SPEAK TRUTH TO POWER FAUZIYA KASSINDJA MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI E ABUSI SUI MIGRANTI
Fauziya Kassindja
Eddie Adams
©2000
Invece di accogliere questa orfana di di ciassette anni con umanità e compren sione, i funzionari statunitensi l'hanno fatta spogliare completamente, l'hanno in catenata. Stati Uniti. Lo strenuo impegno di una studentessa di legge di un'università americana e la comparsa di un articolo sul la prima pagina del New York Times, hanno fatto sì che la Kassindja fosse la prima per sona a ottenere asilo politico negli Stati Uniti avendo come motivazione la minaccia della mutilazione dei genitali.
In tutto il mondo almeno 130 milioni di donne, la maggior parte delle quali concen trate in ventisei nazioni africane, hanno già subito la mutilazione dei genitali. La pras si prevede la recisione del clitoride. Senza anestesia. Spesso vengono recise anche altre parti dei genitali esterni e nel caso più drastico dell’infibulazione viene cucita quasi completamente l'apertura della vagina. Gli effetti collaterali più frequenti sono le infe zioni, le cicatrici, la sterilità, il dolore atroce durante i rapporti sessuali, la difficoltà nel
parto e in generale una sofferenza presso ché insostenibile anche nel gesto semplice e quotidiano di urinare. Molte donne addi rittura muoiono in seguito a questa proce dura. Nonostante l'esperienza traumatica, la KASSINDJA
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FAUZIYA KASSINDJA – MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI E ABUSI SUI MIGRANTI FAUZIYA KASSINDJA FAUZIYA
È SCAMPATA PER POCO ALLA MUTILAZIONE DEI GENITALI FUGGENDO DURANTE LA NOTTE DA UN REMOTO VILLAGGIO NEL TOGO PER RAGGIUNGERE GLI STATI UNITI, DOVE, NEL DICEMBRE 1994, HA OTTENUTO ASILO POLITICO. MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI E ABUSI SUI MIGRANTI «ALL’INIZIO NON VOLEVO CHE MI INTERVISTASSE. SE VENTICINQUE MEMBRI DEL CONGRESSO NON POTEVANO TIRARMI FUORI DI PRIGIONE, POTEVA UN'INTERVISTA? COMUNQUE ALLA FINE HO ACCETTATO DI PARLARE CON IL TIMES E, CON NOSTRA SORPRESA, LA MIA STORIA È APPARSA IN PRIMA PAGINA. MI DICEVANO CHE I MEDIA AVEVANO MOLTO POTERE IN QUESTO PAESE. PIÙ DEL CONGRESSO?»
Kassindjia ha svolto un ruolo determinante nel denunciare questa pratica, e ha inoltre parlato apertamente delle difficoltà che ha dovuto affrontare a causa del sistema d'im migrazione statunitense. n
L'INTERVISTA
Hoquattro sorelle e due fratelli; ero la sesta figlia, l'ultima fem mina. Ero una birichina, molto legata a mio padre – era il mio migliore amico. Mio padre incoraggiava tutte noi sorelle a fare ciò che volevamo nella vita. I nostri genitori non decidevano al posto no stro. Dicevano sempre: “La decisione è tua. Se è positiva ti aiutiamo a realizzarla. Se è negativa, ti consigliamo di non agire così, ma se poi pensi che è proprio quello che vuoi, fai pure. Dopo puoi dare la colpa sol tanto a te stessa. Non potrai dire che i tuoi ti hanno costretta”. Mio padre ci ha mandate tutte a scuola, così im paravamo l'inglese e poteva mo aiutarlo negli affari. Questo, per le ragazze del Togo, era fuori dal comu ne. Avevo diciassette anni quando é morto mio padre ed è cambiato tutto. Mia zia e mio zio, fratelli di mio pa dre, avevano sempre odiato mia mamma, perché la mamma era del Benin e secondo loro non c'entra
va con loro – non era della loro stessa tribù. Avevano anche cercato di convincere mio padre a divorziare, ma lui non li ascoltava. Dicevano anche che era colpa di mia ma dre se noi andavamo a scuola. Che aveva avvelenato la mente di mio padre. Dopo la morte di papà, la zia si é trasferita a casa nostra. Ci ha detto che mia madre aveva deciso di andare a vivere dai suoi nel Benin e non era vero. Mia zia e mio zio l'avevano mandata via, e la zia era diventata la mia nuova tutrice. Mi hanno permesso di anda re a scuola fino alla fine di quell'anno. Quando ho compiuto diciassette anni, lei ha detto che non sarei