) 1909 - Roma 1981

Natura morta con tritacarne, 1954 Olio su tela sabbiata, cm. 100x73 Firma e data in basso al centro: Gentilini 54. Al verso sulla tela: etichetta Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma / Novembre 1954 - Aprile 1955 / Roma Palazzo delle Esposizioni. Esposizioni Mostra d'Arte Italiana Contemporanea, mostra itinerante in Giappone, 1955, cat. n. 8.

Bibliografia Alain Bosquet, Franco Gentilini, Edizioni Bora, Bologna, 1979, p. 19, tav. 29; Ad Vocem, in Catalogo dell’Arte Moderna italiana, n. 17, Giorgio Mondadori e Associati, Milano, 1981, p. 297; Luciana Gentilini, Giuseppe Appella, Gentilini. Catalogo generale dei dipinti 1923-1981, Edizioni De Luca, Roma, 2000, pp. 284, 285, n. 466. Stima E 16.000 / 26.000



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Paul Signac Parigi 1863 - 1935

Velieri Acquerello su carta, cm. 23,8x19 Firma in basso a sinistra: P. Signac. Stima E 7.000 / 12.000

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Charles Camoin Marsiglia 1879 - Parigi 1965

Jeune femme au grand chapeau, 1900 ca. Olio su tela, cm. 41x33 Firma in basso a destra: Camoin. Storia Asta Christie’s, Londra, 26 marzo 1999, lotto n. 16; Impressionist / Modern, Christie’s, Londra, 8 febbraio 2013, lotto n. 136; Collezione privata L’autenticità dell’opera è stata confermata da Anne-Marie GrammontCamoin (si veda catalogo Christie’s, febbraio 2013). Stima E 8.000 / 14.000

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Maurice Utrillo Parigi 1883 - Dax 1955

Le Moulin de la Galette a Montmartre, 1920-25 Olio su tela, cm. 73x54 Firma in basso a destra: Maurice Utrillo, V. Due lettere Galerie Gilbert & Paul PĂŠtridĂŠs, 16 settembre 1998 e 11 ottobre 2002, di conferma del certificato n. 25 521 del 21 aprile 1997; analisi comparativa di Jean Fabris, Sannois, 29 dicembre 1998. Stima E 75.000 / 95.000

Moulin de la Galette, Parigi, foto d’epoca


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Maurice Utrillo Parigi 1883 - Dax 1955

Place de l’église, Nangis (Seine-et-Marne), 1930 ca. Olio su tela, cm. 38,5x46,5 Firma in basso a destra: Maurice, Utrillo, V. Storia Collezione Paul Pétridès, Parigi; Wally F. Findlay Galleries, New York; Collezione Ivor e Ann Massey; Collezione privata Certificato su foto Association Maurice Utrillo, Pierrefitte-surSeine, 22 giugno 2017, con n. 2735. Esposizioni Utrillo - Valadon, mostra itinerante in Giappone, 17 maggio 2000 - 12 febbraio 2001, cat. n. 26, illustrato a colori. Bibliografia Paul Pétridès, L’oeuvre complet de Maurice Utrillo, tomo V, supplément, Paul Pétridès éditeur, Paris, 1974, p. 242, n. 2726 (con tecnica errata). Stima E 40.000 / 60.000


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Paul Delvaux Antheit 1897 - 1994

Nieuport, 1936 Acquerello e china su carta, cm. 57x80,2 Firma, titolo e data in basso a destra: P. Delvaux / Nieuport / 7-36. Storia Arte Moderna e Contemporanea, Finarte, Milano, 19 marzo 1998, lotto n. 44; Collezione privata Stima E 45.000 / 75.000

Paul Delvaux, 1929


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André Lhote Bordeaux 1885 - Parigi 1962

Rio, 1953 Olio su tela, cm. 60,5x81,2 Firma in basso a destra: A. Lothe; al verso sul telaio: Rio 1953 / André Lothe. Storia Collezione Fernand Lailler, Saint Aygulf (acquistato dall’artista nel 1954); Impressionist & Modern Paintings and Sculpture, Sotheby’s, Londra, 29 marzo 1984, lotto n. 596; Collezione privata Stima E 20.000 / 30.000


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Victor Brauner Piatra-Naemtz 1903 - Parigi 1966

Le Rêve du Poéte, 1963 Olio su tela, cm. 65x81 Firma e data in basso a destra: Victor Brauner III 1963; titolo e sigla al verso sulla tela: “Le Rêve du Poéte” / V.B.: etichetta e quattro timbri Galleria Alexander Jolas, Milano. Storia Galleria Jolas, Parigi; Collezione privata Certificato su foto Jacqueline Victor Brauner, Parigi, 2 settembre 1969; certificato Alexander Jolas in data 5 marzo 1984. Stima E 60.000 / 90.000

Victor Brauner a Blonville-sur-Mer, 1955


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Mario Tozzi Fossombrone (PU) 1895 - St. Jean du Gard 1979

Le atlete (Le fanciulle del circo), 1970 Olio su tela, cm. 92x73 Firma e data in basso a destra: Mario / Tozzi / 970. Al verso sulla tela: timbro F.lli Orler, Favaro Veneto, con n. 186: timbro Civica Galleria d’Arte Moderna, Gallarate; sul telaio: cartiglio con titolo manoscritto Le fanciulle del circo: timbro F.lli Orler, Favaro Veneto, con n. 186: timbro Galleria d’Arte Medea, Milano: etichetta Lo sport nell’arte / Dallo spazio agonistico allo spazio / della tela, dal

gesto atletico alla scultura / Palazzo Salmatoris - Cherasco / 15 settembre - 18 dicembre 2012: etichetta Mario Tozzi / Mostra Antologica, con due timbri Civica Galleria d’Arte Moderna, Gallarate: timbro Comune di Macerata, con data 16 feb. 1980. Storia Collezione privata, Firenze; Collezione privata Esposizioni Mostra antologica, Milano, Centro Rizzoli, novembre - dicembre 1970, cat. n. 36; La moderna classicità di Mario Tozzi, Macerata, Pinacoteca Comunale, febbraio - marzo 1980, cat. n. 36, illustrato.

Bibliografia Mario Tozzi, numero speciale de «Il Poliedro», Roma, marzo 1970, p. 42; Alfonso Gatto, Mario Tozzi, Edizioni Il Poliedro, Roma, 1973, n. 9; Mario Tozzi, numero speciale de «Il Poliedro», Roma, novembre 1973, p. 17; Agnoldomenico Pica, André Verdet, André Parinaud, Mario Tozzi 1928-1978, Edizioni Aemmepi, Milano, 1978, p. 49; Marilena Pasquali, Catalogo ragionato generale dei dipinti di Mario Tozzi, volume secondo, Giorgio Mondadori, Milano, 1988, p. 245, n. 70/4. Stima E 28.000 / 38.000


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Filippo de Pisis Ferrara 1896 - Milano 1956

Natura morta marina (con aglio e cipolle), 1941 Olio su tela, cm. 60x80 Firma e data in basso a destra: Pisis / 41. Al verso sul telaio: etichetta e timbro Galleria Gian Ferrari, Milano, con n. 3037. Certificato su foto di Claudia Gian Ferrari, Milano, 27 marzo 1998, con n. 3037; opera registrata presso l’Associazione per il Patrocinio dell’Opera di Filippo de Pisis, Milano, al n. 00473. Bibliografia Novecento. Catalogo dell’arte italiana dal Futurismo a Corrente, n. 6, Editoriale Giorgio Mondadori, Milano, 1996, p. 95. Stima E 30.000 / 40.000

Paul Cézanne, Natura morta con cipolle, 1896-98 (part.)


