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LA DISTRIBUZIONE HORECA
M E R C A T O / T E M P I D I PA G A M E N T O
I TA L I A N S D O I T L AT E R IN UN PAESE IN CUI ANCHE LO STATO LA TIRA PER LE LUNGHE QUANDO SI TRATTA DI SALDARE LE FATTURE, IL CANALE HORECA NON POTEVA CERTO FARE ECCEZIONE. IL RISCHIO CREDITO È INSITO NEL RAPPORTO TRA DISTRIBUTORE ED ESERCENTE, CON DINAMICHE PARTICOLARI TUTTE DA RACCONTARE DI DOMENICO APICELLA
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n popolo di santi, poeti, navigatori… L’autore di questa frase – che per inciso è Benito Mussolini – non pensò di aggiungere all’elenco “buoni pagatori”. Aveva ragione. In quel campo noi italiani non eccelliamo. A cominciare da chi dovrebbe darci il buon esempio: lo Stato. In base ai dati della Corte dei Conti, elaborati dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, nel 2021 l’Amministrazione centrale dello Stato ha ricevuto dai propri fornitori fatture per un importo complessivo di 18 miliardi di euro. Ne ha saldate per un totale di 12,8 miliardi, di cui 3,6 miliardi (cioè il 28,2%) pagati in ritardo rispetto ai tempi stabiliti dalle norme. Per i 5,2 miliardi di euro mancanti si vedrà. E parliamo solo dello Stato centrale, perché regioni ed enti locali sono ancora meno ligi ai loro obblighi in fatto di pagamenti.
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L’aspetto più interessante è che la stessa Corte dei Conti ha rilevato che la Pubblica Amministrazione liquida entro i termini di legge le fatture di importo maggiore, che è come dire quelle dei fornitori più importanti, ma sembra ritardare intenzionalmente il saldo delle fatture con un importo minore. Vi ricorda qualcosa? La “musica” nel mondo dell’Horeca non è poi tanto diversa. E il Covid-19 non ha di certo aiutato. E FFET TO LO CKD OW N
Il 9 marzo 2020 l’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava misure più stringenti per il contenimento della pandemia, valide su tutto il territorio nazionale. Era l’inizio del lockdown. L’inevitabile conseguenza sul fronte dei rapporti commerciali in ambito Horeca era che tutto il consegnato dai distributori nei 30 o 60 giorni antecedenti a quella data restava come “congelato”, perché gli esercizi pubblici avevano sospeso l’attività. Da lì in poi è partita l’alternanza di aperture e chiusure. Una situazione complessa, affrontata dalla gran parte dei distributori con una strategia ben precisa: frazionare il credito pregresso – dando modo così agli esercenti di rientrare progressivamente – e fissare qualche paletto per i nuovi ordini. Ovvero, pagamento immediato alla consegna o con la formula cosiddetta “una per l’altra”, cioè l’importo della prima
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I L RU O LO D EG LI AG E NTI
consegna va saldato nel momento in cui viene effettuata la seconda. A cascata, gli esercenti hanno diminuito consistentemente l’importo medio dei loro ordini, indotti in questa scelta anche dalla perdurante incertezza sulla quantità di merce necessaria per far fronte a una domanda imprevedibile. In pratica, per i distributori i minori rischi sul credito si sono accompagnati a una maggiore pressione sul sistema logistico.
La nuova normalità del post pandemia non ha cancellato le vecchie abitudini, a partire dalla tendenza dei distributori a utilizzare la dilazione come leva commerciale per acquisire nuova clientela e contrastare la concorrenza. Una strategia opinabile, che va però contestualizzata alla luce di un altro dato: nella forza vendita dei distributori una quota importante – che potremmo quantificare nell’80% circa – è rappresentata da agenti. Vero è che gli agenti sono solitamente retribuiti sull’incassato, ma l’imposizione di tempi di pagamento rigidi può essere da loro vissuta come una limitazione dei margini di azione commerciale. Il distributore può quindi avere il timore – non del tutto infondato, perché di cambi di casacca nel settore ce ne
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non prevedono tale posta nel conto economico oppure fanno accantonamenti minimi, preferendo attendere l’anno buono – come dovrebbe essere il 2022, grazie all’ondata di caldo estiva – per portare a perdita i crediti scaduti e non più recuperabili. L A G E S TI O N E E FFI CI E NTE D E L M AGA ZZI N O
sono – che l’agente passi a un concorrente, portandosi dietro il portafoglio clienti. Quanto al rischio credito, il venditore ha il polso della situazione prima e meglio di chiunque altro, perché visita il gestore con grande frequenza, ha l’occasione di confrontarsi con chi rifornisce di altre merceologie quello stesso punto di consumo, ma può accadere che – per paura di perdere il cliente – finisca quasi con il parteggiare più per l’esercente che per il distributore. IL CLIENTE “MORDI E FUGGI”
Tra i vecchi costumi duri a morire ce n’è uno degli esercenti – non tutti, ovviamente – che acquistano da più distributori con una logica “mordi e fuggi”, talora proprio con l’obiettivo di avvantaggiarsi delle dilazioni di pagamento. Dal canto suo, il grossista confida sempre si tratti del primo passo di una relazione commerciale più solida e soddisfacente.
