TESI DI LAUREA_Il Museo

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POLITECNICO DI MILANO Scuola di Architettura, Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni -A.A. 2015/2016 Corso di Laurea Magistrale in Architettura degli Interni

MUNCH MUSEET L’arte che genera architettura IL MUSEO

Relatore: Prof. Luca Basso Peressut Correlatori: Arch. Cristina F. Colombo Arch. Paola Gambetti

Tesi Magistrale di: Federica Antonini Matricola: 816044




MUNCH


MUSEET


L'esigenza di costruire un nuovo museo che contenga le opere di Munch è sentita dalla città di Oslo in quanto l'esistente è inadeguato in termini di sicurezza e più volte ha subito il furto di preziosi dipinti. Quando si parla di musei monotematici, il delicato equilibrio tra arte e architettura non dovrebbe essere compromesso ma anzi, si dovrebbe creare un sistema capace di potenziare la carica emotiva. Per questo motivo la tesi si sviluppa dalla conoscenza e dalla catalogazione delle opere di Munch attraverso un lavoro curatoriale che sfocia poi nella progettazione degli spazi e del museo stesso. Munch è un pittore tormentato, oscuro, angosciato e angosciante e, come i dipinti fanno trasparire questi sentimenti, anche l'architettura stessa si deve far carico di questa emotività rendendo ancora più forte e preciso il messaggio dell'artista.




OSLO 1.0 La capitale vikinga

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OSLO 2.0 Funzionalismo norvegese

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2.1 Musei a Oslo

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MUNCH MUSEET 3.0 La storia dell’evoluzione del museo di Munch

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MUNCH MUSEET 4.0 Bando per il nuovo museo di Munch 4.1 Primo classificato 4.2 Secondo classificato 4.3 Deichman bibliotek 4.4 Oslo Operahouse

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MUNCH MUSEET 5.0 Riflessioni museografiche

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5.1 Contenuto o contenitore

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MUNCH MUSEET 6.0 Nuovo museo di Munch

6.1 Appendice, tavole di progetto

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Site specific

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Bibliografia

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OSLO

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La capitale Vikinga Oslo è una capitale europea sui generis e a misura d'uomo. E' caratterizzata da un paesaggio delimitato a sud da un fiordo frastagliato costellato da numerose isolette, e a nord da alture boscose dove è vietata l'edificazione. Questa conformazione del territorio, che di fatto limita l'espansione urbanistica su due lati, conferisce alla città caratteristiche uniche: in inverno si possono raggiungere le piste da sci in pochi minuti e d'estate lo stesso ma con spiaggette e isolette il tutto servito con un'efficente rete di trasporto pubblico. Oslo è situata in fondo allo Oslofjord, un fiordo all'interno del bacino dello Skagerrak. La città sorge tra il fiordo e una zona collinare dove son presenti numerosi laghi che rappresentano la maggior parte di approviggionamneto d'acqua potabile. La città presenta numerose zone verdi e parchi, conforme al rispetto per la natura che le città nordiche hanno (due terzi del territorio sono aree protette che comprendono laghi, foreste e colline), che arricchiscono il tessuto urbano. Il principale per grandezza e importanza, è il parco Vigeland che custodisce un'esposizione di sculture e opere d'arte tanto da chiamarlo “il parco della vita”, seguito poi dal parco che racchiude entro una

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cinta verde il Palazzo Reale nel cuore della città. Oslo è inoltre la città natale di Edvard Munch che dopo la sua morte, nel 1944, lasciò in eredità al Comune tutte le sue numerose opere che furono racchiuse in un parco che si trova tra i quartieri limitrofi il centro storico, il parco Toyen dove attualmente sorge il Munch Museet, un museo monografico dedicato all'artista. La città ha iniziato il suo sviluppo intorno all'anno 1000 (corrispondente all'eta Vikinga), nei pressi di quella che era la foce del fiume Alna. L'era vikinga è una delle epoche più interessanti della storia scandinava e norvegese, la civiltà vikinga viene annoverata tra le più grandi civiltà mai esistite al mondo. Circa nel 1200 la Norvegia diventò una provincia della Danimarca e il ruolo di Oslo fu ridotto a quello di centro amministrativo provinciale, con il Re che risiedervi a Copenaghen. La città iniziò ad essere considerata capitale da quando Haakan V salì al trono (1299-1319) e fu il primo Re a stabilirsi permenente permanentemente in città. Iniziò anche a dare il via alla costruzione della fortezza di Akersus che fu completata dal Re Cristiano IV, il quale diede il nome alla città: Cristiania (in un secondo momento, nel 1878-79 mutò nuovamente in Kristiania e il nome originario di Oslo fu ripristinato nel 1925). Nei secoli avvenire la città fu distrutta ripetutamente da numerosi incendi che la rasero letteralmente al suolo per 14 volte, nel 1624 un decreto impose di spostare il centro abitato nei pressi della fortezza. Sarò solo nel 1814 che Cristiania divenne la capitale effettiva quando l'unione con la Danimarca fu sciolta. Attorno alla porzione di territorio vicino alla fortezza Akersus, si formò l'area “nobile” della città che continuò a crescere fino al 1800. In questa area ancora oggi sorgono le ambasciata e le residenze storiche fatte di architetture imponenti e celebrative. Durante questo florido periodo furono edificate le pietre miliari della città come l'Università di Oslo nel 1811, il Palazzo Reale (1825-1848), il Parlamento (1861-1866), il Teatro Nazionale, la Cattedrale di S. Clemente, Nicola, Santa Croce e infine anche la Borsa di Oslo. Fra gli artisti famosi che hanno vissuto in città in questo periodo ricordiamo Henrik Ibsen, Edvard Munch, Knut Hamsun e Sigrid Undset (gli ultimi due vinsero il premio Nobel per la letteratura). Nel 1850 Oslo superò Bergen come città più popolosa della nazione. A est del fiume Akerselva, che divide la città fisicamente, ma anche dal punto di vista socio-economico, sorsero durante quello stesso periodo, edifici di carattere più popolare (spesso sviluppati su più piani senza ascensore, con strade e cortili

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di minor respiro e agio rispetto a quelli del centro) che, per quanto non privi di facciate anche esse ornate nel pieno stile architettonico nordico, presentano abitazioni modeste. Il quartiere che meglio rappresenta questa tipologia costruttiva è quello di Grunelokka, ora però divenuto popolarissimo tra un utenza più giovane per via dei costi ridotti degli appartamenti ma, soprattutto, per la ricchissima scelta di bar, ristoranti e negozi. Le modalità di sviluppo urbanistico della città parlano indirettamente dalla storia di indipendenza economica e politica della Norvegia nei confronti dei suoi dominatori storici, Danimarca e Svezia che la svuotarono delle risorse principali e delle ricchezze. Dopo l'indipendenza dalla Danimarca l'ampliamento e la ripresa economica ed edilizia della città ripartì intorno al 1915, a seguito della crisi edilizia che colpì Kristiania alla fine dell'Ottocento. Sotto la direzione dell'architetto Harald Hals, il comune sviluppò diversi progetti di edilizia pubblica di grande qualità. Il centro si ampliò ulteriormente ma questa volta verso nord con i progetti di Thorsovbyen, Linderln, Kvaernrkoloien, Ulleval Hageby, quartieri caratterizzati da un'edilizia di carattere popolare per l'epoca ma che oggi risultano tra i luoghi più ambiti per chi vuole rimanere a vivere vicino al centro città in abitazioni di alta qualità urbanistica e architettonica. Negli anni Settanta si verificò lo strappo definitivo da passato di Città in difficoltà economica, l'economica Norvegese spiccò vertiginosamente dopo la scoperta di giacimenti petroliferi nel Mare del Nord e del loro successivo sfruttamento. Questa svolta economica diede avvio a una nuova fase di edificazione del territorio che permane fino ad oggi: da una parte c'è la corsa alla densificazione dell'area del centro città, dall'altra si procede con la costruzione di un nuovo fronte urbano verso il fiordo, una zona paradossalmente poco sviluppata fino a pochi decenni fa. A partire dagli anni Ottanta lo sviluppo interessò la zona di Aker Brygge, con i suoi lussuosi uffici e appartamenti, poi la zona di Bjorvika a bordo fiordo, con il nuovo Teatro dell'Opera completato nel 2008 al quale si devono aggiungere il nuovo Museo di Munch e la Biblioteca Nazionale, attualmente in fase di costruzione. Adiacente a queste zone troviamo invece i nuovi quartieri di Barcode e Sorenga, anch'essi in fase di completamento. L'edificazione nella zona residenziale di Tjuvholmen (nel cuore della città) si pone anch'essa nell'ambito dello sviluppo della città lungo il fiordo (Fjorbdyen) dove nell'ultimo decennio è

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stato completato il Museo d'Arte Moderna con un progetto del Renzo Piano Building Workshop del 2013. Questa crescita economica e sociale, che ha portato a un'espansione urbana inadeguata rispetto alle reali esigenze, non è stata e non è tutt'ora priva di conflitti sociali: la pressione che scaturisce dalla mancanza di abitazioni si fa sentire soprattutto nelle nuove generazioni alla prese con un mercato immobiliare dai prezzi proibitivi. In aggiunta a questo, i tragici eventi del 22 Luglio 2011, con l'attacco terroristico e la strage nel centro cittadino sull'isola Utoya hanno fatto perdere alla nazione il senso di libertà e innocenza, hanno trasformato il modo di vivere di una nazione (dove il Primo Ministro girava per la cittò senza scorta o in bicicletta) ma anche il tessuto urbano delle zone interessate dall'attentato dove, a causa dell'esplosione, è stato necessario demolire palazzi storici e parte del Centro Governativo, progettato negli anni Cinquanta dall'architetto funzionalista Earling Viksjo.

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01_ incisione di Karl Frederik Keller sul fiordo di Oslo 1300

02_ incisione di John William Edy, City of Christiania, 1800, da Bodydell’s picturesque views an scenary of Norway

03_ John William Edy, City of Christiania, 1800, da Bodydell’s picturesque views an scenary of Norway

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_04 Vista della stazione ferroviaria dal cuore della cittĂ datata 1800 circa.

_05 Vista del castello dalla via principale Karl Johan

_06 Vista del cantiere della zona di Bjovirka prima della costruzione del quartiere terziario BARCODE da parte di MVRDV

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07_ Nuova zona residenziale Sorenga, in costruzione

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OSLO

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2.0


Funzionalismo Norvegese L'architettura è una chiara espressione della relazione e integrazione che la cultura ha con la storia, tanto che la conservazione delle tradizioni diventa spesso un punto focale della riconoscibilità dell'architettura stessa ed esprime un forte senso di appartenenza ad un determinato luogo. L'architettura moderna norvegese, tuttavia, si distaccò in buona parte dai linguaggi del passato per abbracciare strade più consone a rappresentare l'indipendenza e l'avanzamento della nazione, da luogo povero e prevalentemente rurale alla società evoluta che si è sviluppata a partire dal dal XVII secolo.. Il 1900 fu il secolo di maggiore mutamento, la Norvegia divenne uno stato indipendente e una monarchia dopo che l'unione con la Svezia si dissolse nel 1905, dopo ben 400 anni di colonialismo da parte della Danimarca. Il 1900 fu inoltre il secolo in cui il paese fu occupato per parecchi anni dalla Germania durante la Seconda Guerra Mondiale, a seguito di questo episodio un rigoroso programma di riqualificazione nazionale venne approvato per poter ristabilire le sorti della città e numerosi architetti poterono sperimentare nuove teorie dell'abitare comunitario, spinti appunto dall'esigienza di dover ricostruire interi quartieri. Il 1900 fu inoltre il secolo in cui la Norvegia, la nazione più povera della Scandinavia, divenne incredibilmente ricca grazie alla scoperta di giacimenti di petrolio e gas nel Mare del Nord.

