PACIFIC PIANO Tra terra e cielo
Nouméa, Nuova Caledonia, 1991-1998
RENZO PIANO BUILDING WORKSHOP Centro Culturale Jean-Marie Tjibaou
École Nationale Supérieure d’Architecture de Nantes Ue 43-3 Architecture contemporaine : esquisses d’histoires Federico Napoli
PACIFIC PIANO Tra terra e cielo
Nouméa, Nuova Caledonia, 1991-1998
RENZO PIANO BUILDING WORKSHOP Centro Culturale Jean-Marie Tjibaou
École Nationale Supérieure d’Architecture de Nantes Ue 43-3 Architecture contemporaine : esquisses d’histoires Federico Napoli
Indice Tradizione e innovazione Due percorsi tra la natura La cultura kanak nel progetto Bibliografia/Sitografia
TRADIZIONE E INNOVAZIONE Una perfetta fusione di cultura, fattore climatico e ecologia con interessi sociali. Questi sono i principali aspetti del Centro Culturale Jean-Marie Tjibaou, che prende il nome dal leader politico assassinato. Il sito del progetto è un lembo di terra, a Nouméa in Nuova Caledonia, orientata verso una laguna caratterizzata da venti dominanti molto forti e dall’altro lato si apre per un’altra laguna più calma. Questa doppia esposizione permette di sfruttare luce naturale ed i benefici del vento per arieggiare gli interni senza necessitare di alcun impianto artificiale. Il progetto è composto da una galleria centrale che rappresenta il cuore e motore di tutto il programma designato dall’architetto italiano; tale galleria è affiancata da un lato da una dozzina di alte “case” con forme curvilinee, illuminate con luce zenitale e protette da una doppia pelle. L’altra parte della galleria-spina dorsale distribuisce tre zone chiamate “villaggi”. Nel primo si trovano l’accoglienza e le sale d’esposizione; il secondo è composto da un auditorium, une mediateca e delle sale di riunione; l’ultimo, infine, raggruppa i locali consacrati alla pedagogia. Numerosi elementi del Centro Tjibaou derivano dall’architettura locale tradizionale della cultura kanak. La disposizione lineare ricorda, infatti, la strada principale del villaggio tipico e la forma ovoidale dei padiglioni cerca di entrare in relazione con la poesia delle abitazioni kanak. I padiglioni, infatti, vengono generati da un doppio cilindro composto da archi verticali induriti da parti in acciaio. Sulle loro facce interna si agganciano quattro tipi di pannelli intercambiabili (vetro, fisso o apribile, legno, perforato o pieno). La facciata esterna, invece, è composta da graticci la cui trama varia asseconda dell’illuminazione esterna e del vento. Questo sistema conferisce un aspetto “a camino” per la ventilazione naturale, come una torre del vento nei paesi del nord Africa, per poter modellare la quantità d’aria e poterne sfruttare i benefici all’interno dell’edificio. Per comprendere meglio il progetto in considerazione bisogna sicuramente comprendere la cultura kanak, in quanto la vera e unica ispiratrice per la creazione del centro culturale. I Kanak appartengono ad un’etnia diffusa in tutto il Pacifico, ma che hanno la loro sede principale nella Nuova Caledonia, possedimento della Repubblica Francese. Il centro culturale Jean-Marie Tjibaou è un omaggio a tale cultura locale e uno degli obiettivi era quello di fare da ponte tra il passato e futuro di questa popolazione. Lo studio Renzo Piano Building Workshop ha semplicemente utilizzato le sue competenze tecniche, interpretando le tradizioni locali, al fine di integrarsi al meglio con il paesaggio e con un’etnia ben radicata sul sito.
I pini sottoforma di colonna sono il simbolo della Nuova Caledonia e per questo costituiscono uno degli elementi importanti del progetto per il centro che si sviluppa, infatti, come fosse un villaggio kanak, con questa galleria/strada che attraverso l’intero promontorio all’est di Nouméa. La scelta dei materiali è assolutamente fondamentale per la fusione tra tradizione e tecnologia, difatti, gli elementi di rivestimento sono irok, una fibra vegetale locale, utilizzata già dagli abitanti per la creazione delle loro abitazioni. Malgrado l’omogeneità dei materiali, gli spazi creati hanno caratteristiche ben diverse, le “capanne” destinate alle esposizioni sono rivestite da pannelli bianchi, le sale delle classi invece, dispongono degli scaffali per i libri ecc. Dove la funzione della capanna lo esigeva, il tetto e le superfici laterali sono vetrati, nascosti da un rivestimento esterno. Queste capanne costituiscono l’elemento unificatore dell’intero progetto, sia per importanza, in quanto tutte le attività si svolgono all’interno di esse, sia per quantità, ben dieci, sia per dimensione, variabile. Alcune entrano in relazione diretta con la vegetazione con altezze abbastanza ridotte, la più alta invece, esalta la cultura kanak e supera i pini stessi, con una grandezza di 28 metri, che grazie ad un sistema di ventilazione passivo molto efficace rende arieggiato lo spazio interno. Attraverso una doppia pelle l’aria circola liberamente tra i due strati di rivestimenti in legno placcato e lo studio del vento, con modelli 3D e plastici in scala testati con macchine che fabbricano correnti d’aria, ha aiutato a comprendere l’orientamento delle finestre. I flussi sono regolati per favorire la ventilazione interna: le finestre si chiudono se il vento aumenta di intensità, cominciando dalle più basse. Suggestivo è l’effetto acustico creato, ovvero quello di una “voce” (per gli abitanti la voce della foresta) del vento incanalato.