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Massimo Campigli Berlino 1895 - St.Tropez 1971

Promenade (Promenade à la femme en noir), 1954 Olio su tela, cm. 80,8x99,5 Firma e data in basso a destra: Campigli 54; titolo al verso sulla tela: Promenade; sul telaio: etichetta Dienst Voor Schone Kunsten S-Gravenage / Campigli 955 / Cat. Nr. 4: etichetta Kunsthalle Bern, con n. 0817. Storia Collezione Estorick, Londra; Galleria Medea, Milano; Collezione privata, Ravenna; Collezione privata, Milano; Collezione privata Certificato su foto di Nicola Campigli, Saint Tropez, 9 luglio 2012, con n. 5601161273. Esposizioni Campigli, Amsterdam, Stedelijk Museum, 17 marzo - 11 aprile 1955, poi L’Aia, Gementeemuseum, 15 aprile - 23 maggio 1955, cat. n. 14; Modigliani - Campigli - Sironi, Berna, Kunsthalle, 20 agosto 25 settembre 1955, cat. p. 15, n. 124; Massimo Campigli, Acqui Terme, Palazzo Liceo Saracco, 16 luglio - 11 settembre 1983, cat. p. n.n., illustrato. Bibliografia Jean Cassou, Campigli, avec un teste de l’artiste, Éditions de L’Oeuvre Gravée, Parigi-Zurigo, 1957, p. 103; Nicola Campigli, Eva Weiss, Marcus Weiss, Campigli, catalogue raisonné, vol. II, Silvana Editoriale, Milano, 2013, p. 670, n. 54-066. Stima E 80.000 / 110.000


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Giorgio Morandi, Natura morta, (1953) Il prodigioso equilibrio tra bidimensionalità e profondità restituito nella Natura morta del 1953 di Giorgio Morandi è il frutto dell’accurato trasporre pittorico dei valori della luce in rapporto con la neutralità dei colori: chiave pittorica, quest’ultima, che, alla riconoscibilità degli oggetti scelti per allestire sul piano gli elementi raffigurati, oppone l’astrazione pura che ne deriva sulla tela. Un’astrazione che si allaccia alle direttrici e alle sperimentazioni della pittura inglese e americana successiva trovando elementi di contatto con artisti lontani per formazione e contesto, come Philip Guston o persino Mark Rothko, e offrendo tuttora ampi stimoli per l’arte del nostro tempo. L’approccio metodico con cui Giorgio Morandi ha lavorato a ciascuna delle sue opere sembra corrispondere a quello che all’inizio del secondo decennio del Novecento, appena ventenne e iscritto all’Accademia di Belle Arti, lo vede scoprire Henri Rousseau, Natura morta, 1910 le fonti moderne dell’avanguardia artistica e comprendere quelle stesse fonti attraverso i periodici militanti coevi, la cui interpretazione della pittura italiana tre e quattrocentesca di Giotto, Paolo Uccello, Piero della Francesca o Masaccio avrebbe offerto un viatico per i movimenti artistici che, proprio da tali riviste, avrebbero preso avvio. In quel periodo, alla scoperta della modernità di Paul Cézanne, conosciuto prevalentemente grazie alle illustrazioni in bianco e nero che corredavano volumi come quello sugli Impressionisti pubblicato da Vittorio Pica nel 1908, o la monografia dedicatagli da Ambroise Vollard nel 1914 − ancora presente sugli scaffali della sua biblioteca − associa lo studio di artisti come Henri Rousseau a cui si ispira nei Fiori di Brera del 1916, e, risalendo a ritroso, studia con attenzione i paesaggi di Camille Corot , le nature morte di Chardin, ma anche le incisioni di Rembrandt, del quale possiede un’acquaforte, o Piero della Francesca compreso attraverso l’interpretazione formalista che ne dava Roberto Longhi. Tale contesto contrasta con l’aurea di artista all’opera in pieno isolamento guadagnata da Giorgio Morandi nel corso dei decenni, per trovarlo invece inserito, appena ventitreenne, nella Prima Esposizione Libera Futurista alla Galleria Sprovieri di Roma nell’aprile del 1913, e poi, seppur brevemente, interprete della stagione della Metafisica con Giorgio de Chirico, Alberto Savinio e Carlo Carrà. Alla mostra Primaverile Fiorentina tenuta tra l’aprile e il luglio del 1921 Giorgio Morandi partecipa come rappresentante del movimento artistico del ‘Gruppo Valori Plastici’. Espone alcuni acquarelli e disegni, quattro paesaggi, e ben quindici nature morte. Il suo linguaggio artistico, ormai maturo, è introdotto da una breve nota biografica firmata da Giorgio de Chirico. Giorgio Morandi con Roberto Longhi


Nel descrivere Giorgio Morandi all’opera, “nella sua Bologna”, mentre “cerca di trovare e di ricreare tutto da solo”, macinando “pazientemente i colori”, preparando le tele e guardando “intorno a sé gli oggetti che lo circondano, dalla sacra pagnotta, scura e screziata di crepacci come una roccia secolare, alla nitida forma dei bicchieri e delle bottiglie” de Chirico sottolinea quale importanza rivestisse il metodo tradizionale nella pratica artistica del Morandi pittore. Aspetto, quest’ultimo, ampiamente dibattuto sulle riviste del tempo, interpretato da altri tra gli artisti di questo periodo recuperando tecniche tradizionali, come quella dell’affresco o del mosaico, e sviluppato da Giorgio Morandi sia nel metodo pittorico che nella pratica di incisore. La perizia tecnica, l’accuratezza nel metodo di lavoro, le “leggi della geometria” da cui scaturisce lentamente ciascuno degli elaborati pittorici di Giorgio Morandi è intessuta del “grande lirismo” che vi riconosce già de Chirico nei primi anni Venti. Tuttavia lo stesso intervento pone anche le basi per la successiva e fortunata agiografia del Morandi attivo in pieno isolamento il cui “occhio” rivela tramite “que[g]li oggetti che l’abitudine ci ha resi tanto famigliari che noi, per quanto scaltriti nei misteri degli aspetti, spesso guardiamo con l’occhio dell’uomo che guarda e non sa” e che invece sono colti dall’artista bolognese come veri e propri simulacri del senso dell’eternità. Se tale lettura del lavoro di Morandi era orientata dalle ricerche che de Chirico stesso conduceva in pittura negli stessi anni, il sunto sull’opera del bolognese tra le due guerre stilato nel 1945 dall’amico e intellettuale Roberto Longhi sembra fornire ulteriori giustificazioni riguardo all’impatto che la pittura morandiana avrebbe esercitato nei decenni successivi al dopoguerra, quando persino la cinematografia avrebbe più volte reso omaggio alla produzione dell’artista. Stabilendo un parallelo letterario con l’elaborazione de À la recherche du temps perdu di Marcel Proust, Longhi scrive infatti che “soltanto scavando dentro e attraverso la forma, e stratificando le ‘ricordanze’ tonali, si possa ri[u]scire alla luce del sentimento più integro e puro” per individuare “la lezione più intima di Morandi e il chiarimento immediato della sua riduzione del soggetto che gira al minimo” attraverso gli “oggetti inutili, paesaggi inameni, fiori di stagione”, intesi come “pretesti più che sufficienti per esprimersi ‘in forma’”, i “simboli necessari” a un’espressione che non può che puntare al “sentimento”. Quegli stessi oggetti, riconosciuti come latori simbolici di un tempo sospeso o infinito, o della purezza dei sentimenti, fanno parte dell’intero repertorio di strumenti che Morandi ha utilizzato in vita e ci è pervenuto intatto nella camera-studio dell’artista in via Fondazza a Bologna. Qui i nove metri quadrati dello spazio in cui dormiva Giorgio Morandi accolgono sia gli strumenti della pittura, ossia il cavalletto, i colori, i pennelli, la trementina, ma anche il novero di bottiglie, vasi, barattoli, fiori, poliedri o scatole che, volta per volta, erano selezionati con cura in base alle forme e a quelle ‘ricordanze tonali’ ottenute dallo ‘stratificarsi’ della polvere, prima di essere disposti con un’attenzione quasi ossessiva sui pochi piani disponibili. Tra questi è ancora presente quello semicircolare che simula un tavolo rotondo, usato nella maggior parte delle nature morte di Morandi, al pari dei fogli che egli disponeva sul piano per fissare le tracce del posizionamento di ciascun oggetto, in modo da corrispondere al sofisticato integrarsi di forme, colori e luce che è espresso nella sua più alta accezione proprio nella Natura morta qui presentata. Francesca Marini

Lo studio di Giorgio Morandi


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Giorgio Morandi Bologna 1890 - 1964

