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Tendenza restaurazione a Milano. Arriva il recupero dei codici sartoriali: non sarà virale, ma spinge il business

Superata la frenesia per sfilate instagrammabili, a Milano brand e stilisti si sono concentrati più sui concetti di “fatto bene” e passione per la progettazione che sulla capacità di creare show virali. Il risultato è stato un susseguirsi di capi e accessori vincenti rivolti a un pubblico più adulto e lussoso rispetto al passato che, prevedibilmente, porterà a scontrini più alti

DI ANDREA BIGOZZI

Tre aggettivi che riassumono le collezioni protagoniste a Milano. Chic, portabili e moderne.

È stata una fashion week capace di valorizzare i giovani talenti?

Sì, a cominciare da Cormio col suo show ricco di pathos. Anche Durazzi Milano è interessante per il tema della selleria. E poi Armarium, tra i migliori in assoluto della fashion week. Onitsuka Tiger è invece un nome ottimo e per le sneaker.

Senza Versace (in trasferta a Los Angeles), senza Alessandro Michele da Gucci (il suo successore Sabato De Sarno debutterà il prossimo settembre), senza novità a livello di direzione creativa (che invece avevano tenuto banco appena sei mesi fa). Tra forfait e mancanza di anteprime, erano in tanti tra gli addetti ai lavori a temere una fashion week sotto tono e priva momenti virali. Invece la settimana della moda di Milano è stata un vero successo sia per l’impatto social, che tanto ormai è tenuto in considerazione, sia per il prodotto, che, a questo giro, ha saputo scatenare il wow effect ancora di più di una Kim Kardashian in prima fila da Dolce&Gabbana e di una scultura di Umberto Boccioni in mezzo alla passerella da Bottega Veneta. Più business che mondanità, quindi, e soprattutto più qualità che protagonismi di stilisti e ospiti vip. Galvanizzata da numeri importanti (70 milioni di indotto per la città e il 20% di operatori in più rispetto ai numeri delle fashion week pre-pandemia), Milano con le sfilate dedicate alla Fall-Winter 2023/24 ha fatto la felicità dei buyer, offrendo finalmente qualcosa di diverso dalla rilettura dell’heritage e dei codici della maison, che era diventata la costante delle ultime stagioni. «Sento che Milano è tornata dopo la pandemia più forte di prima», si dice sicuro Riccardo Tortato, head of buying del department store Tsum. «L’atmosfera di questa stagione è stata molto più elevata e raffinata rispetto a quelle passate», gli fa eco Heather Gramston, head of womenswear di Browns. Pareri come questi testimoniano il consenso generale dei retailers intorno alla capitale italiana della moda e al lavoro dei suoi stilisti. Primo fra tutti Matthieu Blazy: la sua Bottega Veneta riesce a raccontare diverse storie, tutte decisamente originali e con un punto fisso. «Artigianalità e creatività possono co-esistere perfettamentedice Simone Heift, buying director, The KaDeWe Group-. Ogni singolo outfit era semplicemente perfetto, chic e lussuoso. Un tailoring impeccabile, la pelle bellissima (che cappotti!) e dettagli stupendi hanno dato vita a capi sofisticati, ma di grande vestibilità». Anche Maximilian Davis da Ferragamo con questo show ha dato prova in modo inequivocabile che la scelta del ceo Marco Gobbetti di ingaggiarlo come direttore creativo, a dispetto della scarsa esperienza, è stata azzeccata. «Ha letteralmente lasciato il suo segno - osserva Federica Montelli, head of fashion di Rinascente - soprattutto nell’abbigliamento, che la maison non era mai riuscita ad affermare prima d’ora. Anche nelle borse e nelle calzature ha fatto la differenza: remixando temi classici del brand li ha resi interessanti per un tipo di pubblico più vasto». E poi, ovviamente nell’elenco dei campioni delle sfilate non può mancare la premiata coppia Miuccia Prada - Raf Simons, sempre più amata dagli addetti ai lavori per la capacità, ormai collaudata (siamo alla 12esima collezione in tandem tra uomo e donna) di creare progetti desiderabili, senza smettere di fare cultura e lanciare messaggi. «La passerella è stata un susseguirsi di capi e accessori vincenti. Insieme Miuccia e Raf tirano fuori il meglio l’uno dall’altro», sentenzia Simon Longland, buying director fashion di Harrods.