tornata a scuola per ché non c'era bisogno di sprecare tempo e denaro e che d'altronde le mie sorelle, che avevano studiato, avevano poi finito con lo sposarsi comunque. Avevo perso mio pa dre, avevo perso la mia mamma, e adesso la scuola. Mi sono detta: “Oddio, cosa deve succedere ancora?” Poco tempo dopo, un gentiluomo ha cominciato a venire a casa nostra. Ho pensato che magari la zia voles se risposarsi, perciò, quando lui se ne andava, dicevo: “Ah, che tipo in gamba.” E lei continuava a lodarlo, a dire quant'era ric co, e quant'era importante, e gentile. Pensavo che fosse innamorata. Non sapevo che parlava così per susci tare il mio interesse. Non mi ha detto che voleva che io lo sposassi finché una volta ha ac cennato: “Gli ho detto che non vai più a scuola.” Ero sorpresa. “Per ché dovevi dirgli che non ci vado più?” E lì lei ha risposto: “Ti ricor di che dici sempre che è una per sona carina? Vuole sposarti.” Cre devo che scherzasse. Mi aveva
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LOGO UTILIZZATO PER UNA CAMPAGNA CONTRO LE MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI
detto che lui aveva quarantacinque anni. E io: “Quarantacinque!!!” E lei: “Non ti pre occupare. Ha già tre mogli e loro si prende ranno cura di te.” Allora ho detto: “Ma io non voglio.” E da lì in avanti in quella casa non abbiamo fatto altro che litigare. Poi un giorno mi dice: “Lo so che non lo ami, ma dopo la kakiya [mutilazione dei genitali] vedrai che imparerai ad amarlo.” Mi ero appena svegliata. Mi ha chiamata nella sua stanza, dove ho visto questi bellissimi abiti sul letto – abiti e gioielli e scarpe – e mi ha detto: “È tutto da parte di tuo marito. Ti vuole oggi. Allora domani è il giorno della kakiya.” E io: “Cosa?! Mi sposo oggi?” Non sapevo proprio cosa fare. C'è stato il matri monio e dopo mi hanno dato da firmare la licenza di matrimonio, ma mi sono rifiuta ta. Sono venuti i miei fratelli e le mie sorel le più grandi e ne abbiamo parlato. Si sono scusati per non aver impedito che le cose si spingessero fino a questo punto. Mia sorel la maggiore era sconvolta. Mi diceva di non piangere, che sarebbe andato tutto bene. Avrebbe fatto in modo che nessuno mi fa cesse la kakiya. Ma io non le credevo per ché in realtà non c'era niente che lei potes se fare. Ormai ero la moglie di qualcun altro. E lei mi dice: “Non ti preoccupare. Io e Amaray ti nascondiamo.” La mamma la chiamavamo Amaray; vuol dire luminosa. Mi diceva di non firmare la licenza di ma trimonio, di non preoccuparmi. Che sareb be andato tutto bene. È tornata nel cuore della notte e siamo andate via di casa, pas sando poi il confine con il Ghana. Il primo aereo disponibile andava in Germania. Mia sorella mi ha dato trecento dollari, tutto quello che aveva. Ho preso un aereo dalla Germania agli Stati Uniti, comprandomi un passaporto. Quando l'ufficiale dell'immi grazione all'aeroporto di Newark ha detto: “Hai dei soldi?” Le ho mostrato quel poco che mi era rimasto e poi le ho detto che vo levo chiedere asilo. Lei ha detto siediti lì e che sarebbe tornata subito. Ho aspettato seduta che controllasse tutti e poi è venuta da me. Ha detto: “Okay, dimmi cosa vuoi dagli Stati Uniti.” Ho detto che volevo asi lo. E lei ha detto che le dovevo dire che pro
MALI
NIGERIA
CAMERUN
BURKINA
FASO
GUINEA
COSTA
D’AVORIO GHANA
CHAD
SUDAN
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MAURITANIA SAHARA OCCIDENTALE ALGERIA LIBIA NIGER
SENEGAL
EGITTO
UNA CAMPAGNA CONTRO LE MUTILAZIONI
GENITALI FEMMINILI IN UGANDA
blema avevo. E le ho raccontato tutto. In somma, non proprio tutto, era imbarazzante. Come poteva capire? Non sapevo nemme no le parole per dirglielo in inglese. Non sapevo come si diceva. Le ho detto che mio padre era morto e che mia madre era spari ta, e che mia zia voleva che sposassi un uomo che non volevo e che invece io vole vo tornare a scuola. Questo più o meno ri assumeva tutto, non ho parlato della kakiya perché sapevo che probabilmente non avrebbe capito e anzi avrebbe pensato che ero pazza. Se mi davano asilo dipendeva dal giudice, mi ha detto, e perciò sarei an data prima in prigione, poi avrei incontrato il funzionario consolare del mio Paese, e poi sarei potuto tornare a casa con la mia
