FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
Corso di Laurea in Forme e Tecniche dello Spettacolo
Cattedra di Storia della Musica
CLAUDIO ABBADO L’IMPEGNO SOCIALE E L’ATTIVITÀ CULTURALE
Relatore: Prof. Antonio Rostagno
Candidata: Maria Vittoria Arpaia Matr. 1283178
Correlatori: Prof.ssa Olga Jesurum Prof. Franco Piperno
Anno Accademico 2013-2014
a Claudio Abbado: uomo e artista orientato nel sociale e promotore della musica come itinerario dello spirito
Claudio Abbado studia una partitura Fonte: Claudio Abbado, a cura di Ulrich Eckhardt, il Saggiatore, Milano, 2003, p. 68
INDICE Prefazione ..................................................................................................................... 4
Quasi una premessa ..................................................................................................... 5
Capitolo 1 - Claudio Abbado alla Scala 1968/1986 ........................................................... 6 1.1 Claudio Abbado: gli anni della formazione ............................................................................. 6 1.2 -1968/1986- Claudio Abbado direttore musicale e artistico del Teatro alla Scala. ................ 12 1.3 -1972- Apertura verso le classi sociali meno abbienti. Le esperienze di “Musica/Realtà” e “Musica nel nostro tempo” .................................................................................................. 17 1.4 Claudio Abbado, Paolo Grassi e Carlo Maria Badini ............................................................ 21 1.5 Abbado, Nono, Pollini: un’amicizia umana ed artistica ........................................................ 28 1.6 -1976- Nascita della European Community Youth Orchestra. -1981- Nascita della Chamber Orchestra of Europe................................................................................................ 33
Capitolo 2 - Dalla Scala di Milano allo Staatsoper di Vienna ..................................... 35 2.1 -1986 al 1991- Direttore musicale della Staatsoper di Vienna. Fondatore della Gustav Mahler Jugendorchester ......................................................................................................... 35 2.2 Nel 1988 fonda il festival “Wien Modern” ............................................................................ 39 2.3 Claudio Abbado e Ferrara Musica ......................................................................................... 41
Capitolo 3 - Vienna Berlino Lucerna ................................................................................... 47 3.1 -1989-2002- Direttore principale ed artistico dei Berliner Philharmoniker ........................... 47 3.2 I “Cicli” berlinesi ................................................................................................................. 50 3.3 Nel 1997 nasce la Malher Chamber Orchestra. Dal 2003 ricostituisce e dirige la nuova Orchestra del Festival di Lucerna........................................................................................... 51
Capitolo 4 - L’Orchestra Mozart e “El Sistema” venezuelano delle orchestre e dei cori giovanili e infantili ................................................................................................... 54 4.1 -2004- Direttore musicale ed artistico dell’Orchestra Mozart a Bologna .............................. 54 4.2 Abbado e Abreu:“El Sistema” orchestrale giovanile e infantile del Venezuela ..................... 60 2
4.3 A Caracas e all’Avana con l’Orchestra Giovanile Venezuelana “Simón Bolívar” ................ 64 4.4 Il “ Sistema” in Italia .............................................................................................................. 67
Capitolo 5 - Interviste ................................................................................................................ 69 Giovanna Fellegara ........................................................................................................................... 70 Diego Ravetti ..................................................................................................................................... 76 Franco Pulcini ................................................................................................................................... 86 Maria Majno ....................................................................................................................................... 92 Valerio Vicari ..................................................................................................................................... 97 Elisa Sologni ................................................................................................................................... 105 Angelo Foletto ................................................................................................................................. 125 Francesca Chiappetta ....................................................................................................................... 139 Jacopo Zacchia ................................................................................................................................ 151 Gisella Belgeri ................................................................................................................................. 156 Sergio Escobar ................................................................................................................................ 171 Cesare Mazzonis .............................................................................................................................. 184 Mattia Petrilli .................................................................................................................................. 192 Francesco Merini ............................................................................................................................. 200 Angela Ida De Benedictis ............................................................................................................... 207 Andrea Lucchesini .......................................................................................................................... 213 Luigi Berlinguer .............................................................................................................................. 224
Una conclusione sulle interviste ........................................................................................... 229 Bibliografia .................................................................................................................................. 233 Indice dei nomi ........................................................................................................................... 251
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Prefazione Quando si è avvicinato per me il momento di decidere l’argomento da scegliere per la tesi, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata di esaminare il rapporto tra la cultura e la società. Da anni mi occupo di questi argomenti collaborando come volontaria alle attività della LIDU – Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo, un’ associazione onlus che tutela e difende i diritti delle persone emarginate in tutto il mondo. Mi sono rivolta al Prof. Antonio Rostagno, docente di storia della musica e mio relatore per proporgli il tema dell’impegno sociale e culturale. Insieme abbiamo individuato in Claudio Abbado la persona che meglio ha valorizzato nel suo percorso artistico di direttore d’orchestra le tematiche culturali e sociali, con particolare attenzione al loro rapporto con la musica, non più considerata un evento avulso dalla realtà sociale. Nel corso della trattazione ho trovato particolarmente importante evidenziare le capacità organizzative di Abbado, sostenute da una fortissima tenacia e determinazione accompagnata da una coinvolgente gentilezza nei modi. Questa ricerca mi ha consentito di conoscere gli aspetti profondamente umani della personalità di Abbado, che si possono aggiungere alla sua attività accademica e professionale. Di particolare interesse ho rilevato il felice equilibrio che il Maestro è stato capace di realizzare tra le sfera musicale e la sfera sociale. La forte proiezione internazionale del suo percorso artistico e professionale, specialmente in Paesi con forte disagio politico ed economico, è stato il terreno di coltura della sua vocazione sociale. Questa attitudine, accompagnata dalla sua attività professionale, lo ha spinto a ricercare senza sosta il talento musicale di giovani privi di mezzi per realizzarsi, trasmettendo loro la propria dedizione e passione per la musica. Infine, particolarmente interessante è stato notare l’approccio “artigianale” di Abbado alla musica, che lo ha portato giorno per giorno a rielaborare la propria attività musicale assieme agli altri.
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Quasi una premessa … Con questa tesi voglio porre in evidenza la fiducia e l’impegno che Claudio Abbado ha sempre dimostrato nel perseguire il suo scopo di rendere la musica accessibile a tutti, dedicandosi con profonda e convinta determinazione al raggiungimento di platee sempre più vaste per la diffusione e la conoscenza della musica. Mi sono basata innanzitutto sulla sua biografia con particolare riferimento al suo percorso artistico e sociale, sulle fonti disponibili in merito alla sua enorme attività, dai suoi primi anni alla Scala di Milano, alle orchestre giovanili, fino all’esperienza di “El Sistema” venezuelano di orchestre e cori infantili e giovanili del maestro José Antonio Abreu, che Abbado conosce nel 2005 e che, perseverando nella sua certezza che la musica sia un vettore di unione, di comunità e di riscatto sociale, è riuscito a portare in Italia, creando un “Sistema italiano”. Ma sono state soprattutto le testimonianze orali che ho raccolto tramite interviste a permettermi di conoscere l’attività concreta del Maestro e gli aspetti profondamente umani che lo hanno portato per tutta una vita a seguire il percorso della musica. Ho avuto contatti con persone che a vario titolo hanno avuto rapporti con il Maestro e che hanno accettato di affidarmi i loro ricordi e le loro esperienze che arricchiranno questa mia tesi. Il compito che mi prefiggo è quello di narrare il percorso di un grande uomo e di un grande artista che ha fatto della musica uno strumento di riscatto sociale. In questo modo è riuscito, in maniera coraggiosa e innovativa a raggiungere tutti, e non solo la ristretta cerchia di addetti ai lavori. Questo pensiero sarà sviluppato nel corso della trattazione.
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CAPITOLO 1 Claudio Abbado alla Scala 1968/1986
1.1 - Claudio Abbado, gli anni della formazione Comincio qui col delineare la figura del grande Maestro Claudio Abbado, partendo dagli anni della formazione, che sono stati gli anni decisivi che lo hanno portato alla scelta della Direzione d’Orchestra. Claudio Abbado cresce in una famiglia dove la musica è presente come il pane. Il padre Michelangelo è violinista e appassionato camerista, mentre la madre Maria Carmela Savagnone, é pianista e scrittrice di testi per l’infanzia ed è la prima a dare a Claudio lezioni di pianoforte assecondando le sue attitudini. Infatti, la musica da camera in casa Abbado è sempre stata presente. Già da bambino Claudio sa quello che vuole: studiare al Conservatorio. A sette anni per la prima volta assiste insieme al fratello a un concerto dal loggione della Scala. E’ il Maestro Antonio Guarnieri che dirige i Nocturnes di Debussy. Il piccolo Claudio rimane affascinato dal modo minimalista di dirigere del grande direttore d’orchestra, che con pochissimi gesti riesce a creare una sonorità meravigliosa. Dopo avere assistito a questa magia ed avendola interiorizzata realizza che la musica sarà il motivo fondamentale della sua vita. Nel corso degli anni Claudio Abbado riuscirà a ricreare questa magia con e attraverso le sue interpretazioni. Gli anni della guerra sono anni duri per la famiglia Abbado, che deve affrontare diverse situazioni difficili. Piomba nella loro casa la Gestapo, solamente perché pensavano che il nome Bartók che Claudio scriveva con il gessetto sul muro della sua casa milanese fosse il nome di un partigiano1 Nel 1949 Abbado studia pianoforte e composizione al conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, e dopo essersi diplomato nel 1955, studia per un breve periodo di tempo pianoforte con Friedrich Gulda a Vienna. Tra i suoi compagni di corso c’è la celebre pianista Martha Argerich. Il grandissimo insegnante Gulda trasmette ai suoi allievi non solo l’uso del pianoforte ma la Musica e individua in quei due allievi qualcosa di speciale. Si può dire che profetizza il loro futuro: la Argerich avrebbe fatto la pianista ed Abbado il direttore d’orchestra2. Il giovane Abbado decide poi di intraprendere il percorso formativo della direzione d’orchestra. Nel 1956 frequenta all’accademia Chigiana di Siena, il suo primo corso di perfezionamento tenuto da Carlo Zecchi, non a caso in
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Cfr. Franco Pulcini, Il Maestro/1,http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/01/21/il-maestro.html, 21 gennaio 2014, ultima consultazione 03/05/2014. 2 Angelo Foletto, Il laboratorio sinfonico di Claudio Abbado, audioregistrazione, AteneoVeneto-Venezia, 29 maggio2014 ore 18, a cura dell’Istituto per la musica della Fondazione Giorgio Cini.
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musica da camera, e dove conosce Zubin Mehta, studente di direzione d’orchestra a Vienna, Daniel Barenboim e Salvatore Accardo. Claudio prosegue il suo perfezionamento a Vienna dove, avendo vinto per due anni consecutivi (‘56-’57 e ‘57-‘58) due borse di studio, può frequentare i corsi di direzione d’orchestra tenuti da Hans Swarowski, e dove rincontrerà l’amico Zubin Mehta. Swarowski svolge questi corsi a Vienna dal 1946 e per chi intende perfezionarsi in direzione d’orchestra sono un passaggio obbligato. Tra i suoi allievi oltre ad Abbado e Mehta, c’è stato anche il veneziano Giuseppe Sinopoli. Vienna costituisce per il giovane Abbado il fulcro del suo apprendimento nel campo musicale, dove può approfondire la sua conoscenza dei classici e scoprire compositori come Mahler, Bruckner, Schönberg. Ed è insieme all’amico Zubin Mehta che assiste alle prove dei più grandi direttori d’orchestra dell’epoca: Karajan, Furtwängler, Bruno Walter ecc… e dove apprende il più possibile dal loro modo di dirigere l’orchestra. Allora non era consentito assistere alle prove e i due giovani, desiderosi di vedere e di conoscere sempre di più di quel mondo, entrano a far parte del coro del Musikverein3. Questa è stata per Claudio un’esperienza straordinaria che lo segna per il resto della sua vita. Ammirava molto il modo di dirigere di Furtwängler, che per lui era capace di creare in orchestra una forte tensione ed emozione e di interpretare i brani in maniera creativa. Abbado si diploma nel 1958 all’Accademia di Vienna e la stessa estate va con l’amico Mehta a Tanglewood (USA), dove vince il premio Koussevitzky della Boston Simphony Orchestra per la sezione di direzione d’orchestra, vincendo un borsa di studio di $ 500,00 destinata a spese di soggiorno. Il premio è nato nel 1954 ed è finanziato dalla Koussevitzky Music Foundation, viene assegnato a direttori, studenti di composizione e strumentisti e la somma in denaro serve per far fronte alle spese di soggiorno. Sempre nel 1954, viene istituita una nuova borsa di studio che prende il nome di Koussevitzky Memorial Scholarship fund. Sotto la guida della signora Koussevitzky e di residenti della contea di Berkshire, una commissione ha raccolto $ 5.000 (su un obiettivo totale di $ 15.000) entro l'estate. Il premio nel 1954 viene assegnato congiuntamente a Paul Vermel e Samuel Krachmalnick. Il premio non è assegnato ogni anno e tra i vincitori si annoverano oltre a Claudio Abbado (1963), nomi come Kenneth Schermerhorn (1955, 56, 57), Wyn Morris (1957), Seiji Ozawa (1960), Melvin Strauss (1964) Alois Springer (1965), Bruno Aprea (1977), Naohiro Totsuka (1983). Nel 1982, su richiesta dei soci e d’accordo con direttori artistici e docenti i premi vengono sospesi, poiché si stava diffondendo sempre più la sensazione che il premio creasse un inutile senso di competitività e rivalità a conclusione di un programma che invece doveva sottolineare i valori della cooperazione, degli interessi condivisi, e del fare musica insieme. Nel 1959 fa il suo debutto a Trieste come direttore sinfonico, nel programma ricordiamo la 3
Sala da concerto considerata tra le più eleganti al mondo, tempio della musica mondiale.
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Nobilissima visione di Hindemith. A dargli comunque fama internazionale, nel 1960, è il suo debutto alla Scala a 27 anni. Il 1960 coincide anche con il suo debutto come direttore d’opera al Teatro Verdi di Trieste, dove dirige la prima assoluta di Maria d’Alessandria di Giorgio Federico Ghedini. Nel 1961 sempre al Teatro Verdi dirige L’amore delle tre melarance di Prokof’ev. Nel 1961, avendo messo su famiglia, Claudio accetta l’insegnamento di musica da camera al Conservatorio «Arrigo Boito» di Parma, dove sarà il primo docente di musica da camera fino al 1963. L’insegnamento di questa disciplina è stato facilitato dall’esperienza fatta in famiglia nell’aver eseguito tanta musica da camera insieme al padre. Ed è in famiglia che Claudio impara il fondamentale concetto di ascolto reciproco, che è un aspetto primario per fare musica d’insieme. Quel periodo è molto felice per lui in quanto, da giovane insegnante entrerà in contatto con gli allievi in maniera spontanea facendo loro conoscere un repertorio vasto che spazia dai compositori classici fino alle Avanguardie storiche Schönberg e Berg. Dopo i due anni di insegnamento a Parma, Claudio decide di realizzare il sogno che ha coltivato dall’infanzia, quello di dirigere. Dopo la prima edizione del 1961 del concorso internazionale Dimitri Mitropoulos della New York Philharmonic per pianisti, nel 1963 Claudio Abbado partecipa al concorso Mitropoulos nella sua prima edizione per direttori d’orchestra, ed è primo in graduatoria insieme agli altri due vincitori Pedro Calderón dall’Argentina e Zdenek Kosler dalla Cecoslovacchia. L’audizione viene tenuta alla Carnegie Hall con la partecipazione dell’ orchestra americana Symphony of the air. La giuria é presieduta da Leonard Bernstein, direttore musicale della New York Philharmonic che pronuncia un discorso elogiativo, con l’auspicio che il concorso per direttori diventi a cadenza annuale. Il concerto di gala che chiude il concorso Mitropoulos si é svolto il 7 aprile 1963 alla Philharmonic Hall, dove i tre giovani vincitori si sono confrontati con dei pezzi musicali molto complicati: Abbado dirige Fire Bird Suite di Stravinskij, Calderón Tod und Verklärung di Strauss e Kosler ha avuto il lavoro più lungo: la Seconda Sinfonia di Dvořak. 4 Il premio è costituito dall’assunzione come assistenti direttori della New York Philharmonic per la stagione successiva e da una somma di $ 5,000. Inoltre viene assegnata ad ognuno di loro anche la medaglia d’oro Mitropoulos. Questi giovani direttori hanno vinto in quanto riconosciuti come dei talenti musicali e questa prova ha rappresentato per loro un buon raggiungimento per la carriera futura. Fra loro Abbado emerge per il suo modo di dirigere con molta personalità e per l’energia profusa sul podio. Lo caratterizza la completa sicurezza in quello che fa fin dal primo gesto minimo che é sempre dedicato al pubblico. Questo prestigioso riconoscimento non passa inosservato, Abbado riceve numerose proposte di collaborazione tra cui quella di dirigere un’orchestra americana, ma con lo spirito di umiltà e di professionalità che avrà per tutta la vita non 4
Cfr. Harold C. Schonberg, Music: 3 Polished Young Conductors, in «The New York Times», 8 aprile 1963.
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accetta, perché si rende conto di non essere ancora in possesso di un’adeguata preparazione ritenendo necessario fare ulteriori studi e approfondimenti. Nello stesso anno debutta con l’Orchestra della Radio di Berlino insieme a Maurizio Pollini al pianoforte, con il Terzo Concerto di Beethoven ma l’anno successivo registrerà il secondo concerto con l’Orchestra e stavolta il programma include anche la direzione della Lulu – Suite di Alban Berg. Abbado prosegue poi la sua ricerca a Milano e continua la sua formazione attraverso lo studio approfondito e meticoloso delle opere e dei compositori. La sua volontà di approfondimento e il rigore negli studi lo spinge ad imparare una grande quantità di partiture a memoria ampliando così il suo repertorio di conoscenza musicale.
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Zecchi 1956 Fonte Accademia Musicale Chigiana - Siena
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Articolo su Premio Mitropoulos – 1963 Fonte New York Times
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1.2 - 1968/1986 Claudio Abbado direttore musicale e artistico del Teatro alla Scala. Claudio Abbado esordisce alla Piccola Scala di Milano nel 1960, a soli 27 anni, con un concerto per il tricentenario della nascita di Alessandro Scarlatti. Nel 1965, sempre alla Piccola Scala, dirige la prima assoluta di Atomtod (Morte atomica) opera di Giacomo Manzoni su testo di Emilio Jona e regia di Virginio Puecher in cui si legge il suo impegno politico degli anni Sessanta e Settanta. La tematica dell’opera trattava la minaccia termonucleare frutto della logica capitalista del profitto che riduceva tutto a merce, anche l’uomo. Atomtod si schiera contro la Germania Nazista considerata dall’autore la patria spirituale della bomba atomica. Ci furono enormi polemiche sul testo e sull’ideologia dell’opera stessa, ma Abbado affrontò la situazione che poi portò alla sua realizzazione. E’ il primo passo che fa verso il campo dell’avanguardia. Nel 1966 affronta alla Scala un’opera del repertorio ottocentesco: I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini, dando una lettura della partitura più attuale e vicina al teatro moderno. Per l’inaugurazione della stagione lirica del 1967 la Lucia di Lammermor di Gaetano Donizetti. Nel 1968, quasi come se fosse un passaggio obbligato, Claudio Abbado viene scelto dagli orchestrali della Scala come direttore stabile . E’ per Milano un momento di grande fermento culturale, e la Scala è una delle sedi prescelte dalla città per promuovere la musica. Abbado si trova nel bel mezzo della contestazione studentesca e, il 7 dicembre del 1968 alla prima della Scala, dirige il Don Carlo di Giuseppe Verdi con regia di Jean Pierre Ponnelle mentre gli studenti capeggiati da Mario Capanna (leader del Movimento Studentesco) lanciano uova marce e frutta contro la borghesia alta tutta elegantemente agghindata. Quella serata fa parte della contestazione studentesca del 1968. Ma non fu l’unico episodio del genere, il 14 ottobre del 1969 carabinieri e Guardia di Finanza fanno irruzione nel teatro e mettono a soqquadro tutti gli uffici. Tutto parte da una denuncia di Giuseppe Zecchillo, baritono e principale contestatore del teatro lirico, che sosteneva che la Scala fosse stata amministrata male e che un’enorme quantità di allestimenti erano spariti. Tutto si risolve a discapito di Zecchillo che viene considerato un mentitore e si risolve il caso con questa sentenza: «non doversi procedere perché il fatto non costituisce reato»5. Dunque venne sollevato un polverone tanto grande quanto inutile. Era un periodo difficile per l’Italia e per Abbado assumere la direzione di una così grande Istituzione, quale il teatro alla Scala, è una bella sfida che affronta come è sempre stato abituato. Il primo obiettivo che si propone di raggiungere è quello di instaurare con l’orchestra un buon rapporto, fondamentale per svolgere un buon lavoro, accomunati dal comune desiderio di fare 5
Cfr. Giuseppe Barigazzi, La Scala Racconta, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1991, p. 603.
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musica insieme e di soddisfare il più ampio pubblico. Nel 1972 diventa direttore musicale e dal 1977 al 1979 assume anche la direzione artistica. L’era di Abbado alla Scala durerà per ben 18 anni, fino al 1986, anni in cui l’orchestra della Scala, con il fattivo contributo dei Sovrintendenti Grassi e Badini conoscerà un periodo di grande apertura culturale e sociale. Claudio Abbado è un direttore che porta con sé un repertorio musicale ricchissimo. Mi riferisco al repertorio tedesco, che fino ad allora non era stato affrontato dall’orchestra della Scala, porta così l’orchestra a livelli musicali altissimi. Per l’orchestra era qualcosa di nuovo, essendo la Scala un teatro dove essenzialmente si faceva lirica. Abbado attua un rinnovamento del repertorio affrontando qualsiasi brano del repertorio sinfonico. Un’idea che eredita dall’operato di Arturo Toscanini che nel 1898 riesce con successo a riorganizzare l’orchestra dopo la dispersione causata da due anni di inattività. Dopo la tournée compiuta da Toscanini tra Italia e Stati Uniti, l’ orchestra prenderà il nome di “Orchestra Toscanini”.6 Abbado quindi prosegue il progetto di internazionalizzazione e di rinnovamento della Scala iniziato da Toscanini, ponendo l’accento, nel corso degli anni, sulla ricerca di un nuovo repertorio ispirata in particolare dai suoi studi a Vienna con Hans Swarowski. Abbado rilegge i brani classici con profondo rigore e approccio filologico, sempre conservando uno sguardo critico, che gli permette di dare una musicalità più coerente e fantasiosa, più spontanea ma non banale, cercando sempre una propria linea di direzione e progettualità artistica. La sua attività artistica è variegata. Rinnova completamente l’interpretazione di Rossini (Il Barbiere di Siviglia nel 1969, Cenerentola nel 1973 e L’Italiana in Algeri nel 1975, tutti e tre con la regia di Jean Pierre Ponnelle e Il Viaggio a Reims del 1984 con la regia di Luca Ronconi), fa molto Verdi (si ricordano Don Carlo nel 1968 con la regia di Jean-Pierre Ponnelle, Simon Boccanegra nel 1971e Macbeth nel 1975con la regia di Giorgio Strehler), lancia Mahler che allora in Italia era ancora poco diretto, Schönberg, Berg fino a compositori contemporanei, tra cui Luigi Nono, con il quale nasce anche una bella amicizia. La sua interpretazione di Verdi è completamente nuova: nel Don Carlo Abbado da maggiore risalto al rapporto tra scrittura vocale e orchestrale, nel Simon Boccanegra e nel Macbeth fondamentale sarà la forte intesa che si creerà con Giorgio Strehler, nel primo c’era la loro volontà di far vedere al pubblico come il messaggio verdiano poteva ancora trasmettere segnali agli uomini contemporanei, oltre a quello che aveva già trasmesso nel suo tempo, offrendo agli spettatori una lettura appassionata che faceva emergere le ragioni fondamentali del dramma verdiano. Per finire con il Macbeth, Abbado e Strehler attraverso la musica e la regia approfondiscono il lati 6
Cfr. Barigazzi, La Scala … cit. p. 490.
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più nascosti dell’animo umano presenti nel dramma shakespeariano, con un approccio al testo accurato e lucido. Le due opere furono trasmesse interamente e per la prima volta in diretta televisiva sulla RAI. Una novità questa ancora più eclatante se consideriamo che il teatro era ancora frequentato da un pubblico orgogliosamente geloso della sua selettività. Si concretizzava in questo modo il progetto di apertura popolare del teatro che Paolo Grassi predicava da sempre e ora come direttore generale della RAI realizzava nonostante la posizione di Strehler che pensava che il teatro si dovesse fare solo in teatro, non in televisione. L’ azione scenica di Luigi Nono Al gran sole carico d’amore commissionata come prima assoluta dal Teatro alla Scala va in scena il 4 aprile 1975 con la regia del russo Jurij Ljubimov. Il tema centrale del testo era l’azione del proletariato, visto dalla prospettiva di chi soffre e di chi ha più bisogno, con particolare attenzione al ruolo della donna nel XIX e XX secolo e al suo tentativo di riscatto sociale. Sono da ricordare le grandi scene di massa con la folla operaia. La scelta della
rappresentazione dell’opera di Nono non è
accettata in maniera positiva e
all’interno della Scala viene fatta una sorta di resistenza. Nonostante queste reticenze il risultato e un successo grandioso di pubblico.
Riporto qui le parole di Abbado : «Quando abbiamo eseguito Il gran sole – ricorda Abbado - è stata alimentata un polemica a sfondo politico che aveva davvero poca attinenza con la rappresentazione dell’opera. In questo come in altri casi io ho agito e ho lavorato così come avrei fatto con qualsiasi altra opera». 7 Abbado voleva con queste parole sottolineare come per lui prima di tutto c’era la musica, lui preparava ogni opera, come poteva essere Verdi o Luigi Nono, allo stesso modo. Dedicava lo stesso impegno e la stessa dedizione nello studio. Abbado studiava con severa disciplina e non affrontava un compositore senza prima conoscerlo in maniera approfondita. Abbado in tutto il suo percorso artistico si è impegnato a promuovere la musica con particolare attenzione e cura nell’interpretazione e nell’analisi delle fonti, mostrando notevoli doti di organizzatore e di promotore di eventi culturali a livello internazionale. Riesce a mutare il rapporto pubblico-musica allargandone la fruizione a una platea non esperta, fino ad allora esclusa da questi eventi. Una sua caratteristica, che costituirà poi il suo tratto distintivo negli anni che seguiranno, é quella di voler unire all’aspetto musicale altri aspetti culturali (cinema, pittura, letteratura), per conoscere meglio la vita del compositore, proponendo così al pubblico interessato ad altri aspetti culturali, un modo diverso per poi accedere alla musica. 7
Angela Ida De Benedictis, Vincenzina C.Ottomano, Claudio Abbado alla Scala, Edizioni del Teatro alla Scala Rizzoli, Milano, 2008, pag 93.
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Nel suo periodo alla Scala Abbado realizza progetti molto ambiziosi. Si rivolge al passato con uno sguardo aperto alla reinterpretazione dei classici del repertorio tradizionale e ai contemporanei con il desiderio sempre nuovo di conoscere e di ampliare sempre di più il repertorio della sua conoscenza musicale. Abbado introduce alla Scala i “cicli”, dedicati a Mahler , a Beethoven, a Bach realizzando l’integrale dei concerti brandeburghesi, e a Brahms . Realizza anche festival con un argomento specifico. L’impianto e la realizzazione di questi eventi costituisce una vera e propria novità nel panorama piuttosto ingessato dell’offerta musicale esistente alla Scala al momento. Su questa scia nel 1979 promuove alla Scala il «Festival Berg», ciclo di concerti e rappresentazioni, in collaborazione con Pierre Boulez e l’Opéra National di Parigi ( si ricorda il Wozzeck con la regia di Luca Ronconi e scenografia di Gae Aulenti). Il Wozzeck, già andato in scena nel 1977 a Milano e poi portato in tournée all’Opéra di Parigi rispondeva perfettamente alle idee tracciate da Berg di rappresentare l’opera con dovizia di realismo, che non è altro che la dura realtà della vita. Nel 1981, a distanza di quattro anni é la volta invece del «Festival Musorgskij», concepito per celebrare il grande compositore russo nel centenario della morte (si ricorda il celebre Boris Godunov con la regia di Jurij Ljubimov e le scene di David Borovskij del Taganka di Mosca). Con la messa in scena del Boris Godunov Abbado e Ljubimov lavoravano di nuovo fianco a fianco dopo Al gran sole carico d’amore. Ljubimov con la sua regia dà un’esemplare storicizzazione mentre Abbado riporta, grazie ad un’accurato e approfondito studio dell’opera, più aspetti, che offrono più chiavi di lettura. Un operazione molto importante, nata da un’intuizione di Claudio Abbado, è stata la nascita della Filarmonica della Scala, progetto realizzato con Carlo Maria Badini che allora era sovrintendente della Scala. C’era un pregiudizio internazionale secondo il quale le orchestre italiane fossero solo orchestre d’opera8, e Abbado con la creazione della Filarmonica contribuì a sfatare questa opinione garantendo alla Scala un’intera stagione sinfonica pari a quella d’opera, con la presenza dei migliori direttori d’orchestra. La Filarmonica della Scala debutta il 25 gennaio 1982 con la terza sinfonia di Gustav Mahler diretta da lui stesso. Da allora l’orchestra affronterà qualsiasi tipo di repertorio sinfonico. Per la Scala e per l’Orchestra questo fu un avvenimento molto importante che dovette affrontare non pochi problemi logistici, primo fra tutti la ricerca di un finanziamento. Per finire, nel 1986 Claudio Abbado si congeda dalla Scala con il «Festival Omaggio a Claude Debussy» (si ricorda il Pelléas et Mélisande con la regia di Antoine Vitez) dove, accanto alle rappresentazioni musicali, si tiene un importante convegno internazionale dedicato al compositore francese. Questo suo voler sempre approfondire attraverso anche altri aspetti culturali, costituisce 8
Intervista con Cesare Mazzonis, 1/08/2014, Tavernuzze –Impruneta(FI)
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un lavoro importante anche dal punto di vista sociale. Il cammino musicale del Maestro prosegue nello spirito di ricerca, approfondimento e desiderio di scoperta.
Claudio Abbado con Luigi Nono – Al gran sole carico d’amore - 1975 www.luiginono.it
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1.3 – 1972 - Apertura verso le classi sociali meno abbienti. Le esperienze di «Musica/Realtà» e «Musica nel Nostro Tempo». Era un grande momento di apertura per Milano e per l’Istituzione del teatro alla Scala. Nel 1972 Claudio Abbado con la collaborazione del sovrintendente Paolo Grassi, che aveva preso il posto di Antonio Ghiringhelli, inaugura alla Scala la serie dei Concerti per studenti e lavoratori, introducendo un’intera stagione di spettacoli destinati a questa categoria . E’ un’azione di apertura su due fronti: da un lato portava la musica classica ad un più vasto pubblico e dall’altro mostrava che la Scala non era chiusa. Facendo anche biglietti ad hoc a prezzi più accessibili. Lo spettacolo che aprì la stagione fu Un ballo in maschera di Verdi, preceduto dall’ Inno dei lavoratori eseguito dall’orchestra della Scala. Dopo questo primo spettacolo se ne preparava subito un altro, senza interruzioni, proprio come se fosse una catena di montaggio. Nella Milano del dopoguerra la cultura era vista anche come una componente di riscatto sociale. L’operazione attuata da Grassi e Abbado fu molto studiata e servì ad unire la componente artistica e la componente sociale. La bellezza della musica veniva così portata a un nuovo pubblico, al di fuori dei perimetri istituzionali, ma direttamente nelle fabbriche o nei palazzetti dello sport (Pirelli, Breda, Magneti Marelli). Nel 1973 a Reggio Emilia, realizza insieme ai musicisti e amici Luigi Nono e Maurizio Pollini il progetto «Musica/Realtà». Intorno a questa esperienza gravitano tutti i musicisti dell’area “milanese” sensibili a questa esigenza di avvicinare la musica alla società. Oltre ad Abbado, Nono e Pollini, ricordiamo i nomi di Giacomo Manzoni, Armando Gentilucci e Luigi Pestalozza. Era un progetto radicato sul territorio di Reggio Emilia e di carattere fortemente sperimentale. «Musica/Realtà» nasce con una serie di concerti e incontri musicali non solo nelle sale da concerto, ma nei quartieri, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, in collaborazione con l’amministrazione di Reggio Emilia e della sua provincia. Era un’operazione molto forte di decentramento, il cui obiettivo principale era quello di creare un nuovo rapporto tra musicisti, cultura musicale e pubblico. In questo modo entravano in contatto con una realtà per loro sconosciuta e potevano fruire della musica, apprendendo anche notizie sul compositore attraverso incontri propedeutici al concerto, sempre rivolti a quel pubblico che fino ad allora era stato emarginato dalla cultura musicale. L’iniziativa di «Musica /Realtà» nasceva dunque in un determinato contesto che si intrecciava alla perfezione con la voglia di riforma e cambiamento dei rapporti musica-società da parte delle Istituzioni. L’interesse crescente che questi concerti suscitavano portavano a dibattiti e a un fruttuoso scambio di idee, di impressioni, di emozioni. Si realizza quindi il desiderio di Abbado di 17
cambiare i modelli di ascolto, l’ampliamento e la diffusione di temi musicali fino a quel momento considerati difficili e poco comprensibili. Si creava cosi una nuova dimensione di ascolto. Consultando gli archivi di Musica /Realtà9 al Teatro Valli di Reggio Emilia, ho potuto ascoltare delle registrazioni di incontri; essi avvenivano dopo l’ascolto del concerto, i problemi che più si evidenziavano erano innanzitutto quelli dell’orario e delle sedi, si cercava insieme di trovare un orario più consono per un operaio stanco dopo una giornata di lavoro. Questi incontri con i compositori e i musicisti, permettono all’operaio, ignorante di questi argomenti, di approcciarsi alla musica, indifferentemente che sia Beethoven o Chopin, inquadrando storicamente e politicamente l’autore. Alcuni di loro partecipano proprio perché vogliono semplicemente capire meglio di cosa si tratta. Queste manifestazioni servivano soprattutto ad avvicinare la classe popolare all’esperienza culturale della musica, come scambio e arricchimento. Claudio Abbado ha sempre insistito sull’importanza dell'educazione musicale, che in ultima analisi diventa educazione dell'Uomo. Non considerava la musica come un lavoro, ma sottolineava il profondo valore etico e civile della musica. Allora c’era il desiderio condiviso di fare bene il proprio mestiere per poter raggiungere più gente possibile, quindi l’incontro con la musica doveva essere facilitato, e queste attività erano spinte sicuramente da una forte ideologia e fiducia nelle istituzioni. Claudio Abbado non partecipava sempre agli incontri ma non ha fatto mai mancare il suo totale e completo appoggio morale agli amici musicisti. Insieme ai numerosi apprezzamenti per queste iniziative, emerse tuttavia un fronte critico che bollava dietro una precisa etichetta politica le attività del Maestro. A riprova del suo interesse e della sua fiducia verso la musica contemporanea Abbado insieme a Maurizio Pollini e Giacomo Manzoni, dà vita nel 1976 alla rassegna «Musica nel Nostro Tempo», che mise insieme tutte le Istituzioni musicali milanesi (il Teatro alla Scala, la RAI e i Pomeriggi musicali) in modo da fare un programma unico di musica contemporanea, con lo scopo di diffondere le moderne forme musicali a fasce di ascoltatori giovani o, più in generale, a un pubblico diverso da quello dei grandi circuiti concertistici. C’era molto entusiasmo da parte di tutti quanti di far conoscere la musica contemporanea. L’esperienza di «Musica nel Nostro Tempo» chiude la sua parabola attuativa tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta. Va detto che l’esperienza «Musica nel Nostro Tempo» ha consentito a molti giovani compositori di far conoscere le proprie opere musicali. Queste operazioni attuate da Abbado durante il suo periodo da direttore alla Scala, hanno fatto diventare l’Orchestra del teatro alla Scala una tra le migliori orchestre europee e Abbado nel 1986 lascia un teatro molto diverso da come lo aveva trovato agli 9
Archivi del Teatro Valli, Reggio Emilia, 07/07/2014
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inizi. La Scala è adesso una realtà che lavora anche e soprattutto con i maggiori teatri nazionali e internazionali, con uno spirito molto piÚ aperto e spinto verso la ricerca e lo scambio.
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Concerto Musica/ RealtĂ 1973 Fonte: Archivio Teatro Valli Reggio Emilia
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1.4- Claudio Abbado , Paolo Grassi e Carlo Maria Badini. GRASSI, Paolo (Milano 30 ottobre 1919- Londra 13 marzo 1981) Paolo Grassi, fondatore insieme a Giorgio Strehler del Piccolo Teatro di Milano, il 16 febbraio del 1972 succede ad Antonio Ghiringhelli alla Sovrintendenza del Teatro alla Scala, fino al 1976. Insieme al direttore musicale Claudio Abbado e al direttore artistico Massimo Bogianckino attua alla Scala una nuova politica, mantenendo la tradizione del teatro per ciò che riguarda la scelte artistiche, ma aprendo l’Istituzione ad un più vasto pubblico (giovani e lavoratori). La Scala in quanto ente autonomo, ovvero ente pubblico che cura gli interessi di una determinata collettività, deve lavorare in stretta collaborazione con gli altri enti pubblici territoriali (Comune, Provincia e Regione), creando occasioni di incontro e di dialogo. Paolo Grassi attraverso l’organizzazione di dibattiti, convegni e manifestazioni allarga la partecipazione e crea un ricambio del pubblico sia in termini sociali che generazionali.10
Nel 1972 Paolo Grassi, già fondatore assieme a Giorgio Strehler del Piccolo Teatro di Milano, e figura carismatica della cultura milanese, diventa sovrintendente del Teatro alla Scala, succedendo ad Antonio Ghiringhelli che aveva presentato le dimissioni. Il 14 maggio del 1972 Grassi lascia definitivamente il Piccolo Teatro dove Strehler ha preso il posto di direttore e si dedica completamente alla Scala. “Il teatro d’arte per tutti” 11 era lo slogan del Piccolo Teatro e Grassi prosegue questa azione con il suo incarico di sovrintendente alla Scala, attuando la stessa politica culturale, rivolta soprattutto al rinnovamento del pubblico e alla qualità dell’offerta. Voleva fare della Scala un teatro di grandissima levatura, sede della cultura più alta con la partecipazione dei più grandi artisti nazionali e internazionali. Per realizzare questi propositi Grassi amplia il repertorio operistico e concertistico della Scala con l’esecuzione di brani e opere che non erano mai stati eseguiti o che lo erano stati poco. Questa sua idea era il simbolo della profonda fiducia che lui nutriva nei confronti della cultura e dell’umanità. Per lui l’impegno era totale, il Teatro alla Scala così come lo era stato il Piccolo diventa per lui la sua seconda casa, sarà sempre presente a tutto l’allestimento della macchina teatrale, dall’organizzazione dello spettacolo, alle prove fino a quando il palcoscenico era vuoto; curando ogni minimo dettaglio e apportando sempre nuove invenzioni e scoperte, dettate dalla curiosità. Rispolvera la conoscenza musicale coltivata da ragazzo e stringe e approfondisce i rapporti personali con compositori, musicisti e interpreti. Lui considerava la Scala il “teatro di musica”, e non un “teatro lirico” o “teatro d’opera” come si era sempre erroneamente considerato. Non si può conoscere a fondo il teatro se non si conosce tutto il resto che gli sta intorno (scenografia, recitazione, architettura, scenotecnica, storia
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Fonte: Giorgio Taffon, GRASSI, Paolo, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 58, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2002. 11 Intervista telefonica a Sergio Escobar, direttore del Piccolo Teatro di Milano, 24/07/2014
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della società) e Paolo Grassi si cala completamente nella vita del teatro. Per lui il teatro rappresenta un momento di riflessione e di crescita. Per Paolo Grassi il teatro è un luogo vivo, uno status sociale. Paolo Grassi fin dai suoi esordi nel campo teatrale e poi con la sua acme con la fondazione del Piccolo Teatro, primo teatro stabile d’Italia, aveva sempre considerato il rapporto tra teatro e società inseparabile, l’uno non poteva essere pensato senza l’altro. In un certo senso l’arte non è altro che lo specchio della società e la nascita dei Teatri Stabili a gestione pubblica contribuisce enormemente a evidenziare l’aspetto sociale del teatro. Il teatro deve calarsi nella realtà sociale, per vivere a fondo le problematiche dell’epoca. Le parole di Paolo Grassi sono:
«Il mio obiettivo è di trasformare un tradizionale teatro lirico in un grande teatro popolare di musica, attento ai valori di ieri, partecipe della realtà d’ oggi, aperto agli esperimenti futuri».12 Trova in Abbado, direttore musicale, un valido collaboratore che, come lui mette in tutto quello che fa una straordinaria dedizione e condivide le stesse idee. Entrambi mettono un’ estrema professionalità per accrescere i livelli quantitativi e qualitativi del Teatro alla Scala. Lavorando in équipe con lui e col nuovo direttore artistico, il fiorentino Massimo Bogianckino, pianificano una nuova offerta culturale che non perdesse in qualità artistica (invitando i maggiori direttori d’orchestra e solisti sul piano nazionale ed internazionale), ma che fosse più democratica e si rivolgesse ad un più largo pubblico. Il leitmotiv di Grassi sarà infatti, su modello di quello del Piccolo Teatro: «Scala aperta»13. Grassi considera importante che la Scala, in quanto teatro pubblico, abbia buoni rapporti con l’amministrazione locale di Provincia, Regione e Comune , perché solo così è possibile raggiungere veramente tutti. E questa è sempre stata la sua profonda convinzione, che la cultura fosse un bene pubblico e bisognava sempre di più incrementarlo a beneficio dell’intera collettività. Dunque il rinnovamento che già Abbado aveva iniziato negli anni precedenti, con Paolo Grassi trasformala Scala da teatro chiuso e riservato solo ad un determinato pubblico di abbonati o persone scelte, ad un teatro aperto a tutti. Perché Grassi come Abbado riteneva che la cultura dovesse essere accessibile a tutti. Paolo Grassi con ciò non intende eliminare il pubblico tradizionale, ma incentiva l’introduzione di un nuovo pubblico. La Scala, dice Grassi, deve garantire un servizio pubblico e perciò aperto a tutti i cittadini senza differenza di ceto sociale. La buona gestione di un teatro dipende certamente da una buona organizzazione ma dipende molto anche dal pubblico che lo frequenta. 12
Paola Merli, Gli anni della Scala, 1972-1976. L’ impegno per una socialità etico-politica del “teatro di musica”, in Paolo Grassi, una biografia tra teatro cultura e società, a cura di Carlo Fontana, Milano, Skira, 2011, pag.110. 13 Emilio Pozzi (a cura), Paolo Grassi quarant’anni di palcoscenico, , Milano, Mursia, 1977, pag. 23.
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Il 29 giugno del 1972 i lavoratori della Scala in accordo col sindacato dei musicisti italiani, la CGIL la CISL e la UIL organizzano un concerto “ per la difesa dei valori della Resistenza, della libertà, della democrazia e per le riforme, contro il fascismo e la reazione”. Al concerto aderiscono Paolo Grassi , Massimo Bogianckino, Claudio Abbado(che ne dirigeva l’orchestra e il coro) e il pianista Maurizio Pollini. Tale concerto «antifascista» è la prova tangibile dell’esistenza di un altro pubblico, un pubblico popolare ben più disponibile a una
cultura democratica, del pubblico
borghese d’ èlite. E questo pubblico sarà per Paolo Grassi un simbolo che segnerà il periodo della sua Sovrintendenza alla Scala. Nel 1973 Paolo Grassi chiama Silvestro Severgnini operatore culturale con cui aveva collaborato al Piccolo Teatro fin dal 1947 e che conosceva molto bene la realtà dei lavoratori (avendo collaborato prima con il centro culturale Pirelli e poi con il centro Alfa Romeo) e gli affida la gestione di un nuovo ufficio denominato “Ufficio di collegamento con la consulta sindacale CGIL CISL UIL”, ufficio adibito a rapporti continui e diretti con le realtà sindacali che allora rappresentavano la totalità dei lavoratori che dirigerà fino al 1979. Grazie e soprattutto all’ottimo lavoro svolto da Silvestro Severgnini, si allarga notevolmente l’offerta rivolta a giovani, studenti e lavoratori, istituendo proprio delle rappresentazioni fuori abbonamento, chiamate “serate GSL” (destinate specificamente a giovani, studenti e lavoratori), che vengono poi aperte anche agli istituti scolastici, alle associazioni, ai vari consigli di azienda. Accanto a queste serate l’ufficio di collegamento con la consulta sindacale predispone anche concerti sinfonici dell’orchestra della Scala diretti da Claudio Abbado e cicli annuali di musica da camera, attivando anche una nuova forma di abbonamento, l’abbonamento GSL, che offre al nuovo pubblico la possibilità di poter scegliere tra tre turni (GSL/1, GSL/2, GSL/3) per poter assistere a concerti e opere. Tale abbonamento si rivolge ai giovani minori di 25 anni presentati da istituti scolastici, associazioni, consigli di azienda e anche a studenti lavoratori sempre presentati allo stesso modo. Il sovrintendente rivolgeva infatti una continua attenzione alla formazione del pubblico futuro, quello dei giovani. Questo nuovo pubblico rappresenta per il Teatro alla Scala un grosso successo perché, al contrario del pubblico d’élite che si distingueva solo in base al ceto sociale, esso non solo era più partecipativo, ma dimostrava di possedere grandi doti di umanità e impegno civile e sociale. Tutta questa attività di avvicinamento di questo nuovo pubblico, significava voler conoscere più a fondo la realtà del mondo del lavoro, portando la cultura musicale in loco. Paolo Grassi riteneva di vitale importanza il compito del direttore musicale, attorno al quale doveva girare tutta la vita musicale del teatro e quindi si trovava in perfetta sintonia con lui. Questa era l’era di Claudio Abbado, così come lo era stata di Toscanini e degli altri direttori che si erano succeduti alla direzione del Piermarini. Solamente quando sovrintendente, direttore musicale 23
e direttore artistico lavorano insieme, fianco a fianco, ognuno con la propria competenza specifica in maniera complementare, solo così il teatro può ottenere dei buoni risultati ed è stato quello che loro tre (Grassi, Abbado e Bogianckino) sono riusciti a fare. Attorno all’ Istituzione alla Scala girano quindi molteplici eventi culturali che ruotano intorno al concerto, tra manifestazioni, dibattiti, convegni che aumentano la partecipazione di nuove persone, attuando quindi quello che si erano prefissati dall’inizio, ovvero il rinnovamento del pubblico scaligero e svolgendo così un uso sociale della musica. Nel 1973 nasce anche l’Associazione “Amici del loggione del Teatro alla Scala”, soprattutto grazie all’interessamento di Paolo Grassi. Tale Associazione aveva l’obiettivo di sostenere le attività artistiche della Scala attraverso conferenze, dibattiti, convegni, proiezioni e presentazioni di libri. Paolo Grassi ritiene che gli “Amici del Loggione” debbano essere degni di considerazione, in quanto posseggono un vera passione e tradizione teatrale e trovava essenziale che si creasse con loro un rapporto più formativo e costruttivo. A volte si intratteneva con loro perché voleva carpire sempre di più i differenti modelli di ascolto, in modo anche da rinnovare l’offerta musicale. Nel 1975 a seguito delle polemiche scaturite dalla rappresentazione alla Scala dell’opera di Luigi Nono Al gran sole carico d’amore, Massimo Bogianckino si dimette da direttore artistico e viene nominato Francesco Siciliani come consulente . Grassi attua insieme ad Abbado una politica di apertura, aumentando il numero delle rappresentazioni dedicate a lavoratori e studenti, portando la musica nelle fabbriche, nei palazzetti dello sport, nelle scuole, nei centri sociali. Abbado dal 1968 da quando è diventato direttore musicale del Teatro alla Scala, ha sempre seguito una linea di coerenza ed equilibrio, che ha legato indissolubilmente il suo impegno sociale e la sua attività culturale. Abbado parla poco, è un direttore asciutto ed essenziale, ma a differenza di molti altri direttori d’orchestra ha il dono di possedere una pazienza infinita. Durante le prove non fa mai qualche gesto istintivo di rabbia, che talvolta può essere concesso ai grandi artisti ma affronta tutto con rigore esigendo come è giusto, sia dagli orchestrali che dai cantanti, la stessa professionalità che esigeva anche da se stesso. Nasce una proficua collaborazione tra i due che attueranno una gestione del Teatro molto aperta, una vera e propria rivoluzione per l’epoca. Entrambi avevano questo carattere forte e questa voglia di fare che non si fermava davanti a niente. Entrambi erano uomini liberi e non cedevano al compromesso. Entrambi credevano fermamente nella cultura e in quello che facevano per diffonderla al più alto grado. Entrambi mettevano amore in quello che facevano e lo facevano sempre con accuratezza e con un grande entusiasmo per il loro mestiere. 24
Nell’aprile del 1976 Paolo Grassi presenta le dimissioni da sovrintendente, che sono seguite da quelle di Claudio Abbado, che sosteneva pienamente la causa di Grassi e voleva che lui restasse alla Sovrintendenza del teatro. Grassi, dopo l’istituzione da parte del Parlamento di un fondo speciale per quei teatri lirici (tra cui la Scala) che debbano affrontare tournée all’estero, ritira le dimissioni e con lui anche Claudio Abbado. Ma ormai il rapporto di Grassi con la Scala era giunto a conclusione e nel gennaio del 1977 lascia la Scala per assumere la presidenza della Rai a Roma. Claudio Abbado aveva sempre dimostrato una grande stima per il lavoro svolto da Grassi, per il suo apporto culturale e sensibile ai problemi di tutti lì alla Scala. Ed è proprio la socialità e la profonda carica umana ad accomunare Claudio Abbado e Paolo Grassi, due personalità forti e razionali, che hanno a cuore la cultura del proprio Paese e dei giovani che ne rappresentano il futuro. Questo è descritto bene in una lettera che Claudio Abbado ha voluto indirizzare al sovrintendente, proprio per testimoniargli la sua ammirazione per il lavoro che svolgeva e di cui avevano condiviso tante battaglie.
«In questi cinque anni di lavoro comune alla Scala, di incontri, di riunioni, di riflessioni, ho avuto modo di apprezzare il suo apporto culturale, che è sempre stato di sprone a tutti noi, e i suoi interventi, di qualità, determinanti; la sua socialità tesa al fine, raggiunto in buona misura, di aprire la Scala a un nuovo pubblico, in un clima ambientale e psicologico diverso, consapevole e maturo; la sua sensibilità verso gli artisti, verso i loro problemi , che si è realizzata anche attraverso le lettere, puntuali ad ogni appuntamento di locandina, i pensieri floreali per le signore, le attenzioni alle preferenze di ciascuno (valga per tutti, come esempio, l’invio periodico a un famoso maestro della grappa preferita). Tutto questo è il frutto di uno stile autentico, di una carica umana veramente unica, messi al servizio del teatro e che si intersecano con una profonda fiducia nell’uomo, con un grande spirito di solidarietà».14
Con Abbado e con Paolo Grassi, la Scala allarga gli orizzonti musicali e vive una stagione di straordinario rinnovamento. La coppia Abbado – Grassi fa letteralmente rinascere nel giro di pochi anni il Teatro alla Scala. Il suo successore è Carlo Maria Badini che avrà la sovrintendenza della Scala dal 1977 al 1990, 13 anni in cui segue la stessa linea del suo predecessore. Mostrando anche lui attenzione per la ricerca di un nuovo pubblico. Con la stagione 1979/80 Badini per caratterizzare ancora di più la funzione sociale e di apertura della Scala a tutta la cittadinanza, inaugura “l’ufficio per la collettività”, sempre affidato all’infaticabile e insostituibile Silvestro Severgnini. Tale ufficio andava a sostituire il precedente ufficio di collegamento con la consulta sindacale CGIL CISL UIL, che era forse troppo settorializzato. Questo nuovo ufficio si propone di raggiungere tutta la collettività (studenti, 14
Lettera di Claudio Abbado a Paolo Grassi 16 marzo 1977,in appendice a Paolo Grassi.., a cura di Pozzi, cit. p.320.
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docenti, aderenti a circoli culturali o pensionati) e farla avvicinare all’attività della Scala, sempre in continuità con la passata gestione di Paolo Grassi. Ad ogni spettacolo, ad esempio, viene preparata una guida all’opera. Proseguono i cicli di concerti per studenti, giovani e lavoratori, e l’ufficio per la collettività si tiene in costante rapporto con le attività culturali e sociali della città. Il teatro alla Scala si apre, con queste esperienze, sempre di più al terreno sociale milanese.
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Paolo Grassi con Claudio Abbado alla Scala nel 1972 Fonte: Paolo Grassi, una biografia, tra teatro, cultura e societĂ , a cura di Carlo Fontana, Skira,2011, tavola X.
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1.5 Abbado, Nono, Pollini: un’amicizia umana e artistica NONO, Luigi (Venezia, 29 gennaio 1924 – Venezia ,8 maggio 1990) Compositore di musica contemporanea, Luigi Nono è allievo di Gianfrancesco Malipiero, Bruno Maderna e Hermann Scherchen. In lui scaturisce negli anni quaranta la volontà di associare la musica al momento storico attuale, inserendo nella composizione eventi inerenti a episodi storici, politici e sociali. L’intero itinerario artistico di Nono sarà sempre scandito dall’ impegno politico e sociale che lui mette nelle sue opere. Il sodalizio artistico con Claudio Abbado e Maurizio Pollini, conosciuti rispettivamente nel 1965 e nel 1966 , è legato alla genesi di alcune tra le pagine più importanti (per Pollini fu ideata la parte pianistica di Como una ola de fuerza y luz, 1971-72, e ... sofferte onde serene..., 1976, mentre Abbado diresse le prime di Como una ola, Al gran sole carico d’amore, Prometeo). A metà degli anni Settanta la musica di Luigi Nono vive un cambiamento, aprendosi alla teoria del silenzio, inteso come una categoria interiore , nella quale è possibile ritrovarsi.15
POLLINI, Maurizio (Milano, 5 gennaio 1942) Maurizio Pollini è un pianista italiano. Allievo di Carlo Lonati e di Caro Vidusso al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. È considerato fra i più grandi pianisti del dopoguerra, ed è ammirato, oltre che per il prodigioso virtuosismo, per la vastità del suo repertorio (che va dai classici del pianoforte a P. Boulez e L. Nono) e per l'originalità delle sue interpretazioni. 16 Claudio Abbado, Luigi Nono e Maurizio Pollini, il direttore, il compositore e il pianista, si sono incontrati negli anni ’60 e da lì è nata prima un’amicizia e poi una collaborazione artistica che è durata tutta la vita, sostenendosi a vicenda. Il loro rapporto è stata una continua evoluzione, si capivano al volo e quando c’era un qualunque problema di interpretazione musicale ognuno di loro esprimeva la propria opinione. Tra i tre c’era una profonda intesa e non servivano le parole per capirsi. Il rapporto tra i tre artisti era un rapporto molto bello e umano, fondato sulla massima fiducia e confidenza, li accomunava l’amore per la musica e la più profonda semplicità, che lo rendeva speciale. Tale rapporto di amicizia e comunanza di idee è bene descritto nel film –saggio di carattere poetico documentario della regista e giornalista di Monaco Bettina Ehrhardt Eine Kielspur im Meer17. La Ehrhardt riteneva importante che questo rapporto artistico e umano fosse descritto anche attraverso altri mezzi di comunicazione.
A questo proposito scrive la Ehrhardt: «Si dovrebbe fare un film sull’amicizia tra musicisti, su quello che Abbado, Pollini e Nono hanno 15
Fonte: Angela Ida De Benedictis, Nono, Luigi , in Dizionario biografico degli italiani, vol. 78, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2013. 16 Fonte: Leonardo Pinzauti, POLLINI, Maurizio, IV Appendice, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1981. 17 La traccia della chiglia nel mare
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insieme vissuto e condiviso, su ciò che hanno insieme scoperto»18 Nel film dice Abbado a proposito della loro profonda amicizia: «trovo molto giusto, molto bello, che si ricerca insieme quello che è meglio per la musica e non delle idee chiuse, personali». L’Italia viveva un periodo difficile politicamente e culturalmente, la musica di Nono non veniva sempre capita e Abbado lo sosteneva pienamente, considerandolo uno dei più grandi compositori del novecento. Luigi Nono considerava che l’arte dovesse sempre essere contestualizzata al momento storico presente e che fosse molto importante collocare l’opera nella realtà sociale e culturale in cui si stava vivendo. Nono sottolineava la forza comunicativa della musica che poteva scuotere le coscienze e seleziona per le sue opere sempre testi impegnati sulla dimensione politica attuale. Compito del direttore d’orchestra e del pianista (Abbado e Pollini) è quello di riuscire a trasmettere i due momenti storici di passato e presente. Erano gli anni di “Musica /Realtà” a Reggio Emilia, una città dove c’era un grande fermento culturale. Claudio Abbado, Luigi Nono e Maurizio Pollini erano impegnati in concerti, incontri, confronti e dibattiti con un nuovo pubblico di studenti e lavoratori. Con questi concerti – dibattito che avvenivano proprio nelle fabbriche che diventavano sale da concerto, si attua un nuovo modo di fruizione della musica. In questi casi il pubblico andava semplicemente per ascoltare, per conoscere, senza pregiudizi o riserve mentali su questo o quel compositore. Abbado e Pollini sono stati i primi a leggere in pubblico manifesti sulla guerra del Vietnam condannando questi avvenimenti. Ricordiamo Maurizio Pollini che cerca di leggere una dichiarazione contro un episodio cruento della guerra nel Vietnam (il bombardamento di Hanoi e Hai Phong), tra l’altro firmata da parecchi musicisti italiani, tra i quali figurano oltre a Nono, Abbado e Pollini, anche Giacomo Manzoni, Luigi Dalla Piccola, Goffredo Petrassi e il Quartetto Italiano e non riesce a concludere la lettura perché fa irruzione la polizia e impedisce il proseguimento della serata. Oppure si ricorda quando Abbado per solidarietà ai tragici fatti di Piazza Fontana a Milano cancella due repliche del Barbiere di Siviglia. La musica era per Abbado, come per Pollini e Nono qualcosa di più del semplice strumento artistico, significando per loro un impegno civile ed etico. Vedono nella musica una possibilità di salvezza, di cambiamento, di riscatto sociale, la musica come ricostruzione. Credono profondamente in quello che fanno e nel valore fortemente educativo e divulgativo della musica, che negli anni ’70, diventa qualcosa di collettivo che partecipa attivamente alla situazione politica 18
Bettina Ehrhardt, in Claudio Abbado, a cura di Ulrich Eckhardt, il Saggiatore, Milano, 2003, p.43.
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del momento: la musica al servizio della società. Certamente, portare alla Scala l’opera di Luigi Nono, una musica sperimentale, di ricerca, di forte impatto emotivo è stato da parte di Abbado un atto di contestazione contro il clima tradizionale che vigeva alla Scala , dove principalmente si faceva il melodramma. La prima assoluta di Como una ola de fuerza y luz nel giugno del 1972 crea uno sconvolgimento del repertorio tradizionale inserendo un compositore dichiaratamente “rivoluzionario” ma è stato anche il modo per allontanare il pubblico scaligero dalle abitudini convenzionali. Como una ola di fuerza y luz, (titolo di una poesia di Julio Huasi in memoria di Luciano Cruz, giovane rivoluzionario cileno morto nel 1971), anticipa la seconda opera di Nono alla Scala: Al gran sole carico d’amore (titolo di una poesia di Rimbaud) altra prima assoluta commissionata da Paolo Grassi e messa in scena durante la stagione 1974/75. Tale opera è dedicata agli amici Claudio Abbado e Maurizio Pollini, nel segno di un’unione sempre più umana e professionale tra loro. La rappresentazione di Al gran sole alla Scala, con la regia del russo Jurij Ljubimov, è stata il frutto di una collaborazione stretta tra Nono, Ljubimov, lo scenografo David Borovskij, Abbado e Paolo Grassi. Da tale collaborazione nascono discussioni intense e appassionate che costruiscono gradualmente l’opera. Bisogna sottolineare però che l’intero percorso artistico di Abbado ha sempre posto al centro la diffusione della musica senza sudditanze ad un’ideologia politica, come spesso si è voluto far credere: una cosa è Abbado uomo e cittadino e un’altra Abbado artista. Per tutto il suo percorso musicale, Abbado enfatizza la fondamentale questione dell’ascolto, una predisposizione d’animo che il pubblico normalmente non ha e quindi non comprende i silenzi che sono parte integrante dell’estetica musicale. I silenzi creano un rapporto fra gli elementi che partecipano alla concertazione. Quindi un pubblico capace di ascoltare attivamente è in grado di capire in modo più ampio la musica, il suo compositore e tutto quello che gli sta attorno. L’ascolto pertanto aiuta innanzitutto a capire di più gli altri e il silenzio serve a scavare dentro se stessi. Lo stesso Nono, negli anni ottanta passa dalla fase dell’impegno a quella del silenzio. Per il compositore veneziano é importante tornare allo stadio primordiale dell’uomo in cui non c’erano le parole. Il silenzio è per Nono la ricerca di nuove sonorità, di nuovi colori, di nuovi linguaggi: é una forma di espressione sorprendente. Nel silenzio puoi ritrovare te stesso negli altri e questo é il punto di partenza per una cultura del dialogo. L’opera che evidenzia questo suo passaggio è Prometeo - tragedia dell’ascolto, che, come scrive Nono in una lettera ad Abbado è «una vera tragedia spaziale di suoni», laddove «suoni=personaggi= anime».19 19
Claudio Abbado, a cura di Ulrich Eckhardt, il Saggiatore, Milano, 2003, p.49.
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La prima del Prometeo-tragedia dell’ascolto si terrà alla chiesa di San Lorenzo a Venezia il 25 settembre 1984 con testi a cura di Massimo Cacciari, musica di Luigi Nono, direttore Claudio Abbado, spazio musicale di Renzo Piano, interventi luce di Emilio Vedova. E’ stata l’opera tra le più impegnative della sua produzione. Il supporto di Claudio Abbado come amico e come musicista è stato essenziale per la realizzazione di quest’opera. Il sodalizio artistico, umano e spirituale di Abbado, Nono e Pollini si é costruito nel corso del tempo con la semplicità e la bellezza di chi condivide qualcosa e ha sempre voglia di migliorare per il bene della musica. Qualsiasi argomento è costruito su un terreno di confronto e basato sulla fiducia e sul sostegno morale che ognuno da all’altro, caratterizzato dalla gioia di fare musica e di poterla mettere al servizio della società. Un altro aspetto fondamentale del loro comune percorso è stato da sempre quello di condannare come ingiusto tutto ciò che andava contro la cultura e l’umanità. Nella convinzione che tra cultura e umanità esiste un rapporto profondo e inscindibile. Lo spirito di questa condivisione si riassume nella ferma convinzione che la musica vince sempre su tutto.
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Con Maurizio Pollini Fonte: Fonte: Claudio Abbado, a cura di Ulrich Eckhardt, Il Saggiatore , Milano, 2003, p.135.
Abbado, Nono e Pollini alla Scala Fonte: Angela Ida De Benedictis, Claudio Abbado alla Scala, Edizioni del Teatro alla Scala Rizzoli, 2008, p.36. 32
1.6 -1976- Nascita della European Community Youth Orchestra. -1981- Nascita della Chamber Orchestra of Europe. Claudio Abbado, sempre molto attento e aperto al mondo giovanile, ha visto nei giovani tanta voglia di conoscere e di imparare, apprezzando l’entusiasmo e la disponibilità delle giovani generazioni a donarsi completamente all’esecuzione musicale, senza contaminazioni di nessun genere e ottenendo dei risultati di notevole livello. Nel 1976 Joy e Lionel Bryer fondano la “European Community Youth Orchestra” (ECYO) seguendo una risoluzione adottata dal Parlamento Europeo e diventando orchestra ufficialmente patrocinata dalla Commissione Europea di Strasburgo. Nel 1995, a seguito della trasformazione della Comunità europea (CEE) in Unione Europea (UE), l’orchestra viene rinominata “European Union Youth Orchestra” (EUYO), composta da giovani musicisti provenienti dai Paesi membri dell’Unione Europea di un’ età compresa tra i quattordici e i ventitré anni. Nel 1977 Joy Bryer chiama Claudio Abbado come direttore musicale e organizzatore della struttura fino a quel momento inattiva. Fin dall’inizio Abbado si occupa di tutti gli aspetti organizzativi e non solo di quelli rigorosamente musicali e artistici: nel 1978 l’orchestra compie il suo primo tour. Dal punto di vista organizzativo la EUYO nel periodo invernale effettua audizioni in ogni singolo Paese dell’Unione Europea. Non ci sono selezioni e chiunque può partecipare, anche se non ha una grande esperienza dello strumento o se lo suona da poco tempo, formalizzando la sua iscrizione con una semplice domanda scritta. Ogni anno il giovane musicista deve sostenere di nuovo l’audizione, per dimostrare di aver raggiunto un livello sufficiente per continuare. Questa è la garanzia della qualità e delle serietà del progetto. L’orchestra fa due tour all’anno: uno primaverile e uno estivo. I ragazzi, vivendo in diversi paesi dell’Unione Europea continuano la loro vita musicale nel paese di appartenenza e poi a ridosso del tour si incontrano in residenze comuni che vengono di volta in volta offerte e dove lavorano insieme per due settimane consecutive, sotto l’attenta guida ed assistenza di tutors. I gruppi vengono suddivisi in sezioni (percussioni, violini, fiati) ciascuno con un tutor per la preparazione all’esecuzione musicale. Le diverse sezioni dell’Orchestra si riuniscono infine in una prova generale collettiva con il direttore Abbado che rendeva il tutto omogeneo. Dopo queste due settimane di preparazione comincia il tour vero e proprio. Qualche volta era previsto il contributo e l’esperienza di altri direttori d’orchestra. Desiderosi di impegnarsi in un lavoro che li avrebbe condotti a un risultato collettivo e unitario, i ragazzi studiavano dalla mattina al pomeriggio, talvolta anche la sera. Allo scopo di diffondere la cultura musicale secondo gli insegnamenti di Abbado, i componenti della EUYO si cimentavano in 33
esecuzioni pubbliche serali agli angoli delle strade. Claudio Abbado conferma ancora una volta la sua fiducia nel lavoro coi giovani e, in tal senso, la EUYO è stata per lui un’esperienza costruttiva e di crescita. Anche se con minore esperienza i giovani potevano eseguire qualsiasi repertorio, ricevendo la stessa considerazione dei professionisti. Abbado ha sempre creduto importante interessarsi della vita di questi ragazzi come fossero figli suoi. Nel corso del tempo elabora e propone una nuova figura di direzione d’orchestra che si realizza principalmente sull’ascolto reciproco tra direttore e orchestra. La cooperazione e il rispetto delle diverse visioni e sensibilità nella interpretazione di un pezzo musicale conduce ad una sintesi armoniosa tutta costruita sulla fiducia, come in qualsiasi rapporto umano propositivo e positivo. Sulla base di quanto appena citato si evidenzia la convinzione di Abbado che solo con la formazione permanente dei giovani si può realizzare una efficace e profonda diffusione della conoscenza musicale. Nel 1994 Claudio Abbado lascia la EUYO perché dal punto di vista musicale ed artistico, l’Europa è per lui una realtà ben più vasta dei 15 Paesi che costituivano in quell’anno l’Unione Europea e che erano vincolanti per le nazionalità di appartenenza dei partecipanti. Dopo l’esperienza della EUYO, Abbado aiuta alcuni musicisti provenienti dalla stessa struttura e che avevano superato il limite di età, alla fondazione nel 1981 della “Chamber Orchestra of Europe” (COE), assecondando la loro volontà di continuare a lavorare insieme in un contesto di orchestra da camera.20 La COE ha la caratteristica di autogestirsi in assenza di direttori musicali stabili. Il reclutamento di nuovi ingressi veniva fatto dai musicisti stessi dopo un lungo e complesso processo di selezione. Un comitato di musicisti, assieme al direttore generale, decidono il luogo e con quali solisti o direttori desiderano lavorare nella stagione. La BBC l’ha definita «the finest Chamber orchestra in the world»21. Claudio Abbado ha sostenuto la COE dall’inizio fino al 2002. Diventando per i giovani musicisti una sorta di mentore su cui poter fare sempre riferimento. La varietà di provenienza, i rispettivi contesti culturali dei musicisti e l’amore condiviso di fare musica rendono le loro esibizioni ispirate e speciali.
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ovvero un’orchestra formata da un numero ridotto di strumenti, composta per essere eseguita in una sala non grande, o in una grande camera, come dice il nome. 21 BBC 2 Television, 2011
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CAPITOLO 2 Dalla Scala di Milano alla Staatsoper di Vienna
2.1 -1986-1991- Direttore musicale della Staatsoper di Vienna. Fondatore della Gustav Malher Jugendorchester. La prima grande chance é offerta ad Abbado nel 1971 con la direzione principale dei Wiener Philharmoniker, che aveva diretto la prima volta nel 1965. Lasciata la direzione del Teatro alla Scala dopo 18 anni e, sentendo il bisogno di fare altre esperienze per ampliare la sua conoscenza musicale, Abbado decide di tornare nella capitale austriaca, dove tra l’altro si era già formato con Hans Swarowski. Nel 1986 assume la direzione musicale della Wiener Staatsoper incarico che ricoprirà fino al 1991. Il suo debutto alla Wiener Staatsoper avviene nel marzo 1984 con il Simon Boccanegra di Verdi. Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi nell’ottobre del 1986 sarà la prima esecuzione di Abbado nel ruolo di direttore della Wiener Staatsoper; fa conoscere al pubblico austriaco Gioacchino Rossini (L’Italiana in Algeri e Il Barbiere di Siviglia nel 1987 con la regia di Jean Pierre Ponnelle, Il viaggio a Reims nel 1988 con la regia di Luca Ronconi e la scenografia di Gae Aulenti), nel repertorio sarà presente la musica del XX secolo francese con Claude Debussy (Pelléas et Mélisande con la regia di Antoine Vitez e in coproduzione con il Teatro alla Scala di Milano, rappresentata a Vienna in giugno 1988) e quella slava con Modest Musorgskij (Boris Godunov 1991e Kovanchina 1989), Richard Strauss con l’Elektra 1989, Mozart (Don Giovanni nel 1990 e Le Nozze di Figaro nel 1991), Schubert con Fierrabras nel 1988, Il Lohengrin di Wagner e Alban Berg con Wozzeck di cui la prima nel giugno 1987 e poi il 10 giugno 1991 come ultima opera da direttore musicale). Un repertorio già affrontato anche nei lunghi anni milanesi trascorsi alla Scala. Abbado mostra una particolare attenzione alle fonti, analizzando sempre le edizioni originali e le edizioni critiche delle opere, in modo da rispettare e realizzare il volere del compositore. I lunghi studi e le lunghe ricerche gli consentono di dirigere con facilità tutto a memoria. Abbado segue tutta la preparazione dell’opera a partire dalla prova tecnico-scenografica, per entrare in maniera più compiuta in sintonia con l’opera presa in considerazione. Una frase che molto bene rappresenta lo stato d’animo di questo metodo di lavoro è ritratta dalla pianista e amica Martha Argerich: « Poi nel concerto avviene qualcosa di speciale, qualcosa che con lui avviene sempre. E’ una sorta di stato di grazia che lentamente è stato preparato durante lo studio e che lo prende totalmente al 35
momento dell’esecuzione, in forma tanto intensa quanto sottile»22 Il lavoro di Abbado diventa in questo modo un processo armonico dove tutte le componenti si integrano fra loro fino alla creazione di una completa unitarietà (messa in scena, cantanti e orchestra). Per la realizzazione della perfezione dello spettacolo è fondamentale la massima coordinazione con il regista, attraverso uno proficuo scambio di idee e un confronto di culture che deve alla fine scaturire nella comunione di intenti. Nel 1987 Abbado riceve il titolo di Generalmusikdirektor di Vienna, con il quale assume la coordinazione artistica di tutti gli eventi musicali della città . Ottenuto questo incarico prestigioso e creato apposta per lui, egli procede con determinazione all’arricchimento del repertorio tradizionale (Beethoven, Mozart, Schubert etc .) con l’inserimento di autori contemporanei (Malher, Berg, Berlioz etc..). Il suo compito sarà quello di gestire tutta la musica della città di Vienna dove si impegna in maniera totale ed innovativa spostando la maggioranza delle sue attività. Dopo l’esperienza della European Union Youth Orchestra (EUYO) e della Chamber Orchestra of Europe (COE) Claudio Abbado fonda nel 1986 la Gustav Malher Jugendorchester (GMJO), gemella dell’EUYO ma da essa indipendente che avrà sede a Vienna ma si sposterà per tournée in diversi paesi. Con la GMJO riesce a compiere quello che con la EUYO non era riuscito a realizzare: riunire giovani musicisti di quei paesi non ancora appartenenti all’ Unione Europea. La costituzione di questa orchestra è un’ulteriore conferma che il messaggio della musica è universale. La viennese GMJO è il punto di incontro per i giovani musicisti che hanno superato le audizioni e si preparano per fare musica insieme. Lo scopo di queste audizioni è quello di fornire ai giovani musicisti talentuosi la possibilità di suonare fuori dai loro paesi d’origine in un’orchestra con grandi direttori. Ogni anno, tra ottobre e dicembre si tengono audizioni in tutte le città europee. La selezione è fatta da una giuria di importanti musicisti d’orchestra che sovrintendono alle prove dell’orchestra. Tutti i musicisti tra i 16 e i 26 anni di età, con cittadinanza europea – anche se appartenenti a Paesi fuori dell’Unione Europea - sono ammessi alle audizioni. Nel 1992 la GMJO ha aperto le audizioni anche a giovani musicisti sopra i 26 anni. In quanto giovane orchestra paneuropea la GMJO é sotto il patrocinio del Consiglio d’Europa. La GMJO fa due grandi tour l’anno: uno a Pasqua e uno in estate, ma prima di ogni tour ci si incontra in residenze (Vienna, Bolzano, Lisbona e Interlaken), dove si lavora tutti insieme alla preparazione del concerto. Importanti musicisti provenienti da orchestre quali i Wiener e i Berliner Philharmoniker, assistono i musicisti suddivisi per sezioni. Alla fine si riuniranno e lavoreranno con
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Carla Moreni, I Grandi Direttori – Claudio Abbado, Il Sole 24 ore, Milano 2006, p.46.
