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THOMAS PLANTENGA/VINTED
«La nostra ambizione? Che il second hand diventi la prima scelta»
Olandese, di base tra Vilnius e Berlino, Thomas Plantenga è alla guida di una (ormai ex) startup che oggi vale 3,5 miliardi e che opera in un mercato, come quello del resale, in forte accelerazione. Nel 2021 ha raggiunto i 45 milioni di utenti worldwide, anche italiani, e con l'ultimo round di finanziamento punta ancora più in alto
DI ANGELA TOVAZZI
Quello di Thomas Plantenga è un nome che sta circolando sempre più frequentemente nel circuito della moda. Il motivo è presto detto e si chiama Vinted. Anche in Italia, da fine 2020, sappiamo cos’è: secondo la definizione ufficiale, «la più grande piattaforma 2C2 online europea dedicata al second hand». Anche se la società, che è stata fondata nel 2008 in Lituania da Milda Mitkute e Justas Janauskas, non divulga dati finanziari, sappiamo da precedenti dichiarazioni che preCovid ha raggiunto un Gmv di 1,3 miliardi di euro e che nel giro di pochi anni è cresciuta dimensionalmente, passando da un centinaio di dipendenti agli attuali mille. Nel maggio di quest’anno ha ottenuto un nuovo round di finanziamento guidato dal fondo svedese Eqt Growth, pari a 250 milioni di euro, con una valorizzazione di 3,5 miliardi. Certo l’humus filo-ecologista che alimenta il mercato, in piena emergenza climate change, e l’iperbole dell’e-commerce durante la pandemia hanno facilitato l’affermazione di questa piattaforma, che consente di arrotondare sbarazzandosi di vestiti fuori taglia o pre-loved, di fare shopping (anche griffato) risparmiando e di aiutare l’ambiente, allungando il ciclo di vita dei prodotti. A farle però conquistare oltre 45 milioni di utenti, di cui 16 in Francia (suo primo mercato), sono state anche le strategie cliente-centriche intraprese da Plantenga, manager dall’aspetto gentile e dall’acume operativo, arrivato a Vilnius nel 2016 da New York, dove viveva e lavorava, chiamato da uno degli investitori di Vinted per riorganizzare l’azienda, che stava rallentando sotto la pressione di costi molto alti. Doveva fermarsi giusto cinque settimane come consulente strategico e ripartire, ma quello del second hand è diventato il suo lavoro. O meglio, la sua mission, come spiega al nostro giornale.
È approdato a Vinted cinque anni fa, in un momento difficile per la società: cosa ha fatto per riportarla in carreggiata?
Ho riorganizzato l’intero modello di business. In primis, ho deciso di eliminare la fee per il venditore, al quale viene riconosciuto il 100% del prodotto venduto: un modo per incoraggiare le persone a inserire i propri articoli e garantire così maggior offerta sul sito. Si è innescato un circolo virtuoso, perché in questo modo gli utenti potevano trovare una selezione ancora più ampia di capi pre-loved, con una possibilità maggiore di individuare qualcosa di giusto per loro e dunque di procedere all'acquisto. Gli scambi tra seller e buyer sono diretti (a metterli in comunicazione c’è una chat, dove è possibile chiedere informazioni e trattare sul prezzo deciso dal venditore, ndr), ma chi compra beneficia della “Buyer Protection”: un modo per effettuare transazioni sicure senza scambiare informazioni personali e dettagli bancari, per beneficiare di un sistema integrato di pagamento e diverse opzioni di spedizione, ma anche per avere diritto a un eventuale rimborso, nel caso un articolo non arrivi a destinazione o non sia conforme alla descrizione del venditore.
Se non sono previste commissioni, da dove vengono i ricavi di Vinted?
I nostri guadagni vengono proprio da questa piccola fee per il compratore, a garanzia e protezione dei suoi acquisti, e che corrisponde al 5% del prezzo dell’articolo più 0,70 euro. Abbiamo inoltre sviluppato delle funzioni speciali a disposizione degli utenti, che possono
così promuovere i loro annunci. In primis i “Boost”, che catapultano un prodotto in vetrina o l'armadio del venditore in cima al feed e ai risultati di ricerca di Vinted, aumentando la loro visibilità. Va ribadito che l’utilizzo di queste funzionalità aggiuntive ha un piccolo costo extra, ma è di natura completamente volontaria. Infine, sul nostro sito e la nostra app c’è anche della pubblicità, ma per noi è una fonte di guadagno minore.
Vinted è arrivato sul mercato italiano a fine 2020. Come sta andando?
È ancora presto per fare bilanci, ma siamo contenti dei progressi fatti fino ad ora e della risposta dei consumatori. Oggi abbiamo raggiunto oltre 2 milioni di utenti e dal lancio in Italia siamo classificati nell’App Store tra le cinque migliori app per lo shopping.
Di recente avete annunciato la raccolta di 250 milioni: come utilizzerete questi nuovi fondi?
I nostri investimenti andranno in più direzioni. Innanzitutto, abbiamo intenzione di espanderci in nuovi Paesi in Europa, ma non solo. Siamo già presenti in 15 nazioni e recentemente abbiamo lanciato la piattaforma in Canada e Portogallo. Prevediamo poi di ampliare gli uffici e aumentare il personale nelle aree Engineering e Product nella sede di Berlino e, più in generale, di incrementare il nostro team, che negli ultimi 12 mesi è arrivato a contare oltre mille dipendenti. Proseguiremo inoltre nel miglioramento dell’experience di shopping sulla piattaforma, per renderla ancora più fluida e fruibile dai consumatori. Fiducia, sicurezza, pagamenti, spedizioni e consegne saranno i nostri focus, con lo sviluppo di nuovi tool e funzionalità.
Le piattaforme di second hand si stanno moltiplicando: cosa si può trovare di diverso su Vinted?
Il fatto di non addebitare alcuna fee al venditore, al quale viene riconosciuto il 100% dell’articolo venduto, rappresenta indubbiamente un plus. Inotre in molti dei nostri mercati è possibile vendere e acquistare oltreconfine. Prendiamo l’Italia: se sei un membro di Vinted, puoi dialogare e fare affari con le community di Francia, Spagna, Belgio e Paesi Bassi. Ma forse la cosa più importante è che offriamo una gamma di metodi di protezione per i consumatori, che così possono fare acquisti in totale sicurezza. In ogni caso, penso sia buon segno che il settore del second hand viaggi su una traiettoria positiva e che ci sia spazio per diverse tipologie di business.
Cosa sogna per Vinted?
La nostra ambizione è quella di rendere il second hand la prima scelta in tutto il mondo. Ovviamente quello del resale è un mercato nuovo e c’è ancora molto da fare, ma vorrei che l’acquisto di seconda mano diventasse parte della normalità e che nel fare shopping le persone pensassero già al passo successivo: comprare un prodotto di qualità superiore e utilizzarlo in maniera più accurata, affinché successivamente possa essere rivenduto. ■
all’interno di mercati già presidiati e nuovi. Tuttavia siamo aperti a fusioni e acquisizioni, qualora si presentasse l’opportunità giusta, nel mercato giusto, al momento giusto.