Natura morta, (1953) Olio su tela, cm. 35,5x45,5 Firma in basso verso destra: Morandi. Storia Curt Valentin Gallery, New York; Collezione privata Certificato su foto di Maria Teresa Morandi, Bologna 3/6/1984, con scritta Archivio Vitali e data 4/6/84. Esposizioni A Prato per vedere i Corot, corrispondenza Morandi - Soffici per un’antologica di Morandi, Galleria Farsetti, Focette, Cortina d’Ampezzo e Milano, luglio - settembre 1989, cat. tav. XXII, illustrato a colori. Bibliografia Marilena Pasquali, Morandi, opere catalogate tra il 1985 e il 2000, Museo Morandi / Musica Insieme, Bologna, 2000, p. 66, n. 1953/2; Marilena Pasquali, Giorgio Morandi. Catalogo generale. Opere catalogate tra il 1985 e il 2016, Gli Ori, Pistoia, 2016, p. 132, n. 1953/2. Stima E 550.000 / 750.000

Oggetti nello studio di Giorgio Morandi


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Felice Casorati Novara 1883 - Torino 1963

La madre (Maternità), (1952) Olio su tela, cm. 92,5x65 Firma in basso verso destra: F. Casorati. Al verso sul telaio: etichetta Galleria La Bussola, Torino, con n. 60761: etichetta Città di Firenze / Mostra della Pittura / Italiana Contemporanea / in Germania / Istituto Italiano di Storia dell’Arte / Firenze Palazzo Strozzi, con n. 241. Storia Galleria La Bussola, Torino; Collezione privata Bibliografia Luigi Carluccio, Casorati, Editrice TECA, Torino, 1964, p. 135, n. 158; Giorgina Bertolino, Francesco Poli, Felice Casorati Catalogo Generale. I dipinti (1904-1963), 2 volumi, Umberto Allemandi e C., Torino, 1995, vol. I, p. 413, n. 924, vol. II, tav. 924. Stima E 40.000 / 70.000

Felice Casorati nello studio


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Ottone Rosai Firenze 1895 - Ivrea (To) 1957

Selciatori, 1943 Olio su tela, cm. 45x55 Firma e data in basso a destra: O. Rosai / 43. Al verso sulla tela: tre timbri e etichetta con n. 2338/A Galleria d’Arte l’Indiano, Firenze (con titolo Operai). Certificato su foto di Luigi Cavallo, Milano, 21 marzo 2013. Stima E 12.000 / 20.000


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Ottone Rosai Firenze 1895 - Ivrea (To) 1957

Pretini alla chiesa, (1950) Olio su tela, cm. 100,5x70,5 Firma in basso a destra: O. Rosai. Al verso: etichetta Ottone Rosai / 1895 - 1957 / Raccolta Giraldi / Livorno - Firenze. Bibliografia Marco Valsecchi, Franco Russoli, Luigi Cavallo, Ottone Rosai,

Edizioni Galleria Michaud, Firenze, 1968, p. 51; Rosai oggi. Venticinquesimo anniversario della morte, 13 maggio 1982, a cura di Alessandro Parronchi, Edizioni Galleria Pananti, Firenze, 1982, p. 139, n. 72 (opera datata 1954). Stima E 20.000 / 30.000


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Giorgio de Chirico Volos 1888 - Roma 1978

Piazza d’Italia con Arianna, 1972 ca. Tempera su cartone, cm. 36,5x51 Firma in basso a destra: G. de Chirico. Certificato su foto di Claudio Bruni Sakraischik, Roma, 4 maggio 1989, con n. 24/89. Bibliografia Giorgio de Chirico. Catalogo generale, vol. 4/2018, opere dal 1913 al 1975, Maretti Editore, Falciano, 2018, p. 456, n. 1815. Stima E 55.000 / 85.000

Giorgio de Chirico


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Giorgio de Chirico, Venezia. Chiesa della Salute Il gruppo di dipinti raffiguranti vedute veneziane, di cui questa tela è un ottimo esempio, rappresentano per de Chirico una celebrazione della pittura e nello stesso tempo testimoniano i suoi rapporti d’amore e d’odio con la città lagunare. Nel 1906, dopo la morte del padre, egli era tornato con la famiglia in Italia e aveva soggiornato a Firenze, Venezia e Milano, prima di trasferirsi, nell’autunno dello stesso anno, a Monaco di Baviera. Nel 1924 de Chirico partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia, dove espone L’ottobrata e I duelli a morte. Le due opere riscuotono per lo più giudizi negativi, in particolare quelli di Arturo Lancellotti, Valerio Maraini, Ugo Nebbia e Carlo Carrà, che sulla rivista L’Ambrosiano del 20 maggio 1924 scrive: “Sgradevole impressione fanno i due quadri inviati da Giorgio de Chirico. Il greve romanticismo tedesco minaccia di travolgere nel baratro questo nostro vecchio amico. Speriamo che se ne avveda in tempo”. Il 12 dicembre 1927, sulla rivista Comoedia, viene pubblicata una Francesco Guardi, Venezia, la Punta della Dogana e la Chiesa di Santa lunga intervista a de Chirico che suscita aspre polemiche, perché Maria della Salute, 1780 circa, Washington, National Gallery ritenuta denigratoria per la cultura italiana: gli organizzatori della Biennale, in seguito anche ad una lettera di protesta del 20 dicembre 1927, firmata da V. Ghiringhelli, C. Barbieri, U. Lilloni, C. Zocchi, P. Comelli, A. Canegrati, O. Bogliardi, C. De Amicis, A. De Rocchi e altri, decidono di ritirare l’invito (fattogli da Antonio Maraini il 14 luglio 1927) ad esporre sia all’edizione del 1928 che a quella del 1930. De Chirico rimane profondamente turbato da quella che, in una lettera all’editore Giovanni Scheiwiller, definisce una “gazzarra oscena fomentata da una schiera di pittori e scrittori mancati che in Italia mi odiano e mi invidiano”. La situazione sembra normalizzarsi con la XVIII edizione della Biennale del 1932, nella quale sedici sue opere sono ospitate nella sala 28, dedicata agli Italiani di Parigi. I rapporti peggiorano però nell’estate del 1948: gli organizzatori della Biennale affidano a una commissione (formata da Carrà, Longhi, Arcangeli, Marchiori e Vitali) l’incarico di commemorare la Metafisica con tre sale retrospettive, dedicate a Carrà, Morandi e de Chirico. Quest’ultimo si risente non solo perché uno dei premi viene assegnato a Giorgio Morandi, ma ancor più perché si accorge che uno dei quadri esposti non è di sua mano: ne seguono polemiche, denunce e un lungo e controverso processo. Due anni più tardi, l’artista organizza addirittura una “Antibiennale” nei locali della Società Canottieri Bucintoro di Venezia. In ogni caso i suoi rapporti con la città di Venezia rivestono anche aspetti positivi, come confida a Franco Simongini in una video intervista per la televisione italiana. F. S.: “Maestro, Lei viene spesso a Venezia e ha dipinto molti quadri con lo sfondo di Piazza San Marco e della Salute. Come mai? Che impressioni suscita in lei una città come Venezia?” G. de C.: “Son venuto spesso a Venezia e continuo a venire perché è una città molto bella, di una bellezza particolare. Del resto non sono il primo, perché da molto tempo poeti, scrittori e filosofi hanno amato Venezia e sono venuti a Venezia”. F.S.: “Ci sono dei motivi pittorici particolari?” G. de C.: “Sì, c’è molta varietà, anche nel colore; ci sono molti contrasti. È una città che si presta alla pittura. È la città della pittura per eccellenza. Vengo perché mi piace, anche per riposarmi […] A me piace stare nei punti più pittorici, come per esempio Piazza San Marco o là dove si vede la Chiesa della Salute, o dove si vede l’Isola di San Giorgio. […] Io penso sempre dal punto di vista pittorico e Venezia è bella, che si tratti di un palazzo costruito nel Duecento o nel Settecento è sempre bella”. Il tema delle vedute urbane è presente nell’arte di de Chirico solo all’inizio degli anni Trenta, durante un viaggio a Praga per una mostra personale. Le vedute veneziane appaiono a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, quando l’artista si stabilisce definitivamente a Roma. Qui egli inaugura una nuova fase della sua pittura, caratterizzata dal recupero della secolare tradizione artistica europea. In particolare esegue numerosi d’après da Tiziano, Rubens, Delacroix, Watteau, Fragonard, Courbet e Giorgio de Chirico, Venezia, Chiesa della Salute, 1960-61