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il direttore principale ai dettagli musicali finali. Durante queste fasi preparatorie i giovani musicisti acquisiscono una preziosa esperienza orchestrale e ricevono un’importante ispirazione per le loro carriere future. Non sono previsti costi per la sistemazione, la GMJO fa fronte a tutti i costi che si presentano in occasione dei periodi di prova e dei tour. Ogni anno la GMJO è invitata ad esibirsi ai più prestigiosi concerti organizzati e festival come il festival di Pasqua di Salisburgo, il festival di Edimburgo e il festival di Lucerna. Il repertorio della GMJO spazia dalla musica classica alla musica contemporanea, con particolare attenzione ai maggiori lavori di musica sinfonica del romanticismo e tardo romanticismo. In qualsiasi parte del mondo, Abbado con la sua esperienza e i suoi modi gentili e amichevoli, finisce sempre per trasmettere a tutti una grande serenità e passione per la musica, incoraggiando i giovani a diventare musicisti. Una sua costante era quella di vivere con loro partecipando a tutte le loro attività come una persona amica. Per Abbado i giovani continuavano ad essere fonte di entusiasmo e di nuove idee, da loro traeva forza e ispirazione per nuove interpretazioni musicali e con la sua vicinanza ai giovani, dà un profondo segnale di apertura culturale e sociale. A tale proposito in un’intervista Abbado dice: “E’ l’entusiasmo dei giovani a far muovere la mia bacchetta”.23
Questo è un segnale che la musica è un grande e potente veicolo che accomuna tutti, a prescindere dalla provenienza geografica.
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Claudio Magris, Abbado Una sinfonia per l’Europa, in « Corriere della Sera», 23 gennaio 1999, p.29.
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Abbado si intrattiene con l’orchestra Fonte: Claudio Abbado, a cura di Ulrich Eckhardt, Il Saggiatore , Milano, 2003, p.80
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2.2 Nel 1988 fonda il Festival “Wien Modern”. Nel 1988 Claudio Abbado fonda il Festival Wien Modern, manifestazione indipendente a Vienna per la musica del XX secolo e ne diventa anche il direttore artistico. Lo scopo del festival Wien Modern è quello di rivitalizzare la scena musicale viennese, ancor fortemente tradizionale. In un rapporto dialettico tra tradizione e innovazione, il Wien Modern è stato concepito come festival annuale di musica contemporanea, presentando al pubblico viennese i maggiori lavori della musica contemporanea e moderna e dove compositori del XX secolo di differenti generazioni, formazioni culturali e concezioni estetiche sono invitati a Vienna a partecipare a concerti portrait, workshops e conferenze. Per la prima edizione Claudio Abbado procede senza esitazione: ci sono i contemporanei Pierre Boulez, Luigi Nono, György Ligeti, György Kurtág e tra i più giovani Wolfgang Rihm affiancati a classici come Mozart, Haydn e Beethoven. Già a partire dal 1989 il programma del festival si arricchisce con nuovi nomi come il compositore italiano Bruno Maderna, Karlheinz Stockhausen (di cui viene eseguita la sua opera giovanile Gruppen per tre orchestre di cui Abbado è uno dei direttori), l’austriaco Friedrich Cerha e la russa Sofija Gubajdulina, accanto ai quali figurano come era nello stile del Wien Modern, due giovani austriaci Karlheinz Essl e Herbert Willi – di cui viene eseguito da Abbado il Froschmäusekrieg, come prima assoluta. Nel 1990 appaiono tra i compositori principali Luciano Berio, Elliott Carter, Ernst Krenek e Witold Lutoslawski. Il giovane Marco Stroppa con la sua composizione di musica classica e musica elettronica prodotta al computer porta un’ulteriore innovazione. A eseguire queste opere è per la maggior parte delle volte la Chamber Orchestra of Europe (COE). Successivamente, a ridosso delle manifestazioni musicali si affiancano mostre, rappresentazioni teatrali e proiezioni di film, con la collaborazione degli istituti di cultura francese, italiano e tedesco, e nel 1991 è stato bandito un concorso internazionale per giovani compositori. Si ricorda l’eccellente Festival in omaggio ad Andrej Tarkovskij all’interno del Wien Modern del 1991, nel quale viene presentata l’intera opera cinematografica di Andrej Tarkovskij (film e documentari). Abbado aveva già lavorato accanto al grande regista per la sua unica messa in scena di un opera lirica: il Boris Godunov di Modest Musorgskij diretta alla Staatsoper; comprese nel programma l’opera di Luigi Nono dedicata al regista russo No hay caminos, hay que caminar… Andrej Tarkovskij, la mostra “Da Ejzenštejn a Tarkovskij. La pittura dei registi cinematografici nell’unione Sovietica” e la mostra “Dalla rivoluzione alla Perestrojka”. Completa l’omaggio al grande artista un simposio dal titolo “Musica e Film”, con letture, drammi radiofonici e dialoghi tra artisti. Nel 1992 Claudio Abbado con la Gustav Mahler Jugendorchester (GMYO) dirige opere di Luigi Dalla Piccola, Hans Werner Henze e Iannis Xenakis – a cui si aggiunge Primavera dell'Anima, prima 39
esecuzione di Paolo Perezzani, vincitore del concorso. Torna con la GMYO negli anni 1994/1995, e dirige Morton Feldman, György Kurtág, Anton Webern e Edgar Varèse, per finire nel 1995 dirige i grandi compositori che hanno dato la spinta iniziale al Wien Modern: Schönberg, Mahler, Nono. Nel 1996 Abbado lascia la direzione artistica del Wien Modern, avendo lui stesso constatato che ormai il festival era in grado di andare avanti da solo. Con la scelta della interdisciplinarietà, Abbado attua un ampliamento del campo di azione della musica ponendo in evidenza la ricchezza di spunti che si possono trovare attraverso la correlazione con le altre arti. Nell’intento di modernizzare il repertorio musicale di Vienna, Abbado è riuscito a portare nuovo respiro alla vita musicale della città attraverso la presentazione di autori di musica contemporanea. La modernità e il futuro, sono sempre state dimensioni amiche del Maestro e la costituzione del Festival Wien Modern ha proprio avuto lo scopo di far conoscere al pubblico viennese, conservatore per tradizione, la musica di autori contemporanei. «For Abbado “Modern” did not just mean up-to-date, it meant keeping alive the evolutionary spark»24 Con la solita tenacia e determinazione e con la sua apertura a ogni tipo di suggestione Abbado è riuscito a portare a termine questo grande progetto senza mai arrendersi anche quando sembravano cose impossibili da realizzare. Per lui la parola “impossibile” non esisteva e lo ha dimostrato con la sua notevole forza di volontà che lo ha portato con la gentilezza a conquistare i più alti traguardi. L’azione culturale di Abbado ha finito per vivacizzare la vita musicale di Vienna ottenendo un ampio gradimento dei suoi cittadini. Durante la sua esperienza austriaca Abbado agisce con una visione aperta ai più vari stimoli culturali e alle più moderne estetiche musicali, mantenendo sempre una lungimirante ampiezza di vedute e producendo cultura.
«Per Abbado “moderno” non significava ultima moda, significava tenere viva la scintilla evolutiva» Lothar Knessl, Viribus unitis, nel sito www.wienmodern.at, ultima consultazione 25/05/2014. 24
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2.3 - Claudio Abbado e Ferrara Musica L’amore di Claudio Abbado per la città di Ferrara ha radici lontane. Era l’8 ottobre del 1951 quando la Società Ferrarese dei concerti inaugura la stagione all’Auditorium Comunale con un concerto dell’orchestra d’archi di Milano dove, accanto al padre Michelangelo, direttore e violino solista, c’era un giovanissimo Claudio Abbado al pianoforte. Abbado ha sempre avuto una grande considerazione per tutta l’Emilia Romagna (Reggio Emilia, Ferrara e poi Bologna, la città dove dal 2009 decide di vivere). Ha sempre dedicato un’attenzione particolare a Ferrara, dove è stato sempre presente dal 1989 al 2013. Nel 1989 Claudio Abbado fonda Ferrara Musica con l’obiettivo di offrire una residenza stabile ad orchestre internazionali giovanili allo scopo di creare una stagione concertistica e lirica di più ampio respiro. Dal 1989 al 1997 l’orchestra ospitata da Ferrara Musica è stata la Chamber Orchestra of Europe (COE) e al suo posto dal 1998 si è insediata la Mahler Chamber Orchestra (MCO), due realtà fortemente sostenute e volute da Claudio Abbado, che ne ha seguito e incoraggiato lo sviluppo e la crescita successivi. La COE apre la stagione inaugurale di Ferrara Musica con il concerto dell’aprile del 1989 insieme alla solista Maria João Pires al pianoforte con il seguente programma: Rossini – Semiramide, Schumann – Concerto per pianoforte op. 54, Mendelssohn – Sinfonia n.4 op. 90. La COE è presente nel programma concertistico e operistico di Ferrara Musica fino al 1997 con interessanti progetti ispirati dal Maestro Claudio Abbado. Si annoverano tra le opere il riallestimento scenico del Viaggio a Reims di Rossini nel 1991, con la regia di Luca Ronconi e le scene di Gae Aulenti già allestito al Rossini Opera festival a Pesaro nell’agosto del 1984 e l’anno successivo alla Scala, e il Barbiere di Siviglia di Rossini nel 1992, quest’ultimo registrato dalla casa discografica Deutsche Grammophon e ripetuto nel 1995 e le Nozze di Figaro di Mozart nel 1994. La COE chiude la lunga residenza a Ferrara con l’esemplare rappresentazione del Don Giovanni di Mozart nel 1997, anch’esso registrato dalla Deutsche Grammophon con cantanti-attori del calibro di Simon Keenlyside (Don Giovanni) e Bryn Terfel (Leporello), Patrizia Pace (Zerlina) e Anna Caterina Antonacci (donna Elvira), Carmela Remigio (donn’Anna) e Bruno Lazzaretti (don Ottavio), Andrea Papi (il Commendatore) e Ildebrando D’Arcangelo (Masetto). Claudio Abbado con la regia di Lorenzo Mariani e le scene e i costumi di Maurizio Balò ci propone una versione del Don Giovanni semplice e meticolosa e filologicamente corretta, che restituisce una visione unitaria all’opera, senza inutili fronzoli e aggiunte stilistiche. Lo stile dei cantanti è uniformato all’insieme dei componenti del cast e tutti conferiscono al proprio personaggio una cifra caratteristica. L’allestimento ferrarese è stato ed acclamato dalla critica internazionale. Paolo Isotta scrive sul 41
Corriere della Sera: «Abbado porta Don Giovanni in paradiso» 25 . Ciò significa che con la sua intensa direzione della COE ha contribuito maggiormente a creare l’atmosfera “celestiale” di Mozart dal punto di vista teatrale. Abbado ha inoltre diretto molti concerti con famosi amici e solisti (Radu Lupu, Maurizio Pollini). La città di Ferrara dal 1989 al 1997 per l’impegno profuso è diventata per molti membri dell’orchestra una seconda casa. Dal 1998 la Mahler Chamber Orchestra (MCO) ha residenza fissa a Ferrara Musica, realizzando al fianco di Claudio Abbado un vasto programma musicale, che apre la città di Ferrara a prospettive internazionali. Grazie a Claudio Abbado Ferrara diventa una città nota in tutto il mondo come sede di cultura che offre un programma musicale molto alto in qualità e con ampie proiezioni internazionali. Abbado con la MCO ha diretto nel 1999 il Falstaff di Verdi e il Simon Boccanegra nel 2001. La commedia verdiana, con la regia di Jonathan Miller e la scenografia di Herbert Kapplmuller, comunica divertimento e gioia e si rivela una messinscena brillante . Abbado recupera qui l’aspetto cameristico, che tanto gli è caro fin dagli inizi, consapevole che un’orchestra ridotta esalta maggiormente la compartecipazione di parola e musica. I 60 musicisti della MCO riescono ad evidenziare le diverse componenti presenti nell’opera: le immagini, le situazioni e i colori orchestrali vengono resi con una scorrevolezza e fluidità che da maggiore spinta all’azione drammatica. La giovane orchestra rende l’atmosfera gioiosa e frizzante cosa che forse non sarebbe stata possibile con un’orchestra tradizionale. Commenta Abbado sul Corriere della Sera:
«E' giusto ridere, divertirsi, senza dimenticare il senso drammatico dell' opera. Sono stati tutti bravissimi. Le comari allegre e brillanti come io e Miller desideravamo. E fantastici sono i ragazzi della Mahler Chamber Orchestra».26 Il personaggio di Falstaff interpretato da Ruggero Raimondi viene sottratto agli stereotipi classici di personaggio burlesco, e viene invece evidenziato lo spessore psicologico con la felice interpretazione di Lucio Galli e Carmela Remigio nei rispettivi ruoli di Ford e sua moglie Alice . Abbado affronta il Simon Boccanegra esattamente 30 anni dopo la prima alla Scala con la regia di Giorgio Strehler e le scene di Ezio Frigerio. Abbado ci offre una nuova versione del Simone, come appellava simpaticamente l’opera verdiana e che era tra le preferite del suo repertorio. La regia stavolta è affidata a Carl Philip von Maldeghem, già assistente di Peter Stein e autore dell’allestimento per il Festival di Salisburgo del 2000, scene e costumi sono di Lorenzo Cutuli. Ma
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Paolo Isotta, Abbado porta “Don Giovanni” in paradiso, in « Corriere della Sera», 26 gennaio 1997, pag. 26. Laura Dubini, Trionfa il "Falstaff" di Abbado, in «Corriere della Sera», 25 maggio 1999, pag. 36.
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è la presenza delle videoproiezioni ideate da Luca Scarzella che crea un’innovazione al modo tradizionale di partecipazione del pubblico all’opera.
«Lo spazio ridotto di questo palcoscenico ha permesso di sottolineare la dimensione intimistica del dramma di Simone – spiega von Maldeghem. Liberando la scena si sottolineano i rapporti tra i personaggi, mentre i loro pensieri, sogni e gli incubi dei personaggi prendono corpo in una serie di proiezioni ». 27 Abbado, memore dello storico allestimento della Scala, ha chiamato a dirigere i due Cori (European Festival Chorus e il Coro dell' Orchestra Verdi di Milano) Romano Gandolfi già responsabile del coro nel 1971. Ricordiamo che Abbado ha affrontato la sua prima opera lirica in Italia dopo la grave malattia che lo ha colpito nel 2001, ed è tornato con un’ energia ancora più forte e passionale alla guida della sua Malher Chamber Orchestra.
«Per Simon Boccanegra, ad esempio, lavorarono per due mesi 273 persone impegnate nella produzione a vario titolo, furono date commesse a 20 aziende di cui 12 ferraresi e ci furono 3.858 presenze alberghiere28» Così fan tutte nel 2000 e nel 2004 con la regia di Mario Martone e le scene di Sergio Tramonti è la terza opera di Mozart che Abbado affronta dopo le Nozze di Figaro e il Don Giovanni. Tale allestimento è già stato sperimentato con successo da Martone al Teatro San Carlo di Napoli, era un allestimento dal tono minimalista e vantava interpreti di spicco come Anna Caterina Antonacci (Dorabella) e Andrea Concetti (Don Alfonso). Claudio Abbado riporta la versione integrale dell’opera mozartiana, puntando sulla vivacità della commedia ed evidenziandone l’aspetto di gioco. Il Maestro alla direzione della Mahler Chamber Orchestra è stato capace con la sua perfezione e il suo gesto di conquistare musicisti e pubblico. Per la MCO è stato un ulteriore passo fatto insieme al suo direttore Claudio Abbado, che dal 2003 l’ha voluta come parte rilevante dell’orchestra del festival di Lucerna da lui rifondata. La lettura che ne fa Abbado con il suo solito rigore filologico, è diversa dalle altre; scopre ed evidenzia timbri che non sono mai stati presi in considerazione nei precedenti allestimenti.
«Così fan tutte è più difficile - sostiene Antonello Manacorda, primo violino - Qui tutto sembra leggero, soave, esile. In apparenza, però. Perché dietro sono nascosti abissi del mistero»29
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Giuseppina Manin, Abbado, trionfa la lirica del mare, in «corriere della sera», 26 maggio 2001, p. 37. Alessandra Zagatti, in Claudio Abbado, a cura di in Federica Tassinari ed Elli Stern, Edizione della Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, Ferrara musica e Comune di Ferrara, marzo 2014. 29 Giuseppina Manin, Mozart con Abbado, un inno alla gioia, in «Corriere della Sera», 9 febbraio 2000. 28
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Entrambe le opere sono state trasmesse su reti televisive italiane ed estere, e recensite dalla stampa internazionale. «Per Così fan tutte erano presenti 86 testate accreditate da sette Paesi Europei, dal Canada e dall’Argentina. Trecento spettatori venivano dall’estero, anche dal Giappone»30 Le ultime opere liriche di Abbado a Ferrara Musica sono state Il Flauto Magico di Mozart nel 2005 con la regia del figlio Daniele, che è stato rappresentato in prima assoluta a Reggio Emilia. E’ la prima volta che Abbado si avvicina a quest’opera. Il Flauto Magico è l’ultima composizione teatrale di Mozart composta nell’autunno del 1791, è una fiaba teatrale scritta in forma di Singspiel, genere operistico nato in area tedesco – austriaca che è caratterizzato dall’alternanza di parti cantate e parti recitate. A conclusione del suo ciclo musicale a Ferrara Abbado si cimenta col Fidelio di Beethoven, con la regia di Chris Kraus, giovane regista tedesco esordiente nel mondo della lirica e le stupende scene di Maurizio Balò. Il progetto è stato frutto di una coproduzione internazionale, che comprende la Fondazione i Teatri di Reggio Emilia, Teatro Real di Madrid, Festspielhaus Baden Baden, Teatro Comunale di Ferrara e Teatro Comunale di Modena. Oltre alla Mahler Chamber Orchestra, ci sono l'Arnold Schönberg Chor e il Coro de la Comunidad de Madrid. Il Maestro ha sempre sognato di interpretare il Fidelio di Beethoven che realizza con risultati molto soddisfacenti a seguito di uno studio meticoloso e attento della partitura, come era sua abitudine. Per la maggior parte dell’opera, l’interpretazione di Abbado segue la versione definitiva del 1814 eseguendo l’ouverture Fidelio e non la Leonore n.3 prima del finale nella sua variante mahleriana. Questo evidenzia l’attenzione filologica di Abbado per le partiture originali. La MCO a Ferrara si esibisce non solo al Teatro Comunale, ma anche in altri luoghi della citta come il torrione San Giovanni e suona inoltre il suo repertorio cameristico presso il Jazz Club di Ferrara. Per la MCO la città di Ferrara rappresenta la più lunga e antica residenza e ivi mette in atto differenti progetti anche in campo educativo e sociale. Si ricorda il workshop con gli studenti del conservatorio Frescobaldi, nel quale i musicisti della MCO danno lezioni, offrendo ai giovani studenti l’opportunità di provare con i musicisti pezzi scelti per poi suonarli. I workshop comprendono lezioni individuali e prove di musica da camera che per Abbado è il paradigma più adatto all’ascolto, puntando sull’obiettivo principale del fare musica insieme. Un’altra iniziativa della MCO a Ferrara è il progetto chiamato “MCO Landings” che consiste in sessioni di musico terapia per pazienti con danni cerebrali nel reparto di riabilitazione dell’ospedale S. Giorgio a Ferrara. Il progetto ha posto in evidenza la valenza terapeutica del messaggio musicale
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Zagatti, Claudio Abbado, cit.
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L’impegno sociale di Abbado si sente particolarmente quando c’è stato il terremoto in Emilia nel maggio del 2012, la sua mobilitazione è stata immediata e lui con il suo spirito di solidarietà ha programmato per il 23 settembre un concerto straordinario per la città di Ferrara, costringendo le istituzioni ad accelerare i tempi della ricostruzione, per far rivivere il Teatro Comunale centro della cultura estense. In questo concerto Abbado dirige la Lucerne Festival orchestra, il cui nucleo è costituito dalla MCO e il solista Maurizio Pollini nella esecuzione della Sinfonia n.1 di Anton Bruckner e del Concerto per pianoforte e orchestra n.17 di Mozart. I musicisti hanno suonato a titolo gratuito offrendo il concerto alla città. I fondi raccolti sono stati utilizzati per la ricostruzione del Teatro Comunale e di altri monumenti e istituzioni colpite dal sisma. Questa positiva capacità di reazione di Abbado e di tutti coloro che ne hanno capito immediatamente le intenzioni, ha consentito di rimettere in piedi dopo quattro mesi dal sisma la programmazione del Teatro a pieno ritmo restituendo la sua funzione di aggregazione sociale e di cultura.
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Roberto Benigni con il maestro Claudio Abbado durante le prove di Pierino e il lupo www.espresso.repubblica.it
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CAPITOLO 3 Vienna Berlino Lucerna
3.1 -1989-2002- Direttore principale ed artistico dei Berliner Philharmoniker. Nel 1989 Claudio Abbado viene scelto dai Berliner Philharmoniker come quinto direttore principale e successore di Herbert von Karajan nella direzione dell’orchestra. Abbado aveva avuto in passato esperienze di direzione con i Berliner Philharmoniker, il suo debutto è stato nel dicembre 1966, a soli 33 anni. La stampa ha espresso un giudizio più che lusinghiero nel definirlo il più promettente giovane direttore d’orchestra: un’esperienza che si è protratta anche l’anno successivo. E’ da sottolineare che i Berliner lo nominano con un’ampia votazione democratica. La scelta degli orchestrali non è improvvisata ma sono state considerate con attenzione le indubbie qualità del maestro: da quattro stagioni inaugura con successo il Festival di Berlino; è stato il primo direttore non austro-tedesco; possiede una buona conoscenza del repertorio della tradizione; un buon rapporto precedentemente instaurato con l’orchestra; i numerosi contratti discografici, la maestria nell’organizzazione di eventi culturali e, la cosa più importante, una totale conoscenza della cultura e della lingua tedesca. La caratteristica dei Berliner Philharmoniker è la capacità di autogovernarsi, scegliendo in perfetta libertà e autonomia i propri componenti e direttori con il criterio dell’eccellenza musicale. Si tratta di un’altra grande emozione e un’altra esperienza si apre per il grande Maestro che dal 1986 al 1991 è stato direttore musicale della Staatsoper di Vienna e dal 1987 Generalmusikdirektor della città. Nel 1965 lo stesso Herbert von Karajan lo invita al Festival di Salisburgo, dove fa il suo esordio dirigendo i Wiener Philharmoniker nella Seconda Sinfonia di Mahler. Abbado, che ha avuto la fortuna di ascoltare Karajan nei suoi anni a Vienna, riporta:
«ho il ricordo di molte rappresentazioni e di molti concerti diretti da Herbert Von Karajan che mi avevano profondamente toccato e commosso … ricordo sempre volentieri e con gratitudine i miei primi anni , nel corso dei quali Herbert Von Karajan mi è stato a fianco col suo consiglio e con il suo esempio.»31 Nella prima conferenza stampa di insediamento Claudio Abbado si dice molto felice di questa nomina, anche se sente il peso di questo incarico di grande responsabilità. Esprime il suo desiderio 31
Claudio Abbado, Ho cantato sotto la direzione di Karajan, in Karajan ovvero l’estasi controllata, a cura di Peter Csobádi, Vallardi,Milano, 1988, p.207
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di lavorare facendo musica al meglio, con l’impegno che lo ha sempre contraddistinto. Il concerto del suo debutto avrà come programma: Sinfonia n.1 in re maggiore di Mahler, Sinfonia in si minore “Incompiuta” di Schubert (con piccole aggiunte di Brahms) e Dammerung di Rihm, in prima esecuzione berlinese.32 Al momento della caduta del muro di Berlino la città subisce un clima di agitazione politica. In questa situazione si offre ad Abbado un terreno favorevole per organizzare svariati eventi musicali e culturali, con la doppia possibilità di lavorare sul passato e di ampliare il campo delle sue scelte musicali approdando alle estetiche musicali contemporanee. La sua apertura al rinnovamento trova un suo magico momento in una Berlino finalmente riunificata ma ancora ferita da profonde cicatrici storiche. Proprio in questo contesto complesso e travagliato la visione di Abbado, per la quale la musica è rispetto, cultura e pensiero, trova la sua massima realizzazione anche come elemento di coesione e riscatto sociale. Tra i suoi primi obiettivi c’è l’ammodernamento del repertorio, rispettando la tradizione musicale dei Berliner indirizzata ai grandi classici e romantici (Mozart, Beethoven, Brahms,), introduce la musica contemporanea (Mahler, Kurtág, Nono, Stockhausen) già diretta a Milano e Vienna, e molte esecuzioni di opera concertante (Il Boris Godunov di Musorgskij, il Simon Boccanegra di Verdi, il Tristano e il Parsifal di Wagner e il Wozzeck di Berg), oltre anche a riproporre Rossini con il viaggio a Reims e il Fierrabras di Schubert. Si prefigge la creazione di piccole orchestre da camera che eseguiranno un certo tipo di repertorio, accanto ai gruppi solistici già presenti. Un altro importante passo che compie è lo svecchiamento dell’orchestra, aumentando la presenza dei giovani. Si verifica così un notevole cambio generazionale. Nella sua attività berlinese Abbado sarà guidato dal principio dello Zusammenmusizieren.
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Angelo Foletto, Nell’era di Abbado Berlino guarda a Est, Berlino, 12/12/1989
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Berliner Philharmoniker eleggono Claudio Abbado come successore di Herbert Von Karajan 1989 Fonte: Claudio Abbado, a cura di Ulrich Eckhardt, Il Saggiatore , Milano, 2003, p. 67
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3.2 - I “cicli” berlinesi. Abbado, reduce dal successo acquisito a Vienna con il suo progetto interdisciplinare del “Wien Modern”, realizza anche a Berlino una serie di iniziative culturali che ruotano intorno agli eventi musicali. Particolare è stata la recitazione di poesie di Hörderlin alternata all’esecuzione musicale. L’accostamento di opere letterarie e visive, accanto alle esecuzioni musicali era di grande aiuto per avvicinare il popolo berlinese a comprendere meglio il concerto e il compositore. L’insieme di queste iniziative definite “Cicli Berlinesi”, comprendevano avvenimenti musicali e culturali che avvicinavano il pubblico alle diverse forme d’arte (letteratura, cinema, musica, poesia) ed erano di volta in volta dedicati a un preciso tema mitologico come Prometeo, o letterario come Hörderlin o Shakespeare. Anche in questo caso, Abbado ottiene l’interesse e la partecipazione attiva di un pubblico ben più vasto di quello che di solito frequentava gli ambiti teatrali e musicali. L’obiettivo dei «cicli» era proprio quello di raggiungere più gente possibile, come aveva già sperimentato a Milano e a Vienna. Abbado riesce a coinvolgere in questa operazione culturale complessa anche l’amministrazione cittadina e gli istituti di cultura . A riprova di quanto appena descritto nel libro “Musica sopra Berlino” Claudio Abbado risponde così ad una domanda di Lidia Bramani: «In un momento in cui a Berlino bisognava puntare tutto sul dialogo e sull’incontro di esperienze, anziché sui diversi modi di vivere e di pensare, una proposta interessata al pluralismo, anche nell’arte, pareva uno dei possibili segni di una volontà comune».33 Abbado è ben consapevole che la divulgazione è efficace quando è il frutto di un duro e ben organizzato lavoro precedente. La diffusione della cultura musicale presuppone in Abbado un ripensamento radicale del ruolo del direttore d’orchestra finora confinato nell’olimpo degli spiriti eletti all’interno di precisi circuiti (sale da concerto, teatri etc..). Abbado si fa gente tra la gente eliminando in tal modo ogni forma di esibizionismo in favore della condivisione più ampia possibile del messaggio culturale e sociale della musica: in tal modo la cultura diventa vita. In un ambito più specificamente tecnico, si può dire che tra direttore, orchestra e solisti si crea una reciprocità quasi simbiotica e per la quale lo scambio di esperienze è la fonte principale per l’interpretazione e l’esecuzione dei brani musicali. Il concetto di Zusammenmusizieren, ovvero il “fare musica insieme”, presuppone per Abbado un organico e continuativo processo educativo che 33
Claudio Abbado, Musica sopra Berlino, conversazione con Lidia Bramani, Bompiani, Milano, 2000, p.26.
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parte dalle scuole per poi proseguire nei Conservatori. 34 Coerentemente con il principio per il quale la migliore realizzazione musicale è possibile con il massimo affiatamento degli esecutori e degli interpreti, Abbado arriva ad affermare che la struttura orchestrale dovrebbe raggiungere un grado di sincronizzazione e di cooperazione pari a un ristretto gruppo di esecutori di musica da camera. Nel 1992 continua la sua ricostruzione culturale di Berlino facendosi promotore di un’altra importante iniziativa insieme alla violoncellista russa Natalia Gutman: i “Berliner Begegnungen” (Incontri berlinesi), un evento annuale di musica da camera a Berlino. Lo scopo di questi incontri è quello di valorizzare i giovani talenti attraverso il confronto con i più grandi artisti. A Berlino non si sentono le rigide distinzioni tra generazioni che spesso ci sono in Italia, ma i giovani sono sempre coinvolti in numerose iniziative culturali e sociali e Abbado ha contribuito con l’organizzazione di questi eventi a unire ancora di più tutte le componenti generazionali, etniche e sociali della città. In tal modo si conferma ancora una volta la vocazione multiculturale di Berlino, una lunga tradizione che è stata interrotta dall’infausto periodo della guerra fredda e che con la riunificazione ha avuto slancio e vigore. Come direttore artistico del Festival di Pasqua di Salisburgo, organizza nel 1994 il ciclo di concerti “Kontrapunkte” , che prevedono esecuzioni di autori contemporanei e l’assegnazione di tre premi rispettivamente a un compositore, a uno scrittore e a un pittore dell’ultima generazione. La visione globale che accompagna Abbado in tutto il suo iter professionale e culturale si manifesta ancora una volta nel suo interesse per il futuro e quindi in una particolare attenzione alle recenti tendenze estetiche musicali.
3.3 - Nel 1997 nasce la Mahler Chamber Orchestra. Dal 2003 ricostituisce e dirige la nuova Orchestra del Festival di Lucerna. Nel 1997 alcuni musicisti della Gustav Mahler Jugendorchester (GMJO) appartenenti all’Unione Europea e non più in possesso della qualità di “giovani”, costituiscono l’ Orchestra itinerante Malher Chamber Orchestra (MCO), nello spirito di continuare a suonare insieme. Sull’esempio della Chamber Orchestra of Europe (COE), nata nel 1981 in seno alla European Union Youth Orchestra (EUYO) questi musicisti, con il decisivo sostegno di Claudio Abbado, hanno dato vita a una nuova formazione musicale che ha raggiunto progressivamente un livello internazionale. L’orchestra costituita da 45 membri provenienti da vari paesi d’Europa viaggia all’incirca 200 giorni l’anno ma la permanenza più lunga è stata a Ferrara. Nel corso del tempo, a 34
Cfr Abbado, Musica sopra … cit. p. 11, p.18.
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seconda dei progetti da realizzare, a questo gruppo fisso si sono affiancati altri musicisti di alto livello. Con questa formazione insieme fissa e itinerante è stato possibile eseguire un repertorio sempre più ampio. La parola “Chamber” nel nome non si riferisce al numero degli orchestrali ma pone in risalto l’unione di questi musicisti in un gruppo fortemente coordinato che ha come legame principale il profondo amore per la musica e il perfezionismo dell’esecuzione. La MCO, seguendo l’esempio del loro maestro Claudio Abbado, si dimostra attenta ai temi dell’educazione e dell’impegno sociale attraverso due progetti: MCO Academy|NRW35 e MCO Landings. Nel campo dell’educazione la MCO è attiva con la MCO Academy|NRW che, d’accordo con il partner fondatore Orchesterzentrum|NRW, nel 2009 ha scelto la sua residenza a Dortmund. I musicisti della MCO condividono la loro esperienza musicale con giovani desiderosi di apprendere. Fedele alla natura internazionale dell’orchestra, la MCO Academy|NRW coinvolge una vasta rete di partner: nel 2012 si sono aggiunte due istituzioni da Barcellona e da Manchester e nel 2013 altre due istituzioni in Norvegia ed Australia. La MCO Academy|NRW rappresenta uno straordinario modello di educazione per giovani studenti di musica che hanno la possibilità di entrare in contatto con musicisti di grande esperienza. Per tutto il periodo ogni studente è seguito da un musicista della MCO che lo incoraggia e lo guida. Diverse sono le attività che svolge: audizioni di prova, musica da camera, workshop, lezioni private ed esecuzioni orchestrali. Dopo aver superato l’audizione, gli studenti entrano in contatto con la MCO, acquistando così una considerevole esperienza pratica. L’attività principale della MCO Academy|NRW consiste nella realizzazione di concerti annuali
sotto la direzione di nomi di
prestigio internazionale: Daniel Harding (2009), Ton Koopman (2010), Pierre Boulez (2011), EsaPekka Salonen (2012), Pablo Heras-Casado (2013), Peter Eötvös (2014) Heinz Holliger (2015). Gli studenti che durante i concerti della MCO Academy|NRW hanno mostrato di avere un grande talento possono essere segnalati dai musicisti della MCO per una borsa di studio assegnata dalla MCO Foundation e gli studenti vincitori possono partecipare ad tutti i progetti della MCO. MCO Landings fa parte di un programma socio-educativo istituito dalla MCO per promuovere la massima diffusione della musica. Il programma MCO Landings favorisce l’interculturalità e lo scambio di conoscenze, andando oltre i confini e le barriere, proprio come Abbado aveva insegnato. MCO Landings comprende due settori: 1) l’Instrumental Coaching che ha il compito di incoraggiare gli studenti a suonare al meglio e a mettere il cuore in quello che fanno. Il profilo internazionale della MCO rappresenta un grande vantaggio per il loro lavoro e permette all’orchestra di impegnarsi in un dialogo con giovani musicisti di tutto il mondo e incoraggia la comunicazione e lo scambio tra di loro. Le attività 35
North Rhine - Westphalia
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comprendono formazione, sessioni di musica da camera, prove comuni ed esecuzioni. Negli anni passati i musicisti della MCO hanno condiviso la loro esperienza con molte orchestre giovanili: Simón Bolívar Youth Orchestra in Venezuela, -Sinfonica Heliopolis, orchestra of the Institutio Bacarelli in Sao Paolo, - Orquesta Sinfonica Juvenil Batuta Bogotá, -Music School Orchestra Medellin Colombia, -Singapore National Youth Orchestra,- Jove Orquestra Nacional de Catalunya (JONC). 2. la MCO Music Outreach (attività musicali per diversi uditori) ha lo scopo di aprire il mondo della musica classica ad un pubblico più vasto, comprese le persone con disabilità. Comprende piani di educazione legati a programmi specifici: il progetto di collaborazione Songbound in India nel gennaio 2012 ha visto i musicisti della MCO attivarsi con il concreto contributo di scuole , cori e musicisti professionisti da tutto il mondo, rendendo la musica accessibile ai bambini poveri delle periferie. Con il progetto «Feel the Music», la MCO incoraggia i bambini non udenti a esplorare attraverso l’Europa il mondo della musica. Elementi chiave del programma della MCO sono le visite nelle scuole e le prove aperte ai concerti che avvengono in diversi Paesi. In relazione alla qualità e alla vastità di repertorio concertistico e grazie anche alla sua autonomia economica , la MCO nel 2011 è stata nominata Ambasciatrice Culturale dell’Unione Europea. La ricerca instancabile di nuove mete e di nuove esperienze legate a una notevole capacità organizzativa e di comunicazione umana inducono Abbado a ricostituire l’Orchestra del Festival di Lucerna. Questa orchestra nasce dall’unione della Mahler Chamber Orchestra con alcuni dei più grandi solisti del panorama internazionale (prime parti dei Berliner Philharmoniker e dei Wiener Philharmoniker). Dal 2003 il Maestro Abbado dirige la nuova Orchestra del Festival di Lucerna. Tra gli eventi promossi in quel periodo si ricorda il ciclo di concerti dedicati alle sinfonie di Mahler.
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CAPITOLO 4 L’Orchestra Mozart e “El Sistema” venezuelano delle orchestre e dei cori giovanili e infantili.
4.1 -2004- Direttore musicale e artistico dell’Orchestra Mozart a Bologna. L’Orchestra Mozart nasce a Bologna nel 2004 da un’idea del bolognese ed ex sovrintendente della Scala Carlo Maria Badini, e con il sostegno della Fondazione Carisbo (Cassa di risparmio in Bologna) il cui Presidente Fabio Roversi Monaco ne diventa il principale finanziatore. Claudio Abbado ne assume la direzione artistica e ne delinea la struttura e i contenuti programmatici immediati e di medio e lungo termine. Abbado sceglie personalmente i musicisti tra prime parti delle più grandi orchestre d’Europa, tra famosi solisti (Marta Argerich, Helène Grimaud) e tra giovani emergenti. La selezione viene attuata su conoscenze acquisite in precedenza (si pensi a Diego Matheuz, direttore ospite principale dell’Orchestra Mozart e ad Angelica Olivo primo violino dell’orchestra, entrambi provenienti dal Sistema venezuelano di José Antonio Abreu). Affinità elettive e percezioni umane costituiscono lo schema dell’Orchestra Mozart, come per le altre orchestre fondate da Abbado con successo. A differenza delle altre orchestre giovanili precedenti, la Mozart non nasce per definizione come orchestra “giovanile”, a prescindere dal fatto che comunque sono presenti molti giovani all’interno. Con l’orchestra Mozart Abbado utilizza l’esperienza delle “prime parti” nella formazione dei giovani. Accanto alla capacità e alla bravura musicale, il Maestro tiene molto in considerazione la carica umana, che crea rapporti di stima reciproca. Anche l’orchestra Mozart si distingue per affiancare alla sua attività artistica e concertistica, una forte attività dedicata agli aspetti sociali del territorio di Bologna. Abbado vuole un’orchestra che non si limiti a suonare in ambienti dedicati espressamente alla musica (sale da concerto, teatri), ma anche in altri luoghi (ospedali, carceri, centri sociali), raggiungendo le categorie più disagiate escluse dalla fruizione del bene della musica colta. Un obiettivo questo che Abbado ha sempre sentito e realizzato in tutte le città in cui ha lavorato (si pensi ai concerti nelle fabbriche negli anni ’70 e ai concerti per studenti e lavoratori alla Scala). Un’ altra iniziativa molto importante che il Maestro ha realizzato per coinvolgere un pubblico più diversificato, è stata l’accesso alle prove generali alle scuole, alle associazioni e anche a gruppi di carcerati. L’Orchestra Mozart si distingue quindi per il suo impegno sociale . Nel 2006 nasce il progetto TAMINO (acronimo di Terapie e Attività Musicali Innovative Oggi ) su un’istanza di Abbado e soprattutto grazie alle idee della figlia Alessandra che imposta questo 54
progetto con il reparto di chirurgia pediatrica del Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna. Inizia come progetto pilota della durata di sei mesi, durante i quali è stato creato un laboratorio musicale e di musicoterapia all’interno della chirurgia pediatrica del Sant’Orsola. Questa prima esperienza si conclude con grande successo e riscuote pareri positivi di medici, operatori e pazienti. Nel 2007 si decide di ampliare il progetto partecipando a un altro bando dell’Assessorato alla Cultura della Regione Emilia Romagna. Il progetto TAMINO è quindi cresciuto, e si è esteso anche ad altri reparti, quali la Oncoematologia pediatrica, la Medicina pediatrica, la Neuropsichiatria infantile e i Disturbi del Comportamento Alimentare. A riprova della considerazione per la forte valenza sociale del progetto e del successo ottenuto, la Regione Emilia Romagna concede dei finanziamenti, consentendo al progetto TAMINO di riprendere le sue attività . Abbado ha sempre creduto nel potere terapeutico e spirituale della musica avendone avuto prova quando nel 2001 è stato colpito da un cancro allo stomaco. In questa brutta circostanza, la musica lo ha aiutato molto a gestire in maniera positiva questa difficile malattia e il suo desiderio di conoscenza non si è mai interrotto, spinto anche dal suo spirito di curiosità. I musicisti dell’Orchestra Mozart che hanno partecipato al progetto TAMINO sono stati molto incoraggiati dal risultato e si sono sentiti arricchiti nell’aver fatto qualcosa di importante per i bambini. Andare nelle strutture ospedaliere diventa per loro un’esigenza irrinunciabile e tutte le volte che ritornano in quei reparti riescono a restituire ai bambini malati allegria e spensieratezza . Per loro diventa un’emozione fortissima che li carica sempre di più di energia . Attraverso le parole e le note di Pierino e il Lupo di Sergej Prokof’ev i musicisti riuscivano a restituire un sorriso a quei bambini sofferenti. Il regolamento dell’ospedale stabiliva che l’esecuzione musicale avvenisse nella sala comune dove confluiva il personale sanitario e i bambini in grado di camminare anche se portavano con se la flebo. L’evento diventava triste quando fra i piccoli spettatori non erano presenti i bambini così gravi da non potersi muovere perché costretti a letto. Una caratteristica importante del progetto TAMINO era la stretta interazione che si creava con i bambini che potevano toccare gli strumenti e sentire la produzione del suono da vicino e, alla fine dello spettacolo, diventavano loro stessi direttori, conducendo con la bacchetta i musicisti . Mattia Petrilli, flautista dell’Orchestra Mozart, ricorda un episodio che gli ha destato una grande emozione. Una bambina autistica, che conosceva a memoria la parte di Pierino e il lupo aveva cominciato a dirigere il fagottista che doveva suonare il tema del nonno, ma cha per distrazione continua a suonare il tema di Pierino, allora la bambina gli canta il tema del nonno e rimaniamo tutti
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a bocca aperta positivamente stupiti. 36 Questo è il segno tangibile che la musica è un importante strumento di trasformazione e di crescita interiore e che dovrebbe necessariamente arrivare a tutti . Non a caso il Maestro Piero Farulli, fondatore della scuola di musica di Fiesole diceva che “La musica è un bene da restituire” 37 Un importante e singolare progetto dell’orchestra Mozart per la diffusione dell’educazione musicale nelle scuole, è stata l’ esecuzione del Te Deum di Berlioz il 25 ottobre del 2008 al Pala Dozza (palazzetto dello sport di Bologna). Il Progetto Te Deum é nato da una proposta del Prof. Luigi Berlinguer, Presidente del Comitato Nazionale per l’apprendimento pratico della musica ed exministro dell’ Istruzione, che da tempo si batte per la diffusione della musica nelle scuole a partire dalla prima infanzia. Claudio Abbado contattato da Berlinguer per la realizzazione di questo progetto, propone per l’evento di eseguire il Te Deum di Berlioz, per la sua particolarità di prevedere nella partitura un coro di 600 voci bianche. Il Te Deum di Berlioz è l’inno sacro che il compositore francese aveva composto nel 1849 per l’incoronazione di Napoleone III, che era fino a quel momento poco conosciuto in Italia. In sintonia con Berlinguer, il Maestro ha sempre considerato fondamentale e formativo l’insegnamento della musica nelle scuole di ogni ordine e grado. “Un coro in ogni scuola” era questo lo slogan che Luigi Berlinguer aveva coniato per il Progetto Speciale Musica da lui promosso nel 1999, che prevedeva la costituzione di laboratori musicali e di cori scolastici su tutto il territorio nazionale. E’ stato un evento straordinario alla cui realizzazione si è resa necessaria la cooperazione di molte persone e di Istituzioni pubbliche. Al successo di questa operazione è stato fondamentale il contributo operativo ed organizzativo della Regione e dell’ufficio scolastico dell’Emilia Romagna nella selezione dei bambini per il coro. I bambini che cantavano nel coro erano 623, accompagnati da 150 coristi adulti e 157 strumentisti per un totale di 930 esecutori. In più Abbado dirigeva tre orchestre: la Mozart, l’Orchestra giovanile Luigi Cherubini fondata da Riccardo Muti e l’Orchestra Giovanile Italiana di Fiesole costituita da Piero Farulli . Partecipavano all’evento anche il Coro del Teatro Comunale di Bologna e il Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, e i solisti Marius Brenciu tenore e l’organista Iveta Apkalna. 38 Questo evento grandioso è stato anticipato nell’apertura dalla divertente recitazione di Roberto Benigni di Pierino e il lupo di Prokof’ev, la favola più bella per spiegare la musica ai ragazzi e uno dei pezzi più suonati dai musicisti della Mozart in occasione del progetto TAMINO. Dopo questa 36
Intervista telefonica a Mattia Petrilli flautista Orchestra Mozart, Roma 05/08/2014 Intervista ad Angelo Foletto, Milano, 09/07/2014. 38 http://www.orchestramozart.com/index.php?page=te-deum-2, ultima consultazione 16/06/2014. 37
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simpatica introduzione, ha inizio lo spettacolo: tutti gli occhi sono concentrati su quello che avviene sul palco, e con la sua figura minuta di Abbado riesce con la sua disciplina, il suo gesto sobrio e la sua semplicità a dirigere più di 3000 tra bambini e ragazzi , quasi come se si trovasse davanti a un piccolo gruppo di musica da camera e a un piccolo coro e non di fronte ad una più ampia struttura orchestrale. E’ stata una pagina memorabile e molto importante, che conferma ancora una volta la necessità di introdurre l’educazione musicale nelle scuole fin dai primi anni. E’ stata un’ulteriore conferma di quanto la musica piò cambiare lo spirito e le coscienze della gente. Sono sicura che Abbado con questa esecuzione è riuscito a trasmettere quella sera qualcosa che rimarrà per sempre indelebile nella mente e nei cuori di tutti quei bambini e di tutti quelli che vi hanno partecipato: 5000 tra musicisti, coro e spettatori. Va sottolineato inoltre che il Maestro Abbado e Roberto Benigni hanno deciso di devolvere il loro compenso in beneficenza: i proventi del Maestro Abbado andranno all’Associazione Vidas, che a Milano e provincia assiste gratuitamente i malati terminali; mentre Benigni li ha destinati al Progetto TAMINO dell’Orchestra Mozart. Nel 2011 a seguito del Progetto TAMINO, nasce il Progetto PAPAGENO di un coro polifonico all’’interno della Casa Circondariale Dozza di Bologna. L’attenzione dell’Orchestra Mozart verso le persone detenute si manifesta già nel 2005 con la creazione di un laboratorio di percussioni presso l’Istituto penale Minorile, con la partecipazione delle prime parti dell’Orchestra. Negli anni successivi si sono realizzati tre concerti all’interno della Casa Circondariale Dozza. Si ricorda inoltre l’apertura alle prove generali a gruppi di carcerati , che hanno dovuto affrontare difficoltà burocratiche per ottenere dei permessi speciali per assistere alle prove musicali fuori dal carcere. Grazie alla fruttuosa collaborazione tra la struttura dell’organizzazione dell’Orchestra Mozart con la Direzione della Casa Circondariale è stato possibile realizzare un progetto più articolato e nell’ottobre del 2011 nasce il progetto PAPAGENO. Il coro è sicuramente l’espressione più alta dello stare insieme e dell’ascolto reciproco. Il coro polifonico del Dozza è il primo in Italia dove si è verificata la partecipazione di uomini e donne insieme. Il Maestro Michele Napolitano, giovane direttore di coro che già seguiva altri cinque cori cittadini e che da tempo lavorava per il sociale, è stato scelto dall’orchestra Mozart per guidare questo coro. Per il Maestro Napolitano è stata una scommessa difficile che gli ha consentito di realizzare un progetto a beneficio della crescita umana e sociale dei detenuti. Uomini e donne provano separatamente e solo una volta al mese si riuniscono per accordare tra di loro le voci e le parti imparate in sedi separate. Il carcere è una realtà molto difficile e complicata e questa iniziativa è servita a far recuperare ai detenuti la capacità di stare di nuovo insieme. Questa esperienza comunitaria ha consentito a tutti i 57
partecipanti di realizzare il proprio riscatto sociale attraverso la musica. La direttrice del carcere narra che, dopo un difficile avvio causato da un forte scetticismo, il progetto si è avviato con successo e le domande di partecipazione dei detenuti al coro PAPAGENO sono aumentate con un numero di richieste superiore al numero di posti previsto. Voglio concludere con una dichiarazione di Claudio Abbado proprio sul progetto PAPAGENO : «Il canto è l’espressione musicale più spontanea e naturale e il coro è la forma più immediata del fare musica insieme. In un coro ogni persona è sempre concentrata sulla relazione della propria voce con le altre. L’ascolto dell’altro è quindi alla base del canto corale e in generale del fare musica insieme. Imparare a cantare insieme significa imparare ad ascoltarsi l’un l’altro. Il coro quindi, come l’orchestra, è l’espressione più valida di ciò che sta alla base della società: la conoscenza e il rispetto del prossimo, attraverso l’ascolto reciproco e la generosità nel mettere le proprie risorse migliori a servizio degli altri».39
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http://www.orchestramozart.com/index.php?page=claudio-abbado-sul-progetto-papageno
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Progetto Tamino Orchestra Mozart – Policlinico Sant’Orsola Malpighi - Bologna http://mattiafl.wordpress.com/musica-x-tutti/progetto-tamino/
Te Deum di Berlioz al Paladozza di Bologna nel 2008 Fonte: Marco Caselli Nirmal
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4.2 Abbado e Abreu: El Sistema orchestrale giovanile e infantile del Venezuela. Claudio Abbado conosce “El Sistema” venezuelano delle Orchestre e dei Cori giovanili e infantili nel 1999, quando si reca in tournée con la Mahler Jugendorchester in alcuni paesi dell’America Latina. Rimane positivamente impressionato dal modo in cui questi giovani vivono la musica soprattutto nella sua capacità di aggregare persone e portare in primo piano il rapporto umano e i legami sociali che ne derivano. Osservando questa appassionata visione della musica in un Paese considerato del Terzo mondo, Abbado ha avuto subito il desiderio che questo fosse possibile anche in Italia luogo incomparabile di cultura e di pensiero. “El Sistema”, la cui definizione ufficiale è «opera sociale dello stato venezuelano consacrata al riscatto pedagogico, occupazionale ed etico dell’infanzia e della gioventù, attraverso l’insegnamento e la pratica collettiva della musica, finalizzata all’abilitazione, prevenzione e recupero dei gruppi più vulnerabili del paese, sia per età che per situazione socioeconomica»40 è nato nel 1975 a Caracas dal sogno di un grande uomo Josè Antonio Abreu, economista di formazione, musicista, direttore d’orchestra ed ex ministro della cultura. Proprio nel periodo in cui era ministro della cultura Abreu si è battuto per rendere l’arte fruibile a tutti e non solo qualcosa di elitario. L’arte deve essere accessibile a tutti, deve essere un patrimonio comune. Sempre nel 1975 nasce la Fundación del Estado para el Sistema Nacional de las Orquestas Juveniles e Infantiles de Venezuela41 (Fesnojiv) che nel 1979 ottiene anche il sostegno e il riconoscimento dello Stato . Abreu e Abbado hanno molto in comune. Entrambi possiedono una forte determinazione nel realizzare qualsiasi cosa utilizzando la loro grande capacità organizzativa ed entusiasmo nel portare il messaggio musicale a un numero sempre maggiore di persone senza limitazioni, perché la cultura va oltre ogni barriera e la sete di conoscenza vince su tutto. L’incontro tra i due maestri non sembra casuale. Tantissimi segni li accomunano: Abreu ha 7 anni quando decide di studiare musica, dopo aver trovato a casa un baule appartenuto al nonno Don Tonino, che conteneva spartiti, libri musicali, locandine di opere liriche e concerti. Gli si è aperto un mondo magico! Lo stesso accade ad Abbado quando a 7 anni dal Loggione della Scala ha assistito ai Nocturnes di Debussy diretti dal Maestro Antonio Guarnieri e da allora ha voluto ricreare la magia che aveva vissuto quella sera, diventando direttore d’orchestra. Abreu a 35 anni ha creato El Sistema che ha cambiato la vita di tantissimi giovani venezuelani, Abbado a 35 anni è diventato direttore stabile della Scala dove ha portato un totale rinnovamento della proposta musicale. Entrambi ritengono che l’educazione musicale sia fondamentale nella crescita del bambino, non solo per l’aspetto musicale, ma anche e soprattutto 40 41
Cfr. Ambra Radaelli, La Musica salva la vita, Feltrinelli, Milano, 2012, p.19 Cfr. Helmut Failoni, L’altra voce della musica, il Saggiatore, Milano, 2006. P.52.
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per l’aspetto umano e l’apprendimento di gruppo dove è privilegiato la spinta all’emulazione e al gruppo come un valore. Entrambi intuiscono da subito che la musica è una cura, una terapia che va oltre l’apprendimento “tecnico” e sarà una convinzione che guiderà le loro scelte di vita. Abreu con il suo meraviglioso progetto di “El Sistema” è riuscito a restituire uno scopo di vita a giovani che non avrebbero avuto la possibilità di scegliere una strada diversa dalla delinquenza, offrendo loro la possibilità di un futuro migliore attraverso il fare musica insieme come progetto sociale e culturale facendone delle persone migliori. Sulla base di queste convinzioni, il Maestro Abreu riesce a portare la musica nelle zone più povere di Caracas, nell’intento di coinvolgere nelle attività del “Sistema” i bambini e i ragazzi che vivono nei fatiscenti barrìos di Caracas, dove esiste solo violenza, assenza di servizi sociali ed educativi e soprattutto la percezione che nulla potrebbe mai cambiare. Il fare musica diventa il simbolo di un riscatto sociale, di liberazione dalla povertà. Prima ancora della funzione artistica quello che più salta agli occhi di questo progetto è la sua funzione sociale. Abreu è riuscito nell’arco di trent’anni a creare un sistema di Orchestre Giovanili a cui partecipano circa 400.000 giovani, divisi tra varie orchestre: infantili, giovanili e professionali, tra un’età compresa dai 5 anni fino ai 25 anni. Al Maestro Abreu piace usare la metafora della piramide: alla base c’è l’orchestra infantile, nel corpo centrale c’è l’orchestra giovanile e alla cuspide della piramide c’è la giovane orchestra professionale. La musica è per tutti questi bambini e ragazzi la speranza di trovare un loro posto nel mondo e la speranza di “diventare qualcuno”: la musica diventa per loro la vita. Il loro motto è stato dall’inizio: “tocar y luchar”, suonare e lottare , ovvero lottare per un riscatto sociale, per dimostrare che c’è sempre, se si vuole, la possibilità di salvarsi che loro hanno trovato nella musica. La musica come funzione sociale, la musica come fratellanza, la musica
come
integrazione, la musica come vittoria sull’emarginazione. Un altro interessante progetto nato nel 1995 all’interno di “El Sistema” è il «Programma di Educazione Speciale» coordinato da Johnny Gómez che consiste nell’avvicinare alla musica persone con deficit fisici (visivi, uditivi, di apprendimento, motori), facilitando il loro inserimento nella società. In questo programma rientra un’iniziativa unica al mondo che ha commosso il Maestro Abbado e tutti coloro che lo hanno accompagnato in quest’avventura: il coro dei Manos Blancas, composto da bambini sordomuti che cantano con le mani. Indossano dei guantini bianchi e le muovono seguendo le indicazioni della loro direttrice Naybeth García.
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«Le muovono verso l’alto, lentamente, ondeggiando a ritmo della musica , librandole nell’aria, come colombe bianche che volano improvvisamente fuori dai cilindri dei maghi»42 Sono affiancati da un coro composto da non vedenti, portatori di handicap e da ragazzi e ragazze normali che stanno lì per dimostrare che davanti alla musica siamo tutti uguali. Questa è considerata da Naybeth García, Johnny Gomez e da tutti coloro che si sono aggiunti successivamente a questo progetto una vera e propria missione, un progetto di vita. Per loro questo significa fare il proprio lavoro con dedizione, dando a questi bambini tutto il loro amore e ricevendone da loro altrettanto. Dopo avere assistito a una loro esibizione il Maestro Abbado, nonostante la sua grande esperienza musicale e sociale, ha dichiarato di essere rimasto veramente affascinato dalla realtà venezuelana considerandola un esempio da seguire per tutto il mondo da un punto di vista culturale, sociale e soprattutto umano. Nel “Sistema” la costruzione degli strumenti è una possibilità che si offre ai giovani che non sono portati ad imparare a suonare. A tal proposito, Abreu fonda vari centri di liuteria, dove i ragazzi imparano ad assemblare uno strumento, assicurandosi un lavoro per il futuro. Nel 2007 è nato anche “Il programma Accademico penitenziario”, una grande iniziativa di Diritti Umani nelle carceri, un progetto creato in collaborazione con il Ministero degli Interni e della Giustizia e coordinato da Lenin Mora, laureato in Diritto Internazionale Umanitario, specializzato in criminologia, nonché suonatore di corno nell’orchestra Simón Bolívar. Questo progetto permette ai detenuti di scontare la loro pena attraverso sistemi alternativi alla detenzione. Questo è un metodo efficace di reinserimento sociale, perché l’apprendimento di uno strumento musicale consente al giovane di continuare a suonare anche fuori dal carcere. Un esempio concreto è il caso di Lennar Acosta, giovane venezuelano che durante la sua detenzione nel carcere minorile, viene a conoscenza del “Sistema” di orchestre giovanili. Gli viene proposto di suonare il clarinetto e da allora Lennar comincia a studiare musica e a garantirsi una nuova vita uscito dal carcere. «Oggi Lennar, “il ragazzo che scambiò una pistola con un clarinetto” vive in Germania, dove ripara e costruisce organi.»43
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Helmut Failoni e Francesco Merini, L’altra Voce della Musica, DVD video, il Saggiatore, Milano, 2006. Radaelli, La musica… ,cit pp.42-43
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Abbado a Caracas mattiafl.wordpress.com
Coro delle mani bianche a Caracas artvillagesansevero.wordpress.com
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4.3 A Caracas e all’Avana con l’Orchestra Giovanile venezuelana “Simón Bolívar”. Dal 2005, ogni anno, Claudio Abbado va in Venezuela per lavorare con i giovani musicisti dell’Orchestra Simón Bolívar,44 l’orchestra creata da Jose Antonio Abreu con i giovani formatisi all’interno di “El Sistema” di Orchestre giovanili. Abbado, che si è sempre fatto chiamare Claudio, assume un atteggiamento affettuoso e sorridente con gli orchestrali, anche quando durante le prove qualche passaggio nelle esecuzioni non è in armonia con gli altri. In quel caso dice di ascoltare semplicemente gli altri, perché la musica è reciproco ascolto. Ad Abbado piace scambiare opinioni con i propri musicisti, non ha mai un atteggiamento autoritario con l’orchestra ma ha sempre sostenuto che l’ascolto è importante anche come segno di rispetto verso gli altri. I giovani musicisti della Simón Bolívar sono ragazzi che provengono dai nuclei (centri didattici) del “Sistema” dove hanno imparato a suonare con grande impegno e disciplina ma con divertimento, perché il gioco è alla base di un buon rapporto tra le diverse parti. Si prenda ad esempio la lingua inglese e quella francese dove suonare si traduce con “to play” e con “jouer”, ovvero giocare. Si crea dunque un rapporto umano prima che artistico che per Abbado è qualcosa di fondamentale e imprescindibile. Sono le persone che fanno la musica e la rendono tale. Non esiste competizione tra i giovani che compongono queste orchestre, il loro desiderio è solo quello di far musica insieme, di creare qualcosa di bello e di coinvolgente. Questo è innato in Venezuela, dove c’è un’ istinto naturale per la musica, frutto delle varie influenze che si sono succedute nel corso del tempo (razza negra, razza india, influenza Europea: Spagna, Portogallo, Italia e Germania ). In questa avventura venezuelana Abbado si fa accompagnare da Alessio Allegrini, primo corno solista dell'Orchestra Nazionale di Santa Cecilia in Roma, dell’Orchestra Mozart e dell’Orchestra del Festival di Lucerna. Alessio si occupa della formazione e della preparazione dei fiati e degli ottoni nell’Orchestra Giovanile Latinoamericana e poi nell’Orchestra Simón Bolívar. Egli si trova a proprio agio tra i giovani venezuelani, si rende disponibile con i giovani musicisti dell’Orchestra e il suo metodo di insegnamento è alquanto inusuale e particolare. Lui non richiede mai l’interprete, perché inventa un linguaggio tutto suo, molto divertente che i ragazzi capiscono. E’ una specie di dialetto misto tra romano con s finale e un po’ di spagnolo, lui lo chiama itaniol, si può vedere nel bellissimo DVD di Helmut Failoni e Francesco Merini “L’altra voce della musica”, edito dal Saggiatore. Abreu ha molto apprezzato il lavoro di Alessio e il suo modo confidenziale di porsi con i ragazzi 44
Il più grande sostenitore dell’unione fra tutti gli stati dell’America Latina
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come amico, come fratello che li aiuta e li consiglia su cosa fare. Abbado porta l’orchestra Símon Bólivar anche all’Avana, dove realizza un grande concerto dove si uniscono ai musicisti venezuelani 44 musicisti cubani. E’ un importante evento che assume un enorme significato per la musica e per la cultura. I giovani musicisti della Orchestra giovanile venezuelana indossano anche a Cuba i colori nazionali del Venezuela: giallo, blu e rosso. Abbado riceve al teatro “Amedeo Roldan” dell’Avana un premio per la cultura, un riconoscimento per la sua statura artistica e umana e in questa occasione Claudio Abbado, con la sua grande umiltà dice commosso:
«sono commosso di questo gesto e molto riconoscente per tutto quello che fate. Tutto questo non sarebbe possibile senza il contributo di tutti i musicisti che non solo sono artisticamente, tecnicamente, musicalmente formidabili, ma sono dal lato umano qualcosa di eccezionale».45 Da quando è andato per la prima volta in Venezuela Abbado è rimasto così colpito da questi bambini e ragazzi spontanei e senza spirito competitivo, mostrando una grande inclinazione all’azione di gruppo dove coloro che hanno imparato insegnano ai più piccoli . Purtroppo, non ci sono i mezzi sufficienti a Cuba per fare musica: mancano gli strumenti, manca la carta dove scrivere, addirittura i musicisti si devono dividere uno strumento in cinque
« ma anche qui vince la forza della musica, a Cuba la musica esce da ogni angolo, da ogni portone, da ogni finestra. A Cuba la si respira la musica».46 Con il suo entusiasmo travolgente, accompagnato sempre dalla sua continua voglia di scoperta, di approfondimento e di conoscenza delle diverse culture, Abbado pone la musica al primo posto, perché è la musica che manda avanti tutto. Provenienti dal “Sistema” venezuelano di orchestre giovanili e infantili, i due musicisti che hanno ottenuto più fama a livello internazionale sono: Gustavo Dudamel, direttore musicale della Orchestra Sinfonica Simón Bolívar, che nonostante i suoi successi internazionali non dimentica mai il suo paese e l’ Orchestra che considera la sua famiglia. L’altro è Edicson Ruiz, già contrabbassista della Simón Bolívar e ora primo contrabbasso dei Berliner Philharmoniker.
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Failoni, l’altra voce DVD video ibidem
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Claudio Abbado e Diego Matheuz www.gbopera.it
ClaudioAbbado e Gustavo Dudamel www.wqxr.org 66
4.3 - Il “Sistema” in Italia Claudio Abbado, dopo aver vissuto l’esperienza entusiastica in Venezuela con i giovani ragazzi del “Sistema”, decide di creare qualcosa di simile in Italia dove il “Sistema” di cori e orchestre infantili e giovanili venezuelano era già conosciuto. Molti grandi musicisti come Abbado, erano stati in Venezuela dirigendo queste orchestre di ragazzi. Ma nessuno aveva fino a quel momento deciso di creare un modello analogo nel nostro Paese. Abbado lo ha ritenuto di fondamentale importanza considerato il clima di difficoltà in cui si trovava la cultura in Italia, e in particolare la musica, con il preciso intento di sensibilizzare le Istituzioni italiane su questi aspetti. Il progetto di portare il “Sistema” in Italia diventa una sfida e con la determinazione e le sue capacità organizzative si attiva perché diventi realtà come ha fatto per tutti i suoi progetti e in ogni occasione pubblica ne parla per farlo conoscere sempre di più. Abbado riconosce che in Italia esistono già realtà che operano in contesti di disagio sociale ed emarginazione fra i quali a Napoli il progetto “I ragazzi di Scampia”. Lo scopo di Abbado è quello di far confluire tutte queste realtà locali in un unico progetto didattico a livello nazionale. La scuola di musica di Fiesole, viene scelta dal Maestro come sede per l’attività didattica e formativa, essendo i migliori nel campo della didattica musicale specificamente rivolta ai bambini (attività di gruppo e socializzazione) e individua in Federculture, presieduta da Roberto Grossi, la sede giuridico-amministrativa (finanziamenti presso l’Unione Europea, rapporti con gli Enti locali). Il 13 e 14 novembre 2010 a Fiesole (Firenze) al Convegno internazionale “Musica e Società” viene ufficialmente presentato il progetto per la creazione di un “Sistema nazionale di Orchestre e di cori infantili e giovanili in Italia”. Il Convegno è stato organizzato in collaborazione con l’Associazione Nazionale dei critici musicali, il CEMAT (Ente di promozione della musica contemporanea italiana), il giornale della Musica e con l’alto patronato del Presidente della Repubblica. Creare qualcosa di simile in Italia non è stato semplice in quanto le situazioni di disagio in Italia sono molto diverse da quelle del Venezuela, dove fare musica è l’unica possibilità di salvezza. In Italia il disagio è più nascosto e più sfaccettato (solitudine, emarginazione, immigrazione) ed è soprattutto un disagio culturale che presenta aspetti più gravi e spesso si deve combattere per evitare che i bambini non passino pomeriggi interi alla TV o a giocare alla playstation. Purtroppo nel nostro Paese, l’educazione musicale non è riconosciuta come essenziale nel percorso di crescita di un bambino. Il progetto di un Sistema di orchestre e cori giovanili sostenuto e fortemente voluto da Claudio Abbado in Italia si propone l’obiettivo di creare delle strutture dove i bambini fin da piccoli possano imparare a suonare uno strumento e soprattutto a stare insieme, favorendo il reciproco scambio di esperienze ed emozioni. Questo progetto molto ambizioso pone il suo fondamento 67
sull’alto valore sociale della musica come strumento di crescita e di formazione dell’individuo. Il 10 dicembre del 2010 nasce il “ Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e Infantili in Italia Onlus” , promosso da Federculture e dalla scuola musicale di Fiesole che ne sono gli Enti fondatori. “Il Sistema Italiano” nasce come un Comitato ed è costituito espressamente sul modello del Sistema Venezuelano di Orchestre e Cori giovanili e infantili. L’attività che si prefigge il Comitato italiano è quella di coinvolgere fattivamente gli Enti locali (Provincie e Comuni) ad erogare finanziamenti per promuovere l’integrazione sociale attraverso l’educazione musicale giovanile. Va ricordato che in Venezuela ogni anno vengono stanziati 29 milioni di dollari per l’educazione musicale dei suoi ragazzi47. Il 28 marzo del 2010 Claudio Abbado, insieme al Presidente di Federculture Roberto Grossi, partecipa alla trasmissione di Fabio Fazio «Che tempo che fa», dove il “Sistema italiano” viene presentato al pubblico televisivo raccogliendo una vasta attenzione che sfocia in una gran quantità di chiamate di persone interessate ad unirsi al progetto. In Italia Abbado coinvolge nel progetto persone di cui conosce la dedizione verso la musica e gli chiede di cercare di creare un qualcosa di simile al “Sistema” nella propria Regione. Nonostante le molte difficoltà a coinvolgere le realtà esistenti in Italia (scuole, centri sociali, fondazioni), lui ripeteva sempre che questi impedimenti non erano importanti, fondamentale era farli comunque suonare insieme.48 Per la realizzazione del progetto appena descritto, Abbado procede alla mappatura delle realtà che attuano la pratica collettiva della musica in Italia e di farle confluire nel “Sistema”. Si procede alla selezione di 2 referenti regionali: uno di carattere istituzionale e un altro artistico che si impegnano a creare nelle proprie regioni Centri didattici permanenti sul territorio (Nuclei) che realizzano attività musicali rispettando i criteri e le modalità didattiche ed operative del Sistema venezuelano. Ad oggi sono operativi 54 Nuclei in 16 Regioni. Un altro obiettivo caro ad Abbado è il recupero degli strumenti musicali che nel 2011 si realizza con la campagna: “Costruire con la musica”, la prima raccolta italiana di strumenti destinati alle scuole di Musica in Medio Oriente e in Africa e al Sistema delle orchestre giovanili e infantili in Italia. Ogni famiglia può donare o dare in prestito per un certo periodo lo strumento. Questa iniziativa ha consentito ai bambini e ai giovani senza il possesso di strumento di poter esprimere le proprie capacità artistiche, dando nuova vita allo strumento preso in uso. L’aspetto sociale e culturale diventa quindi un’unica cosa con quello propriamente musicale.
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Cfr Carla Moreni, La strada per l’Orchestra, in « il Sole 24 ore», 09/11/2010 Intervista a Maria Majno, Milano, 24 /06/2014.
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CAPITOLO 5 Interviste
ORGANIZZAZIONE DELLE INTERVISTE Le seguenti interviste sono organizzate in ordine di data e ogni persona intervistata mi ha gentilmente concesso di registrare la conversazione. Ho deciso di lasciare il corpo dell’intervista il più fedele possibile alla situazione in cui si è svolta per mantenere la freschezza e la leggerezza del discorso da diretto. Li ho lasciati liberi di parlare senza preoccuparmi troppo del linguaggio colloquiale, ma stando molto attenta ai contenuti. Questo mi ha permesso di conservare l’immediatezza delle risposte. Ho dunque lavorato sulle domande partendo con quelle semplici per poi articolarle con il progredire dell’ intervista. Ho inoltre deciso di agire sulla punteggiatura (punti, virgole, punti e virgola, punti esclamativi e virgolette) per rendere il testo più cadenzato e per riprodurre le intonazioni espressive del parlato. Gli intervistati si sono soffermati sula natura dei loro rapporti personali con Claudio Abbado. Tutti hanno posto in evidenza la sua determinazione e capacità decisionale nel portare avanti i progetti. Hanno ricordato con molto piacere i momenti di condivisione lavorativa e di amicizia che hanno avuto con il Maestro e con la loro voce mi hanno trasmesso la gioia ed il pathos vissuti in quei momenti.
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Giovanna Fellegara, Assistente Abbado – Progetti Tamino e Papageno Bologna 17/06/2014 Nota biografica Luogo e data di nascita Giovanna Fellegara è nata a Piacenza il 3 aprile del 1966. Formazione culturale e studi compiuti Si diploma in violoncello al Conservatorio “G. Nicolini” di Piacenza e nel 1994 si laurea all’Università di Pavia in Paleografia e Filologia Musicale. Incarichi ricoperti Dal 1998 è iscritta all’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia Romagna come Pubblicista e dal 2006 è insegnante accreditato presso l’AIGAM (Associazione Italiana Gordon per l’apprendimento musicale). Dal 1994 al 1997 è collaboratore della Redazione spettacoli del quotidiano di Piacenza “Libertà”. Dal 1996 al 1998 lavora presso la Fondazione Arturo Toscanini a Parma, prima per l’Ufficio stampa e poi come coordinatrice del progetto AFOS- Alta Formazione in Orchestra Sinfonica, dal 1998 al 1999 è coordinatrice del Corso di formazione per Orchestra Sinfonica all’Associazione Orchestra Filarmonica della Scala a Milano. Dal 2000 al 2004 è collaboratrice a Thomas Consulting Group a Bologna e dal 2005 al 2008 è socia di Skupa Srl sempre a Bologna. Dal 2007 al 2014 ha lavorato nell’Orchestra Mozart come coordinatrice delle attività per il sociale, curando fin dalla nascita il progetto Tamino, di musicoterapia presso il Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna. Ha ideato e sviluppato il progetto Papageno, per la realizzazione di un coro polifonico all’interno della Casa Circondariale Dozza di Bologna . Il contatto stretto con Claudio Abbado lo ha avuto dal 2012 al 2014, curando tutti gli aspetti relativi alla comunicazione e alla stampa (redazione dei comunicati stampa e dei programmi di sala). Attualmente è freelance. (Fonte: www.linkedin.it – ultima consultazione 23/06/2015)
Abstract: Giovanna Fellegara racconta la nascita dell’Orchestra Mozart e l’impegno di Claudio Abbado verso le categorie disagiate. Evidenzia in particolare il lato profondamente umano del Maestro, il suo comportamento con tutti attento e curioso. DOMANDA - Come è nata l’idea dell’Orchestra Mozart? RISPOSTA - È stata un’idea nata da Carlo Maria Badini49, ex sovrintendente anche della Scala e
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Carlo Maria Badini è stato Sovrintendente della Scala dal 1° marzo 1977 al 30 settembre 1990; Crea nel 2004 l' Orchestra Mozart, grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, chiamando Claudio Abbado alla direzione artistica e assumendo la carica di Vice Presidente operativo. Consultare AA.VV, Carlo Maria Badini/una vita per la musica, Bononia University Press, Bologna, 2009, pp. 65-104.