Il vincitore inatteso della fashion week?

Il colore rosso, mentre la maggior parte delle collezioni ha giocato su una palette neutra, il rosso ha rappresentato la forza di un punto esclamativo.

Chi è stato, invece, l’osservato speciale a Milano?

Andreadamo: la sua visione ci è sembrata moderna, tagliente e perfetta per gli spettatori cool della prima fila.

FEDERICA MONTELLI Rinascente Head of Fashion

Dopo aver visto tante fashion week l’effetto sorpresa c’è ancora?

Certo che sì. E da queste sfilate di sorprese ne abbiamo avute parecchie, tutte positive: come Roberto Cavalli e Blumarine, le cui collezioni hanno fatto grandi progressi.

C’è stato spazio anche per il divertimento?

Beh si, almeno per chi era presente alla sfilata di Sunnei.

Le calzature si sono riprese la scena?

Direi di si, ed è una bella notizia per marchi specializzati come Gianvito Rossi e Casadei che escono rafforzati dalla fashion week, dove hanno dominato stivali coi tacchi a spillo, cuissardes, sandali con il plateau: sono i sicuri must-have di stagione.

SIMON LONGLAND

Harrods

Buying Director - Fashion

Alle parole highlight e Milano, cosa risponde?

Matthieu Blazy: dai pezzi di sartoria più minimali alle trovate più stravaganti, la sua sfilata per Bottega Veneta è stata una sequenza infinita di colpi di scena. Inverno 2024: di cosa ci sarà l’imbarazzo della scelta?

La risposa è semplice, il cappotto grigio dal taglio deciso. I consumatori finali potranno scegliere tra diversi stili, visto che quasi tutti i designer si sono cimentati su questo capo.

ARMARIUM

Il punto forte di Milano?

La stagione è stata molto dinamica, dal punto di vista sia delle proposte presentate dai brand, sia della presenza di buyer e press internazionali.

E

il punto debole?

Il calendario: a Milano tutto si concentra su quattro giorni, mentre Parigi ne ha a disposizione il doppio, però con una divisione fifty-fifty del budget.

È stata una settimana che sembra preludere a grandi cambiamenti e anche all’apertura inevitabile di una seria riflessione sulla necessità, non più rimandabile, di valorizzare ciò che di nuovo Milano sa esprimere. Problema che la moda made in Italy vive da anni, visto che a lungo si è temuto che il sistema tricolore non avrebbe più prodotto nuove leve. Oggi invece il panorama è vivace e, nonostante la concentrazione del calendario in quattro giorni, («un problema costante, che andrebbe risolto finalmente con una revisione delle date, visto che Parigi ha nove giorni tutti per sé, ma i budget sono fifity-fifity», evidenzia Tortato di Tsum), nomi come Sunnei, Gcds,

Andreadamo, Marco Rambaldi, The Attico, Cormio e Act n°1 compaiono nell’agenda dei buyer tra gli appuntamenti fissi, per non dire imperdibili. «Sono tutti nomi, questi, ormai usciti dalla condizione di “giovani” - conferma Montelli di Rinascente -. Adesso per Milano è tempo di andare oltre e proseguire con lo scouting, favorendo l’ascesa di realtà come Vitelli, su cui noi abbiamo scommesso da qualche stagione, ma che ha forti potenzialità da esprimere». Tra le nuove leve, che sembrano avere il talento di emergere (e anche l’appoggio necessario per farlo) c’è il brand Armarium. «ipermoderno, di alta qualità, estremamente desiderabile». Sono

Galeries Lafayette

Buying and Merchandise director

Cosa pensa del nuovo corso di Ferragamo?