famiglia. Mi sono messa a piangere e a ur lare, dicendole che avevo solo diciassette anni, che non avevo fatto niente di male, che non volevo andare in prigione. E han no chiamato i poliziotti nella sala d'aspetto dove ero io. Il suo superiore ha detto che se non volevo rimanere sarei dovuta tornare in Togo oppure in Germania. In Germania non conoscevo nessuno e il Togo era l'ulti mo posto al mondo in cui volevo tornare. Mi hanno preso le impronte e tutto il resto. Una donna in uniforme mi ha fatto entrare in una stanza, e mi ha chiesto di togliermi i vestiti. Le ho detto: “Per favore, ho le me struazioni, posso tenere le mutandine? E lei me le ha fatte togliere. È stato il momen to più umiliante della mia vita. Me le sono tolte e intanto speravo di scomparire den tro il muro. Mi ha ridato i pantaloni e il ma glione e poi mi ha messo le manette. Mi sentivo come quei delinquenti dei film.
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Foto © Amnon s (Amnon Shavit)
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Piangevo. Ho detto: “Per favore, non mi porti in prigione.” Mi ignorava, e intanto mi faceva passare la catena intorno alla vita. Non riuscivo a camminare velocemen te con le catene, ma lei continuava a spin germi dicendo. “Andiamo. Andiamo.” E così mi hanno portato in un riformatorio a Elizabeth, nel New Jersey. Lì è cominciato l'incubo. Mi hanno fatta spogliare di nuo vo, mi hanno lasciata in uno stanzone fred do e poi è arrivato un uomo. Mi fissava, io ero in piedi davanti a lui, nuda. Dopo mi hanno portata alla prigione di Hackensack, dove ho avuto molestie sessuali da una de tenuta. Credo fosse una drogata. Mi aveva no messa nella zona di massima sicurezza, con una compagna di cella detenuta perché aveva fatto non so cosa. Lei fumava e io avevo un'asma terribile. Ho detto al dottore che non potevo starci in quella cella e lui mi ha risposto: “Mi dispiace, signora, non posso aiutarla”. Tossivo e sputavo sangue. Ma non mi davano le medicine per via del mio status con l'immigrazione. Poi sono dovuta andare alla Lehigh County Prison in Pennsylvania. Ero ammanettata insieme a una ragazza della Tanzania. Durante tutti i trasferimenti da una prigione all'altra era vamo sempre in catene, come i criminali. Per prima cosa ci hanno fatto la visita me dica, e pensavano che avessi la tubercolosi. Di conseguenza mi hanno messa in isola mento. Sono rimasta in quella stanza per diciotto giorni e ho perso tredici chili. Pri ma di parlare con chiunque dovevo metter mi una mascherina, come quelle che usano i dottori per operare. Quando mi serviva qualcosa, dovevo mettermi in fondo alla stanza dal lato opposto alla porta, voltata verso il muro, e dovevo urlare per chiama re la guardia. C'era una finestrella sulla porta da dove mi passavano il cibo. Ma non
potevo avvicinarmi alla porta. Mi trattava no come una bestia. Mi serviva il sapone. Mi serviva uno spazzolino da denti. Chia mavo e chiamavo – quasi sempre non veni va nessuno. Alla prima udienza il giudice era così sgarbato, così cattivo, sia con me che con Layli. Layli Miller Bashir era una studentessa di giurisprudenza dell'Ameri can University Law Clinic che aveva assun to il mio caso. Layli mi faceva una doman da e prima che potessi rispondere il giudice diceva:
“Non è necessario, la corte non vuole sapere questo.” E poi mi faceva lui una do manda e prima che io rispondessi, rispon deva per me. In tribunale non potevo par lare affatto. Lui non credeva che mia madre non avesse potuto proteggermi dalla muti lazione dei genitali. E non credeva che mio padre avesse protetto le mie quattro sorel le e non me. Mi faceva tanta paura. Urlava tantissimo e sbagliava a dire il mio nome e quello del mio paese, e quando l'ho corret to si è arrabbiato. E poi ha detto qualcosa e io ho alzato la voce: “No, non è quello che ho detto.” E lui ha gridato: “Questa è l'ulti ma volta che interrompi la corte.” Da come andava l'udienza, capivo che lui non mi avrebbe fatto avere asilo. Anche prima di entrare in tribunale, aveva già deciso. Layli mi ha detto che non dovevo preoccuparmi, che qualunque cosa succedesse lei avrebbe fatto in modo di farmi avere giustizia. Mi pregava di non tornare a casa. Ero in pri gione quando ho conosciuto il giornalista del New York Times. All'inizio non volevo che mi intervistasse. Mi avevano già inter vistato in tanti, ma non era servito a farmi uscire. E allora ho detto: “A cosa serve? Sto solo esponendo la mia famiglia. E chissà, se poi mi rimandano a casa sarebbe ancora peggio per me.” Mi avevano anche manda
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FAUZIYA KASSINDJA – MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI E ABUSI SUI MIGRANTI
to una lista di membri del Congresso che avevano firmato una petizione perché il procuratore distrettuale mi concedesse la libertà sulla parola – ed era stata respin ta. Se venticinque membri del Congresso non potevano tirarmi fuori di prigione, poteva un'intervista? Comunque alla fine ho accettato di parlare con il Times e con nostra sorpresa la mia storia è apparsa in prima pagina. Era l'undici e sono uscita il ventiquattro. Mi dicevano che i media avevano molto potere in questo paese. Più del Congresso? Era pazzesco, non lo capi vo. Tutto ha uno scopo e qualunque cosa succede ha un fine. Perciò io sono uscita perché Dio l'ha reso possibile. Quando pa tivo tutte quelle sofferenze non la pensavo così. Pensavo: “Perché a me, perché non capita a qualcun altro?” Ma adesso, quan do mi guardo indietro, capisco che se io non avessi passato tutto questo, la que stione non avrebbe toccato tanta gente, come invece è successo. È questo il lavoro di Dio. Ed è davvero incredibile.
Da Speak Truth To Power di Kerry Kennedy
SULL’ARGOMENTO
MUTILAZIONE GENITALE FEMMINILE Nel 1977, l'Organizzazione Mon diale della Sanità ha definito Mutilazione Genitale Femmi nile tutte le procedure che riguardano la parziale o totale rimozione delle parti esterne degli organi genitali femminili o altre ferite inflitte a questi stessi organi sia per ragioni culturali sia per ragioni non strettamente terapeutiche.
PERCENTUALE PER PAESE DI DONNE DI ETÀ COMPRESA TRA 15 E 49 ANNI CHE HANNO SUBITO MUTILAZIONI GENITALI
Fonte: UNICEF (2016) e studi aggiuntivi per Paesi al di fuori dell'Africa non censiti dall'UNICEF. I dati dei paesi grigi non sono conosciuti.
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<1-15 % 15-70 % 70-98 %
Le Mutilazioni Genitali Femminili ven gono praticate da migliaia di anni in alme no trenta paesi africani e medio orientali. Viene praticata anche in alcune parti dell'A sia, sebbene a un livello più circoscritto. Il danno che provocano consiste in cicatrici, dolore, infezioni ed altri gravi problemi nella vita quotidiana della donna. Per i ge nitori della donna, le ragioni che li spingo no ad aderire a questa pratica sono molte plici: vanno dalla paura in merito all'onore delle proprie figlie, alla loro possibilità di essere prese in moglie, al semplice confor marsi a norme vigenti all'interno della loro comunità.
Le Mutilazioni Genitali Femminili sono illegali in quasi tutti i paesi occidentali, e ora anche in molti paesi africani, anche se spesso le leggi vengono raggirate e, di conseguenza, questa pratica ha luogo comunque.
EMIGRAZIONE
Ilpiù grande esodo migratorio della storia moderna è stato quello degli Italiani. A partire dal 1861 sono sta te registrate più di ventiquattro milioni di partenze. Nell'arco di poco più di un secolo un numero quasi equivalente all'ammonta re della popolazione al momento dell'Unità d'Italia si avventurava verso l'ignoto.