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bolognese, e Fabio Roversi Monaco50 presidente della Cassa di Risparmio in Bologna, che poi è diventato il maggiore finanziatore e il maggior socio sostenitore dell’orchestra. L’orchestra è nata quindi da queste due persone ed è diventata poi una realtà compiuta quando si è chiamato Claudio Abbado come direttore artistico che ne ha poi dettato la linea artistica. [Abbado] ha coinvolto musicisti creando un nucleo da cui poi è nata l’Orchestra Mozart che univa da una parte l’eccellenza dei musicisti, quindi prime parti 51 delle più grandi orchestre d’Europa, solisti 52 o importanti ensemble da camera e dall’altra giovani emergenti53 e giovani talenti di tutta Europa.
D - Quindi non è nata come orchestra giovanile? R – No, questo non è mai stato nella volontà e neanche nella denominazione. Erroneamente a volte è stata definita così. Giovane forse si, nel senso che anagraficamente c’erano molti giovani, ma c’erano anche queste prime parti fra i quali Alois Posch primo contrabbasso che quando ha iniziato l’orchestra Mozart era anche lui abbastanza giovane nel senso che avrà avuto un po più di 40 anni; prime parti come Reinhold Friedrich alla tromba. Altre prime parti molto giovani, ultimamente erano ad esempio primo violoncello Gabriele Gemignani, Raphael Christ storico primo violino che è cresciuto dentro l’orchestra era meno che trentenne ed era già spalla, Francesco Senese concertino anche lui giovanissimo. Quindi c’era un nucleo giovane molto grande insieme a queste prime parti di eccellenza e soprattutto musicisti affini a Claudio, che lui sentiva prima di tutto umanamente. Quindi si era creato questo nucleo che aveva delle caratteristiche che andavano anche oltre un buon ensemble di musicisti: era un crescere umanamente insieme. D – Da sempre Claudio Abbado ha avuto questa grande umanità. Raccontami un poco del suo aspetto fortemente umano R – Si, innanzitutto c’era questo fatto che lui non voleva mai sentirsi chiamare Maestro. Dalla prima volta che lo incontravi diceva «io sono Claudio». Magari tu dicevi timidamente «buongiorno Maestro» con un nodo in gola e lui rispondeva «io sono Claudio» e tu lo dovevi proprio chiamare Claudio perché capivi che non era un modo, una sua forma di farsi vedere democratico, non era una cosa di facciata ma era una cosa proprio autentica nel senso che poi lui diventava Claudio, era molto strano però lui era Claudio, continuava ad essere strano ma era così. 50
Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e dell’Orchestra Mozart. Alessio Allegrini, Alessandro Carbonare, Alois Posch, Jacques Zoon. 52 Reinhold Friederich, Radu Lupu, Hélène Grimaud, Natalia Gutman. 53 Francesco Senese, Mattia Petrilli. 51
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La cosa che mi colpiva era che io arrivavo con la mia piccola esperienza di vita rispetto alla sua grande esperienza artistica e tutto quello che rappresentava, che aveva fatto e che sapeva, ma lui aveva sempre questo sguardo attento ogni volta che qualcuno gli parlava, cioè lui ti guardava mentre tu parlavi, ti ascoltava, come se avesse sempre qualcosa da carpire. D- Come Abbado entrava nell’organizzazione?
R- Seguiva minuziosamente e meticolosamente tutto dalle partiture ai libretti di sala. Controllava parola per parola. Coglieva il minimo particolare mantenendo uno sguardo generale. Aveva una signorilità, un riserbo che si leggeva nell’autenticità dei suoi modi schivi. Lui ci ascoltava poi chiaramente sull’organizzazione aveva le idee molto chiare. Lui diceva che se una cosa è possibile si deve fare, che se è possibile ed è giusta si deve fare. Quindi, anche le cose molto difficili - che a prima vista per noi suonavano impossibili - in realtà facevi di tutto perché diventassero possibili. Lui aveva questo carisma quindi non era vissuto da noi come un’angheria ed era talmente bello accontentarlo che tu lo facevi quasi volentieri di affrontare queste sfide. D – Quindi lui odiava la parola impossibile? R - L’impossibile non esiste. La luna è lì la vedi prendila, non so come dire… E quindi abbiamo vissuto tante peripezie e fatto tante cose quasi impossibili nel corso degli anni. Io ho avuto con lui il contatto stretto, quasi quotidiano nell’ultimo anno e mezzo. D- Era molto vicino alle scuole e all’ associazionismo? R - Fin da subito Claudio aveva voluto che l’orchestra si esibisse non solo al teatro Manzoni o in tournée nei vari teatri ma che avesse un’attività che coinvolgesse regolarmente anche le categorie disagiate. Questo lui l’ha sempre fatto nella sua esperienza artistica in tutte le città del mondo dove è stato. Alla Scala tutti ricordano i famosi concerti nelle fabbriche54. A Bologna questo si è tradotto con alcuni concerti fatti per la Caritas, gruppi di carcerati che da subito sono stati coinvolti, venivano alle prove generali insomma c’è stato da subito un coinvolgimento. Le prove erano aperte a scuole, associazioni culturali di varia natura, università 54
Claudio Abbado negli anni settanta con gli amici Luigi Nono e Maurizio Pollini porta la musica nelle fabbriche milanesi. Vedere Angela Ida De Benedictis, Claudio Abbado alla Scala, Edizioni del teatro alla Scala-Rizzoli, Milano, 2008, pp. 63-66.
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della terza età. Per cui persone iscritte a queste associazioni tramite gli organizzatori dell’associazione venivano invitate ad assistere alle prove generali, avendo un certo numero di posti riservati. Poi, piano piano radicandosi sul territorio l’orchestra questa esperienza di portare la musica a delle categorie che hanno meno accesso è stata tradotta in esperienze continuative. Claudio era molto vicino a tutte le espressioni del vivere civile, quindi la scuola, i giovani e in generale tutti coloro che non hanno accesso facile alla musica classica. Per cui, anche l’associazione culturale che spesso ha tra i soci persone molto anziane che magari non vengono a teatro alle 8 di sera, sono agevolati dalla prova generale la mattina. D – Raccontami dei progetti Tamino e Papageno R – Questi progetti sono nati nel corso del tempo. Dal 2006 anche grazie al contributo di idee della figlia Alessandra è nata questa idea di lavorare con l’ospedale, in particolare con la pediatria, portando delle iniziative musicali. Questa idea è diventata un bando a cui abbiamo partecipato e tutto si e tradotto in un’esperienza pilota di sei mesi di laboratori musicali e di musicoterapia all’interno della chirurgia pediatrica del Sant’Orsola che è il policlinico più importante a Bologna. Da li poi la cosa è andata avanti. Nel 2007, finita questa esperienza di sei mesi che aveva riscosso molto gradimento sia dagli operatori clinici, ma anche dagli utenti e dai pazienti, abbiamo cercato altre vie per ampliare e consolidare il progetto. Quindi abbiamo fatto un altro bando con l’assessorato alla cultura della regione. Il Tamino diventa un progetto con un respiro triennale perché era un bando con una convenzione triennale. Quindi si può cominciare a pensare un po più in grande, dalla chirurgia pediatrica siamo passati poi
all’ematologia pediatrica. L’anno dopo abbiamo aggiunto la
neuropsichiatria infantile dell’ASL andando anche in centri, strutture, scuole dove c’erano bambini con disabilità. Insomma, tanti allargamenti verso vari ambiti quindi un’utenza sempre più grande fino al 2011 quando abbiamo vinto anche un bando ministeriale delle pari opportunità per l’integrazione dei disabili in attività artistiche. Purtroppo, era un bando una tantum e non c’è stata poi una prosecuzione. Quell’anno comunque riuscimmo a lavorare con più strutture, allargando l’attività. Il periodo 2011- 2012 fu un anno molto molto ricco da quel punto di vista. Il 2012-2013 si è ritornati un po’ a regime e poi a gennaio 2014 l’attività dell’orchestra Mozart si è interrotta. Contemporaneamente, si seguivano le attività con il carcere e la collaborazione con la direzione. Il carcere ha molto valorizzato questo aspetto. La direzione ha accolto favorevolmente l’iniziativa nonostante le emergenze che un carcere ha, perché è molto grande e sovraffollato. Quando abbiamo iniziato a lavorare nel carcere, c’erano circa 400 posti ufficiali disponibili e c’erano oltre 1000 73
persone. Successivamente, i detenuti si sono ridotti a 800/900 unità e, nonostante queste emergenze mostruose, la direzione è stata sempre disponibile ad accogliere la possibilità offerta dall’Orchestra Mozart di portare gruppi di detenuti ai concerti. Non è una cosa banale, perché per un carcere fare uscire dei gruppi con dei permessi straordinari significa fare un iter burocratico al Ministero per persone che normalmente non godevano di permessi e che non avevano nessun’altra possibilità di uscire dalla condizione di detenuto. Poi nel 2011 la vecchia direzione ci ha chiesto se potevamo pensare a un’attività più strutturata che coinvolgesse in prima persona in attività musicali i detenuti. Lì ero io che mi occupavo del Tamino e quindi ho pensato a un progetto, che poi è diventato il progetto Papageno, di un coro polifonico nelle carceri. Questo progetto rappresenta un’evoluzione. I detenuti, ormai abituati a stare da soli, si trovano a doversi relazionare con un gruppo. Puntare al risultato è il modo di dare alle persone un obiettivo attraverso serietà e rigore. I detenuti tornavano a una vita comune. D – Trovi in questi progetti qualcosa di comune al “Sistema” venezuelano di José Antonio Abreu? Come Abbado considerava l’esperienza venezuelana? R – In Venezuela si affronta una situazione di estrema emergenza di criminalità. Qui le emergenze sono altre riguardo all’infanzia. Per cui sicuramente l’effetto “Sistema” si vede forse più nel carcere dove c’è una situazione di privazione sociale. Mentre, nel lavoro che si fa con la musica nel Tamino in ambito ospedaliero e in ambito scolastico, si ragiona sempre in un’ ottica di integrazione di bambini con disabilità, di miglioramento delle condizioni dell’ospedalizzazione, che si sa nel caso dell’infanzia è ancora più difficile, in quanto per un bambino è un trauma molto forte il fatto di essere in un ospedale.Ci sono tante iniziative per facilitare questi momenti e la musica è stato riconosciuto come un buon mezzo per alleviare molto spesso dei disagi di varia natura. Quindi l’ottica è questa: con le scuole, con la Neuropsichiatria infantile si fa un lavoro di integrazione tra i gruppi di pari, quindi anche di bambini con disabilità, con disagio psichico, bambini che hanno difficoltà a relazionarsi con gli altri o comunque a partecipare alla vita normale che una scuola richiede. In questi casi la musica livella un po’ e spesso si sono visti bambini con delle difficoltà che invece nel gruppo delle attività musicali avevano un loro riscatto, una piena integrazione, un inserimento “normale” nel gruppo degli altri. Ci sono stati casi di bambini che grazie a questa esperienza hanno cominciato a suonare uno strumento perché hanno scoperto la musica. Sappiamo in Italia quanto è negletta nelle scuole la musica.
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D – Claudio ci teneva molto all’educazione musicale nelle scuole?
R- Questo era per lui un punto molto forte che ha affrontato anche nei pochi mesi di senatore a vita. L’importanza di portare la musica nelle scuole per creare il primo contatto con questa arte che oltre ad avere un valore estetico ha comunque un valore intrinseco che va molto oltre. La musica prima di tutto porta a relazionarti con te stesso, con le tue capacità e coi tuoi limiti, poi porta a rapportarti con gli altri: devi ascoltare. D – L’ascolto era molto importante per Claudio? R – Lui aveva sempre lo stesso modo attento, rispettoso, curioso, che tu avessi 10 anni, che tu ne avessi 80 o che tu fossi il più grande musicista. Aveva questa sua curiosità per cui tu gli raccontavi una cosa della tua vita e lui ti guardava con quell’aria curiosa per cui tu eri portata a raccontargliela. Si lui parlava poco, non era un chiacchierone però ascoltava molto, ascoltava tutti e poi era molto ironico, faceva sempre un sacco di battutine con quel suo sorrisetto, quell’occhietto azzurro un po’ sornione. Era sempre attento, lui aveva un’attenzione costante che non perdeva mai. Aveva una coerenza nel suo modo di essere veramente totale D – Raccontami qualche aneddoto R – Ricordo un ragazzo albanese detenuto che non prendeva una nota giusta e che adesso aiuta i nuovi entrati nel coro e addirittura nelle ore di permesso va alle prove di un coro multietnico sempre diretto dallo stesso Maestro. - Un giorno passo sotto casa di Claudio, per andare in teatro, lui si affaccia dalla finestra di casa sua di piazza Santo Stefano e mi saluta con la mano. - Oppure ricordo ancora quando andavamo a casa sua e lui ci accoglieva alla porta e quando ce ne andavano ci guardava dalle scale seguendoci con gli occhi.
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Diego Ravetti Ufficio Stampa Orchestra Mozart 17 giugno 2014 Bologna
Nota biografica Luogo e data di nascita Diego Ravetti è nato a Bologna il 27 giugno del 1976. Formazione culturale e studi compiuti Dopo il Liceo Scientifico si è diplomato in Pianoforte presso il Conservatorio della sua città e si è laureato cum laude in Lettere Moderne, con una tesi in Filosofia della musica. Durante l’Università, ha studiato Composizione e si è dedicato alla pratica e all’approfondimento della musica contemporanea. Ha partecipato al corso per “Promotori di Pubblico per lo Spettacolo dal vivo” (marketing e comunicazione) presso l’Accademia d’Arti e Mestieri dello Spettacolo del Teatro alla Scala, nell’ambito del quale ha avuto la possibilità di condurre uno stage alla Società del Quartetto di Milano. Incarichi ricoperti Dal 2004 al 2012 ha collaborato con l’Orchestra Mozart, diretta dal Maestro Claudio Abbado. È stato inizialmente assistente del responsabile dell’ufficio stampa, della comunicazione e delle edizioni (Dott.ssa Luciana Fusi) e dal 2006 è divenuto lui stesso responsabile di quest’area. Si è occupato anche dei progetti a carattere sociale “Tamino” (attività musicali in contesti socio-sanitari) e “Papageno” (coro sperimentale di detenuti all’interno del Carcere della Dozza). In questo lungo periodo è stato riferimento personale per il Maestro Claudio Abbado, come ufficio stampa e in generale come consulente per la comunicazione, ruolo che gli ha dato l’opportunità di relazionarsi con realtà di grande caratura nei campi della musica e in generale della cultura (es. Teatro alla Scala, Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma, Berliner Philharmoniker, Musikverein, Lucerne Festival, ecc.), della discografia ed editoria (Deutsche Grammophon, Harmonia Mundi, Ricordi, Feltrinelli, ecc.) oltre che a livello politico-istituzionale (es. Istituzioni cittadine di Bologna e Milano, Quirinale, Banca Centrale Europea). Ha potuto collaborare inoltre con importanti nomi della cultura (es. Roberto Benigni, Roberto Saviano, Renzo Piano, ecc.) e con tutti i grandi musicisti che collaboravano abitualmente con Abbado. Dal 2005 a tutt’oggi, Diego Ravetti è responsabile dell’ufficio stampa, della comunicazione e delle edizioni dell’Accademia Filarmonica di Bologna, che promuove, oltre alla tradizionale stagione cameristica, attività diversificate, volte soprattutto all’alta formazione dei giovani e alla divulgazione musicale, in particolare nelle scuole. Per questa storica istituzione si occupa anche della promozione e del marketing, collabora alla preparazione di materiali didattici e all’organizzazione di eventi (convegni, rassegne, ecc.). Per alcuni anni ha curato la redazione dei progetti in risposta ai bandi della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna. Dal febbraio 2013 collabora al Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e Infantili in Lombardia, in qualità di coordinatore di progetto per le attività di raccolta fondi e di responsabile dell’ufficio stampa. Il “Sistema”, fondato in Venezuela 40 anni fa da J.A. Abreu e oggi è diffuso in 60 paesi, è stato portato in Italia da Claudio Abbado nel 2010, e da allora sta conoscendo un ininterrotto sviluppo. 76
Nella primavera 2013, ha curato la campagna stampa di presentazione nazionale di ASSIEMI Associazione Italiana Educazione Musicale per l’Infanzia, di cui Riccardo Muti è Presidente Onorario. (Fonte diretta dell’intervistato). Abstract: Diego Ravetti racconta come il Maestro selezionava i musicisti per la formazione delle sue Orchestre in base a sensazioni empatiche ed intuitive. Narra dei suoi progetti grandiosi, del rapporto non sempre facile con Bologna, dell’entusiasmo provato da Abbado nell’aver conosciuto “El Sistema” venezuelano di cori e orchestre giovanili e infantili di José Antonio Abreu. D – Tu hai seguito il progetto dell’Orchestra Mozart dall’inizio? R – Si, dall’inizio settembre 2004 fin dall’apertura degli uffici. L’idea nasce tra il 2003 e il 2004 da Carlo Maria Badini 55 grazie all’appoggio di Fabio Roversi Monaco che era il Presidente della Fondazione Carisbo56 che si è dato disponibile a dare un sostegno iniziale per far partire il progetto. L’idea è stata di creare un’orchestra inizialmente con l’obiettivo principale di arrivare al 2006 che era l’anno del Giubileo mozartiano a 250 anni dalla nascita. E’ stato coinvolto Abbado che ha accettato di far parte del progetto di cui è stato il direttore artistico. Il progetto è cominciato con una ospitalità della Mahler Chamber Orchestra con un concerto il 28 settembre 2004. Inizialmente la Mozart era una struttura con poche persone. Il 4 novembre 2004 invece si è tenuto il primo concerto della Mozart che era formata da una parte di giovani selezionati da Claire Gibault 57 , direttrice d’orchestra che faceva da assistente ad Abbado, più una serie di nomi di rilievo scelti singolarmente da Abbado. Questa impostazione si è mantenuta nel tempo con un’orchestra formata da giovani affiancati da prime parti (solisti) di fama mondiale. Le prime parti avevano una funzione di guida su questi giovani che erano a tutti gli effetti allievi presenti grazie a sovvenzioni europee. Questi ragazzi hanno iniziato a vincere audizioni e hanno finito per diventare professionisti a loro volta, creando uno zoccolo duro. C’è sempre stato un ricambio di giovani che venivano man mano chiamati però la cifra accademica si è andata un po’ perdendo.
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Carlo Maria Badini è stato Sovrintendente della Scala dal 1° marzo 1977 al 30 settembre 1990; Crea nel 2004 l' Orchestra Mozart, grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, chiamando Claudio Abbado alla direzione artistica e assumendo la carica di Vice Presidente operativo. Cfr. AA.VV, Carlo Maria Badini/una vita per la musica, Bononia University Press, Bologna, 2009, pp. 65-104. 56 Cassa di Risparmio in Bologna. 57 Direttrice d’orchestra francese, collaboratrice e assistente musicale di Claudio Abbado all’Orchestra Mozart dal 2004 al 2007.
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D – Cosa Abbado aveva visto ne “El Sistema”58 di Abreu? R – Abbado ne “El Sistema” vedeva l’entusiasmo di un grande progetto che veniva dal basso: quello di portare la musica a una popolazione con un forte tasso di povertà e di analfabetismo. Un progetto umanistico, di riscatto sociale attraverso la musica laddove prima la musica era vissuta come un fatto esclusivamente culturale. Mentre Claudio aveva sempre avuto l’idea che la musica fosse un ponte anche per altre dimensioni di valore. E lì ha trovato realizzata concretamente questa idea che in Europa era totalmente assente. Dopo essere stato diversi anni in Venezuela, in Italia nel 2010 coinvolge delle persone da lui ritenute valide e in grado di fare nascere questo progetto. Ha individuato persone provenienti da varie regioni affidando loro il compito di far nascere in ogni regione un progetto ispirato al “Sistema”, con una centralizzazione affidata a Fiesole59. Poi si è affiancato Federculture60 a livello più istituzionale. Il Comitato Nazionale che coordina il “Sistema” in Italia ha sede Roma e si appoggia a Federculture che da la progettualità a livello istituzionale ed è affiancato a Fiesole per la parte didattica. Fiesole è stata sempre vista da Claudio come la scuola di musica d’eccellenza in Italia e a livello Europeo. Così ciò che Claudio aveva disegnato si è realizzato. La difficoltà iniziale è stata quella di calare un progetto nato nelle favelas dove non c’era nulla rispetto alla realtà italiana dove non solo la dimensione socio-culturale è nettamente diversa, ed ha una lunghissima e ricchissima tradizione di educazione musicale non supportata dall’istruzione pubblica. L’istanza principale di Abbado, fino ai suoi ultimi giorni è stata quella di rimarcare che la scuola pubblica non prevede un insegnamento adeguato a livello musicale. Quindi la sua idea di portare il “Sistema” in Italia è quella di supplire a questa carenza attraverso la buona volontà delle persone che dal basso mettessero insieme ciò che già veniva fatto dalle singole scuole di musica in un network di respiro internazionale: cosa che di fatto si sta realizzando. Negli ultimi 12 mesi c’è stata una crescita esponenziale di questo progetto. A Natale 2013 c’è stato il debutto dell’Orchestra Nazionale del Sistema con il concerto di Natale al Senato 61 diretto da Nicola Piovani62 alla presenza delle tre più alte cariche dello Stato. Il 7 di luglio 2014 ci sarà il secondo concerto dell’Orchestra Nazionale del Sistema a Roma al Gemelli63 per i 50 anni del Policlinico 58
El Sistema venezuelano di cori e orchestre giovanili e infantili nato nel 1975 a Caracas. Cfr. Ambra Radelli, La musica salva la vita, Feltrinelli, Milano, 59 Scuola di Musica di Fiesole 60 Federazione delle Aziende e degli Enti di gestione di cultura, turismo, sport e tempo libero. 61 15 dicembre 2013 Tradizionale Concerto di Natale in Senato. Nicola Piovani dirige l'Orchestra, il Coro Mani Bianche e il Coro Voci Bianche del "Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e Infantili in Italia Onlus". Il ricavato della vendita dei biglietti sarà destinato all'acquisto di strumenti musicali. 62 Pianista, direttore d'orchestra e compositore di colonne sonore . 63 Il concerto rappresenta il gran finale della II edizione della “Festa della Musica del Sistema”, iniziata il 17 maggio 2014: un concerto speciale dedicato ai degenti del Policlinico Gemelli e a tutta la città per festeggiare i 50 anni di attività del Gemelli, che ha visto protagonisti i 130 ragazzi dell’Orchestra, del Coro di Voci Bianche e del Coro “Mani Bianche” del “Sistema Orchestre e Cori Giovanili e Infantili in Italia”, diretti da Nicola Piovani.
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Gemelli. La cosa più importante è che Abreu è stato ricevuto al Senato da Pietro Grasso 64 per suggellare una sorta di gemellaggio finalizzato a creare un ponte fra il “Sistema” venezuelano e l’Europa attraverso l’Italia. Va però detto che in Europa esiste già un network che si chiama “Sistema Europe” 65 , non ancora molto radicato ma con solide basi di sviluppo e che raccoglie attualmente 22 Paesi fra cui l’Italia. Il “Sistema Europe” svolge delle attività, dei progetti transnazionali che si concretizzano d’estate. L’anno scorso c’è stato un summer camp a Salisburgo dove il “Sistema” venezuelano aveva una residenza al Festival di Salisburgo66. Quest’anno andiamo a Istanbul e nel 2015 il summer camp si terrà a Milano nell’ambito di Expo. In occasione di questi eventi prende vita l’Orchestra Europea del Sistema. Ci sono ragazzi che vengono da tutti i 22 Paesi segnalati. Sono circa 200 e danno vita a questa Orchestra in pieno spirito abbadiano, in piena linea di apertura, senza confini e senza barriere. Rispetto alle altre Orchestre d’eccellenza create da Abbado questa era ovviamente un’Orchestra di formazione, però lo spirito è lo stesso. Quindi, diciamo che si è riusciti a calare un progetto con caratteristiche di emergenza sociale in una realtà italiana dove l’ emergenza è più di tipo culturale con eventi musicali prioritriamente nelle scuole che si trovano nelle periferie, nelle zone più disagiate e nelle scuole con più alto tasso di immigrazione. Quindi è uno strumento assolutamente attuale anche in Italia. Ad esempio io seguo il “Sistema Lombardia” dove abbiamo attivato in 5 scuole dei laboratori musicali che coinvolgono attualmente 250/300 bambini in zone periferiche, scuole con presenze rilevanti di diverse etnie e le famiglie si sono affidate a noi anche tramite mediatori culturali. Quindi questo “Sistema” ha un assunto universale e riesce ad essere applicato con intelligenza, declinato in vari Paesi con diversi contesti sociali. Attualmente in 60 paesi del mondo e c’è un’Istituzione che si chiama “Sistema Global”67 che ha sede a Los Angeles e che fa una sorta di monitoraggio, raccoglie e mette a disposizione degli strumenti musicali. D – Sul versante della raccolta degli strumenti musicali in Italia avete fatto la campagna “Costruire con la Musica”? R – “Costruire con la Musica”68 è una campagna in collaborazione con il “Sistema” che è portata 64
13 giugno 2014 Il Presidente Pietro Grasso incontra il Maestro José Antonio Abreu . http://www.sistemaeurope.org/about, ultima consultazione 27/06/2014. 66 uno dei più importanti festival musicali di musica classica e opera lirica. Si tiene tutti gli anni in estate (per cinque settimane da fine luglio a tutto agosto) a Salisburgo (Austria), città natale di Wolfgang Amadeus Mozart. 67 http://sistemaglobal.org/about/, ultima consultazione 1/07/2014. 68 Giornate Nazionali di Raccolta di Strumenti Musicali organizzate dal Sistema Italia in diverse città italiane. Organizzata in collaborazione con Music Fund, “Costruire con la Musica” comprende un ricchissimo programma di eventi, concerti e incontri ad ingresso libero 65
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avanti da Music Fund69. Diciamo che questa campagna andava a toccare una delle istanze principali del “Sistema” che è quella del reperimento degli strumenti [musicali], perché laddove un progetto vede tra le sue finalità mettere a disposizione gratuitamente nelle lezioni l’accesso alla musica tu devi avere degli insegnanti il cui costo non grava sulle famiglie e gli strumenti devono essere dati in comodato d’uso. Quindi il fundraising, lo stimolo della rete di volontariato e tutte le azioni che si fanno per la sostenibilità del progetto sono finalizzate alla totale gratuità. E’ un obiettivo a cui si mira ma non sempre si riesce a realizzarlo. Comunque gratuità e utilizzo degli strumenti gratuitamente erano i tasti su cui premeva sempre Abbado. Mi ricordo che lui nelle poche interviste che rilasciava andava sempre a parare lì, perché lui non amava parlare della propria musica ma preferiva sempre lasciar parlare la musica piuttosto che ricamarci su delle parole. Insomma, alla fine quello che gli premeva raccontare erano questi aspetti. Quindi, per quello che riguardava il progetto Orchestra Mozart amava molto parlare del progetto Tamino, del progetto Papageno e in generale faceva riferimento quasi sempre al progetto di Abreu, che era un suo chiodo fisso e mi rendo conto che un progetto talmente forte diventa un po’ la costante di chi lo abbraccia . D – Parlami del Progetto Tamino e Papageno. R – Tamino nasce su una istanza di Claudio. La figlia Alessandra imposta questo progetto con la chirurgia pediatrica dell’Ospedale S. Orsola di Bologna. 70 Il coro del Papageno è formato dai carcerati e costituisce un forte momento di aggregazione e di riscatto sociale attraverso un arricchimento interiore. D – Come avveniva la selezione dei musicisti? R – Abbado sceglieva singolarmente i musicisti in base alle sue alchimie. La selezione avveniva un po’ perché conosceva le persone e quindi le chiamava sulla base di una di una fiducia effettiva, un po’ perché si faceva consigliare da queste persone rispetto ad altri nomi che lui non conosceva e un po' per affinità elettiva nel senso che alcune persone venivano chiamate a suonare per un’affinità di tipo umano e poi come suonava lo scopriva in tempo reale. Era un fatto molto empatico, 69
Music Fund nasce dalla sinergia tra una ONG, Oxfam-Solidarité, e un ensemble musicale, Ictus.. Dal 2005 Music Fund raccoglie strumenti musicali e promuove la formazioni di esperti di liuteria e riparazione di strumenti musicali nei paesi in via di sviluppo e nelle zone di conflitto. 70 L'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna Policlinico S. Orsola-Malpighi è un ospedale molto antico (il primo nucleo risale al 1592) ed è sede della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Alma Mater Studiorum di Bologna. Il Policlinico è centro di riferimento nazionale ed internazionale per diverse patologie; ogni anno sono organizzati, nelle sue sedi interne, eventi didattico-formativi ai quali partecipano professionisti di fama nazionale e internazionale.
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assolutamente irrazionale . Non essendo un’orchestra stabile e non riuscendo i musicisti a garantire una presenza continuativa durante l’anno, era quindi anche un’orchestra che cambiava faccia da concerto a concerto. D – Un po’ come tutte le Orchestre di Abbado?
R- Si esatto, era assolutamente in linea con le altre realtà create da Abbado. Diego Matheuz viene dal “Sistema” Abreu ed è stato individuato da Abbado anche su suggerimento di Abreu. Abbado gli ha dato molta fiducia tant’è che è diventato il direttore ospite principale della Mozart e dopo pochi mesi è diventato direttore principale alla Fenice di Venezia. C’era un rapporto privilegiato di fiducia con Diego che veniva dal rapporto di fiducia tra Abbado e Abreu. D – Quale atmosfera regnava durante le prove ? R – Durante le prove prendeva forma tutto il discorso interpretativo. Lui [Abbado] anche a livello interpretativo aveva delle idee guida ma tutto poteva cambiare durante le prove quando interveniva l’apporto dei singoli musicisti. Era un lavoro in progress. D – Quale era l’approccio organizzativo di Abbado? R – Studiava in continuazione sempre e poi ci teneva a tutti gli aspetti di contorno, il libretto di sala, le foto, la grafica, tutto. Dava delle indicazioni. Cioè non è che ti chiamasse lui per sapere cosa stavi facendo però era chiaro che se passavi da lui anche a fargli dare un’occhiata a certe cose, aveva piacere perché tutto doveva essere un po’ coerente con la sua visione del progetto. Una determinata grafica che non riteneva opportuna o nelle corde, una foto, un testo, una parola. Io sostituivo una singola parola dei testi, dei comunicati che facevamo perché alcune parole avevano un’aura che pur essendo perfettamente sinonimiche venivano preferite ad altre. Aveva un approccio concreto senza vie di mezzo. Quella era una buona idea e si faceva! Lui si spendeva in prima persona e altrettanto si aspettava dagli altri. La riapertura del Farnese 71 è stato un suo sogno che si è realizzato e ha consentito la totale utilizzazione della sua struttura (1500 persone tra spalti e gallerie invece delle solite 150/200 persone che potevano entrare nel parterre). Questa era la prova della capacità di Abbado di concretizzare progetti straordinari ed impegnativi anche e durante lo svolgimento quotidiano del suo lavoro. I progetti si inserivano nella quotidianità che 71
Parma- 12 giugno 2011, Claudio Abbado alla guida dell'Orchestra Mozart riapre, dopo oltre due secoli, il Teatro Farnese di Parma.
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comunque aveva dei tratti straordinari. Nel caso del Farnese si è mobilitata mezza città, è stato un unicum, è stata un’operazione di grande respiro culturale e sono arrivate le tv nazionali da tutte le parti d’Italia. Abbado aveva un approccio artigianale al suo lavoro. Dallo studio di una singola parola, una immagine o un testo, procedeva ad un lavoro meticoloso. Aveva una spiegazione approfondita per tutto. Se lui voleva cambiare una parola dopo ti spiegava anche il perché la voleva cambiare, argomentava. Sulla questione artigianale ci passavamo dei pomeriggi e lì si parlava e ci si confrontava. Lui non guardava i ruoli, eravamo come una famiglia. Come persone. Era un lavoro totalizzante, si era tutti insieme. Ma poi anche nelle cose sue personali, per esempio quando eri lì e arrivava una bolletta lo aiutavi un attimo a leggerla perché non gli risultava se fosse arrivata o no. Il lavoro sul palco era diverso. D - Chi faceva parte di questa “famiglia”? R – In questo contesto di famiglia estesa entravano alcuni musicisti non tutti, quelli suoi più affini e noi ragazzi dello staff . Ad esempio per festeggiare il successo del Te Deum di Berlioz ci ha invitati tutti a casa sua in Sardegna. Questa modalità famigliare era molto bella, riscontrabile in pochissime persone. La famiglia Abbado ha sempre avuto una concezione molto aperta. Per cui se tu lavoravi a stretto contatto con lui eri uno di fiducia .
D- Mi racconti qualche aneddoto?
R. Un giorno ero andato a casa sua con un pò di rassegna stampa, alcune notizie che potevano essere interessanti ed è venuto fuori il discorso che la chiesa di Santo Stefano che si vede dalla sua finestra, necessitava di lavori di restauro urgenti e c’era stata tutta una campagna di mobilitazione cittadina di raccolta fondi capeggiata dal Resto del Carlino72 , che è il giornale della città e lui [Abbado] guardando queste notizie mi disse di prendere subito contatti con la redazione del giornale perché voleva fare anche lui un’iniziativa di raccolta fondi. Ebbe l’idea di trasferire in Santo Stefano la prova generale di un concerto già precedentemente programmata e di trasformarla in un’occasione di solidarietà. Parliamo del settembre 2010. In quell’occasione ho visto come nascevano queste sue idee nell’ estemporaneità, che poi andavano immediatamente realizzate. Ho visto questo approccio assolutamente concreto ai problemi. Nel senso che non si stava tanto a capire come procedere (chi contattare prima o dopo, strategie), lo facciamo e basta, dopo era un problema 72
Concerto in Santo Stefano del 18 settembre 2010 Claudio Abbado dirige l’Orchestra Mozart. Il ricavato viene devoluto alla raccolta fondi lanciata dal Carlino per i restauri delle Sette Chiese.
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degli organizzatori, però la cosa era già decisa non era una cosa adesso vediamo, potremmo fare, chiedi consiglio a questo… Lui aveva deciso che si doveva fare perché avrebbe avuto sicuramente un effetto positivo per quello specifico problema. Situazioni analoghe si sono verificate quando c’è stato il terremoto in Emilia, che abbiamo fatto prova generale aperta 73 . Quella volta tramite Repubblica, era Repubblica che coordinava questa campagna di raccolta fondi. Il progetto di Renzo Piano di costruire un auditorium qui a Bologna era forse un progetto troppo grande per la città ed è forse l’unico sogno di Abbado che non si è realizzato in quel periodo. Poi dopo la sua morte non se ne è parlato più .
D- Come la città di Bologna viveva Abbado? R – In maniera un po’ controversa, nel senso che la città che frequenta i concerti e che ama vivere l’offerta culturale di Bologna lo seguiva. Diciamo che in un periodo che già si prefigurava di ristrettezze economiche, in una città piccola come Bologna l’arrivo di Abbado con l’Orchestra Mozart tipo astronave è stato visto da alcuni come fumo negli occhi. Quindi i rapporti con il Teatro Comunale non sono mai stati lineari. L’Orchestra Mozart era vista come un progetto che rubava risorse all’orchestra della città, anche se si è sempre cercato di tenere un rapporto con la direzione. Ci sono state fase alterne, una bella collaborazione c’è stata quando abbiamo fatto il Te Deum di Berlioz nel 200874. E’ stato il progetto più eclatante che abbiamo fatto qui che coinvolgeva tutta la Regione, c’era un coro di 600 bambini provenienti da tutte le provincie e da tutte le regioni. Grazie al Provveditorato agli studi c’è stato un concorso regionale e penso che 1200 bambini abbiano partecipato a questo concorso e ne sono stati selezionati 600 che sono andati poi a cantare in questo Te Deum di Berlioz che è un brano famoso perché ha più di 1000 persone sul palco tra orchestra e coro. Assieme al coro dei bambini c’era il coro dell’ Orchestra Verdi di Milano e del teatro Comunale di Bologna. Quindi in quell’occasione lì c’è stata una collaborazione e negli ultimi due anni c’era un avvicinamento con dei progetti. Però questo non è stato un progetto vissuto serenamente qui in città, poi quando c’è stato l’acuirsi della crisi economica, la crisi della Fondazioni lirico-sinfoniche quindi anche quella del Teatro Comunale è ovvio che poi tutti puntano il dito contro quello che veniva visto come un progetto elitario, autoreferenziale e un po’ calato dall’alto. Insomma è’ stata spesso accusata di essere un giochino costoso per proprio tornaconto 73
10 giugno 2012. Grandissimo evento a Bologna per la diffusione della musica nelle scuole, con Claudio Abbado c’erano Roberto Benigni, Orchestra Mozart , Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, Orchestra Giovanile Italiana, Coro del Teatro Comunale di Bologna, Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, Coro di Voci bianche del teatro Comunale di Bologna, grande coro di voci bianche “un coro in ogni scuola”, i solisti Marius Brenciu e Iveta Apkalna, 25 ottobre 2008 – PalaDozza, Bologna. 74
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personale. Il dato più critico della presenza della Mozart a Bologna era questo. C’era una parte piccola ma chiassosa dell’opinione pubblica che sosteneva questa posizioni. Questa era un po’ la criticità. Sicuramente Bologna è una città di una dimensione un po’ intermedia e possiede alcuni tratti forse un po’ inadatti ad ospitare un progetto così ambizioso. Non parliamo poi quando è cominciato a girare il progetto dell’auditorium di Renzo Piano75, quella è stata la ciliegina che ha un po’ esacerbato gli animi. Ma Abbado su questo aveva tutta una sua visione, lui voleva fare di Bologna una Capitale Europea della cultura e quella struttura sarebbe poi andata a vantaggio di tutte le realtà cittadine, ma la réal politique non ha consentito che questo progetto prendesse piede in alcun modo e infatti attualmente non se ne parla neanche più, è lettera morta. All’Aquila invece l’auditorium76 costruito dopo il terremoto da Renzo Piano, anche questo nato da una telefonata fatta da Abbado all’architetto , che il giorno dopo il terremoto l’ha chiamato dicendo: dobbiamo fare un nuovo spazio per la musica all’Aquila. Quello è stato un bel progetto. Al di là della quotidianità della stagione concertistica che comunque aveva tratti “abbadiani” straordinari nel senso che ogni concerto aveva la sua originalità, tutti questi 10 anni di Mozart sono stati punteggiati da questi progetti faraonici, un po’ incredibili. Ad esempio il progetto Te Deum era volto a sensibilizzare sull’argomento dell’educazione musicale nelle scuole. Infatti il progetto regionale delle scuole pubbliche che avevano partecipato si chiamava “Un coro in ogni scuola”, che era lo slogan di Luigi Berlinguer negli anni ’70. Questo progetto nasceva proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’educazione musicale nelle scuole. Poi siamo stati due volte all’ Aquila: la prima volta quando c’è stato il terremoto abbiamo suonato nella caserma della guardia di finanza, la seconda volta abbiamo inaugurato l’Auditorium di Renzo Piano. Altri progetti straordinari erano squisitamente artistici. Mi viene in mente il progetto Shostakovich con le proiezioni del film e la Mozart che suonava in sincrono sotto. D – Quindi è riuscito a realizzare una gran quantità di progetti memorabili? R- Si, poi li ha un po’ diradati. Negli ultimi anni 3/4 anni ha allentato moltissimo, si è dedicato solo alla Mozart durante l’anno e poi faceva un concerto a Berlino a maggio e a Lucerna d’estate e basta non faceva nient’altro. Quindi il suo progetto principale era la Mozart. Questo dal 2009/2010 in poi. Lui aveva sempre degli impegni fissi con le sue orchestre. Ultimamente i progetti con la Mahler Chamber li faceva in gemellaggio con la Mozart per non abbandonare il progetto. Poi ultimamente si era stabilita la partnership con Santa Cecilia dove abbiamo fatto diverse cose. Anche lì è stato un 75
architetto e senatore a vita italiano Nato da un'idea di Claudio Abbado e progettato dall'architetto Renzo Piano, è stato realizzato grazie al contributo della provincia autonoma di Trento in segno di solidarietà dopo le distruzioni del terremoto del 2009. 76
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passaggio importante appoggiarsi alla seconda istituzione musicale dopo la Scala, la prima per quanto riguarda il repertorio sinfonico. E’ stata una mossa lungimirante. D – Abbado era rimasto commosso in Venezuela dal coro Manos Blancas, che ti diceva a proposito? R – Che era un progetto incredibile. Ci sono due progetti forti Manos Blancas77 in Italia: uno a Testaccio a Roma e uno a San Vito al Tagliamento finanziato dalla Nonino78, quelli della grappa che erano amici di famiglia di Claudio e appoggiato a Feniarco 79 , che è una realtà bellissima. E’ l’associazione nazionale delle associazioni regionali corali private. Sono 3000 associazioni che fanno capo alle regioni e poi a Feniarco, che insieme alla Nonino promuove questo coro Manos Blancas che è stato formato grazie ai due fondatori delle Manos Blancas venezuelani che sono Johnny Gómez e Naybeth García, che io ho conosciuto a Milano dove hanno fatto un workshop con questi ragazzi portatori di handicap e hanno improvvisato una performance in stile Manos Blancas e prima ci hanno spiegato i presupposti del progetto. Sono progetti che vengono portati avanti perché ci sono persone eccezionali che li portano e poi dove vanno trovano anche persone che ci credono e si spendono per portare avanti questi progetti e Claudio lo diceva sempre che tutte le volte che vedeva i Manos Blancas si commuoveva. D – Il primo scopo che si è posto Abbado dopo l’esperienza venezuelana è stato quello di portare il “Sistema” anche in Italia?
R - A lui premeva pubblicizzare il nome e il progetto di Abreu, a queste persone che aveva coinvolto in Italia telefonava lui per sapere se stavano procedendo, se stavano andando avanti. Era un suo progetto e ne chiedeva conto. La Lombardia è la regione più avanzata adesso sul fronte del Sistema e Claudio era contento. Lui si spendeva personalmente sui suoi progetti.
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Progetto nato all’interno del Sistema di José Antonio Abreu dove bambini e ragazzi portatori di handicap suonano muovendo le mani con dei guantini bianchi. 78 Coro Manos Blancas del Friuli, istituito e sostenuto dalla Famiglia Nonino dal 2010. 79 Federazione Nazionale delle Associazioni Corali Regionali.
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Franco Pulcini Direttore editoriale della Scala Milano 24/06/2014 Nota biografica Luogo e data di nascita Franco Pulcini è nato nel 1952 a Torino. Formazione culturale e studi compiuti Nella stessa città si è laureato sotto la guida di Massimo Mila80 e Giorgio Pestelli81. Incarichi ricoperti Insegna dal 1979 «Storia della musica» presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano. Critico musicale dell’«Unità» dal 1980 al 1985, ha collaborato con le principali riviste italiane, enti lirici, fondazioni. Dal 2005 lavora nella Direzione Artistica del Teatro alla Scala in qualità di “Coordinatore scientifico e responsabile editoriale”. Composizioni ed opere sia musicali che scritte Vivi consensi hanno ottenuto i suoi studi su Leos Janácek 82, della cui opera Il viaggio del Sig. Broucek sulla luna ha curato la versione ritmica italiana e sul quale ha scritto la monografia L.J. vita. opere. scritti (Passigli, 1993). Ha inoltre pubblicato nella Storia sociale e culturale d’Italia l’ampio saggio «La musica e l’opera in Italia dal 1638 ad oggi» (Bramante, 1987), la monografia Šostakovic (EDT, 1988), primo studio completo in italiano sul grande musicista sovietico e il libro di conversazioni con Franco Battiato Tecnica mista su tappeto (EDT, 1992). (Fonte: http://www.aasp.it/didattica_folder/qr_storici_pulcini.html, ultima consultazione 4/07/2014)
Abstract: Franco Pulcini pone in evidenza i punti fermi della carriera artistica di Abbado: la cultura, i giovani e il sociale e ci parla anche del suo metodo interpretativo. Attraverso aneddoti simpatici, Pulcini ci mostra il lato della persona di Abbado semplice e “umanista”,
la sua
convinzione che la musica è necessaria per il bene dell’umanità. D – Come Abbado considerava l’aspetto del sociale e della cultura?
R - Lui sicuramente aveva questo senso del sociale che però in lui aveva una connotazione particolare. La prima cosa che lui diceva sempre era legata al fatto che i soldi spesi per la cultura sono ben spesi quella era la sua prima idea, diceva che quando uno spendeva i soldi per la cultura avrebbero sempre finito per tornare indietro, perché i paesi che più spendono per la cultura sono 80
Massimo Mila è stato un musicologo e critico musicale italiano. Giorgio Pestelli è un musicologo e un critico musicale italiano. 82 Leos Janácek è stato un compositore ceco. 81
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quelli che diventano poi fatalmente più ricchi degli altri. D – Abbado ha sempre coltivato i giovani musicisti, avendo con loro un rapporto molto bello e aperto. Diceva che se non avesse fatto il musicista avrebbe fatto il giardiniere, ma forse ha fatto il “giardiniere della musica? Poi aveva l’idea dei giovani: quando viveva a Berlino viveva in una vecchia casa che aveva in alto un terrazzo, infatti diceva che se non avesse fatto il musicista avrebbe fatto il giardiniere. Questa era una cosa che aveva in comune con Sinopoli , anche Sinopoli era appassionato di verde e diceva che molti soldi che aveva gli usava per far piantare alberi. Quando era in tournée spesso mandava i giovani ad esercitarsi a casa sua col suo pianoforte a coda, giovani che magari avevano un pianoforte verticale oppure non avevano un pianoforte e avevano bisogno di ascoltarsi, gli dava le chiavi di casa sua, tanto non c’era nessuno e non disturbavano nessuno. Poi aveva tutta la questione ecologica, questa fissazione che tutti andassero sulle biciclette elettriche. Notò però che non esisteva un antifurto adeguato per le biciclette. D – Poi il progetto Abreu li ha cambiato il modo di concepire a musica?
La cosa che più lo ha interessato e sulla quale lui ha veramente ha investito molto, è la questione della musica come salvezza delle classi più sfortunate (progetto venezuelano), riforma i bambini delle favelas insegnandogli a suonare uno strumento. Lui è veramente rimasto fulminato da questo progetto Abreu e ne ha fatto in qualche modo la sua ragione di vita nell’ultima parte della sua vita. D – Abbado,a differenza di Karajan, amava affrontare diverse interpretazioni? In qualche modo lui si era anche un po’ stufato cioè Abbado non era tipo Karajan che aveva edificato la propria vita su una specie di costruzione, su un accumulo di esecuzioni, [Karajan] lui è stato dieci anni ai Berliner quello che doveva dare lo ha dato non è che andava a cercare altre cose, altri cicli di sinfonie, anche come repertorio lui aveva tutta una serie di titoli che gli interessavano e gli piacevano. Abbado invece cambiava se non trovava la sua maniera di interpretare il brano. Lui aveva un tipo di ricerca artistica sull’ interpretazione che era molto simile a un tipo di speculazione di carattere artistico. Si pensa che gli esecutori siano sempre un po’ meno rispetto ai creatori in realtà loro stessi si sentono molto artisti. 87
Perché in effetti nell’interpretazione, nell’adesione ai capolavori altrui c’è una capacità di coinvolgimento all’interno dell’opera che è molto simile all’esperienza artistica e proprio per questo motivo mi ricordo che c’è un passo nell’esperienza musicale, nell’estetica di Mila83, che diceva che noi crediamo che gli interpreti siano artisti di serie B ma questo non corrisponde a quella che è la loro esperienza personale cioè se loro si sentono molto artisti probabilmente lo sono. Quando si parlava di interpretazione infatti Abbado diceva che il problema dell’interpretazione è anche un fatto di ricerca, di tentare, di provare. D – Come era Attilia Giuliani, Presidente del CAI (Club Abbadiani itineranti), nei confronti di Claudio Abbado?
Attilia Giuliani è una donna molto simpatica e non priva di critica nei confronti di Abbado stesso. L’aveva in qualche modo smascherato, avevano dato ad una stella il suo nome ma in realtà c’è un sito e tutti noi possiamo dare il nostro nome a una stella. Loro erano molto simpatici, erano molto appassionati di Claudio Abbado. D – Lei ha fatto anche un libro su Claudio Abbado con la casa editrice De Sono?
Si, ho fatto anche un librino su Claudio Abbado della casa De Sono. Un libro soprattutto fotografico. Gli ho dato tutta l’impostazione generale poi a un certo punto ero stra-impegnato e lui era molto meticoloso e allora lui l’ha poi rivisto assieme a un’altra persona, anche se la collana è rimasta firmata da me in realtà lui l’ha messo a posto con un’altra persona. D – Che idea aveva Claudio Abbado della musica a contatto con le altre arti?
Lui aveva una sua idea delle cose, era un uomo estremamente astuto però anche con delle sue ingenuità e dei suoi piccoli infantilismi. L’altra questione importante era il fatto che in qualche modo la musica non è che gli bastasse nel senso che lui voleva fare sempre intorno alle esecuzioni musicali queste manifestazioni importanti collaterali che in qualche modo si univano alle questioni musicali (es. il ciclo di Brahms con mostre di pittura di pittori dell’epoca di Brahms) e questo perché dalla musica c’era poi la pittura, la letteratura e questo poi portava fatalmente all’umanesimo che era la cosa che poi a lui interessava di più.
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Massimo Mila è stato un musicologo e critico musicale.
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D – Che tipo di direttore era Claudio Abbado? Che rapporto aveva con i musicisti?
Abbado diversamente dagli altri direttori di orchestra che in genere sono dei personaggi fortemente accentratori, lui lo era come gli altri, ma mentre i direttori di orchestra che sono anche a capo di istituzioni tendono a non far venire artisti che in qualche modo potrebbero fargli un po’ ombra, un po’ perché sono grandi artisti anche loro un po’ perché hanno un modo di dirigere personale molto lontano da loro ma tendono in genere a fare venire direttori di orchestra che non gli diano fastidio, che non gli facciano in qualche modo concorrenza divistica. Lui stranamente non era così, per esempio l’epoca quando lui ha diretto alla Scala in quel periodo venivano tutti i più grandi direttori d’orchestra, uno fra tutti Carlos Kleiber era un direttore terribilmente esigente e capriccioso e Abbado doveva in qualche modo dirimere tutta questa agitazione da cui Kleiber si faceva cogliere nel corso delle esecuzioni (insultava tutti e se ne andava, si chiudeva in stanza…) Abbado doveva cercare di farlo ragionare per farlo ritornare a dirigere. Per cui [Abbado] lui era un direttore d’orchestra certamente accentratore con una sua idea ma non temeva la concorrenza e faceva venire i direttori più bravi e questa è una cosa abbastanza rara. Al contrario di Muti84 aveva una sua idea e basta e, se qualcuno faceva qualcosa di diverso da quello che aveva in mente lo correggeva subito. Abbado invece aveva una certa tendenza a cercare di ascoltare che cosa loro facevano e che cosa intendevano fare e ascoltando le varie cose finiva poi per mediare, cioè lasciare che una parte di spontaneità venisse dall’orchestra mettendolo insieme con altre cose, per quello diceva della ricerca. Non era uno che avesse in mente come fare, veniva, ascoltava e correggeva e mentre correggeva modificava anche una sua idea. Lui provava e faceva questi tentativi per prendere in qualche modo questa specie di materiale emotivo umano fattosi musica che utilizzava e inseriva all’interno di una sua idea. Lui si rendeva conto che forzare una spontaneità musicale in favore di un’altra cosa che è un altro che la fa poteva essere un’operazione che non portava a dei buoni risultati, proprio per questo motivo valutava questa spontaneità, magari la correggeva inizialmente se era completamente fuori strada ma se tutto sommato gli tornava la lasciava, per questo le sue esecuzioni avevano anche spesso qualcosa di personale che veniva però dalla personalità degli artisti non tarpata, non bloccata e in questo senso ci può certo stare qualcosa che ha a che fare con il suo umanesimo, con la sua idea di sociale. Abbado era curioso, così come Barenboim85, era curioso della vita altrui.
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Riccardo Muti è un direttore d’orchestra italiano. Daniel Barenboim è un pianista e direttore d'orchestra argentino-israeliano. Dal 1º dicembre 2011 è direttore del Teatro alla Scala 85
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D – Mi racconta qualche aneddoto su Claudio Abbado?
1. Una volta Abbado mi ha raccontato di un aneddoto divertente insieme a Barenboim, loro erano in un ristorante e a un certo punto Barenboim dice guarda che c’è una ragazza più in là che sta guardando verso di noi, ci avrà riconosciuto chi lo sa. Dopo un po’ questa ragazza si alza, si avvicina e dice: «scusate se vi disturbo, ma volevo chiedervi: questa cosa che state mangiando è buona?» E loro le dissero «si si è buona», la ragazza: «allora la posso ordinare anche io?» e loro «si si è una cosa molto buona, leggera». La ragazza li ringrazia e se ne va. 2. Eravamo una volta in Svizzera e stavamo scendendo un sentiero in mezzo alla neve, a un certo punto è arrivata una persona, Claudio Abbado non aveva tanta memoria sulle persone. Noi stavamo parlando di un certo discorso improvvisamente arriva questa persona che comincia a parlargli in tedesco ma lui faceva finta di ricordarsi. Poi quando se ne andato via lui ha ripreso esattamente dalla parola che aveva interrotto prima. Per cui era cordialissimo però poi non si ricordava delle persone allora era molto gentile con tutte queste persone che gli si rivolgevano e lui faceva finta di ricordarsi e però poi dopo lui ritornava a parlare delle sue cose. D – Claudio Abbado non amava ricevere premi, preferiva una borsa di studio data ai ragazzi talentuosi? A un certo punto gli volevano dare una bacchetta d’oro ma lui preferiva una borsa di studio per un bravo musicista. Dice io non dico che devono fondere la bacchetta d’oro. Se proprio volevano premiarlo al suo posto premiassero degli studenti. È una cosa che deriva un po’ dal pensiero verdiano che lui ha molto ereditato. Verdi aveva anche lui questo aspetto filantropico, continuamente in Verdi si trova questa idea, metto a posto un casolare in modo che do da abitare a della gente. [Verdi] Ha fatto costruire la casa di riposo per i musicisti, l’ospedale. C’era questo aspetto, molti artisti sono anche un po’ filantropi ma non solo gli artisti, anche persone. In Abbado c’era anche questa idea politica oltre che filantropica, c’era di più l’idea dell’organizzazione di un qualcosa che funzioni che serva allo sviluppo umano, sociale. In generale se faceva qualcosa dal punto di vista artistico voleva che c’entrassero anche delle questioni umanistiche oppure ecologiche. Lui aveva questa capacità di sollevare problemi sulle pagine dei giornali. Quando gli veniva in mente di fare una cosa non sentiva ragioni, era uno che non vedeva ostacoli nelle cose, era un massimalista. Io l’ ho sempre sentito dirigere, ho visto molti dei suoi spettacoli. come interprete. Allora la Scala era tradizionale, si pensi alla Lucia di Lammermor con la Callas. L’idea che ci potesse andare Luigi Nono alla Scala era un’idea che non stava ne in cielo ne in terra. 90
La musica di Luigi Nono di ricerca, di forte impatto emotivo era molto lontana dall’idea del melodramma. D – È stato scritto anche un libro “Claudio Abbado alla Scala”?
A un certo punto ho ritenuto che fosse venuto il momento, siccome Claudio Abbado doveva ritornare alla Scala, si doveva fare un libro su Claudio Abbado, l’avevamo fatto su tutti gli artisti, allora un giorno ho incontrato Lissner86 in ascensore, gli ascensori della Scala sono estremamente veloci e gli ho detto «Sovrintendente cosa ne dice se quest’ anno facciamo un libro su Claudio Abbado?» Dal pian terreno al primo piano mi ha detto «fai tu e fallo subito» e allora lì abbiamo poi fatto questo libro che ha curato Angela Ida De Benedictis 87 , abbiamo trovato il finanziamento, questa è una cosa divertente scaligera, [Lissner] ci ha messo in pratica un piano di ascensore a decidere di dire: «si fai tutto subito, come puoi vai, trova il sistema di farlo» e così lo abbiamo fatto.
D- Abbado considerava la musica sempre insieme al mondo sociale e culturale?
Aveva sempre questa fissazione degli argomenti, di trovare le cose che uniscono le varie musiche, questi argomenti umani, questo aspetto anche un po’ enciclopedico. Lui aveva l’idea per esempio del tema del viandante …. Voleva che la musica facesse parte di tutto il mondo culturale per arrivare all’umanesimo quella era la cosa che a lui interessava molto. Era particolare, era come se fosse sempre un po’ assente, aveva tutta una sua idea, era concentrato sulle sue cose, era una persona che sicuramente ti stava ad ascoltare.
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Stéphane Lissner Sovrintendente e Direttore Artistico del Teatro alla Scala di Milano. Responsabile scientifico e di ricerca presso la Paul Sacher Stiftung di Basilea.
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Maria Majno Responsabile Sistema Lombardia Milano 24/06/2014 Fondazione Pasquinelli, Corso Magenta 42 Nota biografica Luogo e data di nascita Maria Majno è nata a Milano nel 1958. Formazione culturale e studi compiuti È diplomata in pianoforte al Conservatorio G. Verdi e laureata in filosofia all’Università Statale della sua città. Incarichi ricoperti La lunga collaborazione con la Società del Quartetto di Milano (www.quartettomilano.it) della quale è ora vicepresidente, si è avviata nel 1988 con “I Concerti del Quartetto”, nel cui quadro ha realizzato l’esecuzione integrale delle oltre 200 Cantate sacre e profane di Johann Sebastian Bach sull’arco di 10 anni, curando in parallelo la direzione artistica e la gestione delle stagioni in abbonamento. Dal 2005 è alla guida dell’Associazione “European Mozart Ways” (www.mozartways.com), rete dei 10 Paesi incentrata sui viaggi di Wolfgang Amadeus Mozart, designata “Grande Itinerario Culturale Europeo” dal Consiglio d’Europa. Dal 1987, nei ruoli di responsabile della programmazione, Consigliere Delegato e Vicepresidente della Fondazione Mariani per la neurologia infantile (www.fondazione-mariani.org), ha sviluppato in particolare l’area delle relazioni tra le neuroscienze e la musica in ambito cognitivo, comprendenti la serie di congressi “The Neurosciences and Music” e le relative pubblicazioni al fianco di istituzioni scientifiche di primo piano. Si dedica oggi prevalentemente al progetto del “Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e infantili in Italia” (www.sistemaitalia.eu) avviato dal M° Claudio Abbado sul modello di El Sistema di José Antonio Abreu in Venezuela: Maria Majno è referente per la Lombardia (con primo partner la Fondazione Pasquinelli, www.fondazionepasquinelli.org), membro del Direttivo nazionale e delegata nelle reti Sistema Europe / Sistema Global. (Fonte:http://www.parlaredimusica.it/CURRICULA/MajnoMaria.asp, ultima consultazione 14/07/2014).
Abstract: Maria Majno ci racconta quando Claudio Abbado l’ha chiamata per coinvolgerla nel progetto del “Sistema” in Italia, come Abbado partecipasse allo sviluppo del progetto e di come volesse fermamente che i bambini prima di ogni cosa suonassero insieme. Claudio Abbado ha tracciato il percorso da seguire. Tutte le persone coinvolte erano votate con entusiasmo alla realizzazione del disegno di Abbado. D – Quando è cominciata la tua collaborazione con Claudio Abbado?
R- La mia conoscenza è cominciata più o meno quando avevo 15 anni perché mio padre era 92
avvocato della Scala e io avevo avuto un permesso per assistere alle prove. Avevo una specie di tesserino del sovrintendente Paolo Grassi 88 che diceva che la studentessa Maria Majno era autorizzata nel più perfetto silenzio e con la massima discrezione ad assistere alle prove di insieme della Scala. Quindi ho cominciato dai 15 ai 20 anni più o meno a frequentare le prove della Scala. Il papà di Claudio, Michelangelo, aveva un’orchestra in cui suonava mia nonna Maria Teresa Bazzi. Quindi, c’era un legame di famiglia e poi c’è stata una certa vicinanza professionale di mio padre alla Scala negli anni ‘60/‘70 nell’epoca in cui erano sovrintendenti i tre: Ghiringhelli89, Grassi e Badini90 . Ho frequentato molto la Scala in quel periodo e c’è stata l’occasione di assistere a molte prove di Abbado. Poi c’era una certa consuetudine, ci sono state anche delle collaborazioni per scrivere alcune cose insieme quando qualcosa gli poteva interessare per approfondire alcuni argomenti e così via. L’ho anche aiutato a scrivere la prefazione del libro di Barenboim/Said 91, appunto per la stesura abbiamo dialogato come è capitato in tante altre occasioni. D - Come è cominciato il progetto di lancio del “Sistema” qui in Italia? R – Quando si è trattato di lanciare il progetto del “Sistema” [Abbado] lui ha chiamato alcuni di noi al telefono, persone di cui conosceva lo spirito di servizio verso la musica chiedendo se potevamo dare una mano a lanciare questo progetto. La telefonata mi è arrivata, non potrò mai dimenticarlo, il giorno di Natale. Nella mattina di Natale mi arriva una telefonata sul cellulare da sconosciuto e io ho detto, proprio la mattina di Natale,. Stavo andando a messa con mia sorella, mi voleva parlare perché c’era l’idea di lanciare il “Sistema”. Interessante è stata l’idea di fare una mappatura dell’ Italia di quello che già poteva essere affine a un criterio di apertura della musica e di pratica collettiva della musica in Italia che potesse essere coinvolto nel “Sistema”. Non avendo l’aspetto dei finanziamenti nazionali, bisognava comunque coinvolgere le realtà esistenti che potevano essere messe in rete, coinvolgere persone già sensibili all’argomento, e così è stato fatto. Lentamente la rete si è estesa. Mi ricordo molto bene quando mi ha detto di mettermi in contatto con Roberto Grossi92, perché c’erano queste trasmissioni da Fazio93. In una di queste trasmissioni ha partecipato anche Roberto Grossi e gradualmente il progetto si è sviluppato. L’ho sempre tenuto al corrente 88
Paolo Grassi è stato sovrintendente del Teatro alla Scala dal 1972 al 1977, cfr. Carlo Fontana (a cura), Paolo Grassi/ Una biografia tra teatro, cultura e società, , Skira, Milano, 2011. 89 Antonio Ghiringhelli è stato sovrintendente del Teatro alla Scala dal 1945 al 1972. 90 Carlo Maria Badini è stato sovrintendente del Teatro alla Scala dal 1977 al 1990, cfr. Alberto Sinigaglia, Un impresario alla Scala, in Carlo Maria Badini… cit. pp. 65-79. 91 Edward Said è stato uno scrittore, docente, teorico letterario, critico e polemista palestinese. 92 Roberto Grossi è Presidente e Segretario Generale di Federculture, la Federazione nazionale degli Enti, Fondazioni e imprese che gestiscono servizi, attività culturali e del tempo libero degli Enti pubblici statali, regionali e locali, di cui è stato fondatore. 93 Conduttore televisivo della trasmissione “Che Tempo che fa”.
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dello sviluppo del progetto, come pure veniva tenuto al corrente da Federculture. D – Lui partecipava in prima persona all’organizzazione? R - Non all’organizzazione, però era tenuto al corrente in modo da dare uno sguardo di insieme, soprattutto nell’approvare le direzioni che si stavano prendendo. Una volta ricordo bene che in uno di questi incontri di messa a punto che potevano capitare ogni sei mesi. Gli ho spiegato quanto fosse difficile mettere insieme realtà cosi diverse perché si tratta di scuole di musica, si tratta di scuole quindi di progetti curriculari, si tratta di centri sociali, si tratta di iniziative come quella di questa Fondazione Pasquinelli 94 che crea un centro di aggregazione urbana. La sua risposta, che ho poi citato tante volte, è stata: «non importa, fateli suonare insieme»! E questo «fateli suonare insieme» per noi è stato proprio un po’ come il nord della bussola, cioè non importa da dove vengono, come suonano, se si conoscono prima, se andranno avanti tanto dopo, l’importante è cominciare a farli suonare insieme. Così abbiamo fatto perché il progetto in Lombardia è partito molto presto perché abbiamo trovato questa Fondazione. La Fondazione Pasquinelli che ha adottato da subito l’idea del “Sistema” e ha poi supportato un po’ la creazione di Futurorchestra 95 che è stata proprio la traduzione pratica di questo “fateli suonare insieme”. Successivamente di impulso abbiamo avviato il progetto. Questo è stato l’inizio e poi via via a volte confrontandosi sulle questioni, magari di diversità tra una regione e l’altra. L’ altra cosa che è stata un input suo molto chiaro è stata quella dei referenti regionali e delle organizzazioni presenti in regione. E ogni volta che ci vedevamo mi diceva: «scusami ma tu mi hai detto che non c’è ancora il referente nella Basilicata»?, poi magari c’è quasi subito, ma si ricordava come particolare che forse in una regione non c’erano ancora i due referenti. Quindi questo è stato l’avvio poi è stato sempre tenuto al corrente anche appunto sui vari programmi delle orchestre e così via fino all’orchestra l’ultima a cui ha assistito in televisione dal Senato e in cui aveva particolarmente apprezzato il discorso di Pietro Grasso 96. Ecco questo è stato il percorso. Comunque devo dire, al di là di quanto mi veniva chiesto molto spesso: «che tipo di coinvolgimento ha avuto»? Non era un coinvolgimento sulla pratica perché quelli erano problemi nostri, era molto di più un’autorità morale sullo spirito che deve formare il progresso del “Sistema” e questa autorità morale permanente, infatti quando ci è stato chiesto se sentissimo la mancanza di 94
La Fondazione Pasquinelli è nata alla fine del 2011 a Milano per onorare la memoria di Francesco Pasquinelli, singolare figura di imprenditore milanese che ha saputo coniugare l’attività lavorativa con la passione per la cultura. 95 L’orchestra giovanile FuturOrchestra raccoglie gli strumentisti dei Nuclei dai 12 ai 22 anni, ai vari livelli di preparazione, da quella di base alla più avanzata. Rappresenta la prima realizzazione progettuale stabile nell’ambito del Sistema in Lombardia, espressione delle attività di convergenza dei Nuclei, la cui aperta collaborazione costituisce uno degli aspetti fondanti di tutto il Sistema. 96 Presidente del Senato della Repubblica
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Claudio, la nostra risposta è stata certamente che la sentiamo molto ma dal punto di vista di quello che dobbiamo fare ci ha lasciato una traccia così chiara che in realtà non è una mancanza ma è proprio una presenza, io la sento proprio come tale. D – Lui come sceglieva le persone? R – Ha avuto sempre un grande intuito per la scelta delle persone e anche per metterle insieme, per creare i collegamenti tra le persone.
D- Era molto umano? R – sicuramente era molto umano ma direi però una persona molto essenziale. Non c’era da sprecarsi in discorsi, chiacchiere. Era una persona che ha sempre badato molto alla sostanza. D – Realizzava quasi sempre tutto quello che aveva in mente?
R- La caratteristica sua è stata quella di non considerare mai che nulla fosse impossibile, in realtà questo dal punto di vista umano poteva procurare anche tutta una certa serie di problemi invece dal punto di vista operativo era quella di puntare sempre molto alto. E questo è tuttora quello che si cerca di mettere in pratica, senza compromessi e senza sbavature. Quella frase «falli suonare insieme» è molto significativa, perché era una persona che non si è mai voluta lasciar condizionare dai particolari. Cioè se l’obiettivo è un obiettivo generale e molto alto era quello che si doveva tener presente, non il dettaglio di qua, l’ostacolo di là. Un’ altra cosa che gli è stata molto a cuore è stato il fatto di mettere a disposizione le risorse (campagna “costruire con la musica”), cioè quanta gente ha in casa uno strumento che non suona e che potrebbe anche solo dare in prestito, metterlo a disposizione, e anche la collaborazione con i liutai che li possano recuperare e così via. L’altro aspetto è stato invece quello di quanto può essere importante il “Sistema” per creare professionalità nuove tra le insegnanti e più recentemente mi aveva cercato proprio per avere dati su questo argomento, cioè quanti ragazzi sono coinvolti , quanti insegnanti sono coinvolti, per poter andare dal Presidente Napolitano e dirgli: noi che ci occupiamo tanto del problema della disoccupazione in realtà abbiamo proprio sotto mano uno strumento molto forte per creare occupazione e questo è un altro elemento che ci porta a una traccia operativa importante e cioè la formazione degli insegnanti, è uno degli obiettivi che dobbiamo conseguire. La formazione professionale e la formazione sociale, la sensibilità culturale all’integrazione di 95
persone diverse, che siano di razze diverse o di capacità diverse e anche questa sensibilità verso le persone con disabilità era molto marcata. Era una persona che non ha mai smesso di cercare, aspettiamo noi di essere sempre alla ricerca di qualche cosa. Anche tutte le persone che hanno collaborato con lui come musicisti che poi sono stati anche molto amici, hanno sentito fortemente questa sua caratteristica di non accontentarsi mai del punto a cui si è arrivati ma di andare sempre oltre, spingere questo limite. Quando è mancato molti amici da tutto il mondo hanno scritto sapendo quanto è stato importante per noi, per me, per tutti noi che dovevamo andare avanti in questo progetto e in tante altre sue idee dicendo «ah chissà quanto mancherà», invece secondo me l’importante è di vedere chissà quanto resta, di dimostrare da parte nostra quanto resta.
D- Perché lui ha tracciato il percorso R – Si decisamente.
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Valerio Vicari Abbadiano itinerante Roma, 04 luglio 2014 Nota biografica Luogo e data di nascita Valerio Vicari è nato a Roma il 15 Maggio 1980. Formazione culturale e studi compiuti Ha conseguito la maturità classica nel 1999 presso il liceo “Giulio Cesare” di Roma col punteggio di 100/100. Nel 2010 si è laureato in Pubblica Amministrazione, presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi Roma Tre, tesi in “Sistema politico italiano”, col punteggio di 110/110 e lode. Nel 2003 aveva già conseguito la laurea in Lettere, vecchio ordinamento, presso il medesimo ateneo e con lo stesso punteggio, tesi in “Filologia e critica dantesca”. Per meriti scolastici prima, e universitari poi, ha vinto borse di studio promosse da: Scuola Normale Superiore di Pisa; Fondazione Collegio S. Carlo di Modena; Dipartimento di Filosofia dell’Università Roma Tre. Ha studiato composizione sperimentale e pianoforte dal 2001 al 2007 presso il Conservatorio di Musica “Santa Cecilia” di Roma, con Gian Paolo Chiti 97 e Matteo D’Amico 98 , conseguendo il compimento inferiore sia in composizione che in pianoforte. Incarichi ricoperti Nel 2001 ha ideato Roma Tre Orchestra, dal 2005 costituita in Associazione legalmente riconosciuta, da allora ne è Direttore Artistico. In questi anni ha coordinato la realizzazione di stagioni musicali alternanti formazioni cameristiche e sinfoniche; ha avviato masterclass di strumento musicale, tenute, dal 2006 a oggi, dalle prime parti dell'orchestra; ha formalizzato accordi di cooperazione, stretto protocolli d’intesa, realizzato collaborazioni, con istituzioni quali: Teatro dell’Opera di Roma; Fondazione RomaEuropa; Ambasciata degli Stati Uniti presso il Quirinale e presso la Santa Sede; Reale Ambasciata di Norvegia in Italia; Ambasciata di Svizzera in Italia; Zetema srl; Accademia di Danimarca; Laziodisu; Camera di Commercio di Roma; CIDIM; Galleria Nazionale D'Arte Antica - Palazzo Barberini, Istituto Polacco di Cultura. Roma Tre Orchestra dal 2014 è tra gli enti di cultura riconosciuti all'interno del Fondo Unico per lo Spettacolo da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Ha ricoperto diversi incarichi presso il Consiglio Regionale del Lazio, quale responsabile di segreteria di gruppo consiliare, responsabile di segreteria della commissione consiliare Scuola e Università, responsabile di segreteria della commissione politiche familiari e pari opportunità. Attualmente è funzionario della struttura di supporto della conferenza dei presidenti dei gruppi consiliari. Dal 2006 è dipendente dell’Università degli Studi Roma Tre, dove ha ricoperto nel periodo 20082010 l’incarico di responsabile della segreteria del Collegio Didattico in Scienze della Comunicazione. È stato membro eletto del Consiglio di Collegio Didattico in Scienze della Comunicazione, del Consiglio di Facoltà di Lettere e Filosofia e della Commissione Programmazione di Facoltà. Ha una ottima conoscenza della lingua inglese, sia parlata che scritta (certificato Advance dell'Università di Cambridge) 97 98
Gian Paolo Chiti è un compositore e pianista italiano. Matteo D’Amico è un compositore italiano.
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Composizioni ed opere sia musicali che scritte Ha compilato alcune voci di letteratura medievale, in lingua inglese, all’interno della Encyclopedia of Italian Literary Studies pubblicata nel 2006 dalla casa editrice statunitense “Routledge”. (Fonte: http://www.r3o.org/direttore-artistico/non-categorizzato/direttore-artistico, ultima consultazione 15/07/2014 ).