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Quasta serie di fatti portarono Oslo ad essere la città di maggiore punta del Nord Europa, dove una forta migrazione sia interna che esterna spinse i norvegesi a doversi abituare ad una capitale che stava diventando multietnica e culturalmente diversa. Altro fattore di cambiamento fu la repentina ricchezza della città dopo la scoperta di giacimenti di combustibili fossili che permise alla città di induastrializzarsi, globalizzarsi e di potersi espandere economicamente, commercialmente e turisticamente. La popolazione aumentò da 2.3 milioni a oltre 4.7 milioni di abitanti in pochi anni. Le università di Oslo acquistarono prestigio soprattutto l'università di architettura, la Norwegian University of Thecnology (NTH) in Trondheim divenne un grande istituto ambito in tutta Europa tanto da istituire nel 1910 la National Associated of Norvegian Architect (NAL). Prima di questa crescita economica e culturale le università più prestigiose si trovavano al di fuori dei confini del paese, a Stoccolma e Copenhagen e gli studenti di Oslo erano costretti a doversi trasferire. Nonostante l'architettura norvegese fece dei notevoli progressi soprattutto verso gli anni Venti-Trenta, tutt'oggi il funzionalismo norvegese è poco conosciuto. Il funzionalismo si radicò ben presto nella cultura architettonica nordica. Gli anni Venti del secolo scorso, in particolare, si distinsero come un periodo rilevante per la formazione di una cultura architettura moderna tra gli architetti norvegesi, poiché videro la nascita di numerose pubblicazioni e associazioni. Nel 1919, per esempio, uscì Byggeksnut (the art of buildings), periodico indipendente dove vari architetti e intellettuali dell'epoca. Nella stessa annata di Byggeknust Lars Backer (architetto norvegese che possiamo definire il padre del funzionalismo nordico) scrisse La nostra architettura priva di principi ed introdusse in maniera repentina e violenta il Movimento Moderno in Norvegia: Non vogliamo creare un'architettura in contatto con il tempo in cui viviamo, adatta ai materiali con cui costruiamo. Vogliamo abbandonare le maschere e gli orpelli esteriori; la funzione deve stabilire la forma. La pianta e la facciata devono essere una cosa 1 sola.

Negli anni succesivi, soprattutto verso il 1925 si delinearono due tendenze architettoniche opposte e contrastanti. Il funzionalismo possiamo dire che giunse come una specie di liberazone e nel giro di poco tempo molti architetti, soprattutto quelli che abbracciavano le dottrine del classicismo, si

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convertirono a questo nuovo modo di “fare” architettura. Lars Backer disegnò il ristorante Skansen di Oslo nel 1927. Questo edificio puro e semplificato nella sua forma è la prima costruzione razionalista norvegese che segue fedelmente i cinque punti dell'architettura di Le Corbusier (ed è inammissibile che sia stato demolito). Backer con questo edificio riuscì ad approfondire le sue idee e teorie riguardo l'architettura razionalista che pochi anni prima aveva formulato: Costruire non significa realizzare un'architettura nel senso tradizionale della parola, con regole e apparati stilistici classificati e stabiliti dagli scrittori di storia dell'arte. Ma intanto può diventare una buona architettura se l'opera è razionale e 2 funzionale all'uso. Costruire ha cessato di essere arte.

Le Corbusier esercitò un'influenza molto forte sugli architetti norvegesi, soprattutto con le teorie contenute nel libro Vers une Architecture. Nelle sue parole - “sulla considerazione del clima e del territorio, della costruzione e dei materiali, delle esigenze planimetriche La lezione del maestro francese definì quelli che divennero punti focali e caratterizzante dell'architettura razionalista norvegese come l'utilizzo del calcestruzzo, gli angoli acuti e puri, tetto piano e la produzione di massa dei componenti in una sorta di prefabbricazione. Anche la proporzione divenne un punto saldo di questa architettura, il riferirsi alla classicità per poi trascenderla nella sua forma più pura e semplificata da qualsiasi cosa che distolga l'attenzione alla purezza stilistica della forma. La facciata divenne il biglietto da visita di questa poetica in quanto la massima espressione fu data dalla scansione delle finestre e le proporzioni tra gli alzati in relazione ad esse. A seguito di un viaggio fatto in Olanda da parte dei maggiori esponenti di questa nuova architettura, Becker ed Ellefsen, fece prendere loro coscienza che si potevano integrare tradizione e moderno attraverso un sapiente gioco tra naturale e antropico. Per la prima volta l'architettura si poneva il problema sociale dell'abitare moderno, cosa che ne il Romanticismo e ne il Neoclassicismo si posero. Con il funzionalismo il tema 1-2_ Parole pronunciate da J. Ellefsen durante una conferenza all’Ordine degli Architetti di Oslo dal titolo: “Che cos’è un’ architettura moderna?” in Byggenkust, Novembre 1927.

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dell'abitazione fu messo al centro del dibattito e ciò si evince dalle parole di Le Corbusier riguardo a questa tematica: “Il Pavillon Esprit ha la forma dell'abitazione ideale, bisogna dare agli uomini una nuova abitazione e se questi abitano male è il motivo reale delle agitazioni del nostro tempo.” Nel 1928 i pionieri del Movimento Moderno si unirono per fondare il Congrès international d'Architecture Moderne (CIAM) dove si concentrò l'attenzione sempre più all'abitazione negli spazi minimi. Il problema abitativo fu affrontato su due fronti: in primo luogo doveva creare una città più sana e nuova che rispettasse le regole di igiene e di verde, dall'altra parte si intendeva trovare degli arredamenti in grado di sostituire la rigida rappresentazione del passato con un uso flessibile e libero degli ambienti. Quest'ultimo requisito trovò terreno fertile in Norvegia in quanto la rigidezza del clima invernale automaticamente faceva concentrare l'attenzione agli architetti più per l'interno che per l'esterno. Nel secondo dopoguerra anche in Norvegia l'architettura moderna progredì, soprattutto con l'opera di Arne Krosmo e Knut Knutsen (i quali divennero fonti di ispirazione per tutte le nuove generazioni di architetti come Sverre Fehn, allievo e discepolo di Arne Krosmo) che sottolineavano una necessità di poesia secondo cui in un'opera architettonica sono riscontrabili tre momenti: una parte spirituale (non analizzabile oggettivamente), una razionale che sfocia nella destinazione d'uso e una parte di pura estetica. Il concetto di razionalità venne quindi esteso al concetto di funzionalità e quindi nel modo in cui l'edificio si adatta al suo uso architettonico. La funzionalià si può quindi definire come l'obiettivo, il fine ultimo, della nuova cultura architettonica. Knut Knutsen dimostrò un approccio diverso rispetto agli altri architetti, non volendo arrivare ad una sostanziale rottura dell'architettura con la tradizione e la natura ma anzi proponendo una “architettura di continuità” che muta di anno in anno, per lui il Movimento Moderno era uno Spirito del tempo, non una realtà assoluta. Oggi quale è la tendenza dell'architettura Nordica? La grande tradizione alla purezza e alla funzione come forma come si sono evolute e ora è impossibile poter distinguere quali sono i tratti caratteristici e inconfondibili da un'architettura con un'altra. Oggi spesso l'architettura non conosce più confini, paesi, culture, i caratteri sono diventati globalizzati e internazionali come se, nel suo più aulico significato, la composizione di

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volumi sia mutata in un linguaggio estremamente universale e riconoscibile da ogni cultura e tradizione. Siamo costantemente messi a confronto con differenti culture, siamo di fronte a un mondo globalizzato e in continuo mutamento e questo ha un grandissimo impatto su quelli che sono diventati i tratti riconoscibili e originali di una specifica popolazione anche se l'esigenza del vivere, dell'abitare e della quotidianità sono il fine ultimo. Nonostante questa tendenza l'architettura deve rispondere a determinate esigenze e condizioni che cambiano da città a città come ad esempio le differenze climatiche che inducono determinate scelte rispetto ad altre come accade, appunto, in Norvegia. L'architettura è inoltre una responsabilità culturale oltre che naturale e climatica, è una disciplina che non si basa su una verità assoluta, non esistono universalità, progettare significa dover affrontare delle scelte compositive, naturali, sociali ed economiche che tramutano in un'espressione di cultura. Gli edifici riflettono questa idea di valori e priorità nella società. La Norvegia è una terra composta da una natura potente e predominante sul costruito, mare, fiordi, montagne e foreste si stagliano non lontane dai centri abitati e l'architettura crea un dialogo, una relazione perfettamente in equilibrio tra naturale e antropico. Questo equilibrio ha attratto l'interesse internazionale durante gli ultimi vent'anni tanto da culminare in prestigiosi premi internazionali come il Pritzker Prize che nel 1997 fu vinto da Sverre Fehn e nel 2008 Snohetta, con il premio Mies van der Rohe per l'Operahouse di Oslo. La Norvegia ha le potenzialità per diventare un importante fulcro d'avanguardia per il design e l'architettura in quanto sapientemente combina social welfare, un'attenta e responsabile gestione delle risorse e della natura per un risultato nel pieno rispetto dell'umano e della natura.

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Musei a Oslo Da queste considerazioni generali e storiche su quella che è stata l'evoluzione architettonica ad Oslo è importante anche sottolineare la mutazione del sistema museale ed espositivo, Oslo presenta varie tipologie di Museo che spaziano dalle più classiche e tradizionali alle avangardie con la costruzione, nel 2012, di un nuovo museo di arte contemporanea da parte di Renzo Piano, che si può leggere come una mossa mediatica come lo è stato per il Guggenheim di Bilbao. Dopo l'inaugurazione del museo Asturp Fenaly Museum, avvenuta il 27 Settembre 2012 Oslo si può considerare in tutte le sue sfacettature una “città museo”. Per i norvegesi il museo diventa un luogo di incontro e partecipazione oltre che un momento culturale, numerosi sono i musei che sorgono nel tessuto urbano del centro della città. La valorizzazione della città attraverso il suo più potente mezzo culturale, il museo, diventa un modello di esempio e un nuovo polo attrattore per quanto riguarda l'importanza e il rispetto per l'arte e la storia. Il ricco skyline di Oslo composto da numerosi edifici e architetture di prestigio rendono la città ricca di punti di riferimento suscitando un senso di sicurezza e di appartenza al luogo a chi lo visita. I numerosi musei si concentrano a partire dalla zona più antica creando una specie di filo conduttore che guida il visitatore per tutta l'estensione del centro abitato. Le tipologie di museo si differenziano molto, spaziano da edifici storici che contengono opere disposte secondo un ordine cronologico e ad “incrostazione” sia a musei moderni che hanno una totale rivoluzione nel modo di esporre opere dove il museo stesso diventa opera d'arte. Una sostanziale differenziazione si evince, in particolar modo, in quattro musei nel cuore della città norvegese: il primo è il Museet for samtidskunst, Museo d'arte moderna e contemporanea, che ospita opere di arte figurativa contemporanea di artisti norvegesi ed internazionali. Un nuovo allestimento permanente espone opere di diversi artisti, soprattutto nazionali, dagli anni '50 ad oggi. Il museo ospita anche mostre itineranti con varie tematiche. Il secondo museo da citare è la Nasjonalgalleriet (Galleria Nazionale) che fa parte del complesso museale del Museo Nazionale e ospita la maggiore esposizione di arte norvegese

