Direttore responsabile Flavia Colli Franzone
www.fashionillustrated.eu
PRODUZIONE
Made in Naples
Tessuti
TRA QUALITÀ E PERFORMANCE Focus sull'eccellenza della sartoria italiana al maschile. Pag. X
Issue #29 - Ottobre 2014
Food
I SIMBOLI A TAVOLA
La pizza, i dolci e il caffè: le specialità partenopee famose nel mondo. Pag. XVI
Hotellerie
BENVENUTI A NAPOLI
Viaggio a cinque stelle tra i migliori hotel della città. Pag. XVIII
MODA&CINEMA
OMAGGIO A NAPOLI Poste italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004, art. 1, c. 1, DCB Milano
E. Marinella
A tu per tu con le eccellenze napoletane dell’abbigliamento, dai grandi nomi alle botteghe artigiane. Un viaggio “su misura” per capire il valore aggiunto del “fatto a Napoli”, indagando sulle modalità con cui queste realtà si sono reinventate negli anni e su come garantiscono la continuità nel tempo della loro manodopera. Il quid pluris delle realtà produttive napoletane è rappresentato dalla storia e dalla cultura, secondo Giuseppe Attolini. Napoli, come la Spagna e l’Inghilterra, ha vissuto la monarchia e la presenza di una Famiglia Reale ha favorito la diffusione di mestieri artigiani, attività fiorenti, se si considera che i clienti erano re o esponenti della nobiltà. Si parlerà delle eccellenze partenopee che passano attraverso il valore aggiunto del made in Napoli, che risiede in una manodopera specializzata e artigiana, come quella di aziende quali Kiton, Cesare Attolini, Rubinacci, E. Marinella e Isaia. Pag. VI
GIOIELLI
Splende l'oro rosso
Aucella
Già dal 1400 la cittadina di Torre del Greco, nel golfo di Napoli, si è dedicata alla pesca del corallo, tanto che gli stessi pescatori torresi si spingevano con le loro barche – chiamate “coralline” - addirittura fino a quasi le coste africane dove è reperibile un corallo rosso chiaro e molto compatto. Ora le cose sono cambiate, ma il distretto di Napoli resta al centro del mercato del corallo. Un distretto che ha accresciuto il potenziale produttivo in termini di imprese (500 unità circa) e di addetti, il cui numero è salito a 2.200, quasi 4.000 contando l’indotto. Pag. XIV
Sofia Loren nel cortometraggio Voce Umana di Edoardo Ponti, presentato al Festival di Cannes 2014
La città partenopea fa da sfondo alla sublime interpretazione di Sofia Loren nel cortometraggio Voce Umana diretto dal figlio Edoardo Ponti. “Non sono italiana, sono napoletana! È un'altra cosa!” ha detto una volta Sofia Loren in una intervista alla giornalista americana Barbara Walters. Nata a Roma, l’attrice ha però trascorso l’infanzia a Pozzuoli, che ha lasciato in lei un segno profondo. Napoli e la cultura napoletana saranno dunque presenti costantemente nella vita e nella carriera della Loren, che in molti film recita in napoletano. Come nel cortometraggio Voce Umana, presentato alla scorsa edizione del Fe-
stival del Cinema di Cannes, diretto dal figlio Edoardo Ponti e prodotto da Massimiliano Di Lodovico e Rai Cinema. Tratto dalla pièce teatrale di Jean Cocteau del 1930, racconta la storia di Angela, una donna non più giovane che, sullo sfondo della Napoli degli anni Cinquanta, vive un alternarsi di stati emotivi durante l'ultima conversazione telefonica con l'uomo che ama, di cui non si sente mai la voce. Dunque lo spettatore può ascoltare soltanto l’interprete femminile,
e tramite lei – la modulazione della voce, gli sguardi, la gestualità, le parole, la mimica – riesce ad avere un quadro della situazione. La Loren supera se stessa in bravura in questo monologo per l'intensità della recitazione e la sua performance non è certo seconda a quella di Anna Magnani nell' episodio “Una voce umana” del film Amore di Roberto Rossellini del 1948. L'interpretazione della Loren a Cannes è stata accolta con una standing ovation degna di una attrice della sua fama.
FASHION ILLUSTRATED
Issue #29 - Ottobre 2014
Collezione Icon www.desimonefratelli.com
L'EDITORIALE
Il Dna non è acqua
“
N
aples, a Haven of Hand Work”, ovvero il Paradiso dell’artigianalità. Così ha osannato il distretto napoletano la più autorevole giornalista di moda, Suzy Menkes, in un reportage sul New York Times. Fashion Illustrated dedica un numero speciale a questa realtà, scegliendo un percorso lungo la strada del “bello e ben fatto” non solo nel campo della confezione di abiti ma anche in altri settori dalla forte componente manuale come i gioielli in corallo. Per dimostrare che, nonostante le aziende si siano adeguate alla globalizzazione, è possibile conciliare l’anima industriale con quella artigianale, mantenendo alto il valore aggiunto di alcune fasi della lavorazione. Una carta vincente alimentata dal knowhow e dall’esperienza tramandata da generazioni con il prezioso aiuto di manodopera specializzata. Ognuno custodendo il proprio piccolo segreto per essere diversi e unici, lasciando parlare il prodotto prima del brand. E stupisce come, nel caso dell’abbigliamento, una giacca non sia mai realizzata da un unico sarto, ma nasca dalle competenze specifiche di più persone. Ma attenzione a non confondere il made-to-measure con il bespoke, il primo più vicino al moderno concetto di mass customization, il secondo al purismo del vero su misura, un servizio offerto soprattutto dalle botteghe a conduzione familiare che ancora esistono a Napoli. Non solo abbigliamento. Napoli è un concentrato di altre eccellenze che spaziano dagli accessori (scarpe, borse e guanti, grazie anche alla vicinanza delle concerie nella zona di Solofra), ai gioielli, al food. La lavorazione del corallo, ad esempio, seppur con l’aiuto di macchinari sofisticati, segue ancora tecniche centenarie con il risultato di raffinati virtuosismi fra avanguardia ed heritage. Anche il cibo è un fiore all’occhiello della tradizione partenopea: chi non conosce il babà, che pur di origini polacche rientra a pieno titolo fra le specialità napoletane. O la pastiera e gli struffoli e ovviamente la pizza. Seguiteci alla scoperta di alcuni luoghi tipici per non perdervi la tradizione gastronomica della città. Senza contare l’ospitalità, spalmata in una serie di hotel superlusso capaci di far fronte, quanto a servizio e discrezione, alle necessità di un pubblico internazionale esigente e attento al massimo comfort. @fcollifranzone
Sommario IV
PRODUZIONE
ARTIGIANI
HOTELLERIE
VI
XII
XVIII
I laboratori artigiani del capoluogo campano sono “chicche” di altissima qualità, per oggetti unici che uniscono tradizione e creatività napoletana.
Viaggio a cinque stelle tra la tradizione di accoglienza alberghiera e le esigenze sofisticate di una clientela abituata al lusso.
Artigiani dell'accessorio
Benvenuti a Napoli
VIII
GIOIELLI
FASHION CHI LEGGE
Non esistono solo i grandi nomi. Napoli è piena di botteghe nascoste.
XIV
XXII
Splende l'oro rosso sul golfo di Napoli
Il corallo e il distretto di Napoli: un legame antico.
Di Edoardo Ponti
Made in Naples
A tu per tu con le eccellenze napoletane dell'abbigliamento. Un viaggio "su misura" per capire il valore aggiunto del "fatto a Napoli".
Le botteghe artigiane TESSUTI
X
Qualità e performance in formato sartoriale
Focus sui criteri delle aziende napoletane, ovvero l'eccellenza della sartoria italiana al maschile.
Direttore responsabile FLAVIA COLLI FRANZONE f.colli@fashionillustrated.eu Caposervizio GIOVANNA CAPRIOGLIO g.caprioglio@bibliotecadellamoda.it Hanno collaborato Fabio Attanasio, Nicola Gobbetto, Marco Magalini, Gloria Magni, Alice Notarianni,
Impaginazione MICHELA CLERICI m.clerici@fashionillustrated.eu
Nella foto una fase della lavorazione nell'azienda Cesare Attolini.
Non sono un fashion victim
FOOD
XVI
I simboli di Napoli
La tradizione gastronomica napoletana è ricchissima, ma tra tutto, le vere specialità sono la pizza, i dolci e il caffè.
Redazione Corso Colombo 7 20144 Milano Tel. +39 02 87365694 www.fashionillustrared.eu- info@fashionillustrated.eu Concessionaria esclusiva per la pubblicità MILANO FASHION MEDIA Via Alessandria 8 20144 Milano Tel. +39 02 58153201 www.milanofashionmedia.it info@milanofashionmedia.it Responsabile testata PAOLA CORDONE pcordone@milanofashionmedia.it
Stampa MCAZIENDAGRAFICA SRL info@mcaziendagrafica.it La pubblicazione Fashion Illustrated è edita in Italia e all’estero da BIBLIOTECA DELLA MODA Corso Colombo 9 20144 Milano Tel. +39 02 83311200 info@bibliotecadellamoda.it www.bibliotecadellamoda.it Periodico bimestrale registrato presso il Tribunale di Milano n. 138 del 22.03.2010 © 2012, tutti diritti riservati.