Abstract: Valerio Vicari ci racconta la sua profonda emozione quando a 17 anni assiste per la prima volta a un concerto di Claudio Abbado, che da allora ha rappresentato il suo “mito” nel campo musicale. Parla del modo di dirigere di Abbado e della sua idea di Musik zusammen. Vicari riferisce nell’intervista anche qualche osservazione critica nei confronti di alcuni progetti che si sono rivelati , a suo giudizio, del tutto velleitari. D – Quando hai assistito al primo concerto di Claudio Abbado? R – Era il 1997, [Abbado] era venuto come ospite con l’Orchestra dei Berliner Philharmoniker a Roma al vecchio Auditorium quello di Via della Conciliazione e all’ epoca avevo 17 anni. Fecero la settima sinfonia di Beethoven e la terza di Brahms e fu fin da subito un’emozione grandissima. Era la prima volta che sentivo dal vivo i Berliner Philharmoniker la cui perfezione musicale colpisce ogni volta che li si ascolta. Poi certamente il personaggio Abbado e il suo grande carisma musicale. Anche per un diciassettenne alle prime armi era subito qualcosa di veramente impressionante. Rimasi affascinato e incantato da questo concerto, ero certo di non aver sentito mai niente di simile. Per bis fece anche un paio di danze ungheresi bellissime, fantastiche: fu assolutamente coinvolgente. Alla fine da ragazzino andai a salutarlo, a chiedere l’autografo, lui mi ha scritto Claudio e basta. D – Da come dirigeva tu vedevi questo suo sguardo rivolto all’ Orchestra? R – quello non si riusciva a vedere, io lo vedevo di spalle. Un paio di volte l’ho visto davanti. Però quello che coglievi era la straordinaria ricchezza di colori musicali che sentivi in concerto, questo era unico. Cioè tu da un’orchestra con 100/120 elementi in cui c’erano dei pianissimi sussurrati, dei fortissimi che ti spaccavano le orecchie e all’interno una gamma di colori, di emozioni uniche, incredibili. Questo era quello che percepivi. Il gesto bello, molto chiaro, essenziale. Abbado già a 35 anni era famosissimo. L’Abbado degli ultimi dieci anni, l’Abbado di Lucerna aveva un gesto essenzialissimo, non dava il tempo, non segnava il ritmo. Però se vedi i video di Abbado anni ’60 /70 era molto diverso. Era assolutamente più energico, dava il tempo. Poi aveva dei suoi gesti molto particolari, l’allargare il braccio come gesto di apertura che aveva un suo significato, in qualche 98
modo voler dare la carica ai musicisti. Il suo carisma e la sua energia fino all’ultimo è rimasto inalterato, fino all’ultimissimo Abbado. D – Lui ha mantenuto un concerto a Berlino a maggio e uno a Lucerna d’estate anche negli ultimi anni? R – Anche di più, lui fino ad agosto scorso ha fatto concerti regolarmente in giro per l’Italia. I suoi ultimi ultimi, the very last Abbado sono stati i due programmi di Lucerna, ovvero la nona di Bruckner. Ma io tengo a ricordare con particolare commozione il penultimo in cui fece una Terza di Beethoven, un’Eroica veramente incredibile. Azzarderei a dire la più grande esecuzione musicale che abbia mai sentito in assoluto, non paragonabile con qualsiasi altra cosa che ho sentito. Lì c’era una tensione musicale, una complessità, una varietà di tempi, di sfumature, di colori, di infiniti ritardati, micro cambi di tempo. C’era tutto, era veramente perfetto, impensabile un’esecuzione più emozionante di quella, la più bella esecuzione in assoluto che abbia mai sentito. D – Lui lasciava molto liberi i musicisti, aveva questo concetto del fare musica insieme. R – Si, il famoso Musik zusammen che diceva lui, di fare musica insieme. È stato uno dei primi da questo punto di vista. Abbado giustamente insisteva molto sull’aspetto cameristico della musica sinfonica, cioè fin da quando lui era direttore musicale della Scala anni ‘60/70 invogliava i musicisti dell’orchestra a suonare anche musica da camera, a fare molta musica da camera. Questo perché la musica da camera è ascoltarsi l’un l’altro. È chiaro che nella musica da camera quando si è in 3 o in 4 tu sei “costretto” ad ascoltarti altrimenti gli attacchi non verranno mai insieme, i rallentando non saranno mai insieme, i piano non saranno mai piano allo stesso modo. Allora la musica da camera è il luogo musicale di elezione dell’ ascolto reciproco. Abbado sosteneva, con grandissima ragione da questo punto di vista, che nell’orchestra sinfonica serviva la stessa dose di ascolto quindi non ognuno con lo spartito davanti che vede la sua parte e basta e suona quello che legge, legge la parte, guarda il direttore e basta. No, Abbado insisteva molto affinché ogni musicista ascoltasse anche l’altro, e questo è essenziale. Perché tante volte vuoi sapere come deve essere fatta la tua parte, la dinamica, allora senti la parte di un altro, ad esempio dell’oboe, del clarinetto. Senti come viene portata la frase e ti inserisci nel gusto musicale di quel clarinetto. Fondamentalmente, la grande esecuzione qual è? È quella quando tutti gli elementi sono giustamente dosati e perfettamente coerenti l’uno con l’altro con la stessa idea musicale, e questo può derivare dall’ascolto reciproco e questo è il famoso fare musica insieme lo Musik zusammen di Claudio 99
Abbado. La concezione cameristica dell’orchestra sinfonica, fondamentale. D – Quindi tutta la musica è musica da camera? R – Esattamente. Fare un Mahler che ha 120 elementi con la stessa concentrazione e capacità di ascolto reciproco della musica da camera. Più ti ascolti reciprocamente e segui il gusto musicale degli altri, in qualche modo ti accordi tra di loro, più fai bene come i cantanti in un coro, canti piano e ti inserisci nell’intonazione generale del coro. D- Infatti con lui i musicisti quasi si auto correggevano. L’ unica frase che diceva era «ascoltate, ascoltate» . R - Oggettivamente l’ascolto in un’orchestra è la cosa fondamentale e poi alla fine il direttore da delle indicazioni, ovviamente. Ma la svolta la fanno quando i musicisti ascoltandosi sono coerenti l’uno con l’altro. E’ chiaro che se uno va per conto suo e non ascolta gli altri fa uno schifo e non basta che guardi il direttore, non serve a niente, il direttore al massimo ti può indicare chi ascoltare. D – Quand’è che sei entrato a far parte degli Abbadiani itineranti? R – 12 anni fa tramite Attilia99 perché lessi un articolo sul Messaggero. Io già dal 1997 avevo deciso che Abbado era un mito e quindi ho cominciato ad approfondire, avevo capito che veramente era la risposta musicale che cercavo. Dunque nel 2002 c’era questo articolo che parlava di questo Club di Abbadiani Itineranti e c’era un cellulare, chiamai e mi rispose una signora molto allegra, molto simpatica, estremamente alla mano. Le chiesi se si poteva andare a sentire un concerto che avrebbe fatto a Ferrara nel 2002 con i Berliner Philharmoniker, nel 2002 facevano il Pelléas e Mélisande di Schönberg e il Rückert-Lieder di Mahler e le chiesi se si poteva avere il biglietto, lei rispose «si si come no» ci vediamo in teatro. Io la ringrazio per questo, è la persona più straordinaria che abbia mai conosciuto. Lei a un ragazzetto di 22 anni che non conosceva, ha dato un’apertura di credito totale, cioè gli ha tenuto il biglietto, io avrei potuto anche non presentarmi quel giorno a Ferrara e lei aveva comunque il biglietto per me. Andai là e mi presentai, lei aveva questo biglietto in più per la galleria alta (che tra l’altro a Ferrara è scomodissima!). Però fu l’occasione tra l’altro in cui si festeggiavano i 70 anni di Abbado e facevano questa mostra per i 70 anni, io gli diedi anche una mano. Dato che ero anche abbastanza grosso e robusto. 99
Attilia Giuliani, Presidente del Club Abbadiani Itineranti (CAI).
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D – Ho letto che andava in giro su una macchina con su scritto “I love Abbado”?
R - [Attilia] Lei aveva anche una collanina con su scritto Claudio. Attilia è leggenda, io la ringrazio per le bellissime e meravigliose serate che ho passato grazie a lei, lei era il cuore di tutto, riusciva ad avere i biglietti ovunque nel mondo. Oggi con internet è molto più facile, ma 10 anni fa non è che uno andava a sentire Abbado a Berlino così. Ci voleva Attilia. Oggi è più facile. D – Quindi sono appassionati di Claudio Abbado e non è un fan club? R – Assolutamente no, Attilia è una grande conoscitrice di musica e ha ascoltato un’infinità di concerti. Io credo che sia incalcolabile il numero di volte che ha ascoltato Abbado in concerto. Dunque ha un ascolto enorme, una cultura musicale vastissima con una grande sensibilità musicale. Attilia stessa aveva qualche critica nei confronti di Abbado. Penso che non ha perso nemmeno un concerto di Abbado. D – Quindi tu hai seguito la carriera concertistica di Abbado? R – Si. Forse l’Abbado più grande in assoluto è stato quello degli ultimi 10 anni. Per carità tutto l’Abbado è degno di nota e di essere ricordato. Gli anni della Scala è stata una rivoluzione storica. A Berlino ha trasformato un’orchestra che veniva da Karajan. Si erano un po’ rimbambiti con l’ultimo Karajan, e ha inserito moltissimi giovani, ha veramente stravolto l’orchestra e l’ha portata ad un livello altissimo. Ma, a mio modesto parere, il culmine della carriera artistica di Claudio Abbado è stato negli anni di Lucerna. I concerti eseguiti a Lucerna sono ognuno un piccolo capolavoro: erano veramente degli eventi musicali a totali. Quel mese all’anno c’era tutto, tu partivi da un’orchestra incredibile, tu avevi la Mahler Chamber Orchestra come zoccolo duro, innestata da tutti i solisti e prime parti amici personali di Abbado, che non suonerebbero mai in un’altra orchestra. Chi conosce i musicisti sa che quando diventano molto bravi e molto famosi per loro suonare in un’orchestra è quasi spazzatura. Se vengono, vengono solo come primo violino, prima viola, primo violoncello se non è il “primo” non viene. Solo per l’importanza storica raggiunta da Abbado loro accettavano di suonare in orchestra, quindi in qualche modo abbassavano le piume e accettavano di stare in fila (gente del calibro di Enrico Bronzi100 in fila ai violoncelli impensabile) .Cose che succedevano solo per Abbado non c’è dubbio alcuno. 100
Violoncellista e direttore d’orchestra italiano.
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D – E’ un peccato che ora morto Abbado sia morta anche l’orchestra Mozart R – Si l’Orchestra Mozart, questa è anche una critica che fanno ad Abbado. Una critica che viene fatta da molti nel mondo musicale ad Abbado è di non avere sufficientemente usato la sua influenza, che era grande, anche politica, per favorire la creazione di orchestre stabili musicali le cosiddette ICO (Istituzioni concertistiche Orchestrali) che sono le orchestre stabili . Di non inoltre avere voluto creare un’orchestra stabile nel senso standard, per favorire invece la creazione di orchestre private quale è stata l’Orchestra Mozart. E la critica precisa che gli è stata fatta da questo punto di vista è che favoriva queste orchestre private in quanto con queste era libero, poteva cambiare e cacciare musicisti come gli pareva, non aveva problemi di sindacati .
D- Quindi tutte le Orchestre che ha fatto dalla EUYO sono orchestre private? R – Sono orchestre private, assolutamente si. La Gustav Mahler Jugendorchester, la Mahler Chamber Orchestra, Orchestra Mozart. La EUYO101 fu fondata da Abbado ma parliamo comunque di un’orchestra giovanile che si rinnova ogni due anni, che di sua natura non può essere stabile. Abbado ha sempre favorito orchestre giovanili, da un lato certamente per aiutare i giovani, per aiutare nuovi talenti, ma è altrettanto ovvio che come orchestra giovanile poteva permettersi certe libertà che con l’orchestra di musicisti classica non poteva permettersi. Anche una critica ci vuole. D – Bologna vedeva il progetto dell’Orchestra Mozart come elitario? R – Estremamente personalistico non c’è dubbio. L’Orchestra Mozart gestita con criteri molto discutibili. Si può dire in termini corretti che tutta la gestione dell’Orchestra Mozart non era forse pienamente integrata nel tessuto culturale della città, non era pienamente compatibile e non è stata pensata in funzione di un’integrazione con gli altri organi musicali della città. Poteva essere pensata in funzione complementare, invece era una Ferrari che andava per conto suo, una Ferrari indiscutibilmente, con artisti come Jacques Zoon al flauto, Giuliano Carmignola come primo violino, Alessio Allegrini come primo corno, anche lì prime parti eccezionali, Raphael Christ come violino di spalla.
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European Union Youth Orchestra.
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D – Gira questa idea che l’orchestra Mozart fosse un’orchestra giovanile. R – L’Orchestra Mozart non era un’orchestra giovanile, era un’orchestra di giovani e meno giovani. Una grande verità è che un musicista a 20 anni già si capisce di che pasta è fatto. E’ difficile che un grandissimo violinista a 20 anni sia una schiappa e a 30 anni diventa un mito. Un musicista a 20 anni è già pienamente formato, a 18/20 anni già si vede se un musicista è buono, non si devono aspettare i 50 anni anzi può soltanto che peggiorare forse. D- Questo Abbado lo aveva capito? R – Non c’è dubbio D – Poi questa carica di senatore a vita? R – Erano 15 anni che si diceva di Abbado senatore a vita, anche con gli amici del CAI (Club Abbadiani Itineranti) si diceva ma quando ma quando? Peccato che è stato nominato talmente tardi. Era talmente malato che non sia andato nemmeno una volta in Senato. Abbado ha fatto l’ultimo concerto il 25 agosto del 2013 e poi sono stati cancellati tutti i suoi concerti. D – Lui aveva questo grande sogno dell’Auditorium a Bologna? R – Non so se l’Auditorium pensato con Renzo Piano per l’Orchestra Mozart a Bologna sarà mai realizzato. Anche quello è stato un progetto in polemica totale con le altre Istituzioni della città. D –Tu hai mai visto quello dell’Aquila? R - L’Auditorium dell’Aquila io non l’ho mai visto. Le orchestre non possono suonare in quell’Auditorium perché è piccolissimo, ha 300 posti a sedere. Se tu inviti un’orchestra non hai posti a sufficienza per far entrare il pubblico. La Barattelli102 annovera 500 abbonati che non riesci nemmeno a mettere seduti tutti. Parliamo quindi di un auditorium costruito con molte pecche. Hanno ottenuto che lì ci possono fare solo la musica da camera e tutti i concerti importanti si devono fare nell’Auditorium della guardia di finanza di Coppito dove hanno fatto il G8 . Anche noi siamo andati ospiti lì, ma è una sala del tutto inidonea ad ospitare concerti di musica. 102
Ente Musicale Società Aquilana dei Concerti “B. Barattelli”.
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D – Quindi Abbado come tutti gli artisti aveva anche lui un po’ di grandi idee? R- Non c’è alcun dubbio, anche il progetto Venezuela sicuramente è un progetto che ha un grandissimo impatto sociale, lui ha passato mesi e mesi in Venezuela. Ma il fatto che una cosa sia socialmente utile e sia pensata per dare una speranza a poveri che stanno in mezzo alla strada non è di per sè che tutti i progetti artistici che vengano da quella realtà siano il massimo dell’esperienza musicale mondiale. Negli ultimi anni Abbado ha molto favorito i direttori d’orchestra che provenivano dall’esperienza simile al modello Abreu. D – Nel 2005 Claudio Abbado conosce il “Sistema” venezuelano e confessa che lo ha proprio cambiato, ha cambiato la sua idea di vedere la musica. Tu cosa pensi del Sistema Abreu in Italia ? R – Io ho grandi perplessità sulla genuinità e utilità soprattutto di questo “Sistema” Italiano. Si rischia di fare le scimmie ammaestrate. E’ fatto in maniera così autoreferenziale, tutto con i bambini. Cioè si arriva a 16 anni e poi che fanno? Niente. Dai 4 ai 16 anni e poi che fanno, si buttano dalla finestra? Nel concetto del “Sistema” iniziale si andava avanti a livelli dai 4 ai 16 anni poi dai 16 ai 24 e alla fine c’era la serie A la Simón Bolívar diretta da Dudamel, comunque un’ orchestra di carattere internazionale. Secondo me è un discorso veramente miope fatto come spesso vengono fatte le cose in Italia. Artisticamente non stai seminando nulla. Qui è totalmente diverso, non è come in Venezuela, non è pensabile un progetto così.
D- Quindi Gustavo Dudamel, Daniel Harding? R – E’ chiaro che avere Claudio Abbado dietro è pesante, pesantissimo. Gustavo Dudamel è il campione del “Sistema”. Daniel Harding è stato lo storico allievo di Abbado ed è un grandissimo campione che già oggi dirige con grandissimo successo. E’ di gran lunga il migliore fra quelli scelti da Claudio Abbado e attualmente uno dei migliori direttori al mondo, senza alcun dubbio. E’ stato per tantissimi anni il direttore dalla Mahler Chamber Orchestra, che è lo zoccolo duro della Lucerne Festival Orchestra. Le due settimane di Abbado a Lucerna funzionavano così: lui lavorava con l’Orchestra all’organizzazione dei due programmi che portava, che si svolgevano a una settimana di distanza l’uno dall’altro, nel frattempo c’erano dei concerti solo della Mahler Chamber Orchestra diretti da Harding. Quindi, quando era la Mahler Chamber dirigeva Harding, quando diventava la Lucerne Orchestra dirigeva Abbado.
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Elisa Sologni Assistente Abbado in Venezuela 08 luglio 2014 Reggio Emilia Nota biografica Luogo e data di nascita
Elisa Sologni è nata il 6 giugno 1972 a Correggio (RE). Formazione culturale e studi compiuti
Laureata in Lingue e Letterature Straniere all'Università di Bologna, ha frequentato un Master in Economia della Cultura all'Università di Tor Vergata di Roma. Incarichi ricoperti
Ha lavorato per 7 anni dal 2000 al 2007 presso la Fondazione I Teatri di Reggio Emilia e dal 2008 è Project Manager presso Hilti Foundation, dove si occupa di progetti che promuovono l'inclusione sociale attraverso la musica in tutto il mondo, ma soprattutto in Venezuela. Le orchestre e i cori diventano uno strumento di ambizione alla superazione dei propri limiti, educazione alla civiltà, superamento delle barriere sociali. Un mondo pieno di orchestre è il sogno che vorrebbe realizzare. Sogno che le due persone più influenti della sua vita, Claudio Abbado e José Antonio Abreu, le hanno insegnato a sognare. (Fonte diretta dell’intervistata).
Abstract: Elisa Sologni racconta come ha conosciuto Abbado e come lui le ha chiesto in circostanze del tutto casuali e in modo spontaneo di assisterlo in Venezuela. Pone in evidenza gli aspetti straordinari della realtà venezuelana che hanno colpito e commosso Claudio Abbado. Ci parla del Maestro in maniera leggera e genuina, raccontando anche alcuni episodi simpatici che hanno caratterizzato l’avventura venezuelana. D – Come è cominciata la conoscenza di Claudio? R – Allora ho cominciato in un modo bellissimo a Reggio a teatro. Claudio è arrivato per fare questa produzione del Così fan tutte nel marzo del 2004 ed è arrivato abbronzatissimo, stava ritornando da Cuba dove aveva ricevuto il premio di una laurea Honoris Causa e dove aveva rincontrato Abreu 103 , il fondatore del “Sistema” che l’aveva invitato ad andare. E quindi poi è arrivato qua tutto abbronzato, tutto contento e io gli son stata presentata perché dovevo occuparmi del suo camerino. Ci siamo presentati mi ha chiesto: «ma tu da dove sbuchi, che non ti ho mai visto prima in teatro, sei nuova»? io ho risposto che c’ero ma stavo nascosta. Mi ha chiesto informazioni, 103
Josè Antonio Abreu è il fondatore de “El Sistema” venezuelano di cori e orchestre giovanili e infantili.
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«come ti chiami, cosa fai, cosa hai studiato …» allora gli ho detto ho studiato lingue e lui ha continuato chiedendomi: ah e «che lingue parli»? Io ho detto parlo l’inglese il tedesco e lo spagnolo e lui «parli lo spagnolo? allora dai l’anno prossimo vieni con me in Venezuela che mi hanno invitato anche a Cuba» e io ho risposto «Maestro certo ...» Il giorno dopo alla prova mi chiede se ero realmente interessata ad andare in Venezuela con lui per aiutarlo. Io ho risposto di si ma che lui parlava di due mesi, io avevo un lavoro allora lui mi guarda e mi dice «non ti preoccupare che al tuo capo ci penso io» e così effettivamente fu. Alla fine della produzione lui chiese al mio Presidente, di cui io ero l’assistente, il permesso di potermi portare via un po’ di tempo per vacanze o aspettativa non retribuita per accompagnarlo in Venezuela. Era marzo 2004 e alla vigilia di Natale del 2004 io ero all’isola di Margarita con il Maestro Abbado, anzi no a Caracas dove ci ha ricevuto Abreu e poi ci hanno rispedito sull’ isola di Margarita per qualche giorno perché durante le vacanze di Natale loro ovviamente non lavoravano e così è stato quando ho conosciuto Claudio, in modo molto surreale. D – Claudio era assolutamente colpito da questa realtà venezuelana?
R - In quei tre giorni che era appena tornato in Italia da Cuba ha lanciato subito una missione sociale: ha cominciato a raccontare: sono stato a Cuba ma i ragazzi di là non hanno le corde per suonare, organizziamo una raccolta, quindi abbiamo raccolto delle corde, la pece, perché poi là non arrivava e il negozio di musica qua di Reggio ci ha regalato delle cose... Per cui abbiamo fatto questo scatolone di corde da violino, viola, violoncello, pece e altre cose da mandare poi a Cuba. E io sono rimasta folgorata da questo. D – Perché Claudio faceva così, lanciava i progetti? R – Si si, lui lanciava le missioni e tutti i suoi adepti, che sono tutti innamorati di questo aspetto sociale lo seguivano. Ti chiedeva con questi occhietti senti mi porteresti la luna??? Lui riusciva sempre a tirare fuori in qualche modo le risorse migliori di ogni persona. Io dico sempre che per me Claudio aveva lo shining, aveva questa luccicanza intorno a sé. Poche persone la hanno. Per me ce l’ha lui, ce l’ha Abreu e ce l’ha Gustavo Dudamel104. E grazie a questa magia che emana il loro corpo, l’aura che è intorno a loro, [Abbado, Abreu e Dudamel] riescono a tirare fuori il meglio da tutti quelli che hanno intorno. Al di là della costruzione mediatica che c’è intorno alle 104
Violinista e direttore d’orchestra venezuelano, allievo del “ Sistema”. Attualmente è direttore principale della Orchestra Sinfonica di Göteborg ed è direttore della Los Angeles Philharmonic Orchestra e della Simón Bolívar Symphony Orchestra.
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loro persone io credo che poche persone al mondo ce l’hanno questa aura e lui [Abbado] sicuramente ce l’aveva, anche quando si parlava di cose veramente banali lui aveva quest’aura. D – Perché lui parlava poco?
R - Beh io ho vissuto con lui dei momenti molto particolari, perché io sono stata in viaggio con Claudio, quindi ho fatto dei voli di 10 ore in aereo, abbiamo abitato nella stessa casa. Diciamo che il mio era un rapporto particolare rispetto ad altri e quindi ho fatto con lui anche delle grandi chiacchierate, delle serate a cena ed in realtà gli piace a volte raccontare, però si, è sempre tutto molto ripulito. Gli piaceva molto ascoltare le storie degli altri. D – Quindi sbarcati a Caracas?
R- Sbarcati a Caracas abbiamo conosciuto questo mondo inaspettato perché anche per [Abbado] lui che sapeva già di questo grande movimento perché ne aveva sentito parlare da Sinopoli che c’era stato prima di lui e anche Simon Rattle c’era stato quell’anno lì nel febbraio 2004. Noi siamo andati a dicembre . Comunque Claudio credo già da 1999, aveva già dato da diversi anni il patronato dei Berliner Philharmoniker al “Sistema” delle orchestre venezuelano. Per cui c’è sempre stato un canale privilegiato di scambio di insegnanti, quindi da tempo i Berliner Philharmoniker andavano lì a dare masterclass ai ragazzi della Simón Bolívar. Quindi Claudio già sapeva cosa c’era ma io credo che anche per lui sia stata una sorpresa la dimensione, la grandezza, l’estensione del fenomeno e la qualità cioè quando ha visto il livello di preparazione dei ragazzi della Bolívar, perché la prima volta siamo venuti in contatto con la Bolívar. Poi stando là ci hanno fatto visitare anche le scuole di musica, ci hanno fatto vedere il coro delle Mani Bianche 105 , abbiamo sperimentato tante cose. Ovviamente a me è arrivata in testa proprio un bomba ma anche per lui è stata proprio una rivelazione, un’apertura filosofica, la scoperta del fatto che effettivamente il suo grande sogno di un mondo diverso dove la cultura fosse per tutti in questo Paese non era più un’utopia, ma era una realtà, era già successo, José Antonio Abreu era riuscito a realizzarlo. Finalmente non era più un sogno ma effettivamente lì era successo e di fatto era anche un po’ strano. Perché, poi io non sono una musicista quindi per me era un mondo abbastanza nuovo da scoprire e quando siamo arrivati a Caracas - sai in Sud-America è così sempre pieno di gente, contornato da tante persone un sacco di e stringevo le mani e tutti facevano i direttori d’orchestra. 105
Progetto nato all’interno del Sistema di José Antonio Abreu dove bambini e ragazzi portatori di handicap suonano muovendo le mani con dei guantini bianchi.
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Non ho trovato neanche un dentista, neanche una segretaria, erano tutti direttori di orchestra, violinisti, pianisti, violoncellisti. Che posto è, dove son finita mi chiedevo. Quello era veramente un mondo nuovissimo e Claudio si è lasciato completamente rapire da questa realtà che secondo me realizzava tutti i suoi sogni di sempre. Lui ha sempre detto, ha sempre desiderato, ha sempre lottato per fare delle orchestre dove non ci fossero confini, non ci fossero limiti, dove tutto quello che contava era solo la musica e non l’estrazione sociale, non la lingua, non la religione. E quello è il posto , finalmente lì si è realizzato questo sogno per cui non ci sono solo i figli delle famiglie ricche che studiano violino, ma sono proprio i più poveri che hanno accesso gratuito a questa cosa: sono caduto sulla luna finalmente! D – Claudio Abbado ammirava il progetto di José Antonio Abreu?
R- Nel 2005 siamo tornati a Cuba con la Mahler Chamber Orchestra e poi io sono tornata a casa e loro sono tornati con la Simón Bolívar, con l’orchestra dei giovani latino americani perché ha realizzato un altro grandissimo sogno in occasione del nostra andata con la Mahler Chamber orchestra. Dopo di quello José Antonio Abreu ha fatto inviare da tutti i paesi del Latino America rappresentanti delle loro migliori orchestre per cui hanno costruito questa enorme orchestra di giovani latino-americani che si è riunita a Caracas per due settimane. Hanno provato e hanno eseguito Mahler 5, La Mer etc … ed è stato il sogno realizzato da Claudio e che si vede poi nel video realizzato da Helmut Failoni 106 . È lì il sogno di un’Orchestra Panamericana nella quale finalmente tutti erano rappresentati in maniera eguale. L’unica cosa che li accomunava era la musica senza differenze, bellissimo. D – Lui quindi entrava in questo mondo di Abreu, quindi i musicisti erano già stati selezionati da Abreu? R – Dunque Claudio il primo anno ha sempre lavorato con la Simón Bolívar, che è l’orchestra di Gustavo Dudamel ed è anche la punta migliore del “Sistema” venezuelano, è la selezione dei musicisti migliori del Paese. All’epoca era un’ orchestra giovanile, adesso è un’orchestra professionale, era professionale anche prima nel senso che lo fanno di professione, ma non sono più così giovani (hanno superato i 26 anni), sono comunque molto giovani. Insomma i primi anni ha lavorato molto insieme a loro, per cui l’Orchestra prima dell’arrivo di Claudio veniva preparata da Gustavo, poi da Diego Matheuz. Insomma prima si preparavano e poi facevano le prove e 106
“L’altra Voce della Musica” in viaggio con Claudio Abbado tra Caracas e l’Avana.
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lavoravano con Claudio e poi nel 2009 ha lavorato anche con la Teresa Carreño107 che è ancora più giovane. Facendo poi suonare questa giovanissima violinista Angelica Olivo, una ragazzina di 16 anni che poi Claudio ha aiutato a studiare per il suo primo concerto da solista. Una ragazzina di 16 anni così timidina, non parlava che però quando prendeva il violino in mano diventava una tigre sul palco. Aveva un talento strepitoso e Claudio se l’è anche portata in Italia e l’ha diretta, anche a Reggio, a Bologna con la Mozart. Claudio, al di là della missione sociale in grande, è stato lui quello che ha promosso il “Sistema” in Italia. Perché appena tornato dal Venezuela lui nelle sue conferenze stampa non parlava d’altro che del Venezuela. Io sono tornata prima di lui e mi ha detto «vai a Reggio, dove ci sono gli asili più belli del mondo Reggio Children, parla con la presidente di Reggio Children e raccontale di questa cosa». Mi ricordo che mi aveva fatto scrivere email a tutti i suoi colleghi direttori per parlare di questo progetto. «Venite qua a lavorare perché c’è quest’orchestra, è strepitosa, è bellissimo, sono bravissimi, è una missione sociale». Quindi lui proprio ha cercato di lanciare, di diffondere questo messaggio a tutti. Mi ricordo quando stava producendo il Flauto Magico, lui nelle interviste parlava del Flauto Magico e poi parlava del Venezuela sempre, lui ce lo metteva sempre, perché alla fine per lui era importante diffondere questo messaggio. Poi anche al di là del macro sistema, della macro idea, ha dato anche tante opportunità a tanti ragazzini venezuelani, a cominciare da Diego Matheuz108. Però per esempio io ricordo che un’estate siamo andati a suonare con la Bolívar e con Gustavo [Dudamel], siamo stati a Palermo al Teatro Massimo e poi all’Accademia di Santa Cecilia a Roma con la Bolívar. Il primo concerto lo dirigeva Claudio e il secondo lo dirigeva Gustavo e secondo me lì fece una cosa per me bellissima, lui non si sentiva bene a Roma e ha passato la bacchetta a Gustavo, ha fatto dirigere la Quinta di Mahler a Gustavo. Al di là del fatto che effettivamente lui non si sentisse bene, è stato proprio un passaggio, è stato proprio: «guardate che questo ragazzo qua è così bravo che può persino sostituire me a dirigere la Quinta di Mahler». Per me è stato un bellissimo gesto. E poi in quell’occasione dato che mancavano all’Orchestra Mozart dei violinisti, portò con se il violinista Diego [Matheuz], il timpanista Fenix che poi ha portato anche a Lucerna, poi si è portato anche la flautista Maria José Leon anche lei poi l’ha richiamata in altre occasioni dunque a parte il fenomeno grande, ha dato anche singole occasioni a singole persone di poter crescere, di poter fare esperienze diverse. Perché poi ha continuato a chiamarli. Abbiamo visto la carriera di Diego [Matheuz] che ha cominciato suonando come violinista nella Mozart e poi è diventato direttore. Quindi Claudio anche con me, mi ha dato la grande occasione della mia vita, poi io da lì sono rimasta sempre in contatto con i venezuelani, perché sono innamorata di questo mondo fantastico dove i sogni diventavano 107
Orchestra Sinfonica Giovanile del Venezuela. giovane direttore d'orchestra e violinista venezuelano, Diego Matheuz rappresenta uno degli esiti più felici del ben noto "Sistema" venezuelano e si è recentemente imposto come uno dei talenti musicali più promettenti degli ultimi anni. 108
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realtà ed è adesso diventato il mio lavoro. D – Quindi tu stavi sempre là quando loro facevano le prove, vedevi tutto. Come lui si comportava con questi ragazzi? R – Strepitoso. Per esempio mi ricordo che qui in teatro c’era questa cosa che non si poteva fotografare il Maestro, bisognava stare sempre attenti, c’era il copyright della Deutsche Grammophon 109 . Quando siamo arrivati in Venezuela c’erano 1000 bambini con le macchine fotografiche, cioè ormai Claudio era lì così -cioè fa lo stesso-. Ho infatti anche delle foto molto belle di lui con questi ragazzi, e alcuni traevano molta energia da questo scambio. Per loro veramente Claudio era la leggenda vivente, perché Claudio è sempre stato il mito di Abreu sempre sempre. Quindi diciamo che loro sono proprio cresciuti con quest’idea che [Abbado] lui fosse Cristo sceso in terra. Quindi quando finalmente è arrivato, e ce lo avevano sul palcoscenico, e si faceva toccare. Gli facevano provare i frutti, gli portavano la cioccolata, gli facevano provare tutto. Ed era proprio uno scambio di nuove conoscenze. Quindi Claudio che sperimentava cose nuove, imparava a conoscere la musica locale. «Ma cos’è il reggaeton, come si balla »? E loro potevano fare a Claudio delle domande, sui musicisti, sui compositori, su come si suonava questo, su come fare quello. E’ stato uno scambio molto bello e lui lo vedevi che succhiava tantissima energia poi in realtà Caracas è una città che stanca molto. Il traffico, le distanze anche se non sono tantissime occupano un sacco di tempo e tutta questa gente intorno, c’era sempre tanto da parlare. La sera arrivavamo stremati insomma, non se ne poteva più. Però tutte le giornate erano così piene di emozioni soprattutto il primo anno quando poi abbiamo scoperto il coro delle Mani Bianche, cioè Claudio si è messo a piangere, ho visto le immagini di tocar y luchar110, di Cristiano Barbarossa111 e tutti i giorni tu eri sempre col cuore a pezzi, era un’operazione a cuore aperto, perché tutti i giorni avevi una quantità di adrenalina in corpo. Io mi ricordo i primi anni che sono andata sono stata 3 settimane senza dormire te lo giuro, non dormivo la notte perché dovevo rielaborare tutto quello che avevo vissuto durante il giorno e poi il giorno dopo chissà cos’altro succedeva. Ma era veramente, veramente così. Avevi proprio la sensazione di star vivendo dentro un film, è stato bellissimo per me e anche per Claudio.
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Casa discografica tedesca , specializzata nella produzione di dischi di musica classica. documentario su El Sistema, diretto da Alberto Arvelo. 111 Autore del film documentario “A Slum Symphony”. 110
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D – Abreu e Claudio erano sempre insieme? R – Ah si, Abreu tutti i giorni, non perdeva ovviamente neanche una prova nonostante sia l’uomo più impegnato dell’universo, non perdeva un prova, veniva a pranzo, veniva a cena, lo accompagnava sempre e poi appunto i due erano bellissimi da vedere insieme perché facevano questi progetti di orchestre stellari, cioè hai capito «prossima orchestra la portiamo su Marte»! E invitiamo questo solista. Claudio ovviamente ha portato il suo, ha portato la Natalia Gutman112 per esempio con la quale abbiamo fatto poi dei concerti a Sevilla nel 2006, abbiamo passato insieme il capodanno a Sevilla. E’ stato molto bello. Erano due mondi che si incontravano, era molto bello e Abreu lo vedevi con gli occhi che gli luccicavano perché poi tutti i giorni gli portava un musicista particolarmente dotato da conoscere, un’orchestra, un coro. Perché tutti i giorni poi chiedeva consigli: «Maestro secondo lei cosa devo fare»? D – Lo chiamava Maestro? R – Eh si perché Abreu faceva fatica a chiamarlo Claudio, l’avrà chiamato Claudio quattro volte. E quindi c’è questo flusso di magia tra i due, anche il rapporto che Claudio ha avuto con Gustavo è stato bellissimo. Ricordo che hanno studiato insieme . D – Tu quanto tempo sei stata in Venezuela ?
Dal 2008 al 2011 sono stata là, poi sono tornata a casa e adesso lavoro da casa mia e poi vado in tournée con le orchestre e continuo a lavorare insieme a loro. Quindi il momento di condivisione è il periodo delle tournée internazionali. D – Mi hanno raccontato che il Claudio degli ultimi anni era molto diverso dal Claudio degli anni ‘60 della Scala? R – Beh secondo me è cambiato molto anche dopo l’operazione 113. Io non lo conoscevo prima quindi non ho termini di paragone. Ma lui lo raccontava sempre: diceva innanzitutto che la musica gli aveva salvato la vita perché comunque era sempre fonte di ispirazione e di sforzo, ma anche di grande consolazione. Claudio per esempio io l’ho conosciuto come una persona “anziana” e malata, in realtà la mia funzione in Venezuela era anche quella di tradurre per lui e di assicurarmi che il cibo 112 113
Violoncellista russa. Nell’estate del 2000 Claudio Abbado subisce un’operazione per un cancro allo stomaco.
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fosse quello giusto, perché lui avendo questa problematica allo stomaco stava fisicamente male se mangiava cose che non poteva mangiare, quindi per me era fondamentale che ci fosse qualcuno che gli controllasse tutto e quindi quella era una delle mie funzioni . Era una persona “malata” che io ho sempre visto come una persona da “proteggere”, non volevo che stesse male. Per esempio il clima del Venezuela è un clima tropicale, a Caracas c’è un clima meraviglioso, ma ci sono anche dei pomeriggi di un caldo e di un’umidità pazzesca in cui lui stava male e lo vedevi stanco morto. Poi saliva sul podio e faceva quattro ore di prove senza mai fermarsi, allora lì capisci veramente il potere curativo della musica: the healing power of music, cioè prima di salire sul podio era stanco e affranto, poi saliva sul podio e diventava un leone, una bomba di energia che gli usciva dalla musica sempre, ed è sempre stato così . D – Infatti lui lo diceva , anche da Fazio114, io pensavo di essere spacciato, di essere finito… R – Infatti secondo me, anche dalle cose che mi aveva raccontato lui, la musica e il passaggio della malattia gli aveva dato anche una prospettiva diversa sulla vita ovviamente. Secondo me aveva anche preso le misure dalle cose che erano importanti, per cui era molto meno severo forse rispetto a com’era prima e aveva anche una vita forse diversa. Si era anche secondo me molto distaccato da quelli che erano i “doveri” dell’etichetta, del protocollo. A un certo punto c’hai 70 anni, sei il più grande Maestro del mondo, sei stato a due passi dalla morte, se ti dicono che hai una cena di protocollo e hai delle cose da fare e non ne hai voglia, forse a un certo punto prendi anche un certo distacco dalle cose più superficiali. Quindi dava molta più importanza forse alle relazioni dirette, e meno alle cose di facciata e di superficie. Io ho sempre lavorato in modo molto diretto con Claudio, innanzitutto questa cosa che lui si pone con te sullo stesso piano ti aiuta molto ad avere una comunicazione più diretta e più sincera, per cui non è che ci si stava lì a raccontare tante virgole, cosa c’è da fare lo facciamo. D – Tu andavi a casa sua, stavi lì il pomeriggio, magari che ne so se capitava la bolletta allora tu lo aiutavi a leggerla. R – Era molto divertente perché c’erano sempre delle cose da fare, poi sai Claudio il grande artista magari sulle cose più terra terra era un po’ meno ferrato e quindi c’erano tutti questi dettagli poi sai io che ero in viaggio con lui, il lucido per le scarpe o la medicina … anche veramente cose divertenti, lui era una persona veramente molto molto alla mano, era molto generoso perché non 114
Conduttore televisivo di “ Che Tempo che fa”.
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dava tanta importanza alle cose, quello che era suo era anche tuo.
D- Anche nel suo campo della musica era molto umile?
R - Negli ultimi anni tutti gli volevano dare i premi. Allora lui diceva «si si va bene il premio però facciamo una cosa, legate il premio a una borsa di studio per un musicista oppure a un progetto sociale» perché a lui non gli interessava ricevere premi, i soldi spendeteli per fare qualcos’ altro e questo ha sempre fatto parte della sua filosofia. Un po’ perché lui era così, un po’ perché comunque arrivato dove era arrivato non aveva bisogno né di premi né di riconoscimenti ma invece preferiva effettivamente aiutare la musica data anche la ragione per cui si era impegnato per fare nascere il “Sistema” italiano delle orchestre perché lui vedeva che in Italia purtroppo c’è questa difficoltà anche con i Conservatori etc… , la musica nelle scuole non si studia … E lui diceva ma come in Venezuela che tutti dicono che è un paese del Terzo Mondo la musica è gratis per tutti, c’è un articolo della Costituzione che dice che ogni bambino del paese ha diritto allo studio della musica gratuito. In Italia che siamo la terra di Verdi, Puccini e Rossini, non lo studiamo neanche? E’ una cosa che non ha senso perciò lui cercava sempre di riportare tutto quello che faceva a un progetto che fosse sociale, culturale, che non riguardasse lui. Anche poi non gli piaceva stare sul fronte del palco, preferiva stare un po’ nella retroguardia, quindi preferiva fare delle cose che avessero un indirizzo verso i giovani piuttosto che ricevere degli incensi lui che ne aveva già abbastanza. D – Cioè lui non aveva bisogno di premi, lui era Claudio Abbado. Trovo molto bello il gesto che ha fatto a Santa Cecilia di cedere la bacchetta da direttore a Gustavo Dudamel. R – Lì c’era una ragione fisiologica perché non stava bene, ma l’avrebbe fatto comunque, perché voleva veramente fare un gesto clamoroso per Gustavo che lo meritava e lo merita, ma proprio per tutto quello che Gustavo rappresentava per questa idea che veniva dietro come musica come strumento di cambiamento sociale che ha funzionato e che sta funzionando. Io adesso lavoro con questa Fondazione115 che oltre ad appoggiare il “Sistema” Venezuelano, noi stiamo esportando quella idea lì , cioè non noi, stiamo aiutando progetti in altri paesi e praticamente ormai il “Sistema” è diffuso in tutto il mondo.
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Elisa Sologni è Project Manager dell’Hilti Foundation.
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D – Quindi si sta estendendo il fenomeno venezuelano? R – Perché è dimostrato, al di là del fatto che si chiami Sistema, non Sistema o siano altre cose … io seguo un altro progetto bellissimo in Colombia e un altro in Sudafrica ed è dimostrato che la musica unisce i cuori, eleva gli spiriti e da una possibilità alla gente di uscire dalla bruttura. Innanzitutto portare la bellezza dove non è, è il regalo più grande che si possa fare, ci metti anche un po’ di insegnamento, un po’ di attenzione ai bambini puoi tirare fuori qualcuno e rivoltagli la vita, e Claudio questa cosa l’ha vista in Venezuela, e io la vedo tutti i giorni, la metà dei bambini o dei ragazzi che io conosco hanno avuto la vita ribaltata, migliorata per se stessi e per le proprie famiglie dal fatto che si sono avvicinati alla musica, che hanno visto un mondo diverso, hanno avuto la possibilità perlomeno di scegliere un cammino differente, poi magari fai il dentista alla fine, però hai avuto la possibilità di scegliere. D – Anche il fatto degli strumenti, dei liutai. Ha dato una possibilità veramente a tanti R – A tanti, a tanti, a tanti. Quindi questa cosa qui è importante, Claudio l’ha sempre pensata ma non l’ha mai vista. E quando è arrivato in Venezuela l’ha vista realizzata in tutte le possibili declinazioni. Perché diciamo Claudio è molto più vicino come direttore all’idea accademica della musica, per cui il grande musicista, il grande solista ma quando arrivi là vedi quest’idea declinata in tutte le sue possibilità. Per cui il fatto che se poi non sei un solista strepitoso puoi comunque restare nel mondo e insegnare a quelli più piccoli, puoi darti alla produzione degli strumenti musicali, puoi lavorare all’interno di tal progetto pedagogico etc etc etc … In realtà è la creazione di tutto un mondo che non ha solamente l’aspetto del fare concerti ma di dare una serie di altri servizi a quella comunità lì che amplia le possibilità anche di lavoro e di auto-mantenersi in maniera dignitosa e questa cosa qui Claudio l’ha vista subito. A parte il fatto che Claudio e Abreu sono due visionari per cui tu gli fai vedere questa cosa qua e loro immaginano milioni di mondi da quello spunto. Questa è la cosa che gli distingue dal resto degli umani. D – Tu hai anche parlato con Abreu, com’e’? R – Come Claudio. [Abreu] Poveretto adesso è molto malato, cioè è consumato, perché ha lavorato tutta la vita come un pazzo. Si io l’ho conosciuto bene, ho passato anche con lui tante giornate, tante serate cioè lui è diverso da Claudio perché ha avuto una vita più varia, cioè Claudio è stato tutta la 114
vita musicista, ha viaggiato tanto, però lui[Abreu] è stato anche un politico, è stato Ministro, ha studiato economia e petrolio, quindi diciamo ha visto anche altri ambiti e poi ha un nome di cultura eclettica, di grandissime e tantissime letture perché poi come Claudio non dorme di notte. Anche Claudio non dormiva, leggeva tanto. Tu la mattina gli chiedevi: «Claudio come hai dormito stanotte»? e lui rispondeva «Ah si ho letto un bel libro»! Quindi la conversazione con Abreu è una delle conversazioni più interessanti e varie che tu possa avere. Ti può parlare di qualunque cosa, è molto divertente, è un tipo molto in gamba. Poi sai effettivamente adesso grazie al cielo si risparmia un pò, effettivamente interviste non ne da più tante perché poveretto. Però quando l’ho conosciuto io dieci anni fa era ancora molto in forma, era un uomo estremamente attivo che partecipava a tutto, a tutto. Lui era sempre ovunque, dovunque e contribuiva in maniera sostanziale a tutto quello che faceva. D – Tu poi cosa hai fatto appena sei tornata in Italia? R – Quando sono tornata in Italia il primo anno Claudio mi ha detto parla di questa cosa qua a Reggio però il “Sistema” l’ha lanciato lui. Io ho continuato a lavorare in teatro ancora per 3 anni fino al dicembre 2007. Io lavoravo in teatro e mantenevo i miei rapporti con il Venezuela con i fax perché l’email ancora loro non ce l’avevano, loro non avevano nemmeno la pagina web all’epoca quindi insomma è stata poi Alessandra116 a passarmi un po’ di informazioni. Non essendoci una pagina internet, era anche difficile trovare informazioni per cui ho capito la dimensione di quello che c’era di là quando sono arrivata con Claudio a dicembre 2004 e poi io son tornata a casa in febbraio del 2005 perché facevamo con Claudio il Flauto Magico, quindi abbiamo avuto qui [a Reggio Emilia] Claudio con la Mahler Chamber per due mesi tutto l’ inverno , poi siamo andati in tournée e poi d’estate in agosto ho chiesto ad Abreu di andar là, a far volontariato, non è che poi ho lavorato tanto perché non mi lasciavano lavorare. Dal 2005 poi son tornata tutti gli anni, siamo tornati a gennaio 2006. Stavamo via due mesi gennaio/febbraio e poi tornavamo a casa. Lui stava sempre via di più, io tornavo prima perché avevo sempre un lavoro, io stavo via un mese, massimo 40 giorni. Lui stava via un po’ di più. E poi anche nel 2007 tre anni di fila quindi, poi nel 2008 Claudio ha saltato ed è tornato nel 2009 che io ero già là. D – Ah ecco quindi nel 2008 tu stavi già là? R – Io nel 2008 ho finito qua a Reggio il 31 di dicembre, son partita e ho cominciato a lavorare con 116
Figlia di Abbado
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loro nel 2008. Io a gennaio del 2008 ho cominciato a lavorare per questa Fondazione117, quindi in aprile mi son trasferita e sono stata là a lavorare e quando si è confermato il fatto che Claudio veniva nel gennaio del 2009 Abreu mi ha detto: «Elisa ci aiuti anche quest‘anno puoi fare da assistente a Claudio?» Certo son già qua, mi son messa d’accordo con il capo della mia Fondazione, gli ho chiesto questo piacere e lui mi ha detto si si per il Maestro Abbado figurati e quindi ho continuato a lavorare pure nel 2009 e poi basta. Dopo credo che sia tornato un altro anno, il 2010. D – Quindi Claudio fino al 2010 ha viaggiato? R – si, ma poi il 2010 è stato l’ultimo anno che io non ho più lavorato con lui. D – Aveva diradato molto i suoi impegni? R – Si aveva già diradato molto. Lui aveva i suoi periodi della Mozart a Bologna che erano ottobre/dicembre, poi aveva Berlino a maggio e Lucerna, erano le cose fisse. Per il resto lavorava di meno e teneva sempre l’inverno per andare in Venezuela, poi avevamo capito che Natale/ gennaio comunque là era periodo di vacanza non valeva la pena, non c’era nessuno, era tutto chiuso, non si fanno nemmeno i concerti perché tutti i venezuelani vanno in spiaggia a Natale, a me suona stranissimo. E perciò dal 10/15 di gennaio aveva spostato un po’ le date rispetto al primo anno che siamo arrivati a Natale. Quindi arrivava lì il 10/15 di gennaio e stava lì magari fino ai primi di marzo. Però io dopo facevo un altro lavoro. Quindi già l’ultimo anno che è venuto io non ho più lavorato per lui, perché non riuscivo a fare due cose, quindi poi gli hanno assegnato un’assistente venezuelana che conosceva già, che tra l’altro parlava l’italiano. D – Però da li vi siete comunque sempre sentiti con Claudio? R – Si si certo. Anche perché io sono un po’ la memoria storica, nonostante poi io sia andata là e per tre anni abbia fatto tutt’altro, quando mi vedono ancora dicono ah l’assistente del Maestro Abbado. D – Beh un bel timbro insomma? R – Bellissimo ovviamente, infatti per esempio quando è morto io ero con loro in tournée. Un’altra 117
Hilti Foundation.
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delle cose magiche di Claudio e di Abreu che poi sono un mix esplosivo, poi sono coincidenze della vita però la Bolívar io la conosco da 10 anni e li ho visti suonare delle messe 2 volte, l’estate scorsa a Salisburgo perché tutti gli anni la messa di Mozart la fanno in quella chiesa lì e l’anno scorso l’ha fatta la Bolívar con Gustavo, e l’altra messa che avevano già programmato anni fa era questa messa di Berlioz nella cattedrale di Notre Dame a Parigi che è un progetto mai fatto prima insieme all’orchestra di RadioFrancia diretta da Gustavo Dudamel. Era il 20 di gennaio di quest’anno, il giorno che è morto Claudio, il concerto era il 21 e Claudio è morto il giorno della prova. Appena è arrivata la notizia l’ho fatta sapere ad Abreu e proprio prima che cominciasse la prova è arrivata la notizia e Gustavo ha fatto un minuto di silenzio. Poi quando mi hanno vista, venivano tutti a farmi le condoglianze. Io ho visto i ragazzi che piangevano, perché per tanti di loro veramente Claudio è stato un passaggio epocale. Un po’ la fase da siamo un’orchestra di bambini a siamo un’orchestra di adulti, lui ha portato veramente un nuovo modo di lavorare, gli ha insegnato a provare, disciplina ce l’hanno sempre avuta è una delle grandi caratteristiche del “Sistema”, ha portato proprio una serietà e un metodo di lavoro che probabilmente era diverso da quello che avevano prima. Ma anche per esempio quelli che hanno imparato tanto da Claudio sono quelli del reparto di audiovisivi, perché praticamente a Caracas si registra tutto. Da sempre Abreu ha avuto questa geniale intuizione: l’importanza degli archivi storici. Perché poi lì registrava tutti i più grandi direttori, i più grandi solisti, i concerti più importanti delle orchestre e poi li mette a disposizione di tutta questa rete di scuole di musica in tutto il paese per cui i ragazzini del Nucleo (così si chiama in Venezuela ) a casa di dio dietro la giungla può accedere a questi video e studiarli e vedere come dirige Abbado piuttosto che come suona la Martha Argerich . Questo è sempre parte di quel concetto grandioso della cultura a disposizione di tutti. Insomma loro hanno sempre registrato tutto e quando è andato Claudio là loro registravano questi video e la responsabile del settore audiovisivo mi dice sempre che lei ha imparato tantissimo da Claudio, perché lui col suo occhio cinematografico è abituato da tutta la vita a fare DVD, a Lucerna preparavano anche i concerti benché fossero concerti né venduti né trasmessi per televisione. Preparavano il piano di ripresa delle camere insieme e lui diceva no in questo punto è importante riprendere questo, è importante riprendere quello. Quindi ha insegnato veramente a tutti, e tutti hanno tanto da ringraziare perché hanno imparato tantissimo, c’è stato proprio un salto di livello un po’ su tutti gli aspetti. Lui ha portato dei solisti come la Hélène Grimaud 118.
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pianista e scrittrice francese.
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D – Ha fatto tanto… Maria Majno ad esempio mi raccontava che dopo la scomparsa di Claudio, più che la sua assenza sentiva una presenza, perché lui ha tracciato il percorso. R – Ha fatto tanto si. Claudio è una presenza eterea, perché anche quando c’era non è che poi c’era sempre, aveva sempre la vita divisa, era sempre un po’ di qua e un po’ di là. Ma lui aveva questa bellissima capacità di creare queste reti, questi circoli per cui in realtà siamo tutti gli assistenti di Claudio, tutti musicisti che io ho conosciuto. Per esempio nel 2009 sono venuti Luca Franzetti119, Francesco Senese120, Alessandro Carbonare121 e Alessio Allegrini122, che era già venuto dal primo anno e tutti son venuti là a suonare gratis e sono andati tutti a insegnare lì gratis e quindi anche questo è un altro regalo che ha fatto Claudio. Cioè con lui veniva tutto il pacchetto, che è un pacchetto di gente che aveva la sua stessa visione educativa e sociale del mondo. Per cui mettere a disposizione le proprie risorse e moltiplicarle. Tutti questi ragazzi qua sono persone che stanno moltiplicando gli insegnamenti di Claudio. Come dice Maria [Majno] è una presenza in realtà perché tutti stanno portando avanti queste cose. Francesco Senese ha una scuola di musica a Como, organizza un festival bellissimo sul lago di Como 123 . Francesco è un anima bella tutta, lui ha veramente questa visione della musica di insieme, come modo di collaborare, di crescere insieme, la sua famiglia è uguale. Nella sua scuola di musica insegna ai ragazzini questo metodo. La prima viola dei Berliner e della Mozart Danusha Waskiewicz, suonava solo con Claudio, ha lasciato i Berliner e ora suona alla scuola di musica sul lago di Como, perché non è importante. Questa di Como è la scuola di musica del padre di Francesco. D – Claudio aveva occhio? R – Aveva tantissimo occhio, Francesco anche è un tipo silenzioso. Luca Franzetti che è un violoncellista che adesso abita a Parma ed ha una storia molto bella perché suo papà era credo la spalla, il primo violino della Scala quando Claudio dirigeva a Milano quindi una storia, degli aneddoti in comune. Luca Franzetti è un altro, lui è andato ad insegnare in Palestina, è venuto a Caracas due volte. Cioè anche lui considera la musica come strumento di cambiamento sociale, Alessio Allegrini ha fondato la Musicians for Human Rights124, quest’altra orchestra, Alessio è un 119
Violoncellista. Violinista 121 Clarinettista 122 Primo Corno. 123 Festival Musica sull’Acqua (http://www.festivalmusicasullacqua.org), ultima consultazione 20/07/2014. 124 Orchestra fondata da Alessio Allegrini nel maggio del 2009, che sostiene la cultura dei Diritti Umani attraverso la musica. Nel suo organico figurano circa 120 musicisti provenienti da tutta Europa, dal Sudamerica, dal Giappone, dalla Palestina 120
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personaggio meraviglioso, quando sono arrivata in Venezuela la prima volta con Claudio io non conoscevo nessuno, per cui mi sono aggrappata a lui, a parte che è un mostro, cioè il miglior cornista del mondo, detto da Claudio. E’ un personaggio stranissimo, però ha talento e tanto cuore. Lui a Caracas ha insegnato, è andato dappertutto. Claudio gli ha insegnato i fiati, per cui non faceva solo corno, si occupava anche di tutta la sezione dei fiati. D – Raccontami come si è svolto il primo giorno arrivati a Caracas? R - La sede dell’orchestra all’epoca ancora non c’era quindi eravamo in quest’albergo di fronte al teatro Teresa Carreño che è dove l’orchestra provava. Diceva Abreu «ah vi veniamo a prendere e vi facciamo fare un giro del teatro», dico io «ma no veniamo da soli a piedi», c’era solo da attraversare un ponte sopra l’autostrada, diceva «no no non ti preoccupare vi veniamo a prendere». Noi, io, Claudio e tutta la Mahler Chamber Orchestra. Allora ci viene a prendere e andiamo su per questa scala, era un sopra-passaggio e a metà del passaggio ci son venuti incontro due bambini con le trombe e le bandiere, poi dopo c’erano i corni , siamo arrivati giù dalla scala c’era 1000 bambini tutti dall’orchestra Simon Bolívar più non so quante altre orchestre, più tutti i cori su per le scale mobili c’erano 1000 persone che suonavano. Non ci potevamo credere e c’era Gustavo [Dudamel] che sembrava un bambino e lì hanno dato il microfono in mano a Claudio per parlare per fare un discorso e lui non sapeva cosa dire, si è emozionato, è stato molto bello. Io ero sconvolta, ma anche Claudio non ci poteva credere. Claudio era praticamente travolto da questa ondata di musica. E questo qua è stato quando poi abbiamo visto il coro delle Mani Bianche. Alberto Ravelo stava girando tocar y luchar .Questo è stato a gennaio 2005. Adesso nella sede dell’orchestra ci sono i manifesti dei concerti diretti da Abbado . Cristiano Barbarossa italo-venezuelano nato in Venezuela è stato il primo a fare dei documentari sul “Sistema” per Quark nel 1999 ed è l’autore di “A Slum Symphony”, quell’altro documentario sul “Sistema”. Claudio e Abreu sono lo stesso modello replicato. Quando è arrivato Claudio hanno cambiato anche la posizione dell’orchestra. Edicson Ruiz è stato il più giovane contrabbasso e il primo e unico latino-americano entrato nei Berliner (nel 2004 quando siamo arrivati aveva già vinto il concorso) e qui ti dice il livello di bravura. D – Parlami del Coro delle Mani Bianche, un’altra grande emozione per Claudio?
R - Il coro delle Mani Bianche oltre a cantare fanno molte altre cose, sono pieni di talento, si scrivono le musiche, le ri-arrangiano. Tu immagina per esempio i ciechi che devono scrivere in 119
braille, quindi hanno le partiture in braille ed hanno una sola stampante braille, quando si rompe la stampante questi hanno un sistema quindi tu immagina: hai l’occhio chiuso e poi hanno delle barrette con le quali fai dei puntini per poter scrivere in braille, loro si fanno tutte le partiture se le ri-arrangiano da sole. Impressionante hanno un talento enorme, loro si chiamano “Lara somos”, Lara è il paese venezuelano da dove viene il coro delle Mani Bianche e cantano musica venezuelana folk bellissima, suonano, fanno ogni cosa. Claudio emozionatissimo che piangeva, io che non riuscivo più a smettere di ridere perché era bellissimo vedere la felicità di questi bambini. Loro questa estate per la prima volta sono andati a Salisburgo, al festival di Salisburgo. Tu immagina un gruppo di ciechi, sordi, tetraplegici, down con quasi un’insegnante di sostegno a testa. Quindi logisticamente era un impegno portarli fuori. Quindi per la prima volta sono usciti dal Venezuela, hanno volato fino a Salisburgo, hanno cantato al Mozarteum di Salisburgo. Erano emozionatissimi, abbiamo pianto tutti come dei bambini. Bellissima esperienza davvero, poi io da quella volta lì ho sempre avuto un legame molto personale con loro e la sera quando siamo arrivati in albergo ho trovato una lettera scritta a mano con i guantini bianchi e Claudio anche. Susan Simon125 è venuta dal Venezuela a Reggio ad insegnare, in Italia parecchie volte. D – Poi loro non avevano nemmeno strumenti? R – No loro li hanno gli strumenti, il problema degli strumenti era a Cuba. La cosa geniale di questo “Sistema” è che non è una cosa privata è una Fondazione dello Stato perché Abreu, che all’epoca era Ministro della cultura e poi è stato Ministro della pianificazione economica da subito dal 1975, appena è nato il Sistema. Credo che nel ‘78 sia stato dichiarato Fondazione dello Stato. Quindi il Sistema ha un suo budget dentro il budget dello Stato e quindi lui si è garantito da subito questa cosa qua e tra l’altro la sua intelligenza è stata quella di non metterla nel Ministero della cultura che è il primo che viene tagliato ma nel Ministero della salute e dello sviluppo sociale come riconosciuto strumento di prevenzione alla criminalità minorile e alle droghe quindi il budget del Ministero della salute è molto più alto di quello della cultura. Si è garantito così la possibilità di avere più fondi a disposizione per raggiungere l’acquisto di strumenti, ma in generale gli strumenti non mancano. C’era un’energia tale che usciva, Claudio regalava tanti sorrisi, sempre. Claudio è uno che sorride sempre, da pace. Gustavo [Dudamel] è simpaticissimo infatti Claudio si divertiva come un matto.
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Susan Simon è fondatrice con il maestro Josè Antonio Abreu de “El Sistema” venezuelano.
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D- Tu hai seguito anche i concerti di Claudio a Lucerna? Mi hanno detto che l’Abbado di Lucerna ha rappresentato il picco più alto? R – Beh l’Orchestra di Lucerna è un’Orchestra di mostri. La base dell’Orchestra di Lucerna è la Mahler Chamber Orchestra una delle migliori Orchestre del mondo e questi musicisti suonano con Claudio da almeno 25 anni perché questi ragazzi qua erano prima alla Gustav Mahler Jugendorchester che poi hanno fondato la Mahler quando poi sono diventati troppo grandi per essere nell’orchestra giovanile. Quindi questi musicisti qua hanno lavorato con Claudio da quando avevano 17/18 anni, in più Claudio ci ha aggiunto i migliori solisti del mondo (primo violoncello Natalia Gutman, le prime viole dei Berliner). Quindi ovviamente è un’orchestra strepitosa e soprattutto è un’ orchestra che ha sempre avuto un rapporto preferenziale con Claudio. L’atmosfera, la magia e il suono che escono da quell’orchestra insieme a Claudio ovviamente sono il non plus ultra. Claudio è una persona di poche parole e con le sue orchestre non aveva neanche bisogno di parlare, muoveva un sopracciglio e già loro capivano tutto, in generale la dote di Claudio è quella di non aver bisogno di dire niente. D – Un’altra sua caratteristica era quella di non smettere mai di studiare?
R - Claudio studiava come un pazzo, anche a Caracas, tutti i giorni, aveva una disciplina sempre molto regolare. Tutte le mattine si svegliava, faceva colazione e
poi andava a studiare, il
pomeriggio aveva le prove e la sera leggeva testi, saggi. Helmut Failoni 126 gli passava in continuazione dei saggi sull’autore, sul compositore che stava studiando in quel momento per cui lui nutriva in continuazione la sua preparazione sempre fino all’ultimo, anche se una cosa l’aveva fatta 1000 volte (es la nona di Beethoven). Una mattina a colazione mi ricordo che mi dice «ho letto un saggio che mi ha mandato Helmut sulla nona di Beethoven, ho capito un sacco di cose, la farò completamente diversa». Io lo guardavo e pensavo non è possibile, questo è tutta la vita che studia e continua tuttora a trovare nuove fonti di ispirazione, per me era un modello da imitare per tutti perché veramente la sua puntualità, la sua disciplina, la serietà, l’approccio con cui tutte le volte iniziava le preparazione di un progetto, che non era mai casuale, ma era sempre studiato, pianificato e preparato prima. Non esisteva all’ultimo minuto devo fare le prove di questa cosa no.
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Autore insieme a Francesco Merini del film - documentario “ L’Altra Voce della musica”.
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D – Però all’ultimo minuto lui poteva cambiare, lui ascoltava molto i musicisti R – Assolutamente. Quello che io ho sempre visto è che Claudio parlava molto con i suoi musicisti e li ascoltava un sacco, lui ha sempre detto che ascoltarsi è la dote fondamentale all’interno dell’orchestra e in generale come anche nella vita, però lui era uno che con i suoi musicisti cercava sempre questo scambio, la comunicazione. D – Secondo me proprio nella vita dovremmo imparare ad ascoltarci di più. R – Tante volte parli con le persone, vai fuori e l’unico scopo di quella giornata è parlare, che la persona che c’è lì con te parla parla parla. In realtà ti chiede pure qualcosa poi non ascolta la risposta. Perché in realtà la funzione non è lo scambio ma è il fatto di poter buttare fuori, tante volte succede. Claudio era uno che invece ascoltava molto e però richiedeva anche di essere ascoltato . Si arrabbiava anche quando i ragazzi dell’orchestra per esempio erano indisciplinati. Quando per esempio lui gli diceva di fare una cosa e loro non rispondevano. Diceva: «ascoltate quello che vi ho detto, non fatele a caso, ascoltate perché se non vi ascoltate è inutile che stiamo qui a far le prove». Esigeva l’ascolto giustamente. D – Raccontami qualche episodio simpatico con Claudio R – Lui mi prendeva sempre in giro perché diceva che io ero una festaiola, ovviamente lo sono stata, ma neanche più di tanto. A Caracas c’era questa cosa bellissima per cui i ragazzi giovanissimi organizzavano sempre delle feste, si ballava la salsa, a me piace la salsa. Mi prendeva sempre in giro. Mi ricordo che una volta, che era poi l’unica volta che praticamente sono stata fuori tutta la notte. Abitavamo in questa casa lui in un appartamento e io nell’altra ala del castello e c’era una festa di compleanno, lui lo sapeva perché era la festa di compleanno di Gustavo [Dudamel], era la mia ultima sera lì, era venuto anche lui poi ovviamente lui alle 11 e mezza è andato a letto, io sono rimasta lì a ballare. L’unica volta che sono tornata alle 6 di mattina. Alle 9 di mattina mi viene a bussare alla porta: «la colazione è pronta», che non l’ha mai fatto e mai più negli anni successivi, solo quella volta perché sapeva che avevo fatto tardi. Mi sono presentata a colazione con la faccia bianca. Mi domanda «Tutto bene ieri sera?» io «Si si». A lui piaceva molto fare gli scherzi, era un burlone. - Un’altra, la prima vera volta per me c’è stato un imbarazzo terribile perché quando il primo anno siamo arrivati a dicembre quindi a Natale, ci hanno fatto stare qualche giorno in spiaggia perché le orchestre non lavoravano. Siamo andati all’isola di Margarita dove alloggiavamo in questo albergo e io il giorno dopo mi 122
sono presentata giù praticamente con un cappotto e lui mi dice: «ma non hai caldo»? Lui era già in pantaloncini, io rispondo «ma si un po’», mi dice «vuoi fare il bagno in piscina»? Io non potevo mettermi in costume mi vergognavo a morte, il più grande direttore del mondo e io gli vado davanti in bikini. Poi effettivamente io non lo conoscevo tantissimo perché Claudio era molto intuitivo, gli ero piaciuta chissà per quale ragione, per simpatia, mi prendeva sempre in giro per il mio accento emiliano e quindi, però in realtà ci eravamo visti quattro volte da marzo a dicembre, cioè ci eravamo sentiti per telefono poi siamo andati via in Venezuela, ci hanno catapultati su un’isola tropicale e io dovevo fare il bagno in costume da bagno davanti a Claudio, io non ce la potevo fare. Fino a che c’era un caldo boia che mi son tolta il pareo e lo scafandro e sono andata in piscina e lui: «finalmente». Ovviamente superata la vergogna della prima volta era come essere in famiglia. - Un’altra cosa da raccontare è che Claudio odiava il traffico di Caracas e l’ultimo anno abitava in una casa che era relativamente vicina ma su una strada molto trafficata. Un pomeriggio stavamo arrivando in ritardo alle prove perché c’era un incidente ed era tutto bloccato, e aveva dietro un personaggio della scorta il quale aveva la moto per poter arrivare prima e passare il traffico. Claudio era sull’auto, non ce la faceva più sbottava e ha detto senti chiama il tipo: «Ce l’hai un altro casco»? E’ montato sulla moto e si è fatto accompagnare in moto ed è arrivato alla sede dell’orchestra, è sceso dalla moto e si è tolto il casco c’erano tutti che lo guardavano e non ci potevano credere. Però io quello non l’ho visto non sono testimone oculare, me lo hanno solo raccontato. D – Perché poi Caracas aveva questa parte ricca e poi c’aveva la parte povera?
R- Caracas è un mix, nel senso che la città è nella valle, poi sono spuntati tutti questi barrios enormi intorno ma in realtà anche dentro alla valle stessa sbucano all’improvviso, anche nella parte ricca, per esempio dove abitavo io nella parte ricca, all’improvviso vedi che c’è il pattume buttato per terra e c’è una macchina bruciata e ti accorgi che c’è un barrio, tipo un’enclave contornato da case ricche c’è un barrio anche lì, e in realtà è così un po’ dappertutto. Gli avevano prestato questa casa che era anche bella, poi c’era una signora, una cuoca che faceva da mangiare, perché il problema di Claudio era sempre quello del cibo. Questa signora a cui era stato spiegato cosa fare da mangiare, cosa comprare, cosa non comprare e poi andavo io a fare la spesa. Così per lui era molto più gestibile, poteva studiare in silenzio, insomma stava bene. Però purtroppo era lontano, non tanto ma c’era di mezzo questa strada così trafficata che quella volta lì Claudio era diventato isterico ha detto «basta non ce la faccio più di stare qui in macchina voglio andare in moto», tutti lo hanno guardato «ma no Maestro cosa dice»? «Voglio andare in moto»!
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D- Insieme a voi c’erano quindi Helmut Failoni e Francesco Merini che hanno girato il documentario “ L’altra voce della musica”? R- Si certo, tutti i sottotitoli nel suo film li ho fatti io. In fondo c’è scritto sottotitoli Elisa Sologni, si ringraziano i cugini, perché eravamo diventati cugini sono stati lì un mese. Praticamente il contatto a Helmut per venire a Caracas gliel’ho fatto io e poi sono arrivati là e io li facevo entrare dappertutto perché loro stavano facendo questo filmato: Helmut e il mitico Francesco Merini che è bravissimo, per me fa delle riprese Francesco, ha un occhio di telecamera secondo me strepitoso. Helmut adesso è caporedattore cultura del Corriere di Bologna e da quando ha cominciato a fare quel lavoro lì la sua vita è cambiata non è più lo stesso, lo abbiamo perso. Helmut ha una quantità di episodi da raccontare. C’è stato un periodo in cui Claudio parlava solo con lui, con la Leonetta Bentivoglio127 e con la Giuseppina Manin128, erano le tre persone di cui Claudio si fidava. Claudio è stato molto tempo a Reggio, per la produzione del Flauto Magico è stato quasi 2 mesi e abitava in una casa sulla via Emilia che ci aveva prestato una nostra abbonata del teatro, un palazzo del 1527. Quindi poi la sera andavamo a cena lì quando c’era la Mahler Chamber invitava i musicisti. Poi lui veniva pian pianino da là perché la casa era in fondo alla via Emilia. Lui pur avendo sempre la macchina a disposizione, camminava a piedi sotto i portici, si fermava a comprare il giornale. Faceva i suoi due passi, gli piaceva un sacco, a lui piaceva la vita molto tranquilla, il fatto di stare qua tranquillo, ovviamente non lo chiamavamo sempre, lui doveva studiare
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Leonetta Bentivoglio è una critica, giornalista e saggista. Dal 1992 è inviato speciale del quotidiano La Repubblica per il settore cultura e spettacoli, dove scrive di letteratura, musica, teatro e danza. 128 Scrittrice, giornalista e critica cinematografica.
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Angelo Foletto Giornalista e critico musicale italiano Milano 09 luglio 2014. Nota biografica Luogo e data di nascita Angelo Foletto è nato a Pieve di Ledro (TN) il 20 agosto 1949. Formazione culturale e studi compiuti Laureato in lettere moderne all'Università degli studi di Milano con una tesi su Stiffelio e Aroldo di Giuseppe Verdi, ha studiato anche al Conservatorio Giuseppe Verdi. Incarichi ricoperti Ha iniziato a scrivere su Discoteca Hi-Fi, Musica e Musica viva, dopo aver lavorato all'archivio musicale dell'Angelicum, del Teatro alla Scala e della Casa Musicale Sonzogno. Dal 1981 al 2006 ha insegnato Storia della musica al Conservatorio di Verona, Piacenza e Milano. Ha tenuto i seminari “Scrivere di musica” alla Scuola Holden di Torino. Giornalista professionista dal 1991, collaboratore e critico musicale di La Repubblica dal 1978, ha partecipato all'ideazione delle collane di musica classica del Gruppo l'Espresso e firmato numerosi testi di accompagnamento alle relative pubblicazione audio-video. Vicedirettore per dieci anni di Musica Viva, scrive dalla fondazione su Suonare News, collabora a Classic Voice, Amadeus, il Giornale della musica, altre riviste specializzate, e il quotidiano l'Adige. Autore di programmi di sala, tiene conferenze e seminari, firma voci musicali per enciclopedie, collabora con Rai3, RaiSat, Classica+, Radiotre, Mediaset, Radiotelevisione della Svizzera Italiana, Radiopopolare e la Compagnia di Glauco Mauri. Ha ideato e condotto i programmi radiofonici Interpreti mozartiani a confronto (1991) e Musicasette (1995-96). Collaboratore del Coro della SAT di Trento, sia come componente della commissione artistica della Fondazione Coro della SAT, sia come autore di pubblicazioni sul canto popolare e di introduzioni critiche ai Canzonieri di recente pubblicazione. Dal 1996 è presidente dell'Associazione nazionale critici musicali. Dal 1998 al 2004 ha realizzato le presentazioni dei programmi della Filarmonica della Scala per “Domenica in concerto” (Rete 4) e altri speciali per Mediaset. Nel 1999 ha ideato per gli Amici della Scala, “Prima delle prime”, presentazione-dibattito delle opere scaligere. Dal 2004 collabora con Roberto Furcht per la stagione di concerti “Kawai a Ledro” (Ledro-Trento). Dal 2006 è presidente degli Amici della Galleria d'Arte Moderna di Milano (Villa Reale (Milano). Dal 2011 è presidente dell'Associazione Culturale "Achille Foletto" di Ledro, fraz. Pieve di Ledro. (Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Angelo_Foletto, ultima consultazione 21/07/2014).