Incredibile vedere un designer giovane, come Maximilian Davis, creare una proposta di ready-to-wear totalmente nuova per questa maison, un’istituzione della pelletteria.

L’exploit delle sfilate?

Armarium: il marchio di Giorgia Gabriele ha fatto centro grazie a uno stile moderno e all’alta qualità dei capi, che insieme rendono il progetto super desiderabile.

A chi dire “bravo” in questa edizione?

Ai nuovi talenti, fino a poche stagioni fa sconosciuti, che si sono cimentati nel reinterpretare maison storiche: in particolare Maximilian Davis per Ferragamo e Matthieu Blazy alla guida di Bottega Veneta.

Già individuati i best seller del prossimo inverno?

Le scarpe con tacchi bassi e sottili, il cosiddetto kitten heel di Prada e il revival della maxi borsa a tracolla Horsebit. E poi i nuovi orecchini di Bottega Veneta saranno dei cult.

NICHOLAS ATTESHLIS Zalando Head Brand Partnerships Designer

SIMONE HEIFT The KaDeWe Group GmbH Buying director

La stampa è divisa tra pro e contro a Kim Jones. Lei da che parte sta?

Fendi è stata la collezione migliore, in particolare per il look da signora chic con molta pelle che ha caratterizzato lo show. Altre good vibes provenienti dalle passerelle?

MM6, Philosophy, Missoni Jil Sander e Moschino, tutti show dalla forte energia.

HEATHER GRAMSTON Browns Head of womenswear

La collezione più originale?

Jil Sander: Lucie e Luke Maier hanno portato alla ribalta una collezione co-ed molto personale, diversa dalle altre, con le tuniche e le T-shirt con stampe di ciliegie oversize e caramelle. New names che meritano di entrare nella “lista” dei brand da non perdere? Andreadamo e Calcaterra.

Con la stagione FW23/24 diremo addio a….

Le tinte forti stanno scomparendo, tranne il rosso che torna in auge: a Milano abbiamo visto tanto nero, bianco, toni pastello e metallici.

Un momento che non dimenticherà della fashion week?

L’omaggio di Fendi a Vivienne Westwood, con una rivisitazione dello scenario punk londinese. Il brand che ha fatto i maggiori progressi?

Siamo stati contenti di aver visto a Milano la collezione di Tokyo James, con cui abbiamo collaborato per il festival Homecoming nel 2020. Con il suo design vegano e gli splendidi pezzi fatti a mano è sicuramente una stilista da tenere d’occhio.

gli aggettivi scelti da Alix Morabito di Galeries Lafayette per descrivere questo brand fondato da Giorgia Gabriele, moglie di Andrea Grilli, ceo New Guards Group, che piace tanto anche a Roopal Patel di Saks e a Liane Wiggins, Head of Womenswear Matchesfashion, specie per le nuove borse appena lanciate. Ottimi riscontri anche per Durazzi Milano, brand fondato da Ilenia Durazzi insieme al compagno Maurizio Cattelan. In mezzo alle due macro categorie composte da “giga-brand” ed “emergenti già emersi” c’è poi una manciata di designer osservati speciali (età compresa tra i 28 e i 45 anni), in- caricati di dare nuova verve a brand storici, redendoli familiari alle nuove generazioni. Di questa pattuglia fanno parte, oltre al già citato (e acclamato) Maximilian Davis da Ferragamo, anche Marco De Vincenzo da Etro, Rhuigi Villaseñor da Bally e Filippo Grazioli da Missoni. Tutti hanno generato un giudizio positivo da parte dei compratori, grazie a collezioni più convincenti rispetto a quelle di esordio, sei mesi fa. De Vincenzo, senza stravolgere il dna di Etro, ha raccontato qualcosa di decisamente nuovo ed è stato subito inserito tra gli highlights di Jodi Kahn di Neiman Marcus, Joseph Tang di Holt Renfrew,