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e straniera. La mostra permanente copre tutti i periodi fino agli anni '60 del 1900. I periodi più rappresentati sono il Romanticismo Nazionale, il Realismo e il Modernismo. Nella collezione si trovano anche gran parte dei dipinti di Edvard Munch che si dividono tra questa galleria e il Munch Museet, sito all'interno del parco Toyen, limitrofo al centro cittadino. L'esposizione dei dipinti avviene anche talvolta per “incrostazione” dove intere pareti sono coperte da dipinti. Per quanto riguarda l'uso dei colori sono state sapientemente dipinte le pareti delle stanze con cromie che risaltano le opere esposte. Il Nasjonalmuseet - Arkitektur (Museo dell'architettura) fa parte del Museo Nazionale di arte, architettura e design. Nel marzo 2008 aprirà in una sede rinnovata dove si integra il museo originario di gusto Neoclassico, (progettato dall'architetto Christian Heinrich Grosch nel 1830) con un rifacimento moderno dove vengono allestite mostre temporanee, puro e razionalista progettato dall'architetto Sverre Fhen che si pone come mediatore tra il carattere originario dell'edificio accentuando però la nuova struttura con delle interazioni strutturali. L'idea che sta alla base del padiglione è creare una situazione inversa rispetto all'edificio madre, dove la luce del giorno, scorci che lasciano intravedere cielo e natura circostante giocano un ruolo fondamentale per l'esperienza che si ha nel vivere questo spazio. La pianta è un quadrato con al centro quattro grandi pilastri di sezione cilindrica non chiusa, quasi a ricordare una conchiglia. Le facciate sono interamente vetrate, in questo modo si ha una perfetta armonia tra interno ed esterno, armonia però spezzata da un muro pesante in cemento che segue il perimetro del padiglione e da all'esposizione una sorta di quinta scenica. Il museo dell'architettura è uno spazio molto interativo, si coinvolge il fruitore non solo nel modo di poter visionare le opere (molti disegni d'autore disposti su pareti scorrevoli) ma anche per parteciparvi attivamente attraverso esercizi di disegno, composizione e di immaginazione. Una tipologia di “museo fuori dal contenitore” si ha con il parco Vigeland, a Ovest di Oslo nel cui interno vengono custodite sculture tematiche che celebrano la vita e l'amore. Il parco è frutto delll'opera di tutta una vita dello scultore norvegese Gustav Vigeland (1869-1943), con più di 200 sculture in bronzo, granito e ferro battuto. Vigeland si occupò anche del design e della progettazione architettonica del parco stesso, concepito

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come un percorso simbolico che porta, come ultimo atto finale, verso il grande obelisco composto da figure umane intrecciate tra di loro in corpi plastici ed erotici che celebrano la bellezza della vita e dell'amore. Asturp Fearnley Museum of Modern Art è un museo di arte contemporanea privata che ha aperto nel 1993. Nel 2012 ha cambiato sede e la progettazione del nuovo edificio è stata affidata a Renzo Piano. Il museo è fondato e sostenuto dalla Fondazione Thomas Fearnley, Heddy e Nils Astrup, presenta mostre dai principali nomi dell'arte contemporanea norvegese e si è affermato come un' importante istituzione per la visualizzazione e la diffusione dell'arte contemporanea internazionale dal 1960 fino ad oggi. L'edificio, imponente e maestoso è per lo più occupato da uffici e spazi direzionali mentre la sala espositiva si trovava al piano terra e di fronte all'ingresso un giardino delle sculture dove si scorge l'entrata monumentale alla galleria. Dalle esigenze di espandere la collezione e di rendere la galleria più centrale rispetto al cuore di Oslo, dal 2012 Renzo Piano fu incaricato per definire la progettazione del nuovo museo, edificato nel centro commerciale e turistico di Oslo lungo la camminata che costeggia il fiordo. L'arte e i musei devono essere sempre luoghi di scambio e di incontro. L' Astrup Fenaly Museum lo è: i visitatori potranno entrare e uscire tranquillamente dalle sale, mettersi a guardare l'acqua e gli alberi. E se ne avranno voglia potranno persino farsi un bel bagno in mare e prendere il sole sulla spiaggia. Il mio 2 museo comincia fuori.

“Per fuggire dalla gabbia della città”, anche se si tratta di una città a misura d'uomo come Oslo, Renzo Piano ha pensato a un museo, il nuovo museo d'arte contemporanea dove le opere si potranno confrontare direttamente con una natura nordica fatta di acque, canali, e di verde. Il museo sorge lungo la passeggiata che partendo dalla City Hall costeggia il fiordo, dove tre edifici in vetro, acciaio e legno sono uniti da un canale sormontato da una grande copertura in vetro che sembra proteggere idealmente la collezione. Due corpi sono riservati all'attività espositiva, mentre il terzo è riservato a servizi 2_ Stefano Bucci, “Il mio museo a Oslo, una speranza dopo Utoya”, intervista a Renzo Piano, Corriere della Sera, 20 settembre 2012

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ausiliari. Si tratta di un museo privato fondato nel 1993, che ospita lavori di Andy Warhol, Damien Hirst, Jeff Koons, Charles Ray, Richard Prince, Matthew Barney, Bruce Nauman. Accanto al nuovo spazio museale progettato da Piano, ampliamento di una struttura degli anni Novanta, ci saranno poi le sculture del parco: Untitled di Kapoor, Eyes della Bourgeois, The Building di Fishli e Weiss e Totem di Kelly. A partire dal 2012, Oslo intensifica quindi la potenza del suo apparato museale, affidando la costruzione dei musei a grandi firme dell'architettura e creando sempre più spazi dedicati all'arte. Ne è un esempio eclatante il Munch Museet che era ubicato in un edificio inadeguato e rivelatosi poco sicuro e per il quale nel 2013 venne bandito un concorso di progettazione, che prevedeva il ricollocamento dell'istituzione in una zona più prestigiosa e fruibile del parco Toyen nel quale si trovava: la zona di Barcode, dove sorge inoltre sorge l'Operahouse progettata e realizzata nel 2008 da Snoetta. La richiesta del bando era la realizzazione del Munch Museet integrato ad altri spazi espositivi per collezioni d'arte contemporanea e servizi quali ristoranti di lusso e auditorium. Oltre al nuovo Munch Museet, per il 2019 è previsto il completamento del nuovo Museo Nazionale norvegese, che servirà da legante per le collezioni di dipinti che ora sono sparse in tre sedi separate nel centro di Oslo, la Galleria Nazionale, Museo d'Arte Contemporanea, e Museo del design industriale. Design, artigianato e arte visiva saranno presentati in un unico museo che racchiuderà tutta la storia di Oslo. Scelta azzardata in quanto si andrebbe a perdere il “sentiero” che porta il visitatore ad addentrarsi in diverse zone della città, scoprendo in tutto le bellezze di Oslo. Il nuovo edificio è stato progettato da Kleihues+Schuwerk Gesellschaft von Architekten. Nel rapporto del loro progetto si enfatizza la dignità e la longevità dell`architettura sensazionale. Il museo è disegnato come “taglio netto”, edificio dall'aspetto solido che richiama rispettosamente i suoi dintorni e monumenti esistenti nella zona, come il Municipio di Oslo e la fortezza di Akershus che si trovano nello stesso lotto del museo.

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VIGELAND PARCO PARCO VIGELAND

UIO UIO centrum centrum

PALAZZO PALAZZO REALE REALE

Museo della della storia storia Museo

Museum of of Des Des Museum

teatro teatro nazionale nazionale

Biblioteca Biblioteca Nazionale Nazionale

house of of Oslo Oslo house

CITY CITY HALL HALL

Centro Nobel Nobel Centro per la la Pace Pace per Museo Museo del cinema cinema del Museo Museo dell'Architettura dell'Architettura PORTO PORTO CENTRALE CENTRALE Museo Nazionale Nazionale Museo

Asturp Fearnley Fearnley Asturp Museo d'arte d'arte contemporanea contemporanea Museo

Museo Museo del Castello Castello del

FORTEZZA FORTEZZA DI DI AKERSUS AKERSUS

PORTO PORTO

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NUOVA Z Z NUOVA


Museo Museo di di Storia Naturale Naturale Storia

MUNCH MUSEET MUSEET MUNCH

sign sign

Oslo Spektrum Spektrum Oslo

stazione centrale centrale ferrovia ferrovia stazione

stazione stazione centrale centrale autobus autobus

TEATRO TEATRO DELL'OPERA DELL'OPERA NUOVO NUOVO MUSEO MUSEO LAMBDA LAMBDA

COMMERCIALE COMMERCIALE

ZONA RESIDENZIALE RESIDENZIALE ZONA SORENGA SORENGA

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_08 Museo di Arte Moderna e Contemporanea, vista frontale dalla piazza Kristian August Gate

_09 Galleria Nazionale, facciata principale dell’ingresso

_10 Museo dell’Architettura Scandinava e Norvegese, progetto della sala nuova di Sverre Fehn

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_11 Parco Vigeland delle sculture

_12 Asturp Fenaly Museum, progettato da Renzo Piano (figura a sinistra) Precedente sede del Museo del 1991 (sotto)

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_13 New Munch Museet, progetto vincitore del bando per il nuovo museo di Munch, Herreros Arquitecti

_14 New National Gallerie, Progetto per il 2019 Kleihues + Schuwerk Gesellschaft von Architekten

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MUNCH MUSEET

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3.0


La storia dell’evoluzione del museo di Munch L'attuale museo di Munch fu fondato in seguito al lascito testamentario che l'artista mise a disposizione della città di Oslo. Alla morte dell'artista, avvenuta il 23 Gennaio del 1944, emerse che Edvard Munch aveva lasciato incondizionatamente in eredità tutte le sue opere, che fino da allora erano state conservate presso la sua abitazione e che furono donate al Municipio. La collezione comprende 1.106 dipinti, 15.391 incisioni, 4.443 disegni e acquarelli vari. In seguito alla donazione, nel 1946, le collezioni d'arte della città furono assegnate a vari dipartimenti governativi anche se era necessario avere la disponibilità di un museo per poterle accogliere. Come misura temporanea, gran parte delle opere furono trasferite al Vigeland museum, il principale museo della città di Oslo, ma presto si evinse che non c'era abbastanza spazio per contenerle tutte, anche come conseguenza di un'ulterriore donazione comprendente numerose lettere del rapporto epistolare tra Edvard e la sorella Inge, che le donò alla città dopo la morte del fratello. Si rese quindi necessaria la costruzione del nuovo museo ma a causa dei vincoli di progettazione imposti e il razionamento dei materiali edili dovuti dalla crisi della seconda guerra mondiale, dovettero

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passare diversi anni prima che la costruzione potesse essere ultimata. Furono inoltre animate le discussioni sul dove poter erigere questo nuovo museo: nel centro della città la costruzione sarebbe stata impossibile, quindi rimanevano le zone limitrofe o a est nel quartiere Frogner o a ovest, nel quartiere Toyen. Frogner ospitava già il parco e il museo Vigeland quindi per esclusione le autorità municipali decisero di mettere a disposizione del nuovo Museo un'area del quartiere di Toyen (anche essa situata in un parco) e fu emesso un bando per la progettazione del Munch Museet. Nel 1954 il bando fu vinto dagli architetti Gunnar Fougner e Einar Myklebust. Nel 1963 venne inaugurato il museo al Re Olav, al primo ministro e a tutta l'èlite culturale del Paese. Il primo curatore della collezione d'arte, Johan Langaard, stabilì il principio che il museo non avrebbe dovuto essere esclusivamente un luogo di esposizione e contemplazione, anzi doveva diventare un centro moderno, funzionale e accessibile, in linea con le tendenze contemporanee dell'architettura e che incarnava appieno lo spirito dell'architettura del museo come nuovo fulcro culturale della città. Questo concetto si distaccava notevolmente dall'idea di monumentalità che fino ad allora era radicato nella città di Oslo che esprimeva un gusto e un amore per le epoche passate nel quale gli aspetti del sublime e della decorazione dovevano riflettere la funzione e il contenuto delle strutture che ospitavano le opere d'arte. Il museo si distingueva dagli altri per i locali aperti e moderni, con un affaccio sul giardino creando quindi un luogo di relax e sosta all'interno della passeggiata del parco Toyen. Fu molto ammirato e apprezzato per il lungo orario di apertura al pubblico e per i concerti e attività culturali che furono organizzati crando così un complesso e stimolante sistema culturale e di svago per la comunità. L'edificio era rivestito di pannelli di legno sia internamente che esternamente, incarnavano appieno la tradizione dell'architettura scandinava. I pannelli potevano ruotare in posizione aperta per consentire un maggior afflusso di luce negli interni, i cui fasci provenivano dalle sezioni delle pareti esterne realizzate in vetro. Il tetto era formato da cupole in plaxiglass, un altro accorgimento per permettere una luce diffusa e delicata per illuminare i quadri con luce naturale.

