Ciò che il teatro dice della scienza di Andrea Bellati
L’incontro con la scienza ha consolidato la mia fede nell’arte. Ora sono profondamente convinto che questi due ambiti della conoscenza umana sono correlati molto più strettamente di quanto si creda.
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Vsevolod Illarionovicˇ Pudovkin (1949)
l teatro è un’arte ancora prettamente artigianale. I fondali dipinti, le quinte di cartone e poi le carrucole e le pulegge, le funi e le luci rendono esplicita nel teatro la finzione scenografica e diventa naturale e necessario un continuo patto con il pubblico che, pur conscio dell’artificio, accetta di vivere l’esperienza teatrale con immedesimazione e innocente stupore. La forza della storia, la perizia degli attori e la messa in scena rendono verosimile lo spettacolo ed efficace il coinvolgimento del pubblico. Il contenuto e il messaggio vincono sul contenitore e portano la storia al di là degli inevitabili confini fisici del palcoscenico. Il cinema, al contrario, non ha limiti e può giocare con lo spazio e con il tempo con grande libertà. La fisica limitata del teatro ha tuttavia un grande vantaggio rispetto all’immagine cinematografica: mentre la tridimensionalità è recentemente e maldestramente sperimentata dal cinema, in teatro è semplicemente naturale. Lo spazio teatrale ha un altro limite importante che l’arte ha storicamente superato: il vincolo dei rapporti di distanza tra scena e pubblico. In teatro, un primo piano dell’attore non è realizzabile. Certo, l’attore può sporgersi dal proscenio verso il pubblico ma non potrà mai rivelare uno stato d’animo in silenzio con il semplice tremolio delle labbra, una lieve increspatura delle sopracEQUILIBRI 2/2013
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ciglia. Il cinema muto che non aveva ancora maturato un linguaggio autonomo rispetto al teatro del quale era figlio, portava davanti alla cinepresa i gesti tipici del palcoscenico anche in primo piano. Ecco perché gli attori in bianco e nero appaiono così poco verosimili e con una gestualità intensa, a tratti esagerata. Non è un caso se la lingua mutua dal teatro proprio le espressioni che designano l’espressività più intensa, plateale, appunto. Comunicare con rigore Il gesto quando è teatrale è paradigma di energica espressività o, nel peggiore dei casi, di sbracata eloquenza. Può un linguaggio che per natura è ricco, variopinto ed emotivo raccontare la scienza? È possibile sposare il rigore del linguaggio e dell’informazione scientifica con le modalità comunicative del teatro? La risposta è certamente affermativa anche perché teatro e scienza hanno più aspetti in comune di quanto abitualmente si creda. Alla base troviamo l’atto dell’osservare, i termini greci Theoria e Theà condividono proprio l’area semantica della vista dove il Theoros era lo spettatore. Lo spettatore è colui che Specta, che guarda, che osserva. Il teatro scientifico di Brecht trovava nell’osservazione il suo fondamento: il palcoscenico era il luogo d’elezione per l’analisi del sociale, per la messa in scena e l’osservazione dell’umano. Attraverso la tecnica dello straniamento, Brecht poneva una distanza tra spettacolo e spettatore sufficiente perché quest’ultimo potesse giudicare razionalmente quanto andava in scena, proprio come lo scienziato si relaziona alla materia di studio. Il teatro per Brecht aveva una funzione sociale, era una «rappresentazione della realtà allo scopo di agire sulla realtà». Proprio come in una ricerca scientifica, lo spettatore per Brecht analizza distaccato e razionale la realtà semplificata che il teatro rappresenta. Semplificata nel senso etimologico del termine. Semplice ovvero sine plica, senza pieghe: il teatro spiega, per l’appunto, la natura complicata (cum plica) del reale e la riproduce scientificamente sulle assi del palcoscenico. In Brecht la scienza è tema, non soggetto. Non si può confondere il teatro scientifico di Brecht con un mezzo di divulgazione della scienza, sebbe350