Si trattò di un esodo che toccò tutte le regioni italiane. Tra il 1876 e il 1900 l'esodo interessò prevalentemente le regioni set tentrionali con tre regioni che fornirono da sole il 47% dell'intero contingente migrato rio: il Veneto (17,9), il Friuli Venezia Giulia (16,1%) e il Piemonte (12,5%). INFANTILI
Fonte: Amnesty International
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440 MILIONI 130 MILIONI ENTRAMBE LE PRATICHE 40 MILIONI 140 MILIONI MATRIMONI
MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI (MGF) AFRICA. BAMBINE E DONNE CHE HANNO SUBITO LE PRATICHE DEI MATRIMONI INFANTILI E DELLE MGF NESSUNA PRATICA TRA I 130 MILIONI DI BAMBINE AFRICANE SPOSATE DURANTE L'INFANZIA E QUASI 140 MILIONI CHE HANNO SUBITO LE MGF, OLTRE 40 MILIONI HANNO SPERIMENTATO ENTRAMBE LE PRATICHE. Fonte: Towards ending harmful practices in Africa. A statistical overview of child marriage and female genital mutilation, UNICEF 2022.
Nei due decenni successivi il primato migratorio passò alle regioni meridionali. Con quasi tre milioni di persone emigrate soltanto da Calabria, Campania e Sicilia e quasi nove milioni da tutta Italia.
Gli italiani sono sempre al primo po sto tra le popolazioni migranti comunita rie (1.185.700 di cui 563.000 in Germania, 252.800 in Francia e 216.000 in Belgio) seguiti da portoghesi, spagnoli e greci. Gli italiani all'estero, secondo le stime del Mi nistero per gli Affari Esteri, nel 1986 erano 5.115.747, di cui il 43 per cento nelle Ameri che e il 42,9 in Europa.
L'entità delle collettività di origine ita liana ammonta invece a decine di milioni, comprendendo i discendenti degli immi grati nei vari paesi. Al primo posto trovia mo l'Argentina con 15 milioni di persone, gli Stati Uniti con 12 milioni, il Brasile con 8 milioni, il Canada con un milione e l'Au stralia con 540.000 persone.
Fonte: www.emigrati.it
L’ISTITUTO SAN GALLICANO (IRCCS) DI ROMA
IlDottor Aldo Morrone, specialista in Dermatologia, si è interessato allo studio e alla cura dei pazienti immi grati clandestini e irregolari, riuscendo ad aprire, nel 1983, il primo ambulatorio me dico pubblico in Italia, all’interno dell’O spedale San Gallicano (IRCCS) di Roma, dove è divenuto direttore della Struttura Complessa di Medicina Preventiva delle Migrazioni, del Turismo e di Dermatologia Tropicale. Viene considerato uno dei mag giori esperti mondiali di medicina delle migrazioni, delle patologie tropicali e della povertà. A partire dal 1985 si occupa della tutela e promozione della salute delle po
ALTRE STORIE
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SARDEGNA SICILIA CALABRIA CAMPANIA MOLISE BASILICATA PUGLIA LAZIO UMBRIA ABRUZZO PIEMONTE LIGURIA EMILIA-ROMAGNA VENETO FRIULIVENEZIA GIULIA MARCHE LOMBARDIA VALLE D’AOSTA TOSCANA 3.723.672 1.534.239 4.621.057 4.148.728 1901-19151876-1900 SARDEGNA SICILIA CALABRIA CAMPANIA MOLISE BASILICATA PUGLIA LAZIO UMBRIA ABRUZZO PIEMONTE LIGURIA EMILIA-ROMAGNA VENETO FRIULIVENEZIA GIULIA MARCHE LOMBARDIA VALLE D’AOSTA TOSCANA EMIGRAZIONE ITALIANA PER REGIONE NEGLI ANNI: 1876-1900 E 1901-1915 Fonte: Rielaborazione dati Istat in Gianfausto Rosoli, Un secolo di emigrazione italiana 1876-1976, Roma, Cser, 1978
polazioni immigrate e a maggior rischio di esclusione sociale presenti in Italia. Da molti anni è impegnato con la sua équipe multidisciplinare in diversi progetti di co operazione in campo clinico-scientifico, educativo e sociale in Africa, nel Sud-Est asiatico e in America Latina. È docente in numerose università italiane e straniere e consulente dell’Ufficio dell’Oms di Venezia su Povertà, Salute e Sviluppo. Nel 2007 è stato nominato Direttore Generale dell’I stituto Nazionale per la Promozione della Salute delle Popolazioni Migranti e per il contrasto delle Malattie della Povertà. È presidente dell’Onlus IISMAS (Istituto In ternazionale Scienze Mediche e Antropolo giche Sociali). È professore a contratto di Pedagogia Interculturale presso l’Universi tà LUMSA di Roma. Ha pubblicato: “Salute e società multiculturale” (1995).