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Dalla sua apertura il museo subÏ incessanti e consistenti modifiche, negli anni cambiarono le esigenze di sicurezza, i requisiti per la conservazione delle opere d'arte di pari passo con le attuali conoscenze in termini di rischi, effetti dannosi per le opere e soluzioni tecniche. In seguito ad un'infausta esperienza il museo di Munch si dimostrò vulnerabile ai furti e alle rapine con l'aumentare della collezione. Bisognava apportare modifiche per maggior sicurezza all'interno delle sale e dell'apparato museale stesso. Il 27 Febbraio 1988, una delle opere piÚ famose di Munch, Vampiro, fu sottratta durante un'irruzione notturna. I ladri riuscirono a crearsi un varco nelle sezioni rotanti delle pareti esterne. Da questo episodio furono adottate maggiori misure di sicurezza e quindi portarono al restauro del museo. I pannelli esterni furono sostituiti da sezioni in pietra artificiale, le finestre vennero sigillate e inchiodate per evitare ulteriori furti o effrazioni. I danni del deterioramento del legno, le nuove norme sanitarie e igieniche che prevedevano una maggiorazione dei servizi igienici per il pubblico, le migliori condizioni di lavoro e di conservazione delle opere d'arte che richiesero di importanti alterazioni e quindi fu necessario un ampliamento del museo agli inizi del 1990 durante il quale l'edificio fu allargato sia a nord che a sud. L'incarico della progettazione fu dato di nuovo all'architetto Einar Myklebust mentre il disegno degli interni fu affidato al designer Ranneveig Getz. L'edificio completamente vetrato dell'ala nord ospita ora un bar, servizi igienici e book shop del museo. Nella parte sud, realizzata secondo gli standard tecnici e i vicoli di budget dell'epoca, si trovano locali adibiti a magazzino, studi fotografici e una biblioteca. Questa sezione, inaugurata nel 1993, conferÏ ancora una volta al museo lo status di edificio moderno e funzionale con numerosi negozi, studi di fotografia attrezzati, restauro, biblioteca e servizi igienici. Al piano inferiore del museo il Dipartimento Educativo offre tutt'oggi dei workshop rivolti a bambini e ragazzi in collaborazione con artisti professionisti, finalizzati all'apprendimento di tecniche artistiche che Munch utilizzava per i suoi dipinti. Il 22 Agosto 2004, due individui armati e mascherati fecero irruzione al museo, minacciando guardie e pubblico e sottrassero due delle opere principali del museo: il Grido e

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Madonna. Non ci furono feriti ma i ladri riuscirono a fuggire con le tele. Le rapine armate furono la nuova minaccia del museo e provocarono un ondata di terrore che scosse l'intero mondo museale internazionale. Emerse dopo questo tragico fatto che il museo era inadatto in termini di sicurezza e prima di riaprire nuovamente erano necessari radicali interventi di miglioramento. L'area dei magazzini venne separata dal resto del complesso, i pannelli alle pareti furono resi ignifughi e furono installati metal detector, sistemi elettronici di controllo dei biglietti e uscite di sicurezza in tutto il museo. Per un anno il museo fu chiuso per questi interventi di ripristino per poi riaprire nel 2005. Due anni dopo il furto, nel 2006, furono ritrovati i dipinti rubati e ricollocati nel museo in condizioni di sicurezza notevolmente migliorate rispetto al passato. Tale incidente fece emergere l'impossibilità di conservare la preziosissima collezione Munch in condizioni ottimali nell'attuale edificio. Per soddisfare le esigenze del presente e quelle future in termini di sicurezza, funzionalità e accessibilità del pubblico, le autorità locali di Oslo sono attualmente impegnate nella realizzazione di una nuova struttura da adibire a museo per ospitare la collezione. Dal lascito da parte dell'artista di tutte le sue opere all'ampliamento della collezione sono state organizzate numerose mostre sia in Norvegia che in tutta Europa. Tali attività hanno contribuito ad aumentare il valore della collezione che da pochi milioni di corone norvegesi son passati ad un valore nettamente superiore che oggi è stimato aggirarsi su alcune decine di miliardi di euro. Pur essendo un museo monografico, dedicato alle opere di un solo artista, il Museo di Munch offre una collezione eccezionalmente ampia e varia che spazia da disegni, incisioni, testi come poesie e lettere e altro materiale documentale. Oltre ad organizzare esposizioni su diversi temi che caratterizzano l'arte di Munch e ad illustrarne l'influenza su altri artisti dell'epoca, il museo promuove la conoscenza e l'approfondimento sull'artista attraverso dei cataloghi che costituiranno per gli studiosi d'arte le basi più solide per il loro lavoro di ricerca. Poiché i dipinti di Munch furono sottoposti a molti maltrattamenti dall'artista stesso quando era in vita, le operazioni di conservazione risultano difficili e impegnative.

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Edvar Munch sperimentò tutte le espressioni e sensazioni umane trasponendole sui suoi dipinti, che per enfatizzare questa carica espressiva, furono tenuti all'aperto esposti agli agenti atmosferici logorandoli e lasciando dei segni indelebili sulle tele. Il Dipartimento di Conservazione del museo, insieme al Norsk Instututt for Kulturmninnesforskning (istituto norvegese per la ricerca nel patrimonio culturale, NIKU) è impegnato nella preparazione di un progetto a lungo termine di conservazione, finalizzato alla gestione delle opere e della loro conservazione nel tempo. In connessione con le opere di restauro, nel 2004-2005 fu allestita una nuova mostra documentale che presentava la vita e le opere dell'artista dal 1880 fino al 1940. L'affluenza annua dei visitatori del Munch Museet ha subito, negli ultimi tre anni, dei picchi vertiginosi, soprattutto nel 2015 che ha registrato 254.287 visitatori annui, nettamente in crescita rispetto al 2014 che ne ha registrati 125.163 e nel 2013 con 205.184.

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_15 _16 Munch Museet nel parco Toyen a Oslo

_17 Particolare della facciata in vetro

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18_ vista del Munch Museet dal bar esterno, immerso nel parco

19_ Interno del museo. A destra si vede lo scalone che porta al piano interrato dove si trovano i bagni e servezi di vario genere, al centro il bar, mentre sulla sinistra si vede il piano soppalcato dove si trovano i laboratori creativi e aule per l’isegnamento per bambini

20_ Interno del museo. Particolare dei pilastri a ad albero nella cassettonatura interna a soffitto

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_21 _22 Interno del museo. Ingresso alla mostra del periodo di Luglio 2015, Van Gogh + Munch, due artisti a confronto

_23 Interno del museo. Sulla destra Bookshop e negozi a tema

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NEW MUNCH MUSEET

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Bando per il nuovo museo di Munch Il 18 marzo del 2013 il governo norvegese partecipò al finanziamento per la costruzione del nuovo Munch Museet a Oslo ponendo fine ad una lunga diatriba politica ed economica che aveva paralizzato il progetto dal 2009 restando solo un'idea. “Lo stato contribuirà a creare il nuovo museo e il progetto sarà sostenuto sia sul fronte economico sia dell'organizzazione secondo le dichiarazioni del Ministro della cultura Hadia Tajik. Oltre al problema dell'inadeguatezza dell'attuale museo per quanto riguarda le misure di sicurezza, il museo soffriva di una cattiva gestione dei fondi e delle risorse tanto che il numero dei dipendenti venne dimezzato. Sempre meno visitatori si recano al museo per visitarlo o per partecipare alle iniziative culturali che proponeva. Da queste esigenze partì l'iniziativa di costruire un nuovo apparato museale che ospitasse la collezione dell'artista ma in una zona più centrale e di rilevanza rispetto al parco Toyen. Nel 2008 il Consiglio Comunale, tra le molteplici proposte, decise di costruire il nuovo museo sulle rive del fiordo di Oslo, ma a frenare il progetto furono molti fattori quali l'azzardata posizione sul fiordo, di fianco all'edificio dell'Operhouse e il costo eccessivo di tutta la costruzione.

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La proposta non fu più presa in considerazione fino al 2013, anno in cui ricorreva il 150° anniversario della morte dell'artista e fu emesso un bando per la nuova progettazione del museo completo di servizi.

Concorso per il Munch Museet PRIMO CLASSIFICATO_LAMBDA Herreros arquitectos La zona scelta per il nuovo progetto è nella zona portuale di Bjørvika, un quartiere situato nella parte orientale della città e diventato negli ultimi anni, un punto focale per tutte le nuove costruzioni di innovazione architettonica. Il Museo sorgerà di fianco al Teatro dell'Opera di Oslo di Snøhetta e di fronte a nuovi edifici adibiti a terziario progettati da MVRDV. Il bando prevedeva la costruzione di quella che verrà chiamata la Munch-area che ospiterà il museo, la collezione di Stenersenmuseum e la nuova biblioteca Deichman. Il progetto vincitore della competizione è di Herreros Arquitectos che prende il nome di Lambda, dato dalla sua forma spezzata nella parte finale dell' edificio. Il nuovo complesso si staglia sul waterfront del fiordo norvegese, creando un ingresso dalla piazza del Teatro dell'Opera e aprendosi nella parte sud in un parco pubblico di nuova costruzione. La collocazione e la forma spezzata dell'edificio, che pure è un'architettura leggera e vetrata, emergono come un elemento di discontinuità nel tessuto urbano. Le scelte della posizione e la forma spezzata dell'edificio spiccano come museo contemporaneo rompendo il tessuto urbano con un'architettura leggera e vetrata. La forma a Lambda sembra non essere protesa ne verso la città ne verso il fiordo, cosicchè non si creano gerarchie ma anzi ci appare come una torre luminosa nel fiordo. Per questo Il progetto propone una serie di spazi che utilizzano lo specchio d'acqua per creare un'ambiente vitale e di attrazione, Il Canal Walk, è un elemento essenziale dello spazio pubblico che costeggia il fiume e tratta le rive come un luogo ideale per prendere il sole e per svolgere attività nautiche. Sul lato dell'opera, il progetto esistente e il piano per l'attracco per piccole imbarcazioni è stato mantenuto intatto. Dal punto di vista del progetto, gli architetti stanno trattando lo spazio pubblico come una piazza estesa che può essere utilizzato per passeggiare, rilassarsi e

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come una spianata per il canottaggio. La passeggiata del canale conduce fino all'ingresso principale del Museo di Munch dove la piazza diventa verde grazie alla piantumazione. L'area verde si comporta come di intermediazione tra il museo a sud e l'Opera a nord. Il boschetto è anche un punto di raccolta per i visitatori prima di passare per l'ingresso principale, che definisce il bordo del complesso museale e che funge da filtro tra la natura e il costruito. Il futuro complesso formato dal Museo Munch e le collezioni del museo Stenersen serve non solo per salvaguardare e diffondere un patrimonio di base della storia e il carattere della cultura norvegese; ci troviamo di fronte ad un'opportunità unica per sviluppare un concetto contemporaneo di museo che parte da un ruolo urbano e una responsabilità storica come elemento di coesione per la comunità non solo di Oslo, ma di tutta la nazione. I pezzi fondamentali nello spazio dinamico sono la lobby e il sistema di circolazione pubblico verticale. La lobby continua il trattamento dello spazio aperto che permette di entrare nell'edificio da una parte della piazza coperta. Questo ospita la reception, ristorante principale, sala eventi, cinema, spazi per gli sponsor, i negozi e la mostra sulla storia di Edvard Munch. Hall e circolazioni si posso definire come un flusso “dinamico” che comportano un'esperienza cinetica, sia per gli utenti e per l'immagine dell'edificio, attraverso le trasparenze della sua facciata occidentale. Lo spazio “statico”, è costituita da una successione di sale espositive e sezioni operative del museo. Le due parti sono risolti con diverse strutture e materiali calcestruzzo per la zona cosidetta “statica”, acciaio per il programma “dinamico”. La struttura metallica, che costituisce la circolazione e lo zoccolo, offre spazi aperti e leggerezza, in contrasto con la presenza tettonica del volume del museo. Le facciate sono ricoperte da una protezione esterna, basata su una superficie traslucida ondulata che, stimolata dalle variazioni di luce naturale, esalta i volumi e rende vibrante il museo, per conferirgli maggior leggerezza. Il concetto del museo è flessibile e crea nuove interrelazioni tra interno ed esterno, per questo motivo lo studio Herreros decide di separare gli spazi espositivi e di collegarli alla zona urbana attraverso delle scale e ascensori, il tutto racchiuso entro un guscio trasparente per movimentare la facciata con il passaggio delle persone.