FASHION ILLUSTRATED
Issue #29 - Ottobre 2014
Produzione VI
Made in Naples
A TU PER TU CON LE ECCELLENZE NAPOLETANE DELL’ABBIGLIAMENTO, DAI GRANDI NOMI ALLE BOTTEGHE ARTIGIANE CHE, NONOSTANTE L’ATTUALE CONGIUNTURA ECONOMICA, REGISTRANO INCREMENTI DI PROFITTO. UN VIAGGIO “SU MISURA” PER CAPIRE IL VALORE AGGIUNTO DEL “FATTO A NAPOLI”, INDAGANDO SULLE MODALITÀ CON CUI QUESTE REALTÀ SI SONO REINVENTATE NEGLI ANNI E SU COME GARANTISCONO LA CONTINUITÀ NEL TEMPO DELLA LORO MANODOPERA. DI FABIO ATTANASIO
Cesare Attolini
CESARE ATTOLINI Giuseppe Attolini: “Spesso i clienti credono che la giacca sia più sartoriale se si effettuano molte prove; in realtà le molteplici prove sono necessarie solo quando il taglio di partenza è sbagliato e va modif icato.” Il quid pluris delle realtà produttive napoletane è rappresentato dalla storia e dalla cultura, secondo Giuseppe Attolini. Napoli, come la Spagna e l’Inghilterra, ha vissuto la monarchia e la presenza di una Famiglia Reale ha favorito la diffusione di mestieri artigiani, attività fiorenti, se si considera che i clienti erano re o esponenti della nobiltà. Giuseppe, terza generazione, è a capo dell’azienda insieme al fratello Massimiliano e, parlando del suo prodotto, mette l’accento sull’artigianalità. Tutto parte con Vincenzo Attolini, suo nonno, oggi unanimemente ritenuto il padre della giacca napoletana. Prima del suo arrivo, la giacca dei sarti partenopei risentiva molto dell’ingombrante eredità inglese, di stampo militare. Era rigida, imbottita, “copriva senza vestire”, era una sorta di armatura. Il nonno, negli anni ’30, fu il primo a togliere imbottiture, spalline e tele. Fu un avanguardista e, come spesso accade ai pionieri, la sua innovazione non fu subito salutata con enfasi da sarti e clienti dell’epoca. Se da un lato non fu subito recepita, dopo qualche anno, però, divenne il leitmotiv
degli artigiani napoletani. “Anche il clima ha influito sull’affermazione di questa novità” mi spiegano: la giacca era più leggera, proprio “come una camicia” e i gentiluomini napoletani iniziavano ad apprezzarla anche per la sua comodità, senza dimenticare che, grazie al taglio, riusciva a celare eventuali difetti del cliente, pur senza l’ausilio delle spalline. Cesare Attolini, padre di Giuseppe e Massimiliano, dà un cambio di marcia all’attività, passando da una visione di sartoria locale ad un’azienda con respiro più italiano ed europeo. Dalla bottega che serviva l’élite napoletana, si passa al ciclo produttivo. Aumentano i volumi, si ampliano gli orizzonti del mercato, ma senza fare compromessi sulla qualità. La loro giacca sartoriale è fatta da più sarti, una sorta d’industrializzazione dell’artigianato per una clientela esigente. “Ci rivolgiamo a una fetta di mercato stufa di spendere tanto solo per un’etichetta che fa ricarichi esosi per compensare gli investimenti in marketing” affermano gli Attolini. La loro, d’altronde, è una clientela che non risente della crisi e purtroppo solo in minima parte è italiana, provenendo in maggioranza da Stati Uniti e Asia. L’azienda con sede a Casalnuovo, patria dei sarti alle porte di Napoli, ha una sola linea, la Cesare Attolini, basata sulla modellistica ereditata dal padre e dal nonno. “Invero, siamo grati al buon gusto della nostra clientela, che ci ha permesso di migliorare questi cartamodelli nel tempo” - continua Attolini. La nobiltà napoletana
che “si cuciva” da loro, infatti, ha permesso all’azienda di accumulare un patrimonio modellistico che i fratelli Attolini di stagione in stagione rivisitano. Ed è con comprensibile gelosia che conservano i cartamodelli di personalità quali Vittorio De Sica, Totò, Clark Gable e Mastroianni. Quanto ai mercati di riferimento, “siamo sparsi a macchia d’olio dall’America al Giappone, passando per Russia e Kazakistan” - specifica Giuseppe. Cercano di non snaturare il prodotto in base ai mercati di riferimento, tuttavia apportano piccole variazioni al modello in base al Paese e alle fisicità comuni alle etnie, ergo, una taglia quarantotto per il Giappone sarà diversa rispetto alla gemella americana o russa. “Preferiamo perdere un cliente piuttosto che piegarci a stravaganze che non appartengono al nostro stile” – aggiunge - e nei trunk show che fanno per il mondo, propongono un servizio di “su misura” avanzato, partendo dal loro modello prestabilito - che dà lo “stile Attolini” - ma considerando anche punti delicati quali il lato basso del cliente. Il gusto Attolini prevede una giacca con prima ripresa fino al fondo, con giromanica a camicia e spacchi laterali proporzionati alla statura, mentre il pantalone è realizzato nelle canoniche otto ore di lavorazione con cintura interna fatta a mano. “Molti clienti credono che maggiore sia il numero di prove, più la giacca è sartoriale; in realtà, più prove sono necessarie quando il taglio della giacca è sbagliato in partenza e va modificato”
Produzione VII
– sottolinea Giuseppe. L’età media dei dipendenti è di circa quarant’anni e quanto al ricambio generazionale nella manodopera, il papà, che è ancora molto attivo in azienda, ha creato una squadra di capireparto che insegnano il mestiere ai giovani. Preferiscono assumere giovani per educarli da zero, piuttosto che sarti anziani, a volte presuntuosi, con i quali si rischia di creare un clima malsano in azienda. “Oggi trovare sarti giovani e volenterosi è difficile”, mi conferma, “Noi insegniamo loro delle fasi di lavorazione, ma per diventare sarti completi ci vogliono anni”.
KITON Giovanna Paone: “La nostra giacca non è il frutto della mera esecuzione di un lavoro imposto dall ’alto, da noi si preserva e si tramanda il concetto di saper fare.” La Kiton S.p.A. ha saputo evolversi in brand e bisogna riconoscerle il notevole merito di aver portato in auge la sartoria napoletana nel mondo, partendo dalla giacca, per poi creare altri prodotti con la medesima filosofia. Di qui – tra le altre - le acquisizioni strategiche di un maglificio e di un’azienda che realizzava capi in pelle per grandi marchi negli anni ‘70/’80 e, di recente, l’inserimento di una piccola collezione di scarpe da uomo fatte a mano. Ne producono circa otto paia al giorno con ben dodici persone dedicate. E tra i progetti futuri c’è quello di creare un’attigua catena di produzione di borse e cinture. “Un’azienda di dimensioni globali come la nostra deve vestire tutti” – mi spiega Giovanna Paone, alludendo alle centinaia di cartamodelli presenti in azienda. Alcune giacche sono cucite con tela di lino all’interno, altre con il classico crine. C’è anche il modello tipicamente napoletano con ripresa fino al fondo, tasca a toppa e tela di lino imbastita rigorosamente a mano. Ogni fase della lavorazione di una giacca è affidata a un gruppo di sarti, a patire dal taglio, fino al prodotto finito; i tessuti qui arrivano a pesare anche 120 grammi al metro e questa varietà richiede artigiani esperti che sappiano lavorare di volta in volta una stoffa diversa, che viene bagnata prima di essere tagliata. La celebre manica a mappina napoletana è senza rollino con cucitura rimboccata, mentre in Kiton sono soliti utilizzare il “rollino” (un’ovattina morbida come un cashmere e che viene arrotolata a mano) per dare più appiombo alla manica. Il segreto? La sua morbidezza creerà delle pieghe equilibrate, sobrie e non esasperate. Sì, perché i dettagli fanno la differenza e anche le grinze devono essere giuste. E quando il tessuto è troppo leggero per l’ovattina, usano anche il cashmere a mo’ di rollino nel giromanica. “E’ lì che si vede l’arte dell’artigiano competente” specifica Giovanna. Solo il vero sarto, infatti, sa decidere come impostare la creazione della giacca. E a chi le dice che una giacca dovrebbe essere realizzata da un solo sarto perché fatta a più mani perderebbe poesia, Giovanna risponde che esistono le vie di mezzo: “Nessun sarto fa tutto; anche nelle botteghe i maestri ormai tagliano soltanto, lasciando ai giovani i ricami e le cuciture”.
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E. MARINELLA Maurizio Marinella: “Mio nonno era solito dire che i tessuti dovevano essere inglesi, ma l ’abito doveva essere cucito a Napoli.” Il culto napoletano per l’eleganza, di cui Marinella è raffinato e attento rappresentante, affonda le sue radici in una tradizione risalente. La città è Napoli, che già nel 1845 contava circa settanta sartorie e la protagonista è quella nobiltà partenopea che usava fare il corredo anche per i figli maschi e che mandava le proprie camicie a stirare a Berlino. È in questa cornice da film in bianco e nero che Eugenio Marinella nel 1914 apre i suoi 16 metri quadri di attività in uno dei locali che erano appartenuti al “Caffettuccio”, il bar più in del capoluogo campano, dove principi, dandy, elegantoni e intellettuali si riunivano per disquisire di moda, arte e letteratura. Un piccolo angolo di Inghilterra a Napoli, in un’epoca in cui l’immagine di uomo elegante coincideva con quella del gentleman britannico; legame testimoniato, d’altronde, dalle celebri guache napoletane, quadri conservati tuttora nei musei inglesi e raffiguranti paesaggi e simboli della cultura partenopea. “Mio nonno diceva: gli abiti si devono fare a Napoli ma i tessuti devono essere inglesi”- aggiunge Maurizio Marinella a sugello del concetto. “Gli antichi mestieri hanno perso appeal per i giovani, che preferiscono andare a lavorare in un call center, anche dopo la laurea, piuttosto che apprendere quest’arte” – afferma Maurizio, alludendo alla difficoltà nel reperire manodopera qualificata nel suo settore. Il “fatto a Napoli” per Marinella significa far eseguire tutti i passaggi artigianali nei suoi due laboratori, uno a pochi palazzi dal negozio, nell’elegante Riviera di Chiaia e un altro a Pontecagnano, alle porte di Napoli. E per garantire una continuità nella sua manodopera, che ha un’età media di quarantacinque anni, ha istituito anche corsi
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Dall'alto: 1.Kiton 2. E. Marinella 3.Rubinacci 4.Cesare Attolini
interni. Ogni quattro mesi accettano nuove leve e insegnano loro il mestiere. Lontani sono i tempi del nonno Eugenio, che si cambiava d’abito tre volte al giorno: mattina, pomeriggio e sera per essere sempre adeguato. Oggi si è perso il gusto dell’eleganza e con esso il valore dei codici. Emblema di questa perdita – secondo Maurizio - è il manichino, oggetto di per sé innocuo ma strumento prescelto dalla confezione per presentare un look al cliente che è preconfezionato, come il prodotto stesso, per adiuvarlo nella scelta di una combinazione. Non c’è più tempo e allora l’uomo non si sofferma più a scegliere cosa sia più adatto a lui, affidandosi supinamente alle scelte altrui, dirette da uffici di stile di concerto con uffici commerciali, con buona pace del piacere di vestirsi.
RUBINACCI Mariano Rubinacci: “ Tutti sanno realizzare i quadri, ma c’è chi li fa meglio; anche una giacca tecnicamente ineccepibile può essere volgare nei dettagli, se l ’artigiano che l ’ha fatta non ha gusto.” La sartoria napoletana affonda le sue radici anche nella storia di Rubinacci, una dinastia che ha inizio con Gennaro, dettò Bebé, e continuata con Mariano, che oggi gestisce l’attività di concerto con i figli. “La marcia in più della sartoria napoletana è la qualità, intesa nel senso più completo del termine” spiega Mariano. “Tutti
sanno abusare di questo concetto, noi però lo intendiamo a 360 gradi, dal tessuto, al taglio, alla lavorazione al servizio, tutto deve soddisfare i nostri alti standard”. Qualità vuol dire anche che ogni giacca Rubinacci nasce unicamente per il committente: si prendono le misure, si effettuano le prove necessarie e, solo dopo la consegna, si crea il cartamodello del cliente. Qualità vuol dire anche proporzione ed equilibri, affinché il prodotto sia elegante: una giacca può essere eseguita alla perfezione, ma se l’artigiano non ha gusto, anche il prodotto finale ne risentirà, sarà volgare, magari per una ribattitura troppo marcata, delle grinze eccessive o delle forme poco eleganti. “Ognuno dei nostri artigiani mette il proprio stile nelle giacche che crea, uno stile che gli deriva dall’essere egli stesso in primis una persona elegante” - continua Rubinacci. E per ogni cliente ogni giacca è cucita dallo stesso sarto, per assicurare un’omogeneità nell’imperfezione della sua mano. Oggi con la tecnologia, con il CAD, si può fare di tutto; si può scucire una giacca, riprodurla al computer e dal quel modello sviluppare tutte le taglie. “Una giacca creata in questo modo - mi permetta - è una giacca senz’anima, è un avatar” - aggiunge col sorriso. “A Napoli c’è una mostra dedicata a Leonardo, Raffaello e Caravaggio; si tratta di fotografie in altissima risoluzione che riproducono le opere di questi maestri; la foto è bellissima e lo è quasi come l’originale, ma sfido chiunque a dire che ha lo stesso fascino dell’opera autentica.” Sulla giovane età della manodopera Mariano è fanatico. Circa
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trentasei anni è l’età media dei suoi quaranta lavoranti, tra Napoli e Milano. Avere lavoranti giovani costa di più perché agli inizi impiegano più tempo per cucire un capo, ma sono anche più proclivi all’apprendimento rispetto ai sarti più âgé. Non organizzano corsi interni o scuole, ma cercano e selezionano accuratamente la manodopera sul mercato o attraverso il passaparola iniziato da qualche sarto che va in pensione.