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Abstract: Angelo Foletto fa trasparire dalla sua intervista la determinazione che Claudio Abbado aveva nell’affrontare qualsiasi progetto che ritenesse utile al bene dell’intera società. Si pensi all’esperienza col “Sistema” venezuelano, e alla sua costante presenza ovunque dovesse difendere qualcosa che per lui era giusto in nome della musica e della cultura. D – Quando ha conosciuto Claudio Abbado? R – Io Abbado l’ho conosciuto nel ‘68 per una serie di circostanze abbastanza fortunate . È stata una delle prime persone che ho conosciuto arrivando a Milano e siamo entrati subito in contatto in maniera abbastanza facile attraverso amici comuni siccome lui in quel momento stava arrivando in Scala, era un momento di apertura anche per lui, per t utto l’ambiente milanese. In realtà non dico che siamo diventati subito amici ma quasi, anche perché io studiavo in Conservatorio, facevo musica quindi gli ho chiesto «ma qualche prova è possibile seguirla?» E Abbado ha subito risposto – «quando vuoi». Si era creato questo buffo rapporto per cui siccome lui abitava proprio dietro la Scala, il patto era che praticamente io venivo due minuti prima dell’inizio della prova e entravo con lui, senza tante formalità. Ed è stata anche l’occasione per seguire molto l’attività artistica dopodiché credo di essere stato tra i pochi a seguire Abbado anche quando ha fatto un paio di lezioni di direzione d’orchestra in Conservatorio perché nel ’70 quando Bruno Maderna 129 aveva avuto per un paio d’anni la cattedra di direzione d’orchestra in Conservatorio e ha invitato un paio di amici a fare delle lezioni, degli incontri e uno di questi era anche [Abbado] lui e mi ricordo che a quella lezione lì noi l’avevamo portato in macchina in Conservatorio con una 500 e lui diceva «non ti preoccupare che io la prima volta sono andato a Vienna con una specie di 600 ci avrò messo due giorni»! Fece una lezione sulla settima di Beethoven, sull’introduzione al primo movimento, dopodiché i rapporti con Abbado sono andati per un certo periodo intensificandosi, anche perché io ho lavorato con lui per alcuni anni quando ero in Scala all’Archivio musicale. Quindi ho seguito più da vicino il suo lavoro di carattere artistico, le prove. C’era da seguire la preparazione dei materiali di orchestra e cose di questo genere. Lui aveva molta molta attenzione su questo tipo di preparazione preventiva , anche e soprattutto quando si è occupato di cose molto delicate dal punto di vista del testo tipo il Don Carlos, il Boris Godunov, avevo seguito tantissimo.
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Bruno Maderna è stato un compositore e direttore d'orchestra italiano.
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D – Lui ci teneva, era molto attento. R – Si era attento, era uno che preparava molto le parti tendenzialmente, era uno che se c’era qualche piccola cosa, qualche piccolo aggiustamento, magari lo poteva fare, per far evidenziare determinate cose soprattutto nei testi in cui c’erano più problemi.
D - Quindi lei ha seguito pure i concerti quelli per i lavoratori? R- Ecco in quel periodo lì, poi ovviamente ho seguito tutto il resto dell’attività. I concerti per i lavoratori li ho seguiti tutti sia la grande attività di carattere propedeutico che ha fatto insieme ai solisti della Scala. I solisti della Scala diventavano una specie di battaglione, di pronto intervento, perché avendo un organico abbastanza piccolo, dovevano girare anche i piccoli teatri, piccole sale di Milano. Perché c’erano i grandi concerti di grande effetto nelle fabbriche, di solito nelle mense delle fabbriche. D – Li a Reggio Emilia ho ascoltato delle bobine di Musica/Realtà130, ma Abbado non c’era sempre? R – Musica/Realtà era ancora un’altra esperienza, ancora diversa. No Abbado non c’era sempre, Abbado ha partecipato se non ricordo male a due tre incontri pubblici con Pollini e Nono poi, diciamo, che lui ha sempre dato un appoggio totale dal punto di vista morale e ha partecipato anche ad alcuni di questi incontri. Perché l’esperienza di Musica/Realtà è un’esperienza se vogliamo dire più articolata, più radicata sul territorio per certi versi perché si i concerti nelle fabbriche e tutte le altre situazioni anomale che aveva fatto in quegli anni a Milano erano comunque situazioni un po’ eccezionali. Per cui c’era il trasporto del grande oggetto, la Scala con il suo corpo e il suo direttore musicale, in una situazione anomala, per cui era più un gesto forte come si faceva un po’ allora. D – Diciamo anche un gesto di carattere politico? R – Un gesto di carattere politico, però quello di Musica/Realtà e di Reggio Emilia secondo me ha sempre avuto una dinamica diversa, perché era una dinamica un po’ rovesciata, perché il punto di partenza era l’istituzione la scuola musicale, che non era ancora Conservatorio e il gruppo che si era 130
Nel 1973 a Reggio Emilia Abbado con Luigi Nono e Maurizio Pollini danno vita all’iniziativa di Musica/Realtà, che prevedeva l’organizzazione di concerti in sedi non istituzionali (come scuole e fabbriche), conferenze e discussioni prima e dopo i concerti, prove aperte al pubblico e dibattiti di politica culturale.
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creato intorno a quella scuola, gli insegnanti etc etc… Infatti una delle parti importanti di Musica/Realtà in effetti era il dopo concerto, il dibattito dopo il concerto. Perché diciamo mentre l’operazione fatta su Milano e il suo hinterland era un’operazione secondo me un po’ diversa, se vogliamo anche un po’ di facciata. Era molto forte perché era un’operazione di apertura, era doppia: portare la musica ad un pubblico nuovo ma allo stesso tempo mostrare che la Scala non era chiusa, quindi era un doppio rapporto. Adesso non vogliamo mitizzare niente, perché lo faceva la Scala ma lo faceva anche il Piccolo Teatro, l’esperienza dei teatri tenda che c’erano nelle periferie di Milano o i piccoli teatri dell’hinterland milanese erano un po’ fatti su questo genere. D- Per cui Abbado è stato il primo a farlo alla Scala, oppure qualcuno l’aveva già fatto prima di lui, per esempio Toscanini? R – No no no. Beh diciamo la verità Toscanini ha fatto altre cose, forse ancora più importanti dal punto di vista della creazione della struttura teatro. Però parliamo anche di anni in cui tutte le istituzioni da carattere culturale di un certo genere si erano opposte a questo impegno. Era un impegno condiviso se vogliamo dirla tutta con la differenza che forse Abbado aveva questa sorta di forte utopia. Lui l’ha sempre avuta questa forte utopia insomma parlando anche con gli amici, i primi amici di Abbado, ma anche Renzo Piano131 lo ricordava ultimamente. Cioè questa idea della musica che dovesse essere messa a disposizione di tutti, che fosse facilitato l’incontro con la musica, era una cosa che ha sempre avuto e semplicemente si è trovato in una situazione quando era alla Scala che era politicamente e culturalmente quell’idea e in più con una sovrintendenza che aveva le stesse idee, insomma con tutta un’apertura e per cui quella che era la sua idea di base unita alla sua determinazione, aveva una determinazione assolutamente pazzesca. Lui era uno che quando si metteva in testa una cosa non c’erano possibilità di farlo deviare, lui ci arrivava. Bene o male, uccideva tutti, però riusciva a coinvolgere tutti, e questo lo ha sempre fatto. Lui ha sempre detto: «si può fare? La facciamo»! «proviamoci»! Lui era così. D – Lui ha quasi portato tutti i suoi progetti a termine? R – Si, anche perché questa sua convinzione e anche se vogliamo naiveté nell’esprimere, come quasi ingenuità, era una cosa che alla fine si portava dietro tutti, era difficile sganciarsi da questo punto di vista e poi era veramente, veramente insopportabile, quando si metteva in testa una cosa non c’erano santi, lui la voleva fare se poi la cosa non funzionava, non andava bene, era cancellata. 131
Architetto e Senatore a vita italiano
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Però lui voleva sempre arrivare al momento pratico e cercare di capire come si potesse fare. D – Lui aveva le idee ben chiare per quanto riguardava l’organizzazione? Si esponeva in prima persona? L’ ha fatto anche con il “Sistema”di Abreu? R – Si si, «chiama questo chiama quello». Anche sul “Sistema” aveva lavorato in maniera molto chiara. Anche se non aveva partecipato direttamente, lui c’era sempre. C’ero anche io al primo Convegno a Fiesole132. Lui avrebbe dovuto venire a parlare, avrei dovuto intervistarlo proprio sul “Sistema”, poi dopo ci siamo sentiti, lui non poteva, aveva altre cose. Ma lui aveva ben chiaro, infatti che i referenti del “Sistema” sono tutti un po’ marchiati Abbado
D- Quali erano le linee che Abbado seguiva nella creazione dei progetti?
R - Un’altra cosa forse di Abbado era il fatto che lui non era un creativo, non uno che si svegliava la mattina e aveva un’idea. In realtà lui la sua vita al di là delle sue scelte artistiche, ma anche le sue scelte artistiche in fondo si possono abbastanza allineare e farle mirare. Era in fondo legato ad alcuni concetti base: che erano quelli di 1) non creare nessuna frattura tra il fatto musicale e qualsiasi tipo di pubblico e 2) il discorso del suonare insieme. E’ chiaro che a seconda delle sue fasi della vita ha trovato delle situazioni, delle persone con progetti che già esistevano nei quali si è riconosciuto in maniera più evidente rispetto ad altri. Però se si deve fare un minimo comun denominatore delle sue iniziative sociali sono più o meno 2/3: 1) far suonare insieme, 2) non creare nessuna frattura tra l’esecuzione e il pubblico e 3) far dialogare tutte le arti nel nome o attraverso la musica. D – E poi i giovani … R – Si ma i giovani va da sé certo, già il fatto di suonare insieme è un po’ legato ai giovani. Il nuovo pubblico ovviamente sono i giovani e fare dialogare le arti diciamo fa parte delle progettualità sociali più alte di carattere più metropolitano, che sono i grandi progetti che ha fatto a Londra, che a fatto a Vienna, che ha fatto a Berlino. Parte, in misura un po’ più piccola lo aveva fatto anche a Ferrara .
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Convegno “ Musica e Società” per un sistema nazionale delle orchestre sinfoniche Fiesole, Villa La Torraccia 13-14 novembre 2010.
e dei cori infantili e giovanili,
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D –Ma lei lo aveva seguito anche a Berlino? R – A Berlino non è che lo abbia seguito molto, però ho sentito parecchie cose, perché tra l’altro credo che ero l’unico giornalista italiano a Berlino quando ha fatto la conferenza stampa di insediamento della Filarmonica133, ero lì e l’avevo anche intervistato a luglio ed è stata un’intervista molto divertente perché non riuscivamo a parlarci perché stava tirando giù il muro dietro. L’insediamento l’hanno fatto il 9 dicembre 1989, quindi 15 giorni che è tirato giù il muro e la sala della Philharmonie dove abbiamo fatto la conferenza stampa era più o meno attaccata al muro perché la Philharmonie è proprio dove c’è il muro. E c’era un casino, io mi ricordo che ho detto: «ma sei andato a vedere»? Lui mi ha risposto: «No, non ancora, sono appena arrivato … Sembra di stare in un cantiere ton ton ton». Anzi mi ricordo la registrazione, non riuscivamo a sentirci. Non sono andato moltissimo a Berlino però ho seguito alcuni progetti, anche perché non era comodissimo, però alcune cose le ho seguite. D – I Cicli berlinesi? R – Si, ma i Cicli che ha fatto a Berlino bene o male erano gli stessi Cicli che lui aveva impostato a Milano e che faceva contemporaneamente a Londra, sostanzialmente, con un’organicità diversa, perché a Londra aveva un’orchestra sinfonica, a Milano aveva un teatro. Quindi che ne so il “ciclo Berg” che è stato fatto quasi contemporaneamente. E’chiaro che a Milano ha avuto un peso diverso perché ha fatto il Wozzeck e poi con l’Opera di Parigi ha fatto anche Lulu e con un completamento molto diverso, c’è stato poi questo rapporto molto forte con il Piccolo Teatro per cui c’è stata la possibilità proprio di integrare con Convegni. Insomma, diciamo c’è stata un’integrazione diversa. A Londra, avendo in mano un’orchestra sinfonica, certe cose erano più limitate. I progetti di Vienna e di Berlino secondo me avevano semplicemente il respiro di Vienna e di Berlino, beh c’è una grossa differenza e soprattutto per il fatto di avere la possibilità da una parte di avere anche lì un teatro (Vienna) e a Berlino di avere comunque una grande orchestra di città che lui si è tirata dietro e un’orchestra che è sinfonica, che aveva indotto a fare anche delle opere in forma di concerto, e con la quale comunque il rapporto con Salisburgo dava delle possibilità di fare delle opere. E lì si è proprio attaccato a un’idea diversa, d’altra parte non c’è dubbio che fare un’operazione di questo genere, in terra tedesca dove diciamo certe realtà culturali sono nate è chiaro perchè in fondo il concetto è sempre quello di creare degli agganci per cui anche chi non ha un’ interesse diretto per la musica ci arriva attraverso altri percorsi. 127
Berlino, 9 dicembre 1989
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D– Lui aveva la capacità di tirare il positivo da tutti. Aveva questo intuito per la scelta delle persone. R – Traeva il positivo perché sceglieva anche le persone. Diciamo la verità non era un uomo facile. Per fare queste cose sceglieva delle persone, si fidava, quando le aveva scelte si fidava completamente e scaricava anche. Essendo lui sostanzialmente un positivo e un utopista e un ingenuo, si innamorava spesso delle persone, e quando ci si innamora non è che ci si innamori sempre delle persone giuste, però nello stesso tempo ha avuto delle persone delle quali si è fidato tutta la vita e che gli hanno dato la fiducia. Ma anche lì in questo senso era bravo perché tutto sommato portando, scegliendo è ovvio una serie di collaboratori con delle idee, nello stesso tempo vedeva di radicarsi sul territorio. Io credo che il cantiere di Milano soprattutto, gli anni della Scala, di questa apertura gli hanno dato la possibilità di verificare che effettivamente certe idee potessero funzionare e di creare anche dei rapporti continuativi con artisti che son sempre stati con lui: Carmignola134 che ha suonato con lui alla Necchi, Pollini135. Tutto questo gruppo di persone c’era già allora, cioè non c’era solo Pollini. D – E poi insieme a loro inseriva giovani talenti. Non gli piaceva apparire. R – Si certo, [Abbado] lui aveva un concetto diverso che a me è sempre piaciuto. Lui aveva sempre questo modo di svicolare dicendo sempre: «hai visto come sono stati tutti bravi? Ti è piaciuto il pezzo? L’avevi mai sentito»? Aveva questa capacità di spostare sempre l’attenzione o sulla musica o sugli esecutori. Da questo punto di vista è stato molto coerente. Cioè non c’è stato mai l’auto riferimento, no, puntava sempre sul fatto che la bravura, insomma l’esito fosse poi legato al fatto di avere questo rapporto con gli altri , coi suoi musicisti , era un po’ l’idea del progetto. D – Pure portare Nono alla Scala … R – Si ma anche questo fa parte della sua coerenza, lui ha debuttato alla Scala con un’opera contemporanea136. Se parteggiamo le prese di posizione di Abbado, adesso è sempre stato di questo gruppo forte di sinistra quando la sinistra significava qualcosa, oggi sarebbe un po’ più difficile. 134
Riconosciuto come uno dei massimi interpreti del violino moderno e barocco, Giuliano Carmignola è stimato per il suo ampio repertorio, che spazia dal Barocco al Classicismo, dal Romanticismo fino agli autori contemporanei. 135 Pianista italiano, considerato fra i più grandi pianisti del dopoguerra, ed è ammirato, oltre che per il prodigioso virtuosismo, per la vastità del suo repertorio (che va dai classici del pianoforte a Pierre Boulez e Luigi Nono) e per l'originalità delle sue interpretazioni. 136 Claudio Abbado debutta nel 1964 alla Piccola Scala con l’opera Atomtod di Giacomo Manzoni, regia di Virginio Puecher.
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D – Qual è stato secondo lei il progetto che Abbado ha perseguito nell’ambito dei Diritti Umani?
R - Se si parla di Diritti Umani in senso specifico, io credo che il suo vero lavoro sia proprio iniziato col tipo di idea che ha sempre seguito attraverso le orchestre giovanili. Io mi ricordo proprio quando è stato insediato a Berlino e quindi come dire il problema della riunificazione della Germania era lì oramai era avvenuto e non si doveva tentare di capire e lui mi disse: «Angelo noi abbiamo già provato l’anno scorso a fare un’orchestra con i due tedeschi insieme» e su quello proseguì. Ma in realtà lui aveva già fondato la Gustav Mahler che è stata da quel punto di vista lì, perché in fondo la Divan di Barenboim137 è la versione mediterranea della Gustav Mahler. Perché quando la Gustav Mahler era nata era piuttosto stravagante che c’era un gruppo musicale in cui c’erano gli austriaci e c’erano polacchi, croati, cioè tutta un’area . D – Lui ci teneva a premiare il progetto, il tal giovane, dare una borsa di studio … R – Si in fondo perché [Abbado] lui, la cosa su cui si è molto distinto in questo senso, è stato il fatto di creare delle strutture che da una parte fossero fatte molto a sua immagine e somiglianza, dall’altra però poi a un certo punto venissero lasciate andare. Ma soprattutto di tutti questi grandi gruppi che ha creato, che ha portato avanti che ha lanciato in virtù della sua prodezza. A un certo punto è diventato il padre nobile ma senza rivendicare una sorta di proprietà, e le ha lasciate andare, anche se poi dopo, nel 2003 con l’idea dell’ Orchestra di Lucerna, in pratica si è riappropriato anche della propria storia delle orchestre giovanili ma in realtà l’Orchestra del Festival di Lucerna è quasi interamente fatta da ex-musicisti delle sue orchestre giovanili che oramai hanno 50 anni. D – Mi dicono che l’Orchestra di Lucerna è il non plus ultra dell’eccellenza? R – Come ho scritto più volte, secondo me l’Orchestra di Lucerna è il completamento del percorso artistico e umano nell’ambito specifico musicale di Abbado. Come dire con l’Orchestra di Lucerna ha raccolto quello che ha seminato. In questo senso secondo me l’Orchestra di Lucerna è finita. Può esserci da quest’anno un’altra Orchestra di Lucerna fatta semplicemente col concetto di 100 persone che suonano da dio, però è diverso perché lì erano 100 persone che suonavano da dio ma cresciute con un’idea comune del suonare, del far musica nella quale Abbado poteva riconoscersi in 137
Nel 1999 Daniel Barenboim insieme allo scrittore Edward Said fonda la West Eastern Divan Orchestra con lo scopo preciso di favorire il dialogo fra musicisti provenienti da paesi e culture storicamente nemiche (Israele, Egitto, Giordania, Siria, Libano, Palestina).
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loro e viceversa loro potevano riconoscersi in lui. Perciò era un’Orchestra che suonava così bene, perché tutti avevano la stessa idea non soltanto lo stesso tipo di suono, la stessa arte. In questo senso secondo me era veramente una meraviglia. E in fondo anche la Mozart, in una maniera forse diversa però seguiva lo stesso concetto, aveva lo stesso impianto di mettere insieme le eccellenze. L’Orchestra si montava e si smontava a secondo del repertorio e della musica. Come dire mi faccio una cosa e mi scelgo gli ingredienti. Si trattava di un’esperienza diversa che poteva funzionare o meno. Dietro c’era una stessa linea di pensiero oltre alla bravura. Abbado riusciva a mettere in pratica questi principi nelle Orchestre Mozart e di Lucerna e in venti anni di direzione, lo ha messo in pratica nell’Orchestra di Berlino, che inizialmente non era sua. [L’ orchestra di Berlino] ha fatto parecchi mutamenti negli organici per più di un terzo da quando c’era Abbado. Nuove persone che entravano erano più facilmente indotte a ragionare in quel modo. Era un treno in movimento e non c’è dubbio che Lucerna e Mozart erano veramente il massimo. D – La Mozart era nata anche come orchestra destinata a scopi sociali? R – Questo aspetto è nato dopo. Lui non concepiva il fare musica astrattamente rispetto alla città in cui operava e perciò hanno scelto questo indirizzo. D – Lui aveva questa idea che la musica dovesse arrivare a tutti? R – La musica doveva arrivare a tutti. Cominciando anche dalle iniziative più banali che negli anni ‘70 erano le prove aperte per le scuole e nessuno aveva fatto questo prima. Con lui le prove potevano essere ascoltate in conservatorio. Era un tipo di apertura che corrispondeva alla sua voglia di dare.
D- Le prove erano sempre aperte? R – Si per quanto possibile. Oggi tutto è più normale. I percorsi propedeutici all’ascolto sono naturali mentre allora era un pò anomalo. Quindi era anche un rischio prendere Bach coi Branderburghesi e portarlo in un cinema di periferia e queste cose facevano effetto. Non portavi semplicemente una musica o un autore, ma portavi un’ Istituzione, la Scala, quindi fa tutto un altro effetto .
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D – Lui aveva il concetto della musica da camera, l’ascolto per eccellenza, che si doveva trasferire nella musica sinfonica? R – Lui lo ha predicato e lo ha messo in pratica molto e lo ha sempre concepito. Lì si entra nel suo modo di fare musica, di concertare, di preparare l’esecuzione. Il pensiero condiviso contava di più rispetto ad una idea migliore dell’altra. La sua unica vera esperienza didattica è stata nella musica da camera a Parma e anche prima in casa con suo padre che era un grande camerista. Anche a Siena frequentava le classi di un camerista. Da lì l’importanza di ascoltare gli altri più che se stessi. Io ho la sensazione che il nucleo generatore di questo concetto fosse che [Abbado] lui è nato in una famiglia in cui la musica da camera si è sempre fatta. La prima esperienza l’ha fatta nell'orchestra di suo padre con un repertorio piccolo per anni. In famiglia ha metabolizzato l’idea dell’ascoltarsi, poi dopo l’ha razionalizzata, l’ha capita, l’ha anche individuata in un certo modo. In più poi dopo ha trovato una sorta di conferma nel panorama delle scuole di direzione d’ orchestra di quegli anni non a caso è finito a lavorare con Swarowski a Vienna, ovvero un tipo di didatta che sul fatto del suonare insieme, nel camerismo soprattutto del creare un rapporto molto diretto tra la capacità di analizzare quasi da compositore una partitura e la corrispondente capacità di ricostruirla attraverso la concertazione come direttore, era un punto di partenza. Non c’erano estetiche astratte, c’erano estetiche pratiche molto concrete. Allora la pratica della direzione e della concertazione a quel punto è quasi gioco forza costretta a lavorare attraverso la musica da camera. Perché nel momento in cui analizzi tutti gli elementi musicali diventano individualità che devono avere la stessa importanza. E per avere la stessa importanza significa che ci devi ragionare, che ognuna di queste persone deve avere una propria individualità e non la deve perdere in virtù di una visione generale. In questa situazione lo porta alla musica da camera dove gli esecutori ascoltano gli altri. D – Quindi gli anni viennesi sono stati quelli della formazione e dell’ascolto ? R – Ha ascoltato e li ha visti lavorare e guarda caso i direttori di un certo tipo di formazione e anche di un certo modo di lavorare sulla musica sono tutti fürtwangleriani e sono tutti legati alla scuola di Swarowski, pur non essendoci passati direttamente, Mehta
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ci è passato direttamente,
Barenboim139 no, però in certi suoi ragionamenti sul lavorare in orchestra si ritrovano gli stessi concetti. La cosa molto singolare nel caso di Abbado è che è un direttore che si è formato e ha 138
Zubin Mehta è un violinista e un direttore d’orchestra indiano. Daniel Barenboim è un pianista e direttore d'orchestra argentino-israeliano. Dal 1º dicembre 2011 è direttore del Teatro alla Scala 139
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scelto di formarsi in maniera completamente eterogenea rispetto a un cammino di un qualsiasi direttore italiano. Ha fatto un altro cammino, ha fatto anche delle scelte importanti, il fatto di scegliere di rinunciare all’America in un certo momento per continuare a lavorare a Vienna, evidentemente è stata già una scelta molto precisa. A lui interessava approfondire un determinato tipo di musica che in America non avrebbe potuto fare. Non è stato un precoce. Riprendere il percorso di Mahler o di altri autori partendo da Vienna, partendo da Salisburgo, partendo da Londra stessa è una cosa diversa. E’ interessante vedere come determinate cose lui le ha sempre ripetute, se si vedono le sue cronologie, e quella è l’anomalia. Abbado ha inventato un nuovo modo di essere direttore d’orchestra di oggi che in fondo prima non esisteva, era un altro criterio. Il fatto che fosse il polarizzatore non soltanto di certi eventi ma di tutto un progetto attorno. Il fatto di creare tutto intorno. Quello di scegliere la direzione d’orchestra è stato anche un gesto di realismo. D – Com’era il suo rapporto con Abbado? R – Ci conoscevamo dal ’68, non c’erano rapporti di familiarità da sentirci. Era un ottimo rapporto, l’avevo poi intervistato parecchie volte, ci siamo visti ultimamente appunto anche per questioni professionali. D – Era una persona simpatica quindi? Scherzosa? R – Secondo me era molto simpatico, bastava prenderlo com’era. D – Nel campo dell’attività culturale Abbado ha precorso i tempi? R - Per l’attività culturale gli anni della Scala sono stati decisivi, il fatto che questo tipo di attività, questi cicli, conferenze, riproduzioni all’ascolto, sono tutte cose nuove che oggi fanno meno impressione perché oramai le fanno tutti per ragioni diverse. Allora il fatto che erano nuove così come era nuova l’istituzione di un serie di abbonamenti specificatamente pensati per lavoratori e studenti e quindi abbonamenti chiaramente a prezzi molto accettabili e che aveva dei blocchi specifici e tante altre forme di avvicinamento soprattutto su queste fasce. Poi io credo che il vero risultato sia stato ottenuto proprio con questa sua tenacia nel continuare a fare le cose. A parte il fatto delle operazioni di grande facciata come Al gran sole carico d’amore di Nono140 che è stata 140
Luigi Nono è stato un compositore italiano di musica contemporanea.Oltre che nella musica, Nono fu attivamente
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una grande operazione anche politica, ma un’operazione difficilissima perché si trattava di musica difficile, di un testo molto ostico, di una serie di collage, di situazioni che erano fortemente connaturate nella politica in un momento in cui comunque le opposizioni politiche tra destra e sinistra erano molto forti e quindi con delle grosse conflittualità anche cittadine all’interno delle amministrazioni, è stato un gesto molto forte. Accompagnata dallo sdoganamento di tutti gli autori della scuola di Vienna, lo stesso Mahler, il festival Musorgskij, la musica di camera di Schönberg, Bartók. Se si mettono insieme tutti questi vari passi, anche perché allora la Scala aveva quest’ altro piccolo spazio che era molto interessante da questo punto di vista, che era la Piccola Scala in cui Abbado aveva debuttato quindi in un certo senso si tornava alle origini. C’erano poi tante altre operazioni in cui Abbado non era coinvolto direttamente ma è chiaro che c’era lui dietro. Anche se non era più lui il direttore artistico direttamente che firmava, in realtà diventava un po’ garante dell’operazione interna sia dell’operazione nei confronti dell’esterno. D – Claudio Abbado è stato un direttore incisivo? R – Da questo punto di vista lasciava sempre qualcosa che poteva servire. Allora a certe cose si partecipava, si viveva in una maniera molto più naturale. La cosa interessante è come sia riuscito sempre a non venire mai a patti con il punto di vista artistico. Cioè lui non ha mai fatto una cosa per dire siccome era in campagna la facciamo da campagna, no, nel concerto si porta sempre il meglio e anche nelle operazioni più di facciata, più spettacolari, c’era sempre dietro una ragione anche artistica alta. Anche quando ha fatto il grande Berlioz per esempio a Bologna 141 è chiaro che era una straordinaria operazione di facciata però dietro l’operazione di facciata c’era sempre l’idea di mescolare un po’ le cose in modo da togliersi qualche sfizio anche di carattere prettamente artistico. E comunque in generale io non ho mai visto un disimpegno, perché veramente l’ho visto dirigere dovunque negli anni, anche in posti francamente molto scomodi, infelici acusticamente. Ma il concetto di essere lì, della presenza dava luce. D – E questo è un segno di grande apertura? R – E certo, per cui io credo che è vero che ci sono i segni tracciati, i segni sono tracciati su certi impegnato in politica ,utilizzando spesso testi politici nei suoi lavori. 141 Grandissimo evento a Bologna per la diffusione della musica nelle scuole, con Claudio Abbado c’erano Roberto Benigni, Orchestra Mozart , Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, Orchestra Giovanile Italiana, Coro del Teatro Comunale di Bologna, Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, Coro di Voci bianche del teatro Comunale di Bologna, grande coro di voci bianche “un coro in ogni scuola”, i solisti Marius Brenciu e Iveta Apkalna, 25 ottobre 2008 – PalaDozza, Bologna.
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progetti per il resto ha continuato a tracciarli essendoci presente. Lui ci è sempre stato e quando c’era da lanciare qualche cosa di questo genere non si è mai tirato indietro, parlava anche, e così riusciva ad ottenere. D – Il progetto Abreu lo ha davvero fulminato. Tornato dal Venezuela non parlava d’altro. R – Si non capiva più niente. Come una martellata in fronte. All’inizio volevo far capire meglio perciò ho voluto che parlasse a questo incontro pubblico che si è tenuto a Fiesole, che poi lui ha mandato qualcosa di scritto. Per far capire meglio, perché si potrebbe pensare che per quanto siamo malmessi non siamo come in Venezuela. In una situazione diversa [Abbado] lui ha visto che certi principi di carattere abbastanza strano erano concreti e che era la loro concretezza che dava ragione all’idea. Era un po’ rovesciata la cosa, non c’era bisogno di dimostrare che fosse un progetto a sfondo sociale, la realtà lo diceva e nel caso specifico la realtà lo rendeva anche necessario. D – Beh certo è diverso in Venezuela dall’Italia. R – E’ una storia diversa. Sappiamo benissimo che Abreu era stato un genio, però era anche Ministro dell’economia, ha trovato un Governo che gli ha garantito una copertura. L’utopia va benissimo, l’ideologia va benissimo, però ad un certo momento sono state edificate delle strutture che avevano forti basi economiche oltre che sociali. D –Infatti Abreu era stato Ministro della cultura e dell’economia. R – Si però quando è partito il progetto ? Quando era Ministro dell’economia mica quando era Ministro della cultura. C’è molto dell’utopia ma c’è stata veramente una congiuntura storica e politica, nel senso amministrativa particolare. Non so quante volte può accadere una cosa del genere. Certo poi la storia ogni tanto fa in modo che le cose buone, le situazioni buone e le persone buone si incontrino e il prodotto sia esplosivo, fantastico. Però era una situazione. D – Comunque lui tornato dal Venezuela non parlava d’altro, ce lo metteva ovunque? R - Certo questo fa parte del fatto che [Abbado] lui quando si metteva in testa una cosa non c’era niente da fare, d’altra parte la forza delle grandi personalità è questa: di avere idee semplici in cui credere e continuare a proporle, non è un segno di debolezza. In fondo lui ha sempre avuto un idea 137
politica, intendendo l’aggettivo politico nel senso migliore del termine, cioè l’idea che le persone che hanno dei poteri di carattere artistico, culturale debbano mettere al servizio, questo è il discorso: la musica al servizio della cultura e la musica e la cultura sono a servizio della società. E’ la cultura che è ricchezza punto e basta! Ma soprattutto il fatto di poter espandere il bacino sociale di chi dispone della cultura che è una ricchezza perché accresce la società. Credo proprio che sia più un ragionamento intrinseco, continuo. Cioè io ti rendo più ricco perché sei più aperto, perché capisci di più in questo senso è molto politico questa idea del sociale, la sua è un idea del sociale molto politico. La gente, l’uomo cresce se sa a prescindere. Lui secondo me aveva un’idea più alta e se vogliamo anche più astratta. Si fa perché va fatto perché è giusto che vada fatto, perché è giusto che le persone abbiano a disposizione questo servizio. C’è una frase molto bella di Piero Farulli, fondatore della scuola di musica di Fiesole, che era suo grande amico, con cui hanno collaborato molto, avevano molte idee in comune. Lui diceva “la musica è un bene da restituire”, questa è una cosa che Abbado e non solo Abbado ma tutte le persone che partecipavano già dagli anni ’70, hanno sempre messo in pratica. Allora in questa idea astratta non ancora resa una scuola, una borsa di studio, o un sistema, ma del bene da restituire. In questo li vedo molto vicini.
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Francesca Chiappetta Relazioni per il Sistema Nazionale Sistema Orchestre e Cori Giovanili e Infantili in Italia Roma 15 luglio 2014 Nota biografica Luogo e data di nascita
Francesca Chiappetta è nata a Roma il 18 agosto 1984. Formazione culturale e studi compiuti
Si laurea nel 2007 nella laurea triennale in Scienze e Tecnologie della Comunicazione, Giornalismo e Nuovi Media all’Università degli Studi di Roma “Sapienza” con una tesi su: Le emozioni al lavoro: una proposta per progettare nuove relazioni nelle imprese, con il voto di laurea di 110/110 e lode. Si specializza poi nel 2010 in Relazioni Internazionali, Innovazione e Sviluppo (Roma – Italia), laureandosi all’ università degli Studi di Roma “Sapienza”; voto di laurea: 110/110 e lode con una tesi su: Il turismo sostenibile come risorsa per il dialogo interculturale. Il caso irlandese. Parla l’inglese, il francese e lo spagnolo. Incarichi ricoperti
Nel 2007 lavora per Zètema – Progetto Cultura (Roma – Italia) all’ Organizzazione e gestione eventi culturali nella rete museale di Roma. Nel 2008 lavora a Sustainable Tourism Ireland (Dublino – Irlanda) per la WebTv e collabora a studi e ricerche sullo sviluppo sostenibile, cooperazione e relazioni internazionali Nel 2009 lavora da Fendi (Roma – Italia) per l’Organizzazione di eventi di moda, promozione e comunicazione. Nel 2010 lavora presso Calandra Italian-American Institute (New York – Stati Uniti) per l’Analisi e studi antropologici per rivista di settore; promozione e comunicazione per turismo sostenibile locale. Sempre nel 2010 a Carillo Sustainable Tourism (San José – Costa Rica) - si occupa di analisi e studi antropologici per rivista di settore; promozione e comunicazione per turismo sostenibile locale. Lavora poi con la Rivista I.taly.org (New York – Stati Uniti) dove si occupa della gestione e cura del sito web e della rivista online, dell’organizzazione eventi culturali, artistici e turistici, della promozione Made in Italy in America, pubbliche relazioni e promozione. E ancora a Art Deco Miami (Miami – Stati Uniti) - nelle Pubbliche relazioni, organizzazione eventi culturali, artistici e turistici. A Isidori Public Relations e Made in Italy (San Francisco – Stati Uniti) si occupa delle Pubbliche relazioni, comunicazione e ufficio stampa, ideazione e organizzazione programmi televisivi per emittenti locali. Lavora alla Upter – Libera Università Popolare di Roma (Roma – Italia) - come Tutor didattico per il corso “Green Job”; comunicazione e ufficio stampa. Nel 2011 lavora a Federculture (Roma – Italia) - Programmazione e organizzazione eventi culturali, sportive, artistici e turistici; relazioni esterne e promozione. Dal 2012 ad oggi lavora al Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e Infantili in Italia Onlus (Roma - Italia) come Project Management, Relazioni Esterne, fund raising, rapporti istituzionali e internazionali, progettazione, promozione, cura e gestione social network e web, ufficio stampa e comunicazione, programmazione e organizzazione eventi; definizione e controllo budget e amministrazione. (Fonte diretta dell’intervistata).
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Abstract: Francesca Chiappetta ci parla della nascita e della crescita del Sistema delle orchestre e dei cori giovanili e infantili in Italia, promosso da Federculture e dalla scuola di musica di Fiesole. Francesca sottolinea le parole chiave del “Sistema” venezuelano: entusiasmo, disciplina e accesso gratuito. D – Claudio Abbado è andato in Venezuela, ha conosciuto il “Sistema” di Abreu142 e quindi il suo obiettivo era portare in Italia quello che in Venezuela, considerato paese del terzo mondo, si era riuscito a realizzare? R – Infatti lui [Abbado] aveva percepito proprio il valore fondante che è quello della musica come valore universale e visto che a lui non manca la cultura musicale però manca la cultura musicale in chiave sociale, di rinnovamento sociale, contestualizzando ovviamente su quelle che sono le problematiche del disagio giovanile in Italia. Che ovviamente è diverso ma è altrettanto pericoloso, proprio anche perché è più latente, è meno visibile. Mentre in Venezuela c’è una condizione di povertà molto trasparente, cioè si percepisce quindi è più facile trovare delle politiche sociali che cercano di risolvere una situazione che è lì, qui il disagio sociale è molto più ampio, anche più nascosto. Ad esempio c’è quello della solitudine dei ragazzi, l’emarginazione, il tema dell’immigrazione. Ci sono tante questioni di disagio e il nostro Presidente Roberto Grossi 143 ha cercato cominciando col costruire inizialmente un Comitato, poi tutta una struttura, un’Associazione con le varie leggi per costituirlo , e tant’è che oggi abbiamo 54 Nuclei144 in tre anni . D – Quindi i Nuclei sono aumentati, leggevo sul sito 45? R – Si, sono aumentati. In parte è dovuto anche alla risonanza mediatica che sta avendo il Sistema. Abbiamo fatto questo concerto in Senato a Natale145 che ha dato in qualche modo la visibilità per far conoscere che cos’è il “Sistema”, da lì poi sono subentrati tutti i vari interessi, si è creato un “rumors” intorno, tanto che poi il Gemelli ci ha commissionato subito dopo questo concerto146. 142
El Sistema venezuelano di cori e orchestre giovanili e infantili nato nel 1975 a Caracas.
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Presidente di Federculture (Federazione delle Aziende e degli Enti di gestione di cultura, turismo, sport e tempo libero). Nel 2010 costituisce il Comitato Sistema delle Orchestre e dei Cori Infantili e Giovanili in Italia Onlus, di cui è Presidente. 144 I “Nuclei” sono centri didattici permanenti sul territorio che realizzano attività musicali con gli scopi, i criteri e le modalità didattiche ed operative del Sistema. 145
15 dicembre 2013 Tradizionale Concerto di Natale in Senato. Nicola Piovani dirige l'Orchestra, il Coro Mani Bianche e il Coro Voci Bianche del "Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e Infantili in Italia Onlus". Il ricavato della vendita dei biglietti sarà destinato all'acquisto di strumenti musicali. 146 Il concerto rappresenta il gran finale della II edizione della “Festa della Musica del Sistema”, iniziata il 17 maggio
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D – Quante persone eravate? R – Al Gemelli erano più di 1000 persone che hanno seguito tra le Istituzioni e il pubblico. D – Deve essere bellissimo vedere l’entusiasmo nel volto di questi bambini? R – E’ stato entusiasmante, a parte tutta la preparazione che c’è dietro che è meraviglioso, quando comunque ci sono le prove, stai a contatto con i ragazzi, vedi l’impegno, l’entusiasmo. D – L’entusiasmo di questi bambini… R – guarda secondo me è la parola d’ordine soprattutto per “il Sistema” Venezuela, cioè non a caso Abreu stesso utilizza questo termine “entusiasmo”, l’entusiasmo della musica perché comunque ti prende proprio a livello di corde, di vibrazione. D – Infatti è la stessa cosa che diceva Claudio Abbado, e pure Maria [Majno] me lo diceva, non importa da dove vengono, se decidono poi di continuare etc … L’importante è farlo, cioè dargli una possibilità … R – Guarda ci sono i principi fondamentali che rappresentano la metafora dell’orchestra, cioè che l’importante non è tanto imparare a suonare lo strumento, quello ovviamente a livello individuale ti sviluppa una serie di valori anche di autostima, di espressione di te, però l’importante è poi inserirlo in un contesto collettivo che è quello dell’orchestra appunto ecco la metafora dove ogni parte fa parte di un collettivo dove si contribuisce e si lavora insieme questo è l’importante. Il metodo è proprio questo: i ragazzi vengono subito inseriti all’interno di un insieme e con questi metodi già dal primo giorno cominci a prendere familiarità con uno strumento e non c’è un metodo didattico individuale a tu per tu dove c’è un confine invece c’è un’interazione collettiva continua . D – Quindi anche gli insegnanti vengono formati? R – Si, gli insegnanti vengono formati, diciamo che l’aspetto della formazione è una delle chiavi
2014: un concerto speciale dedicato ai degenti del Policlinico Gemelli e a tutta la città per festeggiare i 50 anni di attività del Gemelli, che ha visto protagonisti i 130 ragazzi dell’Orchestra, del Coro di Voci Bianche e del Coro “Mani Bianche” del “Sistema Orchestre e Cori Giovanili e Infantili in Italia”, diretti da Nicola Piovani.
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soprattutto del nostro “Sistema” perché è importante capire che cos’è il metodo che poi è un insieme di metodi più che altro è l’approccio, non è un metodo didattico preciso ma un tipo di approccio che appunto è relativo all’educazione con la musica, che è diverso. Perché l’obiettivo non è quello di tirar fuori per forza il talento o di professionalizzare i ragazzi, ma quello di educarli appunto come musica che diventa lo strumento, diventa un come, è questo è l’importante e a tal proposito noi teniamo anche dei corsi di formazione per formatori a seconda poi delle diverse discipline, delle diverse categorie. Ci sono degli insegnamenti dedicati alla musica d’insieme, ai cori, a fasce d’età, diviso per strumento, anche per i progetti speciali. Per esempio quest’anno abbiamo fatto un mese itinerante di formazione per Mani Bianche147, per formatori di Mani Bianche. Quindi anche per Nuclei già esistenti e quelli di nuovo avvio e sono venuti proprio Naybeth e Johnny García che sono i detentori del progetto, sono andati a Milano, Torino, hanno fatto diverse tappe anche al sud e questo è stato, a parte un’esperienza umana perché Naybeth e Johnny García sono un “tipo Abreu” quindi sono illuminati anche loro e hanno questo spessore umano trascinante e quindi riescono a interagire sia con i ragazzi che con i formatori stessi e quindi diciamo in qualche modo riescono a seminare quello che è il seme del “Sistema” ed è stato grandioso. E proprio sulla formazione stiamo intanto avviando delle collaborazioni anche accademiche. C’è stato un primo “esperimento” di un master che è stato con l’Università di Firenze in collaborazione con noi e con la Scuola di Musica di Fiesole, quindi adesso stiamo nella fase già della parte pratica, hanno fatto sei mesi di teoria e adesso stiamo in tre mesi traendo il frutto di un’esperienza più pragmatica all’interno dei nostri Nuclei. Poi si stanno avviando altre collaborazioni in questo senso anche con i Conservatori e con altre Università come ad esempio l’Università di Napoli e l’Università di Modena e Reggio Emilia. D – Come si può aderire al “Sistema”? R – Per aderire al “Sistema” è necessario trasferirci una serie di documentazione che riguarda la natura sociale della propria Associazione, Ente, o quello che si è, con lo statuto se lo si ha, il progetto didattico che si intende sviluppare: a chi è rivolto, quante ore a settimana, quali sono gli obiettivi programmatici, un referente di riferimento e poi soprattutto mantenere uno dei requisiti fondamentali che è il parametro necessario, che è quello della gratuità dell’offerta didattica che lo contraddistingue, proprio perchè è la musica che va dai ragazzi e non viceversa, quindi questo è un punto e poi un altro è quello di mantenere un tot di ore a settimana di programmazione didattica continuativa almeno per un arco di un anno, nove mesi diciamo da settembre a luglio, quello che è 147
Progetto nato all’interno de “ El Sistema” di José Antonio Abreu dove bambini e ragazzi portatori di handicap suonano muovendo le mani con dei guantini bianchi.
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l’anno scolastico per mantenere diciamo un’auto-sostenibilità programmatica e soprattutto per mantenere un filo conduttore perché è inutile fare una lezione al mese, ma è necessario continuare, proprio perché il bambino si deve approcciare alla musica in maniera così più diluita nel tempo D – Tu mi dicevi che sei entrata in contatto con questi bambini, quindi ci hai parlato etc.. raccontami un po’ R – Io ho avuto la fortuna di seguire loro soprattutto durante le prove, abbiamo fatto due macro eventi qui a Roma148 quindi sono venuti i ragazzi dell’orchestra nazionale con i cori mani bianche e voci bianche, quindi al di là dell’evento in sé veramente ho avuto la fortuna di interagire con loro nei momenti della preparazione e quindi nei momenti più di pausa diciamo così, ho avuto la possibilità di interagire con loro e di raccogliere a caldo le loro impressioni riguardo all’orchestra, riguardo a far parte di questo movimento, poi è di quello che si tratta, perché è un’opera sociale e loro sono veramente soddisfatti, cioè è un’identità che sta crescendo in loro perché la musica gli ha dato un’alternativa di vita. Guarda senza farti i nomi, ti posso citare casi di ragazzi, loro hanno esperienze umane abbastanza particolari. Te ne cito uno: al funerale di un padre di un ragazzo lui è andato due ore prima, è voluto andare con il suo insegnante a provar musica, a suonare lo strumento, ad avere il supporto di quell’ambiente che gli ha permesso poi di elaborare, metabolizzare un dolore come quello appunto della perdita di un genitore. D – In questi casi si vede il potere curativo della musica R – Si, assolutamente. Ti ripeto è un metodo anche aggregante, li vedo adesso i ragazzi dell’orchestra, ti cito solamente una delle tante attività che poi si fanno. E’ un contesto dove ti ripeto l’aspetto finale è il concerto ma è tutta la preparazione che c’è prima, e loro hanno fatto amicizia in tutta Italia, si sentono, si scrivono. E’ un modo diciamo per interagire, per integrarsi, per conoscersi, per condividere e quindi è un modello estremamente vincente diciamo su questo perché ti da la possibilità di venire a conoscenza di alcune realtà diverse dalla propria e di fare squadra cioè di fare parte di un insieme e quindi questo sviluppa anche tutta una serie di valori personali, il non sentirsi solo, ma di avere un collante che unisce tutti. Per esempio, ho conosciuto anche una ragazza disabile motoria, a livello fisico, che lei ci crede tantissimo in questa cosa ed è la prima in qualche modo a pubblicizzare questa cosa, a fare lei da aiuto a persone che magari non hanno gli stessi handicap suoi, a cui cerca di condividere e di trasmettere il più possibile quello che a lei sta dando 148
Il Concerto di Natale in Senato il 15 dicembre del 2013 e il concerto per in 50 anni del Policlinico Gemelli il 7 luglio 2014.
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questo “Sistema”. E ce ne sono centinaia di casi come questo, poi il bello è che ogni realtà ha la sua caratteristica. Ci teniamo molto che ognuno mantenga la sua peculiarità, perché, alla fine se ci pensi, anche in Italia ci sono delle realtà estremamente diverse, geograficamente diverse, culturalmente, ma ognuno mantiene la sua identità e poi la fa conoscere agli altri e poi diciamo ci si amalgama mantenendo la propria specificità che poi fa parte di un insieme corale, di un movimento. D – Quindi dicevi la parte finale è il concerto, è un attività inserita all’interno della scuola? R – In realtà non è il concerto, l’importante è far parte di questo “Sistema” Il concerto è l’aspetto finale di un percorso in cui magari l’ “esibizione” perché non è una vera e propria esibizione, insomma non è quello l’importante. D – Quindi il concerto ci può anche non essere?
R - Ci può anche non essere. Tanti Nuclei per esempio fanno delle attività a livello annuale e poi magari chi vuole fa una sorta di concerto alla fine, poi abbiamo fatto anche come “Sistema nazionale” diverse iniziative nazionali, vedi anche la festa della musica149, che ha voluto celebrare questo movimento. Ma l’importante è appunto il percorso che si fa, l’evoluzione e la crescita che tu fai attraverso la musica. Che poi ti ripeto può venir fuori all’interno di un’iniziativa particolare ma è quello che tu fai quotidianamente, settimanalmente, annualmente che ti permette appunto di evolvere come persona umana innanzitutto e poi come cittadino perché poi è un po’ la metafora della società quindi diciamo l’obiettivo appunto è quello di creare delle persone innanzitutto migliori che confluiscano all’interno di una società e quindi creare i presupposti di cittadini migliori. E quindi un mondo migliore. Che non è utopia solamente, perché si vede anche in Venezuela, è un esercito, come se fosse un apparato in cui tutti, anche i non musicisti, tutti approcciano alla musica, perché è un’alternativa di vita, è una speranza di vita. D – Si anche Elisa [Sologni] mi raccontava che lì la musica è proprio insita nella società R – Si. Poi ognuno ha comunque il suo percorso di vita, nel senso che segue la sua evoluzione. Lì c’è molta fruibilità, molta facilità di accesso, proprio perché non c’è quella barriera che adesso c’ è da noi perché la musica, soprattutto la musica classica intendo, è molto elitaria. Quindi c’è anche 149
La festa della Musica del Sistema in Italia - per costruire con la musica comincia nel mese di giugno del 2013 e si ripete nel mese di maggio/giugno del 2014, cfr. http://www.festadellamusica-europea.it/index.php/fare-la-festa/spiritodella-festa, ultima consultazione 27/07/2014.
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una questione appunto di “gap” e di divieto di accesso in qualche modo se non hai la possibilità anche economica, non puoi accedere. D – Infatti la musica nelle scuole non si studia, io mi ricordo che solo alle medie studiavo come suonare il flauto. R – Esatto, non c’è diciamo questo approccio, questa possibilità di accedere più che altro. Quindi è “l’accesso” anche un’altra parola chiave, è appunto la gratuità ti permette poi di poter interagire con la musica in maniera più facilitata e quindi di inglobarti all’interno di un mondo che altrimenti saresti tagliati fuori, proprio perché ci sono diversi parametri che ti escludono. Prima di tutto proprio la soglia economica. Invece, questo modello permette una musica di tutti e per tutti, ed è rivoluzionario proprio per questo. D – Quindi voi avete i referenti in ogni regione? R – Si, diciamo che, come struttura è un po’ piramidale. D – Abreu infatti utilizza la metafora della piramide. R – Esatto, però con una base di uguaglianza su questo e non è una questione di suddivisione di poteri. Noi abbiamo questo Comitato Nazionale qui a Roma, presieduto da Roberto Grossi, con un Consiglio di Amministrazione. L’organo collegiale è l’Assemblea, che è costituito soprattutto dai membri aderenti, che sono i Nuclei150, i Nuclei compongono l’Assemblea. Poi ci sono i referenti regionali che sono per lo più due in ogni regione: uno di taglio istituzionale e l’altro di taglio artistico. Entrambi hanno questa funzione di tutors nei confronti dei Nuclei, che sono appunto i Nuclei/i membri aderenti, che sono le scuole di musica, laddove si opera direttamente con i ragazzi. E’ il luogo dove praticamente si fa musica diciamo sono Nuclei che condividono eticamente, moralmente i nostri valori e fanno musica all’interno. Ci teniamo molto che sia non rigida, ma attenta come selezione proprio per evitare che si disperda un po’ in qualche modo il messaggio di Abreu stesso, e quindi del “Sistema”. Proprio perché è deleterio per i ragazzi entrare, e poi per un motivo x uscirne fuori, si innescano poi dei valori contrari, quindi
affinché ci sia un’auto-
sostenibilità, che sia un percorso duraturo, almeno su base annua, facciamo le giuste valutazioni su chi deve entrare. 150
I "Nuclei" sono centri didattici permanenti sul territorio che realizzano attività musicali con gli scopi, i criteri e le modalità didattiche ed operative del Sistema.
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D – Importante è quindi la scelta delle persone? R – Assolutamente. I referenti, le regioni sono un po’ il punto chiave su cui si sviluppa poi il “Sistema”. Perché su base regionale stiamo cercando anche di avviare delle orchestre regionali, perché c’è un recupero di un’identità territoriale che in qualche modo determina anche la persona, cioè il tuo rapporto con la località diventa importante. E quindi si recupera anche la propria memoria storica collettiva e quindi si riesce ad interagire col proprio spazio territoriale e la musica ha questo potere, perché forse tra le forme d’arte è la più universale, tocca tutte le lingue, tutte le culture, non c’è differenza. D – Infatti io ho fatto teatro, ma penso che la musica ancora di più, unisca la gente R – Si, la musica è proprio una questione di fisica, chimica, cioè a livello di vibrazione è il linguaggio più comune possibile. D – Perché c’è l’ascolto? R – Si esatto, l’ascolto che appunto diventa immediato e anche il suono riesce a innescare qualcosa . D – Ormai la gente si parla addosso, ci sono persone che magari ti fanno una domanda ma non aspettano la risposta. R – Brava, e questo è sempre più comune purtroppo. Non a caso abbiamo due orecchie e una bocca. Perché l’ascolto dovrebbe essere doppio piuttosto che parlare. D – Adesso come procedete per la selezione, prima c’era Claudio [Abbado] che sceglieva ma ora? R – Diciamo che lui [Abbado] è sempre stato presente moralmente, è sempre stato un’icona, in qualche modo si deve anche a lui questo “Sistema”. Poi a livello operativo il nostro Presidente [Roberto Grossi] è sempre stato molto pratico, quindi si è dato da fare su consigli, interfacciandoci sempre anche con Abbado. Quindi abbiamo questo percorso da compiere, abbiamo già fatto tantissimo, perché in tre anni abbiamo lavorato tanto, innanzitutto per garantire la crescita di questi Nuclei, per garantire appunto la possibilità a tutti i ragazzi di far musica ed ora su questa base abbiamo costruito un primo mattone che ci tenevamo proprio che diventasse di valore. 146
D – Quindi dimmi un po’ proprio la nascita ? R – Allora l’iter è stato questo: nel 2010, prima c’è stata tutta una fase pregressa in cui anche l’incontro con il Maestro Abreu in Venezuela etc.. Si sono creati anche dei rapporti col territorio, quindi diciamo ci sono stati anche dei sostenitori. Prima di tutti l’ANCI 151 del Comune perché abbiamo capito che proprio a livello territoriale era importante poter sviluppare questo progetto e quindi il Presidente Grossi152, con l’aiuto di Claudio Abbado e di altre personalità importanti del mondo musicale e istituzionale insieme a Federculture153 e alla Scuola di musica di Fiesole154, che sono stati promotori della nascita di questo Comitato, per poi costituire un’Associazione Onlus155 a tutti gli effetti con una propria natura giuridica e quindi è diventata un’Associazione non governativa. Quindi l’iter è stato questo, poi si è creata la struttura fisica. Noi qui adesso ci appoggiamo a Federculture ma ha una sua autonomia, son stati fatti dei lavori, innanzitutto di diffusione. Uno dei primi programmi dove si è fatto conoscere questo programma è stato “Che tempo che fa”156 dove ha partecipato anche Claudio Abbado e il Presidente [Roberto Grossi] in cui si è fatto conoscere ai più questo grandioso modello e questo “Sistema”157. Quindi ci sono arrivate delle segnalazioni di gente che ne voleva far parte. Sono stati fatti degli incontri e appunto si sono stilati i primi requisiti, i parametri appunto per poter fare parte di questo progetto e quindi hanno cominciato alcune scuole di musica che corrispondevano, che avevano, che possedevano già quei requisiti, sono diventati i primi Nuclei. Sono stati poi segnalati, individuati, su base di interesse, su base di requisiti i primi referenti regionali e quindi ognuno si è creato il proprio Consiglio di Amministrazione. Quindi proprio come se fosse un’ “azienda” e da lì sono state fatte tutta una serie di attività. Appunto della formazione, delle attività musicali, sono stati creati i parametri giusti, sono stati dati anche dei materiali didattici a disposizione dei Nuclei, fatti mandare proprio dal Venezuela per cercare ci capire come approcciare, a seconda delle fasce di età, a seconda delle problematiche. Sono stati fatti vari corsi, varie iniziative nazionali e locali, tra queste la festa della musica 158, che 151
Associazione Nazionale Comuni Italiani. Roberto Grossi nel 2010 costituisce il Comitato Sistema delle Orchestre e dei Cori Infantili e Giovanili in Italia Onlus, di cui è Presidente. 153 Federazione delle Aziende e degli Enti di gestione di cultura, turismo, sport e tempo libero. 154 http://www.scuolamusicafiesole.it/it/fondazione/biografia2, ultima consultazione 05/09/2014. 155 Il Comitato Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e Infantili in Italia Onlus è costituito il 10 dicembre del 2010. 156 Trasmissione televisiva condotta da Fabio Fazio su Rai3. 157 L’11 aprile del 2014 è stata siglata una convenzione tra la Fundaciòn Musical Simón Bolívar (El Sistema) e il Comitato Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e Infantili in Italia Onlus, che si impegna ad attuare in Italia i principi educativi e formativi del Maestro José Antonio Abreu, al fine di offrire un’ educazione musicale che consenta a bambini e giovani di vivere un’esperienza di riscatto sociale, http://www.sistemaitalia.eu/download/Convenzione%20El%20Sistema%20Venezuela%20e%20Il%20Sistema%20Italia .pdf, ultima consultazione 05/09/2014. 158 In Italia, la Festa della Musica si svolge a Roma dal 1994, organizzata dall'Associazione Festa della Musica. La 152
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quest’anno è stata la seconda edizione. L’anno scorso è stata lanciata questa iniziativa in concomitanza con la festa della musica europea del 21 giugno, da lì sono stati creati tutta una serie di concerti, iniziative, incontri per tutto il mese di giugno, replicati per tutte le regioni (ora in 15 regioni). Contiamo da qui a due anni di coprire quasi tutto il territorio nazionale, insomma di arrivare a tutte e 20 le regioni. Questo grazie anche al lavoro di tanti volontari, persone che ci credono, di persone che quotidianamente investono le loro risorse. Questo movimento lo puoi fare solo se sei supportato da un valore dentro, se credi nel progetto perché ti impiega tante energie, tante risorse, sempre ben spese. Perché quando interagisci con i ragazzi, vedi la loro gioia, vedi il loro percorso. Il beneficio che poi hanno ti ripaga di tutte le fatiche in assoluto. D – Io dico sempre, le cose si devono fare con il cuore. R – Si, in maniera autentica. Perché è vero che è un lavoro, però il bello è proprio questo perché anche nel tuo piccolo riesci a contribuire ad un modello mondiale. Il bello è che l’Italia, insieme forse solo insieme alla Scozia, è un modello che ha una struttura uguale a quella del Venezuela. Mentre nel mondo ci sono delle singole orchestre che si ispirano al modello venezuelano, noi abbiamo la stessa struttura, la stessa impostazione proprio di attività, di referenti regionali. Cioè tutto un modello uguale a quello del Venezuela per cui anche il maestro Abreu ci delega tanto e ci è particolarmente vicino. Siamo felicissimi di questo, abbiamo sottoscritto anche un altro protocollo159, grazie al quale abbiamo anche la possibilità di “investire” sulla formazione, proprio perché si possono fare delle iniziative congiunte e facilitare un ponte che altrimenti le singole persone potrebbero non avere e quindi di un inter scambio di formatori venezuelani che vengono qui e noi andiamo lì, proprio per formarci, per andare a vedere. E’ stata sottoscritta questa attività nella quale lo stesso Abreu indica quali sono le persone, a seconda pure delle categorie di formazione, e quindi vengono qui. Ovviamente loro hanno un know-how di 40 anni di storia contro i nostri tre, quindi naturalmente noi abbiamo tutto l’interesse, la voglia di imparare da loro. Perché ovviamente loro possono darci le chiavi di lettura, gli strumenti giusti. Soprattutto morale e umano, perché posso garantirti che in Venezuela è necessario e quello che ha fatto Abreu è stato grandioso, lì le condizioni sono estremamente pericolose.
manifestazione è l'evento di apertura dell'Estate romana e regala al suo pubblico ogni anno circa 200 concerti gratuiti di tutti i generi musicali. Il Sistema Italia partecipa dal 2013 a questo evento. 159 L’11 aprile del 2014 è stata stilata una convenzione tra “El Sistema” Venezuela e “Il Sistema” Italia, http://www.sistemaitalia.eu/download/Convenzione%20El%20Sistema%20Venezuela%20e%20Il%20Sistema%20Italia .pdf, ultima consultazione 16/09/2014.
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D – Lì forse sono stati un po’ aiutati anche perché lì la musica è insita nella cultura . Essendo lui [Abreu] un personaggio, perché oltre a essere direttore d’orchestra è stato anche Ministro della cultura e dell’economia. Quindi ha avuto forse più facilità rispetto a qui in Italia ?
R- Si, nel senso che secondo me ha utilizzato a favore di tante persone magari un inserimento politico, un inserimento diciamo anche culturale ma ha saputo proprio cogliere l’esigenza, il modo per sopperire a quest’esigenza, è stato veramente illuminante. D – Infatti deve essere una persona straordinaria? R – Illuminante, assolutamente. Se tu li senti parlare soprattutto loro hanno una devozione per lui, giustamente perché li ha salvati. Probabilmente la musica ti salva la vita 160, li ha salvati da un percorso che era altrimenti segnato. Lui ha dato la possibilità a tutti di potersi salvare con questo “Sistema”. D – Perché lì a Caracas ci sono barrios161 dappertutto nella valle? R – Si, Caracas soprattutto è stata sviluppata in altezza, nei posti più periferici ci sono dei barrios, tipo favelas che vivono in maniera arroccata. Quindi anche a livello antropologico, il contatto con l’esterno ti segna anche all’interno e lui [Abreu] appunto ha messo a disposizione un’alternativa, ha dato una possibilità di poter uscire da questa situazione, di migliorare come persona individuale. Che poi è anche un modello piramidale perché è vincente anche su questo punto di vista perché chi è nello scalino superiore, ma non è un discorso classista, è un discorso proprio di potenzialità, di livelli, anche di conoscenze lo trasferisce a quelle della soglia più bassa e viceversa: quindi diventa tutto un collegamento, un aiutarsi a vicenda e quindi è un modello sociale estremamente forte. 162 D – Non hanno quella sorta di competizione che magari abbiamo noi? R – Esatto, quell’individualismo che abbiamo noi. Mentre da loro è la collettività che vince su tutti, nel senso che è un’ individualismo che diventa una cosa a favore, è un circolo virtuoso anziché vizioso dove tu riconosci le tue potenzialità e la musica riesce a tirarle fuori ma le mette a servizio 160
Significativo a questo proposito è il libro di Ambra Radaelli, La musica salva la vita, Feltrinelli, Milano, 2012 Grandi zone dove le case e i servizi pubblici sono precari. I barrios coprono la maggior parte delle montagne che circondano la città, segnando così una differenza tra coloro che vivono nel centro e chi vive nelle colline della periferie. 162 A questo proposito significativo è il libro/dvd di Helmut Failoni e Francesco Merini, L’altra voce della musica, Il Saggiatore, Milano, 2006. 161
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poi di una comunità quindi non c’è niente di più efficace veramente e benefico in questo modello. D – Claudio [Abbado] infatti non amava ricevere premi ma diceva: questi musicisti sono straordinari soprattutto da un punto di vista umano R – Io metto sempre prima l’esperienza umana, poi quella lavorativa, poi tutto il resto, quella celebrativa. Perché siamo umani, essere umani e abbiamo bisogno di quell’humus importante. D – Io penso che bisogna partire proprio quando il bambino è piccolo ad educarlo.
R - Esattamente. Appunto diciamo il modello vincente è proprio quello, perché tu parti dai bambini e dai ragazzi, proprio dalle nuove generazioni. Quindi è la formazione che è importante. Perché se pianti i semi giusti l’albero cresce bene, fruttuoso, altrimenti sennò cresce male. D – Ovviamente poi sta nel singolo individuo decidere, però ha avuto la possibilità di scegliere. R – Esatto. Avere i contenuti giusti nel senso quelli appunto fruttuosi, quindi è meraviglioso veramente. Un’altra cosa è sicuramente la disciplina, cioè entusiasmo prima di tutto, poi musica a 360°, l’unione, la condivisione e soprattutto la disciplina. Se tu vedi quei ragazzi che comunque fuori possono avere un background particolare, delle scene di vita che magari loro hanno già interiorizzato ma nell’insieme, quando salgono sul palco sono di un’attenzione, sono strutturati ed hanno un interesse, perché hanno capito che loro fanno parte di un gruppo e hanno una responsabilità nei confronti degli altri e questo innesca una serie di valori propositivi e positivi.
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Jacopo Zacchia EUYO Communications Coordinator Intervista telefonica giovedì 17 luglio 2014 Nota biografica Luogo e data di nascita Jacopo Zacchia è nato a Mantova il 17 marzo 1983. Formazione culturale e studi compiuti Ha studiato all’ Università Ca' Foscari di Venezia. Incarichi ricoperti Da maggio 2011 a giugno 2011 è Events Manager alla 54th International Art Exhibition di Venezia. Da Agosto 2011 a settembre 2011 si occupa sempre alla 54th International Art Exhibition di Venezia del Padiglione dell’Estonia e dell’Asia Centrale. I sui incarichi sono: - Apertura e chiusura del Padiglione.- Gestione biglietteria e bookshop. -Accoglienza pubblico -vendita dei programmi di sala e Coordinamento logistico. Da novembre 2011 a gennaio 2012 lavora a Londra come Social Media and Digital Communication Intern al Charles Tyrwhitt, svolgendo i compiti di - Responsabile per la produzione di materiale digitale per social media (Facebook con più di 24.000 likes, Twitter con più di 13.000 followers, Youtube, Vimeo).- Produzione e monitoraggio pubblicità su internet e social media.- Creazione materiale promozionale cartaceo e digitale per sito internet e social media.- Analisi qualitativa e quantitativa della presenza sul web utilizzando Google Analytics. Da marzo 2012 a luglio 2012 lavora sempre a Londra come Marketing & Communications Assistant alla JAM John Armitage Memorial Trust, svolgendo le seguenti attività:- Marketing, rapporti con la stampa, gestione sito internet e social media.- Creazione campagne pubblicitarie. - Programmazione e pianificazione eventi, gestione artisti, venues e partners.- Amministrazione, gestione database, gestione rapporti con clienti.- Coordinamento progetti educativi. Da settembre 2012 ad agosto 2013 lavora all’International Youth Foundation of Great Britain (EUYO) a Londra, svolgendo i compiti di - Monitoraggio presenza sul web, giornali e media. - Assistenza al Development and Communications Manager per fundraising, identificazione sponsor, sostenitori e rapporti con la stampa- Creazione materiale pubblicitario (cartaceo e digitale) utilizzando Adobe Photoshop e InDesign.Creazione contenuti per web e social media. Da settembre 2013 a ottobre 2014 lavora sempre alla International Youth Foundation of Great Britain (EUYO) come Communications Coordinator - Digital Marketing Specialist, eseguendo i compiti di - Responsabile per rapporti con clienti, promoters, stampa e digital agencies in Central/Southern Europe e Middle East con frequenti trasferte in Italia, Germania, Olanda, Austria, Malta, Macedonia ed Emirati Arabi.- PR e addetto stampa zona EMEA. - Gestione social media (Facebook con più di 7.000 likes, Twitter, Youtube, Vimeo) e sito internet.- Sviluppo comunicazione, press e digital marketing (comunicati stampa, media plan, brochures/cataloghi, SEO).- Project Manager per rebranding aziendale (nuovo sito internet, logo, applicazioni per tablets).- Creazione, sviluppo e gestione di materiale promozionale e campagne pubblicitarie per il mercato europeo ed extra europeo (brochures, videos, contenuti digitali per siti internet e social media).- Coordinamento di troupe televisive per realizzazione di video promozionali e documentari. (Fonte: www.linkedin.it, ultima consultazione 18/09/2014).
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Abstract: Jacopo Zacchia spiega quando è nata la European Union Youth Orchestra (EUYO) e il ruolo di Claudio Abbado all’interno dell’Orchestra. Descrive la strutturazione dell’Orchestra, di come avviene la selezione dei ragazzi e il metodo di lavoro preparatorio al concerto. D - Come è nata la EUYO, raccontami tutto l’excursus. R – Innanzitutto c’è da chiarire una cosa, Abbado non ha fondato l’Orchestra. E’ molto importante sottolineare che ne è stato il primo direttore musicale. La EUYO è stata fondata nel 1976 da Joy e Lionel Bryer, che sono marito e moglie. Loro hanno seguito una risoluzione del Parlamento Europeo e il 22 aprile la Commissione Europea ha confermato il patrocinio all’Orchestra. Abbado viene dopo tutto questo e tra l’altro lascerà l’Orchestra che continuerà ad andare avanti autonomamente con altri direttori. D – Quindi lui è subentrato nel 1978? R –Si. Il primo tour realizzato dall’Orchestra è del 1978, mentre nei primi due anni ci sono state le varie preparazioni al progetto. Il primo vero tour è nel 1978 con Claudio Abbado come music director. Il tour si è svolto ad Amsterdam, Bonn, Parigi, Lussemburgo, Milano e Roma . Nel 1994 c’è stato un cambio e Bernard Haitink è stato nominato successore di Abbado. C’è da dire però che fino al 1995 l’Orchestra non si chiamava European Union Youth Orchestra (EUYO) ma si chiamava European Community Youth Orchestra (ECYO). Quando la Comunità Europea è diventata Unione Europea, l’Orchestra ha cambiato nome in EUYO nel 1995. Abbiamo seguito l’andamento della storia europea e quindi nel 1994 dirige Bernard Haitink, poi nel 2000 Vladimir Ashkenazy ha preso il posto di Haitink. D – E quindi durante il percorso di Abbado? R – Il percorso di Abbado è stato molto lungo dal ’78 al ’94. In questi primi anni dell’Orchestra sono state fatte delle cose bellissime insieme. Si è suonato ovunque, in Europa come pure si sono fatti tour in Messico, Cina, Hong Kong, Giappone, Stati Uniti, India e Russia con i maggiori direttori d’orchestra ( es. Karajan …) e vari solisti. L’Orchestra fa due tour all’anno: un tour primaverile e un tour estivo ininterrottamente dal 1978. Abbado ha dato un notevole impulso all’Orchestra anche a livello di immagine. La fondatrice Joy Bryer, insieme a suo marito Lionel, è ancora l’attuale Presidente dell’Orchestra. 152
D – Mi racconti un poco come si procede alla selezione dei ragazzi? R – Ogni anno da dicembre a febbraio, facciamo delle audizioni in tutti i 28 Paesi che compongono l’Unione Europea. Utilizziamo una rete di partner e costituiamo delle Orchestre in ogni singolo Paese. Chi vuole partecipare e suonare a questa audizione può farlo, basta che faccia una domanda, per iscriversi. Chiunque può farlo, non c’è altra selezione, anche se sei un principiante, hai diritto a fare la tua audizione di fronte ai nostri tutors e partners che fanno le prime selezioni, non c’ è nessun tipo di preselezione. D – Diciamo che forse l’unica selezione è quella dell’età? R – Si, trattandosi di un’orchestra giovanile con un’età che va dai 14 ai 24 anni. In realtà si è verificato che l’età media si aggira fra i 18 e i 21. E così volendo uno può entrare in Orchestra quando ha 14 anni e rimanere fino a quando ne ha 24. Ogni anno però devi sostenere le audizioni come garanzia della qualità e della serietà del progetto. Il posto non è garantito a vita. D – Certo, perché uno può anche peggiorare dopo? R – Il giovane deve dimostrare ogni anno di aver raggiunto un certo livello. Si fanno 4000 audizioni l’anno, quindi puoi immaginare il livello della domanda che c’è. L’ Orchestra normalmente è formata da un numero che si aggira tra 100 e 130 persone, alcune delle quali vengono selezionate. E questa è una nostra caratteristica, noi vediamo tutti, non facciamo selezioni da curriculum. Ad un ragazzo che viene dalla Romania e è un talento ma non ha avuto possibilità economiche per studiare a Vienna, è giusto dargli questa possibilità. D – Questo era anche un po’ il pensiero di Abbado, lui non considerava condizionante il curriculum R – Si, si. E’ una delle caratteristiche principali di un’altra orchestra fondata da Abbado. D – Cosa accadeva dopo la selezione dei ragazzi? R – allora, tu musicista fai domanda, fai le tue audizioni in inverno. In alcuni Paesi ci sono due livelli di selezione come in Italia, Inghilterra, Germania e Spagna dove c’è un alto numero di partecipanti. Comunque, tu vieni selezionato e hai diritto a fare il primo tour primaverile e il secondo tour estivo. Una volta passato il tour estivo devi rifare le audizioni. 153
D – Una volta che un ragazzo è stato selezionato, poi come funzionava, lavoravano tutti insieme, facevano le prove? R – Allora funziona così da sempre, tutti i ragazzi continuano a vivere nei loro Paesi e nelle loro città. Prima di ogni tour si riuniscono in alcune residenze apposite per svolgere un programma della durata di una/due settimane durante il quale questi ragazzi si incontrano per la prima volta. All’inizio, vengono seguiti e suddivisi in sezioni (sezione fiati, violini, percussioni), previste in una normale orchestra. C’è un tutor per ogni sezione che prepara al programma di musica. L’Orchestra è un meccanismo molto particolare formato dalle sezioni dell'orchestra (violini, contrabbassi, i fiati, gli ottoni). Devono essere preparati prima all’interno della sezione di appartenenza, poi le sezioni si uniscono e il direttore d'orchestra lavora con l'orchestra intera per coordinare il tutto. Finito questo periodo di preparazione, si riuniscono per eseguire delle prove generali con il direttore, che in questo caso, era Abbado. Una volta finite queste due settimane di prove si parte per il tour. Abbado è stato il direttore d’orchestra del tour estivo del 1983. A riprova di un lungo lavoro preparatorio che non finiva mai, il direttore stava sempre in stretto contatto con l’orchestra procedendo a varie prove per arrivare poi all’esecuzione ottimale del concerto. Lo staff segue sempre l’orchestra nei tours. D – Senti ma si poteva assistere alle prove generali ? R – Dipende, questi sono dettagli che vengono di volta in volta stabiliti con l'auditorium dove si suona. Abbado ovviamente non era esclusivo con noi, è stato prima a Milano, poi a Vienna, Berlino. Dall’ ’89 fino al ’98 lui è stato a Berlino. Quindi lui ha lasciato la EUYO mentre era a Berlino e poi dopo ha fondato la Gustav Mahler, poi dopo ha fondato l’ Orchestra Mozart. D – Sono stati un po’ dei blocchi, i musicisti della EUYO che volevano continuare a suonare con Abbado si mettevano insieme e formavano un’altra orchestra. R – Ci sono migliaia di ex-membri dell’Orchestra sparsi in tutto il mondo dal ’78. Abbiamo una vasta rete di contatti,. Dai sondaggi e dalle statistiche che abbiamo elaborato con il passare degli anni, il 90 percento ha trovato posto regolare in orchestre sinfoniche o da camera. Posso tranquillamente esser sicuro che i ragazzi che hanno iniziato a suonare con lui [Abbado] nella EUYO, poi abbiano suonato con lui a Berlino. D – Penso che lo spirito però era sempre lo stesso. Quello di fare musica insieme? R – Si, si. Era quello di fare musica insieme, di aprire le porte della musica ai ragazzi sia a livello didattico dei musicisti sia a livello anche dell’ ascoltatore. 154
D – Anche a livello umano? Penso al Venezuela, lui si è speso molto per i giovani. R – Si. Ha realizzato tante cose. Nel ‘94 ha deciso di lasciare la EUYO, ora non ti so dire le ragioni, e poi ha proseguito la sua strada.