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SECONDO CLASSIFICATO Tao/ REX architetti Il museo si sviluppa in lunghezza su vari piani sfalsati ma da subito evince che la posizione non risulta ottimale in quanto è in diffcile rapporto con L'Opera di Oslo e la foce del fiume. L'edifcio diventa quindi un ostacolo per il paesaggio perché si sviluppa in lunghezza rendendo diffcile la visuale. Il livello 0 ospita uffici ma si creano condizioni di lavoro non ottimali in quanto la luce del giorno non riesce ad illuminare i vari spazi. DEICHMAN BIBLIOTECA PRIMO CLASSIFICATO_ DIAGONALE Il progetto vincitore è quello di Lund Hagen Arkitekter, architetto di Oslo. Il nome a cui si riferisce il progetto, Diagonale, allude alle linee spezzate e forti che determinano la forma della biblioteca. I vari piani si snodano attorno ad un atrio centrale che percorre dal piano terra fino al tetto creando un affaccio fino al piano terra. Il progetto rispetta appieno tutte le normative energetiche e di tutela ambientale, la pelle esterna presenta il 20% delle finestre, per meno trasmissione termica. Il restante 80% è rivestito con un muro con una particolare sostante gel traslucida con fortissime qualità di isolamento.

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24 25 26_ Area Barcode, progettata da MVRDV in costruzione

27_ Render che mostra il progetto di Herreros Arquitecti per il nuovo museo di Munch

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_28 29 Munch Museet, Herreros Arquitecti, studio dell’area

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30 31_ Munch Museet, Herreros Arquitecti, pianta e assonometria, percorsi museali

32_ Munch Museet, Herreros Arquitecti, render

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_33 Deichman Bibliotek, Lund Hagen Arkitekter, pianta piano terra

_34 Deichman Bibliotek, render esterno

35_ Deichman Bibliotek, render interno

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35_ Deichman Bibliotek, Lund Hagen Arkitekter, sezione

36 37_ Deichman Bibliotek, render interno

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OSLO OPERA HOUSE Sn hetta L'Opera House ha creato un nuovo spazio urbano nel cuore dell'area portuale di Bjorvika, in continua trasformazione nel centro di Oslo. La posizione dell'Opera crea un collegamento tra la città e il fiordo, un forte contrasto con quello che è l'elemento materico e l'elemento naturale, in questo caso l'acqua. Infatti Snohetta sceglie di posizionare l'Opera sul fiordo per fare in modo che l'architettura sembri stia per affiorare dall'acqua. La progettazione dell'Opera House fu premiata all' International Architectural Competition nel 2002. Il progetto si può scindere in tre componenti fondamentali: Wave Wall, Factory e Carpet. 3 “Wawe Wall” L'Opera e il balletto sono recenti forme d'arte in Norvegia che si evolvono in un contesto internazionale. La penisola Bjørvika è parte della zona portuale, storicamente il punto di incontro con il resto del mondo . La linea di demarcazione tra il piano terra e l'acqua segna una sorta di soglia simbolica; realizzata come un grande muro sulla linea dell'incontro tra terra e mare, la Norvegia e il mondo, l'arte e la vita di tutti i giorni. Questa è la soglia attraverso cui il pubblico può incontrare l'arte. “Factory” Snøhetta ha proposto che le componenti e i materiali che compongo la Operahouse fossero realizzati in maniera autonoma, razionalmente e pianificata come in una fabbrica che sia funzionale e flessibile in fase di progettazione e in uso successivo. Questa flessibilità ha dimostrato di essere molto importante durante la fase di progettazione in quanto il progetto, per alcune sue parti fu modificato in fase di realizzazione per adattarlo meglio al contesto e alle esigenze del concorso. “Carpet” Il bando di progetto ha dichiarato che l'Operahouse deve essere di alta qualità architettonica e monumentale per diventare un simbolo riconoscibile della città. Una tra le tante idee si è distinta come una legittimazione di questa monumentalità: 3_ Intervista a Snohetta tratta dal volume Made in Norway, a cura di I. H. Almaas, edizione Arkitektur , pag. 52.

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concetto di stare insieme, di proprietà congiunta, un accesso facile e aperto a tutti. Per ottenere una sobrietà, sulla base di queste nozioni, Snohetta ha voluto rendere l'opera accessibile nel senso più ampio possibile, ponendo un 'tappeto' di superfici orizzontali e inclinate in cima all'edificio. A questo tappeto è stata data una forma articolata, in relazione al paesaggio urbano. La monumentalità è ottenuta attraverso l'estensione orizzontale, preferendola alla verticalità. Il tema del concorso, e l'edificio finale, diventa una combinazione di questi tre elementi - il muro d'onda, la fabbrica e il tappeto, che rendono l'Opera un edificio perfettamente integrato nello skyline urbano e naturale diventando un punto di condivisione per i cittadini. Per Snøhetta, una stretta collaborazione con gli artisti è sempre stata una parte importante per la progettazione. Come già in fase di concorso, alcuni artisti sono stati invitati in qualità di collaboratori fin dall'inizio della fase di progettazione. Gli architetti del gruppo Snøhetta hanno cercato di evitare di dover applicare una mera 'decorazione' all'architettura per consentire un dialogo aperto tra artisti, artigiani e professionisti con vari approcci per importanti elementi costruttivi e ideologici. Con l'Operahouse, l'impatto architettoico dato dal grande tetto in marmo rivestito e dalle facciate in alluminio è frutto della collaborazione con artisti: Kristian Blystad, Kalle Grude og Jorunn Sannes.

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_38 Oslo Operahouse, pianta attacco a terra, Snoetta, 2008

_39 Oslo Operahouse, sezione longitudinale, Snoetta, 2008

40_ Oslo Operahouse, Snoetta, 2008

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41 42_ Oslo Operahouse, esterni

43 44_ Oslo Operahouse, hall centrale, interni

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L'esigenza di costruire un nuovo museo che contenesse le opere di Munch è avvertita dalla città di Oslo in quanto l'esistente è inadeguato in termini di sicurezza e più volte sono stati rubati dei preziosi dipinti. Il Consiglio Comunale ha dato disponibilità nella nuova zona di Bjovirka, molto più centrale e in continua espansione rispetto al parco Toyen. Il progetto vincitore di Herreros Arquitectos, Lambda, risulta essere un edificio troppo impersonale e asettico per poter ospitare il nuovo Munch Museet. Quando si parla di musei monografici o monotematici, il delicato equilibrio tra arte e architettura non dovrebbe essere compromesso, ma anzi, creare un sistema capace di potenziare la carica emotiva che deve suscitare nel visitatore. Non deve essere un museo universale ma bensì dovrebbe esprimere quello che è Munch e che è anche Oslo. Un museo totalmente vetrato fa percepire un rapporto di simbiosi tra interno ed esterno ma il legame con la natura si perde per via del basamento su cui si erige la torre, creando quasi una rottura con il contesto, sciogliendo così, il legame indissolubile con la luce, l'acqua e la natura. La critica mossa all'architettura di Herreros Arquitecti è essere un museo distante dalla personalità e dalla storia dell'artista di cui deve custodire le opere. Munch fu un pittore tormentato, oscuro, angosciato e angosciante e, come i dipinti fanno trasparire queste sensazioni, anche l'architettura stessa si deve far carico di questa emotività rendendo ancora più forte e preciso il messaggio dell'artista. Per tutta la sua vita Munch ha lottato controcorrente in una società borghese e statica; la sua sofferenza e il suo tormento riflettono un malessere collettivo dell'epoca dove la pazzia prende il sopravvento sulla ragione. Un museo dedicato a Munch dovrebbe ricreare quell'atmosfera di angoscia e tormento partendo dall'interpretazione dei suoi dipinti come chiave di lettura del personaggio. Il Fregio della vita è un elemento essenziale per la comprensione dell'artista, è l'opera massima, la collezione di dipinti che già Munch stesso selezionò e che lo accompagnò in ogni galleria per tutta la sua vita. La divisione in quattro temi aiutano già lo spettatore ad una corretta interpretazione di tali dipinti, scandendo anche in maniera statica quale è stata la vita dell'artista. Il Fregio della vita è il punto di partenza di quello che è un museo dedicato all'artista, è la sua più intima e pura visione della vita ed è materiale prezioso per un museo monografico. Partire dal Fregio significa partire da tutta la vita dell'artista,

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racchiusa in 22 dipinti selezionati. L'importanza dei site specifc sta proprio nell'esaltare al massimo la carica emotiva di un dipinto o di una scultura. Un museo per Munch dovrebbe contenere dei site specifc che esaltino la potenza di questa serie di dipinti, portando il visitatore in una sorta di connessione emotiva e contempltiva con il dipinto. L'interpretazione di questi dipinti sfocerebbe in un'interpretazione personale ma essendo Munch un artista simbolista e attribuibile al naturalismo, la chiave di lettura sta nel dipinto stesso. L'interpretazione deve essere molto delicata, deve avvalersi quasi di una continuità spaziale contenuta nel dipinto stesso, ricreare la ambientazioni che rievochino nel fruitore la sensazione di essere “immerso in un'aurea contemplativa” nel dipinto. Un altro elemento fondante per quanto riguarda la conoscenza e l'interpretazione dell'artista è il percorso, inteso come flusso che ripercorre tutta la vita di Munch, partita da un'esistenza nera e cupa fino poi ad eleversi verso la luce soprattutto negli ultimi anni della sua carriera e vita personale. Vita fatta di psicosi, traumi e nichilismo per poi redimersi verso un'assoluta tranquillità che anche il museo dovrebbe esprimere tale sensazione. La natura, inoltre, non deve essere trascurata, in quanto la tradizione norvegese contempla natura, acqua e luce. Progettare a Oslo significa anche dover conoscere e integrare l'elemento naturale con quello antropico per generare un senso di appartenenza e benessere. Un edificio alto come sarà il nuovo progetto vincitore, che si protende verso il cielo, perdendo quel profondo legame con la terra, riduce di molto l'impatto di essere immerso nel verde. Queste considerazioni sono state il punto di partenza della tesi qui presentata, che si propone come un'alternativa all'architettura impersonale e asettica che è stata scelta come nuovo contenitore del Munch Museet.

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MUNCH MUSEET

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Riflessioni museografiche Entrando in un museo l'attenzione è alle opere esposte, solo visitando le mostre si nota l'allestimento, ma più per le condizioni in cui le opere d'arte sono mostrate che per la sistemazione stessa. Se riviste specialistiche hanno illustrato la qualità dell'architettura degli interni museali, bisogna allora prendere l'abitudine di guardare l'architettura del museo insieme alle opere, e come le opere sono esposte. Con le ricerche progettuali sono documentate le conseguenti ricerche teoriche. Scritti teorici che non sono mere esercitazioni critico- letterarie, ma che hanno sempre presente la finalità progettuale dell'impegno disciplinare, per questo essi sono nati insieme alla elaborazione dei grafici esemplificativi e delle tavole comparative, in cui gli esempi emblematici compaiono e si confrontano sui temi della 4 pianta, della sezione, della luce. (Giancarlo Roosa, note per la definizione di museo)

Opere, allestimento e architettura fanno parte di un sistema integrato fondamentale per creare un apparato museale efficiente, apparato di non remota concezione ma sempre pronto ad evolversi in un perpetuo cambiamento quale è l'arte moderna e contemporanea. Nell'opera d'arte è sempre stata fondamentale la sua

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l'esposizione in galleria focalizzando l'attenzione quasi interamente solo sulla collezione e la serie di dipinti. La nascita del museo, risale dal Rinascimento dove le opere venivano raccolte in collezioni nelle più prestigiose casate nobiliari per celebrare le virtù di famiglia e potevano essere ammirate solo da un pubblico d'elite. L'amore per l'arte e la bellezza veniva presentato attraverso un'esposizione a “incrostazione”, ovvero i dipinti erano posti in modo da coprire completamente le pareti delle sale preferendo una visione d'insieme piuttosto che il godimento di un singolo quadro. Giancarlo Rosa nel saggio qui citato raccoglie le sue lezioni tenute presso la Sapienza di Roma nelle quali si interroga sull'evoluzione dell'apparato museale, indica e focalizza l'attenzione su quei temi che son fondamentali per una corretta concezione più che costruzione, di quella che è una galleria o un museo. Temi imprescindibili da quello che consideriamo un organismo museale quali luce, forma, estetica, percezioni e spazi ma anche sensazioni. In primo luogo, oltra alla valenza visiva e storica che ha il museo contemporaneo, si deve specificare la differenza tra museografia e museologia. Il termine museografia, nelle sua origine etimologica, indica la descrizione, la scrittura, l'organizzazione e la progettazione di tutto quello che riguarda un apparato museale. Museologia invece riguarda l'ordinamento delle raccolte e aspetti più propriamente curatoriali, oltre alla storia e all'organizzazione dell'istituzione museale e al suo ruolo sociale. L'architetto nello specifico deve operare all'interno del mondo della museografia. “La trattazione di una problematica che si propone di individuare l'opportunità, e di definire le circostanze, del passaggio da una condizione museografica ad una condizione museologica comporta in maniera implicita l'accettazione di un concetto di continuità del Museo come istituzione”

4_ G. Rosa, “Note per la definizione di museo. L’istituzione e la sua rappresentazione”,inLezionidimuseografia,OfficinaEdizioni,Roma2008. pag.47

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Contenuto o Contenitore Non si deve cercare di rendere piacevole un edificio, poiché ci si dedica interamente a rispondere alle esigenze pratiche, è impossibile che l'opera non sia anche piacevole. Gli architetti 5 dovrebbero occuparsi della distribuzione e di null'altro.