A sinistra in alto: sito di progetto. A sinistra: la vegetazione tipica della Nuova Caledonia, i pini. Al centro: pianta del piano terra. A destra: schemi del vento.
DUE PERCORSI TRA LA NATURA
L’accesso al Centro avviene attraverso un percorso pedonale lungo la costa che attraverso un parcheggio per entrare nella fitta vegetazione, giungendo quindi alle scale che accompagnano l’andamento del terreno e terminano nella corte d’ingresso del Centro, ove sono stati collocati i servizi di reception. Il progetto è organizzato in tre villaggi: - Il primo è consacrato alle attività di esposizione, la capanna più vicina all’ingresso è allestita da esposizioni permanenti sulla cultura kanak. Gli altri edifici sono dedicati invece alla storia dell’intera comunità ed agli spazi per esposizioni temporanee. - Il secondo villaggio ospita gli uffici del Centro, nei quali lavorano storici, ricercatori, organizzatori delle varie esposizioni e impiegati. Di fronte si trovano una sala conferenza, una biblioteca multimediale, invece al livello inferiore su delle terrazze dei campioni delle culture tradizionali locali. - Il terzo villaggio, al termine della galleria, è consacrato alle attività di creazione, ovvero si trova una serie di atelier di danza, pittura, scultura e musica, con annessa una scuola destinata ai bambini.
In alto: veduta delle “capanne”. A sinistra: sezione della mediateca e spazi creativi.
Un altro percorso, tematico, sviluppato tra la laguna e la sommità del promontorio è stato concepito grazie l’aiuto di Alban Bensa, antropologa qui lavorò al progetto dello studio di Renzo Piano e prende il nome di cammino della storia. I Kanak sviluppano le fasi della vita attraverso la natura, per questo considerano la creazione come un giglio attorniato da alberi fioriti e nella stessa maniera designano l’ambiente, la morte, la rinascita. Questo percorso è caratterizzato da capanne che non hanno grandi dimensione, perché dovevano assolutamente avvicinarsi il più possibile alla cultura locale, riducendo quindi l’altezza e dando ad esse una forma più aperta verso l’esterno. Ancora una volta, l’universalità in architettura non si realizza che attraverso la connessione tra edificio e radici, il passato, rispettando il genius loci.
In alto a sinistra: abitazione tipo kanak. In alto a destra: particolare di una capanna In basso: sezione delle sale d’esposizione
LA CULTURA KANAK NEL PROGETTO
In alto: la trama utilizzata nel progetto. In basso: graticci locali e danza tipica dei Kanak.
La straordinarietà del progetto è sicuramente la capacità di aver mescolato la cultura locale dei Kanak con la tecnologia e le competenze tecniche dello studio. È forse questo il segreto per fare una buona architettura che sia perfettamente integrata con il territorio, un territorio abitato, ricco di cultura e tradizioni che non possono essere violentate da “astronavi” supertecnologiche ma che alla fine non sono state modellate secondo le usanze del sito. Clima, tradizioni locali e sensibilità sono i tre ingredienti principali per modellare lo spazio per dar vita ad architetture che saranno vivibili, apprezzate dalle popolazioni locali, perché alla fine saranno loro a vivere tali strutture. Inoltre il Centro non è altro che l’esaltazione, il fulcro della cultura kanak, non poteva che essere parte integrante della loro vita quotidiana, dei loro usi e costumi. L’architettura è per l’uomo.
PACIFIC PIANO Tra terra e cielo
Nouméa, Nuova Caledonia, 1991-1998
RENZO PIANO BUILDING WORKSHOP Centro Culturale Jean-Marie Tjibaou
Bibliografia - Renzo Piano, Renzo Piano: Carnet de travail, Edizione Seuil, 1997, Parigi - Renzo Piano e Giorgio Bianchi, Renzo Piano, un regard construit, Edizione Centre Pompidou, Esposizione presentata al Centro Pompidou, 19 gennaio - 27 marzo 2000, Parigi - The Architectural Review, 1141, marzo 1992, Pacific Piano, 61-63 p. - El Croquis, 92, 1998, 60-83 p.
Sitografia Consultati fino al 07/06/2013 - www.rpbw.com - www.fondazionerenzopiano.org - www.novarchitectura.com - www.inhabitat.com