POLITECNICO DI MILANO Scuola di Architettura, Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni -A.A 2015/2016 Corso di Laurea Magistrale in Architettura degli Interni
MUNCH MUSEET L’arte che genera architettura EDVARD MUNCH
Relatore: Prof. Luca Basso Peressut Correlatori: Arch. Cristina F. Colombo Arch. Paola Gambetti
Tesi Magistrale di: Federica Antonini Matricola: 816044
EDVARD
MUNCH
L'esigenza di costruire un nuovo museo che contenga le opere di Munch è sentita dalla città di Oslo in quanto l'esistente è inadeguato in termini di sicurezza e più volte ha subito il furto di preziosi dipinti. Quando si parla di musei monotematici, il delicato equilibrio tra arte e architettura non dovrebbe essere compromesso ma anzi, si dovrebbe creare un sistema capace di potenziare la carica emotiva. Per questo motivo la tesi si sviluppa dalla conoscenza e dalla catalogazione delle opere di Munch attraverso un lavoro curatoriale che sfocia poi nella progettazione degli spazi e del museo stesso. Munch è un pittore tormentato, oscuro, angosciato,angosciante e, come i dipinti fanno trasparire questi sentimenti, anche l'architettura stessa si deve far carico di questa emotività rendendo ancora più forte e preciso il messaggio dell'artista.
EDVARD MUNCH 1.0 La vita dell'artista
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EDVARD MUNCH 2.0 L’artista Opere “Il Fregio della Vita”
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2.1 Il seme dell’Amore
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37 57
2.2 Sviluppo e dissoluzione
dell’Amore 2.3 Angoscia
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2.1 Morte
74
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EDVARD MUNCH 3.0 Incisioni, sperimentazione e audacia 3.1 Primi lavori 3.2 Le incisioni a colori 3.3 Litografie e xilografie Incisioni e litografie
79 81 84 87 93
EDVARD MUNCH 4.0 Corrispondenze nell’arte moderna e contemporanea, La fine del secolo Artisti a confronto 4.2 “La natura Sublime e Spietata“ 4.3 “Introspezione “ 4.4 “Melinconia/Melancolia” 4.5 “Femmes fatale” Bibliografia
117 125 126 132 144 148 170
1944
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EDVARD MUNCH
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1.0
La vita dell’artista Quando salpai per il viaggio della mia vita, mi sentii come una nave costruita con materiale vecchio e marcio, affidata al mare in tempesta dal proprio creatore con le parole: Se fai naufrago è colpa tua e brucerai nelle fiamme eterne dell' Inferno 1.
Edvard Munch nacque il 12 Dicembre del 1863 a Løten nella contea di Hedmark a Oslo (che al tempo si chiamava Christiania). All'epoca il padre, Christian Munch, era impegnato come ufficiale medico dell'esercito ed era in servizio presso quella zona. Durante una visita ad un collega conobbe la giovane Laura Cathrine Bjostad che era alle dipendenze della famiglia come donna di servizio. Il medico già ormai quarantacinquenne e la giovane donna malata di tubercolosi si sposarono nel 1861. I genitori di Munch provengono da due ambienti e caste completamente differenti e la madre Laura aveva ereditato la tubercolosi dalla sua famiglia.
1_ M. Alessandrini, Edvard Munch, Il diario personale dell’artista. Edvard Munch, Frammenti sull’arte, Abscondita Milano 2007 pag. 42.
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“Mia madre era di origini contadine, una famiglia dalla volontà tenace, ma minata fino alla radice dalla tubercolosi”. La famiglia Munch apparteneva invece alla borghesia e annoverava sacerdoti, scienziati e artisti: “Mio padre discendeva da una stirpe di poeti, con sprazzi di genialità, ma anche inizi di degenerazione”. 2 Quello che caratterizzava il legame tra Christian e Laura era il profondo credo religioso e che influenzò notevolmente l'educazione dei figli e quindi dello stesso Munch. L'anno dopo il matrimonio nasceva dalla coppia la primogenita, Johanne Sophie e l'anno successivo il primo figlio maschio, che però nacque debole e malato. Nel 1846 la famiglia si trasferì nei pressi della città a causa di un nuovo incarico del padre per essere più vicino al forte di Akershus. In questo periodo nacquero gli altri figli: Edvard nel 1863, Peter Andreas nel 1865, Laura Catherine 1867 e Inge Marie nel 1868. La madre, sempre più debole e malata, era convinta che non sarebbe sopravvissuta all'ultimo parto per questo motivo scrisse una lettera d'addio alla famiglia indirizzandola alla figlia maggiore: “Noi tutti, uniti dalla forza dell'amore di Dio, potremo trovarci in Paradiso per non lasciarci mai più” 3. Laura Bjostad morì il 29 Dicembre 1868, evento che segnò profondamente la famiglia ma soprattutto il padre che non riuscì mai a dimenticarla. La zia, sorella della madre, Karen Bjostad decise di trasferirsi con la famiglia Munch per accudire e crescere i nipoti e assunse la responsabilità della casa. Nel 1875 la famiglia si trasferisce nuovamente, questa volta in un sobborgo alla periferia est della città. Christian sperava di arrotondare lo scarno stipendio di medico militare esercitando privatamente nella nuova zona. Le ristrettezze finanziarie della famiglia erano dovute dall'incapacità del padre di gestire il denaro e dai troppi favori che faceva ai pazienti meno abbienti. Karen governava la casa con mano ferma e intelligenza, fu per merito suo che la famiglia riuscì a mantenere uno stile di vita da ceto medio, inoltre incitò tutti i nipoti al disegno e ai collage come attività educativa e di svago. I primi disegni di Edvard dimostrano che già ai 12 anni l'artista ha una piena consapevolezza del tratto e delle proporzioni. 2_ ibd 3_ Confessione di Munch al suo medico. tratto dal Diario personale dell’artista. ibd.
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Nel 1877 un'altra tragedia colpì la famiglia: la primogenita Johanne Sophie morì di tubercolosi, segnando profondamente e malinconicamente l'artista. Anche Edvard era spesso ammalato durante l'infanzia ed era costretto a stare lunghi periodi in casa con la febbre. In quegli anni, quindi, la casa rappresentò tutto il suo mondo e fu da questi episodi che si fece dare lezioni di disegno. Nel 1879 Edvard iniziò a frequentare l'istituto tecnico di Christiania per desiderio del padre il quale era convinto che questa sarebbe stata la strada migliore per il figlio. In questo ambiente conobbe altri studenti che usavano il disegno come mezzo per dare libero sfogo gli stati d'animo ma la frequenza in questo istituto era discontinua a causa delle continue malattie. Nell'autunno del 1880 Munch prese la decisione più importante della sua vita: “Oggi ho deciso che farò il pittore”. 4 Si iscrisse così alla Scuola Reale di disegno di Christiania frequentando il corso di disegno a mano libera. L'anno successivo smise di frequentare le lezioni, insieme ad un gruppo di altri studenti affittò uno studio nella via Karl Johan, nel cuore della città. L'esordio come pittore avvenne nel 1883 quando Edvard presentò un dipinto al “Salone delle Arti” e successivamente espose in una collettiva alla “Mostra d'Autunno” dove fu apprezzato da un pittore di fama internazionale che gli consigliò di recarsi a Parigi, vero fulcro artistico europeo. Nel 1885 Munch solo ventiduenne, si reò a Parigi dove studiò le collezioni del Louvre, esperienza che lo avvicinò alle avanguardie. Nello stesso anno, di ritorno dalla Francia, conobbe Milly Thaulow, moglie del dottor Carl Thaulow e che sarebbe diventata il suo primo grande amore. Si incontravano segretamente in uno studio che l'artista affittava in città, ma la gioia e l'eccitazione di questi incontri furono presto sostituiti da un senso di colpa. Avevo commesso adulterio (…) mi sono abbandonato a qualcosa che mi riempie di paura”. A differenza degli altri compagni ero totalmente all'oscuro di questo Mistero, mi trovai a confrontare il Mistero della donna. 5 Vidi un mondo inimmaginabile. 4_8 Novembre 1880 tratto dal Diario personale di Munch che spiega la decisione di diventare pittore. Ibd pag. 77. 5_ Ibid. pag. 34.
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In particolare era ossessionato dalla reazione del padre se avesse scoperto la sua relazione ma capì più tardi che fino ad allora aveva vissuto dietro una gabbia dorata dove la vita reale non era la benvenuta. Nel 1889 Munch organizzò la sua prima personale a Oslo dove vinse una borsa di studio che gli permetteva di recarsi a Parigi per frequentare dei corsi di disegno dal vero. Lo stesso anno partì nuovamente per la Francia e si iscrisse come allievo dell'artista Léon Bonnat. In novembre morì Christian, il padre ma al pittore non fu possibile tornare per il funerale. Dopo questo evento entrò in una grave depressione e durante queste crisi di profonda malinconia si recava spesso ad un luna park e sembrava che le luci e i colori lo distogliessero dal dolore. Questa esperienza rappresentò una sorta di Epifania nell'artista dove scrisse sul suo diario: “non ci dovranno più essere dipinti di interni, di persone che leggono e di donne che lavorano a maglia. Ci saranno persone autentiche che respirano, provano sentimenti, soffrono e amano”. Sperimentò diverse tecniche di pittura dove però era sempre nota una reminiscenza di simbolismo ai temi legati alla sua infanzia e giovinezza che saranno poi successivamente sviluppati nel suo progetto che comprendeva una serie di dipinti chiamati: “Fregio della Vita” del 1893. Successivamente, tornando a Oslo, inaugurò un'altra sua mostra personale dove fu notato da un pittore norvegese che però risiedeva a Berlino dove gli propose di organizzare una mostra anche li. La rassegna di Berlino fu inaugurata nel 1892 ma fu immediatamente dichiarata come un “insulto all'arte” non per i soggetti ma per il metodo pittorico. L'evento divertì molto il pittore il quale disse in occasione di un'intervista: “Non mi sono mai divertito tanto. È incredibile come una cosa così innocente come la pittura possa provocare tanta agitazione”. Munch divenne una figura nota nei circoli artistici di Berlino. Sarà in questo periodo che iniziò a lavorare al Fregio della vita, un dipinto che sarà al centro di tutta la sua poetica dove amore, morte e angoscia si compenetrano e completano. Dopo dei periodi tra Cristiania e Berlino si recò ancora una volta a Parigi ma le sue finanze erano malridotte soprattutto a causa del gioco d'azzardo, in questo periodo di profonda crisi l'artista scrisse Inferno. L'opinione pubblica su Munch in patria iniziò a cambiare, nessuno trovava più i suoi dipinti scioccanti. Tornò a casa ma visse in un appartamento fatiscente insieme ad un suo amico poeta.
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In questo periodo conobbe Mathilde Tulla Larsen, una “zitella” di trent'anni figlia di un ricco commerciante della città. Iniziarono una relazione nella quale nessuno dei due si sarebbe completamente ripreso, una relazione totalmente distruttiva. Nel 1902, dopo uno dei numerosi litigi e incomprensioni che caratterizzarono tutta la loro relazione, Mathilde e Edvard decisero di incontrarsi per una riconciliazione nella casa della donna, che vi teneva nascosto un revolver. In uno scoppio di ira, tra confusione e paura, la donna prese l'arma e Munch rimase accidentalmente ferito ad una mano. Il pittore incolpò Tulla Larsen dell'incidente e interruppe qualsiasi rapporto con lei e con gli amici che erano per lo più vicini alla donna. In seguito a questo incidente Munch fu ossessionato dalla sua mano ferita. In questo stesso anno l'artista ottenne finalmente il successo definitivo a Berlino, dieci anni dopo lo “scandalo”il Fregio della vita fu esposto alla Secessione di Berlino e portò inoltre ingenti somme di denaro nelle finanze dell'artista. Il maggior successo fu però a Praga, nel 1905, dove ebbe successo di critica e di pubblico. Nonostante le gratificazioni professionali Munch uscì profondamente segnato e distrutto dalla relazione con Tulla. I costanti viaggi e l'elevato consumo di alcolici lo avevano duramente provato tanto da provocargli allucinazioni e coltivò l'idea che la Norvegia era il suo nemico più grande perché aveva ricevuto solo sofferenza. La gravità del suo disturbo mentale sfociò qualche anno più tardi, nel 1907 quando Munch soffriva di allucinazioni sempre più forti. Consigliato da un amico si recò in Danimarca dove si fece ricoverare in una clinica. Qui trovò pace e tranquillità e le cure davano responsi positivi tant'è che si disintossicò dall'alcool e continuò a lavorare ai suoi dipinti. Nel 1909 fu dimesso dalla clinica e decise di tornare in Norvegia ma non a Cristiania in quanto era ancora convinto fosse la “città del male”. Si stabilì sulla costa di Kragero dove fu molto ispirato dai paesaggi rurali e si creò uno studio all'aperto. Alla mostra di Sonderbund a Colonia nel 1912, Munch ebbe il grande onore di esporre a fianco dei più importanti maestri dell'epoca come Van Gogh, Gauguin e Cézanne per poi esporre l'anno successivo di fianco a Picasso alla Mostra d'Autunno a Berlino. L'artista sempre più si isolava dalla vita mondana e di affetti, la sua produzione artistica era molto ben accolta dalla critica e dal pubblico tanto che dal 1927 furono organizzate importanti retrospettive in suo onore. Nel 1930 l'artista fu colpito da una grave malattia agli occhi che
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lo lasciò quasi cieco per qualche tempo per poi ripresentarsi tre anni dopo. In occasione del suo settantesimo compleanno nel 1933 ricevette la Croce dell'Ordine di St. Olav 6. Quando le armi tedesche invasero la Norvegia (1940) Munch rifiutò qualsiasi contatto con i nazisti. Nell'inverso del 1944 si ammalò di polmonite e si spense a Ekley il 23 Gennaio del 1944.
6_ La croce dell’ordine di S. Olav è un ordine cavalleresco norvegese istituito da Re Osca | di Norvegia e Svezia il 21 Agosto 1847, come un ordine espressamente dedicato al Regno di Norvegia.
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01_ Edvard Munch bambino in braccio alla madre Laura Cathrine Bjostad, 1864
02_ Edvard Munch e i suoi fratelli e sorelle vicini alla zia, sorella della madre defunta, 1869
03_ Edvard Munch da ragazzo quando si iscrisse alla scuola Reale di Cristania, 1880
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_04 foto degli artisti studenti dell’atelier di Bonnard a Parigi, 1885
_05 foto dell’artista nel suo atelier di Berlino, 1892
_06 foto degli artista a Genova durante una vacanza in Italia
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07_ Milly Thaulow, amante dell’artista e suo primo amore, 1885
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_08 Mathilda Tulla-Larsen, fidanzata di Edvard che gli sparò alla mano sinistra, 1900
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09_ Edvard Munch al lavoro nel suo studio all’aperto di Ekly, 1923
10_ Edvard Munch a 75 anni nel suo studio invernale di Ekly, 1938
11_ Edvard Munch nel suo studio di Ekly, foto scattata probabilmente nel Dicembre del 1943, un mese prima della sua morte
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EDVARD MUNCH
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2.0
L’artista Camminavo con due amici - il sole stava tramontando - quando improvvisamente il cielo si tinse di rosso sangue - mi fermai, esausto, e mi appoggia a un recinto - sopra la città e sul fndo color blu-nerastro c'erano sangue e lingue di fuoco - i miei amici proseguivano ed io rimasi lì, tremando d'ansia - e sentìì 7 un grido infinito che attraversava la natura.
L'Urlo è oggi il simbolo dell'opera artistica di Munch. Il quadro è espressione esasperata dell'implosione e dell'angoscia esistenziale dell'uomo. Con questo soggetto il pittore si stacca dal concetto della prospettiva centrale che era stata l'unica modalità di dipingere fino dal Rinascimento. Probabilmente sentii l'ispirazione finale a un tale dipinto fu data da Schopenhauer che nel suo trattato sulla percezione dell'arte, Philosophie der Kunst, aveva sostenuto che il limite del potere espressivo di un dipinto fosse l'incapacità di poter riprodurre un grido, “Das Geschrei”. Munch avrebbe dato di proposito tale titolo alla sua opera, come se avesse voluto rettificare 7_ Una delle numerose versioni che descrivono la genesi dell’ op. citata. Tratto dal Diario personale di Munch, a cura di M. Alessandrini, Frammenti sull’arte, Carte d’artisti pag. 48.
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quello che il filosofo avrebbe dichiarato. Per Munch la soluzione al problema era scatenare nel più violento possibile le sue sensazioni di disadattamento, di angoscia e terrore ritraendosi di fronte al mondo, lavorando attraverso una sinestesia dove luci ed impulsi di colore sembrano produrre un'impressione sonora e pressante nello spettatore. La sensazione di ripudio per i suoi dipinti sfociò in una vera e propria violenza da parte dell'artista su essi: i quadri venivano lasciati fuori dallo studio, in preda al gelo, alle intemperie e anche agli escrementi di animali, metodo che Munch stesso chiamerà “La cura del cavallo”. In una delle prima versioni de l'Urlo il dipinto viene fortemente compromesso da questo trattamento, infatti questa prima versione era stata realizzata su cartone con tempera all'uovo preparata dall'artista stesso, nel dipinto son ancora presenti escrementi di uccelli nella parte inferiore del quadro, che Munch non si fece mai carico di rimuovere perché riteneva che fosse il naturale processo della sua arte. Munch fu per eccellenza l'artista che più seppe tradurre in immagini i sentimenti, basati sulla sua storia personale mettendo a nudo la sua reale essenza di uomo e artista, quindi possiamo parlare di un “simbolismo privato” che lo contraddistinse da tutti gli altri artisti simbolisti dell'epoca come Gustave Moreau e James Ensor. Il pittore cristallizza immagini che fanno parte dell'esperienza esistenziale drammatizzando e immortalando fino allo stato ultimo in un'unica immagine che è il grido, un implosione di rabbia, paura e dolore e straniamento verso la grandezza della natura (tema già citato da C. D. Friederik con il Monaco in riva al mare, 1809) dove cielo, terra acqua e uomo sembrano mischiarsi in un vortice sofferente di colore. Questo è l'espressionismo inquadrato nell'ottica di Munch: un arte estremamente soggettiva, esistenziale che conserva qualcosa di originale e primitivo, il volto autoritratto sembra essere ripreso dalle mummie peruviane esposte a Parigi al Musée de l'Homme, probabilmente visitato dall'artista durante uno dei suoi soggiorni parigini. (…) lui non ha bisogno di andare fino a Thaiti per osservare e provare l'aspetto primitivo della natura umana. La sua Thaiti la 8 porta dentro di sé. ”
8_ ivi
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_12 LA BAMBINA MALATA 1885/1886 Olio su tela 117x116 cm Dipinto chiave per l’inizio della pittura di Munch. Furono realizzate sei versioni tutte rievocanti il volto della sorella Sophie che morì di tubercolosi all’età di 15 anni.