La radicale e perpetua evoluzione che gli spazi museali hanno subito nel corso del tempo ha avuto un moto circolare in quanto si parte da “Soane per ritornare a Soane”6 si è passati da un tipo di sala illuminata con luce naturale zenitale fino alla stessa tipologia di illuminazione dopo numerose sperimentazioni alternative. Per una buona fruizione e visita in un museo di pittura la luce deve provenire dall'alto, in maniera zenitale e diffusa in modo da non stravolgere i cromatismi del dipinto. Oppositamente, per un museo di scultura, la luce deve essere forte, puntiforme, diretta e forzata in modo da esaltare le forme delle sculture, diventando anche una guida per lo spettatore alla vista di tali chiaroscuri. Ne è un esempio l'Atles museum di Berlino, dove forma esterna e interna richiamano alla potenza della classicità. La pianta è rettangolare e composta da corridoi in tutto il perimetro i quali confluiscono poi nella grande sala centrale rotonda come fine di un percorso verso la conoscenza e la contemplazione della bellezza. Per quanto riguarda l'arte classica il museo deve in tutto e per tutto esaltare le opere che contiene, ma il vero problema riguarda l'arte contemporanea che necessita, il più delle volte, di spazi neutri, bui, asettici come cliniche di ospedale per non distogliere l'attenzione dall'opera d'arte sempre più vicina al concetto di spazio come contenitore. La vera rivoluzione della concezione di museo come contenitore e contenuto si ha nel 1977 con l'inaugurazione del Centre Pompidou dove lo spazio diventa architettura e l'architettura 5_ C. Cresti, Museologia e Museografia, teoria e prassi, Angelopontecorboli editore, Firenze, 2006, pag.19 6_ J.N.L. Durand, precis des lection d’architecture durante il periodo di docenza alla scuola Politecnica di Parigi, 1821. 4 G. Rosa, lezioni di museografia, Officina editore, Roma, 2008

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diventa arte. Il fenomeno che lega storia dell'inaugurazione del Centre Pompidou come uno dei primi musei moderni e contemporanei non riguarda solo la grande innovazione della pianta libera e flessibile (non sono infatti presenti pilastri nelle sale) perché tutti i carichi dei solai sono sostenuti da grandi tralicci ma l'apparire di un luogo sobrio, ben illuminato e con percorsi di facile individuazione e deflusso di persone. La vera svolta è, secondo Giancarlo Rosa, l'intenzione politica che ha mosso la progettazione del Centre Pompidou nel quartiere di Plateau Beauborg. Parigi si riproponeva di mantenere la grandeur francese, voleva riprendersi il primato di città d'arte poiché dal 1950 era stata soppiantata dagli Stati Uniti, ora culla di numerosi artisti. Per suscitare scalpore ed interesse son stati portati fuori dall'edificio tutti gli impianti facendolo somigliare ad una fabbrica. Da qui Rosa muove una feroce critica sull'intenzione del museo moderno, come semplice e puro fenomeno mediatico non più culturale, ma per innalzare la nuova figura dell'architetto moderno: l'archistar Gli architetti di grido vengono incaricati di lavorare sui musei, e non soltanto per le esigenze di riorganizzare, ampliare, rinnovare quelli esistenti, bensì per vere e proprie manifestazioni 7 pubblicitarie politiche.

Da questa critica, emerge il caso della città di Bilbao dove la realizzazione del museo Guggenheim di Frank O. Gehry, e il conseguente richiamo turistico suscitato da questa architettura molto appariscente è stato motivo positivo di ricrescita economica dopo il crollo che la città ha dovuto affrontare. Un edificio che stupisce diventa nuovo polo attrattivo, un fenomeno mediatico, sociale e politico per poter distogliere da rilevanti problematiche di urbanizzazione. Il Guggenheim è sempre oggetto di critiche, in quanto l'attenzione dei media, della critica e di tutto ciò che ne concerne si sofferma solo sul valore dello stupore, non sull'essenza di quello che deve esprimere, ossia un museo d'arte contemporanea. Lo stupore, la fascinazione delle forme volubili e lucenti distolgono l'attenzione dalla funzione.

7_ D..Chipperfield, Architettura senza significato, conversazione con Ellis Woodman, Architettura e città, La Biennale di Venezia, X mostra internazionale di architettura. Quotidiano della Biennale

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La mia preoccupazione riguarda l'impatto esercitato sui sentimenti provate dalle persone in marito alle città in cui viviono. Questi sono edifici rispetto ai quali si viene scoraggiati a provare sensazioni forti: vengono presentati come opere d'arte e non è necessario che ci aspettiamo di comprenderli o di affezionarci ad essi. Con il tempo potremmo farlo, ma sono sentimenti che ci dobbiamo sviluppare: non si tratta certo di edifici che si richiamano ad una tradizione mimetica in cui la famigliarità, l'affetto e la memoria medino un rapporto tra queste strutture e la popolazione. Da queste creazioni ci aspettiamo che rappresentino noi e i nostri valori, e del resto quali valori 8 rappresentano?

Un museo deve prima di tutto essere funzionale, e con funzionale si intende che sia composto da quegli elementi imprescindibili che lo compongono quali luce-lucernari, percorsi, altezze e sezioni e la successione di sale per rendere unica l'esperienza della visita in tale spazio e per esaltare nel miglior modo le opere d'arte che son le vere protagoniste di un museo. Noi ci troviamo in un panorama in cui intravediamo da un lato quella che è la Wunderkammer, le cattedrali o le raccolte delle gallerie del Rinascimento dei principi e dei vescovi, dall'altro vediamo nel futuro musei nuovi come Disney, ma anche il museo dei missili della Nasa o le possibilità o le prospettive offerte dai media. Però mi sembra che per noi architetti vi sia un momento in cui il museo sia veramente qualcosa di concreto e di specifico (...). Se dovessimo dire qual è il museo di Londra, nonostante ve ne siano molti di interessanti, penseremmo subito al British Museum. Queste grandi raccolte ci danno cioè una visione precisa del museo, nonostante il nostro rifiuto, dal punto di vista culturale, del principio della divulgazione, dell'unione dei pezzi, del prendere e avere, di possedere il mglio di quanto vi sia nel mondo, o addirittura di rubare i pezzi della loro realtà come avviene nei musei di Londra o di Berlino, dove assistiamo a una ricostruzione di monumenti di stato o anche di vere e proprie 9 architetture rapite, rapinate, comprate dai paesi d'origine. 8_ G. Rosa lezioni di museografia, lezione su: note p er la def inizione di museo. L’istit uzione e la sua rappresentazione. .O fficina editore, Roma, 2008 pag. 69. 9_ ivi.

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La storia dell'arte moderna è strettamente inquadrata e correlata allo spazio; oggi siamo arrivati al punto di vedere prima lo spazio che l'arte. L'immagine che ne scaturisce è quella ideale di uno spazio bianco e asettico, ideale più del dipinto stesso tanto da poter costruire l'archetipo dell'arte del Novecento. C'è stato un momento alla fine degli anni Novanta nel quale si è tentato di leggere il museo come qualcosa di differente. Sono gli anni di nascita dei nuovi, abbaglianti, musei, nei quali paiono fondersi insieme contenuto e contenitore. Sembra che il museo potesse raccontare una storia nuova, all'interno del quale le mostre si trasformavano nelle parti sperimentali del museo 10 stesso, quasi laboratori.”

I musei si configurano quindi come luoghi pedagogici di opere d'arte, come esperienza conoscitiva il più delle volte fine a se stessa e quindi non ammettono manipolazioni delle stesse soprattutto se si tratta di capolavori. Gli oggetti esposti sono dunque raccolti, catalogati e mostrati ad un pubblico senza un giudizio ma solo a scopo istruttivo e anche il lavoro del curatore diventa quindi quasi accerchiare l'arte senza mai toccarla nel suo profondo. Le opere escludono dunque qualsiasi intervento in una visione pià statica di quello che è un apparato museale. Resta quindi il contenitore che l'architettura si è presa a carico di modificare fino renderlo contenuto stesso, trasformazione già attuata nel 1976 descritta da Brian O' Dohetry su ArtForum che la galleria intesa come White Cube, diventa una specie di limbo, una specie di eternità che decreta il non mutare più della galleria e dell'arte stessa. L'evoluzione giusta e necessaria in ambito museale, dalla Wunderkammer ad fino ad arrivare al concetto del White cube, è sinonimo di una purezza raggiunta solo attraverso la semplificazione. Un'evoluzione quasi forzata, passando dalla semplice cornice che permetteva il giusto distacco tra le entità, alla parete bianca sulla quale isolare le opere per arrivare agli spazi di pura contemplazione estetica, al White Cube museale nel quale il togliere continuo ha generato un'altra gerarchia traoggetto 11 esposto e spazio espositivo”.

10_ I.Rota, Cosmologie portatili, scritti, disegni mappe e visioni. Installation art, 2012 11_ ibd.

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In questo modo sembra essersi perso il contatto con lo spettatore e l'opera d'arte, il dialogo che l'arte cerca di instaurare con il visitatore viene trascurato, l'oggetto doveva sublimarsi agli occhi del visitatore creando empatia e scaturendo sensazioni contrastanti ma con questo “ metodo” questa sensorialità viene completamente trascurata, dando invece spazio a degli ambienti eccessivamente neutrali. Sarà circa negli anni 2000 che si insinua nel mondo della musealizzazione il concetto di “installation art”, non è ne un happening e nemmeno una performance. Descrive esattamente e precisamente l'operazione di manipolazione delle opere d'arte che avviene fino ad oggi quando si prepara e si predispone una mostra. Questa operazione, se così si può chiamare, si può attuare solo in ambito artistico, riguarda colui che espone, diventando così co-autore dell'opera. Essendo questa figura un'artista, non ha obblighi e per questo può esprimersi liberamente per usare l'arte per raccontare una storia: Tutto si può esporre! (Franco Albini) e modificarlo a piacimento con l'assoluta libertà di non fornire delle spiegazioni didascaliche, il tutto è possibile solo attraverso la temporalità delle esposizioni perchè altrimenti si trascenderebbe verso un'interpretazione troppo soggettiva delle opere perdendo comunque il carattere universale e oggettivo del museo. Nell'installazione si penetra nel cuore dell'arte, è il fruitore che rende viva l'opera attraverso se stesso, l'occhio si carica di sensi e connessioni con il profondo. In un ambiente site specific lo spettatore sperimenta l'empatia con l'oggetto e lo spazio in cui si trova. Il punto di vista deve diventare del visitatore, non del curatore e in questo modo l'esperienza si conclude appieno per questo bisognerebbe parlare di spettatore più che di visitatore. La costruzione di un' installazione artistica è l'ideazione di una realtà alternativa al mondo attuale. Lo spettatore può sperimentare uno spazio potenziale, un esempio di come la realtà potrebbe essere deformata. Parlare di installation art significa infatti descrivere l'esperienza, fisica e mentale, dello spettatore e della sua reazione con l'artista. Il Viewer è quindi il vero nodo del racconto delle installazioni artistiche. Non esiste installazione che non implichi l'attivazione della macchina sensitiva del viewer, 12 il suo essere parte nella produzione artistica. 12_ I.Rota, Cosmologie portatili, scritti, disegni mappe e visioni. Installation art, 2012