ISAIA Gianluca Isaia: “Usiamo macchinari che anche il miglior sarto del mondo avrebbe voluto nella sua sartoria; il quid pluris è nel DNA degli artigiani napoletani”. “Il plus del fatto a Napoli va rinvenuto nel DNA degli artigiani napoletani, in un know-how insito nei loro geni e che si estrinseca nei nostri capi” – afferma Enrico Isaia, presidente e amministratore delegato dell’omonima azienda napoletana. Isaia nasce negli anni Venti a Napoli come negozio di tessuti pregiati, grazie alla lungimiranza di Enrico Isaia, il capostipite; nel 1957 i fratelli Enrico, Rosario e Corrado trasferiscono la sede a Casalnuovo, paese alle porte di Napoli in cui la metà degli abitanti sono sarti di professione. Oggi l’organico è giunto a quota 220 dipendenti, di cui circa ottanta sono artigiani. “L’età media è bassa” – mi conferma Gianluca – “i nostri sarti più giovani hanno anche diciotto anni”. C’è anche una piccola scuola interna, autofinanziata – alias senza contributi pubblici - e che è propedeutica
all’inserimento in azienda. Anche qui, gli anni di formazione sono sempre diversi, variando in base ai casi personali. Il segreto dell’evoluzione del brand? “Noi crediamo nella contemporaneità; partendo dalla tradizione napoletana, scommettiamo anche sui tessuti, sui tagli e sulla comunicazione” - mi spiega Isaia. Anche in questa realtà produttiva il prodotto è il frutto di un processo d’industrializzazione dell’artigianato, la tela è imbastita a macchina, “ma utilizzando dei macchinari che anche il miglior sarto del mondo avrebbe voluto nella sua sartoria” - aggiunge Gianluca sorridendo. Secondo l’AD, infatti, chi si reca in sartoria lo fa per il piacere di andarci e per passione, ma in realtà – con l’evoluzione tecnologica – un abito, a determinate condizioni, può vestire bene anche se fatto a macchina. Alla base della produzione, infatti, c’è un software complesso, creato mettendo insieme quel summenzionato heritage, acquisito in cinquanta anni di attività. Fanno a mano solo ciò che dà un plus - giromanica, fondo e asole - altrimenti il prezzo sarebbe più alto e meno competitivo sul mercato. Nel “su misura” prendono misure “a corpo” e usano il modello più adeguato alla struttura della persona, tenendo conto anche del lato basso. Il loro target di clienti, d’altronde, è ad ampio spettro, coprendo una fascia dai trentacinque ai settanta anni d’età. E non mancano le iniziative per aprirsi anche ai più giovani: “La mia prima Isaia”, ad esempio, permette l’acquisto di un abito su misura scontato del 50% ed è diretta a tutti i giovani neolaureati che devono affrontare il primo colloquio di lavoro, “perché non c’è una seconda occasione per dare la prima impressione di sé”.
Isaia
LE BOTTEGHE ARTIGIANE NON ESISTONO SOLO I GRANDI NOMI, NAPOLI È PIENA DI BOTTEGHE NASCOSTE CHE ODORANO DI ARTIGIANALITÀ E PADRONEGGIANO ANCORA LA VETUSTA LINGUA DELL’ELEGANZA MASCHILE. Di FABIO ATTANASIO Il termine “eleganza” deriva dal latino eligere, scegliere. Non a caso il vero gentleman è spesso un connoisseur, inteso come “colui che sa scegliere”. Per saper scegliere bisogna conoscere, ma la conoscenza è spesso fuorviata da un doloso uso improprio – tipico italiano – del termine “su misura”, riferito indistintamente sia a quei capi creati da zero (come in sartoria) sia a quelli che originano da un cartamodello standard (come nelle aziende). In soccorso del disorientato consumatore giunge provvidenziale la lingua inglese, che opera una felice distinzione tra le parole “made-to-measure” e “bespoke”. Nel primo caso, il termine indica l’abito che nasce da un modello prestabilito - uguale per tutti e diviso per taglie - e che viene adeguato alle necessità del cliente quanto a lunghezze, larghezze e pochi altri dettagli, in base al grado di evoluzione dell’azienda. Nel bespoke vero e proprio, invece, un sarto taglia il tessuto da zero in base alle misure del committente e - solo dopo la consegna - crea un cartamodello specifico per quel cliente. Premesso che – dopotutto - quel che conta è che l’abito stia bene, il bespoke stricto sensu oggi è realizzato solo in alcune botteghe artigiane e pochi tra i grandi nomi – per ovvi motivi di volumi - possono vantare questo tipo di lavorazione. A Napoli esistono ancora - e per fortuna - tante botteghe a conduzione familiare, che cuciono silenziosamente abiti in palazzi anonimi, nel centro storico di Napoli, nella zona di Chiaia o nei paesi limitrofi.
Edesim
Bisogna conoscere l’indirizzo per visitarle, perché non sono fronte strada, l’unico indizio – al massimo - è una targa sul citofono. Vi si arriva per passaparola o per consiglio dell’amico elegante e all’interno si respira odore di tessuti e caffè. Si tratta per lo più di artigiani che si mettono in proprio e puntano tutto sul prodotto, con pochi macchinari e con un marketing casereccio, che al massimo si spinge a delle foto sui social network più noti. Un nome che sta facendo parlare di sé è Gennaro Annunziata, della sartoria Chiaia-Napoli. Classe ’87 e figlio d’arte – suo padre faceva il pantalonaio - Gennaro porta avanti quel che definisce un “moderno concetto sartoriale”, con inserti in seta in tutti i suoi capi, tele di lino imbastite a mano, revers ampi almeno dodici centimetri, colli alti e sagomati, spacchi molto profondi e giromanica chiuso, con o senza rollino. Fa trunk show ad Atene e serve una danarosa clientela privata che lo raggiunge da tutto il mondo. Gusto raffinato, conoscenza della lingua inglese e arte nelle mani: sono questi gli ingredienti; e il successo è assicurato, se si pensa che il settore è popolato per lo più da sarti con molte primavere alle spalle. Si tratta di giovani che stanno reinterpretando e svecchiando i canoni classici della sartoria, spesso erroneamente percepita come un settore vecchio o economicamente inavvicinabile. Uno di questi è il promettente Fabio Sodano, ventisette anni, un homo novus del settore. Appena diciottenne, senza sarti in famiglia, va ad apprendere l’arte presso la scuola di alta sartoria di Kiton e dopo una lunga gavetta nelle grandi aziende, decide di agire come battitore libero. Il suo è un laboratorio nel soggiorno di casa, in un paesino alle porte di Napoli, con tanto di home-made training per l’amico d’infanzia che in tre mesi ha imparato a ricamare le asole, un ferro da stiro professionale e prezzi notevolmente inferiori a quelli di tanti abiti – magari adesivati - che riportano il nome di un marchio importante all’interno. Con le sue giacche morbide e giovani, veste clienti a Roma, Milano e Dubai e conta di aprire uno showroom in centro a Napoli. E giovane è anche Salvatore Ambrosi, anni trentaquattro e in bottega da quando ne aveva otto. Sei mesi all’anno viaggia per il mondo
e nei restanti cuce su una sedia nello stesso laboratorio dei Quartieri Spagnoli, dove ha lavorato suo nonno e dove tutt’oggi lavora con suo padre. I pantaloni Ambrosi si avvicinano alla macchina da cucire solo per le cuciture interne delle gambe, in quanto dritte. Anche il centro dietro è fatto interamente a mano, con doppia cucitura: una più robusta all’interno e una più elastica all’esterno. L’ultima asola in basso sul fintone (la patta, ndr) è obliqua, il risvolto è retto da un bottone interno e la percentuale di lavoro manuale nel suo prodotto - creato senza cartamodelli per problemi di spazio - è pari al 95. Edesim, invece, è una realtà produttiva napoletana che, di fianco alla produzione di abiti in taglia per grandi marchi del lusso, conserva un’area totalmente dedicata al “bespoke made in Naples”. “La mia famiglia produce abiti e cappotti da quattro generazioni” - mi racconta Edoardo De Simone, l’attuale titolare. Nel 2010 dopo quindici anni di esperienza nel settore, Edoardo, che è un appassionato conoscitore della sartoria da uomo, lascia l’azienda familiare per fondare la Edesim, in onore di suo nonno. Oggi l’azienda è un mix di entusiasmo e tradizione, composta da professionisti con più di quaranta anni di esperienza che lavorano di fianco a giovani apprendisti, preziose risorse per il futuro di questo mestiere. L’azienda conta sulla presenza di modellisti interni e sulla capacità di creare capi morbidi e, invero, gli abiti bespoke di De Simone rientrano appieno nella tradizione sartoriale napoletana, presentando poca tela all’interno, spalle squarciate (una particolare lavorazione per alloggiare la testa dell’omero, ndr), collo alto e prima ripresa fino al fondo. Gli affari per questi signori vanno bene: un sarto giovane è sempre in viaggio, è più aperto ad ascoltare il cliente e ad accontentarlo nelle sue stravaganze. E’ la nuova generazione sartoriale, fatta di giovani artigiani che hanno subodorato il fallimento delle professioni classiche e realizzato anzitempo il riacquisito valore dei mestieri di un tempo: arti svolte con quella nostrana creatività che il mondo ci ha sempre invidiato e che mai potrà sottrarci. Perché potranno copiarci il design dell’opera, ma non quel nostro l’estro alla base della sua creazione.