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Il 1880 fu l'anno in cui Munch decise che sarebbe diventato un pittore. La sua posizione divergeva da quella dei suoi colleghi norvegesi, che si erano per la gran parte formati all'estero, soprattutto in Germania e Francia, per poi tornare in Norvegia. L'unica via possibile per l'arte norvegese sembrava allora essere il naturalismo, che implicava lo studio e l'osservazione della natura e la pittura in spazi aperti per catturare direttamente la bellezza della natura ed entrarne in simbiosi. L'arte di Munch agli esordi si può considerare una radicalizzazione di quest'idea in quanto sottolinea la profonda mimesi emotiva che legava l'artista ai suoi soggetti. In Bambina Malata (prima versione del 1886) sviluppò un aspetto soggettivo ed esistenziale tentando di creare sconforto e paura nella morte nei sentimenti dello spettatore ed avvicinarlo alla sua sfera di ricordi personali. La bambina ritratta è la sorella Sophie, morta come la madre di tubercolosi. (…) sono convinto che nessun altro pittore abbia esaurito il proprio soggetto fino all'ultima amara goccia come ho fatto io nella Bambina Malata. Non ero il solo seduto là - c'erano anche 9 tutti i miei cari .
Nel periodo del naturalismo i quadri che rappresentavano ammalati erano molto comuni (anche Picasso agli esordi dipinse un quadro con questo tema) ma la descrizione dell'addio di una bambina a una vita non vissuta manifesta grande sensibilità ed espressività che rende doloroso e pieno di risentimento il dipinto anche per chi non è stato coinvolto in prima persona nella morte della fanciulla. La bambina rappresentata in realtà non si tratta della sorella Sophie, ma di una giovane paziente del padre, Betsy Wilson, in fase terminale. Edvard riuscì a cogliere la stessa tragicità del momento della morte anche con una persona che non era un suo caro ponendo così un dolore universale e non più soggettivo. Munch oltrepassa i limiti della normale espressione nel linguaggio naturalistico formale, esprime sentimenti forti cristallizzati perfettamente nel momento più drammatico, quando la bambina, ormai priva di forze, sembra dire addio ai suoi cari. Lo stesso Munch dichiarò che dipinse venti versioni del quadro prima di riuscire a trasmettere a fondo il sentimento di perdita. Possiamo collocare questo dipinto come l'inizio della 9_ ibid. pag. 42.
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vera poetica dell'artista. Il dipinto con il colore ancora fresco viene graffiato in maniera compulsiva con il dorso del pennello quasi a segnare realmente le ferite e il dolore. Gesto che per Munch conferiva matericità alla composizione ma esprimeva anche il consumarsi di una gestualità forte e nervosa, come lo sfogo di una rabbia da tempo intrappolata e che non trovava il modo d'uscire dal suo animo. L'opera fu esposta alla Mostra d'Autunno di Cristiania nel 1886 ma si scatenò una tempesta di indignazione e protesta tanto che il dipinto fu definito come un “aborto” perché troppo nervoso e senza colore. Dopo questa feroce critica e dopo un viaggio ad Anversa Munch entrò in contatto con gli ultimi movimenti dell'arte europea e le sue pennellate divennero più ampie e libere con un abbinamento di elementi impressionistici e naturalistici, molto audace per quei tempi. Negli anni seguenti il pittore fu spesso bersaglio di critiche negative e incomprensioni da parte della stampa mentre gli artisti suoi colleghi avevano interpretato appieno la sua essenza e il suo eccezionale talento. Nell'Aprile del 1889 Munch (allora aveva 25 anni) organizzò la sua prima personale presso l'associazione studentesca di Christiania esponendo 63 dipinti e molti disegni. Era secondo la stampa, una cosa inaudita per un pittore sempre criticato negativamente tanto che scrissero su un giornale locale: “elevato grado di impudenza e mancanza di autocritica”. In risposta a questo, Christian Krogh, mentore e maestro dell'artista, affermava: “Dipinge le cose, o piuttosto le vede, in maniera diversa dagli altri artisti. Vede solo quello che è essenziale ed è proprio questo che colloca Munch all'avanguardia rispetto alla sua generazione: riesce veramente a mostrare i suoi sentimenti, le sue ossessioni, e 10 a questo subordina tutto il resto. ”
Nello stesso anno Munch iniziò a tenere un diario personale, illustrando e appuntando idee, sentimenti e schizzi, ispirato al messaggio dei bohèmien di Christiania sullo “scrivere la propria vita”. A capo del movimento troviamo Hans Jadger che sosteneva che bisognava adoperarsi per essere “brutalmente onesti”. Bisognava vivere con sincerità esistenziale e per 10_ Munch scrisse il “Diario del poeta pazzo” nel 1908 immediatamente dopo il ricovero in Danimarca nella clinica psichiatrica e raccolse scritti e lettere da parte di amici e conoscenti. Frammenti sull’arte, pag. 44.
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questo Munch prese come una religione queste parole. Il diario contiene l'idea di un arte autobiografica, incentrata sull'IO personale che successivamente avrebbe sfociato nel lavoro centrale di tutta la produzione dell'artista: “Il Fregio della Vita”. Il fatto è che in momenti diversi si vede con occhi diversi. Si vede in maniera diversa la mattina rispetto alla sera. Il modo di vedere dipende anche dal proprio stato d'animo… Se la mattina si passa da una camera da letto buia al soggiorno, si può vedere tutto in luce azzurra. Persino sulle ombre più cupe c'è un' atmosfera luminosa. Dopo un pò ci si abitua alla luce e le ombre si fanno più profonde e si vede più nitidamente. Se si vuole dipingere un'atmosfera non si può semplicemente stare fermi a guardare tutto e dipingere con precisione quello che si vede. Bisogna 11 dipingerlo come è apparso alla prima impressione .
Il desiderio di riprodurre una vera impressione momentanea era impossibile in quanto l'impressionismo sfociò in quella che possiamo definire un'arte della memoria, per dirla come lo stesso Munch: “non dipingo ciò che vedo ma ciò che ho visto”. L'opera principale che incarna questa frase è Notte Stellata (1890, Galleria Nazionale di Oslo), l'atmosfera riflessiva e malinconica deriva in parte dalla tensione tra la vita all'esterno e l'immobilità all'interno. L'uomo raffigurato è un amico di Munch ma indubbiamente è un autoritratto dell'animo dell'artista. Il quadro richiama gli appunti del pittore sulla solitudine dovuta dopo la morte del padre in Dicembre che lo scosse profondamente e stimolò la sua attività letteraria. (...) vivo la mia vita in compagnia dei morti, mia madre, mia sorella, mio nonno e mio padre – soprattutto con lui – mi tornano 12 in mente tutti i ricordi - nei minimi dettagli .
La grande individualità dell'artista si impose all'attenzione del pubblico europeo in occasione in quella che fu poi definita “la mostra dello scandalo” nel 1892, occasione dove l'artista Adlsteen Norman gli fece ottenere un invito ad esporre nei locali berlinesi perché profondamente colpito dall'operato dell'artista. Ma Berlino dopo un conflitto di interessi con la Francia si era isolata intorno ad un' arte ideale e dialettica 10_ ibd. 12_ ibd. pag. 46
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dichiarando che i dipinti di Munch erano immorali per le “pennellate anarchiche”. Questo decretò tra gli intellettuali tedeschi la grande (o cattiva) fama di Munch il quale si divertì molto perché sorpreso come una cosa così innocente come l'arte possa creare tanto scompiglio. Tutti volevano vedere con i propri occhi i dipinti immorali dell'artista tanto discusso anche se molti quadri restarono invenduti. Durante i successivi anni nella sua opera comincia gradualmente ad apparire un contesto emotivo più forte. Quadri come Notte Stellata, La Voce, Rosso e Bianco e Separazione sono pieni di misticismo, natura ed erotismo spesso comunicato attraverso l'uso del colore blu e dalle lunghe linee ritmiche che dividono in “schermi” i dipinti, lavori che risentono molto l'influenza di Bockling, van Gogh e Gauguin. “Il Fregio della Vita” è l'opera centrale di tutta la vita dell'artista, opera che raccoglie una serie di importanti soggetti pittorici del decennio 1890. Inizià già a prendere forma a Berlino nel 1902 con il generico nome di “Quadri della vita”. Ciascuna delle pareti aveva un proprio titolo: il risveglio dell'amore (a sinistra) e comprendeva i quadri Rosso e bianco, gli occhi negli occhi, il Bacio e Madonna. Su un'altra parete era esposto: “L'amore fiorisce e muore” che raggruppava Ceneri, Vampiro, Gelosia, Sfinge e Malinconia. Seguiva “Paura della Vita” con Il Grido, Angoscia, Serata sul viale Karl Johan e la Vite Rossa. L'ultima parete era occupata dalla sezione “Morte” con dipinti come Lotta mortale, Morte nella stanza della Bambina Malata, la Fanciulla, la morte e La madre morta e la Bambina e Metabolismo. Tutta la genesi di quest'idea venne accuratamente annotata nei diari personali e dalle fonti trovate si può dire che la nascita di tale progetto fu per lo più letterale che pittorica, almeno in un primo momento. Lo stesso Munch definì il fregio “un poema d'amore, d'angoscia e morte” e dichiarò che con questi quadri desiderava “esprimere la vita e il suo significato e aiutare gli altri a comprendere la propria”. In questa occasione la stampa tedesca si occupò parecchio di Munch in un dibattito per la prima volta positiva e incuriosita: “Dall'unione tra una gioia brutale e nordica per il colore, l'influenza di Manet e una tendenza alla fantasticheria, nasce qualcosa di decisamente unico”. Dopo essere stato considerato un anarchico dell'arte, ora si trasforma sentimento e pulsione che si fa carico di tutte le
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sensazioni dell'uomo. Non mancano riferimenti carichi di erotismo e morte (Eros e Thanatos) come nella luna riflessa sull'acqua che crea un'allusione a un simbolo fallico e le ombre che circondano le figure, chiaro riferimento alla morte sempre presente. Le ombre spesso aggiungono un elemento paralizzante nello sguardo dei fruitori, greve, minaccioso e anche malinconico. In diversi quadri compare una giovane donna vestita di bianco, una figura statuaria e luminosa la cui presenza è di natura simbolica. Simbolo poi ripreso nella Danza della vita che contrappone tre donne, una fanciulla vestita di bianco, una donna che indossa un abito rosso che balla con un uomo (l'artista stesso), simbolo di sessualità che si impossessa dell'uomo attraverso il vestito che si attorciglia durante la danza, e una donna anziana vestita di nero con il viso verdastro, malinconica e presagio di morte. Una peculiarità nella composizione si evince attraverso la figure poste sempre in primo piano, mentre sullo sfondo si svolge un' azione o un evento che può essere interpretato come l'immagine mentale, la dimensione dell'interiore. Dal 1902 fino al periodo dell'internamento in un istituto a Copenghen la produzione artistica di Munch ebbe molto successo: espose dipinti in Francia, Germania, e in Norvegia ininterrottamente portandolo come artista del secolo. La sua tecnica mutò incontrando per certi versi quelle Fauves dove il colore veniva spremuto direttamente dal tubetto alla tela in strati spessi e molto materici che rafforzavano ulteriormente la sua base espressionista. Le figure dipinte sembrano sempre di più avvicinarsi al quadro, come per inquietare e soffocare lo spettatore; contrasti tra verdi e rossi e la frammentazione sempre maggiore delle linee suggeriscono il ritorno ad un nervoso disagio in contrapposizione con i dipinti durante il periodo in cui era in clinica dove i soggetti e i dipinti erano più tranquilli e descrivevano scenari di vita comune. Il senso di stranezza e solitudine venne raccontato da Munch in maniera sempre più violenta ed esasperata. La morte di Marat assunse una connotazione strettamente interpretativa personale dopo il trauma della rottura con la fidanzata TullaLarsen. L'alter ego dell'artista nel dipinto, giace sdraiato a letto in parallelo con il piano del quadro mentre la donna sta in piedi, ferma e immobile con lo sguardo assente e rivolto dritto davanti a lei se come se non provasse alcun sensazione. Il quadro ha una struttura architettonica dove linee verticali
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e orizzontali diventano matrice compositiva, rotte solo da una diagonale segnata dalla mano insanguinata di MaratMunch, che rompe l'armonia della composizione. L'esperienza di uno sdoppiamento di personalità era presente da sempre nell'opera dell'artista ma qui la sensazione dell'essere “fuori di sé” è molto intensificata, come se volesse descrivere la battaglia tra le forze della luce e dell'ombra nella sua mente: l'influenza dell'alcool spinse fino all'estremo la separazione tra la mente e l'animo – finchè i due stati, come due uccelli nella stessa gabbia, tirarono la catenella ciascuno nella propria direzione, minacciando di spezzarla ed infrangerla. Dalla violenta separazione di questi due stati mentali sorgeva una tensione interiore sempre più forte – un Conflitto – una paurosa battaglia 13 nella gabbia dell'anima .
Dopo anni di vita irrequieta, disturbi nervosi e alcolismo, nell'autunno del 1908 una crisi nervosa e di depressione si fecero strada nella mente dell'artista costringendolo a internarsi nella clinica privata dal Dott. Jacobsen a Copenaghen per otto mesi. Una volta tornato si stabilì in Norvegia ma a Kragero dove qui aprì un nuovo capitolo della sua vita e nella sua arte. Iniziò subito a lavorare per un concorso per la decorazione dell'Aula Magna dell'Università di Oslo. Propose un' opera monumentale sia per quanto riguarda le dimensioni che i soggetti. Munc lavorò a questi murali ma non trattando direttamente sul muro ma dipingendo su ampi teli cuciti poi tutti insieme con l'aiuto della sua domestica. Il tema doveva esprimere un soggetto norvegese e per questo Munch decide tre temi fondamentali: la Storia, descritta come un pescatore che racconta delle avventure ad un bambino, arazzo collocato nella parte sinistra dell'aula; Sole, collocato nel mezzo, dove irrompe la luce prende pieno possesso della scena, simbolo di erudizione e pace interiore i cui raggi si propagano per tutta l'Aula Magna e l'ultimo Alma Mater, scena di maternità dove una madre tiene in braccio un bambino, una specie di rinascita e attaccamento alla famiglia e alle tradizioni che si ricongiunge con il primo 13_ ibd. pag. 50.
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arazzo che descrive la storia in un andamento ciclico. Questa grandiosa opera testimonia la sua nuova tendenza verso una tranquillità ritrovata. Munch parallelamente al lavoro fatto in Università dipinse numerosi paesaggi di natura monumentale che comprendevano una serie di paesaggi invernali di Kragero; i dipinti si fecero più morbidi, tranquilli e dalle tinte docili, in netta contrapposizione con l'amarezza e la sofferenza che fino ad allora aveva accompagnato l'artista. Tra il 1912 e 1915 Munch fu assorbito da un nuovo soggetto, il rapporto con il suo alter ego, l'artista che invecchia e la sua giovane modella, in una variazione meno tragica del rapporto tra uomo e donna del “Fregio della Vita”. Nel dipinto Uomo e Donna 1 viene introdotto un nuovo elemento formale, inserisce sullo sfondo una porta aperta che lascia intravedere un'altra stanza molto più luminosa di quella dove si svolge la scena dipinta. Nel 1916 Munch si trasferì a Ekley in campagna, avvolto nella natura e circondato dalle cose pure e semplici. Da qui la produzione di paesaggi si intensificò in maniera sostanziale, estraniandosi quasi completamente con il mondo esterno e per questo abbandonando la malinconia del vivere in un mondo dove le altre persone non lo comprendono. È a Ekly che Munch costruì dei grandi studi dove lavorava all'aperto anche nelle più rigide stagioni e si occupò per anni a diversi grandi progetti come Il Secondo Fregio della Vita o Verso la Luce. A frenare questo secondo progetto ambizioso fu una malattia agli occhi che lo rese quasi cieco nel 1930. I quadri dipinti durante il periodo di Ekly son per lo più ritratti di amici intimi e di figure pubbliche. Nelle nuove versioni dei soggetti precedenti, Munch ora incluse anche la propria morte, monitorata e resa palese dai numerosi autoritratti che si fece in tarda età quasi per esorcizzare l'attesa della sua fine. Munch conservò per tutta la vita la massima coerenza poetica, malgrado le feroci critiche, il desiderio dell'artista di far trapelare dai suoi dipinti, dalle sue immagini, la paura, l'ansia, l'angoscia come messa in scena senza filtri e vergogne della vera essenza umana. Non è mai stato un' artista che ha lavorato oggettivamente ma soggettivamente facendo così destabilizzare e inquietare gli spettatori che osservano le sue opere come se anche essi si possano riconoscere come uomini vulnerabili e pieni di paure. L'ansia per Munch era una questione esistenziale lo ha mostrato nei dipinti senza esitazioni.
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13_ HANS JAEGER 1889 Olio su tela 100 x 120,5 cm Hans Jaeger , caro amico di Munch e leader del movimento radicale BohĂŠmiene di Christiania
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_14 AL TAVOLO DELLA ROULETTE 1892 Olio su tela 74 x 115,5 cm A Nizza Munch dipinse alcune scene di tavoli da gioco a Montecarlo, luogo da lui definito “un castello incantato, luogo di incontro dei demoni”. La tecnica si riferisce chiaramente a Gauguin
_15 LA VOCE 1893 Olio su tela 90 x 118 cm Esistono varie versioni di questa opera ed è il primo di una serie di dipinti chiamata “amore”. Da questi soggetti sarebbe nato quello che in seguito sarà denominato “Fregio della Vita”.
_16 SEPARAZIONE 1896 Olio su tela 96,5 x 127 cm L’artista è costretto a scegliere tra l’arte/la sofferenza e l’amore terreno. Le linee Art-Noveau di questa versione indicano che lo stile fu influenzato dalla versione litografica, realizzata allo stesso tempo.
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17_ LA MORTE AL TIMONE 1893 Olio su tela 100 x 120,5 cm Il vecchio nella barca con la morte può essere interpretato come il padre dell’artista. il soggetto fu realizzato inizialmente come controparte delle Madre Morta, per poter rappresentare come un dittico la morte del padre e della madre
18_ PUBERTA’ 1893 Olio su tela 149 x 112 cm L’adolescente nuda con gli occhi fissi, spalancati, sembra bloccata nella linea orizzontale del letto e nella sua fredda immobilità. La sua ombra si allunga minacciosamente sottolineando una sensazione di solitudine e ansia
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_19 EREDITA’ 1897-99 Olio su tela 141 x 120 cm Il bambino ammalato, di un pallore verdastro, giace in braccio alla madre in una posizione che ricorda il quadro Madonna. L’approssimarsi inevitabile della morte è simboleggiato dalle foglie autunnali sulla gonna della madre. Munch chiamava il quadro il bambino sifilico anche se è un chiaro riferimento all’eredità ditubercolosi trasmessa da sua madre.
_20 MALINCONIA/LAURA 1899 Olio su tela 110 x 126 cm La donna immersa nelle sue riflessioni sarebbe la sorella di Munch che soffriva di depressione. La donna ci appare completamente isolata dalla realtà.