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Gisella Belgeri Presidente Federazione CEMAT Roma 22 luglio 2014 Nota biografica Luogo e data di nascita
Gisella Belgeri è nata a Como il 16 maggio. Incarichi ricoperti
È pianista e clavicembalista. Sino al 1971 concertista in molti paesi europei e statunitensi. Quale operatore musicale inizia nel 1966 con Gioventù Musicale a Como, poi come Presidente dell'Orchestra da Camera Michelangelo di Firenze. E' co-fondatrice, insieme a Italo Gomez, del Festival Autunno Musicale a Como, che presiede per ventuno edizioni consecutive e nel quale svolge anche la funzione di co-direttore artistico. E’ stata animatrice di moltissime iniziative dedicate al sociale come Musica nelle Scuole, con cicli coordinati su tutto il territorio comasco, e di iniziative musicali contro la droga e per l’avvio della musicoterapia in Italia. In onore del padre fonda la Ludoteca italiana nell’Ospedale S. Anna di Como. Per vari anni è critico musicale de La Provincia di Como. E’ stata socio promotore e Vicepresidente del CIDIM163, dove è responsabile degli aspetti culturali e promozionali sino al 1996. Nel 1985 cura l'Anno Europeo della Musica su nomina del Ministro dello Spettacolo. Promuove e organizza Il Suono Giovane e diversi Progetti Speciali Governativi in Italia e all’estero tra cui Mozart musicista europeo e Rossini musicista europeo. E’ stata nominata nel CDA della BNL-Sact per tre anni sotto la presidenza di Nerio Nesi. Dal 1994 è Presidente del Comitato Progetto Musica, unione delle associazioni musicali per i concerti di musica contemporanea a Roma. Nel 1994-1996 è ideatrice e responsabile del progetto italiano Musica 2000 rivolto alla promozione della Nuova Musica e della creatività, degli Interpreti Italiani, dei contatti internazionali degli artisti italiani, del rapporto con le nuove tecnologie. Dirige la Rassegna di giovani interpreti italiani Galleria di Suoni e fonda il CEMAT, Federazione dei Centri musicali attrezzati italiani, del quale è attualmente Presidente, che nel 1999 diventa Ente di promozione della Musica Contemporanea Italiana. Per un triennio è Presidente dell’Accademia Nazionale di Danza. Dal 2000 é direttore generale del Progetto SONORA - Nuova Musica Italiana nel mondo, promosso dal Ministero Affari Esteri. Dal 2001, in accordo con la EUYO e col Ministero Affari Esteri, dà avvio a Suono Italiano per l'Europa, SIXE, cicli di stage e concerti dedicati ai musicisti italiani finalisti nei concorsi Rai per la EUYO. E' stata coordinatrice del Comitato per le pubblicazioni dell'Anno Europeo della Musica, in collaborazione con la Società di Musicologia e la casa editrice Olschki. Ha curato le pubblicazioni Federfestival sino al 2002; è stata direttore editoriale di Infostampa, Musica e Musicisti verso il Duemila e oggi del Bollettino SONORANEWS. Dal 2000 cura l'impostazione del Sito Internet www.federazionecemat.it; nel 2002 realizza la prima edizione assoluta di un concerto mondiale sul Web, dedicato alle vittime del terrorismo negli USA, unica presenza italiana nel 48-hours Web Festival coordinato da Cathedral di New York. Dal 2007 al 2010 ricopre la carica di Vicepresidente Operativo dell’Orchestra Mozart/Accademia Filarmonica di Bologna (fondata da Carlo Maria Badini e da Fabio Roversi Monaco e diretta di Claudio Abbado) e quella di direttore generale a Bologna del Progetto TAMINO (Terapie e Attività Musicali INnovative Oggi). E’ stata nominata dal ministro della Pubblica Istruzione membro del Comitato nazionale per l’apprendimento musicale nelle scuole, presieduto dall’ On. Luigi Berlinguer. Da novembre 2010 ricopre la carica di presidente dell’AIAM (Associazione Italiana 163
Il CIDIM è il Comitato Nazionale Italiano Musica.
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Attività Musicali). Le sono state assegnate: Medaglia d'oro per il miglior diploma musicale/Accademia M. E. Bossi, Città di Como, 1960; Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana, 1978; Premio della critica italiana Abbiati quale miglior operatore musicale, 1984; Targa d'argento, Premio Maschera d'argento di Campione d'Italia, 1984; Chevalier dans l'Ordre des Arts et des Lettres, dal Ministro della Cultura francese Jack Lang, 1992; Premio della critica italiana Abbiati per Progetto Musica all'Acquario Romano, 1994; Premio Verdi: una vita per la Musica. ASSAMi, Milano, 2001. (Fonte: http://www.cidim.it/cidim/content/314648?id=274824&nc=Gisella_Belgeri, ultima consultazione 18/09/2014)
Abstract: Gisella Belgeri ci racconta la caratteristica di Claudio Abbado di evidenziare attraverso i suoi progetti sociali il potere terapeutico della musica. Descrive il progetto Tamino dell’Orchestra Mozart, per la musicoterapia in ospedale. Ci racconta la sua profonda convinzione che l’educazione musicale nelle scuola dovesse iniziare fin dai primi anni. Infine ci narra della bellissima iniziativa del Te Deum di Berlioz al Pala Dozza di Bologna, con la presenza di più di 1000 persone. D – Quando ha conosciuto Claudio Abbado? R – Io ho conosciuto Claudio che eravamo giovani, molto giovani. Perché il papà di Claudio suonava con il direttore della scuola di Como, aveva un quartetto. Si chiamava quartetto Michelangelo, e qualche volta Claudio veniva e suonava anche con questo piccolo gruppo che avevamo nella scuola. Quindi la conoscenza è di quando io avevo 15 anni e lui ne aveva pochi di più. Poi l’ho incontrato molte volte nel momento in cui lui era direttore artistico alla Scala. 164 Poi io avevo seguito con moltissimo interesse il fatto che lui così in modo del tutto inusitato aveva fondato insieme a Joy Bryer l'Orchestra Europea. L'orchestra dei giovani europea, non esisteva proprio come idea e quindi fu un primo momento, e da quel momento lui è diventato molto europeista, cioè parlo del '77, nel senso che riteneva che ormai diciamo a livello di arte specialmente, di artisti, musicisti e altri, in qualche modo non fosse più il caso di puntare ad una nazionalità ma di tenere insieme questo sogno europeo. Poi andò in contrasto perché per lui l’Europa era tutta l’Europa invece per la Comunità Europea allora erano 15 paesi lasciando fuori tutto il blocco, e insomma su questo andò in conflitto. Andò via e fondò la Gustav Mahler165 a Vienna che invece andava oltre i confini della Comunità [Europea].
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Claudio Abbado è stato direttore principale della Scala dal 1968 al 1986, direttore musicale dal 1972 e direttore artistico dal 1977al 1979. A tal proposito si fa riferimento al libro di Angela Ida De Benedictis, Claudio Abbado alla Scala, Edizioni del Teatro alla Scala-Rizzoli, Milano, 2008. 165 Claudio Abbado nel 1986 fonda la Gustav Mahler Jugendorchester (GMJO), http://www.gmjo.at/Home/AbouttheGMJO/Biographie.aspx, ultima consultazione 18/09/2014.
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D – Perché l’Orchestra Europea non l’ha fondata lui, l’ha fondata Joy Bryer? R – Si, si. Joy Bryer e il marito hanno fondato questa Associazione due anni prima. Però l’Associazione è diventata operativa nel ‘77 e lui è stato il direttore musicale fondatore, ancora oggi c’è scritto così166. E’ vero che lui non ha partecipato alla fondazione dell’Associazione ma prima non c’era attività nel senso che ha dovuto costruire tutta questa cosa, mica è stata facile. Joy Bryer è una forza della natura ancora adesso ma sicuramente ha avuto un bel lavoro da fare prima che potesse andare in scena in qualche modo. Dopo ha chiesto a Abbado e Abbado ha costruito con lei tutta la parte musicale, e in effetti compare come direttore musicale fondatore. E’ il primo, ed è stato lì fino al ’94, appunto, a causa di vicende legate alla sua non condivisione. D’altra parte Joy Bryer diceva ma «se noi siamo l’Orchestra della Comunità [Europea], come facciamo a uscirne fuori»? Per Claudio non sono mai esistiti i problemi, se si vuol fare una cosa la si fa. Una sua frase anche ultimamente per delle vicende che erano un po’ impossibili da fare, mi guardava e per farle diceva: «bisogna insegnare agli asini a volare». D – Si lui diceva proviamoci, ci si prova. R – Si, si. Ci si prova, poi si vede (come ad esempio nel caso dei 90.000 alberi a Milano)167. Ebbe questa intuizione incredibile che per lui fu un impegno fortissimo perché era già il direttore artistico della Scala, dirigeva in tutto il mondo etc …. Ma lui si creava questi momenti di tranquillità ed era assolutamente lì presente con i ragazzi. Io me lo ricordo così nel ‘78/’79 o ultimamente con la Mozart a Bologna 168 . L’atteggiamento, il modo di andare incontro a questi ragazzi, pur con tutta la sua severità. Lui era molto severo, è sempre stato uguale, identico, non ha mai cambiato la propria personalità. D – E’ stato molto coerente? R – Si, si. Poi è successo che io nel frattempo avevo fondato un Ente di promozione della musica contemporanea e poi questo (il CEMAT) 169 . Quindi mi trovavo sempre in prima linea quando c’erano le battaglie perché tagliavano i fondi, perché non c’erano i finanziamenti, perché succedeva altro. Perciò avanti a scrivere petizioni, e occorreva sempre qualche bella firma e ovviamente, lui 166
http://www.euyo.org.uk/our-conductors, ultima consultazione 18/09/2014. Abbado per ritornare a dirigere alla Scala dopo 23 anni pone come conditio sine qua per il ritorno in città un cachet “in natura”: Novantamila alberi da piantare. 168 Consultare Brunella Torresin, Ultimo atto: l’Orchestra Mozart, in Carlo Maria Badini… cit. 169 Federazione http://www.cematitalia.it/index.php?id=1&lg=it, ultima consultazione 19/09/2014. 167
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era uno dei primi era lui. Quindi quando mi occorreva una firma, complice sua figlia 170, io le dicevo senti bisogna fare firmare Claudio e lei mi rispondeva subito «gliela sottopongo, vediamo». Alla fine quando mi vedeva arrivare, [Abbado] faceva «va bene firmo firmo». Tanto lui sapeva che volevo questo. E quindi lui [Abbado] anche in questo senso ha partecipato a tutte le battaglie per sostenere la musica e la cultura, perché capiva che questo era un compito che si doveva assolutamente fare. Anzi con l’andare degli anni, questa è diventata anche una sua battaglia personale che poi ha espresso e esplicitato in molti modi. Anche ultimamente da senatore 171 ha voluto dare la borsa di studio, il suo compenso ai ragazzi di Fiesole172. Insomma è stato sempre molto presente e anche sempre in maniera come dire, un po’ ritirata. Mai sotto i riflettori. Era molto schivo. D – Anche perché non penso che avesse bisogno di farsi vedere? R – No, non ne aveva bisogno ma oltretutto aveva delle sorte di pudori sulle cose. Per esempio, se cercavi di andargli a chiedere delle cose molto specifiche sulla musica, ti seguiva due minuti dopodiché svicolava su altri argomenti. Cioè erano delle cose troppo intime, lo stesso questo suo rapporto con gli altri, con l’empatia, con la voglia che la musica diventasse per tutti un grande veicolo. Lui ne era convinto e anche io ne son convinta dal momento in cui lui si ammalò 173 . Quando seppe di avere questo tumore spaventoso era in Sardegna174e lui era convinto che lo avesse salvato la musica175, cioè ha messo in moto qualcosa nel cervello che tramite la musica lo ha guarito. Io son d’accordo, son d’accordo! D – Diceva che la musica e la famiglia gli avevano salvato la vita R – Si, la musica, l’amore. Non lo so, delle cose sulle quali tu puoi fare una leva per recuperare. 170
Alessandra Abbado. Claudio Abbado il 30 agosto del 2013 è nominato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano Senatore a vita insieme a Carlo Rubbia, Renzo Piano ed Elena Cattaneo, http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/08/30/nuovisenatori-a-vita-nominati-abbado-cattaneo-piano-e-rubbia/696154/, ultima consultazione 19/09/2014. 172 Claudio Abbado aveva devoluto il suo stipendio da senatore a vita alla scuola di musica di Fiesole e a sostegno di borse di studio, http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-01-20/abbado-aveva-devoluto-suo-stipendio-scuolamusica-fiesole-102850.shtml?uuid=ABY6Ltq, ultima consultazione 21/09/2014. 173 Claudio Abbado è colpito da un cancro allo stomaco nel 2000. 174 Abbado aveva una casa in Sardegna lungo la costa algherese di Fertilia, nel tratto tra le Bombarde e la torre del Lazzaretto, dove il maestro aveva anche un vasto terreno strappato alla speculazione edilizia e restituito alla macchia mediterranea. Un'area di nove ettari ripulita dai rifiuti in cui, negli anni '90, sono state ricollocate oltre settemila piante. Redazione Tiscali, Alghero piange Claudio Abbado: "Qui la sua seconda casa", 20 gennaio 2014, http://notizie.tiscali.it/regioni/sardegna/articoli/14/01/20/abbado-alghero-seconda-casa.html,ultima consultazione 21/09/2014. 175 Tom Service, A life in Music: Claudio Abbado, http://italiadallestero.info/archives/7214, ultima consultazione 24/09/2014. 171
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D – Lei quindi lo ha seguito nella sua attività alla Scala? R – Beh si, si. Anche perché stavo lì. L’ho seguito eccome, però lì diciamo che il lavoro era più sulla Scala. Lui ha realizzato molto per Musica/Realtà 176 facendo anche importanti rivoluzioni politiche. Furono lui e Pollini177 a parlare in modo rivoluzionario per la prima volta. La loro idea passò solo perché erano due di quella statura. Tutti erano dei benpensanti ed erano scandalizzati dal fatto che una sala da concerto potesse essere profanata. Fu un’idea sua e di Pollini: una bella coppia devo dire. D – Lui aveva queste idee geniali? R – Ah si, assolutamente. Poi però ha fatto anche tante altre cose intanto negli anni un po prima che si ammalasse. Aveva conosciuto Abreu178 si era molto appassionato a questa vicenda e quindi lui passava tutti gli inverni, per parecchi anni. Stava lì un paio di mesi ed era disponibile per questa cosa e per questi ragazzi. Loro lo adoravano, ma lui anche aveva proprio bisogno di andare lì. D – Lui diceva ma allora non è un’utopia, la musica per tutti, ma in Venezuela esiste? R – Si, si in Venezuela esiste ma non solo, ora è diventata una forma emblematica, che tutti gli altri Paesi vogliono imitare. Infatti non so quanti ne son sorti, anche in Italia stessa fu lui che mi dette l’incarico di andare a Fiesole179 e di provare di costruire una cosa del genere. Anche in Italia non era facile, per il semplice fatto che il Venezuela non è l’Italia. Là [in Venezuela] è un’esigenza quasi di sopravvivenza riuscire a togliere le pistole ai ragazzini e metter loro in mano un violino. Da noi ovviamente quello che gli devi togliere è la playstation cioè è un altro discorso. Poi c’è un altro fatto assolutamente rilevante: la nostra cultura è costruita sulla musica e sull’arte che è il nostro DNA. Intendo dire che da un lato è un bene, e da un lato è un male. Lì [in Venezuela] si trattava di scoprire un mondo. In Italia non scopri un mondo perché, bene o male, ti rimangono una serie di cose e il ragazzino è anche molto distratto da tante stimoli e oggetti che hai comunque in giro. Fai 176
Nel 1973 a Reggio Emilia Abbado con Luigi Nono e Maurizio Pollini danno vita all’iniziativa di Musica/Realtà, che prevedeva l’organizzazione di concerti in sedi non istituzionali (come scuole e fabbriche), conferenze e discussioni prima e dopo i concerti, prove aperte al pubblico e dibattiti di politica culturale. Cfr. Alessandro Di Nuzzo , I generosi anni dell’alternativa musicale, in In forma di Musica – quarant’anni di musica e concerti al Teatro Municipale Valli 1957 – 1997, Edizioni del Teatro Municipale Valli di Reggio Emilia , dicembre 1998, pp. 155-174. 177 Maurizio Pollini è un pianista italiano. Il suo sodalizio artistico e umano co Claudio Abbado risale agli anni Settanta, quando entrambi dominavano la scena musicale di una Milano in fermento culturale e percorsa delle contestazioni. 178 Josè Antonio Abreu, direttore d’orchestra fondatore a Caracas nel 1975 de “El Sistema” di Cori e Orchestre giovanili e infantili del Venezuela. 179 Convegno “ Musica e Società” per un Sistema nazionale delle orchestre sinfoniche e dei cori infantili e giovanili, Fiesole, Villa La Torraccia 13-14 novembre 2010.
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paradossalmente molta più fatica in Italia a convincerli qui che non in Venezuela perché da noi i ragazzini sono distratti da tante cose. In più in Italia esiste da tempo una molteplicità di esperienze su questo discorso dei bambini, del disagio, dei coretti e di altro. Abbiamo iniziato con quattro sondaggi a Fiesole. Beh, hanno risposto in molti, anche Comuni che avevano gli Assessorati che svolgevano questa attività. In misura maggiore Emilia Romagna, Napoli, Roma, con qualcosa anche nel Sud. Moltissime adesioni in Friuli. Alla fine, si sono realizzate esperienze indipendenti fra loro. Ciascuno si è inventato un suo modo creando una grande ricchezza della diversità. Sarebbe stato assurdo dire no. Quindi, si decise di adottare quello che era adottabile, dando a tutta questa ricchezza una efficace visibilità creando questi Nuclei dai quali si è ottenuto un buon risultato. D – Ho parlato anche con Maria Majno180. R – Maria Majno ha fatto bellissime cose ed era molto amica di Claudio . Ma anche a Firenze hanno cominciato poiché loro sono abituati a farlo. A Fiesole lo fanno da anni e la chiamavano la “scuola di base”. Quando hanno realizzato la scuola in questa zona molto complicata di Firenze che si chiama Le Piagge181 avevano molti dubbi che la cosa potesse riuscire e invece andò benissimo. Andrea Lucchesini182, il direttore artistico di tutta la vicenda venezuelana in Italia, gestiva la parte della direzione artistica quindi è lui che si è rapportato coi Nuclei, mentre Federculture si è tenuto la parte gestionale. D – Quindi alla Scala, poi dopo? R – Poi lui va via dalla Scala e prosegue sempre questa sua attività sul modello del Venezuela, e poi decide di ritirarsi, di lasciare Berlino, dove ha mantenuto l’incarico anche dopo che si era ammalato. Alla scadenza del mandato lascia e va in Sardegna a meditare per un po. A Bologna Carlo Maria Badini183, Sovrintendente alla Scala quando lui [Abbado] era direttore artistico, e che era bolognese, anche lui era in pensione e voleva fare qualche cosa di questo genere a Bologna. In quel momento
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Maria Majno è referente per la Lombardia del “Sistema” in Italia. http://www.scuolamusicafiesole.it/it/didattica/corsi-di-base-e-pre-accademici/progetto-piagge, ultima consultazione 3/10/2014. 182 Pianista italiano. Chiamato nel 2005 da Piero Farulli a condividere la conduzione della Scuola di musica di Fiesole, dal 2008 ne è direttore artistico, http://www.scuolamusicafiesole.it/it/fondazione/direttore-artistico, ultima consultazione 03/10/2014. 183 Carlo Maria Badini è stato Sovrintendente della Scala dal 1° marzo 1977 al 30 settembre 1990; Crea nel 2004 l' Orchestra Mozart, grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, chiamando Claudio Abbado alla direzione artistica e assumendo la carica di Vice Presidente operativo. Consultare AA.VV, Carlo Maria Badini…, cit. 181
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io avevo l’iniziativa che si chiamava SIXE - Suono Italiano per l'Europa -184, che era l’idea di riunire gli italiani che partecipavano all’Orchestra Europea, i finalisti e di dargli la possibilità di uno stage, di un incontro con docenti esperti. Questo piccolo paesino meraviglioso che c’è in Calabria sopra Crotone ci offrì tutta l’ospitalità, il castello, la cattedrale. Noi avevamo proprio le chiavi in mano di tutto e specialmente un piccolo convento a nostra disposizione per tutti i ragazzi e fu una vicenda bellissima. Suonavano in modo stupendo perché erano quelli che erano risultati finalisti, poi non passavano perché ovviamente nella EUYO non potevano prendere 18 clarinetti, quindi alla fine ne restavano fuori alcuni che erano bravissimi. Per cui fu una cosa fatta insieme al Ministero degli Esteri che funzionò molto bene. In quel momento Badini era Commissario per il Fondo Unico dello spettacolo e quindi gli avevo presentato questa cosa dicendogli: guarda che questa è una cosa stupenda. Lui mi disse: senti sai mi è venuto in mente che mi piacerebbe fare una cosa così a Bologna, però ho bisogno di qualcuno… Poi alle volte le coincidenze sono fantastiche perché lui era Presidente dell’Accademia Filarmonica a Bologna, esce dall’Accademia e incontra Alessandra Abbado che abitava di fronte. Si era stabilita anche lei a Bologna e loro parlano di questa cosa: senti ma perché non provi chiederlo a Claudio magari e Claudio accettò. Allora scombussolamento di tutto perché poi è chiaro che è stato lui [Abbado] a disegnare e ad individuare come dovesse essere questa cosa che non era più solo italiana perché lui aveva idea di internazionalità della musica. Però si trattava di scegliere gli italiani e allora praticamente li feci invitare alla finale di quell’anno, anche sottoponendo la lista di quelli che l’anno precedente l’avevano fatto. Quindi, il primo nucleo di ben 14 strumentisti su 22 sono arrivati da lì. E la cosa diventò Orchestra Mozart perché il finanziamento che Badini riuscì a trovare non era un finanziamento pubblico ma della Carisbo185 quindi a questo punto doveva essere legata ovviamente a Bologna e quindi diventò Orchestra Mozart. Non si è mai chiamata di Bologna , però di fatto era di stanza a Bologna, era gestita in qualche modo dall’Accademia Filarmonica di Bologna dove aveva la sede. E’ stata chiusa solo alcuni mesi fa purtroppo186. D – E quindi? R – E quindi poi cominciò questo grande lavoro meraviglioso. Lui è riuscito ad avviare questa 184
http://www.federazionecemat.it/index.php?id=2.1&lg=it, ultima consultazione 09/10/2014. Brunella Torresin, Ultimo atto…cit. p. 91-92 186 Sull’homepage del sito dell’Orchestra Mozart si legge: Sospensione temporanea dell’attività dell’Orchestra Mozart: Le attività dell’Orchestra Mozart sono temporaneamente sospese dall’11 gennaio 2014.Le attività e le programmazioni ordinarie dell’Accademia Filarmonica di Bologna proseguono regolarmente. Da leggere Roberto Saviano, Dobbiamo salvare l’Orchestra Mozart, in l’«L’Espresso», 09 /10/2014, http://espresso.repubblica.it/opinioni/l-antitaliano/2014/01/15/news/dobbiamo-salvare-l-orchestra-mozart-1.148791, ultima consultazione 10/10/2014. 185
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orchestra da una 500 l’ha fatta diventare una Ferrari, insomma era un gioiello incredibile. L’idea che si sia dispersa in questo modo veramente mi fa male, dovrebbe far male a tutti perché non è che un’orchestra tu la prendi e la metti insieme come ti pare, ci vuole tanto tanto lavoro dietro ed è come costruire un gioiello. Se lo fondi diventa oro, però non è più un gioiello ed è così187. D – La città di Bologna come reagiva? R – La città di Bologna non ha reagito mai bene a questa cosa, perché c’è molta musica a Bologna, questo è il problema. Ci sono Associazioni molto ben connesse con tutto il tessuto cittadino e che già facevano fatica a non pestarsi i piedi l’una con l’altra. Una roba del genere era un corpo estraneo che gli arrivava. Certo, se fossero stati in un posto un po’ più scevro di mondo musicale per paradosso sarebbe potuto volare in un altro modo. D – Quindi poi è nata l’orchestra Mozart, e lei? R – Io seguivo sempre l’orchestra Mozart poi ero da lungo tempo molto amica di Badini e della moglie e quindi andavo a tutte le prime. Insomma, sapevo dei loro problemi. Però all’interno di questa cosa per volontà all’inizio di Alessandra [Abbado] che è stata sempre molto attenta agli aspetti da “Welfare” aveva messo su un gruppo di musico terapeuti per il bambino in ospedale che aveva chiamato Tamino (Terapie e Attività Musicali Innovative Oggi )188. Il progetto Tamino all’inizio era stato fondato dai terapeuti, dall’ Orchestra Mozart, anche da Alessandra [Abbado]. Il CEMAT e un’altra associazione di insegnanti. Facciamo un bel po’ di riunioni cercando di mettere a punto un disegno. In fondo si trattava anche di andare a convincere che si potesse fare in ospedale una cosa del genere. Io l’avevo già fatta a Como mettendo una ludoteca nell’ospedale e so quanto abbiamo patito. L’ho fondata nel ’77 e c’è ancora adesso, tanto erano entusiasti di questa cosa. Al momento ce n’erano due sole: una a Bologna e una a Como e quindi bisognava andare a parlare con loro. Giovanna [Fellegara] che già se ne occupava trovò molta rispondenza in due/tre medici che sono stati quelli che hanno aperto le porte a questa iniziativa e Claudio si innamorò subito del progetto, dei musicisti e dei ragazzi che partecipavano a queste sedute. Ne avevano ricavato una tale emozione, una tale intensità per come il loro messaggio musicale potesse influire su questi bimbi malati. Insomma, non riuscivano più a staccarsi di lì (uno di questi era il flautista Mattia Petrilli, la 187
Da leggere l’articolo, Bologna, si ferma l'orchestra Mozart. Il gioiello creato da Abbado, in «La Repubblica», Bologna, 10 /10/2014, http://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2014/01/10/news/sospesa_attivit_orchestra_mozart_abbado-75617728/, ultima consultazione 16/10/2014. 188 http://www.orchestramozart.com/index.php?page=alias-4, ultima consultazione 16/10/2014.
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persona più comunicativa, ha esteso una sua teoria su questa vicenda). Io poi sono subentrata a Badini quando purtroppo lui è morto. Lui aveva un compito organizzativo, era il direttore generale. Due giorni stavo a Bologna e il resto a Roma. Poi in realtà erano tre giorni perché c’era un lavoro immenso. E sono stata lì quattro anni. Quando sono arrivata c’era in ballo questo Tamino che però stava terminando e purtroppo non c’era più neanche l’Alessandra nella Mozart. C’era Cesare Mazzonis189 che seguiva in modo stupendo la parte artistica dei concerti. Per il progetto Tamino bisognava trovare qualcosa per farlo stare in piedi. Non si potevano prendere i fondi da quella che era la parte artistica. E allora si fece una riunione con questi medici per capire anche qual’ era la solidità di questa cosa e visto che veramente c’era una voglia incredibile di procedere, abbiamo rimesso in piedi il Tamino. Abbiamo cercato i fondi dalla Regione, che sono arrivati ed è stato quello che ha tenuto in piedi il Tamino anche fino adesso. Perché mentre la città di Bologna non ha mai dato una lira e neanche la Regione per la parte artistica, su questo invece ha ceduto volentieri. E dunque questo ha decretato la progressione di questa iniziativa che Claudio seguiva con estrema dedizione e con estremo interesse. Per il suo compleanno gli 190 abbiamo regalato all’ interno dell’ospedale un albero191. Poi l’altra cosa che voleva assolutamente fare era di mettere 90.000 alberi a Milano, anche quella fu una vicenda con incontri e con un grande lavoro. D – Il Tamino poi è stato positivo per tutti i bambini? R – Il Tamino si rivolgeva essenzialmente ai reparti ospedalieri. All’interno del Sant’Orsola erano molti i reparti ospedalieri, c’era il traumatologico, c’era l’oncologico, c’era la prenatalità. Oltretutto si metteva in moto anche una creatività degli stessi medici. Senti cosa si sono inventati: a un certo momento loro andavano con delle “voci”, quindi vocalmente, nei reparti delle puerpere. Hanno cominciato a chiedere le ninne nanne di vari Paesi e avevano capito che questa cosa tranquillizzava moltissimo i bambini. Si pensava a coloro che erano lì senza nessuno. Molto spesso i medici si trovavano davanti a situazioni che potevano essere anche pericolose perché, nel caso specifico, non sapevano come gestire questa nascita. Ma in ospedale non hanno la facoltà di farli seguire in un certo modo, l’unico modo è di mandarli in psichiatria, quindi succedevano dei drammi. Allora questi invece si erano accorti che durante queste sedute di canto i medici erano in grado di individuare chi aveva veramente dei problemi e chi no e quindi no trattavano a monte quelli a cui 189
Nel 2006 è nominato consulente artistico dell’Orchestra Mozart. L’Orchestra Mozart. 191 Un Albero in Musica ...per festeggiare il Maestro Claudio Abbado,4 novembre2009, http://www.aosp.bo.it/content/un-albero-musica-festeggiare-il-maestro-claudio-abbado, ultima consultazione 19/10/2014. 190
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era necessario solo un supporto psicologico. Quindi, per dire che questa cosa ha avuto varie sfaccettature veramente e tu vedevi che loro arrivavano, poi si vestivano, facevano Pierino e il Lupo .Tu vedevi arrivare tutti questi bambinelli, tutti attaccati più o meno a delle flebo. Poi arrivavano i paramedici, poi i genitori. Era un momento per uscir fuori dalla malattia tutti quanti insieme. Tutto questo creava una coesione bella molto importante tanto è vero che non la smettevano più di ringraziare. Ricordo l’ultimo anno si fece un incontro dove c’era anche Claudio, dove parlaro Mattia [Petrilli] ed altri. D – Poi Claudio parlava poco? R – Infatti, non ha parlato neanche in quell’occasione. E’ stata una vicenda bellissima quella del Tamino. Però non è stato solo quello perché già mentre c’ero io si era avviato un bellissimo progetto nelle carceri. Claudio è andato insieme a Claire Gibault192 a far dei concerti. Poi però la cosa via via si è affinata e ultimamente nel carcere minorile sono riusciti a costruire un coro193. Diciamo che spesso alle prove generali ,aperte gratuitamente, lui voleva sapere chi arrivava, chi erano e quant’altro. Voleva essere sicuro che fossero le fasce deboli a poter usufruire di queste cose e comunque c’era sempre un settore dedicato al carcere. D – E anche quelli erano grandi momenti di coesione? R – Assolutamente, si. Devo dire che avevano dei dirigenti straordinari di grande umanità, con una preparazione eccezionale. Non voglio dire che fosse l’unica cosa nel suo genere, perché attività in carcere se ne fa da anni. Però fu una bellissima collaborazione. Quindi diciamo che la Mozart a Bologna non è stata del tutto compresa dall’establishment. Ma certamente è stata capita per tutto quello che potevano essere le fasce più deboli e la voglia comunque sempre di Claudio di aprire le porte alla musica per tutti. D – Quindi l’Orchestra Mozart è nata con questa volontà sociale oppure questa apertura di Claudio verso le fasce più disagiate è nata dopo? R – Ma no, direi che sono connesse. Nel senso credo che per Claudio non c’è mai stata questa divisione, lui pensava queste cose insieme. Il fatto che la musica dovesse essere una panacea per 192
Direttrice d’orchestra francese, collaboratrice e assistente musicale di Claudio Abbado all’Orchestra Mozart dal 2004 al 2007. 193 Si chiama "Papageno", è un progetto della direzione del carcere e dell'Orchestra Mozart.
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tutti i mali era insita in lui, lo ha sempre fatto e poi in epoche in cui non si usava assolutamente (si pensi alla Scala)194. Diciamo che la possibilità di decentrare, di uscire dai sacri luoghi arriva con la Regione quindi comincia questo decentramento. Parliamo del ’73 ’74 lì si ci fu una grande esplosione dell’andare extra, dell’esser fuori, dell’usare le biblioteche come luogo di spettacolo, del fare opere di Luigi Nono a Quarto Oggiaro195. Cose del genere non se ne facevano prima. Ma lui su questo era sempre presente, sempre agit-prop. Quindi non potrei dire se la Mozart avesse un’idea più esclusiva all’inizio, ma direi proprio di no. E’ sempre stato un suo modo di essere, non era una decisione presa a tavolino. D – Lui non era di quelli che voleva farsi vedere R – No, no. C’era questa cosa, uno gliela sottoponeva e lui diceva: ah che bello che è. Lui era un ragazzo in mezzo ai ragazzi. Gli bastava fare un’occhiata e li gelava, era veramente uno di loro, attentissimo su tanti aspetti. Era il loro mondo, ultimamente poi loro erano diventati una parte di se stesso. Io sono contenta perché credo che in questi ultimi anni l’Orchestra Mozart gli abbia dato una gioia che forse non ha avuto da nessuna parte. Una cosa sua, era la sua famiglia, la sua casa. D –Forse prima non era così, era diverso? R – Beh, 120 persone non puoi pensare di portartele a casa, questi ormai erano diventati la sua famiglia, sapeva vita, morte e miracoli di tutti. Li ha invitati tutti in Sardegna, li faceva tutti suoi fratellini. Certo, ha avuto anche le sue predilezioni. Però l’insieme del gruppo era l’espressione vivente della sua creatività, ecco io la vedo così. Infatti, poi perciò mi angustio molto se penso che questa cosa è stata buttata via come se fosse non c’è lui e quindi non c’è più, è stato un grande errore. Ha ragione Maria Majno, lui ci ha dato un compito e noi dovevamo portarlo avanti e lì purtroppo non c’è stato nessuno in grado di capire che questo era un bene prezioso e che andava assolutamente sostenuto al massimo. Io non dico che magari si sarebbe riusciti, perché i soldi erano necessari. Ora sa il problema quale è: Claudio ha cercato di farglielo capire in tutti i modi, ma non solo lui. Ma il problema è che in questa Nazione quando si pensa alla musica, si pensa a un’altra cosa, non si vuol capire che la musica è uno strumento strepitoso per creare un benessere duraturo di quelli che 194
Cfr. Angela Ida De Benedictis, Claudio Abbado… cit. pp. 63-71. Cfr. Alessandro Di Nuzzo, I generosi anni dell’alternativa musicale, in In forma di Musica – quarant’anni di musica e concerti al Teatro Municipale Valli -1957 – 1997, Edizioni del Teatro Municipale Valli di Reggio Emilia , dicembre 1998, pp.155-174. 195
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se anche non hai i soldi ce l’hai lo stesso insomma cioè è come la religione. E’ un valore personale che tu Stato devi riuscire a mettere in campo, invece siccome nessuno studia musica, siccome nelle scuole non c’é. Questi possono avere 12 lauree e non sapere chi è Bach, fanno fatica capito? D – Chi non può andare a Vienna o a Berlino a studiare come fa? R- Si, ma si devono scorporare le due cose: c’è quello che decide di fare il musicista e ha il talento per tentare di farlo segue il suo corso, come qualsiasi artista, come qualsiasi architetto. Ma il fatto che la musica debba essere una compagna di strada per tutta la vita perché mette in moto la creatività, ti da sollievo. Insomma c’è tutta una casistica di cose, e lo vedi nelle carceri, lo vedi nelle scuole, lo vedi nel villaggio. E’ possibile che non lo vedano solo i politici? Allora questa qui è una battaglia che si fa almeno da 20 anni e ancora adesso siamo ad un punto morto. Quando parlano di musica, è per le fondazioni che sprecano soldi. Non si riesce mai arrivare al dunque della situazione. Per riuscire a mettere la musica nelle scuole Berlinguer196 è cinque anni che si danna e ogni volta che ci sono i soldi prendono una via diversa e quindi quando trovi un personaggio della statura di Claudio che sostiene l’iniziativa. Renzo Piano ha raccolto il testimone perché nel suo ricordo a Claudio in Senato ha detto con forza: «ma insomma adesso mettiamola questa musica nelle scuole». E quindi ora ci sono delle cose che spero, anche nel nome di Claudio, si riescano a mandare avanti. Stanno uscendo alcune cose nuove. Uscirà un bando della Pubblica Istruzione. Si stanno rifacendo i piani di studio. Si sa che gli attuali governanti sono favorevoli. Però poi bisogna vedere nel pratico che cosa si fa. D – Mi racconta qualche aneddoto simpatico con Claudio? R – Adesso non mi viene in mente, al di là di quello degli asini che volano. Ma poi aveva delle cose veramente strane perché gli arrivavano 8000 curriculum al secondo poi usciva in strada, trovava dopo un concerto un ragazzo di quelli un po’ sfrontatelli. Ecco lui odiava le persone che continuavano a fargli i complimenti, che si mettevano in secondo piano. Quando ne trovava uno che aveva anche un po’ la sfacciataggine di guardarlo negli occhi e che gli diceva ma insomma si può sapere come si fa a venire dentro la Mozart? E lui: «vieni domani mattina», facendo imbufalire tutti gli altri. E lui era fatto così. Lui aveva o pensava di avere un sesto senso sulle cose, però spesso ha fatto la cosa giusta. Non aveva un metodo, non so come dire, era tutto a 196
Luigi Berlinguer è ex-Ministro dell’istruzione e Presidente del Comitato Nazionale per l’apprendimento pratico della musica .
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livello percettivo. D – Era tutto a livello di sensazioni, percezioni? R – Si percezioni. Aveva fatto costruire nella sua casa a Bologna in mansarda vicino alla una finestra per sfruttare il sole di questa finestra aveva fatto fare una sorta di piattaforma di legno perché così metteva le gambe là e trovava il sole e aveva dentro delle piante di azalee che erano più grandi della sala. D – Si ho letto, che lui diceva se io non avessi fatto il musicista avrei fatto il giardiniere. R – Si è vero. Quanti Natali ha passato in Sardegna coi giardinieri. E’ un posto bellissimo. E’ fatto con un corpo centrale e poi ci sono delle casette che danno sul mare. D – Lui era sempre molto deciso
R- Ricordo che una volta Luigi Berlinguer chiamò Claudio e gli chiese un consiglio su cosa si poteva fare con i bambini. E Claudio rispose che sapeva come fare: facciamo il Te Deum di Berlioz. 197 Claudio dice: «occorre un coro di 620 bambini» . Berlinguer in un primo momento strabuzza gli occhi « 620 bambini?» Poi si riprende e dice «va benissimo, possiamo organizzarlo con l’USR198 dell’ Emilia Romagna» per fortuna qui c’è una responsabile199 che è di una bravura eccezionale e vediamo che cosa si può fare. E difatti comincia questa cosa, prima concorsi, selezioni, poi dopo i genitori. Poi ci ripensa e dice: se facciamo noi una selezione su tutte le scuole della Romagna? E così abbiamo fatto. Abbiamo preparato un kit, dove c’era il pezzo d’obbligo [Te Deum di Berlioz], poi come andava letto e poi come andava scritto. Si tratta di un pezzo di una difficoltà mostruosa. Ciascuno ha ricevuto questo suo kit. Diego Ravetti200 fu anche lui coinvolto perché erano tante scuole. Alla fine ne sono stati ammessi 32 tra quelli che avevano i cori nelle scuole. E io ho seguito ben 32 sessioni di coro dove ciascuno veniva con un pezzo proprio che poi doveva eseguire [Te Deum di Berlioz]. Alla fine della selezione ne sono stati scelti 19. Tutti insieme arrivarono a 600 unità. Successivamente, il Conservatorio del Ticino viene a conoscenza di questa iniziativa e scrive a Claudio. Quindi si apre una collaborazione tra Emilia Romagna e Ticino. Poi si 197
Il Te Deum di Hector Berlioz richiede nella partitura originale un coro di 600 bambini e ragazzi. Ufficio scolastico regionale per l'Emilia Romagna. 199 Benedetta Toni, referente regionale musica USR Emilia Romagna. 200 Capo Ufficio Stampa Orchestra Mozart 198
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doveva organizzare l’attività di tutti questi bambini. Allora siamo andati dal Maestro del coro di bambini del Comunale di Bologna, e gli abbiamo proposto di far lei il giro. Lei ha fatto due volte il giro delle scuole per dare a ciascuno dei piccoli un modo di comportamento. Quindi si doveva fare così: ci si alza, ci si siede … Poi, come li vestiamo questi bambini? Abbiamo creato una maglietta Orchestra Mozart nero e oro. Vedevi tutti i bambini nero e oro. All’inizio il Comunale si era ritirato e allora cominciammo a pensare all’Orchestra Verdi, il coro Verdi. Poi all’ultimo momento è entrato anche il Comunale di Bologna. Quindi eravamo due cori, tre orchestre e per la prima volta con questa cosa siamo riusciti a mettere insieme Muti e Abbado. Muti ha offerto subito molto carinamente l’Orchestra Cherubini e poi ha invitato la Mozart a suonare insieme a Ravenna. L’Orchestra giovanile era felice per cui c’erano più di 1100 persone, una cosa pazzesca 201 . Mazzonis 202 fece arrivare un bravissimo produttore da Firenze perché si trattava di allestire il palasport in modo che non sembrasse un palasport. Era un colpo d’occhio bellissimo. D – Poi immagino questi bambini R –Sono arrivati tutti il giorno prima, giorno delle prove generali. Quindi c’era una prova generale aperta al pubblico per poter dare la possibilità ai genitori dei bambini di vederli perché la sera non si poteva e poi la sera dopo strapieno. Questo pezzo durava una buona mezz’ora/40 minuti e venne completato da Pierino e il lupo [di Prokof'ev] con Benigni203. Suonava solo l’Orchestra Mozart. Alla fine di questo Te Deum c’era una tale carica di tensione che Claudio piangeva, primo violino Carmignola piangeva, dietro tutte le insegnanti del coro, tutti scoppiati in. Lì la tensione non era stata data dal fatto che fossero in tanti, ma è quello che ci ha messo lui [Abbado]. Cioè tu vedevi quest’omino piccolino piccolino, con questa distesa enorme e non ha voluto direttori di coro faceva tutto lui. A un certo punto sulla parte destra, in un punto abbastanza vivace sento che vanno un po’ fuori lui ti giuro ha fatto così con un dito, son rientrati tutti, era una cosa incredibile. Da fuori si è visto questo gesto “tac” dentro tutti rientrati nella cornice. Fu bellissima questa cosa perché aveva 201
La Belgeri qui si riferisce al grandissimo evento a Bologna per la diffusione della musica nelle scuole, con Claudio Abbado c’erano Roberto Benigni, Orchestra Mozart , Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, Orchestra Giovanile Italiana, Coro del Teatro Comunale di Bologna, Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, Coro di Voci bianche del teatro Comunale di Bologna, grande coro di voci bianche “un coro in ogni scuola”, i solisti Marius Brenciu e Iveta Apkalna, 25 ottobre 2008 – PalaDozza, Bologna. Vedere Benedetta Toni, Cantare Insieme, in «La vita scolastica»,n.8, anno 2009, p.15-17, http://www.indire.it/musica2020/wp-content/uploads/2010/04/VS8-articolo-toni.pdf, ultima consultazione 22/10/2014. 202 Cesare Mazzonis nel 2006 è nominato consulente artistico dell’Orchestra Mozart. 203 Roberto Benigni è un attore e regista cinematografico italiano, grande amico del Maestro Abbado con il quale già nel 1990 aveva interpretato la fiaba musicale di Sergey Prokofiev Pierino e il lupo accompagnato dalla European Chamber Orchestra diretta da Claudio Abbado nell'ultimo spettacolo della rassegna Ferrara Musica. Vedere Uberto Martinelli, Abbado, Benigni e il Lupo: i veri geni preferiscono giocare, in «QN Quotidiano Nazionale», Bologna, 26 ottobre 2008, p. 30. Brunella Torresin, Abbado e Benigni trionfo al Palasport, in «La Repubblica-Bologna», 26 ottobre 2008, p. 8.
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tante valenze, anche di mettere insieme le tre orchestre, anche di mettersi a disposizione per le scuole. Per questi bambini è diventato un ricordo per tutta la loro vita. D – Perché poi il bambino non è detto che deve diventare musicista, ma ha avuto una possibilità di viverla la musica, di farla propria. Claudio ha dato la possibilità a tante persone, e questo è bellissimo. R - Si, veramente. Poi lo ha rifatto a Londra. E’ stata una sfida grandiosa. Berlinguer ha dato il suo contributo decisivo. Se non ci fosse stata una dirigente efficace e efficiente come Benedetta Toni tutto questo non sarebbe stato possibile. Non era facile tenere insieme tanti bambini, poi farli arrivare con i pullman. In tutta la città non si poteva più camminare. D – Bologna non è stata capace di “sfruttare” una persona come Claudio per la non volontà di accordarsi? R – Tra l’Orchestra Mozart e il Comunale non è mai corso buon sangue a causa di vicende abbastanza stupide da parte del Comunal. C’era una sorta di invidia. Forse la paura, mentre invece ci si poteva accordare in qualche modo. Erano solo preoccupati di perdere il pubblico. Capisco che se ti arriva addosso una cosa del genere, però certi episodi si potevano magari forse evitare. L’unica cosa realizzata insieme al Comunale fu il coro204. Si collaborava, ma non a livello musicale.
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Il Te Deum di Berlioz al Pala Dozza di Bologna il 25 ottobre 2008.
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Sergio Escobar Direttore Piccolo Teatro Milano Intervista telefonica Roma 24/07/2014
Nota biografica Luogo e data di nascita Sergio Escobar è nato a Milano il 3 novembre 1950. Formazione culturale e studi compiuti Ha studiato con Ludovico Geymonat, Remo Cantoni ed Enzo Paci, laureandosi in Filosofia della Scienza presso l’Università Statale di Milano. Incarichi ricoperti
Alla Statale di Milano ha svolto funzione di assistente per un biennio. Dopo una lunga esperienza all’interno degli organismi associativi del settore cinematografico, Escobar inizia la sua carriera nello spettacolo nel ’79 alla Scala, come responsabile del settore sponsorizzazioni e dei rapporti con le televisioni e le nuove tecnologie. Collabora con Claudio Abbado all’ideazione e fondazione dell’Orchestra filarmonica del Teatro alla Scala. Tra l’83 e l’85 collabora con il gruppo Fininvest occupandosi di editoria televisiva anche in ambito internazionale. Dall’85, come Assistente del Sovrintendente della Scala Carlo Maria Badini, in particolare ha funzioni di coordinamento delle direzioni e responsabile delle tournée internazionali. Dal ’90 al ’95 è Sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna. Nel marzo dello stesso anno passa alla guida dell’Ente Autonomo “Teatro Carlo Felice” di Genova e quindi, nell’ottobre del ’96, assume la sovrintendenza dell’Opera di Roma. Dall’ottobre ’98 è Direttore del Piccolo Teatro di Milano-Teatro d'Europa. In veste di didatta, ha tenuto Master e corsi di perfezionamento post lauream presso alcune istituzioni italiane ed internazionali come il DAMS di Bologna, l’Università Luigi Bocconi, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’Università degli Studi e il Politecnico di Milano, il MIT di Boston e alla Showa University of Music di Tokyo. È stato Consigliere d’Amministrazione dell’Auditel, Membro del Comitato Regionale Beni Culturali della Regione Lombardia, Consigliere d’Amministrazione della Triennale di Milano. È membro di Associazioni tra le quali, Aspen Institute Italia, Comitato Scientifico dell’Istituto Internazionale per l’Opera e la Poesia dell’UNESCO e Fundaciòn de la Comunidad Valenciana Consejo Mundial de las Artes. È stato membro della Presidenza Anels 205 . Componente del Consiglio Direttivo di Federculture. È Presidente di P.L.A.T.E.A. - Fondazione dei Teatri Stabili pubblici italiani. Nel 1998 ha ricevuto dal Presidente della Repubblica l’onorificenza di Grande Ufficiale per meriti della Repubblica in ragione dell’attività svolta per il teatro. Nel 2001 ha ricevuto il Premio Tagliacarne AISM - Associazione Italiana Marketing
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Anels è l’Associazione Nazionale Enti Lirici e Sinfonici.
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Composizioni ed opere sia musicali che scritte
Ha pubblicato studi di Storia della Scienza su Descartes, Leonardo e su aspetti economici e scientifici della Venezia del ‘400-‘500; ha collaborato nell’ambito della Storia d’Italia pubblicata da Einaudi e curata da Ruggiero Romano. (Fonte:http://www.piccoloteatro.org/pages/la-storia-del-piccolo-teatro-di-milano/sergio-escobar, ultima consultazione 23/10/2014). Abstract: Sergio Escobar racconta quando è stato alla Scala nel periodo in cui Abbado era direttore musicale e Carlo Maria Badini sovrintendente, le sue straordinarie interpretazioni delle opere liriche, la nascita della Filarmonica della Scala, la nuova proposta musicale dettata dalla gioia di fare bene il proprio mestiere e soprattutto dalla curiosità che lo ha sempre contraddistinto. D – Quando ha conosciuto Claudio Abbado? R – Ricordo esattamente la data: era il novembre del 1979 il giorno del mio ingresso alla Scala ma anche il giorno del mio compleanno. Ma lego questo ricordo soprattutto a un aspetto musicale oltre che visivo perché ricordo che il debutto era come sempre il sette dicembre ed erano già in corso le prime prove di insieme forse addirittura le prove di regia e le prove d’orchestra del Boris Godunov con la regia di Ljubimov206 . Fu un impatto straordinario dal punto di vista del monumento musicale che è il Boris Godunov e dall’ interpretazione che ne dava Abbado. Non è retorica dire che ne rimasi fulminato, quindi è un ricordo da calendario. Ma è il ricordo soprattutto di un’enorme e totale emozione teatrale. Da allora abbiamo collaborato per varie ragioni, è nata un’amicizia, per cui siamo stati legati fino all’ultimo. Quando poi si lavora fianco a fianco per tanti anni, la passione condivisa diventa più che conoscenza, un bella complicità. Io sapevo del suo impegno di voler aprire la Scala a tutti, un po’ come è successo in parallelo negli anni precedenti al Piccolo207 che Paolo Grassi208 portò con sé lasciando il Piccolo nel ‘72, cioè quello di concepire, non una forma pauperistica di apertura verso i ceti meno abbienti (a quello ci pensano i dopolavoro con lo sconto), ma una profonda condizione che devo dire unisce il pensiero di molti e continua a essere anche nel mio sangue e di altri con cui ho lavorato. Il bello deve poter raggiungere tutti. Allora “tutti” erano le classi sociali, adesso le cose sono cambiate e tutte le classi sociali, “tutti” sono diventati individui frammentati, le classi sociali si sono mischiate ma questa cosa vale ancora. “Il teatro d’arte per tutti” era lo slogan del Piccolo 206
Il Boris Godunov di Modest P. Musorgskij, con la regia d Jurij Ljubimov e la direzione di Claudio Abbado è rappresentato al Teatro alla Scala il 7 dicembre 1979. 207 Il Piccolo Teatro. 208 Paolo Grassi prima di essere nominato Sovrintendente del Teatro alla Scala nel 1972, fonda nel 1947 insieme al regista Giorgio Strehler il Piccolo Teatro. Consultare in proposito Carlo Fontana (a cura), Paolo Grassi/ Una biografia tra teatro, cultura e società, , Skira, Milano, 2011, pp. 19-100.
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Teatro e in qualche modo questa scuola di pensiero nata nel dopoguerra, nata (ed è importante ricordarlo) con quelli che non avevano ritegno a autodefinirsi operatori culturali e che a Milano era legata anche a una funzione molto molto avanzata di una componente sindacale che già nel dopoguerra guardava alla cultura non come un lusso, ma come una componente di riscatto, come una componente di ricostruzione e le dico che il tramite operativo per tradurre in realtà quel progetto era il ciclo, mai interrotto peraltro, dei concerti per lavoratori e studenti 209. Pensi, nel ’68 mettere insieme lavoratori e studenti, di positivo, negativo, strumentale ma anche di positivo generazionale, lo si deve a Silvestro Severgnini210 che fu il braccio e la mente anche del progetto dei concerti per studenti e lavoratori. Lui veniva dal Centro culturale Pirelli che era il dopolavoro della Pirelli, che ha visto passare le menti più belle della letteratura, della poesia, della musica in Italia. La Pirelli era la più grande impresa, la più grande fabbrica che c’era a Milano insieme alla Breda, alla Magneti Marelli. Sentiva già la necessità di una congiunzione fra cultura e sviluppo, fra cultura e crescita e questa è quella che retoricamente si potrebbe chiamare la temperie in cui nascevano queste cose ma in questo contesto è importante da ricordare per capire che il lavoro fatto da Abbado con Pollini, con la Scala. Si pensi al Gran sole carico d’amore di Nono211 che non nasceva all’improvviso solo in un salotto, anche in un salotto, ma nasceva da un terreno molto fertile che non ha mai smesso di dare significato anche un po’ alla peculiarità di quello che era accaduto a Milano in quegli anni. C’erano state le grandi secessioni, Piccolo, Scala, in altre città ci sono ottimi teatri ma non hanno lo stesso peso. Quindi il lavoro di Abbado fatto insieme a Grassi, fatto insieme a Silvestro Severgnini, fatto insieme a Maurizio Pollini, era un lavoro organizzato, era un lavoro serio, era la componente artistica della loro concezione del teatro. Quindi non sono aneddoti ma sono lo sviluppo di un’idea di cultura e di brio in modo insostituibile legato a quello che succedeva nella società. Era un percorso molto parallelo a quello del Piccolo [Teatro] quello che avvenne allora. C’era anche questa componente salottiera nel senso neutro, nel senso positivo ma nella maggior parte dei casi degenerante. Ma nel caso suo [di Abbado] e di altri non era “esclusivamente” salottiero ma corrispondeva anche a un’idea estetica del proprio lavoro, a un’idea etica del proprio lavoro. Estetica ed etica non andavano disgiunte. E questo spiega perché io sono voluto partire dall’idea del Boris Godunov, con interpreti straordinari, un grandissimo regista (Lijubimov) si metteva al servizio di un’idea di palcoscenico quella del Boris Godunov con una dedizione che 209
Cfr. Carlo Fontana (a cura), Paolo Grassi…, cit. pp.109-115. Fondatore nel 1947 del Centro Culturale Pirelli che presiede fino al 1961, organizzando numerosi eventi per il tempo libero dei lavoratori. Nel 1973 Paolo Grassi lo nomina responsabile delle Iniziative del Teatro la Scala per il mondo del Lavoro e della Scuola dove vi rimane fino al 2002. Cfr. Elena Cantarelli (a cura), Il Teatro alla Scala, Bulzoni , Roma, 2004, pp.383-386. 211 Al Gran sole carico d’amore di Luigi Nono con la regia di Jurij Ljubimov e la direzione di Claudio Abbado viene rappresentato al Teatro alla Scala il 4 aprile del 1975. 210
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giustificava anche la componente sociale che si attribuiva al proprio lavoro. Questo spiega il perché in alcuni luoghi d’Italia alcune situazioni sono state riconosciute come tali, come luoghi di convinzione, di ruolo sociale, di ruolo culturale, adesso per la Scala si tende a parlare più di ruolo economico. Ma questa è la superficialità dei nostri momenti. Quando si esaltava invece la funzione assolutamente artistica, insieme sociale, di buona gestione della cosa pubblica i teatri andavano meglio economicamente. D – Quindi questa operazione di Claudio Abbado è stata sotto certi versi molto forte, perché poi lui suonava dappertutto allo stesso modo? R – Esatto, perché c’era una forte identificazione fra il gusto del fare musica e la grande gioia di fare bene il proprio mestiere e, fare bene il proprio mestiere con gioia è da grande artista. Erano anni di forte ideologia e, la parte di impegno civile era la parte migliore di questa ideologia. Abbado oltre alle opere diresse anche un balletto e questo fu molto rivoluzionario perché il balletto era di solito destinato a direttori d’orchestra di nicchia. E lui si divertì anche a dirigerlo e anche lì l’operazione nacque perché voleva mettere insieme livelli artistici massimi la danza, la musica e l’orchestra. Ma una delle cose che ricordo con più piacere è quando mise in scena a Milano il Viaggio a Reims212 che ha avuto la sua prima con la regia di Ronconi e la direzione di Abbado. Questa è forse una delle cose più belle del periodo rossiniano, anche lì c’era un cast strepitoso. Ogni tanto nelle prove, quando Claudio interrompeva l’esecuzione non riusciva a trattenere un sorriso che spacciava quasi in una risata. Perché si raggiungeva un livello di godimento, di esecuzione musicale che si trasmetteva immediatamente nel pubblico e che era secondo me la sintesi proprio ma anche paradossalmente dell’impegno sociale, cioè questo mio lavoro ben fatto appartiene alla categoria del lavoro socialmente utile, me lo lasci dire così. Questa è una generazione che ha creduto in questo, non è solamente Abbado. Abbado l’ha fatto in modo molto convinto. Il periodo era anche quello in cui queste cose erano anche molto meno facili, ma più in sintonia con una visione molto più trasparente della visione sociale, cioè le classi sociali erano identificate. Lei pensi adesso dove il rapporto che uno ha con il telefono determina l’appartenenza a gruppi piuttosto che si è operaio, insegnante, dirigente o nullafacente per intenderci. Allora si sapeva a quali pubblici rivolgersi e questa componente si incanalava.
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Il Viaggio a Reims di Gioachino Rossini con la regia di Luca Ronconi e la direzione di Claudio Abbado viene rappresentato al Teatro alla Scala nel 1985.
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D – Diciamo l’offerta era più mirata? R – Adesso è ancora più importante e si è spostata sul piano generazionale. Ma voglio fare un passo indietro, l’altro passaggio importante fu nel 1981, quando i rapporti fra Abbado e la Scala erano in qualche modo già in una fase di esaurimento. E lui parlò con me e con Badini, il Sovrintendente, che aveva fortissimamente a cuore quella componente per far cultura, non per vendere cultura, c’è una profonda differenza. Nell’81 Abbado volle esprimere un suo desiderio che era completamente nel percorso musicale che aveva fatto con l’orchestra che si stava esaurendo ma che aveva un valore assoluto come lo ebbe poi nella fase successiva nei lunghi anni di Riccardo Muti . C’era un rapporto simbiotico fra direttore e orchestra che secondo me era un elemento che diventa patologico nel tempo, ma è formidabile e nella sua parte centrale e cioè da un suono riconoscibile. Abbado intuì che mancava nelle nostre orchestre che si faceva solamente lirica e non sinfonico che era un’attività complementare, minoritaria, lui intuì questa cosa e lanciò un periodo che sembrava irrealizzabile per mille ragioni, anche economiche, anche organizzative. Cercò di far nascere cose analoghe, autonome nel sinfonico alla Scala, e chiese a Badini, chiese a me se condividevamo questa idea e se potevamo dargli una mano a farlo e nacque la filarmonica nel 1982 213. Anche lì fu una grande intuizione cioè che l’orchestra che va fuori per andare in palcoscenico, diventa un’orchestra anche migliore di quando fa l’operistico. E questa era un dimensione solo di uno sviluppo interno ma una visione che riscatta una parte di tradizione un po’ chiusa italiana di interpretare, in questo si avvicina di più a grandi esperienze internazionali come i Berliner Philharmoniker. Quella fu un’avventura straordinaria che nacque poi in un modo molto strano perché dovevamo trovare anche i finanziamenti e nel 1981 quando incominciai a parlare di questo progetto. Fu il gruppo Fininvest di Confalonieri214 a mostrare interesse. Il nostro è un Paese fatto di opportunismi e di massimalismi. Invece l’orchestra Filarmonica che ha compiuto 30 anni nel 2012, quindi ormai consolidatissima e nella parte sinfonica è cresciuta tantissimo e questo ha migliorato anche la parte tecnica. Nacque su progetto di Abbado fortemente condiviso da Badini e dalla Scala. Era l’orchestra della Scala ovviamente ma ha raccolto questa autonomia dal finanziamento di un gruppo privato Fininvest/Mediaset 215 dal nome malfamato adesso: sembrava un’operazione politica. Questo dimostra come allora la ragione vera dell’investimento del gruppo Fininvest in questo settore fu determinato certamente dalla passione, ma nasceva anche dal fatto che legarsi a una grande Istituzione culturale potesse dare vita a un gruppo commerciale. Sono fenomeni che meriterebbero 213
Nascita della Filarmonica della Scala, sul modello dei Wiener Philharmoniker. Consultare Giuseppe Barigazzi, La Scala Racconta, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1991, pp. 654-658. 214 Fedele Confalonieri è nel contempo presidente della Filarmonica e membro del Cda scaligero. Si dimette dalla carica nel 2005, http://www.fininvest.it/it/gruppo/presentazione, ultima consultazione 4/11/2014. 215 Cfr. Giuseppe Barigazzi, La Scala… cit. p. 656.
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di essere approfonditi. Sarei stupido se negassi queste cose perché fanno parte di un periodo della nostra storia. Fu proprio quel gruppo che diede la possibilità di far nascere la Filarmonica e che non solo Abbado lo sapeva, ma Abbado ne era ben felice. Investì un miliardo di lire, una cifra enorme, perché? Perché Fininvest/Mediaset vedeva in questo una legittimazione di una grande istituzione, con un grande artista, con un grande programma artistico davanti a sé come forma di collocazione di immagine. Le dico un’altra cosa, ci furono molte discussioni e molti salotti che dicono che Abbado fu mandato via dalla Scala. La realtà vera io l’ho vissuta perché ripeto io allora ho lavorato con lui in quegli anni ma poi siamo rimasti amici abbiam fatto anche delle cose insieme, il Don Giovanni con la regia di Peter Brook 216 , più volte gli ho chiesto di tornare da noi, insomma avevamo rapporti eccellenti. D – Secondo me non è stato mandato via dalla Scala. Almeno da quello che ho potuto conoscere e sentire, lui era convinto delle sue scelte. R – Guardi per una ragione molto più semplice, si era completamente esaurito il rapporto con l’orchestra. Così tutto questo baillamme per il quale mandarono Badini per cacciare Abbado, fa parte di quel chiacchiericcio fastidioso che non fa legge, questo non per difendere Badini D – Perché poi Badini non ha fondato la Mozart e ha chiamato Abbado? R – Bravissima. La dimostrazione palese che questa fa parte di quello che io odio, di quei salotti di chiacchiericcio, è che quando Abbado decise di trasferirsi definitivamente in Emilia. Era per ragioni certamente affettive, anche perché il figlio Daniele era a Reggio Emilia ma non solo. Lui aggiunse anche ragioni climatiche perché lui sosteneva il rispetto per la parte sociale e anche per la qualità dell’aria, della vita. Era la sua componente ambientalista. Si trasferì a Bologna e lavorò molto con il figlio, con belle produzioni al teatro di Reggio Emilia e, giustamente lei mi anticipava, fu proprio Badini che con lui fece nascere l’orchestra Mozart. C’era l’Orchestra dei giovani, l’Orchestra Europea voluta da Abbado e questo in qualche modo apriva il cerchio di stupidaggini che ci raccontavano sui grandi raggiri politici. In realtà. Lui aveva completamente esaurito il rapporto con l’orchestra, come si esaurisce un rapporto profondo, creativo, anche personale, non 216
Il Don Giovanni con la regia di Peter Brook debutta al Festival di Aix En Provence nell’estate del 1998 con la Mahler Chamber Orchestra con la direzione di Claudio Abbado in alternanza al giovane Daniel Harding, suo pupillo. Va in scena al Piccolo teatro di Milano nel dicembre dello stesso anno. http://archiviostorico.corriere.it/1998/dicembre/11/Piccolo_Don_Giovanni_del_Duemila_co_0_98121110050.shtml, ultima consultazione 04/11/2014.
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voglio dire di un matrimonio perché non è tale, ma qualcosa di molto simile e nacque la Filarmonica proprio in quel momento. Tanto è vero che Muti diresse l’Ernani nel 1982 come direttore ospite217, poi ci furono altri e poi ci fu il periodo di Muti direttore musicale non come direttore artistico. Altro errore nei nostri teatri si verifica quando il direttore musicale diventa il direttore artistico, oppure - io la penso così - quando il sovrintendente fa anche il direttore artistico ed è una qualità diversa soprattutto nelle grandi istituzioni. Finché ci fu un direttore artistico tra Abbado direttore musicale e Grassi sovrintendete, il rapporto con le componenti artistiche era più chiaro più mediato nel senso positivo del termine e meno usurante. Questa è la mia visione. D – Certo perché il sovrintendente assolve dei compiti , il direttore artistico altri insomma. R – Ah si, se poi non li assolvono insieme sono due stupidi e mandano a catafascio il teatro. Per cui, il sovrintendente non è vero che è quello che fa i conti, è anche quello che va in palcoscenico, che viene maltrattato, è quello che tiene i rapporti con l’orchestra, ma ha come elemento complementare la competenza specifica del direttore artistico e il direttore musicale è un’altra cosa ancora. Per cui il direttore musicale deve poter avere un’interlocuzione con il direttore artistico. Allora per fatti molto tecnici di competenza sulle voci, di competenza in gestione anche nel complesso di tutte le componenti artistiche del teatro quando questo viene meno e ci sono delle scorciatoie, questo spiega perché ci fu la crisi di Abbado con la Scala. Poi i Milanesi nel bene o nel male si impadronirono della cosa e diventò una specie di farsa di cui io ereditai una conseguenza quando arrivai al Piccolo, nell’ottobre del ’98, perché la prima cosa che mi trovai fu una ridicola battaglia di Milano. Si parlava solo di quello. Io venivo da Roma, dopo essere stato a Bologna e a Genova e l’argomento all’ordine del giorno di tutti i salotti, ma anche dei giornalisti, era il litigio tra il Piccolo e la Scala perché Muti apriva la stagione il 7 dicembre e nello stesso periodo veniva Abbado a dirigere il Don Giovanni al Piccolo con la regia di Peter Brook218. Mi ricordo che alla prima conferenza stampa, sempre i primi di novembre, la prima domanda che mi fecero: “lei come pensa di risolvere questa diatriba infernale tra la Scala e il Piccolo con la compresenza nello stesso periodo di Abbado e di Muti”? E io risposi: “pagando un biglietto in economy a tutti voi giornalisti perché non ho soldi da sprecare, andando in giro per il mondo ma non solo nelle grandi capitali ma anche a Osaka, vi fermate in aeroporto così non spendete neanche i soldi per andare nel centro, guardate i dépliants delle attività musicali che sono in corso nella stagione e nella città e vedrete che troverete nello
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Riccardo Muti apre la stagione alla Scala il 7 dicembre 1982 con l’ Ernani di Verdi . http://www.orfeonellarete.it/recensioni/eventi.php/idev=00092, ultima consultazione 05/11/2014.
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stesso periodo la presenza di Kleiber219, Abbado e Muti. E nessuno si è mai posto il problema di dire lesa maestà, se c’è uno, c’è anche l’altro”. Questo spiega perché è fondamentale un rapporto sano, di profondo legame con il tessuto sociale e col tessuto musicale: l’attenzione per la musica contemporanea di Abbado, l’attenzione non banale per la dimensione internazionale nella composizione dell’orchestra, l’attenzione non banale perché tradotta in un atteggiamento di viva conoscenza e non di demagogia verso i giovani. I giovani in qualche modo, sia musicisti come riferimento di pubblico, prendeva il posto di quello che negli anni ’70 era la componente di utilità sociale, chiamiamola così, della cultura. E ci sono state delle degenerazioni con un uso strumentale dei giovani condannati a essere giustificazioni dell’impotenza degli anziani oppure casi eclatanti, e Abbado sicuramente questo ha fatto, ma anche Muti l’ha fatto con la Cherubini, di apertura internazionale a dei giovani con la voglia di trasferire loro un sapere, una competenza e una passione reale. Ricordo che il lavoro di Abbado, anche negli ultimi anni , con quelle cose che io ritengo tra la provocazione, la follia e il tono un po’ salottiero, mi prendo la responsabilità di quello che dico, della storia dei 90.000 alberi o di queste cose. Secondo me lui si divertiva anche perché lui dirigeva il flauto magico diretto da Daniele Abbado a Reggio Emilia e chiesi “Claudio scusa ma vieni a Milano col flauto magico perché mi è piaciuto molto” e lui mi rispose “a Milano c’è una cattiva aria” guardandomi. Tutti e due a ridacchiare, perché lui aveva un sorriso molto sornione, aveva un’aria simpatica. D – Doveva essere un tipino … R – Era un uomo molto intelligente ma molto lucido anche, ai limiti del cinismo, nel senso non dispregiativo del termine ma nel senso della lucidità di quello che voleva raggiungere, e io lo guardai e dissi “si ma c’è un luogo dove l’aria è buona, un’isola di aria buona a Milano, ed è il Piccolo”. Perché allora c’era questa grande discussione della Scala ancora; insopportabili discussioni provinciali e lui cambiò tono e mi rispose: “si, questo l’ho capito e lo condivido però io parlo anche di aria in senso fisico” e io risposi : ma anche qui dove abiti tu? Io ho abitato e lavorato a Bologna per anni e non è che ci fosse proprio quest’aria buona e lui mi rispose seriamente: “guarda Sergio che non è così perché il sindaco (mi sembra fosse di Reggio Emilia) mi ha assicurato (erano otto/nove anni fa) che nel giro di due anni tutte le macchine di questa provincia qua andranno a idrogeno”. Io l’ho salutato e gli ho detto: “Claudio ho capito”. Ma in qualche modo si era innamorato di questa dimensione ambientalista e di purezza che io però collego non tanto all’uso strumentale che alcuni ne fecero, i soliti salotti (lui è buono perché è così), ma c’era una 219
Carlos Kleiber è stato un direttore d'orchestra tedesco naturalizzato argentino, considerato tra i più importanti direttori d’orchestra della seconda metà del Novecento.