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LA PASTA DI GRAGNANO I.G.P. Via Pasquale Nastro, 63 路 80054 Gragnano (Na) 路 Info +39 081 8013417 www.pastagentile.it
Tessuti X
TESSUTI
Qualità e performance in formato sartoriale
Focus sui criteri di acquisto delle aziende napoletane, ovvero l’eccellenza della sartoria italiana al maschile: all'obiettivo di una qualità visibile e percepibile, si aggiunge ora una voglia di colore, di una luminosa leggerezza e un occhio sempre più attento al fit del tessuto. Anche alla luce del balzo delle vendite in paesi lontani e dalle differenti attitudini. Ecco le testimonianze di alcuni tra i più importanti lanifici italiani in merito ai loro clienti partenopei. Testo di GLORIA MAGNI
Dormeuil Italia
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n’eccellenza che non conosce battute d’arresto quella delle sartorie napoletane, anzi. Dai nomi di spicco che ben conosciamo, che all’artigianalità mai sopita hanno affiancato outfit e fantasie tutti nuovi, a piccole realtà artefici di prodotti sopraffini e ben mirati. Aziende che hanno visto il passaggio di mano di diverse generazioni della stessa famiglia e che oggi, utilizzando lo stesso metodo dei padri fondatori - ago, filo e forbici - i sono trasformate da piccole botteghe artigiani a griffe di spicco a livello mondiale. Le loro scelte dei tessuti virano dunque alla massima qualità, ma, da alcune stagioni anche a performance dinamiche, a nuovi colori che si affiancano a quelli tradizionali, sempre però più sussurrati che gridati, ad aspetti soffici e luminosi e a mani sempre più leggere."Si tratta di una vendita che dà lustro, quella alle aziende napoletane” ci spiega Luca Errico direttore commerciale di Dormeuil Italia, azienda con sede principale in Francia e produzione nello Yorkshire” dove oltre ai
DORMEUIL ITALIA
grandi nomi lavoriamo con realtà minori alle quali abbiamo dedicato una showroom recentemente inaugurata a Milano in via Bigli per permettere loro di presentare ai clienti il loro prodotto finito” . Una grande attenzione alle sartorie napoletane la riserva anche il Lanificio Angelico: da mezzo secolo queste apprezzano l’elevata qualità delle lane superfini a prezzi concorrenziali, tanto che è stata appositamente creata per loro la linea Platinum, ovvero eccellenza pura, come ci spiega Massimo Angelico, AD del lanificio biellese “si tratta di una etichetta premium rivolta alle aziende portabandiera della miglior tradizione italiana e soprattutto partenopea, focalizzata su pregiate lane merinos super 140,s e 160,s provenienti dall’Australia e dalla Nuova Zelanda in fibre davvero sottili (dai 15,5 ai 16,5 micron) sottoposte a finissaggi e processi produttivi dai ritmi lenti e dal sapore antico, pur ovviamente in un’ottica tutta contemporanea, oltre a proprietà di termoregolazione, traspirabilità e morbidezza. Tutto questo nel massimo
LANIFICIO ANGELICO
rispetto degli animali grazie al metodo no mulesing per evitare che restino feriti durante la tosatura. Oggi queste aziende rappresentano per noi una quota di mercato che sfiora il dieci percento”. Anche l’occhio alla funzionalità da alcune stagioni si fa sempre più vigile, attraverso il desiderio di tessuti performanti e dal fit snello e dinamico, come ci racconta Grazia Mello Rella titolare del Lanificio Tessilstrona “Performanti e leggeri, ma luminosi e compatti paiono essere ora le caratteristiche più ambite dalle sartorie napoletane, con una aumentata richiesta del puro cachemire per le giacche purchè di peso inferiore rispetto ad alcune stagioni fa, che non superi cioè i 290 grammi, ben sopportabile negli ambienti chiusi e ben riscaldati. Un’altra marcata inclinazione ora riscontrabile tra le aziende napoletane è il gusto per i colori non proprio tradizionali: così ai canonici e intramontabili toni di blu, di grigio e di cammello si affiancano sempre più spesso e volentieri sfumature di verde, di bordò e di viola, addirittura per giac-
LANIFICIO ANGELICO
che sino a quattro colori dai toni medi o chiari, ma in fantasie melange dai contorni sfumati”. Un altro fattore che determina le scelte dei tessuti delle sartorie è costituito dall’ascesa delle vendite in nuovi mercati, con acquirenti dalle diverse attitudini. “Certo, quando pensano ai loro clienti cinesi, russi o arabi le scelte si regolano di conseguenza” dice ancora Luca Errico di Vermeuil “sia per quando riguarda i pesi che le fantasie, che ovviamente si discostano un po’ dal più tradizionale gusto italiano, che si manifesta invece nel fitting e nella mirabile confezione e nella preziosità dei materiali, viçuna e cachemire guanaco in testa” . Conclude Ugo Orsini del Lanificio F.lli Cerruti “in termini di volumi le nostre vendite alle aziende sartoriali napoletane non sono così significative: lavoriamo piuttosto con piccole aziende che ci chiedono tessuti colorati e cascanti, un po’ fuori dai canoni più tradizionali, per fare giacche tipo quella indossata da Jep Gambardella ne ‘La Grande Bellezza’ .
LANIFICIO F.LLI CERRUTI
FASHION ILLUSTRATED
Issue #29 - Ottobre 2014
Artigiani XII
Artigiani dell’accessorio
IN CAMPANIA, L'IMPORTANTE TRADIZIONE DELLA CONCIA DELLE PELLI HA PORTATO, CERTAMENTE ANCHE GRAZIE ALL'INFLUENZA SPAGNOLA, ALLO SVILUPPO DELL'ARTIGIANATO DEL PELLAME, IN PARTICOLAR MODO ALLA PRODUZIONE DI SCARPE, BORSE E GUANTI, QUESTI ULTIMI TANTO IMPORTANTI PER L'ECONOMIA CITTADINA DA MERITARSI IL NOME DI UN INTERO RIONE DI NAPOLI. OGGI I LABORATORI ARTIGIANI SONO DIMINUITI, MA RESTANO COMUNQUE DELLE “CHICCHE” DI ALTISSIMA QUALITÀ, PER OGGETTI UNICI CHE UNISCONO TRADIZIONE E CREATIVITÀ NAPOLETANA. DI GIOVANNA CAPRIOGLIO
GUANTI OMEGA
PAOLO SCAFORA
Via Stella 12 - 80137 Napoli (NA) +39 081 299041 www.omegaguanti.com
Via Tavernola, 8- 80025 Casandrino (Na), Italia - +39 0818304808 www.paoloscaforanapoli.it
Era il 1923 quando il fondatore di Omega decise di creare quello che è diventato il sigillo di famiglia Squillace, che veniva utilizzato per marchiare i prodotti e garantirne l'originalità. Da quella data Omega produce guanti in modo artigianale, che sono oggetto di 25 diverse operazioni che un tempo erano per lo più commesse a domicilio in case del quartiere Sanità, sede storica dei maggiori produttori di guanti del mondo. Ancora oggi, gustando un buon caffè napoletano fatto in casa, nel laboratorio di via Stella si può osservare da vicino tutto il processo produttivo con i suoi canonici 25 passaggi, riprodotti anche nel cortometraggio "Mani di Pelle", visibile online.
Una tradizione artigianale da sempre considerata arte. La storia della famiglia Scafora come produttori artigianali di calzature e piccola pelletteria di grande qualità ha più di 50 anni. Nel laboratorio di Casandrino tutto è fatto artigianalmente, seguendo le tempistiche dettate dalla manualità di una volta, che comprende più di 30 fasi di lavorazione e oltre 50 componenti utilizzati per la realizzazione di una singola scarpa. Un vero e proprio viaggio nella tradizione dove vengono lavorati solo pellami pregiati di vitello italiani, scamosciati inglesi, il box-calf di provenienza francese o le più ricercate quali il coccodrillo o struzzo, il pitone o lo shell cordowan americano.
TALARICO OMBRELLI
Dal XIX secolo, Talarico realizza ombrelli fatti a mano per una clientela esigente e preparata. In origine l’impresa era specializzata nella creazione di ombrelli in pura seta con manici in avorio, argento e maiolica per clienti quali la famiglia reale italiana. Oggi, Mario Talarico, membro anziano dell’attività a conduzione familiare, mantiene viva l’arte, creando degli ombrelli interamente a mano e con i migliori materiali, quali manici in ciliegio, radice di ginestra, rattan e canna. Ogni ombrello è realizzato su ordinazione e personalizzato in base alle esigenze del cliente. Vico Due Porte a Toledo, 4/B +39 081 407723 www.mariotalarico.it
TRAMONTANO
Dal 1865 Tramontano è il marchio portavoce della tradizione artigiana partenopea nella lavorazione della pelle e del cuoio. Dalle borse agli accessori, le collezioni di pelletteria Tramontano sono da sempre realizzate esclusivamente nei laboratori di Napoli e poi distribuite in tutto il mondo sotto un unico marchio, sinonimo di eleganza, fattura italiana e gusto partenopeo. Molti sono gli oggetti griffati Tramon-
tano posseduti da personaggi noti: la valigia 48 ore di Marcello Mastroianni, il fodero in cuoio per il clarinetto di Woody Allen, le fasce per le chitarre di Lou Reed, il marsupio portadocumenti di Lucio Dalla e la borsa con i manici di metallo di Hillary Clinton. Via Chiaia, 143 e 144 +39.081.414837 www.tramontano.it
servizioclienti@robertogiannotti.com 路 www.robertogiannotti.com
FASHION ILLUSTRATED Issue #29 - Ottobre 2014
la
luce degli Angeli
Gioielli XIV
Splende l'oro rosso sul Golfo di Napoli IL CORALLO E IL DISTRETTO DI NAPOLI: UN LEGAME ANTICO CHE OGGI SI TRADUCE IN GIOIELLI ANCORA AD ELEVATA COMPONENTE ARTIGIANALE. Testo di DENISE BATTISTIN
Aucella
I
l corallo, materia magica e simbolica, riunisce insieme tre regni nella sua natura: animale, vegetale e minerale. Per secoli i naturalisti l’hanno ritenuto una pianta marina che pietrifica una volta estratta dalle acque. Soltanto con il '700 grazie agli studi del medico marsigliese Peyssonel, si scopre la vera natura di "animale marino" della gemma rossa. Le numerose specie e generi di corallo altro non sono che l'impalcatura endoscheletrica ramificata, secreta da un celenterato antozoo coloniale marino che vive in acque temperato-calde. La natura è la stessa per ogni provenienza e colore, per i depositi asiatici, polinesiani, africani, mediterranei, per i bianchi, i rosa, i rossi, aranci e salmone, per i rossi accesi e i toni scuri, fino al nero. Tra i materiali di natura organica il corallo entra in uso dopo l'avorio, l'osso e l'ambra anche se la sua prima scoperta risale al neolitico in forma di rametti grezzi e vagli appena abbozzati. Il suo colore, che da rosso caldo o vivace raggiunge sfumature di rosa sorprendenti, assieme alla sua natura ambigua, devono aver impressionato i primi popoli del bacino del Mediterraneo che hanno così iniziato a lavorarlo e a farlo conoscere in tutto il mondo. Già dal 1400 la cittadina di Torre del Greco, nel golfo di Napoli, si è dedicata alla pesca del corallo, tanto che gli stessi pescatori torresi si spingevano con le loro barche – chiamate “coralline” - addirittura fino a quasi le coste africane dove è reperibile un corallo rosso chiaro e molto compatto. Solo agli inizi dell’800 ha inizio la storia della lavorazione del corallo tutt’ora in corso, grazie all’interessamento dei Borboni.