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new MUNCH MUSEET

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NUOVO MUSEO DI MUNCH L'area selezionata per progettare il nuovo museo di Munch è Bjovirka, situata dietro il teatro dell'opera di Oslo, diventato ormai simbolo della città. L'area appena retrostante presenta due banchine portuali in cemento e asfalto che oggi fungono da deposito per container e altro materiale di vario genere. Le due banchine sono collegate attraverso un piccolo ponte fino ad arrivare alla banchina prescelta per l'edificazione del nuovo museo. Attualmente su questa seconda isola è presente un bar costruito con dei dei container in cui si svolgono concerti e una piccola torre di vedetta per le navi che attraccano nel vicino porto commerciale. La zona, essendo di nuova edificazione, diventa centrale per la vita culturale della città di Oslo, infatti è la stessa dove verrà costruito il museo di Munch progettato da Herreros Arquitecti e dove MVRDV hanno progettato degli edifici adibiti a terziario che si stagliano sul waterfront cittadino. Le banchine presentano comunque un elevato livello di degrado, in quanto utilizzate strettamente per il deposito di materiali e già il comune di Oslo aveva dato direttive e segnalazioni per quanto riguarda il loro reinserimento nel tessuto urbano. L'area più grande, quella collegata con l' Operahouse, verrà adibita tutta a parco pubblico mentre per

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l'area presa in considerazione per questa tesi non sono chiare le intenzioni sul futuro. Scegliere un'isola per adibirla a Museo di Munch diventa simbolico e caratteristico. La necessità di creare un percorso conoscitivo che possa far entrare i visitatori nella psicologia dell'artista richiedeva uno spazio completamente libero e sgombrato da altre costruzioni. Il tema dell'acqua, della natura e della separazione da parte della città attraverso l'isola sono ideali per pensare a Munch e il suo distaccamento verso la società dell'epoca e la sua sublime fascinazione/angoscia nei confronti della natura. L'isola misura all'incirca 9000 mq e verrà occupata interamente dai padiglioni del museo mentre per la parte più pubblica e di svago, la zona retrostante l'Opera, rimane a parco come deciso dal Comune di Oslo.

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45 46_ Prima banchina situata dietro il Teatro dell’Opera, che verrà adibita a parco pubblico

47_ Vista degli edifici adibiti a terziario progettati da MVRDV

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_48 Vista dell’area di progetto dal Teatro dell’Opera

_49 _50 Orti urbani all’interno dell’area di progetto

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51_ aree limitrofe il nuovo museo di Munch con funzioni 81


L'area circostante il museo diventa quindi un nuovo polo attrattivo e lavorativo per i cittadini di Oslo. L'isola ha una conformazione irregolare e frastagliata per questo motivo la banchina viene sagomata con forme più regolari e squadrate prendendo come assi principali e ordinatori quelli dettati dall' Operahouse, in quanto è l'edificio di maggior interesse della zona. Il museo Lambda di Herreros non verrà più preso in considerazione, lasciando la funzione di polo espositivo interamente al nuovo progetto e quella di museo d'arte Contemporanea al progetto nel centro di Oslo, il New National Gallerie, Progetto per il 2019 Kleihues Schuwerk Gesellschaft von Architekten. Il parco comunale viene esteso anche nella bancina adiacente a destra, in modo da formare una darsena accessibile attraverso dei ponti, per creare un filtro tra il Teatro dell'Opera e il nuovo progetto del museo. La parte a destra viene, oltre che adibita a parco, anche a parcheggio in modo da liberare l'area museale da automobili, sono infatti presenti dei parcheggi sia per visitatori che per i lavoratori all'interno del museo. La zona museale è comunque accessibile da mezzi di soccorso e mezzi autorizzati. La banchina del museo viene ulteriormente divisa per rendere più drammatico e simbolico il distacco di Munch con la realtà, infatti questa porzione verrà adibita a ultima sala del “Fregio della Vita”. Per rendere accessibile e fruibile tutta l'isola il mastreplan prevede una serie di padiglioni, che ospiteranno le opere, collegati con due corridoi principali, quasi a formare una griglia ordinata dove gli edifici si affacciano. I padiglioni sono rivolti sia verso il mare che verso l'Opera rendendo così possibile la vista dell'ambiente circostante durante la percorrenza del museo. Al museo si accede direttamente

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52_ Concept di progetto

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percorrendo la passeggiata che costeggia l'Operahouse e l'adiacente parco. Al di sopra dell'ingresso (che si trova al piano terra) spicca un edificio lineare, sostenuto da dei vani scala e dei setti che fungono da noccioli di inrezia per l'intero edificio per rendere completamente fruibile e liberato il piano terra ai visitatori. Al primo piano di questo edificio ci sono dei laboratori adibiti all'insegnamento di tecniche pittoriche e di incisione sia per i visitatori del museo che per esterni con relativo spazio espositivo mentre agli altri piani, secondo e terzo, sono presenti uffici, direzione e all'ultimo livello l'archivio delle opere non aperti al pubblico. Nel corridoio di ingresso troviamo servizi al pubblico quali un guardaroba, la biglietteria e un bookshop. Il concept per l'ideazione del museo è il percorso. L'isola viene interamente occupata da edifici adibiti a museo, una sorta di percorso unico vetrato che conduce il visitatore entro i vari padiglioni disposti in modo sequenziale. Anche il profilo della piattaforma è stato modificato per creare degli spigoli acuti e molto geometrici proprio per poter entrare meglio nella psicologia rigida, acuta e dura del personaggio. I percorsi vetrati sono trattati come corridoi dove la luce svolge un ruolo fondamentale: attraverso dei setti in calcestruzzo la luce viene scandita e tagliata creando una serie di ombre sottili che rendono lo spazio angosciante perchè ripetitivo, simbolo del percorso di vita dell'artista. I lunghi corridoi fungono inoltre da collegamento per accedere ai vari padiglioni che si susseguono per tutta la durata del museo. Il primo approccio che si ha con l'artista è attraverso dei “cannocchiali” rettangolari dove verranno contenuti i dipinti de “Il Fregio della Vita”, quattro in totale come la divisione fatta da Munch stesso: Il Seme dell'Amore, Sviluppo e dissoluzione dell'Amore, Angoscia e Morte. Per questa serie di dipinti ci si riferisce alla collezione che Munch presentò a Berlino nel dicembre 1893, periodo in cui l'artista spesso viaggiava tra Kristiania e la capitale tedesce e questa serie era la più riuscita secondo il punto di vista dell'artista. Esteticamente questi cannocchiali si presentano in egual maniera anche se di dimensioni differenti, ma all'interno di essi sono presenti degli allestimenti site specific per poter raccontare i dipinti. L'ultima stanza di questi, non si trova insieme agli altri cannocchiali, infatti si tratta della stanza che contiene la serie denominata “Morte” del Fregio. Per avere una maggiore carica espressiva in questo punto l'isola si stacca per separare questa ultima sala dalle altre in maniera netta e concisa e

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si accede attraverso un lungo corridoio buio e interrato. Usciti dall'ultima sala del Fregio, attraverso un altro corridoio vetrato di distribuzione che contiene allestimenti in pannellature per poter ospitare le mostre temporanee, si accede alla torre della mostra permanente che contiene dipinti, disegni e litografie dell'artista. Da questo corridoio si raggiunge, inoltre, il al giardino delle sculture dove è presenta una vasca d'acqua e delle panchine per permettere una pausa nella visita del museo. La torre spicca rispetto a tutte le altre componenti del museo in quanto diventa simbolo della vita di Munch, e si pone come faro per chi arriva per vie marittime ad Oslo. Partendo quasi dagli inferi, al piano terra, fino a redimersi verso il piano più alto che contiene dipinti appartenenti all'ultimo periodo pittorico tranquillo e riflessivo di Munch. Anche nella torre sono stati divisi i dipinti con un lavoro curatoriale in diverse sale che riprendono in maniera tematatica e non cronologica la poetica dell'artista con sale che prendono i nomi di: “Malattia”, “Amore velenoso”, “Angoscia” e Ossessione fino ad arrivare all'ultima intitolata “Sole” dove si raggruppano le opere dell'ultimo periodo tranquillo dell'artista.

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Al piano terra è presente una caffeteria/tavola calda sia per i visitatori del museo. sia per gli avventori esterni. Dopo la visita della torre si ritorna entro il corridoio vetrato per poi accedere di nuovo all'ingresso del museo e quindi poter uscire dal complesso museale, la percorrenza è infatti ciclica e il punto di inizio diventa il punto finale. Le facciate di tutti gli edifici sono trattate con calcestruzzo, per ricordare dei bunker e rendere drammatico e solenne l'impianto museale. Il calcestruzzo viene lasciato grezzo, il rivestimento presenta, a intervalli regolari (1 metro), delle scanalature di 5 cm in modo da creare dei giochi d'ombra, i serramenti delle enormi finestre a tutta altezza seguono il modulo della facciata ma in maniera diversa, creando una scansione dove talvolta combacia con lo scuretto della pelle esterna dell'edificio, talvolta no, dimezzando così il modulo di 1 metro. In questa maniera si creano dei giochi di positivo/ negativo nella relazione tra facciata e serramenti e dei giochi di ombreggiature che rendono più dinamico il ritmo compositivo del prospetto. L'ordine e il rigore compositivo vengono quindi interrotti da tutte le parti vetrate nel museo, ciò che è vetrato e quindi di collegamento tra i vari edifici, presenta una scansione sia di setti che di serramenti irregolare, mentre le parti opache hanno tutte una scansione precisa per rendere solenne e imponente l'architettura.

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53_ Planivolumetrico

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54_ Piano interrato e Attacco a terra

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_55 Schema edificio a torre e stecca, piano primo

56_ Piano primo

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_57 Schema edificio a torre e stecca, piano secondo

58_ Piano secondo

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_59 Schema edificio a torre e stecca, piano terzo

59_ Schema edificio a torre e stecca, piano terzo

60_ Piano terzo

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61_ Schema edificio a torre e stecca, piano quarto

62_ Piano quarto

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63_ Coperture

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MUNCH MUSEET PROSPETTI E SEZIONI

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_64 Prospetto Nord

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65_ Prospetto Sud

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_66 Prospetto Ovest

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67_ Prospetto Est

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68_ Sezione longitudinale A-A’

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69_ Sezione trasversale B-B’

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_70 Sezioni C-C’ D-D’ E-E’

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SITE SPECIFIC IL FREGIO DELLA VITA

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Il seme dell'Amore Sala 1

Il primo padiglione che si incontra è quello dedicato al primo tema selezionato da Munch, “Il seme dell'Amore”. La sala è rettangolare chiusa e claustrofobica come se fosse un bunker tranne il lato corto vetrato che affaccia verso il mare e verso l'Operahouse antistante. I pavimenti e le pareti sono interamente in calcestruzzo lasciato a grezzo per rendere freddo e asettico l'ambiente. All'interno della sala sono presenti dei setti che fungono da pareti dove appendere i dipinti. Entrando, a soffitto, una sorta di stormo di figure geometriche rende opprimente e scura la prima opera della serie, Cielo stellato (01) creando delle ombre che ricreano una sorta di latente angoscia presente nel dipinto stesso. Per l'ideazione di questo allestimento è stata presa come riferimento l'opera di Tadashi Kawamata del 2013 esposta a Palazzo Strozzi a Firenze. Proseguendo la visita ci si imbatte in una foresta di setti a sezione quadrata in legno di differenti altezze che cerca di far entrare in una maggior sensazione di empatia con il dipinto Rosso e bianco (02) che raffigura due donne, una che veste in bianco e l'altra in rosso dove quest'ultima viene quasi inglobata dall'oscurità della foresta, creando una sorta di ombra che fagocita la luce. Per il dipinto Occhi negli occhi (03) viene ricreata la sensazione di separazione e solitudine che Munch vuole esprimere, le due figure si fissano negli occhi ma nonostante ciò sembrano estremamente sole e passive. Per rendere questa sensazione il dipinto viene posto in fondo ad un corridoio creato con dei setti e a dividere questo spazio viene posto nel mezzo un telo molto teso bianco opaco in cui traspaiono le ombre del visitatore ma rimane impossibile riconoscerne i tratti del volto. Come riferimento a questo allestimento è stata presa l'opera dell'artista americano Robert Irwin ,Aisthesis, site collocato a Villa Panza a Varese dove si crea una specie di labirinto utilizzando questi tessuti traslucidi e le persone che si addentrano si trasformano in vaghe ombre che si spostano nello spazio. Per il dipinto Danza sulla spiaggia (04) il pannello ha una colorazione rosso brillante complementare ai toni verdi e opachi del dipinto. Il bacio (05) è contenuto in una stanza quadrata aperta con una feritoia in corrispondenza dello spigolo. Il dipinto non è