studia le opere dei grandi maestri del XVII e XVIII secolo, di cui si sente degno erede e continuatore. Non a caso nel 1944 il fotografo statunitense Irving Penn lo ritrae, tra il celebrativo e l’ironico, con una corona d’alloro. Nel 1950 de Chirico ha scritto: “A volte, pensando ai maestri antichi, ai grandi pittori italiani, spagnuoli, francesi, fiamminghi, tedeschi dei secoli passati, li immagino come riuniti in una specie di magnifico simposio e, confabulando tra loro, narrarsi l’un l’altro le loro fatiche, per la conquista del vello d’oro della maestria… E vedo i grandi maestri del Rinascimento, vedo Tiziano quasi centenario, guardare Giovanni Bellini con sguardo d’affetto filiale e Bellini guardare Tiziano con l’orgoglio del padre… e vedo i grandi maestri fiamminghi, con in mezzo il divino Rubens, maestro tra i maestri e poi gli spagnoli, il potente e tranquillo Velázquez, e Ribera e il Greco e più in là Goya. Poi i Neoclassici del primo Ottocento, vedo David, il discepolo di Fragonard e Ingres… e poi i Romantici Delacroix, Gericault e Courbet, che è stato l’ultimo pittore europeo”. Le tele di questo periodo (autoritratti in costume, nature morte, paesaggi e le vedute veneziane) mostrano una pennellata sinuosa e materica e, quanto allo spazio compositivo, un horror vacui quasi ossessivo, forse a voler compensare gli spazi vuoti delle Piazze d’Italia. Giorgio de Chirico vede Venezia come un grande atelier a cielo aperto e nello stesso tempo come una sfida che gli permette di confrontarsi con i grandi maestri del passato e dimostrare la sua abilità e le sue doti. L’impostazione di questa tela è quella tipica dei vedutisti veneziani, in particolare Francesco Guardi e Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto: il disegno appare nitido e curato minuziosamente, dai dettagli architettonici della Chiesa della Salute alle pose dei gondolieri, che manovrano le loro imbarcazioni con solenne tranquillità. Le luci sono distribuite in maniera uniforme e donano all’intera scena un’atmosfera di quiete e di serenità, ben diversa dalle inquietudini interiori e dalle nevrosi delle opere metafisiche. Ogni elemento è attentamente dosato e misurato, così da creare una pacata armonia, di ampio respiro, valorizzata al meglio dalla sua indubbia capacità di modulare il colore. Nel dipingere l’ingresso del Canal Grande, che va verso Rialto, de Chirico sfrutta al meglio tutta la gamma cromatica della sua ricca tavolozza e ricrea il movimento della luce nei riflessi sull’acqua, grazie a un sapiente accostamento di toni diversi, da cui si distinguono la pienezza dei volumi dei palazzi circostanti e la definizione delle forme delle gondole in primo piano. Solo nella parte superiore della tela, occupata dal cielo, le pennellate diventano più libere e sciolte, in particolare quando delineano il vortice delle nuvole bianche a dimostrazione che l’artista, pur guardando al Settecento, non ha potuto non tener conto delle innovazioni stilistiche dei molti artisti che hanno immortalato il Canal Grande nell’Ottocento, da William Turner a Pierre-Auguste Renoir e Claude Monet. A differenza di molte vedute settecentesche, in cui l’artista sceglieva un punto di vista rialzato, che permetteva di ampliare la visuale, qui de Chirico si cala ad un livello più basso, per coinvolgere maggiormente lo spettatore e identificare il suo sguardo con quello di una persona che percorre a piedi la Piazzetta o che si trova a bordo di una delle gondole ferme al molo. Gabriele Crepaldi

Giorgio de Chirico fotografato in piazza San Marco negli anni Sessanta


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Giorgio de Chirico Volos 1888 - Roma 1978

Venezia. Chiesa della Salute, inizio anni Sessanta Olio su tela, cm. 50x70 Firma in basso a sinistra: G. de Chirico; dichiarazione di autenticità al verso sulla tela: Questa “Venezia” (Chiesa della Salute) / è opera autentica, da me eseguita e firmata / Giorgio de Chirico; sul telaio: timbro Galleria La Barcaccia, Roma. Storia Galleria La Bussola, Torino; Galleria La Barcaccia, Roma; Collezione privata, Milano; Collezione privata Certificato su foto Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, Roma, 27 maggio 2014, con n. 007/05/14 OT. Bibliografia Giorgio de Chirico. Catalogo generale, vol. 3/2016, opere dal 1913 al 1976, Maretti Editore, Falciano, 2016, p. 319, n. 1261. Stima E 100.000 / 160.000

Giovanni Antonio Canal, detto Canaletto, Venezia, Santa Maria della Salute, 1730, Milano, Villa Necchi Campiglio


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Giorgio de Chirico Volos 1888 - Roma 1978

Gladiatori che combattono, 1958-60 Olio su tela, cm. 39,5x30 Firma in alto a sinistra: G. de Chirico; dichiarazione di autenticità e firma al verso sulla tela: Questi / “Gladiatori che / combattono” / sono opera autentica / da me eseguita e firmata / Giorgio de Chirico: etichetta Rizziero Arte, Teramo: etichetta Executive Gallery. Certificato su foto Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, Roma, 5 luglio 1996, con n. 434/1996. Bibliografia Giorgio de Chirico. Catalogo generale, vol. 2/2015, opere dal 1910 al 1975, Maretti Editore, Falciano, 2015, pp. 324, 509, n. 772. Stima E 45.000 / 65.000

Giorgio de Chirico, parete della Hall des gladiateurs, Parigi, appartamento di Léonce Rosenberg


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Tre marine di Carlo CarrĂ

Carlo CarrĂ dipinge sul mare


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Carlo Carrà Quargnento (Al) 1881 - Milano 1966

Marina, 1941 Olio su cartone telato, cm. 40x49,8 Firma e data in basso a sinistra: C. Carrà 941. Certificato su foto Archivio Carlo Carrà, Milano. Stima E 25.000 / 35.000


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Carlo Carrà Quargnento (Al) 1881 - Milano 1966

Casa solitaria, 1963 Olio su tela, cm. 50,5x60 Firma e data in basso a sinistra: C. Carrà 963. Storia Collezione privata, Torino; Collezione privata Foto autenticata dall’artista in data 4/12/63. Bibliografia Massimo Carrà, Carrà, tutta l’opera pittorica volume III, 19511966, L’Annunciata / La Conchiglia, Milano, 1968, p. 521, 586, n. 4/63 (con misure cm 40x50). Stima E 40.000 / 60.000


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Carlo Carrà Quargnento (Al) 1881 - Milano 1966

Marina, 1953 Olio su tela, cm. 52x76,5 Firma e data in basso a sinistra: C. Carrà 953. Al verso sulla tela: etichetta con n. 119 e quattro timbri Raccolta Lizzola, Milano. Storia Collezione privata, Milano; Collezione privata Certificato su foto di Massimo Carrà, in data 21/3/93. Bibliografia Massimo Carrà, Carrà, tutta l’opera pittorica volume III, 19511966, L’Annunciata / La Conchiglia, Milano, 1968, pp. 115, 573, n. 27/53. Stima E 40.000 / 60.000


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Bruno Cassinari Piacenza 1912 - Milano 1992

Natura morta, 1960 Olio su tela, cm. 54x81 Firma e data in basso a destra: Cassinari / 60. Storia Collezione Bassi, Milano; Collezione privata, Milano; Collezione privata

Bibliografia Marco Rosci, Cassinari. Catalogo generale dei dipinti volume primo, opere 1930-1961, Electa, Milano, 1998, p. 305, n. 1960 10. Stima E 7.000 / 12.000


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Bruno Cassinari Piacenza 1912 - Milano 1992

Mare, (1960) Olio su tela, cm. 130x97 Firma in basso a destra: Cassinari. Al verso sulla tela: etichetta con n. 2635 e due timbri Galleria Sianesi, Milano: etichetta Galleria Gissi - Torino / Espone dal 13 al 28 aprile 1962 / Bruno Cassinari / Cat. 7.