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ne non manchino le informazioni scientifiche. Per esempio, troviamo in Vita di Galileo una potente descrizione del metodo scientifico elaborato proprio dallo scienziato pisano: un brano molto interessante che integra perfettamente informazione ed emozione. GALILEO – Con qualche probabilità di dare le prove della rotazione del sole. Non m’importa di mostrare di aver avuto ragione, ma di stabilire se l’ho avuta. E vi dico: lasciate ogni speranza, o voi che vi accingete a osservare! Forse sono vapori, forse sono macchie; ma prima di affermare che sono macchie, cerchiamo di accertare se per caso sono pesci fritti. Sì, rimetteremo tutto, tutto in dubbio. E non procederemo con gli stivali delle sette leghe, ma a passo di lumaca. E quello che troviamo oggi, domani lo cancelleremo dalla lavagna e non lo riscriveremo più, a meno che posdomani lo ritroviamo un’altra volta. Se qualche scoperta seconderà le nostre previsioni, la considereremo con speciale diffidenza. E dunque, prepariamoci ora ad osservare il sole con l’inflessibile determinazione di dimostrare che la terra è immobile! E solo quando avremo fallito, quando, battuti senza speranza, saremo ridotti a leccarci le ferite, allora con la morte nell’anima cominceremo a domandarci se per caso non avevamo ragione, se davvero è la terra che gira! (Ammiccando) Ma se tutte le altre ipotesi, all’infuori di questa, ci si dovessero squagliare fra le dita, allora nessuna pietà per coloro che, senza aver cercato, vorranno parlare! Andrea, togli il panno dal cannocchiale e volgilo verso il sole!
Una linea di condotta In Brecht, quindi, la scienza è metodologia drammaturgica, è scienza dello spettacolo. Lo spettacolo della scienza, invece, si perde nella memoria. Inizialmente era esposizione di macchine curiose, come l’eolipila di Erone (I sec. a.C.) e gli automi medievali e rinascimentali. Poi a Londra nel 1799 nacque la Royal Institution of Great Britain per volere del fisico Benjamin Thompson, meglio noto come conte Rumford. L’istituzione aveva lo scopo di diffondere la cultura scientifica presso il pubblico più vasto e per questo proponeva un fitto programma di conferenze tenute da alcuni dei più grandi nomi della ricerca dell’epoca, come Faraday, Volta, GayLussac e Ampère. L’istituto, in cambio del prezzo di un biglietto, offriva dimostrazioni scientifiche particolarmente spettacolari. Negli stessi anni, l’astronomo francese Jérôme de Lalande, direttore dell’Osservatorio di Parigi e autore del più importante catalogo di corpi celesti dell’epoca, elaEQUILIBRI 2/2013
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borò una personalissima declinazione dello spettacolo scientifico. Lalande aveva una spiccata passione per la divulgazione della scienza. Nelle serate limpide soleva portare il suo telescopio in strada per offrire piccole conferenze gratuite. Per attirare il suo pubblico, Lalande sfilava dal taschino una tabacchiera d’argento dalla quale estraeva alcuni ragni che assaporava davanti ai passanti attoniti. Riunito un soddisfacente capannello, Lalande iniziava la sua lezione. Spettacolo innocuo quello dello scienziato francese. Diversa la spettacolarizzazione della scienza che da qualche tempo conosce una pericolosa deriva. La ricerca spasmodica dell’audience trasforma l’atto predatorio del carnivoro, che si rinnova peraltro ogni volta che mangiamo la bistecca, nell’azione diabolica di un assassino. Il futuro si riempie di misteri oscuri, i geni comandano meccanicamente le funzioni più sottili della mente. La scienza, soprattutto in televisione, si mescola orribilmente con il paranormale. Selezione e montaggio Il teatro scientifico è altro. Non è scienza dello spettacolo e non è neppure spettacolo della scienza: il teatro scientifico è scienza attraverso lo spettacolo. Una pièce scientifica è soprattutto un’opera di divulgazione. L’autore di uno spettacolo scientifico pensa e lavora contemporaneamente come un ricercatore, un giornalista e un drammaturgo. Il lavoro di ricerca tipicamente bibliografico si realizza nella raccolta e nella lettura di articoli e volumi. Poiché l’argomento può essere molto ricco e lontano dal tipo di formazione, il ricercatore diventa giornalista e spulcia l’agenda di contatti costruita in anni alla ricerca dello specialista più adatto da intervistare. Il giornalista diventa poi divulgatore e seleziona e semplifica il materiale raccolto. Infine, la natura una e trina dell’autore si manifesta e si completa con la drammatizzazione del materiale. Il drammaturgo individua innanzitutto l’idea forte, il nucleo indivisibile intorno al quale sviluppare l’intero impianto narrativo. Si può indicare questo cardine come tema, tesi, messaggio, premessa, idea centrale, obbiettivo. Si tratta sempre di un elemento semplice, di una dichiarazione lapidaria. 352