Simon Longland di Harrods, April Hennig di Moda Operandi e di Federica Montelli di Rinascente. A scommettere sul futuro insieme Villaseñor e Bally c’è Bosse Myhr di Selfridges, mentre il tentativo di Filippo Grazioli di rendere l’iconico motivo zigzag di Missoni un elemento di sensualità e di glamour ha conquistato oltre al capo dei buyer moda di Harrods Nicholas Atteshlis, brand partnerships lead di Zalando. Insomma, un panorama variegato di stili e personaggi, che di fatto rappresenta la vivacità che anima la capitale della moda italiana, che fa bene a volersi identificare nei concetti di “fatto bene”, di qualità as- soluta e di passione per la progettazione dei capi, ma deve anche stare attenta a non prendersi troppo sul serio. A queste sfilate, infatti, è mancato quasi totalmente il sense of humour: persino da Moschino il dark ha preso il sopravvento sullo spirito cartoon-pop. L’unica eccezione è stata lo show-performance di Sunnei con i dipendenti del brand che indossando i capi della nuova collezione non hanno esitato a lasciarsi cadere dalla pedana sulla folla. «Che atmosfera, e che impatto - sottolinea Heift di KaDeWe. Una trovata inaspettata, che ha suscitato emozione in quanto ha abbattuto qualsiasi barriera tra chi sfilava e chi

Gucci: per alcuni non doveva sfilare in attesa del nuovo stilista. È d’accordo?

E invece è stata una delle mie preferite. La collezione disegnata dal team interno ha attraversato i decenni, dallo stile sartoriale di Tom Ford anni 2000 ai look eccentrici del recente Alessandro Michele e l’ho adorata per questo.

Il trend evergreen?

L’attenzione commerciale per i cappotti. Li hanno proposti in tanti e i più riusciti sono quelli super voluminosi e soffici.

ANDREADAMO assisteva. E una riuscita metafora su quanto sta accadendo nella fashion industry, alla quale la Gen Z chiede di scendere dal piedistallo». L’assenza di sense of houmor va di pari passo con il ridimensionamento del tema diversity, con meno modelle curvy (tra le eccezioni Ashley Graham per Dolce & Gabbana e Lindsey Wixson incinta per Msgm) e la scomparsa o quasi del genderless. I media già denunciano la fine dell’inclusività nella moda, ma i buyer frenano «Il ritorno al classico non significa riavvolgere il nastro. Il genderless non è un’opzione, ma per la FW 2023/24 riguarderà più il guardaroba maschile». 

MARGOT SCHEUER Bongenie Grieder (Brunschwig & Cie SA) General Merchandise Manager

Quali saranno i must-have del prossimo inverno?

Le gonne lunghe, le tonalità del cioccolato, i pantaloni cargo e le eco-pellicce. Gucci punta su uno stilista, Vuitton su un artista. Qual è la giusta strategia? Sono entrambe interessanti. Gucci con Sabato De Sarno punta a lanciare a ogni stagione prodotti nuovi partendo dai propri archivi. Vuitton si basa per lo più su prodotti core, Pharrell Williams servirà a conquistare nuovi clienti.

È stata la fashion week delle seconde volte: promossi e bocciati?

Ero molto curiosa di vedere come se la sarebbero cavata direttori creativi alla prova successiva all’esordio. Tutti, a mio avviso, si sono migliorati: Filippo Grazioli per Missoni, Rhuigi Villaseñor per Bally. Ma i lavori più efficaci sono stati quelli di Maximilian Davis per Ferragamo e Marco De Vincenzo per Etro.

I trend proposti che diventeranno best seller? E quelli invece a rischio flop? Successo assicurato per le gonne longuette e i mini montoni. Vediamo invece che reazioni avranno le clienti al ritorno dei pois proposto da diversi sti-listi in passerella.

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