Il Dottor Morrone ha evidenziato come l’aumento del flusso immigratorio nel no stro Paese ha portato inevitabili patologie che prima erano sconosciute. In alcuni casi queste patologie sono localizzate in sede genito-vulvare e derivano da una condi zione anatomica, ancora poco conosciuta anche dalle figure sanitarie, legata ad una pratica rituale molto diffusa nell’Africa del Nord e nei Paesi di religione islamica: la Mutilazione Genitale Femminile (MGF).
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), per "Mutilazione Geni tale Femminile si intendono tutte le proce dure che comportano la rimozione parziale o totale dei genitali esterni femminili o al tri interventi dannosi sugli organi genitali femminili tanto per ragioni culturali che per altre ragioni non terapeutiche". L’origi ne della pratica è sconosciuta, benché sia nota sin dai tempi dell’antico Egitto.
Insieme al Dott. Morrone, i medici del
San Gallicano Gennaro Franco, Isa Buo nomini e Ottavio Latini, pongono l’accento sul fatto che questa pratica, oltre al rischio immediato per la salute delle persone che la subiscono, comporta un enorme rischio di sviluppo di complicanze, tra le quali si possono annoverare, oltre ai cheloidi e alle cisti dermoidi, numerose patologie infiam matorie e infettive dell’apparato genitale e un aumentato rischio di contrarre la sin drome da immunodeficienza acquisita.
Il Servizio di Dermatologia Tropicale ha osservato, nel corso di oltre 16 anni di attività, circa 147 donne con MGF (86 del tipo 1 OMS, 34 del tipo 2 e 27 del tipo 3). Questa casistica viene qui presentata, con un accenno alle principali complicazioni rilevate e ad essa riferibili, unitamente ad alcune considerazioni sull’approccio tran sculturale e interdisciplinare che caratte rizza l’attività del Servizio. n
COLTELLO IN PIETRA CON GUAINA USATO PER LE MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI, RITROVATO A GROOTE EYLANDT, TERRITORIO DEL NORD, AUSTRALIA
British Museum, London. Foto: John Atherton.
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STRUMENTI DI RICERCA
PER LA MUTILAZIONE GENITALE FEMMINILE
Fauzyia Kassindja
60 Rockwell Avenue – 10305 Staten Island New York, NY.
CALAMITIES OF EXILE: THREE NONFICTION NOVELLAS
Lawrence Weschler (Chicago, University of Chicago Press, 1998).
Weschler parla della storia di un ex-patriota che non è in grado di tornare nella sua patria per ragioni politiche, come nel caso di Kanan Makiya, autrice che criticò Saddam Hussein.
POSSEDERE IL SEGRETO DELLA GIOIA
Alice Walker, traduzione di Laura Noulian (Milano, Rizzoli, 1993).
La storia di una donna africana che subisce la mutilazione ge nitale e poi passa il resto della sua vita a domandarsi che sen so abbia, nonché sopportando le conseguenze fisiche e psico logiche di tale mutilazione.
UNICEF DATA: MONITORING THE SITUATION OF CHILDREN AND WOMEN
https://data.unicef.org/re sources/the-power-of-educa tion-to-end-female-genital-mu tilation/
I dati sulla situazione sociale, economica e sanitaria di don ne, bambine e bambini in stato di vulnerabilità.
TOSTAN www.tostan.org Offre programmi educativi de dicati all’abolizione della Mu tilazione Genitale Femminile. Fondata dall’Unicef.
PER I DIRITTI DEGLI IMMIGRATI
AMORE NEGATO. SOCIETÀ MULTIETNICA E MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI Luca Barbieri (Torino, Ananke, 2005).