Certificato su foto Comitato per il Catalogo Generale dell’Opera di Bruno Cassinari, Milano 8/5/2012, con n. 3315/ C827. Stima E 9.000 / 14.000


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Antonio Zoran Music Gorizia 1909 - Venezia 2005

Nous ne sommes pas les derniers, 1975 Olio su tela, cm. 65,2x50 Scritta, luogo e data al verso sul telaio: Studio di fi[gu]ra / Paris ‘75. Certificato su foto Galleria d’Arte Contini, con n. 75/010 - 0. Stima E 5.000 / 8.000

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Antonio Zoran Music Gorizia 1909 - Venezia 2005

Changement de saison, 1973 Acrilico su tela, cm. 81,5x54,5 Firma e data in basso a sinistra: Music 73: firma, titolo, data e dedica al verso sulla tela: Music / Changement de / saison / 1973 / A Luciana Gentilini / con molta simpatia / Music / Parigi / 19 nov. 1973. Storia Collezione Luciana e Franco Gentilini, Roma; Collezione privata

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Stima E 5.000 / 8.000


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Ottone Rosai Firenze 1895 - Ivrea (To) 1957

Operai in riposo, 1944 Olio su tela, cm. 24,9x34,8 Firma e data in basso a destra: O. Rosai / 44. Al verso sulla tela: tre timbri e etichetta con n. 2339/A Galleria d’Arte l’Indiano, Firenze (con titolo Giocatori). Certificato su foto di Luigi Cavallo, Milano, 23 marzo 2013. Stima E 6.000 / 9.000


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Domenico Cantatore Ruvo di Puglia (Ba) 1906 - Parigi 1998

Figura femminile, 1958-59 Olio su cartone pressato, cm. 89,2x63,5 Al verso: etichetta Galleria dell’Annunciata, Milano / Mostra del pittore Domenico Cantatore dal 14 marzo al 2 aprile 1959, con n. 8 e titolo Donna con la mano tra i capelli. Storia Galleria Annunciata, Milano; Collezione privata Certificato su foto Archivio Generale Opere di Domenico Cantatore, Il Mappamondo, con n. 519. Stima E 8.000 / 12.000

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Virgilio Guidi Roma 1891 - Venezia 1984

Figura, 1949-50 Olio su tela, cm. 91x70,8 Firma in basso a destra: Guidi; dichiarazione di autenticità e firma al verso sulla tela: Autentico 1953 / Guidi; sulla tela e sul telaio: due timbri Galleria d’Arte [Cavour], Forte dei Marmi. Storia Collezione Renato Addolori, Venezia; Collezione privata Esposizioni Mostra personale, Mestre, Galleria San Giorgio, 15 - 26 marzo 1969, cat. p. n.n., illustrato. Bibliografia Toni Toniato, Dino Marangon, Franca Bizzotto, Virgilio Guidi. Catalogo generale dei dipinti. Volume primo, Electa, Milano, 1998, p. 391, n. 1949-1950 7.

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Stima E 9.000 / 12.000


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Ottone Rosai Firenze 1895 - Ivrea (To) 1957

Ritratto del pittore Fracassini, 1955 Olio su tela, cm. 56x40,4 Firma e data in basso a destra: O. Rosai / 55; titolo e data al verso sul telaio: Ritratto del pittore Fracassini 1955; sulla tela: Ottone Rosai: cartiglio con dati dell’opera. Certificato su foto di Giovanni Faccenda, Firenze, 10 ottobre 2019.

Esposizioni VI Mostra Nazionale Premio del Fiorino, Firenze, Galleria dell’Accademia, 26 marzo - 30 aprile 1955, cat. pp. 19, 73, tav. 27. Stima E 7.000 / 9.000


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Bruno Cassinari Piacenza 1912 - Milano 1992

Storia Collezione Benedini, Milano; Collezione privata

Natura morta (Rose rosse), 1966 Olio su tela, cm. 80x100 Data e firma in basso a destra: 66 / Cassinari. Al verso sulla tela: timbro e firma Galleria Bergamini, Milano: timbro Galleria Bonaparte, Milano, con n. 2153: timbro F.lli Orler, Favaro V.To, con n. 28.

Bibliografia Marco Rosci, Cassinari. Catalogo generale dei dipinti volume secondo, opere 1962-1992, Electa, Milano, 1998, p. 422, n. 1966 45. Stima E 8.000 / 14.000


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Felice Carena Cumiana (To) 1879 - Venezia 1966

Donna con bambino, 1905 Olio su tela, cm. 100x77 Firma, luogo e data in basso a sinistra: F. Carena Roma 1905. Foto autenticata dall’artista; certificato su foto di Luigi Cavallo, Milano 2-5-1985. Stima E 10.000 / 18.000


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Filippo de Pisis Ferrara 1896 - Milano 1956

Paesaggio, (1916?) Olio su cartone, cm. 33x41 Firma in basso al centro: de Pisis. Bibliografia Giuliano Briganti, De Pisis. Catalogo generale, tomo primo, opere 1908-1938, con la collaborazione di D. De Angelis, Electa, Milano, 1991, p. 20, n. 1916 11 (con supporto e misure errati). Stima E 8.000 / 12.000


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Ardengo Soffici Rignano sull’Arno (Fi) 1879 - Vittoria Apuana (Lu) 1964

Marina a Forte Dei Marmi Olio su cartone telato, cm. 40x50 Firma in basso a sinistra: Soffici. Al verso: etichetta Galleria d’Arte Cairola, Milano: timbro Società per le Belle Arti ed Associazione Permanente, Milano: timbro Pittura Italiana / Contemporanea / giugno - ottobre 1960: timbro Galleria del Milione, Milano, con n. 8230. Esposizioni Pittura Italiana Contemporanea, Milano, Palazzo della Permanente, giugno - ottobre 1960, cat. p. 32. Stima E 8.500 / 10.000


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Arturo Tosi Busto Arsizio (Va) 1871 - Milano 1956

Luglio Olio su tela, cm. 99x120 Firma in basso a destra: A. Tosi. Al verso sul telaio: tre etichette, di cui una con n. 799, XXIII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte - Venezia 1942 XX. Esposizioni XXIII Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia, 1942, sala 3, cat. p. 45, n. 3, tav. 15, illustrato. Stima E 8.000 / 12.000

603

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Arturo Tosi Busto Arsizio (Va) 1871 - Milano 1956

Paesaggio Olio su tela, cm. 50x60 Firma in basso a destra: A. Tosi. Al verso sul telaio: timbro Vittorio E. Barbaroux Opere d’Arte, Milano.

604

Stima E 3.500 / 5.500


605

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Mario Sironi Sassari 1885 - Milano 1961

Composizione con rocce e figure, (1946) Olio su tela, cm. 38x56 In basso a destra: Sironi. Al verso sulla tela: Sironi “Paesaggio” / W. Macchiati: timbro Galleria Bergamini, Milano: due etichette Galleria La Bussola, Torino, con n. 60383; sul telaio: timbro Galleria Bergamini, Milano. Opera archiviata presso l’Associazione per il Patrocinio e la Promozione della Figura e dell’Opera di Mario Sironi, Milano, al n. 242/19 RA. Stima E 5.000 / 8.000


606

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Ottone Rosai Firenze 1895 - Ivrea (To) 1957

Paesaggio, 1942 Olio su tela, cm. 39,8x49,8 Firma e data in basso a destra: O. Rosai / 42. Al verso sulla tela: tre timbri e etichetta con n. 2340/A Galleria d’Arte l’Indiano, Firenze. Certificato su foto di Luigi Cavallo, Milano, 25 marzo 2013. Stima E 8.000 / 14.000


607

607

Ottone Rosai Firenze 1895 - Ivrea (To) 1957

Cabine, 1941 Olio su tela, cm. 50x60,4 Firma e data in basso a destra: O. Rosai / 41. Al verso sulla tela: timbro Galleria Bergamini, Milano. Storia Galleria Bergamini, Milano; Collezione privata

Bibliografia Pier Carlo Santini, Rosai, Vallecchi Editore, Firenze, 1960, n. 291; Luigi Cavallo, Ottone Rosai, Edizioni Galleria Il Castello, Milano, 1973, n. 94.

Certificato su foto di Luigi Cavallo, Milano, 1 febbraio 2005.