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visibile nella sua completezza passandoci di fianco ma anzi, di scorcio si intravedono una delle due figure del dipinto, come se il visitatore stesse spiando i due amanti che si abbracciano e si trasformano in un'unica figura. Il contrasto tra questa azione, quasi furtiva, dello spiare i due personaggi viene scardinata dalla vista del dipinto nella sua interezza: i due amanti sono davanti ad una finestra rendendo così non segreto ma quasi ostentato il loro amore. L'ultimo dipinto che fa parte di questa serie è il celebre Madonna (06) che viene posto in una cornice che ricrea un baldacchino ad edicola di gusto classico. Il baldacchino risulta essere celabrativo e sacro, ma per quasta sua sacralità contrasta fortemente con la tela di Munch, infatti la sua Madonna è raffigurata con un'aureola rossa e mentre è nel culmine del piacere carnale, rendendo dissacrante e blasfemo l'ossimoro tra rappresentazione e titolo.

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_71 Site specific STANZA 1 Il seme dell’Amore

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Sviluppo e dissoluzione dell'Amore

Sala 2

Il secondo padiglione che contiene i site inerenti il tema risulta essere più piccolo e intimo rispetto al primo. Il pavimento al posto del cemento grezzo è rivestito con del parquet in modo da segnare un cambiamento sia a livello percettivo per il visitatore sia per segnare anche una sorta di cambiamento a livello personale di Munch, dove il tema trattato in questa selezione di dipinti diventa sempre più negativa e dissacrante trattando la donna non più come amante ma come Femme Fatale che si nutre del sentimento dell'uomo, sua preda. Il primo dipinto della collezione è Ceneri (07). Una giovane donna sembra disperarsi dopo aver sedotto e ucciso un uomo utilizzando il suo fascino e la sua femminilità. I capelli della donna, come se fossero tentacoli, intrappolano la preda in questa specie di morsa celata. Per ricreare questo soffocante e ossessivo aspetto della donna raffigurata, a soffitto sono fissati dei pali con diverse angolazioni da cui pendono una fitta pioggia di fili di nylon. Quando il visitatore si addentra entro questi fili ne rimane intrappolato e deve divincolarsi per potersene liberare. Vampiro (08) è il dipinto successivo, tema che incarna alla perfezione la donna ammaliatrice e predatrice. La donna si trasforma quasi in vampiro, una tarantola che cattura l'uomo e ne succhia l'energia vitale. Per poter rendere tangibile il rapporto tra uomo e donna da soffitto a pavimento si estende una fitta ragnatela fatta da fili elastici neri entro il quale il visitatore si deve addentrare per visionare il dipinto. Il riferimento per l'installazione e la tecnica per intrecciare e annodare i fili è stata presa dall'installazione site specific di Chiaru Shiota: In silence, per una retrospettiva sull'artista Francis Bacon avvenuta nel 2008 a Firenze a Palazzo Strozzi. La danza della Vita (09) diventa il dipinto centrale per questa serie. Il quadro, avendo delle importanti dimensioni, viene tripartito da dei sottilissimi setti che sono posizionati in modo da suddividere visivamente il dipinto. La suddivisione diventa necessaria per isolare e quindi rendere cristallizzate e decontestualizzate le tre tematiche centrali di tutta la poetica pittorica di Munch: l'età dell'innocenza, la donna vampiro, la morte. Continuando il percorso il quadro sucessivo è Gelosia (10) sorta di autoritratto dove Munch si mostra geloso della felicità e della spensieratezza dei giovani raffigurati sullo sfondo. La

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gelosia è una condizione mentale che genera paure, angosce e destabilizza l'uomo creando confusione e ansia. Per questo motivo per poter raccontare appieno il dipinto a soffitto sono stati appesi dei setti che creano una sorta di labirinto lasciando però intravedere per metà i visitatori perchè nonstante la negatività di questa sensazione si è consci della realtà e della natura di questa emozione. Anche per Malinconia (11) si parla di una condizione mentale entro cui Munch stesso si rifugiava spesso. La malinconia assume il significato di solitudine e depressione, per questo nel dipinto è raffigurato un uomo solo e triste che contempla il mare e la natura. Anche la depressione ci isola dalla realtà, creando una specie di bolla tra noi e gli altri. Per poter entrane nella dimensione chiusa e soffocante della malinconia, si fa riferimento alle installazioni in corten di Richard Serra, dove dei grandi setti isolano e creano dei giochi d'ombra acuti e maestosi. Nella sala spuntano dal pavimento dei setti alti in pietra disposti a semicerchio, per isolare il visitatore in una dimensione intima rispetto al resto della sala. L'Ultimo dipinto di questa serie è Donna/sfinge che viene posto prima dell'uscita come sorta di riassunto visivo a tutta la collezione Sviluppo e dissoluzione dell'Amore.

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_72 Site specific STANZA 2 Sviluppo e dissoluzione dell’Amore

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Angoscia Sala 3

Il tema della terza sala è “l'Angoscia” e Munch seleziona cinque dipinti per poter esprimere al meglio questo sentimento, infatti è la collezione che contiene anche il suo dipinto più famoso, l'Urlo. La sala si apre con una serie di setti disposti in ordine di altezza crescente. Il primo approccio si ha con due pareti disposte una accanto all'altra e affissi troviamo i dipinti Angoscia (13) e Sera sul viale Karl Johan (14) che trattano del medesimo tema ovvero lo straniarsi dell'artista rispetto alla comunità. Nel primo dipinto un flusso di persone (la borghesia cittadina) cammina compatto e composto verso lo spettatore ma i volti sono freddi, verdi e vuoti come se si trattasse di una massa incosciente di spettri che camminano per un corteo funebre. Il secondo dipinto tratta lo stesso tema, una passeggiata borghese alla sera ma, sulla destra del quadro, una figura procede controcorrente (l'artista stesso) e come un'ombra si allontana da questa processione di mostri terribili. I due dipinti, per poter entrare appieno nella profonda psiche dell'artista, sono posizionati uno di fianco all'altro lasciando tra essi uno spazio più stretto e angusto rispetto alla sala dove i flussi dei visitatori si mischiano tra chi entra e chi esce dal padiglione (l'antrata e l'uscita di questa sala avvengono attraverso la medesima porta) in modo da ricreare il transito di persone che marciano anche controcorrente rispetto alla sala. Il terzo dipinto e il quarto non vengono trattati con degli specifici allestimenti ma vengono posti su dei setti alti e solenni di colore rosso vivo che richiamano il tema del fuoco e del sangue. Il terzo dipinto presente nella sala è Vite rossa (15) dove il rosso è il colore predominante e il quadro cela (sotto forma di sembianze vegetali quali la vite rossa) una grandissima carica di ansia, attesa e angoscia. La vite diventa sangue o fuoco che sgorga dalla casa mentre la figura in primo piano si allontana senza con espressione vuota ma al contempo stesso attonita. Anche Golgotà (16) viene posto su un setto rosso e molto alto come se si trattasse di un crocifisso (infatti il tema del dipinto è una crocifissione pubblica) e tra il dipinto precedente e questo si crea uno spazio dove si concentrano le persone che ammirano i dipinti come per ricreare la scena della crocifissione raffigurata nel quadro. L'ultimo dipinto della sala Angoscia è L'Urlo (17) che rispetto

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agli altri quadri viene isolato nella fine della stanza. Viene sorretto da un massiccio setto nero disposto ortogonale alla grande finestra della sala, come ad oscurare la luce che penetra. Per rendere la vista di quest'opera un'esperienza caricata di maggiore intensitĂ , il pavimento viene sfondato in corrispondenza dell'aggetto sull'acqua del padiglione lasciando a vista una trave metallica che sorregge un vetro strutturale. In questo modo per avvicinarsi al dipinto si crea una sorta di ponte che sembra galleggiare nell'acqua e rievoca uno stato di ansia e la sensazione di essere su un ponte sospeso, stessa ambientazione che viene figurata nel dipinto dove Munch, cristallizzato in un'espressione di dolore atroce si sente miserabile nei confronti della natura matrigna e sovrana.

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_73 Site specific STANZA 3 Angoscia

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Morte Sala 4

L'ultima sala del Fregio della Vita riguarda, come conclusione di questa collezione, la morte. Munch seleziona dei dipinti che appieno riguardano questo tema ma incentra la ricerca solo tra i dipinti che raffigurano la morte dei suoi parenti che, per Munch, è stata motivo di profondo dolore e sgomento. Essendo un tema unico, per questa sala non sono stati realizzati degli allestimenti per ogni singolo quadro, ma uno solo che racchiude tutti i dipinti: Letto di morte (18); Morte nella stanza della bambina malata (19); Odore di morte (20); La madre morta (21) e Metabolismo (22). Tutti i dipinti raffigurano una camera ardente dove il malato o il morente sono contestualizzati in un'ambiente famigliare e intimo. La medesima rappresentazione, ovvero il morto adagiato sul letto e i parenti al capezzale, è la stessa per tutti i dipinti quasi come che Munch ci volesse ricordare la ossessionante ripetitività della morte. Per raggiungere questa sala bisogna percorrere un lungo corridoio sotterraneo. In questa parte del museo l'isola si stacca rispetto al resto del complesso museale, caricando ancora più di significato il tema di questa ultima collezione, come se ci si stasse addentrando in una realtà parallela, ovvero negli inferi. Il corridoio per accedervi è buio, freddo e interrato in quanto sovrastato da una collina erbosa che sembra inglobarlo. Percorso questo corridoio la sala appare trapezoidale (non quindi rettangolare e ordinata come le precedenti sale), i dipinti sono disposti a cerchio e occupano l'intero spazio della sala che diventa un bunker completamente rivestito e realizzato in cemento senza finestre o affacci verso l'esterno. A formare questo cerchio di dipinti che ricorda un mausoleo funebre, si erigono dal pavimento dei pali in acciaio brunito alti poco meno della stanza e tra essi dei pannelli neri che ospitano i dipinti posti ad un altezza tale da terra che i visitatori del museo, per poterli visionare correttamente, sono costretti a doversi sedere su della apposite sedie disposte anche esse a semicerchio intorno alla sorta di monumento funebre. Obbligando le persone a sedersi si ricrea quella che è la scena descritta nel dipinto, dove i parenti sono seduti al capezzale del morente o dell'ammalato per assisterlo. A spezzare l'armonia

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del cerchio è un grosso e pesante setto in calcestruzzo dove viene affissato l'ultimo dipinto che fa parte della collezione del Fregio della vita: Metabolismo (22). Munch raffigura il tema del peccato originale, quella colpa suprema che, secondo l'artista, si ripete nella scelta di ogni coppia che cede alle lusinghe dell'amore. Tra le due figure, Adamo ed Eva, non c'è alcuna sintonia ne intesa tra loro, come se appartenessero a due mondi differenti e la scena, diversamente da come era descritta nella Bibbia, ha un carattere brutale, spiacevole e che implica la morte.

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_74 Site specific STANZA 4 Morte

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75_ Viste degli interni i corridoi di distribuzione 130


76_ Viste degli interni dei site specific 131


77_ Viste degli esterni dal giardino delle sculture 132


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Bibliografia Alessandrini M., Frammenti sull'arte, Edvard Munch, Abscondita, Milano, 2007

edizione

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