Infibulazione, escissione, clito ridectomia; in altri termini MGF, mutilazioni genitali femminili. Ne gli ultimi anni questo acronimo è progressivamente entrato a far parte del nostro linguaggio, gra zie ad un buon numero di articoli giornalistici e di trasmissioni tele visive, ma, come spesso accade, il tam-tam dei media ha più con fuso che chiarito le idee dell' opi nione pubblica. Questo volume prende in considerazione, senza falsi moralismi, gli aspetti etici, so ciali e legali di questo fenomeno.
DO THEY HEAR YOU WHEN YOU CRY? di Fauziya Kassindja (New York, Delacorte Press, 1998).
Il caso di Fauzyia Kassindja, ambientato negli Stati Uniti, è uno dei casi più recenti di asilo politico.
FONDAZIONE PAOLO CRESCI www.fondazionepaolocresci.it La Fondazione Paolo Cresci è nata a Lucca nel maggio 2002. Dedicata allo storico fiorenti no che ha curato la raccolta ivi custodita (che comprende una miscellanea di materiale documentario relativo all’emi grazione italiana tra Ottocen to e Novecento), si propone la realizzazione di varie e di versificate iniziative, volte ad allargare ed approfondire le ri
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cerche sulla storia dell’emigra zione italiana e degli emigranti, nonché alla conservazione e arricchimento del proprio pa trimonio. L’archivio della Fon dazione Paolo Cresci è il più grande ed importante museo sulla storia dell’emigrazione italiana all’estero.
INTERNATIONAL RESCUE COMMITTEE
www.theirc.org
Organizzazione di volontariato non profit che cerca di portare sollievo, protezione, e tenta di riorganizzare i servizi per i rifu giati e le vittime dell’oppressio ne e dei conflitti armati.
MELTING POT EUROPA www.meltingpot.org
Progetto per la promozione dei diritti di cittadinanza. Sito in Ita liano e inglese.
MIGRATION POLICY GROUP www.migpolgroup.com
Ha sede a Bruxelles. MPG è impegnata in una politica di sviluppo riguardo la migrazio ne e contro la discriminazione, al fine di produrre innovazioni e risposte effettive alla sfida e all’opportunità della migrazione e della diversità.
TAHIRIH JUSTICE CENTER www.tahirih.org
Lavora per portare giustizia nel la vita delle donne con risvolti sull’abuso dei diritti umani, spe cialmente delle donne immigra te e rifugiate.
MINISTERO DELL’INTERNO www.interno.gov.it/it Sul sito del Ministero dell’Inter no è possibile prendere visione delle normative vigenti in mate ria di immigrazione.
MINISTERO DELLA SALUTE
www.ministerosalute.it
Il sito del Ministero della Salute contiene un’intera sezione de dicata alla salute delle donne.
COSÌ EDUCO IN ITALIA MIO
FIGLIO
N’Diaye Fatou (Pontedera, Pisa, Bandecchi & Vivaldi, 2008). Storia di una donna senegale se che lascia la sua terra per far crescere il figlio in Italia. Il bambino deve rapidamente colmare il suo ritardo scolasti co e per aiutarlo la mamma si inventa un originale sistema educativo.
COSA PUOI FARE TU
A LIVELLO LOCALE:
La comunità in cui viviamo.
• Nella tua comunità hai mai sentito parlare di episodi di mu tilazione genitale femminile? In che modo?
• Fai una ricerca per scoprire se nell’ospedale della tua città esiste un centro dedicato alla mutilazione genitale femminile.
• Esistono associazioni o grup pi nella tua città che si occupa no di mutilazione genitale fem minile? In che modo?
A LIVELLO NAZIONALE:
L’Italia e la mutilazione genita le femminile
• Secondo te la mutilazione genitale femminile è un proble ma che riguarda anche l’Italia? Perché?
• Esiste una normativa in Italia che tutela la libera scelta della
donna? Quale? È efficace?
• Quali sono le associazioni che in Italia si occupano di que sto argomento? Attraverso qua li azioni?
A LIVELLO GLOBALE
Nel rispetto di tutti.
• In alcuni Paesi le mutilazioni genitali femminili sono pratiche comuni. Cerca quali sono que sti Paesi.
• Ogni cultura e ogni tradizione merita rispetto. Fai una ricerca sulla cultura di quei Paesi in cui vengono praticate la mutilazio ni genitali femminili e vedi in che ambito sono inserite que ste pratiche.
• Esistono delle azioni (petizio ni, campagne di sensibilizzazio ne) a livello internazionale per promuovere la conoscenza del le mutilazioni genitali femminili? Quali sono?
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