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21_ GOLGOTA 1900 Olio su tela 80 X 120 cm Il crocifisso e l’uomo in primo piano di profilo hanno i lineamenti dell’artista. L’artista in croce è oggetto di derisione da parte della folla che diventa una massa più ci si avvicina alla croce. Una figura demoniaca femminile poggia la mano sulla spalla del Munch di profilocome simbolo di sofferenza
22_ AUTORITRATTO ALL’INFERNO 1903 Olio su tela 82 X 60 cm Esiste un autoritratto fotografico nell’estate del 1903 in cui MUnch appare nudo e nella stessa posizione del quadro. I colori stridenti e l’ombre che incombe come in Pubertà deliano uno stato d’angoscia nell’interiore dell’artista
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_23 AUTORITRATTO CON PENNELLI IN MANO 1904 Olio su tela 197 x 91,5 cm E’ l’autoritratto di Munch maturo nel pieno dell’enfasi artistica. Non è più il pittore tormentato dall’ansia di Bambina malata ma un’ artista maturo e consapevole delle proprie capacità e della sua arte.
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24_ INVERNO. ELGESBURG 1906 Olio su tela 84 X 109 cm
25_ VECCHIO A WARNEMUNDE 1907 Olio su tela 110 x 85 cm Nell’estate del 1907 Munch si stabilì a Warnemunde, nel Mar Baltico dove fece diversi esperimenti pittorici provando tra l’altro una tecnica spontanea dove utilizzava spessi strati di colore e veniva spremuto direttamente dal tubetto alla tela.
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_26 LA MORTE DI MARAT 1 1907 Olio su tela 150 x 200 cm Il punto di partenza di questo dipinto è la rottura con la fidanzata Tulla-Larsen nel 1902, quando il pittore rimase accidentalmente ferito alla mano da un colpo di pistola. L’evento si sarebbe trasformato in un trauma che avrebbe perseguitato Munch per molti anni e che esaminò in pittura con una serie di versioni dierse una delle quali intitolata Assassina.
_27 LA MORTE DI MARAT 2 1910 Olio su tela 152 x 149 cm Sfogio della tecnica personale del tratteggio attraverso forti pennellate orizzontali e verticali che indica l’aggressività che Munch riporta ancora per il soggetto.
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28_ DOTTOR DANIEL JACOBSON 1908 Olio su tela 204 x 111,5 cm Dopo molti anni di vita inquieta in Europa, caratterizzata da disturbi nervosi e alcolismo, nell’autunno del 1908 Munch si fa ricoverare nella clinica per disturbi nervosi del Dott. Jacobson a Copenaghen. In poco tempo il pittore trasformò la camera in uno studio e qui realizzò il ritratto del medico, dipinto come un uomo fermo e sicuro.
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_29 IL SOLE. Studio per le decorazioni dell’aula Magna dell’Università di Oslo 1910-11 Olio su tela 450 x 777 cm Il sole diventa simbolo di nuova venerazione della natura da parte del pittore dopo la guarigione dell’esaurimento nervoso del 1908
_30 CAVALLO AL GALOPPO 1910-12 Olio su tela 148 x 119,5 cm La combinazione di pennellate raffinate e potenti comunica la velocità selvaggia del cavallo che avanza nella neve con forza e fierezza.
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31_ TRONCO GIALLO 1911-12 Olio su tela 131 x 160 cm Il tema dell’interno della foresta e della natura sarà di particolare interesse per l’artista durante questo periodo di calma interiore. Attraverso una prospettiva esagerata il centro del dipinto con il tronco giallo crea un punto focale che ci sembra indicare la strada verso il cuore della foresta.
32_ UOMO AL BAGNO 1918 Olio su tela 137 x 199 cm La brillante luce azzurra rispecchia i muscoli definiti dell’uomo he a loro volta si rispecchiano nell’acqua e nella spiaggia come per sottolineare il connubio tra uomo e natura, uno compenetrazione dell’altro.
33_ ARATURA IN PRIMAVERA 1916 Olio su tela 84 x 109 cm Nel 1916 Munch acquistò a Ekely una piccola proprietà immersa nella campagna dove si ispirò per alcune opere che ritraevano vita campestre. Questo periodo fu molto caro all’artista perchè si trovava in una profonda quiete.
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_34 UOMO E DONNA 1912.-15 Olio su tela 89 x 115,5 cm In una serie di quadri espressivi, Munch colloca se stesso e la sua modella in una stanza della piccola casa di Asgadstand. Basandosi su una situazione personale, Munch riesce a comunicare un’idea universale del rapporto uomo e donna. E’ il tema del Fregio della Vita sotto un nuovo aspetto.
_35 L’ARTISTA E LA MODELLA 1919-21 Olio su tela 134 x 159 cm Questo è una serie di quadridipinti nella camera da letto di Munch a Ekley. L’artista e la modella sono rivolti verso di noi, la donna in vestaglia e con i capelli sciolti mentre l’artista vestito di tutto punto con abito e cravatta. Il letto disfatto fa pensare ad un rapporto intimo. E’ l’autoanalisi del rapporto tra un uomo anziano e un’amante giovane.
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36_ MODELLA ACCANTO ALLA POLTRONA DI VIMINI 1919-21 Olio su tela 122 x 100 cm La modella posa nuda davanti ad una poltrona, con la testa china e le braccia lungo i fianchi. La stanza si apre su altre stanze sul fondo è una caratteristica nella composizione di Munch.
37_ MODELLA SEDUTA SUL DIVANO 1924 Olio su tela 136 x 115 cm Con la sua bellezza serena, Brigit Prestoe, la modella preferita di Munch negli anni Venti, sebra aver ispirato un nuovo periodo creativo.
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_38 L’INSONNE 1923-24 Olio su tela 89 x 65 cm In questo autoritratto, Munch rivela aspetta della propria vita che molti altri desiderano tenere nascosti: l’angoscia, la solitudine e l’inquietudine. Le finestre senza tende e la stanza vuota sottolineano che l’artista non nasconde la sua vera natura.
_39 NOTTE STELLATA 1923-24 Olio su tela 139 x 119 cm Nel gruppo di soggetti dipinti a Ekely, una notte d’inverno diventa malinconia. Munch utilizza delle forme arrotondate nella costruzione del quadro,probabilmente ispirato dalla Notte Stellata di van Gogh. L’ombra in primo piano, forse del pittore stesso, comunica solitudine davanti alla morte.
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40_ RAGAZZE SUL PONTE 1927 Olio su tela 100 x 90 cm Questa è una delle numerose versioni di donne e fanciulle ritratte mentre passeggiano sul ponte. E’ uno dei quadri più lirici e armoniosi dipinti da Munch con chiari sottintesi erotici anche se la ragazza non ha il volto dipinto. Questo sta a significare l’erotismo come essere superiore e inconoscibile.
41_ SIGNORE SUL PONTE 1935 Olio su tela 100 x 130 cm Lo scenario è identico al dipinto dove ritrae le fanciulle sul ponte, ma questa volta sembra che gli anni passino e le fanciulle siano diventate delle donne. In questo caso è dipinto il volto di una di esse che guarda verso lo spettatore come a sottolineare che l’età della spensieratezza sia finita.
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_42 AUTORITRATTO TRA LA PENDOLA E IL LETTO 1940-42 Olio su tela 149 x 120 cm Ormai vecchio, Munch si colloca tra i due simboli della morte: il tempo (il pendolo) e il riposo eterno (il letto). L’autore è ritto in piedi, solo e alle sue spalle,sulla soglia della stanza illuminata a giorno, la casa è piena delle sue opere appese alla parete. L’ombra sotto i suoi piedi prende la forma di una croce
Fotografieche lo ritraggono pochi anni prima della morta, avvenuta nel 1944.
43_ AUTORITRATTO CON TESTA DI MERLUZZO 1940 Olio su tela 55 x 59 cm
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IL FREGIO DELLA VITA
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In generale l'arte nasce dal desiderio dell'individuo di rivelarsi all'altro. Io non credo in un'arte che non nasce da una forza, spinta dal desiderio di un essere di aprire il suo cuore. Ogni forma d'arte, di letteratura, di musica deve nascere nel sangue 14 del nostro cuore. L'arte è il sangue del nostro cuore.
Nel dicembre 1893, periodo in cui l'artista spesso viaggiava tra Kristiania e Berlino, fu organizzata nella capitale tedesca un'altra mostra di Munch: a Unter den Linden, infatti, vennero esposte sei opere, facenti parte di una prima abbozza di serie detta Studio per una serie evocativa chiamata Amore. Fu così che ebbe inizio quello che poi l'artista denominò: “Il Fregio della Vita”, dove l'impeto visionario di Munch esplora i temi di vita, amore, paura, morte, malinconia ed ansia. Già nei primi anni novanta dell'800, sorse in Munch la pura necessità di riunire tutti i dipinti in un progetto unitario, dove potesse esprimere agevolmente il proprio pensiero sulla pittura e sulla vita vista dagli occhi dell'artista, un approfondimento e chiarimento della propria vita e dei segreti più reconditi dell'animo umano: una sorta di autoanalisi ante litteram che per la prima volta Munch presenta in maniera esplicita al pubblico. Il ciclo venne esposto interamente nel 1902 in occasione della quinta edizione del Berliner Secession. Munch decide di dividere in quattro temi il suo “Fregio della Vita”: “Seme dell'amore” (con i dipinti: Notte stellata, Rosso e bianco, Occhi negli occhi, Danza sulla spiaggia, Il bacio, Madonna); “Sviluppo e dissoluzione dell'Amore” (con i dipinti Ceneri, Vampiro, La danza della vita, Gelosia, La donna, Malinconia); “Angoscia” (con i dipinti Angoscia, Sera sul viale Karl Johan, Vite rossa, Golgota, l'Urlo); “Morte” (con i dipinti Il letto di morte, La morte nella stanza della malata, Odore di morte, Metabolismo, La vita e la morte, La madre morta e la bambina). Furono in molti a manifestare il proprio disappunto, soprattutto verso le tele più provocatorie, colpevoli di aver messo in dubbio le istanze dell'epoca. Camille Mauclair15 fu categorico 14_ ibd pag.37 15_ Scrittore e saggista francese (Nîmes 1872 - Parigi 1945). È stato uno degli ultimi esponenti del simbolismo mallarmeano, teorico di una vaga religione del bello, spaziando della letteratura, musica e arti plastiche
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nel definire i quadri “senza disegno e di un colore barbaro, di una materia ributtante per impaccio e pesantezza”. Per l'Aftenposen16, storico giornale di Oslo, Munch era “un' artista allucinato e allo stesso tempo uno spirito cattivo che si prende gioco del pubblico e si burla della pittura come della vita umana”. L'artista fu accusato addirittura di “trasformare troppo semplicisticamente oggetti e persone in una bruttezza indecente, con una esecuzione troppo naive, a scapito di una forte educazione artistica”. Analogamente, il giornale tedesco Magdeburgische Zeitung riprese alcune critiche già mosse negli esordi, affermando che l'artista “dipinge come in passato; gli stessi quadri non finiti, appena abbozzati”. L'esposizione a Berlino è stata una grande rivoluzione e un azzardo anche a livello museografico ed espositivo. I dipinti del “Fregio” vengono privati della cornice, lasciandoli come se fossero nudi e spogliati da inutili orpelli che ne occultano la pura essenza. I dipinti furono disposti su tutte e quattro le pareti della galleria posizionati nella fascia alta della stanza dove un telo bianco fa da sfondo. L'idea di posizionarli nella fascia alta era per rendere più difficoltosa la visione del singolo quadro, ma per rafforzare la globalità della collezione. Ogni parete è dedicata ad una sezione che parte da “Seme dell'Amore” fino ad arrivare a “Morte” con un andamento ciclico che viene chiuso e legato dal dipinto Metabolismo. Metabolismo è un dipinto chiave perchè raffigura Adamo ed Eva e in se racchiude tutti i temi e i simbolismi trattati dalle altre sezioni del “Fregio della Vita”, i due innamorati ma con i visi cadaverici, l'albero che si pone nel mezzo per ostacolare il loro amore ma nella parte inferiore del dipinto si nutre dalle ossa di un defunto. Il “Fregio” è senza dubbio l'opera madre di Munch che per tutta la vita lo espose nelle gallerie e lo portò ovunque, non è un ciclo finito, i dipinti verranno sempre o sostituiti o modificati a seconda di cosa vuole esprimere l'artista ma la formazione esposta a Berlino nel 1902 è, secondo Munch stesso, quella che più lo rappresenta.
16_ Quotidiano norvegese fondato da Christian Schibsted nel 1860. Originariamente si chiamava Christiania Adresseblad , ma il nome fu cambiato in Aftenposten nel 1861. Tradizionalmente, il giornale è considerato conservatore , ed è stato precedentemente collegato al partito Destra .
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Il Seme dell’Amore 2.1
44_NOTTE STELLATA 1888 Olio su tela 80 x 125 cm
45_ROSSO E BIANCO 1894 Olio su tela 93 x 125 cm
Notte tersa e glaciale, forse è un paesaggio che ritrae l’anima di Munch e la sua volontà di scavare nell’interiorità, un bisogno che in questi ultimi anni di vita a Ekly l’artista sente ancora più forte.
Il soggetto è collegato a Donna/ Sfinge ma al posto della donna nuda in atteggiamento di sfida, troviamo una fanciulla che indossa un abito rosso, colore dell’amore e del sangue. Sulla destra, in mezzo al bosco, compare un’ombra.
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46_OCCHI NEGLI OCCHI 1894 Olio su tela 163 x 110 cm
47_DANZA SULLA SPIAGGIA 1904 Olio su tela 163 x 110 cm
Questa è la prima delle numerose versioni del tema di Adamo ed Eva. La casa sullo sfondo ci fa capire che si tratta di una coppia di adolescenti e contribuisce allo stesso tempo ad esprimere une tensione erotica nascnte.
Il dipinto raffigura una scena al tramonto dove due donne danzano spensierate e altre tre, raffigurate come ombre nere, sono nascoste nella foresta come a simboleggiare l’angoscia e la pazzia (vestita di rosso) sempre presente, anche nei momenti di gioia.
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48_IL BACIO 1897 Olio su tela 99 x 80,5 cm Munch dipinse una serie di variazioni sul tema del bacio, collocando la coppia in diverse posizioni ma sempre esprimendo la tensione tra il rapido scorrere della vita e il momento interiore, fermo per l’eternità.
49_MADONNA 1893-94 Olio su tela 90 x 68,5 cm L’alone creato intorno alla figura lasciva della donna creano un suggestivo ritmo a tutta la composizione, le palpebre semichiuse tradiscono l’estasi della concezione, il momento culminante dell’amore ma anche un dolore nascosto. Il rosso dell’aureola evoca amore ma anche il colore del sangue.
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Sviluppo e dissoluzione dell’Amore 2.2
50_CENERI 1925-29 Olio su tela 139 x 200 cm
51_VAMPIRO 1893-94 Olio su tela 91 x 109 cm
Questa è una replica del soggetto del 1895 dal titolo “ Dopo la Caduta” rivela i sottointesi biblici del soggetto: l’uomo peccatore e penitente e la donna vittoriosa dopo l’atto sessuale che con i capelli intrappola l’uomo come se fosse una gorgone.
Il soggetto è semplice e concentrato. Una donna simbolo delle “Femmes Fatale” si avvinghia ad un uomo come una medusa. Le figure proiettano una sola ombra che sembra schiacciarli e avvolgerli nelel tenebre
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52_LA DANZA DELLA VITA 1900 Olio su tela 125 x 191 cm
53_GELOSIA 1907 Olio su tela 80 x 100 cm
Come in Donna/Sfinge anche la Danza della Vita rappresenta la donna nelle sue tre fasi: la prima è una fanciulla delicata e giovane e pura. La seconda si trasforma nella donna-vampiro che ammalia l’uomo e lo travolge nella sua passione. La terza rappresenta la morte con la vecchiaia, dobe la donna appare consumata, magra e triste
Munch si raffigura in primo piano mentre sembra maledire la giovane coppia dietro di lui. Geloso della felicità altrui e della spensieratezza dei giovani che sembra però essere avventata in quanto sembrano cogliere la mela come Adamo ed Eva
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54_DONNA/SFINGE 1893-94 Olio su tela 72 x 90 cm
55_MALINCONIA 1891 Olio su tela 72 x 90 cm
Donna/Sfinge ha un lingueggio pittorico proprio che ci riporta agli esordi in pittura di Munch, le tre figure sono associate a diversi aspetti della natura femminile , ripreso poi nel dipinto “La Danza della Vita”. Le tre allegorie della donna, da fanciulla pura, a predatrice e portartrice di morte.
Autoritratto dell’artista che medita in riva al fiordo a Oslo durante uno dei suoi soggiorni nella dependance a Ekly. La posa è chiaramente un riferimento a Albrecht Dürer con l’incisione a bulino Melencolia del 1514.
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Angoscia 2.3
56_ANGOSCIA 1894 Olio su tela 94 x 73 cm
57_SERA SUL VIALE KARL JOHAN 1892 Olio su tela 121 x 85 cm
Il paesaggio sullo sfondo è lo stesso del dipinto l’Urlo. I volti pallidi, spettrali si avvicinano all’osservatore come una processione di spettri in un corteo funebre. Ecco come Munch descrive il quadro:
La passeggiata, tipica convenzione della borghesia, viene vista da Munch come una processione di “fantasmi” dagli occhi sbarrati. I volti appaiono come delle maschere spaventose, e nonostante gli occhi siano completamente aperti, i visi sono chiusi. I volti, privi di espressione, rappresentano la realtà dura sperimentata dal pittore. L’umanità dei personaggi è rivelata solo attraverso elementi esteriori come i cilindri degli uomini e i cappelli delle donne. Un elemento controcorrente e in opposizione è rappresentato dall’autoritratto di Munch che si dipinge lontano dalle persone che passeggiano.
“...v idi tutte le persone dietro le loro maschere - visi sorridenti, flemmatici,calmi. Attraverso essi vidi la sofferenza in tutti corpi pallidi, che si affrettano inesorabilmente, correndo, lungo la via tortuosa, alla fine del quadro si trova la tomba.” (Dal diario personale di Munch).
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59_GOLGOTA 1900 Olio su tela 80 X 120 cm
58_VITE ROSSA 1898-1900 Olio su tela 119 x 121 cm
Il crocifisso e l’uomo in primo piano di profilo hanno i lineamenti dell’artista. L’artista in croce è oggetto di derisione da parte della folla che diventa una massa più ci si avvicina alla croce. Una figura demoniaca femminile poggia la mano sulla spalla del Munch di profilocome simbolo di sofferenza
La pianta rampicante che da il nome al quadro sembra avere una vita propria e si avvolge intorno alla casa come delle lingue di fuoco. I tronchi spogli degli alberi hanno chiari riferimenti alla morte mentre il protagonista, l’artista stesso, sembra essere impassibile su quello che sta accadendo nel reale
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60_IL GRIDO 1893 Olio su tela 83 x 66 cm
“Camminavo con due amici - il sole stava tramontando - quando improvvisamente il cielo si tinse di rosso sangue - mi fermai, esausto, e mi appoggia a un recinto - sopra la città e sul fndo color blu-nerastro c’erano sangue e lingue di fuoco - i miei amici proseguivano ed io rimasi lì, tremando d’ansia - e sentìì un grido infinito che attraversava la natura.”