Il distretto di Napoli
Il distretto di Napoli ha accresciuto il potenziale produttivo in termini di imprese (500 unità circa) e di addetti, il cui numero è salito a 2.200, quasi 4 mila contando l’indotto. L’apparato produttivo è formato da imprese di piccole dimensioni e a conduzione familiare. Sono due essenzialmente le modalità di genesi delle imprese orafe napoletane: la prima attiene alla tradizione di tramandare le conoscenze artigianali di padre in figlio; la seconda si riferisce alla cosiddetta “gemmazione”, che si ha nel caso di lavoratori dipendenti che riescono ad avviare un’attività imprenditoriale per proprio conto. La maggior parte delle imprese non supera i 10 addetti
e ha conservato nel corso degli anni una forte connotazione familiare della proprietà aziendale. In molti casi, le imprese contano addirittura un solo addetto interno, che molto spesso opera nell’ambito della sua stessa abitazione avendo dedicato all’attività produttiva una parte di questa e non una specifica unità immobiliare. La tradizione vuole che spesso il lavoro di bottega venga tramandato in famiglia, ma non sempre questo accade, perciò per mantenere viva questa eredità sono attive anche due scuole per la formazione di giovani artigiani, ai quali viene chiesto di mantenere alto il livello qualitativo del prodotto, che ultimamene sta registrando purtroppo un certo calo di reperimento. Al corallo mediterraneo, proveniente anche dalla zona di Sciacca e che presenta un particolare colore arancio scuro, viene affiancato oggi pure da quello originario del Giappone e delle Filippine (Boke, Misu e Satsuma) che possiede degradanti sfumature di rosa, oppure dal corallo del Pacifico (Aka o Moro) di un deciso rosso scuro.
Tecniche centenario
La lavorazione del corallo, seppur con l'ausilio di macchinari sofisticati, segue ancora tecniche centenarie. Ci sono due principali tipi di lavorazione: il liscio e le incisioni. Nella prima classificazione rientrano tutti quei tipi di lavorazioni del corallo seriali, dove il richiamo a forme geometriche permette la creazione di gioielli dalle forme più disparate. Ancora oggi il liscio rappresenta una risorsa molto importante, sia per gli artigiani che per i commercianti del settore, grazie alla varietà che di differenti produzioni: frange; spezzati; cupolini, cannettine, rondelle, tondo, barilotto, olivette. Non di minor importanza la produzione di cabochons in corallo (spole) in tutte le dimensioni, a partire da 2 millimetri. Utilizzati prevalentemente per la creazione di gioielli in metalli preziosi (argento, oro, platino), questi elementi possono avere diverse forme: rotonde, ovali, quadrate, a goccia, ecc. Per quanto riguarda, invece, le incisioni, parliamo di un tipo di lavorazione del corallo che in alcuni casi si possono definire "opere d'arte". Qui i canoni, le misure e le forme del tipo precedente lasciano spazio alla creatività e all'abilità dell'artigiano, che dà il via al processo di trasformazione analizzando a fondo ogni pezzo grezzo di corallo. Attualmente, per far fron-
te alla crisi, i corallai torresi si rivolgono a mercati esteri in forte espansione, molto appassionati di corallo e in particolare della lavorazione italiana: quasi il 70% della produzione di gioielli in corallo, infatti, viene esportato e il fatturato complessivo del settore sfiora i 160 milioni di euro. Fra queste mete di esportazione la principale è la Cina, con una economia in fase di sviluppo e quindi con una maggiore capacità di spesa, insieme anche ai Paesi Arabi e alla Russia. Il perfezionarsi delle tecniche di lavorazione assieme all’introduzione di uno stile sempre nuovo consentono agli artigiani di Torre del Greco di realizzare una vasta gamma di gioielli montati con il Corallo Rosso Mediterraneo, arricchito da oro, perle, cammei, brillanti e pietre dure.
DE SIMONE FRATELLI La storia della famiglia e dell’azienda De Simone inizia da Torre del Greco nel 1855. Nasce così la vocazione internazionale di questa azienda dedita da generazioni alla selezione accurata di materie prime naturali di alta qualità, guardando al futuro senza perdere d’occhio le tradizioni del passato. Dallo storico ufficio aperto a New York intorno al 1910, a quello successivo del 1920 a Londra, fino ai nostri giorni, la De Simone ha sempre coltivato un’alta professionalità e la cura meticolosa e gelosa dei segreti della lavorazione del corallo, mai disgiunta dalla valorizzazione di tale lavorazione. Fino all’apertura verso nuovi mercati e nuove forme di promozione, anche attraverso la creazione di boutique monomarca. Attualmente la De Simone, guidata da Michele, Massimo e Fiammetta per i 150 anni dell’Unità d’Italia,è entrata a far parte del Registro delle Imprese Storiche Italiane, istituito da Unioncamere, in quanto realtà che ha accompagnato la crescita dell’Italia e che nel tempo ha saputo coniugare innovazione e tradizione. Basti pensare alla eleganza con la quale si esprime la perizia tecnica, tanto per citare alcuni esempi: alti bracciali a gabbia d’oro, dove gocce di corallo taglio cabochon rivestono le maglie del metallo, arricchendolo di calde sfumature color tramonto. Oppure importanti collane a grosse boules da portare a più giri attorno al collo, in parure con orecchini a goccia e ad anelli cabochon.
Gioielli XV
AUCELLA L’azienda si propone da secoli come una delle maggiori artefici della conoscenza del corallo nel mondo. Infatti produce una gamma vasta e variegata di articoli con corallo, da quello economico alla portata di tutti, ad articoli unici destinati a pochi. Orecchini, anelli, pendenti, spille, bracciali e collier rappresentano la produzione tipica di un materiale estremamente prezioso, proprio perché così vivo. E con il passar del tempo e l'evoluzione tecnologica, la lavorazione del corallo è diventata sempre più raffinata. Nonostante produca ancora articoli ormai centenari, l'azienda, con l'insediarsi della nuova generazione, sta dando sempre più spazio a nuove forme e nuovi design, senza mai perdere di vista un unico denominatore: l'amore per il corallo. Ecco allora che questo prezioso materiale viene montato e arricchito da oro e perle, cammei e pietre dure. Oppure vengono usate tutte le sfumature del rosso per unirle ad onice e brillanti per pendenti, anelli e spille.
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MATTIA MAZZA La Mattia Mazza nasce agli inizi del ‘900 dalla passione che da secoli lega il corallo a Torre del Greco. Da allora sono passati più di cento anni e quattro generazioni si sono succedute alla guida di uno dei nomi storici nel campo della produzione del corallo, generazioni che hanno saputo aggiungere elementi innovativi ad un’attività che affonda le sue radici nella tradizione. Per questo motivo il prezioso materiale in tutte le sue forme e colori è stato e sarà sempre al centro delle scelte dell’azienda. La Mattia Mazza ha ampliato continuamente i suoi orizzonti commerciali, sia nel campo delle materie prime, che in quello dei prodotti finiti. Ad iniziare dalle perle, dalle akoya alle Fresh water, hanno da sempre affiancato il corallo come core business dell’azienda. E poi il turchese, la madreperla, l’ambra senza dimenticare i cammei, alta espressione dell’artigianato artistico. Insomma tutti quei materiali tipici della produzione orafa torrese. L’evoluzione dell’attività ha portato, tutti questi materiali a diventare l’essenza delle creazioni della Mattia Mazza. Gioielli caratterizzati dalla tradizione, ma anche da una ricerca continua di soluzioni innovative nelle linee e nei materiali utilizzati. Orecchini color salmone o rosa pallido richiamano monili incisi e lavorati a mano dello stesso colore, che si uniscono e si scambiano come pendenti e anelli tridimensionali con rose bianche, rosa “pelle d’angelo” e rosso “moro”. A fianco di collier dove il centro è un raffinato intreccio di corallo e oro bianco illuminato da brillantini.
RAJOLA Nata a Torre del Greco nel 1926 con la produzione di coralli e cammei, oggi l’azienda Rajola è alla quarta generazione e propone oltre 200 collezioni, 18.000 splendidi gioielli. Fra le lavorazioni più difficili e delicate, la Rajola propone il “tessito”, nata dalle ristrettezze del tempo di guerra, quando il corallo scarseggiava e dove piccole sfere - ricavate dal corallo di risulta - vengono “intessite” insieme intorno ad una sfera di legno. Occore tanto lavoro per “tessire” una sfera. Lavoro sul corallo prima e di tessitura poi. Bisogna fare dei pallini di corallo perfetti, della stessa misura e selezionare poi quelli dello stesso colore. Infatti, se questi non sono ben tondi, oppure hanno qualche difetto, o, peggio, sono di misure differenti, immediatamente queste manchevolezze saltano agli occhi in quanto la tessitura non risulta perfettamente allineata. Lo stesso dicasi del colore: quando questo non è omogeneo, si nota immediatamente. Nel 1991, in occasione della mostra "Rouge Corail" tenutasi presso il Principato di Monaco, la Rajola ha presentato una collezione di gioielli realizzati in corallo "tessito"
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Dall'alto: 1.Mattia Mazza 2.Ascione 3.De Simone 4.Rajola.
che ha riscontrato l'ammirazione del Principe Ranieri e di Stephanie e Alberto di Monaco, nonché uno straordinario successo presso le oltre 200.000 persone che hanno visitato la mostra.
ASCIONE GIOVANNI & FIGLIO Le origini dell'azienda risalgono agli ultimi anni del regno di Ferdinando II di Borbone, e precisamente al 1855 quando Giovanni Ascione, figlio dell’armatore di “coralline” Domenico, volle avviare una propria attività industriale legata al corallo nella sua città natale, Torre del Greco, già sede di manifatture dal 1805. Un segnale significativo dell'apprezzamento internazionale riscosso dall'elevato livello qualitativo raggiunto dalle manifatture Ascione, e' dato dalla presenza cospicua di sue realizzazioni sul mercato londinese negli anni
1870/1880. Qui, in particolare, i suoi cammei in corallo ottennero la prestigiosa committenza del celebre orafoartista Carlo Giuliano il quale li scelse per adattarli alle sontuose montature della sua gioielleria in stile "archeologico”. La continua ricerca di nuovi stili e tecniche da applicare non solo alla tradizionale lavorazione del corallo ma anche a materiali diversi quali la madreperla, la tartaruga, la conchiglia, le pietre dure e quelle semipreziose, consentì alla Casa Ascione di allestire, sin dalla fine dell'Ottocento, un catalogo particolarmente ricco. La scelta di puntare su una estrema diversificazione dell'offerta ha permesso di soddisfare nel tempo le varie richieste e fasce del mercato: dal più piccolo ninnolo o "souvenir", passando per le versioni impreziosite degli oggetti della vita quotidiana, fino alle più sofisticate realizzazioni di gioielleria in corallo, conchiglia e tartaruga: tutte recanti il marchio orafo “5 * NA”.