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Capita che dalla scappatella si passi al matrimonio, ma quando il piccolo ordine si trasforma in un piccolo credito non pagato, di sicuro diventerà una perdita, perché è proprio l’importo limitato a precludere il ricorso alle vie legali, percorribili solo a fronte di crediti sostanziosi. E questo ci porta a un’altra considerazione, stavolta di ordine contabile: il fondo svalutazione crediti – cioè il progressivo accantonamento finalizzato a coprire le perdite che presumibilmente deriveranno da crediti di incerta esigibilità – tra i distributori Horeca rappresenta l’eccezione e non certo la regola. La maggior parte di queste aziende
Allargando un po’ lo sguardo, viene da chiedersi se i distributori – che comunque dovranno continuare a farsi carico del rischio credito – non dovrebbero perseguire altrove l’efficienza, per esempio attraverso un’ottimizzazione del magazzino e una massimizzazione delle rotazioni. Proviamo a ragionare su dei numeri che a grandi linee ci possono dare il quadro della situazione. Il magazzino di un distributore Horeca conta mediamente tra le 2.500 e le 3.000 referenze. Di queste, circa 200 – ad essere
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generosi – sono le alto-vendenti, cioè quelle che incidono magari il 70% o più sul fatturato, ma probabilmente il 50% sui profitti. Prodotti immancabili nel catalogo di qualsiasi distributore e che appunto per questo sono oggetto di un’accesa competizione di prezzo. La loro elevata rotazione – indicativamente 20-25 giorni nel caso di referenze come la birra – consente di tenere basso lo stock di magazzino. Le dinamiche cambiano per il resto dell’assortimento: se il distributore vuole proporre un’ampia scelta nei vini o nei liquori – che ruotano all’incirca sui 60-70 giorni – vedrà inevitabilmente crescere gli stock di magazzino in questi ambiti merceologici, anche perché più si alza il valore della referenza più si abbassa la rotazione. Per non parlare dei prodotti di nicchia, che possono toccare anche i sei mesi di giacenza. G LI ACQ U I S TI S PECU L ATIVI
Ci sono poi gli acquisiti speculativi: maggiori quantità di merci a fronte
di una limatura del prezzo di cessione. Il tema non è di attualità nelle estati torride – quando i produttori beverage faticano a tenere il ritmo delle consegne – ma in altri momenti ha una rilevanza non trascurabile. Anche perché non va dimenticato che spesso le aziende della distribuzione Horeca sono proprietarie del deposito che utilizzano, inteso come immobile, e dunque per loro l’incremento di merci immagazzinate non comporta maggiori costi logistici. Il vantaggio economico ottenuto dall’acquisto speculativo può andare ad accrescere la marginalità o essere riversato sulla clientela, attraverso un posizionamento di prezzo più competitivo. Ma c’è un costo che presumibilmente i distributori più piccoli e meno strutturati non tengono nel debito conto e cioè l’immobilizzo di capitale, nel caso in cui i volumi aggiuntivi debbano essere pagati al produttore ben prima di quando saranno venduti al pubblico esercente. Il pericolo è sempre quello di abbassare considerevolmente le rotazioni del magazzino, allontanandosi troppo dai 30-40 giorni di stock che rappresentano tendenzialmente una buona media complessiva. S IAM O TUT TI ITALIAN I
La distribuzione Horeca ha certamente margini di efficientamento, ma questo non deve mettere in ombra l’indiscutibile resilienza – termine assai di moda oggi – della
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categoria. La pandemia è stata né più né meno un cataclisma per il settore: ci sono distributori Horeca che hanno visto andare in fumo il 30% del loro fatturato, con l’Ebit che si è inabissato su quote fortemente negative. Eppure, queste aziende misconosciute, tacciate di essere troppo piccole e disorganizzate, hanno tenuto botta e trovato la forza per ripartire, anche in presenza di un’oggettiva difficoltà in termini di rischio credito, visto le tante chiusure registrate nell’Horeca. Chapeau. Un’ultima annotazione: per onore di verità, va detto che gli stessi distributori Horeca non sono immuni dal poco edificante costume di tirarla lunga con i pagamenti. Anche tra loro c’è chi fa penare il fornitore, soprattutto se è di piccole dimensioni e dunque ha una forza contrattuale ridotta. Ovviamente ciò non capita quando si tratta di saldare le fatture dei grandi produttori del beverage, che non esiterebbero a bloccare le forniture a un distributore che non rispetta le scadenze. In sintesi, puntuali con i grandi fornitori, assai più disinvolti con i piccoli. E d’altra parte, se lo fa lo Stato…
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