L'Urlo, o anche Il Grido, è un celebre dipinto di Edvard Munch (titolo originale in norvegese: Skrik). Realizzato nel 1893 su cartone con olio, tempera e pastello, come per altre opere è stato rappresentato in più versioni, quattro in totale. In alcune composizioni poetiche che Munch scrisse nel suo diario racconta l'origine del celeberrimo dipinto: una passeggiata con amici portò in evidenza il dolore atroce di ogni segmento di vita di fronte alla natura matrigna. E quel volto contorto che deforma il mondo con un suono deflagrante conferma la posizione dell'uomo senza Dio: un'immensa sofferenza che diventa grido di sconfitta al cospetto del nulla, del nulla che avvolge, che torce le forme, che comprime la psiche dell'uomo, trasformando il suo volto, comprimendo il teschio fino ad evidenziarlo drammaticamente sulla pelle. Munch cerca di frapporre tra il nulla e sè, le proprie mani, come se il silenzio immane di una natura matrigna penetrasse insopportabilmente negli orecchi.
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Morte 2.4
61_LETTO DI MORTE (O AGONIA) 1915 Olio su tela 160 x 100 cm
62_MORTE NELLA STANZA DELLA BAMBINA MALATA 1893 Olio su tela 134 x 160 cm
Di questo dipinto esistono due versioni: una delle quale il morto, o l’agonizzante, non viene nemmeno mostrato se non come un fagotto in un letto. Ben più inquietanti sono le figure che l’assistono pregando, dei fantasmi, essi stessi impressionanti ben più del cadavere, con le ombre che si allungano alle loro spalle e che li uniscono in un dolore fatto di tenebre tangibili.
L’immagine ricorda la morte della sorella Sophie, amatissima da Munch. I famigliari vengono ritratti all’età che avevano all’epoca ma il quadro fu dipinto 15 anni dopo. In questo modo Munch voleva sottolineare l’effetto tragico che si protae nel tempo della perdita di un famigliare molto caro, infatti l’artista si dipinge mentre si allontana dal capezzale delle sorella, come se non potesse riuscire a vedere tanta sofferenza nel volto della sorellina.
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63_ODORE DI MORTE 1915 Olio su tela 108 x 150 cm
64_LA MADRE MORTA 1889 Olio su tela 105 x 178 cm
Come nel dipinto Agonia il morente non viene nemmeno ritratto in modo da soffermare l’osservaore sui volti affranti dei famigliari al capezzale del malato. In questa versione più recente che ricorda Letto di morte i colori si fanno più velati e liberi, come se lo spirito dell’artista si liberasse solo attraverso l’atto estremo della morte.
L’ossessione delle proprie tragedie familiari era talmente radicata in Munch da spingerlo a rappresentare anche la morte della madre, avvenuta quando l’artista aveva solo cinque anni. Il mondo dei morti si sovrappone così a quello dei vivi, respinti con i primi sul fondo e rappresentati in bianco e nero, quasi fossero essi stessi fantasmi. C’è però un’eccezione significativa: in primo piano è infatti raffigurata la piccola Sophie, scomparsa a sua volta nel 1877. La sua figura è bloccata nel tempo ed è proprio lei ad apparire in carne ed ossa e a dominare la scena, con i capelli biondi, il volto dallo sguardo sbarrato e il vestito rosso. Questo sembra allargarsi in un alone sul pavimento, prolungato fino al letto della madre, a cui la bambina risulta in tal modo assimilata.
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65_METABOLISMO 1889 Olio su tela 175 x 143 cm Come già aveva fatto in Ceneri, Munch raffigura il tema del peccato originale, quella colpa suprema che, secondo l’artista, si ripete nella scelta di ogni coppia che cede alle lusinghe dell’amore. La composizione riprende quella degli Occhi negli occhi: i progenitori sono in piedi ai due lati dell’albero da cui Eva coglierà la mela fatale. Sono entrambi nudi, ma non si guardano, chiusi nelle rispettive fantasticherie che precedono la rovinosa caduta. I tratti sono pesantemente marcati, gli occhi cerchiati di nero e il pittore sottolinea i genitali di Adamo, girato di tre quarti verso l’osservatore. La donna, dai capelli lunghi e rossi, simbolo della tentazione sessuale, è invece rivolta verso il compagno e pare muoversi nella sua direzione. La cromia è scura, la pennellata greve e il dipinto è costruito su una serie di linee verticali, che evidenziano la dimensione terrestre della rappresentazione, togliendone respiro.La stessa composizione è compressa, le figure si allungano a occupare l’intera altezza della tela, i cui margini laterali sono segnati e chiusi dai tronchi di due alberi. Munch sceglie un’ambientazione tetra, che nulla ha a che vedere con l’idea favolosa del giardino dell’Eden. I due personaggi sono collocati nel folto di un bosco dove non penetra alcun raggio di luce, anche se i loro corpi sono illuminati.Il cielo azzurro, dove si intuisce la presenza del sole, s’intravede invece nello sfondo, insieme al mare e alla spiaggia. Non c’è però alcuna comunicazione tra i due mondi e la scena ha al contrario un carattere brutale, addirittura spiacevole, così come la cornice, in cui i teschi alludono alla caducità dell’amore.
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EDVARD MUNCH
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Incisioni, sperimentazione e audacia La grande produzione artistica di Munch riguardò anche le incisioni. Nell'arco di cinquanta anni (dal 1894 al 1944) la sua produzione comprende in tutto 850 numeri suddivisi nelle tre tecniche grafiche dell'acqua forte, litografia e xilografia. Alla sua morte Munch lasciò anche esse, come i dipinti, sotto la custodia del comune di Oslo. Munch fu un incisore innovatore dedito alla sperimentazione tanto che il suo stile si contraddistingue dal contesto internazionale nonostane lavorò spesso a contatto con i maggiori incisiori del tempo. Munch prese una direzione diversa, audace e sovversiva nei confronti dei canoni di questo tipo d'arte, una caratteristica tipica delle sue incisioni è l'assenza di numerazione. L'artista non decideva la quantità di una determinata tiratura e non faceva distruggere le lastre dopo la tiratura ma al contrario, spesso a proprie spese, faceva di tutto per conservare le pietre e lastre per così avere la possibilità di riprendere la produzione. Di conseguenza a questo atteggiamento di compulsiva conservazione, troviamo spesso gli stessi disegni dove vengono apportate modifiche anche con un lasso di tempo di anni. Il procedimento tradizionale per le incisioni è quello in cavo (o
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comunemente detto calcografico), in rilievo ( tipografico) e in piano, a seconda della tecnica scelta. Per le incisioni in cavo normalmente si utilizza una lastra di metallo preparata in modo che l'inchiostro si depositi nei solchi e nelle linee tracciate con una punta secca. L'inchiostro non viene trattenuto sulla superficie lucidata e cerata ma aderisce solo nei punti dove è stata incisa e dal momento in cui si passa sotto il torchio l'inchiostro viene impresso sulla carta solo in concomitanza dei solchi. I solchi sono realizzati attraverso la graffiatura della lastra che viene poi trattata lavandola con degli acidi che corrodono i punti del metallo non trattati e protetti con la cera o la vernice. Tale procedimento si chiama “morsura”. Munch utilizzava il termine “radering” per tutte le forme di incisioni in cavo. L'incisione in rilievo lavora in maniera opposta rispetto alla tecnica a cavo, sono le parti in rilievo della lastra che assorbono l'inchiostro e producono la stampa. Questo metodo è associato alla xilografia o la lineografia in cui vengono scavate le zone chiare in eccesso. Durante il XIX secolo le xilografie venivano normalmente incise su delle tavole di legno consentendo in questo modo grandi tirature senza usurare eccessivamente la tavola. Tale tecnica fu utilizzata spesso per illustrare libri e giornali e veniva affidata a degli artigiani qualificati che copiavano fotografie o opere d'arte. La peculiarità di Munch è stata utilizzare il legno al posto del metallo, scavando lungo la direzione delle venature anziché in direzione trasversale e questo rese possibile la realizzazione di tavole di grande formato. Munch utilizzò varie essenze di legno per poter sperimentare tutte le rese xilografiche. L'incisione in piano viene normalmente associata con la litografia, fu inventata da Alois Senefelder alla fine del XVIII secolo e guadagnò immediatamente importanza come metodo di stampa commerciale. In un primo momento vedeva l'utilizzo di pietre appositamente preparate per poter stampare. Le pietre litografiche avevano però l'inconveniente di essere molto costose oltre che pesanti e fragili quindi vennero sucessivamente sostituite da lastre di zinco appositamente preparate che sostituirono quasi completamente le pietre. Un altro metodo per evitare di lavorare con le scomode pietre consisteva nel produrre un disegno su carta e fare trasferire le immagini su una pietra litigrafica dallo stampatore.
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I primi lavori 3.1 Munch eseguì le prime calcografie e litografie nel 1894, verso la fine dell'autunno e continuò a sperimentare le varie tecniche della stampa durante il corso della sua vita. Molto probabilmente l'artista decise di iniziare a lavorare alle incisioni per arrotondare il reddito, oltre che per il desiderio di sperimentare nuovi metodi di “fare arte”. La maggior parte delle sue prime incisioni riprende i temi dei suoi quadri precedenti che l'artista sembra riprodurre come una sorta di allenamento per questa nuova tecnica: Il giorno dopo, Chiaro di luna, I solitari, La voce e La donna; mentre per quanto riguarda le litografie troviamo: Pubertà, Il grido, Madonna, Vampiro, Gelosia, Angoscia, Morte nella stanza della malata, La bambina e la madre morta e la Bambina malata. Le prime incisioni in cavo sono state realizzate a puntasecca su rame dove le linee sono incise direttamente sulla lastra e quindi il metallo viene deformato e si crea un rigonfiamento intorno alla linea incisa che crea delle sbavature chiamate “barbe” tipica di questa tecnica. L'inchiostro non viene quindi trattenuto soltanto nella linea incisa ma anche nelle barbe e questo conferisce alle stampe una linea confusa che si sfuma in una superficie nera, densa, morbida e materica. Le barbe, durante le operazioni di stampa, si usurano molto presto e la qualità delle incisioni risulta visibilmente ridotta dopo pochissime tirature. Sarà verso la fine dell'800 che venne scoperta la possibilità di rivestire totalmente con l'acciaio le lastre di rame, attraverso un bagno elettrolitico. In questo modo era possibile stampare grandi tirature e quindi la tecnica a puntasecca si diffuse maggiormente, anche Munch preferì usare le lastre in acciaio. Ben presto l'artista iniziò anche ad utilizzare diverse forme di acquaforte, spesso riunendo diverse tecniche da lui sperimentate. Non utilizzerà mai l'acquatinta ma riuscì ad ottenere effetti molto simili ma con l'utilizzo di altre tecniche. Correzioni e aggiunte venivano spesso apportate con la puntasecca, ma l'acquaforte in acido poteva essere anche ripetuta diverse volte per ottenere maggiore variazine nel trattamento della superficie. Per lo più le prime incisioni in cavo si possono trovare in stadi diversi. Dopo il primo disegno del soggetto da cui si ricavava nuove bozze, Munch era solito continuare a perfezionare
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il disegno finché non si riteneva soddisfatto e stampava un'edizione. Lo stesso tipo di procedimento fu adottato per alcune litografie e xilografie. In moltissime acqueforti venne utilizzata la morsura aperta, spesso abbinata a strati di copertura. Frequentemente l'artista aggiungeva qualche modifica al disegno in fase sucessiva che rappresentava un nuovo stadio dell'incisione in completa mutazione e trasformazione per Munch, l'acquaforte in acido poteva anche essere ripetuta diverse volte per ottenere maggiore variazione nel trattamento della superficie. Munch dal primo disegno del soggetto da cui ricavava più di una bozza, continuava a lavorare la lastra per poi trarre nuove bozze finché non era soddisfatto e stampava un'edizione. Collocando una serie di stampe di queste fasi una accanto all'altra possiamo ricostruire praticamente tutto il processo di produzione. Quando si confrontano e si esaminano le incisioni a colori di diverse lastre, il quadro diventa più complicato, in quanto la tecnica consente di combinare le lastre in diversi modi e quindi è più diffcile parlare di stadi nel senso vero e proprio del termine. Come incisore Munch fu per lo più un autodidatta e probabilmente imparò in maniera empirica le basi della tecnica osservando gli stampatori al lavoro. Munch sicuramente fu inoltre ispirato dai maggiori artisti incisori del tempo, per quanto riguarda i soggetti e lo stile: Max Klinger, Félicien Rops, Odilion Redon, Alfred Bsnard, Eugéne Carriére, Paul Gauguin e infine Henri Toulouse-Lautrec, oltre ai grandi maestri del passato come Albrecht Dürer, Rembrandt, Goya e Daumier, tutti questi artisti facevano parte del clima culturale negli anni in cui visse Munch, che avrà sicuramente assimilato ogni insegnamento e nozione. Vista la grande capacità di disegno di Munch e la mano ferma che lo contraddistingueva, non sorprende affatto che scelse l'incisione come strumento espressivo. Quando iniziò a lavorare alla incisioni nel 1894, non era più agli esordi della sua attività artistica. Uno dei suoi più noti soggetti, rappresentato sia attraverso i dipinti che le incisioni, che ossessionò tutta la sua vita, è “La bambina malata”. La puntasecca del 1894 è una versione accurata ma speculare del quadro realizzato quasi dieci anni prima e ottenuta attraverso la puntasecca e bulino in sei stadi. Nel primo il disegno appare ancora piuttosto grigio, rozzo e sperimentale. Negli unici esempi a noi noti di questo stadio era stato aggiunto un paesaggio a matita sotto il quadro
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stesso. Nelle lavorazioni successive questo paesaggio appare inciso anche nelle lastre per poi però essere eliminato nella parte finale della stampa, senza alcuna motivazione se non estetica per il pittore. Studiare le varie fasi di realizzazione di una lastra di Munch è estremamente interessante per entrare nel merito del personaggio, per capire la sua ossessione alla perfezione formale e stilistica, oltre che a un turbamento interiore che non lo rendeva mai soddisfatto del dolore che voleva rappresentare. Le linee si fecero sempre più spesse e sempre più in contrasto con il volto pallido, quasi evanescente, della bambina che sembra scomparire fagocitata dalla malattia. Sembra inoltre che Munch realizzò la sua prima litografia, Pubertà a Berlino verso l'autunno del 1894. Lo stile di Munch inizia a cambiare, tanto da ispirare la corrente Die Brucke a Dresda dei primi del 1900. Come Munch anche Die Brucke prediligeva l'uso della xilografia sia per incisività e precisione adottata dai giapponesi ma questa tecnica consenteva appunto grandissime tirature e quindi per scopi di divulgazione del movimento per coinvolgere più persone possibile. Durante il periodo Berlinese i ritratti di Munch all'amico scrittore e amante dell'arte Harry Graf Kassler furono creati nell'aprilemaggio del 1895. In un diario inedito Kassler descrive un episodio verificatosi nella camera di Munch nel periodo in cui l'artista lavorava alla litografia di Pubertà. Si trovava in una stanza d'albergo e la direttrice gli confiscò il cavalletto dove era appoggiata la lastra, presumibilmente, per pareggiare un conto in sospeso e Munch, apparentemente impassibile, tentò di continuare a lavorare con la pietra posta su una sedia e da qui gli fu chiaro che l'utilizzo della carta al posto della pietra poteva segnare una svolta nella sua produzione artistica. Per le incisioni più meticolose l'artista si avvalse del disegno per poi ricopiarlo su una pietra, queste conclusioni hanno la loro veridicità nel fatto che incisioni come il Grido, per esempio, son state realizzate speculari rispetto al quadro. Munch utilizzava vecchi disegni preparatori che trasferive su pietra e poi modificava a seconda dell'empatia che voleva trasmettere nella lastra. Un altro dipinto dove si evince questa tecnica è Madonna, la litografia appare speculare al dipinto.
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Le incisioni a colori 3.2 Nell'inverno del 1896 Munch si trasferì a Parigi forse anche perché voleva consapevolmente impegnarsi nell'attività di incisore ed era desideroso di trarre vantaggio dall'esperienza dei grandi stampatori di Parigi. Nella capitale francese Munch potè sperimentare diverse metodologie di incisione per arrivare alla stampa colorata a Berlino. Grazie alla crescente popolarità della litografia intorno al 1890 diversi pittori si affidarono a questa tecnica ma fino a qualche anno prima considerata un'arte minore e non degna di interesse nelle cerchie degli intellettuali dell'epoca. Nel 1893-94 il critico Roger Marx riunì diversi portfoli grafici di vari artisti con un'audace selezione tanto che fu considerata il primo esempio di collezione di incisioni moderne. Questi portfoli furono pubblicati da Ambrosie Vollard, collezionista, gallerista e promotore delle avanguardie, che ne pubblicò sucessivamente altri due. Munch arrivò stabilmente a Parigi nel 1896 e si assicurò un posto come avanguardista nella galleria di Vollard con la litografia Angoscia, stampata in rosso e nero dal famoso litografo Auguste Clot. La stampa a colori richiede un procedimento molto più lungo e meticoloso rispetto alla stampa monocromatica, implica l'utilizzo di diverse lastre, per ogni colore, ma nella stampa di Angoscia Munch riuscì a semplificare la procedura con l'utilizzo di una sola lastra per una stampa a colori. La lastra fu stampata con due colori da una sola matrice coperta di inchiostro nero nella parte inferiore e rosso nella parte superiore. Non sappiamo se questa fosse un'invenzione di Munch o se è stato un'azzardo audace dello stampatore, ma l'audacia del processo di sperimentazione è una caratteristica tipica di Munch. Anche La bambina malata, capolavoro di Munch in versione litografica a colori, fu stampata da Clot nel 1896 sperimentando diverse combinazioni di colori. Con Clot stabilì una solidale collaborazione dove fu possibile anche allo stampatore indagare tutte le possibilità cromatiche delle incisioni. Sempre con la collaborazione di Clot, Munch realizzò un paio di litografie a trasferimento puro nel 1896: Attrazione II, Separazione II, entrambe disegnate con matita litografica su
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carta. Per ottenere consistenza nel disegno, utilizzò come base una tela, in modo che la trama venisse trasferita sul disegno. Anche l'uso di lastre metalliche offriva diverse opportunità per le stampe a colori, infatti Munch realizzò delle incisioni in acquatinta brunita, una tecnica simile alla mezzatinta 7. Su una lastra a mezzatinta già preparata l'inchiostro rimane addensato uniformemente producendo una stampa completamente nera e per far trasparire i disegni il soggetto viene graffiato o brunito. A differenza della puntasecca, dell'acquaforte e della maggior parte delle forme di disegno classiche, l'artista passa dallo scuro al chiaro e crea il soggetto dalle parti chiare anziché utilizzare bordi e contorni. La tecnica è ideale per transizioni sottili, sfumate e morbidi effetti di superficie. Munch utilizzò un metodo pià originale rispetto al classico procedimento della mezzatinta, anziché preparare le lastre di rame raschiandole con un utensile, acquistò lastre di zinco già preparate con una base di acquatinta. Il soggetto veniva brunito nello stesso modo della mezzatinta e la lastra veniva quindi stampata in nero o a colori. Per l'inchiostrazione dei colori egli utilizzò dei tamponcini fissati a un manico di legno, intinti nell'inchiostro, e quindi applicati nei punti che lui sceglieva della lastra. Poiché le lastre dovevano nuovamente essere inchiostrate per ciascuna stampa, era quasi impossibile ottenere due incisioni identiche. Gli artisti citati come possibili precursori di Munch in questo campo sono Paul Gauguin e Felic Vollotton ma anche Vincent van Gogh con la litografia intitolata Sorrow, richiamano molto la produzione artistica di Munch anche se è difficile trovare somiglianze dirette nell'uso di tavole di legno. Le prime tavole di Munch possono essere considerate come un progresso logico del suo lavoro alle 17_Metodo di incisione per stampa in chiaro e scuro, usato specialmente nel XVIII e XIX secolo. Viene conosciuto anche come maniera nera o stampa a fumo.Si realizza con l’uso di uno strumento (pettine) idoneo a produrre sulla lastra di rame tratti sottilissimi, che consentono una varietà di toni simili a quelli del chiaroscuro in pittura. La lastra di rame, viene lavorata graffiandola con il pettine, che la rende ruvida. I graffi devono essere eseguiti in tutte le direzioni in modo da risultare uniformi.Quindi, raschiando via le barbe, rialzate dall’uso del pettine, e si crea il disegno.A seconda della ruvidità della lastra viene trattenuto l’inchiostro. Dove le barbe sono state asportate, la superficie è liscia e l’inchiostro non viene trattenuto, quindi in fase di stampa risulta chiaro. Dove le barbe non sono state eliminate, si deposita molto inchiostro e si avrà un colore intenso e così via a secondo della lisciatura della lastra. Con questa tecnica, si possono quindi ottenere non solo delle linee, ma anche effetti di chiaroscuro.