CINA E PAESI ARABI LE NUOVE FRONTIERE DEL CORALLO Secondo Assocoral le aziende devono puntare all’export, senza dimenticare la domanda del mercato interno alimentata dal flusso turistico. Il processo produttivo di Torre del Greco si caratterizza per una diffusa divisione del lavoro che coinvolge principalmente artigiani/ artisti che realizzano il prodotto semilavorato, ispirati dalla propria creatività e delegano altre imprese ad eseguire le restanti attività operative (es. il montaggio) o collocare il prodotto finito sul mercato. Tale organizzazione consente di valorizzare le competenze di tutti gli attori interessati al processo: l’abilità e la creatività degli artigiani, le competenze manageriali e commerciali delle imprese di maggiori dimensioni. Le sinergie sono necessarie per competere nei mercati globali. “Essere uniti per superare la crisi” afferma con forza Tommaso Mazza (nella foto), dal 2013 presidente di Assocoral, l’Associazione che difende e promuove la lavorazione del corallo e dei cammei, nata nel 1978 per proseguire l’attività dell’Unione Corallai, esistente sin dai primi del ‘900. “Per affrontare le nuove sfide – continua
– stiamo già lavorando per esportare in mercati esteri in forte espansione, molto appassionati del corallo e nello specifico della nostra lavorazione. In particolare la Cina, insieme ai Paesi Arabi e alla Russia. Senza dimenticare però i nostri clienti abituali, come l’Europa, il Giappone e gli Stati Uniti e una costante richiesta del mercato interno, alimentato dai flussi turistici che chiaramente manifestano una domanda “in loco” di prodotti tipici della nostra produzione. Anche se la diffusione del corallo è chiaramente soggetta a molteplici fattori, fra i quali le tendenze della moda.” Il corallo è universalmente apprezzato grazie anche a un’arte unica e quindi a un know how dipendente dalla natura stessa della materia. Preziosa e rara, tanto che si parla da tempo dei rischi di estinzione, con relativo inserimento del corallo nell’elenco Cites delle specie protette. “Il rischio è sempre presente – continua Mazza – perché le spinte per una giusta tutela dell’ambiente sono sempre maggiori. Ma gli sforzi sostenuti da Assocoral negli ultimi anni, in collaborazione con gli enti pre-
posti, sono stati notevoli e sono stati raggiunti risultati importanti. Possiamo sostenere che allo stato attuale la raccolta del corallo nel Mediterraneo è condotta secondo norme che tutelano e salvaguardano la specie “Corallium Rubrum”. Comunque, al momento, è da escludere totalmente una copresentazione della proposta Usa–Ue, grazie al piano messo a punto in collaborazione con il GFCM, organo preposto alla gestione coordinata della pesca nel Mediterraneo.” Come materiale, per le sue specifiche caratteristiche, il corallo può sembrare difficile da trattare e da usare per i gioielli, in genere. “Non sono d’accordo – commenta il presidente Assocoral – in quanto il prodotto finito in corallo non si differenzia per difficoltà dai prodotti ottenuti da altri materiali. Si usa la definizione “materia ribelle”, in quanto non è possibile ottenere da un qualsiasi pezzo di materiale grezzo qualsivoglia forma, ma bisogna selezionare il grezzo adatto ai vari tagli. Il corallo non è assimilabile alle pietre dure o semipreziose, con le quali non ha nessuna affinità. Il corallo è unico nel suo genere.”
Food XVI
I simboli di Napoli
“ ’Na tazzulella 'e café”
La tradizione gastronomica napoletana è ricchissima, ma tra tutto, le vere specialità conosciute nel mondo sono la pizza, i dolci e l’immancabile caffè... Di GIOVANNA CAPRIOGLIO LE SFOGLIATELLE «Napule tre cose tene belle: 'o mare, 'o Sole e 'e sfugliatelle». La sfogliatella è il dolce napoletano per eccellenza e, riccia o frolla che sia, mantiene invariato il suo cuore morbido, che racchiude i sapori della terra napoletana: agrumi della costiera, ricotta locale e aromi della cucina partenopea. È tuttora un classico del napoletano la passeggiata verso il lungomare di Mergellina, con una puntata da Carraturo, il maestro pasticcere che dal 1837 iniziò a specializzarsi in quel tipo di sfogliatella che la storia avrebbe poi riconosciuto ufficialmente come “riccia”. La pasticceria è a tutt’oggi così famosa da ricevere ordinazioni da tutto il mondo. Pasticceria Carraturo Via Casanova, 97 +39.081.5545364 - www.carraturo.it
IL BABÀ
LA PASTIERA
Forse non tutti sanno che il babà è un dolce di origine polacca… Detto questo, con buona pace di tutti i napoletani che storceranno il naso, figura a pieno titolo nella tradizione pasticceria partenopea. Si può trovare sia sotto forma di grosso ciambellone servito con panna montata, sia in una versione più piccola, con crema pasticcera e amarene, sia naturalmente nella sua “foggia” oblunga, a forma di fungo, di varie misure. Se ne può avere un assaggio autentico presso la Pasticceria Moccia che, nata nel lontano 1936, oltre a essere una gastronomia e un apprezzato panificio, è conosciuta in tutta Napoli proprio per i suoi deliziosi babà.
La leggenda vuole che sia stata creata per estorcere un sorriso a Maria Teresa d’Austria, l’imperatrice che si era guadagnata il soprannome di “regina che non sorride mai”. Sta di fatto che a tutt’oggi la pastiera napoletana resta uno dei dolci imprescindibili dell'antica tradizione pasticcera cittadina. Tipicamente primaverile, non può mancare sulla tavola dei napoletani a Pasqua, ma è presente tutto l’anno anche nel resto della penisola, dove è ormai considerata patrimonio comune. Particolarmente rinomata è la pastiera della famiglia Bellavia, che, pur di origine siciliana, è veracemente nel cuore dei partenopei con la sua pasticceria dal 1925. Vincenzo Bellavia Antica Pasticceria Via O. Fragnito, 82 +39.081.5463298 www.pasticceriabellavia.it
Pasticceria Moccia Via San Pasquale a Chiaia, 21-24 www.moccia.it
GLI STRUFFOLI Gli struffoli sono il tipico dolce di Natale della tradizione napoletana. Secondo alcuni trarrebbero origine dall’Antica Grecia e dalla parola “strongoulos” (arrotondato), ma hanno molti altri segreti, spesso custoditi gelosamente. Uno di questi sta nel miele, che deve essere abbondante, un altro nell’arancia e nel cedro candito, ma la parte del leone la fa la zucca candita, ovvero la famosa "cucuzzata", presente anche nella pastiera e nelle sfogliatelle. E sono proprio i dolci di Natale, struffoli su tutti, a contraddistinguere l'attività del laboratorio Scaturchio. Istituzione dolciaria dal 1905, la pasticceria Scaturchio è ormai un marchio riconosciuto ben oltre i confini della città e, nonostante gli ampliamenti dovuti al crescente successo, vende ancora i propri prodotti negli spazi originari di piazza San Domenico.
A Napoli il caffè è un'icona. Insieme alla pizza, ai maccheroni e al babà, il caffè è il simbolo di Napoli nel mondo. E come gli altri must citati, è uno dei suoi picchi d'eccellenza: qui il caffè è innegabilmente molto più buono che da qualsiasi altra parte. Il segreto della bontà del caffè napoletano è molto napoletano: nel senso che è furbo. Tutti credono di conoscerlo: è l'acqua! E invece no. […]È il napoletano, il segreto del successo del caffè omonimo. A Napoli, il dito si dice " 'o rito". Ed è questo, a Napoli, il caffè: un rito antropologico. Una liturgia sociale. […] A Napoli, il caffè è tutta un'altra cosa, è un induttore di socialità. È il pretesto per fare due chiacchiere, per scambiarsi qualcosa: un "fattariello", una confidenza, una battuta. Questa socialità poi si trasforma in antistress. A Napoli il caffè è un modo per ricordarsi che i piaceri della vita vanno condivisi: perché quando sono divisicon qualcun altro, si moltiplicano. La parola - chiave del caffenapoletano (tuttunaparola) è proprio questa: "socialità” […] Ecco la spiegazione del segreto del caffè napoletano: a Napoli il caffè non è amato perché è buono: è buono perché è amato. Da tutti, da chi se lo va a prendere e da chi lo fa, il barista (napoletano come il caffè). Il barista napoletano è la rappresentazione vivente dell'importanza del fattore umano anche in quelle attività che si considerano -erroneamente ormai automatizzate. *Testo estratto dal sito caffenapoletano.it
Indirizzi da non perdere da dieci e lode: Caffè Mexico - dove comprarlo anche macinato per la caffettiera - vari indirizzi: Via Scarlatti, 69 - Via Scarlatti, 10-12 - Piazza Dante, 86 Gran Caffè La Caffettiera – un vero e proprio museo del caffè napoletano - piazza dei Martiri, 26 Caffè – Bistrot Anhelo – per una miscela di grande qualità - Via Bisignano, 3 Gran Caffè Cimmino - per gli shackerati - via Francesco Petrarca, 147 Il vero bar del professore - per il suo nocciolato - Piazza Trieste e Trento, 46
Piazza San Domenico Maggiore, 19 +39.081.5516944 - www.scaturchio.it
LA PIZZA Sono due le pietanze che in tutto il mondo vengono riconosciute come italiane: la pasta e la pizza. Esportata in tutto il mondo, ormai la pizza si trova ovunque, perfino nel remoto sud est asiatico. Ma se proprio la volete assaggiare come comanda la tradizione allora dovete andare a Napoli. Lì tra i vicoli siete sicuri di assaporare il gusto originale della vera pizza che si scioglie in bocca, piegata in quattro, con pomodoro, poca mozzarella e basilico, la vera pizza detta a libretto. Di seguito una selezione di quattro pizzerie tradizionali in città. PIZZERIA DA MICHELE Dal 1870 la famiglia Condurro, giunta alla quinta generazione, prepara una delle migliori pizze napoletane, proprio nel cuore della città. Pur conosciuta in tutto il mondo, ha voluto comunque mantenere la sua genuinità: tavoli di marmo, servizio rapidissimo (bisogna prendere il numero e attendere il proprio turno) e solo due tipi di pizza, la Margherita e la Marinara, senza “papocchie” (“inganni”, altri ingredienti in questo caso, ndr) che ne altererebbero gusto e semplicità. Resta da decidere solo la dimensione della pizza e, al massimo, se la si vuole con più o meno mozzarella. Apre alle 8 di mattina e chiude quando finisce l’impasto.
GINO SORBILLO Il giovane Gino, uno dei 21 fratelli della famiglia Sorbillo, l’unica al mondo in cui sono tutti pizzaioli (non a caso ci sono altre due pizzerie Sorbillo nello stesso isolato…), è l’erede designato a condurre questa pizzeria, tra le più famose di Napoli. La pizza è enorme e cotta alla perfezione nel forno a legna “brandizzato”, secondo il sempiterno motto di Gino: «qualità in quantità». Il posto si è mantenuto molto semplice, con tavoli in marmo e travi a vista. Consigliamo di chiudere il pasto con un semifreddo vellutato e di visitare il piano inferiore, dove sono esposte curiose opere d’arte. Preparatevi alle code!
DI MATTEO In piedi dal 1936, la pizzeria e friggitoria Di Matteo non è famosa soltanto per la pizza (e per i prezzi davvero economici!), ma anche per i suoi arancini, le crocché, le fritture miste, le melanzane e, non ultima, la pizza fritta. Quest’ultima, con ricotta, mozzarella, pomodoro e ciccioli di maiale, è la rinomata specialità della casa. Il posto è semi-nascosto nella stretta via dei Tribunali, ha numerosi posti a sedere sia al pianterreno che al primo piano e presenta un ambiente molto spartano: luci al neon, servizio un po’ approssimativo e molta confusione. Ma è un’esperienza che nemmeno Bill Clinton, al G7 di Napoli, ha voluto lasciarsi sfuggire.