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L’amore che lega Romeo e Giulietta è più forte dell’odio che contrappone le loro famiglie e della morte. Il nucleo di Romeo e Giulietta è «un grande amore vince anche la morte». Dentro Otello c’è «la gelosia distrugge l’oggetto della sua ossessione». Ne Gli Spettri di Ibsen scoviamo «i peccati dei padri ricadono sui figli». Al cuore di Rocky di Stallone troviamo «con impegno e dedizione si raggiunge qualsiasi obbiettivo». Scovare il pensiero cardine di un film, di un’opera letteraria o di un dramma è un esercizio di ricerca e di sintesi molto stimolante. Una volta individuata la premessa, il drammaturgo costruisce la storia. L’impianto narrativo di un’opera è spesso codificato in plot ricorrenti antichi come le storie stesse. Per esempio: nella classica commedia napoletana ricorre lo schema lui, lei e l’altro (isso, issa e ‘o malamente), schema che possiamo trovare alla base dei Promessi sposi, de Il Tartufo di Molière, di infinite pellicole, come Attrazione fatale, dove l’antico modello è declinato al femminile. La costruzione di una storia in ambito letterario prevede un’ambientazione spaziale e temporale, la descrizione dello stato di quiete di uno o più protagonisti, l’intervento di un antagonista, il conflitto, la risoluzione con il raggiungimento di un nuovo stato di quiete. A teatro, dove il tempo è limitato e l’ellissi temporale più complessa da realizzare rispetto al cinema, le vicende iniziano con un protagonista già in conflitto e sulla soglia di un momento decisivo della propria esistenza determinato da un avvenimento forte che precede l’inizio della storia. Lo svolgersi della narrazione sarà un susseguirsi di conflitti e climax, cioè di momenti topici e di nuovi equilibri. Per esempio, in Amleto il re di Danimarca padre del protagonista è già stato avvelenato, all’inizio de La strana coppia Felix ha già divorziato, Nora in Casa di bambola ha già contratto il debito falsificando la firma del padre quando il sipario si alza per la prima volta. Un dramma racconta sempre persone in procinto di affrontare cambiamenti, prese di coscienza, importanti decisioni e i personaggi hanno sempre almeno una caratteristica straordinaria – è necessario – altrimenti risulterebbero poco interessanti e il dramma faticherebbe ad avanzare. Ricomposta in unità la sua natura schizofrenica, il drammaturgo scientifico assembla le informazioni raccolte attraverso il lavoro di ricerca con la premessa, con i personaggi e con la storia. Ora occorre inventare i gesti e EQUILIBRI 2/2013
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Finali di partita moderni
le situazioni più efficaci per mostrare al pubblico le caratteristiche dei personaggi e i piccoli indizi che fanno procedere la storia. In teatro, così come in letteratura, mostrare funziona molto meglio che raccontare. Descrivere una ragazza che sotto un gelido temporale tenta di scaldare con un abbraccio il fratellino infreddolito è più efficace dell’affermazione: «Caterina era una ragazza molto gentile e premurosa». Il gesto è potente ma nel teatro scientifico va dosato e abilmente mescolato con le parole e con i dialoghi, necessari per riportare i dati e le informazioni. Il rischio principale è rendere il dialogo una buffa didascalia, ma si rilegga il brano tratto da Vita di Galileo per avere un esempio di perfetta drammatizzazione dell’informazione scientifica. Dopo tanto lavoro intellettuale, il buon drammaturgo scientifico immagina i costumi, disegna le scenografie. E dato che il teatro è artigianato, e le spese sono da contenere, ago, filo, pennelli e chiodi non mancano mai anche dalla sua personale cassetta degli attrezzi. Le mani e la testa all’opera per la costruzione in pratica di un vero testo di teatro scientifico saranno oggetto di un prossimo articolo.
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