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litografie create nello stesso periodo. Le forti e decise linee nere delle litografie de il Grido e Angoscia hanno suscitato molti malintesi per quanto riguarda la tecnica e spesso venivano confuse con delle xilografie. Le grandi campiture nere di litografie come Morte nella stanza della bambina malata, Gelosia ecc. hanno l'aspetto morbido e vellutato delle litografie ma chiaramente dimostrano che Munch aveva sviluppato le immagini in maniera più vicina alla xilografia. Le lastre potevano essere inchiostrate con diversi colori allo stesso modo dell'acquatinta brunita e potevano essere divise in sezioni separate inchiostrabili singolarmente. Per questa resa egli utilizzò un seghetto per traforo e sezionò le lastre di legno. Munch fu il primo artista a spingersi così oltre la tecnica canonica per poter avere sempre rese maggiori con questo metodo. Piuttosto che preparare più matrici per disegni differenti si serviva della stessa lastra, ciascuna parte separata veniva inchiostrata con il colore desiderato e la tavola veniva così ricomposta e stampata in una sola operazione e composizione. I soggetti quindi erano separati dalle scene, si evince questo metono in Verso la foresta (fig.100) dove l'intera tavola chiave è normalmente inchiostrata con tre colori e la tavola del colore è divisa in più sezioni stampate con cromie differenti.
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litografie e xilografie 3.3 All'inizio dell'estate del 1897 Munch lasciò Parigi e tornò in Norvegia, dove trascorse la maggior parte degli anni seguenti. Probabilmente portò con se un piccolo torchio da stampa che poteva usare lui stesso e negli anni sucessivi creò una serie di litografie e xilografie di natura molto sperimentale. Il lavoro manuale e fatto da lui stesso, alle volte incompiuto, conferiscono un carattere molto originale a questi lavori. Nel 1898 L'artista completò quattro litografie molto particolari: Donna con vaso, Coppia caricaturale, Donna disperata e Desiderio che hanno tutte in comune l'utilizzo di matrici preparate e stampate dallo stesso Munch. Durante questi anni l'artista sviluppò altre tecniche per effettuare incisioni in legno, una delle quali è un antenato di quello che oggi chiameremmo “frottage” e viene considerata un'idea nata dai surrealisti. Anziché inchiostrare la matrice e stamparla con il torchio, Munch stendeva un foglio di carta sulla tavola e lo strofinava con un pezzo di matita colorata. A differenza della normale stampa, il risultato non è un'immagine speculare ma è fedele alla matrice da cui è tratta. Munch utilizzò, si presume, questa tecnica probabilmente nel 1897, quando creò il manifesto per una mostra a Christiania e realizzò un frottage della tavola xilografica di Testa di uomo nei capelli di una donna che fu poi trasferita su una pietra litografica per poi essere stampata. Per alcune delle sucessive litografie utilizzò come supporto per il disegno un tavolo di legno, in modo da rivelare l'effetto delle venature del legno nelle stampe finali. Verso la fine del 1901 Munch decise di tornare un'altra volta a Berlino, con la chiara intenzione di farsi un nome come artista. Riuscì nel proprio intento soprattutto grazie ai nuovi contatti con la scena artistica tedesca di cui si inserì. Il collezionista d'arte Max Linde fu una delle persone che scoprirono il talento di Munch nel 1902 e attraverso Albert Kollmann 18, fu nel 18_Albert Kollmann inizialmente è un commerciante di Amburgo. sucessivamente si interessò d’arte e viaggiò in cerca di artisti in tutta Europa. Nel 1890 guidò i lavori di Max Liebermann. Nel 1899 presentò la sua collezione privata a Lubecca e nel 1892 fece ospitare nello studio di Liebermann Edvard Munch, che gli fece numerosi ritratti in segno d’amicizia.
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1902, tutte le incisioni in cavo e le litografie di Munch furono comprate per poter essere esposte nelle gallerie di Linde. Kollmann inoltre ordinò una raccolta di incisioni con i ritratti della sua famiglia e della casa di Lubecca. Gustav Schiefler, un collezionista di arte moderna dell'epoca, vide la collezione di incisioni di Linde e rimase molto colpito dal talento dell'artista, tanto da aiutarlo a trovare altre gallerie disposte ad esporre le sue opere. Questo nuovo interesse dei mercanati dell'arte fece in pochissimo tempo diventare Munch uno degli artisti più apprezzati, tanto da aumentare vertiginosamente le vendite delle incisioni e la produzione di cataloghi di tutte le opere realizzate con questa tecnica. Nel 1904 Munch firmò un contratto triennale con Ernst Cassierer, un filosofo tedesco, per i diritti esclusivi su tutte le vendite di incisioni in Germania. Questo contratto però si rivelò una mossa poco audace ma rappresentava una dimostrazione del prestigio di Munch come incisore. Il catalogo di Schiefler, pubblicato nel 1907, divenne subito il punto di riferimento dell'arte grafica di Munch e tale è rimasto fino ad oggi. L'accresciuto interesse dal 1902 in poi portò ad una richiesta sempre maggiore di stampe per le quali Munch non realizzò nuovi disegni, ma ristampò molti dei suoi soggetti precedenti in grandi tirature. Da allora in poi tutte le incisioni in cavo furono stampate quasi esclusivamente da Felsing, un editore costoso ma considerato l'officina principale per le stampe calcografiche con una predilezione per l'inchiostro dalla calda tonalità marrone. Le incisioni venivano spesso stampate su carta con sfumature gialle, in netto contrasto con i lavori precedenti in cavo di Munch che venivano stampati in nero su carta bianca. Il colore caldo giallognolo e l'inchiostro bruno conferivano una maggior morbidezza e rotondità al prodotto finale dell'incisione. Questa grande notorietà di Munch, gli permise di risollevarsi economicamente e quindi permettersi frequenti edizioni dei suoi lavori migliori e stampate su fogli di grande formato. Nel 1909 Munch fece ritorno in Norvegia e nei primi anni visse in varie località su entrambe le coste dell'Oslofjord finchè nel 1916 si stabilì a Ekely dove visse anni di pace e tranquillità. Nel 1910 entrò in contatto con il litografo Anton Peder Nielsen, che in seguito cambiò il suo nome in Kildeborg. Nielsen lavorava per diversi stampatori litografici di Oslo finché non fondò un proprio laboratorio di stampa e divenne un brillante collaboratore di Munch nelle stampe di litografie e xilografie. Nel 1912 Edvard installò un torchio litografico a Hvitsten e successivamente sistemò un laboratorio grafico in cantina, mantenedo sempre
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i contatti con Nielsen. Per quanto si orientasse sempre di preferenza verso litografie a trasferimento, Munch iniziò a lavorare anche direttamente sula pietra. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, la maggior parte delle pietre di Munch si trovarono a Berlino e questo lo preoccupò molto perché era impossibile recuperarle e anche solo ordinare delle nuove ristampe e farsele spedire dalla Germania. Durante i primi mesi dello scoppio della guerra l'artista riusci a recuperare le tavole di legno, le lastre di metallo e probabilmente tutte le pietre trasferite a Parigi. Lo stesso accadde anche per molte delle pietre che si trovavano in Germania, anche se una buona parte furono dichiarate indecenti e vi su incisa una croce sopra, per renderle inutilizzabili. Recuperate le lastre dalla Germania, nel 1914, lavorò ancora su alcune di esse e ricavò delle nuove lastre che stampò con il suo torchio nel laboratorio che allestì in una delle sue abitazioni. Questi lavori hanno un carattere meno preciso e professionale di quelle stampate in laboratorio, ma conferiscono maggiore empatia al disegno prodotto. Uno dei suoi espedienti più interessanti fu quello di inchiostrare le matrici di metallo con normale colore ad olio che stendeva su una gran parte delle lastre e non solo in concomitanza dei solchi. Alcune matrici come quelle per Vita e Paesaggio a Kragero sembrano quasi dipinte sucessivamente a pennello in maniera casuale e confusionale tanto è particolare l'effetto che la vernice ad olio ha sulla lastra. La maggior parte delle calcografie di questi anni ebbe una tiratura limitata tanto che per la prima volta l'artista iniziò a numearle e datarle. Dopo questa operazione sembrava finito per Munch l'interesse che aveva verso le incisioni in cavo. La xilografia fu il metodo che più interessò Munch, nei primi esemplari prodotti, si serviva delle venature del legno per movimentare ulteriormente il disegno e conferirgli una sorta di esaltazione all'artigianato puro. In alcune delle litografie del 1917 Munch si servì dei personaggi del dramma di Ibsen come I pretendenti al trono e in particolare quella di Skule e il vescovo Nicola nella foresta, dove si pensi utilizzò carta vetrata per eliminare le parti di legno morbide e malleabili, in modo da far apparire con maggior chiarezza i bordi duri. Questo effetto è reso all'estremo con le litografie sopra citate, le linee del legno creano una sorta di irregolarità nebulosa e i volti assumono un aspetto angosciante e spettrale.
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Nel 1915-17 Munch stampò diverse xilografie vivaci e quasi volgari in cui abbinò la tecnica della sega a traforo e una pittura diretta dopo la stampa di grande effetto, sia per le nuove tavole sia per le ristampe delle vecchie. Per accrescere ulteriormente effetti speciali e cromatici nelle incisioni adoperò diversi tipi di mascherine su linoleum o cartone, utilizzandole per nascondere parte della tavola o inchiostrandoli in linea nelle diverse sezioni di essa, disponendoli sulla tavola di legno prima della stampa. L'uso di queste mascherine si evince in xilografie come Bagno di sole, la nuova versione di Verso la foresta, Uomo al bagno, I solitari e Due donne sulla spiaggia. La luce lunare (simbolo che l'artista spesso utilizza) raffigurata nelle ultime due incisioni citate è stata realizzata con l'uso di queste mascherine, anche riutilizzando la stessa per più incisioni. L'ultima incisione di Munch non fu una xilografia ma una nuova versione litografica del ritratto di Hans Jaeger19 che lo impegnò fino poche settimane dalla morte nel 1944. Munch fu per tutta la vita un sovversivo controcorrente, come dimostra nell'opera in cui ritrarre Hans Jaeger, l'anarchico Bohèmiene insultato ed esiliato dalla borghesia e dalla polizia di Christiania. Hans, naturalista senza mezzi termini e autore di libri incredibilmente radicali invitò gli artisti suoi amici a raccontare la sua vita e null'altro. Quasi tutte le sue opere furono messe al bando per la loro spietata onestà, soprattutto censurate dalla boncostume per le numerose descrizioni erotiche che al tempo erano considerate riprovevoli e immonde. Tra tutti i pittori fu solo Munch a prendere sul serio Hans Jaeger e a cercare in lui l'ispirazione alla ribellione, all'onestà senza i fronzoli e i convenevoli dettati dalle regole della borghesia. Munch come Jaeger possono essere considerati come promotori della verità dell'essere, della libertà d'espressione e dello scarnificare l'animo nella sua essenziale purezza che è la vera natura dell'uomo.
19_ Hans Henrik Jæger è stato uno scrittore norvegese, filosofo e anarchico attivista politico membro del gruppo bohemien di Oslo, i Kristianiabohêmen che Munch ammirava profondamente.
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_66 CONSOLAZIONE 1894 Puntasecca e morsura 191 x 278 mm L’incisione ricorda il dipinto Pubertà sia per la tecnica raffigurativa che per l’ombra che incombe sulla ragazza quasi soffocandola ma, rispetto al dipinto, la speranza viene raffigurata dalla figura maschile che protegge la donna disperata. .
_67 LA BAMBINA MALATA 1895 Matita litografica, inchiostro di china e raschietto su pietra 287 x 338 mm Stampata da cinque pietre litografiche. La matrice è realizzata con matita litografica su carta mentre le pietre hanno subito un’ulteriore lavorazione. L’opera è stata realizzata nello stesso periodo di quando è stato realizzato il dipinto.
_68 POMERIGGIO IN KARL JOHAN 1895 Puntasecca, incisione e morsura 287 x 338 mm L’incisione sembra una preparazione al dipinto Madonna, con dei richiami alla raffigurazione de l’Urlo per quanto riguarda il cielo in fermento.
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69_ BOHEMIEN DI CHRISTIANIA II 1895 Acquaforte, puntasecca su rame 281 x 382 mm L’ambiente del Bohemièn è un tema centrale in tutta la produzione di Munch del decennio del 1890. L’aspetto degli uomini sembra quasi caricaturale e rappresentala cerchia di amici di Munch, da sinistra a destra troviamo: Munch stesso, Krogh, Nilssen, Jaeger, Heiberg e Hengelhardt e la donna è la corteggiatissima Oda Krogh, pittrice e moglie di Christian Krogh.
70_ MANI 1893 matita litografica, inchiostro e china a raschietto su pietra Rappresenta a riproduzione litografica del dipinto Mani. Il soggetto è probabilmente ispirato dall’applauso per una primadonna del Cabaret che Munch interpreta come il desierio maschile che cerca di brandire la donna.
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_71 SEPARAZIONE I 1896 Matita litografica su carta trasferita su pietra 416 x 645 mm Questa è una litografia a puro trasferimento creata a Parigi e stampata da Auguste Clot. La donna si allontana dall’uomo ma i suoi capelli lo legano per sempre in questa morsa che è causa del suo dolore.
_72 SEPARAZIONE II 1897 Matita litografica su carta trasferita su pietra 416 x 645 mm
_73 MELANCONIA 1896 Xilografia, sgorbia e sega da traforo 411 x 455 mm La xilografia è stata stampata da due tavole divise in due e tre sezioni rispettivamente con una sega da traforo.
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74_ MELANCONIA II Abbinamento, litografie e xilografia
75_ ANSIA 1896 Matita litografica, inchiostro e china a raschietto su pietra 387 x 552 mm La litografia riprende fedelmente il dipinto da cui l’immagine è tratta. I volti delle persone alienate sembra essere più spettrale rispetto al dipinto e conferisce maggior drammaticità all’intera composizione.
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_76 GELOSIA II 1886 Matita litografica, inchiostro di china e raschietto su pietra 473 x 574 mm La litografia è un’immagine speculare del dipinto anche se la scena cambia in quanto non compaiono più Adamo ed Eva nello sfondo, sostituiti da una donna lasciva che mostra il seno alla sua preda.
_77 ATTRAZIONE 1896 Puntasecca, incisione e morsura aperta su rame L’amore malata che viene descritto in questa scena segna visibilmnete i volti dei due giovani, che sembrano rassegnati, stanchi e depressi nonostante siano stati rappresentati nell’atto appena prima di baciarsi.
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78_ NOTTE D’ESTATE/LA VOCE II 1896 Litografia 376 x 557 mm Litigrafia ripresa da un quadro precedentemente dipinto da Munch. La calma e la tranquillità riproduce un’atmosfera estiva.
78_ URNA 1896 matita litografica, inchiostro e china a raschietto su pietra 460 x 265 mm Il soggetto fu creato da Munch mentre lavorava alle illustrazoni della raccolta di poesia di Baudelaire “Le fleur du Mal”. La litografia è tagliata e incollata su un cartoncino, metodo di montatura che Munch utilizzò spesso nelle prime litografie e xilografie.
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_79 IL BACIO 1902 xilogrfia, litografia su carta con punta secca Litografia ripresa dal dipinto Il Bacio in più versioni. Anche in questo caso le due figure son talmente in empatia e in simbiosi che si uniscono in una identità che sembra allonanarle dalla realtà facendole sembrare quasi spettri.
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80_ IL GIORNO DOPO 1895 Puntasecca e morsura 191 x 278 mm Quest’incisione è la riproduzione esatta del quadro Il giorno dopo, dipinto pochi anni prima dell’incisione delle quali esistono diverse versioni, dimostrazione di quanto Munch era dedito al perfezionamento del suo lavoro.
81_ TRA STADI DELLA DONNA 1895 Puntasecca, incisione e morsura aperta su rame 287 x 338 mm
82_ CHIARO DI LUNA I 1896 Xilografia, sgorbia e sega da traforo 410 x 470 mm Durante il suo soggiorno a Parigi Munch iniziò a sperimentare anche le xilografie dove, attraverso il sapiente uso della tecnica, il suddivide la tavola in tre sezioni e ne lascia trasparire il legno.
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_83 L GRIDO 1895 Matita litografica, inchiostro di china e raschietto su pietra 352 x 251 mm Il Grido è indubbiamente il quadro piÚ famoso del XX secolo. La litografia che riprende il soggetto da un quadro precedente, fu riportata nel giornale La Reve Blanche nel Dicembre del 1895 accompagnata da un testo poetico in francese che interpreta la litografia.
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84_ MADONNA 1895-1902 Matita litografica, inchiostro di china e raschietto su pietra 605 x 440 mm La litografia fu stampata in tre colori e la matrice fu realizzata nel 1895 mentre sucessivamente, nel 1902, furono realizzate le stampe a colori. A differenza del dipinto da cui il soggetto è stato estrapolato qui compare una cornice con rappresentato un feto e degli spermatozoi. Questa scelta fu molto cristicata e omessa nella stampa di molte edizioni.