Stima E 22.000 / 32.000





INDICE

A Annigoni P. 516, 517

L Lhote A. 576

B Baldessari R. 521, 522, 523, 524 Balla G. 509, 510, 525, 526, 527 Birolli R. 552 Bonalumi A. 555 Brauner V. 577 Bueno X. 518 Burri A. 554, 557, 558

M Mafai M. 569 Magnelli A. 562 Marini M. 563, 564 Martini A. 544 Modigliani A. 505 Morandi G. 501, 502, 504, 581 Music A. 551, 553, 593, 594

C Camoin C. 572 Campigli M. 542, 580 Cantatore D. 596 Carena F. 600 CarrĂ C. 534, 539, 543, 548, 588, 589, 590 Casorati F. 533, 582 Cassinari B. 591, 592, 599

P Paresce R. 512 Pomodoro A. 561

D D’Anna G. 528 De Chirico G. 506, 507, 508, 541, 549, 585, 586, 587 De Pisis F. 513, 540, 545, 550, 579, 601 Delvaux P. 575 Depero F. 529 Dottori G. 530

S Severini G. 531 Signac P. 571 Sironi M. 519, 520, 605 Soffici A. 602 Soldati A. 560

F Fillia 532 Fontana L. 556 G Gentilini F. 568, 570 Giacometti A. 503 Guidi V. 538, 597 Guttuso R. 565, 566, 567

R Reggiani M. 559 Rosai O. 514, 515, 535, 536, 537, 546, 547, 583, 584, 595, 598, 606, 607

T Tamburi O. 511 Tosi A. 603, 604 Tozzi M. 578 U Utrillo M. 573, 574



MODULO OFFERTE

Chi non può essere presente in sala ha la possibilità di partecipare all’asta inviando questa scheda compilata alla nostra sede. Spett.

li ...................................................................................

Viale della Repubblica (area Museo Pecci) Tel. (0574) 572400 - Fax (0574) 574132 - 59100 PRATO

Per partecipare all’asta per corrispondenza o telefonicamente allegare fotocopia di un documento di identità valido, senza il quale non sarà accettata l’offerta. I partecipanti che non sono già clienti di Farsettiarte dovranno fornire i riferimenti del proprio Istituto Bancario di appoggio, per gli eventuali pagamenti Io sottoscritto .................................................................................................................... C.F .................................................................... abitante a ................................................................................................................................................. Prov. ........................................... Via ............................................................................................................................................................ Cap ........................................... Tel. .................................................................................................................................... Fax ................................................................... E-mail ............................................................................................................................................................................................................ Recapito telefonico durante l’asta (solo per offerte telefoniche): ........................................................................................................ ....................................................................................................................................................................................................................... Con la presente intendo partecipare alla vostre aste del 30 Novembre 2019. Dichiaro di aver letto e di accettare le condizioni di vendita riportate nel catalogo di quest’asta e riportate a tergo del presente modulo, intendo concorrere fino ad un importo massimo come sotto descritto, oltre ai diritti d’asta: NOME DELL’AUTORE O DELL’OGGETTO

N.ro lotto

OFFERTA MASSIMA, ESCLUSO DIRITTI D’ASTA, EURO (in lettere)

A norma dell’art. 22 del D.P.R. 26/10/1972 n. 633, l’emissione della fattura da parte della nostra casa d’asta non è obbligatoria se non è richiesta espressamente dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione.

FIRMA ...................................................................................

Con la firma del presente modulo il sottoscritto si impegna ad acquistare i lotti sopraindicati e accetta specificatamente tutti i termini e le condizioni di vendita riportate sul catalogo d’asta, e al retro del presente modulo, delle quali ha preso conoscenza. Ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del Codice Civile, dichiaro di aver letto e di approvare specificatamente i seguenti articoli delle condizioni di vendita; 6) Modalità di adempimento; 7-9) Inadempienza dell’aggiudicatario e adempimento specifico; 8) Percentuale dei diritti d’asta; 9) Mancato ritiro delle opere aggiudicate; 13) Esonero di responsabilità e autentiche; 14) Decadenza dalla garanzia e termine per l’esercizio dell’azione; 18) Foro competente; 19) Diritto di seguito. Offerte di rilancio e di risposta: il banditore può aprire le offerte su ogni lotto formulando un’offerta nell’interesse del venditore. Il banditore può inoltre autonomamente formulare offerte nell’interesse del venditore, fino all’ammontare della riserva.

FIRMA ...................................................................................

Gli obblighi previsti dal D.leg. 118 del 13/02/06 in attuazione della Direttiva 2001/84/CE saranno assolti dalla Farsettiarte. INFORMATIVA PRIVACY Ai sensi dell’art. 13 del Regolamento UE 2016/679 il titolare del trattamento FARSETTIARTE SRL informa che: a) Il trattamento dei suoi dati personali è necessario per dare seguito al contratto di cui lei è parte con la finalità di partecipare alla nostra asta per corrispondenza o telefonicamente. Il mancato conferimento comporterebbe l’impossibilità di perseguire le finalità di cui sopra; b) La FARSETTIARTE SRL le chiede inoltre il consenso per il trattamento dei suoi dati personali con la finalità di svolgere attività di promozione commerciale e marketing; c) I dati personali degli interessati per le finalità di cui al punto a) saranno conservati per il tempo necessario all’espletamento dei rapporti sussistenti tra le parti e comunque non oltre dieci anni decorrenti dalla cessazione del rapporto in essere; d) Vigono i diritti di accesso, rettifica e cancellazione di cui all’artt. 15-16-17 del Regolamento UE 2016/679, eventuali comunicazioni in merito potranno essere inviate all’indirizzo privacy@ farsettiarte.it; e) Una versione completa di questa informativa è disponibile sul sito internet istituzionale al seguente indirizzo: https://www.farsettiarte.it/it/content/privacy.asp Letta l’informativa acconsento al trattamento dei miei dati personali per le finalità di cui al punto b) ❑ Acconsento Data

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CONDIZIONI DI VENDITA 1) La partecipazione all’asta è consentita solo alle persone munite di regolare paletta per l’offerta che viene consegnata al momento della registrazione. Compilando e sottoscrivendo il modulo di registrazione e di attribuzione della paletta, l’acquirente accetta e conferma le “condizioni di vendita” riportate nel catalogo. Ciascuna offerta s’intenderà maggiorativa del 10% rispetto a quella precedente, tuttavia il banditore potrà accettare anche offerte con un aumento minore.

2) Gli oggetti saranno aggiudicati dal banditore al migliore offerente, salvi i

limiti di riserva di cui al successivo punto 12. Qualora dovessero sorgere contestazioni su chi abbia diritto all’aggiudicazione, il banditore è facoltizzato a riaprire l’incanto sulla base dell’ultima offerta che ha determinato l’insorgere della contestazione, salvo le diverse, ed insindacabili, determinazioni del Direttore della vendita. È facoltà del Direttore della vendita accettare offerte trasmesse per telefono o con altro mezzo. Queste offerte, se ritenute accettabili, verranno di volta in volta rese note in sala. In caso di parità prevarrà l’offerta effettuata dalla persona presente in sala; nel caso che giungessero, per telefono o con altro mezzo, più offerte di pari importo per uno stesso lotto, verrà preferita quella pervenuta per prima, secondo quanto verrà insindacabilmente accertato dal Direttore della vendita. Le offerte telefoniche saranno accettate solo per i lotti con un prezzo di stima iniziale superiore a 500 €. La Farsettiarte non potrà essere ritenuta in alcun modo responsabile per il mancato riscontro di offerte scritte e telefoniche, o per errori e omissioni relativamente alle stesse non imputabili a sua negligenza. La Farsettiarte declina ogni responsabilità in caso di mancato contatto telefonico con il potenziale acquirente.

3) Il Direttore della vendita potrà variare l’ordine previsto nel catalogo

ed avrà facoltà di riunire in lotti più oggetti o di dividerli anche se nel catalogo sono stati presentati in lotti unici. La Farsettiarte si riserva il diritto di non consentire l’ingresso nei locali di svolgimento dell’asta e la partecipazione all’asta stessa a persone rivelatesi non idonee alla partecipazione all’asta.