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ricerca diversa che corrispondeva a un senso di sua debolezza fisica . Nonostante il tumore che aveva da anni, aveva avuto un’energia strepitosa e aveva la necessità di ritrovare un rapporto diretto con la purezza del suo mestiere. Egli si sublimava anche in questo. Quindi non è che fosse diventato improvvisamente pazzo. Io non gli risposi sulle macchine a idrogeno, perché lui mi rispose con quella stessa faccia di un bambino, nel senso bello del termine, felice quando dirigeva il Viaggio a Reims e felice pure quando dirigeva il Boris Godunov dove francamente non c’era da sganasciarsi dalle risate, per l’impegno e per la musica. Quindi, questo senso che la musica e il mestiere della musica possano portare al bello assoluto che si libera anche del peso della realtà contingente che a me non piace. Questo è quello che io ho vissuto nell’arco degli anni con Abbado. Lui mi chiamò tutto orgoglioso quando fu inaugurato il lingotto a Torino e disse “mi fa piacere, sei il primo che faccio entrare per farti sentire che cos ha fatto Renzo Piano anche per l’acustica”. Quindi c’era questa dimensione anche proprio del mestiere che spiega le cose e c’è un uso invece strumentale che ignora abbastanza il contesto in cui nacque la sua passione sociale, scevra dal salotto delle sinistre invece andò avanti per conto suo e lui scelse un’altra strada e abbandonò Milano. Questo è quello che io ricordo di Claudio Abbado. D – Un’altra cosa di Claudio Abbado era la sua profonda determinazione e convinzione nel fare le cose, anche quelle che si consideravano impossibili. R – No, è un testone. Io non ho mai conosciuto un grande artista vero, intendo dire a tutto tondo, che ha il senso del mestiere profondo e della responsabilità che non sia anche un testone che sfida l’impossibile. Guardi questo mi è capitato con Abbado, mi è capitato con Muti, mi è capitato con Strehler, mi capita con Ronconi. È quello che io chiamo, senza la benché minima denigrazione, l’egoismo dell’artista cioè l’artista che vuole raggiungere, superando ogni ostacolo un risultato, è una forma di egocentrismo funzionale a una cosa diversa dagli altri. D – Non penso però che quello di Abbado fosse egocentrismo però? R – No, no ma guardi è un passaggio sottile. L’egoismo dell’artista che non vuole, non accetta le limitazioni, le contingenze, ciò che non gli piace come condizionamento del suo lavoro ma poi è costretto a confrontarsi, perché è un mestiere molto concreto quello del regista, quello dell’attore, quello del cantante. Quello del direttore d’orchestra è uno fra i lavori più concreti che esistono. Però poi c’è il momento in cui io prima usavo il termine: era un testone, era determinato. E quando fai quel mestiere, a quei livelli vuoi assolutamente, esercitando quello che io chiamo in senso 179
assolutamente positivo “egoismo dell’artista”, non scendere a compromessi con dei limiti che ci stanno intorno perché questi sanno benissimo che la limitazione che nasce dalla realtà e che quindi puoi accettare e puoi migliorare, è un elemento essenziale perché sennò diventano capricci e diventa egocentrismo. “Tra l’altro io” – dice Abbado – “con la forza del mio mestiere e con la forza doppia della musica e con la forza del bello, riesco a superare le limitazioni che non posso accettare, però agisco in un contesto di realtà”. Perciò poi sia lui, sia poi Muti , sia Strehler, sia Ronconi, sia Kleiber avevano questo senso dell’onnipotenza che è tipico del fanciullo che vuole superare l’ostacolo ma poi messi in un contesto reale diventavano cocciuti nell’avere il senso del realismo. La limitazione come elemento fondante della crescita artistica. Tutti questi non sono stati estranei ad aspetti anche gestionali, ad aspetti di confronto col teatro nella sua complessità. D – No, no anzi Abbado partecipava a questi aspetti. R – E come no. Tanto è vero che si cacciò nei guai nel diventare direttore artistico cosa che non gli portò bene perché in realtà questo cortocircuito creava questo senso dell’onnipotenza. Lo dico in senso positivo, con la gestione delle cosa, la gestione che non è banale o volgare in un teatro ma è vero teatro perché poi si va in scena quando si affrontano tutti gli aspetti delle componenti artistiche che rendono possibile lo spettacolo, compreso i costi, comprese le soluzioni tecniche. E quindi in questo la cocciutaggine è un elemento positivo di un artista. L’infantilismo, no non ci sono limiti, faccio in tutti i modi a prescindere è egocentrismo. Ecco in qualche modo lui diventò infantile, ma lucidamente ne sono convinto perché era troppo critico e cinico nel senso televisivo per non saperlo, quando appunto pose la condizione dei 90.000 alberi a Milano220. D – Si ma forse quello lo aveva fatto anche per una questione di far parlare … R – Si ma questa è stata una cosa di un’impuntatura assoluta ecco dopodiché divertente non fu la sua proposta, ma la reazione che ebbero i salotti e la gente a questa sua proposta. Ci fu tutta una discussione sul numero degli alberi. Si ma forse non 90.000 ma 5.000 … D – Ma forse lui voleva proprio questa reazione? R – E no, perché diventò ridicola quella cosa. Perché si era perso il senso e la capacità di leggere l’elemento di protagonismo assoluto dell’artista in un contesto di fattibilità. Guardi io nella mia 220
Claudio Abbado per tornare a dirigere alla Scala chiede un cachet fuori dall'ordinario: Novantamila alberi piantati a Milano.
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vita ho avuto dei complimenti. Ma i migliori complimenti li ho avuti sia da Abbado, sia poi da Muti. Quando mi dissero: ma tu sei un uomo che dice spesso di no, perché in genere sono circondati da persone che dicono sempre si perché c’è sempre questo aspetto di sudditanza e di finto appoggio all’artista. Questo dissi a entrambi quando me lo chiesero. Con Muti lavorai molto di più per nove/dieci anni circa insieme e molti complimenti mi sono stati fatti per essere stato capace di dire di no. E mi ricordo che Muti mi rispose: “hai ragione se ne va un arrogante che sei tu e ne rimane un altro che sono io”. Lì ci abbracciammo e ci salutammo con molto affetto. Ecco con Abbado devo dire era diverso per l’ambiente salottiero, non solo milanese, che girava intorno a lui. Le racconto un ultima cosa: ero in un teatro e lui [Abbado] dirigeva forse Mahler e io andai a salutarlo nel camerino e gli dissi: «Claudio ti posso chiedere una cosa? Non ti offendere non te la dico per diminuire il tuo valore artistico e l’esecuzione che tu farai. Ma ogni tanto non ti viene il sospetto che ci sia una parte del pubblico che viene già applaudendo e alla fine di un’ora e mezza di concerto si chiede ma cosa c’entrava questa ora e mezza di intervallo per poter tornare ad applaudire Abbado?» E mi ricordo che lui si fece una risata profondissima, mi guardò negli occhi e mi disse: «si ogni tanto questo dubbio mi viene» ! D – Qual’era il suo rapporto con le manifestazioni di apprezzamento da parte del pubblico? R – Ci teneva moltissimo, non c’è artista che non apprezzi la benevolenza del pubblico. Alcuni comportamenti superficiali accompagnano sempre i grandi personaggi e le grandi conduzioni. Io mi ricordo di avergli detto: «secondo me qualcuno viene e vuole applaudire, applaude prima poi si sopporta un’ora e mezza di musica». Io ho sentito dire da una persona: «si, ma che cosa sta eseguendo per poi alla fine applaudire come un pazzo» e allora mi è venuto da dire a Claudio «ma non ti viene il dubbio che vengono per applaudirti e allora l’esecuzione musicale che non termina mai è un fastidio che bisognava sopportare»? Perché ci fu anche questo intorno ai grandi carismatici come lui, vabbé che è un aspetto divertente, lui si fece una risata e disse: «si, qualche volta lo penso anche io». In realtà poi gli applausi erano meritatissimi . D – Quindi lei lo ha seguito in molti suoi concerti? R – Non solo il Boris Godunov, ma l’ho seguito altre volte.
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D – Poi un'altra cosa. La sua profonda disciplina, lui continuava sempre a studiare? R – Questo si, questa è una cosa fondamentale che accomuna chiunque faccia seriamente quel lavoro. La Curiosità più che il continuo studio, come fa un atleta che si allena. La Curiosità, la Curiosità di scoprire non solo testi contemporanei, di scoprire talenti musicali, ma di scoprire anche nei pezzi classici non solo la ricerca di un filologo musicale, anche questo ci sta, certe volte dettati più da un problema di diritti, di scadenze, che da motivazioni musicali vere, ma la Curiosità dello scavare nei testi e in realtà scavano in sé stessi. Cambiando età, cambiando rapporto con quel mestiere riscoprono e ricostruiscono una propria sensibilità continuando a sognare anche i testi classici. Cioè quando io sento Riccardo Chailly 221 , un’altra persona a cui sono legatissimo e abbiamo lavorato tanti anni insieme e lui mi dice “sto leggendo testi, ma testi di Puccini”, non aveva inventato un Puccini diverso, ma aveva scavato nel testo. D – Si, l’approfondimento R – Certo, ma l’approfondimento lo fai nel testo col filologo musicale, ma lo fai anche dentro di te. Quando ti confronti con qualsiasi classico cambi tu. Il classico rimane lì ma tu leggendolo e rileggendolo, approfondendolo, ci trovi delle cose diverse e allora sei un’interprete vero. D – Assolutamente, e Abbado lo era. R – Assolutissimamente, beh questo anche Muti.
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Riccardo Chailly (1953) ha diretto tutte le principali orchestre del mondo, dai Berliner e Wiener Philharmoniker alle grandi orchestre americane, ed è stato ospite dei festival più prestigiosi (Salisburgo e Lucerna) e dei principali teatri (alla Scala, dove ha debuttato nel 1978 con I masnadieri, ha diretto Aida per l’inaugurazione della stagione 2006/2007 ed è tornato nel 2008 con Trittico). Dopo sedici anni alla guida del Concertgebouworkest di Amsterdam, dal 2005 è Direttore Musicale del Gewandhausorchester di Lipsia, che ha riportato in tutte le capitali musicali d’Europa e sugli scaffali dei negozi di dischi. Le ultime uscite includono il grande successo del disco dedicato a Gershwin con Sefano Bollani (Disco d’Oro, 19 settimane di presenza nelle classifiche pop), il Weihnachtsoratorium pubblicato a Natale 2010 e i Concerti per tastiera di Bach con Ramin Bahrami. Ma con Decca, con cui Chailly ha realizzato più di 100 registrazioni, Chailly e l’orchestra di Lipsia hanno realizzato il progetto più ambizioso: una nuova integrale delle sinfonie di Beethoven. Con la Filarmonica ha inciso quattro cd (Le Ouvertures e due volumi di Cantate di Rossini e un cd di musiche di Mozart e Sciarrino), cui si aggiungono le opere incise con l’Orchestra del Teatro alla Scala. Riccardo Chailly è uno dei direttori con cui la Filarmonica ha instaurato negli ultimi anni un rapporto di collaborazione costante. Dal 2005 è tornato in stagione ogni anno (tranne il 2010) ed ha realizzato alcune importanti tournée: nel 2006 in Gran Bretagna e Irlanda e nel 2007 negli Stati Uniti, con enorme successo (il Washington Post ha eletto il concerto della Filarmonica evento classico dell’anno). http://www.nexodigital.it/1/id_229/Filarmonica---Riccardo-Chailly.asp, ultima consultazione 05/11/2014.
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D – Si, si. Io dicevo Abbado perché adesso considero lui. R – Lo era , lo era. Io lavoro da anni con Ronconi che ha una memoria di ferro. Allora mi dice 25 anni fa l’ho fatto, adesso l’ho riletto e ci ho scoperto altre cose. La ricerca di non cadere nell’ozio, di non vivere solo con l’imperfetto è quello che accomuna i grandi artisti. In questo lui (Abbado) è molto giovane, come tutti i grandi, dopodiché dal punto di vista anagrafico non lo era, aveva un’età più che matura ma i grandi sono così. D – Lui si confrontava con tutti (dal 18enne all’80enne). R – Curiosità, è la molla dell’arte, è la molla della convivenza civile. É quella che manca alla politica che è diventata un mestiere di consenso.
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Cesare Mazzonis Direttore Artistico del’Orchestra Rai di Torino. 01/08/2014 Tavarnuzze –Impruneta (FI) Nota biografica Luogo e data di nascita Cesare Mazzonis è nato a Torino nel 1936. Formazione culturale e studi compiuti Si laurea in chimica a Buenos Aires, poi successivamente vive a Londra, Roma, Milano, Firenze. Ha studiato musica a Londra, all’Accademia Chigiana di Siena, al Mozarteum di Salisburgo. Incarichi ricoperti Dal 1967 al 1980 ha lavorato alla Direzione Musica della RAI,è stato delegato per la musica all’Unione Europea di Radiodiffusione e Direttore Artistico dell’Orchestra e Coro della RAI di Roma dal 1977 al 1980. È stato consulente all’Accademia Filarmonica di Roma. È passato al Teatro alla Scala nel 1980 come Vicedirettore Artistico ed è stato nominato Direttore Artistico due anni dopo. Vi è rimasto fino al settembre 1992. Durante la sua lunga direzione alla Scala, ha effettuato importanti tournée in Germania, Giappone, ex-Unione Sovietica, ecc. Molti degli spettacoli di cui è stato responsabile hanno ricevuto il premio Abbiati della critica italiana. Si ricordano collaborazioni con i più grandi direttori d’orchestra (Kleiber222, Abbado, Muti, Maazel, Bernstein, Prêtre, Giulini, ecc.), registi (P. Chereau, B. Wilson, L. Ronconi, A. Vitez, G. Strehler, ecc.), cantanti e coreografi. Dal 1992 è stato Direttore Artistico del Teatro Comunale di Firenze Maggio Musicale Fiorentino, carica che ha ricoperto per dieci anni. Anche al Teatro Comunale ha collaborato a importanti produzioni, molte delle quali sono state premiate (Moses und Aron di Schoenberg con Zubin Mehta, Fierrabras di Schubert con S. Bychkov e Luca Ronconi, spettacoli sul NO giapponese con Bob Wilson, Lucia di Lammermoor con Zubin Mehta e Graham Vick, Ariadne con Zubin Mehta e Jonathan Miller, Elektra con Claudio Abbado e Lev Dodin, Turandot con Zubin Mehta e il regista cinese di Lanterne Rosse Zhang Yimou, ecc.). Ha effettuato una tournée di notevole successo in Giappone ed è stato il primo Teatro europeo che ha eseguito la Turandot nella Città Proibita a Pechino. Dal 2003 gli è stato affidato l’incarico di direttore artistico del Premio Paganini e della Paganiniana. Nel 2006 è stato nominato consulente artistico dell’Orchestra Mozart diretta da Claudio Abbado. Da ottobre 2013 è alla guida dell'Orchestra nazionale della Rai di Torino. (Fonte: http://www.premioletterariolagiara.it/Cesare-Mazzonis, ultima consultazione 10/11/2014).
Abstract: Cesare Mazzonis racconta l’attività artistica di Abbado attraverso la sua lunga collaborazione prima negli anni alla Scala come direttore artistico e poi dal 2005 come consulente artistico dell’Orchestra Mozart, gli anni milanesi e l’esperienza di “Musica nel nostro Tempo”, la sua forte volontà nel raggiungere le cose che si prefiggeva.
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Carlos Kleiber è stato un direttore d'orchestra tedesco naturalizzato argentino, considerato tra i più importanti direttori d’orchestra della seconda metà del Novecento.
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D – Quando ha conosciuto Claudio Abbado? R - Ho conosciuto Claudio quando ero ancora assistente di Francesco Siciliani223 alla Rai di Roma, quando c'erano ancora tutte le orchestre rai riunite insieme e la direzione era a Roma. Mi ricordo che il primo contatto con Claudio fu telefonico e in occasione di Una Passione secondo Matteo che si faceva a Milano [all’Orchestra della Rai di Milano] intorno al 1975. Poi passai 6 mesi alla Scala da assistente di Claudio che era anche direttore artistico e non soltanto direttore musicale. Poi rinunciò alla carica di direttore artistico e fu chiamato Siciliani nell’80. Io ero già direttore dell’orchestra della RAI di Roma e venni invitato inizialmente come vice suo [di Siciliani] alla Scala dove c’era Claudio come direttore principale. Io sono stato direttore artistico per due anni. Abbiamo continuato a lavorare insieme fino a quando lui è andato via dalla Scala. Poi lo invitai al Maggio Musicale Fiorentino224 due volte dove venne con concerti e con l’ Elettra con i Berliner Philharmoniker in buca per la regia di Lev Dodin225. Successivamente, tornò con il Simon Boccanegra, con l’orchestra del Maggio [Musicale Fiorentino] e la regia di Peter Stein226. Queste sono le due collaborazioni che fece con me quando io ero direttore artistico al Maggio Musicale Fiorentino. Dopodiché nel 2002 mi misi in pensione. Claudio poi mi chiamò un primo dell’anno del 2003/2004 chiedendomi di collaborare alla Mozart, cosa che ho fatto per cinque anni227. Risultò molto più complicato di quanto immaginassi. Collaborammo ancora in quegli anni 223
http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-siciliani/, ultima consultazione 10/11/2014. ll Maggio Musicale Fiorentino è una prestigiosa manifestazione artistica organizzata a Firenze. È un festival annuale di opere liriche, concerti, balletti e spettacoli di prosa fondato nel 1933 su iniziativa del mecenate Luigi Ridolfi Vay da Verrazzano e del maestro Vittorio Gui, col successivo apporto del gerarca fascista Alessandro Pavolini successore di Ridolfi nel ruolo di Federale di Firenze. Solitamente ha luogo da fine aprile a inizio luglio. Gui diresse il festival fino al 1936, Mario Rossi (direttore d'orchestra) dal 1937 al 1946 e, nel dopoguerra, Bruno Bartoletti. Dal 1969 al 1981 il direttore stabile è stato Riccardo Muti. Dal 1985 il direttore principale dell'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino è Zubin Mehta, che nel 2006 ne è divenuto direttore onorario a vita. La compagnia di danza del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino è denominata MaggioDanza ed è una delle principali formazioni attive in Italia. Nel 1991 l'Orchestra ed il direttore hanno vinto il Grammy Award per l'album Conc. dei tre tenori, Cilea, Verdi, Puccini. http://it.wikipedia.org/wiki/Maggio_Musicale_Fiorentino, ultima consultazione 10/11/2014. 225 Nel 1996 riprende a Firenze Elektra di Strauss edizione coprodotta con il festival di Salisburgo, capeggiata da Claudio Abbado con i Berliner in buca e un debutto clamoroso, quello di Lev Dodin nella regìa d'opera. 226 Claudio Abbado torna a dirigere un' orchestra italiana dopo sedici anni dalla sua ultima esecuzione scaligera. Nel 2002 con il Simon Boccanegra di Verdi coprodotto da Firenze con il Festival di Pasqua di Salisburgo. Un Simon Boccanegra, con la regia di Peter Stein, le scene di Stefan Mayer e i costumi di Moidele Bickel, già acclamato all' esordio nel 2000 e ora approdato a Firenze, ma con Orchestra e Coro del Maggio Musicale. Cfr.http://archiviostorico.corriere.it/2002/giugno/17/Simon_Boccanegra_Abbado_emoziona_Firenze_co_0_020617908 7.shtml, ultima consultazione 12/11/2014. 227 Cesare Mazzonis è consulente artistico dell’Orchestra Mozart dal 2006 al 2012. Il Dottor Cesare Mazzonis, in un’ottica di graduale diminuzione delle proprie attività, ha deciso di lasciare l’incarico di Consulente Artistico dell’Orchestra Mozart, ruolo che ha ricoperto per sei anni, dal gennaio 2006. La Consulenza Artistica dell’Orchestra Mozart sarà affidata a Massimo Biscardi, nella cui figura la Direzione dell’Orchestra Mozart ha individuato quell’alto profilo artistico e professionale, riconosciuto a livello internazionale, che permetterà di proseguire in piena continuità il prezioso lavoro svolto in questi anni da Cesare Mazzonis. Cfr.http://www.orchestramozart.com/uploads/Rassegna%20AUTUNNO%202012/2012-0915%20CorrBologna_120915_21_1.pdf, ultima consultazione 12/11/2014. 224
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con l’Orchestra Mozart. Aveva molta fiducia che il contatto con la musica fosse sommamente utile.. Un altro aspetto era quello di unire altre discipline (arti visive, letteratura) , una operazione che si è realizzata con il Pelléas et Mélisande con Antoine Vitez 228 . Ci fu anche una mostra di arte figurativa . Questa sinergia è stata sviluppata ancora a Vienna e a Berlino. A Berlino, specialmente col teatro di musica, col teatro di prosa, arti visive: il ciclo Prometeo, il ciclo Faust229 e così via. L’ intera operazione è stata molto interessante in quanto ha coinvolto una serie di persone attente a temi diversi dando loro la possibilità di percepire cosa accade con questi temi nelle altre discipline. Anche questo è un lavoro sociale molto interessante e costruttivo. D – Infatti io ci ho tenuto molto a mettere insieme questo aspetto sociale e culturale. R – Si. Sull’aspetto sociale e culturale aveva una fiducia estrema. Aveva molta fiducia nel lavoro coi giovani. Ha fondato una serie di orchestre giovanili. Lui che era così riservato, qualche volta piuttosto schivo nel rapporto con gli adulti, invece era molto più sciolto, molto più ragazzino coi ragazzini. D – Lui ha sempre conservato un aspetto del fanciullo? R – Si, si da una parte. Ma proprio quel trovarsi insieme ai ragazzi evidenziava benissimo che si sentiva bene con loro. Lui era un ascoltatore non prevaricatore ma era di una testardaggine impressionante. Aveva le sue idee e quando voleva una cosa che poteva essere era sbagliata, farglielo capire era una cosa complicata a causa della sua fermezza e il desiderio di arrivare a quello che lui voleva. Aveva in questo una forza straordinaria nel realizzare quello che desiderava, era un carro armato. Però tutto questo sempre in maniera mai con fare da despota o villanesco come certi altri hanno. Lui, sempre educatissimo, tranquillo. D – Lui prendeva decisioni tenendo bene a mente i progetti di partenza che spesso si realizzavano?
R - Lui spingeva molto e nel 90% dei casi ci riusciva. E se non ci riusciva per forza maggiore e allora doveva chinar la testa. 228
Pelléas et Mélisande di Claude Debussy con la direzione di Claudio Abbado e la regia di Antoine Vitez viene rappresentata al Teatro alla Scala nel 1986. Vedi: Angelo Foletto, Stasera alla Scala “Pélleas et Mélisande”, 28 maggio 1986 , http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/05/28/stasera-alla-scala-pelleas-etmelisande.html, ultima consultazione 13/11/2014. 229 Cfr Claudio Abbado, Musica sopra Berlino, conversazione con Lidia Bramani, Bompiani, Milano, 2000.
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D – Non era di quelle persone che non chinano la testa. R – Beh… quando proprio si accorgeva dell’impossibilità ne prendeva atto. Ma questo avveniva molto tardi. Erano tutti progetti a fin di bene. Persino a un certo punto ha avuto quest’utopistica idea che bisognava canalizzare le acque del nord, perché c’era troppa acqua nel nord, e portarla giù al sud. Continuava a parlare di questo progetto. Lui aveva questi progetti ecologici utopistici (es. i 90.000 alberi a Milano)230, sempre volti a fin di bene. Pensava sempre a delle cose positive per la gente e non solo cose essenzialmente culturali. D – Quando lei ha cominciato a collaborare con l’Orchestra Mozart? R – Nel 2005. Mi ricordo che mi chiamò un capodanno stava partendo per Caracas. Adesso si è affermata in Italia qualcosa che gli assomiglia, ma i progetti non sono importabili sic et simpliciter. Molti centri stanno funzionando sulla falsariga del progetto Abreu; anche se ce ne sono soltanto venti realmente funzionanti, è meglio di niente. Io mi occupai i primi tempi della realizzazione a nome di Claudio. D – Ne parlava ovunque dopo essere stato in Venezuela. R – Ah si, per lui è stata una rivelazione. Infatti ci è andato finché la salute glielo permetteva. Non voleva che le cose si facessero in maniera dilettantistica. Che qualcuno si facesse bello con azioni improvvisate. Era molto severo in questo. D – Tornando all’orchestra Mozart, c’era Carlo Maria Badini … R – C’era Carlo Maria Badini,231 sovrintendente della Scala quando c’ero io, almeno per una parte; poi dopo arrivò Fontana232. Ma per la maggior parte della mia presenza alla Scala c’era Carlo Maria
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Il Maestro Claudio Abbado tornerà a dirigere la Scala di Milano, dopo 23 anni di assenza, in cambio di 90.000 alberi da piantare in centro a Milano. http://www.ecoblog.it/post/8099/abbado-torna-alla-scala-in-cambio-di-90000-alberi-amilano, ultima consultazione 14/11/2014. 231 Carlo Maria Badini è stato Sovrintendente della Scala dal 1° marzo 1977 al 30 settembre 1990; Crea nel 2004 l' Orchestra Mozart, grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, chiamando Claudio Abbado alla direzione artistica e assumendo la carica di Vice Presidente operativo. Consultare AA.VV, Carlo Maria Badini/una vita per la musica, Bononia University Press, Bologna, 2009, pp. 65-104. 232 Carlo Fontana nel 1967 entra al Piccolo Teatro di Milano diretto da Paolo Grassi, del quale diventa collaboratore come responsabile delle attività culturali per gli universitari e per gli studenti delle scuole medie superiori, organizzando spettacoli didattici nelle aule magne degli istituti scolastici. Nel 1976 diviene assistente di Paolo Grassi al Teatro alla Scala e dopo la nomina di Grassi alla presidenza
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Badini come Sovrintendente. Poi all’orchestra Mozart era direttore generale, il Presidente era Fabio Roversi Monaco233 e il direttore artistico era Claudio Abbado. Io ero consulente artistico, poi la Belgeri234 fu chiamata alla morte di Badini, assumendo il ruolo di segretario generale. D – Mi parli dell’Orchestra Mozart. Il Te Deum di Berlioz fu un grande progetto, ricordava la Belgeri. R –Il Te Deum di Berlioz era un concerto multiplo. Il coro del Comunale di Bologna, il coro dell’Orchestra Verdi di Milano, l’Orchestra Mozart e l’Orchestra Cherubini di Riccardo Muti. Suonarono insieme e poi ci fu Pierino e il lupo con Benigni 235. D – Quindi lei si occupava degli aspetti artistici e non progettuali dell’Orchestra Mozart? R – Si, non mi occupavo dei progetti. D – Quindi la sua esperienza con Claudio Abbado si può definire un’esperienza più umana? R – Beh, la mia esperienza con Claudio Abbado è stata un’esperienza umana, ma anche di lavoro. Alla Scala sono stato direttore artistico dodici anni e almeno sette con Claudio.
della Rai (1977) Fontana svolge le funzioni di assistente del sovrintendente Carlo Maria Badini sino al luglio del 1979 . Nel 1984 Fontana è nominato sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna, che dirige sino al 1990. Dal 1990 al 2005 è stato sovrintendente del Teatro alla Scala di Milano, ruolo che copre per quindici anni, la seconda dopo quella storica di Antonio Ghiringhelli. Il 16 novembre 1997 l'Ente Autonomo Teatro alla Scala viene trasformato in fondazione di diritto privato. Dal 12 settembre 2013 è Presidente dell'A.G.I.S. (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo). 233 Fabio Roversi Monaco è Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna (CARISBO) e Presidente dell’Orchestra Mozart 234 Gisella Belgeri fonda nel 1996 il CEMAT, Federazione dei Centri musicali attrezzati italiani con l'incarico di Presidente effettivo. Il Cemat diventa nel 1999 Ente di promozione della Musica Contemporanea Italiana.Dal 2007/ 2010 dopo la scomparsa di Carlo Maria Badini viene chiamata alla Vicepresidenza dell’Orchestra Mozart a Bologna, con compiti di direzione operativa. Nel periodo di Vicepresidenza all’Orchestra Mozart inserisce col sostegno di Claudio Abbado il Progetto Tamino –promosso dall’Orchestra Mozart, dal Cemat e dalla Scuola di musica di Fiesole come parte integrante delle attività. 235 Grandissimo evento a Bologna per la diffusione della musica nelle scuole, con Claudio Abbado c’erano Roberto Benigni, Orchestra Mozart , Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, Orchestra Giovanile Italiana, Coro del Teatro Comunale di Bologna, Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, Coro di Voci bianche del teatro Comunale di Bologna, grande coro di voci bianche “un coro in ogni scuola”, i solisti Marius Brenciu e Iveta Apkalna, 25 ottobre 2008 – PalaDozza, Bologna.
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D – Mi interessa molto il suo rinnovamento del repertorio musicale. In che modo lui lavorava sulle partiture?
R - Rinnovò completamente l’ interpretazione di Rossini. Poi fece Bach alla Scala e lo ripresentò con la Mozart con tutti i Branderburghesi. Diresse moltissimo Verdi alla Scala (si ricorda Simon Boccanegra236 e Macbeth237 con Strehler). Diresse molto Mahler e lanciò in Italia il Mahler della seconda scuola viennese. Poi Berg e Schönberg. Aveva inoltre molta fiducia nel contemporaneo, nel nuovo (Luigi Nono con il quale nacque anche un’amicizia). Nel 1981 con Badini fondò la Filarmonica della Scala 238. Anche in quel caso fu un’ispirazione di Claudio. Perché c’era la consapevolezza dell’esistenza di un pregiudizio internazionale secondo il quale le orchestre italiane, anche le migliori come quella della Scala, sono orchestre d'opera. Era veramente difficile riuscire avere Direttori capaci per le stagioni sinfoniche. Per tutta risposta, l’idea di Claudio fu: «quando noi abbiamo dei Direttori di grandi capacità che vengono ad eseguire l’opera stando qui per un periodo di un mese/tre settimane, utilizziamoli nel giorno di riposo, al di fuori del contratto nazionale dell’orchestra. Lavoreremo con questi direttori e si formerà una stagione sinfonica costruita così». E così è stato in effetti e continua a vivere ancora adesso. E’ stata una conquista difficile ma importante per la Scala e per l'orchestra
D - Mi racconti qualche aneddoto. Avete vissuto insieme? R – Beh si, addirittura il primo anno abitavamo nella casa di Claudio che ci dava in affitto. Quando lui veniva a dirigere abitava anche lui con noi, la casa era grande. Poi siamo stati in tournée mille volte. Siamo andati nei cosiddetti paesi dell’Est: Germania Orientale, Ungheria, Cecoslovacchia, Grecia. In Grecia fu bellissimo, non avevano acustica e facevamo i timpani battendo le mani. Nel frattempo andavamo anche un po’ in barca, una volta mi fece uno scherzo: attraccarono e poi mi abbandonarono su un isolotto. Anche in Giappone, molto sovente in una evento teatrale nell’ultima recita si fanno scherzi. D – Era una persona che si divertiva? R – Si, era una persona giocosa. Dopo la malattia era di buonumore ma è diventato meno ragazzino. 236
La prima rappresentazione del Simon Boccanegra con la direzione di Claudio Abbado e la regia di Giorgio Strehler fu il 7 dicembre 1971 al Teatro alla Scala. 237 La prima rappresentazione del Macbeth con la direzione di Claudio Abbado e la regia di Giorgio Strehler fu il 7 dicembre 1975 al Teatro alla Scala. 238 Cfr Alberto Sinigaglia, Un impresario alla Scala in Carlo Maria Badini cit pp.70-71.
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Devo dire che ebbe un coraggio notevole. Ricordo che andai a Salisburgo a vedere il suo Parsifal239 e il suo Tristano.240 Era stato operato da poco e ricordo che negli intervalli mangiava un po’ di banana, un biscottino … Viveva di beveroni così piano piano gli si riformava lo stomaco.241 D – Pure la ricostituzione dell’ Orchestra del Festival di Lucerna è stata una grande sfida a 70 anni. Lo zoccolo duro è la Mahler Chamber. Poi come è andata a finire? R – Esiste ancora e la dirige Harding242, vanno a Ferrara Musica243 (anche quello creato da Claudio da tempo), dove loro ancora hanno la residenza tutti gli anni. I musicisti della MCO244 o avevano fatto delle audizioni o erano dei musicisti che già avevano suonato con lui in altre orchestre (Wiener Philharmoniker, Berliner Philharmoniker…. ).
D - Lui aveva questa sorta di empatia con le persone? R – Si le convinceva. D – Diceva faremo cose belle insieme! R – Si, esatto D – Lui metteva sempre avanti il progetto o la borsa di studio per il giovane talento? R – Si lui non aveva interesse ad apparire. Era notissimo in tutto il mondo
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Il Parsifal di Richard Wagner nel 2002 con la regia di Peter Stein è l' opera che celebra l' ultimo anno del maestro Claudio Abbado come direttore del Festival di Pasqua di Salisburgo la cui guida, dal 2003, passa al nuovo direttore dei Berliner Simon Rattle. È il primo Parsifal diretto in teatro da Abbado (che lo eseguì in novembre a Berlino in forma di concerto). Consultare Leonetta Bentivoglio, Parsifal sfida Salisburgo con Abbado e Peter Stein, 23 marzo 2002, http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2002/03/23/parsifal-sfida-salisburgo-con-abbado-peterstein.html, ultima consultazione 15/11/2014. 240 Abbado apre l’edizione 1999 del Festival di Pasqua di Salisburgo dirigendo i Berliner Philharmoniker nel Tristano e Isotta di Richard Wagner. Consultare http://www.orfeonellarete.it/recensioni/eventi.php/idev=00132, ultima consultazione 15/11/2014. 241 Claudio Abbado nel 2001 viene colpito da un cancro allo stomaco. Da quel momento ha sostenuto che la malattia oltre a fargli ridurre i ritmi di lavoro, gli ha fatto vedere con più chiarezza che cos’è veramente importante. 242 Dal settembre 2003 Daniel Harding è direttore musicale stabile della Mahler Chamber Orchestra, che forma il nucleo centrale della Lucerne Festival Orchestra (LFO), da quando Claudio Abbado l’ha ricostituita nel 2003. 243 Consultare la pagina http://www.ferraramusica.it/navigations/view/0/0/1/informazioni-aggiuntive-su-di-noi.html, ultima consultazione 15/11/2014. 244 Mahler Chamber Orchestra.
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D – Mi parli di Milano, di “Musica nel nostro tempo”. R – Inizialmente era una Milano molto attiva. Creò “ Musica nel nostro tempo”245 insieme a tutte le Istituzioni milanesi in modo da fare un unico programma di musica contemporanea o di musica collegata alla musica contemporanea. Ci fu la partecipazione di Claudio, di Pollini, di Manzoni e di tanti altri. Forse ebbero anche un difetto: fecero troppa musica trascinati dall’entusiasmo di far conoscere tanta contemporaneità. Ad un certo punto, passarono anche a compositori di secondo livello. La gente mostrò segni di stanchezza e poi l’entusiasmo andò scemando. Però fu una fiammata rossa per il tempo. D – Durò parecchi anni? R – Era ancora in piena auge quando arrivai io nell’80 e continuò. D – Come poi venivano scelti questi artisti contemporanei? R – Dunque ogni Istituzione portava il suo contributo. La sua proposta poi poteva venire approvata o bruciata dall’ insieme di “Musica nel nostro tempo”. D – Claudio Abbado ha sempre dato il suo apporto morale. Com’era la Milano di quel tempo? R – Era una Milano molto viva culturalmente, c'era molto fermento. Era la città in quel momento più viva d’Italia. C’erano più soldi nella cultura. C’erano meno restrizioni. Se erano validi i progetti venivano presi in carico dalla Provincia e dalla Regione. Noi ci permettevamo tutte le prime delle opere di Stockhausen, cose che oggi risultano impossibili. Chiamai Bob Wilson 246per fare un’opera. Insomma se ne fecero di cose, molte. Fu un momento di grande apertura, di grande ricerca, che ora è un po’ andato a farsi benedire.
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Per la prima volta a Milano si proponeva una stagione dedicata prevalentemente alla musica contemporanea e ai grandi classici del Novecento. Vedi Angela Ida De Benedictis, Claudio Abbado cit pp. 66-71. 246 Ricordiamo nel 1987alla Scala la Salome di Richard Strauss con la regia di Bob Wilson e la direzione di Kent Nagano . Il Doktor Faustus di Giacomo Manzoni nel 1989 con la direzione di Gary Bertini. ERA
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Mattia Petrilli Flautista orchestra Mozart Roma 05/08/2014 Intervista telefonica Nota biografica Luogo e data di nascita
Maria Petrilli è nato nel 1984 a Como. Formazione culturale e studi compiuti
Si è diplomato giovanissimo presso il Conservatorio G. Verdi di Como. Successivamente si è perfezionato con János Bálint presso l'Hochschule für Musik di Detmold, e con Jacques Zoon presso il Conservatorio Superiore di Ginevra, ottenendo il prestigioso "Diplome de Soliste". Si è perfezionato anche con Emmanuel Pahud e Aurele Nicolet. Incarichi ricoperti
Dal 2005 e' membro dell'Orchestra Mozart di Claudio Abbado, che lo ha chiamato a ricoprire anche il ruolo di primo flauto nella Gustav Mahler Jugendorchester e a suonare con la Lucerne Festival Orchestra. E' Primo Flauto dell'Orchestra Symphonica d'Italia (ex Toscanini), diretta da Lorin Maazel, e collabora con le migliori orchestre europee: la London Philharmonic Orchestra, i Bamberger Symphoniker, la BBC National Orchestra of Wales, l'Hungarian Philharmonic State Orchestra, l'Orchestra Sinfonica di Tenerife, l'Orchestra da Camera di Mantova. Si esibisce da solista con l'Orchestra Sinfonica Verdi di Milano, la Detmolder Kammerorchester e l'Orchestra Rumena di Stato "R.Valcea". Intensa l'attività cameristica: nel 2001 ha esordito con l'ÜberbrettlEnsemble, ha formato un duo con il pianista Pierpaolo Maurizzi e il clavicembalista Luca Quintavalle, e nel 2005 ha fondato il quintetto a fiati Papageno insieme a musicisti incontrati in Orchestra Mozart e Gmjo. Accanto all'attivita' artistica, partecipa attivamente a progetti sociali e di musico-terapia, come il Progetto Tamino a Bologna, Al Kamandjati e la Human Rights Orchestra. (Fonte: http://www.orchestramozart.com/index.php?page=mattia-petrilli, ultima consultazione 16/11/2014).
Abstract: Mattia Petrilli trasmette le emozioni che ha provato a suonare insieme al Maestro Abbado, il rapporto che Abbado aveva con la musica innanzitutto e con i musicisti. Si sofferma sul progetto Tamino dell’Orchestra Mozart e ci racconta la profonda energia ed emozione che provava nel fare qualcosa per i bambini negli ospedali. D – Nel 2005 sei stato chiamato all’Orchestra Mozart? Mi racconti come è andata? R – Il quattro novembre 2004 ci fu il primo concerto della Mozart. Dopodiché fecero delle audizioni per aprire una Accademia247 che lavorasse in maniera parallela all’Orchestra. Di fatto poi i 247
L’Accademia dell'Orchestra Mozart, nata nel 2005 come vivaio di talenti nell’alveo dell’Orchestra Mozart, sotto la Direzione artistica di Claudio Abbado, è un’orchestra giovanile, punta di diamante dei percorsi di alto perfezionamento promossi dalla Regia Accademia Filarmonica di Bologna.
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selezionati dell’Accademia suonavano nell’organico dell’orchestra. Quindi, le due cose [orchestra e accademia] si incrociavano spesso e volentieri. Quindi io feci un’audizione a dicembre del 2004 e dal marzo 2005, praticamente dal secondo progetto, ho iniziato a lavorare con l’orchestra. D – Quindi tu non avevi mai suonato prima con Claudio Abbado? R – No, non avevo mai suonato con lui. E’ scontato dirlo, ma è stato sempre un sogno nel cassetto già da quando ero ragazzino. Lo seguivo quando era con i Berliner [Philharmoniker] a Ferrara e poi tantissime volte a Bolzano con la Mahler Jugend [orchestra]. Quella é stata la prima, l’unica occasione per poter provare a fare qualcosa con lui. E poi da lì 10 anni splendidi in orchestra Mozart e poi a Lucerna248 tantissime volte. D – Perché poi tu sei stato anche il primo flauto della Gustav Mahler Jugendorchester? R – Esatto dall’anno successivo, il 2006 fino al 2008 e il primo progetto che feci con la Malher Jugend fu con Claudio. Fu una tournée splendida, suonammo la quarta di Mahler e il Pelléas et Mélisande di Schönberg un repertorio che Claudio amava tantissimo. D – Raccontami come era il rapporto con Claudio Abbado dopo il tuo ingresso nell’’Orchestra Mozart? Com’era il rapporto tra voi musicisti? R – Per quanto mi riguarda ebbi la fortuna di suonare per la prima volta con lui un brano un po’ particolare: una serenata di Mozart in cui i due flauti, il primo flauto Jacques Zoon249 e io, eravamo concertanti, e quindi in alcuni momenti eravamo quasi dei solisti, dovevamo alzarci durante le prove, ma anche durante il concerto e suonare in piedi con l’orchestra che ci accompagnava. Io in particolare avevo un piccolo brano con l’ottavino che lui apprezzò tantissimo perché era un brano in cui lui mi chiese di comporre e di suonare delle variazioni. Io ogni giorno, ogni prova gliene portavo una nuova. Io me l’ero giocata bene, a lui piacque tantissimo e da lì iniziò il nostro rapporto, che dal mio punto di vista è sempre stato un po’ privilegiato perchè ha sempre puntato molto su di me, ha sempre cercato di invitarmi a Lucerna, di farmi suonare in Mozart, di darmi tante possibilità .
Cfr. http://www.accademiafilarmonica.it/index.php?page=accademia-orchestra-mozart, ultima consultazione 18/11/2014. 248 Al Festival di Lucerna, dove Abbado nel 2003 aveva ricostituito la Lucerne Festival Orchestra (LFO). 249 Jacques Zoon dal 2004 è primo flauto dell'Orchestra Mozart e della Lucerne Festival Orchestra.
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Mi ha fatto studiare con Blau250 che tuttora é il primo flauto dei Berliner, insomma mi ha fatto veramente tantissimi regali. La cosa nacque un po’ penso da una stima musicale da parte sua, che aveva nei confronti di tutti ovviamente. Perché se una qualcosa o qualcuno non gli andava bene ci metteva un attimo a cambiare e a fare in modo che il suo progetto e tutta la macchina che c’era dietro alla creazione dei concerti e delle prove, fosse assolutamente perfetta. D – Penso che tutto sempre partiva dalla musica, anche il rapporto con i musicisti? R – Si, si da una stima musicale che penso tendesse di fatto, di conseguenza poi a unire alla stima musicale anche una stima umana e me lo ha dimostrato tante volte e lo ha dimostrato tantissime volte anche ad altri miei colleghi . D – Lui era sempre convinto delle sue scelte? R – Mi viene in mente una definizione di questa sua ricerca spasmodica verso un risultato artistico, musicale che fosse perfetto, ecco direi che lui non scendeva mai a compromessi. Questa secondo me è stata una delle sue caratteristiche, anche umane, maggiori. Nel bene e nel male perché ogni tanto anche alcune sue scelte erano, dal nostro punto di vista un po’ discutibili perché un po’ troppo dure, un po’ troppo estreme. Però erano comunque sempre scelte studiate e direzionate a un risultato che era qualcosa di più, qualcosa di più elevato. D – Gli obiettivi che si poneva erano però sempre giusti, se poi non si riuscivano a realizzarsi era un altro conto? R – Si, io l’ho sempre stimato tantissimo per questo. Non si fermava mai davanti a nulla, davanti a nessuna difficoltà. Anche se era una difficoltà strumentale, chiedeva sempre l’estremo. Anche tecnicamente proprio ai musicisti. D – Anche a voi musicisti quindi? R – Due episodi me li ricorderò per sempre: 1) durante la tournée con la Mahler Jugend voleva un
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Andreas Blau diventa primo flauto dei Berliner Philharmoniker quando ha solo 20 anni nel 1969. Cfr. http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2002/09/12/andreas-blau-il-mio-flauto-per-karajan.html, utima consultazione18/11/2014.
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pianissimo dei flauti in un momento del Pelléas et Mélisande. C’erano i tre flauti che facevano il tema e i due ottavini che accompagnavano questo tema e lui voleva un pianissimo che non era mai abbastanza piano. Alla fine ne abbiamo discusso, ne abbiam parlato e abbiamo cercato di capire come fare. Abbiamo messo dei panni sopra agli strumenti per ammortizzare il suono e non andava ancora bene, alla fine abbiamo risolto che dovevamo sederci per terra durante quel momento, con un telo davanti per ammortizzare il suono. Questo è un episodio che ricordo. 2) Un’altra volta a Lucerna, era il 2006. Dovevamo fare un brano, adesso non ricordo quale, in cui ci sono degli spari e quindi lui aveva fatto in modo di organizzare che dovevano entrare in scena degli uomini con dei fucili e sparare ovviamente a salve, perché faceva parte del brano. Poi si è scoperto che era vietato sparare all’interno delle sale, anche a salve, e lui era arrabbiatissimo perché ovviamente la cosa andava contro il suo progetto. Ma non ci fu nulla da fare e allora risolse la questione andando a pescare dei ragazzini fuori dalla sala mettendogli in mano un martello e dicendogli «quando vi faccio segno dovete tirare delle mazzate incredibili a uno scatolone di legno» e intanto i fucilieri facevamo finta di sparare. D – Però ci siete arrivati insieme a questa soluzione, quindi era bello, cooperava con voi?
R - Si, esatto. D – Immagino che questi ragazzini si siano divertiti tantissimo? R – E’ probabile, credo che non si rendessero bene conto di cosa stavano facendo. Erano nascosti dietro al palco e dovevano fare questa cosa qui. Risolse così questa difficoltà logistica, in qualche modo riuscì a risolverla. Però mi ricordo che era molto arrabbiato.
D- Immagino perché quando non riusciva qualcosa si arrabbiava R – Ma giustamente. Lo so perché l’ho visto anche al di fuori della sala, nelle prove, lui viveva in maniera totale quello che faceva. Per me è stato un esempio importantissimo, da questo punto di vista un professionista. Ovviamente di artisti come lui ce ne sono stati veramente pochi. D – Anche se credo che lui abbia lasciato un segno? R – Si, sicuramente sulle persone che hanno lavorato con lui e sulle persone che hanno assistito ai 195
concerti perché sono comunque sempre stati sempre concerti molto belli. D – Penso anche al progetto Venezuela. Adesso si sta estendendo R – Si lui l’ha portato alla ribalta. In realtà il sistema venezuelano era già attivo da 35/40 anni fondato da Abreu, lui è venuto a saperlo, è andato a visitarlo e ha visto che tipo di realtà esisteva, soprattutto dal punto di vista sociale, ma anche dal punto di vista artistico . D – Io penso che in questo caso sociale e artistico non siano separabili. Nel senso lui utilizzava la musica perché era il suo mezzo, un altro avrebbe utilizzato qualche altra cosa? R – Si, lui ha sempre avuto questa doppia visione. Devo dire sono due direzioni che sono andate sempre insieme nel senso che anche un singolo e semplice concerto era comunque sempre fatto e perfezionato nel rispetto del pubblico, per soddisfare il pubblico. Insomma anche questo è qualcosa di sociale. Da un semplicissimo concerto fino ad arrivare poi a progetti molto più ambiziosi, molto più chiaramente proiettati nel sociale, come i concerti che abbiamo fatto negli ospedali . D – Ecco parlami del progetto Tamino 251 , di musicoterapia negli ospedali. Raccontami dell’aspetto musicale, cosa provavano i bambini quando vi sentivano suonare? R – Erano dei momenti molto particolari, molto intensi. Era una situazione molto pesante vedere le condizioni gravi in cui questi bambini vivevano e noi contribuivamo in qualche modo a lenire il loro dolore fisico e morale. Perché è difficile per dei bambini che sono tolti dalle loro scuole, anche dalle loro famiglie, dai loro amici e portati in ospedale per potersi curare. Noi eravamo nel reparto di oncologia infantile. D – Voi avete regalato un albero a Claudio Abbado all’interno dell’ospedale?252 R – Si mi ricordo era stato regalato questo albero credo all’ospedale e poi è stato nominato a Claudio Abbado.
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Cfr. http://www.orchestramozart.com/index.php?page=alias-4, ultima consultazione 19/11/2014. Il Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna dona un albero a Claudio Abbado, per ringraziarlo della sua attività di direttore artistico dell’Orchestra Mozart, impegnata in progetti musicali dedicati ai bambini. Vedi https://mattiafl.wordpress.com/tag/albero/, ultima consultazione 19/11/2014. 252
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D – La professoressa Belgeri253 mi ha detto che hai elaborato una tua teoria a proposito, te la ricordi, me la vuoi raccontare? R - Non mi viene in mente una teoria specifica. Forse si riferiva al fatto che era un momento un po’ catartico; per i bambini era un momento importante di distrazione e quindi c’era un’effettiva positività nei loro confronti. Tutto poi si trasferiva nella nostra personalità, nella nostra sensibilità di musicisti. Noi assistevamo e mettevamo insieme uno spettacolo con degli ascoltatori molto particolari e insomma l’emozione che ne scaturiva faceva quasi più bene a noi. Era questa un po’ la teoria. D – Avevate un repertorio di brani che proponevate come Pierino e il lupo … R – Spessissimo Pierino e il lupo, anche perché fortunatamente i bambini cambiavano, non erano mai gli stessi. Fortunatamente dico perché venivano mandati a casa, noi andavamo lì ogni 2/3 mesi durante l’anno e facevamo quattro/cinque spettacoli. C’era un po’ di ricambio e quindi potevamo recuperare, rifare lo stesso spettacolo sapendo che i bambini erano diversi e lo spettacolo funzionava benissimo perché c’era questo momento in cui con una voce recitante facevamo la versione di Pierino e il lupo. Raccontavamo una storia per i bambini e presentavamo gli strumenti, gli facevamo vedere, toccare gli strumenti. Poi c’era un momento un po’ particolare in cui il quintetto lo facevamo dirigere ai bambini e questo era un momento molto divertente. C’erano dei bambini molto particolari, molto timidi e riuscire a farli uscire da quel guscio era sempre una soddisfazione, noi eravamo contentissimi, era una bella cosa. Ma ricordo una bambina in particolare, avrà avuto sette/otto anni e conosceva la parte di Pierino e il lupo a memoria, credo che fosse una bambina autistica. Mi ricordo che iniziò a dirigere il fagottista, ma il fagottista non fece il tema del fagotto che è quello del nonno ma fece il tema di Pierino, quindi la solita melodia famosissima; lei lo fermò e disse «NO» devi fare il nonno e le cantò il tema del nonno, un tema che non è Fra Martino campanaro ma è un tema particolare. E quindi eravamo tutti agghiacciati positivamente da questa bambina che continuava a dire: «no no non il tema di Pierino il tema del nonno»!
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Gisella Belgeri fonda nel 1996 il CEMAT, Federazione dei Centri musicali attrezzati italiani con l'incarico di Presidente effettivo. Il Cemat diventa nel 1999 Ente di promozione della Musica Contemporanea Italiana. Dal 2007/ 2010 dopo la scomparsa di Carlo Maria Badini viene chiamata alla Vicepresidenza dell’Orchestra Mozart a Bologna, con compiti di direzione operativa. Nel periodo di Vicepresidenza all’Orchestra Mozart inserisce col sostegno di Claudio Abbado il Progetto Tamino –promosso dall’Orchestra Mozart, dal Cemat e dalla Scuola di musica di Fiesole come parte integrante delle attività.
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D – Forse questi bambini erano contenti perché voi gli aprivate un mondo che lì in ospedale non potevano vivere? R – Forse la teoria a cui si riferisce la Belgeri è anche un’altra: bene benissimo fare progetti di questo tipo per i bambini malati, ma spesso i bambini erano pochi, perché noi suonavamo in una sala comune e molti bambini non si potevano spostare dal letto. Molte volte abbiamo suonato per i dottori e francamente quando succedeva la cosa ci innervosiva abbastanza. Va benissimo fare questi spettacoli per i bambini che sono lì in qualche modo per ricevere qualcosa; però non lo so era fin troppo facile fare un progetto così. In realtà i bambini “malati” sono quelli che vivono nelle periferie, che a scuola non fanno la musica, che non sanno cos’è la musica, non sanno cos’é uno strumento, che non sono seguiti e non sono stimolati a conoscere la musica come tantissime altre cose che un bambino dovrebbe fare, vedere, vivere. Quindi la mia polemica (perché io son sempre molto polemico), la mia sfida era proporre un progetto di questo tipo in situazioni più difficili, socialmente più difficili. Gli ospedali sono sicuramente delle situazioni molto particolari, molto difficili dove poter portare il nostro aiuto, però sono fin troppo scontate, fin troppo facili. La mia idea sarebbe di puntare a qualcosa di più globale. Il Sistema di Abreu per esempio ha fatto questo, ha puntato su un cambiamento della società e ci è riuscito. D – L’Orchestra Mozart e il sociale, è nata dopo? R - No no, l’orchestra era indipendente nel senso che abbiamo sempre avuto le nostre produzioni, i nostri tours e i nostri concerti. Accanto alla nostra attività artistica e concertistica c’era un’attività concentrata sul territorio e quindi concentrata sugli aspetti sociali. Abbiamo fatto tantissimi concerti nel carcere di Bologna, nell’ospedale e poi è partito un po’ dall’ orchestra Mozart ma in realtà da Claudio Abbado questo tentativo di portare il Sistema in Italia e mi ricordo che la Belgeri era molto attiva su questo, credo che fosse addirittura responsabile di questo progetto. C’era questa collaborazione con Fiesole254. D – C’è stato poi il progetto del coro polifonico nelle carceri? R – Si, poi è nato il progetto Papageno255. Mi ricordo che abbiamo fatto dei concerti per i carcerati;
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La Scuola di Musica di Fiesole Il Progetto Papageno istituisce un laboratorio corale all’interno della Casa Circondariale Dozza di Bologna. Vedi http://www.orchestramozart.com/index.php?page=il-progetto-papageno, ultima consultazione 19/11/2014. 255
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alcuni andavano a fare dei concerti di musica da camera per i primi anni poi invece è nato proprio il progetto del coro Papageno. A quello io non ho mai partecipato, ma so che soprattutto negli ultimi anni erano molto concentrati su questa attività e forse il Tamino era stato messo un po’ da parte. Ricordo il Tamino i primi anni era attivissimo, continuavano a mandarmi a destra e sinistra a fare conferenze, concerti etc. Sulla questione del sociale personalmente è stato importante questo progetto perché poi mi ha portato a partecipare ad altri progetti al di fuori dell’orchestra, molto nel sociale; uno di questi è stato in Palestina qualche anno fa purtroppo accantonato al momento attuale, andrò a Lampedusa a fare un concerto nei centri di accoglienza. Insomma mi ha dato quell’esperienza, mi ha dato uno spunto importante per poi cercare anche altre cose.
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Francesco Merini Regista e Autore con Helmut Failoni dei documentari: 1) L’altra voce della musica: in viaggio con Claudio Abbado tra Caracas e l’Havana (2006) 2) L’Orchestra: Claudio Abbado e i musicisti della Mozart (2014) intervista telefonica 07/08/2014 Napoli. Nota biografica Francesco Merini è nato a Budrio (BO). Formazione culturale e studi compiuti Si è laureato in storia dell’arte al DAMS di Bologna. Incarichi ricoperti Regista, i suoi lavori sono trasmessi in televisione (Rai, Sky, Rsi), pubblicati in Dvd (Ermitage, Il Saggiatore, Eugea) e distribuiti in sala. Insieme a Helmut Failoni ha seguito per 10 anni l’attività del Maestro Claudio Abbado realizzando due documentari: L’altra voce della musica (2006) e L’Orchestra (2014). Tra gli altri documentari Palestina per principianti (2012), Pascoliana (2013), la serie Men & Puppets (2011). Ha curato la regia di numerosi live di Lucio Dalla, Eugenio Finardi, Stefano Bollani, Mariposa. Come sceneggiatore e regista ha partecipato alla realizzazione del videoclip e della graphic novel di Vasco Rossi “Ho fatto un sogno” (2010). Ha inoltre collaborato a video musicali di Mango e Stadio. Ha diretto i cult movie dell’underground bolognese Paglione (1999) e Cavedagne (2003). Con il cortometraggio “Un giorno ideale per i pescibanana” (1996) - con Stefano Accorsi - ha vinto il premio Iceberg. Il cortometraggio “Panocchie” (1998) è stato selezionato da Nanni Moretti per il Sacher Festival. Chiamato da Franco La Polla, ha ideato e tenuto per 2 anni il laboratorio Sviluppo e realizzazione del documentario presso il Corso di Laurea Specialistica in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale del DAMS di Bologna. Ha inoltre insegnato all’Università del Progetto di Reggio Emilia. Attualmente è responsabile delle produzioni video e coordinatore dell'area Non Fiction di Bottega Finzioni. Nel 1992 è uno dei fondatori del gruppo ska I Quattrocento colpi, nel quale ha suonato la batteria per una decina d’anni. Attualmente suona con i Lou del Bello's. (Fonte: http://www.mammutfilm.it/index.php?id=1222277715, ultima consultazione 20/11/2014). Abstract: Francesco Merini racconta l’avventura in Venezuela con Claudio Abbado per realizzare il primo documentario “L’altra voce della musica” con Helmut Failoni e poi per il secondo documentario “L’Orchestra” sui musicisti della Mozart. Ricorda sua capacità di prendere il meglio da tutto e da tutti, per indurli a farti delle domande. Il voler conoscere era sempre il segno di una persona di una grande ricchezza interiore.
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D – Raccontami quando hai iniziato a seguire l’attività di Claudio Abbado insieme a Helmut Failoni? R –Abbiamo fatto questo percorso insieme. Lui [Helmut Failoni] aveva un rapporto più intimo con Claudio, è stato lui come musicologo a farmi iniziare questo percorso, mentre io sono un regista. Per cui abbiamo lavorato insieme per dieci anni, abbiamo fatto questo percorso insieme. D – Raccontami quando hai iniziato. Mi dicevi dieci anni, quindi quando è nata l’Orchestra Mozart più o meno? R – Esatto, più o meno si. Perché quando Claudio è venuto a Bologna Helmut [Failoni] lo ha incontrato, appunto perché lui ha sempre seguito la musica, quindi è stato abbastanza naturale che ciò accadesse. [Claudio Abbado] Stava per partire per il Venezuela e l’Alessandra Abbado ha detto: «Helmut ma perché non seguite Claudio in questo viaggio per raccontarlo»? Noi ovviamente abbiamo preso la palla al balzo. E’ stata una improvvisata, infatti io ero un po’ titubante. Insomma era impegnativa una produzione così, però siamo riusciti a partire ed è iniziato questo viaggio bellissimo. Siamo andati per due anni, all’ inizio del 2005 e all’inizio del 2006 per un paio di mesi per seguire Claudio in questa avventura straordinaria con il Sistema. Poi se hai visto il film256 vedi tutto quello che noi in quell’arco di tempo abbiamo scoperto, vissuto. Quindi l’impegno sociale, civile e politico di Claudio si vedeva nel fatto di scegliere di andare in Venezuela a dirigere queste orchestre giovanili, nel fatto anche di venire a Bologna città simbolo anche a livello internazionale di amministrazione di sinistra illuminata; quindi è stato un lavoro urbanistico, la collina, il recupero dei quartieri. Bologna è stata una città simbolo importante di una cultura, di una amministrazione. D – Quindi è stata una scelta indovinata perché l’Emilia Romagna è una regione molto avanti da questo punto di vista? R – Bologna è comunque una città difficile, ma una cosa così importante, così bella portava un livello altissimo. Certo c’era come sempre chi si sentiva invaso rispetto al progetto dell’auditorium [che Abbado aveva progettato insieme a Renzo Piano].
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Si riferisce al DVD L’altra voce della musica, edito dal Saggiatore nel 2006.
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D – Quindi siete partiti per il Venezuela e quando siete arrivati all’aeroporto … R – C’è stato subito detto che era pericoloso, che bisognava prendere le misure. Subito abbiamo notato che tutte le macchine avevano i vetri oscurati, e abbiam chiesto ma «com’è che tutte le macchine hanno i vetri oscurati?» Ci hanno risposto: «perché non vedono quanti siamo e se siamo armati da fuori»; quindi subito abbiamo capito l’andazzo della situazione. E infatti c’era questa sorta di doppia dimensione: 1) la poesia, la musica e quindi la bellezza dentro al teatro e 2) invece fuori la vita dura con mille difficoltà, continui spari, la polizia. Questo contrasto tra le difficoltà in Venezuela e questo progetto è molto bello. Poi queste cose sperimentali così forti nascono in momenti di difficoltà e questo poi si lega a quello che sosteneva sempre Claudio: il bisogno di ricercare sempre cose nuove, di scoprire. Diceva sempre che non c’era nessun limite e che bisognava guardare oltre. Questo è da parte sua un grande insegnamento, questo bisogno costante di imparare. Quindi Abbado, il più grande direttore del mondo, va a 70 anni in Venezuela a imparare qualcosa di nuovo; si commuove di fronte ai Manos Blancas. D – Si lui diceva di aver imparato tanto dal Venezuela, per lui era una nuova cosa. R – Si per lo meno per quello che l’ ho percepito. Per lui c’era un legame profondo e inscindibile tra la musica, la sua purezza e il ruolo che la musica può avere per migliorare la società. Sentiva il ruolo sociale, civile e politico della cultura ma anche del costruire; ad esempio con Renzo Piano, una sala concerti. L’importanza che ha anche per la crescita della società e quindi c’è un legame quasi inscindibile tra queste due cose. La Mozart con il progetto Tamino negli ospedali o quello nelle carceri. Noi siamo stati anche in carcere, in ospedale, anche se questo non è confluito nel documentario perché abbiamo fatto una scelta. Insomma sono cose belle, poi aldilà della retorica se fai episodicamente queste cose. Il percorso di Claudio è stato un costante abbinamento tra una ricerca musicale e una ricerca appunto del ruolo che la musica ha all’interno della società. D – Tutte le azioni che lui faceva erano a fin di bene? R – Si, si era un proposito che lo accompagnava sempre. Quindi l’esperienza del Venezuela è stata per noi un’esperienza bellissima, era un doppio incontro: con un grande musicista e poi con questa realtà incredibile. Io poi ho lavorato molto con la musica però non avevo mai lavorato con la musica classica e non a questi livelli. Adesso per “l’Orchestra”257 è stato anche complesso girar l’Europa nei teatri e filmare mentre lì eravamo a porte aperte. 257
Si riferisce al DVD “L’Orchestra: Claudio Abbado e i musicisti della Mozart” edito dalla cineteca di Bologna nel 2014.
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D – Quindi avete viaggiato molto? R – Si. Per “ L’altra Voce della Musica” abbiam girato in Venezuela e a Cuba, invece per “l’Orchestra” abbiamo seguito la Mozart. Era un progetto tutto europeo, siamo stati a Lucerna, a Palermo, a Vienna, a Madrid e ovviamente abbiam girato a Bologna. Compatibilmente con i nostri tempi e con i nostri impegni abbiamo scelto alcune tappe che ci sembravano più significative del tour europeo. Abbiamo seguito due tours: un tour Bach a Palermo e a Bologna con un’orchestra un po’ più piccolina e poi invece una tournée normale, per cui si suonava Beethoven e altre cose con tutta l’orchestra e abbiamo visto anche più aspetti. D – Poi adesso il “Sistema” in Italia si è allargato parecchio R – Noi [Francesco Merini e Helmut Failoni] siamo abbastanza orgogliosi perché in qualche modo l’uscita nel settembre del 2006 del nostro documentario258, che poi è stato pubblicato dal Saggiatore, ha avuto una grande eco nel mondo della musica e ha aperto un po’ la strada alla diffusione del Sistema in Italia; perché prima credo non ci fosse proprio niente. D – Adesso addirittura ci sono 54 Nuclei, di cui forse una ventina funzioneranno bene. E’ già un bel risultato secondo me. R – Appunto, grazie anche al nostro piccolo contributo. Il fatto che ci fosse un film così come testimone italiano di questa esperienza ha avuto un ruolo importante. D – Helmut gli procurava sempre nuovi libri, perché lui studiava sempre? R – Ah si si, lui sempre. Non finiva mai di imparare. Diceva: se non conosco a memoria una partitura vuol dire che non la so abbastanza. D – Diceva sempre questa frase del Direttore Guarnieri: c’è chi ha la partitura nella testa e chi ha la testa nella partitura . R – Esatto, l’ha citata per noi. Diceva il vecchio Guarnieri questa roba qua insomma. Perché se la sai a memoria puoi guardare gli orchestrali . 258
Si riferisce al DVD/ documentario L’altra voce della musica, edito dal Saggiatore nel 2006.
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D – Certo, il rapporto visivo è molto importante. Mi racconti le tue sensazioni e le emozioni a livello umano quando eri in Venezuela e lo vedevi con i bambini? R – A livello umano che si creava questa sintonia, era incredibile questo fare musica insieme. Capitava a volte che nella pausa rimaneva lì. C’erano dei ragazzi che gli andavano a chiedere delle cose e lui si metteva a dirigere dei piccoli gruppi che abbiamo anche filmato e qualcosa l’abbiamo montata. Questo fare musica senza parlare molto, ma semplicemente riuscendo a comunicare attraverso non tanto un gesto, ma la conoscenza, l’idea che hai quindi riesci comunque a trasmettere la tua sensazione. Quindi c’è sempre questa gioia in Venezuela ma anche nell’Orchestra Mozart di fare musica insieme, questa idea cameristica appunto dell’ascolto. Quindi la grande orchestra che in qualche modo suona come una piccola orchestra che fa musica da camera. Si fa musica insieme, ci si ascolta e lui come direttore guida questa orchestra senza grandi parole, senza grandi spiegazioni, ma semplicemente attraverso il lavoro insieme sulla musica . D – Certo se non c’è l’ascolto dell’altra parte ognuno poi va per conto suo? R – Si, infatti lui invitava all’ascolto, non diceva mai: sbagli, non fare così. Anche con noi lui aveva questa capacità di farti capire le cose senza doverle spiegare. Un conto era il suo campo della musica; ma anche quando interveniva sul nostro lavoro ci dava consigli e questo era proprio un modo indiretto di comunicare le cose, di fartele capire. Ti induceva sempre a pensare, a cercare di migliorarti, ti spingeva a interrogarti su come poterti migliorare. Come faceva coi musicisti, lo faceva anche con noi. Era una persona che ti spronava a cercare in te stesso le risposte in qualche modo e questo è bello. Ovviamente sulla musica aveva una preparazione pazzesca, ma quello che mi ha colpito è stato il fatto che entrando anche un poco nel nostro campo riusciva a suggerirci delle soluzioni, a cercare delle soluzioni migliori per fare delle cose. Un episodio molto divertente è stato quando a fine agosto del 2006 stavamo per andare in stampa con “L’altra Voce della Musica” con l’editore, e Claudio ha chiamato e ha detto: «ma scusate io non ho visto la versione definitiva». Siamo riusciti a fermare l’editore di un giorno e siamo andati con Helmut da Claudio in questa casetta in cima ai monti a Saint Moritz. Allora noi siamo andati la mattina all’alba e lui non aveva il videoregistratore. Quindi siamo andati con la nostra copia e il videoregistratore in spalla su per i monti a piedi e siamo arrivati stressati e lui tranquillissimo. Anche in quell’occasione ci diede una lezione: che è tutta una costruzione e noi invece ci stressiamo inutilmente. Abbiam guardato il film, ci ha dato alcuni consigli giusti, dopo siam tornati giù la notte, 204
abbiamo fatto due/tre tagli che lui ci aveva suggerito e che erano assolutamente giusti e poi siamo andati in stampa. In quel momento sembrava una roba da pazzi, adesso io e anche Helmut abbiamo un ricordo di quella giornata fantastico. Mi ricordo che arrivammo lì in questa casetta e lui tutto tranquillo: «volete un po’ di succo di mele»? E questo era il 2006. D –Lui a Bologna aveva questa casa piccola ma particolare ? R – Si, a casa sua siamo andati tante volte. Era un sottotetto in Piazza Santo Stefano con questo suo piccolo giardino a cui lui teneva tantissimo e poi c’era questa altana da cui si vedeva tutta Bologna. Abbiamo girato varie volte lì, gli abbiamo fatto due lunghe interviste che poi sono state più chiacchierate e poi siamo stati varie volte anche a fargli vedere del materiale. Poi era bellissima la sua casa in Sardegna; la sua non era una villa, era un bosco con dentro queste piccole casette, ma soprattutto un bosco. Insomma una cosa sobria, lui era sempre sobrio. Anche la casa di Bologna in Piazza Santo Stefano era relativamente piccola e con delle piante. Questa ovviamente è una questione di gusto e di stile. D – Io penso che lui era conosciuto in tutto il mondo, quindi non è che aveva bisogno di farsi conoscere. Quello che faceva lo faceva in maniera altruistica. R – Si lui non voleva apparire. Anche in quest’ ultimo documentario dell’“Orchestra” lui voleva che andassero avanti i musicisti. Anche i musicisti che lui sceglieva raccontano molto di lui; tutti hanno uno sguardo sulla musica, tutti sono bravissimi ma anche creativi, diversi e con uno sguardo un po’ obliquo sulle cose. Per cui abbiamo incontrato dei musicisti straordinari e secondo me questi musicisti raccontano molto anche di lui, del fatto di questa continua ricerca, del modo diverso di vedere le cose. D – Si poi lui ha anche aiutato a far uscire tanti giovani musicisti, anche del Sistema, come Gustavo Dudamel e Diego Matheuz R – Certo ovviamente l’essere così importante ha vari aspetti. Uno è sicuramente quello di aiutarli concretamente nella musica però quando un personaggio così importante mette il suo beneplacito, la sua esperienza al servizio dei giovani, è chiaro che poi ne parlano in tutto il mondo e quei musicisti diventano come sponsorizzati, quindi hanno avuto delle possibilità in più certamente. Lui si preoccupava sempre dei musicisti; se un musicista bravo non aveva lo strumento per suonare in 205
qualche modo se lo procurava. D – E cosa ti ha lasciato dal punto di vista umano Claudio? R – Ma, è difficile dirlo. Io avevo un rapporto più formale con lui, Helmut più intimo. Alla fine è un personaggio pubblico, e mi ha fatto pensare cosa significa avere questo ruolo nella società e la scelta di utilizzare questo ruolo anche per fare qualcosa per migliorare la società. Quindi io a un certo punto penso che la sua figura va più collocata sul piano pubblico, ossia su quello che lui ha fatto impegnandosi in prima persona come musicista. In senso politico quello secondo me è importante, poi episodi ce ne son stati però secondo me non sono così importanti nel ricostruire la sua figura. D – Perché io, analizzando tutto il suo percorso dalla Scala , ho notato che lui ha sempre seguito una linea di coerenza. R – Si, si certo. Ha fatto una scelta totale, totalizzante. Che è bellissimo. E secondo me quella è la cosa significativa.
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Angela Ida De Benedictis Autrice del libro “ Claudio Abbado alla Scala” 25/08/2014 Skype call Nota biografica Luogo e data di nascita
Angela Ida De Benedictis è nata a Ischia il 12 luglio1966. Formazione culturale e studi compiuti Nel 1987 si diploma in Flauto Traverso presso il Conservatorio di Musica «Gesualdo da Venosa» di Potenza. Nel 1990 ottiene l’abilitazione all’insegnamento di Educazione Musicale nelle Scuole Medie di I grado. Si laurea nel 1996 in Musicologia all’Università degli Studi di Pavia con una tesi dal titolo: Il rapporto testo musica nelle opere vocali di Luigi Nono. Studio filologico-analitico con particolare riferimento a «Canti di vita e d’amore» con votazione 110/110 e lode e dignità di stampa; Vince il Dottorato di ricerca in Filologia Musicale (Università di Pavia), XIII ciclo (concorso del giugno 1998; votazione finale 57/60); titolo della tesi di dottorato: Radiodramma e arte radiofonica. Storia e funzioni della musica per radio in Italia. Dissertazione discussa il 14 gennaio 2002. Incarichi ricoperti Nel 2002-03 è professore a contratto di «Storia della comunicazione musicale» presso l’Università degli Studi di Padova, Facoltà di Lettere e Filosofia e di «Storia della musica moderna e contemporanea» presso l’Università degli Studi di Salerno, Facoltà di Lingue e Letterature straniere; negli anni 2003-04 // 2004-05 // 2005-06 // 2006-07 // 2007-08 // 2008-09 è professore a contratto di «Storia delle forme musicali e delle tecniche compositive» e negli anni 2005-06 // 2006-07 // 2007-08 // 2008-09 è professore a contratto di «Metodologia della critica musicale» presso l’Università degli Studi di Pavia, Facoltà di Musicologia (Laurea Specialistica); nel 2008-09 è Professore a contratto di «Filologia e interpretazione delle fonti musicali contemporanee», presso l’Università degli Studi di Parma, Facoltà di Lettere e Filosofia (Laurea Specialistica in Arti letterarie e musicali dal Medioevo all’età contemporanea) e nel 2009-10 è professore a contratto presso l’Universität Bern (Musikwissenschaftliche Seminar); Seminar , Das musikalische Theater von Luigi Nono, Luciano Berio und Bruno Maderna in den 50er - 60er Jahren des XX. Jahrhundert“.
Composizioni ed opere sia musicali che scritte Scrive il saggio Begegnungen. Die Zeitgenössische Musik in Abbados Konzerten, in Claudio Abbado. Dirigent, hrsg. von U. Eckhardt, Nicolai Verlag, Berlin 2003, pp. 43-51; edizione italiana: Incontri. La musica contemporanea nei concerti di Abbado, in Claudio Abbado, a cura di U. Eckhardt, il Saggiatore, Milano 2003, pp. 45-53; con Vincenzina Ottomano scrive il volume Claudio Abbado alla Scala, Edizioni del Teatro alla Scala - Rizzoli, Milano 2008 (333 pp.). Attualmente è Responsabile scientifico e di ricerca presso la Paul Sacher Stiftung di Basilea. (Fonte: http://musicologia.unipv.it/dottorato/curricula/debenedictis.pdf, ultima consultazione 22/11/2014). 207
Abstract: Angela Ida De Benedictis parla qui delle scelte di repertorio di Claudio Abbado. Il suo desiderio di aprire durante il periodo alla Scala la musica a tutti senza distinzioni. Sicuramente era una posizione molto forte nei confronti della considerazione che vigeva allora della cultura musicale. La De Benedictis prosegue sottolineando la selettività del Maestro nella scelta delle persone e la sua profonda generosità. D - Qual’ era il repertorio scelto da Claudio Abbado nel suo periodo alla Scala?