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_85 VAMPIRO 1895/1902 Abbinamento, litografie e Xilografia 385 x 560 mm La litografia è l’immagine speculare del dipinto disegnata direttamente si pietra a Berlino nel 1895. Nelle versioni a colori furono state preparate più pietre per ogni colore.
_86 TESTA DI UOMO IN TESTA DI DONNA 1896 Xilografia, sgorbia e sega da traforo 411 x 455 mm Il soggetto chiaramente riprende il tema della donna vampiro, ma in questo caso il volto della donna sembra rassicurante mentre quello dell’uomo pare spento e rassegnato al suo destino. Come in Separazione Munch utilizzò i capelli femminili come una sorta di ragnatela che imprigiona l’uomo e non gli lascia vie d’uscita.
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87_ MORTE NELLA STANZA DELLA MALATA 1896 Matita litografica, inchiostro e china a raschietto su pietra 387 x 552 mm La riproduzione litografica del dipinto, con le campiture nere e decise, rende ancora piĂš carico di dolore la composizione.
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_88 NELLA TESTA D’UOMO 1897 Abbinamento, litografie e Xilografia 385 x 560 mm Per Munch il tema della femme fatale e della donna vampiro è un’ossessione. In questa litografia esprime chiaramente la dipendenza dell’uomo nei confronti della donna, come un parassita che si impossessa della tua mente e delle tue azioni.
_89 DESIDERIO 1898 Matita litografica, inchiostro di china e raschietto su pietra 303 x 457 mm Munch preparò la pietra e stampò questa litografia che è pezzo unico. Le diverse versioni quindi variano notevolmente dall’originale. Il motivo è caricaturale e le teste maschili bramano la donna stesa come se si trattasse di un sacrificio
_90 DUE DONNE SULLA SPIAGGIA 1898 Xilografia, sgorbie e sega da traforo 454 x 516 mm Il tema della giovane e della vecchia fu creato per la prima volta per il manifesto di una rappresentazione teatrale. In questo caso specifico la tavola venne incisa e divisa in più sezioni con una sega da traforo. Esistono molte versioni diverse, inchiostrate con altri colori. In alcune stampe Munch utilizzò il linoleum e addirittura degli stencil di carta per sottolineare i personaggi in primo piano.
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91_ DUE ESSERI UMANI/I SOLITARI 1899 Xilografia, sgorbie e sega da traforo 395 x 557 mm Anche in questo caso la litografia è una copia speculare di un dipinto. La stampa fu realizzata su una tavola divisa in tre sezioni e inchiostrate in maniera diversa. In alcune versioni l’artista utilizzò degli stencil di linoleum per la luna e per le macchie sulla spiaggia.
92_ senza titolo 1900 circa Xilografia, sgorbie e sega da traforo 395 x 557 mm Lo stile litografico di Munch mutò sempre di più semplificando la forma fino a farla completamente diventare piatta, senza ombreggiature (tipiche della stampa), pura ed essenziale.
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_93 DONNA CON CAPELLI ROSSI/IL PECCATO 1902 Matita litografica, inchiostro di china e raschietto su pietra 695 x 400 mm Di questa opera esistono varie versioni per quanto riguarda le cromie. Nella versione colorata gli occhi verdi son stati colorati sucessivamente, a stampa fatta, con la punta delle dita mescolando due inchiostri, il giallo e il blu.
_94 LUBECCA 1903 Acquaforte su zinco 500 x 645 mm Nel 1902-03 Munch soggiornò spesso a Lubecca dove creò un portafoglio di incisioni commissionate da Max Linde. Per questa acquaforte utilizzò una lastra di zinco che ha una superficie più morbida del rame ed è più malleabile, ciò comporta anche una resa di stampa più confusa e dalle linee più morbide e ovattate. _95 EVA MODUCCI 1903 Matita litografica, inchiostro di china e raschietto su metallo 700 x 550 mm Eva Moducci era una violinista britannica che si esibiva in tutta Europa e quindi in Norvegia. Munch fu affascinato dalla figura di questa donna talentuosa e molto bella, nacque una stretta amicizia e spesso la utilizza come modella per le sue incisioni.
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96_ EVA MODUCCI 1903 Matita litografica, inchiostro di china e raschietto su metallo 600 x 460 mm Uno dei ritratti di Eva, disegnato direttamente su pietra. Tutta l’essenza della donna traspare dal volto dolce e comprensivo e dal suo sguardo morbido.
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_97 IL MORSO 1914 Acquaforte su rame 197 x 276 mm Intorno al 1913-14 l’interesse di Munch per l’acquaforte come mezzo artistico rinacque e il suo lavoro include diverse stampe del soggetto erotico dove la passione e il desiderio hanno sostituito una visione più macabra dell’amore, ora visto come pura pulsione.
_98 LA DANZA DELLA MORTE 1912 Acquaforte su rame 197 x 276 mm Diversamente da Il Morso con quest acquatina torniamo ad un tema di Eros e Thanatos. Anche in questo caso i capelli avvolgono l’uomo che si presenta come un teschio che cerca di baciare le labbra della donna. Rispetto a molte altre raffigurazioni con lo stesso tema traspare un certo romanticismo malinconico.
_99 BACIARE I CAPELLI 1915 Xilografia, sgorbie e sega da traforo 350 x 150 mm Anche in questo caso il tema è un amore erotico, i capelli femminili per Munch son un oggetto di desiderio, di pura femminilità ed erotismo. L’uomo, in estasi, è completamente immerso nei capelli della fanciulla e li bacia come se si trattasse di una necessità.
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100_ VERSO LA FORESTA II 1915 Xilografia, sgorbie e sega da traforo 504 x 647 mm Le due tavole per questa xilografia furono incise nel 1897 e stampate in numerose edizioni. Nelle prime stampe, però, la figura della donna è nuda. In queste nuove ristampe la donna indossa un lungo abito e i colori sono brillanti. Lo sfondo venne inciso in un secondo momento per rendere la composizione quasi uno scenario di un sogno
101_ DANZA Xilografia con sgorbie e saga da traforo Una rappresentazione più brutale e stilizzata del tema della donna vampiro. L’uomo sembra finalmente rifiutare il corteggiamento della donna tanto da apparire schifato.
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_103 LA DANZA DELLA MORTE II 1912 Acquaforte su rame 197 x 276 mm In questa versione della danza della morte, tema molto ricorrente in Munch, per la prima volta appare l’artista stesso che balla con uno scheletro come se sapesse che la sua fine era vicina, lo sguardo dell’artista sembra rassegnato ma allo stesso tempo sereno e compiaciuto, come se stesse aspettando la morte come si aspetta una donna da ormai molto tempo.
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104_ I PRETENDENTI AL TRONO: L’ULTIMA ORA 1917 Xilografia, sgorbie 433 x 580 mm Durante la prima guerra mondiale Munch incise una serie di xilografie tratte dal dramma di Henrik Ibsen. La guerra civile della Norvegia medievale viene accostata alle impressioni di quella che Munch considerò una moderna guerra civile in Europa. Questa xilografia illustra il fatale periodo d’attesa prima della conclusione del damma, quando re Skule esce per incontrare i suoi assassini.
105_ RAGAZZE SUL PONTE 1918 Xilografia, e litografia abbinate 495 x 423 mm L’immagine di tre ragazze sul ponte è indubbiamente uno dei soggetti più popolari di Munch e si trova in numerose versioni e varianti. La xilografia è un’immagine speculare ed è incisa direttamente sulla tavola che è stamptata in nero o blu. Nella versione multicolore Munch stampò sopra la base monocromatica per avere la resa di più colori.
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106_ INGE MUNCH 1926 Xilografia con sgorbie e saga da traforo 197 x 650 mm Munch tornò a rappresentare l’amata sorella Inge. I tratti si fanno molto duri, malinconici e freddi. Fu da questo tipo di incisioni che il movimento Die Bruke prenderà spunto. La brutalità ritrovata e l’utilizzo del nero segnano una profonda ferita in Munch che sempre di più si rassegna al tempo e alla morte, tornando infine a rappresentare temi famigliari, quasi per ricordare e cristalizzare per sempre le sue origini.
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107_ AUTORITRATTO 1927 Xilografia e litografia abbinate 495 x 423 mm Il volto segnato, cupo, triste e lo sguardo spento segnano la profonda malinconia che l’artista ha dovuto combattere per tutta la sua vita. Il volto è stanco, come se si fosse arreso di lottare per una felicità effimera.
108_ AUTORITRATTO 1895 litografia, puntasecca su rame 495 x 423 mm L’accostamento di questi due autoritratti fa riflettere molto su quella che è stata la travagliata vita di Munch. In questo autoritratto l’artista ha 32 anni e il suo sguardo è inquietante, curioso e si nota una certa malinconia. Diversamente dall’autoritratto citato sopra non c’è ancora rassegnazione in lui.
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EDVARD MUNCH
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4.0
Corrispondenze nell’arte moderna. La fine del Secolo “La Premiere exposition des Peintres impressionistes et symbolistes” si tenne nel Dicembre del 1891 e fu eseguita, ogni anno, fino al 1897. In occasione delle prima mostra l'autore della presentazione, Gaston Lesalux, si scagliò contro gli studi accademici, contro la critica del Salon, la banalità e il talento privo di originalità. Criticò la “scarsa cerebralità degli impressionisti e dell'arte realista” e annunciò che “un'altra scuola sta sorgendo, ancora sconosciuta dal grande pubblico” , quella dei pittori simbolisti o come verranno definiti dalla critica gli Ideisti. Questi vogliono, servendosi del colore e della linea, rappresentare, come i musicisti e i poeti, non tanto l'aspetto esteriore degli oggetti, quanto le forze psichiche che ne costituiscono l'anima, non la materialità degli involucri, ma i 20 Sogni e le Idee, che sono la caratteristica dell'Essere.
20_ J. Laforgure, “Le Salon de Berlin”, in “Gazzette des Beaux Art”, del 1883.
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Dopo il progresso scientifico, tecnologico e culturale che è stata la base di tutta la seconda metà dell'Ottocento l'uomo ritorna ad uno stato più puro e sensibile. Si ritorna alla dimensione dell'onirico, del sogno e del fantastico come prova tangibile che l'uomo si troverà sempre al centro degli stessi enigmi. Si rivendica proprio questa sfera prettamente emotiva e delicata del sogno, del linguaggio dei simboli e dei segni, come se questa arte si rivolgesse solo a chi può capirne le metafore, un'arte fatta a misura solo per chi vuole estraniarsi da questo eccesso di scienza e razionalità. “Rendere visibile l'invisibile, ecco il vero scopo dell'arte e la sua unica ragion d'essere.” come scrive il critico Pèladan in occasione della prima mostra simbolista al Salon a Parigi. La critica mossa dagli intellettuali dell'epoca sembra essere feroce nei confronti del naturalismo che ormai veniva considerato un pensiero, più che uno “stile” sorpassato in quanto emulava troppo la realtà e per questo stava prendendo piede la fotografia con tecnologie sempre più sofisticate anche per quanto riguarda il colore. Si avvertiva un bisogno collettivo di una pittura senza luogo, data o reminescenza dal reale ma si tendeva verso l'atemporalità e la decontestualizzazione, abbracciando l'astrazione del sogno che muta da semplice e ovattata dimensione sentimentale fino ad un'ode allo spirito umano, il tutto però attraverso forme e rappresentazioni riconducibili alla realtà, per questo viene utilizzato il potente mezzo del simbolo. Inteso come momento conclusivo dell'Umanesimo, il Simbolismo appare soprattutto coma una somma di negazioni e di rifiuto di un'epoca: negazione del Positivismo, rifiuto del materialismo, negazione del processo scientifico per un ritorno al sentimento, rifiuto della fredda e cinica realtà e rifiuto di una logica industriale e industrializzata dlla società moderna. Ciò provocò una diffusa frustrazione che nell'arte emerge come sentimento e pulsione di rifugiarsi nei meandri della pazzia e del sentimento. Questo momento storico si può così definire come una fase insieme di apertura culturale e di chiusura, con una linea di confine molto labile tra le due opposte tendenze. I Fiori del Male di Baudelaire marcarono l'inizio di questa nuova tendenza, ed appieno vi si esprimono la negazione e il rifiuto della realtà quotidiana per tornare verso un pensiero platonico fondato sul primato dell'idea. Ciò divenne palese in Schopenhauer, nel 1886, con Il mondo come volontà e rappresentazione dove la volontà, intesa come pulsione di vita, veniva considerata un dolore esistenziale e insito nell'uomo, poichè dotato di Ragione.
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Regna un diffuso pessimismo, soprattutto nella ragione e quindi l'uomo tendeva a cercar rifugio nelle arti per non sentirsi sopraffatto e schiacchiato da questa negatività. L'arte assume un significato nuovo e inedito, diventa la salvezza dell'irrazionalità e della genialità come se si trattasse di una nuova spiritualità che trovò terreno fertile negli antichi miti e leggende, nella dimensione dove il sogno diventa realtà e redime l'uomo. La corrente simbolista/espressionista, di cui Munch è riconosciuto come uno dei padri, è una corrente dove un' intera generazione cambò radicalmente il modo di fare e di vedere l'arte. La dimensione dell'umano, della sfera sentimentale, dell'oppressione della vita moderna influenzò fortemente l'affermarsi di una nuova visione del mondo. Eravamo esaltati. Nei caffè, nelle strade e sulle piazze, negli atelier, di giorno e di notte, eravamo in “marcia”, in continuo movimento, per scrutare 'imperscrutabile e insieme, poeti, pittori, musicisti, lavoravamo per creare l'arte del secolo, un'arte incomparabile, fuori dal tempo, sovrastante tutte le arti 21 di tutti i secoli passati .
La nascita del movimento Espressionista non è da ricercare in un unico ceppo ma si diffuse in gran parte dell'Europa del Nord. Comune a tutti i gruppi che vi si riconobbero fu l'esigenza di esprimere attraverso la pittura gli stati d'animo più reconditi del nostro essere, utilizzare l'arte come un medium per arrivare alle più recondite perversioni, malinconie, paure e inadeguatezze che l'uomo stava affrontando nel periodo a cavallo tra la fine del 1800 e l'inizio del nuovo millennio. In questo senso, la pittura pulsante e accesa che caratterizzò questo movimento, fu in assoluto una risposta che si contrapponeva in maniera radicale all' Impressionismo. Non si fa più riferimento all'occhio, alla percezione, alla bellezza e vastità della natura in sè per sè, ma al contrario, tutto si incentrò nella dimensione dell'umano, è un'introspezione al modo in cui la sensibilità individuale coglie il mondo. Una nuova bellezza si farà strada tra gli artisti, la bellezza esasperata, nera della morte, della paura, del disagio di vivere in un mondo confuso, isterico e in continua evoluzione, pulsione e mutazione. 21_ Johannes R. Becher, poeta, scrittore e attivista politico comunistra della Germania di inizio 1900. Fu uno dei promotori, a livello letterario, dell’Espressionismo.
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In risposta a questa nevrosi collettiva vengono esaltate le tradizioni più pure, non mediate dalla ragione, dell'uomo come se l'uomo moderno stesse tornando verso un crudo primitivismo incentrato solo nello stato d'animo personale, come se volesse farsi da parte rispetto al mondo esterno e reale. Malattia e pazzia furono gli angeli custodi della mia culla (...) . Per me dipingere è come essere ammalato o intossicato - una malattia alla quale non vorrei mai si guarisse, un'intossicazione 22 di cui non posso proprio fare a meno.
L'influenza di Munch si può favvisare con quelle che furono poi le nuove “leve” Espressioniste europee che trovano le proprie radici in Francia e in Germania. Ne sono un esempio il gruppo francese Fauves (Matisse, Deràin) , il gruppo Die Brucke (Kirkner, Schmidt-Ruttfl, Muller, Nolde)e il gruppo Der Blaue Reiter (Kandinskij, Marc, Macke) ma anche Schiele e Kokoschka. Munch si può definire una figura eclettica nel mondo dell'arte sia per quanto riguarda la sperimentazione pittorica che di incisore professionista. Ci sono reminescenze di Simbolismo oltre che un'atteggiamento Romantico nei confronti della natura che incontra anche l'Art Noveau, ma sanguinario e spietato nei confronti della donna, che lui vedeva come la donna vampiro, la Femme Fatale che succhia l'animo all'uomo con una sorta di “supremo inganno” lasciandolo inerme di fronte al male. La figura di Munch diventa un susseguirsi di emozioni e sentimenti che estrapola dal suo Io interiore. Le sue pulsioni creative derivano essenzialmente da una vita travagliata e tragica, fatta di illusioni e dolore a cui lui cerca di porre rimedio attraverso il liberarsi dei suoi demoni dipingendo. A differenza degli altri artisti protagonisti dello scenario Espressionista i quali si occupavano di un'arte per lo più di denuncia politica, Munch e anche Schiele lavorano all'interno della paura soggettiva. Schiele però indagò i delicati ed enigmatici meccanismi dell'erotismo, il fascino del corpo straziato dalla vita, senza però quell'alone di paura che contraddistingueva Munch. Schiele è spregiudicato e audace mantre Munch si nasconde dietro un'angoscia rassegnata che non lo renderà mai libero in 22_ Brano citato in A. Werner (a cura di) Graphic Works of Edvard Munch, Dover Publications, New York, 1979, pag. VIII.
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tutta la sua vita. Una perfetta sintonia sia compositiva che tematica si riscontra tra Munch e van Gogh, gli artisti più tormentati del 1900. Vincent van Gogh, tormentato da una psicosi isterica, conduceva una ricerca personale attraverso l'arte per il ritrovamento del suo essere, della pace e dell'amore. Questo si evince dalla litografia Sorrow del 1882 che descrive la sua situazione sentimentale dopo la convivenza con una prostituta incinta e madre già di un figlio, che van Gogh avrebbe desiderato redimere, cosa in cui fallì. Tra le numerose opere di Van Gogh troviamo molti autoritratti, come se l'immagine di se stesso fosse una sorta di ossessione angosciata. L'autoritratto era il mezzo più diretto per indagare nella sfera privata di un artista e tra i pittori dell'epoca spiccano in maniera sostanziale gli autoritratti di Munch, Van Gogh e Schiele. In tutti e tre i casi appaiono dipinte delle figure che si sentono marginali rispetto alla società ma proprio per questo capaci di vedere al di là della superfialità. L'artista quindi si sente un profeta che guarda il mondo da un punto di vista diverso rispetto a quello di tutti gli altri uomini, ma per questo potere la natura gli si ritorce contro, provocando sofferenza nella consapevolezza della limitatezza umana, che non riesce mai a domare quella pulsione mostruosa che è l'uomo in verità. L'artista odia la società che reprime questo primitivismo, la vera natura umana, la trova una grande illusione incapace di renderci liberi. L'unico mezzo per poter distruggere questo cristallo che ci pone davanti alla cruda e sanguinosa realtà è l'arte. Al di la della natura non occorre dipingere - bisogna rifarsi a lei o attingereal suo fertile serbatoio. Stile e impressionismo - Nell'arte si nasconde il bisogno umano di cristallizzazione - In natura gli elementi si decompongono per riassumere in seguito forma - l'impressionismo è, in modo analogo, lo sprigionarsi di un potere che decompone - tendendo al tempo stesso a ricomporsi nello stile della forma. Arte e Natura. Arte è il contrario di natura. Un'opera d'arte sgorga direttamente dal più intimo essere dell'uomo. Arte è un'immagine convertita in forma, che si affaccia all'esistenza in virtù dei nervi umani. Cuore. Cervello. Occhio, Arte è bisogno umano di cristallizzazione. Natura è lo sconfinato, eterno regno che nutre l'arte.