4) Prima che inizi ogni tornata d’asta, tutti coloro che vorranno partecipare saranno tenuti, ai fini della validità di un’eventuale aggiudicazione, a compilare una scheda di partecipazione inserendo i propri dati personali, le referenze bancarie, e la sottoscrizione, per approvazione, ai sensi degli artt. 1341 e 1342 C.c., di speciali clausole delle condizioni di vendita, in modo che gli stessi mediante l’assegnazione di un numero di riferimento, possano effettuare le offerte validamente.

5) La Casa d’Aste si riserva il diritto di non accettare le offerte effettuate da

acquirenti non conosciuti, a meno che questi non abbiano rilasciato un deposito o una garanzia, preventivamente giudicata valida da Farsettiarte, a intera copertura del valore dei lotti desiderati. L’Aggiudicatario, al momento di provvedere a redigere la scheda per l’ottenimento del numero di partecipazione, dovrà fornire a Farsettiarte referenze bancarie esaustive e comunque controllabili; nel caso in cui vi sia incompletezza o non rispondenza dei dati indicati o inadeguatezza delle coordinate bancarie, salvo tempestiva correzione dell’aggiudicatario, Farsettiarte si riserva il diritto di annullare il contratto di vendita del lotto aggiudicato e di richiedere a ristoro dei danni subiti.

6) Il pagamento del prezzo di aggiudicazione dovrà essere effettuato entro

48 ore dall’aggiudicazione stessa, contestualmente al ritiro dell’opera, per intero. Non saranno accettati pagamenti dilazionati a meno che questi non siano stati concordati espressamente e per iscritto almeno 5 giorni prima dell’asta, restando comunque espressamente inteso e stabilito che il mancato pagamento anche di una sola rata comporterà l’automatica risoluzione dell’accordo di dilazionamento, senza necessità di diffida o messa in mora, e Farsettiarte sarà facoltizzata a pretendere per intero l’importo dovuto o a ritenere risolta l’aggiudicazione per fatto e colpa dell’aggiudicatario. In caso di pagamento dilazionato l’opera o le opere aggiudicate saranno consegnate solo contestualmente al pagamento dell’ultima rata e, dunque, al completamento dei pagamenti.

7) In caso di inadempienza l’aggiudicatario sarà comunque tenuto a corrispondere a Farsettiarte una penale pari al 20% del prezzo di aggiudicazione, salvo il maggior danno. Nella ipotesi di inadempienza la Farsettiarte è facoltizzata: - a recedere dalla vendita trattenendo la somma ricevuta a titolo di caparra; - a ritenere risolto il contratto, trattenendo a titolo di penale quanto versato per caparra, salvo il maggior danno. Farsettiarte è comunque facoltizzata a chiedere l’adempimento.

8) L’acquirente corrisponderà oltre al prezzo di aggiudicazione i seguenti

diritti d’asta: I scaglione da € 0.00 a € 20.000,00 28,00 % II scaglione da € 20.000,01 a € 80.000,00 25,50 % III scaglione da € 80.000,01 a € 200.000,00 23,00 % IV scaglione da € 200.000,01 a € 350.000,00 21,00 % V scaglione oltre € 350.000 20,50 % Diritto di seguito: gli obblighi previsti dal D.lgs. 118 del 13/02/06 in attuazione della Direttiva 2001/84/CE saranno assolti da Farsettiarte.

9) Qualora per una ragione qualsiasi l’acquirente non provveda a ritirare

gli oggetti acquistati e pagati entro il termine indicato dall’Art. 6, sarà tenuto a corrispondere a Farsettiarte un diritto per la custodia e l’assicurazione, proporzionato al valore dell’oggetto. Tuttavia in caso di deperimento, danneggiamento o sottrazione del bene aggiudicato, che non sia stato ritirato nel termine di cui all’Art. 6, la Farsettiarte è esonerata da ogni responsabilità, anche ove non sia intervenuta la costituzione in mora per il ritiro dell’aggiudicatario ed anche nel caso in cui non si sia provveduto alla assicurazione.

10) La consegna all’aggiudicatario avverrà presso la sede della Farsettiarte, o nel diverso luogo dove è avvenuta l’aggiudicazione a scelta della Farsettiarte, sempre a cura ed a spese dell’aggiudicatario.

11) Al fine di consentire la visione e l’esame delle opere oggetto di vendita,

queste verranno esposte prima dell’asta. Chiunque sia interessato potrà così prendere piena, completa ed attenta visione delle loro caratteristiche, del loro stato di conservazione, delle effettive dimensioni, della loro qualità. Conseguentemente l’aggiudicatario non potrà contestare eventuali errori o inesattezze nelle indicazioni contenute nel catalogo d’asta o nelle note illustrative, o eventuali difformità fra l’immagine fotografica e quanto oggetto di esposizione e di vendita, e, quindi, la non corrispondenza (anche se relativa all’anno di esecuzione, ai riferimenti ad eventuali pubblicazioni dell’opera, alla tecnica di esecuzione ed al materiale su cui, o con cui, è realizzata) fra le caratteristiche indicate nel catalogo e quelle effettive dell’oggetto aggiudicato. I lotti posti in asta da Farsettiarte per la vendita vengono venduti nelle condizioni e nello stato di conservazione in cui si trovano; i riferimenti contenuti nelle descrizioni in catalogo non sono peraltro impegnativi o esaustivi; rapporti scritti (condition reports) sullo stato dei lotti sono disponibili su richiesta del cliente e in tal caso integreranno le descrizioni contenute nel catalogo. Qualsiasi descrizione fatta da Farsettiarte è effettuata in buona fede e costituisce mera opinione; pertanto tali descrizioni non possono considerarsi impegnative per la casa d’aste ed esaustive. La Farsettiarte invita i partecipanti all’asta a visionare personalmente ciascun lotto e a richiedere un’apposita perizia al proprio restauratore di fiducia o ad altro esperto professionale prima di presentare un’offerta di acquisto. Verranno forniti condition reports entro e non oltre due giorni precedenti la data dell’asta in oggetto ed assolutamente non dopo di essa.

12) Farsettiarte agisce in qualità di mandataria di coloro che le hanno com-

missionato la vendita degli oggetti offerti in asta; pertanto è tenuta a rispettare i limiti di riserva imposti dai mandanti anche se non noti ai partecipanti all’asta e non potranno farle carico obblighi ulteriori e diversi da quelli connessi al mandato; ogni responsabilità ex artt. 1476 ss cod. civ. rimane in capo al proprietario-committente.

13) Le opere descritte nel presente catalogo sono esattamente attribuite

entro i limiti indicati nelle singole schede. Le attribuzioni relative a oggetti e opere di antiquariato e del XIX secolo riflettono solo l’opinione della Farsettiarte e non possono assumere valore peritale. Ogni contestazione al riguardo dovrà pervenire entro il termine essenziale e perentorio di 8 giorni dall’aggiudicazione, corredata dal parere di un esperto, accettato da Farsettiarte. Trascorso tale termine cessa ogni responsabilità di Farsettiarte. Se il reclamo è fondato, Farsettiarte rimborserà solo la somma effettivamente pagata, esclusa ogni ulteriore richiesta, a qualsiasi titolo.

14) Né Farsettiarte, né, per essa, i suoi dipendenti o addetti o collaboratori, sono responsabili per errori nella descrizione delle opere, né della genuinità o autenticità delle stesse, tenendo presente che essa esprime meri pareri in buona fede e in conformità agli standard di diligenza ragionevolmente attesi da una casa d’aste. Non viene fornita, pertanto al compratore-aggiudicatario, relativamente ai vizi sopramenzionati, alcuna garanzia implicita o esplicita relativamente ai lotti acquistati. Le opere sono vendute con le autentiche dei soggetti accreditati al momento dell’acquisto. Farsettiarte, pertanto, non risponderà in alcun modo e ad alcun titolo nel caso in cui si verifichino cambiamenti dei soggetti accreditati e deputati a rilasciare le autentiche relative alle varie opere. Qualunque contestazione, richiesta danni o azione per inadempienza del contratto di vendita per difetto o non autenticità dell’opera dovrà essere esercitata, a pena di decadenza, entro cinque anni dalla data di vendita, con la restituzione dell’opera accompagnata da una dichiarazione di un esperto accreditato attestante il difetto riscontrato.