Claudio Abbado cercava di proporre un repertorio quanto più eterogeneo senza differenze tra passato e presente con la volontà di portare vari repertori all’interno di un teatro di formazione borghese. Ma queste sono più scelte puramente musicali. D – Come lui approcciava il pubblico nei concerti per studenti e lavoratori, nei concerti a Reggio Emilia per Musica/Realtà? R – I concerti a Milano e a Reggio Emilia nelle fabbriche e la Scala aperta agli operai e ai lavoratori sono qualcosa che ha a che fare con lo “Zeitgeist” lo spirito del tempo, con quello che stava succedendo a livello culturale, artistico e sociale soprattutto nell’Italia del Nord a fine anni ‘60 inizi anni ‘70. Quindi tutto il discorso dell’apertura della Scala agli operai ha certo a che fare con la conoscenza di Nono e Pollini ma rientra veramente in una sorta di “spirito del tempo”. Era il momento dei grandi movimenti a livello sociale e studentesco e Abbado è sempre stato sensibile, almeno da quello che lui ha dimostrato (se pensi anche all’intera sua biografia), al contesto musicale in cui lui operava. Vedi anche quello che a fatto a Berlino e a Lucerna. Sono sempre stati concerti ben congegnati, tessuti e ricavati nel tessuto sociale in cui operava. Nelle iniziative di Musica/Realtà, che poi si sono ampliate nei concerti anche alle fabbriche, c’è come motore anche un discorso di impegno extra-musicale piuttosto che di conoscenza con Nono, Pollini, Manzoni e Pestalozza. E per la Scala rientra in quel tipo di “impegno” anche se è qualcosa di completamente diverso dall’impegno di Nono. Mentre Nono vuole portare la musica agli operai nei luoghi degli operai quindi in fabbrica, elevare lo spirito degli operai piuttosto che delle persone delle scale sociali più basse culturalmente, più private e vuole farle mettere in contatto con uno spirito dell’arte; Abbado vuole che queste persone conoscano la musica punto e basta. Il nucleo del discorso di Abbado è sempre la musica, non è mai la politica intesa come alfabetizzazione delle persone. Quindi lui non è che apre le porte della Scala agli operai perché è di sinistra ma semplicemente perché vuole aprire quel settore, quelle porte, quella musica anche a un pubblico che 208
alla Scala normalmente non potrebbe accedere. D – Quindi il motore centrale in tutto quello che faceva era sempre la musica? R – Si, assolutamente si. E lo ripete in continuazione nelle interviste che ho con lui. Lo dice sempre, infatti sembra che alcune volte prenda un po’ di distanza da alcuni atteggiamenti, da alcune letture troppo politicizzate. Perché diceva «va bene, al di là di quello che io sono come credo politico , al di là di quello che io ho fatto, al di là delle amicizie che ho e del contesto in cui operato, per me la prima cosa è la musica ed è il senso, lo spirito, il significato della musica che non è né di sinistra né di destra», questo me lo ripete in continuazione nelle sue interviste. D – Infatti anche l’amicizia con Nono: lui lo considerava un grande compositore non perché era di sinistra o di destra? R – Per questo sicuramente. Poi il discorso di sentire la politica alla stessa maniera creava affinità. Quindi come tutte le amicizie si basano sempre su più piloni. Quindi un pilone di quella amicizia era di sicuro anche il discorso politico ma soprattutto loro si conoscono perché c’è un compositore e un direttore d’orchestra. Lui ci teneva molto alle storie, a Nono, piuttosto che le storie dell’Ungheria, del’68. Diceva «va bene, ma quando mi leggono come l’artista di sinistra io mi irrito perché quello che io credo come uomo è un conto, ma quello che io faccio come artista non può essere classificato né come operare comunista, né come operare de sinistra ma come operare da uomo d’arte» che non vede e non pensa che la sua musica da uno di sinistra piuttosto che di destra, ma che sarà ascoltata a livello pan-politico, senza barriere sociali e senza barriere politiche. Questo lui l’ha sempre detto e ci teneva tantissimo proprio. Lo vedevo rarissimamente alterarsi, lui era una persona quasi zen da alcuni punti di vista, le poche volte che l’ho visto alterarsi era quando leggeva o gli si ponevano domande di carattere politico perché la musica aveva per lui un significato che andava anche al di là. Cioè il suo credo umano, da uomo era una cosa, quello che faceva da artista era un’altra. C’è poi chi può obiettare che non si può scindere l’ uomo dall’artista. Nono avrebbe obiettato, lui [Abbado] invece in un certo senso riusciva a farlo. Veramente la musica era per tutti e doveva essere di tutti. E da questo punto di vista la dimostrazione più bella è quella che ha fatto con le orchestre giovanili in Venezuela, con Dudamel. 259 Sono queste le esperienze incredibili, il
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Gustavo Dudamel violinista e direttore d'orchestra venezuelano, allievo della scuola fondata da José Antonio Abreu e ora uno dei direttori d'orchestra più famosi della Simon Bolivar Symphony Orchestra, l'orchestra giovanile che il maestro Claudio Abbado ha molto sostenuto. È inoltre direttore dell'orchestra sinfonica di Göteborg e della prestigiosa Los Angeles Philharmonic
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sostegno che lui ha dato a Dudamel e alle orchestre veramente povere di altri paesi. Questa è una cosa grande . Non soltanto portare la musica a tutti, ma farla anche. Perché il discorso dell’interprete non è soltanto di dare la musica a chi ascolta, ma di dare la musica a chi ascolta e di farla con dei giovani, senza barriere nel farlo. Cioè l’impegno lo trovi già dal far la musica, non solo nel donarla, nel porla in un’esecuzione o in un ambiente. D – Lui non poneva limiti nel fare qualcosa? R – Questo però è legato anche al fatto che aveva il nome che aveva; devi sempre cercare di essere più specifica possibile quando poni le cose in maniera così generica. Andava avanti perché se lo poteva permettere, cioè gli avrebbero dato credito comunque e con qualsiasi progetto a Claudio Abbado. Già dagli anni ‘70 ‘80 il nome di Abbado era tale che poteva permettersi di contrattare e poi di proporre. Quindi è sicuro che un progetto con il suo nome sarebbe andato avanti. Il discorso secondo me è inverso, il discorso è che sempre i progetti che lui ha proposto, le cose che ha fatto, dalle orchestre giovanili a robe anche extra-musicali, al parco della musica erano sempre progetti di una grandissima levatura artistica e culturale . D – Anche “Musica nel nostro tempo”, il voler portare la musica contemporanea. La costruzione della Filarmonica della Scala … R – Si, “Musica nel nostro tempo” però anche là devi contestualizzare a non solo Abbado, “Musica nel nostro tempo” è un insieme di menti che l’hanno ideata. D – Quando hai conosciuto Claudio Abbado? R –Noi ci siamo conosciuti nel 2002 perché appunto c’era questo libro di Eckhardt260 che stava uscendo in Germania; il libro esce prima in Germania e poi esce in Italia come traduzione . Quindi i testi che tu leggi nel libro italiano sono tutti tradotti dal tedesco. L’ho conosciuto perché si doveva fare appunto questo libro su Abbado nel 2002. Lui [Abbado] era uno che controllava tutto dalla A alla Z tutto ciò che si scriveva su di lui, tutto, fino ad arrivare a fare ritirare libri usciti su di lui senza autorizzazione. Quindi c’era Eckhardt che stava lavorando con lui, Eckhardt era allora il sovrintendente dei Berliner [Philharmoniker]. Stava scrivendo questo libro e serviva un autore che 260
Ulrich Eckhardt (a cura), Claudio Abbado, il Saggiatore, Milano, 2003.
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sviluppasse il rapporto di Abbado con la musica contemporanea e sono arrivati a me. Claudio è stato consigliato dalla sorella Luciana Pestalozza. Abbado, che dice «chiama questa studiosa e vedrai io lavoro con lei da tanto tempo, ti troverai bene». Insomma e così lui mi ha chiesto un appuntamento, ci siamo conosciuti e dopo un secondo aveva deciso che ero io a scrivere il capitolo. Quindi abbiamo cominciato a lavorare e per scrivere questo capitolo abbiamo optato per un lavoro a quattro mani. Io gli facevo delle domande precisissime, arrivavo da lui con dei fogli pieni zeppi di domande, prima mi sono informata nei vari archivi, ho raccolto un po’ di documenti e poi andavo da lui con fogli pieni zeppi di domande anche troppo precise a volte dato che lui non si ricordava e lui mi rispondeva e registravo tutto e questo fino poi alla realizzazione del saggio. D – Quanto è durato il vostro rapporto professionale?
R - Dal 2002 al 2008 D – Poi il libro per la Scala è nato dopo? R – Poi per la Scala è nato dopo. Quel libro nasce come tentativo della Scala di fare tornare Claudio alla Scala. E lui c’è tornato dopo il libro. Quindi quel libro voleva essere una maniera per ricucire i rapporti disastrosi creatisi tra la Scala e Abbado. La prima reazione di Claudio quando gli hanno proposto di fare questo libro con la Scala è stato un NO netto grande come una casa, poi l’unica condizione che lui ha posto è stata quella: se lo scrive la De Benedictis allora va bene, l’unica autrice può essere lei. E quindi mi hanno chiamato dalla Scala per fare questo libro. Io ero piena zeppa di lavoro e quindi ho chiamato una mia ex allieva la Vincenzina Ottomano per aiutarmi e lo abbiamo scritto. Sono continuati i viaggi con lui, le nottate a parlare e a registrare i materiali, scambi di materiali. Nel libro della Scala261 alla fine nel colophon dovrebbe portare un terzo autore che è lui perché lui ha seguito veramente tutto tutto tutto, ha scelto tutte le foto, ha seguito tutto il progetto, ha indicato più o meno le persone da chiamare per la sezione delle testimonianze . Mi ha messo in contatto con Benigni.
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Angela Ida De Benedictis, Vincenzina C. Ottomano, Claudio Abbado alla Scala, Edizioni del Teatro alla Scala, Rizzoli, Milano, 2008.
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D – Lui era o tutto o niente? R – Da quel punto di vista lui è stato, quanto meno con me, veramente di una generosità assoluta, però perché c’era una grande stima. Lui era molto selettivo, veramente era di un selettivo che io l’ho visto trattare persone che non stimava in una maniera proprio da invisibili. Era veramente molto selettivo, però un volta che ti prendeva in stima era veramente di una generosità unica. Dicevano che era anche di poche parole, con me ne ha date anche troppe devo dire. Se penso a tutte le registrazioni che ho con lui mi sembra un miracolo se penso a tutte le volte che leggo che non parlava.
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Andrea Lucchesini Direttore Artistico Scuola di musica di Fiesole e responsabile didattico Sistema Italia Fiesole 03/09/2014 Nota biografica Luogo e data di nascita
Andrea Lucchesini è nato a Massa e Cozzile (PT) l’ 8 luglio 1965. Formazione culturale e studi compiuti Si forma alla grande scuola pianistica di Maria Tipo. Incarichi ricoperti Inizia giovanissimo un’intensa carriera solistica internazionale, dopo la vittoria del Concorso Internazionale “Dino Ciani" al Teatro alla Scala di Milano nel 1983. Da allora suona con le più prestigiose orchestre e direttori quali C. Abbado, S. Bychkov, R. Abbado, R. Chailly, D. Gatti, G. Gelmetti, D. Harding, G. Noseda e G. Sinopoli. È il primo (ed unico) artista italiano a ricevere il Premio Internazionale Accademia Chigiana, nel 1994, mentre l’anno successivo la critica italiana gli assegna il Premio F. Abbiati. Da oltre vent’anni è molto attivo anche nel settore cameristico, del quale esplora l’amplissimo repertorio nelle più varie formazioni, collaborando con musicisti ed ensemble di altissimo livello; numerosi progetti, anche discografici, lo vedono in duo con il violoncellista Mario Brunello. Nel luglio 2001 la prima esecuzione mondiale a Zurigo della Sonata di Luciano Berio segna l’apice di una felice collaborazione, che aveva preso l’avvio con il Concerto II “Echoing curves”, eseguito da Lucchesini sotto la direzione di Berio in tutto il mondo, e registrato con la London Symphony Orchestra per BMG. Andrea Lucchesini ha inciso per Emi, Teldec e Agorà; gli otto cd live delle 32 Sonate di Beethoven (Stradivarius) e l’integrale delle opere per pianoforte solo di Berio per Avie Records hanno ricevuto importanti riconoscimenti dalla critica, unanime nel plauso anche dinanzi al più recente cd dedicato agli Improvvisi di Schubert. Convinto dell’importanza della trasmissione del sapere musicale alle giovani generazioni, si dedica con passione anche all’insegnamento, presso la Scuola di Musica di Fiesole, e viene regolarmente invitato a tenere masterclass presso le più prestigiose istituzioni musicali europee ed americane; partecipa inoltre a progetti di divulgazione musicale radiofonica, ed in qualità di giurato a numerosi concorsi internazionali nei cinque continenti. Chiamato nel 2005 da Piero Farulli a condividere la conduzione della Scuola di Musica di Fiesole, dal 2008 ne è Direttore Artistico; l’eccellenza dei risultati raggiunti nella multiforme ed intensa attività di musicista gli è valsa nello stesso anno la nomina ad Accademico di Santa Cecilia. (Fonte: http://www.scuolamusicafiesole.it/it/fondazione/direttore-artistico, ultima consultazione 24/11/2014).
Abstract: Andrea Lucchesini racconta come è andato avanti il progetto di Abbado per la creazione di un “Sistema” italiano e le sue evoluzioni. Parla del modo in cui i bambini e le famiglie hanno reagito positivamente e di come questa sia stata la strada giusta da seguire per creare qualcosa di buono, educativo e costruttivo per la società.
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D – Mi dica quando ha conosciuto il Maestro Abbado? R – Io l’ho conosciuto suonandoci insieme con la Mahler [Chamber Orchestra] a Bolzano e poi a Parigi, si parla del 2000 forse anche prima. Ho avuto la fortuna di suonare con lui. Però il nostro rapporto non è che sia stato molto approfondito. Ci siamo incontrati dopo nel corso degli anni ma io da quando poi sono diventato direttore della scuola [di musica di Fiesole] ho sempre sentito la sua vicinanza perché lui non perdeva occasione di parlare della scuola di Fiesole; perché poi tra l’altro alcuni allievi che sono cresciuti qui, che si sono formati qui, facevano parte delle sue orchestre, sia della Mahler ma anche della Mozart, quindi mi venivano sempre a dire che lui ogni tanto li chiamava per chiedere notizie della scuola e cosa faceva. E poi mi capitava molto spesso di leggere in giro per il mondo delle sue interviste nelle quali rispondeva a domanda: «ma in Italia cosa c’è di importante per quanto riguarda l’educazione musicale»? E lui diceva che in Italia l’unica realtà che faceva qualcosa di veramente importante nell’educazione musicale era la Scuola di musica di Fiesole. Quindi diciamo che la sua vicinanza alla scuola, anche se non era fisica, perché è venuto solo una volta a fare una prova con l’orchestra giovanile qua a scuola, poi però c’era molta considerazione per la scuola. D – Si, anche Foletto262 me lo ha detto, lui non era presente fisicamente, ma la sua presenza si sentiva molto. R – Poi ha coinvolto l’orchestra giovanile in questo mega progetto che aveva fatto a Bologna riunendo le orchestre, la Mozart, la Cherubini …263 D – Il Te Deum di Berlioz? R – Si il Te Deum di Berlioz. Quindi anche in quell’occasione era stata una cosa meravigliosa e dopodiché nel 2009/2010 circa lui è tornato da questa visita a Caracas assolutamente convinto che si dovesse fare qualcosa in Italia e il suo primo pensiero è stato proprio quello di dire chi si occuperà dell’aspetto didattico? Insomma di dare un indirizzo artistico a questo “Sistema” che
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Angelo Foletto è un giornalista e critico musicale italiano. Si riferisce al grandissimo evento a Bologna per la diffusione della musica nelle scuole, con Claudio Abbado c’erano Roberto Benigni, Orchestra Mozart , Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, Orchestra Giovanile Italiana, Coro del Teatro Comunale di Bologna, Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, Coro di Voci bianche del teatro Comunale di Bologna, grande coro di voci bianche “un coro in ogni scuola”, i solisti Marius Brenciu e Iveta Apkalna, 25 ottobre 2008 – PalaDozza, Bologna. 263
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doveva nascere in Italia e ha pensato alla Scuola di musica di Fiesole. Quindi da li sono cominciati i primi contatti e poi …. D – Perché poi voi già avevate l’Orchestra giovanile Italiana, quindi già lavoravate nel campo dell’educazione musicale come didattica? R – Noi dal punto di vista del lavoro sul campo lo facevamo solo qui a Fiesole e avevamo questa Orchestra giovanile Italiana che quest’anno compie 30 anni mentre la scuola ne compie 40. In questi 30 anni l’Orchestra giovanile ha veramente dato molti frutti, più di 1000 allievi sono entrati nelle orchestre di tutto il mondo, diciamo che è un’esperienza che ha veramente dato grossi risultati. Però non avevamo mai operato in zone di disagio sociale, diciamo che ci avvicinavamo perché fin dalla nascita il fondatore della scuola il Maestro Farulli264 ha sempre detto che la musica doveva essere data a tutti in tutti i modi e trovare mille strade per poter dare la musica a tutti; quindi con borse di studio e facilitazioni. Addirittura molti corsi sono stati resi gratuiti per coloro che ne avevano bisogno. Quindi l’aspetto sociale naturalmente era fondamentale fin dalla nascita della scuola, poi un’operazione come quella che si voleva far partire nelle zone disagiate delle città era una novità anche per la scuola, non era stato fatto mai niente. Quindi è nato questo Sistema con due entità che poi si sono messe insieme . D – Quindi tornando indietro, il maestro Abbado vi ha contattato per occuparvi della didattica di questo progetto del Sistema e poi … R – Si, dopodiché abbiamo fatto un primo Convegno qui a Fiesole. Praticamente un modo per fotografare la situazione nazionale, vedere cosa c’era, quali erano le iniziative già esistenti.
D – Si anche la professoressa Belgeri265 mi ha detto che in Italia esistevano già molte iniziative basate sul Sistema Abreu R – Si, per noi è stata una piacevole sorpresa scroprire che esistevano altre iniziative di questo genere. Ognuna aveva operato autonomamente su ispirazione del modello venezuelano, spesso in maniera molto improvvisata. A modo loro erano comunque riusciuti a coinvolgere positivamnte 264
Piero Farulli nel 1974 fonda la prestigiosa Scuola di Musica di Fiesole, da cui è sorta poi l'Orchestra Giovanile Italiana. 265 Gisella Belgeri è la Presidente della Federazione CEMAT (Federazione dei Centri musicali attrezzati italiani).
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migliaia di bambini. Dopodiché da questo Convegno sono nate le basi per la creazione del “Sistema” italiano. D – Lei parla di quello del 13 e 14 novembre “ Musica e Società” ? R – Si, faccio riferimento al Convegno “Musica e Società”.266 Da questo incontro si è formato un Comitato all’interno del “Sistema” che ha portato alla nascita del “Comitato nazionale di orchestre e cori giovanili e infantili” 267 , tuttora vigente. Il Comitato aveva due anime, quella musicaledidattica a Fiesole e quella amministrativa gestita da Federculture. All’interno di questo Comitato ci sono varie rappresentanze: Roberto Grossi che è il Presidente di Federculture e io che sono il direttore artistico della scuola di musica di Fiesole. Sono stato nominato responsabile didattico e poi all’interno della struttura ci sono altri operatori come Maria Majno e Michele Dall’Ongaro che fin dall’inizio sono state coinvolte nel progetto. D – Mi diceva Maria Majno che fin dall’inizio Abbado ha voluto coinvolgere persone che avessero spirito di servizio verso la musica. Quindi lui le ha scelte singolarmente in base alle sue conoscenze anche umane? R – Si. E’ stato fatto un lavoro importante, anche se abbastanza sotto traccia perché non è stato semplice mettersi d’accordo. Abbiamo fatto un regolamento didattico e abbiamo indicato le strade da seguire. Abbiamo notato molte realtà che operavano da tanti anni su ispirazione del modello venezuelano che si erano messe direttamente in contatto con Abreu. Avevano chiamato anche degli operatori musicali dal Venezuela che avevano impostato le cose sui loro modelli. Ora, il problema che si è posto subito dinnanzi a tutti è che non si poteva prendere quel modello e applicarlo in Italia nella stessa maniera essendo realtà totalmente diverse. E qui qualche problema c’è stato, perché molti di questi gruppi erano legatissimi al sistema venezuelano e non volevano cambiare. Da un punto di vista didattico, ci sono tuttora differenze di gestione.
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Convegno “ Musica e Società” per un Sistema nazionale delle orchestre sinfoniche e dei cori infantili e giovanili, Fiesole, Villa La Torraccia 13-14 novembre 2010. 267 Roberto Grossi nel 2010 costituisce il Comitato Sistema delle Orchestre e dei Cori Infantili e Giovanili in Italia Onlus, di cui è Presidente.
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D – Molte di quelle realtà si sono unite al vostro Sistema? R – Praticamente si. Noi abbiamo detto che chi voleva poteva far domanda e adesso siamo arrivati a più di D – Mi ha detto Francesca Chiappetta268 che ad oggi sono 54 Nuclei ? R – Inizialmente erano poche, alcune nuove ed altre già esperte da diversi anni. 54 mi sembra comunque un ottimo numero. D – In Venezuela la povertà è ben visibile e fare musica è un istinto di sopravvivenza. In Italia la povertà è intesa anche in senso culturale? R – Il disagio culturale è presente e sempre più diffuso. D – In Italia è difficoltoso togliere il bambino dalla tv o dalla play station? R – Esiste un disagio grave. Bisogna aver pazienza perché i risultati arriveranno, tenuto che non abbiamo nel nostro Paese le stesse condizioni del Venezuela dove i bambini tutti i pomeriggi fanno ore e ore di musica. Da noi una iniziativa del genere non avrebbe successo perché questi bambini hanno mille interessi. Anche quelli delle zone più disagiate delle città giocano a calcio o fanno sport. Quindi dobbiamo aver pazienza. E’ importante che cominci a passare l’idea che la musica aiuta a stare insieme, aiuta a socializzare e aiuta nell’integrazione. Noi abbiamo creato un Nucleo269 come Scuola di musica di Fiesole “Le Piagge” 270 e devo dire che da un punto di vista artistico/musicale i risultati ancora non sono così eccezionali, poiché è aperto da 3 anni. Sono bambini che hanno cominciato da zero e fanno lezione due volte alla settimana.
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Relazioni per il Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e Infantili in Italia. I "Nuclei" sono centri didattici permanenti sul territorio che realizzano attività musicali con gli scopi, i criteri e le modalità didattiche ed operative del Sistema. 270 La creazione del Nucleo Orchestrale presso il Quartiere delle Piagge appartiene al DNA della Scuola di Fiesole in modo inestricabile. Viene da pensare che, come spesso succede nell’esistenza degli esseri umani, che la Scuola sia riuscita ad essere anche in questa occasione ciò che è sempre stata: soggetto attivo della diffusione della educazione musicale anche nelle zone dove questo appare meno agevole, e centro per la ricerca per una didattica innovativa e sperimentale. La didattica impiegata alle Piagge è il risultato di un processo di codificazione di quaranta anni di esperienza svolta sul campo dalla Scuola, e insieme di ripensamento dell’esperienza stessa; http://www.scuolamusicafiesole.it/it/didattica/corsi-di-base-e-pre-accademici/progetto-piagge, ultima consultazione 24/11/2014. 269
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D – E’ sempre nel programma didattico della scuola? R – Fa parte del programma scolastico ma segue modalità didattiche diverse. Abbiamo voluto sperimentare un nuovo modo di fare e insegnare musica collettivamente: non più lezioni uno ad uno ma lezioni collettive. D – Lo scopo di questa iniziativa non era quello di insegnare a suonare uno strumento ma soprattutto era lo stare insieme? R – Esattamente, volevo arrivare proprio a questo. Bisogna guardare ai risultati, ai successi ottenuti come integrazione e socializzazione fra bambini di varie etnie. Per esempio, alle “Piagge” c’era una forte presenza di famiglie cinesi che erano isolatissime dal resto della popolazione e con questo “Sistema” hanno cominciato a partecipare alle prove. I bambini italiani e stranieri hanno cominciato a dialogare, a suonare insieme e le famiglie si sono unite. E’ stato un successo superiore al previsto, grazie a questa iniziativa . D – I bambini devono essere indirizzati alla musica come andare a calcio, come un gioco ? R – Il gioco di squadra è fondamentale. Il tentativo è quello di insegnare loro la musica in maniera collettiva. Iniziare da subito in gruppo è fondamentale. L’altro passaggio importante ereditato dal modello venezuelano è che i bambini più grandi cominciano a insegnare ai più piccoli. Quindi i bambini si sentono molto presto più responsabilizzati. Un bambino più grande di 8/9 anni rispetto a quello di cinque, non è che sia tanto diverso d’età però già si sente responsabilizzato. Devo dire che sta funzionando molto bene e in tanti Nuclei non c’è solo l’ aspetto della musica, dello strumento, ma c’è il coro: molti Nuclei fanno coro. Tra l’altro, alle Piagge nella formazione si parte anche dal coro, dal lavoro sulla voce che è la cosa più naturale per poi coordinare la voce allo strumento. Inoltre stanno nascendo sempre di più Nuclei che si dedicano alle Mani bianche271 e devo dire che questa meravigliosa iniziativa è ogni volta commovente. Secondo me, l’idea di fondo è quella che veramente tutti possono partecipare.
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Progetto nato all’interno del Sistema di José Antonio Abreu dove bambini e ragazzi portatori di handicap suonano muovendo le mani con dei guantini bianchi.
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D – Io proprio l’altro giorno ho rivisto “L’altra voce della musica” di Helmut Failoni e ogni volta che lo vedo provo una sensazione forte R – Sono d’accordo. Altri passi importanti che abbiamo fatto sono la creazione di corsi di formazione. Per due anni abbiamo fatto corsi di aggiornamento per coloro che volevano avere una panoramica generale sui vari metodi di insegnamento e l’ affluenza è stata molto alta. La maggior parte dei fruitori erano operatori di Nuclei provenienti da tutta Italia. Quest’anno siamo riusciti a far partire un vero e proprio master dedicato agli operatori di cori e orchestre infantili272. D –Abbado non era presente al Convegno “Musica e Società” e al suo posto c’era Cesare Mazzonis? R – Si, esattamente. Abbiamo organizzato nel primo anno quattro incontri didattici e poi ne abbiamo fatti tre l’anno successivo. Erano corsi di aggiornamento didattico dove abbiamo invitato anche operatori da varie parti d’Italia che ci raccontavano le loro esperienze che poi venivano condivise e scambiate con gli altri. D – Diceva Francesca Chiappetta che adesso state anche prendendo contatti con i Conservatori e con le Università? R –Si certo. E’ bene che ci sia la più ampia diffusione. L’idea è quella di creare tre masters: uno al Nord, uno al Centro e uno al Sud. Al Centro Italia lo abbiamo organizzato noi della Scuola di musica di Fiesole con l’Università di Firenze. L’obiettivo di questi masters è di preparare i nuovi operatori del domani, persone che andranno a lavorare nei Nuclei già esistenti. Si spera che avranno la volontà di aprire nuovi Nuclei in altre zone delle città. D – I bambini reagiscono bene, sono felici e contenti di questa iniziativa? R – Si hanno risposto molto positivamente
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Il Master in “Operatore musicale di Orchestre e Cori infantili e giovanili”, costruito dalla Fondazione Scuola di Musica di Fiesole Onlus insieme all’Università di Firenze e al Comitato Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e Infantili in Italia Onlus, è uno strumento agile per offrire le conoscenze necessarie allo sviluppo di un Nucleo orchestrale o corale ispirato a questi principi.
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D – Io ricordo sempre una frase di Abbado che mi ha detto Maria Majno «non mi importa, se suoneranno dopo o quello che faranno o da dove vengono ma cominciate a farli suonare insieme!» E’ un forte segnale! R –Era decisivo farli suonare insieme perché i bambini per prima cosa chiedono di stare con gli altri bambini. Ho sempre pensato che un bambino da solo si intristisce. Stare insieme fin dall’inizio vuol dire facilitare la strada subito perché anche una piccola difficoltà viene risolta guardando un altro bambino che fa la stessa cosa. D – Penso che il legame tra musica come cultura non sia separabile dall’aspetto sociale. R – Si è così. C’è ancora molto da fare, non è così semplice. L’idea è quella di far nascere centri di musica classica ma la scuola pubblica non fa niente per aiutarci. Io penso che dovrebbe essere obbligatorio dare una formazione musicale a tutti i bambini . D – C’è ancora molto da fare, ma stiamo sulla strada giusta ? R – Siamo un passo avanti. Adesso ci sono state già alcune iniziative per creare un’Orchestra Nazionale e questo per avere più scelta e per avere più orchestre con esecutori di varie età. Per questo c’è bisogno di tempo. In Venezuela ci sono le orchestre regionali e poi da quelle si forma quella nazionale. Noi ancora non siamo a questo livello. D – Federculture ha siglato un accordo con il Venezuela dove è previsto un interscambio Venezuela- Italia? R –E’ fondamentale il nostro rapporto con il Venezuela da dove nasce l’idea. Dobbiamo cercare un modello italiano diverso da quello venezuelano che possa andare bene per la nostra società. Insomma è venuta fuori una via di mezzo. D – Io penso che Abbado possa essere contento di questi risultati R – Credo proprio di si. Secondo me questa idea sarebbe piaciuta molto ad Abbado.
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D – Si infatti pure Maria Majno, molto amica di Abbado, mi ha detto che di Claudio si sente la presenza molto forte piuttosto che la mancanza, perché ha indicato le direzioni da seguire, ora sta a tutti voi portare avanti R – Certo, purtroppo manca il suo carisma, il fatto che quando diceva una cosa era ascoltato da tutti. Sono quelle figure di riferimento, come poteva essere Luciano Berio o anche lo stesso Farulli, riconosciute a livello nazionale . D – Si c’era una bella frase che mi ha detto Foletto proprio di Farulli , la musica è …. R – “La musica è un bene da restituire”, infatti è così. Cioè, è talmente una fortuna per chi avvicina la musica, che è un peccato se non la restituisce: è un dovere restituirla. Chi viene toccato da questa arte secondo me viene cambiato profondamente. Sia Abbado che Farulli vedono la musica come strumento da diffondere e non più da considerare come elitaria. La musica deve essere data a tutti. D – Comunque c’è sempre rispetto per tutti i criteri dettati dal Sistema venezuelano come la gratuità dell’offerta. All’interno dell’iter didattico non c’è la finalità obbligatoria del concerto? R – Da due anni a giugno viene realizzata la “giornata della musica”, che coinvolge tutti i Nuclei interessati. Cioè, non obbligatoria la realizzazione del concerto finale come saggio. Secondo me alla fine le famiglie devono essere coinvolte e il concerto è un momento di condivisione. D – Le famiglie trovano nei loro figli una crescita? R –La musica ha delle qualità fantastiche. Dal punto di vista proprio del carattere, bambini che prima non aprivano bocca ed erano timidi, attraverso la musica riescono a cambiare completamente atteggiamento nei confronti degli altri e questo le famiglie lo vedono. Ci sono casi di bambini introversi e che non ridono mai, che quando si inseriscono nel gruppo si aprono e quando vengono riportati a casa ritornano a essere chiusi in loro stessi . Ciò avviene perché trovano un ambiente accogliente.
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D – Il coinvolgemento delle famiglie agevola l’avvicinamento ai loro figli? R – La partecipazione delle famiglie è fondamentale. Quando c’è il coro per amatori adulti (alle Piagge ce l’abbiamo) e nello stesso posto c’è anche l’orchestra infantile si crea un’atmosfera molto bella e condivisa. Altrettanto bello è quando i genitori o i nonni fanno coro nello stesso posto, e poi nel concerto di fine anno suonano tutti insieme. Suonano i bambini e cantano i genitori nel coro e questo è un momento che unisce, sono momenti unici. Non avrebbero avuto nessun altro modo per fare una cosa del genere insieme se non con questa iniziativa.
D – L’iniziativa mi pare è dai quattro ai diciotto anni? R – Si, è un’indicazione di massima. Per me anche se hanno venti anni e vogliono cominciare va benissimo. Diciamo che come indicazione di massima si inizia il prima possibile . D – E’ importante che loro abbiano un segnale di crescita e la possibilità di scegliere. R – Si io penso che l’idea sia quella di una diffusione più ampia possibile di questa pratica musicale. Per notare un talento ci vuole poco e quando lo hai scoperto non bisogna perdere l’occasione per svilupparne le capacità. L’individuazione del talento si realizza sia che si cominci in maniera collettiva che in maniera individuale. D – Cosa puoi dirmi della raccolta di strumenti “Costruire con la musica”, un’altra iniziativa a cui Abbado teneva molto? R – Sono stati realizzati molte campagne e diversi concertoni per la raccolta di strumenti e ne ricordo uno molto bello a Milano al quale ho partecipato, con una partecipazione di tanti artisti e ho visto un intero capannone pieno di strumenti regalati. Poi ne sono state fatte altre campagne: una a Bari, a Napoli e a Roma.
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D – Oltre a essere donato uno strumento può essere anche prestato? R – Si, noi abbiamo avuto una donazione da parte di un liutaio. Un piccolo numero di violini è stato acquisito in questo modo. Altri sono stati acquistati e regalati ai bambini. Questa iniziativa è stata molto importante perché ha consentito di aggirare il primo ostacolo che è quello economico. Almeno per i primi anni mettiamo uno strumento a disposizione . D – E’ una cosa molto bella, perché uno strumento inutilizzato viene fatto rivivere R – Appunto, e c’è sensibilità da questo punto di vista. Spesso la qualità dello strumento non è un granché pero risolve il problema economico del Sistema. D – In Venezuela finanziano molto l’educazione musicale? R – In Italia esiste una proposta di legge per consentire che almeno una parte di questa iniziativa sia finanziata dallo Stato. Spero che possa passare, perché un sostegno sarebbe veramente necessario. Purtroppo il Comitato che gestisce tutto il Sistema attualmente deve chiedere aiuti a titolo gratuito anche ai docenti.
D - Alla fine sanno solo dire tutti belle parole, ma non capiscono che la cultura aiuta la crescita e crea anche ricchezza. R – Effettivamente se non si investe sulla cultura in Italia cosa altro si deve fare di più importante? D – Infatti era la stessa cosa che pensava Abbado. R – E’ pazzesco, noi dovremmo vivere solo di cultura. In America hanno l’abilità di valorizzare le poche cose antiche che hanno anche con cartelloni distanti 200 km. Al contrario, in Italia la valorizzazione del nostro vastissimo patrimonio culturale è realizzata in maniera improvvisata e discontinua. D – Penso che un’altra parola chiave sia “entusiasmo”? R – L’entusiasmo è la benzina dato che soldi non ce ne stanno. 223
Luigi Berlinguer Presidente del Comitato Nazionale per l’apprendimento pratico della musica Roma 09/09/2014 Nota biografica Luogo e data di nascita
Luigi Berlinguer è nato a Sassari il 25 luglio del 1932. Formazione culturale e studi compiuti
Si laurea nel 1955 alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Sassari. Incarichi ricoperti Per qualche anno è il Preside della Facoltà di Sassari. Prosegue poi la sua carriera accademica all’università di Siena dove ha ricoperto, tra gli altri, i ruoli di Direttore del Dipartimento di studi politici, di Storia politico-giuridica e successivamente, quello di Presidente della Commissione d’Ateneo. È stato Rettore dell’Università di Siena dal 1985 al 1994 e Segretario Generale della Conferenza permanente dei rettori italiani (CRUI) dal 1989 al 1994. Direttore della Rivista Democrazia e Diritto dal 1971 al 1984 e autore di numerose pubblicazioni. È stato sindaco del Comune di Sennori (SS), Consigliere Regionale della Toscana e membro della Deputazione Amministratrice del Monte dei Paschi di Siena. È stato dirigente Regionale e Nazionale del PCI, PDS e DS Dal 1994 al 2002 è stato rieletto in Parlamento (precedentemente dal 1963 al 1968). Nel corso dei suoi mandati ha ricoperto, tra gli altri, i seguenti incarichi: Presidente del gruppo dei Deputati “Progressisti-Federativo” (1994-1996), Presidente della XIV Commissione permanente “Politiche dell’Unione europea” della Camera dei Deputati e componente della Giunta del Senato per gli affari delle Comunità europee. Dal 1996 al 2000 è stato Ministro della Pubblica istruzione (nei governi Prodi e D’Alema). Dal 1996 al 1998 è stato anche Ministro ad interim dell’Università e della Ricerca scientifica e tecnologica. È stato insignito della Gran Croce al merito della Repubblica Federale di Germania, della Legion d’Onore Francese e della Gran Croce della Repubblica Italiana. È membro di numerose Società Scientifiche. Nel quadriennio 2002-2006 è stato membro del Consiglio Superiore della Magistratura (Csm) e dal 2004 al 2007 ha fondato e presieduto la Rete Europea dei Consigli di giustizia (ENCJ). Ha ricevuto lauree honoris causa, Università di Toronto, Università di La Plaza, Università Paris V Descartes, Università di Buenos Aires e Università di Roma Tre. Attualmente è Presidente del Comitato per lo sviluppo della Cultura scientifica e tecnologica e Presidente del Comitato Nazionale per l’apprendimento pratico della musica nella scuola. Direttore della rivista digitale “Education 2.0” (www.educationduepuntozero.it). Presidente della Commissione Nazionale di Garanzia del Partito Democratico È stato Membro del Parlamento Europeo, I° Vice Presidente della Commissione Affari Giuridici e membro della Commissione Cultura e Scuola. (Fonte: http://www.luigiberlinguer.eu/bio/, ultima consultazione 25/11/2014).
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Abstract: Luigi Berlinguer racconta la sua iniziale conoscenza di Abbado nata dalla stima che nutriva nei suoi confronti. Poi il progetto comune di voler portare l’educazione musicale nelle scuole fin dai primi anni li unisce nell’evento straordinario del Te Deum di Berlioz con la presenza di un coro di 600 voci bianche. D – Come ha conosciuto Claudio Abbado. Quando è entrato in contatto con lui? R – Inizialmente io sono andato più volte ad ossequiarlo, avendo un profondo rispetto della sua grande personalità e poi abbiamo avuto delle forme di collaborazione che sono confinate in un evento particolare: il Te Deum di Berlioz.273 Lui ci [al Comitato Nazionale per l’apprendimento pratico della musica] ha chiesto di collaborare a questa sua gestione dell’evento musicale al Palazzetto dello sport di Bologna. Siccome Berlioz aveva previsto 600 bambini nel coro infantile, lui, che era uno dei più grandi artisti del Novecento italiano ed era anche molto rigoroso filologicamente, ha messo insieme 600 bambini. Reclutare 600 bambini che cantassero non è un’impresa da conservatorio o da direttore d’orchestra. Per cui chiese aiuto in quel caso alla scuola emiliana e in quel caso a me, perché io essendo il Presidente del Comitato Nazionale per l’apprendimento pratico della musica per tutti gli studenti svolgevo un’attività per cui ero anche entrato in contatto con lui per promuovere questa idea. Lui venne al concreto, non solo approvò l’idea ma riuscì a mettere insieme l’Orchestra Mozart, l’Orchestra Cherubini di Muti e quella di Fiesole. Quindi fece un’operazione anche di superamento delle decisioni per fare una cosa imponente.. Si riempì di pubblico il palazzetto dello sport perché era Abbado e poi Berlioz è particolarmente affascinante per il grande pubblico. Vennero in tantissimi. D – Poi c’era anche Roberto Benigni? R – Ecco poi tra l’altro c’era anche l’attrattiva di Benigni. Poi ci diede lo spartito da fare imparare ai bambini e allora furono mobilitate le risorse organizzative che noi avevamo nelle scuole emiliane e furono sentiti 1000 bambini, non per fare una selezione perché è brutto dire a un bambino non ti prendo, ma comunque per poter attingere da una platea più ampia. Era uno spartito semplice quello che riguardava i bambini, quindi non è che fosse uno studio enorme, però tuttavia bisognava che 273
Si riferisce al grandissimo evento a Bologna per la diffusione della musica nelle scuole, con Claudio Abbado c’erano Roberto Benigni, Orchestra Mozart , Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, Orchestra Giovanile Italiana, Coro del Teatro Comunale di Bologna, Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, Coro di Voci bianche del teatro Comunale di Bologna, grande coro di voci bianche “un coro in ogni scuola”, i solisti Marius Brenciu e Iveta Apkalna, 25 ottobre 2008 – PalaDozza, Bologna.
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imparassero e che cantassero bene e quindi ci furono varie prove prima e lui li ascoltò più volte, per essere sicuro che funzionasse. D – Si me lo ha detto la Professoressa Belgeri, ogni bambino aveva un suo “kit”? R – Tutto fu preparato molto accuratamente, come del resto tutte le cose che faceva Abbado. Oltre al coro infantile c’erano non solo le altre orchestre (Mozart, Cherubini, Fiesole), ma c’era anche il coro di adulti nelle partitura, che lui aveva separatamente e opportunamente preparato con un maestro di coro. D – Poi c’era il Comunale di Bologna? R – Esatto, c’era un apporto di musicisti e di interpreti poderoso. Quindi fu un impresa grandiosa , come spettacolo e anche come messa in opera . D – Ma questa impresa, come dice lei, Abbado aveva già in mente di organizzarla e poi dopo successivamente vi siete uniti? R – Chiacchierammo un po’ finito l’evento a cena. Lui era consapevole che si era creata questa condizione di mobilitazione di bambini nelle scuole. Era molto influenzato da Abreu e dall’esperienza del Venezuela. Anzi, poi lui è diventato un’attivista ed è stato il promotore dell’interesse, della considerazione su quello che avveniva in Venezuela D – Torniamo un attimo indietro al Te Deum di Berlioz R – Si aprì nella sua mente l’ipotesi di fare quel tipo di musica, quel tipo di rappresentazione con quella dovizia di bambini che cantavano nel coro. Ci chiese aiuto perché sapeva di poter attingere a un serbatoio originale nuovo. Quindi io scattai come un molla perché la sollecitazione di Abbado, l’utilizzazione di Abbado poteva diventare anche un evento che avrebbe favorito di più la nostra battaglia per rendere possibile il nostro scopo.
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D –“Un coro in ogni scuola” ? R – “Un coro in ogni scuola” è un’altra cultura, molto diversa . Quella io la lanciai da Ministro274 quindici anni prima. Intanto “un coro in ogni scuola” era una parola d’ordine e poi era diventata un’indicazione politica. Ritornando ad Abbado, si riuscì a fare quell’evento e fu una prova che da un lato aveva la grande utilità pedagogica di arricchire il bagaglio di base della cultura di ogni essere umano rispetto alle discipline classiche (la lingua, la storia, la matematica) inserendo anche la musica nel bagaglio di ciascun individuo. Questo è il grande valore di quello che stiamo facendo e che lui sposò fino in fondo. Il fenomeno venezuelano è diverso in questo. La seconda ragione è che iniziative di questo tipo erano utili per la formazione di un serbatoio di possibili interpreti: questo è il caso di quell’evento. Però io incontrai altre volte Abbado, anche in quella sua meravigliosa casa nel quartiere Santo Stefano di Bologna D – Senta, per finire di parlare del Te Deum, mi dice quello che lei ha provato come spettatore? Perché io ho letto che Abbado dirigeva come se fosse un’orchestra da camera invece erano più di 5000 persone? R – Esatto. Allora, io l’ho visto dirigere una volta a Bologna tutti e sei i Brandeburgo con un’orchestra ridotta dove c’erano anche grandi solisti e membri del gruppo. In quel caso dirigeva Bach e stava dirigendo come dire «la crema di Bach», e un’altra volta l’ho visto dirigere questo evento bolognese di Berlioz: ed era lo stesso. Ma quando dirigeva i Brandeburgo lui saliva qualche volta sul podio, poi scendeva si metteva dalla parte del pubblico e dalla parte del pubblico faceva gesti assai sobri. Era un’ensemble talentuosissima. Per esempio al violoncello c’era Mario Brunello275 che da solo fa un concerto. Con ciò non voglio dire che fossero autosufficienti i membri dell’ensemble perché il direttore d’orchestra ci vuole sempre qualunque sia l’ensemble. Non c’è dubbio che lui [Abbado] dirigeva con molta fluidità e con molta sobrietà. In quella bolgia del Palazzetto dello sport a Bologna, con una moltitudine di spettatori e una moltitudine di musicisti a vari strati; lui stava sul podio e sobriamente teneva insieme tutto. Lui era un grandissimo direttore d’orchestra perché teneva insieme l’orchestra senza, come succede per altri, sbracciarsi e fare una drammatizzazione della funzione o un ispirazione massima della 274 275
Luigi Berlinguer dal 1996 al 2000 è stato Ministro della Pubblica istruzione (nei governi Prodi e D’Alema). http://www.orchestramozart.com/index.php?page=mario-brunello, ultima consultazione 26/11/2014.
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funzione che ha già qualche venatura retorica. Lui era la negazione della retorica. Eppure era severissimo e rigorosissimo. D – Infatti, anche la sua determinazione nel fare le cose, magari intanto non è che era sempre dolce di sale. Penso che i bambini non dimenticheranno mai questa esperienza? R – No, dolce non lo è mai stato. I bambini li avevamo preparati bene e poi lui li conduceva. La capacità sua era quella di coinvolgere moltissimo l’orchestra nella preparazione. D – Secondo me sarà stata una cosa eccezionale anche a livello sociale? R – Si, si. Io altre volte sono stato in questo suo appartamento a Bologna, si saliva all’ultimo piano e lui ci faceva vedere come organizzava il suo lavoro e così via. Era attentissimo e sensibilissimo. Prima di tutto però la cosa di lui secondo me molto grande è che è stato prima di tutto un grandissimo interprete e musicista facendo perfettamente il suo lavoro.
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Una conclusione sulle interviste Come conclusione voglio sottolineare i tratti comuni del Maestro Abbado presenti in queste interviste che mi sono state gentilmente concesse e sono state esemplificative di quello che Claudio Abbado ha lasciato in chi l’ha conosciuto, in chi ha assistito personalmente ai suoi concerti e in chi con lui ha collaborato direttamente alla realizzazione dei suoi numerosi progetti. Un tratto del Maestro comunemente riconosciuto da tutti gli intervistati è stata la grande determinazione nel realizzare i progetti senza pensare agli ostacoli che poi sarebbero venuti dopo e la concentrazione assoluta che Abbado metteva in ogni cosa scaturisse la sua attenzione. Il suo non porsi limiti, ma finalizzare tutto ad un solo obiettivo: quello di portare la musica a tutti senza distinzioni di genere o classe era una caratteristica comune di quel momento storico e di quella generazione (Grassi, Badini, Strehler); me lo ricordano nelle loro interviste Angela Ida De Benedictis, autrice del libro “Claudio Abbado alla Scala”, sottolineando che gli anni di Musica/Realtà, i concerti nelle fabbriche negli anni ’70 insieme a Nono e Pollini ed altri musicisti che condividevano le sue stesse idee rientravano in una sorta di “spirito del tempo” (cfr. pp. 205206) e Sergio Escobar, direttore del Piccolo Teatro di Milano (Cfr. pp.171-172). Lo contraddistingueva una ricerca continua di nuove cose, la meticolosità nello studio delle partiture e la sua curiosità verso tutto quello che riguardava la cultura e la società (Cfr. Sergio Escobar p.181-182). Claudio Abbado mi riferisce Cesare Mazzonis, direttore artistico dell’Orchestra Rai di Torino e legato ad Abbado da una profonda amicizia lavorativa e umana, ha completamente rinnovato il repertorio musicale del Teatro alla Scala e con nel 1981 con Carlo Maria Badini, allora Sovrintendente, ha avuto l’idea di creare la Filarmonica della Scala (cfr. pp.187-188). Abbado nutriva un amore viscerale per la musica e per i giovani e in mezzo ai giovani si trovava a suo agio. Tutte le sue Orchestre sono nate da questo amore. Jacopo Zacchia mi descrive bene la struttura della European Union Youth Orchestra (EUYO), l’ Orchestra giovanile di cui Abbado è stato il direttore musicale dalla sua nascita nel 1978 al 1994 e a cui si è dedicato con passione (cfr. pp. 152-155). Abbado non aveva bisogno di urlare o di agitarsi. La parola chiave era «ascolto». Solamente ascoltandosi reciprocamente si può creare quell’armonia unica e meravigliosa che porta alla commozione. Angelo Foletto spiega come la necessità di ascoltarsi sia nata in Abbado dalla famiglia dove la musica da camera, simbolo per eccellenza dell’ascolto reciproco, si è sempre praticata (cfr. pp.133-135). Un altro aspetto fondamentale che lo differenzia dagli altri direttori è il voler lasciare nell’interpretazione del pezzo musicale la spontaneità dei musicisti. Le sue interpretazioni non sono mai uguali le une alle altre, ma sono tutte quante il frutto di uno studio approfondito dell’opera e 229
del compositore. Questo aspetto è ben sottolineato nell’ intervista di Franco Pulcini (cfr. pag.89). Anche la selezione dei musicisti per la formazione delle sue orchestre avveniva in maniera particolare, basandosi molto su sensazioni empatiche ed intuitive , ma soprattutto sul livello umano. Come suonavano poi mi dice Diego Ravetti, responsabile dell’Ufficio Stampa dell’Orchestra Mozart «lo scopriva in tempo reale» (cfr. pp. 80-81). In lui era molto forte la dedizione alle classi più svantaggiate, il voler aprire le prove generali a gruppi di carcerati, il voler portare la musica dove non arrivava. La sua forte volontà lo portava alla realizzazione di grandi eventi; ricorda il professore Luigi Berlinguer lo straordinario evento del Te Deum di Berlioz Palazzetto dello sport di Bologna dove insieme a un coro di 623 bambini, suonavano tre orchestre eccezionali: la Mozart, la Cherubini e l’ Orchestra giovanile di Fiesole (cfr. pp. 222-223). Significativi sono stati i progetti sociali fatti con l’Orchestra Mozart a Bologna. Il progetto Tamino (Terapie e Attività Musicali INnovative Oggi) e il progetto Papageno, sono ben spiegati nelle interviste di Giovanna Fellegara che ha coordinato questi progetti con grande trasporto (cfr. pp.72-73) e della professoressa Gisella Belgeri che ha preso la Direzione del progetto Tamino nel 2007 (cfr. pp. 162-163). O ancora il flautista dell’Orchestra Mozart Mattia Petrilli che, avendo partecipato al progetto Tamino in prima persona insieme ad altri musicisti, mi ha trasmesso nella sua intervista i momenti emozionanti che loro provavano quando erano davanti a quei bambini nel momento in cui donavano momenti di gioia e di distrazione dalle sofferenze della loro malattia (cfr. pp. 194-196). Ma voglio più di tutto ricordare, e questo tutti gli intervistati lo dicono, l’impegno che Abbado ha profuso da quando ha conosciuto “El Sistema” venezuelano di cori e orchestre giovanili e infantili di José Antonio Abreu. Elisa Sologni mi racconta come Abbado le abbia chiesto in modo semplice e diretto senza giri di parole, di seguirlo nell’avventura venezuelana. Entrambi sono rimasti colpiti dalle dimensioni de “El Sistema” a Caracas, progetto nato dalla volontà di un solo “piccolo” uomo il Maestro Abreu che, con la sua caparbietà e forte volontà, ha fatto diventare il suo sogno (quello di creare un’Orchestra Panamericana dove non ci fossero differenze, ma dove l’unico punto di unione fosse la musica) una realtà (cfr. pp. 106-109). Elisa dice che Abbado e Abreu avevano lo shining, una specie di luccicanza intorno a sé che secondo lei posseggono poche persone nel mondo. Proprio per questo il Maestro Abbado riusciva a trovare il meglio in tutte le persone con cui entrava in contatto (cfr. p.107) oppure di come Abbado prendesse energie dalla musica, parla di the healing power of music, il potere curativo della musica (cfr. p. 112). Insieme hanno vissuto tanti momenti emozionanti e coinvolgenti, uno fra i tanti l’ascolto del Coro delle Mani Bianche, che ha provocato in loro felicità e commozione (cfr. p. 120). La sua avventura venezuelana è stata ripresa da Helmut Failoni e Francesco Merini nel 230
meraviglioso DVD “L’altra voce della musica”. Francesco Merini ricorda di quest’avventura come Abbado avesse una preparazione musicale enorme e come, solamente osservando il loro lavoro, riuscisse a dargli dei consigli utili per fare meglio le cose (cfr. p. 201). Abbado ha dedicato gli ultimi anni della sua vita a questi due progetti straordinari: l’Orchestra Mozart che era una sua creatura e “El Sistema” che è riuscito portare in Italia con la creazione nel 2010 del “Comitato Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e Infantili in Italia Onlus”. Tale Comitato ad oggi è cresciuto esponenzialmente, sono ben 54 Nuclei mi dice Francesca Chiappetta, responsabile delle relazioni per il Sistema Nazionale Sistema Orchestre e Cori Giovanili e Infantili in Italia (cfr. p.139) e mi comunica che è stato siglato un Protocollo d’intesa tra El Sistema Venezuela e il Sistema Italia, grazie al quale possono realizzare iniziative comuni. Tra l’altro il modello italiano possiede la stessa impostazione del modello venezuelano e per questo il Maestro Abreu gli è molto vicino (cfr. pp. 147-148). Ancora Andrea Lucchesini, direttore artistico della Scuola di Musica di Fiesole e responsabile didattico del Sistema italiano, sottolinea come lo scopo principale e più importante del “Sistema” sia quello di “far suonare insieme” i bambini, iniziando da subito nel gruppo (cfr. p.214). «L’idea di fondo è quella che veramente tutti possono partecipare» dice Lucchesini (cfr. p. 215). Si evincono da queste interviste tratti di Abbado organizzativi e progettuali. Diego Ravetti, che curava la comunicazione, mi racconta che il Maestro aveva un approccio concreto e artigianale al lavoro (cfr. p. 81), senza vie di mezzo. Mi dice Maria Majno, responsabile del “Sistema” in Lombardia, che lui non partecipava in prima persona alla preparazione del progetto ma dettava le linee da seguire per la giusta realizzazione dell’evento (cfr. pp. 94-96). Una frase che mi ha colpito molto che mi ha citato la Majno è stata «non importa, fateli suonare insieme»! (cfr. p. 95), questo evidenzia la forte convinzione di Abbado che quello fosse una giusta iniziativa di integrazione sociale e culturale. Fuori dal coro degli apprezzamenti meritatissimi nei confronti del Maestro Abbado, nella sua intervista, Valerio Vicari è critico rispetto ad alcuni progetti del Maestro che forse si sono rivelati, a suo parere, talvolta velleitari come nel caso dell’Orchestra Mozart che non è stata pensata in funzione di un’integrazione con gli altri organi musicali della città (cfr. pp.102-103); oppure il progetto Venezuela con un grandissimo impatto sociale, ma che, trasportato integralmente in Italia, ha assunto dei caratteri fortemente autoreferenziali (cfr. pp. 104-105). Desidero in chiusura ringraziare tutti gli intervistati che mi hanno permesso di conoscere attraverso le loro voci un grande uomo e un grande artista che ha lasciato un segno indelebile nella cultura musicale del mondo intero. La mia gratitudine va a Giovanna Fellegara, Diego Ravetti , Franco Pulcini, Maria Majno, Valerio 231
Vicari, Elisa Sologni, Angelo Foletto, Francesca Chiappetta, Jacopo Zacchia, Gisella Belgeri, Sergio Escobar, Cesare Mazzonis, Mattia Petrilli, Francesco Merini, Angela Ida De Benedictis, Andrea Lucchesini e Luigi Berlinguer.
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Audiografia Angelo Foletto, Il laboratorio sinfonico di Claudio Abbado, Venezia, Ateneo Veneto, 29 maggio 2014.
Videografia Angelo Angelastro, Montaggio Marina Vidon, Claudio Abbado, un mito italiano, Speciale tg1, 15/12/2008. Helmut Failoni, Francesco Merini, L' altra voce della musica. In viaggio con Claudio Abbado tra Caracas e L'Avana, DVD n. 12815-CD6071, il Saggiatore, Milano, 2004. Helmut Failoni, Francesco Merini, L’Orchestra. Claudio Abbado e i musicisti della Mozart, Edzioni Cineteca di Bologna, Bologna, 2014.
249
Interviste Bologna17/06/2014, Giovanna Fellegara Coordinatrice Progetti Orchestra Mozart Bologna 17/06/2014 , Diego Ravetti Capo Ufficio Stampa Orchestra Mozart Milano 24/06/2014 , Franco Pulcini Direttore Editoriale della Scala Milano 24/06/2014, Maria Majno Referente per la Lombardia e le relazioni internazionali – Sistema orchestre e cori giovanili e infantili in Italia Roma 04/07/2014, Valerio Vicari Membro del Club Abbadiani Itineranti Reggio Emilia 08/07/2014, Elisa Sologni Assistente Abbado in Venezuela Milano 09/07/2014, Angelo Foletto Giornalista e critico musicale Roma 15/07/2014, Francesca Chiappetta Relazioni per il Sistema Nazionale Sistema Orchestre e Cori Giovanili e Infantili in Italia Roma 17/07/2014 (intervista telefonica), Jacopo Zacchia EUYO Communications Coordinator Roma 22/07/2014, Gisella Belgeri Presidente Federazione CEMAT (Ente di promozione della Musica Contemporanea Italiana) Roma 24/07/2014 (intervista telefonica), Sergio Escobar Direttore Piccolo Teatro Tavernuzze ( Impruneta) 01/08/2014, Cesare Mazzonis Roma 05/08/2014 (intervista telefonica), Mattia Petrilli Napoli 07/08/2014 (intervista telefonica) Francesco Merini Regista. Autore con Helmut Failoni dei documentari:1) L’altra voce della musica: in viaggio con Claudio Abbado tra Caracas e l’Havana (2006), 2) L’Orchestra : Claudio Abbado e i musicisti della Mozart (2014) 25/08/2014 Skype call, Angela Ida De Benedictis Autrice del libro “ Claudio Abbado alla Scala” Fiesole 03/09/2014, Andrea Lucchesini Direttore Artistico scuola di musica di Fiesole e responsabile didattico Sistema Italia Roma 09/09/2014, Luigi Berlinguer Presidente del Comitato Nazionale per l’apprendimento pratico della musica
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Indice dei nomi
Abbado, Alessandra, 147. Abreu, José Antonio, 5, 54, 60, 61, 62, 64, 74, 76, 77, 78, 80, 81, 85, 87, 92, 104, 105, 106, 107, 108, 110, 111, 114, 115, 116, 117, 118, 119, 120, 120n, 128, 136, 137, 140, 141, 142, 142n, 147, 147n, 148, 149, 160, 160n, 185, 195, 197, 209n, 215, 216, 217n, 226,229,230. Accardo, Salvatore, 7. Acosta, Lennar, 62. Allegrini, Alessio, 64, 102, 117,118,118n. Antonacci, Anna Caterina, 41, 43. Apkalna, Iveta, 56, 83n, 136n, 168n, 186n, 213n,224n. Aprea, Bruno, 7. Argerich, Martha, 6, 35, 54, 118. Ashkenazy, Vladimir, 153. Aulenti, Gae, 15, 35, 41. Badini, Carlo Maria, 15, 25, 70, 77, 93, 93n, 156, 158n, 161n, 162, 163, 171,172, 175,176,187,187n, 188, 188n, 189, 189n, 197n, 229. Balò, Maurizio, 41, 44. Barbarossa, Cristiano, 110, 119. Barenboim, Daniel, 7, 89, 132, 132n, 134, 134n. Barigazzi, Giuseppe, 12n, 175n, 176n. Bartók, Béla, 6, 136. Bazzi, Maria Teresa, 93. Belgeri, Gisella, 156, 157, 169n, 188, 188n, 198, 216, 226, 230,232. Bellini, Vincenzo, 12. Benigni, Roberto, 56, 57, 76, 83n, 136n, 169, 169n, 188, 188n, 212, 214n, 225, 225n. Bentivoglio, Leonetta, 124, 124n, 190n. Berg, Alban, 8, 9, 13, 15, 35, 36, 48, 130, 189. Berio, Luciano, 39, 207, 213, 220. Berlinguer, Luigi, 56, 84, 156, 167, 167n, 168, 170, 224, 226n, 230, 232. Berlioz, Hector, 36, 56, 82, 83, 117, 136, 157, 168, 168n, 170n, 188, 214, 225, 226, 227, 230. Bernstein, Leonard, 8, 184. Blau, Andreas, 194, 194n. Bogianckino, Massimo, 21, 22, 23, 24. 251
Boito, Arrigo, 8. Bolívar, Simón, 53, 65, 104, 106n, 107,108,109, 117, 119, 147n, 209n. Borovskij, David, 15, 30. Boulez, Pierre, 15, 28, 39, 52, 131n. Brahms, Johannes, 15, 48, 88, 98. Bramani, Lidia, 50, 50n, 186n. Brenciu, Marius, 56, 83n, 136n, 169n, 188n,214n, 225n. Bronzi, Enrico, 101. Brook, Peter, 176, 176n, 177. Bruckner, Anton, 7, 45, 99. Brunello, Mario, 213, 227. Bryer, Joy, 33, 152, 153, 157, 158. Bryer, Lionel, 33, 152, 153. Cacciari, Massimo, 31. Calderón, Pedro, 8. Cantoni, Remo, 171. Capanna, Mario, 12. Carbonare, Alessandro, 71n, 118. Carmignola, Giuliano, 102, 131, 131n, 169. Carreño, Teresa, 109, 119. Carter, Elliott, 39. Cavalletti, Carlo, 209. Cerasoli, Giorgio, 209. Cerisola, Giancarlo, 209. Cerha, Friedrich, 39. Cherubini, Luigi, 56, 83n, 136n, 169, 169n, 178, 188, 188n, 214, 214n, 225, 225n, 226. Chiappetta, Francesca, 139, 140, 216, 216n, 218,230,231,247. Chopin, Fryderyk, 18. Christ, Raphael, 71, 102. Concetti, Andrea, 43. Cruz, Luciano, 30. Csobádi, Peter, 47n. Cutuli, Lorenzo, 43. D’Amico, Matteo, 97, 97n. 252
D’Arcangelo, Ildebrando, 41. Dalla Piccola, Luigi, 29, 40. De Benedictis, Angela Ida, 14n, 28n, 72n, 91, 157n, 190n, 207, 208, 211, 211n, 229, 232. Debussy, Claude, 6, 15, 35, 60, 185n. Di Nuzzo, Alessandro, 160n, 166n. Dodin, Lev, 184, 185, 185n. Donizetti, Gaetano, 12. Dubini, Laura, 42n. Dudamel, Gustavo, 65, 66, 104, 106, 107,108,109,113, 117, 119, 121, 122, 205, 209, 209n, 210. Dvořák, Antonin, 8. Eckhardt, Ulrich, 29n, 30n, 38, 207, 210, 210n, 211. Ehrhardt, Bettina, 28, 29n. Ejzenštejn, Sergej Michajlovič, 39. Eötvös, Peter, 52. Escobar, Sergio, 21n, 170, 171, 229, 232. Essl, Karlheinz, 39. Failoni, Helmut, 60n, 62n, 64, 65, 108, 121, , 124, 199, 200, 203, 218, 230. Farulli, Piero, 56, 138, 161n, 213, 215, 215n, 220,221. Fazio, Fabio, 68, 93, 112, 147n. Feldman, Morton, 40. Fellegara, Giovanna, 70, 163, 230, 231. Foletto, Angelo, 6n, 48n, 56n, 125, 126, 214n, 214n, 220, 229, 232. Fontana, Carlo, 22n, 27, 93n, 172n, 187, 187n. Franzetti, Luca, 118. Frescobaldi, Girolamo, 44. Friedrich, Reinhold, 71. Frigerio, Ezio, 42. Furtwӓ ngler, Wilhelm, 7. Galli, Lucio, 42. Gandolfi, Romano, 43. García, Naybeth, 61, 62, 85, 142. Gemignani, Gabriele, 71. Gentilucci, Armando, 17. Ghedini, Giorgio Federico, 8. 253
Ghiringhelli, Antonio, 17, 21, 93, 93n, 187n. Gibault, Claire, 77, 165. Giuliani, Attilia, 88, 100n. Gómez, Johnny, 61, 62, 85, 142. Grassi, Paolo, 17, 21, 21n, 22, 22n, 23, 24, 25, 25n, 26, 93, 93n, 172, 172n, 173, 176, 187n, 229. Grasso, Pietro, 78, 78n, 94. Grimaud, Helène, 54, 71n, 117. Grossi, Roberto, 67, 68, 93, 93n, 140, 145, 147, 147n, 216, 216n. Guarnieri, Antonio, 6, 60, 203. Gubajdulina, Sofija, 39. Gulda, Friedrich, 6. Gutman, Natalia, 51, 71n, 111, 121. Haitink, Bernard, 152. Harding, Daniel, 52, 104, 176n, 190, 190n, 213. Haydn, Franz Joseph, 39. Henze, Hans Werner, 40. Heras-Casado, Pablo, 52. Hindemith, Paul, 8. Holliger, Heinz, 52. Hörderlin, Friedrich, 50. Huasi, Julio, 30. Isotta, Paolo, 42, 42n. Jona, Emilio, 12. Kapplmuller, Herbert, 42. Keenlyside, Simon, 41. Kleiber, Carlos, 89, 177, 177n, 180, 184, 184n. Knessl, Lothar, 40n. Koopman, Ton, 52. Kosler, Zdenek, 8. Koussevitzky, Serge, 7. Krachmalnick, Samuel, 7. Kraus, Chris, 44. Krenek, Ernst, 39. Kurtág, György, 39, 40, 48. 254
Lazzaretti, Bruno, 41. Leon, Maria José, 109. Ligeti, György, 39. Lissner, Stéphane, 91, 91n. Ljubimov, Jurij Petrovič, 14, 15, 16, 30, 172, 172n, 173n. Lucchesini, Andrea, 161, 212, 213, 231, 232. Lupu, Radu, 42, 71n. Lutoslawski, Witold, 39. Lonati, Carlo Ambrogio, 28. Maderna, Bruno, 28, 39, 126, 126n, 207. Magris, Claudio, 37n. Mahler, Gustav, 7, 13, 14, 15, 40, 41, 42, 43, 44, 47, 48, 51, 53, 60, 77, 84, 100, 101, 102, 104, 108, 109, 115, 119, 121, 124, 132, 135, 136, 154, 157, 157n, 176n, 180, 188, 190, 190n, 192, 193, 194, 214. Majno, Maria, 68n, 92, 93, 118, 141, 161, 161n, 166, 216, 219, 220, 231. Malipiero, Gianfrancesco, 28. Manacorda, Antonello, 43. Manin, Giuseppina, 43n, 124. Manzoni, Giacomo, 12, 17, 18, 29, 72, 132n, 190, 91n, 208. Mariani, Lorenzo, 41. Martinelli, Uberto, 169n. Martone, Mario, 43. Matheuz, Diego, 54, 66, 81, 109, 109n, 205. Mazzonis, Cesare, 15n, 164, 169,183, 184, 219, 229, 232. Mehta, Zubin, 6, 7, 134, 134n, 184, 185n. Mendelssohn, Felix, 41. Merini, Francesco, 62n, 64, 121n, 124, 199, 200, 203, 230, 231, 232. Merli, Paola, 22n. Mila, Massimo, 86, 86n, 88n. Miller, Jonathan, 42, 184. Mitropoulos, Dimitri, 8, 11. Mora, Lenin, 62. Moreni, Carla, 36n, 68n. Morris, Wyn, 7. 255
Mozart, Wolfgang Amadeus, 35, 36, 39, 41, 42, 43, 44, 45, 48, 54, 55, 56, 57, 58, 70, 71, 73, 75, 76, 77, 79, 80, 81, 82, 83, 84, 92, 102, 103, 109, 110, 116, 117, 118, 120, 133, 136n, 154, 156, 157, 158, 158n, 161n, 162, 162n, 163, 163n, 164n, 165, 166, 167, 168, 168n, 169, 169n, 170, 176, 182n, 184, 185, 186, 187, 187n, 188, 188n, 189, 192n, 193, 193n, 196n, 197n, 198, 200, 201, 202, 203, 204, 214, 225n, 226, 230, 231, 232. Musorgskij, Modest Petrovič, 15, 35, 39, 48, 136, 172n. Muti, Riccardo, 56, 77, 89, 89n 168, 175, 176, 177, 177n, 178, 179, 180, 181, 182, 184, 185n, 188, 226. Napolitano, Giorgio, 96, 159n. Napolitano, Michele, 57. Nono, Luigi, 13, 14, 17, 18, 24, 28, 28n, 29, 30, 31, 32, 39, 40, 48, 90, 91, 127, 131, 131n, 135n, 160n, 165, 173, 173n, 189, 207, 209, 210, 229. Olivo, Angelica, 54, 109. Ottomano, Vincenzina C., 14n, 208, 212n, 233, Ozawa, Seiji, 7. Pace, Patrizia, 41. Papi, Andrea, 41. Perezzani, Paolo, 40. Pestalozza, Luciana, 211. Pestalozza, Luigi, 17, 209. Petrassi, Goffredo, 29 Petrilli, Mattia, 55, 56n, 71n 163, 164, 192, 230, 232. Piano, Renzo, 31, 76, 83, 84, 84n, 103, 128, 159n, 167, 179, 201, 202. Pinzauti, Leonardo, 28n. Piovani, Nicola, 78, 78n, 140n. Pires, Maria João, 41. Pollini, Maurizio, 9, 17, 18, 23, 28, 28n, 29, 30, 31, 32, 42, 45, 72n, 127, 127n, 131, 160, 160n, 173, 191, 208, 209, 216, 229. Ponnelle, Jean-Pierre, 12, 13, 35 Posh, Alois, 69. Pozzi, Emilio, 22n, 25n. Prokof’ev, Sergej, 8, 55, 56, 169. Puccini, Giacomo, 113, 182, 185n. Puecher, Virginio, 12, 131n. 256
Pulcini, Franco, 6n, 7n, 86, 230, 232. Radaelli, Ambra, 60n, 62n, 149n. Raimondi, Ruggero, 42. Rattle, Simon, 107, 190n. Ravelo, Alberto, 119. Ravetti, Diego, 76, 77, 168, 230, 231, 232. Remigio, Carmela, 41, 42. Rihm, Wolfgang, 39, 48. Roldan, Amedeo, 65. Ronconi, Luca, 13, 15, 35, 41, 174, 174n, 179, 180, 182, 184. Rossini, Gioacchino, 13, 35, 41, 48, 113, 156, 174n, 182n, 189. Rostagno, Antonio, 4. Roversi Monaco, Fabio, 54, 71,77,156,188, 188n. Ruiz, Edicson, 65, 120. Said, Edward, 93, 93n, 132n. Salonen, Essa-Pekka, 52 Savagnone , Maria Carmela, 6. Saviano, Roberto, 76, 162n. Scarlatti, Alessandro, 12. Scarzella, Luca, 43. Scherchen, Hermann, 28. Schermerhorn, Kenneth, 7. Schรถnberg, Arnold, 7, 8, 13, 40,44, 100,136, 184, 189, 193. Schonberg, Harold C., 8n. Schubert, Franz, 35, 36, 48, 184, 213. Schumann, Robert, 41. Senese, Francesco, 71, 71n, 118. Severgnini, Silvestro, 23, 25, 173. Shostakovich, Dmitrij, 84. Siciliani, Francesco, 24, 185, 185n. Simon, Susan, 120, 120n. Sinigaglia, Alberto, 93n, 189n. Sinopoli, Giuseppe, 7, 87,107. Sologni, Elisa, 105, 114n, 124, 144, 230, 232. 257
Springer, Alois, 7. Stein, Peter, 42, 185, 185n, 189n, 190n. Stern, Elli, 43n. Stockhausen, Karlheinz, 39, 48, 191. Strauss, Melvin, 7. Strauss, Richard, 8, 35, 185n, 191n. Stravinskij, Igor’Fëdorovič, 8. Strehler, Giorgio, 13, 21, 42, 172n, 179, 180, 184, 189, 189n, 229, Stroppa, Marco, 39. Swarowski, Hans, 7, 13, 35, 134. Taffon, Giorgio, 21n. Tarkovskij, Andrej, 39. Tassinari, Federica, 43n. Terfel, Bryn, 41. Toni, Benedetta, 168n, 169n, 170. Torresin, Brunella, 158n, 162n, 169n. Toscanini, Arturo, 23, 70, 128, 192. Totsuka, Naohiro, 7. Tramonti, Sergio, 43. Van Beethoven, Ludwig, 9, 14, 18, 36, 39, 44, 48, 98, 99, 121, 126, 182n, 203, 213. Varèse, Edgar, 40. Vedova, Emilio, 31. Verdi, Giuseppe, 6, 8, 12, 13, 14, 17, 28, 35, 42,43,48, 56, 83, 83n, 86, 90, 92, 113, 125, 136n, 156, 168, 169n, 177n, 185n, 188, 188n, 189, 192, 214n, 225n. Vermel, Paul, 7. Vicari, Valerio, 97, 98, 232. Vidusso, Carlo, 28. Vitez, Antoine, 15, 35, 184, 186, 186n. Von Karajan, Herbert, 7, 47, 47n, 49, 87, 101, 152. Von Maldeghem, Carl Philip, 42, 43. Wagner, Richard, 35, 48, 189n, 190n. Walter, Bruno, 7. Waskiewicz, Danusha, 118. Webern, Anton, 40. 258
Willi, Herbert, 39. Wilson, Bob, 184, 191, 191n. Xenakis, Iannis, 40. Zacchia, Jacopo, 150, 151, 229, 232. Zagatti, Alessandra, 43n, 44n. Zecchi, Carlo, 6 . Zecchillo, Giuseppe, 12. Zoon, Jacques, 71n, 103, 192, 193, 193n.
259