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Natura è non solamente quel che agli occhi è visibile. Natura è le più profonde immagini della mente. Le immagini sul risvolto interno degli occhi.” 23
23_ Poesia dal diario personale di Munch, Warnemunde del 1907-8. Brano citato in “Munch in His own Words”, a cura di P. E. Toj-ner, P. Verlag, Monaco, Londra e New York 2003, pag 131.
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Natura Sublime e Spietata 4.1 La natura, sacra, selvaggia, spietata e sublime è un tema che accomuna molti artisti del novecento. Dal periodo Romantico di metà ottocento l'artista ha provato a immedesimarsi nella natura, affrontando questo sentimento melanconico sia in arte che in letteratura. Viene definita Romantica la scuola che mira alla rappresentazione fedele di profonde e toccanti emozioni, romantico è tutto ciò che ha un'aria di inverosimile, irreale e fantastico, tutto quello che si contrappone all'arte accademica definita forzata, artificiale dogmatica e priva di fantasia. La forte contrapposizione dell'idea di Natura si puà evincere contrapponendo l'Urlo (fig. 110) con Viandante sul mare di nebbia (fig. 111) di Caspar David Friedrich. Munch si sente oppresso, schiacciato, angosciato da questa natura immensa ed eterna che provoca in lui un grande senso di smarrimento e paura che l'artista cristallizza nell'espressione completamente deformata del suo viso, vera protagonista del dipinto. La solitudine e la forza mortale della limitatezza dell'uomo producono in lui un senso di sgomento che nel quadro di Friederich non appare. La visione romantica di Friederich porta l'uomo a sfidare la natura, ad essere attratto da questa forza maledetta che accomuna tutti gli esseri viventi. L'uomo si pone in cima alla montagna e osserva il paesaggio sottostante lui, con interesse e superbia, data dalla posa plastica e trionfante con cui il personaggio (Friederich stesso), si dipinge. La natura spietata come forza superiore può essere inoltre letta nel dipinto di Munch La morte al timone (fig. 113), dipinto che pare raffiguri il padre (morto improvvisamente) che ormeggia nel porto in compagnia della morte. L'atmosfera è rilassata e tranquilla, come se il vecchio si fosse rassegnato al suo destino. Il tema potrebbe essere ripreso dal poema di Samuel Taylor Coleridge La ballata del vecchio marinaio che rappresenta il contributo più significativo di Coleridge alle ballate liriche, pubblicate nell'anno 1798 con la collaborazione de poeta inglese Wordsworth. Narra le vicende di un marinaio, vittima di un funesto maleficio dovuto dall'uccisione immotivata di un albatro, simbolo di natura e vita. È proprio con questa suggestiva metafora che Coleridge ci parla di colpa, redenzione e sofferenza, facendo assurgere queste condizioni ad un piano religioso: l'assassinio dell' uccello pio e di buon augurio,
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da Coleridge paragonato a “un'anima cristiana”, simboleggia un peccato contro la Natura, e quindi contro Dio. Il marinaio descritto nel dipinto di Munch non è colpevole dell'uccisione della natura ma i ruoli si ribaltano, è la natura colpevole della sofferenza umana, e l'uomo non può far altro che subire questi sopprusi. L'isola (fig. 114) e L'Isola dei morti (fig.117), rispettivamente di Munch e di Arnold Böcklin raffigurana un isolotto roccioso sopra una distesa di acqua scura dove una piccola barca a remi, condotta da un personaggio posizionato a poppa, si sta avvicinando per attraccare. A prua ci sono una figura vestita interamente di bianco e una bara dello stesso colore ornata di festoni. L'immagine dovrebbe ricondurre a Caronte che trasporta le anime dei defunti nell'aldilà. L'isola è dominata da un bosco fitto di cipressi, associati dalla tradizione con i cimiteri e il lutto, circondato da rupi scoscese. Nella roccia sono presenti quelli che sembrano essere portali sepolcrali. L'impressione complessiva è quella di uno spettacolo di desolazione immerso in un'atmosfera misteriosa, ipnotica ed onirica: “essa deve produrre un tale silenzio che il bussare alla porta dovrebbe fare paura”. Allo stesso modo anche Munch sembra riprendere questa tematica del passaggio da una vita sofferta alla calma eterna della morte, rappresentata dal il mare. Anche in Isola il tema è il viaggio verso una terra, sicuramente immaginaria, verso cui l'imbarcazione (che spicca in primo piano) sembra dirigersi. Troviamo anche nella versione di Munch un telo bianco candido abbandonato sulla barca. L'assenza dell'uomo conferisce un'atmosfera di pace dove viene rappresentata solo la natura. I paesaggi che Munch dipinse nel periodo in cui si trasferì a Kragero, nell'inverno del 1912, evocano sensazioni finalmente tranquille. Le composizioni sono statiche, solide e cubiste con reminescenze dell'arte di Cèzanne. Il modo inconfondibile di trasferire l'immagine della natura sulla tela accomuna Munch ma anche Vincent van Gogh. In entrambi i dipinti che portano il nome di Notte stellata (fig.112-115), le scelte compositive sono molto simili così come il tema, un paesaggio invernale e serale dove le luci rendono magico un luogo che appare desolato e freddo in entrambi gli esempi. Tra Munch e Van Gogh ci sono molte corrispondenze sia stilistiche, che riguardano principalmente l'uso del colore, sia sensoriali. Entrambi gli artisti vogliono raffigurare e rappresentare la vita travagliata e dolorosa che hanno dovuto affrontare per la ricerca del silenzio.
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110_ E. MUNCH, L’Urlo, 1893
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_111 C.D. FRIEDRICH Viandante sul mare di nebbia, 1818
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112_ E. MUNCH Notte stellata, 1923
113_ E. MUNCH La morte al timone, 1893
114_ E. MUNCH L’isola, 1901
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_115 V. van GOGH Notte stellata sul Rodano, 1888
116_ G. DORE’ incisione tratta dalla raffigurazone per il poema di Coleridge, The Rime of the Ancient Mariner, 1788.
_117 A. BOCKLIN L’isola dei morti, terza versione, 1883
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Introspezione 4.2 L'autoritratto è il sublime ricordo dell'antico mito di Narciso, è la proiezione del passato nella storia. È allegoria ed emblema, racconto e menzogna. Può essere finzione assoluta o verità inconscia 24
L'autoritratto è la prima forma di introspezione personale che l'artista propone, un'affascinante, intrigante, misteriosa rappresentazione del sé per trasmettere non solo i tratti somatici dell'artista ma anche la sua personalità, le sue emozioni, i suoi sogni, fino ad arrivare a veri e propri tentativi di autoterapia che scavano nella sfera più recondita del pensiero. Ciò che rende l'autoritratto così affascinante e quasi irrinunciabile è la sua capacità di sostituirsi alla persona di cui è “copia”, capacità che trascende il soggetto ritratto ma ne lascia trasparire il pensiero e la psicologia che fanno sì che l'immagine funzioni da doppio del soggetto, soddisfacendo l'esigenza di lasciare un segno, una traccia di sé, di sopravvivere alla morte fisica, con la sopravvivenza “metaforica” nell'opera d'arte. Sarebbe errato ricondurre questa tendenza alla mera propaganda di sè, ma è un modo per l'artista di sopravvivere nel tempo dell'arte con l'immagine che lui vuole proporre, e non l'immagine universale percepita. Già da artisti come Giotto nell'affresco del Giudizio Universale a Caravaggio, al fiammingo Jan van Eyek con i coniugi Arnolfini (1434), Velasquez con il celebre dipinto Las meninias del 1656 abbiamo degli esempi di propri autoritratti all'interno delle ambientazioni e delle scene rappresentate nel quadro, non da considerarsi come una sorta di “narcisismo” bensì un “specchio dell'anima”. Più che parlare di autoritratto è quindi opportuno parlare di introspezione personale dove artisti come Munch, Van Gogh, Schiele, Bacon e Boltanski, soprattutto con l'opera Entre times del 2005, ci indicano attraverso la copia ossessiva della loro immagine la loro vera essenza e natura. Munch con ritratto all'inferno (fig 118) del 1903 esprime appieno la sua anima, quasi più che con “L'urlo”. In questo dipinto 24_intervento di Maurizio Fagiolo dell'A rco (critico d'arte) “Il Pittore allo specchio” a Palazzo dei Diamanti, Ferrara nel 1995.
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Munch appare spoglio, sicuro di se e angosciante. Lo sguardo fisso verso il pubblico, immortalato in un'espressione assente ma allo stesso tempo intensa che comunica il malessere interiore dell'artista. Analogo a Munch troviamo sempre Van Gogh soprattutto con un autoritratto del 1880 (fig.119). Anche l'artista olandese si ritrae con un'espressione ferma, rigida e in un certo verso vuota anche se malinconica. Le cromie dei due dipinti presetano una forte concentrazione di rosso, come se volessero innervosire il pubblico. Nel caso di van Gogh sembra quasi che le pennellate, veloci nevrotiche, siano delle fiamme che incorniciano il volto, come se anche lui stesse bruciando all'inferno. Munch, come anche Van Gogh, fecero dell'autoritratto la massima espressione della loro arte, i giochi di sguardi malinconici, rassegnati, alle volte vuoti sembrano accomunare i due artisti alla stessa angoscia del vivere. Diversamente Schiele, rispetto ai due maestri, si ritrae in pose quasi innaturali, plastiche e nervose, per rendere più evidente lo stato mentale di pazzia. Schiele sembra voler utilizzare tutta la superficie della tela, come per rendere esplicita la sua personalità mentre Munch e Vincent van Gogh si ritraggono in posizioni composte, classiche e ordinate. Schiele non vuole appartenere alla società dei “ben pensanti” (nel 1911 verrà imprigionato a Vienna con l'accusa di pornografia, dopo un vernissage) non vuole nemmeno far finta di integrarsi nella società borghese ma ci pone un'immagine di sè, sconcertante, senza troppe interpretazioni. Atteggiamento analogo per Bacon, facendo un salto di circa settant'anni, l'artista londinese produrrà una serie di autoritratti dove i visi vengono deformati a tal punto da non poter più riconoscere di chi sia il volto ritratto. Il tumulto interiore si traduce in immagine come una sorta di massa tumorale purulenta che rende inguardabile l'immagine. Un lavoro differente, ma paragonabile con Munch, è stato fatto da Christian Boltanski, artista, fotografo e regista francese. Uno dei più celebri lavori è Entre times del 2005, un video che dura all'incirca quattro minuti, proiettato su dei teloni appesi in galleria, dove vengono visualizzate in loop tutte le fotografie che segnano l'invecchiamento dell'artista, dal 1944 al 2005. Una sorta di diario che celebra l'ossessione per l'invecchiamento, stessa ossessione che anche Munch aveva, stando a quando si evince dagli autoritratti prodotti durante gli ultimi anni della sua vita che lo raffigurano anziano e debole, ossessionato sempre di più dalla morte imminente. Con l'artista olandese Rembrandt si possono trovare molteplici
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similitudini per quanto riguarda l'autoritratto. L'autobiografismo diviene molto in voga in Europa nel Seicento, ispira i letterati e spinge i pittori a riconsiderarsi come se fossere l'oggetto della propria arte. Si diffonde l'abitudine di ritrarre se stessi, in una celebrazione dell'artista che assume rilevanza sempre maggiore quasi come a monitorare il processo di invecchiamento fisico e mentale. Una vera ossessione per lo scorrere inesorabile del tempo. Rembrandt (fig. 133) si spinge oltre, con la sua infinita serie di autoritratti, partecipa ad una sperimentazione avvincente e controversa dove si dipinge più di settantacinque volte in oltre quarant'anni, in un periodo compreso tra il 1627 e il 1669 e lo fa in maniera sempre diversa e senza rispettare i canoni abituali dell'arte nobile del tempo. Utilizzando varie vesti, maschere ed oggetti simbolici, l'artista impersonifica diversi e svariati personaggi: dal soldato al nobile con le insegne principesche o nei panni del mendicante, proponendosi via via in una nuova identità, cosa che comincia a farsi più complessa e raffinata per sottintendere l'unicità dell'essere umano. Secondo Rembrandt la realizzazione dell' autoritratto è la situazione ideale per sperimentare le possibilità espressive del colore, delle pose plastiche che servono a spogliare i soggetti da quell'eccesso di idealizzazione e di solennità, in favore di una maggior naturalezza e umanità dell'essere. Come Munch, anche la vita di Rembrandt è stata segnata da numerosi lutti in famiglia, nel 1634 sposa Saskia, dopo un inizio di matrimonio florido dove la coppia inizia una collezione importante di opere d'arte, il benessere psichico viene minato dalla mancata riuscita di avere figli: i bambini nascono già deboli e malati e nessuno di essi sopravvivò per più di pochi giorni. Questi tragici episodi vengono quasi impressi sul volto dell'artista nei suoi numerosi autoritratti, soprattutto in età avanzata, dove vediamo un Rembrandt affranto e stanco, come se i segni sul suo volto siano una chiara lettura della mente dell'artista.
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_118 E. MUNCH, Autoritratto all’inferno, 1903
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_119 V. van GOGH Autoritratto, 1880
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120_ E. MUNCH Autoritratto con pennelli in mano, 1904
_121 E. MUNCH Autoritratto, 1912
122_ E. MUNCH Autoritratto, 1926
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_123 V. van GOGH Autoritratto, 1888
124_ V. van GOGH Autoritratto, 1887
_125 V. van GOGH Autoritratto, 1900
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126_ E. MUNCH, Autoritratto, 1886
_127 E. MUNCH, Autoritratto, 1911
128_ E. MUNCH, Autoritratto, 1916.
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_130 E. SCHIELE Autoritratto, 1912
129_ (sopra) E. SCHIELE Autoritratto con Alchecengi, 1912
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131_ E. SCHIELE Autoritratto, 1910
_132 E. MUNCH, Serie di autoritratti (da sinistra a destra) Autoritratto con testa di donna 1891 Autoritratto 1896 Autoritratto 1897 Autoritratto con sigeretta 1897 Autoritratto con bottiglia di vino 1906 L’insonne 1923 L’artista e la modella 1912 Agitazione interna 1920 Autoritratto tra la pendola e il letto 1920
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133_ REMBRANDT HARMENSZ VAN RIJIN, Serie di autoritratti (da sinistra a destra) Autoritratto da ragazzo 1629 Autoritratto 1631 Autoritratto 1634 Autoritratto 1640 Autoritratto 1643 Autoritartto 1653 Autoritartto 1659 Autoritratto 1660 Autoritratto 1663 Autoritratto 1668
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Malinconia/Melancolia 4.3 La Melancolia, tema caro ai poeti greci e romantici, (dal greco “nero” e “bile”) è la sindrome affettiva che genera una tristezza morbosa e ostinata, indipendente dagli avvenimenti esterni, un pessimismo invincibile, un senso profondo di sfiducia e di avvilimento, che paralizza l'azione. Dal pessimismo germogliano spesso veri deliri: di colpa, di miseria, di rovina propria e altrui, di rovina universale, d'indegnità, di dannazione, più di rado a tipo ipocondriaco. Ogni idea d'azione evoca considerazioni dolorose, la visione di danni inevitabili: da ciò l'impossibilità di qualsiasi iniziativa, la ripugnanza per ogni azione. Il malessere psichico e l'oscurarsi della speranza conducono al disgusto per la vita e al suicidio. Nella melancolia non manca mai un'insonnia tormentosa, più grave al principio della malattia. Il tema della solitudine e dell'abbandono è molto ricorrente nel periodo a cavallo tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del nuovo secolo, soprattutto per due artisti sensibili ed empatici come Edvard Munch e Vincent van Gogh che probabilmente per questo tema si riferirono all'incisione a bulino di Albrecht Dürer, Melancolia del 1514. La tipica posa per esprimere questo sentimento è la testa che si appoggia al braccio e il volto raffigurato in un'espressione di assortimento e sconsolazione. Numerose solo le similitudini tra i due artisti nelle raffigurazioni di questo stato d'animo, nel dipinto di Munch che porta appunto questo nome (fig 134) la pittura diviene quasi un simbolo riconoscibile dato dalla mano posta sul volto, lo sguardo assente, fisso nel vuoto e incapace di vedere ma proiettato entro se stessi. La profonda sensazione di tristezza diventa quasi un “dolce oblio” invalicabile dove i corpi tramutano in pietra, diventano immobili ma furibondi in quanto consapevoli di questo stato di profonda apatia ma incapaci di uscirne. Con Van Gogh comincia il dramma dell'artista che si sente escluso da una società che non utilizza il suo lavoro, e ne fa un candidato alla follia e al suicidio (...) il posto di Van Gogh è accanto a Kierkegaard, Dostoevskij: come costoro si interroga, pieno d'angoscia, sul significato dell'esistenza, del proprio
25_ G..C. Argan, Storia dell’arte Moderna 1770-1970, Sansoni, Firenze 1960, pag. 157-161.
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essere-nel-mondo (...). Non è pittore per vocazione, ma per 25 disperazione.
Nei dipinti di Munch vengono raffigurate delle persone sole, spesso in riva al mare assorte nei propri dispiaceri e nelle proprie angoscie che si abbandonano al paesaggio silenzioso ed eterno. Il volto appare inespressivo (se non alle volte totalmente nascosto) e le figure sono statuarie, come se si fossero fuse col paesaggio circostante, tramutandosi in sculture. Nel dipinto Malinconia/Laura, del 1899 (fig 136) Munch raffiugura la sorella seduta che fissa il vuoto con gli occhi completamente assenti. Rispetto alle altre versioni dei dipinti che portano lo stesso nome, quest'ultimo fa trasparire un senso di inquietudine e nervoso; la soerella Laura, infatti, soffriva di gravi disturbi mentali che la portarono ad una forte depressione. Come Munch anche Van Gogh rappresenta il dramma della solitudine con dei dipinti e litografie (come Dottor Paolo Gaget del 1890 e Sorrow, 1882) cristallizzando la struttura in una posa rannicchiata e indifesa. Sorrow raffigura una ragazza nuda e incinta che sembra piangere, tiene il volto nascosto dalle braccia e con le ginocchia assume quasi una posizione fetale. La donna in questione è probabilmente la compagna dell'artista, una prosituta già madre e con un altro figlio in arrivo che Van Gogh amava e cercava di salvarla e redimerla dalla sua condizione. (fig 138) Stesso dramma anche per il dipinto Vecchio uomo triste (fig 139) dove l'artista esprime il suo senso di profondo sgomento sul tema dell'invecchiare, non tanto visto come deturpazione del corpo, ma più come stato di limbo, pieno di solitudine e amarezza (tema che terrorizzerà anche Munch). Marzella (fig 140) dipinto da Kirkner nel 1910, fa parte di questa serie emotiva, anche se più moderna rispetto agli altri quadri citati. La donna rappresentata è una giovane ragazza sdraiata di fianco su un divano. L'ambientazione dipinta con i toni più acidi e stridenti del verde,fa scaturire in chi lo guarda un senso di asprezza, ma quando poi l'attenzione cade sulla figura ritratta, lascia trasparire una profonda apatia che sembra fermare il tempo. Lo sguardo è assente, annoiato ma al contempo stesso triste e rassegnato, in netto contrasto con l'aspetto e l'età della ragazza, che dovrebbe essere piena di vita e speranza e invece sembra voler affogare i suoi dispiaceri nelle bottiglie di vino dipinte di fianco.