15) La Farsettiarte indicherà sia durante l’esposizione che durante l’asta gli

eventuali oggetti notificati dallo Stato a norma del D.lgs del 20.10.2004 (c.d. Codice dei Beni Culturali), l’acquirente sarà tenuto ad osservare tutte le disposizioni legislative vigenti in materia. Tale legge (e successive modifiche) disciplina i termini di esportazione di un’opera dai confini nazionali. Per tutte le opere di artisti non viventi la cui esecuzione risalga a oltre settant’anni dovrà essere richiesto dall’acquirente ai competenti uffici esportazione presso le Soprintendenze un attestato di libera circolazione (esportazione verso paese UE) o una licenza (esportazione verso paesi extra UE). Farsettiarte non assume responsabilità nei confronti dell’acquirente per eventuale diniego al rilascio dell’attestato di libera circolazione o della licenza. Le opere la cui data di esecuzione sia inferiore ai settant’anni possono essere esportate con autocertificazione da fornire agli uffici competenti che ne attesti la data di esecuzione (per le opere infra settanta/ultra cinquant’anni potranno essere eccezionalmente applicate dagli uffici competenti delle restrizioni all’esportazione).

16) Le etichettature, i contrassegni e i bolli presenti sulle opere attestanti la proprietà e gli eventuali passaggi di proprietà delle opere vengono garantiti dalla Farsettiarte come esistenti solamente fino al momento del ritiro dell’opera da parte dell’aggiudicatario.

17) Le opere in temporanea importazione provenienti da paesi extraco-

munitari segnalate in catalogo, sono soggette al pagamento dell’IVA sull’intero valore (prezzo di aggiudicazione + diritti della Casa) qualora vengano poi definitivamente importate.

18) Tutti coloro che concorrono alla vendita accettano senz’altro il presente regolamento; se si renderanno aggiudicatari di un qualsiasi oggetto, assumeranno giuridicamente le responsabilità derivanti dall’avvenuto acquisto. Per qualunque contestazione è espressamente stabilita la competenza del Foro di Prato.


ASSOCIAZIONE NAZIONALE CASE D’ASTE AMBROSIANA CASA D’ASTE DI A. POLESCHI Via Sant’Agnese 18 – 20123 Milano – Tel. 02 89459708 – Fax 02 40703717 www.ambrosianacasadaste.com – info@ambrosianacasadaste.com ANSUINI 1860 ASTE Viale Bruno Buozzi 107 – 00197 Roma- Tel. 06 45683960 – Fax 06 45683961 www.ansuiniaste.com – info@ansuiniaste.com BERTOLAMI FINE ART Piazza Lovatelli 1 – 00186 Roma – Tel. 06 32609795 – 06 3218464 – Fax 06 3230610 www.bertolamifineart.com – info@bertolamifineart.com BLINDARTE CASA D’ASTE Via Caio Duilio 10 – 80125 Napoli – Tel. 081 2395261 – Fax 081 5935042 www.blindarte.com – info@blindarte.com CAMBI CASA D’ASTE Castello Mackenzie – Mura di S. Bartolomeo 16 – 16122 Genova – Tel. 010 8395029 – Fax 010 879482 www.cambiaste.com – info@cambiaste.com CAPITOLIUM ART Via Carlo Cattaneo 55 – 25121 Brescia – Tel. 030 2072256 – Fax 030 2054269 www.capitoliumart.it – info@capitoliumart.it EURANTICO S.P. Sant’Eutizio 18 – 01039 Vignanello VT – Tel. 0761 755675 – Fax 0761 755676 www.eurantico.com – info@eurantico.com FARSETTIARTE Viale della Repubblica (area Museo Pecci) – 59100 Prato – Tel. 0574 572400 – Fax 0574 574132 www.farsettiarte.it – info@farsettiarte.it FIDESARTE ITALIA Via Padre Giuliani 7 (angolo Via Einaudi) – 30174 Mestre VE – Tel. 041 950354 – Fax 041 950539 www.fidesarte.com – info@fidesarte.com FINARTE S.p.A. Via Paolo Sarpi 8 – 20154 Milano – Tel. 02 36569100 – Fax 02 36569109 www.finarte.it – info@finarte.it INTERNATIONAL ART SALE Via G. Puccini 3 – 20121 Milano – Tel. 02 40042385 – Fax 02 36748551 www.internationalartsale.it – info@internationalartsale.it MAISON BIBELOT CASA D’ASTE Corso Italia 6 – 50123 Firenze – Tel. 055 295089 – Fax 055 295139 www.maisonbibelot.com – segreteria@maisonbibelot.com STUDIO D’ARTE MARTINI Borgo Pietro Wuhrer 125 – 25123 Brescia – Tel. 030 2425709 – Fax 030 2475196 www.martiniarte.it – info@martiniarte.it MEETING ART CASA D’ASTE Corso Adda 7 – 13100 Vercelli – Tel. 0161 2291 – Fax 0161 229327-8 www.meetingart.it – info@meetingart.it PANDOLFINI CASA D’ASTE Borgo degli Albizi 26 – 50122 Firenze – Tel. 055 2340888-9 – Fax 055 244343 www.pandolfini.com info@pandolfini.it PORRO & C. ART CONSULTING Via Olona 2 – 20123 Milano – Tel. 02 72094708 – Fax 02 862440 www.porroartconsulting.it – info@porroartconsulting.it SANT’AGOSTINO Corso Tassoni 56 – 10144 Torino – Tel. 011 4377770 – Fax 011 4377577 www.santagostinoaste.it – info@santagostinoaste.it



REGOLAMENTO Articolo 1 I soci si impegnano a garantire serietà, competenza e trasparenza sia a chi affida loro le opere d’arte, sia a chi le acquista. Articolo 2 Al momento dell’accettazione di opere d’arte da inserire in asta i soci si impegnano a compiere tutte le ricerche e gli studi necessari, per una corretta comprensione e valutazione di queste opere. Articolo 3 I soci si impegnano a comunicare ai mandanti con la massima chiarezza le condizioni di vendita, in particolare l’importo complessivo delle commissioni e tutte le spese a cui potrebbero andare incontro. Articolo 4 I soci si impegnano a curare con la massima precisione i cataloghi di vendita, corredando i lotti proposti con schede complete e, per i lotti più importanti, con riproduzioni fedeli. I soci si impegnano a pubblicare le proprie condizioni di vendita su tutti i cataloghi. Articolo 5 I soci si impegnano a comunicare ai possibili acquirenti tutte le informazioni necessarie per meglio giudicare e valutare il loro eventuale acquisto e si impegnano a fornire loro tutta l’assistenza possibile dopo l’acquisto. I soci rilasciano, a richiesta dell’acquirente, un certificato su fotografia dei lotti acquistati. I soci si impegnano affinché i dati contenuti nella fattura corrispondano esattamente a quanto indicato nel catalogo di vendita, salvo correggere gli eventuali refusi o errori del catalogo stesso. I soci si impegnano a rendere pubblici i listini delle aggiudicazioni. Articolo 6 I soci si impegnano alla collaborazione con le istituzioni pubbliche per la conservazione del patrimonio culturale italiano e per la tutela da furti e falsificazioni. Articolo 7 I soci si impegnano ad una concorrenza leale, nel pieno rispetto delle leggi e dell’etica professionale. Ciascun socio, pur operando nel proprio interesse personale e secondo i propri metodi di lavoro si impegna a salvaguardare gli interessi generali della categoria e a difenderne l’onore e la rispettabilità. Articolo 8 La violazione di quanto stabilito dal presente regolamento comporterà per i soci l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 20 dello Statuto ANCA



CALENDARIO ASTE Arte Moderna, Arte Contemporanea, Fotografia: 29–30 nov. lempertz:projects. Arte Contemporanea (Bruxelles): 4 dic.

Joan Miró. Femme et oiseaux dans la nuit. 1967. Inchiostro, tempera, acquerello. Collezione Will Grohmann. Asta 29 nov. Neumarkt 3 50667 Colonia Germania T +49 221 92 57 290 info@lempertz.com Bruxelles T +32 2 514 05 86

Info: T 339 866 85 26 milano@lempertz.com




Annotazioni





Foto e Fotocolor: Industrialfoto - Firenze Progetto grafico e Impaginazione: Mariarosa Gestri Prestampa e Stampa: Grafiche Martinelli - Firenze


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