ANTICA PIZZERIA BRANDI È un luogo che rasenta la leggenda. Infatti va a Raffaele Esposito, marito di Maria Giovanna Brandi, il merito di aver presentato alla Regina Margherita, nel 1889 in visita a Napoli, la pizza mozzarella e pomodoro, che da quel giorno si guadagnò il suo nome. Inutile dire che è una tra le più antiche pizzerie di Napoli, con una tradizione che risale al 1780, quando si chiamava “Pietro… e basta così” , dal nome di Pietro Colicchio, uno dei fondatori. Non passò molto tempo che la pizzeria venne acquisita dalla famiglia Brandi, ma, nonostante ciò, l’appellativo di “Pietro il pizzaiolo” è lo stesso con cui sono da sempre chiamati tutti i gestori.
Via Cesare Sersale, 1 +39.081.5539204 - www.damichele.net
Via Tribunali, 32 +39.081.446643 - www.sorbillo.it
Via dei Tribunali, 94 081.455262 - www.pizzeriadimatteo.it
Salita S. Anna di Palazzo, 1/2 081-416928 - www.brandi.it
FASHION ILLUSTRATED
Issue #29 - Ottobre 2014
Hotellerie XVIII
Benvenuti a Napoli
LA CITTÀ DELLE CINQUECENTO CUPOLE RESTA AL PASSO CON I TEMPI. VIAGGIO A CINQUE STELLE TRA LA TRADIZIONE DI ACCOGLIENZA ALBERGHIERA E LE ESIGENZE SOFISTICATE IPERCONTEMPORANEE DI UNA CLIENTELA INTERNAZIONALE ABITUATA AL LUSSO. DI MARCO MAGALINI
Una vista del Grand Hotel Vesuvio a Napoli
F
acendo una passeggiata per il centro città, nel giro di pochi metri si incontrano il palazzo appartenente al periodo della dominazione spagnola, un castello creato dalla dinastia Angiò o persino le rovine risalenti all'antica Grecia. Nel 1700 Napoli era chiamata la "città delle cinquecento cupole" e oggi ancora possiede una delle più grandi collezioni di edifici religiosi nel mondo. Numerosi musei mostrano la ricchezza artistica della città, come il Museo nazionale e il Museo di Capodimonte. Per vistitare al meglio queste ricchezze architettoniche serve una sistemazione alberghiera altrettanto splendida, come un grand Hotel, un design hotel o un boutique hotel, proprio nel centro di Napoli.
Carlos I Re di Spagna, Rania di Jordan, Luciano Pavarotti, Bill Murray, Woody Allen, Claudia Schiffer, Spike Lee, Sofia Loren e Giorgio Armani. Situato sul lungomare, proprio nel cuore di Napoli, con una splendida vista sulla baia, il Grand Hotel Vesuvio è a pochi passi dal Palazzo reale, Piazza Del Plebiscito e il teatro di San Carlo. A pochi passi dal quartiere dello Shopping più elegante, è a 5 minuti da Mergellina o molo Beverello, porta che conduce alle isole di Capri e Ischia. Inoltre, è a soli 30 minuti da Capri e la Costiera Amalfitana, raggiungibili con un’imbarcazione privata dell’hotel.
GRAND HOTEL VESUVIO
L'Hotel Excelsior si affaccia sul lungomare di Napoli elegante, vicino ai negozi più famosi della città e alle attrazioni turistiche. Si trova sulla suggestiva baia di Napoli, dal Vesuvio a Posillipo, una vista che lascia tutti i visitatori senza fiato. In uno splendido palazzo, costruito all'inizio del secolo scorso, l'Excelsior unisce tradizione e innovazione con il lusso moderno e un tocco di antichità. Arredate in stile e atmosfera della Belle Apoque, è noto come il rifugio preferito di artisti, intellettuali e personaggi internazionali.
L’attenzione al dettaglio è il mantra del Grand Hotel Vesuvio, che unisce il fascino antico con i comfort moderni e le ultime tecnologie. Un pasto presso il famoso Caruso Roof Garden, al nono piano, è un'esperienza unica per il cibo da non perdere e la vista mozzafiato della baia. Costruito nel 1882, il Vesuvio è sempre stata la casa napoletana per reali, celebrità e politici in visita a Napoli. Tra le recenti visite, ospiti come Juan
HOTEL EXCELSIOR
HOTEL MAJESTIC Nel cuore di Napoli, immerso tra i migliori negozi e la vita notturna che la città ha da offrire, il Majestic Hotel è la scelta ideale per chi preferisce il lato dinamico di Napoli. Il servizio è accogliente e personalizzato nella piena tradizione napoletana. La Giara, il ristorante dell'hotel, offre un'atmosfera intima, riservata e una raffinata selezione di cucina creativa, ma fortemente tradizionale. Hotel Majestic dispone di 112 camere eleganti, molte con una magnifica vista sulla baia e la città affascinante.
GRAND HOTEL PARKERS Il Grand Hotel Parkers è un hotel affermato in città, situato in una villa ottocentesca di grande charme, con una splendida vista sulla baia di Napoli. Ha in tempi recenti subito sontuosi interventi di rinnovamento. Dietro alla sua imponente facciata, si trova un ambiente di fascino raffinato, i cui arredi antichi e l’aria rassicurante sono una completa antitesi alla frenesia della città circostante. L'hotel è coronato da un grazioso roof-garden e ristorante che gode di meravigliose viste sulla skyline napoletana e la baia.
Hotellerie XIX
HOTEL ROMEO Situato sul lungomare, nei pressi del vivace centro storico della città, l’hotel si affaccia sulla Costiera Amalfitana e l'isola di Capri. Ciascuna delle 59 camere e 24 suite è una fusione di eleganza e comfort moderni. Una collezione di arte contemporanea è in mostra in tutto l'hotel, capace di creare nuovi luxury interiors. L’hotel offre il massimo del comfort agli ospiti, come la spa Dogana del Sale, che fonde tecnologia, suprema bellezza e design sofisticato, l'open space Hall e una sala dei sigari. Due gli spazi per i pasti, da un lato il Romeo Sushi Bar, dall’altro il ristorante Il Comandante, dove la cucina italiana moderna è affidata allo chef Salvatore Bianco, che ha recentemente ricevuto la sua prima stella Michelin.
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MICALÒ Il Micalò è sul lungomare di Napoli nella zona più suggestiva e centrale della città, a pochi passi dallo shopping più esclusivo e dai migliori ristoranti. All'interno di un caratteristico palazzo del 1600, il Micalò è un'incontro tra una "Guest House" e un "Boutique Hotel". Piccolo, accogliente e dal design elevato. A pochi passi dalla metropolitana per raggiungere il centro storico (Museo Archeologico, i decumani e San Gregorio Armeno) e la Stazione Centrale di Napoli in sole 3 fermate. Di fronte il Porto di Mergellina (Molo Luise) per raggiungere le isole pontine, isole eolie, Ischia e Procida. Su richiesta è possibile prenotare una vettura privata per trasferimenti da e per l'aeroporto, la Stazione Centrale il Molo Beverello, ed escursioni private per Pompei, Ercolano, Vesuvio, Sorrento e la Costiera Amalfitana.
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SANTA BRIGIDA L’Hotel Santa Brigida è un rifugio immerso nel centro città, a pochi passi dalle principali mete turistiche di Napoli e dalla stazione marittima. Fuori, un palazzo d'epoca nel cuore di Napoli centro. Dentro, al terzo piano, l'atmosfera soffusa e raffinata delle aree comuni e l'unicità delle camere. Creare spazi originali, mai uguali a se stessi, per riflettere gli stati d’animo di chi soggiorna in un boutique hotel e le sfumature di Napoli. Gli arredi in ferro e legno, disegnati appositamente per l’hotel, sono curati nei minimi dettagli e sono stati realizzati a mano da artigiani qualificati. Un hotel di design, immerso in una città d’arte come Napoli, che esprime la sua particolarità attraverso le opere d’arte, gli arredi, i colori tenui e i disegni serigrafati, elementi distintivi come il letto sospeso e il letto a baldacchino.
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ART HOTEL GALLERIA UMBERTO Già dalla posizione si percepisce il carattere di lusso straordinario di questo hotel, gli interni sono anche altamente stilizzati e lo rendono un boutique hotel di lusso eccezionale. La Galleria Umberto I è una struttura chiusa costruita nel 1890 da architetti vittoriani che hanno usato il vetro e ferro come materiali dominanti. L'Hotel Galleria Umberto si trova al quarto piano e ha una vista incantevole sia sugli interni della galleria che sulle strade di Napoli all'esterno. Con incredibili soffitti affrescati, mobili dorati decorati e broccati elaborati, gli interni riflettono perfettamente il lusso storico della Galleria Umberto I.
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HOTEL PIAZZA BELLINI Hotel Piazza Bellini è situato nel cuore del centro storico di Napoli, in un palazzo cinquecentesco accuratamente restaurato. Si affaccia su un'elegante piazza che è diventata un punto di incontro per intellettuali ed è famosa per i suoi caffè letterari. Questo lussuoso hotel boutique è a pochi passi dalle più importanti attrazioni e monumenti della città, tra cui il Museo archeologico nazionale, Spaccanapoli, la Cappella di San Severo e San Gregorio Armeno. Le 48 camere e suite sono decorate individualmente, combinando elementi della struttura originale con un design moderno e dipinti dall'artista locale Alessandro Cocchia. Le camere hanno pavimenti in legno e sono dotate di ogni comfort ed alcune di esse hanno balconi con vista sul cortile dell'hotel, ricco di statue rinascimentali.