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134_ E. MUNCH, Melancolia, 1897 .
135_ E. MUNCH, Melancolia, 1894
136_ E. MUNCH, Melancolia/Laura, 1899
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_137 V. van GOGH Docteur Paul Gachet, 1890 _138 V. van GOGH Vecchio uomo triste, 1890
_139 V. van GOGH Sorrow, 1882
_140 E.L. KIRKNER Marzella II, 1910
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Femmes Fatale 4.4 Tra la fine dell' Ottocento e gli inizi del Novecento, si diffonde il mito della femme fatale, ossia della donna come peccatrice di un desiderio malefico, che reca con sé, sotto parvenze ammalianti, distruzione e sconvolgimento. La donna diventa eccitante e tentatrice “ Serva assoluta del demonio” 26 Le pagine dei romanzi, le immagini della pittura e della scultura abbondano di questa tematica: un ossessivo e ricorrente richiamo ad un demone che ci tenta, attreverso le arti, ballezza e la femminilità soprattutto dopo i Fiori del Male di Charles Baudelaire, la donna amata diviene carogna e il suo corpo cede, diventa morboso di una lussuria che il demonio brama. Sono molti i nomi e le interpretazioni della femme fatale: esotica, bruna e beffarda come le incarnazioni di Von Stuck, oppure dai capelli di fuoco e i tratti felini come le nordiche sfingi di Khnoppf o le donne vampiro di Munch. La donna ammaliatrice è un'immagine che ha radici antiche, partendo dalla mitologia greca con Medusa, Circe, Elena, Medea e che adesso, nell'epoca dell'industrializzazione borghese, nel mondo sfavillante delle città e delle metropoli, diviene un cliché come la danza sinuosa e lasciva di Salomè; un fantasma affascinante e repulsivo allo stesso tempo che abita i recessi più profondi della psiche umana, sconvolgendo e destabilizzando il comune senso delle cose. La misoginia, di cui la femme fatale non è altro che l'ideale incarnazione, è la malattia dell'epoca, è la crisi della fiducia nel progresso che trasforma la nostalgia del rassicurante ruolo come madre in un'immagine di fuoco e ansiogena. La perdita della fiducia dell'uomo verso se stesso. La seducente donna viene assunta al ruolo di bestia strana ed abominevole che, con le sue torbide passioni e magici incanti, trattiene la nuova era dalla sua più completa realizzazione. Questa è la donna dipinta da Munch. Donna che incatena l'uomo con i capelli, che se ne nutre prosciugandogli il sangue
26_ J. K. Huysmans, scrittore e saggista francese. È stato uno degli ultimi esponenti del simbolismo mallarmeano, teorico di una vaga religione del bello, in nome della quale ha discettato sui principî generali della letteratura, della musica, delle arti plastiche. Controcorrente (À rebours), 1884, Oscar Classici Mondadori, 2009.
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e l'anima, che lo seduce per poi condurlo alla morte. Il tema della donna in Munch è molto forte, segnato nella vita reale da vicende amorose molto tormentate come la relazione TullaLarsen. Le donne di Munch vengono dipinte in tutte le età, dalla pubertà fino alla vecchiaia. Pubertà (fig. 141) è infatti anche titolo di un dipinto del 1895 dove ritrae un'adolescente seduta su un letto. Le mani incrociate che nascondono il pube in segno di vergogna , lo sguardo fisso in un'espressione quasi di sfida, crea disagio a chi la osserva soprattutto perchè in egual modo sembra volersi offrire. Pubertà è un dipinto enigmatico, in cui Munch ci mostra il passaggio dall'età infantile all'età adulta, passaggio cruciale e fondamentale della vita ma che sembra sempre essere accompagnata dalla morte, dipinta come un'incombente ombra che sembra inglobare la fanciulla quasi inconsapevole di quello che le sta succedendo. Diversamente da Munch, l'artista tedesco Kirkner utilizza lo stesso soggetto, una ragazza che sta per diventare donna, ma propone un dipinto molto più acido e dissonante. Con Marzella (fig. 142) l'artista ci pone davanti ad una giovane donna, età in cui si è pieni di sogni, speranze e vitalità ma che sembra abbia perso la linfa vitale, rendendola svuotata e immobile sia nello sguardo che nel pensiero. Probabilmente la ragazza dipinta è una giovane prostituta e Kirkner ribalta (anche perchè successivo al periodo di Munch, si parla già del primo ventennio del 1900) il ruolo della donna, da predatrice a preda, malinconica e rassegnata ad un'epoca che le sta prosciugando la vita. Un'elogio al dipinto Pubertà di Munch viene eseguito dall'artista Belga Fèlicien Rops, che, sedotto da Baudelaire con i Fiori del Male e dalla tetra malinconia di Munch, realizzerà una copia di Pubertà ma intitolandola diversamente, quasi volesse decontestualizzare lo scenario del dipinto; si chiamerà infatti The greatest love of don Juan. Rops si può definire come il più scandaloso e provocatorio incisore dell'epoca simbolista, diventerà il grande interprete delle poesie di Baudelaire. Rops raggiungere il vertice dell'idealismo simbolista con la serie di litografie Les Sataniche del 1882, dove la lussuria è rappresentata nella sua dimensione spirituale come una sorta di estasi demoniaca in sintonia con Munch ma molto differente per quanto riguarda la rappresentazione di questa pulsione. La rassegnazione del ruolo della Femme Fatale si evince anche nel dipinto Ceneri di Munch (fig. 143) dove la figura femminile sembra disperarsi dopo aver prosciugato l'uomo che giace ai
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suoi piedi e si tiene la testa con le mani, in segno di disperata rassegnazione. La morte di Marat è il quadro che più di ogni altro dà immagine al dramma della Rivoluzione Francese. Anche qui il contenuto del quadro è l'eroismo, ma nel doloroso prezzo che tale scelta impone: il sacrificio della propria vita. La Rivoluzione Francese era scoppiata nel 1789. Dopo la deposizione della monarchia si ebbe in Francia un periodo di grossa instabilità politica, caratterizzata da un periodo violento e sanguinoso. Tra i protagonisti di questa cruenta fase della Rivoluzione, che culminò con la condanna e l'esecuzione del re Luigi XVI, ci fu anche Jean-Paul Marat. L'uomo politico fu assassinato nel 1793 da Carlotta Corday. Marat, che soffriva di dolori reumatici, trascorreva la maggior parte del suo tempo immerso in una vasca con l'acqua calda. Carlotta Corday lo sorprese mentre era nella vasca, e lo pugnalò alle spalle con un coltello. David scelse così, come “momento pregnante”, non quello in cui venne assassinato, ma l'istante successivo in cui il corpo inanimato ci mostra tutta la cruda realtà della morte. Marat è solo. Il quadro nella parte superiore è completamente vuoto e scuro. Appare il corpo in tutta la solitudine e il silenzio della morte. Tutta la composizione è giocata su pochissimi elementi rappresentanti con linee orizzontali e verticali. Marat, nel momento in cui fu assassinato, stava rispondendo ad una donna che gli aveva scritto perché era in difficoltà finanziarie. Il politico, pur non essendo ricco, le stava inviando un assegno che si intravede sul piccolo tavolino affianco al calamaio. Il coltello, usato dalla donna, è a terra sporco di sangue. Il protagonista ha ancora in una mano la lettera e nell'altra la penna per scrivere. Questo braccio, che ricorda il braccio del Cristo nel quadro della Deposizione di Caravaggio, è abbandonato a terra, creando l'unica linea diagonale della scena. La testa, appoggiata sul bordo della vasca, è reclinata così da mostrarci il viso di Marat. Allo stesso modo, per citare J. L. David, Munch intitola un suo dipinto proprio la Morte di Marat nonostante sia chiaramente riferito ad un episodio strettamente personale dell'artista, ovvero al giorno in cui la fidanzata Tulla-larsen gli spara alla mano dopo una furiosa lite. Munch dipinse due versioni dello stesso dipinto ma il concetto che sta alla base è lo stesso in entrambe i casi. Il dipinto di David viene interpretata come la morte dell'artista tradito dalla ferocia della donna che, dopo aver agito, assiste al dolore dell'uomo in completa indifferenza. Anche nel caso dei dipinti di Munch troviamo una
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forte assialità prospettica e delle linee decise che ne regolano la composizione, inducendo lo sguardo dell'osservatore verso dei fulcri principali che sono la mano dell'uomo sanguinolenta e la donna, che diventa la protagonista della scena. La disposizione dei soggetti è analoga a quella dei soggetti dipinti a temi sacri di Moreau del 1875 con la serie di dipinti che raffigurano Salomè che taglia la testa a S. Giovanni (fig. 145). Moreau, artista romantico, ci porta a conoscenza del potere della donna, che dopo aver sedotto crea distruzione e morte. L'episodio biblico narra che Salomè, figlia di Erodiade e di Erode Filippo, innamorata del cugino di Gesù Giovanni Battista ma non ricambiata, in occasione di un banchetto ottenne dal re Erode, come macabro premio per aver danzato, proprio che l'asceta venisse decapitato. Nel dipinto la testa mozzata del santo, aleggia livida, getta un'ombra nera sul pavimento, con il collo grondante di sangue, in parte rappreso nella barba e nella punta dei capelli. Il volto di Giovanni è circondata da un'aureola che sprigiona fasci di luce molto luminosa, che si irradiano illuminando l'interno del palazzo, quasi accecando la danzatrice che inclina la testa, volendo respingere l'allucinante apparizione che la inchioda a terra. Con la mano sinistra completamente distesa, punta, con gesto coreografico il dito verso il santo, quasi per esorcizzare l'apparizione, oggetto del suo odio e al tempo stesso della sua attrazione. Analogo tema biblico viene interpretato da Klimt con Giuditta del 1901 (fig.152). Nella Bibbia, più precisamente nel “Libro di Giuditta”, si narra il modo in cui questa vedova ricca, bella, ma soprattutto virtuosa e timorata di Dio e per questo profondamente amata dal popolo ebraico, riuscì a salvare la propria gente dall'assedio del re assiro Oloferne. Una notte Giuditta si rese bellissima e si recò assieme ad una serva presso la tenda di Oloferne, portando con sé dei doni e fingendo di voler tradire il suo popolo per consegnarlo al nemico. Oloferne le credette, la invitò al suo banchetto, bevve e si ubriacò. Lo seguì nella sua camera da letto per concedersi al nemico ma attese il momento giusto per ucciderlo tagliandogli la testa con due colpi di scimitarra. Dopo averlo ucciso, mise la testa nel cesto delle vivande e tornò, vittoriosa, presso il suo popolo. L'eroina di Klimt, diversamente rispetto alla visione romantica e di femme fatales, è una donna sicura e onesta, pronta a sacrificarsi per un bene maggiore, non è la donna ammaliatrice e distruttrice, ma anzi, è una donna astuta e sensuale non vista in chiave di “donna vampiro” come invece Munch vuole farci apparire con il celebre dipinto Vampiro ( fig 150) dove una donna dai capelli di fuoco succhia il sangue e la vita di
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un uomo fino a renderlo un burattino nelle sue mani. I capelli diventano quasi dei serpenti come una Gorgone sembrano intrappolare la figura maschile, resa vuota dall'assenza degli occhi, in questa fitta ragnatela vermiglia creando una sorta di erotismo mortale. Eros e Thanatos come in La danza della Vita (fig. 148), dipinto chiave e centrale che fa parte del “Fregio della Vita”. Le tre età della donna vengono chiaramente dipinte come a simboleggiare le tre fasi che una donna cela nel suo recondito essere: la giovinezza, a sinistra, è raffigurata da una delicata fanciulla che indossa un abito bianco. Le mani a semicerchio lasciate cadere morbidamente lungo i fianchi indicano la disponibilità della donna ad accogliere la vita come anche l'espressione del viso che è rilassato e rassicurante. La figura centrale è una coppia di ballerini dove la donna indossa un abito di un rosso talmente intenso da ricordare il sangue più che l'amore. Il vestito sembra avvolgere l'uomo, suo partner, come un serpente ucciderebbe la sua preda. L'uomo sembra essere un cadavere, senza anima e senza forza di reagire mentre la ragazza ha uno sguardo che pare sedurre l'uomo. L'ultima donna interpreta la morte, la figura è statuaria e rigida, indossa un abito funebre e diversamente dalla prima donna le mani sono conserte sul ventre quasi in segno di rassegnata tristezza. il volto è spento e gli occhi sono reclinati verso il basso. Tutt'intorno nello sfondo, altri ballerini danzano creando una scena movimentata e di festa, ma l'attenzione dell'osservatore ricade centralmente dove la donna con l'abito rosso danza. Madonna (fig. 157) è uno dei più celebri e spregiudicati dipinti di Munch: una donna con braccia reclinate verso la schiena ci si mostra in un atto intimo di piacere, evidenziando anche il seno con una posa plastica mentre una specie di aureola rosso sangue le spunta dietro il capo. -Dipinto fortemente criticato dalla boncostume dell'epoca- infatti anche il titolo Madonna sembra alludere ad una scena sacra, un' ombra materica e nera avvolge la figura che in contrasto è luminosa e delicata. Questa nuova visione della donna per Munch è una donna sicura della sua bellezza, sessualità e del suo potere come nella Madonna dipinta tre anni prima da Odillon Redon in Occhi chiusi (fig 158) del 1890. Chiaramente Redon raffigura anch'esso una donna nel culmine del piacere carnale. I toni sono più soffusi rispetto al dipinto di Munch, la testa della figura sembra erigersi dalle profondità del mare mentre il cielo è sereno e tranquillo. Nessun elemento riconduce ad una Madonna se non la classicità con cui è dipinta la figura, con i capelli raccolti e
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un'espressione di beatitudine. Completamente differente sono le donne di Schiele (fig 159), che non celano alcun godimento, i loro visi sono ritratti nel momento più intimo che l'artista ha saputo cogliere, non si professano Madonne come in Munch e Redon, ma sono semplicemente ambasciatrici di quella che è la più mera, esplicita e sporca pornografia e sessualità. Allo stesso modo si può pensare al dipinto di Franz von Stuck, Il Peccato (fig 160) , dove una lasciva figura femminile con una folta chioma bruna, emerge dalle tenebre offrendo il suo seno con uno sguardo amaliante, mentre viene avvinghiata da un serpente tentatore. Franz von Stuck rappresenta la femme fatale come la suprema reincarnazione di sensualità e perdizione. Le donne rappresentate sono le donne moderne, frutto dell'incarnazione della femme fatale, che non si vergognano ad esprimere la loro femminilità e la loro emancipazione sessuale. Schiele, rispetto a molti altri suo contemporanei, vede nella donna la potenza della vita e del piacere, sempre però con una connotazione dissacrante e reale, rispetto al suo maestro Klimt, che eleva la donna fino a farla diventare una dea indiscussa dell'Eros, Schiele ritrae prostitute, ritrae il vero aspetto più negativo e brutale della società viennese di inizio '900, sfidando i benpensanti e la buoncostume fino ad arrivare alla carcerazione nel 1911 per colpa di un quaderno di disegni erotici considerati dalla borghesia del tempo osceni e raccappriccianti. Come ultima corrispondenza per quanto riguarda il tema di Eros e Thanatos, Carezze (fig. 161) di Knohopff del 1896. L' uomo sulla sinistra ha un aspetto androgino, con il corpo efebico e lo sguardo languido. La Sfinge, che occupa con il suo inquietante corpo di ghepardo dalla lunghissima coda si allunga per quasi tutta la superfice della tela, appare come la vera protagonista della scena. Ha gli occhi socchiusi, in un'espressione di beatitudine. La Sfinge, che ha una lunga tradizione iconografica a partire dall'antichità, è una delle creature fantastiche della mitologia più presenti nella cultura e nella pittura del Simbolismo. Come le sirene, i centuari, la medusa ha il corpo metà umano e metà animale. Questo testimonia la sua doppia natura divina e demoniaca, buona e malvagia. Riflette così le diverse e contrastanti componenti dell'inconscio umano che, grazie anche alla nuova scienza della psicanalisi di Freud, i simbolisti intendono indagare e rappresentare. La Sfinge, che per metà è un animale feroce dalla lunga coda sensuale, rappresenta un'allegoria della lussuria che seduce e
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insieme distrugge. Ma significa anche l'ambiguitĂ del fascino femminile che nasconde un'insidia da cui l'uomo deve difendersi. Nel mondo di Khnoppf la donna ha una natura ambivalente, angelo, musa e amica, ma anche tentatrice e perversa. Ăˆ singolare che tutte le creature femminili da lui rappresentate, e anche la sfinge, abbiano l'aspetto dell'amatissima sorella Marguerite, per cui nutriva una passione inconfessabile. Comunque la sua bellezza androgina, con i capelli rossi come le eroine della pittura preraffaellita, era estremamente moderna e ci appare ancora molto attuale in un momento in cui sta sempre piĂš assottigliandosi il confine tra i generi nasce cosĂŹ una nuova figura che racchiude in se salvezza e perdizione.
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141_ E.MUNCH, , 1895
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_142 E.L. KIRKNER Marcella, 1910
143_ F.Rops The Greatest Love of Don Juan, 1879
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144_(sopra) E. MUNCH, Ceneri, 1925-29
145_ E. MUNCH, La morte di Marat, 1907
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_146 G. MOREAU L’apparizione, 1875
_147 J.L. DAVID La morte di Marat, 1793
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148_ E. MUNCH, La danza della Vita, 1900
_149 E. MUNCH La donna e la morte, 1894
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150_ F. Rops La Morte al ballo, 1883
151_ E. SCHIELE La morte e la fanciulla, 1915 152_ F. Rosp La morte danzante, 1882
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153_ E. MUNCH, Vampiro, 1893-94
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154_ F.Rops Violence ou Satyriasis, 1900 155_ G. KLIMT Giuditta, 1901
_156 O. KOKOSCHKA Manifesto per la prima del dramma Assasinio, speranza delle donne, 1908
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157_ E. MUNCH, Madonna, 1893-94
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_158 O. REDON Occhi chiusi, 1890
_160 F. von Stuck Il Peccato, 1900
_159 (sopra) E. SCHIELE Donna con capelli neri, 1911 167
161_ F. Khnopff Carezze, 1896
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