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Dall'alto: 1.Grand Hotel Vesuvio 2.Art Hotel Galleria Umberto 3.Hotel Majestic 4.Micalo 5.Grand Hotel Parkers 6.Hotel Piazza Bellini 7.Hotel Romeo 8.Santa Brigida
DIRECTORY
HOTEL MAJESTIC Largo Vasto a Chiaia 68, 80122 Napoli 081 416500
GRAND HOTEL PARKERS Corso Vittorio Emanuele 135, 80122 Napoli 081 7612474
MICALÒ Riviera di Chiaia 88, 80122 Napoli 081 7617131
ART HOTEL GALLERIA UMBERTO Galleria Umberto I 83, 80132 Napoli 081 4976224
HOTEL EXCELSIOR Via Partenope 48, 80121 Napoli 081 7640111
GRAND HOTEL VESUVIO Via Partenope 45, 80121 Napoli 081 764 0044
HOTEL ROMEO Via Cristoforo Colombo 45, 80133 Napoli 081 0175001
SANTA BRIGIDA Via Santa Brigida 6, 80133 Napoli 081 19338206
HOTEL PIAZZA BELLINI Via S.M. di Costantinopoli 101, 80138 Napoli 081 45173
Chi e Dove
Zoom XX
Constance Hotels and Resorts, il lusso discreto
Le isole dell’Oceano Indiano, si sa, sono tra i luoghi più esclusivi e suggestivi del pianeta. Colori, profumi e paesaggi sono in grado di regalare esperienze indimenticabili per una vacanza esotica all’insegna del benessere. In questi paradisi naturali sorgono i 7 gioiellini di casa Constance Hotels and Resorts: Constance Le Prince Maurice e Constance Belle Mare Plage a Mauritius, Constance Lémuria e Constance Ephelia alle Seychelles, Constance Halaveli e Constance Moofushi alle Maldive, Constance Tsarabanjina in Madagascar. Tutti fedeli a uno stile preciso: attento alle nuove tendenze del gusto e della moda, per appassionati di sport e di benessere. Il lusso vero, quello discreto e mai ostentato, si ritrova in un servizio impeccabile e una varietà di esperienze di alta qualità contraddistinguono il soggiorno negli Ultimate Hotel e nei resort della Collezione Unique, il tutto nel massimo rispetto della natura. Non è facile la scelta. A Maurituis si può soggiornare in un hotel 5 stelle immerso in rigogliosi giardini tropicali, dove è irrinunciabile il servizio di consulenza personalizzata alla U SPA dal podologo parigino delle star Brice Nicham (lo raccomandano le clienti affezionate: Nicole Kidman e Kate Beckinsale). Alle Seychelles il gusto è più animalier, ma con un'anima green. Da non perdere qui uno champagne breakfast
sulla spiaggia di Anse Georgette, in un contesto di impareggiabile bellezza, tra sabbia bianca, rocce di granito rosa e maestosi coco de mer. Si può sempre puntare su un grande classico, le Maldive, dove regna un’atmosfera zen in cui gli ospiti possono rigenerarsi completamente e ritrovare un’armonia interiore e con il mondo esterno. Per gli sportivi meglio però dirigersi nell’atollo di Ari Sud, amato dai sub di tutto il mondo, per una vacanza da vivere in totale libertà. Infine l’isola Tsarabanjina, in Madagascar: un paradiso privato incastonato tra le acque turchesi dell’Oceano Indiano dove ammirare tramonti infuocati e spiagge bianche di sabbia finissima direttamente da una delle 25 ville esclusive sulla spiaggia.
Il libro fotografico “Napoli & Napoli” celebra i 100 anni di E. Marinella
L’imprenditore Maurizio Marinella, in occasione del centenario dell’impresa artigiana fondata dal nonno Eugenio nel 1914, rende omaggio al capoluogo campano con il progetto “Napoli & Napoli” ( Johan & Levi Editore). Il libro fotografico è stato commissionato dall’imprenditore a due fotografi napoletani di fama internazionale: Mimmo e Francesco Jodice, padre e figlio. Lo sguardo attento e lento dei due professionisti ha dato vita a cinquanta scatti complementari, venticinque in black & white e venticinque in policromia, di-
versi per sensibilità e tecnica, che svelano una Napoli inedita, sconosciuta e inaspettata. In modo dialettico, emergono l’opulenza dei monumenti barocchi e l’essenzialità degli antri tufacei, la bellezza solare e vitale, quella malinconica e decadente. Un inno alla bellezza ma contemporaneamente un’implicita riflessione sull’incuria e sullo stato di abbandono in cui versano molti monumenti e capolavori della città. I proventi della pubblicazione saranno destinati al restauro di monumenti e opere d’arte che necessitano di intervento.
“Napoli & Napoli” - scatti di Mimmo e Francesco Jodice
Il cinturino dell’Apple Watch è made in Naples
Apple non ha fatto in tempo a lanciarlo che è già diventato un must-have: è l’Apple Watch. L’azienda lo ha proposto con diverse varianti di cinturino, una delle quali proviene da una conceria napoletana. Il gioiellino hi-tech cerca di affiancarsi, ma soprattutto di superare, gli altri smartwatch presenti sul mercato. Come sempre, oltre che sulle numerose features tecnologiche, si punta sul design, dando la possibilità di scegliere tra proposte diverse, in cui appunto il cinturino gioca un ruolo fondamentale. Quello napoletano è il “Loop In Pelle”, nel particolare pellame Venezia che
viene prodotto artigianalmente a Napoli da una conceria che vanta cinque generazioni di esperienza e una lunga storia di collaborazioni con alcune delle più note case di moda. L’effetto di questa particolare concia è il martellato, derivante da un delicato processo di torchiatura e cilindratura. La tradizione dunque, che nell’Apple Watch incontra il design più innovativo: niente chiusure a intaccare la pulizia del look, ma magneti nascosti nella foderata, per avvolgere con facilità il loop al polso. Le varianti di colore? Grigio pietra, marrone chiaro o blu elettrico.
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Dall'alto: 1.Vista aerea del Constance Halaveli Maldives 2.-3.Senior Watervillas Constance Moofushi Maldives 4. Il Barachois dell'Hotel Constance Le Prince Maurice a Mauritius.
La collezione di Mario Valentino realizzata con gli studenti SUN
L’azienda napoletana guidata da Mario Valentino si pone come uno dei poli d’eccellenza del Made in Italy, e in quanto tale non è insensibile al talento dei giovani creativi. In collaborazione con gli studenti del primo anno di Fashion Eco Design della Seconda Università di Napoli, che hanno seguito un laboratorio creativo all’interno dell’azienda partenopea, Mario Valentino presenta la capsule collection “BiancaDXIXMV”, in occasione della Vogue Fashion Night Out. L’iniziativa si svolge a Milano, nello showroom
dell’azienda in via Borgonuovo 27, durante la serata dedicata alla moda di Vogue, martedì 16 settembre. La collezione, realizzata seguendo un percorso di fusione tra passato e presente, è composta da cinque outfit eseguiti con tagli sartoriali e sperimentazioni di alta pelletteria. Il tutto è completato da cinque modelli di calzature e due borse. In esclusiva per l’evento, la t-shirt Mario Valentino for Vogue Fashion Night Out, creata dalle studentesse e prodotta dalla giovane stilista napoletana Chiara Perrot.
Orologeria Trucchi, in mostra 114 anni di storia
Il museo Pignatelli Cortes ha aperto il 12 settembre le sue porte alla storica manifattura ginevrina Patek Phlippe, e all’antica orologeria napoletana Trucchi. Se infatti nel 2014 Patek Philippe festeggia i suoi 175 anni di ininterrotta attività, il marchio Trucchi racconta una storia iniziata nel 1907 nella sua sede storica di piazza Trieste e Trento. Adesso i punti vendita sono aumentati, contandone uno in via Santa Caterina, nel quartiere di Chiaia, uno a Capri nonché uno nella celebre via Veneto di Roma. Al Museo Pignatelli sarà possibile ammirare gli esemplari più rappresentativi delle due maison, oltre alla nuova collezione 2014 di Patek Philippe e alcune novità presentate al Salone di Basile lo scorso marzo. Dai classici Calatrava, i segnatempo dalla cassa tonda presentati nel 1932 e ancora oggi un best seller della maison, ai Nautilus,
molto amati dai collezionisti, lanciati nel 1976 su design di Gerald Genta e conosciuti per la cassa subacquea a forma di oblò; agli Aquanaut, l'orologio sport-chic da uomo, nella versione con diamanti Aquanaut
Luce per signora, all'intramontabile Elisse D'Oro per il suo design ellittico; alla famiglia Gondolo, orologi rettangolari che si ispirano all'epoca Art Decò, per concludere infine con i femminili Twenty-4.
L'orologeria Trucchi
A Napoli lo street casting di Oliviero Toscani per Original Marines
Oliviero Toscani per Original Marines a/i 14-15
Per la campagna pubblicitaria a/i 2014 – 15 Original Marines si affida a Oliviero Toscani che, per rinnovare l’immagine del brand, ha scelto la città di Napoli non solo come set fotografico ma anche come laboratorio creativo per un singolare street casting. Il fotografo interpretando i valori del brand - originalità, passione e qualità – in maniera creativa e innovativa è sceso in strada alla
ricerca di volti veri e talenti naturali che interpretassero con spontaneità, spensieratezza ed allegria la filosofia del brand e lo spirito del claim: “Be original”. Più di 1000 volti, autenticamente napoletani, hanno partecipato alle selezioni per dare un carisma unico e individuale allo stile casual e sportivo di Original Marines. Bambini e bambine, fratelli e mamme, che vivono la propria quotidianità con istinto e sincerità, sono stati immortalati in scatti puliti e semplici, caratterizzati dai colori del rosso e del blu, cromie istituzionali del brand. Il marchio, fondato a Napoli nel 1983 da imprenditori campani, ha voluto così sottolineare il forte legame storico con la città partenopea, il suo territorio e la sua clientela, ripartendo dalla strada e coinvolgendo le persone comuni in modo democratico. La campagna pubblicitaria, che presenta la collezione autunno – inverno con diversi temi (College, Gym, Punkish, Nature, Ice Park, Military e Black & White), sarà on air fino a dicembre.
FASHION ILLUSTRATED
Issue #29 - Ottobre 2014
FASHION CHI LEGGE
Non sono un fashion victim Amo lo stile senza tempo
di EDOARDO PONTI illustrazione di NICOLA GOBBETTO
S
ono nato a Ginevra e da moltissimi anni vivo in America, a Los Angeles, dove certamente lo stile è molto diverso da quello italiano. Le mie origini però mi portano a scegliere una moda sobria e, seppur casual, sempre “smart”. Da anni scelgo Armani soprattutto per le occasioni più formali, perché ritengo che la sua moda sia senza tempo, sobria e sempre elegante, perché l’eleganza per me non è mai urlata. Non voglio assolutamente essere vittima di un epoca, per cui scelgo sempre cose che posso mettermi anche tra 15 anni. Sono cresciuto in un ambiente piuttosto formale, ma nella vita di tutti i giorni indosso quasi sempre i jeans, Diesel o Armani, le polo con le maniche lunghe di James Pierce e Converse senza lacci di John Varvatos. La sera amo indossare le giacche, che abbino comunque sempre con un denim e quando invece scelgo di usare
un abito lo porto di solito senza cravatta, a parte ovviamente le occasioni in cui si richieda. C’è un’occasione però in cui indosso una sorta di “divisa”, ossia quando viaggio in aereo. In questo caso forse emerge la scaramanzia tipicamente napoletana: mi sono convinto che un determinato outfit possa portarmi fortuna, visto che ho paura di volare; così in aeroporto mi vedrete sempre in jeans, t-shirt bianca o grigia e un maglione in cachemire nero di Armani. Se è inverno un cappotto nero corto, sempre di Armani. Mi dispiace molto, nonostante abbia girato il mio ultimo film a Napoli (Voce Umana ndr) non avere mai avuto il tempo di visitare qualche sartoria tradizionale. Mi piacerebbe un giorno poter avere un sarto d’elezione, soprattutto per le camicie.
FASHION ILLUSTRATED
Issue #29 - Ottobre 2014
resort experience in Madagascar AN ISLAND OF YOUR OWN Experience an authentic return to nature in the heart of a totally protected environment, away from the modern world. Harmony, escape and tranquillity. Simply being able to walk about barefoot in the sand is the best way to relieve stress. Letting go, finding and re-energising yourself. Begin the U-experience: www.constancehotels.com
FASHION ILLUSTRATED
Issue #29 - Ottobre 2014